L'amichevole Radunata, completa di piani diaBolici

di _Eterea_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Gà e i sette nani ( prima parte) ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


L’amichevole Radunata - completa di piani diaBolici
 

 
**


“Cof cof!”
 
Lady Tremaine si schiarì la gola rumorosamente. «Qualcuno di voi potrebbe spiegarmi perché mi ritrovo in questo – si guardò intorno disgustata – posto e non nella mia magione?»
 
Il posto in questione era una specie di caverna, un ambiente enorme e roccioso, con un inquietante sottofondo composto da sussurri trascinati dall’aria.
Nell’intera stanza si potevano scorgere lievi bagliori azzurri, causati dalla luce tremolante di alcune candele fissate in alcuni angoli, che si riflettevano su tutte le superfici rocciose, dando un’atmosfera più inquietante di quanto lo sarebbe stata altrimenti. Al centro del locale si trovava un tavolo intagliato nella roccia e alle sue estremità vi erano seduti diciassette elementi, uno più bizzarro dell’altro.
 Tremaine si trovava ad un capo del tavolo, con affianco le… graziose? Figliolette, intente a guardarsi attorno terrorizzate e schifate. Una figura alla sua lontana sinistra batté uno dei massicci pugni sul tavolo e parlò con tutta la potenza che aveva nella voce.
«La stessa cosa vale per me!! Qualcuno potrebbe perdere la TESTA per questo!»
«Calmate gli spiriti, signore, non fa bene alla vostra salute.»
Quattordici paia di occhi si voltarono verso l’angolo più lontano del lungo tavolo rettangolare di pietra irregolare, una figura si spostò allontanandosi dall’ombra.
Ade si lisciò i “capelli” con una mano, poi sorrise cordiale ai suoi ospiti e continuò.
«Bene, signore, signori e animali -»
 
«Ohhh diamoci una mossa! Non posso mica perdere tutto il mio tempo con voi!» l’interruppe una vocetta stridula.
 Ade sospirò.
«E va bene, Magò. Dicevo, vi trovate tutti qui, nella mia umile dimora, perché ho voluto organizzare una specie di riunione per discutere di alcune faccende. Una riunione dei Cattivi, se così la si vuol chiamare.»
«Scusate – Malefica si raddrizzò sulla propria sedia – e lui cosa centra qui?»
Tutti guardarono verso la direzione che la strega stava indicando. Seduto su una poltroncina rossa, che non centrava assolutamente nulla con il resto dell’arredo, alla destra della Regina di Cuori, si trovava il Cappellaio Matto intento a versarsi, in tutta tranquillità, una tazza di tè fumante.
«Infatti, è una spia?!» Aggiunse Capitan Uncino sbattendo, appunto, l’uncino sul tavolo; subito dopo lo porse al suo compagno Spugna per farlo lucidare.
Il Cappellaio, accorgendosi di essere al centro dell’attenzione, emise un risolino acuto.
«Oh, sono oltremodo onorato del vostro interessamento; quindi vi deluciderò: io sono qui perché anche se non ci fossi, sarebbe opportuno che io sappia quel che io non dovrei sapere, che però al contrario sarebbe lecito far sapere a me che…»
 
«MA si può sapere cosa diavolo sta farneticando?»
«Ottima domanda; ma poco importa Ursula cara, tanto lui da solo non rappresenta un pericolo. Quindi non perdiamoci in altre inutili conversazioni, e statemi a sentire bene.»
 
 Ade si accigliò improvvisamente, abbandonando l’espressione decisa e seria di qualche attimo prima. «Accidenti, che padrone di casa terribile che sono; Pena! Panico! Portate da bere ai nostri ospiti!»
«Subito padrone!» gli esserini entrarono nella stanza con due vassoi ciascuno contenenti dei calici dal dubbio contenuto. Gli ospiti, riluttanti, afferrarono ciascuno il proprio bicchiere e rimasero perplessi. Il calice di vetro conteneva una strana brodaglia color verde melma, completa di verme, cannuccia e ombrellino colorato.
 
Tutti lo allontanarono da se stessi; Uncino lo passò a Spugna.
«Bene – ricominciò Ade, ora visibilmente soddisfatto – stavamo dicendo-»
 
Il rumore di una cannuccia attirò l’attenzione di tutti.
Tremaine dovette trattenersi dall’impulso di uccidere le sue figlie. Intanto Anastasia e Genoveffa continuavano in tutta tranquillità a succhiare la cosa contenuta nel bicchiere che le era stato portato. Le sberle della madre le fece rinsavire improvvisamente.
Crudelia, alla loro sinistra, le guardava orripilata continuando a lisciare in modo alquanto nevrotico la sua preziosissima pelliccia di volpe. Ade si sentì soddisfatto.
«Adorabili… ecco, io vorrei sentire da voi quali sono i problemi che non vi permettono di distruggere una volta per tutte i maledetti buoni delle vostre storie… i vostri acerrimi nemici. Per esempio, Grimilde?»
 
