Ophelia.

di opheliatanis
(/viewuser.php?uid=38445)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Reaping's day. ***
Capitolo 2: *** The Reaping. ***
Capitolo 3: *** Two minutes. ***
Capitolo 4: *** Leaving. ***
Capitolo 5: *** The black Parade. ***



Capitolo 1
*** The Reaping's day. ***


Ophelia Tanis Ryder




L'immagine che lo specchio rifletteva non era mai stata più lontana dall'idea che Ophelia aveva di sè, o che gli altri avevano di lei. Era il grande giorno, il suo giorno era arrivato. Il giorno della Mietitura, della sua mietitura, e lei sarebbe stata semplicemente perfetta. Con l'aiuto di suo padre era riuscita a fare arrivare da Capitol City l'abito perfetto per quel giorno perfett: in realtà era un abito molto semplice, ma che allo stesso tempo aveva un forte impatto. Era bianco, in stile impero, con una scollatura generosa che lasciava intravedere le sue forme; sotto il seno e sulle spalline era tempestato da una pioggia di gemme preziose, che avrebbero ricordato a tutti da dove veniva e che, se possibile, rendevano i suoi occhi ancora più luminosi, freddi e decisi. Il dolce fruscio provocato dalla seta della gonna accompagnava ogni movimento di Ophelia, che girava su se stessa, cercando di immaginarsi salire sul palco: quella era la sua giornata. Quello che l'aveva subito colpita dell'abito era il modo in cui la faceva apparire: fasciata di bianco, in quelle linee morbide, pareva una dea, o meglio ancora, pareva un angelo, e chiunque conoscesse almeno superficialmente Ophelia Tanis Ryder poteva tranquillamente definirla una creatura demoniaca, piuttosto che angelica. Aveva raccolto i capelli color del grano in uno chignon morbido che permetteva a qualche ciocca ribelle di cadere ai lati del volto, conferendole un'aria romantica, e aveva completato il tutto con un cerchietto alto, un bracciale e degli orecchini tempestati delle stesse gemme che si trovavano sull'abito. Era pronta, ed era perfetta. Già s'immaginava gli abitanti della Capitale fremere nell'attesa, e poi gridare il suo nome, ammirarla, amarla, elogiarla. Sarebbe stata ciò che Capitol City voleva che fosse: un angelo della morte, sensuale e letale, lasciva e pronta ad uccidere a sangue freddo. Lo sarebbe stata per vincere, per tornare, per la gloria eterna. Fece un'ultima giravolta su se stessa osservandosi in ogni piccolo particolare, quando si rese conto che, sulla porta dietro di lei,sua madre l'osservava con un'espressione indecifrabile sul volto: si avvicinò a lei e le prese le mani, ristabilendo tra loro la connessione che si era spezzata il giorno del suo dodicesimo compleanno, quando la piccola, indifesa Ophelia era diventata carne da macello. Vincerò. Una semplice parola prima di lasciare le mani piccole e delicate della madre, le stessa mani che anni prima avevano ucciso chissà quanti giovani per arrivare dov'era ora. Si voltò e sospirò trasognata udendo il richiamo alla Mietitura, uscì di casa, diretta verso la propria morte e la propria rinascita.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** The Reaping. ***


Ophelia Tanis Ryder




Quando la solita donnetta insignificante fece la sua apparizione sul palco, i tributi fremevano sotto il sole da tempo.
Ophelia era sola, come ogni anno. Sua madre non l'aveva mai accompagnata alla Mietitura, i brutti ricordi si affollavano sistematicamente nella sua mente ogni anno in quel giorno preciso, e suo padre ovviamente le teneva compagnia.
Ophelia era grande abbastanza, si dicevano, ma la verità era che non avrebbero potuto sopportare la scena dal vivo, non quell'anno, l'anno in cui la loro bambina andava incontro alla morte.
La biondina, dal canto suo, si limitava a stare in piedi in mezzo alla folla, riconoscibilissima nel suo abito bianco, di una bellezza sfolgorante, sicura di sè come sempre: facce conosciute la circondavano, facce spaventate, preoccupate, terrorizzate.
Ma lei era tranquilla. Era pronta a quel giorno, lo aspettava dai suoi dodici anni.
Sul palco notò Jaime, altrettanto freddo e distaccato, ma Ophelia era conscia della tempesta che gli si stava scatenando dentro.
Scosse il capo impercettibilmente e qualche altro ciuffo ribelle scappò dal morbido chignon in cui i suoi capelli erano acconciati, poi alzò il capo verso il cielo, in attesa di quel benedetto nome.
Non che per lei ci fosse una qualche differenza.



