I've got you under my skin

di _zia cla_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***



 
Capitolo I
 
 
 
 
 
 




14 Gennaio 1947                                                                      Westerville, Tenuta Smythe
 
Carissimo,
è stato un piacere ricevere la tua lettera.
Devo dire che il tuo desiderio di conoscere la mia storia mi stupisce e in un certo senso mi onora. Hai ragione, la mia vita è stata…interessante.
Ho sempre amato immaginarla come un musical! Sicuramente c’è stata molta musica…
E come tutti i migliori musical, questa storia parla d’amore.
Hai mai conosciuto l’amore, quello vero?
Io l’ho fatto. E non parlo dell’amore da romanzo rosa, dove tutto finisce bene, dove tutto è fin troppo facile.
No, nulla è mai stato semplice per noi.
 
 …
 
 
*
 
 
 
Gamba sull’altra. Giro. Su. No! Allora, gamba sull’altra, giro, altro giro… Oh, avanti! Eppure l’aveva fatto un milione di volte il nodo alla cravatta!
Sebastian era davanti allo specchio da più di venti minuti, cercando di fare, se non uno perfetto, almeno un decente nodo alla sua cravatta.
Le sue mani però quella mattina non collaboravano; aveva le dita sudaticce e continuavano a tremare.
‘’Nervoso?!’’
Una voce alle sue spalle attirò la sua attenzione. Quando si fu voltato, fu investito da due braccia che gli avvolsero i fianchi.
Abbassò lo sguardo verso il suo interlocutore.
‘’Sai che non c’è niente che possa rendermi nervoso. Perché dovrei, poi?’’ aveva cercato di sembrare il più rilassato possibile ma probabilmente dimenticava con chi stava parlando.
‘’Oh, avanti Bas! Non c’è bisogno di fingere con me. Comunque se proprio vuoi sapere il perché del tuo nervosismo, ti accontento. Perché dall’incontro di oggi dipende tutta la tua carriera futura.’’
‘’Grazie per il chiarimento.’’ ghignò sarcastico.
Era così. Quel pomeriggio Sebastian avrebbe incontrato i produttori del teatro per sottoporgli il suo ultimo progetto. L’ultimo suo musical era stato un fiasco di critica e di pubblico. La sua intera carriera di compositore era in bilico, tutto dipendeva da quella riunione.
Negli ultimi quattro anni, Sebastian Smythe era diventato il più grande, giovane autore musicale di Broadway; i suoi musical erano stati tutti (beh, quasi tutti) dei grandissimi successi. I teatri avevano fatto più volte il tutto esaurito.
Ed era in nome dei quattrini che gli aveva fatto guadagnare in passato che il suo produttore gli  concedeva questa ultima possibilità. Doveva presentare e mettere in scena un’opera epica, altrimenti sarebbe stato fuori dai giochi.
‘’Quella cravatta non va bene,’’ disse la solita voce. –‘’dovresti indossare quella blu e rossa.’’
‘’Quella a righe? Perché?’’ chiese Sebastian, molto poco convinto.
Dopottutto una cravatta valeva l’altra!
‘’Perchè questa,’’ - nel frattempo gli aveva cacciato la fascia di tessuto dal comò -‘’ ti da un’aria più sicura. Dice: Sono padrone di me stesso e anche vostro.’’ Affermò guardandolo con una smorfia teatrale.
Sebastian prese la stoffa tra le mani, scrutandola e sorridendo come se fosse una vecchia amica.
‘’Sbaglio o e la cravatta che avevo quando ci siamo sposati?!’’
Tutto quello che ricevette fu un sorriso compiaciuto e uno sguardo lucente.
Sorrise anche lui e le prese una mano tra le sue, baciandogliela: ‘’Sei la donna della mia vita, Evelyne. Cosa farei se non ci fossi?’’
‘’Probabilmente assumeresti una governante.’’ Lo canzonò lei. -‘’Vieni, te la allaccio io.’’ Gli prese la cravatta dalle mani e gliela avvolse intorno al collo, strattonandolo verso il suo corpo in modo scherzoso. In meno di due minuti fece un perfetto nodo Windsor.
‘’Una governante non ne sarebbe stata capace.’’ osservò Sebastian. Poi si infilò la giacca, raccolse il cappello e si diede un ultimo sguardo allo specchio.
‘’Perfetto.’’ affermò alle sue spalle Evelyne.
‘’Tesoro, lo so già, ma ammetto che è sempre piacevole sentirselo dire.’’ Disse, con la sua tipica espressione da schiaffi.
Evelyne rise e scosse la testa. Si alzò dal letto e andò a lasciargli un bacio sulla guancia.
‘’In bocca al lupo, caro. Stendili!’’ e gli diede una piccola pacca sul sedere.
Sebastian le fece l’occhiolino e si mosse verso la porta. Prima di uscire però, si fermò sulla soglia.
‘’Ah! Farò tardi stasera, non aspettarmi alzata. ’’
‘’L’ho mai fatto?!’’ chiese lei, inarcando un sopracciglio.
Sebastian le sorrise complice e poi sgusciò via dalla stanza, lasciandola sola, seduta sul letto.
 
 
 
 
*
 
 
 
Quella giornata non si decideva a finire. Aveva cercato di tenere la mente occupata tutto il tempo. Dopo che Sebastian era uscito di casa, Evelyne si era preparata ed era scesa in cucina a dare disposizioni alla cuoca per la cena. Poi era uscita anche lei, si era recata prima a fare qualche commissione e poi a casa della signora Hurt. Quinn Fabrey Hurt.
Avevano pranzato insieme, poi erano andate in giro per negozi, ad una mostra di un giovane scultore del quale non ricordava il nome e alla presentazione di un libro, che per quanto riguardava Evelyne, poteva anche non avere un titolo.
Quinn aveva cercato di distrarla in tutti i modi, ma c’era riuscita solo in parte.
Il nervosismo di Evelyne era palpabile. Perché, per quanto fosse risultata calma e fiduciosa la mattina con suo marito, era in realtà terrorizzata.
Aveva pensato tutto il giorno a quella maledetta riunione,  aveva avuto anche la tentazione di chiamarlo, ma così facendo la sua maschera di sicurezza sarebbe crollata.
Doveva essere la sua ancora, il suo porto tranquillo. Doveva farlo per lui.
Anche quando era rientrata a casa, a tavola non aveva quasi toccato cibo ed era salita in camera sua. Avrebbe aspettato sveglia anche tutta la notte, se fosse stato necessario. Non le importava cosa le aveva detto, tanto non avrebbe dormito comunque.
Era seduta sul letto a leggere da un paio d’ore, quando udì qualcuno bussare alla porta. Il viso che ne fece capolino era l’ultimo che si aspettasse di vedere. Non alle dieci di sera.
‘’Sebastian! Cosa ci fai a casa così presto?’’ chiese Evelyne stupita, non era da lui rientrare così presto la notte.
‘’Sembra quasi che tu me ne stia facendo una colpa…’’ disse sarcastico suo marito. –‘’Posso entrare?’’
Evelyne fece un cenno di assenso col capo. Sebastian andò a sedersi ai piedi del letto di sua moglie, aveva uno sguardo serio.
Oh mon Dieu! Sicuramente era andato storto qualcosa. Ma non gli sembrava ne sconvolto ne ubriaco. Di solito, quando qualcosa non andava, beveva per tutta la notte e poi tornato a casa se la prendeva con i vari oggetti sparsi in giro. Poteva trattarsi di una vaso cinese di inestimabile valore che finivano contro un muro o una delle lampade del salotto che rovinava al pavimento.
‘’A-allora, come è andata?’’ Evelyne sperò con tutto il cuore che Sebastian non si fosse accorto di quel leggero tremolio nella sua voce.
Sebastian continuò a guardarla serio poi strisciò sul letto, avvicinandosi un po’ di più a lei, le prese il mento tra le dita e le sorrise. 
‘’Grazie.’’
Evelyne lo guardò confusa, all’inizio non capì; abbassò lo sguardo e vide che, nell’altra mano, suo marito le stava tendendo la sua cravatta, quella della mattina.
‘’Ce l’hai fatta…’’ sussurrò quasi a se stessa. ‘’Ce l’hai fatta!’’ urlò questa volta e si buttò tra le braccia di Sebastian, stringendolo in un abbraccio che lo avrebbe sicuramente soffocato.
‘’Gli è piaciuto il progetto, vero? Deve essergli piaciuto per forza… Non credo davvero sia stata opera della cravatta…’’ disse ridendo, quando si fu sciolta dall’abbraccio.
‘’Invece è stato proprio grazie a lei! Gli ho detto che se non avessero accettato la mia opera, li avrei strangolati uno a uno con questa!’’ disse agitando il pezzo di stoffa.
Scoppiarono a ridere insieme. Evelyne allora fece per alzarsi dal letto: ‘’Vado a prendere lo champagne, dobbiamo festeggiare!’’
Ma Sebastian la blocco e la fece risedere sul letto.
‘’Conosco un modo migliore per festeggiare…’’ la sua voce era bassa e suadente. Il suo sguardo trapelava voluttà. Evelyne sostenne quello sguardo, aspettando impaziente la prossima mossa del marito.
Sebastian allora azzerò lentamente la distanza che c’era tra loro le baciò il collo.
Lasciò una fila di piccoli baci invisibili, mordicchiandole qua e là la pelle, poi passò al mento, fino ad arrivare alle labbra; le leccò delicatamente.
Evelyne si scioglieva e ansimava sotto quelle attenzioni, al suo respiro caldo sulla pelle; quando percepì il suo sapore sulla bocca però, grugnì di un leggero disappunto.
‘’Mmh, whiskey?!’’
‘’Avevano finito il gin, tesoro…’’ disse sulle sue labbra, mentre faceva scorrere la mano lungo la sua coscia fino a posizionarla sull’inguine.
‘’Me lo farò andare bene!’’ disse lei in un gemito.
Sebastian ghignò e, continuando a baciarla e carezzarla, la spinse sulla superficie del letto facendo aderire perfettamente il suo corpo a quello di lei.
 
 
 
 *
 
 
Evelyne si svegliò aspirando profondamente il profumo di suo marito. Era sempre inebriante, di quei profumi che ti entrano nelle narici per poi scorrerti sotto la pelle.
Aprì gli occhi e cercò con lo sguardo il viso dell’uomo. Sebastian era al di sopra del suo capo, era seduto con la schiena poggiata alla testiera del letto, intento a scrivere qualcosa su un taccuino.
‘’Buongiorno…’’ disse lei, con la voce ancora impastata dal sonno.
‘’Buongiorno.’’ Le rispose distrattamente Sebastian, ancora concentrato su quello che stava scrivendo.
‘’Che ne dici?’’ porse il blocchetto ad Evelyne, in modo che potesse leggere.
Evelyne si sistemò seduta anche lei e lesse il componimento. Le scappò uno sbuffo di naso e una smorfia ironica, quando arrivò al ritornello:
Don’t love too much in love, it’s a sure way to be loved.
‘’Sempre così cinico verso l’amore?!’’
‘’Oh, adesso sei ipocrita. Probabilmente tu lo sei più di me; il nostro matrimonio ne è la prova.’’
‘’Touchè!’’ esclamò Evelyne, accompagnando il tutto con una leggera riverenza. –‘’Allora, oggi cominciate i provini?’’
‘’Si, per questo spettacolo Will ha deciso di ingaggiare una compagnia già formata.’’ disse Sebastian, alzandosi dal letto e indossando la vestaglia.
‘’Ma non è rischioso? Insomma, l’avete fatto anche l’ultima volta… e sappiamo tutti come è andata a finire.’’ non era del tutto persuasa dall’idea del produttore.
‘’Oh, ma questa volta io ho intenzione di ingaggiare la miglior compagnia teatrale sulla piazza! Inoltre mi sono fatto promettere che avrei scelto personalmente il protagonista.’’
‘’Le compagnie hanno già dei primi attori, Bas.’’ Gli fece notare Evelyne.
‘’Non il mio protagonista. Non sarà un attoruncolo troppo pieno di sè. Sarà una stella!’’
‘’Beh, buona fortuna allora! Chissà che non ti cada dal cielo!’’ gli sorrise con tutto l’affetto che aveva. 
 
 
 
*
 
 
La giornata era passata in fretta, l’esito positivo della riunione del pomeriggio prima aveva reso Evelyne più serena. Per non parlare del ‘festino’ di quella notte.
Aveva passato la mattinata a letto, beandosi dell’eco di quelle sensazioni provate poche ore prima. Era un suo rito, tutte le volte che lei e il marito passavano la notte insieme.
Verso le undici aveva deciso di alzarsi, si era vestita, era scesa a fare colazione ed era uscita.
Odiava passare le giornate chiusa in casa, così trovava sempre qualcosa da fare.
La maggior parte delle volte finiva a casa della sua amica Quinn Hurt, la moglie del pastore.
Pranzavano assieme e poi uscivano, oppure giocavano a bridge.
Gioco noioso il bridge, ma tra una chiacchiera e l’altra il tempo passava.
Era rientrata al loro appartamento verso le sei del pomeriggio. Quando entrò in casa la invase un silenzio irreale. Ne fu stupita, perché tra camerieri e domestici, quella casa era sempre popolata.
All’improvviso la sua attenzione fu attratta da due cappotti poggiati sulle poltrone del salotto.
‘’Sebastian?!’’ chiamò verso un punto non definito dell’enorme casa.
Non ricevette risposta. Decise allora di incamminarsi verso le scale che portavano al piano di sopra, dove c’erano le camere da letto. Salì i gradini come se dovessero crollare sotto i suoi piedi da un momento all’altro.
Percorse il corridoio fino alla camera del marito. Quando fu davanti alla porta, sapeva già cosa avrebbe trovato al di là di essa.
Strinse forte la mano intorno alla maniglia, inspirò e la spalancò con rabbia.
Fu subito accolta dal suono dei gemiti e dagli schiocchi della pelle nuda contro altra pelle nuda.
Sebastian era disteso a coprire un altro corpo e dava forti spinte all’interno di esso, aggrappandosi  alla testiera del letto.
Quando Evelyne aprì la porta, i due smisero quasi immediatamente di fare quello che stavano facendo. La guardarono negli occhi senza avere il coraggio di dire una parola.
Perché lo sguardo che lei stava rivolgendo ai due uomini avvinghiati sul letto era quello di una persona tradita. 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***



Capitolo II
 
 
 
 
 
Evelyne aveva sempre amato Modigliani. Dal giorno in cui aveva assistito alla prima esposizione dell’artista alla Gallerie Berthe Weill, qualche anno prima. Si era recata alla mostra di nascosto ai suoi genitori, aveva indossato degli abiti da uomo ed era uscita dalla porta sul retro. Nel 1917 era inconcepibile che una giovane ragazza di diciotto anni assistesse allo sfoggio di opere oscene, che avrebbero minato la sua purezza di fanciulla. Tenendo anche conto che fece giusto in tempo a scappare prima dell’arrivo della polizia.
 
Qualche anno dopo, Evelyne trovava oltremodo ironico che, Amedeo Modigliani era dovuto morire perché le sue opere cominciassero ad essere apprezzate. Ora lei era lì, non più la fanciulla di quel dicembre, era una donna. E, all’interno di uno dei più famosi musei di Parigi, ammirava uno di quei dipinti che avevano creato tanto scandalo. Un nudo, uno dei tanti del maestro: Le Grand Nu.
Evelyne era ferma davanti al dipinto già da un bel po’, intenta ad osservare ogni piccolo dettaglio della figura della modella nel quadro. Seguiva le linee sinuose del suo corpo, si riempiva gli occhi di quei colori caldi. I rossi, i bruni, il rosa e il blu erano uniti a creare un soffice giaciglio dove il morbido corpo della donna riposava, probabilmente dopo aver fatto l’amore.
Evelyne avrebbe potuto ammirare quell’opera all’infinito; desiderio, eccitazione e liberazione erano i sentimenti che si susseguivano all’interno di lei davanti a opere come quella.
Era come fare sesso, anche se lei ne sapeva ben poco. L’aveva fatto solo un paio di volte; la sua natura passionale l’aveva spinta tra le braccia di un uomo che conosceva appena. Sapeva che non l’avrebbe sposata dopo l’accaduto, ma a lei non importava. Teneva alla sua libertà anche se la società, nelle sue condizioni di nubile perenne, non l’avrebbe mai accettata.
Evelyne era diventata uno degli argomenti più discussi nei salotti parigini. Non perché avesse perso la sua purezza (suo padre era riuscito a non far trapelare la cosa) ma perché pensava come un uomo, forse meglio di un uomo. Aveva idee moderne, pericolose... sovversive.
Probabilmente sarebbe rimasta zitella a vita!
 
Evelyne era completamente presa dalle sue sensazioni e da se stessa che non si accorse quasi della figura che era apparsa dietro di lei.
‘’Avrei preferito mille volte ammirare il suo corpo, dipinto su quella tela.’’
Evelyne ebbe un piccolo sussulto al suono di quella voce improvvisa. Una voce calda, sensuale, magnetica. Fece un grande sforzo a nascondere il brivido che le aveva percorso la schiena. E fece un ulteriore sforzo per non voltarsi.
‘’Davvero pensa che ora io distolga lo sguardo da un Modigliani per voltarmi a vedere chi è lei?’’ disse, cercando di apparire elegantemente pacata, anche se il tono era di sfida.
L’uomo a quel punto sorrise, Evelyne poteva percepirlo anche se non lo guardava. Si affiancò a lei, talmente vicino da sfiorarle la spalla.
‘’Devo ammettere che ci avevo sperato. Non l’avevo dato per scontato però. Lei non mi sembra una donna come le altre, che si scandalizza per un commento ardito in un luogo pubblico. E’ forte, sicura di sé… Sa’, potrei anche innamorarmi di lei.’’
Evelyne rise sarcastica. Erano molti gli uomini che avevano tentato di avvicinarla, ma erano sempre corsi via davanti alla sua arguta intelligenza, alle sua mente capace di pensare.
Però doveva ammettere che quella situazione surreale la divertiva, voleva proprio vedere fin dove si sarebbe spinto quel tizio.
‘’Dovrebbe almeno conoscere il mio nome per innamorarsi di me; cos’è oggi l’amore senza un nome?’’
‘’Oh, ma io so esattamente chi è lei Evelyne. E non conosco solo il suo nome, so tutto. So anche che in questo momento lei desidera ardentemente voltarsi per guardarmi, ma è troppo vanesia e orgogliosa per farlo… Anche se posso percepire nitidamente i brividi che le provoca il tocco della mia spalla contro la sua.’’ Pronunciò quella frase in tono rauco, lentamente. 
Evelyne allora si voltò di scatto con un’espressione incredula. Chi era quell’uomo così sfacciato da… Non ebbe tempo di formulare altri pensieri, lo spettacolo che si ritrovò davanti agli occhi le aveva azzerato ogni capacità intellettiva.
La figura che la stava guardando con un sorriso (o un ghigno) era di un giovane uomo, poco più che ventenne. Alto, portamento elegante, spalle larghe e un fisico asciutto avvolto in un doppio petto grigio scuro. I capelli biondastri erano tirati all’indietro a scoprire un bellissimo volto sul quale brillavano due occhi color avventurina.
Mentre la ragazza ammirava impietrita lo sconosciuto, l’uomo allargò il suo ghigno e le prese una mano. La guardò con uno sguardo malizioso mentre si chinava per baciargliela.
‘’Tolgo il fiato, non è vero?’’
A quel punto Evelyne si ridestò e tirò via la mano da quella del ragazzo. Quel tizio era irritante, ma sì, toglieva il fiato.
Era tutto molto strano però, era una sensazione che aveva già provato. Aveva già visto quell’uomo. Il suo volto aveva qualcosa di familiare.
‘’Mi sembra troppo sicuro di sé, Signor…?’’
‘’Smythe. Sebastian Smythe. Ma per lei, Ev, sono semplicemente Bas.’’
Sebas… Ma certo!
Sebastian Smythe: la più famosa stella nascente dell’ambiente musicale parigino. Compositore jazz di innato talento, anche se alle prime armi. Ma soprattutto, affermato libertino.
Nei cafè si parlava quasi esclusivamente di lui. C’era chi ammirava la sua musica, chi la sua bellezza e chi invece preferiva semplicemente approfondire gli aspetti più ‘segreti’ della sua vita privata.
L’aveva scorto una volta ad una festa a casa di amici di famiglia. L’aveva solo intravisto, ma il vociare che si era levato al suo passaggio aveva dissipato ogni dubbio su chi fosse.
‘’Bene, bene… Signor Smythe. Ho sentito parlare molto di lei.’’ disse infine.
‘’Spero le abbiano parlato del mio talento.’’ affermò l’uomo con il suo solito ghigno.
‘’Dei suoi vari talenti, in realtà. I più e i meno apparenti.’’
Sebastian sorrise compiaciuto. Gli piaceva quella ragazza, era arguta e affascinante. Completamente diversa dalle altre donne che aveva incontrato e per le quali non aveva dimostrato alcun interesse. Lo incuriosiva, ne aveva certo sentito parlare, ma quello che diceva la gente non era tutto.
Ad un tratto, aveva sentito il bisogno di conoscere ogni dettaglio di lei.
Così fece una cosa molto inusuale per uno come lui.
‘’Posso invitarla a prendere un thè?’’
 
 
 
*
 
 
 
Per cinque mesi si erano frequentati costantemente. Tutti i giorni, alla stessa ora, si vedevano nel solito locale dove lei prendeva un semplice thè e lui un semplice caffè corretto. Passavano il pomeriggio a chiacchierare di musica, di arte, di loro stessi e delle loro ambizioni. Poi quando erano stanchi di parlare, se ne andavano o a teatro, quando era lei a scegliere, o ad un party a casa di conoscenti, quando a decidere era lui.
Come al solito la gente aveva cominciato a parlare di loro, era inevitabile. Vederli camminare per strada sottobraccio o mano nella mano era un evento troppo invitante per essere ignorato. I due naturalmente lo sapevano e si divertivano. Anzi, rincaravano la dose. Un pomeriggio si fecero sorprendere, di proposito naturalmente, a scambiarsi un leggero e innocente bacio sulla bocca. Una carezza a fior di labbra, ma naturalmente dalle voci di salotto sembrava che dovessero convolare a nozze da un momento all’altro. 
Non erano fidanzati, non avevano neanche una relazione. Erano semplicemente loro. Erano felici di stare insieme, di condividere quello che erano con qualcuno che potesse capire e accettare.
 Evelyne aveva avuto l’impressione di non essere mai stata meglio nella sua vita. Sebastian, nonostante il suo portamento, non era proprio un uomo elegante. Era sconsiderato e a volte crudele con gli altri, ma lei, con molta fatica, riusciva a scostare quella maschera di cinismo che lo intrappolava. E poi aveva ascoltato la sua musica. Dio, che musica! Le sue canzoni raccontavano molto più delle parole. C’era un mondo. Il suo mondo. Un universo che Parigi non avrebbe mai capito completamente.
Per questo si era impegnata, per lui. E ora lo stava aspettando al loro tavolo, nel loro cafè.
Sebastian quel giorno però, era in ritardo.
Lo stava aspettando da più di un’ora. Nell’attesa aveva già ingurgitato tre tazze di thè corretto (l’ultima volta Sebastian l’aveva convinta ad assaggiare il thè con cognac) e la testa aveva cominciato a girarle.
Stava quasi per andarsene quando lo vide al di là della vetrina. Sebastian era in piedi, fuori dal locale. All’inizio non riuscì a capire cosa stesse facendo, poi si accorse che non era solo. Stava parlando con un uomo.
Infine lo vide congedarsi da lui, non prima di avergli lasciato una carezza sul viso.
Evelyne si rimise a sedere e cercò di ricomporsi. Alzò lo sguardo e vide che Sebastian si stava avvicinando a lei, si sedette aggiustandosi la cravatta.
‘’Sei in ritardo.’’ disse atona lei, senza neanche salutarlo.
‘’Non pensavo avessimo un appuntamento.’’ gli rispose con tono annoiato il ragazzo.
‘’Dal momento che facciamo la stessa cosa da cinque mesi, direi che sì, avevamo un appuntamento. Ma se non hai rispetto per me o per questa cosa, tolgo il disturbo.’’ Fece per alzarsi ma Sebastian la fermò trattenendola per un polso.
‘’Non fare la bambina… V-va bene. Hai ragione, h-ho perso la cognizione del tempo.’’ Infondo allo sguardo del giovane uomo, Evelyne riuscì ad intravedere un velo di dispiacere. Così decise che, per quella volta, poteva permettersi un minimo di indulgenza.
‘’Uhm… Spero almeno ne sia valsa la pena.’’ disse seria lei, fissando fuori dal locale. A Sebastian sembrò semplicemente che stesse guardando un punto inesistente.
Rimasero in silenzio, entrambi presi dalle proprie confusioni. Poi Evelyne decise di prendere la parola.
‘’Devo darti una cosa, è arrivata proprio oggi.’’ Cominciò a cercare qualcosa nella sua borsetta -‘’Solo una cosa, non arrabbiarti con me. L’ho fatto per il tuo bene.’’
Sebastian era sempre più confuso, ma soprattutto cominciava ad essere spaventato.
‘’Tieni.’’ Evelyne gli stava porgendo una lettera. La prese titubante dalla sua mano e l’aprì con calma, quasi avesse paura che esplodesse. Quando la ebbe aperta, cominciò a leggerla a voce alta.
‘’Egregio Mr. Smythe, le annunciamo che il teatro…’’
Non è possibile!
Un sorriso si spalancò sul volto di Evelyne nel notare l’espressione esterrefatta di Sebastian. Appena finì di leggere la lettera, il ragazzo alzò lo sguardo. I suoi occhi erano brillanti, carichi di eccitazione.
‘’Sei stata tu? Mi hai raccomandato tu?’’
‘’Ho solo inviato una tua registrazione ad un impresario di Broadway, amico di famiglia. Il resto l’ha fatto la tua musica.’’ Poggiò il mento sul palmo della mano e gli sorrise dolcemente.
Sebastian era esterrefatto. La lettera diceva che, secondo il famoso produttore di Broadway, William Shuester, lui fosse l’unico con il giusto talento e fascino a poter scrivere il suo nuovo musical.
Sarebbe dovuto partire per New York il prima possibile.
‘’S-sono senza parole... Perché dovrei arrabbiarmi con te?! Ti sposerei in questo momento!’’ aveva detto quella frase preso dall’eccitazione, ma si riprese subito. –‘’No, non potrei mai farti una cosa del genere.’’ scacciò il precedente pensiero con una mano.
‘’Già, sarebbe assurdo e anche piuttosto spietato… Penso, però, che dovremmo farlo comunque.’’
Sebastian alzò lo sguardo, pensando che stesse scherzando, ma si ritrovò solo il viso serio della ragazza e i suoi meravigliosi occhi castani che lo guardavano inespressivi.
‘’Sei uscita di senno per caso?’’ sbottò lui.
‘’Pensaci bene, Bas! Ne ricaveremmo vantaggio entrambi!’’ disse lei con una scintilla negli occhi.
Sebastian però non era convinto.
‘’Senti Ev, io tengo davvero a te, ma non posso sposarti…’’- sospirò frustrato- ‘’ Vedi, io sono…’’
‘’Omosessuale?!’’ chiese retoricamente lei, con un tono totalmente tranquillo.
‘’Lo- lo sapevi?!’’ chiese stupito.
‘’Certo. Lo so da sempre.’’ Accennò un sorriso malizioso.
 ‘’Allora perché vuoi sposarmi? Non ha senso!’’
‘’Perchè a te serve una moglie di facciata: da mostrare agli impresari, ai produttori e da portare agli eventi mondani. E io, così facendo, ho una possibilità di rientrare in società. Oltre al fatto che non potrei più vivere senza di te, ormai.’’ Sorrise sorniona all’ultima frase. –‘’Sarà un accordo sociale tra noi due.’’
Sebastian era ancora titubante, così Evelyne cercò di rassicurarlo, gli prese la mano cominciando a carezzargliela con il pollice.
‘’Sebastian, io ti accetto per quello che sei. Non ti chiedo di essere diverso. Certo, dovremo stabilire delle regole, ma noi due potremmo andare avanti degli anni! Siamo più veri di molte coppie sposate. Il nostro matrimonio sarà fondato su qualcosa di molto più forte: la complicità… Allora Bas, che dici?’’
Sebastian incrociò il suo sguardo. Non poteva che darle ragione. Erano complici, affiatati. Si amavano, a modo loro. Sì, non era poi una cattiva idea. Lei si era dimostrata comprensiva verso la sua natura, avrebbe continuato a farlo. Aveva una mente aperta, era la moglie migliore che potesse trovare.
Inoltre, aveva davvero bisogno di lei.
‘’Affare fatto.’’ Disse in un sussurro.
Evelyne sorrise raggiante e Sebastian non potè che assecondare il suo sorriso. Infine si strinsero la mano come a suggellare quello strano contratto.
Il mese dopo, erano ufficialmente i coniugi Smythe.






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Angolo della _zia_

Secondo cap.! Lo so, a chi si aspettava di vedere Blaine in questo capitolo, chiedo umilmente scusa. Il cap. flashback era però necessario. Perchè tanto lo so che avevo lasciato qualcuno un po' di sasso, con la storia del matrimonio tra Seb e Ev... Ora è tutto chiaro! No, non è vero, non è così semplice... Mable... xD (per chi non se ne fosse accorto, all'interno del capitolo c'è un velatissimo controsenso...).
Passiamo ai ringraziamenti: prima di tutto, ringrazio immensamente tutti quelli che hanno inserito la storia tra le preferite e le seguite (GRAZIE!) e che hanno commentato lo scorso capitolo. Grazie anche a chi è arrivato, per ben due volte, alla fine dei capitoli! xD Infine, come sempre, un grazie immenso alla mia beta e lettrice in anteprima Black_eyes, che adoro perchè mi aumenta l'autostima in maniera inverosimile! ;D
Inutile dire che commenti e recensioni sono sempre graditi. :)
Un abbraccione a tutti!!!



 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


 

 Capitolo III
 
 
 
 
La notizia delle loro nozze inizialmente aveva scioccato un po’ tutti. Non si parlava d’altro in città. Ma la cosa durò poco, ben presto se ne erano tutti disinteressati, convenendo che se due tipi del genere non si fossero sposati tra loro, probabilmente non li avrebbe sposati nessun altro.
 
Erano i coniugi Smythe da quattro anni, ormai. Il loro rapporto aveva resistito per tutto quel tempo, anche grazie ad una serie di regole che entrambi avevano stabilito.
Evelyne avrebbe accettato la natura del marito e la sua tendenza a - come dire-  non accontentarsi mai, a patto che lui osservasse la massima discrezione e fosse del tutto sincero con lei. Inoltre aveva rinunciato alla possibilità di avere un amante, a patto che Sebastian assecondasse i suoi bisogni fisici almeno due volte al mese.
Per Sebastian fu un sollievo scoprire che, in fondo, la cosa non gli riuscisse neanche tanto difficile.
Evelyne era una bella donna, affascinante. Aveva un corpo longilineo ed elegante, morbido e forte allo stesso tempo. A Sebastian piaceva immaginare che, probabilmente in un’altra vita, Evelyne fosse stata la modella di qualche famoso artista.
La vedeva a questo modo: fare sesso con lei era un modo alternativo di venerare un’opera d’arte.
Inoltre provava per lei una affezione immensa; così l’affetto unito ad un paio di bicchieri di gin, gli permettevano di onorare puntualmente i suoi doveri di sposo.
C’erano altre regole che si erano imposti, leggi non scritte che dovevano rispettare entrambi.
Direttive più o meno importanti come ad esempio festività, persone da frequentare, luoghi…
 
 
 
 
 
‘’Evelyne!’’
La voce che aveva pronunciato il suo nome apparteneva all’altro uomo: un uomo dai capelli biondi, il corpo di un dio e labbra carnose. Un uomo e una voce che lei conosceva bene.
‘’Signor Evans, la pregherei di rivestirsi e uscire fuori da casa mia.’’ Aveva pronunciato quelle parole con tono glaciale, senza distogliere il suo sguardo duro dal viso di Sebastian.
La cosa incredibile era che anche Sebastian la guardava fisso negli occhi. Non aveva battuto ciglio, come se la cosa non lo riguardasse affatto.
Era una continua sfida con lui. Qualunque cosa facesse, qualunque cosa accadesse, doveva essere lui quello che vinceva, sempre.
Con la coda nell’occhio, Evelyne vide che il biondo non si era ancora mosso.
‘’Fuori di qui, Sam. Ora!’’ gli lanciò uno sguardo piuttosto eloquente, che avrebbe potuto incenerirlo.
L’uomo raccolse convulsamente i suoi abiti dal pavimento e si diresse frettolosamente verso la porta, ma la donna lo fermò.
‘’Vuole uscire di qui nudo? Di là, in camera mia. Si rivesta e poi vada al diavolo!’’
Sam allora prese la porta di mezzo ed entrò nell’altra stanza, lasciando i due coniugi da soli.
 
‘’Era necessaria questa scenata?!’’ chiese quasi annoiato Sebastian, mentre si allungava verso la mensola dove era poggiato il suo portasigarette.
‘’Non ti scomponi mai, vero? Avevamo un patto noi due!’’ gli disse puntandogli un dito contro.
‘’Già, ci eravamo accordati che sarei potuto andare a letto con chi volessi.’’ Alzò un sopracciglio, strafottente. Mentre dalle sue labbra soffiava via una voluta di fumo.
‘’Non qui! In casa mia, sotto il mio tetto… Non con lui!’’ Evelyne avrebbe voluto tanto non urlare in quel modo, ma la collera aveva preso il sopravvento.
Sebastian rimase immobile nella sua posizione, seduto sul letto. Il lenzuolo lo copriva solo parzialmente e la mano che teneva la sigaretta era poggiata sul ginocchio piegato. Se non fosse stata così arrabbiata Evelyne avrebbe potuto contemplarlo per ore. Ma la sua tranquillità la stava facendo uscire di senno. Inoltre i suoi occhi erano concentrati, come se stesse meditando su qualcosa.
Quando aprì bocca per parlare, Evelyne avrebbe preferito fosse rimasto in silenzio.
‘’E’ questo il problema allora… Stai montando tutto questo melodramma, non perché io abbia portato qualcuno qui, ma perché quel qualcuno era il tuo amato Sam Evans.’’
Evelyne sospirò incredula, trattenne a stento una risata di sdegno –‘’Sei completamente fuori strada, Bas.’’
‘’Ah, sì?!’’ disse alzandosi dal letto e avvicinandosi a lei, senza prendersi neanche il disturbo di indossare la vestaglia.
‘’Illuminami! Perché non trovo altra spiegazione logica se non la tua gelosia verso di lui: l’uomo che hai desiderato fin da quando siamo arrivati qui. Ti da’ fastidio che preferisca me?!’’
Evelyne avrebbe voluto tanto prenderlo a schiaffi in quel momento, ma si trattenne. Fece un passo in avanti, mantenendo comunque una certa distanza tra loro.
‘’Non è lui il mio problema, sei tu. Mi hai mancato di rispetto. Hai mancato di rispetto a questa casa e a quel letto. Questo posto è solo nostro. Tutto quello che fai fuori di qui non mi interessa, puoi scoparti chi vuoi. Ma quando metti piede qui dentro devi lasciare tutto e tutti fuori da quella porta.’’
Il suo viso era a pochi centimetri da quello di Sebastian, non si era neanche resa conto di aver azzerato la distanza tra loro.
Si allontanò dal marito con un movimento rapido, si avvicinò alla chaise longue e prese la vestaglia poggiata sopra. Le scappò un ghigno.
‘’Per quello che vale… Non so che farmene di Sam Evans. Non svendo me stessa con chi è solito offrirsi al miglior offerente.’’
Detto questo, lanciò la vestaglia addosso al marito e si avviò verso la porta.
‘’Vestiti e non fare tardi a cena.’’
Si chiuse l’uscio alle spalle, lasciando Sebastian in una camera dove aleggiavano rancore, delusione e senso di colpa.
Doveva farsi un bagno; si diresse verso la stanza da toeletta, sperando di lavar via quell’ultimo sentimento con una passata di sapone.
 
 
 
*
 
 
 
Cenarono in silenzio. Nella lussuosa sala da pranzo non si sentiva altro che il tintinnio delle posate e i passi affrettati dei camerieri, che ogni tanto rivolgevano degli sguardi fugaci ai loro padroni per accertarsi fossero vivi. Sì, perché i due coniugi erano talmente tesi che sembrava non respirassero.
Evelyne non aveva rivolto un solo sibilo al marito da quando era sceso da camera sua; l’aveva trovata già seduta a tavola. Comportamento strano, dato che normalmente lo attendeva in salotto per poi presentarsi a cena insieme.
Non aveva alzato lo sguardo dalle portate neanche una volta e Sebastian cominciava a perdere la pazienza. Aveva sbagliato ma non c’era da farne questa tragedia.
Aveva fatto sesso con uno dei suoi uomini in casa sua… loro. E allora?! Aveva fatto sesso con uno dei suoi uomini in casa loro, in camera sua, nello stesso letto dove aveva più volte fatto sesso con sua moglie.
Quel particolare non l’avrebbe disturbato, se solo sua moglie non fosse stata Evelyne: l’unica persona per la quale provasse qualcosa di molto simile all’amore,  una donna che lo sopportava in tutto e per tutto (non solo la sua omosessualità) . La persona che l’aveva risollevato dalla depressione in cui era caduto quando il suo ultimo spettacolo si era rivelato un fiasco.
Gli era stato accanto (a differenza di tutti i suoi falsi amici), aveva fatto sparire tutta la sua scorta di whiskey, subendosi anche qualche insulto. Evelyne aveva incassato e l’aveva forzato a comporre di nuovo. Aveva usato la musica come terapia; le prime volte Evelyne dovette trascinarlo quasi a forza verso il pianoforte, si sedeva affianco a lui e cominciava a suonare lei qualche nota. I primi giorni erano passati così, lei che suonava e lui seduto accanto a lei, impassibile.
Un giorno però, mentre Evelyne stava per poggiare le mani sui tasti, sentì improvvisamente delle note allegre, irresistibili, tipiche del repertorio del suo Sebastian.
Si voltò sul lato della tastiera e notò con una certa commozione che quelle note erano prodotte proprio dalle mani dell’uomo al suo fianco.
‘’Non ce la facevo più a sentirti premere tasti a caso.’’ Disse Sebastian in tono saccente, quando ebbe concluso di suonare.
Evelyne sorrise e poggiò la fronte sulla sua, sospirando:
 ‘’Mi sei mancato.’’
 
Ricordando quegli avvenimenti tutto l’orgoglio di Sebastian venne meno, le sue stupide scuse crollarono come castelli di sabbia. Quella volta, lui non avrebbe vinto.
‘’Sent-‘’
‘’Taci, Bas!’’ la voce sprezzante di Evelyne lo zittì all’istante.
La donna alzò lo sguardo verso il marito per la prima volta in tutta la serata e Sebastian non fu affatto contento dello sguardo rivoltogli, anzi, gli diede una fitta allo stomaco.
‘’L’ultima cosa che voglio ascoltare adesso è il suono della tua voce.’’
‘’Devi ascoltarmi invece,’’-prese coraggio Sebastian- ‘’e fossi in te farei anche mente locale di questo avvenimento, non si ripeterà molto spesso. Ti…ti chiedo scusa, ho fatto una cosa stupida: ti ho mancata di rispetto. Non si ripeterà più.’’
Non aggiunse altro, lo disse guardandola negli occhi, con tutta la sincerità che riuscì a donargli.
Con gioia notò che, nonostante continuasse ad essere severo, lo sguardo di Evelyne si addolcì a quelle parole.  
‘’Avrei preferito che non fosse accaduto affatto.’’ Disse la donna con tono affranto.
‘’Perchè l’hai portato qui?’’
‘’E’ venuto lui. Al teatro gli avevano detto che oggi ero tornato prima perché volevo lavorare a casa, me lo sono ritrovato fuori dall’uscio.’’
‘’Cosa voleva?’’ Evelyne lo incalzava.
‘’Il ruolo da protagonista. Ha cominciato a dirmi che sarebbe stato perfetto in quel ruolo, che sembrava l’avessi scritto appositamente per lui. Io gli ho detto che cercavo qualcosa di diverso, di più. Così mi ha risposto che mi avrebbe convinto, in un modo o nell’altro.’’
‘’Seducendoti?’’ sollevò un sopracciglio pronunciando quella domanda.
A Sebastian scappò un mezzo sorriso, quella donna aveva capito già tutto.
‘’Sembra che questa volta sia stato tu la preda…’’ continuò Evelyne, sorridendo amara.
‘’Non direi. La parte non sarà sua.’’ E un ghigno si aprì sul suo volto.
Dopo qualche secondo di silenzio, Evelyne scoppiò a ridere, ne era sollevata. Sebastian le aveva rivelato che c’era molto di lei in quel personaggio, non avrebbe mai accettato che fosse un tipo come Sam Evans ad interpretarlo.
 
