A Stone's Throw

di Mayonaka no Ame
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***



Capitolo 1
*** I ***


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Nota dell'autrice: il mio contributo alla challenge Where I Belong. Prequel a Possession (Nota della traduttrice: storia tuttora in corso che verrà tradotta al suo completamento). Dedicata a mio marito, Mathieu: maestro del lancio delle pietre.

"Possiamo lanciare pietre, lamentarci di loro, inciampare su di loro, scalarle, o costruire con loro."
William Arthur Ward

A STONE'S THROW
scritta da Mayonaka no Ame, tradotta da Alessia Heartilly
Parte I

"Per amore di...!"

Rinoa scalciò la sabbia con furia, ribadendo il suo rimpianto per aver anche solo preso una di quelle dannate cose, tanto per cominciare.

Doveva essere solo una distrazione, dopo tutto; un metodo per trascorrere l'ora precedente il tramonto con qualcosa, qualsiasi cosa, a parte il semplice trascorrere. La lista di alternative era stata breve e tutta ugualmente smorta, quindi perché no?

Una volta lo aveva ritenuto divertente.

Sfortunatamente, com'era diventato tipico per molte cose amate dalla strega, quest'hobby modesto si era in qualche modo trasformato in un test masochistico. Dal cui risultato dipendevano sia la sua felicità che il suo orgoglio quella sera, per ragioni che non le interessava spiegare.

Per cui... con Hyne come testimone... giurò che avrebbe fatto saltare almeno uno di quei dannati sassi sull'acqua, fosse l'ultima cosa che avrebbe fatto.

Occhi scuri e determinati esaminarono ancora una volta la spiaggia, simili a quelli di un'aquila nella loro ricerca di pietre. Ne scelse una manciata e le esaminò completamente con le dita per vedere se avevano tagli o cavità, prima di giudicarle inadatte e buttarle via. A quel punto una pietra imperfetta semplicemente non valeva lo sforzo, dato che di certo non poteva essere il suo lancio il problema. Praticamente era diventata una maestra di quel gioco durante le innumerevoli serate di campagne di suo padre, in cui le opzioni erano state 1. fuggire al lago o 2. finire per prendere a pugni uno, se non parecchi, di quegli altezzosi politici e/o due o tre parenti lontani.

Lo trovava consolante.

Togliendo le alghe da un'altra promettente candidata, Rinoa rifletté che forse era il tipo di rocce che si trovavano lì a Centra ad essere la fonte del suo fallimento. Forse era troppo pesante? Troppo impermeabile? Troppo dannatamente testarda per lasciar semplicemente perdere e piegarsi ai suoi desideri per una volta?

Forse, probabilmente, si aspettava davvero troppo da qualcosa che era così intrinsecamente inflessibile.

In distanza, un improvviso scoppio di fiamme la distolse dal suo evidente perdersi nei pensieri. Rinoa quasi alzò agli occhi al cielo al suo poco discreto modo di chiamarla, ma sapeva bene che era meglio non lamentarsi. Lì, alla terza notte della loro vacanza/scavo archeologico, avevano da tempo scoperto che era semplicemente più efficiente, per non dire meno letale, se lui preparava sia l'accampamento che i pasti caldi mentre lei si occupava di altre cose. Una sostegno per la tenda rotto, una coperta sacrificata al fuoco e un intero scatolone di cibo donato accidentalmente alla vita selvaggia, e lei non aveva avuto altra scelta che concordare.

Lui la stava semplicemente proteggendo come aveva sempre fatto, ogni giorno, per quell'ultimo anno. Era quello che gli riusciva meglio, sedersi là in distanza, a malapena visibile nel crepuscolo oramai al termine, a fare in silenzio i preparativi per assicurarsi che lei stesse comoda. Come sempre, lo considerava incredibilmente dolce e galante. E come sempre, trovava che fosse a un nuovo e aumentato livello di irritante.

Guardandosi i piedi con un sospiro, Rinoa vide una pietra bianca, ovale e attraente proprio oltre il suo pollice. Si chinò a prenderla, notando allegra come fosse ancora calda di ciò che rimaneva del sole, e se la passò da una mano all'altra per valutarne il peso e l'equilibrio.

Decisamente abbastanza leggera. Innegabilmente, uniformemente liscia. Senza dubbio era l'esemplare più promettente che avesse incontrato fino a quel momento. E che tempismo fortunato che il sole avesse appena iniziato a scendere oltre il bordo dell'oceano, minacciando buio pesto da un minuto all'altro!

Non volendoci pensare troppo e rischiare un errore, Rinoa si raddrizzò e si preparò. Una rotazione delicata, una stretta caratteristica delle dita sul bordo liscio della pietra, un giro, un rilascio ed eccola partita! Guardò con il respiro trattenuto mentre la pietra girava verso l'acqua, convinta che sarebbe arrivata almeno a otto, forse oltre il suo record di trentadue salti prima di cedere alla forza di gravità.

Ma ahimè, non appena colpì la superficie, la pietra scomparve con uno scoraggiante piccolo spruzzo, affondando immediatamente e prendendo con sé il suo buonumore. Guardò, insensatamente depressa, per un minuto intero mentre gli ultimi raggi del sole cedevano alle tentazioni più forti dall'altra parte del mondo.

La battaglia era ufficialmente persa.

Intorno a lei, la spiaggia di Centra era diventata una pozza spessa di buio, e le sue uniche guide erano il luccichio delicato delle onde da una parte e le fiamme ora alte del fuoco dall'altra. Rinoa rabbrividì, considerando per un momento l'acqua scura che iniziava a sfiorarle le punte, e quanto sembrasse piacevole la sua freschezza.

Rifletté per alcuni secondi sullo spogliarsi e basta e farsi una nuotata. Era abbastanza buio, ed erano le uniche persone nei paraggi per miglia e miglia... chi l'avrebbe giudicata? Lui ovviamente sarebbe andato in panico, e probabilmente con buoni motivi, dato che lei non aveva un gran senso dell'orientamento e chissà cosa strisciava sotto la superficie di quel continente ancora quasi del tutto inesplorato. Almeno quella sarebbe stata la sua scusa per il panico.

Rinoa ridacchiò e scosse la testa, abbandonando facilmente l'idea per buon senso, dovere, rispetto e tutti quegli altri irritanti concetti che avevano tenuto a bada il suo lato più audace nell'ultimo anno. Forse la volta successiva. O, più onestamente, in una vita successiva.

Al di sopra della sua spalla, il fuoco crepitò forte mentre uno dei ciocchi più grandi implodeva, e lo prese come un segno. A lui non era mai piaciuto che lei stesse lontana dalla sua vista per troppo tempo, soprattutto se aveva solo la propria testa a proteggerla. Lo rendeva stizzoso.

Dopo un ultimo sguardo desideroso all'acqua, si diresse all'accampamento.

Lui non fece cenno di riconoscere la sua presenza quando lei si lasciò cadere seduta accanto al fuoco e si strinse le ginocchia al petto. Chiacchierare inutilmente del più e del meno non era esattamente nel suo stile. Invece lui si limitò a punzecchiare il coniglio che arrostiva, e che doveva essere la loro cena improvvisata (grazie al suo piccolo errore di non chiudere la cassa del cibo la notte precedente), mentre controllava un blocco per appunti che teneva in grembo. Avvantaggiandosi della sia distrazione, Rinoa annusò curiosa la cattura della serata. Non era esattamente lo stufato disidratato e piacevolmente pulito che si era aspettata di mangiare quella sera, ma di sicuro era meglio dell'alternativa di tornare prima al Garden. Senza dire nulla, apprezzò la sua capacità di sopravvivenza. Da quando era stato promosso a Comandante, con tutte le cene eleganti, le suite lussuose e gli altri benefici inclusi in quel titolo, la sorprendeva che lui potesse ancora cavarsela con tanta facilità.

Anzi, seduto lì alla vampa del fuoco, vestito con jeans neri e una felpa grigia con il cappuccio, sporca di terra per le attività della giornata, sembrava più a suo agio di quanto lo sarebbe mai sembrato in uniforme perfettamente stirata dietro a una scrivania di mogano intagliato. Era innegabilmente bello vederlo così. Era specialmente e indiscutibilmente meraviglioso vederlo mentre erano completamente da soli insieme per la prima volta dal loro ritorno dalla Compressione Temporale.

Era un pensiero che non poté evitare di esprimere a voce alta.

"È bello," sussurrò, piegando la testa all'indietro per guardare le stelle, più luminose di quanto le avesse mai viste in continenti più popolati. "Non è bello?"