Non un sussulto, non un sospiro, niente.
Quando dalle labbra della donnetta uscirono le parole Daphne Sophie DelMar, Ophelia restò semplicemente impassibile.
Vide la disperazione negli occhi di Nastrina, il dolore e allo stesso tempo l'apatia in quelli di Jaime.
Ma per lei, in fondo, non cambiava nulla, anzi. Sarebbe solo stata un'entrata più gloriosa, nient'altro.
Doveva ammettere che salvare la vita a quella biondina non le faceva fare i salti di gioia, tuttavia un capriccio non poteva offuscare il desiderio di una vita, così cominciò ad avanzare verso il palco.
-Io. Io mi offro volontaria come tributo per questa edizione degli Hunger Games.-
L'aveva detto. L'aveva detto con calma, senza nessuna emozione nella voce, apatica, sicura, forte.
Continuò ad avanzare, la seta le danzava attorno ai fianchi, le copriva i piedi e faceva si che sembrasse fluttuare più che camminare.
Un angelo, un angelo della morte.
Raggiunse il palco tra i mormorii del distretto, tra gli sguardi sfacciati e i sospiri di sollievo.
Lanciò un'occhiata a Jaime che sembrava decisamente sollevato, e alla DelMar, ancora immobile da quando Tinker Bell aveva pronunciato il suo nome.
Ora era lì, accanto a quella donna, di fronte al suo distretto.
Era lì, di fronte a tutta Panem, come tributo volontario dei 72° Hunger Games.



Inutile dire che Ophelia ignorò del tutto l'atteggiamento da primadonna dell'essere che le stava accanto, così come ignorò completamente l'estrazione del maschio.
Simon Enderson. Il suo compagno. Solo un nome di troppo sulla sua lista delle cose da fare prima di tornare a casa.
Vagando con lo sguardo sulla folla sotto di lei, incrociò lo sguardo di Daphne, uno sguardo pieno di sollievo, di gratitudine, di vita.
Si, lei avrebbe vissuto, quello era certo. Avrebbe vissuto e lo avrebbe fatto grazie a lei.
Le fece un cenno senza tradire alcuna emozione, ma sapeva che Nastrina avrebbe capito.
{Non l'ho fatto per te, non c'è bisogno che mi ringrazi.}
Dopotutto, aveva salvato una vita e, a quanto pareva dai mormorii del distretto e dal gioco di specchi tra la giovane e il Mentore dietro di lei, aveva salvato anche una storia d'amore.
Guardandosi il vestito si lisciò la seta delicata della gonna, in attesa di ulteriori direttive: accanto a lei poteva sentire la puzza di Capitol City provenire da quella specie di Bigbabol vivente, dietro di lei il profumo dell'amore misto alla paura e alla responsabilità di Shelby.
E lei era nel mezzo, come sempre, ma questa volta per davvero.

† † †

Grazie a chi ha recensito, credo aggiornerò abbastanza alla svelta essendo tutto già pronto..
Nev.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Two minutes. ***


