Il Ragazzo che Voleva il Mondo

di _Fener
(/viewuser.php?uid=234023)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Svegliati. ***
Capitolo 2: *** Sogni. ***
Capitolo 3: *** Intermezzo: Al di là del cielo. ***
Capitolo 4: *** Futuro. ***
Capitolo 5: *** Ciò che sarai. ***
Capitolo 6: *** Ciò che è rimasto. ***
Capitolo 7: *** L'Ombra. ***



Capitolo 1
*** Svegliati. ***


Svegliati.

Mi sentì sprofondare all’improvviso.
E’ la prima sensazione che ricordo della mia vita. Ricordo quella parola, pronunciata dentro di me in modo profondo e soave… e poi mi sentì cadere, scivolare in mezzo al nulla. Un grande vuoto, completamente buio… privo della benchè minima luce. Non so come o perché, ma… per qualche strano motivo, mi sentii nascere. Come se non fossi mai stato bambino, come se non fossi stato concepito da una madre e da un padre… così, dal nulla.

Mentre sprofondavo sempre di più in questo baratro, mi sentivo come se mi stessi risvegliando da un sonno profondo. Ero intorpidito, e ancora non avevo pienamente il controllo dei miei muscoli.
Poi.. il mio corpo si inarcò dolcemente in modo che i miei piedi fossero rivolti verso il basso, senza che io potessi controllarlo… e toccai il suolo.

Nel momento in cui i miei piedi si appoggiarono con grazia al pavimento, nel punto in cui toccai si scatenò una luce intensa, che andò diramandosi su tutta la superficie fino a illuminare l’intera piattaforma. In quel momento, abbagliato da quella luce, aprii gli occhi per la prima volta.
Fissai il pavimento, ancora stordito… non avevo ancora realizzato ciò che era successo. Con uno sforzo disumano, guardai le mie mani con aria di stupore.. cominciai a muovere le dita, come se avessi ancora dovuto realizzare che ne avevo il pieno controllo… che erano realmente MIE.

Poi alzai lo sguardo. La vista era offuscata e disturbata dalla luce intensa che sgorgava da quelle vetrate sul quale ero, ma riuscii a capire che dovevo essere su una vetrata circolare… una vetrata in cui, forse, ero raffigurato… non posso dirlo, perché non riuscì a distinguere le decorazioni immerse in tutta quella luce.
Improvvisamente, dentro di me balenò il mio primo pensiero, asfissiante, ansioso, come se stessi cercando la risposta a esso da una vita.
“Chi...
…chi sono io?”
Il mio sguardo era perso nel vuoto. Non provavo alcuna emozione… ero.. vuoto.
 
Non avere paura. Non ne hai il motivo.
 
La voce rimbombò di nuovo dentro di me. Non aveva un suono, ma era comunque forte, decisa, piena di sé.
“Chi… sei?”
 
Non ha importanza chi sia io. L’importante è… chi sei tu.
 
Quelle parole furono come una scossa: sentii pura energia scorrere dentro di me, darmi vigore, forza. I miei muscoli si vitalizzarono, i miei occhi misero a fuoco l’ambiente circostante, e comincia a muovermi con più autonomia. Il vuoto aveva cominciato a riempiersi di qualcosa simile a… rabbia.
“Mo… mostrati…”, sussurrai con voce flebile ma decisa.

Non ottenni alcuna risposta.

Un po’ irritato, sollevai lentamente il braccio destro e aprì il palmo della mano davanti a me.
“Ho detto… MOSTRATI!” ripetei con voce più decisa e con un tono più forte.
In quel momento, sentii un incommensurabile potere scorrere dentro di me. Vidi il mio braccio circondarsi di un alone nero, e la luce emanata dalla piattaforma cominciò a vacillare, lanciando qua e la sprazzi di fiamme scure.
Davanti a me si materializzò una figura, più simile ad un’ombra che a una vera persona fisica. Aveva un aspetto umano, ma i lineamenti erano indistinguibili.
“Chi sei tu? E soprattutto… chi sono io?!”

Le fiamme scure aumentarono, fino a diventare quasi nere, e sentivo il mio corpo immerso in quella immane potenza. Emanavo questa energia da ogni poro del mio corpo.

I tuoi occhi… ardono. Ardono della più pura Oscurità. La senti tutta questa energia..? Deriva tutta dal tuo cuore. Dalla prima all’ultima goccia.

Da che ero un guscio vuoto, in quel momento stavo scatenando una rabbia incontenibile. Il bagliore della luce stava scomparendo quasi del tutto, si presentava solo un unico grande alone nero.

Tu sei colui che aprirà la Porta... e che farà sprofondare di nuovo i mondi nell’Oscurità più pura. Tu sei… l’altro.

L’ombra tese la mano verso di me. Io, ancora furente, ansioso di ricevere ancora più forza, allungai la mano e.. la afferrai.
In quel momento la figura, improvvisamente, si raccolse e vorticò nella mia mano, e di colpo mi sentii.. calmo. Come se tutta quell’energia avesse trovato un autocontrollo improvviso. Le fiamme oscure che fuoriuscivano dalle vetrate scomparvero.

L’ombra si raccolse nella mia mano e cominciò a emanare una luce sinistra, poi si allungò fino ad assumere una strana forma. Da una semplice ombra divenne qualcosa di materiale, rivelandosi una specie di chiave dai colori cupi e dalle forme eleganti. Sull’elsa una decorazione raffigurava un viso dall’aspetto malvagio, dal quale partivano dei tentacoli e le due aste centrali della lama. Sulla sommità vi era un grosso occhio blu, dalla pupilla allungata, dal quale partivano poi i “denti” della chiave.
La osservai attentamente… e poi dissi d’impulso: “Keyblade”.
Come se conoscessi quell’arma da una vita. Come se non fosse stata la prima volta che ne impugnavo uno.

…E’ il potere nascosto dentro di te.

Appena la voce pronuncò quelle parole, sotto i miei piedi cominciò a formarsi un’ombra circolare, che si ingrandì fino a prendere tutta la piattaforma… e cominciai a sprofondare. Per quanto provassi a divincolarmi da quel risucchio inarrestabile, scivolavo sempre di più in quella pozza… fino a quando non sprofondai del tutto e l’Oscurità mi avvolse completamente.
Poco prima di perdere un’altra volta conoscenza, immerso in quella immensa oscurità, balzò nella mia mente un nome. Come se lo sapessi da sempre, come se non ci fosse stato il bisogno di chiederlo a quell’ombra.
Improvvisamente… mi ricordai chi ero…


…Xehanort.


---------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Nota dell'autore:
 Salve gente! Sono un nuovo iscritto e questa è la mia prima FanFic.. Pronta per essere giudicata da voi! E' ben accetto qualsiasi commento sia positivo che negativo, in modo da poter migliorare in futuro il mio stile.
Come avrete capito, nutro una profonda passione per Kingdom Hearts e in particolare il personaggio di Xehanort, avvolto nel mistero dell'intera saga... così ho deciso di sviluppare una specie di "storia" del suo passato, raccontata dal protagonista in persona... credo che nei capitoli successivi potranno anche esserci alcuni spoiler derivanti da Kingdom Hearts 3D, quindi attenti a quel che leggete! xD
Ma mi fermo qui, non vi anticipo niente! Buona Lettura!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Sogni. ***


E dopo il buio… cominciai a sentire di nuovo qualcosa.
Una brezza leggera arrivava sul mio viso, e un suono estremamente rilassante arrivava alle mie orecchie. Sembrava… il rumore del mare. Un senso di pace mi circondava, mi penetrava dentro.
Incuriosito, lentamente aprii gli occhi.
Mi ritrovai intorpidito, con gli occhi pesanti, disteso su una spiaggia, proprio vicino alla battigia. Ricordo ancora il lieve suono delle onde che si infrangevano contro la costa.. soave… calmo… rilassante...
 Tutta la rabbia e la furia che avevo provato in quella specie di sogno mi sembravano impossibili da provare…
Quando aprii gli occhi, mi ritrovai a fissare la volta celeste: oscura, luminosa in più punti grazie alla fievole luce delle stelle.
 
 E fu come guardare il paradiso... E cominciai a pensare.
 