Squall Leonhart, Comandante del Garden di Balamb, diciottenne salvatore del mondo, genio certificato e stratega militare, riuscì a mettere insieme solo un grugnito come risposta, prima di leccarsi le dita per girare meglio le pagine del blocco note.

Rinoa si accigliò.

"Davvero?" domandò lei, con inevitabile irritazione. "Tutto lì?"

Occhi blu ghiaccio si alzarono per valutare la sua espressione, solo per tornare immediatamente a ciò che stavano facendo. "Cosa dovrei dire?"

"Non so... che dici di 'sì Rinoa, è bello. È bello che ci siamo impegnati fino alla morte in questi ultimi mesi per assicurarci questa vacanza, ed è davvero bello'. Qualcosa del genere, mmh? Voglio dire, hai visto le stelle!? Eh? Voglio dire..." Fece un gesto enfatico verso il cielo. "Dai! Cavolo, è... bello!"

Squall si posò il mento sul palmo, con le dita non del tutto in grado di nascondere il sorrisetto che a volte, raramente, faceva capolino quando lei faceva senza volerlo qualcosa che lo divertiva. In questo caso, la causa era molto probabilmente la sua incredibile mancanza di sinonimi per la parola "bello".

Rinoa tenne la testa alta, dato che da tempo era diventata immune all'imbarazzo quando si trattava del Comandante Leonhart. C'erano cose che erano successe in quell'ufficio durante il suo lavoro come sua assistente che non avrebbero mai potuto essere disfatte o non viste. Per esempio, quella volta che aveva rovesciato il caffè addosso all'ambasciatore di Deling. O quando aveva inviato quella che doveva essere una nota privata per Selphie come promemoria a tutto lo staff del Garden. O, cosa più privata tra loro, quella volta che aveva accidentalmente installato un virus porno sul suo computer, dono di una email di Kinneas. O la volta che aveva avuto un'intossicazione alimentare e aveva vomitato inaspettatamente metà in una felce in vaso e metà sui suoi stivali. La lista di esempi era lunga, e sempre più piena di vergogna per tutti i coinvolti. Oltre a questi particolari eventi, c'era un'altra fonte cronica di imbarazzo nell'ufficio del Comandante. Una fonte che era diventata tipica in maniera disturbante, nonostante i tentativi sinceri di liberarsene.

Per dirla in poche parole, Rinoa aveva preso l'abitudine di fissarlo, a volte. Per dirla con un po' più parole, o come aveva diagnosticato più accuratamente Selphie, aveva una tendenza frequente a bloccarsi in qualsiasi cosa stesse facendo e lanciare evidenti sguardi languidi per vari minuti di fila. Squall ovviamente se ne accorgeva, e di solito, sia come gentiluomo che come ostinato adolescente, la ignorava. In giorni meno tolleranti, le tirava graffette in testa per distrarla, o le mandava un messaggio prioritario tramite il comunicatore ordinando schietto, "smettila", o "lavora" o "caffè. Vai." Una volta era arrivato al punto di sistemare qualsiasi oggetto potesse spostare nel suo grosso ufficio, incluse lampade, sedie, piante e persino quasi, sul pavimento tra loro, solo come promemoria di piantarla.

In conclusione, no, decisamente non aveva più alcun motivo di essere imbarazzata davanti a Squall Leonhart. Non aveva assolutamente niente da nascondere a lui e nessun altro al mondo.

Tristemente, era una cosa ben lontana dall'essere reciproca.

"È solo..." Fece un respiro profondo per calmarsi prima di parlare, dolorosamente consapevole di quanto spesso il suo straparlare avesse portato a delle crepe tra loro. "Non vedevo l'ora che capitasse, sai? Io e te. Lontani da tutto. Pensavo - speravo che ti saresti finalmente... rilassato. Eh." Era impossibile non ridacchiare a quel concetto, una volta detto ad alta voce. Questa era cosa? La sesta o settima volta che era arrivata a una conclusione del genere solo per essere inevitabilmente delusa? Più che dalla natura solitaria di Squall, era irritata con se stessa perché non imparava mai.

"Lascia stare," insistette con un gesto della mano, come se cercasse di scacciare le aspettative come fossero un insetto fastidioso. "Lo sento adesso. Quanto sono stata ingenua a pensare che ci divertissimo per una volta."

Dietro la sua mano, Squall nascose un'espressione confusa.

Divertimento?

Ufficialmente non aveva più alcuna idea di cosa significasse quella parole. Sempre che l'avesse mai avuta.

Quindi, incapace e riluttante a riportare in superficie una risposta alla sua critica, decise per una via alternativa. Chiudendo il blocco note con una mano, Squall si mosse per alzarsi, cosa che fece immediatamente stringere la gola di Rinoa, che temeva di essere andata - ancora una volta - troppo oltre.

"Dove vai?" non poté evitare di chiedergli mentre lui si puliva un po' di sabbia dalle cosce. La domanda una volta poteva averlo turbato, irritato di dover annunciare ogni sua mossa come un bambino con sua madre. Ma questo era prima.

Era abitudine, non durezza che lo incoraggiava ad andare dritto per la sua strada senza notare i sentimenti altrui. E anche se stava migliorando - almeno la gente gli diceva che era così - reprimere diciassette anni di impenetrabile indipendenza era un processo molto più difficile e lento di quanto si pensasse.

"Ho quasi finito di catalogare tutto quello che abbiamo riportato alla luce," spiegò, facendo scorrere le pagine piene dei suoi schizzi e appunti. "Se finisco stasera, possiamo spostarci domani mattina."

"Spostarci? Intendi... tornare?" Era impossibile nascondere la delusione dalla sua voce, e Squall quasi sorrise per quanto lei mostrasse audacemente cosa provava. Quasi.

"No. Abbiamo ancora oltre una settimana di vacanza. Immaginavo... se abbiamo fatto tutto il possibile alla Torre di Odino, allora potremmo, forse, andare all'orfanotrofio di Edea. Forse."

Rinoa spalancò gli occhi, all'improvviso euforica e apprensiva insieme. Più apprensiva a dire il vero, una volta che ebbe considerato il talento quasi alchemico di Squall nel trasformare qualsiasi cosa in un compito legato al lavoro. Persino una passeggiata serale a Balamb per cena aveva avuto lo scopo principale di testare un nuovo fornitore di panini più economico, e i suoi effetti sulla digestione. "Perché? Che cosa c'è da scavare o cacciare? Una qualche specie preistorica di Chocobo, forse? Intendi chiedermi ancora di raccogliere esemplari di moscone? Perché non lo farò."

"Nulla del genere," ammise lui con un sospiro, grattandosi la nuca mentre cercava di trovare parole migliori per spiegarsi. Ahimè, non c'era altro modo di dirlo. Allora la guardò negli occhi, sfidandola a leggerci più di quanto stesse per dire rispetto a quello che intendeva davvero. "Perché ho pensato che sarebbe... bello."

Lo stomaco di Rinoa le schizzò all'improvviso nell'esofago, quasi soffocandola.

Ecco di nuovo quella parola. Quella sera, sembrava che fosse la rappresentante più adatta e generica al posto della lunga lista di altri aggettivi che nessuno dei due si permetteva nemmeno di pensare, figurarsi dire ad alta voce. Bellissimo avrebbe potuto facilmente farsi strada, se si parlava dello scenario. Apprezzato non richiedeva chissà che sforzo. E la più pericolosa di tutte, quella che nessuno dei due aveva rischiato di inserire in qualsiasi altra conversazione degli ultimi undici mesi:

Romantico. Tutto di quella situazione, almeno dalla prospettiva di un osservatore, era indiscutibilmente romantico da spezzare il cuore. Un'intera settimana soli con la spiaggia e il campo fiorito e i ricordi...

Rinoa scosse la testa per scacciare quel concetto pericoloso. Oltre all'avvertimento sul viso di Squall, sentì la pressione della sua coscienza che aggiungeva qualche altro strato alle sue difese, costringendo il suo nuovo potere a ritrarsi con una leggera fitta di mal di testa. Non che avesse mai osato leggergli i pensieri. Non da quel primo disastroso tentativo, comunque. Quindi colse l'invito mentale e annuì semplicemente a mo' di risposta.

Un tale scenario sarebbe stato effettivamente "bello". Bello e nulla di più.