Ophelia Tanis Ryder




Mentre Tinker portava lei e l'altro tributo nel Palazzo di Giustizia tirandoli spazientita per il braccio, Ophelia aveva la mente vuota e leggera: era sicura di essere l'unica a vivere la Mietitura in quel modo, tutti gli altri Tributi probabilmente stavano piagnucolando o tremando, ma lei no. D'altronde, era tutto calcolato nei minimi dettagli.
I lunghi corridoi del Palazzo erano un inno allo sfarzo, pur vivendo in una delle famiglie più facoltose del distretto, la ragazza non aveva mai visto nulla di simile: gemme su gemme, la luce fioca delle lampade a muro creava dei deliziosi giochi di luce ed ombra sulle persone che avevano la fortuna di camminare in quei corridoi.
Finalmente arrivarono nell'ufficio del Sindaco, ancora vuoto: con un piccolo ghigno Ophelia si trovò a pensare al sindaco grassoccio che si affrettava arrancando verso il Palazzo di Giustizia, asciugandosi la fronte imperlata di sudore con un fazzoletto tanto pregiato quanto unto e bisunto.
In teoria sapeva quello che stava per accadere, ma in pratica fremeva di impazienza, pur non mostrandolo: dopo il discorso di rito e le spiegazioni di ciò che tutti conoscevano fin troppo bene, sarebbe stato il momento degli incontri con le persone care.
Sapeva che la sua famiglia non sarebbe venuta, e non se ne dispiacque affatto: non aveva intenzione di sentire i piagnucolii di sua madre e le occhiate apprensive del padre, quindi, andava bene così, si riservava l'incontro con loro per il giorno in cui lei, Ophelia Tanis Ryder, sarebbe tornata al suo distretto da Vincitrice, acclamata e temuta da tutti.
Prese a giocherellare con il bracciale che le serrava il polso, pensando ad altre eventuali visite: avrebbe pensato a Juls, ma da tempo non lo vedeva a parte uno scambio di sguardi prima della Mietitura, dunque dubitava fortemente che sarebbe venuto da lei.
Jaime nemmeno, d'altronde avrebbero avuto fin troppo tempo per parlare nei giorni successivi.
No, non c'era nessun'altro che Ophelia si aspettava di veder piangere sul suo letto di morte; in quel momento, da quel momento, era ufficialmente sola. Ophelia Tanis Ryder da sola contro il mondo, pronta a combattere con le unghie e con i denti, pronta ad uccidere, pronta a tornare.




Ophelia trattenne a stento la sorpresa quando Nastrina, nel suo metro e cinquantasei, entrò nell'Ufficio del Sindaco scalza: lei?
Non avrebbe mai immaginato che sarebbe venuta lei. Probabilmente l'aveva fatto per pena. Oppure no.
Non li voglio i tuoi ringraziamenti, l'ho fatto per me, non per te. rispose tranquillamente continuando a giocherellare con il proprio bracciale. Poi, restò veramente colpita da quello che Daphne fece.
Le porse uno dei suoi nastrini. Nero, di raso. Forse l'unica cosa proveniente da lei che avrebbe mai potuto apprezzare.
Lasciò che la biondina glielo facesse scivolare nella mano aperta, e lo strinse nel proprio pugno, dicendo: -Forse lo terrò per ricordarmi che devo tornare per dimostrarti quanto meglio di te io sia.-
Inaspettatamente, Ophelia sorrise debolmente verso la ragazza che le stava di fronte e le porse il proprio cerchietto, tempestato di gemme preziose che, probabilmente, avrebbero donato agli occhi di Daphne una luminosità quasi inumana.
-Tu fai un favore a me. Metti da parte i nastrini ogni tanto.-
Sapeva che la ragazza avrebbe capito, ancora una volta, il senso della sua affermazione. Sapeva che sotto a tutti i nastrini e i lucidalabbra con i quali si copriva, Daphne meritava una possibilità, più di lei probabilmente.
Daphne rendeva felici le persone restando, Ophelia lo faceva andandosene e, poi, tornando.



Annuì sogghignando alle parole della DelMar e mormorò in rimando: -Sarò femminile a modo mio Daphne.-
Daphne. Era la prima volta che la chiamava per nome, in effetti. Chissà che effetto doveva fare..
Si allacciò il nastrino al polso sinistro lasciando che il raso in eccesso le solleticasse la pelle di porcellana, poi si girò il braccio davanti al viso strudiandolo per bene constatò: -Non sta poi così male..-
Sospirò e si abbandonò sullo schienale imbottito della sedia, chiudendo vagamente gli occhi: da un momento all'altro i Pacificatori sarebbero venuti e avrebbero portato via il suo ultimo contatto che poteva essere definito umano.
Si sollevò di colpo con aria decisa e afferrò l'avambraccio di Daphne, fissò lo sguardo nel suo e le disse: -Jaime. Sai cosa devi fare, vero? Sarà lui quello che avrà più bisogno di aiuto. E se aiuti lui aiuti me.-
Lasciò la presa continuando a guardare la ragazza negli occhi.

† † †

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Leaving. ***


Ophelia Tanis Ryder




Quando Ophelia varcò la porta scorrevole che portava al vagone principale del treno, Jaime e l'altro tributo erano già seduti a parlare: lei si era presa un po' di tempo per se stessa, era semplicemente restata sdraiata sul letto della sua cabina a fissare il soffitto e a rimuginare su quello che era e che sarebbe stato: al momento non aveva troppa voglia di vedere nemmeno Jaime, sapeva che probabilmente le sue attenzioni sarebbero state fortemente condizionate dal fatto che poche ore prima aveva salvato la sua pupilla, tuttavia mise da parte i capricci, decidendo di mettere la sua sopravvivenza davanti a tutto il resto.
Entrò senza dire nulla e si sedette sulla sedia tra Jaime e Simon accavallando le gambe e poggiandosi mollemente allo schienale:
- Dunque? Da cosa si parte?- chiese semplicemente senza guardare nessuno un particolare e riempiendosi il bicchiere di vino rosso.