La strega stava per esprimersi quando uno sbuffo ironico partì dalla persona proprio di fronte a lei. «Ebbene?» Chiese lei con un sopracciglio alzato, visibilmente irritata.
Gaston continuò a guardarla in modo saccente «Oh niente, solo che qualunque cosa tu possa dire mi sembrerà comunque ridicola - «COSA?!» - oh andiamo. Una fanciulla con “la pelle più candida della neve” non mi sembra un ostacolo tanto difficile da abbattere.» Finì Gaston, senza badare alle interruzioni di Grimilde.
La strega era ormai su tutte le furie.
«Tralasciando il fatto che la fanciulla in questione è protetta-»
«Ma non farmi ridere! Tu, sette piccoli nani, li chiami una “protezione”?!»
«Come OSI, stupido
 
«Ehi, ehi! Calma gente» Ade riprese velocemente la situazione in mano.
«Non usciamo fuori di testa. Questa cosa inizia ad essere interessante… Gaston - «Sì?» - tu credi di riuscire in, che ne so, tre giorni a sbarazzarti dei “piccoli uomini” e della principessina di Grimilde?» Ade sorrise rivolto al suo interlocutore.
«Tzè, anche in meno tempo, se è per quello...» disse appoggiando i piedi sul tavolo e guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Jafar.
«Per te, Grimilde, va bene?»
«Benissimo, vedremo come se la caverà… e se tornerà tutto intero.» Rispose con un ghigno provocatorio.
«Ovviamente lui dovrà andare a vivere nel tuo castello, quindi tu andrai a stare da lui. Prendila come una piccola vacanza, ok?»
«Bene» Esclamarono entrambi.
«Perfetto. Qualcun altro ha qualcosa di cui lamentarsi?»
 
«Se qualcuno sa come potrei fare a sbarazzarmi di un lama parlante…»
«Lama? Il tuo problema è un lama? Preferiresti una volpe armata? Quello stupido Rob-»
«Giàààà… molto più pericolosssssssssssso» Sir Biss si allungò in direzione di Yizma.
«EHI! Allontana quella stupida lingua sibilante dalle mie piume!» Iago sulla spalla di Jafar, seduto affianco al Re Giovanni, si allontanò schifato dal serpente.
«Scussssssssssssa Tanto»
 
«Calma gente, calma… - Ade fece un gesto con le mani e tutti si ammutolirono all’istante - in questo modo non arriveremo da nessuna parte. Personalmente prenderei volentieri come esempio lo scambio avvenuto tra la cara Grimilde e Gaston. Potrebbe essere interessante come esperimento, e se funziona potremmo usarlo anche in futuro; però una sola coppia non basta, almeno qualcun altro dovrebbe proporsi per la causa e-»
«Perché non lo fai tu! Visto che è stata tua la geniale idea di radunare questo Consiglio.» Propose, senza nascondere il pungente sarcasmo nelle proprie parole, Jafar.
«Sì! Perché non vieni da noi, potrebbe essere un’esperienza elettrizzante!» La solita vocetta del Cappellaio attirò l’attenzione dei presenti.
Ade osservò attentamente il Cappellaio per qualche istante, poi con il suo solito sorriso di traverso vece un cenno d’assenso con il capo «Nel Paese delle Meraviglie? Perché no. Sempre che vostra Maestà ne sia d’accordo» concluse facendo un cenno in direzione della Regina di Cuori.
«E così sia!» Rispose lei facendo rituonare la sua voce per la stanza.
«Ovviamente dovrete trasferirvi qui da me, per i prossimi tre giorni… Pena e Panico saranno al vostro servizio.»
«Come ordinate, signore.» Fecero i due esserini chiamati in causa contro la loro volontà.
Dopo aver raggiunto gli ultimi accordi, Ade si alzò in piedi.
«Bene, tra tre giorni esatti richiamerò il consiglio a raccolta, e vedremo se questo nuovo metodo funziona o no. A presto, dunque, miei cari colleghi.»
 
In un istante svanirono tutti.
 