"Va bene," disse Rinoa con aria eccessivamente disinvolta, mentre andava a prendere piatti e posate dalla borsa accanto a loro. Stavolta Squall non poté davvero evitare il sorriso che si fece strada fino alle sue labbra, per la disinvoltura atrocemente debole di Rinoa. Ovviamente, qualsiasi traccia di divertimento era sfuggita dalla sua espressione quando lei tornò ad alzare lo sguardo.

"Allora." Con due coltelli e due forchette nei pugni alzati, Rinoa accennò alla carne quasi annerita sulle fiamme. "Vuoi fare tu gli onori, o dovrei farlo io?"

Squall sbatté le palpebre. Nella sua fretta di finire con la scusa 'ufficiale' per questa uscita, aveva completamente dimenticato la sua cattura, anche se stava abbrustolendo in maniera lampante davanti a lui. "Giusto. Sì. Sarà meglio che lo faccia io. Non abbiamo altre risorse, oggigiorno."

Rinoa gli fece una linguaccia, gettandogli le posate in grembo con scarsissima delicatezza mentre lui tornava a sistemarsi sull'erba.

Quasi un anno al suo servizio, ed era ormai abbastanza abituata sia al suo stuzzicarla, sia alla sua preoccupante abitudine di saltare i pasti nel mezzo di un progetto. Era incredibile quali bisogni di base fosse in grado di negare al suo corpo per periodi inumani, solo per rispettare una qualche scadenza del tutto ridicola fissata dal Consiglio Mondiale. Aveva notato un record di quattro giorni di fila in cui lui non aveva lasciato la scrivania se non per andare al bagno. E persino quei viaggi, ci avrebbe scommesso, erano stati ridotti al minimo più scomodo per amor di efficienza.

Presto il coniglio venne servito insieme ad alcune radici che Squall aveva scavato e bollito. Non era un pasto elegante, ma andava decisamente a segno, e lui sembrò rivitalizzato dopo quello che era stato sicuramente un cattivo sonno nella tenda mezzo collassata. Ovviamente, Rinoa si era offerta di stare in quella che aveva rovinato, ma lui non aveva voluto sentire ragioni. Aveva quasi suggerito di condividere il poco spazio nel rifugio più sicuro. Solo per amor di sicurezza e calore, ovviamente. Ma quell'alternativa era stata messa da parte con una risata mentale ancora prima di riuscire a dire le parole.

Il Comandante Leonhart, cosa abbastanza rinomata, non condivideva il letto con nessuno. Mai.

Almeno presto avrebbero avuto i resti dell'orfanotrofio di Edea come grande santuario condiviso, così come l'accesso all'acqua corrente grazie al vecchio pozzo e al sistema di pompe che potevano sopravvivere a decenni di inutilizzo. Era un progetto ingegnoso costruito dallo stesso Cid e che utilizzava il flusso naturale dell'acqua del canale per muovere i pistoni. Il che le ricordava...

"Dannazione," imprecò Rinoa appena ingoiò l'ultimo boccone. Squall la guardò, in attesa, mentre masticava attentamente uno dei pezzi più duri della radice. "È solo... dovremo attraversare il canale per arrivare da qui alla casa di Edea. E non so te, ma io ho lasciato la canoa nell'altra borsa."

Imperturbabile, Squall scosse semplicemente la testa e tornò a concentrarsi sul piatto. "Non preoccuparti."

Rinoa sollevò un sopracciglio, sospettosa. "Non posso tipo evitare di preoccuparmi. Anche se non mi considero una gran diva, nuotare per oltre un miglio con tutta questa roba addosso sembra un filino troppo da suicida per i miei gusti. E tutta la roba che abbiamo raccolto nelle stanze di Odino?"

"È già stato sistemato."

"Cosa è già stato sistemato?"

"Il trasporto. Una nave. Sarà qui domattina. Quindi, detto questo..." Dopo aver gettato le ossa della sua cena nel fuoco, Squall si alzò. "Devo finire di catalogare."

Stupefatta, Rinoa lo guardò allontanarsi, tenendosi il piatto ben stretto tra le mani. Le venne in mente subito che questo suo chiamare una nave in quel preciso luogo isolato doveva essere stato fatto molto in anticipo. Il che significava che andare alla casa di Edea non era una decisione istintiva e informale nata dalle sue lamentele. Lui aveva pianificato fin dall'inizio di terminare il viaggio là.

Perché? Che gli passava per la mente? Perché non glielo diceva? Lo avrebbe ucciso farle sapere in quale angolo del pianeta sarebbe stata trascinata almeno con ventiquattro ore di anticipo?

C'erano troppe domande. E non si aspettava di ricevere una risposta a nessuna di esse. Anche se avesse istinto, lui probabilmente sarebbe sbottato secondo un meccanismo di difesa automatico,e poi avrebbero passato il resto della vacanza in un silenzio teso e sgradevole. Anche se spesso avevano silenzi tesi e sgradevole per via delle loro personalità opposte e il piccolo dettaglio della loro relazione ancora irrisolta, almeno al Garden c'erano sempre distrazioni, altre persone, e cosa notevole, altre stanze in cui andare.

Mordersi la lingua era l'unica opzione possibile in quel caso, anche se sia il suo cuore che la sua testa erano in fiamme per la curiosità.

Lo guardò inginocchiarsi un po' più lontano dallo spazio di accampamento, e accendere una lanterna vicino a una delle svariate scatole di tesori/cianfrusaglia che avevano raccolto nelle Rovine di Centra. Con una penna tra i denti e il blocco note in grembo, Squall si allungò e tolse una lunga catena di bronzo e un lucchetto; l'unico articolo potenzialmente di valore che avevano trovato, nascosto sotto una pila di rovine e quindi non toccato dal tempo e dai ladri di tombe. La lanterna fece luccicare il centro di rubino quando Squall fece girare la catena nelle mani, ancora una volta cercando di aprirla senza riuscirci, e poi si mise a scrivere.

Rinoa guardò il suo piatto vuoto, e poi Squall. Il suo sguardo si spostò sull'oceano, e poi di nuovo su Squall. Rifletté sul paio di tende rovinate, e poi di nuovo su Squall.

Presto, i piedi la portarono verso di lui senza alcuna scusa sul perché. Tutto quello che sapeva era che non aveva alcun desiderio che la notte finisse.

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Capitolo 2
*** II ***


A STONE'S THROW
scritta da Mayonaka no Ame, tradotta da Alessia Heartilly
Parte II

"Come in natura, come nell'arte, così nella grazia; è il trattamento duro che dà alle anime, come alle pietre, il loro splendore."
- Thomas Guthrie

Rinoa si avvolse le braccia intorno per scacciare il freddo mentre camminava attentamente sulle punte attraverso la piana, cercando di evitare le numerose rocce e radici che sembravano determinate a mandarla a gambe all'aria. Non aveva alcuna intenzione di dare a quel selvaggio ambiente di Centra la soddisfazione di un altro livido. Soprattutto dato che dovevano spostarsi verso le spiagge più civilizzare dell'orfanotrofio di Edea il giorno dopo, alzando leggermente le scarse possibilità di trovare una scusa per andare a nuotare insieme.

Il lato logico del suo cervello la schernì automaticamente a quell'idea, eppure era ancora adombrato da quel fastidioso ottimismo per cui Rinoa era famosa.

Dopotutto, Squall Leonhart aveva fatto cose più strane.

Una volta.

Al rumore dei suoi passi, lo vide prepararsi per il suo arrivo sistemando la posizione della lanterna, sottintendendo silenziosamente di sedersi accanto a lui sullo spiazzo d'erba invece che sulla terra sporca dove le scatole dei reperti erano state messe. Sorrise al gesto. Erano queste piccole cose all'apparenza insignificanti che le ricordava che gli importava, sempre poste convenientemente proprio quando lei iniziava a dubitare.

Quelle telefonate a tarda notte, apparentemente mirate a curare la durezza delle pause che Cid lo costringeva a fare durante le missioni, la svegliavano proprio quando il suo browser internet iniziava a vagare su altre opportunità di lavoro. Le richieste per avere compagnia a pranzo arrivavano al suo dispositivo di comunicazione proprio quando aveva appena fissato con un po' troppo desiderio una promozione per tariffe ferroviarie ridotte per posti molto lontani. E la più preziosa di tutte, un invito a ballare (sempre un ballo standard e precoreografato, si badi) veniva sempre sollecitata al punto inevitabile di ogni festa del Garden in cui decideva di non potercela più fare.

Squall aveva sempre il miglior tempismo. O forse, quando si trattava della sua felicità globale, il peggiore.