Fin da quel primo momento, il cielo mi affascinò: la profondità dello spazio, la luminosità delle stelle, l’oscurità che le circondava… la distanza che mi separava da loro. Mi sentivo… insignificante! Come un piccolo granello di sabbia del deserto… e ciò mi dava tormento. Cercavo di immaginare con la mente ciò che poteva trovarsi laggiù, in quella profonda Oscurità…
E fin da quel primo momento, che ricordo ancora come se fosse stato ieri, maturai il sogno di andare oltre la volta celeste… il sogno di raggiungere le stelle. Di impadronirmi della loro luce, del loro potere, e della conoscenza che si era accumulata in loro in secoli e secoli di vita. Ma… come avrei fatto?
 
Immerso in quei pensieri, raccolsi le energie e mi alzai lentamente. Misi a fuoco la vista cercando di intravedere qualcosa nell’oscurità della notte. A giudicare da ciò che vidi, il mio istinto mi disse di trovarmi su un’isola. Un immenso albero sovrastava la spiaggia, e gran parte delle sue radici rimaneva fuori dal terreno per diversi metri, creando grotte e insenature qua e là. Sulla mia destra vi era un piccolo ponticello, forse utilizzato per l’ormeggio delle barche, e, dall’altro lato, vi era un isolotto poco distante dalla riva, raggiungibile da un ponticello che lo collegava a una zona sopraelevata dell’isola.
 
Poi… volsi lo sguardo all’orizzonte. Lì, dove mare e cielo diventavano talmente scuri da confondersi, da non riuscire più a distinguere l’uno dall’altro.
Un immenso oceano nero si estendeva davanti a me, illuminato sopra la linea dell’orizzonte dalle luci delle stelle; un paradiso di calma e di pace.
 
Lentamente, feci qualche passo verso l’acqua… e la guardai. Nell’acqua scura si intravedeva il fondale con qualche segno vita qua e là, ma non ci feci molto caso… perché il mio sguardo venne attratto dalla mia immagine riflessa.
Era curioso: non riuscivo a ricordare come fossi prima di allora.
 
Lentamente… scoprii di non avere ricordi.
Alcun ricordo del mio passato, prima di quella notte. Prima.. c’era solo buio.
 
Lunghi capelli argentei, che mi arrivavano poco sotto la spalla; un viso giovane, fine, dai contorni e dai tratti ben delineati: era ciò che vedevo nella mia immagine riflessa. Ma ciò che mi colpì di più… furono gli occhi. Due occhi di un colore dorato scintillante, ardenti, determinati, decisi. Era questo ciò che vedevo, in quell’acqua scura. E fissavo me stesso come se non mi fossi mai guardato allo specchio, come se non sapessi come ero fatto.
Nella mia mente c’era solo.. curiosità. Voglia di sapere. Voglia di conoscere. E scoprire la mia immagine riflessa mi apparve qualcosa di eccezionale, una vera e propria vittoria.. come un bambino che ha appena imparato a camminare.
Non so perché mi sentivo in quel modo… ancora ora non riesco a concepire il motivo di tanta felicità ed euforia nello scoprire… me stesso.
 
Ma in quel momento, questi pensieri non mi passavano neanche per la testa: la scoperta di questo nuovo mondo mi affascinava talmente al punto di non domandarmi più niente. Pensavo solo a ciò che avrei potuto scopriree, riguardo me stesso e riguardo a quel strano e nuovo posto nel quale mi ero risvegliato.
Ma in mezzo a quella pace… c’era qualcosa di strano.
 
Percepivo qualcosa dentro di me… quella non era un’isola qualunque.
C’era qualcosa, da qualche parte, che mi attirava: sentivo la sua energia pulsare invadente dentro di me. Qualcosa di non materiale.. una sorta di forza… che proveniva da una di quelle insenature tra le radici: una forza sconosciuta che mi diceva di andare da lei…
 
Ma non la ascoltai.
 
Decisi di ignorare la sua chiamata. Cosa alquanto strana devo dire… la mia curiosità non era attratta da quella forza. Eppure avevo una voglia di conoscenza incredibile… Ancora ora, quando ripenso a quei momenti, non riesco a capire me stesso.
 
Mentre osservavo ancora quel luogo nei suoi dettagli, una stanchezza incredibile invase improvvisamente il mio corpo… e mi coricai di nuovo sulla spiaggia, contemplando la volta celeste, e ricominciando a immaginare. Con quel sogno ancora lontano nella mia testa, che già da quel momento mi ossessionava…
 
 
Non sapevo ancora che un giorno sarei riuscito a viaggiare in quello spazio infinito. Non conoscevo ancora il mio futuro… anche se… presto il mio futuro sarebbe venuto a incontrarmi.
 

----------------------------------------------------------------------
Buonsalve! :D sono tornato con il mio nuovo capitolo!
So che questo capitolo non è il massimo dell'azione e che in confronto al capitolo precedente è molto più calmo... ma mi sentivo di scrivere questo... "capitolo descrittivo" dei primi momenti di Xehanort sull'Isola del Destino... volevo esprimere la voglia di sapere, presente in lui fin dall'inizio, e la voglia di viaggiare attraverso lo spazio, tra una stella e l'altra (ancora non sa che ogni stella è un mondo a sè stante).
Nonostante ciò, ho aggiunto qualche indizio qua e là sul suo essere e qualche indizio sul futuro...
Lo dico prima, il prossimo capitolo conterrà pesanti spoiler su Kingdom Hearts 3D, quindi... pay attention! xD
Grazie per aver letto! 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Intermezzo: Al di là del cielo. ***


Una volta il mondo era uno solo.
Unico, grande, immenso: i suoi confini erano sterminati! Anzi… non vi erano confini.
Ed era illuminato da una grande luce, una luce che trasmetteva gioia, armonia, serenità: Kingdom Hearts.
Ma un giorno… gli uomini cominciarono a bramare la Luce per sé stessi. Cominciarono a lottare, a scontrarsi tra di loro, finché il loro odio e la loro ambizione portò alla nascita di una delle forze più potenti di questo mondo: l’Oscurità.
Si scatenò una grande guerra, al termine del quale quel grande mondo scomparve, inghiottito da quella terribile forza nata da poco… ma qualcosa lo salvò.

La Luce dei cuori dei bambini. La Luce più pura che esista.

Grazie ad essa, il mondo rinacque… ma non era lo stesso di prima. Era un mondo spezzettato, diviso. Ogni frammento divenne una stella, che cominciò ad emanare Luce propria; ma si crearono tra una stella e l’altra delle barriere invalicabili, che divisero irrimediabilmente quel mondo ormai antico e dimenticato.

Sembra una storia da niente, è vero… eppure… quella fu la prima storia che ascoltai, stando in quel luogo.
Era passato già diverso tempo da quando mi ritrovai in quel mondo totalmente nuovo per me: ero riuscito a sistemarmi, a trovare una casa e a trovare il modo per vivere, sull’Isola maggiore. Lì la vita era molto più vivace che sulla piccola isola, sul quale mi ero svegliato. Un tipico villaggio portuale, in riva al mare: un vero e proprio paradiso nel quale vivere.
 
Sentii questa storia per strada, mentre un anziano la raccontava ad un gruppo di bambini. Non so perché, ma quella storia mi catturò parecchio… talmente tanto che mi sedetti ad ascoltare, in mezzo a quei bambini. Poteva essere intesa come una storiella con una morale, rivolta ai bambini… ma io le davo molta più importanza. Credevo che, in fondo a quella storia, ci fosse un fondo di verità. Non so dire perché, era una sensazione. E ci riflettei molto, nel corso del tempo.
 
Nel frattempo, la vita in quel villaggio continuava frenetica, e appena avevo modo di ritagliarmi un attimo di tempo mi rifugiavo sulla mia amata piccola isola, guardando il mare da quella spiaggia al quale mi ero tanto affezionato.
Ma… a lungo andare, quella monotonia cominciò a stancarmi. Mi sentivo limitato, impossibilitato ad andare oltre ciò che vedevo. Mi sentivo in una prigione. E me ne resi conto una notte che decisi di passare sotto le stelle, sulla spiaggia dell’isola.
 