 
**
 
 
Note Autrice:
Salve a tutti!
Riemergo dal nulla dopo mesi senza postare niente e torno con... questo. Che dire, questa storia era stata iniziata per partecipare ad un contest, ma non essendo riuscita a finire in tempo era stata accantonata. L'idea però mi piaceva troppo, quindi ho deciso di continuare.
 In questo momento sono a metà del primo capitolo ( in totale saranno 2 capitoli più l'epilogo, alla fine) che potrei finire in qualsiasi momento se la signora Pigrizia decidesse di andarsene. Comunque spero di riuscire a pubblicare un capitolo a settimana, o nel caso mi torni la voglia di scrivere, anche in meno tempo. Il punto è che sono ferma da troppo ( troppissimo) tempo con la mia adorata long; quindi cercherò di concentrarmi anche su quella, almeno prima di iniziare l'accademia, visto che ho ancora un mese e mezzo libero.
Bene con questo vi saluto, a presto e se la storia vi piace/ non vi piace mi piacerebbe leggere anche un piccolo commento a proposito ( ricordo comunque che questo è solo il prologo, i due capitoli centrali saranno decisamente più lunghi e ricchi di particolari).
Un bacio.
Ete

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Capitolo 2
*** Gà e i sette nani ( prima parte) ***


Capitolo 1_
e i Sette Nani
 
 
 
Lo Specchio delle Brame tirò un sospiro di sollievo.
 Da quando la sua padrona era scomparsa misteriosamente davanti ai suoi occhi era riuscito ad avere un po' di pace e tranquillità. Non aveva assolutamente idea del perché fosse successo, ma, in tutta sincerità, poco gliene importava. Si era dovuto sorbire le lamentele e gli attacchi d'isterismo della Regina così tante volte che adesso si sarebbe preso le meritate ore di riposo... finalmente solo.
Era così preso dalle sue considerazioni che sobbalzò dallo spavento, quando un lieve lampo improvviso illuminò la tetra stanza che lo ospitava.
Ripresosi dal piccolo infarto, si accorse che, in quell'istante, una figura alta e corpulenta era appena apparsa al centro del locale spoglio. Se per un momento aveva pensato che si trattasse della Regina, dovette immediatamente ricredersi; davanti a lui si trovava un ragazzo decisamente muscoloso, vestito da cacciatore, con dei lucidi capelli neri legati e dallo sguardo poco sveglio. Portava a tracolla un fucile che, poco dopo, con nonchalance, si era tolto ed aveva utilizzato a mo' di bastone da passeggio.
Si guardava intorno con poco interesse e un'espressione di leggero disgusto dipinta in volto. A quel punto, lo Specchio decise di farsi avanti ed attirare l'attenzione dello sconosciuto, aiutandosi con dei piccoli colpetti di tosse irritati.
Gaston volse lo sguardo verso la causa del rumore, e un' onda di stupore lo travolse.
«Mi scusi - iniziò lo Specchio - potrei sapere chi è lei e, soprattutto, che cosa ci fa in questo castello?»
Gaston si avvicinò lentamente allo Specchio, stupefatto, e iniziò a picchiettarci sopra con l'indice destro.
 