Poteva solo sperare, solo pregare, che alla fine ne sarebbe valsa la pena. E presto. Una ragazza aveva pazienza solo fino a un certo punto.

Rinoa scosse la testa per allentare l'inevitabile frustrazione a quei pensieri, mentre faceva gli ultimi passi per arrivare al suo fianco. Al di sopra della spalla di Squall, notò che aveva ancora il lucchetto di bronzo sul ginocchio mentre finiva di prendere appunti, con la penna che si muoveva agile sulla pagina, con la stessa decisione con cui avrebbe scritto un esame a tempo limitato. Non scriveva, si rese conto quando si avvicinò di qualche altro centimetro, ma disegnava.

"Wow," non poté evitare di sussurrare mentre si sistemava accanto a lui, con una meraviglia sincera che invadeva la sua voce. "Sei davvero bravo. Mamma mia."

Squall aggrottò le sopracciglia mentre continuava ad aggiungere dettagli all'intricato lavoro metallico del gioiello, con la semplice penna a sfera che catturava sfumature e ombre con velocità e accuratezza senza sforzo. "Ti dà fastidio?"

"No, no. Certo che no!" Irritata con se stessa per aver fatto nascere il loro solito imbarazzo con la prima frase, Rinoa lottò per spiegarsi. "È solo che... hai talento. In molte cose. Cosa che scopro costantemente. Tutto qui. Non smetti mai di sorprendermi. Voglio dire, sei semplicemente così..."

Incredibile? No. Troppo potenzialmente offensivo.

Scrupoloso? No. Chiunque e pure il loro cane sapeva che era scrupoloso.

Bravissimo con le mani? ...No! Per ovvie ragioni.

...Perfetto?

Con un grugnito di irritazione, aggiunse alcune nuove cose alla lista di ciò che non potevano dirsi. Quindi la frase venne abbandonata nel limbo, mentre fingeva una distrazione trascinandosi la cassa più vicina fino ai piedi. Era un metodo in un certo senso ineducato, molto ispirato da Squall, di evitare le cose, che aveva iniziato ad avere nell'ultimo anno. Anche se, ovviamente, funzionava solo con persone come Squall; una categoria che includeva un solo individuo, fino a quel momento.

Come previsto, lui non insistette. Prova che uno degli aggettivi più adatti per descriverlo sarebbe sempre stato 'prevedibile'.

Guardando nella scatola, Rinoa notò alcuni frammenti di metallo, alcuni cavi e quelli che sembravano resti mummificati di un picnic. Decisamente non la merce standard che si troverebbe in vetrina nel museo locale.

"Devi seriamente descrivere e disegnare tutta questa roba?"

Squall annuì. "È procedura standard. Il laboratorio verificherà se ha senso inviare una squadra adatta a raccogliere materiali rari o oggetti significativi. Il Garden di Esthar intende posizionare degli avamposti in questo continente a breve, e vogliamo assicurarci di aver studiato tutto quello che c'è da studiare prima che qualsiasi sito storico venga... 'aggiornato'."

Rinoa ridacchiò, del tutto consapevole e divertita dallo sdegno a malapena contenuto di Squall per le nuove forze SeeD e i loro tentativi di ridisegnare gli standard mondiali del Garden. Era come avere una bambina ignorante, costosa e ridicolmente concentrata sulla moda che lo combatteva ogni due per tre. Come assistente del Comandante, era al massimo della sua utilità quando faceva la mediatrice tra loro, visto come la milizia esthariana doveva ancora imparare come essere cortese con le persone oltre i loro confini, e Squall doveva ancora imparare come essere cortese con chiunque e dovunque.

"Amano le cose nuove e luccicanti laggiù, eh?"

"A un livello virtualmente accecante, sì."

"Oh! Hai già visto le loro nuove uniformi?" Era uno degli standard a cui avevano semplicemente rifiutato di aderire, visto che i gusti erano così drasticamente diversi, e Squall aveva ceduto a malincuore dopo svariati giorni del dibattito più futile della sua vita. Comunque, era riuscito a porre il veto sulle loro proposte, e Rinoa moriva dalla voglia di vedere cosa si erano inventati. "Sono argentate? Si accendono?"

"Non lo so. Probabilmente."

"Uhm..." Rifletté, picchiettando esageratamente il dito contro le sue labbra, come se stesse pensando profondamente. "Mi chiedo se c'è qualcosa nella loro dieta che li fa pensare che una tale pacchianeria sia bella? Forse soffrono di scoppi frequenti di..." Fece una pausa per avere un effetto drammatico, "flash-ulenza?"

Con un sorriso ridicolmente enorme e soddisfatto di sé, Rinoa attese quel raro sorriso che a volte faceva capolino quando diceva qualcosa di sciocco. Ma Squall sospirò soltanto e scosse la testa, tornando al suo disegno come fosse offeso dalla stupidità della battuta.

Scoraggiata, risistemò velocemente la sua espressione. "Ok. Era terribile. Lo ammetto. Ma sono davvero curiosa!"

"Sai, potresti aiutarmi a finire invece di snobbare un'intera cultura."

"Sì, come no. Mi hai vista disegnare, Leonhart. Selphie una volta ha pensato che il mio uomo di bastoncini fosse una banana."

"Tutto a posto. Al laboratorio potrebbe servire una sfida, per tenersi svegli. Tieni." Le allungò il suo blocco note e frugò nella scatola, togliendo quello che una volta poteva essere stato una parte di un decanter per vino, con un piccolo tomberry per tappo, o una semplice sfera di cristallo. Era un oggetto vago fino a quel punto.

Lo fissarono entrambi per un minuto intero, con Squall che lo spolverava mentre lo girava da entrami i lati, sperando che ci fosse una qualche specie di marchio che lo distinguesse. "Alloooora..." lo interruppe infine Rinoa, essendosi annoiata da tempo. "Come si fa? Cosa scrivo? Cosaacaso numero cinquecentoottantatré?"

Di nuovo, Squall sospirò.

Sembrava che fosse il suo metodo di comunicazione in quegli ultimi due mesi, oltre a premersi la fronte sul palmo della mano o ignorarla completamente. Forse l'anno successivo, se fosse stata incredibilmente fortunata, avrebbe avuto un aggiornamento al borbottio.

Per la millesima volta nella sua breve ma intensa vita al Garden, Rinoa si chiese cosa cavolo vedeva in un tipo come lui, e perché le importava rimanergli accanto.

Certo, lui era attraente senza alcuno sforzo, in maniera quasi innaturale. Soprattutto perché sembrava del tutto ignaro di questo fatto. Ricordava una volta che erano andati a bere qualcosa insieme a Dollet, se non altro perché avevano una presentazione la mattina successiva, e la connessione wireless della stanza di Squall era imperdonabilmente scadente. Dopo che un'ospite particolarmente ardente ebbe fatto scivolare sul loro tavolo una chiave magnetica, l'inconsapevole Comandante, senza battere ciglio o anche solo alzare lo sguardo dal computer, l'aveva gettata sul vassoio di una cameriera di passaggio con un brusco 'qualcuno ha perso questa'.

Onestamente non sapeva se avrebbe dovuto schiaffeggiarlo perché era così indifferente o abbracciarlo perché riusciva a restare così anormalmente ingenuo.

Sì, il suo aspetto era decisamente un fattore chiave. Ma non poteva essere tutto.

D'altro canto, forse erano le sue capacità ad attrarla a lui? Non c'era dubbio, aveva un disturbante debole per i soldati decorati (cosa che non osava psicoanalizzare mai) e Squall era il meglio del meglio.

Forse era la sua intelligenza? Amava davvero guardarlo dibattere con politici di lunga data, bombardandoli con una serie di fatti strappati ai più oscuri testi di legge per vincere inevitabilmente ogni discussione (a parte la crisi di moda della 'battaglia delle cinture' esthariana). La faceva sentire orgogliosa lavorare fianco a fianco con un tale prodigio.

Innegabilmente, erano legati per sempre solo per essere sopravvissuti a una tale esperienza insieme. Sarebbe sempre stato il suo eroe, il suo Cavaliere. Ma quel titolo non aveva necessariamente una connotazione romantica; bastava prendere Seifer ed Edea come esempio recente. Era una posizione che poteva essere assunta da chiunque fosse coraggioso, forte e degno di fiducia. Aveva persino sentito di un caso, in passato, in cui una donna aveva accettato quel ruolo per aiutare la sua amica d'infanzia. Le Streghe del passato sceglievano i loro protettori attraverso tornei impersonali.