Sorseggiò delicatamente il vino, ascoltando con attenzione le ultime parole di Jaime: una fiera ed una cicatrice? Si, potevano essere decisamente un buon punto di partenza, ma non si poteva basare tutto sul timore, anzi...
Tutti sapevano come ragionava Capitol City, e uno sfregiato solitario non avrebbe attirato molte simpatie di certo, ma Ophelia era certa che nella testolina di Jaime gli ingranaggi si stessero già muovendo forsennatamente per trovare un modo di rendere piacevole agli occhi della Capitale quel giovane solitario.
Posò il bicchiere sul tavolo e lanciò uno sguardo fuori dal finestrino, riuscendo a stento a distinguere gli elementi del paesaggio che li circondava a causa dell'inaudita velocità del veicolo: nella sua mente si affollavano pensieri su pensieri, immagini su immagini...
Era come un film proiettato solo per lei, un film dei momenti migliori della sua vita: si rivide nel giardinetto della casa di Julian a giocare insieme agli Hunger Games, alla palestra a distinguersi per la sua audacia, da Ares a stupire energumeni appena messi al tappeto da una bambolina bionda... In tutti questi momenti stava la ragione per cui avrebbe vinto, la ragione per la quale lei sarebbe stata l'unica a meritarsi un ritorno glorioso.
Si ravviò i capelli ritornando alla realtà e, guardando Jaime, rispose:
-Preferirei parlarne in privato, se non ti dispiace. Piuttosto, a quale distretto dovremmo fare più attenzione secondo te? Insomma, so che le immagini della Mietitura possono dare un'immagine tanto fedele quanto distorta dei tributi, ma da quello che ho visto.. Non so.. - sospirò poggiandosi stancamente allo schienale.
Chiaramente, non avrebbe parlato delle sue strategie con Simon presente.
Era certa che lui stesse studiando lei con la stessa attenzione con la quale lei stava studiando lui.
Aldilà dell'apparenza, era consapevole di quanto potesse essere pericoloso, l'aveva visto allenarsi e l'aveva scorto un paio di volte da Ares, anche se Ophelia ne era certa, neanche allora il giovane sfregiato stava dando il meglio di se.



La biondina ascoltó quello che Jaime diceva senza battere ciglio: in effetti, dai video della mietitura il maschio del sei le era sembrato quello da cui si sarebbe dovuta guardare per bene: il ragazzo del due avrebbe commesso lo stesso errore della maggior parte dei favoriti, si sarebbe sopravvalutato e si sarebbe fatto fuori con le sue stesse mani, ma quel Leon.. C'era qualcosa di animalesco nei suoi lineamenti, e il barlume di pazzia che illuminava i suoi occhi non prometteva niente di bene.
Ophelia storse il naso alla considerazione di Jaime sulla sua Mietitura e commentó, ironica:
-Oh si, quell'abito era perfetto, un'ottima arma! Credi sarà contemplato nella lista dei doni che gli sponsor possono farci?-
Inclinó le labbra in un mezzo sorriso prima di sorseggiare un altro po' di vino, e ne approfittó per ascoltare attentamente le considerazioni di Simon.
-Beh si, saranno certamente piú allenati di noi sul campo, ma tutto é relativo. Loro sanno riconoscere quali frutti sono commestibili e quali no, noi siamo in grado di colpirli alla gola con un coltello a dieci metri di distanza.-
Si ravvió stancamente i capelli poggiando la testa allo schienale e socchiudendo gli occhi:
-Dipende tutto dall'ambiente che troveremo nell'arena, dalla clemenza degli strateghi, dalla disponibilità degli sponsor, dalla fortuna..-
Ecco, quello era l'aspetto piú spaventoso di tutti i Giochi, la fortuna.
Quella non la si puó controllare, non la uccidi con un colpo di balestra ne tantomeno la compri con un bel sorrisino e con l'aiuto degli sponsor. La fortuna é fortuna, e non cambia niente che tu sia un disagiato del 12 o un favorito dell'1.