 
 
*
 
 
‘’Ehm, mi scusi?’’
‘’Che c’è?’’
Quando Puckerman si voltò per squadrare la persona che gli si era rivolto, non si aspettava di dover abbassare la testa per incontrare il suo volto.
‘’Sei basso!’’
‘’Come scusi?’’ disse l’altro chiaramente confuso.
‘’Avevo richiesto un manovale che somigliasse ad un armadio, capace di sollevarmi due quinte alla volta. Tu sei piccoletto, anche se hai due bicipiti sviluppati. Beh, meglio di niente! Ma gliele suonerò belle a quelli della produzione!’’
Noah Puckerman era il tuttofare del teatro, il cosiddetto servo di scena. Un uomo giovane e ben messo, con un corpo solido.
Lavorava in quel teatro da ormai cinque anni. Conosceva ogni incrinatura delle assi di legno, ogni foro nel tessuto delle quinte.
Non era intelligente, ma metteva nel suo lavoro grande passione. Per quello l’avevano tenuto, nonostante il suo carattere irrequieto che l’aveva spinto più volte a fargli fare a pugni (nel vero senso della parola) con i membri della produzione.
‘’No, guardi c’è un malinteso.’’ Lo bloccò l’uomo basso.
‘’Cos’ho?! E’ un qualche insetto o qualcosa del genere?’’ Noah cercava di guardarsi dietro la schiena mentre si portava un braccio sulle spalle.
L’altro lo guardava con gli occhi sbarrati, seriamente perplesso. Decise di mettere fine all’agitazione del tecnico.
‘’No! C’è stato un equivoco. Non sono un manovale, sono un attore! Sono qui per i provini da protagonista. Volevo sapere dove dovevo presentarmi, mi sono perso.’’ Disse quella frase tutta d’un fiato, per paura che il servo di scena lo interrompesse di nuovo.
‘’Eccone un altro! Lascia perdere ragazzo, non hai chance! Quello Smythe è un fottuto bastardo.
Ha mandato via con un calcio in culo tutti gli altri ieri!’’
‘’Io non sono gli altri. Quel ruolo è  mio.’’
‘’Ha! Sai piccoletto, sei cazzuto! Beh, pregherò per te. Devi andare a registrarti nel foyer, poi i provini si terranno in palcoscenico. Ma ti diranno meglio loro.’’ Indicò verso l’entrata dell’atrio.
‘’Grazie…’’ il basso si stava avviando verso quella direzione quando la voce di Puckerman lo costrinse a voltarsi:
‘’Ehi, come ti chiami piccoletto? Se devo disturbare il grande capo lassù per te, devo sapere il tuo nome!’’
L’altro sorrise.
‘’Blaine. Blaine Anderson.’’
 
 
 
 *
 
 
 
‘’Basta! Non ne posso più!’’ Sebastian si poggio sullo schienale della poltrona, tirando indietro la testa e portandosi le mani sul volto.
‘’Abbiamo appena cominciato, Bas…’’ sbuffò Arthur Abrams, il regista. Un ometto con degli occhiali con vetri spessi, un moncherino al posto della gamba destra e un’innata pazienza: aveva diretto tutti i lavori di Sebastian.
‘’Non mi interessa, Artie!’’ –l’uomo balzò in piedi, frustrato. –‘’Qui non si va da nessuna parte. Sono degli incapaci, tutti quanti! Chi diavolo insegna nelle accademie al giorno d’oggi?!’’
‘’Gli stessi che insegnavano l’anno scorso, immagino. Il problema sei tu: stai cercando un attore che non esiste.’’ Disse con calma il regista, guardando il collega con biasimo.
‘’Esiste.’’ Disse in un sospiro, come se volesse convincere più se stesso.
‘’Allora lo troveremo. Ma per farlo dovremo ascoltare ancora decine di incompetenti, come li chiami tu. Ora siediti, prima che decida di colpirti in testa con il bastone.’’
Sebastian scoppiò a ridere e si sedette affianco ad Arthur.
‘’Colpiresti l’autore?! Quanto ardire!’’
‘’Tanto ci hai già rilasciato l’intero libretto e gli spartiti. In fin dei conti non ci servi.’’ Disse andando a colpire scherzosamente la fronte di Sebastian.
Sebastian lo scansò con fare fintamente infastidito, poi ritornò alla serietà.
‘’Allora, a chi tocca adesso?’’
Artie Abrams scorse velocemente la lista dei provinanti; per metà mattinata ne avevano ascoltati  solo cinque, erano ancora alla lettera A.
‘’Anderson Blaine’’ 
Sebastian prese il curricula di tale Anderson che il regista gli stava porgendo. Lesse velocemente i punti salienti, corrucciando la fronte qua e là.
‘’Non ha nessuna esperienza significativa, si è diplomato un anno e mezzo fa all’accademia e ha avuto esperienze di poco conto: parti secondarie, comparsate… Che ci fa’ qui?!’’ quest’ultima domanda la rivolse direttamente al regista. ‘’Ero stato chiaro: niente dilettanti!’’
‘’Lo so, ma ha insistito. L’ho sentito una volta, non è affatto male. Anzi.’’ Artie rivolse uno sguardo a Sebastian, che sembrava sull’orlo di una crisi di nervi.
‘’Se non vuoi neanche ascoltarlo però lo faccio mandar via…’’
‘’No. Ormai è fatta! Facciamolo entrare.’’ Sebastian pronunciò quella frase con poca convinzione, abbassò la testa sui fogli che aveva davanti, per niente intenzionato a prestare la minima attenzione all’attoruncolo che si sarebbe presentato da lì a breve.
Blaine attraversò il palcoscenico con un andamento un po’ buffo, salutò i due uomini con un gesto della mano:
‘’Salve!’’
Artie gli rispose con un sorriso e un gesto del capo, Sebastian ovviamente non lo guardava.
‘’Cosa ci canta signor Anderson?’’ domandò il regista, mentre fulminava con uno sguardo l’uomo al suo fianco.
‘’Let’s do it’’ rispose allegro Blaine.
Sebastian sbuffò stizzito.
Tzk, un fan della concorrenza!
Abrams fece un gesto con la mano, invitandolo a cominciare.
 
Blaine respirò profondamente, abbassò appena il capo, creando un’ombra molto teatrale sul suo volto e cominciò a molleggiare lievemente sulle gambe.
Quando cominciò a cantare tutto il suo corpo si arrestò. Alzò lentamente la testa e il suo volto rivelò un’espressione scanzonata e maliziosa.
Quella canzone normalmente aveva un ritmo tipicamente jazz, Blaine l’aveva trasformato in un pezzo swing: sensuale e cadenzato.
Il suo corpo, man mano che andava avanti la canzone, seguiva l’andamento della musica, accompagnando ogni strofa con dei movimenti accennati ma eleganti, senza mai risultare esagerato.
 
Alla prima nota, Sebastian aveva alzato lo sguardo dalle sue scartoffie, come ipnotizzato, come se avesse ricevuto una scarica di corrente elettrica.
Aveva inquadrato l’attore nella sua visuale e aveva sgranato gli occhi. Il piccolo uomo sul palco doveva avere più o meno la sua età: ventisei, massimo ventisette anni. I capelli neri tirati indietro dalla brillantina davano la possibilità di godere appieno dei suoi brillanti occhi color miele. Affascinante.
Era un po’ basso, ma riempiva completamente la scena con la sua presenza.
Ascoltò con piacere la personale interpretazione che diede alla canzone. Era una gioia per gli occhi e per le orecchie.
Si stupì non poco quando ci fu la svolta: i due uomini lo videro avvicinarsi velocemente al pianoforte, scansare il pianista e cominciare a suonarlo. Le dita di Blaine saltellavano allegre sulla tastiera, era ritornato alla versione originale.
La voce e le dita del ragazzo erano un tutt’uno, come se stesse allegramente conversando con i tasti del piano. Gli stava dando un’anima complessa, con mille sfaccettature.
Sebastian era sempre più affascinato, non riusciva a staccare lo sguardo dalla figura di Blaine.
La sua voce poi… Oh, la sua voce! Profonda, sensuale, vellutata e… rassicurante. Ascoltare quel suono era come ricevere un caldo abbraccio, era una voce che annullava ogni preoccupazione.
Si era sentito così solo con un’altra persona.  
 
Il pezzo si concluse con un ultimo acuto e poi nel teatro calò il silenzio assoluto.
Nessuno disse una parola, entrambi gli uomini continuavano a fissare il giovane uomo che riprendeva fiato.
‘’M-molto bene. Grazie signor Anderson. Lei ha chiaramente un gran talento, ma noi cercavamo qualcuno con più esperienza… Le faremo sapere.’’ Disse Artie, spezzando il silenzio.
Le faremo sapere. Quelle parole rimbombarono nella testa di Blaine Anderson come il suono della sconfitta.
‘’D’accordo.’’ –disse con delusione mal celata- ‘’Grazie.’’ Si premurò di aggiungere.
Stava per uscire dalle quinte laterali quando una voce lo chiamò, e quel suono gli fece mancare un battito.
‘’Blaine!’’
Sebastian aveva parlato per la prima volta da quando era lì e aveva pronunciato il suo nome.
Il ragazzo si voltò lentamente, indeciso su cosa l’aspettasse. Guardò nel buio della sala e, dopo un po’, incontrò il giovane viso dell’autore, soprattutto incontrò i suoi occhi.
‘’S-sì, signore?!’’ la voce gli morì in gola, sentiva che da un momento all’altro sarebbe collassato lì, su quelle assi.
Sebastian sorrise sornione, percepì completamente lo stato d’animo dell’attore.
‘’Dimmi, perché dovremmo darti questo ruolo?’’
‘’Perchè sono l’unico che può interpretarlo.’’ Rispose Blaine senza indugi, sicuro.
‘’E’ una cosa che dicono tutti, perché con te sarebbe diverso?’’ continuava a incalzarlo Sebastian.
‘’Perché sono l’unico che può donargli un’anima credibile. A parte la persona che l’ha ispirata, naturalmente.’’
Sebastian si irrigidì a quella frase, ma sorrise. Infine si alzò, raccolse le sue carte e si diresse verso l’uscita, sotto lo sguardo confuso degli altri due presenti.
Prima che il compositore abbandonasse completamente la sala, Blaine riuscì a percepire solo poche parole.
Parole che gli fecero balzare il cuore nel petto.
‘’Ci vediamo domani mattina, Anderson. Puntuale.’’

 
 
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Angolo della _zia_

Beh, spero vi sia piaciuto... E' arrivato Blaine e, come era prevedibile, è la nuova stella! Fan di Sam Evans unitevi e linciatemi! Bocca da trota pagherà per quello che ha fatto (cosa ha fatto? lo so io).
Ringrazio tutti voi che avete letto fin qui e tutti quelli che seguono e preferiscono la FF... Vi adoro.
Ma soprattutto il mio più grande grazie e la mia adorazione massima vanno alla mia carissima beta e lettrice in anteprima Black_eyes e alle nostre sclerate notturne sui rispettivi progetti e non solo...! xD
Chi volesse, può seguirmi sulla mia pagina autore su FB...
Un abbraccio a tutti!
P.S. Recensioni e commenti sono sempre graditi, anche per dirmi soltanto cosa ne pensate... Se volete lanciarmi parolacce, liberissimi di farlo. Mi raccomando però, con tatto x)


 
 
 
 
 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


I’ve got you under my skin- Capitolo IV
 
 
 
 




… Ed  era davvero caduto dal cielo! Una stella sconosciuta, caduta sulla terra perché potesse essere raccolta da qualcuno degno di apprezzarne lo splendore…
 
 
 
Blaine Anderson era arrivato in teatro, l’indomani dei provini, in perfetto orario.
Era sempre stato  professionale e rispettoso, oltre al fatto, che non voleva dare ragioni di lamentarsi di lui, già dal primo giorno.
Entrò sul palcoscenico semi illuminato quando ancora non c’era nessuno, probabilmente non solo era in orario, ma addirittura in anticipo.
 
Mentre camminava sul palcoscenico, si ritrovò a ripensare al giorno prima; era così irreale, aveva paura di aver sognato tutto e di essersi presentato lì per sbaglio.
Durante i provini, Sebastian Smythe l’aveva ignorato; pensava non l’avesse ascoltato affatto.
Quando gli aveva detto di presentarsi alle prove, il giorno seguente, Blaine aveva pensato ad uno scherzo.
Se non fosse stato per la conferma del regista, Artie Abrams, probabilmente se ne sarebbe andato e non si sarebbe fatto più vedere.
 
 
‘’E così ti hanno preso, piccoletto!’’
 
La voce di Puckerman lo fece sussultare, riportandolo al presente. Si voltò per incontrare il ghigno da squalo del servo di scena; stava sistemando una botola.
 
‘’Già… A quanto pare hai una grande influenza sul tuo Dio…’’ rispose Blaine con un sorriso timido in volto.
 
‘’Noi due c’entriamo ben poco…- disse, mentre con un pollice indicava la presenza al dì sopra delle loro teste- ‘’Sei tu che hai avuto una grande influenza su Smythe… E purtroppo per te, ho paura che non sia stato solo per il tuo talento…’’
 
Il sorriso di Blaine si spense a quelle parole, guardò Noah, confuso:
 
‘’Che intendi dire?!’’
 
‘’Beh, sei un gran bel ragazzo…’’ rispose Puckerman, con uno sguardo eloquente.
 
‘’E allora?!’’ continuò l’attore, con la fronte corrucciata, sempre più confuso.
 
‘’Niente. Solo questo.’’ Concluse Noah, riprendendo il lavoro che aveva interrotto.
 
Blaine avrebbe voluto controbattere, ma il suo tentativo fu interrotto da un vociare scomposto che provenne dal fondo del teatro.
In pochi secondi il palcoscenico fu invaso da una ventina di persone che parlavano in maniera concitata tra loro. In platea notò Artie Abrams che arrivava zoppicando, aiutato dal suo bastone; mancava solo l’autore.
Blaine si sentì un po’ frastornato, in mezzo a quella confusione.
 
 
‘’Tu devi essere Everett!’’
Una voce squillante e leggermente nasale, accompagnata da un paio di dita che picchiettarono sulla sua spalla, attirarono l’attenzione di Blaine, dietro di lui.
 
‘’C-come scusami?!’’ chiese quando si fu voltato a guardare una ragazza con una strana cloche arancione che copriva i capelli scuri, un naso piuttosto importante e un atteggiamento da prima donna.
 
‘’Everett: è il nome del protagonista. Tu sei il protagonista, vero?’’ replicò, in modo concitato, la ragazza.
 
‘’S-sì… Tu, sei…?’’
 
‘’Sèline! Sono la tua partner di scena.’’
 
Blaine sgranò gli occhi: ‘’Davvero?! Ti chiami come il personaggio principale femminile dello spettacolo?’’
 
‘’Ma no, il mio vero nome è Rachel. Rachel Berry. Avrai sicuramente sentito parlare di me.’’
Eccolo di nuovo: l’atteggiamento da prima donna.
 
‘’Certo, come no! Ti ho sentita cantare in molte opere…’’ sorrise estasiato il giovane attore, riconoscendo il nome dell’attrice più in voga del momento.
 
‘’Lo so, ho recitato praticamente in tutti i musical più importanti negli ultimi anni! E tu, Everett? Dove ti ho sentito cantare?’’ gli fece quella domanda con un sorriso esagerato.
 
‘’Blaine. Il mio nome è Blaine… Ehm… forse mi avrai visto in ‘’Paris!’’
 
‘’Ceerto! Amo quel musical! Che ruolo interpretavi?’’
 
‘’Ero uno dei camerieri… Ero nel coro.’’ Disse tranquillamente Blaine. Inoltre, un sorriso compiaciuto si allargò sul suo volto, all’espressione di Rachel: era come se avesse ricevuto una secchiata di acqua gelida.
 
‘’Oh…’’
 
‘’Già! Non hai mai avuto un dilettante, come partner?’’ le chiese, con un sorriso gentile.
 
‘’N-no, a dire il vero. B-beh, c’è sempre una prima volta in tutto!’’ cercava di essere tranquilla, ma il giovane attore notò il suo disagio; se la cosa non fosse stata così divertente, si sarebbe sentito così anche lui.
 
Continuarono a parlare cordialmente per qualche minuto, finchè qualcosa non attirò l’attenzione di Blaine: un giovane uomo, biondo, lo guardava dal fondo del palco; stava fingendo di ascoltare dei suoi colleghi, ma nel frattempo gli stava rivolgendo uno sguardo di puro astio.
 
‘’Chi è quello?’’ bisbigliò Blaine a Rachel, indicandoglielo, con un cenno della testa.
 
‘’Chi?! Oh, quello? E’ Sam Evans… Ti odia.’’ Aggiunse quel piccolo particolare come se fosse la cosa più naturale del mondo.
 
‘’Voleva lui il mio ruolo?!’’
Blaine era nel giro da poco, però quell’anno e mezzo gli era bastato per capire come andassero le cose tra la gente di spettacolo. Non esistevano amicizie, solo rapporti di lavoro.
Aggiudicarsi un ruolo ambito da un altro, voleva dire entrare nella lista nera di quest’ultimo.
 
‘’Sì, ma per fortuna non l’ha avuto…’’ rispose Rachel con un’espressione stranamente complice.
‘’Negli ultimi tempi, ogni volta che abbiamo lavorato con Smythe, è stato l’unico della compagnia ad avere la parte da protagonista. Non so perché, forse per un qualche accordo tra loro; pare però ci fosse lo zampino della signora…’’
 
‘’La signora?!’’ chiese incuriosito Blaine.
 
‘’Sì, la moglie dell’autore: Evelyne Smythe… Ha sempre avuto un debole per Evans… E non solo artistico, si vocifera…’’
 
Il tono con il quale insinuò della relazione clandestina (perché di quello si trattava) della signora Smythe, infastidì il ragazzo.
Blaine non era mai stato interessato alle ‘’voci da dietro le quinte’’, le aveva sempre evitate, con la speranza che loro avrebbero evitato lui.
Si allontanò dalla strana ragazza con una scusa e un sorriso cordiale, ma quando si voltò quasi andò a sbattere contro il petto di qualcuno.
 
Alzò lentamente lo sguardo e si ritrovò di fronte il ghigno di Sebastian Smythe, che lo guardava come se stesse osservando una piccola cavia da laboratorio.
Erano a pochi centimetri di distanza e Blaine, quando incontrò i suoi occhi smeraldini, sentì una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
 
Ma da quanto era lì?! Era apparso dal nulla.
 
 
‘’Blaine…’’ - Sebastian si soffermò sul suo nome, guardando quegli occhi ambrati in un modo che al ragazzo sembrò troppo intenso, per un uomo sposato- ‘’… le dispiacerebbe unirsi ai suoi colleghi? Dovrei dirvi due parole.’’
 
Blaine annuì impercettibilmente e andò a riposizionarsi al fianco di Rachel.
 
‘’Allora, signori.’’-cominciò, infilando le mani in tasca e squadrando il numeroso gruppo- ‘’Molti di voi hanno già lavorato con me, quindi ripeterò i concetti fondamentali solo per i nuovi arrivati e per i duri di comprendonio…’’ 
 
Blaine sorrise, ma notò che tutti gli altri erano rimasti seri.
 
‘’Bene. Non tollero i lavativi e gli incompetenti, con me lavorerete duro. Non esistono impegni o famiglia, se non per il sottoscritto; se pretenderò che proviate fino all’alba, allora rimarrete in teatro fino a quando non vi congederò.
Niente piagnistei o lamentele inutili; guai a voi se scopro che siete andati a piangere dal piccolo Tim alle mie spalle. In un musical tutti lavorano per l’autore… E’ tutto chiaro?!’’
 
L’intero gruppo annuì all’unisono, proprio come un coro.
 
‘’Grandioso! Un’ultima cosa: non ho mai memorizzato i vostri nomi e non ho intenzione di farlo ora. Chiamerò ognuno di voi come il vostro personaggio. Se tutto questo non vi sta bene… quella è la porta.’’
 
 
Nessuno si mosse. Anche se Sebastian percepì uno sguardo di disapprovazione da parte del nuovo arrivato, ma era rimasto in silenzio, quindi anche lui non gli disse nulla; lo ricambiò con un sorriso strafottente dei suoi.
 
‘’E ora, tutti quelli che non hanno una parte cantata in questo spettacolo, vi voglio tutti fuori dai piedi! Sì, corpo di ballo, parlo con voi; la signorina Pierce vi aspetta insieme al suo gatto in sala prove, al piano di sopra… Muoversi!’’ battè le mani vigorosamente, il rimbombo fece sobbalzare tutti.
 
I ballerini scomparvero velocemente, come uccelli spaventati da uno sparo. Sul palcoscenico rimasero una decina di persone, tutte allineate, come se dovessero ricevere un’ispezione.
Sebastian scorse la fila lentamente, guardando distrattamente ognuno; quando arrivò di fronte ai due protagonisti si fermò, girandosi completamente verso di loro e incrociando le braccia al petto.
 
‘’Cyrano in gonnella, sarà compito tuo istruire Blaine sulle piccole, semplici regole del mio teatro. Tra le quali: non mettere in giro voci infamanti sul conto della signora Smythe. Sai, potrebbe creare spiacevoli inconvenienti tra noi...’’ Le sorrise innocente, ma i suoi occhi erano fessure. La ragazza deglutì rumorosamente e annuì con un cenno della testa.
‘’Bene.’’ Sospirò.
‘’Naturalmente questa regola si estende a tutti gli altri.’’ -fece un passo indietro e guardò tutto il gruppo; amava incutere timore a quell’ammasso di omuncoli e donnette, si sentiva come un dio.
Il divertimento però era appena cominciato, andò in platea e si sedette affianco al regista:
 
‘’Bene signori, al lavoro!’’
 
 
 

*

 
 

 
‘’Stop! Vi prego fermatevi…’’ sospirò Sebastian, massaggiandosi le tempie.
 
 
Erano lì da ore, a parte la pausa pranzo, avevano provato senza sosta.
Dopo il coro, che non aveva dato nessun problema, erano passati alla prova dei singoli.
Blaine aveva cantato una canzone non troppo difficile, in maniera egregia.
Il resto della troupe era rimasto incantato ad ascoltarlo, aveva catturato l’attenzione di tutti fin dalla prima nota. Aveva ancora qualche piccolissimo problema di adattamento alla scena, ma Sebastian era fiducioso, si sarebbe ambientato presto.
 
Il vero problema era nato al duetto.
 
‘’Mi spiegate cosa state facendo?’’ chiese, rivolgendo il suo sguardo ai due attori sul palco.
 
I due si voltarono, con un'espressione interrogativa sul volto.
 
‘’S-stiamo cantando…’’ rispose Rachel, ingoiando il magone che le si era formato in gola, per essere stata interrotta, durante la sua battuta, per la quarta volta consecutiva.
 
‘’Davvero?! Non me ne ero accorto… A chi stai cantando?’’ chiese di nuovo Sebastian, sarcastico.
 
‘’A lui, a Everett.’’ Indicò Blaine, di fronte a sé.
 
‘’A me non sembrava… Senti, questa canzone parla di passione! Nel tuo caso, della passione che hai per questo tizio. Della tua smania di volerlo, della tua adorazione per ogni suo piccolo particolare. Io non la vedo! Se continui così rischi che Blaine ti sovrasti…’’ Sebastian si alzò dalla poltrona, si avvicinò al palcoscenico e ci salì sopra.
 
‘’Ti aiuto. Guardalo, è il più bel ragazzo che tu abbia mai incontrato.’’ Detto ciò, Sebastian si mise alle spalle di Blaine e posizionò le sue mani alla base del collo del giovane. Blaine non capì perché, ma gli si mozzò il fiato a quel contatto, sentiva il petto dell’autore a pochi centimetri dalla sua schiena e la cosa lo metteva in agitazione.
‘’Ora, quello che faccio io, immagina di volerlo fare tu. Accarezzalo con la mente mentre canti. Comincia… ’’
Nello stesso momento in cui Rachel cominciò a cantare, Sebastian spostò le mani dal collo di Blaine. La speranza di quest’ultimo che l’autore si allontanasse, fu vana; Sebastian fece scivolare lentamente le sue mani sulle sue spalle, poi su tutta la lunghezza delle braccia, carezzando i muscoli con le dita, e infine sui suoi polsi, che strinse in una morsa delicata. Poi, tornando sulle braccia, scivolò sui suoi fianchi e sul profilo del torace.
Mentre le sue mani carezzavano il corpo del giovane uomo, Sebastian guardava le spalle del ragazzo che si alzavano e abbassavano piano ad ogni respiro. Guardava i suoi capelli neri, il suo collo. Così invitante, così vicino.
 
Ma stavano provando.
 
 
Blaine, dal canto suo, sperò con tutto il cuore che le luci del teatro fossero abbastanza bianche da annullare il rossore che aveva assunto il suo viso. Nulla potevano, però, per il suo fiato corto.
 
Rachel nel frattempo cantava quello che vedeva, immagazzinando i gesti dell’autore sul corpo di Blaine nella sua mente.
Cantò con tutta la passione che aveva in corpo. Perché sì, doveva ammetterlo, il giovane dilettante era carino. Molto carino.
Il risultato infatti fu eccellente.
 
‘’Brava piccola, niente male!’’ esclamò Sebastian, scostandosi improvvisamente da Blaine e avvicinandosi alla cantante, quando quest’ultima terminò la sua strofa.
 
Grazie a quel distacco, il giovane attore ricominciò a respirare regolarmente. Ci mise qualche minuto prima di ricordare come si facesse, perché Rachel lo guardò preoccupata:
‘’Hai il fiato corto, Everett. Stai bene?’’
 
‘’Blaine! … E sì, sto bene. Devono essere i fari, fa caldo qui. Davvero caldo…’’ cominciò a sventolarsi nervosamente con lo spartito.
 
Rachel annuì e si offrì di prendergli un bicchiere d’acqua. Sebastian sorrise e, appena la ragazza si fu allontanata, gli rivolse uno sguardo che Blaine potè decifrare solo come felino. Uno sguardo da predatore.
 
 

 

*

 
 

 
La pioggia cadeva battente sulle strade di Manhattan.
Dopo sei ore di prove, quella giornata di lavoro era davvero finita e tutti furono liberi di tornarsene a casa.
 
Blaine era sul marciapiede fuori dal teatro, nell’attesa di un taxi.
Quella mattina aveva dimenticato l’ombrello nel suo appartamento e ora si stava bagnando come un pulcino.
Si strinse nel soprabito, sentendo le gocce di pioggia martellargli sempre più la testa e rigargli il volto.
Ad un tratto fu sovrastato da un’ombra e si sentì avvolto da una sensazione di asciutto.
 
‘’Posso darti un passaggio, se vuoi.’’
 
Blaine si voltò e vide che al suo fianco, con un ombrello in mano, era apparso Sebastian Smythe. Indossava un soprabito scuro, di altissima sartoria. Gli era stato sicuramente cucito addosso e gli donava un aria distinta, che lo rendeva ancora più affascinante.
 
‘’No, grazie. Prenderò un taxi.’’ Rispose freddo lui, distogliendo lo sguardo dal suo volto.
 
‘’Ti ho creato qualche problema, Anderson?’’ chiese Sebastian, trattenendo a stento un ghigno.
 
‘’Preferirei non parlarne.’’
 
‘’Ma no, ti prego. Dimmi pure. Non ci saranno ripercussioni, giuro.’’
 
Blaine si voltò verso l’autore e vide che stava sorridendo, incitandolo.
 
‘’Bene. Penso sia stato inopportuno quello che ha fatto con me, oggi.’’
 
‘’Intendi usarti per spiegare un concetto fondamentale ad una mia attrice?!’’ chiese innocentemente Sebastian.
 
‘’Era davvero quello?!’’ domandò Blaine, per niente persuaso.
 
‘’Cos’altro doveva essere, secondo te?’’ l’autore lo guardava negli occhi, con un mezzo sorriso.
 
Blaine distolse lo sguardo prima di rispondere in un sospiro: ‘’Niente, probabilmente niente.’’
 
Era stata sicuramente una sua impressione. Smythe era un professionista, aveva strani metodi, ma era un grande artista. Soprattutto, era sposato.
Se aveva avuto l’impressione che ci fosse malizia nei gesti che aveva compiuto sul palco, erano state certamente invenzioni della sua mente paranoica.
Eppure…
 
 
 
‘’Blaine…’’
 
‘’Signore…?!’’ l’attore venne improvvisamente riscosso dai suoi pensieri, dalla voce dell’autore.
 
‘’Cosa sei disposto a fare per la buona riuscita di questo spettacolo?’’ chiese Smythe, senza guardarlo.
 
Blaine si voltò verso di lui, confuso sulla natura di quel quesito. Nonostante ciò decise di rispondere.
 
‘’Tutto quello che sarà necessario.’’
 
‘’Allora… facciamolo.’’
 
Si guardarono di nuovo negli occhi, prima che Sebastian lasciasse l’ombrello nelle mani del giovane attore e si allontanasse, silenzioso, sotto la pioggia. 










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Angolo della _zia_

Ciaooo! Non mi dilungherò troppo perchè vado un po' di fretta! Questo capitolo era nato come cap. di transizione... è diventato uno dei più importanti che ho scritto fino ad adesso... xD Sono un po' in ansia, quindi questa volta VI PREGO sul serio di farmi sapere che ne pensate. Solo questa volta, poi potete ritornare ad ignorare il riquadro recensioni ;D .Anche perchè ad ogni capitolo aggiungo personaggi su personaggi, dunque vorrei sapere se sto riuscendo a gestirli o se dovrei darmi una calmata... :P
Ok, vi ho importunato abbastanza, passiamo ai ringraziamenti. Grazie a tutti voi, che siete arrivati a leggere fin quì, grazie a chi segue questa long e a chi non l'ha abbandonata capitolo dopo capitolo. :') Grazie infinite!
Immensamente grazie alla mia beta/lettrice in anteprima, Black_eyes, che mi supporta e sopporta ogni week e che, nonostante li abbia letti e corretti decine di volte, continua a lasciarmi commenti su EFP! xD Ti adoro.
Okay, scappo! Ci sentiamo alla prossima o sulla mia pagina autore su FB... Un abbraccio immenso a tutti! ;)
P.S. Questo è stato l'ultimo aggiornamento sicuro del giovedì. Sono incasinata con il lavoro ultimamente e non sono sicura di riuscire a scrivere assiduamente. I'm so sorry... :'/
 

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


I’ve got you under my skin- Capitolo V






 
‘’Sei stato incredibile!’’
 
Blaine voltò la testa sul cuscino, con un’espressione felicemente incredula.
 
‘’Non guardarmi in quel modo … Lo so che solitamente, non esprimo così l’entusiasmo verso le tue prestazioni sessuali, ma stanotte sei stato … wow!’’
 
‘’Beh, sappi che adoro il tuo entusiasmo, Kurt.’’
Blaine si voltò completamente verso l’uomo biondo che giaceva accanto a sé, lo avvolse tra le braccia e gli diede un dolce bacio sulle labbra.
Restarono fermi in quella posizione, ognuno tra le braccia dell’altro, respirando ad occhi chiusi i reciproci profumi.
I due uomini dividevano lo stesso appartamento da quattro anni, ma si amavano da molto tempo prima.
 
Blaine aveva conosciuto Kurt Hummel a Lima in Ohio, luogo dove entrambi erano nati. Si erano incontrati tra i banchi di scuola e si erano sentiti legati fin dal primo momento.
Frequentavano assieme la maggior parte delle lezioni, inoltre vivevano ad un paio di isolati l’uno dall’altro. Erano sempre insieme. Erano amici.
Questo pensavano prima di quel bacio, che nessuno dei due era riuscito ad evitare. Quel bacio che aveva reso consapevoli entrambi.
Si erano accettati, anche perché, l’idea di rifiutare il sentimento che provavano l’uno per l’altro, era insopportabile.
Ma non potevano stare insieme, avrebbero rischiato entrambi la vita.
Gli episodi di intolleranza estrema erano frequenti in quegli anni, soprattutto in quella parte d’America dimenticata da Dio.
Si erano limitati a vivere di incontri clandestini, di pomeriggi di studio dedicati a baci segreti e caute effusioni.
 
Finalmente, finirono il liceo e Kurt fuggì da Lima per rifugiarsi a New York, dove avrebbe potuto perseguire il suo sogno di diventare un ballerino.
Blaine avrebbe voluto seguirlo in quella grande metropoli, stare finalmente insieme, lontani dalla gretta società di Lima.
Quando, però, aveva espresso a suo padre il desiderio di frequentare l’Accademia d’arte drammatica, l’uomo l’aveva malmenato furiosamente. L’aveva rinchiuso in camera sua, urlandogli che non gli avrebbe mai permesso di mischiarsi con quei deviati.
 
Rimase rinchiuso in quella stanza a piangere per settimane. Non poté neanche salutare Kurt, prima che partisse. Gli fece recapitare solo un biglietto:
 
‘’Ti raggiungerò.’’
Recitava.
 
 
Ci vollero due anni di lavori forzati nell’azienda di suo padre e una fune di lenzuola intrecciate, calata dalla finestra della sua camera, prima che Blaine potesse raggiungere Kurt.
In una notte d’inverno, aveva detto addio ad una casa che non sentiva sua, ad un padre che lo odiava e ad una vita che non gli apparteneva. Aveva intrapreso un viaggio che l’avrebbe portato verso un nuovo futuro.
 
Quando arrivò nella Grande Mela, cercò il piccolo appartamento di Kurt e ci si stabilì; due anni lontani non li avevano scalfiti. Quella notte fecero l’amore per la prima volta.
 
Il mattino dopo erano diventati parenti.
Si presentarono ai vicini, e a tutte le loro nuove conoscenze, come cugini; due uomini che vivevano insieme era una cosa troppo strana da accettare, persino per un posto come New York.
 
Kurt era iscritto alla ‘Juilliard’, dove seguiva i corsi di danza classica. Blaine si iscrisse ad una delle tante Accademie d’Arte Drammatica di New York, ma di sera lavorava come sguattero in un ristorante sulla 168°; i liquidi che gli spediva sua madre, di nascosto al marito, non bastavano per mantenere tutte le spese.
 
Nonostante le difficoltà economiche, il ragazzo si diplomò nel limite degli anni previsti e cominciò subito la sua attività di attore.
A parte un ruolo da co-protagonista in una piccola produzione indipendente, però, aveva ricoperto sempre ruoli secondari o comparsate; non era riuscito ad entrare neanche in una compagnia.
Questo, perché Blaine era un ‘ruba scene’. I registi lo percepivano da subito. Qualsiasi ruolo interpretasse, piccolo che fosse, il suo carisma e il suo talento lo mettevano sempre al centro della scena. Era una minaccia per qualsiasi compagnia; attraendo tutta l’attenzione su di sé, avrebbe messo a repentaglio ogni spettacolo.
Attese pazientemente di riuscire ad accaparrarsi un ruolo importante, provino dopo provino. Dopo un anno e mezzo stava quasi per gettare la spugna, quando si imbatté per caso in un articolo di giornale.
 
Aperte audizioni per ruolo da protagonista maschile nella nuova opera di Sebastian Smythe. Età richiesta: 25-30. Con grande esperienza.
 
Blaine sbuffò all’ultima frase dell’annuncio, dato che non avrebbe potuto partecipare. Era fresco di Accademia e non l’avrebbero lasciato neanche iscrivere all’audizione, inoltre, il suo curriculum era molto leggero. Stava per girare pagina, ma si trattenne, non accantonò l’articolo. Avrebbe dovuto, ma qualcosa lo fermò. Non capì bene cosa, ma gli diede lo slancio per strappare quel ritaglio e metterselo in tasca.
 
Si informò sullo spettacolo, sulla trama, sul carattere dei personaggi. Fu allora, quando lesse la caratterizzazione del protagonista, che capì che quel ruolo sarebbe stato suo.
E così fu. Chiamala fortuna o… destino…
 
 
 
‘’A cosa pensi, Blaine?’’ chiese Kurt, richiamando la sua attenzione.
 
Blaine sorrise contro la sua fronte, poi abbassò lo sguardo per incontrare gli occhi azzurri del suo amante.
 
‘’Pensavo che è un vero peccato che tu debba andare a quell’audizione, oggi. Mi sarebbe piaciuto assecondare la tua piccola fantasia e di farlo per tutta la mattina…’’ sorrise, languidamente, il moro.
 
Kurt arrossì leggermente, ma sorrise malizioso mentre si avvicinava alle labbra di Blaine.
‘’Uhm, non avrei mai pensato che le prove da protagonista ti mettessero in corpo tanta passione…’’
 
I muscoli di Blaine si irrigidirono leggermente, a quelle parole.
‘’P-perchè pensi siano le prove?’’ chiese serio.
 
Kurt scoppiò in una piccola risata.
‘’Perché ieri sera, tornato dal teatro, mi hai trascinato in camera da letto, senza neanche darmi il tempo di salutarti. E voglio farti notare che siamo ancora qui…’’
 
Blaine non disse nulla, si limitò a rivolgere al bellissimo ragazzo biondo tra le sue braccia, un sorriso leggero.
 
‘’Beh, ‘’-esclamò infine Kurt, alzandosi dal letto- ‘’Dio solo, o chi per lui, sa quanto sono terrorizzato per quell’audizione e quanto vorrei rimanere tutto il giorno qui con te, ma devo prepararmi. E anche tu…’’
 
Blaine osservò attentamente il corpo tonico e pallido del suo amante, mentre quest’ultimo si avvicinava all’armadio.
 
‘’Blaine, smettila di fissarmi e alzati. Farai tardi ed è solo il tuo secondo giorno.’’ Gli disse, senza distogliere lo sguardo dall’interno dell’armadio.
 
Il moro rise e, sospirando, si alzò anche lui dal letto per avviarsi verso la sua stanza.
 
Aveva appena chiuso l’uscio di mezzo quando sentirono bussare all’ingresso.
Blaine fece di nuovo capolino nella camera di Kurt, sul volto un’espressione spaventata.
 
‘’E’ lei!’’
 
‘’Di chi stai parlando?’’ chiese Kurt impassibile, mentre infilava la vestaglia e si avviava verso l’ingresso del minuscolo appartamento.
 
‘’Charlotte!’’ bisbigliò allarmato, Blaine.
 
A quel nome Kurt si arrestò.
‘’Chiuditi in camera e non fare rumore.’’ Gli ordinò pacato.
 
Una seconda raffica di bussate arrivò all’orecchio del biondo, che corse verso la porta; controllò che fosse presentabile, nonostante indossasse solo la vestaglia, e la spalancò.
 
‘’B-buongiorno, Kurt!’’
Una ragazza sulla ventina, con i capelli castani tagliati alla garconne e un’aria leggermente stralunata, tipica di qualcuno che ha passato la notte in bianco a lavorare, apparve di fronte a Kurt.
 
‘’Buondì, Charlie!’’ le sorrise gentilmente il ragazzo. ‘’Posso fare qualcosa per te?’’
 
‘’Tuo cugino è in casa?’’ chiese lei, sgranando gli occhi.
 