No. Nessuna di quelle ragioni, di per sé, poteva giustificare i mesi che aveva passato a torturare se stessa per rimanere sia insieme a lui e disponibile.

Quello che molto probabilmente aveva sigillato il patto della sua ossessione, con suo infinito dispiacere, era l'incidente, ovviamente.

La festa dopo la Compressione Temporale.

Il ricordo la fece sorridere involontariamente, e iniziò ad attorcigliarsi una ciocca di capelli al dito. All'improvviso era tornata la scolaretta leggera che avrebbe potuto diventare facilmente e permanentemente, se il destino l'avesse benedetta con un'infanzia normale.

Di tutti gli uomini belli, capaci, intelligenti e coraggiosi che aveva incontrato nella sua vita, nessuno di loro si era avvicinato a farla sentire così. Era quello che li separava. In quell'unica notte, in quell'unica occasione in cui il suo dannato decoro era volato fuori dalla finestra, era diventata subito dipendente. Qualcosa della rarità della sua passione aveva reso il tutto ancora più... appassionato. In mancanza di un termine migliore.

Nonostante tutto questo, la turbava vedere quanto fossero vane tutte queste risposte. Tutte le proprietà che certe donne cercavano in un marito da piedistallo che le facesse stare bene fino alla vecchiaia, o, dall'altra parte, una gioia pericolosa, da una notte, per attirare l'attenzione del padre. Nessuna delle due cose era anche solo vicina ai suoi obiettivi. Non che avesse obiettivi. Non che avesse anche solo un vero scopo, ormai...

"Rinoa?"

"Mmh?" Come se leggesse i suoi pensieri, lui la interruppe prima che la sua mente si addentrasse un po' troppo in quell'argomento pericoloso. Tempismo perfetto, come sempre.

La stava guardando con quella che sembrava una combinazione di stanchezza e pietà, con l'oggetto ancora non etichettato tra le dita di una mano, mentre si passava l'altra sui capelli e sulla nuca.

"Fanculo," sussurrò finalmente dopo qualche intenso secondo di sguardo fisso. Il possibile decanter/testa di tomberry/sfera fu rigettato nella sua scatola, che venne richiusa, prima ancora che Rinoa fosse in grado di ricordare come muovere le labbra per formare delle parole. "Hai ragione. Ci penserò quando torneremo indietro."

A questa frase, Rinoa non poté evitare di assumere un'espressione incredula. Di tutti gli aggettivi per descrivere Squall Leonhart, 'procrastinatore' decisamente non c'era. "Non è molto Comandante-resco da parte tua, sai?"

"Sono in vacanza," si giustificò lui lasciandosi cadere sull'erba, con le mani che gli facevano da cuscino dietro la testa. "Non devo essere Comandante."

"Ho detto Comandante-resco."

"E io ho scelto di ignorare il tuo continuo abuso della lingua."

"Tch. Non sei per niente divertente."

"Ne sono consapevole."

Nonostante ciò che aveva detto, Rinoa non poté evitare di ridacchiare mentre si appoggiava all'indentro per unirsi a lui.

Cercando di non essere troppo evidente, lo guardò con la coda dell'occhio, mentre lui guardava le stelle. All'apparenza era in pace, ma anche, inspiegabilmente, un pochino perso. Hyne, era difficile capirlo a volte. Beh, era sempre stato difficile da capire. Ma ultimamente lo era più del solito. Cosa strana, dato che gli affari del Garden e del Consiglio Mondiale finalmente avevano iniziato ad andare meglio, grazie a migliaia di ore di incontri ostinati, bozze, revisioni, telefonate e discussioni. Al momento avrebbe dovuto mostrare segnali di qualunque fosse la sua versione di 'festoso'. Anche se tutto quello che includeva era fare smorfie meno spesso.

"A cosa stai pensando?"

Dannazione. Rimpiangeva quelle domande cretine non appena le uscivano dalle labbra, sapendo quanto lui odiasse un esame così vago e inutile. Per quanto lui avesse cercato di aprirsi di più in quell'ultimo anno, lei aveva tentato il contrario. Quella notte stavano entrambi fallendo miseramente. Era contro la loro natura.

L'acqua e la pietra semplicemente non potevano scambiarsi le caratteristiche.

Come previsto, il Comandante non rispose affatto per lunghi secondi sempre più imbarazzanti; a quanto pareva doveva pensare a cosa stava pensando, un'attività che solo Squall poteva fare.

"Onestamente," iniziò a dire infine, con un profondo respiro come se stesse parlando di un qualche segreto straordinario. "...Pudding."

A quella rivelazione, Rinoa non poté evitare di girare la testa e fissarlo duramente. "Stavo cercando di essere seria."

"Sono serio. Non sono un gran cuoco, con o senza il fattore 'selvaggio'. Il pensiero di un'altra settimana con pasti simili a quello di stasera è deprimente. Quindi sto pensando al pudding. Quello al cioccolato fondente che servono alla Mensa di martedì. È così strano?"

Voltò la testa per incontrare il suo sguardo, a quel punto, con gli occhi azzurro pallido stranamente luminosi mentre riflettevano il cielo notturno. Lei non vide un grammo di scherzo o allegria, solo la solita confusione che compariva non appena si avventuravano in argomenti che non fossero diagrammi e legislatura. Le aveva detto a cosa stava pensando, una domanda che secondo lui non aveva regole, e lei sembrava comunque scontenta della risposta. Avrebbe mai capito come soddisfarla?

"Mmh." Come se stesse valutando se i suoi motivi erano accettabili, lei strinse le labbra ed esaminò il suo viso. Anche se era successo per coincidenza, di fatto non gli era stata più così vicina da quella notte molti mesi prima. Era ancora in ogni cellula il giovane soldato sano di prima, ma gli indizi dello stress avevano lasciato il loro marchio, sottolineati orribilmente dalla luce fioca della lanterna. C'erano cerchi scuri sotto i suoi occhi, aveva le ossa del viso più sporgenti, le labbra erano pallide e screpolate, eppure, a pochi centimetri di stanza, la tentavano come sempre.

"Immagino che tu sia umano, dopo tutto," sussurrò, con un lento sorriso birichino. Le sue dita, come se avessero una propria volontà, si trovarono a iniziare ad avvicinarsi a lui. E non era la sua inclinazione per quel raro snack zuccheroso che sperava di violare quella sera.

Tutto quello che lui doveva fare... era lasciare che succedesse.

"Sai che lo sono," rispose lui bruscamente senza alcun umorismo. Anzi, sembrava turbato dalla frase. Come se ammettesse un handicap. "Tra tutti, sei quella che lo sa meglio."

Qualcosa nel suo tono la rese immediatamente pensosa. Abbastanza da far cadere la sua mano impaziente, come un pesce morto, tra i loro corpi. Tornando a guardare il cielo, fece un profondo respiro tremante.

Se rovinare l'atmosfera fosse stato uno sport, Squall ne sarebbe stato un campione da record. Avrebbe persino avuto punti extra per aver evocato il completo e totale abbandono della causa.

Non c'era da meravigliarsi che eccellesse nella politica.

"Sono stanca," confessò alle stelle. Avrebbero saputo cosa intendeva dire.

"Dovresti andare a letto, allora."

Rinoa respirò bruscamente e chiuse gli occhi. "Tra un minuto."

Con tutto il potere che aveva, cercò di dimenticare che qualcuno di nome Squall Leonhart esistesse, figurarsi che le incasinasse anche le emozioni. Era un posto carino, che la confondeva molto meno. Anche se non abbastanza lontano dalla realtà da potersi rilassare completamente.

Non sapeva quanto a lungo fossero rimasti lì, ma ricordava il suono delle onde che si infrangevano sulla spiaggia quando si alzò la marea, i grilli che iniziavano la loro sinfonia di mezzanotte e il brusio della lanterna che si spegneva quando finì l'olio.

Sognò, quella notte.

*~*~*~*~*

Sognò che ballavano. Il calore della mano di Squall che copriva la sua, così stranamente vita a vita, mentre volteggiavano sul pavimento.

Sognò che ridevano come in passato. In quei meravigliosi pochi giorni prima che la vera situazione del governo mondiale fosse rivelata, e tutto, non richiesto, gli era stato cacciato a forza sulle spalle ancora in via di guarigione.

Sognò che lui la stringeva, e quanto calda, al sicuro e dannatamente felice si fosse sentita in quel momento mentre si addormentava tra le sue braccia.

Questo non era giusto.

Questo non era giusto!