«Accidenti! Guarda un po' che diavolerie s'inventa quella strega! E poi non è in grado di sbarazzarsi di sette mezz'uomini. Davvero assurd-»
«EHI! La smetta immediatamente!» gridò lo Specchio incollerito: non gli era mai capitato di essere trattato in quel modo irrispettoso; e al diavolo la giornata di relax!
«Come OSA, io sono un cimelio antico e di grande valore! Non una "diavoleria" della Regina. Ora potrebbe rispondere, di grazia, alle mie precedenti domande?»
«Mmm? Ah, sì - si ricompose il ragazzo, deciso però a studiare ancora lo strano specchio con cui stava parlando - io sono Gaston e sono qui per volere dei miei colleghi. Devo riuscire ad eliminare i nani che ostacolano i piani di Grimilde, dato che lei a quanto pare non ne è in grado.»
Lo Specchio rifletté a lungo .
«Quindi vo- LA SMETTA DI FARMI SBATTERE CONTRO IL MURO! mmmh... dicevo: la Regina dove starà, intanto che voi vi occuperete di questa faccen- LA PIANTI IMMEDIATAMENTE DI PULIRSI I DENTI COSI' VICINO! Finché ci sono io NON può vedere la sua immagine riflessa! Che disgusto, poi... La Regina dove starà, tutto questo tempo?»
Gaston, finito di controllare il contenuto delle proprie narici, decise finalmente di rispondere.
«A casa mia. Sarà ospite da me, finché non avrò finito qui. Bene, non ho tempo da perdere. Devo subito andare alla casetta nel bosco per svolgere il mio compito.»
Lo Specchio non sarebbe potuto essere più felice; gli indicò velocemente la strada che avrebbe dovuto percorrere e lo salutò sperando con tutto il... cuore? Che non si facesse più rivedere.
Per quanto riguardava Gaston, si mise in marcia, cercando una via che lo facesse uscire dal castello; impresa più che ardua.
Dopo aver superato dodici corridoi, sceso e salito innumerevoli rampe di scale, ammise a se stesso di essersi perso. Si trovava in un corridoio buio e umido, con grandi celle chiuse, dalla quale provenivano sussurri e deboli lamenti. Si avvicinò ad una di esse, e ne scorse all'interno un uomo, rannicchiato in posizione fetale nell'angolo più lontano, illuminato dalla debole luce di una candela lì affianco.
Gaston ormai non sapeva più come fare per uscire da quel posto, così decise di fare una cosa mai fatta prima di quel momento: chiedere aiuto.
Mise da parte, con difficoltà, l'orgoglio ferito e si accostò alle sbarre di ferro arrugginito.
«Ehi, tu! Sei sveglio?»
La figura rannicchiata emise un flebile rumore, ma poi tacque.
Gaston ci riprovò. «Ehi! Mi senti? Se mi aiuti ti faccio uscire di qui! Hai capito?»
L'uomo a quel punto alzò lievemente la testa. Gaston vide dagli abiti che indossava che si trattava  di un cacciatore anche se con decisamente meno gusto di lui. Il cacciatore, improvvisamente e, con grandissimo stupore del nostro Gaston, scoppiò in lacrime.
Davvero, piangeva con i lacrimoni che scendevano dalle guance leggermente incavate. Gaston non sapeva se esserne più sorpreso o disgustato. Non tollerava vedere un uomo piangere, quella era roba da donne!
Infine decise di tirare fuori quel po' di gentilezza che gli era rimasta, d'altronde non sarebbe mai uscito di lì da solo, e cercò parole adatte al momento, o almeno di conforto, per calmare il prigioniero.
«Ehm... Senti, mi dispiace... forse ho esagerato... so di mettere in soggezione, ma così è troppo... Su, su, ora calmati. Aspetta - prese un pezzo di stoffa lacerata e decisamente poco igienica da terra,  poi la porse al cacciatore - soffia qui, avanti. Ti sentirai meglio dopo.»
L'uomo la prese continuando a singhiozzare, ma subito dopo smise quasi completamente di piangere; rimaneva solo qualche gemito di tanto in tanto.
Gaston fu visibilmente soddisfatto.
«Ecco, così va meglio! Senti, dove sono le chiavi di questa cella? Se ti libero però poi mi dovrai aiutare ad uscire da questo posto. D'accordo?»
Il cacciatore, con ancora gli occhi rossi, indicò un angolo del lato opposto alla cella. Gaston si affrettò a recuperare le chiavi e a liberare il detenuto; appena libero, il cacciatore ricoprì di ringraziamenti Gaston, giurando di aiutarlo a tutti i costi. I due, allora, si incamminarono e in poco tempo furono finalmente all'aria pura dell'esterno, fuori dalle mura del castello. Poco più avanti si vedeva un sentiero acciottolato, che sicuramente portava nel bosco dove il nostro amico doveva recarsi. Gaston a quel punto pensò che il cacciatore se ne sarebbe andato, invece, rimase lì. Un momento di silenzio imbarazzante li travolse.
«Bene, ehm amico, ti ringrazio per il tuo aiuto, ma ora devo proprio andare» fece per salutare ma l'altro lo fermò.
«No, ti devo la vita, verrò con te e ti aiuterò! Qualsiasi sia la faccenda che devi svolgere.»
Gaston rifletté un momento; non aveva assolutamente bisogno di aiuto, ma l'assenza del suo fidato amico Le Tont si faceva sentire, così alla fine accettò di farsi accompagnare.
Così, si misero in cammino.
 
 
 
♦ ▪ ♦
 
... Intanto, nel paese natale di Gaston.
 