‘’Sì, ma sta dormendo. Le sue prove cominciano più tardi, stamane.’’ Mentì. ‘’Scusami Charlie, ma ora devo scappare; ho un provino oggi e, come vedi, devo ancora prepararmi.’’ Tagliò corto il biondo, indicando il suo abbigliamento.
 
Lo sguardo della ragazza cadde per la prima volta, da quando aveva aperto la porta, sul corpo di Kurt; improvvisamente il ragazzo si sentì stranamente scrutato.
 
‘’Oh sì, certo. Scusami. Ero venuta solo per sapere se oggi Blaine sarebbe venuto al ristorante, e per darti questa.’’ La ragazza tese a Kurt un fagottino di stoffa; il biondo lo srotolò e lo guardò stupito.
 
‘’Una sciarpa, per me… Perché?’’ chiese incredulo.
 
‘’Beh, so che ti piacciono tanto e oggi hai l’audizione, così ho deciso di farti qualcosa che ti accompagnasse nel tragitto, nel freddo autunno di New York!’’ sorrise genuina Charlotte.
 
‘’Grazie. Sei un tesoro… Non avresti dovuto…’’
 
‘’Ma l’ho fatto comunque. Buona fortuna, Kurtie!’’ la ragazza gli sorrise un’ultima volta per poi dirigersi verso il suo appartamento. Era già sparita dalla sua visuale, quando Kurt le sentì urlare:
‘’Salutami Blaine!’’   
 
 
Kurt sorrise e chiuse la porta, continuando a guardare la lunga sciarpa di seta che aveva in mano.
Blaine uscì da camera sua, ormai completamente vestito e pettinato.
 
‘’Cosa voleva?’’ chiese, mentre si avvicinava a Kurt.
 
‘’Te, come sempre. La sua cotta peggiora ogni giorno di più… Dovresti parlarle.’’
 
‘’E dirle cosa?! Che mi piacciono gli uomini?!’’ disse sarcastico, Blaine.
 
‘’No. Direi che non sarebbe una buona idea. Meglio continuare a nasconderti in camera tua, per il resto della tua vita.’’
 
Scoppiarono a ridere entrambi. Poi, l’attenzione di Blaine fu attratta dalla fascia di seta nelle mani del suo amante.
 
‘’L’ha fatta lei?! E’ molto bella… Il colore poi, è davvero… particolare’’ disse il moro, tastando il tessuto morbido e fissandolo con gli occhi leggermente socchiusi.
 
‘’Già, una strana tonalità di verde-blu.’’ Convenne Kurt. ‘’Quasi…’’
 
‘’Unico.’’ Sibilò il moro, continuando a scrutare quel semplice pezzo di stoffa, come se l’avesse ipnotizzato. Quel colore l’aveva già visto… sì, all’interno di uno sguardo. Due occhi che aveva incontrato nel buio della platea, il giorno della sua audizione. Lo stesso verde che aveva visto risplendere in una tipica giornata uggiosa di New York, prima che quegli occhi si allontanassero nella pioggia…
 
Verde Smythe.
 
Blaine scacciò quel pensiero, con la stessa velocità con il quale era arrivato. Sbuffò e sorridendo, prese la sciarpa dalle mani di Kurt, la fece scivolare intorno al suo collo.
 
‘’Credimi, ti porterà fortuna. Io ora vado…’’
Avvicinò il volto del ragazzo biondo e gli lasciò un bacio sulle labbra.
‘’In bocca al lupo, piccolo. Stendili tutti!’’
Uscì chiudendosi la porta alle spalle. Sorrise felice, convinto che quella, sarebbe stata una bellissima giornata.
 
 

*

 
 
 
‘’Stendila!’’
 
L’ennesimo urlo della coreografa arrivò alle orecchie dei due uomini seduti in platea, che alzarono gli occhi al cielo esasperati.
‘’Brittany, ti prego… Non gli starai chiedendo troppo? Dopotutto è solo un cantante…’’ disse con calma Artie, rivolgendosi alla giovane donna bionda, che stava cercando di far eseguire un semplice jetè, ad un Sam Evans piuttosto rigido.
 
‘’Faccio solo quello che mi avete detto di fare: li faccio picchiare in modo strano.’’ Disse innocentemente la coreografa.
 
I due uomini si guardarono, Sebastian indicò la donna ed esclamò saccente:
‘’Che ti dicevo? Non possono semplicemente darsele di santa ragione? Chi mai si prenderebbe a cazzotti, ballando?’’
 
‘’I personaggi di un musical, Sebastian. Ed è piuttosto strano che sia tu ad avanzare proteste del genere.’’ gli rispose stranito il regista.
 
Sebastian sbuffò sonoramente e sviò lo sguardo verso l’altra parte del palcoscenico dove, un Blaine in maniche di camicia, provava i suoi passi della coreografia in silenzio. Sorrise inavvertitamente a quella visione.
 
‘’Devi darti più slancio, Blaine.’’ Gli disse con calma.
Blaine sollevò il volto per guardarlo, annuì e si concentrò nuovamente sui suoi passi.
Niente da fare. Non era un ballerino e andava aiutato.
‘’Signorina Pierce, sul palco c’è qualcun altro che ha bisogno di lei…’’
 
Brittany guardò Blaine, per poi tornare a fissare Sam, infine guardò Sebastian.
 
‘’Non potrebbe aiutarlo lei, signor principe?’’
 
Sebastian sgranò gli occhi incredulo.
‘’Signorina Pierce, ha mai sentito parlare di ruoli?’’
 
‘’Ma noi non dobbiamo recitare.’’ Affermò la bionda, spiazzando tutti i presenti.
 
Sebastian si voltò senza parole verso Artie, che lo ricambiò con uno sguardo comprensivo.
‘’Su, vai!’’
 
-Comprensivo un corno!-
 
‘’Senti Arthur, solo perché hai una cotta per lei, non vuol dire che io debba assecondarla in tutto.’’ Gli bisbigliò acidamente, Sebastian.
 
‘’Sta zitto. Vai o qui ci rimaniamo tutta la notte. Io vado a prendere una boccata d’aria…’’ si alzò e si avviò lentamente verso l’uscita.
 
Anche Sebastian si alzò, borbottando qualcosa al riguardo di quanto fossero bistrattati gli autori al giorno d’oggi, mentre si toglieva la giacca.
Salì sul palcoscenico, vide Sam, che nel suo tentativo di ‘ballare’, sembrava un tronco di quercia; gli passò accanto sogghignando.
‘’Ti ricordavo più flessibile...’’ Gli bisbigliò malizioso all’orecchio.
 
Sam alzò gli occhi al cielo, sorvolando sul commento dell’autore.
Sebastian ghignò e, superandolo, si avvicinò a Blaine che lo stava guardando impaziente.
 
‘’A quanto pare tocca a me darti lezioni.’’ Disse mentre si rimboccava le maniche della camicia.
 
‘’Può farlo?! Cioè, ne è capace?’’ chiese Blaine.
 
Sebastian si arrestò e lo guardò serio.
‘’Non c’è nulla che io non possa fare…’’ si avvicinò lentamente a lui e gli prese il mento tra le dita, sollevandogli leggermente il volto. ‘’Rimarresti stupito di ciò che sono capace… non solo artisticamente.’’ L’ultima frase gliela sussurrò dritta nell’orecchio.
 
L’istinto di Blaine lo fece ritrarre, imbarazzato.
‘’A-allora, cosa sbaglio?’’
 
‘’C’è troppo distacco tra i passi che esegui. Non devi essere preciso, perché non stiamo mettendo su un balletto classico, ma il pas de chat  e il turns in second devono essere legati tra loro.
Inoltre, quando inizi la piroetta, devi darti maggiore spinta, altrimenti non riuscirai mai a fare un tour completo.’’ Sebastian guardò il viso impassibile di Blaine e inarcò un sopracciglio. ‘’Hai capito qualcosa di quello che ti ho appena detto?!’’
 
‘’Assolutamente, io viv… conosco un ballerino.’’ rispose Blaine, dandosi un tono.
 
‘’E scommetto ti abbia dato lezioni particolarmente private…’’ bisbigliò quasi a se stesso, sogghignando.
 
Blaine lo guardò interdetto. Non poteva essere vero. Quell’uomo faceva battute del genere, come se parlasse di un argomento qualsiasi. Niente imbarazzo, niente vergogna. Che sospettasse davvero o, che peggio, anche lui… ma no, non poteva essere.
 
‘’Perché state fermi? Non si ricorda più come ci si picchia, signor principe?’’ urlò la coreografa dall’altra parte del palcoscenico.
 
Sebastian sbuffò alzando gli occhi al cielo.
‘’Principe?!’’ chiese Blaine interdetto.
 
‘’Ho la sensazione che sia per il mio aspetto: biondo, alto, occhi chiari e assolutamente irresistibile. Gli ricordo il principe delle favole.’’ Sorrise l’autore. ‘’Ma ha ragione. Basta parlare, ora.’’
 
Si avvicinò all’attore e si sistemò al suo fianco, mostrandogli i passi che doveva eseguire e il modo migliore di eseguirli.
Blaine lo guardava incantato, seguiva tutte le sue indicazioni e si stupiva ogni volta che l’autore faceva un’osservazione tecnica.
Cercava di imitarlo nel migliore dei modi, provando ogni passo dopo Sebastian.
 
‘’Bene, ora esegui il movimento completo. Io farò la controparte.’’ Affermò Sebastian, che si posizionò poco lontano dal moro, per interpretare la parte di Sam.
 
Blaine annuì e si preparò.
Appena il pianista cominciò a suonare, partirono, nello stesso istante. Cominciarono quella strana lotta; in quel momento erano rivali, antagonisti, ma stranamente uniti. Erano perfettamente coordinati, si guardavano senza staccare gli occhi dallo sguardo dell’altro. I movimenti apparivano fluidi, armonici tra loro, perfetti. Si avvicinavano, si allontanavano e poi di nuovo in contatto. Blaine guardava l’autore ballare, completamente a suo agio. I suoi movimenti erano eleganti e… già, assolutamente irresistibili.
Finì la musica e si arrestarono uno dietro l’altro.
 
Nel movimento inserito nel libretto, Blaine avrebbe dovuto afferrare Sam dal collo, avvinghiandocisi con un braccio, ma la differenza di altezza tra il moro e Sebastian era notevole, così si limitò a posizionare una mano sulla sua spalla, giusto per rendere l’idea.
Il suo volto era a pochi centimetri dalla schiena dell’autore, il suo naso sfiorava il tessuto della camicia; si ritrovò a chiudere gli occhi e respirare a pieni polmoni il naturale profumo dell’uomo più alto.
Si staccò improvvisamente, inciampando quasi nei suoi piedi, quando si rese conto di quello che stava facendo.
 
‘’Tutto bene?’’ si girò a guardarlo, preoccupato, Sebastian.  
 
‘’I-io… Sì, tutto bene.’’ Disse Blaine, schiarendosi la voce e facendo un sorriso tirato.
 
Sebastian lo guardò attentamente alzando un sopracciglio, ma decise di non indagare.
Blaine ringraziò il cielo che il regista non fosse in sala e non avesse visto nulla, ma quando sviò il suo sguardo verso destra ed incontrò inavvertitamente gli occhi interrogativi di Sam Evans, si ricordò che non erano soli sul quel palco. Doveva fare maggiore attenzione, in un teatro c’erano sempre troppi occhi indiscreti, e lui non poteva permettersi di abbassare la guardia.
Soprattutto, non doveva farlo con l’autore etero del musical al quale stava lavorando.
 
Sentì una mano che gli sfiorava la fronte; si voltò di scatto e notò che l’autore gli stava sistemando un ciuffo che era scappato dalla sua onda di brillantina. Si scostò, cercando di nascondere l’imbarazzo, e si guardò intorno, cercando qualcosa da dire per attenuare la tensione.
Alzò lo sguardo sui capelli dell’autore che, nonostante tutto quel movimento, erano rimasti perfettamente nella loro posizione.
 
‘’Deve darmi il nome della sua brillantina.’’ Affermò serio l’attore.
 
‘’Non puoi ancora permettertela, Blaine.’’ Rise Sebastian. ‘’Dopo il debutto, forse…’’ gli sorrise sornione, e il moro ricambiò.
 
‘’Dove ha imparato? A ballare intendo… E’ stato straordinario.’’ Disse affascinato.
 
‘’Grazie, lo so già questo. Comunque è stata mia moglie; quando era una ragazzina ha studiato danza classica e mi ha insegnato qualche passo. Non te lo aspettavi, vero?’’ chiese gongolante.
 
‘’No, in effetti no.’’ Ammise con una piccola risata.
 
‘’Dopo lo spettacolo, se me ne darai l’occasione, potrai scoprire molte delle cose che so fare.’’ Gli sussurrò languidamente, chinandosi sul suo volto.
 
Blaine avvampò improvvisamente e boccheggiò nel tentativo di dire qualcosa, parlare del più e del meno non era servito. Una voce in fondo alla sala attirò la loro attenzione. Meglio così, non avrebbe saputo cosa rispondere.
 
‘’Signor Smythe, è ora di chiudere!’’
 
Sebastian sorrise e sospirò, si voltò verso Blaine e gli fece l’occhiolino.
‘’Continueremo il discorso sulle reciproche abilità un altro giorno, Anderson.’’
 
Blaine non riusciva a capire se fosse serio o scherzasse, e soprattutto se stesse parlando di arte o meno. Quell’uomo lo confondeva sempre più. Aveva scoperto la sua natura e si prendeva gioco di lui, oppure era semplicemente pazzo?!
 
Quando si riscosse, notò che era rimasto l’unico in sala, raccolse le sue cose e si avviò frettolosamente fuori dal teatro.
 
 
 

*

 
 
 
L’aria era rigida quella sera, quasi non sembrava fosse solo ottobre.
Le prove erano terminate e Sebastian si strinse nel suo cappotto, concedendosi una sigaretta prima di avviarsi verso la sua auto.
Mentre osservava le volute di fumo sollevarsi, notò che in cielo stava per prepararsi un temporale. Sorrise, e non potè fare a meno di girarsi a cercare il suo talentuoso primo attore dallo sguardo timido.
Non lo vide, forse era ancora dentro; notò però un ragazzo biondo, alto, piuttosto androgino, che sembrava stesse aspettando qualcuno.
 
‘’Le auguro una buona serata, signor Smythe.’’
Sebastian sentì quelle parole che venivano pronunciate da un Blaine trafelato alle sue spalle; non fece in tempo a rispondergli che, quest’ultimo, l’aveva già superato e si stava dirigendo verso il ragazzo in attesa.
Li osservò scambiarsi frasi concitate, delle quali non riuscì a percepire il significato; infine accadde qualcosa tra loro: Blaine stava per fare qualcosa, ma si trattenne; sì, sembrava stesse per abbracciarlo, ma si limitò ad una pacca sulla spalla. Fu allora che non ebbe più dubbi.
Sul suo voltò cominciò ad aprirsi un sorriso, che divenne sempre più ampio, fino a trasformarsi in una sonora risata.
 
‘’Ho sempre pensato che tu fossi completamente pazzo…’’ gli disse Arthur Abrams, che nel frattempo era apparso alle sue spalle. ‘’Si può sapere cos’hai da ridere?!’’
Sebastian continuò a ridere, sotto lo sguardo interdetto del regista; quando si fu ripreso, si voltò verso Artie, sorridendogli in un modo che il regista, trovò piuttosto inquietante.
 
‘’Sai, Silver(*)... trovo che la preparazione di questo spettacolo si stia rivelando più interessante di quanto pensassi…’’ strinse le labbra in una smorfia compiaciuta e, senza curarsi dello sguardo compassionevole che gli stava rivolgendo il regista, si avviò verso la sua auto, concedendo alla sua solita, elegante camminata, qualche passo di danza.
 
 
 
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(*)Long John Silver: personaggio de ‘’L’isola del tesoro’’. Per intenderci, era zoppo, proprio come Il piccolo Tim.
 
Per evitare confusione, vorrei inserire qui i nomi e relativi personaggi del musical all’interno del racconto, dato che Sebastian chiama molto spesso gli attori con i nomi di scena:
 
Blaine Anderson    Everett  (LOL)
 
Rachel Barry         Sèline
 
Sam Evans            Sam  (che fantasia!)
 

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Angolo della _zia_ :
 
Sono tornata! Buona Seblaine!Sunday a tutti!
Perdonatemi per la lunga assenza dalla long, spero di non avervi convinto a non seguirla più! Vi chiedo scusa, ma è stato un periodo un po’ turbolento; per scrivere ho bisogno di tranquillità, senza, non mi viene l’ispirazione.
Allora, capitolo un po’ bruttino, non mi piace granchè, ma se volete smentirmi, fatelo pure. ;D
Ammetto che mi sto prendendo molte licenze con la preparazione del musical… Concedetemele… xD
Kurt! Non ve lo aspettavate, vero?! Forse sì, sono una tipa prevedibile io. x)
Vorrei farvi notare una mensione speciale: ho voluto inserire un piccolo tributo ai capelli dei nostri cari protagonisti. Perché sì, i capelli di Blaine non saranno mai cementati così bene come quelli di Sebastian (che può ballare sulle note di ‘Bad’ senza che i suoi capelli vengano turbati).
Cazzate a parte, vi ringrazio infinitamente per la chance che state dando a questa long.
Un ringraziamento speciale va a Charlie… Lei sa. ;)
Alla prossima, un abbraccio immenso! ;)
 


P.S. Blaine è un cretinetto, pensa ancora che Sebastian sia etero... Ma perchè li rendo così idioti i ''miei'' personaggi?!

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


 I’ve got you under my skin- Capitolo VI
 
 







Quando arrivò all’auto, Sebastian aveva sul volto ancora un ampio sorriso; salutò il suo autista personale, che gli aprì lo sportello posteriore, ed entrò in macchina, accasciandosi sui sedili.
Chiuse gli occhi e si lasciò sfuggire un lungo sospiro: solitamente, a fine di una giornata di prove, si sentiva esausto; si concedeva qualche minuto per sé solo quando era protetto all’interno della sua automobile, lontano da occhi indiscreti.
Non permetteva mai a nessuno di vedere le sue debolezze, forse solo a Evelyne, ma anche con lei, dopo la depressione, aveva imparato a trattenersi.
Quella sera però non si sentiva poi così stanco, sentiva ancora l’adrenalina in circolo, le prove erano state più eccitanti ed interessanti del solito.
Testare il livello di rossore al quale poteva arrivare il suo piccolo primo attore, lo divertiva. Sapeva di metterlo in difficoltà, facendo quei commenti così palesi sulla sua omosessualità, quando qualcuno avrebbe potuto sentire. Perché sì, aveva capito i gusti di Blaine dal primo sguardo, o forse ci aveva solo sperato molto.
L’incontro con il ragazzo androgino fuori dal teatro, quella sera, era stata la conferma assoluta.
In realtà, non avrebbe mai pensato che un ragazzo così timido e riservato sulla sua natura, fosse un tipo così sconsiderato da praticare la monogamia.
Stranamente, per un omosessuale non avere un solo amante, era più sicuro che averne uno. L’amore complicava sempre tutto, rendeva vulnerabili, perciò, più facilmente, individuabili.
Certo, capiva perché il cerbiatto dalla pelle chiarissima non lasciasse andare il brunetto sexy:
era affascinante, bellissimo, aveva un fisico piccolo ma compatto, da possedere ogni volta che ne avesse voglia, senza stancarsene mai.
Lo desiderava anche lui, era ovvio.
Era un pensiero fisso; alzarsi la mattina era più facile se sapeva che avrebbe potuto parlargli, sfiorarlo o anche dargli degli ordini, imitando una parvenza di sottomissione.
Sentirlo ridere, cantare con quella voce da sogno che l’aveva rapito fin da subito, osservando il movimento di quelle labbra carnose che avrebbe voluto più e più volte catturare tra le sue.
Sorrise, ripensando allo sguardo di Blaine; quegli occhi color miele nascondevano il balsamo per eludere i sogni. 
Riaprì gli occhi all’improvviso, scacciando quell’immagine dalla mente.
 
Desiderava Blaine, lo voleva e lo avrebbe avuto. Probabilmente poi, sarebbe diventato uno dei tanti, ma sarebbe stato divertente distrarlo dalla sua passione per la monogamia. In fin dei conti, non lo avrebbe fatto solo per un rendiconto personale, avrebbe anche aiutato il moretto a salvarsi.
Se la sarebbe giocata con calma, avrebbe pazientato e, durante le prove, avrebbe preparato il terreno di gioco, infine avrebbe agito. Non doveva strafare, non avrebbe dovuto distrarsi, né distrarre Blaine dallo spettacolo: il suo sogno di rivalsa.
 
Ora però aveva un problema primario da risolvere. Si voltò a guardare fuori dal finestrino, la città scorreva sotto i suoi occhi; riconobbe la sagoma di un palazzo con un’insegna che indicava fosse un hotel. Conosceva quel posto, soprattutto conosceva il locale che occupava il pianterreno.
 
‘’Fermati.’’
 
L’autista frenò l’auto, permettendo a Sebastian di scendere.
 
‘’Torna pure a casa, Alfred.’’ Disse Sebastian, abbassandosi a guardare l’autista dallo sportello ancora aperto.
 
‘’E lei, signore?’’ chiese atono il conducente.
 
‘’Ho altro da fare. Non è necessario che mi aspetti.’’ Tagliò corto l’autore. Stava già per chiudersi lo sportello alle spalle, quando la voce incerta di Alfred lo raggiunse nuovamente.
 
‘’Cosa devo dire alla signora, se mi chiedesse dov’è?’’
 
Sebastian sviò per un attimo lo sguardo e ghignò.
 
‘’Dille che non era nei nostri accordi.’’
 
 

*

 
 

‘’Cosa mi dici dello spettacolo di tuo marito, come procedono le prove?’’ chiese distrattamente Quinn, mentre provava il suo quinto paio di guanti.
Lei ed Evelyne erano entrate in quel negozio per cercare delle stoffe per l’abito che la signora Smythe avrebbe indossato durante la prima del musical. Era da mezz’ora che erano lì, e dato l’apparente disinteresse di Evelyne, Quinn ne aveva approfittato per far impazzire il commesso che, pazientemente, assecondava le sue richieste.
 
Evelyne alzò lo sguardo dall’espositore delle stoffe per rivolgere alla sua amica un sorriso sghembo.
‘’Non ne ho idea.’’ Disse tranquillamente.
 
Quinn si voltò a guardarla confusa: ‘’Non ne parlate?’’
 
‘’Lui non mi racconta niente e dunque, io non gli chiedo nulla... Probabilmente è nervoso e non vuole farmi preoccupare.’’ Disse noncurante la donna bruna.
 
La verità era che erano giorni che non lo vedeva.
Dopo un momento di preoccupazione, aveva rinunciato a stare in pena per lui, perché sapeva con sicurezza che ogni giorno andava in teatro; aveva mandato Alfred a controllare.
Probabilmente aveva preso una stanza in qualche hotel, nel quartiere gay; alternando, ogni giorno, il lavoro allo svago.
 
Sospirò pesantemente, come se volesse scostarsi un macigno dal petto.
 
‘’Perché non gli fai un’improvvisata?’’ le chiese con un sorriso Quinn.
 
‘’Come?’’
 
‘’Perché non vai a trovarlo in teatro, andate a pranzo assieme e ne parlate. Si vede che ti manca.’’
 
Evelyne sorrise alla donna, annuendo. Non era una cattiva idea. Era vero dopotutto, le mancava parlare con lui, passare del tempo insieme.
 
Nonostante gli impegni di Sebastian e la sua continua ascesa nel mondo dello spettacolo, i due erano sempre riusciti a ritagliarsi dei momenti da passare insieme da soli, magari raggomitolati sulle poltrone del salotto, come due ragazzini, mentre parlavano di tutto e di niente, prendendosi gioco del mondo.
Certo, le cose erano cambiate rispetto ai tempi di Parigi, Evelyne ne era consapevole. Fin da quando gli aveva chiesto si sposarla, sapeva che non ci sarebbe stato più molto tempo, né tanto meno dedizione, per il loro rapporto.
A lei però bastavano le chiacchiere a tavola, i commenti cinici a sfavore di qualche conoscente comune o le sue dita intrecciate tra quelle di Sebastian, quando le teneva dolcemente la mano durante i party.
 
La faceva comunque soffrire il fatto che si fosse disinteressato assolutamente di come potesse sentirsi, quando parecchie sere prima non era tornato a casa con l’autista. Quella frase poi, era così da lui! Scrollarsi di dosso ogni responsabilità, nascondendosi dietro l’accondiscendenza di Evelyne, faceva infuriare non poco la donna. Dopotutto però, era stata colpa sua; gli aveva dato un dito e lui, giustamente, si era preso tutto il braccio.
Dovevano parlare. Al più presto.
E l’unico modo per farlo, era tendergli un’imboscata nell’unico luogo dove non sarebbe potuto scappare.
 

 

*

 
 

Puckerman avrebbe tanto voluto conoscere il genio che aveva montato quella stramaledetta botola di centro, dargli un premio per la sua acutezza nell’averla montata al contrario.
Erano giorni che combatteva con cerniere, bordi e incastri, ma niente da fare. Se avesse mai incontrato quel figlio di un cane, gli avrebbe volentieri staccato la testa.
Era un lavoro duro il suo ma, certamente, non mancava di momenti piacevoli.
 
‘’Ho paura che sarai costretto a smontare le assi.’’ Disse una voce in tono divertito.
 
Puckerman alzò leggermente lo sguardo verso la figura che ora gli si stagliava davanti, a pochi centimetri dal suo viso.
Si soffermò volentieri su quel paio di gambe snelle, avvolte in fini calze di seta. Era davvero un bel vedere, e ne sorrise compiaciuto.
‘’E’ sempre un piacere vederla, signora Smythe.’’
 
‘’Allora dovresti alzare la testa, Noah. Io sono qui su.’’
 
Puckerman si alzò dalla sua posizione in ginocchio e rivolse, alla giovane donna, il suo tipico sorriso sornione.
‘’Non può biasimarmi se adoro le cose ben fatte, e le sue gambe rientrano tra le dieci meraviglie di madre natura. Neanche il mio falegname Hank avrebbe potuto fare di meglio con la sua donna manichino!’’ le disse baciandole goffamente la mano.
 
‘’Stai cercando di sedurmi, Puckerman? Ti ricordo che sono una donna sposata.’’ Sorrise maliziosa Evelyne.
 
‘’Se me lo chiama matrimonio, il suo.’’
 
Il sorriso di Evelyne le morì in viso, per dare spazio ad un sospiro frustrato.
 
‘’Ne abbiamo già parlato un milione di volte, Noah. Non ho intenzione di rispiegarti le mie ragioni.’’ Disse fredda.
 
Puckerman la guardò indispettito. Quel discorso lo infastidiva tutte le volte. Lui però non poteva farci niente, non sarebbe stato lui ad evitare a quella meravigliosa donna di essere infelice per tutta la vita, proprio come voleva lei.
Si limitò a sorriderle con poca convinzione e a cambiare discorso.
 
‘’Come desidera… Beh, la signorina Fabray non è con lei, oggi?’’
 
‘’No, l’ho lasciata poco fa. E comunque, è la signora Hurt ora, lo sai.’’
 
‘’Non quando è in mia compagnia…’’ sospirò languido il servo di scena.
 
Evelyne lo guardò di sottecchi, per poi scoppiare in una leggera risata. Lo guardò scuotendo leggermente la testa.
 
‘’Siete due pazzi! Meritate, però, tutto il mio rispetto. E’ bello sapere che c’è almeno qualcuno che non ha paura di affrontare i propri sentimenti.’’
 
Sorrise, ma di un sorriso amaro, pieno di auto-risentimento.
Fu allora che Puckerman prese parola, più per spezzare quel silenzio pesante come acciaio, che perché avesse davvero qualcosa da dire.
 
‘’E’ qui per qualche motivo particolare?’’
 
Evelyne si ridestò, scacciando via la malinconia di poco prima con un sorriso tirato.
‘’Non vedo mio marito da un po’, volevo invitarlo a pranzo.’’
 
‘’Non è tornato a casa, ieri?’’ chiese il servo di scena, alzando un sopracciglio.
Dalla smorfia che fece la donna, Puckerman capì che probabilmente non era tornato a casa né la sera prima, né quell’altra, né l’altra ancora. Grugnì di disappunto, ma quando alzò lo sguardo, rivolse ad Evelyne un sorriso neutro.
‘’Mm… Beh, mi dispiace Mrs ma ho paura che sia già andato a pranzo con il piccoletto zoppo. Probabilmente lo potrà trovare al locale di fronte al teatro.’’
 
Evelyne annuì in silenzio: ‘’Grazie, Noah.’’
Il servo di scena stava già per tornare alla sua botola, quando la voce di Evelyne lo richiamò.
‘’Noah senti, mi son resa conto di non averti mai ringraziato come si deve.’’
 
‘’Per cosa?’’ chiese il servo, leggermente confuso.
 
‘’Per la tua comprensione e… per il tuo silenzio.’’
 
Puckerman le rivolse un sorriso dolce, prima di lasciarla andare con un semplice: ‘’Dovere, Mrs.’’
 
 

*

 


Quando Evelyne entrò nel locale, fu investita da un caos indescrivibile: rumori di stoviglie e vociare indistinto.
Ma dove l’aveva mandata Noah?!
In quel posto c’era troppa confusione perché Sebastian potesse minimamente decidere di pranzare con il suo regista, non avrebbero mai potuto parlare di dettagli importanti sullo spettacolo. Inoltre quel posto, nonostante fosse molto carino, era fin troppo umile per i gusti di suo marito.
Si guardò intorno, mentre pensava se valesse la pena di tornare indietro a chiedere spiegazioni a Noah. Ad un tratto una voce attirò la sua attenzione.
 
‘’Mi dispiace Miss, siamo al completo purtroppo.’’
 
Evelyne sbattè le palpebre, guardando la giovane ragazza che indossava un grembiule, chiaramente doveva essere una cameriera.
 
‘’No, guar…’’
 
‘’Charlie! La signorina può sedersi qui, l’altro posto è libero.’’ Disse un giovane uomo bruno, seduto al tavolino di fianco, che stava indicando la sedia libera di fronte a lui.
Evelyne lo osservò incuriosita, le guardava con un sorriso genuino e i suoi occhi erano chiari e cristallini. Rimase per qualche istante rapita da quel viso che, nonostante presentasse lineamenti decisi, sembrava far trasparire l’innocenza di un bambino.
Si sedette al posto indicatole quasi senza accorgersene, i suoi occhi incatenati allo sguardo dell’uomo che le stava rivolgendo un sorriso gentile.
 
‘’Blaine, forse la signorina non vuole pranzare seduta allo stesso tavolo di uno sconosciuto.’’ Disse la cameriera, il cui tono sembrò un tantino scontroso per Evelyne, come se la sua presenza le desse fastidio. ‘’C’è un ristorante molto più elegante all’angolo della strada, le troveranno certamente un tavolo Miss.’’
 
‘’Oh no… Charlie. A me non dispiace affatto, sono molto meno snob di quanto sembri.’’ Le rivolse un mezzo sorriso. ‘’Grazie, comunque.’’
 
La ragazza guardò interrogativa Blaine, che le rivolse un sorriso rassicurante, poi sospirò un po’ troppo pesantemente. Porse bruscamente il menù alla donna con un Tenga! secco e se ne andò con passo deciso.
 
‘’Le ho fatto qualche torto?’’ chiese Evelyne con un sopracciglio alzato, rivolgendosi al ragazzo.
 
Blaine le rispose con una leggera risata.
Aveva un bellissimo sorriso, pensò Evelyne.
 
‘’Ho paura che sia un tantino gelosa… Non so se si è accorta che si sono voltati tutti quando è entrata.’’
 
‘’Certo, solo che ci ho fatto l’abitudine ormai.’’ Disse Evelyne con un sorriso compiaciuto. ‘’E lei?! Si è voltato anche lei a guardarmi, o sbaglio…’’ Evelyne glielo disse con uno sguardo languido. Sorrise quando vide che arrossiva in un modo assolutamente adorabile.
 
La divertiva un mondo flirtare con gli uomini, infondo non infrangeva nessun patto; si limitava a innocenti provocazioni, godendosi le reazioni più svariate. Quella che osservava di fronte a sé era la più incredibile: quale uomo arrossisce ad una domanda così innocente?
 
‘’Beh… E’ molto affascinante, attira facilmente l’attenzione. Non è americana, vero? Dall’accento sembrerebbe… francese?!’’ tentò di indovinare timidamente, Blaine.
 
‘’Complimenti, signor…?’’
 
‘’Anderson. Blaine Anderson.’’ Affermò l’uomo.
 
‘’Beh, caro Blaine Anderson, si da’ il caso che neanche lei sia tanto male, e io penso che questo pranzo potrebbe essere l’inizio di una piacevole amicizia.’’ Disse maliziosa, mentre si sfilava i guanti.
 
All’improvviso, l’attenzione di Blaine fu attratta da un piccolo cerchietto d’oro intorno all’anulare della donna.
 
‘’Oh! Ma lei è sposata! Mi dispiace, sono stato inopportuno, si senta libera di andarsene. Non è il caso che lei pranzi con uno sconosciuto, no davvero.’’
 
‘’Si calmi la prego!’’ rise Evelyne ‘’Non c’è alcun problema… in realtà mio marito non è affatto geloso…’’
 
‘’Cos..?! Senta, non volevo che fraintendesse il mio gesto, volevo solo essere gentile.’’ Disse Blaine, corrugando la fronte.
 
‘’Oh. Beh, non posso dire che questa sua ammissione mi faccia piacere, però… Pazienza, tanto non tradirei mai mio marito.’’ Sorrise Evelyne, mentre riponeva i guanti nella borsetta e ne ricacciava il porta-sigarette.
 
‘’… allora, il suo comportamento di poco fa?!’’ chiese confuso il moro.
 
Evelyne fece spallucce, prima di accendersi una sigaretta.
‘’Cosa vuole che le dica, è il mio modo di ammazzare la noia! Mi perdoni se mi sono presa un po’ gioco di lei.’’ Sorrise e sbuffò una voluta di fumo.
 
Blaine la guardò incredulo, poi si poggiò allo schienale della sua sedia e rise.
‘’Lei mi ricorda una persona che conosco… Incredibile!’’
 
‘’Deve essere una persona in gamba! Chi è?’’ chiese incuriosita.
 
‘’… il … diciamo, il mio capo.’’ Disse, apostrofando la parola capo con le dita.
 
‘’E chi è questo fantomatico uomo? ’’ Chiese Evelyne, aspirando dalla sua sigaretta.
 
‘’E’ Sebastian Smythe. L’autore di musical.’’
 
Evelyne trattenne a stento la risata che le stava nascendo sulle labbra. Se Sebastian avesse saputo che aveva flirtato nuovamente con uno dei suoi attori, l’avrebbe rilegata in casa a vita.
 
‘’Sei un attore, Blaine.’’ Disse in un tono che sembrò più un’affermazione che una domanda. ‘’E per conoscere caratterialmente l’autore, dovresti essere a stretto contatto con lui.’’ Disse, mentre lo scrutava, celando il suo sguardo indagatore dietro un sorriso appena accennato.
 
‘’In realtà sono il protagonista della sua ultima opera.’’ Rivelò timidamente, Blaine.
 
Tipico. Era tipico di Sebastian scegliere, come attore principale, uomini estremamente affascinanti. Fortunatamente, li sceglieva anche molto talentuosi e ricchi d’esperienza.
 
‘’E dimmi un po’, ha già cominciato a punzecchiarti? Sai, tipo battute di significato ambiguo, piccoli gesti …’’ chiese la donna con tono saccente, mentre si poggiava comodamente allo schienale.
 
Blaine la guardò esterrefatto e sentì il terrore invaderlo. Si schiarì la voce, nervoso.
 
‘’Chi… chi è lei, mi scusi?’’ chiese, mentre prendeva un bicchiere d’acqua. La gola gli si era improvvisamente seccata.
 
‘’Sono Evelyne Alfieri… Smythe.’’
 
Blaine quasi si strozzò con l’acqua che stava bevendo. Cominciò a tossire convulsamente, battendosi il petto,  scatenando un sorriso, a metà tra il divertito e il compiaciuto, sul volto della donna di fronte a sé.
 
Evelyne inizialmente rimase a godersi la scena, ma poi, mossa da pietà, stava per alzarsi ad aiutarlo; fu bruciata sul tempo dalla giovane cameriera di poco prima, che corse in soccorso di Blaine.
 
‘’Tira in su la testa Blaine. Così bravo, respira piano.’’ Gli comandava Charlie, mentre gli dava dei colpetti dietro la schiena. ‘’Cosa gli ha detto di tanto inappropriato?’’ la cameriera si rivolse a Evelyne, con tono di rimprovero. ‘’E’ un ragazzo talmente timido, non ci vuole nulla per sconvolgerlo!’’
 
Blaine le rivolse un’occhiata torva, mentre, ancora paonazzo in viso, cercava di riprendere a respirare.
Evelyne scoppiò a ridere, divertita da quel teatrino. Poi vide lo sguardo della cameriera saettare sulla sua mano sinistra.
 
‘’Lei è sposata!’’ esclamò Charlie con un tono misto di stupore e gioia.
 
‘’E’ … la moglie di … Sebastian Smythe.’’ Disse a fatica e con voce ancora roca, Blaine.
 
Charlie sgranò gli occhi e la indicò con un dito: ‘’Lei è la moglie di Sebasian Smythe?! Quel Sebastian Smythe?! Il tuo capo, l’autore musicale… Quel dio sceso in terra, è suo marito?!’’
 
Entrambi i due seduti al tavolo le rivolsero uno sguardo interdetto.
 
‘’Oh. Mi scusi signora Smythe. A volte parlo troppo, ma praticamente lei è la donna più invidiata da tutte le cameriere di questo locale. Non conosco una sola delle mie colleghe che non aspetti qualche minuto in più, finito il turno serale, per vedere suo marito uscire dal teatro.’’
 
Evelyne le rivolse un grande sorriso, inarcando le sopracciglia.
 
‘’…E forse dovrei tacere ora. Mia madre me lo dice sempre che parlo troppo, do voce per dare aria alla bocca e finisco per dire cose inappropriate. Io cerco di essere una signorina da bene, ma non riesco a non dire quello che mi passa per la testa e…’’ si accorse che i due la guardavano a bocca aperta, quasi spaventati. Abbassò la testa e sospirò un flebile ‘’Scusatemi.’’
 
Evelyne le sorrise dolcemente e le sollevò il mento con le dita.
‘’Non preoccuparti Charlotte, a me non sono mai piaciute le brave ragazze.’’ Ammiccò complice.
‘’Ora se non ti dispiace, potrei ordinare? Sto morendo di fame.’’ Disse con una smorfia comica.
 
Charlie annuì con un sorriso e, prendendole il menù dalle mani, le consigliò la zuppa del giorno.
‘’Il cuoco l’ha appena cucinata, quindi ancora non ci ha fatto cadere qualcosa di strano dentro!’’
 
Evelyne alzò un sopracciglio, non molto convinta delle norme igieniche di quel posto, ma si fidò comunque del parere di Charlie.
La cameriera, prima di abbandonare il loro tavolo, si avvicinò a Blaine e gli sussurrò qualcosa dolcemente, carezzandogli una spalla. Evelyne vide il ragazzo annuire con un sorriso e poi la cameriera si allontanò verso la cucina.
 
‘’E’ simpatica … Siete molto carini insieme.’’ Disse la donna.
 
‘’Come?’’ chiese Blaine, sgranando gli occhi. ‘’No, no. Lei è solo la mia vicina di casa. Ha una specie di cotta per me, ma non c’è nulla tra noi.’’
 
‘’Allora, vivi da solo?!’’
 
Blaine indugiò un po’ troppo, indeciso sulla risposta da dare.
 