Ancora una volta, mi ritrovai ad osservare le stelle nella loro maestosità, in mezzo al buio della notte. Era diverso tempo che non lo facevo… ma ogni volta che mi ritrovavo a tu per tu con la volta celeste, ogni problema scompariva, ogni pensiero asfissiante svaniva nei meandri della mia mente.
 
Eravamo solo… io e le stelle. Io, e quei mondi a sé stanti.
 
Immaginavo di poterli esplorare, toccare la loro realtà da vicino, scoprire i loro segreti uno alla volta.. chissà, magari da qualche parte vi era un mondo ricoperto da giungle, da qualche altra parte un infinito oceano blu … forse, da qualche parte, vi era un mondo stracolmo di Luce… ed un altro nel quale l’oscurità regna sovrana.
Ma quando poi tornavo alla realtà… mi sentivo soffocare. Il fatto di essere bloccato in quell’arcipelago, senza alcun modo di andare oltre la volta celeste… mi uccideva dentro. Dovevo evadere.
 
Si, evadere. Perché… mi sentivo in una prigione. Una prigione circondata da acqua.
 E mi ripromisi di fuggire…perché quel mondo…
 
Quel mondo, per me, era troppo piccolo.



-------------------------------------------------------------------------------------------
Signori... Dopo secoli e secoli, il vostro _Fener è tornato con questo nuovo... "capitolo", anche se io non lo considero proprio come tale.
Per me, questo è solo un intermezzo: un capitoletto in più che porterà alla stesura del terzo capitolo (appena avrò ispirazione), che secondo me sarà uno dei punti cardini di questa storia.. almeno, per come la imposterò io! ;) 
Lo so, anche questo non è proprio uno dei capitoli più frenetici... ma niente paura! E' solo la calma prima della tempesta...
Grazie per la vostra attenzione, e per aver aver letto anche questo capitolo! A presto!:D

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Futuro. ***


Questo mondo… è troppo piccolo.
Era questo il pensiero che mi ossessionava da giorni. Dopo quella notte, non passò ora, minuto, secondo, nel quale la mia mente non fosse percorsa da questa frase. Qualunque cosa io facessi, il mio unico pensiero era quello: andare via, oltre le stelle. Ma… come?
Spesso ripetevo questa frase anche tra me e me, ad alta voce… soprattutto quando guardavo l’orizzonte.
 
Dopo quella notte, tornai più volte su quella spiaggia, a qualsiasi ora del giorno. Fosse l’alba o il tramonto, in pieno giorno o nelle profondità della notte, appena potevo mi piazzavo lì, immobile, sulla riva.. ad ammirare l’orizzonte.
Il momento della giornata che preferivo di più, su quella spiaggia, era il tramonto. La luce che va a spegnersi in mezzo al mare, mentre cominciano ad apparire, qua e là, le prime stelle della notte... il sole calante che dona quel colore arancione, caldo e rasserenante, a tutto ciò che illumina… e il rumore del mare, lieve, che va a scontrarsi dolcemente lungo la costa… che spettacolo…
 
Ma quella vista… mi metteva ancora più rabbia nella vene. Da quella spiaggia, con i piedi quasi nell’acqua, guardavo il sole avidamente. Volevo raggiungerlo, volevo toccarlo: ma quel maledetto oceano mi separava da esso, si estendeva davanti a me come un muro invalicabile, impossibile da abbattere, impossibile da oltrepassare.
 
E credo che fu proprio l’ambizione, il desiderio, la mia forza di volontà, a risvegliare quell’antica forza pulsante dentro di me. Quella forza che sentii pulsare tempo addietro, quella fatidica notte nel quale tutto ebbe inizio. La rabbia… il furore…  cominciarono a crescere lentamente, giorno dopo giorno.
 
Finché una mattina, accadde qualcosa che non mi sarei mai aspettato.
 
Ero lì, sulla battigia, immerso nei pensieri, intento a trovare un modo per raggiungere le stelle. Una mattina come tutte le altre: sole alto nel cielo, gabbiani qua e là che starnazzano e litigano per qualche pesce, mare calmo e silenzioso… niente di particolare, insomma.
Prendevo in considerazione qualunque idea, anche la più assurda: avevo persino considerato di costruire… una zattera di legno! Chi lo sa, magari avrebbe funzionato… anche se ne dubitavo fortemente…
Poi, improvvisamente, sentii qualcosa.
 
Sentii una scossa fortissima dentro di me.
Credevo di essermi sentito male o qualcosa di simile: come se un’energia sconosciuta fosse arrivata all’improvviso lì, accanto a me, e io l’avessi avvertita. Barcollai un attimo, per riprendermi... stava succedendo qualcosa di strano. C’era qualcosa di diverso da prima, nell’aria… cominciai a sentire una grande forza pulsare dentro me, la stessa forza al quale, tempo prima, non diedi considerazione. Era di nuovo lì, la percepivo, da qualche parte tra quelle grandi radici. Ed era fortissima.
Mi voltai di scatto, cercando con lo sguardo l’origine di tutta quella forza… e rimasi impietrito.
 
Proprio dietro di me, alle mie spalle, era comparsa una strana figura.
A primo impatto, non seppi dire se fosse stato un uomo o qualcos’altro. Indossava un saio marrone, che gli arrivava fino ai piedi e avvolgeva completamente il suo corpo. Sul suo petto si incrociavano due fasce rosse; il viso, incappucciato, era completamente oscurato. Sembrava quasi… non avere un volto.
Ma sentivo comunque la sua attenzione puntata su di me. I suoi occhi, sempre se c’erano, mi stavano scrutando nella mia interezza; mi stava studiando.
Per diversi attimi, che a me parvero un’eternità, ci studiammo a vicenda. Immobili. Cercavo di scorgere in quell’essere qualcosa di interessante, senza che fosse necessario parlare… ma avevo quasi perso la mia lucidità. Quell’energia che sentivo era arrivata a picchi elevatissimi, mi sentivo scoppiare; inoltre, quella figura riusciva a infondere dentro di me.. ansia. Preoccupazione.
Nessuno dei due faceva la prima mossa. Ci scrutavamo. Non volevo chiedergli chi fosse, qualcosa in me mi impediva di farlo. Ma.. non ebbi scelta.
 
“Tu… chi sei..?”
La figura rimase immobile, nella stessa posizione, e non fiatò. Continuava ad osservarmi. Voleva qualcosa da me, questo l’avevo capito… ma non riuscivo a capire cosa.
Poi, dopo qualche istante, sentii provenire da sotto quel cappuccio una voce forte e profonda. Non so ben dire se fosse una voce reale, o se da quel cappuccio non venne emanato suono… fatto sta che mi parlò.
 
…Non importa chi sia io… l’importante è… chi sei tu.
 
Rimasi più impietrito di prima. Non potevo crederci.
A quelle parole, la mia mente tornò indietro nel tempo in un istante.  Il mio primo ricordo: la grande vetrata. Le prime parole di quell’ombra. Come faceva a sapere? Chi era quell’essere?!
 
E se lui fosse stato… quell’ombra?
Improvvisamente, come in quel luogo, cominciai a provare… odio profondo. Sentii nuovamente quella terribile forza fuoriuscire da ogni parte del mio corpo. Volevo prendere quell’essere, afferrarlo, fargli del male! Non riesco a spiegare perché volessi farlo, ma DOVEVO farlo!
 
In preda a quella profonda ira, senza che io volessi, sentii quell’energia condensarsi nella mia mano destra… finché non si tramutò in qualcosa di reale.
Per un attimo, la sorpresa prese il posto dell’odio: dopo tutto quel tempo, nella mia mano era riapparsa di nuovo quella strana arma. Il Keyblade.
 
Dopo un attimo di sgomento, concentrai di nuovo la mia attenzione verso l’essere. Era ancora immobile, continuava a fissarmi. Quella sua calma, quel suo autocontrollo… mi irritavano sempre di più.
 
Mi lanciai contro di lui, impugnando saldamente quell’arma nella mia mano… ma il colpo non andò a segno. Non so come, ma… era scomparso!
Mi voltai, cercandolo con lo sguardo… e me lo ritrovai ad un centimetro dal mio viso.
E disse…
 
Vieni con me.
Dopo quelle parole, cominciai a sentirmi strano. Non capii.. se era il buio che c’era sotto quel cappuccio ad avvicinarsi a me.. o se ero io che venivo risucchiato da esso. Fatto sta che dopo qualche istante… il buio mi circondò.
 