Grimilde sgranò gli occhi e si guardò intorno, disgustata; l'unico motivo per il quale aveva accettato quella ridicola messinscena era per veder l'orgoglio di quell'idiota pompato di Gaston calpestato dai sette nani. In ogni caso, dover alloggiare nella rozza catapecchia che aveva di fronte le sembrava un sacrificio enorme, per una così piccola soddisfazione. Sperò che i nani - perlomeno - lo mutilassero di qualche arto... o forse era meglio la lingua.
Mentre Grimilde cercava di immaginare quali torture avrebbe voluto serbare a Gaston, il piccolo aiutante di quest'ultimo si avvicinò lentamente alla strega. Ne era completamente terrorizzato, ma aveva promesso a Gaston che se ne sarebbe occupato lui: quindi, si sarebbe impegnato a tutti i costi per mantenere la parola data. Cercò di schiarirsi rumorosamente la gola per attirare  l'attenzione della strega, ma ne uscì un suono così flebile che la donna non se ne accorse nemmeno. Allora, recuperando tutto il coraggio che aveva in corpo, Le Tont allungò la mano verso la lunga gonna della Regina e le diene un piccolo strattone. A quel punto Grimilde, risvegliata dai suoi pensieri, si voltò e lanciò una lunga occhiata di sbieco al ragazzo.
«Che cosa vuoi?!»
Il tono non era dei più affabili, però Le Tont sapeva di non potersene lamentare.
«Ecco... io... mi chiamo Le Tont, Vostra Maestà, e sarò al vostro servizio finché rimarrete qui.»
«In quale modo, un ragazzino come te mi dovrebbe essere d'aiuto?»
«Beh... - iniziò lui, visibilmente in imbarazzo - per cominciare potrei farvi vedere la casa e, magari un giro turistico del paesino... no?»
La Regina sbuffò.
 «Tanto vale... dato che non potrò fare niente di più interessante, qui. Fammi strada - uhm - Letot» E, detto questo, si avvicinò per conto suo alla dimora dell'odiato Gaston.
«Ecco... in realtà... sarebbe Le Tont-»
«ALLORA, cosa aspetti?! Muoviti, non voglio invecchiare qui fuori!»
Il ragazzo, spaventato, si affrettò a raggiungere l'indesiderata ospite. Con il fiatone, una volta arrivato, aprì la porta a Grimilde, lasciandola passare; lei si guardò intorno affranta. Le mancavano già le comodità e l'aspetto tetro del suo immenso palazzo, non era abituata allo stile estremamente casereccio di quel posto. Le Tont le mostrò per ultima la camera da letto; una volta entrati, Grimilde si avvicinò all'unico specchio della casa. Era rotondo ed appeso alla parete opposta alla porta. La Regina si posizionò perfettamente di fronte ad esso e, con sicurezza recitò:
«Tu, Specchio, mostrati a me!»
Qualche minuto di pesante silenzio riempì la stanza.
Le Tont era rimasto perplesso, ma non si mosse da dov'era, affianco alla porta. Grimilde tenne sollevate le braccia ancora per qualche secondo poi, indispettita le abbassò lentamente.
«TU! Perché lo specchio non mi risponde?!»
Le Tont guardò la Regina come se fosse un alieno. Deglutì, e rispose balbettando.
«Co-come?»
Grimilde ormai si era al limite della sopportazione.
«Come puoi non capire un concetto così semplice?! Perché questo maledetto Specchio si rifiuta di rispondermi?!»
«Ma Altezza, quello specchio non le risponde perché non può farlo.»
«COSA?!? In questa orribile e rozza dimora non avete neanche uno Specchio parlante??!» Dopo essersi sgolata, la strega  si abbandonò su una poltrona sgualcita accanto al letto. Sospirò malinconicamente. Le Tont non sapeva che fare, si avvicinò per dare dei colpetti di comprensione sulla spalla della Regina, però mentre si apprestava nell'eseguire la sua manifestazione di affetto, quest'ultima lo fulminò con lo sguardo, bloccandogli il gesto nel vuoto.
«Come potrò vivere qui senza il mio adorato confidente? Cosa ne sarà della mia autostima, se non sarà continuamente sollevata e rassicurata dai suoi così esatti rapporti?! Mi sentirò completamente fuori dal mondo senza i suoi pettegolezzi diffamatori e assolutamente adorabili! Come farò?!»
Le Tont passò un fazzoletto a Grimilde, che usò per soffiarsi  il naso potentemente, per poi ridarlo completamente zuppo al ragazzo.
«Ascolti... ehm, non abbiamo stregoni qui o cose del genere, ma c'è un inventore. Magari, potrebbe riuscire a ricreare il vostro... amato... Specchio.» Finì in un sussurro.
Grimilde pensò che, alla fine, non era una così cattiva idea; anzi, avrebbe pure potuto funzionare.
«Bene, allora Letot, portami da questo Inventore
 
 
♦ ▪ ♦
 
... Ritorniamo dal nostro Gaston.
 