‘’Blaine, non sono nessuno per giudicarti. Se vivi con una donna al di fuori del matrimonio, a me non importa affatto.’’ Cercò di rassicurarlo Evelyne, pensando che il motivo del suo silenzio fosse una relazione illecita.
 
‘’No, nessuna donna. Divido un appartamento con mio cugino.’’
 
E forse, a tal proposito, non si sbagliava.
 
Cugino… certo.
 
Ad un tratto, nella mente di Evelyne, tutti i pezzi del puzzle cominciarono a trovare il loro posto:
la straordinaria bellezza del primo attore e il suo carattere timido, la fuga di suo marito, il suo comportamento scostante.
Evelyne non poté evitare il ghigno consapevole che si creò sul suo viso.
 
Blaine socchiuse gli occhi, curioso di sapere perché quell’improvviso cambiamento sul volto della donna; non poté indagare oltre perché una voce dalla porta del locale lo chiamò.
 
‘’Anderson, ti aspettano in teatro. La pausa è finita da cinque minuti e manchi solo tu.’’ Gridò Noah Puckerman, con il suo solito tono sciatto.
 
Blaine raccolse velocemente il suo cappotto, lasciò i soldi del suo conto sul tavolo, salutò in fretta Evelyne, che gli rispose con un cenno distratto del capo, e uscì dal locale.
Seguendo con lo sguardo Blaine, Evelyne incontrò Puckerman; si guardarono seri, prima che Noah decidesse di sparire dalla sua visuale.
Improvvisamente un altro dettaglio riaffiorò nella mente di Evelyne. Non aveva mai visto Blaine prima, le sarebbe rimasto impresso se l’avesse notato in qualche spettacolo.
 
‘’Charlie…’’ chiamò piano la cameriera che le aveva portato il suo ordine.
 
‘’Sì, Mrs.’’
 
‘’Blaine, è molto che lo conosci vero?! Ha mai avuto una parte importante in qualche spettacolo prima d’ora?’’
 
‘’No, signora Smythe. Questo è il suo primo ruolo da protagonista. Siamo tutti così orgogliosi di lui!’’ affermò la cameriera con un sorriso.
 
Un dilettante…
 
Evelyne chiuse gli occhi mentre con una mano stringeva la tovaglia, così forte da far diventare le nocche bianche.
 
Doveva vedere suo marito. Non si trattava più solo di irrispetto nei suoi confronti, la cosa si era rivelata ben più grave.
Avrebbe parlato a Sebastian quella sera stessa, anche se avesse significato cercarlo in tutti gli hotel di New York.
Doveva parlargli, chiedergli spiegazioni, dargli anche il  beneficio del dubbio, ma doveva sapere.
Ne valeva della carriera di Sebastian e forse della sua vita.
 
 
 
 
 

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Angolo della _zia_ :
 
Due settimane! Faccio progressi… ;)
Beh, non c’è molto da dire su questo capitolo, tranne che spero che il distacco tra i tre paragrafi non strida troppo.
Me la sto prendendo un po’ comoda con l’evoluzione della trama, lo ammetto… Ma l’incontro del secolo doveva pur avvenire! xD
Inutile dire che le cameriere del locale di fronte al teatro, che fangirlizzano per Sebastian Smythe, siamo tutte noi…
Beh, grazie per aver letto fin qui… Se volete lasciare un commento, è sempre gradito.
Per aggiornamenti, notizie e varie ed eventuali, potete trovarmi qui
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Un bacione immenso a tutti/e ... Al prossimo capitolo! ;)

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***




Capitolo VII

 

 
 







Sebastian infilò la sua chiave nella toppa della porta ed entrò in casa; ad accoglierlo il profumo di pulito e di fiori vecchi di un giorno.
Mosse qualche passo nell’ingresso guardandosi intorno.
Fece un mezzo sorriso, scoprendosi quasi sollevato nel non essere entrato in una stanza grigia e che puzzava di umidità.
Per quanto sentisse il bisogno di allontanarsi da quel posto, a volte, ancora non riusciva ad abituarsi agli hotel di bassa lega dei quartieri gay di New York; erano squallidi e la gente che li frequentava anche di più, però era tutto quello che poteva permettersi, fino a quando non avrebbe potuto approfittare di ben altra compagnia, molto più interessante.
 
Sogghignò mentre si toglieva il cappotto e si dirigeva verso il salotto; quasi non si accorse della presenza di una persona seduta su una delle poltrone.
 
‘’Avevo cominciato a dimenticarmi che faccia avessi.’’
 
Evelyne era rannicchiata sulla poltrona, nella penombra creata dal fuoco del camino, con un libro sul grembo.
 
‘’So bene che è quasi impossibile che qualcuno dimentichi il mio volto.’’ Disse, allargando appena il suo ghigno. ‘’Puckerman mi ha recapitato il tuo messaggio. Eri preoccupata per me?’’
 
‘’Sì.’’
 
Sebastian trasalì leggermente a quella risposta così eccessivamente sicura e decisa.
 
‘’…E lo sono ancora.’’
 
‘’Sono qui, ora.’’ Aggrottò la fronte Sebastian, allargando appena le braccia, ad indicare l’ovvietà della sua presenza.
 
‘’La mia preoccupazione ha ben altre fonti che la tua assenza degli scorsi giorni, anche se sono sicura che siano estremamente collegate.’’
 
Sebastian la guardò confuso, era enigmatica più del solito.
 
‘’Comunque, la prossima volta che hai intenzione di assentarti così tanto da questa casa, sei pregato di farmelo sapere in modo diverso da una frase sprezzante, recapitatami dall’autista nelle vesti di ambasciatore. In caso contrario potrei anche stancarmi di essere così indulgente con te.’’
 
Poi Sebastian la vide alzarsi, poggiare il libro sul tavolino e avviarsi lungo il corridoio.
 
‘’Dove vai?’’
 
‘’A prepararti un sandwich, ho dato la serata libera alla servitù.’’
 
Sebastian non si era accorto fino a quel momento che la casa era estremamente silenziosa, c’era anche un’atmosfera strana.
Seguì sua moglie in cucina, senza preoccuparsi di salire a cambiarsi per la cena (due sandwich non potevano certamente definirsi cena). Dal suo modo di comportarsi, capì che era successo qualcosa che l’aveva turbata, voleva parlargli e forse era l’unico modo per smorzare quella tensione che sentiva pesargli sul collo.
 
 



‘’Posso sapere, di grazia, cosa sta succedendo?’’ chiese Sebastian, appoggiandosi sull’isola al centro della cucina, dove sua moglie stava preparando un paio di panini.
 
Evelyne lo guardò incolore, continuando a spalmare un’ingente quantità di burro d’arachidi su una fetta di pane.
Sebastian la guardava compiere quel gesto e, anche se la donna cercava di nasconderlo, riusciva a percepire che fosse nervosa per qualche motivo.
 
‘’Potresti posare quel coltello?! Non vorrei che in un moto involontario, la tua mano me lo lanciasse addosso.’’ Disse con un ghigno, alzandosi dai gomiti.
 
Evelyne sospirò e, posando il coltello sul ripiano, si allontanò verso la credenza, cominciando ad aprire i vari cassetti alla ricerca di qualcosa di inesistente. Era nervosa, arrabbiata forse. Non riusciva a stare ferma e se l’avesse fatto non sarebbe riuscita a contenersi. Non voleva fare scenate, non era nel suo stile.
 
‘’Ev, guardami.’’
 
La donna si voltò ad incontrare gli occhi verdi e cristallini di suo marito, che la guardavano attraverso due fessure create dalle palpebre, incorniciate dalle sue lunghe ciglia chiare. Sorrise, era buffo come si potesse soffermare sempre sui piccoli particolari di Sebastian come se li notasse per la prima volta.
 
‘’Ho conosciuto il tuo nuovo primo attore, oggi.’’ Disse atona.
 
Vide Sebastian irrigidirsi impercettibilmente, non l’avrebbe notato se non avesse conosciuto ogni cosa di lui; era pur sempre sua moglie, nonostante tutto.
Sbuffò, trattenendo a stento una risata sarcastica.
 
‘’Allora?’’ chiese Sebastian con una scrollata di spalle, appropriandosi del proprio sandwich e avviandosi verso la sala da pranzo con un’espressione strafottente sul viso.
 
Evelyne alzò gli occhi al cielo; avrebbe potuto ammazzarlo, avrebbe potuto se solo non fosse stata così … Sospirò, passandosi una mano sul viso.
Uscì dalla cucina anche lei e, quando arrivò in sala, trovò Sebastian seduto a tavola che mangiava tranquillamente.
 
Si sedette di fronte a lui e lo fissò negli occhi.
‘’E’ molto bello.’’
 
‘’L’avevo notato anch’io.’’ replicò Sebastian mentre masticava un boccone.
 
‘’E’ gay.’’
 
Sebastian ingoiò prima di sorridere e rivolgere uno sguardo divertito alla donna.
‘’Avevo notato anche questo.’’
 
‘’Ma Sebastian… un dilettante…’’
L’uomo distolse lo sguardo, serrando le labbra. ‘’… te la senti davvero di mettere a repentaglio l’intera messa in scena, solo per una sveltina dietro le quinte?!’’
 
A quelle parole, Sebastian scattò la testa in direzione di sua moglie, con gli occhi spalancati.
‘’Aspetta, tu non lo conosci, non l’hai mai visto all’opera. Blaine ha un talento nat-’’
 
‘’Blaine?!’’
Evelyne lo guardò attonita, alzando di un semitono il tono di voce, mentre Sebastian invece le rivolgeva uno sguardo seriamente confuso.
‘’…e d-da quando ricorderesti i nomi dei tuoi attori, sentiamo?!’’
 
Sebastian dischiuse le labbra, ma non riuscì a dire nulla. Era vero, prima di Blaine non si era mai preoccupato di ricordare il nome di qualche suo attore; Sam l’aveva chiamato per mesi ‘bocca da trota’, dopo esserselo portato a letto, era diventato ‘labbra a ventosa’.
Non l’aveva fatto neanche quella volta in effetti, nessuno sforzo; ricordava il suo nome e basta.
 
Si alzò sbuffando frustrato, non sapeva perché ma quella consapevolezza lo lasciò con una punta di inquietudine addosso, e si diresse verso l’angolo bar infondo alla sala.
 
Evelyne lo seguì con lo sguardo.
Aveva talento, diceva. Ricordava il suo nome, questo voleva dire che l’aveva colpito molto più profondamente di quanto pensasse; non solo fisicamente, era chiaro.
Qualcosa dentro di lei cominciò a tremare; non era la preoccupazione per lo spettacolo, Sebastian non era così sprovveduto infondo, ma piuttosto… qualcos’altro.
 
‘’Cosa hai intenzione di fare con lui?’’ era una domanda retorica naturalmente, ma doveva fargliela.
 
‘’Beh, l’hai detto anche tu: è bello, affascinante e omosessuale… Sicuro non voglio giocare con lui ai bussolotti.’’ Disse mentre versava una piccola dose di liquore bianco in due bicchieri.
 
‘’Ha un compagno, lo sai?’’
 
Sebastian rise e, riavvicinatosi al lato del tavolo dove era ancora seduta Evelyne, le poggiò uno dei due bicchieri di fronte. La guardò negli occhi, malizioso.
‘’Rende solo tutto più divertente.’’
 
Evelyne lo guardò inespressiva.
‘’Non preoccuparti, aspetterò che le prove e la prima siano passate, poi quando avrò ottenuto quello che voglio, tornerà tutto come prima.’’
 
La donna fece un piccolo sospiro e svuotò in un sol sorso il suo drink; si alzò per andare a riempirsi di nuovo il bicchiere, sempre in silenzio.
Sebastian non capiva il perché di quella reazione così quieta. Si sarebbe aspettato urla, preoccupazione e un elenco infinito di consigli, ma niente.
 
‘’Beh, non hai niente da dire?! Nessuna raccomandazione da farmi…’’ disse sarcastico, scrollando una spalla.
 
‘’Tu mi ami, Bas?’’
 
Fu preso in contropiede, non si aspettava una domanda del genere, cosa che lo portò ad aggrottare vistosamente la fronte.
‘’Sai bene cosa provo per te.’’
 
In realtà Evelyne non lo sapeva, o meglio, non sapeva dare un nome a quello che provavano, a quello che erano l’uno per l’altra.
 
‘’Forse. Voglio solo sapere se tu lo reputi amore.’’
 
L’uomo abbassò il capo verso il bicchiere che aveva in mano, svuotandolo un secondo dopo. Quando rialzò lo sguardo sulle spalle di Evelyne, diede la sua risposta senza preoccupazione, con un sopracciglio leggermente inarcato.
‘’No.’’
 
Evelyne sorrise lievemente e si voltò a guardare maliziosamente, negli occhi, suo marito.
‘’Allora non ho il diritto di dirti nulla.’’
 
Prese un altro bicchiere e lo riempì quasi fino all’orlo, si avvicinò a Sebastian e, dopo avergli lasciato un leggero bacio sulle labbra, glielo mise in mano.
 
‘’Ti aspetto in camera.’’
 
Uscì dalla sala con passo deciso. Lo spettacolo sarebbe andato avanti perfettamente, Sebastian avrebbe ottenuto quello che voleva e poi sarebbe tornato alla loro solita routine. Tutto come al solito. Eppure, niente di tutto ciò riuscì a placare la sensazione di vuoto all’altezza del suo stomaco, una sensazione che non preannunciava nulla di buono.

 
 
 
 

*

 
 
 
 
Quella mattina, Evelyne si svegliò presto. Sebastian dormiva ancora profondamente nel suo letto, a pancia in giù e con il lenzuolo che gli copriva solo parzialmente la schiena nuda. Non lo svegliò, scese dal letto e indossò la vestaglia.
A quell’ora dell’alba, la casa era sempre fredda; l’unico posto più caldo era la cucina. Ci si diresse quasi saltellando, per potersi riscaldare.
Sorrise compiaciuta quando, aperto l’uscio, sentì una voce decisa che cantava.
 

''…Oh, I hate men!
I hate men.
Though roosters they, I will not play the hen
If you espouse an older man through girlish optimism,
He'll always stay at home and night and make no criticism
Though you may call it love, the doctors call it rheumatism!
Oh, I hate men! …''
 
 
‘’Non capisco per quale motivo tu non abbia ancora fatto un provino per mio marito, Mercedes.’’
La cuoca, Mercedes, una donna robusta con la carnagione scura, soleva sempre cantare mentre cucinava o mentre rimetteva in ordine la cucina, o nel tempo libero. In pratica sempre. E non si limitava a canticchiare, no. Lei aveva una voce potente, da far invidia a molte stellette di Broadway.
 
Più volte Evelyne l’aveva esortata a presentarsi ad uno dei tanti provini del marito, ma lei rispondeva sempre nello stesso modo:
‘’Sono la sua cuoca, Mrs.’’
 
‘’E allora?! Pensi che Sebastian guardi in faccia la servitù?! Se ci andassi non ti riconoscerebbe nemmeno.’’ Sbuffò Evelyne, venendo avanti.
 
‘’Però sappiamo bene che non mi prenderebbe in considerazione, non ho nessun diploma e nessuna esperienza…’’ Puntualizzò la donna, mentre metteva la teiera sul fuoco.
 
‘’Oh credimi, a quanto pare ha smesso di arruolare gente con esperienza. Ora affida il peso dei suoi spettacoli a giovani dilettanti con gli occhi di fata!’’ disse sarcasticamente Evelyne, mentre si sedeva su uno degli sgabelli vicini all’isola. ‘’Dammi una tazza di the, per favore.’’
Non ricevendo risposta, alzò lo sguardo verso Mercedes, che la guardava truce.
 
‘’Che c’è?’’ sbottò la donna.
 
‘’Cosa pensa di fare?! Lei deve fare colazione in sala, come spetta al suo status. Se suo marito la vedesse qui…’’
 
‘’Mio marito sta dormendo come un ghiro, e anche se fosse qui, non cambierebbe nulla. Mi deve tanti di quei favori! Farmi fare colazione con la cuoca è il minimo!’’ affermò quasi brusca.
 
‘’Centra il dilettante dagli occhi di fata, per caso?’’ chiese con un sorriso, Mercedes, mentre le porgeva un piattino con sopra una tazza di the fumante e un vassoio di biscotti.
 
Evelyne alzò gli occhi al cielo, sospirando. Mercedes era la sua confidente, si fidava davvero di lei.
 
‘’No. S-sì… Non lo so, forse.’’ Sbuffò frustrata. ‘’E' che… Il suo comportamento è strano. Da quando è cominciata la preparazione di questo musical, è… Non so. Sebastian non è mai stato un uomo impulsivo: è metodico, calcolatore. Eppure si è lasciato trasportare dalle sensazioni che questo ragazzo gli ha procurato durante il provino. Ha lasciato che l’istinto scegliesse per lui. E’ la prima volta, e ne sono spaventata, lo ammetto.’’
 
‘’Perché?’’ chiese la cuoca.
 
‘’Perché non può andare male, capisci! Non più, non questa volta! Non dopo quello che noi due abbiamo passato, dopo quello che io ho passato.’’ Rimarcò quel io battendosi agitatamente una mano sul petto.
 
‘’Ha provato a dirglielo?!’’ chiese Mercedes.
 
‘’No.’’
 
‘’Cos-. Pensavo che ci avesse dato la serata libera per potergli parlare liberamente…’’ la cuoca era confusa e stupita. Si stava lamentando da giorni per il comportamento di Mr. Smythe; per giorni, settimane aveva dovuto seguirla per casa per cercare di placare la sua collera. Nonostante ciò non gli aveva parlato.
 
‘’…Avrei voluto, credimi. Avrei voluto fargli una di quelle scenate che Bas ama tanto inserire all’interno delle sue opere, ma no… Non ne ho nessun diritto.’’ L’ultima frase la disse con tono sommesso, quasi affranto, portandosi la tazza alle labbra.
 
‘’Certo che ce l’ha. E’ sua moglie!’’ cercò di replicare la donna più robusta.
 
‘’Non quel tipo di moglie.’’
 
‘’Cosa ha intenzione di fare, allora? Tenersi tutto dentro?’’ il tono della cuoca era quasi di rimprovero.
 
‘’Esattamente. Mi costringerò a fidarmi di lui. Sarò accondiscendente, silenziosa. Sperando che questo terrore che mi attanaglia lo stomaco, svanisca il prima possibile.’’
 
Bevve l’ultimo sorso di the poi, tranquillamente e senza dire una parola, si alzò dallo sgabello e si diresse verso la porta. Si bloccò solo quando Mercedes le fece quell’ultima domanda.
 
‘’Mrs, mi spieghi però una cosa… Cos’è esattamente che le fa così paura?’’
 
 
 
 

*

 
 
 
‘’Hai paura?’’
 
Blaine alzò lo sguardo verso lo specchio posto sull’anta centrale dell’armadio della sua camera, incontrando il riflesso di Kurt e della sua espressione dolce.
‘’No…’’ rispose Blaine, ma lo fece con un tono fin troppo cupo per sembrare sincero.
 
‘’Sicuro?! Dopotutto mancano meno di due settimane alla prima dello spettacolo. Fossi in te sarei paralizzato, ma anche pieno di adrenalina. E’ il tuo primo ruolo da protagonista, possiamo dire che tutto il peso dello spettacolo grava sulle tue spalle. E' come se a me dessero la parte principale ne ‘Lo schiaccianoci’, nonostante sia entrato ora nella compagnia e…’’ aveva cominciato a parlare ininterrottamente, distogliendo anche lo sguardo da Blaine che, ad ogni parola, assumeva un’espressione affranta e demotivata, mescolata anche ad un po’ di sano terrore.
Quando il ragazzo biondo sollevò nuovamente lo sguardo sul suo amante, vide la sua espressione: sembrava un cucciolo abbandonato sotto la pioggia.
 
‘’Oh … pardon. Lo so, non sono molto d’aiuto quando faccio così.’’ Lo abbracciò da dietro, poggiando il mento sulla sua spalla, sorridendogli. ‘’Ma vedrai, sarai perfetto. Mozzerai il fiato a chiunque.’’
 
‘’Come fai ad esserne sicuro? Sono settimane che proviamo e mi sembra di non essere arrivato a nulla!’’ si divincolò gentilmente dall’abbraccio di Kurt, mettendosi le mani nei capelli.
 
‘’Sono sicuro che tu stia esagerando.’’ Gli disse con calma.
 
‘’No, Kurt. Non esagero. Non ho un vero feeling con nessuno sul palco, a parte Rachel, inoltre non riesco ad interpretare una canzone ... Una canzone?! La canzone! Il fulcro di tutta l’opera… Manderò tutto all’aria e Smythe mi odierà e non permetterà che io lavori più per nessuno!’’ si buttò di schiena sul letto, portandosi le mani sul viso.
 
 Kurt si sedette sul bordo del giaciglio e gli tolse a forza una mano dal viso, stringendola tra le dita.
 
‘’Sei solo stanco, Blaine. Da quanto tempo non dormi decentemente?’’
 
Blaine sospirò e voltò il viso a manca, socchiudendo gli occhi.
Da qualche giorno, le sue notti erano agitate. Nonostante arrivasse a casa esausto e crollasse in un sonno profondo, veniva svegliato nel cuore della notte dallo stesso, identico incubo:
 
La penombra del palcoscenico. Due occhi verdi che brillano alla fioca luce dei fari. Dita che gli spostano i capelli dalla fronte. Passi di danza. Due mani che gli accarezzano i fianchi. Un sorriso. Un sospiro sul retro del suo collo. Poi appare lei...
E il senso di inadeguatezza e di inspiegabile angoscia lo assale, costringendolo ad aprire gli occhi per tentare di liberarsene.
 
Non sapeva spiegarsi perché quel sogno lo mettesse così in agitazione. Inoltre si svegliava sempre con un grande senso di colpa, perché quei flash gli procuravano piacere, lo rendevano sereno, proprio come un bel sogno sa fare. Era solo all’apparizione della donna che il suo stomaco veniva trafitto da una lama invisibile.
 
Si sollevò a sedere, sbuffando frustrato. Non sapeva come liberarsene; inizialmente pensò che fosse la tensione, così prima di andare a letto aveva provato con la camomilla, con la valeriana, ma niente.
Quel sogno continuava ad ossessionarlo tutte le notti.
 
‘’Maledetto incubo…’’ grugnì, teso.
 
‘’Vuoi parlarne?’’ chiese Kurt, cominciando a carezzargli affettuosamente la schiena.
 
‘’…No. Non preoccuparti… ne verrò fuori. E’ solo stress. E che è tutto così nuovo, mi sento sotto pressione… Deve essere sicuramente così.’’ L’ultima parte della frase la mormorò tra sé e sé, come se volesse auto-convincersi.
 
Il giovane ballerino gli cinse le spalle con un braccio e gli baciò una tempia.
‘’Rilassati. Vedrai che sarà un successo, tu avrai successo. E poi Smythe non permetterà mai che tu faccia fiasco.’’ Disse con un sorriso sornione.
 
‘’Intendi che mi ammazzerà, buttando il mio corpo nei sotterranei del teatro, se rovino tutto?!’’ chiese sarcasticamente l’attore, sgranando gli occhi.
 
‘’N-no… Sarebbe capace di farlo?!’’ chiese il biondo con un’espressione titubante.
 
Blaine inarcò le sopracciglia e fece spallucce: ‘’… Sembra piuttosto collerico, quindi… sì, direi di sì.’’
 
‘’Oh. Beh... non sarà necessario farlo arrivare a questo perché sta già prevenendo!’’ affermò Kurt con uno slancio.
 
‘’E tu che ne sai?!’’ gli chiese con un mezzo sorriso Blaine.
 
‘’L’hai detto tu che ti dedica particolari attenzioni, che ti aiuta in tutto e per tutto, addirittura con la danza! Da quello che mi racconti, sembrerebbe che tu interagisca più con lui che con i tuoi partner di scena!’’
 
Blaine socchiuse gli occhi a quell’ultima affermazione. Era vero in fondo, passava molto più tempo con l’autore che a lavorare insieme agli altri attori. Se questo poteva essere positivo da una parte, imparando e assecondando le intenzioni di Smythe sul suo personaggio, dall’altra parte non poteva definire perfettamente il suo ruolo, l’interazione del suo personaggio con gli altri. Sarebbe stata una lacuna immensa, ma doveva parlarne al diretto interessato.
Guardò l’orologio e si alzò dal letto; sarebbe arrivato cinque minuti prima per parlare con Mr. Smythe.
Mentre infilava giacca e cappotto, Kurt gli ricordò di riportargli l’ombrello, per poi sparire nel bagno.
Erano passate settimane da quella sera sotto la pioggia e non glielo aveva ancora restituito.
Si avvicinò all’ingresso e lanciò uno sguardo fugace al portaombrelli, aprì la porta e uscì.
Glielo avrebbe portato un altro giorno.







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Angolo della _zia_


Salve a tutti! Et voilà! Settimo capitolo... Ammettetelo vi aspettavate la scenata epocale da parte di Evelyne... Invece no! C: E' troppo razionale, povera cara...
Beh, come al solito non ho molto da dire. Vi ringrazio infinitamente per le recensioni, le letture silenziose e per la chance che state dando a questa long, nonostante l'autrice (CHE PAROLONE) sia una pessima, pessima, e aiutatemi a dire pessima, fanwriter...

Mi emozionate! Il mio più grande grazie però, va a quel tesoro di Black_eyes che legge in anteprima, corregge e sclera tutto quello che le mando... E sono anche sicura che stia costruendo una bambolina Vodoo con le mie sembianze... 
Un abbraccio forte a tutti/e!!! Al prossimo cap. ;)

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***



Capitolo VIII

 
 
 
 



Le prove erano iniziate tardi quel giorno; stranamente Sebastian Smythe era arrivato in ritardo quella mattina. Blaine ne era rimasto un po’ deluso, avrebbe preferito parlargli prima dell’inizio delle prove, in modo da cominciare a lavorare sulle sue problematiche fin da subito.
Si era presentato in anticipo proprio per quel motivo, sapeva che Mr. Smythe era sempre il primo ad arrivare. Ben presto si era dovuto ricredere; l’intera compagnia aveva aspettato per un’ora, riunita sul palcoscenico. Molti dei componenti avevano utilizzato quel tempo per riscaldarsi, per ripassare la parte, per provare tra loro. Blaine l’aveva passato a camminare avanti e indietro per il proscenio, in preda ad una strana agitazione.
Infine, l’autore aveva fatto la sua comparsa; era entrato in teatro in silenzio e con passo un po’ incerto, si era seduto al fianco del regista e gli aveva rivolto un gesto svogliato della mano, ad indicare che si poteva cominciare.
Artie Abrams l’aveva guardato a lungo prima di sospirare profondamente e cominciare a imbastire la prima scena in programma quel giorno, alla quale Blaine non prendeva parte.
Il giovane attore si mise seduto in un angolo del palcoscenico a ripassare la scena successiva, lanciando di tanto in tanto degli sguardi verso la platea: l’autore guardava il tutto con fare vacuo, con le dita ogni tanto andava a massaggiarsi gli occhi o le tempie.
Blaine sospirò piano e si morse il labbro, rivolgendo nuovamente la sua attenzione sul copione adagiato sulle gambe.
Avrebbe potuto approfittare di quel momento per avvicinarsi all’autore; purtroppo non era sicuro che gli avrebbe rivolto particolare attenzione: Smythe sembrava immerso in un dopo sbronza colossale.
Tentennò ancora qualche attimo prima di alzarsi dalla sedia, scendere in silenzio dal palcoscenico e avvicinarsi a i due uomini seduti in platea.
Non si accorsero subito della sua presenza, così Blaine si schiarì la voce, cercando di mantenere un tono udibile solo ai due.
 
‘’Anderson, come possiamo aiutarti?’’ chiese Abrams, senza neanche il bisogno di voltarsi verso di lui.
 
All’invocazione del nome del suo primo attore, Sebastian alzò lo sguardo verso il giovane in piedi a pochi passi da lui: ‘’Oh, Blaine… ‘’ si soffermò per un attimo sul suo nome.
Blaine notò che c’era qualcosa di strano nel modo in cui l’aveva pronunciato, così diversamente dal solito, e nell’espressione che ne era seguita, come se pronunciarlo avesse stonato alle sue stesse orecchie.
 
‘’Mr. Smythe, potrei rubarle un paio di minuti?’’ chiese Blaine a bassa voce ma con tono deciso.
 
‘’Stiamo provando…’’ la voce di Sebastian era sofferente, socchiuse gli occhi con una smorfia guardando il palcoscenico, Blaine però non si diede per vinto.
 
‘’E’ importante, riguarda le prove.’’
 
‘’Spero non si tratti di problemi con i tuoi colleghi. Non ho né la forza, né la voglia, di dissipare malcontenti da prime donne.’’ Esclamò annoiato, ruotando gli occhi verso il suo interlocutore.
 
‘’Riguarda il mio rapporto con lei.’’ Bisbigliò timidamente il giovane primo attore.
 
A quelle parole un ghignò compiaciuto nacque sul volto dell’autore che, poggiando i palmi sui braccioli della poltrona, si alzò con uno slancio (pentendosene amaramente quando la sala cominciò a girare).
‘’Hai tutta la mia attenzione Anderson!’’ esclamò, poi voltandosi verso il regista gli disse di continuare senza di lui, beccandosi come risposta un’alzata di occhi al cielo.
 
Si allontanarono di qualche passo in modo da non disturbare l’andamento delle prove e, di conseguenza, da non essere disturbati a loro volta.
 
‘’Non pensavo saresti capitolato così facilmente Blaine.’’  Gli sorrise sornione.
 
‘’Non lo chiamerei capitolare, piuttosto prendere coscienza del problema.’’ Balbettò Blaine, abbassando lievemente lo sguardo.
 
‘’Lo reputi un problema?’’ chiese inarcando le sopracciglia e cercando i suoi occhi. ‘’Hai qualche problema nei miei confronti?’’
 
‘’No, affatto. Penso solo che sarebbe giusto interagire maggiormente anche con gli altri della compagnia.’’ Affermò semplicemente, sentendosi anche sollevato; non pensava che sarebbe stato così semplice.
L’autore però, dopo l’ultima affermazione, lo stava guardando in modo strano.
 
‘’Non ti pare di essere un tantino eccessivo, Blaine?’’ chiese.
 
‘’Con tutto il rispetto ma no. Anche loro fanno parte dello spettacolo.’’ Disse genuino, piegando leggermente la testa di lato, confuso da quella strana domanda.
 
‘’Sì, ma non per questo … Ma di cosa stiamo parlando esattamente?!’’ sbottò infine Sebastian.
 
‘’Delle prove, del mio ruolo e del mio rapporto lavorativo con lei… Lei invece, di cosa stava parlando?’’ chiese stranito Blaine
 
Sebastian dovette trattenersi dal non scoppiare a ridere; avevano perso tutto quel tempo discutendo di due cose diverse.
Quanto poteva essere ingenuo quel ragazzo, avrebbe dovuto istruirlo anche su quello, o il mondo dello spettacolo, e quello in generale, lo avrebbero mangiato vivo.
D’altro canto poteva capire prima che l’attore non si stesse riferendo a quello che intendeva lui; fortunatamente quel maledetto mal di testa l’avrebbe ucciso prima che potesse prendere altri abbagli.
 
‘’Cosa ti inquieta Anderson?’’ chiese, ignorando completamente l’ultima domanda di Blaine.
 
‘’Ho paura di star sbagliando qualcosa. Sento di non avere abbastanza feeling con i miei partner di scena; la maggior parte delle mie prove si limitano a me e lei. Non mi sto lamentando di questo, apprezzo infinitamente il suo aiuto, però il mio personaggio sarebbe più completo se interagissi di  più con il resto del gruppo.’’
 
Mentre Blaine esponeva il tutto, Sebastian lo seguiva in silenzio, quando finì, annuì con la testa.
‘’Permettimi che ti faccia una domanda: mentre aspettavate che io arrivassi, cosa avete fatto?’’
 
‘’Beh, non saprei dire nello specifico, ma alcuni provavano tra loro, mi pare, o chiacchieravano.’’ Disse semplicemente Blaine.
 
‘’E tu, invece?’’ chiese nuovamente Sebastian, serio.
 
Blaine lo guardò negli occhi e capì immediatamente dove voleva arrivare, e si sentì un idiota completo.
‘’Ho aspettato lei.’’ Sospirò, abbassando per un attimo lo sguardo.
 
Sebastian sorrise serrando le labbra e fece spallucce, poi fece per tornare al suo posto al fianco del regista, prima però gli poggiò una mano sulla spalla e gli sussurrò all’orecchio:
‘’Hai ancora molto da imparare.’’
 
Blaine chiuse gli occhi maledicendosi. Si era comportato come un vero dilettante, ma era arrivato il momento di smetterla.
Prese un respiro profondo, si voltò e si avviò a passo deciso verso il palcoscenico.
 
 
 

 

*

 
 

‘’Pausa!’’
 
 
 
Un sospiro di sollievo si levò da tutti gli attori, che corsero via in fretta affamati e desiderosi di un meritato break.
Tardarono ad uscire solo quelli che avevano appena finito di provare, si presero qualche minuto per ricomporsi prima di andare a pranzo.
 
Blaine stava per scendere dal palco per recuperare il suo cappotto, quando notò Rachel giù in platea, in attesa.
 
‘’Rachel!’’ esclamò con un sorriso gentile.
 
La ragazza si voltò e rispose al suo sorriso. ‘’Ehi, Blaine.’’
 
‘’Ricordi finalmente il mio nome.’’ sorrise vittorioso il ragazzo.
 
La ragazza poggiò le mani sui fianchi e disse con ironia:
‘’E io che pensavo fosse il nuovo nome del tuo personaggio!’’
 
Il giovane attore alzò un sopracciglio, confuso e non del tutto sicuro di aver capito la battuta della ragazza.
Rachel fece per replicare quando alle sue spalle arrivò Sam Evans che attirò la sua attenzione mettendole una mano su un fianco.
‘’Andiamo Rach?!’’
 
‘’Sì… Arrivo.’’ Si voltò nuovamente verso Blaine e gli rivolse un sorriso timido. ‘’Stiamo andando a pranzo in un ristorante davanti il teatro… ti… ti andrebbe di venire con noi?’’
Blaine sospirò sollevato e ammise: ‘’Stavo proprio per chiedervelo, vengo volentieri.’’
 
 
 
Quel giorno il ristorante era pieno come al solito ma la provvidenziale presenza di Charlie aiutò Blaine e i suoi ospiti a trovare un tavolo per tre; cercò di fare del suo meglio e riuscì a liberare in fretta un tavolo abbastanza appartato.
Rachel si guardò in giro con un’espressione affatto persuasa e fece un commento un tantino schizzinoso sul fatto che fossero un po’ troppo vicino alle cucine.
Charlie la guardò con sufficienza e chiese a Blaine se, per favore, avesse il permesso di sputarle nel piatto.
Blaine per ringraziarla della sua gentilezza le diede un bacio sulla guancia, sperando che quel gesto la persuadesse dal compiere qualsiasi sabotaggio al pranzo dell’attrice.
Probabilmente funzionò perchè la ragazza sorrise e, dopo aver preso l’ordine di tutti e tre i commensali, si allontanò quasi saltellando.
 
‘’Hai detto che è tua cugina?!’’ chiese Sam mentre era intento a sgranocchiare un grissino.
 
‘’No, è la mia vicina.’’ Chiarì con calma Blaine.
 
Sam fece spallucce e continuò a rivolgere la sua attenzione al grissino che aveva in mano. Blaine scosse leggermente la testa e aggrottò la fronte dinanzi al comportamento del biondo.
 
‘’Allora Blaine,- esclamò Rachel, attirando la sua attenzione- devo ammettere che sono sorpresa che tu abbia voluto pranzare con noi, solitamente rimani abbastanza in disparte.’’
 
‘’Mi sono reso conto che era il caso di comportarmi da vero professionista ed integrarmi con il resto della compagnia, dopotutto sono l’unico membro esterno e, se voglio lavorare al meglio con voi, devo smetterla di isolarmi egocentricamente e…’’
 
‘’E farti coccolare dall’autore.’’ Esclamò con un ghigno Sam.
 
Il moro si fece serio e guardò l’altro con uno sguardo confuso misto a severità.
‘’Che intendi dire?’’
 
‘’Intendo dire che forse ti sta rivolgendo un po’ troppe attenzioni.’’ Affermò avvicinandosi di più al viso del moro.
 
‘’Sam non dire idiozie; è normale che Smythe si dedichi particolarmente a Blaine. E’ il suo primo vero ruolo importante e sai quanto ci tenga Sebastian a questo spettacolo. E’ giusto che lo monopolizzi così.’’ Esclamò Rachel stizzita, ammonendo con lo sguardo il suo collega.
‘’Ora perdonatemi ma vado un momento alla toilette, torno subito. Sam, comportati bene.’’ Disse la ragazza, prima di alzarsi e dirigersi verso il bagno.
 
I due uomini rimasero seduti al tavolo in silenzio per qualche attimo, poi la cosa, a quanto parve, cominciò a stancare il giovane attore biondo.
‘’Vieni spesso in questo ristorante, vero?’’
 
Blaine rimase interdetto da quella domanda così ordinaria, non se l’aspettava certo, visto come erano iniziate le cose tra loro.
‘’S-sì, la mia vicina sai… Ho un trattamento di favore qui.’’ Disse con un mezzo sorriso.
 
‘’Anche quando non sei da solo?’’ chiese nuovamente il biondo.
 
‘’Beh, sì.’’ Rispose con ovvietà Blaine.
 
‘’Hai abbindolato anche lei?!’’ il biondo gli lanciò uno sguardo sprezzante.
 
‘’Cos-?!’’
 
‘’E’ grazie a lei che hai avuto la parte vero?!’’ incalzava Sam, avvelenando sempre di più il suo tono.
 
‘’Non so di cosa tu stia parlando Evans.’’ Affermò Blaine, sinceramente confuso.
 
‘’Non fare l’innocentino. Vi ho visti qui, ieri, che parlavate come due piccioncini.’’
 
Blaine era incredulo, aveva finalmente capito di chi stesse parlando ma non poteva credere fosse serio.
‘’Cos-?! Cosa stai dicendo?! Cosa c’entra la signora Smythe con il mio ingaggio?! L’ho conosciuta solo ieri.’’
 
‘’Non mi freghi amico. Questo metodo l’ho sperimentato prima di te.’’ Disse con un ghigno.
 
Blaine boccheggiò, combattuto tra il suo shock e la voglia che aveva di prendere quel tizio a pugni.
Stava per rispondergli, per chiedergli cosa volessero davvero dire quelle parole, ma Rachel ritornò dalla toilette e il discorso si concluse lì.
 
Pranzarono, chiacchierarono - i due uomini non fecero nessun riferimento alla conversazione avvenuta prima- si confrontarono sui loro personaggi e sullo spettacolo in generale.
Poi, naturalmente, arrivarono ai pettegolezzi.
 
‘’… Tina dice che abbia una cotta per lei.’’ Disse con fare cospiratore Rachel mentre poggiava la sua tazza di the sul tavolo.
 
‘’Non mi stupirebbe, Miss Pierce è una gran bella donna e Abrams ha solo la gamba insensibile.’’
 
‘’A me è sembrato che non l’abbia affatto.’’ Affermò timidamente Blaine che avrebbe preferito evitare quei discorsi.
Gli altri due lo guardarono solo per un attimo, poi ripresero a parlottare tra loro.
Blaine cercò un qualche aiuto divino che potesse cacciarlo fuori da quella situazione, ma a giudicare dalla domanda che arrivò dopo, il moro capì che Dio non doveva essere nei paraggi.
 
‘’E tu Blaine, sei sposato, fidanzato…’’ chiese curiosa Rachel.
 
‘’I-io?! No.’’ Marcò quel no con sicurezza, senza sbavature (anni e anni di esercitazione l’avevano reso incredibilmente credibile).
 
‘’Oh non preoccuparti, non ci metteranno molto ad affibbiarti una relazione.’’ Ridacchiò la ragazza.
 
‘’Che vuol dire?’’ chiese smarrito il moro.
 