 
 
 
Quando riaprii gli occhi… mi resi conto di non essere più sull’isola. O almeno.. credo.
Ero sul bordo di un grande pezzo di terra, sospeso a mezz’aria in mezzo ad una tremenda tempesta nera. Sopra di me, un enorme sfera oscura risucchiava tutto ciò che poteva. Sradicava alberi dal suolo, cespugli, assi di legno;  attirava tutto dentro di se, facendo scomparire qualsiasi cosa come in un enorme buco nero.
Mi guardai intorno sbalordito, impugnando il mio keyblade nella mano destra. Poi focalizzai l’attenzione su colui che mi aveva portato in quel luogo: quell’essere.
 
Era lì, dall’altro lato dell’isola fluttuante. Stava aspettando la mia mossa.
 
Prova a colpirmi… se ci riesci.
 
Furibondo, strinsi ancora di più la morsa sul keyblade e mi lanciai su di lui. Sferrai il primo colpo, ma lo schivò con grande agilità, posizionandosi dietro di me. Mi voltai nuovamente per cercare di colpirlo, ma dal suo cappuccio fuoriuscì un alone che mi stordì per qualche istante.
L’essere colse l’occasione per prepararsi all’offensiva. Si allontanò e, immobilizzandosi, cominciò ad emanare uno strano bagliore violastro. Intorno a lui, cominciarono a comparire dal terreno delle piccole creature antropomorfe, dal colore degli occhi giallo intenso: ancora non sapevo cosa fossero. Era la prima volta che le vedevo…
Dopo qualche secondo, nel quale la figura incappucciata sembrava comunicare silenziosamente con le sue creature, queste cominciarono a muoversi in gruppo verso di me.
Mi preparai, deciso più che mai a farle fuori una dopo l’altra. Sapevo benissimo che il mio obiettivo non erano loro… ma lui.
Mi assalirono in gruppo, ma con qualche fendente riuscii comunque a farne fuori la maggioranza. Uno mi sorprese: mentre stavo per colpirlo, si nascose sottoterra… per poi riemergere alle mie spalle: fu lì che sentii quanto fossero affilati gli artigli di quelle creature.
Ma anche con quest’ultimo, non ebbi problemi. Rivolsi nuovamente lo sguardo con l’incappucciato, ma non feci in tempo ad accorgermene che ne aveva evocati molti altri che questi mi saltarono addosso, ammucchiandosi su di me.
 
Rimasi per qualche secondo sepolto sotto quella valanga di mostriciattoli. Poi, deciso più che mai a liberarmi e pervaso da quella rabbia istintiva, diedi fondo al mio potere: scatenai una fortissima onda d’urto che scaraventò le creature fuori dal campo di battaglia, nel tornado. L’onda d’urto raggiunse anche l’essere, che rimase stordito da essa.
Quello fu il momento giusto. Corsi verso di lui… e cominciai a massacrarlo di fendenti e stoccate. Rimasi anche io colpito dall’agilità con il quale maneggiavo quell’arma: nonostante l’avessi utilizzata solo una volta fino a quel momento, riuscivo comunque a maneggiarla in modo impeccabile.
 
Ma… dopo qualche colpo… cominciai ad accorgermi che il mio corpo stava soffrendo. Ad ogni colpo che infliggevo al mio nemico, ero io a soffrire.
 
E se… tutti quei colpi… si stessero ripercuotendo su di me?
 
Dopo aver incassato numerosi colpi, la figura era ancora in piedi. Ero stremato dal dolore; ma la rabbia animava sempre di più la mia voglia di colpire quell’essere, e la sua volontà di rimanere ancora in piedi, di non sottomettersi a me… era un affronto.
Corsi verso di lui per colpirlo ancora, ma, quando feci per colpirlo, si volatilizzò. Ma lo sentivo: era dietro di me.
Mi girai lentamente… e lui era lì. Con quella sua aria di indifferenza, che continuava a darmi sempre più sui nervi. In preda alla collera, gridai: “CHI SEI?!”
 
Credo sia giunto il momento di finirla con questa pagliacciata.
Io… sono ciò che sarai. Sono il tuo futuro.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Ciò che sarai. ***


Rimasi un attimo sconcertato da quelle parole. Lui era… il mio futuro?
“Che intendi dire, dicendo che… sei ciò che sarò?”
Ero più confuso che mai. Che cosa voleva da me quella… cosa?! Perché era apparsa così all’improvviso, ed era venuta da me?
 
Era ancora immobile, lì, davanti a me, mentre tutt’intorno la tempesta si era placata. La sfera sopra l’isola si era rimpicciolita, ma continuava comunque ad attrarre tutto quanto a sé.
Stese qualche momento in silenzio, continuando a “fissarmi”.
 
Esattamente quel che ho detto.
 
La confusione crebbe ancora. Io sarei diventato quella cosa? E… come ha fatto a tornare indietro a… incontrarmi? Che senso ha incontrare se stesso nel passato?
Avevo uno sguardo molto confuso… e credo che lui se ne accorse.
 
Ho bisogno del tuo aiuto.
 
Aveva bisogno del… mio aiuto?
Il mio “io” futuro aveva bisogno dell’aiuto del suo… “io” passato? In quel momento, una serie di paradossi temporali si presentarono nella mia testa, uno più assurdo dell’altro. Ma in fondo, anche il fatto che quell’essere fosse davanti a me, di per se, era un’assurdità… quindi perché escludere certe opzioni?
“Spiegati meglio…”
 
Farai grandi cose, Xehanort. Viaggerai attraverso i mondi, e imparerai sempre di più da ciò che ti circonda: ma arriverai ad un punto nel quale sarai costretto a chiedere aiuto. Ma sarai da solo. Ed è per questo… che chiederai aiuto a te stesso.
 
Cosa? Ero destinato a grandi cose..? Sarei stato capace di VIAGGIARE NEL TEMPO grazie al mio potere..?! Era qualcosa di inverosimile! Non riuscivo a credere che sarei riuscito a fare tutto questo! Di colpo, accanto all’incertezza cominciai ad avere… sicurezza in me stesso. Se fosse stato tutto vero, se quell’essere ero DAVVERO io… avrei potuto fare tutto questo!
In preda all’euforia, cercai di mantenere un certo autocontrollo con la mia freddezza.
“Come vuoi che ti aiuti?”
 
Vieni con me.
 
Quelle parole risuonarono di nuovo nella mia testa come un eco. La mia mente si svuotò da tutti gli interrogativi che la affliggevano, la vista cominciò a confondersi e affievolirsi, finché... non ci fu di nuovo il buio.
Quando ripresi i sensi, sentii di nuovo il calmo e rasserenante rumore del mare, che andava a scontrarsi contro la costa. Capii di essere tornato sulla mia amata spiaggia. Riaprii gli occhi, e mi ritrovai davanti lo spettacolo della volta celeste: era notte fonda.
Mi rialzai lentamente; dell’incappucciato non vi era traccia. Era rimasta solo quella tremenda forza, che avvertivo continuamente. Ma adesso non era più una forza confusa: era stabile, precisa. E la fonte era facilmente individuabile. E dentro di me, istintivamente, decisi di cercarla. Come se fosse stata una cosa ovvia andare a cercarla, e che non cercarla prima fosse stato solo uno spreco di tempo.
Mi voltai verso il grande albero e cercai qualcosa alla sua base. Non sapevo di preciso cosa, ma la cercai… finchè non la trovai: una fessura, tra una radice e l’altra, grande abbastanza per farci entrare una persona.
Determinato ad arrivare fino in fondo al mistero, mi diressi verso l’insenatura e mi ci infilai dentro. Era un po’ stretto, ma non ebbi troppe difficoltà a passare.
 