Durante il tragitto Gaston spiegò al cacciatore il suo compito lì, quest'ultimo in un primo momento sembrò esitante, ma alla fine non fece commenti e promise che l'avrebbe aiutato incondizionatamente. Quando arrivarono al margine del bosco, a Gaston venne in mente una domanda.
«Ascolta, non mi hai ancora detto il tuo nome, cacciatore!»
L'interpellato divenne all'istante rosso come un pomodoro e iniziò a balbettare frasi sconclusionate, alla fine si calmò e rispose in modo poco più tranquillo.
«Preferirei non dirvelo, sapete, i miei genitori erano persone decisamente piene di fantasia ( anche se io sono più propenso per "crudeli")... tutti mi conoscono, comunque, solo come "il cacciatore", e a me va bene così»
Gaston, un po' perplesso, decise di rimandare quella conversazione, ed iniziò ad elencare al nuovo collega gli innumerevoli premi raccolti durante i suoi anni di caccia.
Arrivarono alla casa dei nani poche ore dopo, ma durante il tragitto Gaston ebbe tutto il tempo di spaventare una famiglia di lepri, spezzare innumerevoli e rami e procurarsi ematomi violacei su tutto il corpo nel tentativo di difendersi da suddetti – mai visti così aggressivi, a suo dire – rami.
«Bene - iniziò Gaston, togliendosi dal braccio i rimasugli del suo ultimo avversario - ora dobbiamo valutare bene tutte le possibilità.» I due si accucciarono velocemente dietro un cespuglio che si trovava di fronte alla casetta. Si misero, infine, ad osservare e ad attendere il succedersi degli eventi. Dopo un'ora di assoluta calma, iniziarono ad irritarsi e, per non morire di noia, iniziarono una partita a carte. Quando iniziò a calare il sole - e il cacciatore vinse l'ennesima partita - udirono un canto in lontananza.
«Ehi oh! Ehi oh! Andiamo a riposar! ...»
«Ecco! - Esclamò il cacciatore - Sono loro i nani che proteggono la principessa!» Li osservarono mentre si avvicinavano alla porta ed entravano, fischiettando sempre più lievemente, finché il suono non si spense del tutto.
«Ora, come pensi di riuscire nella tua impresa? Hai un piano?»
Gaston si voltò a guardare il suo nuovo, fidato compare.
«Bisogna usare l'astuzia, in questo caso. Chi meglio di me, dopotutto, potrebbe costruire un piano geniale in poco tempo?! Fammi riflettere un attimo.»
Gaston pensò a lungo. Doveva trovare un modo per colpire dall'interno; non doveva fare gli stessi errori della Regina, però. Non c'é l'avrebbe mai fatta con un colpo diretto, doveva spremersi il cervello ad ogni costo.
«Che ne dici se, mentre tu rifletti, io accendo un fuoco? Geleremo sennò qua fuori.»
Gaston acconsentì, sempre mantenendo lo sguardo fisso sulla casetta, così il cacciatore se ne andò in cerca di legna.
Una volta tornato accese il fuoco, tirò fuori delle scorte di cibo dalla borsa che aveva sempre addosso e preparò l'essenziale per una cenetta.
Quando Gaston si voltò rimase basito e un tantino in imbarazzo. Il cacciatore si era decisamente fatto prendere la mano, e aveva riempito lo spiazzo dove si trovavano di candele e cianfrusaglie simili. L'atmosfera si era fatta troppo intima, ed entrambi se ne accorsero.  Infine decisero di fare finta di niente e godersi la cena che il cacciatore aveva amorevolmente preparato.
«Non riesco a raccapezzarmi... non mi viene in mente niente che possa andar bene in una situazione del genere» disse Gaston, dopo aver ingoiato un enorme pezzo di carne di cervo.
«Non ne ho idea... vuoi ancora un po' di fagiolini?»
«Mmmh, no. Sappiamo che non possiamo colpire la ragazza finché si trova con i nani, però neanche quando si trova da sola; non si fiderebbe mai di far entrare due energumeni come noi in casa.»
«Già, un bel dilemma... certo, se non fossimo due uomini, tutto sarebbe più facile... vuoi le carotine? Sono uscite un po' bruciacchiate, ma credo che con un po' di salsa-»
«Aspetta!»
Gaston si alzò in piedi di scatto. Un'idea folle quanto geniale gli era appena balenata in testa; aveva trovato il modo per entrare in quella casa, costringendo la principessina a fidarsi di lui.
«Cacciatore! Sono completamente d'accordo con te!»
«Eh sì, la salsa fa miracoli...»
«Non per quello! Aaah, adesso ascoltami: ho finalmente un piano; e ho bisogno del tuo aiuto per realizzarlo. Dobbiamo metterci subito al lavoro, però... sarà una lunga notte.»
Il cacciatore non aveva assolutamente idea di che cosa l'amico stesse parlando, ma annuì convinto; almeno in quel modo si sarebbe sdebitato con lui, aiutandolo.
Gaston si abbassò e sussurrò il suo fantastico piano all'orecchio dell'amico. Quando ebbe finito sul volto del cacciatore si dipinse un' espressione di incredula meraviglia.
«Grandioso! E quando lo metteremo in atto?»
Gaston si raddrizzò di nuovo, mise le mani sui fianchi, sorrise al suo aiutante e rispose con voce sicura.
«Domattina
 
 
♦ ▪ ♦
 
 
... di nuovo, in un paesino francese.
 