Il piccolo sorriso spuntó sulle labbra della giovane Ophelia rendendosi conto della piega che il discorso stava prendendo.
La Cornucopia.
Ne aveva già parlato con Jaime quella sera al pub, e conosceva sia la sua posizione da mentore che quella da uomo; probabilmente avrebbe seguito il consiglio da Mentore, perché ai Favoriti si conviene così, ogni ferita, ogni vittima sono un passo in più verso la vittoria.
Non era la prima volta che si trovava a fantasticare sulla Cornucipia, e ogni fantasia si concludeva con un'Ophelia soddisfatta, con almeno dei coltelli, in cima alla classifica di gradimento.
Un angelo della morte. Una letale bambolina di porcellana.
Ancora non sapeva come gli stilisti avrebbero deciso di far risaltare quel lato di lei, quello che Capitol City avrebbe amato, ma sapeva che l'avrebbero fatto, e anche in maniera egregia.
No, forse non per garantire ai tributi una possibilità in più, probabilmente lo avrebbero fatto per la loro sete di fama, ma quello che importava era il risultato, non l'intento.
Sorseggió un altro po' di vino rosso e osservó l'interno del bicchiere divertita, rendendosi conto di quanto quella bevanda paradisiaca fosse simile al sangue, e di quanto poco a lei importasse: mosse un poco il bicchiere facendo turbinare all'interno di esso il liquido color del rubino, immaginando il primo sangue dei suoi Giochi, quello che avrebbe visto zampillare per la prima volta da una gola, o quello che avrebbe squarciato un petto tingendo l'uniforme di peccato.
Ah, il sangue macchia. Come il vino.
Per un istante si trovó a pensare a Daphne, ricordandosi che quella considerazione l'aveva sentita da lei qualche settimana prima in palestra, mentre si allenava con Julian. Chissà se avrebbero guardato i Giochi insieme. Se li avrebbero commentati, se avrebbero fatto il tifo per lei.
Posó il calice di cristallo sul tavolino di legno pregiato che le stava davanti, ignorando le proteste di Tinker sull'usare un sottobicchiere, e rivolse tutta la sua attenzione a Jaime.
-Ho intenzione di totalizzare il massimo del punteggio con gli Strateghi. È un male?- Era pronta a rischiare di essere presa di mira come la prima da eliminare, piuttosto che passare per mediocre.
E poi, non era quello che la Capitale voleva?
L'avrebbero amata, e a Jaime sarebbe risultato decisamente più facile tenerla in vita in quel modo.
† † †

Buongiorno a tutti :3
Due spiegazioncine: Simon, come si può capire, è il compagno di Mietitura di Ophelia, un ragazzo tanto tenebroso quanto forte, nel corso dei Giochi tuttavia non si parlerà più di lui perchè, a causa della rinuncia dell'utente a muoverlo, gli admin del gioco di ruolo han deciso di farlo morire alla Cornucopia.
Jaime è il giovane mentore del distretto 1, vincitore degli Hunger Games quando era poco più che un ragazzino, diviso a metà nell'anima a causa degli orrori dell'Arena: è innamorato di Daphne, la ragazza per la quale Ophelia si è offerta volontaria.
Riguardo a Daphne ci tengo a dire solo che, prima della Mietitura, le due ragazze non erano affatto in buoni rapporti, quindi Ophelia non si è offerta per lei o per Jaime, ma è stato tutto puramente egoistico.
Ah, un'ultima cosa! All'interno delle ruolare io copio solo i miei post, se non capite qualcosa a causa della mancanza dell'interlocutore nei dialoghi fatemelo presente, e inserirò anche la controparte.
Alla prossima,
Nev.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** The black Parade. ***