Mi ritrovai all’interno di una grotta, alla base dell’albero. Il vento entrava attraverso una fessura in alto, e provocava uno strano rumore all’interno della grotta stessa. Ma la cosa che mi sconcertò di più… fu una porta.
Si, una porta, in fondo a quella grotta.
Era in legno massiccio, marrone chiaro, apparentemente ben fissata alle pareti della grotta. Cosa ci poteva mai fare una porta, in quel luogo chiuso e abbandonato dal mondo?
Lentamente mi avvicinai, mentre studiavo l’ambiente circostante. A prima vista, era una comunissima porta… ma, dentro di me, sapevo che non lo era.
 
Appena fui abbastanza vicino, tesi il braccio destro… e la toccai. Sentii un’enorme ondata energetica attraversarmi le vene, dieci volte più potente dell’energia che sentivo normalmente. E sulla porta, apparvero degli strani simboli, come delle decorazioni, che prima che io toccassi non c’erano… e proprio sotto la mia mano, apparve una grande serratura.
Attraverso la mia mano, sentivo quell’energia rimanere costante. Pulsava a intervalli regolari, come se dietro la porta ci fosse… un cuore. Un grande cuore.
 
Devo avvertirti però.
 
Mi voltai: l’incappucciato si era materializzato dietro di me.
 
Attraverso quella porta, potrai viaggiare attraverso il flusso del tempo. Trova altre dodici forme di te, e portale dove io ti indicherò, in una grande sala con tredici troni. Arriverà il tempo nel quale ognuno di noi dovrà fare la sua parte… e il mondo sarà nostro.
Ma stai attento: una volta partito non potrai tornare indietro, finché non avrai adempiuto alla tua missione… e tornerai nello stesso momento nel quale sei partito, senza alcun ricordo del tuo viaggio.
 
“Io qui non ho niente da perdere.”
Fu una risposta fredda, decisa, al quale pensavo ormai da diverso tempo. Finalmente, avrei avuto l’occasione di scappare da quell’isola. Anche per un solo istante.
Forse, in quel viaggio del quale non mi sarei ricordato nulla, avrei sentito la mancanza del mio amato tramonto, del rumore del mare… delle mie stelle… ma ero sicuro che in qualsiasi mondo fossi andato, le stelle ci sarebbero state. In fondo… ogni mondo era posizionato nello stesso identico cielo che vedevo io.
E poi… sarei tornato presto.
Feci un balzo indietro e sfoderai il Keyblade nella mia mano destra; lo puntai verso la serratura, e dalla punta dell’arma uscì un raggio che entrò perfettamente nella serratura. La porta venne avvolta da una luce intensa, che mi investì mentre ancora tenevo il Keyblade puntato verso di essa.
 
 
Poi… non so quel che accadde.
So solo che quando la luce svanì, io ero ancora lì. Immobile, ancora con l’arma puntata verso la porta. Ma la serratura era scomparsa, e le decorazioni con essa.
Feci scomparire l’arma, confuso. L’essere mi aveva preso in giro? Cosa avevo fatto realmente, colpendo quella serratura?
Feci per andarmene, ma appena mi voltai mi colse una fortissima emicrania. Una serie di immagini di cose che non avevo mai visto e cose che non avevo mai vissuto si susseguirono nella mia mente, come rimasugli di qualcosa che avevo dimenticato. Una grande luna a forma di cuore sopra di me… un castello completamente andato in rovina… tre ragazzi con dei Keyblade… una specie di topo con un Keyblade… Dream Eaters…  un ragazzo di nome Riku… e il Tredicesimo Contenitore: Sora.
Questi due nomi, gli unici che ricordassi, rimbombavano fortemente nella mia testa.
 
Mi accasciai a terra, tenendomi la testa con entrambe le mani: stavo per scoppiare. In preda ad una crisi di nervi, lanciai un urlo e rovinai a terra… svenuto.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Ciò che è rimasto. ***


-Sei colui che ha fatto del suo cuore una prigione… anche se non ne sei tu il prigioniero…
 
“Ma che cosa…?”
 
-Per viaggiare nel tempo, devi abbandonare il tuo corpo e qualsiasi legame con la tua realtà… e gettarti nel flusso del tempo…
 
“Non capisco… cosa succede..?”
 
-L’Oscurità è la vera essenza del cuore!
 
Mi risvegliai di soprassalto, tremante. Mi alzai di scatto, ritrovandomi seduto in un luogo a me familiare… la vetrata circolare. Cosa era successo? Cos’erano quelle voci dentro la mia testa? Perché mi trovavo di nuovo lì?!
Rimasi per qualche istante seduto, cercando di fare il punto della situazione e di rimettere ordine nella mia testa. Frammenti di immagini, di ricordi… di voci che dicevano cose, molte delle quali incomprensibili… volti a me familiari vorticavano davanti ai miei occhi. Non… non riuscivo a capacitarmi di niente… ricordavo solo quello stramaledetto nome: Sora.
Chi era? Perché era lì, nella mia testa? Ma soprattutto… perché provavo odio verso lui?
Ma non c’era soltanto lui, no… ce n’era un altro. Non ricordavo bene il suo nome, ma mi era rimasto impresso per la sua forza di volontà. Era la figura della quale ricordavo di più: per adempiere alla sua missione, era diventato un tutt’uno con la sua Oscurità… era diventato egli stesso parte di quegli esseri che infestavano quei mondi. Mondi che però erano particolari… ma che non ricordavo cosa li differenziasse dagli altri.
Ma c’era qualcosa che non quadrava…
Perché ricordavo, se quell’essere mi aveva detto che avrei dimenticato?
 
Non feci in tempo a finire quei pensieri, che si scatenò un boato intorno a me. Dalle vetrate, cominciarono a fuoriuscire piccoli esserini antropomorfi, neri, dagli occhi gialli e gli artigli affilati: gli stessi che aveva invocato l’essere nel nostro scontro.
Scattai subito in piedi, invocando il Keyblade… ma questo non apparve. Riprovai ancora, ma… sembravo aver perso la possibilità di invocarlo.
Un brivido gelido mi percorse la schiena. Come avrei fatto a sconfiggerli?
Con qualche abile scatto all’indietro, cercai di allontanarmi da loro sempre di più, alla ricerca di una via di fuga. Mi avvicinai al bordo della vetrata… ma quando arrivai al limite, rabbrividii. I miei presentimenti erano realtà, oltre i bordi vi era solo una profonda voragine. Senza possibilità di fuggire.
 
…mi sentii come un topo in trappola.
 
Pensai a un modo per fronteggiare quelle creature rapidamente, ma non lo trovavo. Intanto, quelle si avvicinavano indisturbate, stringendomi sempre di più verso il bordo della vetrata. Non avevo scampo.
Ed ecco che, dopo un sussulto, uno degli esseri fece un salto per piombarmi addosso. Mi coprii il volto con la mano sinistra, mentre con la destra avevo l’intenzione di tenerlo lontano… quando un bagliore partì da essa e allontanò il mostriciattolo.
Gli altri, impauriti, arretrarono qualche passo. Cosa era successo?
Mi guardai la mano… e sentii qualcosa di strabiliante. Intorno al mio braccio si era raccolto un alone azzurro, che ora andava disperdendosi… e la mia mano era fredda come il ghiaccio.
Stavo iniziando a realizzare cos’era successo… ma non riuscivo a capacitarmene. Con una speranza rinnovata, puntai con uno scatto la mano verso un altro dei mostriciattoli… ed ecco che partì un proiettile di ghiaccio, che andò a colpire in pieno il nemico che sparì nel nulla, dissolvendosi.
Ora ne ero sicuro: ero capace di lanciare magie! E quegli esseri credo proprio che lo capirono subito.
Dopo qualche attimo di tentennamento, si lanciarono in massa su di me; io, con una sicurezza rinnovata, cominciai a schiantargli contro magie di ghiaccio… ma non sempre andarono in porto. Dopo poco tempo, loro si abituarono alla mia da poco scoperta abilità e cominciarono a schivare i miei attacchi con facilità, riuscendo a colpirmi con i loro artigli. Quell’incantesimo era troppo poco preciso… avevo bisogno di qualcosa di più… rapido!
Cominciai ad essere costretto a schivare gli attacchi: gli incantesimi mi avevano sfiancato e indebolito. Dovevo recuperare un po’ di energie… e trovare un’alternativa al ghiaccio. Ne arrivavano altri, non avrei retto ancora per molto lo scontro… quando un’idea mi fulminò!
“THUNDER!”
Dal cielo cominciarono a scaricarsi forti tuoni, che indebolirono gli avversari fino a farli scomparire. Non ne arrivarono più… per il momento.
Tirai un sospiro di sollievo… e chinai il capo. Guardai le mie mani, come per realizzare che ero capace di fare quel che avevo appena fatto. E quando me ne convinsi del tutto, strinsi i pugni e sogghignai.
 