‘’Se avrai la fortuna di diventare abbastanza famoso, di te si parlerà su tutti i giornali, e non mancano riviste scandalistiche in giro.’’ Affermò la Berry con un mezzo sorriso sornione.
 
‘’Si inventeranno di tutto su di te.- continuò Sam- Ricordo ancora quando insinuarono che Rach avesse una storia con il suo autista. Come si chiamava?! Halson?!’’ chiese, rivolgendosi alla sua collega.
 
‘’Finn Hudson.’’ Lo corresse la ragazza, in tono mesto; si schiarì la voce subito dopo, ricomponendosi, e sorrise nuovamente.
‘’La storia più assurda che abbiano mai inventato però riguarda te, Sam.’’
 
Evans serrò le labbra e inarcò le sopracciglia, mentre Blaine guardava i due interrogativo.
 
‘’Scrissero che Sam avesse avuto degli incontri di dubbia natura con… indovina un po’ chi?! Sebastian Smythe.’’ Disse ridendo l’attrice.
 
Blaine sgranò gli occhi, sentendosi come se gli avessero tirato un pugno nello stomaco.
‘’Ma è impossibile!’’ affermò il moro. Anche perché, a seguito delle ultime rivelazioni, il biondo in passato aveva incontrato qualcun altro.
 
‘’Già.’’ Esclamò piano Sam.
 
‘’Perché mai avrebbero montato su questa storia?’’ chiese Blaine.
 
I due rimasero in silenzio, guardandosi con un po’ di imbarazzo.
‘’Beh… si dice in giro che Smythe, a volte, ami trattenersi in modi, come dire, meno usuali dalla norma.’’
 
Blaine cercò di nascondere il brivido che gli provocò quell’improbabile scelta di parole e chiese serio: ‘’Chi lo dice?’’
 
‘’N-nessuno in particolare, sono voci di corridoio…’’ disse vaga Rachel.
 
‘’Però fossi in te starei lontano dal nostro amato autore, almeno al di fuori delle prove.’’ Disse con voce profonda Sam.
 
‘’Perché dici questo?’’
 
‘’Perché il prossimo protagonista dei pettegolezzi su di lui potresti essere con molta probabilità tu, Blaine.’’ Disse tagliente il biondo, rimarcando il suo nome.
E il moro non capiva quella fissazione di tutti per il suo nome, ma quando vide il particolare sguardo che la sua collega rivolse a Sam alla pronuncia di quel Blaine, capì che doveva essere un questione abbastanza spinosa.
Un senso di angoscia gli attanagliò lo stomaco e, in quel momento, Blaine si ricordò per quale motivo era rimasto in disparte per tutto quel tempo.
 
 
 

 

*

 
 
 
Chiuse gli occhi Blaine, cercando di regolarizzare il suo respiro e calmarsi.
 
Da quando erano tornati dalla pausa pranzo, avevano provato senza sosta. Non c’era stato neanche il tempo di pensare a quello che era successo al ristorante; nonostante ciò, a Blaine era rimasta una sensazione spiacevole addosso che però era riuscito a dominare per tutto il tempo che era stata richiesta la sua presenza sul palco.
 
Ora però tutta la frustrazione stava tornando a galla; era rimasto solo lui in palcoscenico, il resto della compagnia era stato congedato, dato che le loro prove erano finite e Artie reputava superfluo che restassero tutti ad assistere le prove di una sola persona. Soprattutto perché, dati i presupposti, sarebbero andati avanti ancora per delle ore.
Quella maledetta canzone. Quella stramaledetta canzone dalla melodia altalenante. Quella splendida, meravigliosa e diabolica canzone che l’avrebbe fatto uscire di testa prima della fine della giornata e che gli avrebbe fatto riportare le corde vocali a casa, chiuse in una tabacchiera.
 
Prese un respiro profondo e cominciò:
 
‘’…Like the beat, beat, beat of the tom tom. When the evening shadows fall,
Like the tick, tick, tock of the… stately clock… As it stands-against the… wall… Maledizione!’’
Blaine imprecò a bassa voce, non riusciva a prendere il ritmo, non riusciva ad azzeccare il cambio di tonalità; era una canzone maledettamente difficile.
‘’Mi dispiace…- sospirò- Mi dispiace, è impossibile cantarla.’’
 
‘’Non dire stupidaggini Blaine.’’ Protestò Sebastian alzandosi in piedi e avvicinandosi al palcoscenico.
 
‘’Bas, lo so che è solo un cantante ma forse ha ragione. Sono tre ore che la sta provando, se ci limitiamo a oggi.’’ Esclamò Arthur dalla sua postazione, seriamente sconfortato.
 
Sebastian si voltò verso il regista alzando un braccio verso Blaine.
‘’Lui-può-cantarla.’’ Scandì ad alta voce.
 
‘’Allora perché non ci riesce?’’ chiese sinceramente Abrams.
 
Sebastian non rispose, lo guardò serio e abbassò il braccio riportandolo lungo il suo fianco.
‘’Vai a casa Artie.’’
 
‘’Cosa?!’’
 
‘’Non ha senso che rimani qui, vai a casa e domani troverai la canzone pronta.’’ Disse deciso.
 
Arthur voleva protestare ma né lo sguardo, né il tono di voce di Sebastian ammettevano repliche; sospirò e prese il bastone per alzarsi.
Diede una buonanotte svogliata ad entrambi e si affrettò ad uscire dal teatro.
 
Sebastian aspettò che fosse uscito prima di voltarsi verso Blaine per guardarlo con un sorriso appena accennato.
‘’Siamo di nuovo soli a quanto pare.’’ Scherzò.
 
Blaine si lasciò andare ad una leggera risata. Dopotutto doveva ammettere che non gli dispiaceva affatto provare con Smythe, riusciva a tranquillizzarlo e non farlo sentire troppo sotto pressione.
‘’Allora Blaine, come posso aiutarti?’’ chiese l’autore mentre con uno slancio saliva sul palcoscenico e si avvicinava a lui.
 
‘’Scriva un’altra canzone.’’ Tentò l’attore, con un’espressione quasi supplichevole.
 
Sebastian si mise una mano al petto, come se fosse stato ferito.
‘’Così mi colpisci nel vivo, Anderson!’’
 
Blaine rise di nuovo e l’autore ne approfittò per avvicinarsi ancora un po’ a lui e poggiargli le mani sulle spalle.
‘’Ascoltami, il problema non è la canzone, sei tu che non ti stai divertendo! Non riesci ad appropriartene. Io ho sicuramente un’estensione vocale inferiore alla tua e riesco a cantarla.’’
 
Blaine abbassò lo sguardo ma Sebastian gli alzò il mento con le dita, catturando nuovamente i suoi occhi.
‘’E’ un continuo crescendo. Pura ossessione! Sei mai stato ossessionato da qualcosa?’’
 
Blaine dischiuse le labbra, continuando a fissare quegli occhi verdi che lo stavano scrutando come se volessero leggerlo; annuì impercettibilmente con la testa.
 
‘’Bene, allora portala qui. Fa che Everett mostri l’ossessione di Blaine.’’ L’autore lesse nell’espressione del moro che l’aveva quasi convinto, però doveva dargli il colpo finale.
‘’Facciamo così: la canto con te!’’ disse mettendosi le mani in tasca e sorridendogli in un modo che l’attore non poté fare altro che reputare disarmante.
Sgranò gli occhi, incredulo.
 
‘’Davvero?!’’
 
‘’Cos’è, non mi credi all’altezza Lilliput?!’’ chiese sarcastico, inarcando appena un sopracciglio.
Blaine scosse la testa e sorrise (anche se gli aveva detto che era basso).
 
‘’Allora cominciamo. Guardami e portala qui.’’ Sussurrò Sebastian ‘’Io ti verrò dietro...’’ Ghignò impercettibilmente.
 
Blaine lo guardò negli occhi, entrambi presero un respiro e cominciarono a cantare:
 
Like the beat, beat, beat of the tom tom. When the evening shadows fall,
Sebastian partì piano, dando il ritmo con la mano destra, come se stesse battendo le dita su qualcosa;
Like the tick, tick, tock of the stately clock
Blaine lo seguì poco dopo, dal secondo verso, e cercò di armonizzare la sua voce a quella di Sebastian, in netto contrasto con la sua.
As it stands-against the wall
Like the drip, drip drip of the rain drops
Aumentarono piano l’andamento del ritmo. Blaine cercò dentro di sè quell’ossessione di cui gli aveva parlato l’autore, non dovette sforzarsi troppo fortunatamente…
When the summer stahower is through,
‘’Ossessione, ossessione.’’ Lo incitò con voce soffusa Sebastian, incalzando il ritmo con dei movimenti rotatori delle mani.
So a voice within me keeps repeating,
…Era lì, riflessa in quei due occhi verdi così limpidi e allo stesso tempo così profondi in quel momento, come Blaine non li aveva mai visti prima.
‘What is this thing called love?!’
Cantò solo il moro, riuscendo subito dopo in un improvviso cambio di tonalità; cosa che fece scaturire un bellissimo sorriso sul volto dell’autore.
Just who can solve it's mystery
Why should it make
A fool of me?
I saw you there.
Sebastian lasciò che cantasse quella strofa da solo, beandosi del suono della sua voce che traspariva il pieno essere della canzone, beandosi del movimento di quelle labbra, che si schiudevano in modo morbido, e di quel piccolo sorriso che gli nacque sul volto quando realizzò che ce la stava facendo, stava cantando quella maledetta canzone.
…Under the hide of me
There's an oh such a hungry yearning burning inside of me
Con un moto involontario si avvicinarono ancora di più l’uno all’altro, arrivando quasi a sfiorarsi;
And this torment won't be through
Until you let me spend my life making love to you

Le dita di Sebastian andarono a carezzare, in modo quasi indipendente dalla sua volontà, il collo del giovane attore, che non si ritrasse ma accettò quel piccolo contatto come se fosse naturale, come se nulla fosse più giusto.
Day and night, night and day…
 
 
La canzone finì, ma loro rimasero ancora immobilizzati, incapaci di distogliere lo sguardo dal viso dell’altro.
Fu Sebastian il primo a ritrarsi, piano, senza fretta. Sorrise smaliziato prima di chinarsi sul suo volto e sussurrargli languido sulle labbra:
 
‘’Sembra che tu sia finalmente pronto, Blaine.’’









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Angolo di _zia cla_:

Ciao a tutti, fantastiche persone!
Chi non muore si rivede, no?! :) Questa volta ho dato il meglio di me con il mio ritardo cronico (anche se devo ammettere che non ho mai scritto tanto come a Dicembre... Spero abbiate letto la WCW, e che vi sia piaciuta naturalmente... :D)
Questo capitolo... mm... non è che mi convinca tanto, in effetti mi sa che sono riuscita a recuperare solo con il finale, dove ho lasciato libero sfogo ai miei feelings Seblaine! :3 Anche perchè a me il duetto Seblaine mi è rimasto qua, tra il mento e la giugulare... Maledetti RIB!
La traduzione della canzone ho intenzione di metterla sulla mia pagina autore nei prossimi giorni, per chi si scoccia a usare google traduttore (che fa anche schifo come traduttore).
Beh, ringrazio tutti quelli che ancora seguono questa long... E chi mi offre il suo infinito appoggio con il suo affetto... :')
Un bacione immenso a tutti, al prossimo aggiornamento!

PS: Ma avete notato il banner della Carly?! Non è flawless?! xD (Grazie bellissima!)

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


 Capitolo IX






 


 
‘Sembra che tu sia finalmente pronto, Blaine.’
 
Quelle parole gli rimbombavano ancora testa, da quando l’autore le aveva pronunciate fino al suo arrivo a casa. L’ennesima ossessione.
Blaine si chiuse la porta dell’appartamento alle spalle e ci si poggiò contro; chiuse gli occhi, cercando di riordinare le idee.
Era riuscito a cantare ‘What is this think called love?’ solo grazie a Sebastian Smythe, aveva capito cosa significasse grazie a Sebastian Smythe.
Sentiva però che il suo successo non fosse dovuto solo all’innegabile talento e professionalità dell’autore; ricordava esattamente quello che aveva provato quando i suoi occhi avevano incontrato lo sguardo di Sebastian: attrazione; poteva ancora sentire il tocco caldo e delicato delle sue dita sul collo. Blaine si portò istintivamente una mano su quel punto, sospirando. L’aveva desiderato, non poteva più negarlo a se stesso.
Cosa ben peggiore, sapeva che Smythe avesse provato le stesse cose. Era stato cieco, aveva voluto ignorare l’atteggiamento ambiguo dell’autore, fingendo che fosse solo un suo gioco. Forse in parte era così, con molta probabilità Smythe voleva farne il suo nuovo sollazzo.
Cominciò a chiedersi se il suo ingaggio non fosse stato dettato solo da quello, cominciò a dare mentalmente la colpa all’autore per averlo stimolato in quel modo; infine capì che non poteva accusare solo lui per quello che era successo.
Si erano voluti a vicenda. Era sbagliato, terribilmente sbagliato. Era certo che non erano andati oltre quella sera solo per due motivi: lo spettacolo prima di tutto, nulla aveva maggiore importanza, e l’altro era…
 
 
‘’Blaine.’’
 
Blaine aprì gli occhi e si staccò dalla porta improvvisamente, cercando di non incontrare lo sguardo di Kurt che, in vestaglia, lo guardava con occhi assonnati.
‘’Ehi.’’ -Disse vago- ‘’Dormivi?!’’
 
‘’Mi ero appisolato mentre ti aspettavo… Tutto bene?’’
 
‘’S-sì… Perché?!’’ chiese Blaine, accennando un sorriso poco convinto e cominciando a togliersi finalmente il cappotto.
 
‘’Mm, hai una strana espressione.’’ Disse Kurt, avvicinandosi al moro; gli mise le mani sui fianchi, costringendolo in quel modo a rivolgergli tutta la sua attenzione.
 
‘’Sono molto stanco.’’
 
‘’No, quando sei solo stanco hai gli occhi spenti e le tue foltissime e affascinanti sopracciglia tendono ad inclinarsi verso il basso… Sei preoccupato per qualcosa, lo noto da questa ruga d’espressione stranamente accentuata.’’ Gli indicò lo spazio in mezzo alla fronte, in modo scherzoso.
 
Blaine scostò la testa fingendosi stranito e rispose al sorriso. Poggiò la fronte su quella del suo amante, socchiudendo appena gli occhi:
‘’Mi conosci troppo bene.’’ Soffiò il moro.
 
‘’E’ naturale… sono tuo cugino.’’
Scoppiarono entrambi a ridere; Kurt prese Blaine per mano e lo condusse in camera sua, lo fece sedere sul letto, affiancandolo subito dopo. Lo guardò a lungo, aspettando che gli esponesse i pensieri che gli vagavano in testa, ma Blaine si limitava a guardare le loro mani intrecciate e a stringere la presa un po’ di più.
Decise allora di tentare.
‘’Hanno scoperto qualcosa su di te?’’
Blaine serrò leggermente le labbra ma scosse la testa.
‘’Smythe ti sta facendo troppe pressioni o…’’
 
‘’Smythe non c’entra nulla!’’-esclamò, alzandosi un po’ troppo bruscamente e lasciando andare la mano di Kurt-‘’… il problema sono io.’’ disse alla sua immagine riflessa nello specchio. Kurt lo guardò a lungo, serio. Il solo nome dell’autore era bastato a metterlo in agitazione, era quasi sulla difensiva. All’improvviso gli balenò in testa un pensiero, che non poteva essere reale, pensò, ma che tramutò in parole quasi senza accorgersene.
 ‘’Ti ha fatto delle avances.’’  
 
Blaine si voltò di scatto, con gli occhi sbarrati.
‘’C-cosa?!’’
 
‘’Ci ha provato con te? Mi stai tradendo con lui Blaine?’’ chiese con voce tremante.
 
‘’No! Come ti vengono in mente certe idee?!’’
 
‘’Qualche tempo fa giravano alcune voci sul suo conto Blaine, che…’’
 
‘’I giornali scandalistici possono dire una marea di stronzate!’’ lo interruppe brusco.
Quando però vide gli occhi del biondo farsi un po’ più lucidi, sospirò e gli si avvicinò, si inginocchiò sul letto e gli prese il volto tra le mani.
‘’Ehi, non c’è nulla tra me e Sebastian Smythe, non potrà mai esserci nulla e devi smetterla di dare retta a tutti i rumors che leggi o che senti.’’ Disse piano, con calma, guardandolo negli occhi.
 
‘’A volte possono dire la verità.’’ Disse in tono triste il biondo.
Blaine si buttò a sedere, sospirando, e incrociò le braccia al petto.
‘’Ho conosciuto sua moglie… e credimi se ti dico che non avrebbe nessun vantaggio a provarci con me.’’ Disse con un mezzo sorriso il moro, cercando di convincere il suo amante che non ci fosse nulla di cui preoccuparsi.
Kurt fece un sorriso tirato, guardandolo negli occhi e annuendo piano. Lo attirò a sé alla ricerca di un bacio che non tardò ad arrivare.
 
Blaine durante tutti i suoi anni di studio e attività teatrale aveva sempre scisso l’essere attore dal fare l’attore. Più volte aveva usato questo argomento per spiegare la sua totale incapacità a mentire in modo realistico nella vita di tutti i giorni, per le cose più semplici.
Questa volta dovette capitolare davanti a questa sua convinzione, ammettendo di essere stato un vero attore, di aver mentito alla persona che amava più al mondo.
Stranamente però, il senso di colpa lo sopraggiunse solo il mattino seguente      
 
 

 

*

 
 
 
‘’Un altro.’’
Sebastian biascicò quelle parole al barista di fronte a sé, indicandogli, con la matita che aveva in mano, il suo bicchiere vuoto; l’uomo lo riempì senza fiatare, limitandosi a inarcare un sopracciglio.
Dopo che lo ebbe svuotato in un sol sorso, Sebastian serrò gli occhi, in attesa che le fiamme dell’alcool nel suo esofago si spegnessero; poggiò il pugno sul bancone, vicino ad un foglio pieno di frasi, parole e versi cancellati.
Era in quel locale da ore, ci si era recato dopo aver vagato per un po’ in macchina (quel giorno non si era servito dell’autista, aveva preferito guidarla lui stesso), dopo essere uscito dal teatro.
Aveva fatto il giro di due isolati, senza riuscire a scacciare dalla mente la luce di quegli occhi, la profondità e il desiderio che ci aveva letto. La sua pelle e la sua voce, che gli carezzava le orecchie, che riusciva a farlo evadere ogni volta.
Non riusciva ad ignorare i loro respiri affannosi che si spezzavano, l’immagine di Blaine che si mordeva le labbra per reprimersi, i suoi pugni stretti lungo il corpo e i loro visi che si allontanavano.
Ed era giusto così. Lo spettacolo prima di tutto. Era troppo importante.
Non doveva avere fretta, non l’aveva mai avuta. Eppure, il desiderio di unire i loro respiri, di mordere lui stesso quelle labbra, di carezzare a mano aperta quel corpo erano talmente forti da tentarlo di mandare tutto a puttane.
 
Aveva inchiodato in mezzo alla strada deserta e aveva tirato un pugno al volante; non riusciva a capire cosa gli stesse accadendo. Tante volte era stato attratto da qualche suo attore, mai però aveva provato una cosa del genere, un’impazienza del genere, non solo a livello fisico.
Ogni giorno era impaziente di arrivare in teatro solo per vederlo, scorgerlo in mezzo al gruppo, con quell’aria da cucciolo spaurito. Quando il giovane attore era in ritardo, lui si torceva le mani in attesa di vedere comparire il suo volto. Infine, era impaziente di sentire la voce di Blaine pronunciare il suo nome; voleva ardentemente sapere che suono avesse.
Si diede dell’idiota, continuando a non capire perché gli importasse così tanto.
Alla fine capitolò davanti all’evidenza che quel giro in macchina non avrebbe portato a niente. Avrebbe dimenticato le sue ossessioni in un altro modo.
 
Quel locale lo conosceva fin troppo bene, ci si recava ogni volta che aveva voglia di una bevuta o di una scopata, o anche di entrambe.
Infine aveva optato solo per la sbronza, non aveva voglia di concedersi ad uno sconosciuto, non quella particolare sera.
I primi tre bicchieri di whiskey erano filati lisci; aveva chiesto un pezzo di carta e aveva cacciato una piccola matita dalla tasca della giacca, aveva cominciato a scrivere alcuni versi, e più scriveva, più sentiva il bisogno di bere.
Dopo due ore era ubriaco perso, riverso quasi totalmente a ridosso del bancone, aveva giusto ancora un barlume di lucidità, necessario a chiedere un altro giro.
 
‘’Zucchero, forse è il caso che tu smetta.’’
Un uomo con un abito da cocktail di taglio femminile e parrucca, dal corpo piazzato, tanto da sembrare un vero donnone, scansò con un gesto teatrale il barista e gli si piazzò davanti.
Sebastian alzò a fatica il suo sguardo annacquato e, appena ebbe inquadrato il suo interlocutore, ghignò.
‘’Vuoi cacciarmi fuori, Unique?!’’
 
‘’Il tuo bel sederino è sempre benvenuto qui, ma voglio che tu sopravviva… In modo da tornare e farmi incassare altri quattrini!’’ disse inarcando le sopracciglia.
 
‘’Ruffiano.’’ Rise infantilmente Sebastian. ‘’Solo un altro giro e me ne vado a casa, giuro.’’ La implorò con lo sguardo.
 
Unique sospirò, alzando gli occhi al cielo, e gli versò una quantità di whiskey pari ad un dito; Sebastian grugnì in disapprovazione ma non aveva la forza neanche di lamentarsi, si limitò a vuotare il bicchiere.
 
‘’Sai, ti preferisco quando ti comporti in modo perverso e lascivo. Che ti succede?’’
 
Sebastian abbassò lo sguardo sul foglio sotto la sua mano: ‘’Qualcosha che non capisco… di diverso…’’
 
Il donnone non capiva di cosa stesse parlando, lo guardò con sufficienza, pensando che quelle parole fossero dettate esclusivamente dal troppo alcool in circolo.
 
‘’Vuoi una camera, Bas?’’
 
‘’Nno. Vado a casa…’’ biascicò, appallottolando il foglio e mettendoselo in tasca. Quando fece per alzarsi però, rovinò a terra con un tonfo.
Unique fece in fretta il giro del bancone, cercando di mantenersi in equilibrio sui tacchi. Voltò il corpo inerme di Sebastian verso di sé, assicurandosi che non fosse svenuto.
‘’Mm… Spero tu ti ricorda come si guida, Unique…’’ mormorò, ridendo come un idiota.
 
‘’Tua moglie ci ucciderà entrambi appena ti vede in queste condizioni…’’ scosse la testa Unique, mentre cercava di metterlo seduto.
Sebastian rise di nuovo, alzando addirittura il tono di voce, e fece un gesto con la mano, come a scacciare una mosca.
Il donnone sospirò rassegnato e si alzò in piedi, mettendosi le mani sui fianchi.
‘’E va bene! Torno subito tesoro, la divina Unique va a togliersi parrucca e mascara… Wade ti riaccompagnerà a casa. ’’
 
 
 

 

*

 
 
 
‘’Wade!’’
 
‘’Signora Smythe.’’
Evelyne scese gli ultimi gradini della scalinata e si avvicinò alla porta d’ingresso, che il maggiordomo era andato ad aprire, svegliato dal convulso bussare di Unique in abiti civili.
 
‘’Che ci fai qui?’’ chiese la donna, stringendosi nella vestaglia, stupita nel vederlo a quell’ora tarda, da solo.
 
‘’Sebastian è in auto. Ha voluto che lo riportassi a casa.’’
 
Evelyne fece saettare il suo sguardo preoccupato sull’auto parcheggiata in strada.
‘’Vi ha visti qualcuno?’’
 
‘’Penso di no.’’
 
La donna annuì convinta e ordinò al maggiordomo di aiutare Wade a portare il padrone in casa. I due trascinarono Sebastian fuori dall’abitacolo, cercando di non fare rumore e di non svegliare l’intero vicinato.
Appena dentro casa, Evelyne potè appurare in che condizioni fosse suo marito, i due uomini dovevano quasi trascinarlo, non l’aveva mai visto in quello stato; non era la prima volta che il gestore del bar lo riportava a casa, ma mai in quelle condizioni.
Lo portarono in camera sua e lo fece stendere sul letto.
Evelyne fece uscire tutti, stava per fare lo stesso ma prima rivolse uno sguardo apprensivo alla figura inerme dell’autore; si chiuse la porta alle spalle e scese di corsa al piano inferiore.
 
‘’Cosa è successo Wade?’’
 
‘’Non lo so, ma ho la sensazione che volesse dimenticare a tutti i costi qualcosa. Qualcosa che lo sta tormentando.’’
 
La donna si morse il labbro preoccupata. Rimase qualche secondo in silenzio, poi si sentì in dovere di dire qualcosa.
‘’Grazie per… beh, lo sai.’’ Ghignò imbarazzata, ritrovandosi nuovamente a ringraziare qualcuno al posto di suo marito.
 
‘’Si figuri signora, se non ci si aiuta fra di noi…’’ gli sorrise sincero.
 
‘’Sicuro di non voler rimanere? Posso farti preparare una camera e…’’
 
‘’Meglio di no, devo tornare a lavoro… Non riesco a vestire questi panni troppo a lungo.’’ Sorrise e, dopo averle rivolto un piccolo cenno di saluto, uscì da quella casa.
 
 
Quando la porta si fu chiusa, Evelyne si affrettò a spegnere le luci, andò in cucina per procurarsi un bacino d’acqua fredda e una pezza.
Dovette fare appiglio a tutta la sua forza di volontà per salire le scale ed entrare di nuovo in quella stanza.
Si avvicinò a Sebastian, cercando di non dare troppo peso al dolore che sentiva nel petto a vederlo così. Si sedette sul bordo del materasso, poggiando la bacinella d’acqua sulla mensola accanto al letto.
Gli scansò i capelli dalla fronte imperlata di sudore, dolcemente; prese la pezza imbevuta e cominciò a passargliela sul viso.
‘’Perché?!’’ sospirò.
 
‘’… laine…’’  un mormorio indistinto uscì dalle labbra di Sebastian che stava riprendendo lentamente conoscenza.
 
‘’Cosa?’’ chiese piano Evelyne, non capendo cosa avesse detto, avvicinandosi a lui per sentire meglio, ma la raggiunsero solo dei lamenti senza senso.
Pochi minuti dopo, quando Sebastian aprì gli occhi, Evelyne fece per alzarsi ma il suo polso venne bloccato dalla mano ferma di suo marito e in meno di un secondo si ritrovò stesa su di lui, le mani dell’uomo immerse nelle onde dei suoi capelli scuri e la sua lingua che premeva contro le sue labbra, cercando il permesso di entrare.
 
Si lasciò andare, concedendogli di baciarla in quel modo caotico. Fu lei a staccarsi qualche secondo dopo, desiderosa di riprendere fiato.
Lo guardò negli occhi semi chiusi, confusa, mentre con la mano gli carezzava il volto.
‘’Perché non sei con uno dei tuoi uomini, ora?’’
 
‘’Ho bisogno di qualcosa di diverso… di più.’’ Sospirò a mezza voce, quasi implorando.
La donna lo guardò sbalordita e, quando Sebastian cercò di baciarla di nuovo, lei si scostò da lui, alzandosi in piedi.
‘’Ev?!’’ mormorò confuso l’autore, alzando leggermente il capo.
La donna si portò una mano al viso, in un gesto frustrato.
‘’Non sonoio quello che cerchi Bas… Lo sappiamo entrambi purtroppo.’’ Mormorò, ma Sebastian era troppo fuori di sé per capire il vero senso di quella frase; sprofondò nel letto, chiedendole solo di stargli accanto quella notte.
Evelyne annuì piano e si stese accanto a lui, prendendolo tra le braccia, cullandolo quasi, cercando di dargli tutto quello che aveva. E quando lo sentì addormentarsi contro di lei, lasciò andare quelle due parole che non riusciva più a trattenere ma che, sicuramente, non avrebbe mai potuto dirgli in stato di coscienza.
 
 
 
 
Si svegliò qualche ora dopo, a causa dei fiochi raggi di sole dell’alba che le colpirono gli occhi. Aveva ancora Sebastian tra le braccia, il suo volto affondato nel collo.
Lo strinse un po’ più forte e inspirò il suo profumo, prima di scivolare via dalle braccia dell’uomo e alzarsi per chiudere meglio le imposte; non voleva assolutamente che Sebastian si svegliasse.
Si avvicinò nuovamente a suo marito dormiente, sedendosi ai piedi del letto; fece vagare il suo sguardo su tutto il suo corpo: sui capelli spettinati, sul viso, lungo il corpo.
La sua attenzione venne catturata dalla tasca della giacca, stranamente rigonfia. Si avvicinò appena per permetterle di constatare cosa ci fosse all’interno; ne estrasse un foglietto di carta stropicciato. Lo guardò per un po’, indecisa su cosa fosse. Lo stese e cominciò a leggere le poche righe scritte:
erano parole confuse, forse i versi di una canzone, una canzone molto diversa dalle solite di Sebastian; parole intrinseche di un sentimento che probabilmente neanche lui riusciva a comprendere.
Parlavano di un desiderio e di timore.
 
My name ...
My world isa chaotic place, nothing is sure, everything is mask.
You'rereal? Because your voice is like a dream ...
Just,whenI shall know the sound of my name ... What will become of my world?
 
 
Evelyne le rilesse più volte, poi abbassò il foglio e chiuse gli occhi, lasciandosi andare ad un lungo sospiro.
Appallottolò nuovamente il foglio e fece per riporlo nella tasca della giacca di Sebastian ma si bloccò a pochi centimetri dall’apertura del blazer.
 
Probabilmente Sebastian non avrebbe neanche ricordato di averle scritte, pensò.
Forse fu egoistico e anche piuttosto sciocco da parte sua, ma sperò con quel gesto di annullare il pensiero che si celava in quelle parole.
Strinse il pezzo di carta nel pugno e se lo mise in tasca.
 
Per chi dei due lo stesse facendo però, questo preferì non chiederselo.

 






 











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Angolo di _zia cla_:


Hi guys! Eccoci qua con un nuovo capitolo, un po' più corto degli altri ma spero altrettanto intenso (mi sento molto Cooper Anderson quando uso questo termine *punta il dito*). Non ho molto da dire, solo ringraziarmi infinitamente per l'affetto che mi date con il solo seguire questa storia.
Un saluto speciale oggi mi sento in dovere di farlo alle klainers che la seguono :) Posso farvi una domanda? ...Perchè? Come mi sopportate, sono cattivissima con Kurt, non vi merito! Non sono impazzita, questa piccola parentesi la apro a seguito di una bellissima mail che mi è arrivata da una di loro, che mi ha fatto arrossire e mi ha fatto sentire lusingata. Sì, parlo di te. ;D Grazie!
Grazie come sempre a quella matta della mia beta! ;)


A proposito del capitolo, vorrei spendere due parole a proposito della ''bisessualità'' di Sebastian (da notarsi le virgolette in grassetto): Sebastian è gay, su questo non ci piove. Il suo, diciamo, lasciarsi andare con Evelyne è dettato da una bisessualità imposta dalla società di quei tempi. Mi spiego meglio. In quegli anni essere gay voleva dire essere malato, nonostante ciò, per le persone di spettacolo ( di Broadway soprattutto) era quasi concesso avere delle ''scappatelle''. Ok, spero di non avervi tediato.
Vi saluto! Alla prossima! Un bacione! ;)

PS: Perdonatemi se c'è qualche errore qua e la, qualche parola attaccata o che so io, ma ho litigato con l'HTML. Pardon!

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***




Capitolo X







 

Blaine, da che ne aveva memoria, non aveva mai mentito a Kurt.
A meno che non si considerasse quella unica e sola volta in cui aveva finto un malore, parecchi anni prima, per non vederlo il pomeriggio dopo scuola, in quel piccolo paese dell’Ohio.
Non che non volesse vederlo, ma era talmente spaventato da quei sentimenti così strani e nuovi che provava per lui che, se avesse incontrato nuovamente gli occhi color del cielo del suo migliore amico, avrebbe potuto scoprire davvero di cosa si trattasse.
Perché erano amici, ma bastava che rimanessero soli in una stanza e quella loro amicizia si arricchiva di qualcos’altro: un desiderio di intimità, la sensazione di non essere mai troppo vicini: era come una cappa umida che pesava sui loro respiri.
 
Non era riuscito a mantenersi lontano da lui a lungo. Quando il giorno dopo Kurt si era ripresentato a casa sua per portargli gli appunti delle lezioni, Blaine si era specchiato in quegli occhi e aveva sentito un tuffo al cuore, un dolore quasi fisico che dovette placare. Lo baciò per la prima volta e fu  talmente liberatorio che da allora Blaine si ripromise di non mentire più riguardo i suoi sentimenti, giusti o sbagliati che fossero.
 
Gli occhi di Kurt erano sempre stati degli specchi per lui, guardarli lo rendevano libero, disarmato.
Negli ultimi tempi però, a quegli occhi color ghiaccio, si erano sovrapposti due iridi di un colore più scuro e intenso: un miscuglio di verde e blu che avevano tutt’altra natura. Erano occhi che lo imprigionavano, che lo legavano ad un desiderio pericoloso e proibito.
Perché era così che si sentiva quando incontrava lo sguardo di Sebastian Smythe: privato di ogni sua certezza e imbavagliato nel suo desiderio. E la cappa umida era tornata a sentirsi.  
 
Stargli lontano era impossibile, non solo perché lavorava per lui, ma anche perché, negli ultimi tempi, aveva sviluppato una specie di dipendenza dal suo aiuto.
Ma chi voleva prendere in giro?! Niente più menzogne, aveva detto. La verità è che era ormai dipendente dal suo sguardo, dalle speciali attenzioni che, quando erano in quel teatro, rivolgeva a lui e a lui soltanto, artistiche e non.
Quando provavano qualche brano e Smythe era al pianoforte, si era scoperto spesso ad ammirare le sue mani affusolate che scorrevano decise sui tasti o a scrutare il suo viso concentrato; probabilmente avrebbe potuto descrivere anche tutte le sfumature dei suoi capelli bronzei, quando venivano colpiti dalla luce incandescente dei fari.
 
Kurt era stato il suo primo amore, e lo amava ancora, ma non poté non chiedersi se fosse stata una scelta dovuta. Da quello che ne sapeva, lui e Kurt erano gli unici omosessuali di Lima e anche a New York non aveva avuto né possibilità né l’interesse di cercarne altri.
Poi era arrivato lui, con il suo fascino, con il suo modo di fare così fuori dai canoni, con il suo sguardo che ogni volta gridava ’Sarai mio’.
Chissà a quanti altri aveva rivolto lo stesso sguardo, a Sam Evans forse, o agli uomini che incontrava tutte le sere, quando si lasciava andare alla tentazione dell’alcool e la mattina era troppo stravolto per poter seguire decentemente le prove.
Chissà se aveva mai rivolto quello sguardo a sua moglie, in modo sincero per lo meno.
Pensava davvero quello che aveva detto a Kurt a proposito di Evelyne Smythe: era bellissima e brillante, sarebbe stato sciocco desiderare qualcosa di diverso con lei al proprio fianco. Naturalmente questo era un discorso che non si addiceva a uomini come loro, non potevano imporsi di amare o desiderare una donna.
Il pensiero che Smythe approfittasse in quel modo di sua moglie, usandola come copertura, come protezione, per poter continuare a fare quello che voleva, senza che la sua immagine fosse intaccata dallo scandalo, lo amareggiava immensamente; era un comportamento infimo, era da vigliacchi.
E se si comportava in quel modo con la persona che gli era più vicina, sicuramente lo faceva con tutti quelli che gli erano intorno.
Le sue attenzioni erano come il fuoco di una candela: avrebbero bruciato fino a quando il suo desiderio non si fosse estinto, lasciando una massa informe di cera, ormai inservibile.
 
 
 
‘’Dove sei?’’
Kurt si girò su un fianco, sollevando leggermente la testa per osservare il volto del suo amante che guardava il soffitto con un’espressione indecifrabile.
Attese per qualche momento la risposta del moro, pazientemente.
 
‘’Qui, con te.’’ Disse Blaine, avvolgendo un braccio attorno alle sue spalle e avvicinandolo al suo petto, continuando a guardare di fronte a sé.
 ‘’Sarò sempre qui, per te.’’
 
Avrebbe ucciso quella fiamma, prima di diventare altra cera consunta.
 
 
 
 

 

*

 
 
 


Non ricordava nulla di quello che era successo la sera prima.
Sebastian si affrettò ad uscire dalla sua auto ed attraversare quel piccolo tratto di strada che l’avrebbe portato in teatro; aveva saltato metà giornata di prove a causa della sua sbornia della sera prima.
Stava cercando di riordinare i flash che la sua mente gli proiettava. Sapeva che, confuso, si era recato al locale di Unique e che aveva cominciato a bere, poi il buio. Non sapeva neanche come avesse fatto a ritrovarsi nel suo letto quella mattina.
 
 
Aveva aperto gli occhi in un caleidoscopio di luce, aveva voltato la testa e lì al suo fianco, seduta su una sedia, aveva trovato Evelyne che, appena ebbe percepito che si fosse svegliato, si affrettò a riempirgli un bicchiere d’acqua.
‘’Bevi, devi reidratarti.’’
Sebastian aveva preso tremante il bicchiere che gli stava porgendo la donna, l’aveva vuotato in un sorso e si era messo a sedere con fatica.
‘’Stavo cominciando a preoccuparmi, sembrava non volessi più svegliarti.’’
 
‘’Perché, che ore sono?’’
Sebastian si accasciò sulle ginocchia, prendendosi la testa tra le mani nel tentativo di placare quel martellare continuo all’interno della sua scatola cranica.
 
‘’Mezzogiorno passato.’’
Fu come se non fosse successo niente, in un attimo il dopo sbornia era passato, quel macigno invisibile che gli pesava sulla testa, fino a qualche momento prima, era rotolato via.
Si era alzato di scatto e si era diretto verso la porta, quando Evelyne gli aveva chiesto dove stesse andando, si era voltato come una furia e le aveva puntato il dito contro.
‘’Come hai potuto permettere che dormissi così tanto?’’
 
‘’Spero tu stia scherzando, Sebastian.’’ Evelyne era incredula e lo guardava come se fosse pazzo.
 
‘’Mancano quattro giorni al debutto, Ev! Quattro! Saltare anche un paio d’ore di prove è inaccettabile, anche per me!’’
 
‘’E sentiamo cosa avrei dovuto fare, buttarti giù dal letto?! Ci ho provato a svegliarti, credimi, ma avevi perso i sensi, sembravi…’’
La donna non aveva continuato ma Sebastian aveva capito bene cosa le era sembrato, gliel’aveva letto in faccia. Le si era avvicinato e le aveva poggiato una mano sulla guancia.
‘’Non preoccuparti mia cara, non ho nessuna intenzione di morire in un modo così stupido.’’
 
‘’Lo ammetti anche tu di essere stato un idiota, allora.’’  Gli rivolse un ghigno, poggiando una mano su quella del marito per spostargliela lentamente. ‘’Vado di sotto a farti preparare qualcosa da mangiare.’’
 
‘’No, sto uscendo. In teatro mi stanno aspettando.’’
 
Evelyne aveva sospirato frustrata, alzandosi dalla sedia.
‘’A chi ti riferisci con esattezza?’’
 
‘’Lui non c’entra niente con il mio senso del dovere, Ev.’’
 
Evelyne aveva alzato un sopracciglio, strafottente.
‘’Sarà, ma fai presto a portartelo a letto. Non ho più voglia di rivederti nello stato in cui eri ieri.’’
 