Questo non-

*~*~*~*~*

Rinoa spalancò gli occhi quando un gabbiano emise un grido tenue. A giudicare dal volume, poté solo dedurre che fosse appollaiato sulla sua spalla sinistra, o che si fosse fatto un nido nei suoi capelli ingarbugliati. Nessuna della due cose era un'opzione rassicurante.

"GAH!" Istantaneamente, balzò su a sedere agitando furiosamente le mani per scacciare l'animale, solo per scoprire di essere protetta dalla tenda, e che l'uccello altro non era che una forma solitaria in lontananza. Prendendosi un momento per scacciare il sonno e riprendere fiato, Rinoa esaminò infine ciò che la circondava, con l'ultimo ricordo di essere stesa nell'erba che contraddiceva in modo imbarazzante la situazione attuale. Soprattutto visto che i suoi stivali, i calzini, la giacca e persino il nastro per capelli erano stati tolti ed erano piegati ordinatamente in fondo al suo sacco a pelo. E lei non aveva mai piegato ordinatamente qualcosa. Era praticamente contro la sua religione.

"Squall?" chiamò concisa, mentre armeggiava con la porta in tessuto della tenda, senza sapere se era più arrabbiata che lui l'avesse portata lì senza permesso o che l'avesse fatto solo dopo che lei si era addormentata. "Squall! Che dia-"

Le parole le mancarono quando vide il loro accampamento. Almeno, quello che una volta era il loro accampamento.

Anche se i primi raggi di sole avevano a malapena iniziato a salire all'orizzonte, tutti i segni della loro presenza erano misteriosamente svaniti, tranne la tenda di Rinoa. L'altra tenda, lo spazio per mangiare, l'equipaggiamento per gli scavi... tutto scomparso. Persino la buca per il fuoco era stata così perfettamente riempita e sistemata, con le rocce del perimetro sparse, che non avrebbe potuto indicare dove fosse in origine nemmeno se qualcuno le avesse puntato un Exeter alla tempia.

Fu la delusione, non il panico come si sarebbe aspettata, a invadere all'inizio i pensieri di Rinoa. Dopo tutto, sin da quando lui le aveva chiesto se voleva unirsi a lui in un lontano progetto di scavi da soli, era risaputo che lui avrebbe alla fine capito le implicazioni e se la sarebbe in qualche modo svignata in silenzio. Idealmente, sarebbe dovuto succedere prima di lasciare davvero il Garden, ma non poteva comunque biasimarlo se aveva una mente lenta su questa faccenda, tra le migliaia che lottavano per dominare la sua testa. Era, come aveva detto la sera prima, soltanto umano.

E quindi Rinoa fece l'unica cosa che poteva fare. Si sedette sui talloni e attese, sapendo che lui alla fine si sarebbe accorto che lasciarla bloccata in una landa desolata non era il più comprensivo modo di lasciarsi, e come minimo avrebbe mandato qualcuno a prenderla. Aveva il telefono satellitare con sé. Qualunque SeeD con la patente necessaria a guidare la Lagunarock avrebbe potuto essere lì in tre ore. Selphie, con le sue 'speciali' capacità di guida, poteva farlo in un'ora sola.

Aveva appena finito di scrivere il proprio nome nella sabbia senza usare le mani, un esercizio magico che praticava spesso quando era annoiata, quando qualcosa la colpì. Non fisicamente, ma nello stagno sfocato dell'occhio della sua mente. Era come se un masso fosse stato gettato nell'acqua, increspando tutta la sua coscienza così che non potesse concentrarsi su nient'altro. Il suo nuovo potere agiva come una specie di radar emotivo che, quando spinto a limiti che non osava mettere alla prova, le permetteva di tradurre segnali simili in frasi reali e udibili.

Con un respiro veloce, innalzò le sue difese prima di poter convertire una sola parola. Sin da quando aveva scoperto quel potere, era diventata sua immediata abitudine bloccarlo. Soprattutto dopo aver accidentalmente captato una volta di troppo un'opinione casuale di Irvine. D'altra parte, da quando lo aveva detto agli amministratori SeeD, erano stati tutti addestrati a capire se e quando i loro pensieri venivano invasi. Per Rinoa, non c'era alcun desiderio né alcun senso di impicciarsi dei segreti di qualcuno. Ma comunque, a volte, se era disattenta e qualcuno vicino a lei mandava segnali abbastanza forti, non poteva evitarlo.

In questo caso, anche se la sua mente era riuscita a censurare le parole, la eccitava notare - riconoscere- il potere emotivo del colpo. Era un cocktail familiare di frustrazione, ansia, rabbia, e giusto un pizzico di disgusto di sé. Semplice ma potente. Abbastanza da farle fare una smorfia, come faceva sempre quelle poche volte che lui dimenticava di proteggersi.

Era ancora vicino. Grazie a Dio.

Dopo essere saltata in piedi ed esserci avvicinata di qualche passo all'acqua, Rinoa riuscì a vedere una figura indistinta verso la curva a est della spiaggia, che era stata invece invisibile al tramonto. Là c'era quello che poteva essere solo Squall, insieme a tutto il loro equipaggiamento. Sorrise scuotendo la testa, rimproverandosi per aver dubitato. Dopo tutto, abbandonarla avrebbe voluto dire che si era arreso ai sentimenti; una reazione che era tanto probabile quanto il fatto che lui alzasse bandiera bianca a un Lesmathor.

In dieci minuti, Rinoa si era cambiata, aveva ficcato nello zaino tenda e sacco a pelo ed era diretta alla spiaggia, proprio mentre il sole rivelava tutto quell'ambiente sereno. Nonostante il calore estivo che l'aveva portata a indossare solo pantaloncini di jeans e un semplice top bianco, osservò che Squall era coperto di pelle e cinture, inclusa la sua ormai famosa giacca con il colletto di pelo.

La maggior parte delle persone lo avrebbe classificato come pazzo o eccessivamente pudico perché si copriva costantemente, sempre a scegliere la cautela rispetto alla comodità. Ma Rinoa era ben abituata a ogni sua idiosincrasia. Sapeva delle cicatrici che gli coprivano la maggior parte del corpo, sbiadite ma ancora visibili, della loro battaglia con Artemisia, che lui preferiva non far vedere. Sapeva che ogni giorno, da quando erano tornati, sentiva un gelo inaccessibile che gli rendeva difficile concentrarsi senza essere vicino a una fonte di calore. Sapeva che la pelle lo faceva sentire al sicuro, intoccabile, come se ogni abuso verbale e fisico che gli venisse gettato addosso rimbalzasse semplicemente senza ferirlo. Sapeva che poteva davvero cadere a pezzi senza un frammento di armatura, che fosse la sua spada o l'uniforme SeeD o il ciondolo di Griever, che lo teneva metaforicamente insieme.

Si diceva che la sua esperienza nella Compressione Temporale lo avesse reso, letteralmente, uno con il sangue freddo. Forse era vero. La cosa la rese solo più determinata a forzare, alla fine, un po' di calore nelle sue vene.

"Buongiorno!" gridò quando lui poté sentirla, agitando con vigore una mano sopra la testa. Squall, nel mezzo del gesto di chinarsi per prendere qualcosa dalla spiaggia, si voltò per salutarla.

Doverosamente, lei rallentò mentre lui la guardava dalla testa ai piedi. Dalla maggior parte degli uomini, avrebbe considerato uno sguardo del genere come lascivo, ma Squall molto probabilmente si stava solo assicurando che lei non indossasse nulla che le rendesse più semplice affogare.

"'Giorno," rispose lui mentre continuava a raccogliere qualcosa dalla sabbia e si tirava su. La guardò dalla testa ai piedi ancora una volta mentre lei faceva gli ultimi passi, e socchiuse gli occhi, critico. "Avrai freddo."

"No invece." Con un grugnito, Rinoa gettò lo zaino sulla pila di roba che aspettava di essere raccolta, e poi si pulì le mani dalla terra. "Ci sono tipo venti gradi, e si sta scaldando. Sarai tu a bollire."

"Strati," spiegò lui indicando la maglietta bianca con lo scollo a V visibile dal colletto. Anche se entrambi sapevano che la probabilità che si togliesse un indumento era pari a zero. "Chiave per viaggiare nelle zone selvagge. Giuro di avertelo detto un milione di volte."

"Infatti. Probabilmente."

"Allora prendi una giacca, non si sa mai. Che ne dici di quella impermeabile che ti ho comprato?"