Era tornato il silenzio… e presto mi accorsi che quel luogo era diverso dalla prima volta che l’avevo visto. Non so dire perché, ma… c’era qualcosa di più sacro in quel luogo, della prima volta. L’atmosfera era più calma, ed ogni passo risuonava nel grande buio che circondava quel posto. Come se fossi dentro ad un enorme santuario, illuminato dall’unica vetrata sul quale stavo camminando. Vetrata nel quale io ero raffigurato chiaramente.
 
In essa, ero come appoggiato ad una enorme finestra circolare, nella cui cornice azzurra vi erano strani simboli del quale sconoscevo il significato. Il mio volto era sereno, con gli occhi chiusi, come se stesse riposando: sullo sfondo, era raffigurata la mia amata spiaggia al tramonto. Tramonto che, salendo verso l’alto della figura, diventava una notte ornata da stelle luminose. E a quella vista, mi chiesi seriamente cosa fosse quel posto per me…
 
Dopo qualche minuto di calma, nel quale osservai tutto l’ambiente, notai in lontananza delle nuove luci definirsi in mezzo a quella oscurità: una torre ornata di vetrate iniziava a definirsi sempre di più in mezzo al buio. Mi avvicinai al bordo della vetrata, e in un fiume di luce si materializzò una passerella sospesa nel nulla, anch’essa ornata da una meravigliosa vetrata, che collegava la piattaforma alla cima della torre. Non sapendo cosa fare e curioso di andare in fondo a quella strana esperienza, mi incamminai sulla passerella per raggiungere la cima di quella torre.
Senza nessuna fretta, percorsi tutta la passerella. Ma quando ero ancora distante della mia meta, cominciai a sentirmi strano… e improvvisamente, sentii…
 
Qualcosa è andato storto.
 
Mi bloccai sulla passerella e mi misi in allerta, impietrito. Quella voce sussurrava nella mia mente, come la prima volta.
“Che intendi?”
 
I tuoi ricordi… non sono stati cancellati del tutto. Volti, dialoghi, emozioni sono rimasti impressi nel tuo cuore, quando il flusso del tempo avrebbe dovuto lavarli via del tutto.
Presto quelle emozioni saranno qui. Ti combatteranno a tutti i costi.
 
Ma non temere:
l’Oscurità è con te.
 
Poi, ricominciò a regnare il silenzio. L’Oscurità era con me…
Continuai il mio cammino con quelle parole nella testa, e presto mi ritrovai su una seconda vetrata. Era in tutto e per tutto identica alla prima; uniche differenze erano le tonalità dei colori, più forti, e il bordo della cornice di un rosso intenso.
Appena misi piede sulla nuova piattaforma, la passerella scomparve nel buio, lasciando posto al vuoto. Continuavo a guardarmi intorno, alla ricerca di una risposta al motivo per la quale ero lì… quando successe qualcosa di tremendamente familiare.
Davanti a me, all’incirca dal centro della piattaforma, si scatenò un forte vento che mi respinse verso i bordi della stessa. Mi riparai con le braccia e mi opposi alla forza del vento con le gambe, fin quando, lentamente, il vento diminuì e si materializzò qualcosa che già conoscevo…
 
…l’ombra di tanto tempo prima, era apparsa di nuovo davanti a me.
Ma questa volta era diversa. Era più reale, non era più solo energia astratta: aveva quasi assunto una forma fisica, completamente nera.
 
“Di nuovo tu?!” esclamai.
Ero terribilmente infastidito alla vista di quella figura. Con le sue parole sibilline aveva confuso i primi attimi della mia esistenza, per qualche oscuro motivo era riuscito a scatenare tutta quella rabbia incommensurabile che avevo dentro. Ma questa volta non fu così.
Nel momento in cui lo vidi, lo ammetto, mi arrabbiai. Ma non come la prima volta: adesso ero dotato di un profondo autocontrollo, capace di sopprimere, o almeno smorzare, la mia rabbia.
 
Ma alla mia esclamazione lui non fiatò. Rimase immobile, come in concentrazione: poi, aprì i suoi occhi. E rivelò le sue iridi dorate, le uniche cose che trasmettevano luce, nel suo corpo. Le stesse iridi dorate che vedevo nei miei occhi, nel mio riflesso.
Dopo qualche secondo che parve infinito, nel quale ci guardammo intensamente negli occhi, l’ombra mosse un passo verso di me.
In quell’istante, l’atmosfera cominciò a diventare pesante; l’ombra cominciò lentamente a trasformarsi, a cambiare forma continuamente… fino a quando si trasformò in quel ragazzo…
 
“SORA!”
Feci due passi indietro, cercando di capire cosa stesse succedendo. Che fosse… l’emozione del quale mi parlava la voce..?
Alla mia esclamazione, l’ombra portò entrambe le braccia a sinistra… e nelle sue mani apparve quello che poteva essere un Keyblade. O almeno, una sua copia fasulla: era completamente nero. Sembrava una protuberanza dell’ombra stessa.
Con uno sguardo innervosito, mi misi in guardia. Non riuscivo ancora ad evocare il Keyblade… e avevo il sospetto che contro quest’avversario non mi sarebbe bastato lanciare qualche incantesimo.
L’ombra mi corse incontro, con tutte le buone intenzioni di colpirmi. Fortunatamente non era molto veloce e riuscii a schivare le prime combo con agilità. Poi passai all’offensiva: lanciai contro di lui diversi cristalli di ghiaccio in movimento, cercando di essere sempre in posizioni diverse. Il problema però era sempre lo stesso: i cristalli erano troppo poco precisi, e riusciva a schivarli con agilità oppure a pararli. Inoltre, quelli che riuscivano a colpirla non sembravano sortire alcun effetto. Sapevo che provare anche con Thunder sarebbe stato inutile, perciò decisi di risparmiare energie.
Quella sorta di ombra, con quella brutta copia di Keyblade, era davvero un enorme fastidio. Nei colpi non era eccessivamente potente, ma sembrava immune a tutti le mie armi a disposizione. Come fare?
Mentre pensavo a una soluzione, evitavo i colpi con agilità. Se avessi provato a toccarlo, credevo mi sarei fatto solo del male.
Ma a un certo punto, il mio nemico sembrò aumentare di potenza. Improvvisamente, i suoi attacchi e i suoi movimenti cominciarono ad essere sempre più veloci e potenti, e cominciai ad avere sempre più difficoltà ad evitarlo… finchè non me lo ritrovai di fronte, con la sua arma pronta ad essere scagliata sul mio viso.
E fu in quel momento che in me scattò la scintilla.
 
Improvvisamente, mentre quell’arma scendeva verso il mio capo, un’ondata di potenza mi attraversò le vene. Alzai le braccia d’impulso… e nelle mie mani apparve una nuova arma, che bloccò il colpo del nemico. Non era un Keyblade: era qualcosa di simile ad una spada a forma di ala di pipistrello, dal colore blu e azzurro, con un occhio azzurro dalla pupilla allungata sull’estremità dell’elsa. Un’arma che reagiva all’Oscurità che era in me.
E proprio in quel momento, l’Oscurità che era dentro di me si scatenò. Rabbia, malvagità, crudeltà… tutte in una sola volta.
 
A quel punto, lo scontro fu rapidissimo. Con un solo colpo di braccio disarmai l’ombra, e prima ancora che essa se ne accorgesse, la martoriai con rapidissimi fendenti, senza alcuna pietà. Senza avere la possibilità di reagire, presto l’ombra cadde in ginocchio; e con un ultimo fendente, letale, l’ombra si dissolse nel nulla.
Rimasi immobile, mentre il silenzio era calato di nuovo intorno a me. Era soltanto la calma prima della vera tempesta.
 