 
 
 
Aveva sposato una donna troppo intelligente. Avrebbe fatto meglio a sceglierne una più stupida e taciturna. Chissà, forse però non sarebbe stata altrettanto accondiscendente; avrebbe dovuto baciare la terra sulla quale camminava per quante gliene lasciava passare. Era il peggior marito del mondo, di questo ne era consapevole Sebastian.
A volte si era ritrovato a desiderare di amarla. Ma lui non amava nessuno, in vita sua non si era mai innamorato, figurarsi di una donna!
E poi, Evelyne gli ricordava troppo sè stesso, e lui non si era mai amato granché.
Aveva una grande stima di sé, quella sì. Sapeva di essere terribilmente affascinante, talentuoso e possedeva quella giusta dose di freddezza che gli permetteva di avere quello che più desiderava, in ogni modo possibile, lecito o illecito, senza sentirsi troppo in colpa.
Era una caratteristica che in molti reputavano negativa, da persona senza cuore, ma Sebastian non era mai stato d’accordo.
Provare rimorso verso le proprie azioni voleva dire provare sentimenti verso le proprie prede, e le emozioni minavano alle capacità intellettive, distogliendo lo sguardo dall’obbiettivo finale.
Questa era la storiella che si raccontava tutte le volte e aveva sempre funzionato, perché nessuno aveva scalfito ancora la sua corazza, fino ad allora.
 
Passò davanti alla facciata del teatro, lanciando uno sguardo agli operai che stavano affiggendo l’insegna dello spettacolo.
Fece il giro del palazzo ed entrò dall’entrata laterale, riservata agli artisti. Non incontrò nessuno, dovevano ancora essere tutti in pausa pranzo. Si diresse verso il palcoscenico, magari avrebbe trovato almeno Puckerman per rivedere gli ultimi particolari sull’illuminazione della scena.
Quando arrivò in prossimità delle quinte si rese conto che non sarebbe stato così fortunato, il silenzio era assordante, sbuffò e stava per tornare indietro quando il suo sguardo cadde su una figura seduta in platea.
Aguzzò la vista e riuscì a distinguere un paio di occhi che brillavano nella semi oscurità. Conosceva solo una persona con degli occhi simili.
Blaine era seduto nella penombra della platea, su una poltrona in prima fila; guardava davanti a sé e  sembrava immerso nei suoi pensieri, ma Sebastian notò dal suo atteggiamento che c’era qualcosa di più. Sembrava quasi rannicchiato su sè stesso. Sembrava estremamente vulnerabile, come se dentro quel corpo perfetto si stesse combattendo una battaglia.
Uscì dalla quinta e avanzò fino ad entrare nel suo campo visivo, si schiarì la voce per attirare la sua attenzione e, quando Blaine alzò lo sguardo, lo vide sobbalzare.
‘’E’ qui!’’
Sebastian inarcò le sopracciglia e accennò un piccolo ghigno.
‘’Mi sembri sorpreso.’’
 
‘’Pensavo di non vederla più oggi.’’
Sebastian avrebbe voluto rispondere in modo tagliente o sagace, per giustificare la sua assenza del mattino, ma il modo in cui il primo attore lo stava guardando, distaccato e glaciale, come non aveva mai fatto in precedenza, lo immobilizzò, spingendolo a controbattere con altrettanta freddezza.
‘’Sono l’autore, è il mio spettacolo e sono sempre stato chiaro sui miei privilegi.’’
 
Blaine lo guardò con severità prima di distogliere lo sguardo.
Le sue unghie avevano cominciato a torturare il velluto sottile del bracciolo, gesto che aveva cominciato a fare dal momento in cui Sebastian gli si era rivelato davanti agli occhi e che, naturalmente, quest’ultimo aveva notato.
‘’Cosa ci fai qui tutto solo Blaine?’’ chiese l’autore, avvicinandosi al proscenio per scendere la scaletta che lo collegava alla platea.
 
‘’Sinceramente?! Pensavo. Pensavo a cosa le avrei detto, a cosa le avrei chiesto…’’
 
‘’Mi era parso di capire che credevi di non vedermi oggi.’’
 
‘’Sì, ma speravo di sbagliarmi.’’
 
A questo punto, Sebastian aveva recuperato un po’ di se stesso, lo squadrò con un sopracciglio inarcato ed un ghigno compiaciuto sulle labbra.
‘’Addirittura… Mi desideri a questo punto?!’’
 
L’attore tirò indietro la testa con un accenno di risata sarcastica.
‘’Io non la desidero affatto Mr. Smythe!’’
 
‘’A giudicare da quello che è successo l’altra sera, a me sembra il contrario Anderson.’’
Blaine lo vide avvicinarsi verso di lui, allora si alzò di scatto e fece qualche passo indietro, nel tentativo di mettere quanta più distanza tra loro.
‘’L’altra sera non è successo niente. Abbiamo provato insieme, niente di più.’’
 
Sebastian allargò il suo ghigno e si avvicinò di nuovo a lui. Quando cercò di posargli una mano sul collo, Blaine si scansò violentemente e Sebastian scoppiò a ridere.
‘’Hai paura di me per caso? Guarda che non mordo mica…’’
Il giovane attore emise un lamento frustrato, era stanco di giocare.
‘’Cosa vuole da me?’’
 
‘’Mi sembrava ormai chiaro. Ora come ora voglio che tu porti il mio spettacolo al successo, voglio che tu sia la mia stella. Voglio che il pubblico veda quello che ho visto in te il giorno dei provini. Poi?! Beh, poi vorrò tutto quello che sarai disposto a darmi.’’ Gli sorrise lascivo, mordendosi il labbro inferiore.
 
‘’Sono disposto a mettere il mio talento al servizio del musical, lo sa bene, ma da me non avrà altro.’’
 
Sebastian inarcò le sopracciglia, fintamente sorpreso.
‘’E perché mai?’’
 
‘’Cos-?! Perché non voglio.’’
 
‘’Oh, sì che vuoi.’’
Blaine avrebbe voluto tirargli un pugno per fargli sparire quello sguardo di sufficienza. Era talmente sicuro di sé da rasentare l’irritazione.
L’aveva immaginato diverso. Si era illuso di aver colto una parte di Sebastian Smythe sconosciuta ad altri. La sua musica parlava di una persona migliore; si percepiva il tormento, il desiderio e un incredibile bisogno di …
In quel momento gli sembrò assurdo che quel musical l’avesse scritto lui.
Forse fu una fortuna che si stesse rivelando a quel modo, gli fu più facile affrontare quei maledetti occhi senza tremare. 
‘’No. Vorrebbe dire tradire e io non sono quel tipo di persona.’’
 
‘’Ti riferisci per caso a quel cerbiatto di marmo che spacci per tuo cugino? Non c’è proprio nulla da tradire Blaine, per la società voi non esistete.’’
 
‘’E questo mi autorizzerebbe a ferirlo? Se lo sapesse ne morirebbe.’’
 
‘’Non deve saperlo per forza. Comunque ti faresti solo un favore, avere un compagno ti rallenta nel lavoro e nella vita. E poi, parliamoci chiaro, puoi avere di meglio.’’
 
Il moro scoppiò in una risata leggera.
‘’Tipo lei?! Tzk, ha una strana opinione del meglio.’’
 
‘’Che intendi dire?’’
 
‘’Voglio dire che lei si permette di giudicare Kurt senza neanche conoscerlo, pretende di essere migliore di lui. Ma lui non è né un tronfio, né un borioso troppo pieno di sé, né tanto meno un opportunista. Non ha mai approfittato di nessuno, lui.’’
Pian piano Blaine si era avvicinato nuovamente all’autore, arrivando a pochi centimetri dal suo volto. Poteva soffiargli tutto il suo disprezzo in faccia.
 
‘’Non so cosa tu stia insinuando, ma non mi piace il tuo tono Blaine.’’
 
‘’Lui non ha bisogno di pararsi dietro una donna, che ha riposto la sua totale fiducia in lui, per uscire dai propri affari con le mani pulite.’’
 
‘’Attento Anderson, stai parlando di cose che non conosci.’’ Sebastian gli puntò un dito in petto, ammonendolo. Gli piaceva quel ragazzo, ma non accettava giudizi sulle sue scelte da nessuno.
 
‘’Non mi servono i dettagli per inquadrare che tipo di persona sia lei. Approfitta di tutti quelli che gli sono intorno solo per trarne vantaggio; quando non le serviamo più, ci butta via.’’ Blaine notò gli occhi dell’autore diventare due fessure, la mandibola serrata. Non gli interessò offenderlo, non se diceva la verità.
 ‘’E’ spregevole.’’
 
Sebastian sostenne il suo sguardo per qualche attimo, poi sospirò e la sua espressione perse un po’ della tensione accumulata in precedenza, rimanendo comunque severa.
‘’E’ questo che pensi davvero?’’
 
‘’Sì.’’
 
‘’Bene. Perché sei ancora qui allora?’’
Blaine abbassò lo sguardo per la prima volta durante quella conversazione, cedette per qualche secondo, incapace di trovare una risposta sensata. Quando rialzò lo sguardo, diede la risposta più ovvia che gli venne in mente.
‘’Perché ora mi serve, ma quando sarà tutto finito non vorrò avere più a che fare con lei.’’
 
Sebastian ghignò e, diversamente da Blaine, continuò a guardarlo in atteggiamento di sfida. Il moro si sarebbe aspettato che gli rispondesse che non glielo avrebbe permesso, che non si sarebbe liberato di lui così facilmente, ma non fece nulla di tutto questo.
‘’Staremo a vedere, Blaine.’’
 
 
 
 

 

*

 
 
 
 

‘’Non vuoi più avere a che fare con lui. Davvero gli hai detto questo?!’’ Evelyne si sedette su uno dei gradini della scaletta che portava al palcoscenico, incredula.
 
Si era recata in teatro per determinare gli ultimi preparativi del party dopo spettacolo; Will Shuester, il produttore, aveva incaricato lei di organizzare il tutto -perché totalmente fiducioso nelle sue capacità organizzative e nel suo buon gusto europeo-. Naturalmente aveva sapientemente evitato di specificare che nessun altro aveva voluto occuparsene.
Entrata in sala aveva trovato Blaine che stava provando da solo dei passi di una coreografia; la donna si reputò fortunata, stava cercando proprio il primo attore.
Doveva chiedergli due cose di vitale importanza. Da due giorni suo marito era agitato, telefonava in continuazione e aveva troppo spesso il nome del giovane attore sulle labbra, e lui non nominava mai troppo i soggetti delle sue ossessioni. Stava architettando qualcosa, lo conosceva fin troppo bene.
Sapeva anche che doveva esserci un motivo di fondo al comportamento pseudo-criminale di suo marito e non fu difficile trarne risposta dal giovane attore, infatti gli rivelò che proprio due giorni prima avevano avuto una discussione, durante la quale Blaine aveva espresso la sua volontà a non lavorare più con Sebastian in futuro.
 
‘’Sinceramente penso sia una decisione poco saggia la tua. Sebastian, per quanto difficile sia, è uno dei maggiori professionisti nel suo campo, e se questo spettacolo avrà il successo sperato, ritornerà di nuovo in auge. Potresti crescere molto con lui.’’
 
‘’Lo so, ma non riuscirei a passare sopra a certi atteggiamenti.’’ Blaine si sedette al fianco della donna, invitato da quest’ultima.
 
‘’Dovresti cercare di non dare troppo peso al suo comportamento. E’ un tantino sopra le righe ma…’’
 
‘’N-non penso lei possa comprendere.’’
L’attore la interruppe, distolse lo sguardo. Non voleva parlare, non voleva essere lui a rivelare a Evelyne Smythe in che modo suo marito fosse sopra le righe.
Ad un tratto sentì delle dita sotto il mento e in un attimo i suoi occhi erano rivolti sul volto sereno della donna.
 
‘’Blaine, è mio marito, so esattamente di cosa stiamo parlando.’’
L’attore la guardò stranito, insicuro su cosa volesse dire. Evelyne sospirò e recuperò dalla sua borsa una piccola agendina.
‘’Il nome del ragazzo che mi hai dato da inserire nella lista del party…’’
 
‘’Kurt.’’
 
‘’Già, Kurt. Mi hai detto che è tuo cugino…’’
Blaine asserì leggermente con il capo, confuso.
‘’…Avreste dovuto trovare una copertura più credibile. Le finte parentele di sangue non ti danno la giusta sicurezza. I matrimoni sono decisamente più efficaci.’’
 
L’espressione di Blaine era impagabile, era senza parole e completamente sotto shock e Evelyne non riuscì ad evitare di scoppiare a ridere.
‘’Davvero pensavi che avrei accettato di sposare una persona come Sebastian Smythe, senza essere consapevole di quello che stavo acquistando?!’’
 
‘’M-ma perché?’’
 
‘’Hai ascoltato le sue opere, la sua musica, meritava tutto quello che ha. Fama, successo, e io ero l’unico modo per farglieli avere senza problemi. Io avevo il denaro, le conoscenze e una mente estremamente aperta, lui il talento. Un' accoppiata perfetta.’’
 
Il giovane attore non credeva alle sue orecchie, quella donna aveva accettato di buon grado tutta la situazione, senza fare una piega. Gli sembrò impossibile che non si sentisse ferita dai comportamenti di suo marito.
‘’L’ha sfruttata per avere quello che voleva!’’
 
‘’Non pensare che io non ne abbia tratto vantaggio, questo matrimonio serve ad entrambi.’’
Blaine non ebbe il coraggio di ribattere, non approvava nulla di tutto quello che Mrs Smythe gli aveva detto, ma ammise a sè stesso che forse la loro era stata la decisione più saggia.
‘’Quello che sto cercando di dirti è di non privarti la possibilità di diventare una vera stella. So esattamente cosa mio marito vuole da te e so bene che è un opportunista di natura, ma lo è solo con chi glielo permette. Se non vuoi concederti, usa il sentimento che provi per questo Kurt come se fosse un’ancora.’’
Gli sorrise e gli carezzò una guancia, sperando vivamente avesse colto il consiglio.
‘’E poi ci pensi, potresti diventare ricco e famoso rimanendo a Manhattan!’’
 
‘’Che significa?’’ il giovane attore aggrottò la fronte, confuso.
 
‘’Beh, diventando l’attore di punta di Mr Smythe lavoreresti in tutti i suoi lavori, e ne sforna parecchi l’anno credimi, così da evitarti inutili tournèe e rimanere vicino al tuo Kurt.’’
 
L’attore increspò le labbra, anche Kurt era un artista, doveva tener conto anche del suo futuro artistico.
‘’Beh, ho paura che questo non valga per Kurt però.’’
 
‘’Spiegati meglio.’’
 
‘’E’ un ballerino, i ballerini vanno in tournèe in continuazione.’’
 
Evelyne si lasciò andare un sospiro affranto.‘’Oh, siete una coppia di artisti. Spero almeno che non sia già affermato.’’
 
‘’No, è appena entrato in una piccola compagnia, non lo conosce ancora nessuno.’’
 
‘’Grazie al cielo! Hai idea di cosa voglia dire mantenere un rapporto a distanza.’’
 
‘’Siamo stati lontani due anni prima di venire a New York.’’
 
‘’Ma allora tu non avevi Sebastian intorno e il tuo amante non aveva a che fare con un’intera compagnia di ballerini, il cui orientamento sessuale della maggior parte di loro ci è noto.’’
 
Blaine si alzò, indispettito da tutte quelle chiacchiere senza fondamento.
‘’Mi perdoni ma lei non ci conosce.’’
 
‘’Hai ragione, non vi conosco, ma l’ambizione è estremamente pericolosa quando si intromette tra una coppia di artisti. Ti do un consiglio, se tieni davvero alla vostra storia, spera vivamente che il tuo ballerino resti nell’anonimato.’’
La donna si alzò e, dopo essersi lisciata il vestito, scese i pochi gradini della scala e si avviò verso l’uscita. Alzò una mano in segno di saluto, senza voltarsi.
‘’Ci vediamo alla prima Blaine. Sono davvero curiosa di vederti all’opera.’’
 
Blaine la vide sparire dietro la grossa tenda di velluto. Tornò sul palcoscenico, perso ancora nei suoi pensieri. Troppi per qualcuno che avrebbe dovuto affrontare il suo debutto da lì a pochi giorni.
Si passò le mani tra i capelli e cercò di liberare la mente. C’erano solo lui e il palcoscenico. Lui e il suo futuro successo.
Non esisteva nient’altro, nient'altro.








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Angolo della _zia_


A quanto pare l'egoismo la fa da padrone in questo capitolo! Mmm!
Non vado di fretta, di più, quindi vi dico solo grazie mille! Per tutto: la pazienza, l'affetto, tutto. ;) Se volete insultarmi per la mia lentezza ad aggiornare potete farlo o con una recensione o sulla mia pagina autore.
Ciauuuuuuuuuuuuuuuuuuuu!

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Capitolo 11
*** Capitolo XI ***




Capitolo XI



 






Artie Abrams aveva perso la gamba sinistra durante un incidente di caccia; da quel giorno, da quando il suo arto era stato sostituito da un meno flessibile moncherino di legno, camminare per parecchio tempo gli era diventato complicato, si stancava facilmente e finiva per passare la maggior parte delle sue giornate seduto. Una strana forza lo muoveva, rinvigorendo la sua gamba destra, solo in quei giorni dove era particolarmente nervoso. Quello era uno di quei giorni.
Mancavano poche ore alla prima ed era dal suo arrivo in teatro che stava facendo aventi ed indietro per la platea, accompagnato in ogni passo da uno scricchiolio inquietante.
‘’Se da un momento all’altro la tua gamba viva dovesse cedere, facendoti rovinare comicamente a terra, puoi anche scordarti che io ti aiuti a rialzarti.’’
Artur non ascoltò quasi il commento sarcastico di Sebastian, che lo stava guardando impassibile, seduto comodamente in una poltrona della prima fila.
‘’Il tuo sarcasmo da quattro soldi non aiuta.’’
Sebastian trattenne una risata, poi lo prese per un braccio e lo strattonò verso si sé, costringendolo a sedersi al suo fianco. Artie lo fulminò con lo sguardo. Sospirò, incontrando lo sguardo rilassato dell’autore. Non riusciva a capire come facesse ad essere così tranquillo, soprattutto perché la causa del suo nervosismo era un suo evidente errore di valutazione.
‘’Non ti rendi davvero conto in che guaio siamo?! In che guaio tu ci hai cacciato!’’
Sebastian gli rivolse uno sguardo confuso. Artie sospirò, deciso ad affrontare quell’argomento prima che fosse troppo tardi.
‘’Blaine. E’ una settimana che è strano: è imperfetto, disattento, quasi insicuro. L’altro giorno ha preso due stecche.’’
‘’Può capitare.’’
‘’No, invece. Non deve capitare, c’è troppo in ballo.’’
Sebastian sospirò.
‘’E’ solo nervoso, è il suo primo, vero spettacolo dopotutto.’’
‘’Allora non dovremmo lasciarglielo fare. Mi rifiuto di rischiare così tanto.’’
‘’Forse dimentichi che questo è il mio spettacolo.’’ Calcò volutamente il pronome, rivolgendogli uno sguardo glaciale.
‘’Ma rischiamo tutti la carriera, qui. Siamo ancora in tempo a sostituirlo, forse posso chiedere a Sam…’’
‘’No.’’
‘’Bas, sii ragionevole.’’
Sebastian si alzò in un moto d’ira, allontanandosi di qualche passo.
‘’Lui è l’unico che può interpretare quel ruolo.’’
‘’Perché te l’ha detto lui?!’’
‘’Perché lo so!’’ si voltò, urlandole quasi quelle parole. Artie lo guardò a lungo, serio.
‘’L’hai ignorato per giorni, nonostante tu sia l’unico a credere davvero in lui.’’
‘’Avevo le mie ragioni.’’ Disse con calma, sedendosi di nuovo e fissando il suo sguardo sul palcoscenico.
‘’Forse però l’unica cosa di cui potrebbe aver bisogno ora è proprio un po’ di sincera fede.’’
Sebastian si voltò verso di lui, sogghignando. Si lasciò andare ad un lungo sospiro, prima di alzarsi e uscire dalla platea.
 
 
 
 

*

 
 
 
 
Blaine era davanti lo specchio a fissare la sua immagine con il costume di scena; la signora Cohen-Chang, la costumista, glielo aveva portato pochi minuti prima. Mancavano ancora parecchie ora allo spettacolo, ma aveva bisogno di vedere come gli stesse.
Ad occhi esterni sarebbe apparso impeccabile con quell’abito grigio, cucito su misura su di lui. Lui però si sentiva solo inadatto.
Si accasciò sulla seggiola scassata vicino al tavolo del trucco, incontrando il suo viso stravolto nello specchio illuminato sulla parete.
Sentiva i nervi a fior di pelle, non riusciva a regolare il flusso di pensieri e preoccupazioni che vagavano senza meta all’interno della sua testa da giorni.
Si trovava davanti ad una grande possibilità, sapeva che quella sera avrebbe deciso le sorti del suo futuro di attore. Aveva un innegabile talento, e di questo ne era consapevole ma, nonostante ciò, sentiva di star sbagliando qualcosa. Se ne era reso conto quando aveva visto il palcoscenico completamente allestito, illuminato di luce incandescente, quando aveva saputo che il teatro era in tutto esaurito per le prime tre sere di repliche. Si era sentito piccolo e inadeguato davanti a tutto quello splendore.
Gli sguardi dei suoi colleghi, inoltre, davanti ad ogni suo piccolo errore, insofferenti e pietosi, non lo aiutavano, costringendolo a chiudersi ancora di più in se stesso (non potendoli prendere a pugni uno per uno). Avrebbe voluto parlarne con qualcuno, sfogarsi e trovare conforto, ma quando tornava a casa Kurt era sempre troppo impegnato nello studio di qualche lezione o nella preparazione di qualche provino. Erano giorni che parlava di questo famoso coreografo europeo che avrebbe tenuto dei provini per la sua nuova tournèe mondiale e ai quali lui non sarebbe sicuramente mai stato ammesso. C’erano lui e la sua carriera, solo loro. Dopotutto non poteva fargliene una colpa.
Non aveva ricevuto aiuto da nessuno. Smythe lo aveva deliberatamente ignorato dal giorno di quella loro stupida discussione. No, non stupida, giusta. Stranamente, nonostante le loro controversie però, era l’unico in quel posto sul quale potesse fare affidamento. Naturalmente, anche lui si era dileguato.
 
Un paio di nocche bussarono alla porta, Blaine non guardò neanche verso l’uscio, si limitò a rispondere.
‘’E’ aperto.’’
‘’Lo vedo che è aperto.’’
Blaine quasi sussultò a quella voce, si voltò e vide Sebastian Smythe poggiato allo stipite della porta, con la mano ancora a mezz’aria vicino la superficie di legno (si era dimenticato di aver lasciato la porta spalancata, quando la costumista era andata via).
‘’Posso entrare?’’
‘’C-certo.’’ Balbettò Blaine, ancora incredulo. Lo vide entrare e accostare la porta, poi fece qualche passo all’interno della stanza, senza staccargli gli occhi di dosso. ‘’Cosa ci fa qui? Sono giorni che non mi rivolge parola.’’
‘’Avevi detto che non volevi avere più niente a che fare con me.’’ Disse con supponenza.
‘’Sa esattamente a cosa mi stessi riferendo.’’ Asserì leggermente troppo brusco.
‘’Vogliono che ti sostituisca.’’ Tagliò subito corto Sebastian, con le mani in tasca e lo sguardo fisso sul suo viso. Blaine scattò in piedi, shoccato.
‘’No, la prego! So che non ho dato il massimo in questi giorni, ma se lei mi darà la possib-‘’
Un dito dell’autore si posizionò sulle sue labbra, portandolo tacere e nello stesso tempo rabbrividire al contatto.
‘’Non ne ho nessuna intenzione, Blaine. Tu sei l’unica scelta possibile per quel ruolo.’’
‘’Davvero?! Perché comincio a dubitarne anch’io.’’ disse scostandosi e poggiandosi con il fondoschiena sul tavolino vicino al muro.
‘’Cosa te lo fa pensare?’’
‘’N-non lo so. Mi sembra di non sapere più nulla ora come ora. Non sono all’altezza di tutti gli altri lì fuori, sono solo un esordiente troppo pieno di sé, e da tale mi sono comportato, isolandomi da tutto e tutti! E non per paura o per preservarmi, no. Perché per un momento mi sono creduto davvero migliore di loro, ho creduto di essere l’unico meritevole di essere qui!’’ Si allontanò con uno scatto dall’angolo trucco e si avvicinò al grande specchio a figura intera appeso al muro, passandosi le mani tra i capelli, frustrato. ‘’Sono stato uno stupido.’’
Quando sollevò lo sguardo, incontrò il riflesso degli occhi color avventurina dell’autore, lo stava guardando in un modo talmente intenso da fargli tremare le gambe. Si avvicinò alle sue spalle e si abbassò per sussurrargli all’orecchio, senza perdere il contatto visivo con i suoi occhi.
‘’Non hai poi così torto, infondo.’’
‘’C-cos?!’’ l’attore lo guardò confuso.
‘’Di cosa parla questo musical?’’
‘’D-di solitudine, di ossessione… di ricerca, forse.’’
Sebastian sorrise, di un sorriso dolce, così diverso dai suoi soliti ghigni al quale il moro era abituato, fu per quello che si impresse automaticamente nella sua mente. Annuì impercettibilmente con la testa.
‘’Parla di unicità, Blaine.’’ 
 
 
 

*

 
 
 
 
La platea era gremita. Sembrava non ci fosse più un posto libero, ma la gente continuava ad entrare a frotte. C’erano produttori, giornalisti, persone d’elité e gente comune, tutti per vedere fin dove si sarebbe spinto questa volta il genio (messo in discussione in passato) di Sebastian Smythe.
 
C’era agitazione dietro le quinte, gli attori erano in fermento, il regista stava smaltendo la sua crisi di panico pre-entrata in scena e Sebastian dava gli ultimi suggerimenti e le ultime indicazioni, celando la sua agitazione adrenalinica dietro un’ostentata sicurezza.
‘’Signori, un’ultima cosa prima di entrare in scena: non vi dirò grazie, aspetterò che tutto vada per il verso giusto prima di pronunciarmi in merito. Sono sicuro che questo spettacolo sarà un successo, caso contrario, maledirete il giorno in cui avete deciso di lavorare con Sebastian Smythe.’’
Tacque. Il gruppo lo guardò perplesso: non era proprio il miglior discorso di incoraggiamento che il mondo avesse udito, ma qualcuno abbozzò anche un timido applauso. Dopotutto era fatto così.
Quando il gruppo che si era formato intorno a lui si era sparso, Sebastian si era avvicinato a Blaine, che già si era diretto verso una quinta e aveva cominciato a camminare in preda al nervosismo.
‘’Blaine.’’ Lo chiamò, e Blaine si voltò immediatamente, come scosso. Si avvicinò a lui e gli prese le spalle tra le mani, lisciandole appena. ‘’Blaine rilassati. Chiudi gli occhi e respira profondamente.’’ Sorrise l’autore.
Il moro fece come gli era stato detto, chiuse gli occhi e cominciò a inspirare ed espirare lentamente. Ripeté quel gesto un paio di volte, prima che gli si bloccasse il respiro a metà, quando senti le labbra di Smythe vicino al suo orecchio.
‘’Voglio che ricordi questo, Blaine: qualunque cosa accada dopo, tu sei una stella.’’
 
 
 
 

Sebastian entrò in sala poco prima dell’apertura del sipario, si sedette al suo posto riservato accanto a sua moglie che lo accolse con un sorriso. Si prese qualche attimo per osservarla, indossava un cappotto elegante verde scuro, che riprendeva la gonna del vestito di seta di una tonalità più chiara. Sul risvolto era adagiato un folto collo di pelliccia. I capelli erano raccolti in un’acconciatura semplice, impreziosita da fermagli intarsiati di brillanti. Era impeccabile.
‘’Cosa c’è?’’
‘’Ricopri il tuo ruolo sempre in maniera perfetta.’’ Le rivolse un mezzo sorriso, che sapeva molto di gratitudine. Evelyne rispose al sorriso, prima di distogliere lo sguardo. Gli prese la mano sul bracciolo della poltrona, stringendola affettuosamente con le sue dita sottili.
‘’Questo non ha niente a che vedere con il mio ruolo.’’
Sebastian fece scivolare la mano e la intrecciò alla sua, portandosela alle labbra.
‘’Non ti ho mai ringraziato, Eve.’’
‘’Non te l’ho mai chiesto.’’
Evelyne si voltò a guardarlo negli occhi. Non voleva la ringraziasse per quello che faceva per lui, lo facevo volontariamente, senza aspettarsi nulla in cambio. L’importante era restargli vicino.
‘’Pensi sarà in grado?’’
Sebastian strabuzzò gli occhi per l’improvviso cambio di argomento. Si schiarì la voce e tornò a guardare il palcoscenico.
‘’Ne sono sicuro.’’
Evelyne annuì e strinse un po’ di più la mano di suo marito, ricevendo lo stesso gesto in risposta.
Le luci pian piano si abbassarono e l’attenzione di tutti si focalizzò sul sipario che lentamente si stava aprendo. Il momento era arrivato: che lo spettacolo avesse inizio.
 
 
Midnight: era questo il titolo dell’opera. Uno spettacolo che non aveva precedenti, ambientata in un mondo sconosciuto, in un tempo indefinito. Prima opera a sfondare le barriere della classicità, dove anche la musica faceva gran parte del lavoro. La stile e i testi dissacranti di Sebastian Smythe erano già noti al grande pubblico, questa volta però si era spinto oltre, aveva sperimentato nuovi confini. Fu per questo che, alla chiusura del sipario, la gente scattò in piedi in una standing ovation che durò mezz’ora. Per questo e per il suo giovane protagonista. Blaine fu meraviglioso, intenso e personale. Dalla prima nota la sua voce, così carezzevole ma nello stesso tempo forte e decisa, aveva incantato tutto il pubblico in sala. Era diverso dagli altri interpreti che affollavano i teatri in quel periodo, era espressivo e vero, era catartico. Unico nel suo genere.
Sebastian sorrise soddisfatto, felice, mentre i suoi produttori gli stringevano la mano, mentre i fotografi lo immortalavano per le prime pagine dei quotidiani. Si era riscattato, finalmente.
 
Alla fine dello spettacolo, quando la gente uscì dalla sala e suo marito si alzò per le cerimonie di rito, Evelyne rimase seduta nella sua poltrona, immobilizzata da quello che aveva visto e udito.
Sebastian gli aveva mentito. La trama non parlava di loro.
La storia parlava di altro: il protagonista, Everett, abitante di Alfa, un pianeta abitato da soli uomini (dove la concezione della donna e dell’amore non esistevano), era l’unico del suo popolo a non riuscire a vivere impassibile davanti alla asettica quotidianità di Alfa, ad avere un tormento, a sentire un vuoto, senza riuscirgli a dare un nome. Passava la vita ossessionato da quel pensiero, viveva per trovare quel qualcosa, per colmare il vuoto, sentendosi essenzialmente unico e solo.
La vita del protagonista cambiò quando, sul loro pianeta arrivò Sèline, una straniera proveniente da Omega, (il pianeta delle donne) anche lei unica e sola, anche lei alla ricerca di quel qualcosa. Dal primo momento che i loro sguardi si incrociarono, i due capirono che forse avevano trovato quello di cui avevano bisogno. Dal loro incontro, dall’incontro si due solitudini così simili, nacque un legame unico, destinato però a vivere nell’ombra.
 
Evelyne sospirò, sorridendo amara. Suo marito gli aveva detto che c’era molto di lei nel personaggio del protagonista, e indubbiamente c’erano molte sue caratteristiche, ma Everett non parlava di Evelyne, parlava di lui.
 
‘’Sei pronta ad andare?’’
La voce di suo marito la riscosse, si voltò verso di lui e gli sorrise, alzandosi elegantemente dalla poltrona.
‘’Sì.’’ Sospirò.
‘’Non mi hai detto se ti è piaciuto.’’ Disse Sebastian, un pizzico di preoccupazione nel tono di voce.
‘’L’ho amato.’’ Gli carezzò una guancia, gli occhi le pizzicavano ma trattenne le lacrime.
Sebastian gli sorrise raggiante e le porse il braccio per uscire. Vennero fermati dalla voce di Puckerman, quando ormai erano quasi all’uscita.
‘’Signor Smythe! Blaine Anderson vorrebbe parlarle, è nel suo camerino.’’ Disse senza fiato il servo di scena, stroncato dalla corsa.
Sebastian aprì la bocca per replicare ma Evelyne scivolò dal suo braccio e gli fece cenno di andare pure.
‘’Ci vediamo all’hotel, non tardare troppo.’’
Sebastian le rivolse un mezzo sorriso e annuì, allontanandosi insieme al tuttofare.
Dopo qualche passò si sentì richiamare, si voltò e incontrò gli occhi castani e pieni di apprensione di sua moglie.
‘’Ricordi quella raccomandazione che avrei dovuto farti?!’’
Continuò a guardarla, ricordando perfettamente le parole della sera in cui aveva messo in chiaro con lei le sue intenzioni con il giovane attore, e rammentando il suo mancato consiglio. Annuì.
‘’Cerca solo di non uscirne con il cuore spezzato.’’
 
 
 
 

 Blaine aveva ancora addosso il costume di Everett, si era struccato ma aveva aspettato a cambiarsi, dato che l’autore sarebbe potuto arrivare da un momento all’altro. Per un attimo, l’idea che potesse vederlo seminudo gli diede un brivido piacevole lungo la schiena, ma scacciò quel pensiero all’istante.
L’aveva fatto chiamare per altri motivi. Voleva ringraziarlo per quello che aveva fatto per lui, durante quel mese e soprattutto quella sera. Poco importava che non avrebbero più lavorato insieme; la prima era stata un successo e, se fosse andato tutto come sperava, la sua carriera sarebbe stata tutta in salita. Questo tutto grazie a Sebastian Smythe.
Il leggero toc toc sulla porta lo attirò come la voce di una sirena, si alzò e andò lui stesso ad aprire. L’immagine che si ritrovò davanti lo lasciò senza fiato, l’aveva visto poco prima nelle stesse vesti, ma ora era come se lo osservasse con occhi diversi.
Lo smoking scuro fasciava il suo fisico snello e slanciato in modo perfetto ed i capelli finemente tirati indietro davano la possibilità di godere dei suoi lineamenti sottili.
‘’Quanto pensi che dovrò rimanere ancora sulla porta?!’’ scherzò Sebastian con un leggero ghigno.
Blaine boccheggiò imbarazzato e si fece da parte per farlo entrare.
‘’Perché mi hai fatto chiamare?’’
‘’Volevo ringraziarla p-per quello che ha fatto per me, per la possibilità che mi ha dato e per il suo incoraggiamento.’’
Sebastian lo fissò per un po’, ammirando le sue gote rosse, poi fece un gesto dissimulatore con la testa. ‘’Non l’ho fatto solo per te, mi è convenuto farti uscire dalla tua piccola crisi.’’
‘’No, no.’’ negò con la testa Blaine. ‘’Avrebbe potuto benissimo sostituirmi con qualcun altro, avrebbe rischiato meno. Invece…’’ Sebastian cominciò ad avvicinarsi lentamente a lui. ‘’…mi ha lanciato una boa di salvataggio,’’ Più vicino, sempre più vicino, e più si avvicinava più Blaine non riusciva a connettere il cervello con la lingua, la sua voce era diventata più acuta e le sue frasi spezzate. ‘’n-non è da tutti. Insomma…’’ l’autore gli posò una mano sul collo, carezzando una piccola porzione di pelle con il pollice. ‘’Grazie.’’
Il suo respiro era diventato più affannoso, deglutì nel tentativo di calmarsi.
‘’Hai ancora un po’ di cerone qui.’’ Disse languido, come se non avesse ascoltato una sola parole, continuando a sfregare la piccola zona sul suo collo. Blaine inarcò le sopracciglia. ‘’Oh.’’ Inclinò il la testa, ingenuamente, esponendo interamente il collo, volendo aiutare l’autore nella sua azione di pulizia. Pessima idea.
Due secondi dopo, le labbra di Sebastian si erano abbassate su di lui e stavano già lasciando piccoli baci lungo la sua giugulare e la sua lingua stava tracciando la piccola macchia rossa lasciata dal suo precedente sfregamento.
Blaine gemette, non capì inizialmente se di sorpresa o piacere. Socchiuse gli occhi mentre le mani del più alto già vagavano sui suoi fianchi. Non poteva farlo. Cercò di tirarsi indietro ma la presa di Sebastian era più forte.
Continuò a leccargli il collo, fino ad arrivare al suo orecchio.
‘’Avresti potuto ringraziarmi al party, perché hai voluto farlo qui?!’’ gli sussurrò leggero. ‘’Lo vuoi anche tu Blaine, lo so che lo vuoi.’’
Il moro chiuse gli occhi, avvertendo l’alito caldo dell’autore solleticargli l’orecchio e la tempia. La sua pelle reagiva in maniera strana, come se la sua percezione fosse amplificata: rabbrividiva vistosamente ad ogni soffio. Sebastian Smythe aveva ragione, lo voleva, ma semplicemente non doveva accadere. Strinse la presa sui suoi avambracci e lo scostò da sé con forza. Lo superò senza guardarlo e si diresse verso la porta. Aveva appena poggiato una mano sulla maniglia quando lo percepì avvicinarsi alle sue spalle, Blaine allora l’aprì, ma si bloccò quando vide la mano di Sebastian Smythe poggiarsi con calma sullo stipite, non sull’uscio, non la chiuse. Si sarebbe aspettato che lo trattenesse con la forza, invece no; gli stava mandando un messaggio: voleva fosse Blaine a decidere.
Come se avesse mai avuto scelta.
Il moro seguì con lo sguardo il contorno delle dita affusolate dell’autore, leggermente flesse sul legno bianco, il suo avambraccio coperto dalla manica dell’elegante smoking; cercò con la coda dell’occhio il suo viso, senza però coglierne i lineamenti.
Blaine ebbe la sensazione che il mondo avesse cominciato a girare più lentamente mentre spingeva la porta a chiudersi e faceva scattare la serratura.
Un momento di tremenda quiete, poi il tempo riprese la sua folle corsa e in un attimo si ritrovò sbattuto con la schiena contro l’uscio, una mano ferma che gli teneva un fianco e Sebastian Smythe spalmato addosso.
Sollevò lo sguardo sul volto dell’autore, ora così vicino, tanto da sfiorargli la punta del naso con la sua. A distanza di un bacio.
Guardò quelle labbra sottili e piene a lungo, desiderando di assaggiarle, di prenderle tra le sue, ma si sentiva immobilizzato, incapace di fare un minimo movimento mentre l’alito caldo dell’autore gli solleticava il volto e quegli occhi neri di desiderio lo inchiodavano ancora di più alla superficie dietro di sé.
Come se gli avesse letto nella mente, Sebastian affilò il suo miglior mezzo sorriso e lo spinse ancora di più contro la porta; cominciò a tracciargli la linea della mascella con un dito, lentamente, scendendo sempre più in basso e slacciandogli i primi bottoni della camicia.
Le sue labbra erano pericolosamente vicine a quelle del moro, Blaine socchiuse gli occhi in attesa di quel bacio che desiderava tanto ma che non arrivò; la bocca di Sebastian deviò verso il mento, cominciando a carezzargli la pelle con le labbra umide. Il moro ansimò, alzando la testa in modo da dare più campo d’azione all’autore, che accettò di buon grado l’invito cominciando a leccare ogni porzione di pelle possibile, respirando a pieni polmoni il naturale profumo del giovane attore.
Era totalmente inebriante e Sebastian dovette fare appiglio a tutta la sua forza di volontà per non sollevarlo e prenderlo con forza contro quella dannatissima porta. No, doveva fare con calma e giocarsela a modo suo. A piccole dosi.
Continuò a leccare e succhiare la pelle sensibile del collo, facendo attenzione a non lasciare segni visibili, sentendolo ansimare e fremere sotto di sé. Ghignò.
‘’Non eri tu quello che non mi desiderava affatto?!’’ sussurrò languido al suo orecchio.
Blaine cercò di rispondere ma l’unico suono che provenne dalle sue labbra fu un ansito più forte, quando Sebastian posizionò una gamba tra le sue ed entrò in contatto con la sua erezione.
‘’No, decisamente non eri tu.’’
Blaine non ebbe neanche la forza di lanciargli uno sguardo torvo perchè Sebastian cominciò a strusciare la sua coscia contro l’ampio rigonfiamento tra le gambe del moro che, a quel gesto, riuscì appena a soffocare un gemito sordo.
‘’Non trattenerti Blaine, lasciati andare. Non c’è nulla di sbagliato.’’ Soffiò contro il suo collo, facendolo rabbrividire di nuovo.
Blaine in realtà sapeva esattamente quanto fosse tutto tremendamente sbagliato, ma la sua mente non riusciva a focalizzarsi su nient’altro che non fossero l’umidità, il calore della lingua di Sebastian e la sua mano che in quel momento si stava intrufolando all’interno dei suoi pantaloni.
Udì Smythe emettere un verso compiaciuto.
‘’Ho sempre affermato che tu fossi estremamente dotato, Blaine.’’ soffiò, trattenendo un gemito e soffermando la mano sull’erezione del moro.
‘’Stia zitto e non si fermi.’’
Sebastian sollevò la testa, leggermente stupito da quella richiesta così audace, per poi sorridere compiaciuto. Stava ottenendo esattamente quello che voleva.
Non se lo fece ripetere di nuovo, fissò i suoi occhi in quelli di Blaine e velocemente si introdusse nelle sue mutande per prendere in mano il suo membro inturgidito e cominciare a massaggiarlo.
Blaine sospirò sollevato, tirò indietro la testa con forza, quasi battendo contro il legno della porta, e socchiuse gli occhi. Si lasciò andare al piacere che aumentava ad ogni movimento di polso. Dio, quanto lo aveva desiderato! Gemeva e muoveva i fianchi incontro alla mano di Sebastian senza vergogna, perché sapeva che gli occhi neri dell’autore erano fissi sul suo volto, poteva sentirli sulle sue labbra, sui suoi lineamenti deformati dal piacere, e la cosa lo eccitava sopra ogni dire. Con titubanza, quasi tremante, avvicinò la mano al cavallo dell’altro.
Sebastian mugugnò in assenso, ma sarebbe potuto venire anche solo alla vista di ciò che stava accadendo sotto il suo sguardo: la fronte di Blaine era imperlata di piccolissime gocce di sudore simili a rugiada; l’espressione aggrottata, ma nello stesso tempo deliziata, e i suoi sospiri e gemiti strozzati gli riscaldavano il sangue nelle vene. Blaine era bellissimo, sempre. Guardò le sue labbra umide e rosse, aumentò il ritmo della mano; voleva che venisse pronunciando il suo nome e dal modo in cui i sospiri di Blaine si fecero più sconnessi, doveva essere molto vicino al limite.
Si abbassò su quelle labbra e le carezzò impercettibilmente con le sue. Blaine aprì leggermente gli occhi e i loro sguardi si unirono.
‘’Se..b…’’
‘’Sì…’’
 
‘’Blaine?!’’
 