Rinoa fece una smorfia, rubando uno sguardo al suo zaino mentre ricordava il caos costretto al suo interno. "Preferirei correre semplicemente il rischio."

"Andremo in barca. Ti bagnerai."

"Forse mi piace bagnarmi?"

A quel punto, con un ultimo sguardo furioso, Squall cedette e le voltò le spalle. Rinoa fece un sorrisetto.

Troppo facile.

Rimasero in silenzio alcuni minuti mentre il sole sorgeva completamente all'orizzonte, bagnando entrambi di un'ondata di calore dorato, che fece sudare immediatamente Rinoa. Senza che nessuno si sorprendesse, Squall rimase imperturbabile.

"La barca è in ritardo," borbottò ruotando qualcosa tra le dita. "Ricordami di non lasciare la mancia."

"Non importa, no? Non è che abbiamo appuntamenti nel posto desolato dove andremo."

"Vero. È solo..." Fece un movimento improvviso, veloce e feroce. Come qualunque altro dei suoi attacchi perfettamente calcolati. Lei fu a malapena in grado di capire il lancio prima che fosse completato, e l'oggetto, una pietra, volò sulla spiaggia. In un arco perfetto e fluido colpì l'acqua e rimbalzò immediatamente. Rimbalzò ancora e più veloce di quanto lei avesse mai visto, in una successione di almeno sei bellissimi salti prima di essere inghiottita dal mare.

"Irritante," terminò la frase lui, con gli occhi bassi già alla ricerca di una nuova pietra. "La puntualità è un requisito base di queste attività. Me lo aspetto, come minimo."

Rinoa voleva rispondere, ma si trovò con la bocca fissa spalancata, e incapace di fare altro che aprirla e chiuderla come un pesce.

Era impossibile.

Due giorni. Due giorni interi che aveva provato a trovare qualsiasi tipo di roccia su quella spiaggia che rimbalzasse sull'acqua, e aveva fallito. Doveva essere un colpo di fortuna. La fortuna del principiante. Nessuno era così-

Come per sfidare i suoi pensieri, Squall si chinò e prese un'altra vittima apparentemente casuale dalla spiaggia. Senza pensarci due volte, la gettò verso l'oceano. Di nuovo, funzionò. Ancora meglio questa volta, con la pratica. Dieci salti completi. Rinoa incrociò le braccia sul petto con rabbia a malapena celata.

Era ridicolo.

"Lo stai facendo male," non poté evitare di criticare fingendo noncuranza mentre lui si chinava a prendere un'altra pietra. "Stai troppo abbassato, fai tiri troppo deboli e, sinceramente, i tuoi vestiti sono troppo stretti per una lancio abbastanza fluido."

Squall incontrò i suoi occhi, lanciandole uno di quei sorrisetti sicuri di sé che le faceva stringere i denti e fluttuare il cuore. "Non sapevo che mi stessi dando dei voti, signorina Heartilly."

"Non è così.. Ti conosco e basta. E so che se vuoi fare qualcosa, vuoi farla bene. Giusto?"

Squall annuì. "La maggior parte delle volte, sì. Ma di solito non applico questi principi a cose praticate soprattutto da bambini. Nessuno si allena per creare la pallina bagnata di sputo più impressionante."

"Palline bagnate di sputo. Granate. Considerale sorelle. Sei stato tu a insegnarmi che non vale la pena fare niente se non la fai bene. Ora allarga di più le gambe."

Il Comandante sollevò un sopracciglio, incredulo, ma non vedendo alcun umorismo negli occhi di lei, fece come gli era stato ordinato. Continuò a stringere forte il sasso che aveva scelto.

"Ora." Rinoa osò avvicinarsi di un passo, stranamente tutta professionale mentre gli prendeva la mano e lo costringeva a portarsela al petto. "Questa è l'altezza che vuoi avere. All'incirca a un angolo di trentacinque gradi da terra. Questo per via dell'aria. Se non ce ne fosse, se lanciassi su un lago tranquillo, dovrebbe essere quarantacinque gradi. Comunque, dovrebbe colpire l'acqua a circa dieci-venti gradi. Capito?"

Di nuovo lui annuì, stavolta con un respiro esagerato. "Capito."

"Bene. Dovresti anche essere perpendicolare al lago." Senza pensare, si allungò per toccargli i fianchi e metterlo in posizione, ma Squall intuì ed evitò la mossa.

"So cosa vuol dire perpendicolare," borbottò come fosse scocciato, ma un inevitabile rossore gli sfiorò le guance mentre si metteva in posizione. Rinoa sorrise di fronte all'evidenza che, di fatto, non poteva avere il sangue freddo.

"Bene. Bene. Ora ovviamente devi scegliere una pietra adatta. Una che sia liscia e piatta, senza imperfezioni."

Guardò quella che teneva in mano e si imbronciò subito. "Quella decisamente non va bene."

Squall aprì il palmo e guardò la sua arma prescelta, confuso. Era piatta. Era liscia. Non era perfetta ovviamente, con strani segni e graffi, ma decisamente abbastanza buona. "Questa andrà bene," insistette, sistemando le dita in quella che gli sembrava la posizione più naturale per un lancio. Ma Rinoa era stranamente severa su questo elemento.

"Non va abbastanza bene," insistette, esaminando la spiaggia alla ricerca di un'alternativa adatta. "Le imperfezioni prenderanno le onde e la faranno affondare. Non ha senso."

"Non ha senso comunque," ribatté lui. "Stiamo lanciando pietre, non facendo un intervento chirurgico."

"Non vuoi farlo bene?"

"Considerando che si fa per perdere tempo, lo stiamo facendo bene. Mostrami e basta come lanciare, se sei così brava."

"Leonhart..." grugnì lei.

"Heartilly..." ribatté lui.

Si fissarono l'un l'altra per un minuto buono, sfidando l'altro a cedere. Non vedendo altra scelta se voleva partire prima del prossimo secolo, Rinoa scelse infine di cedere, aspettandosi un completo fallimento. Fece un passo accanto a lui, più vicina di quanto avesse mai osato prima, e lo circondò per coprire la sua pietra imperfetta con le mani.

Questa volta lui non la respinse. Rimase lì e basta, solido come una statua, e la lasciò lavorare.

"Il pollice e l'indice," iniziò lei, prendendogli le dita nelle mani. "Dovrebbero stare sul bordo stretto, prendendolo da tutti e due i lati. Lo senti? È sicuro?"

Dopo un profondo respiro, lui annuì. "Sì."

"Bene. Ora... per prima cosa, devi essere più vicino all'acqua." Insieme, barcollarono per qualche altro passo lungo la spiaggia, fino ad avere la marea quasi sulle punte dei piedi. "Come ho detto, gambe larghe e perpendicolari. Venticinque gradi sopra l'acqua. Tira forte e tira veloce. Il giro è più importante della velocità. Ora... vai e basta!"

Con un tempismo degno della sua reputazione, Squall fece come ordinò lei con esecuzione perfetta. La pietra atterrò all'angolo ideale di dieci gradi sull'acqua, e rimbalzò non una, non due, ma ventisei assolutamente strabilianti volte. APPENA sotto il suo record, dopo anni sia di pratica che di competizioni con tutti i ragazzi di Deling City. Non poté fare altro che guardare con occhi spalancati e confusi mentre lui faceva un rilassato passo indietro sulla spiaggia e si metteva le mani in tasca, con lo sguardo fisso sulle onde.

"Mmh," fece lui dopo un silenzio stranamente lungo. "Chi l'avrebbe detto... avevi ragione."

Un'istantanea irritazione per il suo apparente shock fu sufficiente a riscuoterla. "E perché sembri così sorpreso?"

"Per via della faccenda del sasso." Poi si chinò per prendere un'altra pietra a caso dalla spiaggia, sollevandola tra le dita perché potessero esaminarla entrambi. Come la sua scelta di prima, questa era liscia e piatta, ma segnata da graffi e imperfezioni che la rovinavano. "Hai detto che ti serve una pietra perfetta, o non ha senso. Anche se non lo faccio da molto, non sono d'accordo."

Di nuovo, Rinoa incrociò le braccia sul petto a mo' di sfida. "Non lo fai da quando lo faccio io. Preferisco non basare il risultato sulla fortuna."

"Non è affatto fortuna," spiegò lui, gettando la pietra in aria e riprendendola. "I segni sono ciò che la rende perfetta, noto. È molto più semplice da stringere e farle fare un buon giro, a differenza di una pietra perfettamente liscia. Ecco." Gliela lanciò e lei non ebbe altra scelta che afferrarla in maniera un po' imbranata. Con un sorrisetto, lui annuì verso l'oceano. "Provaci. Buttala."