«Sei sicuro, Letot, che questo inventore sarà in grado di darmi ciò che voglio?»
La Regina e Le Tont stavano percorrendo una delle vie che componevano il piccolo paesino, avevano appena superato il fornaio quando Grimilde fu presa dai dubbi. Il suo nuovo, piccolo aiutante le aveva raccontato tutto quello che sapeva sul conto di Maurice, l'inventore del paese, e lei non ne sembrava completamente convinta. Infatti, essendo lei per prima una strega, non confidava molto in queste nuove tecnologie; un vecchio libro di incantesimi era tutto quello che serviva, ad una come lei.
«Ma certo... vedrà, non rimarrà delusa.»
In cuor suo Le Tont pregava che davvero Maurice fosse in grado di realizzare uno specchio parlante; altrimenti avrebbe dovuto vedersela lui con l'ira della Regina.
Erano ormai giunti di fronte alla casa dell'inventore, molto simile, d'altronde, a tutte le altre abitazioni del posto.
«Quindi è qui che abita... Avanti, fallo uscire!»
Le Tont si avvicinò alla porta e, sospirando, bussò un paio di volte.
Tutto tacque. Dopo qualche altro secondo di attesa il ragazzo bussò di nuovo, questa volta mettendoci più forza.
Ancora nulla, non si sentivano nemmeno dei rumori all'interno della casa.
«Allora??! Come osa fare aspettare una Regina!!»
«Ehm - iniziò Le Tont a disagio - magari non è in casa...»
«Vai a cercarlo, allora! Non metterci troppo, o potrei scatenare la mia ira su di te!»
Le Tont corse a perdifiato verso il retro dell'abitazione. Si fermò per respirare, ma rizzò le orecchie sentendo un rumore vicino. Seguì il rombo lento, finché non si trovò di fronte ad una di quelle cantine utilizzate per difendersi dalle tempeste. Le ante dell'entrata erano socchiuse, e dall'interno usciva un fracassante e martellante rumore metallico. Inizialmente rimase lì fermo senza sapere che fare, poi si ricordò le minacce della Regina, allora aprì lentamente l'anta destra ed entrò nella cantina.
Di fronte a lui, di spalle, si trovava Maurice, l'inventore del paese, intento a saldare un bullone della strana macchina a cui stava lavorando. Le Tont gli si avvicinò lentamente e, per attirare l'attenzione dell'altro, appoggiò la mano  sulla sua schiena. In un secondo accadde il disastro.
Maurice, preso dallo spavento, sobbalzò e lasciò cadere la chiave inglese sulla macchina, che la rigettò indietro a tutta velocità, rischiando di decapitare il povero Le Tont.
«Chi-chi-che cosa??» Maurice si voltò di scatto e, una volta visto l'artefice di quel pasticcio, tirò un sospiro spazientito e guardò male il ragazzo.
«Ehm... Salve, Maurice» cercò di sorridere, ma ci rinunciò non appena vide l'espressione del vecchio.
«Che cosa ci fai qui?! Sei accompagnato da Gaston, immagino» Disse il vecchio, duramente. Le Tont non si aspettava certo una felice accoglienza; dopotutto Gaston se la meritava appieno, dal vecchio, dopo aver - come ricorda spesso Maurice - "importunato ripetutamente sua figlia Belle". Sperava comunque che non rifiutasse quel lavoro, o non avrebbe saputo come sopravvivere alla strega.
«In realtà no... da un' ospite, piuttosto. Vorrebbe chiedervi di costruire una cosa per lei; sempre se è possibile.»
Maurice ci pensò un attimo, poi rispose in poco più garbato.
«D'accordo. Dove si trova adesso, questa tua ospite?»
«Qui fuori: sta aspettando di parlare con voi.»
Il vecchio gli fece un cenno d'assenso e entrambi uscirono velocemente dalla cantina, per poi dirigersi verso l'entrata principale della casa.
«Ehm... vi avverto però che è un tipo un po' particolare.»
Una volta arrivati si fermarono a pochi passi di distanza dalla figura che li attendeva impaziente. A Maurice sembrò che la scena si stesse svolgendo a rallentatore. La Regina si voltò lentamente nella loro direzione, con il lungo e tenebroso mantello mosso dal vento, che le accarezzava il vestito attillato viola. Maurice non aveva mai visto donna più bella, malgrado le sopracciglia corrucciate per l'impazienza, i bellissimi occhi fiammeggianti, e la bocca contratta in una smorfia di disgusto... semplicemente adorabile. Arrivati dinanzi a Grimilde fu Le Tont a prendere parola.
«Vostra Altezza, vi presento l'inventore Maurice»
«Era ora! Mi ha fatta attendere abbastanza, direi!»
Le Tont guardò terrorizzato Maurice, aveva paura che rispondesse a tono, invece l'osservò preoccupato. Il vecchio aveva un'espressione decisamente strana sul volto.
«Allora, inventore, deve svolgere un lavoro per me di vitale importanza!»
Maurice continuava a guardare estasiato l'alta figura che aveva di fronte, riuscì a rispondere solo con un suono impercettibile.
La Regina a questo punto, preoccupata, si rivolse a Le Tont.
«Perché non mi risponde? E' forse sordo?!» poi continuò.
«LEI MI CAPISCE? HO BISOGNO CHE MI COSTRUISCA UNO S-P-E-C-C-H-I-O»
Grimilde aveva detto tutto questo con un volume decisamente sopra la norma, e gesticolando in modo strano, specialmente la parte dello specchio.     
«Ehm, Altezza, non credo ci sia bisogno di-»
Maurice sembrò risvegliarsi improvvisamente.
«Cosa? Oh, la capisco perfettamente, non si preoccupi - le fece il baciamano - Altezza.»
Lei tolse la mano, schifata, e spiegò al vecchio quello che voleva, cercò di descrivergli lo Specchio delle Brame che aveva nel suo castello - soffermandosi più del necessario sul carattere.
«Uno specchio parlante? Beh, non saprei...»
«La prego, non potrei vivere un secondo di più senza!»
 Maurice s'incantò ancora per qualche secondo guardando le splendide iridi verdi della Regina, poi orgogliosamente rispose.
«Ce la farò, glielo prometto mia splendida Regina, riuscirò nell'intento!»
 