Udirono una voce fuori dalla stanza. Il moro spalancò improvvisamente gli occhi allarmato e allontanò con uno scatto la mano dalla patta dell’autore. Sebastian si arrestò e mise la mano, che non era ancora nei suoi pantaloni, sulla bocca di Blaine, indicandogli di fare silenzio.
Non avevano sentito, quel qualcuno al di là dell’uscio, bussare. Sebastian guardò con puro odio la porta, come se quello sguardo potesse trapassare i quattro centimetri di legno e indicare a quello sgradito visitatore di sloggiare.
Sentiva l’umidità dei respiri agitati di Blaine sul palmo della mano; abbassò lo sguardo sul suo volto e notò che il moro era fin troppo spaventato- probabilmente non l’avevano minimamente sentiti- perché tanta agitazione?
 
‘’Blaine, sono Kurt. Sei qui dentro?’’
 
Oh.
Il suo piccolo cerbiatto era venuto a cercarlo, se solo avesse saputo cosa stesse facendo il suo amante. Già, se solo avesse saputo.
Sebastian inarcò le sopracciglia e guardò nuovamente Blaine. Sorrise, di un sorriso sornione e malefico, e ci avrebbe scommesso che, quello che attraversò gli occhi dell’attore, fosse puro terrore.
Serrò la presa sulla bocca di Blaine e strinse di nuovo il suo membro tra le dita, cominciando a pomparlo con più foga di prima.
Blaine tirò leggermente indietro la testa, per quanto la presa di Sebastian glielo permettesse, e sgranò gli occhi. Avrebbe urlato, per quello che l’autore gli stava facendo, ma infondo sapeva che neanche quest’ultimo era interessato a far sentire le sue urla al di fuori di quella stanza; lo stava solo mettendo alla prova, il bastardo.
Nella confusione nebulosa che era il suo mondo in quel momento, ebbe modo di distinguere dei passi attutiti che si allontanavano da qualche parte, prima di venire copioso nella mano di Sebastian, graffiando il palmo di Smythe con i denti, nel tentativo di strozzare un urlo liberatorio.
Sentì le gambe cedere, ma per fortuna il peso del corpo di Smythe lo tenne attaccato alla porta. Riaprì gli occhi a fatica e gli rivolse uno sguardo stanco; la mano dell’autore era ancora sulla sua bocca, ma aveva allentato la presa, ora stava lentamente scivolando su un lato del viso mentre le sue dita gli carezzavano con delicatezza le labbra schiuse e secche.
Era strano il modo in cui lo stava guardando, come un artista che contempla la sua opera ma non ne è completamente soddisfatto.
I suoi sguardi lo destabilizzavano, erano sempre diversi ed enigmatici. Un momento lo facevano sciogliere come ghiaccio al sole e il momento dopo gli facevano venir voglia di prenderlo a pugni. Sembrava si divertisse a prenderlo costantemente in giro.
 Fu allora che si accorse che aveva ancora una mano dell’autore nei pantaloni; gli poggiò i palmi sul petto e lo spinse frustrato, sentendo un po’ di forza tornargli, e facendolo inciampare un paio di passi indietro.
Dopo un primo, breve momento di stordimento, Sebastian guardò Blaine e scoppiò a ridere.
‘’Cosa c’è, già pentito? Eppure mi pare che te la sia goduta enormemente.’’ Disse, mostrandogli la mano ancora sporca del suo seme.
‘’Se ne vada.’’ Soffiò Blaine, staccandosi dalla porta e avvicinandosi barcollante al piccolo ripiano del trucco, dove l’autore era andato a ripulirsi, servendosi di un piccolo asciugamano. ‘’Ha avuto quello che voleva.’’
Sebastian alzò lo sguardo sul moro e inarcò le sopracciglia, rivolgendogli un sorriso sghembo.
‘’Lo abbiamo avuto entrambi, con la differenza che io non posso definirmi completamente soddisfatto.’’
‘’Che intende dire?’’ chiese Blaine con titubanza, quasi avesse paura di conoscere la risposta. Smythe gli sorrise ma non rispose, non subito. Lanciò la salvietta sul ripiano e si avvicinò alla porta.
‘’Lo scoprirai presto. Oh, killer, non fare tardi al party.’’ Gli rivolse un occhiolino e poi uscì, chiudendosi la porta alle spalle.
Blaine rimase a fissare quella superficie di legno a lungo; nella sua testa uno sciame di emozioni contrastanti.
Mentre si toglieva il costume di scena e indossava il suo smoking preso a noleggio, meditò su quanto la sua vita fosse diventata caotica da quando aveva incontrato per la prima volta lo sguardo di Sebastian Smythe. Sfortunatamente per lui, non aveva ancora idea di quanto fosse distante dalla vera concezione di caos.
 
 
 

*

 
 
 
 
Sebastian fece la sua entrata trionfale nel salone delle feste del Plaza Hotel, dove si stava tenendo il Midnight After Party, accompagnato da uno scroscio di applausi, pacche sulle spalle da gente che conosceva appena e da commenti estasiati. Rivolse a tutti lo stesso sorriso, ringraziando stancamente e salutando in fretta chiunque.
Si guardò intorno, alla ricerca di un viso familiare.
‘’Cercavi me, tesoro?’’
Si voltò e sorrise; Evelyne si stagliava al centro della sala, a un paio di metri da lui, bellissima come sempre. Notò che tutti i presenti la stavano guardando, le donne sembravano scandalizzate mentre gli uomini sembravano solo incuriositi o tutta al più ammirati.
Sollevò un sopracciglio e si avvicinò a lei, le lasciò un bacio sulla guancia e, quando poggiò una mano sul fondo della sua schiena, capì il perché di tutta quella moltitudine di sguardi.
Sospirò e indossò un’espressione di finto rimprovero.
‘’Mia cara, forse dovresti contenerti nel dare spettacolo di te, ogni tanto.’’
‘’Oh, piantala! Tra qualche anno lo indosseranno tutte.’’ E con fare teatrale si voltò, mostrandogli la schiena che la profonda scollatura posteriore lasciava nuda fin sotto i reni.
Sebastian scoppiò in una piccola risata.
‘’Tu e le tue idee avveniristiche.’’
Evelyne gli rivolse una smorfia da sopra la spalla, prima di scoppiare a ridere anche lei.
‘’Allora Bas, parliamo di cose serie.’’ Disse, prendendo un sorso dal flûte che aveva in mano. ‘’Come è andata con il Rudy Valentino di Broadway, ne sei pienamente soddisfatto?’’
Sebastian le lanciò uno sguardo di sbieco, senza risponderle. Il suo viso era stranamente serio per sfuggire ad Evelyne, che si voltò verso di lui e lo scrutò.
‘’N-non ci hai fatto nulla, non è così?!’’
‘’Non quello che pensi tu.’’ La guardò con supponenza, nel tentativo di cancellarle quello sguardo indagatore. ‘’Gli ho dato solo una parte di quello che voleva, sarà lui a chiedermi di più la prossima volta.’’
‘’Aspetta, stai parlando di dare senza ricevere? Non è il tuo stile.’’ Ghignò sarcastica.
‘’Già… ma con lui è diverso.’’
Ed Evelyne si chiese in che senso suo marito intendesse quel diverso, temendo di conoscere già la risposta. Di colpo vide Sebastian irrigidirsi impercettibilmente, seguì il suo sguardo fino ad incontrare la figura di due uomini che, appena entrati in sala, erano stati aggrediti da un gruppo di persone eccitate. O meglio, era il più basso ad aver attirato tutta l’attenzione su di sé. Un brunetto già diventato star. Ev fece un mezzo sorriso, dirigendo la sua attenzione al ragazzo alto e pallido che ora se ne stava in disparte, un po’ intimidito.
‘’E’ lui, il suo amante?!’’
‘’Mh-m.’’
‘’Hai ragione, ha una terribile faccia da cerbiatto. (*)’’ detto questo, porse il bicchiere di champagne a Sebastian e andò incontro ai due uomini, prima però si voltò verso suo marito e gli ammiccò. ‘’Vado a salvare la tua dolce donzella.’’
 
Almeno una decina di persone erano intorno a Blaine, a tempestarlo di domande e a fargli complimenti di ogni sorta. Lui sorrideva affabile, ringraziava sinceramente e rispondeva a tutti con grande stile. Sicuramente era più diplomatico di suo marito, pensò la donna.
‘’Vi prego signori, fatelo respirare altrimenti domani non avrà più fiato per esibirsi.’’ Scherzò Eve, facendosi strada tra la gente e prendendo Blaine sotto braccio; come sotto ipnosi, tutti i vari invitati si allontanarono ridendo.
‘’Mrs Smythe, mi ha salvato.’’ Disse Blaine baciandole la mano.
‘’Dovere. Senza di te le finanze di mio marito, e di conseguenza le mie, avrebbero un crollo netto; devo preservarvi entrambi.’’ Affermò giocosa, rivolgendogli un sorriso birichino.
Blaine scosse la testa ma sorrise di rimando.
‘’E poi volevo chiederti scusa.’’
‘’Per cosa?’’
‘’Per aver dubitato di te. Sul serio Blaine, non ho mai conosciuto artisti con il tuo talento. Spero tu possa perdonarmi.’’
Blaine la guardò confuso e anche lusingato; sorrise imbarazzato prima di ringraziarla. ‘’Non c’è niente da perdonare.’’ Aggiunse infine.
‘’Beh, allora vuoi presentarmi questo giovane alle tue spalle?!’’
Blaine si riscosse e si affiancò a Kurt, poco dietro di lui.
‘’Certo. Mrs Smythe le presento Kurt Hummel. Kurt, lei è Evelyne Smythe.’’
Kurt fece un passo avanti e le fece un elegante baciamano.
‘’E’ un piacere conoscerla, Blaine mi ha parlato molto di lei e devo ammettere che i suoi discorsi sulla sua bellezza non le rendono giustizia. Il suo abito poi, se posso permettermi, è così…’’
‘’Scandaloso?!’’
’Avant-garde.’’
Evelyne arricciò le labbra, felicemente compiaciuta di quel commento.
‘’Beh, signor Hummel, converrà con me allora che un abito del genere va mostrato; mi concederebbe un ballo?’’
‘’I-io?!’’ chiese impacciato Kurt.
‘’Blaine mi ha detto che lei è un ballerino, e noi’’- disse indicando la sua figura- ‘’abbiamo bisogno di un accompagnatore all’altezza.’’  
Kurt inclinò la testa e fece un mezzo sorriso, le porse la mano mentre l’orchestra cominciava a suonare un walzer.
Chiesero entrambi scusa a Blaine e insieme si diressero verso il centro della pista, dove cominciarono a dare una superba interpretazione.
Blaine li ammirava con un sorriso sulle labbra, vedendo quanto risultassero perfetti nonostante i goffi momenti di ilarità che scoppiavano ogni tanto tra loro.
Un cameriere gli passò affianco con un vassoio contenente alcuni bicchieri di champagne, stava per prenderne uno quando una voce sopraggiunse alle sue spalle.
‘’Non ce ne bisogno, va pure.’’
Il cameriere fece un piccolo inchino con il capo e si allontanò, scoprendo totalmente la figura di Sebastian Smythe con in mano due flute. Gli sorrise, porgendogliene uno.
‘’Dobbiamo brindare.’’
Blaine prese il bicchiere dalle sue mani senza guardarlo.
‘’D’accordo, vorrà dire che brinderò da solo. A te… e a me.’’
Si portò il bicchiere alle labbra, nascondendo un piccolo ghigno.
Non ricevette neanche stavolta una risposta da parte di Blaine, che continuava a guardare di fronte a sé, cercando di ignorare i brividi che gli procurava la sola vicinanza del corpo dell’autore.
Sebastian alzò agli occhi al cielo davanti al quel comportamento da regina del melodramma; gli si parò davanti, costringendolo a guardarlo.
Ogni sua intenzione si azzerrò all’istante. Era incredibile come quegli occhi lo facessero tremare, erano come se gli scavassero dentro. Erano capaci di trasformare i suoi sentimenti, di far sparire il suo tipico ghigno per dar spazio ad un più sincero sorriso. Sospirò.
‘’Blaine, brinda con me.’’ Lo invitò con gli occhi, così limpidi in quel momento, quasi supplichevoli. ‘’Sei perfetto… Stasera sei stato semplicemente perfetto e io non sono mai stato più felice di non essermi sbagliato in una mia valutazione. Quindi, per favore…’’
Blaine schiuse le labbra, sorpreso e incantato dalla inaspettata dolcezza del sorriso di Smythe e del suo tono. Abbassò lo sguardo sul suo bicchiere e lo avvicinò tremante a quello dell’autore, facendoli tintinnare. Sorrise, senza neanche accorgersene.
Quando posò gli occhi sul viso dell’uomo più alto, il suo sorriso si era inclinato da un lato ma non smise di guardarlo in quel modo strano, come aveva fatto nel camerino qualche ora prima, quando sembrava che dentro di sé stesse combattendo una battaglia tra il lasciarlo andare e il tenerlo con sé.
Se non fossero stati in mezzo a tutta quella gente, Blaine l’avrebbe preso e trascinato via in qualche stanza vuota dell’albergo, solo per continuare a farsi guardare così.
Sebastian però fece un passo indietro e si allontanò, senza dargli il tempo di dire nulla.
 
 
 

‘’Balla con me.’’
‘’Non sei stanca di ballare?’’
‘’Non per un ballo con mio marito, andiamo!’’
Evelyne lo stava pregando con lo sguardo ma Sebastian non si mosse. Non si sentiva in vena di divertirsi quando i suoi pensieri e la sua attenzione era rivolta ad una sola persona nella sala. Ma più che la persona, erano le sensazioni che provava a turbarlo.
Dopo la chiusura del sipario, quella sera, quando le sue orecchie erano state riempite dal suono degli applausi e delle urla di gioia, aveva capito che Blaine Anderson era la cosa più preziosa che avesse. Aveva scoperto che, nel momento in cui le repliche del suo spettacolo si sarebbero concluse, Blaine se ne sarebbe andato, non avrebbe più lavorato con lui. E questo non poteva permetterlo.
 
‘’Dammi tregua Evelyne.’’ Disse brusco.
‘’Forse vorresti ballare con me, piccola Eve.’’
La donna si pietrificò sul posto. Avrebbe riconosciuto quell’adorabile e alquanto buffo accento inglese ovunque. Si voltò, constatando che l’uomo alto e biondo di fronte a sé fosse davvero lui.
‘’Adam. Crawford.’’
Gli volò tra le braccia, incurante del fatto che, abbracciare così apertamente un uomo celibe in pubblico, non fosse un gesto adatto ad una donna nella sua posizione.
 
Era uno dei suoi più cari amici di infanzia che non vedeva da anni.
Si erano conosciuti a Parigi. Adam era andato a studiare danza lì per qualche mese, si erano incontrati a scuola. Lei era poco più che una bambina, incapace di eseguire un semplice pliè, lui era un giovanotto di diciotto anni che aveva provato tenerezza per quella ragazzina e gli aveva insegnato tutto quello che sapeva sul balletto. A distanza di anni, Evelyne aveva abbandonato la danza per sposare Sebastian ed Adam era diventato uno dei più famosi coreografi al mondo.
 
Adam cercò di staccarsi ridendo, ma la donna non mollò la presa. Rivolse allora uno sguardo supplichevole a Sebastian che li guardava divertito.
‘’Tua moglie ignora ancora le regole della buona società?!’’
‘’Con sempre più arduo impegno.’’
‘’Cosa ci fai qui?’’ chiese quasi urlando Evelyne, prendendogli il viso tra le mani.
‘’Sto preparando la mia nuova tournèe mondiale: sono a New York per cercare nuovi talenti per la mia compagnia.’’
‘’Progetti sempre in grande tu, eh.’’ Gli rivolse uno sguardo complice. ‘’Ma, eri allo spettacolo?’’
‘’Oh, sì! A proposito Sebastian, è stato sensazionale.’’
‘’Lo so.’’ Affermò con sufficienza l’autore, sorridendogli strafottente.
Adam sorrise imbarazzato, ma Evelyne gli fece intendere di non farci troppo caso.
‘’Hai già trovato qualcuno?’’
‘’Qualcuno, ma niente di particolarmente entusiasmante. Non tutti hanno la fortuna di trovare stelle splendenti, come tuo marito.’’ Sorrise affabile verso Sebastian. ‘’Prenderei con me volentieri te e il tuo affascinante accompagnatore nel walzer di poco fa, se tu non fossi una donna sposata e lui fosse un ballerino.’’
‘’Oh, ma lui è un ballerino.’’ Sbottò con nonchalance Sebastian. I due amici si voltarono verso di lui, Evelyne con un’espressione totalmente shoccata in volto e Adam seriamente colpito.
‘’Uhm, interessante.’’ Il coreografo si voltò a guardare i due artisti in lontananza che parlavano tra loro, Evelyne e Sebastian erano sicuri però che la sua attenzione fosse focalizzata totalmente sull’algido cerbiatto danzante.
‘’Allora, spero vogliate scusarmi.’’
No, no, no, no. Evelyne avrebbe voluto fermarlo, ma Adam in pochi passi si era già lontano da loro. Si voltò verso Sebastian che aveva un sorriso soddisfatto sul volto.
 ‘’Allora, balliamo?!’’ Sebastian abbassò lo sguardo su di lei, un’espressione totalmente spensierata sul volto; le prese una mano, trascinandola al centro della pista, continuando ad ignorare il suo sguardo allibito.
La prese tra le braccia e cominciarono a muoversi all’unisono al tempo di un tango.
‘’Sebastian?!’’
‘’Sì?!’’
‘’E’ solo una coincidenza che, uno dei più famosi coreografi mondiali, sia casualmente presente al tuo After Party e si stia parlando con l’amante ballerino del tuo primo attore, vero?!’’
La fece girare due volte per poi attirarla stretto a sé.
‘’A volte il mondo è davvero piccolo.’’ Ghignò contro la sua tempia Sebastian.
‘’Bas, a questo party ci si poteva presentare solo con un invito e io non avevo idea che lui fosse a New York.’’
‘’Ma non mi dire!’’ sgranò gli occhi, fintamente meravigliato.
Evelyne aggrottò la fronte, basita.
‘’Non pensavo volessi dividerli sul serio.’’
Sebastian si incupì di colpo, stringendo un po’ di più la presa sulla sua mano e guardandola negli occhi.
‘’Lui deve essere solo mio.’’
La musica cessò. Evelyne era senza parole, non disse nulla, lasciò che Sebastian si staccasse e si congedasse da lei, prendendole la mano tra le sue e baciandogliela.
Lo seguì con lo sguardo mentre si avvicinava a Blaine e gli faceva cenno di seguirlo, poi entrambi sparirono dietro una porta.
 
 
 

Erano entrati in quella che doveva essere in tutto e per tutto una sala riunioni. Sebastian si tuffò subito su una poltroncina, sprofondandoci dentro. Blaine si guardava intorno, con le mani in tasca e fare intimidito. Non avevano spiccicato parola per tutto il breve tragitto, dunque Blaine ignorava completamente il perché Sebastian l’avesse portato lì.
Rimasero in silenzio ancora per un po’, scrutandosi di tanto in tanto. Quando l’imbarazzo divenne troppo da sopportare, Blaine si schiarì la gola e prese un sospiro.
‘’C-così lei conosce Adam Crawford, il famoso coreografo.’’
‘’E’ un amico di mia moglie, ma sì, in quanto due geni assoluti nei nostri rispettivi campi, è normale conoscerci.’’ Blaine si morse il labbro inferiore, annuendo con il capo. Sebastian continuò a scrutarlo con sguardo torbido, ammirando il suo atteggiamento da scolaretto timido che lo faceva impazzire.
‘’Kurt potrebbe fare un provino per lui, potrebbe essere un’ottima opportunità.’’ Disse in modo soffuso, incrinando il tono in modo da farla sembrare un’idea buttata lì. Trattenne a stento un ghigno, notando come le spalle del moro si fossero tese e a come borbottò a mezza voce un poco convinto ‘’immagino di sì’’.
‘’Anche lui ha diritto alla sua fetta di notorietà, Blaine.’’
‘’Io non sono famoso.’’
‘’Lo sarai.’’ Gli sorrise felino, poi si alzò dalla poltrona e si avvicinò al grande tavolo ovale al centro della stanza.
‘’Ho visto che prima parlavi con alcuni manager…’’
‘’Sì, ho racimolato una quantità discreta di offerte da…’’ Ridacchiò imbarazzato Blaine.
‘’Non ne avrai bisogno.’’ Lo interruppe Sebastian. Il moro lo guardò confuso e l’autore si accinse a continuare, avvicinandosi di appena qualche passo a lui.
‘’Non ne hai bisogno perché da stasera appartieni a me.’’
‘’Ho paura di non riuscire a capire…’’
‘’E’ semplice, stasera sottoscriverai un contratto stipulato da me stesso e da regolare notaio, dove tu, Blaine Devon Anderson, concedi la tua totale esclusiva professionale a me, Sebastian Smythe.’’
Blaine strabuzzò gli occhi, completamente incredulo, mentre guardava Smythe estrarre un foglio dalla tasca interna del tight e stenderlo sul tavolo. Non si sarebbe neanche soffermato a leggere, aveva già preso la sua decisione. Nel suo futuro, il nome di Sebastian Smythe, non compariva in nessun carattere.  
‘’Può anche scordarselo.’’ Gli disse affilato, si voltò e fece per uscire ma la voce di Sebastian lo fermò.
‘’Non con tanta fretta Blaine. Hai la possibilità di lavorare tua vita natural durante con il più grande autore in circolazione, potrebbe non capitarti più una cosa del genere, con nessuno…’’ lasciò quelle parole in sospeso, sicuro che il moro ne avesse colto pienamente il senso. Infatti si voltò, con gli occhi ridotti a due fessure.
‘’Mi sta minacciando?!’’
‘’No, Blaine. E’ una proposta… e un avvertimento. Sta a te decidere se rischiare.’’ Gli tese la mano che reggeva una preziosa stilografica che aveva estratto dal taschino insieme al documento, invitandolo con gli occhi.
Blaine arricciò le labbra per reprimere un moto di rabbia e delusione. Si avvicinò a Sebastian senza guardarlo, anche quando fu tanto vicino da sfiorarlo, continuò a guardare di fronte a sé.
‘’E’ sempre stato questo il suo piano. Voleva solo questo.’’
Sebastian aggrottò la fronte, confuso. Cercò i suoi occhi per avere una risposta ma non li incontrò neanche quando l’attore gli strappò con forza la penna dalle mani e si abbassò sul tavolo per lasciare la sua firma ordinata in fondo al foglio; lanciò la stilografica con mala grazia sul tavolo e uscì dalla stanza a grandi passi.
Sebastian lo seguì con lo sguardo, poi rivolse la sua attenzione al contratto sul tavolo. Carezzò il contorno delle lettere che formavano il nome di Blaine con un sorriso appena accennato.
Sei mio.
Eppure non riuscì a sentirsi orgoglioso né tantomeno realizzato, nonostante avesse tra le mani la prova tangibile della sua vittoria; il problema era che tutto, senza lo sguardo cristallino di Blaine, appariva inevitabilmente vuoto.









(*) In un film ambientato alla fine degli anni '20, un personaggio si riferiva in modo dispreggiativo ad un omosessuale chiamandolo cerbiatto. In poche parole, 'faccia da cerbiatto' è la trasposizione anni '30 di 'faccia da checca'.




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Angolo di _zia cla_

1)  Sebastian è un idiota;
2) Blaine è un tantinello bipolare nonchè molto confuso;
3) Evelyne, li conosce tutti lei (chi volesse sapere com'è il suo vestito, trova il bozzetto qui) ;
4)Kadam <3 (avete capito bene!)

Oooh! Finalmente abbiamo dato un minimo senso a quel raiting arancione! :) Mi è piaciuto tantissimo scrivere questo capitolo, che è anche il più lungo tra tutti. Allora, io non mi dilungo ulteriormente, fatemi sapere voi come vi è sembrato e cosa ci avete colto, vi va? ;) Vi ringrazio tutti infinitamente, come al solito, e ringrazio la mia SuperBeta Black_eyes che è sempre presente in prima linea, pronta ad uccidermi ogni volta che legge la fine dei capitoli. Mi piace l'angst, oh! Ma non disperate! Tanto abbiamo capito 'sti due scemi come sono.
Un abbraccio immenso e al prossimo capitolo! ;)

PS: Ciao, Mirma.

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Capitolo 12
*** Capitolo XII ***




Capitolo XII
 
 





Erano passati ormai giorni dalla prima dello spettacolo. Tutti i giornali di New York ne parlavano, apostrofando ‘Midnight’ come uno dei più grandi capolavori di Broadway degli ultimi dieci anni. I più grandi critici ne avevano firmato le recensioni, spendendo parole estasiate sull’originalità e complessità del libretto, così diverso e inusuale dai precedenti di Smythe, sul virtuosismo delle musiche e sugli interpreti di grande spessore e pregio. Le parole più ammirate erano rivolte però, naturalmente, al giovane protagonista. Era stato l’elemento distintivo dell’intera opera. I critici più maligni lo ritenevano addirittura l’unica ragione di riuscita dello spettacolo, gli altri lo definivano la punta di diamante, colui senza il quale la messa in scena non sarebbe risultata altrettanto convincente.
Dopo cinque sere di repliche, i giornali continuavano ancora a parlarne e il teatro a fare tutto esaurito, tanto che, la produzione aveva dovuto inserirlo in cartellone per un’altra settimana.
C’era addirittura gente che tornava a vederlo tutte le sere, affermando di assistere ogni volta ad uno spettacolo diverso; Blaine Anderson era capace di donare sfumature sempre differenti al suo personaggio, era capace di donargli mille anime diverse ma tutte ugualmente caratterizzanti. In pochi giorni era già diventato una stella, uno di quei personaggi che è sulla bocca di tutti, e non per parlarne male, ma per divulgarne lo splendore.
 
Sebastian non poteva esserne più soddisfatto. Perché ogni volta che si nominava il nome di Blaine, veniva immediatamente affiancato a quello di Sebastian Smythe, suo scopritore.
Il suo nome stava nuovamente acquisendo valore, gli ingaggi per nuovi libretti piovevano già da tutte le parti;  le repliche di‘Midnight’ non erano ancora terminate che aveva già firmato contratti con due teatri prestigiosi.
Inoltre possedeva la più bella e talentuosa voce sulla piazza.
Mancava solo un tassello al completamento del suo personale puzzle.
 
‘’Mi stai chiedendo di emularti?!’’
Adam Crawford, seduto sul divano del salotto di casa Smythe, posò la sua tazza di tè sul piccolo tavolino di fronte a sé. Rivolse uno sguardo incerto a Sebastian che al contrario lo osservava con ostentata sicurezza e un ghigno sulle labbra.
‘’Beh, potresti avere la mia fortuna.’’
‘’O fallire miseramente.’’
‘’Non vedo perché, hai potuto appurare anche tu di che stoffa è fatto. Si è presentato al provino, vero?’’
‘’Sì, e ammetto che ha un’ottima preparazione, talento da vendere, una raffinata eleganza e bellezza ma…’’
‘’Fammi indovinare: è un dilettante.’’ Affermò Sebastian con un sorriso sornione. Adam asserì con un gesto del capo, lasciandosi andare contro lo schienale.
Sebastian lo fissò per un attimo e, alzandosi dalla poltrona sulla quale era seduto, gli rivolse un’alzata di spalle.
‘’Non mi preoccuperei, sono i più flessibili.’’
Adam roteò gli occhi, seguendo il suo ospite in corridoio.
‘’Farò finta di non aver colto il terribile doppio senso.’’
‘’Oh, non sforzarti troppo.’’ Scoppiarono entrambi a ridere, poi Sebastian aprì la porta d’ingresso e gli tese la mano. ‘’Promettimi solo che ci penserai.’’
Il coreografo gliela strinse con decisione, rivolgendogli un sorriso affabile.
‘’Ricordami perché dovrei farlo.’’
‘’Perché mi devi un favore.’’
‘’Quale?’’
L’autore alzò lo sguardo al cielo, come se stesse riflettendo.
‘’Ho tenuto Evelyne lontana dal balletto.’’
‘’Questa è,’’ gli puntò un dito contro Adam, scuotendo la testa. ‘’questa è perfida, davvero perfida. Come fa a sopportarti la piccola Eve io lo ignoro.’’
‘’Non ha molta scelta.’’ Affermò Sebastian con un mezzo sorriso.
Lo guardò scendere la piccola scalinata che conduceva al marciapiede.
‘’Pensaci, sul serio!’’ gli gridò dietro. Adam agitò una mano a mezz’aria, mentre si allontanava dalla dimora.
 
Si chiuse la porta alle spalle, sorridendo fra sé e sé. Conosceva troppo bene Adam Crawford, sapeva che si sarebbe rivelata una buona risorsa.
Da quando l’aveva conosciuto, non gli era mai andato molto a genio: lo riteneva un individuo troppo affabile e con un' irritante propensione verso la generosità immotivata. Non aveva neanche mai capito per quale motivo Evelyne avesse una devozione così grande per lui. Forse perché era stato qualcosa di più simile ad un amico che avesse mai avuto, anche se per un breve periodo della sua fanciullezza. Sicuro non per il suo incredibile carisma.
Mentre raggiungeva nuovamente il salotto e si accomodava sulla sua poltrona, pensò alla sua fortuna. Quella volta, l’irritante generosità di Adam Crawford avrebbe giocato a suo favore, sarebbe stato il suo tassello mancante.
 
‘’Cos’hai da sogghignare in quel modo?’’
La voce di Evelyne lo ridestò dai suoi ragionamenti. Sebastian sollevò lo sguardo per incontrare quello incuriosito di sua moglie.
‘’Ad Adam.’’
‘’Non pensavo fosse il tuo tipo.’’ Scherzò la donna, poi gettò il cappotto sul sofà e si liberò dei guanti.
‘’Non ti ho sentita rientrare.’’
Evelyne sorrise e gli si sedette in grembo. ‘’Questo perché sei troppo preso dai tuoi pensieri per accorgerti di questa povera donna che muore per te!’’ assunse un’espressione melodrammatica alla quale Sebastian rispose con un’alzata di sopracciglio, del tutto sarcastica.
‘’A parte gli scherzi, di cosa avete parlato di così importante?’’
‘’Affari.’’ Disse in tono annoiato, l’uomo.
Evelyne sospirò pesantemente e alzò gli occhi al cielo.
‘’Immagino che lo saprò a tempo debito.’’
Sebastian le rivolse un ghigno e le prese il mento tra le dita. ‘’Non è necessario che tu lo sappia.’’
Evelyne si incupì leggermente a quella risposta e sgusciò via dalla presa di Sebastian.
‘’Sono stata da Quinn, ci ha invitati a cena stasera.’’
Se c’era una cosa che aveva imparato dalla vita con Sebastian, era il modo repentino di cambiare discorso al momento giusto, evitando di esplodere e cominciare una discussione che non riteneva di aver nessun diritto di metter su.
‘’Stasera non posso, ma tu vai pure.’’
Evelyne scrutò il viso del marito, i suoi lineamenti si erano leggermente induriti, nonostante il fallimentare tentativo di fingere tranquillità.
‘’Ci vai anche stasera.’’ Affermò la donna con tono perentorio.
‘’Devo preservare i miei investimenti.’’
La donna rise sarcastica. ‘’Ti prego Sebastian, non serve.’’
Sebastian alzò gli occhi su Evelyne che si era avvicinata di nuovo, le rivolse uno sguardo confuso, non capendo a cosa si stesse riferendo.
‘’Non mentirmi.’’ Il tono della donna era dolce, quasi supplichevole.
‘’Cosa stai dicendo?’’
‘’Non mi hai mai mentito Sebastian. Tra noi non c’è mai stato bisogno di nascondersi nulla… Da quanto tempo non parliamo sinceramente noi due?’’
‘’E-ev…’’
‘’Da troppo, te lo dico io. Sai, inizialmente non capivo neanche il perché; pensavo che si fosse incrinato qualcosa tra noi, che non mi ritenessi più all’altezza dei tuoi pensieri. Poi ho capito: il problema non siamo noi. Non posso pretendere che tu sia sincero con me se non lo sei neanche con te stesso.’’  
‘’Non so cosa tu stia insinuando.’’ Disse duro Sebastian, sviando lo sguardo.
‘’Lo sai! Solo che non te ne rendi conto, o forse hai solo troppa paura per ammetterlo a te stesso.’’
‘’Non sai di cosa parli, Ev.’’
‘’Oh, credimi. Lo so perfettamente.’’ Gli rivolse un sorriso amaro, ritraendo le lacrime che le pizzicavano gli occhi. ‘’Voglio farti una domanda: ci vai tutte le sere, perché?’’
‘’Te l’ho detto.’’
‘’D’accordo. Se non vuoi farlo tu, lo farò io.’’ si avvicinò decisa al marito e lo costrinse a sedersi, poi gli prese il viso tra le mani e fissò gli occhi nei suoi.
‘’Vuoi sapere perché?! L’unico motivo per cui ti rechi lì tutte le sere, è perché ormai non puoi farne più a meno.’’
 
 
 

*

 
 
 
Sebastian arrivò in teatro che lo spettacolo era già cominciato. Raggiunse il suo personale palchetto di seconda fila, affacciato direttamente sul proscenio. Solitamente, quello era un posto che non veniva occupato da nessuno: c’era un’angolazione troppo laterale che non permetteva la completa visuale di tutto il palcoscenico. A Sebastian però non interessava affatto avere una totale vista sull’opera. L’unica cosa che gli premeva, tutte le sere, era di essere accarezzato completamente, in pieno viso, dalla calda e rassicurante voce di Blaine, di poter osservare da vicino ogni suo lineamento, ogni espressione, di poter ammirare i suoi occhi brillare sotto la luce dei fari.
Ci andava tutte le sere, da due settimane.
Inizialmente pensò che fosse spinto solo dalla premura di tenere d’occhio la sua piccola fortuna, di accertarsi che non facesse passi falsi. Quando aveva appurato che Blaine stesse facendo il suo dovere egregiamente, però, si era reso conto che la sua era diventata un’abitudine. Una sera era rimasto a casa, ma nelle orecchie aveva costantemente la sua voce, davanti agli occhi il suo viso. Era quasi un’ossessione. No, era diverso. Sentiva che stargli lontano era quasi ingiusto, una violenza verso sé stesso.
Così era ritornato tutte le sere. Si nascondeva nel buio e osservava. Godeva di quei suoni, perché la voce di Blaine era come un bacio a fior di labbra, un respiro sulla pelle: ti sfiorava, ti lasciava assaggiare una porzione di paradiso, facendoti desiderare qualcosa di più …
-Non puoi farne a meno.-
Evelyne glielo aveva sibilato in faccia, l’aveva costretto ad ascoltare una verità che fino a quel momento non aveva avuto il coraggio di affrontare. In realtà, la parte razionale del suo cervello stava ancora cercando di scacciarla, di reprimerla.
Alzò lo sguardo sul palcoscenico, Blaine era sul proscenio e stava ricevendo gli applausi finali. Lo guardò sorridere al pubblico, felice, e non poté fare a meno di essere orgoglioso di lui. Blaine meritava tutto quello: la devozione del pubblico, il successo.
No, non poteva più mentire a sé stesso. Qualcosa stava cambiando in lui ed era qualcosa che faceva paura, ma dalla quale non stava riuscendo più a fuggire.
 
 
 
 

*

 
 
 
Blaine finì di sistemare accuratamente la giacca del suo costume di scena sulla stampella e lo appese all’appendiabiti sul muro; sorrise al ricordo del rimprovero di Tina, la costumista, che l’aveva accusato, una di quelle sere, di aver lasciato le parti del suo costume sparse per tutto il camerino, costringendola a stirarglielo nuovamente per evitare che andasse in scena nelle sembianze di un accattone.
Sistemò il suo ripiano, cercando di fare spazio tra tutti i mazzi di fiori, che continuava ancora a ricevere, e il suo set del trucco. Poi si diede uno sguardo veloce allo specchio, per controllare si fosse ripulito a dovere. Voltò il viso a destra e a manca; inclinando il mento, vide che una piccolissima traccia di cerone era sfuggita al suo sguardo. Si portò una mano alla mascella e cominciò a sfregare con il pollice.
Ad un tratto quel gesto gli riportò alla mente un’immagine risalente a due settimane prima: in quello stesso camerino ma una mano diversa, due labbra che gli accarezzavano la curva del collo.
Sospirò pesantemente e abbassò di scatto la mano, come se si fosse scottato con quel ricordo. Chiuse gli occhi, maledicendosi. Le sensazioni provate quella sera erano ancora vivide sulla sua pelle e Blaine si odiava per l’inebriante sensazione che tornava a sentire ogni volta. Dopo quello che gli aveva costretto a fare all’After Party, firmare quel contratto che lo legava a lui, avrebbe dovuto odiarlo con tutto il cuore.
Poggiò i palmi sul tavolo, lasciando la testa a ciondoloni tra le spalle.
D’un tratto, il sentore di una piccola superficie ruvida sotto le dita, diversa da quella liscia del tavolo, attirò la sua attenzione. Si raddrizzò e prese il piccolo pezzo di carta, sollevandolo. Era un biglietto da visita.
- H. Clarington -
Blaine ci mise qualche secondo a focalizzare il volto legato a quel nome, poi inarcò un sopracciglio quando si ricordò del giornalista che quel pomeriggio si era presentato alla porta del suo camerino; gli aveva chiesto informazioni su Sebastian Smythe che non avevano nulla a che vedere con la sua professione artistica.
Un ghigno gli si formò sul viso quando si ricordò dell’espressione di quel Clarington quando si era ritrovato Puckerman alle spalle che lo intimava ad andarsene con un solo sguardo e un martello tra le mani.
Rigirò il pezzo di carta tra le dita. No, non avrebbe mai potuto. Strappò il biglietto e ne gettò via i brandelli.
Non si sarebbe liberato di Smythe rovinandolo.
In realtà, non era neanche più tanto sicuro di volersene liberare davvero.
 