Ophelia Tanis Ryder




Quando il treno entró ufficialmente nella Capitale, ne Ophelia ne Simon si disturbarono di arrivare ai finestrini per esibirsi in sciocchi saluti e finti sorrisi: la biondina squadró con sufficienza Tinker che, vestita di un verde fluorescente, mostrava tutta la sua dotazione dentaria.
Quando scesero per poco il fracasso non la assordó, ma non lo diede a vedere, anzi, seguí senza fiatare i Pacificatori dietro a Jaime e davanti a Simon: camminando potè scorgere gli altri tributi frastornati e allo stesso tempo ammaliati da coloro che, pochi giorni dopo, avrebbero giocato a dadi con la loro vita.
Una volta entrati nel centro estetico il Mentore sparí letteralmente, e i due tributi furono portati in due ale separate dell'edificio: Ophelia non si prese la briga di nascondere il disgusto di fronte alle creature che la circondavano: parvenze di uomini dalla carnagione di colori ridicoli e dai capelli, se possibile, ancora peggio. Si presentarono, ma la biondina non disse nulla a parte il suo nome, e due secondi dopo le presentazioni la sua mente aveva già cancellato le informazioni riguardanti il suo staff di preparatori, in fondo, a cosa sarebbero serviti?
La fecero spogliare e la studiarono da capo a piedi senza ritegno, prendendo misure e appuntando dati su un piccolo dispositivo di cui ciascuno era dotato, dopodiché la fecero immergere in una vasca piena di sali da bagno, il profumo della vaniglia aveva impregnato ogni elemento della stanza: dopotutto era piacevole. Delicato e pressoché impercettibile, ma esistente. La lasciarono immersa per quasi due ore, ogni venti minuti un componente dello staff entrava e le applicava un unguento sul corpo e un olio sui capelli, massaggiava le spalle e la cute, la sciacquava e spariva di nuovo.
Quando la fecero uscire dalla vasca la fasciarono in un morbido asciugamano, le asciugarono corpo e capelli e la fecero distendere nuda su un lettino dove la depilarono, le passarono della crema alla vaniglia su tutto il corpo e un balsamo al cocco sui capelli.
Dopodiché sparirono.
Per una buona mezz'ora Ophelia restó sola, ed ebbe il tempo di studiare la sua pelle vellutata al profumo di vaniglia, i suoi capelli morbidi divisi in boccoli perfetti.. Dopodiché entro colui dal quale sarebbe dipesa la sua entrata in gioco a Capitol City.
Era un uomo alto e muscoloso, la pelle era di un verde acquamarina quasi piacevole, i capelli di un grigio argenteo, e sotto gli occhi delle linee nere mettevano evidenza i suoi occhi viola.
-Ciao Ophelia, io sono Xavier, e mi occuperó di curare la tua immagine in preparazione all'esperienza dei Giochi.-
La biondina strinse la mano che le venne tesa e poi si sdraió nuovamente, in attesa di direttive.
-Fa' ciò che ritieni essere la scelta migliore.- mormorò semplicemente chiudendo gli occhi mentre le mani sapienti dell'uomo iniziarono a muoversi nei suoi capelli.
Si, aveva deciso che poteva fidarsi di lui.