Non era ancora finita… e lo capii quando sentii che l’ombra era di nuovo alle mie spalle. Ed era tornata alla sua forma iniziale.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** L'Ombra. ***


Mi voltai di nuovo verso il centro della piattaforma.
Lo sapevo, era lì. Era tornato di nuovo alla sua forma originaria: una semplice figura umana, nera, apparentemente nuda. Mi osservava con le sue iridi dorate, immobile. Non trapelava alcuna emozione.
Ci guardammo negli occhi per qualche istante, con freddezza.
 
Lo capii subito: voleva combattere ancora. Non riuscivo a capire il perché… avevo il presentimento che non fosse soltanto la “personificazione” delle emozioni del quale mi aveva parlato la voce.
 
Ci guardammo ancora qualche momento, mentre un silenzio sacro regnava intorno a noi. Nessuno accennava a muoversi. Uno aspettava la mossa dell’altro.
 
Improvvisamente, l’atmosfera ricominciò a farsi pesante. L’ombra aprì le mani lungo i suoi fianchi, lasciando lo sguardo immutato. Intorno a lui cominciò a generarsi uno strano alone oscuro, come se da lui stesse scaturendo una potente aura… e ricominciò a cambiare forma.
Dalla sua nudità cominciarono ad apparire sagome di vestiti, sempre neri... Il suo capo cominciò a mutare… finchè non assunse le sembianze… dell’altro ragazzo. Solo una cosa non cambiò in lui: gli occhi dorati.
 
Mantenendo sempre il suo sguardo puntato su di me, portò la mano sinistra di fronte a se e il braccio e la gamba destra dietro di lui. Dalla sua mano destra, mantenuta al livello del suo capo, apparve un’arma molto simile a quella che stavo brandendo io.
Con la mano sinistra mi fece un cenno come per dire “Attaccami!”… e non me lo feci ripetere due volte.
Mi lanciai contro di lui con la mia nuova spada, convinto che con la nuova agilità che essa mi permetteva non avrebbe avuto scampo… e apparentemente fu così: ma la figura che avevo colpito presto scomparve, lasciando il posto al vuoto.
Mi ci volle qualche istante per capire che quella era solo una copia, giusto il necessario per dare all’ombra l’opportunità di colpirmi alle spalle. Mi colpì in piena schiena… e non fu affatto piacevole.
Mi allontanai con uno scatto in avanti, ma questa nuova forma era tremendamente agile: non stava un istante ferma, e appena finiva di colpirmi si lanciava nuovamente all’inseguimento. Ma io non mi arrendevo. Appena provò a colpirmi di nuovo, con un rapidissimo scatto del braccio destro parai il colpo con la lama; esattamente in quell’istante, gli misi la mano sinistra all’altezza dello stomaco…
“BLIZZARD!”
Il cristallo di ghiaccio colpì in pieno l’avversario, che si allontanò velocemente da me coprendosi il punto appena colpito. Fu così che colsi l’occasione per attaccarlo.
Con uno slancio, cominciai a colpirlo ripetutamente con la lama, finchè non schivò un mio fendente con un salto e arrivò dietro di me. Ora che avevo capito la sua tattica, non potevo lasciarmi cogliere di sorpresa.
Appena saltò dietro di me, mi girai rapidamente per parare i suoi colpi. Fu un susseguirsi di botte e risposte frenetico, nella quale sembravamo perfettamente alla pari. Ma lo scontro stava andando per le lunghe… troppo per i miei gusti.
Improvvisamente, con uno scatto all’indietro, l’ombra mi lanciò contro una proiettile di fuoco completamente avvolto dall’Oscurità. Fu una mossa che mi colse di sorpresa: non ebbi il tempo di schivarla che il nemico si teletrasportò dietro di me, colpendomi con un fortissimo pugno tra le scapole… e caddi a terra, tramortito.
A quel punto, credo che l’ombra fosse sicura di vincere. Si avvicinò lentamente a me, posizionandosi esattamente sopra il mio corpo stordito. Puntò la spada verso il basso, impugnandola con entrambe le mani… e, di colpo, abbassò la lama.
“E’ finita…” dissi tra me e me. Non riuscivo a muovermi, a stento riuscivo a pensare… Mi lasciai semplicemente andare.
La lama sibilò nell’aria circostante, e con un rapido scatto me la conficcò in pieno petto.
 
O almeno… così le feci credere.
Presto il corpo che aveva appena colpito scomparve da sotto la sua lama... e fu lei a sentire la mia lama attraversarle la schiena.
Improvvisamente, ero riuscito a riprendere le energie. Una rinnovata forza di volontà si era risvegliata dentro di me, e mi aveva spinto a dare fondo alle poche energie che mi erano rimaste.
Sorpresa da questa mia mossa, letale, l’ombra lasciò cadere la sua arma al suolo… e qualche istante dopo scomparve. Lei, lentamente, cadde. Prima in ginocchio… poi, rovinò a terra.
 
Era finita. Avevo vinto.
Facendo scomparire la mia arma, tirai un sospiro di sollievo. Ero riuscito a sconfiggere il mio primo, degno rivale… adesso, dovevo solo trovare un modo per uscire da quel luogo.
Chiusi gli occhi un istante. Poi fissai il buio che circondava quel luogo, dritto davanti a me, con lo sguardo verso il bordo della piattaforma.
Mi avvicinai ad essa, nella speranza che apparisse una via d’uscita com’era successo con la passerella… ma appena mi avvicinai, la vetrata cominciò a tremare, e dentro di me sentii come un grande sussulto.
 
Inorridendo, mi voltai. L’ombra si stava rialzando una seconda volta, ed emanava una densa e fortissima aura oscura, che respingeva tutto ciò che aveva intorno. Appariva come avvolta da una grande fiamma nera, nel quale si poteva intravedere quella figura inquietante che si rialzava, riassumendo di nuovo la sua forma iniziale. Stavolta i suoi occhi non erano gelidi e privi di emozione, no… stavolta emanavano odio, rabbia. E una tremenda forza distruttiva.
Una volta rialzatasi, barcollante, alzò lentamente entrambe le braccia al cielo, seguendole con lo sguardo. Con dei movimenti calmi, come se stesse dando una certa sacralità alle sue azioni, distese le braccia verso l’alto… ricongiungendo le mani.
L’Oscurità che fuoriusciva da quella figura aumentò in maniera smisurata, e feci sempre più fatica a mantenere la mia posizione; rischiavo di essere buttato giù dalla piattaforma.
Nelle sue mani, lentamente, cominciò a materializzarsi l’elsa di una spada. Dal basso verso l’alto, in un’ondata nera, andò materializzandosi la stessa copia del Keyblade che aveva usato prima, quando aveva preso le sembianze di Sora.
 
Ma questa non era una copia.
 
Presto, l’Oscurità che avvolgeva quell’arma seguì la scia della fiamma, che andava verso l’alto… e il Keyblade rivelò i suoi veri colori.
Non era esattamente il Keyblade del ragazzo… la forma era la stessa, ma l’elsa era argentea e la lama di un oro scintillante. Emanava intorno a sé un bagliore violastro, quasi nero, che andava confondendosi con la grande fiamma.
Dopodichè, l’ombra abbassò le braccia… e si mise nella stessa posa di combattimento che aveva assunto prima, quando aveva le sembianze dell’altro ragazzo. Stavolta il suo sguardo era sicuro di sé… e per la prima volta, un ghigno di sicurezza apparve sulle sue labbra.
 
Le fiamme non accennavano a cessare, e l’onda d’urto che respingeva tutto non diminuiva. Mi feci forza e invocai la mia arma, disposto a tutto per sconfiggere il mio nemico.
Improvvisamente, cominciò a corrermi incontro. Per evitare di essere spazzato via da quella immensa potenza feci lo stesso… e ad una velocità fulminea, le nostre lame si incrociarono. Per la prima volta, i nostri visi furono vicinissimi… e i nostri sguardi si incontrarono.
Era il mio stesso, identico sguardo… gli stessi occhi che avevo visto tempo prima, quando mi specchiai per la prima volta nelle acque dell’oceano, sull’Isola del Destino.
Dopo qualche istante, la lotta riprese a ritmi intrepidi. Dopo aver spezzato la sua guardia provai a colpirlo, ma l’ombra si smaterializzò nel suolo della vetrata… per poi fuoriuscire esattamente sotto di me. Venni sbalzato in aria, ma ripresi facilmente il controllo del mio corpo. La sua aura mi spingeva sempre più indietro… e mentre venivo avvicinato sempre di più al bordo della piattaforma da quella forza repulsiva, mentre ero a mezz’aria, l’ombra mi corse incontro e con un balzo cercò di colpirmi nuovamente. Mi mancò per un soffio: ma la sua vicinanza mi fece improvvisamente perdere di nuovo il controllo, e mentre ricadevo al suolo arrivai al limite della piattaforma.
Ripresi il controllo, pronto a scattare in avanti, ma lui era già davanti a me. Portò la mano sinistra in avanti, con il palmo aperto, e con un’onda d’urto mi fece cadere indietro: mi scaraventò giù dalla piattaforma.
 