 
♦ ▪ ♦
 
 
... preparando un piano geniale.
 
Tutto ormai era pronto. Il cacciatore usò il dorso della mano per asciugarsi la fronte, e strizzò gli occhi insonnoliti. Avevano passato tutta la notte per preparare quel piano, ogni minimo particolare era stato valutato ed ora non rimaneva altro che aspettare.
«Ormai è giorno, mio fedele amico, i nani usciranno a breve per andare alla miniera >
Disse Gaston, nascosto dietro ad un cespuglio, preparandosi per la grande impresa.
Infatti, pochi minuti dopo si udirono dei rumori all'interno della piccola casa, si aprì la porta ed infine ad uno ad uno i nani iniziarono ad uscire. Uscì l'ultimo, quando il cacciatore diede il segnale.
Un cenno e tutto iniziò.
 
«Aaaaaaaaaaaah!!»
Un urlo attirò l'attenzione dei nani, occupati a salutare come di routine Biancaneve; pochi istanti dopo videro la figura dalla quale proveniva quel'acuto e squillante suono.
Una visione alquanto strana: una fanciulla alta e muscolosa era appena giunta dinnanzi a loro dopo una folle corsa nel bosco. Indossava un vestito lungo bianco e viola, ed una fascia che usava a mo' di cerchietto tra i lucidi capelli neri. Era truccata in modo decisamente esagerato – specialmente il rossetto – e i suoi splendidi occhi azzurri erano messi in secondo piano dal mento molto pronunciato. I nani non fecero in tempo a pronunciar parola che, alle spalle della fanciulla, arrivò di corsa un cacciatore con il fucile puntato di fronte a sé.
«Aaaaaah! Sono una fanciulla in pericolo, aiutatemi!»
I nani si diedero una breve occhiata.
«Non- non possiamo lasciare la fanciolo in periciulla! mmh... la fanciulla in pericolo! Andiamo!»
Dotto, dopo aver finito di parlare, fu il primo a lanciarsi all'inseguimento del cacciatore, seguito poi dagli altri fratelli. Anche gli animali che si trovavano lì intorno, presi da uno spirito eroico, seguirono i nani. Il cacciatore non fece molta resistenza e scappò a gambe levate nel bosco, seguito dagli animali, e sogghignando dentro di sé per la riuscita del piano.
Lo stesso stava facendo Gaston, quando una Biancaneve molto preoccupata lo accompagnò in casa, seguita dai nani.
Una volta dentro lo fecero sedere e gli chiesero di raccontare loro cosa fosse successo. Gaston inventò una storia assurda quanto incredibile riguardo una bestia che lo teneva prigioniero in un castello, a quanto pareva era riuscito a scappare, ma il mostro gli aveva messo alle calcagna il cacciatore per catturarlo di nuovo - ovviamente tutto ciò al femminile.
Mentre parlava continuava a sentire un terribile prurito alle gambe, probabilmente a causa del vestito, in più il cacciatore aveva leggermente sbagliato la misura del bustino, che infatti gli stava decisamente stretto e per questo ogni tanto faticava a respirare; in questo modo fare la voce squillante femminile risultava davvero complicato.
Quando ebbe finito, Biancaneve era ormai in lacrime - commossa dalla storia della fanciulla - e i nani cercavano di rassicurarlo, dicendogli che ormai era con loro quindi al sicuro.
Brontolo era l'unico che se ne stava zitto, seduto alla destra di Gaston e rifletteva guardando la strana fanciulla che aveva di fronte.
«Non ci hai ancora detto come ti chiami!» Grugnì all'improvviso Brontolo, guardando sempre male il suo interlocutore.
«Oh - cioé Ooh - giusto, ehm, io mi chiamo Gas- eh... Gà. Il mio nome è Gà.»
 
 
♦ ▪ ♦
 
 
 
 
Note Autrice:
Salve a tutti! Finalmente ho pubblicato il primo capitolo che, i realtà è solo la metà di quello che doveva essere. La seconda parte della storia di Gaston/Grimilde arriverà presto.
Un ringraziamento speciale a Charme ( non sono ancora capace di taggare; abbi pazienza) per il fantastico betaggio <3
 
Alla prossima ( spero presto)
Ete

 

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