L'attesa si può palpare con le dita delle mani in questa calda e limpida sera. Capitol City freme dall'impazienza di ammirare, con occhi stupidi o inorriditi, i nuovi capolavori degli Stilisti.
Nella folla si possono scorgere volti truccati e sorridenti, le bocche aperte in una risata perpetua ed esagerata. Dappertutto si scorgono dettagli verde smeraldo, il must della stagione.
Caesar Flickerman e Claudius Templesmith, luccicanti nei loro capelli tinti e nei loro completi eleganti e colorati, si schiariscono la gola ripetutamente, cercando di controllare l'eccitazione che pervade i loro corpi. La Parata è, insieme all'intervista, il momento più importante per i Tributi: in quei pochi secondi di sfilata dovranno conquistare pubblico e fans, cercando di attirare tutta l'attenzione possibile affinché siano i loro visi e i loro nomi ad essere ricordati da tutta Panem.
L'ordine di uscita è sempre il solito; il primo carro a sfilare, dopo l'arrivo del presidente Snow – elegantissimo nel suo completo grigio chiaro -, sarà quello del primo Distretto. Sicuramente uno dei più attesi, visto il favoritismo e l'ammirazione per i sorteggiati di quel luogo.
L'anfiteatro trema per un'ultima volta, prima di zittirsi, nell'attesa spasmodica.
Non appena i Tributi fanno il loro ingresso, un urlo di schiamazzi elettrizzati pervade il posto. Ophelia Tanis Ryder e Simon Enderson risplendono nei loro abiti. Nessuno potrebbe mettere in dubbio che vengano dal primo Distretto, sembrano delle stelle cadenti che tagliano prepotentemente la notte di Capitol City, infuocando il cielo e i cuori con la loro luminosità.
Caesar squittisce dall'emozione: - Claudius, quest'anno Axia e Xavier hanno superato se stessi! - Inizia ad applaudire, il volto rosso dalla commozione.
Simon è pressoché irriconoscibile questa sera, è rimasto davvero poco del ragazzo sfregiato che era apparso il giorno della Mietitura. Gli stilisti hanno deciso di non ridurlo ad una maschera, il suo viso è lindo fatta eccezione per la cicatrice ed un filo di barba incolta.
I capelli lunghi e di solito disordinati sono raccolti in una coda morbida che cade dolcemente sulla schiena, mischiandosi al velluto nero del nastro che la teneva insieme.
Ma il dettaglio più importante nell'abbigliamento, ciò che colpisce i numerosi occhi del pubblico, è un lungo cappotto in taffettà bianco, abbellito con diamanti su montatura d'oro che fungono come bottoni ed impreziosito da una catena ininterrotta di gemme luminose che seguono il contorno del copri abito.
Il collo alto del cappotto conferisce al giovane un'aria misteriosa e affascinante, soprattutto grazie al gioco di luce che la costellazione di diamanti su di esso appuntati produce sul suo volto indecifrabile. L'insieme dà l'idea che il torace muscoloso e ben delineato di Simon sia stato ricoperto, in ogni suo centimetro, di diamanti e ogni sorta di gemme preziose
. Le gambe toniche e lunghe sono fasciate da un paio di pantaloni in lino bianco, talmente leggeri da sembrare carta velina e talmente stretti da sembrare cuciti addosso al ragazzo; dall'orlo dei pantaloni parte un turbine di diamanti e gemme che, seguendo una linea imprecisa, ma tuttavia estremamente armoniosa, arrivano fin sopra al ginocchio del ragazzoL'attesa si può palpare con le dita delle mani in questa calda e limpida sera. Capitol City freme dall'impazienza di ammirare, con occhi stupidi o inorriditi, i nuovi capolavori degli Stilisti. Nella folla si possono scorgere volti truccati e sorridenti, le bocche aperte in una risata perpetua ed esagerata. Dappertutto si scorgono dettagli verde smeraldo, il must della stagione. Caesar Flickerman e Claudius Templesmith, luccicanti nei loro capelli tinti e nei loro completi eleganti e colorati, si schiariscono la gola ripetutamente, cercando di controllare l'eccitazione che pervade i loro corpi. La Parata è, insieme all'intervista, il momento più importante per i Tributi: in quei pochi secondi di sfilata dovranno conquistare pubblico e fans, cercando di attirare tutta l'attenzione possibile affinché siano i loro visi e i loro nomi ad essere ricordati da tutta Panem. L'ordine di uscita è sempre il solito; il primo carro a sfilare, dopo l'arrivo del presidente Snow – elegantissimo nel suo completo grigio chiaro -, sarà quello del primo Distretto. Sicuramente uno dei più attesi, visto il favoritismo e l'ammirazione per i sorteggiati di quel luogo. L'anfiteatro trema per un'ultima volta, prima di zittirsi, nell'attesa spasmodica. Non appena i Tributi fanno il loro ingresso, un urlo di schiamazzi elettrizzati pervade il posto. Ophelia Tanis Ryde e Simon Enderson risplendono nei loro abiti. Nessuno potrebbe mettere in dubbio che vengano dal primo Distretto, sembrano delle stelle cadenti che tagliano prepotentemente la notte di Capitol City, infuocando il cielo e i cuori con la loro luminosità. Caesar squittisce dall'emozione: - Claudius, quest'anno Axia e Xavier hanno superato se stessi! - Inizia ad applaudire, il volto rosso dalla commozione. Simon è pressoché irriconoscibile questa sera, è rimasto davvero poco