Anche se la sua reazione iniziale fu di gettarla a terra, alzare gli occhi al cielo e dargli del pazzo, Rinoa inghiottì tutti quegli istinti offensivi e osò crederci. Senza altro incoraggiamento, si mise in posizione e si preparò. Una dolce rotazione, un caratteristico stringere delle dita sul bordo ruvido della pietra, un giro, un rilascio ed eccola partita! La guardò con il respiro sospiro mentre roteava verso l'acqua.

Alla fine, rimbalzò una volta. E poi due. Il sorriso di Rinoa divenne quasi doloroso quando continuò per tre, otto, quindici, venti, ventisei, trentaTRÉ volte! Oltre il suo record! Non poteva crederci! Infatti, non ci credette.

"Squall!" strillò a volume quasi inumano, stringendogli entrambi i lati della giacca mentre lo attirava più vicino. "Dimmelo adesso. Quante volte ha rimbalzato?"

"Trentasei," confermò lui con occhi pieni di confusione, senza sapere perché importasse.

"Trentasei!" urlò Rinoa, e continuò con una risatina innaturalmente stridula che cercò velocemente di soffocare con la mano. "Scusa. Solo che - non posso crederci! Trentasei! Per tutta la vita..." Con una sforzo tremendo, inghiottì lo sproloquio su come infrangere quel record fosse stato il suo unico obiettivo dell'infanzia sin da quando era morta sua madre. Non voleva che sapesse quante ore aveva passato su così tante rive semplicemente a cercare di rompere il mistero della sua mancanza di miglioramento. Francamente, era un comportamento compulsivo e leggermente folle che nessuno avrebbe dovuto divulgare liberamente. Soprattutto con qualcuno che si sperava che, alla fine, l'avrebbe accettata come compagna.

Poi, con grande sforzo, gli lasciò andare la giacca e lisciò le pieghe che aveva fatto stringendo. Fingendo che lui non avesse confermato nulla di più eccitante del suo numero di scarpe.

"Avevi ragione," concesse, sempre evitando i suoi occhi mentre gli toglieva sabbia invisibile dalle maniche. "Una danneggiata ha finito per essere perfetta. Più che perfetta. E pensare a tutto il tempo che ho perso a cercare-"

Senza avvertimenti, lui alzò la mano per stringerle la sua, proprio mentre lei iniziava a pulirgli la spalla. Rinoa alzò gli occhi spalancati su quelli di lui, insieme spaventati e inesplicabilmente pieni di energia. Un'altra ondata di emozione le permeò la mente, più forte che mai a quella distanza ravvicinata. E anche se, come d'abitudine, bloccò una traduzione, le emozioni presenti erano in qualche modo un miscuglio più disordinato del solito. La frustrazione e l'ansia che si aspettava c'erano, ma sembravano nascere da qualcos'altro, stavolta. Era qualcosa di nascosto da molto, seppellito nel profondo dentro di lui, che stava cercando con gli artigli di uscire. Qualcosa di feroce e primordiale che lui lottava per contenere, ma stava proprio cominciando ad arrendersi.

La pura forza di questa cosa che spingeva contro qualsiasi barriera la spaventava un poco. Ma solo un poco. Ancora di più, desiderava di vederla libera. Solo per vedere cosa sarebbe successo. A prescindere da cosa le sarebbe costato.

Con un respiro profondo, guardò mentre lui si sporgeva un pochino verso di lei.

Invece no. Non l'avrebbe fatto. Era il caldo, decise, che le incasinava la testa. Poteva sentire che iniziava a consumarla, il sole sulla sua pelle creava subito gocce di sudore ovunque la toccasse. La mano di Squall sulla sua si spostò per intrecciare le loro dita. Era freddo come il ghiaccio, anche attraverso la pelle dei guanti. Così godibile. Cosa non avrebbe dato per avere quella freddezza che le avvolgeva le spalle, i polpacci... tutto.

"Rinoa," sussurrò, con un tono basso e gutturale nella voce che non sentiva da quasi un anno.

Un unico rumore fortissimo interruppe il momento.

Se in effetti c'era un momento da interrompere. Con disinvoltura, come se lo facesse ogni giorno, Squall portò lentamente in basso le loro mani, prima di lasciarla andare. Senza nulla più che una smorfia di scusa sulle labbra, si mosse poi verso la pila del loro equipaggiamento, lasciando Rinoa senza parole a fissare l'oceano.

Dopo aver sbattuto le palpebre alcune volte per schiarirsi i pensieri, notò il piccolo yacht che usciva dalla nebbia dell'alba e si dirigeva verso di loro. Un altro colpo di sirena, e confermò di essere il malvagio interruttore. Tardi, ma non tardi abbastanza.

Dannazione.

"Rinoa," la chiamò Squall, con qualsiasi traccia di vicinanza svanita. Con un sospiro si voltò a guardarlo, aspettandosi del tutto un ordine abbaiato di sistemare lo zaino come si doveva o, forse, buttarsi nella schiuma per fare cenno alla barca di fermarsi. Non pensava che non fosse da lui, nessuna delle due cose.

Invece, con suo shock e gioia, lui le allungò la sua proprietà più preziosa; la custodia del suo gunblade. Il peso la fece barcollare un poco, ma quando recuperò l'equilibrio lo fissò ad occhi spalancati e increduli.

Di nuovo, come faceva solo per lei quando lei faceva qualcosa di divertente o sciocco, Squall sorrise.

Hyne le perdonasse l'idiozia, ma avrebbe perdonato qualsiasi cosa anche solo per la possibilità di vedere quel sorriso.

"Occhio per occhio," disse lui prima di picchiettare affettuosamente sulla custodia. "Mi hai insegnato come far rimbalzare pietre. Forse, se ti va, potrei insegnarti qualche manovra difensiva una volta che arriviamo da Edea. Ci stai?"

Rinoa sbatté le palpebre. Per Squall, fare cose con il suo gunblade era ancora più solenne che farsi toccare in qualsiasi altro punto. Era abbastanza per far paura al cuore di qualunque creatura a sangue caldo. Per non parlare del fatto che Quistis e Cid erano stati abbastanza severi sul fatto che, come civile senza addestramento appropriato, lei facesse sforzi genuini per evitare di incasinare qualsiasi arma disponibile al Garden.

Nonostante questo, non poteva evitare di essere curiosa. Ed era Squall, il Comandante, a chiederglielo. Non un qualche studente casuale e cattivo. E forse, solo forse, questo "addestramento" era una scusa. Visto come era quasi finita con il lanciare pietre, forse... solo forse...

"Sì o no, Rinoa," la interruppe con impazienza, visto che lo yacht era a meno di un minuto di distanza. "Non è una domanda così difficile."

"Sì!" esclamò lei entusiasta, stringendosi la custodia al petto come fosse un prezioso animale di pezza. "Certo che sì! Gr-grazie."

"Non ringraziarmi ancora," rispose lui con un sorrisetto. "Speriamo che non ti spari."

E detto questo, corse lungo la spiaggia, indicando la pila di roba che aspettava di essere raccolta. Con la facilità di un uomo che passava più ore a muoversi che a star seduto, Squall sollevò due dei bagagli più grandi sulle spalle, e andò a incontrare la piccola imbarcazione sulla spiaggia.

Da sola con i suoi pensieri per un minuto di cui aveva davvero bisogno, Rinoa posò la testa contro il simbolo di Griever che adornava la custodia e sospirò un sospiro di genuina contentezza.

Una sola settimana di vacanza insieme rimasta, stavolta senza la distrazione di un progetto di scavi, e la promessa di una simulazione di battaglia da batticuore il giorno dopo.

Rinoa sorrise.

Non vedeva l'ora.

*****
Nota della traduttrice: questa storia, come c'è scritto anche nel capitolo 1, è da considerare un prequel a un'altra storia della stessa autrice, Possession. La storia è tuttora incompleta in inglese, ma quando verrà terminata sarà anche tradotta (abbiamo già il permesso). Alcuni comportamenti di Squall e Rinoa in questa storia sono più comprensibili alla luce di ciò che succede in Possession (ad esempio perché sono così "distanti"). Tra l'altro, l'inizio di Possession è praticamente ambientato subito dopo questa storia - ovvero quando sono da Edea.
Grazie a Little_Rinoa per il betareading e come sempre, i commenti saranno tradotti e inviati all'autrice. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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