Non avevo tempo di pensare… dovevo solo agire.
Mentre cadevo, invocai la mia lama e la conficcai nella parete della torre sul quale era la piattaforma; grazie a questa mossa, mi salvai dal buio profondo nel quale stavo cadendo. Ma ora… come risalire?
Ero a corto di energie, le forze cominciavano a mancare. La vista era annebbiata, e a stento riuscivo a tenermi al manico della spada.
Realizzai velocemente che con le mosse a mia disposizione e l’energia residua, non avrei avuto speranza. Dovevo dare di nuovo fondo a tutto il mio potenziale… dovevo usare l’Oscurità.
Chiusi gli occhi e mi concentrai. Lentamente, rievocai tutte quelle emozioni che riuscivano ad alimentare quella tremenda forza… finchè non mi feci avvolgere completamente da esse.
Sentii le vene riscaldarsi, come percorse da un nuovo sangue; la vista si stabilizzò nuovamente; i muscoli diventavano sempre più vitali ed energici. Ma soprattutto… cresceva la voglia di annientare quella maledetta ombra.
Con una forza, uno spirito e una rabbia rinnovata, balzai in equilibrio sulla spada stessa. Prendendomi di coraggio, determinato più che mai, feci un balzo e cominciai a risalire la torre. Ma non era più coraggio, no… era l’Oscurità a guidarmi.
Nella corsa, rievocai la lama dalle mie mani e caricai il mio corpo al limite, per finire lo scontro nel più breve tempo possibile.
Con un tremendo scatto, arrivai in cima alla torre e scattai verso l’alto. L’ombra era lì, a guardarmi stupita… e lo fu talmente che non poté reagire, quando le arrivai incontro con la mia spada.
 
Quando arrivai a terra, mi voltai subito a guardarla.
Non potevo crederci: anche se barcollava, era ancora in piedi! La fiamma intorno a lei scomparve lentamente, e l’aura repulsiva insieme a essa… ma lei era ancora lì!
Stupefatto davanti alla resistenza del mio avversario, non persi comunque la mia sicurezza. “Adesso sarà un gioco da ragazzi”, dissi tra me e me.
Feci qualche passo verso la figura, che mi volgeva le spalle, ancora tramortita. Tanto ero sicuro di me che non mi misi neanche in guardia. Quell’incubo stava per finire…
 
Ma mentre mi avvicinavo, improvvisamente, essa si girò con forza verso di me, con quel maledetto ghigno ancora stampato sul volto.
 
…Stolto!
 
In meno di un istante, riprese perfettamente l’equilibrio. Alzò il Keyblade verso l’alto e, improvvisamente, si librò a mezz’aria scagliandosi su di me. Lo evitai per un soffio, e mi rimisi subito in guardia: sempre rimanendo a mezz’aria, si scagliò più e più volte su di me… e alla fine, si schiantò violentemente contro il terreno, generando fasci di luce che invasero l’intero campo. Questa mossa mi colse di sorpresa, e riuscì a ferirmi il braccio sinistro.
Non ebbi neanche il tempo di sussultare per il dolore. Appena toccò terra, infatti, l’ombra si lanciò di nuovo all’attacco… ed io, nonostante avessi dato fondo alla mia Oscurità, ebbi sempre più difficoltà a sostenere i colpi. I fendenti si fecero sempre più veloci, gli incantesimi sempre più potenti…
 
…improvvisamente, dopo aver parato un paio di colpi, le gambe non mi ressero più.
Con una spinta dell’avversario, caddi all’indietro, sulla mia schiena. Lasciai andare la mia arma, che scomparve ancora prima di toccare terra. Ero stato sconfitto… anche utilizzando l’Oscurità…
Chi era quell’essere? Da dove prendeva tutta quella forza?!
Sommerso da queste domande, osservai con odio l’ombra avvicinarsi a passi lenti verso di me. Nonostante fossi stato sconfitto e fossi senza un briciolo di energie, l’odio mi pervadeva ancora completamente. Volevo distruggerla… disintegrarla…
Si fermò a circa un passo dal mio corpo… e poi puntò il suo Keyblade su di me. Ero spacciato.
Il ghigno malvagio sul volto della figura improvvisamente scomparve, e alzò il Keyblade sopra di sé per sferrare il colpo di grazia… non riuscivo a muovermi, non avevo modo di scappare. Mi limitai a chiudere gli occhi… e poi...
…sentii un forte rumore metallico accanto al mio viso.
Aprii gli occhi di scatto e voltai la testa: il Keyblade era conficcato vicino al mio viso, nella vetrata.
Guardai di nuovo dove prima vi era l’ombra, per realizzare cosa fosse successo… ma di quella, nessuna traccia. Il silenzio era piombato di nuovo in quell’enorme santuario.
Rimasi coricato li dov’ero, senza muovermi… come se mi fossi appena svegliato da un incubo. Ero salvo… il mio nemico, vittorioso, aveva avuto pietà di me.
Lentamente l’odio cominciò a defluire dalla mia mente, e presto interrogativi e dilemmi presero il suo posto in essa.
 
Pietà… come poteva, un essere totalmente pervaso dall’Oscurità, avere… pietà?
Rimasi per un po’ a pensare a ciò. Mi sfuggiva ancora il ruolo di quella cosa in quel luogo… il motivo per la quale mi aveva sfidato… la sua forza distruttrice… e soprattutto, quell’ultimo atto… risparmiarmi.
Scherno? Atto di bontà? Non riuscivo a capirlo… ma improvvisamente, questi pensieri vennero interrotti da una voce…
 
È arrivato il momento... Lasciati andare alle ombre del tuo cuore, e presto… presto ti ritroverai in un nuovo mondo. Lascerai la tua prigione… e imparerai a conoscere la vera essenza dell’Oscurità!
 
Queste parole rimbombarono nella mia testa.
Risuonarono come una promessa… come una speranza di salvezza, come la realizzazione di un sogno… e mi parve strano che tali parole, quasi consolatrici, arrivassero a me proprio dopo una tempesta. Non riuscivo ancora a capacitarmi di cosa fosse successo… ma ero troppo stanco per pensare, e quelle parole mi fecero dimenticare tutto quel che era accaduto.
Ed è per questo che non me lo feci ripetere due volte. Dalla posizione in cui ero, chiusi gli occhi… e mi lasciai abbandonare a ciò che mi circondava.
Presto, un lieve torpore si impadronì del mio corpo, e presto ogni luce scomparve… mi sentii scivolare nell’Oscurità, ma sapevo che non mi avrebbe fatto del male. Perché… era la mia Oscurità. L’Oscurità del mio cuore.
 
 
Ed ero sicuro che grazie ad essa… sarei riuscito presto a realizzare il mio sogno.
 
 
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
E dopo mesi di inattività... (forse) son tornato! ;D
Causa mancanza di ispirazione e bisogno di svagarmi un pò, ho dovuto abbandonare questo progetto per un poco, dedicandomi ad altri tipi di scrittura... ma spero proprio di poter riprendere al più presto questa fan fic!
So che il capitolo lo avevo già aggiuto tempo fa, ma rileggendolo mi ero reso conto di qualche imperfezione e sono corso a correggerlo... con questo, si chiude la prima parte della mia fic! Spero di pubblicare al più presto un nuovo capitolo ;)
Grazie per la lettura,
il vostro _Fener!

P.s.: Sono ben accetti commenti, di qualsiasi tipo! :D

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1262939