del ragazzo sfregiato che era apparso il giorno della Mietitura. Gli stilisti hanno deciso di non ridurlo ad una maschera, il suo viso è lindo fatta eccezione per la cicatrice ed un filo di barba incolta. I capelli lunghi e di solito disordinati sono raccolti in una coda morbida che cade dolcemente sulla schiena, mischiandosi al velluto nero del nastro che la teneva insieme. Ma il dettaglio più importante nell'abbigliamento, ciò che colpisce i numerosi occhi del pubblico, è un lungo cappotto in taffettà bianco, abbellito con diamanti su montatura d'oro che fungono come bottoni ed impreziosito da una catena ininterrotta di gemme luminose che seguono il contorno del copri abito. Il collo alto del cappotto conferisce al giovane un'aria misteriosa e affascinante, soprattutto grazie al gioco di luce che la costellazione di diamanti su di esso appuntati produce sul suo volto indecifrabile. L'insieme dà l'idea che il torace muscoloso e ben delineato di Simon sia stato ricoperto, in ogni suo centimetro, di diamanti e ogni sorta di gemme preziose. Le gambe toniche e lunghe sono fasciate da un paio di pantaloni in lino bianco, talmente leggeri da sembrare carta velina e talmente stretti da sembrare cuciti addosso al ragazzo; dall'orlo dei pantaloni parte un turbine di diamanti e gemme che, seguendo una linea imprecisa, ma tuttavia estremamente armoniosa, arrivav fin sopra al ginocchio del ragazzo.
- Ed è solo l'inizio, Caesar! - urla, visibilmente coinvolto, Claudius, battendo dei pugni sulla scrivania della loro postazione.
Il particolare, però, che garantisce sublime meraviglia alla totalità è l'espressione dura con il quale Simon osserva il pubblico della Capitale, salutando di tanto in tanto con un cenno del capo i numerosi ammiratori.
- E guardate la ragazza, signori! Guardate che incantevole splendore! - strilla ai microfoni un Caesar sudato. A pochi centimetri dal suo compagno di distretto, Ophelia non è mai stata così raggiante.
I capelli color del grano sono raccolti in una sofisticata acconciatura che ricorda lo chignon della Mietitura, morbido e romantico, ma stavolta molto piú di questo: a partire dall'attaccatura dei capelli decine, centinaia di ciocche di diamanti donano ai capelli biondi un bagliore lunare che ha del soprannaturale, in modo tale che, indipendentemente dagli abiti, la giovane brilli di luce propria.
Gli occhi chiari sono stati contornati da una matita color antracite che le allunga lo sguardo, rendendolo simile a quello di una cerbiatta; le ciglia ricoperte di mascara e impreziosite da qualche scheggia di diamante, e poi la magia.
Da sotto l'occhio destro parte una costellazione di diamanti che le attraversa il collo e va a finire, maliziosamente, nella scollatura del vestito, abbandonando qualche diamante qua e là anche sul resto del petto: piccole stelle disobbedienti sfuggite al controllo della costellazione madre.
Il vestito è spettacolare, un inno allo sfarzo del Distretto, ma anche di Capitol City: il body di velluto nero termina sul petto con un'ampia scollatura a cuore che lascia intravedere le forme generose della ragazza, stretto al punto giusto con dei lacci tipici dei vecchi bustini che le penzolano dalla schiena e impreziosito dallo stesso turbine di gemme e diamanti riprodotto sui pantaloni del compagno. Dai fianchi della giovane donna parte poi quella che, forse, si potrebbe definire gonna: più che altro una serie di brandelli di tulle nero di varia lunghezza, alcuni lunghi fino al pavimento, altri nemmeno a metà coscia, che lasciano intravedere le gambe lunghe e affusolate, ricoperte interamente di piccoli frammenti di diamanti che riflettono le luci della Capitale.
Le gambe di Ophelia terminano in un paio di vertiginose scarpe con tacco a spillo nero, rigorosamente tempestate di gemme. Le braccia, lasciate nude, sono state ricoperte dai soliti disegni diamantini del vestito.
Ha lo stesso sguardo di Simon, altero e freddo, ma le sue labbra carnose sono increspate in un ghigno malizioso che la dice lunga sul Tributo volontario del Distretto 1.
Sono in perfetta sintonia, i colori e le forme armonizzate tra loro quasi maniacalmente, in ogni piccolo particolare, fino anche alla sorpresa che gli Stilisti hanno deciso di riservare al pubblico.
Pochi minuti dopo l'uscita del primo carro, i due tributi sono pronti a prendere il volo: tra i gridolini stupiti della gente, dalla schiena di entrambi i Tributi si aprono un paio di ali, bianche e angeliche per Ophelia, nere e demoniache per Simon, leggere e stupende, tempestate di gemme simili alle stelle impigliate nel manto oscuro della notte.
Si muovono, eleganti e flessuose, creando insieme alle gemme degli abiti dei fantastici giochi di luce e ombra sui due giovani provenienti dal primo Distretto: il messaggio è chiaro e spaventoso.
Siamo i Tributi favoriti, brilliamo come stelle. Arriveremo fino alle stelle.
Il pubblico in visibilio guarda incantato le stupende ali muoversi dai busti dei due giovani, così sicuri e splendenti nei loro costumi.

† † †

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1262243