Quando era uscito da quella specie di sala conferenze, dopo che Smythe gli aveva intimato di sottoscrivere il contratto che lo legava indissolubilmente a lui, Blaine era andato dritto da Kurt e l’aveva avvisato che sarebbero tornati a casa, di prendere il suo cappotto e di prepararsi. All’inizio non si era neanche accorto che il ragazzo stesse ancora parlando con quel Crawford. Quando Kurt glielo fece notare con tono di rimprovero, ribadendogli che se voleva poteva avviarsi e l’avrebbe raggiunto più tardi, si era scusato e si era allontanato in silenzio. Era uscito su uno dei balconi per cercare di calmarsi. Non che fosse davvero arrabbiato, non quanto si sarebbe aspettato per lo meno e non con Smythe. Quello che aveva provato era ben diverso, era delusione e rammarico.
Smythe si era scoperto interessato solo al lato proficuo di Blaine. Non che non lo sapesse, anzi. Sapeva bene, da tempo ormai, che lo voleva solo per il suo talento o al massimo per il suo corpo, ma averne la certezza assoluta l’aveva comunque gettato nello sconforto. E il fatto che la questione gli interessasse così tanto lo turbava ancora di più.
‘’E’ una serata un po’ fredda per uscire a prendere una boccata d’aria.’’
Blaine si era voltato a quella voce e si era ritrovato la sagoma di Artie Abrams che lo guardava nella penombra.
‘’Mr. Abrams.’’
‘’Ho paura di essere l’unico a non averti fatto i complimenti per stasera.’’ Disse il regista, avvicinandosi.
‘’Non è necessario.’’ Aveva sorriso imbarazzato, l’attore.
‘’Forse. Dato che volevo sostituirti però, credo che siano d’obbligo.’’
Blaine si era morso il labbro e aveva annuito. ‘’Grazie.’’
‘’Dovremmo ringraziare entrambi Sebastian, piuttosto.’’ Ammise con una smorfia Abrams, lanciando uno sguardo di sbieco a Blaine.
‘’Già, Smythe. Beh, penso di averlo ringraziato abbastanza.’’ Disse quasi brusco il moro.
‘’Cosa ha fatto?’’ il sorriso divertito che si delineò sulle labbra del regista fece intuire a Blaine che poteva parlare liberamente. Dopotutto Abrams conosceva Smythe da molto tempo, sapeva bene quanto potesse essere stronzo a volte. Sospirò, pronto a vuotare il sacco.
‘’Sono di sua proprietà ormai. Un contratto mi lega a lui per tutto il tempo che vorrà.’’
‘’Capisco.’’
‘’Davvero?’’
Artie fece qualche passo avanti per poggiarsi alla balaustra. ‘’Sì. Mossa intelligente.’’
‘’Astuta e subdola vorrà dire.’’ Aveva esclamato stranito Blaine.
‘’No, volevo dire proprio intelligente. Ti sta proteggendo.’’
‘’Da chi? Non voglio sembrare superbo ma ho avuto la sensazione di essere piaciuto a molti autori e registi. Il lavoro non mi sarebbe mancato e…’’
‘’Non proteggerti da un eventuale fallimento, ma da te stesso. Sei un bravissimo attore Blaine ma sei come un agnello in un branco di lupi in questo momento. Sei ancora inesperto e vuole preservarti. In questo istante sei una stella splendente pronto a diventare una super nova, ma se non verrai ammirata come si deve ti spegnerai in breve tempo.’’
Blaine si sentì colpito da quelle parole, che lo lasciarono interdetto ma non del tutto persuaso. I comportamenti dell’autore erano stati troppo discordanti e ambigui da convincerlo che tutto ciò che aveva fatto fosse stato compiuto solo ed esclusivamente per lui.
 
Così, per tutta la durata delle repliche, Blaine aveva deciso di evitare l’argomento. Aveva paura che affrontare la verità su Smythe potesse soltanto distrarlo in quel momento così delicato per la sua carriera, o semplicemente confonderlo più di quanto già non fosse.
Aveva accuratamente evitato il suo sguardo quando lo scorgeva, con la coda dell’occhio, tutte le sere sul suo palco di seconda fila mentre lo osservava. Nonostante il suo corpo fremesse ogni minuto per incontrare i suoi occhi.
Per quanto potessero essere molesti, ringraziava sempre il cielo per la costante presenza di giornalisti e fotografi fuori dal teatro; li tenevano entrambi occupati, in modo che Blaine potesse defilarsi senza essere intercettato dall’autore.
Si stava comportando come un bambino fifone, ne era consapevole, dopotutto avrebbe dovuto incontrarlo un giorno o l’altro, ma scappare era l’unica cosa che potesse fare in quel momento.
Voleva evitare un probabile confronto che avrebbe fatto luce in quel caos che era diventata la sua vita.
Prima di quel giorno, il giorno in cui aveva incontrato Sebastian Smythe, la vita di Blaine era stata scandita da certezze: la certezza nel suo talento, la sua ambizione, il suo onore, la sua fedeltà a Kurt e la certezza di amarlo per sempre.
Dopo quel giorno, tutto era stato messo in discussione, buttato in un calderone e fatto esplodere, mescolato e reso un indistinto caos. Smythe era stato l’elemento chimico che aveva sconvolto il suo mondo.
E Blaine ne era spaventato, soprattutto perché era una sensazione totalizzante. La sua vita non era mai stata monotona, aveva avuto la sua buona dose di avventure, ma Sebastian Smythe riusciva a tendergli qualcosa dentro, come una corda di violino, che quando riusciva a sfiorare adeguatamente, poteva fargli scaturire sensazioni impetuose e complesse come musica. Ma ne aveva paura. Se avesse esplorato in quello sconvolgimento, cosa sarebbe potuto succedere?  Aveva paura che lasciando andare le sue certezze, le avrebbe perse per sempre senza la possibilità di tornare indietro a riprendersele.
 
 
 

 

*

 
 
 

Blaine rientrò a casa a testa bassa quella sera, chiudendosi la porta alle spalle con innaturale lentezza. Si obbligò a respirare profondamente un paio di volte, cercando di scrollarsi di dosso quell’opprimente sensazione che gli pesava sullo stomaco.
 
Per Blaine, tornare a casa dopo le lezioni o le prove era sempre stato il momento migliore della giornata; si chiudeva la porta alle spalle e con un sorriso chiamava Kurt per farsi stringere in un abbraccio, per parlare o semplicemente per baciarsi e fare l’amore tutta la notte. Era una sua certezza poter contare in quelle quattro mura e in chi ci abitava.
Ormai era già da tempo che le cose non andavano più così.
Blaine era impegnato con la sua ascesa a Broadway e Kurt era troppo preso dalle lezioni e dalla sua carriera che non si decideva a decollare. Blaine poteva leggere nei suoi occhi anche una sorta di rancore nei suoi confronti, che cercava di celare inutilmente, perché aveva avuto fortuna, perché, a differenza sua, stava ottenendo tutto quello che aveva sempre desiderato.
Blaine trovava l’intera situazione terribilmente opprimente.
 
Mosse qualche passo nel piccolo ingresso, svestendosi svogliatamente, trascinando i movimenti come se fosse stato immerso in una vasca d’acqua.
Si era appena sfilato il cappotto che una voce lo ridestò da quell’insano torpore.
‘’Sei tornato. Hai fatto più tardi stasera?!’’
Blaine alzò lo sguardo verso Kurt, sperando sempre che i suoi occhi azzurri l’avrebbero guarito all’istante. Rabbrividì quando non ebbe l’effetto sperato. I suoi occhi miele lo trapassarono come se il ragazzo di fronte a sé fosse stato di vetro. Cercò di auto convincersi che non fosse vero, che Kurt fosse l’unica cosa concreta che avesse mai avuto, che era solo un brutto momento per loro e che sarebbe passato. Accennò un sorriso poco convinto, più per dissimulare quel brivido di inquietudine che l’aveva colpito.
‘’Mi hanno trattenuto in teatro dopo lo spettacolo.’’
‘’Come mai?’’
Blaine aprì la bocca per rispondere, non sapendo in realtà cosa dire. Non voleva più continuare con le bugie.
‘’Beh, non importa.’’
Blaine lo guardò stranito. Era la prima volta che non cercava in tutti i modi di estorcergli una spiegazione, inoltre era stranamente teso, come se stesse cercando in tutti i modi di trattenersi dal dire qualcosa.
‘’O-ok… Kurt, tutto bene? Devi dirmi qualcosa?’’
‘’Mi hanno preso.’’ Lo disse tutto d’un fiato. Un colpo solo, come un cerotto. Sortendo il medesimo effetto shoccato da parte di Blaine.
‘’Cos-?!’’
‘’Stamattina, ho ricevuto personalmente la conferma da parte di Adam Crawford che sono entrato a far parte della sua compagnia come ballerino di fila.’’ Gli occhi di Kurt erano lucidi, il suo corpo era attraversato da brividi di eccitazione. Era felice. Non riusciva a restare fermo, tanto da non accorgersi che Blaine era rimasto immobile nella medesima posizione di quando era entrato.
‘’Come è possibile? Pensavo non tenesse in considerazione ballerini principianti.’’
‘’A quanto pare non mi reputa tale.’’
Blaine non riusciva a crederci, Kurt era riuscito ad avere inspiegabilmente una fantastica opportunità di lavoro.
‘’Oppure ha altri fini.’’ Disse serio.
‘’Blaine, ma che dici?’’
‘’Quello che ho detto. Mi sembra strano che uno dei più grandi coreografi al mondo abbia deciso di scegliere per la sua tournée uno sconosciuto senza avere altre mire.’’
‘’Mi sembra che a te sia capitata la stessa cosa.’’
‘’Per me è diverso.’’ sbuffò Blaine, aggrottando le sopracciglia e sfilandosi la sciarpa dal collo.
‘’Ah, è così. Per te è diverso perché tu sei l’unico ad avere talento tra noi due, vero?’’
‘’Non volevo dire questo. Sai quanto ammiri il tuo talento: sono il tuo primo fan da sempre. Voglio solo farti capire che in questo mondo nessuno fa niente per niente. Soprattutto personalità come Crawford. Ho visto come ti guardava all' after party, come ti parlava. Probabilmente adesso ti sta offrendo una grande possibilità per la tua carriera. Sembra onesto, gentile, professionale. Quando però la tua di professionalità non gli basterà più? O peggio, quando pretenderà tutto da te?! Sarai disposto a darglielo?’’
Kurt lo guardò per un lungo istante, inespressivo.
‘’Stiamo ancora parlando di me, Blaine?!’’
Il moro si pietrificò sul posto, aprì la bocca per dire qualcosa ma ne uscì solo un flebile sibilo.
‘’Pensavi non me ne fossi accorto?! Le sue attenzioni nei tuoi confronti, il modo in cui cerchi di difenderlo ogni volta che il suo nome capita in una delle nostre discussioni. Sai, quando hai firmato l’accordo in cui diventavi di sua proprietà, non riuscivo a capire per quale motivo avessi ceduto così facilmente; il Blaine che conoscevo io non si sarebbe mai piegato ad un ricatto, avrebbe trovato una soluzione diversa. Poi, pian piano i pezzi del puzzle hanno cominciato ad incastonarsi a dovere, ed ho capito. L’hai fatto perché in realtà non volevi perderlo.’’
Kurt pronunciò quelle ultime frasi con voce spezzata, a Blaine sembrò che stesse per accartocciarsi in sé stesso da un momento all’altro. Si avvicinò a lui e gli prese il viso tra le mani.
‘’No. No, non è così. L’ho fatto per poter continuare a rimanerti accanto, per non essere costretto a lasciarti ogni volta che il lavoro mi avrebbe portato fuori. L’ho fatto per noi.’’ per quanto potessero risultare in parte vere, quelle scuse mancavano di convinzione. Blaine se ne accorse dal suo stesso tono di voce, e così anche Kurt.
‘’Vorrei tanto crederti, Blaine.’’ Gli occhi di Kurt si riempirono di lacrime e le sue mani andarono a stringere i polsi del moro, accanto al suo viso. D’un tratto alzò lo sguardo per incontrare il volto di Blaine.‘’Vieni con me.’’
‘’Cosa?!’’ chiese confuso il moro, incerto su quello che avesse udito.
‘’Vieni con me in tournèe. Andiamocene da questo posto, insieme.’’ Scandì con più decisione il ballerino, sollevando completamente il viso e guardandolo negli occhi.
‘’Com- , mi stai chiedendo di abbandonare tutto e venire con te?! Non puoi essere serio.’’
Kurt non rispose, ma dal modo in cui il suo sguardo vacillò, Blaine capì che voleva esattamente quello che affermava.
‘’E-e non pensi alla mia di carriera?! Cosa dovrei fare mentre tu ti esibisci in tutti i teatri d’Europa, aspettarti in hotel come una tua puttana?’’
‘’Non essere volgare ora.’’
‘’E’ quello che mi stai chiedendo di fare.’’ ribadì adirato. Si staccò bruscamente dall’altro e andò in cucina. Aveva bisogno di bere qualcosa. Solo quando arrivò al mobile della credenza si rese conto che non possedevano nessun liquore di contrabbando. Batté una mano contro la superficie di legno, con forza.
‘’Blaine… Non posso costringerti a venire con me, tu però non chiedermi di rinunciare a questa grande possibilità.’’
Blaine continuò a non voltarsi, respirava profondamente, tentando di riordinare le idee.
‘’E’ più importante di noi due?’’
‘’perché, per te non è così?’’
Blaine finalmente si voltò, si passò una mano sul viso stravolto e si lasciò andare ad un pesante sospiro.
‘’E’ finita dunque.’’
Kurt gli rivolse un sorriso triste, trattenendo le lacrime che però gli stavano riempiendo gli occhi.
‘’Io penso che fosse finita già da tempo, dovevamo solo rendercene conto.’’
‘’Così … è tutto finito. Tutto quello che abbiamo condiviso, gli anni insieme, tutto.’’
‘’Blaine, sei stato il mio primo amore, così come io sono stato il tuo. Ma non posso pretendere che questo duri per sempre, non quando non sono più io il centro del tuo mondo.’’
‘’Kurt.’’ ringhiò ‘’Sebastian non significa niente per me.’’
‘’Sebas-?!’’ a quel punto nulla poté contenere le lacrime di Kurt, che si lasciò andare ad una risata amara. ‘’Blaine, almeno ora, cerca di essere sincero con te stesso e con me. Me lo devi.’’
‘’Sincero?!‘’ chiese flebilmente.
‘’Fa chiarezza dentro di te e ammetti finalmente ciò che provi realmente. Confessa a te stesso che …’’ Kurt esitò, sentendosi mancare l’aria nei polmoni.
‘’Cosa?!’’ sbottò Blaine.
''... Che ti stai innamorando di lui.''










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Angolo di _zia cla_
 


Non ho idea di come fare ammenda per il tremendo ritardo. Non lo so proprio.  Inutile promettervi che aggiornerò presto il cap. 13 perché so che non sarà così; vorrei dedicarmi alla SBW ora (sì, sogna ragazza sogna).
Mi limiterò a chiedere il vostro perdono e a ringraziarvi per la vostra immensa pazienza. J
Allora, capitolo denso di emotività e pippe mentali, con un finale un po’ così. Sì, perché se avete capito un minimo come sono fatta, sapete che sarei capacissima di andare avanti altri 12 capitoli con le loro fisime e le loro insicurezze, senza arrivare ad una svolta definitiva. LOL
Però un passo avanti l’abbiamo fatto: finalmente Kurt si è tolto dai coglioni!
All’inizio la mia idea era di farli rompere a seguito di una litigata pazzesca, dove si urlavano di tutto e si rinfacciavano ogni cosa. Successivamente ho pensato che la cosa non avesse senso, così ho finito per piangere sulla tastiera mentre scrivevo.

Fatemi sapere se anche questo capitolo vi è piaciuto o se vi ha fatto schifo, io accetto ogni tipo di commento! ;)
Grazie ancora fantastiche persone! Un abbraccio immenso a tutti e una vagonata di cookies! ;)
 

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Capitolo 13
*** Capitolo XIII ***




Capitolo XIII






 

 
 
I mutamenti dell’animo umano colpiscono senza preavviso; è buffo, inizialmente non ce ne rendiamo conto, ma qualcosa dentro e fuori di noi cambia inequivocabilmente.
Può essere un atteggiamento che fino a quel momento non avevamo mai avuto, alcune frasi, il modo in cui pronunciamo un nome o compiamo un gesto.
E’ buffo sì, perché solitamente non siamo mai noi i primi ad accorgercene, ma quelli che ci sono intorno; semplicemente perché a noi non è concesso il privilegio di guardarci dal di fuori.
A quelle persone non sfuggirà che hai smesso di riferirti a qualcuno con il suo titolo, ma hai preferito pronunciare il suo nome, che sulla tua lingua ha un suono tanto strano quanto meraviglioso, o che hai smesso di guardare le cose con calcolata freddezza e hai lasciato che uno sguardo negato ti facesse sentire la sua mancanza. 
Ma c’è una crudele ironia nei cambiamenti dell’animo, perché non tutti sono disposti ad accettarli con tanta semplicità, non tutti vogliono aprire gli occhi…
 
 
Blaine stava camminando da una buona mezz’ora lungo la Avenue, rasentando i muri dei palazzi, stringendosi nel cappotto e calciando i mozziconi di sigarette abbandonati sul marciapiede.
Era uscito di casa sbattendosi la porta dietro le spalle, in modo forse troppo violento, dopotutto tutta la discussione con Kurt non era stata accompagnata né da urla né da gesti inconsulti, era stata anzi, forse troppo civile. Niente di melodrammatico, niente di esageratamente teatrale; ghignò amaro, mentre si metteva le mani in tasca e scendeva dal marciapiede per cominciare a camminare al centro della strada deserta, pensando all’ironia della situazione.
Aveva sentito il bisogno di uscire da quella casa, di sottrarsi alla visione di Kurt sull’orlo delle lacrime che gli rinfacciava, no, che gli chiedeva di ammettere di essersi innamorato di un altro.
Innamorato. Kurt era molto lontano dalla realtà. Qualsiasi cosa provasse per Smythe si avvicinava decisamente più alla confusione che all’amore.
Il gracchiante suono di un clacson lo ridestò dai suoi pensieri, costringendolo a risalire sul marciapiede mentre una Rolls Royce lo superava lentamente e il suo conducente gli lanciava qualche indistinta maledizione. Seguì l’automobile con lo sguardo, notando che il traffico era stranamente aumentato; si guardò intorno e si accorse che era arrivato quasi sulla Broadway, aveva percorso più di tre isolati senza accorgersene.
Rivolse lo sguardo dietro le proprie spalle, non aveva voglia di tornare a casa, non così presto. Continuò a camminare senza una meta per qualche metro, quando un’insegna luminosa di un hotel dall’altra parte della strada attirò la sua attenzione.
Lo riconobbe subito, era un luogo piuttosto conosciuto nell’ambiente gay, nonostante lui non ci fosse mai andato. Fissò lo sguardo sulla scritta intermittente: un locale clandestino, unospeak easy travestito da albergo di terzo ordine, dove trovare marchette e troppo poco scotch di contrabbando.
Si schiarì la gola, sentendo nascergli un’improvvisa sete, lanciò uno sguardo veloce nei dintorni e attraversò la strada.
 
 
 
  

*

 
 
 
Il locale in cui fu introdotto, nel seminterrato del palazzo, esattamente sotto l’albergo, era decisamente meno squallido di come Blaine se lo era immaginato: non era eccessivamente grande ed era arredato in modo semplice, ma era ben illuminato, il bancone del bar prendeva solo una piccola porzione di spazio sulla parete sinistra, infondo una piccola pista da ballo con un pianoforte solitario, tutti intorno tavolini. Si chiese dove venissero ospitati i clienti che non erano li per bere; immaginò ci fosse una seconda uscita, dietro qualche separé, che portasse alle camere da letto ai piani superiori. Infatti poco dopo individuò due uomini dirigersi lentamente verso un pesante tendone, il primo sparì immediatamente, l’altro che reggeva il pesante drappo gli rivolse uno sguardo felino, prima di scomparire anch’egli. Blaine deglutì serio e si diresse verso il bancone del bar; non era lì per cercare le attenzioni di un gigolò, aveva solo sete.
In realtà Blaine non aveva mai bevuto molto in vita sua, ma tutte le emozioni provate quella sera, la rabbia, la tristezza, gli avevano fatto salire in gola il ricordo e la voglia di qualcosa di talmente forte da distrarlo il più possibile dalla realtà e dagli avvenimenti delle ultime ore.
Il locale era semivuoto, c’era solo una mezza dozzina di avventori, nonostante ciò Blaine si accorse troppo tardi dell’uomo seduto al bar, e si freddò sul posto.
Sapeva di essere ormai troppo vicino per poter scappare senza essere visto, era già entrato nel suo campo visivo, così rimase immobile mentre l’uomo si voltava leggermente per vedere chi fosse la presenza alle sue spalle.
‘’Blaine?!’’
Blaine non disse niente, rimase fermo lì, ad un paio di passi da Sebastian che ora lo stava fissando interrogativo e sorpreso, le dita sospese stancamente sul bicchiere di scotch poggiato sul bancone. Continuarono a guardarsi per qualche istante, poi Sebastian lasciò perdere il bicchiere e si voltò completamente verso l’attore.
‘’Cosa ci fai qui?’’
‘’Avevo voglia di bere un goccio.’’ Disse serio, cercando di nascondere l’iniziale tremolio della voce. Sebastian gli rivolse uno sguardo incuriosito, poi gli fece cenno di accomodarsi sullo sgabello accanto al suo; si voltò e riprese il bicchiere in mano, prendendone un sorso.
Blaine esitò, incerto se quella fosse una buona idea. ‘’N-non penso sia…’’
‘’Hai detto che vuoi bere, non devi parlarmi per forza.’’ Disse secco Sebastian, senza distogliere l’attenzione dal suo drink.
Blaine schiuse le labbra, trattenendo il respiro. Strinse i pugni lungo i fianchi; guardava il profilo della schiena di Sebastian Smythe e il suo lato razionale gli urlava di andarsene da quel posto, di scappare di nuovo.
Sebastian nascose un sorriso dietro il bicchiere quando sentì il rumore dello scranno che veniva spostato e notava con la coda dell’occhio la figura di Blaine accomodarsi, ordinare una birra e attendere nel totale silenzio.
Sebastian voltò il viso verso Blaine e vuotò il bicchiere; voleva sapere cosa l’aveva portato in quel locale, in realtà sperava con tutto il cuore che fosse semplicemente stato spinto dalla sete e non dalla fame di qualcos’altro. L’attore era teso, poteva notarlo dalle sue spalle rigide, il suo sguardo puntato su un punto non ben definito, che ogni tanto saettava nella sua direzione. Blaine era a disagio in quel momento e Sebastian sapeva anche il perché: orgoglio.
‘’Non siamo in teatro Blaine. Qui non ci conosce nessuno, possiamo essere chi vogliamo. Allora perché per i prossimi minuti non fingi che io non sia un fottutissimo figlio di puttana?!’’
‘’Perché, cosa vuole che faccia?’’ chiese brusco l’attore, guardandolo con astio.
‘’Parlarmi.’’ Sebastian gli sorrise tranquillo e Blaine pensò che lo stesse prendendo in giro, ma era uno sguardo strano quello che gli stava rivolgendo. Stranamente sincero.
‘’Perché?’’ mormorò titubante Blaine.
‘’Perché bere da soli e in silenzio è una cosa piuttosto triste, soprattutto per un astemio come te.’’ Ridacchio Sebastian, bevendo l’ultimo sorso di scotch e ordinandone un altro.
‘’Io non sono astemio.’’ Sbottò Blaine, esageratamente colpito dalla battuta.
‘’Ah, no?! Non mi sembri un tipo che beve di norma.’’ Affermò con strafottenza l’autore.
‘’Forse perché ci sono talmente tante ristrettezze sull’alcool in questi tempi da essere costretti a bere di nascosto in luoghi del genere.’’ sbottò Blaine con supponenza, non sapeva proprio a cosa servisse parlare se quello era il loro livello più alto di conversazione.
‘’Però tu non sei mai venuto qui.’’
Blaine boccheggiò, era un’ottima obiezione.
‘’N-non ne ho mai sentito l’esigenza. E poi quando bevo troppo perdo il controllo di me stesso.’’
Sebastian si fece serio, il suo sguardo si incupì impercettibilmente. ‘’Immagino che perdere il controllo non sia un’opzione.’’
Blaine si morse il labbro, dedicando nuovamente attenzione al suo boccale. ‘’Esattamente.’’
Non dissero più nulla per un po’. Blaine finì di scolarsi la sua birra e non ordinò altro, mentre Sebastian continuava a bere, senza neanche darsi il tempo di assimilare l’ultima goccia di ogni bicchiere.
‘’Dovrebbe smettere di bere così.’’ Mormorò Blaine dopo un po’.
‘’Ti preoccupi per me, killer?!’’ ghignò Sebastian, la voce leggermente impastata.
Blaine sospirò sconfortato, ruotando gli occhi. ‘’Non proprio.’’
‘’Bene, perché sarebbe un inutile dispendio di energie.’’
‘’La vuole smettere!’’ Sebastian lo guardò confuso ‘’Ha detto che voleva parlare, voleva che dimenticassi che razza di persona è lei, ma mi diviene un po’ difficile se continua a comportarsi da idiota!’’ Blaine glielo urlò quasi in faccia. Aspettò una replica che non arrivò, così sogghignò, scosse la testa e scese dallo sgabello. ‘’Sa, non capisco proprio questa sua ostinazione a farsi odiare da tutti. E’ triste, perché mi era sembrato di intravedere un uomo diverso in lei.’’ Si allontanò da lui; era quasi arrivato all’uscita quando la voce si Sebastian lo fermò.
‘’E’ per te.’’
Blaine si voltò, l’espressione stanca e interrogativa. Sebastian schiuse le labbra ma non continuò a parlare; Blaine percepì che era qualcosa di intimo, così si riavvicinò a lui e si sedette nuovamente, guardando Sebastian in aspettativa.
‘’Bevo così tanto perché, quando lo faccio, per una manciata di ore dimentico la mia vita.’’
‘’Cos’ha che non va la sua vita?’’
‘’Nulla. Ho una bella vita, sono famoso, sono sposato con una bellissima donna e vivo in un’enorme casa. E’ una vita perfetta, per un uomo che non sono io.’’ Sebastian sogghignò triste, evitando lo sguardo di rimprovero di Blaine.
‘’Ha molto più della metà della gente che vive in questo Paese, di cosa si lamenta?’’
‘’Di non poter essere me stesso! Pensi che a me piaccia odiare tutti a prescindere, comportarmi come uno stronzo ventiquattrore al giorno?! Lo faccio perché devo. Perché allontanare le persone è l’unico modo che ho per sopravvivere. E il bere è l’unica cosa che non mi trascina nell’oblio, sembra grottesco ma è cosi.’’ Strinse le labbra e prese un altro sorso dal suo bicchiere ‘’E sai una cosa? Fino a qualche tempo fa tutto ciò non mi dava neanche troppo fastidio, accettavo la mia vita come un dato di fatto, limitandomi a scaricare i bisogni della mia natura con uomini occasionali; finchè non sei arrivato tu. Da quando sei entrato nella mia vita, sei diventato tu l’unica cosa da dimenticare.’’
Fu come ricevere uno schiaffo in pieno viso, o più precisamente un colpo al cuore; durò un attimo. Blaine vide Sebastian rivolgergli una strana smorfia.
‘’E’ ubriaco.’’
Sebastian scoppiò in una risata alticcia. ‘’E’ probabile.’’
Blaine abbassò il capo e sospirò affranto. Era certo che non avrebbe mai ricevuto una risposta onesta da parte di Sebastian Smythe, lo stava di nuovo prendendo in giro. Poi sentì delle dita sfiorargli il viso, alzò il volto per incrociare lo sguardo di Sebastian.
‘’Resta comunque la verità, quindi non rimanerci così male.’’ Sorrise malinconico.
Blaine boccheggiò per un paio di istanti e si ritrasse dal tocco dell’autore. Quella era una situazione surreale, quello che stava provando era surreale. Perché non poteva essere sollievo quello che gli stava riscaldando il petto. Non poteva desiderare davvero che fosse così. Tutta la sua confusione si stava riflettendo sul suo volto probabilmente, perché l’espressione di Sebastian si spense; si morse le labbra e si raddrizzò sulla sedia, come a voler ristabilire quel distacco incolmabile che c’era tra loro. 
 Fece per avvicinarsi di nuovo il bicchiere alle labbra ma Blaine lo bloccò con un gesto.
‘’No.’’ Disse deciso Blaine ma Sebastian sembrava un bambino capriccioso, gli scansò la mano e tentò di nuovo di bere, fortunatamente Blaine fu più veloce. ‘’Ti prego no… Ti prego, Sebastian.’’
Sebastian si arrestò immediatamente, si voltò verso Blaine con gli occhi sgranati. Il suo cuore aveva certamente perso un battito, dal momento che ora stava battendo freneticamente per riuscire a recuperarlo. Era strano, era riuscito appena a sentirlo nella confusione del momento, ma era comunque riuscito a sortire un effetto tale su di sé. Solo la certezza di sembrare irrimediabilmente patetico lo convinse a non chiedere a Blaine di ripetere il suo nome.
Lo guardò negli occhi color miele, ora così confusi, e poggiò con un movimento secco il bicchiere al bancone. ‘’Ok.’’
Blaine spalancò gli occhi, stupito. Poi la sua espressione si sciolse in un sorriso sollevato.
‘’Beh, è un passo avanti.’’
‘’Ora tu sai che, in mancanza di scotch, dovrai intrattenermi in un altro modo…’’ sorrise sornione Sebastian. Blaine sgranò gli occhi, arrossendo e balbettando qualcosa di indefinito. Ma anche stavolta Sebastian mise a tacere i suoi pensieri, avvicinandosi terribilmente al suo viso.
‘’Raccontami. Chi sei tu, Blaine Anderson?’’
 
 
Non seppero come, ma si ritrovarono a parlare per tutto il tempo come vecchi conoscenti. Man mano che la serata proseguiva, si scoprirono l’un l’altro, si mostrarono l’un l’altro. Nessuna maschera questa volta; era come se in quel frangente non ci fosse nessun ostacolo, in un certo senso, erano liberi.
Parlarono del più e del meno, delle loro scelte di vita- Sebastian spiegò a Blaine perché avesse deciso di sposarsi e Blaine raccontò del suo primo amore, finito quella sera stessa- condividendole o meno, ma mai giudicandosi. E soprattutto risero, come non facevano entrambi da tempo.
 
‘’Quindi non hai mai avuto nessuno di… speciale?!’’
Sebastian roteò gli occhi all’insistenza di Blaine che gli aveva posto quella domanda già tre volte.
‘’No. L’alternarsi di uomini nel mio letto è sempre stato frequente quanto il ricambio delle lenzuola. Tu invece, sei stato sempre monogamo?’’
‘’Sì, Kurt è stato l’unico finora.’’ Ammise Blaine con un mezzo sorriso malinconico.
‘’Perché?’’ chiese Sebastian, curioso.
‘’Beh, immagino non ne sentissi alcuna necessità. C’eravamo noi due e mi bastava. E’ così quando si è innamorati, Sebastian.’’
L’autore sorrise, fissando Blaine totalmente affascinato.
‘’Cosa c’è?’’ chiese l’attore con tono intimidito.
‘’Niente, solo… niente.’’ Distolse solo per un attimo lo sguardo, giusto per rompere quella sottile cappa di imbarazzo che si era creata, poi tornò a guardare Blaine, totalmente calamitato verso di lui.
‘’Non credi anche tu che questo posto sia un po’ troppo silenzioso?’’ sbottò improvvisamente l’attore.
‘’Cosa?’’
Blaine gli rivolse un sorriso sardonico, scese dallo sgabello, girandogli intorno e si diresse verso la pista. Quando Sebastian lo vide sedersi al pianoforte, non potè far altro che scoppiare a ridere divertito. Era davvero una prima donna. Si sistemò meglio sulla sedia, pronto ad ascoltare. 
L’attore non disse nulla, si limitò a premere qualche tasto del piano a caso, per saggiarne il suono, prima di poggiare entrambe le mani sulla tastiera e cominciare a suonare.
Poche timide note inizialmente, poi una melodia più definita, dolce ma suadente.
 
Love for sale,appetising young love for sale.
Love that’s fresh and still unspoiled,Love that’s only slightly soiled, love for sale.
Who will buy?
 
Quando riconobbe la canzone, Sebastian schiuse le labbra sorpreso. Una canzone come quella in un locale di quel genere era perfetta, ma mentre ascoltava la voce di Blaine, incrinarsi in alcuni punti, rendendola perfetta, vera, mentre lo vedeva rivolgergli intensi sguardi su frasi precise, Sebastian non riuscì a pensare che c’era qualcosa di più in quel gesto che non fosse la semplice voglia di ravvivare l’ambiente.
 
I’ve been through the mill of love;
Old love, new love
Every love but true love.
Love for sale.
 
“Adoro questa canzone.” Alle spalle di Sebastian apparve Unique, si poggiò con i gomiti al bancone, allungando il collo verso di lui ‘’Chi è quel tizio?’’
Avrebbe fatto prima a chiedere chi non era. Sebastian non si prese la briga di risponderle, troppo concentrato su Blaine, inoltre non avrebbe saputo quali parole usare per descriverlo.
‘’Portami due shot, Unique.’’
Il donnone alzò occhi e mani al cielo, in un gesto di stizza, e si allontanò per prendere ciò che gli aveva ordinato. Quando tornò con i due bicchieri, Unique li poggiò sul bancone e si soffermò sullo sguardo che in quel momento si stavano scambiando i due uomini; quando l’autore si voltò, si ritrovò addosso gli occhi accusatori della proprietaria del locale.
‘’Cosa c’è?’’
‘’Quel tizio mi rovinerà gli affari.’’
Sebastian la guardò con un sopracciglio alzato, quasi interrogativo, ma lei non gli diede soddisfazione, si limitò ad allontanarsi sconsolata.
La canzone si concluse, Blaine si alzò dal pianoforte e si diresse con passo incerto verso Sebastian. Rallentò vistosamente quando notò cosa aveva in mano l’autore.
‘’Sebas-, avevamo detto…’’
‘’Un ultimo bicchiere. Ho voglia di fare un brindisi.’’ Gli sorrise Sebastian.
Blaine sogghignò, prendendo il bicchierino in mano e avvicinandolo a quello di Sebastian. ‘’A cosa brindiamo?’’
Sebastian inclinò il suo bicchiere, facendoli tintinnare. ‘’A tutto quello che vuoi, Blaine.’’
 
 
 

*

 
 
 
Era notte fonda quando uscirono dallo speak easy, le strade erano deserte; Sebastian si era offerto di scortare Blaine fino a casa, incurante del fatto che poi avrebbe dovuto rifare il doppio della strada per tornare alla sua auto. Blaine dal canto suo non era riuscito a rifiutare: era tempo che non passava una serata cosi piacevolmente. Guardava il profilo di Sebastian, illuminato dalla fioca luce dei lampioni, mentre parlava, e gli parve tutto così semplice, così naturale. Gli sembrò così surreale sentirsi così bene con un uomo del quale non si era mai fidato, un uomo che avrebbe dovuto odiare per tanti motivi. Eppure era bastato un brindisi, una confessione e un sorriso per cancellare tutto quello che era accaduto, tutto. Non riusciva neanche a sentirsi in colpa per Kurt. Si sentiva bene Blaine e non riusciva a smettere di sorridere. Per una manciata di ore aveva avvertito la sua vita scomparire, non esisteva altro che non fosse la sua risata fusa con quella di Sebastian, che non fossero i suoi magnetici occhi verdi che lo guardavano con una sorta di venerazione. Mentre camminavano, Blaine si rese conto che quella sera i suoi sentimenti per Sebastian avevano perso gran parte del loro stato confusionario, non sapeva ancora che nome dare a quello che provava, ma di sicuro era qualcosa di tangibile e reale.
Purtroppo la notte volgeva a termine, il loro tempo era finito e Blaine sentì un velo di tristezza cadergli lentamente addosso; ad un tratto si arrestò, senza un minimo di preavviso, tanto che Sebastian continuò a camminare per un paio di passi prima di voltarsi interrogativo.
‘’Siamo arrivati.’’
Sebastian si voltò verso il palazzone che si ergeva alla sua destra e Blaine sorrise davanti alla sua espressione, era un misto di delusione e comprensione; in realtà era piuttosto buffa.
‘’Abiti qui?!’’ chiese l’autore, non distogliendo lo sguardo dai finestroni che ricoprivano l’intera facciata del complesso popolare.
‘’S-sì.’’ Blaine tentennò, rendendosi improvvisamente conto che Sebastian era abituato a ben altri tipi di abitazione, più eleganti e signorili, improvvisamente si sentì inadeguato. Ogni sua sensazione di disagio fu però spazzata via dalle parole dell’autore.
‘’Sono passato davanti a queste abitazioni tante di quelle volte; alzavo la testa e guardavo le finestre, cercando stralci di vita ma non trovandone mai nessuno di particolarmente interessante. Eppure, tu sei sempre stato qui, sotto i miei occhi.’’ E poi sorrise, melanconico e languido, prima di abbassare lo sguardo e incatenarlo a quello di Blaine che lo stava fissando affascinato, le labbra schiuse, incapaci di dire alcun che. Rimasero così per una manciata di minuti, ad annegare ognuno negli occhi dell’altro, a stazionare in quella foschia di parole non dette.
Poi una goccia. Poi un’altra e un’altra ancora. Blaine le sentì distintamente sul suo collo e sulla testa; alzò lo sguardo verso il cielo minaccioso, coperto di nuvole.
‘’Sta per piovere.’’ Disse a mezza voce. Sebastian mormorò un assenso ma non disse altro, continuò solo a guardarlo.
‘’E’ meglio che io entri ora.’’
Sebastian abbassò il capo e si schiarì la gola, arricciando le labbra in una smorfia. ‘’Sì, forse dovresti.’’
Blaine trattenne un sospiro, mentre la pioggia cominciava a cadere un po’ più insistentemente ma ancora timida. Si spostarono entrambi verso il piccolo porticciolo in fondo alla piccola scalinata che conduceva al portone d’ingresso, cercando di ripararsi, o meglio, Blaine lo fece; Sebastian rimase sul secondo scalino, lasciando che le sporadiche gocce di pioggia gli inumidissero il cappotto.
‘’E tu? Ti separano più di quattro isolati dalla tua macchina.’’ Blaine fece un passo avanti in sua direzione, scendendo un paio di scalini in modo da essere frontalmente a Sebastian, pochi centimetri sopra di lui; non si sentiva a suo agio a parlargli da troppo lontano, riparato, mentre l’autore rimaneva esposto alla pioggia.
Sebastian sogghignò divertito. ‘’Un po’ di pioggia non ha mai fatto male a nessuno e poi sono ancora un po’ alticcio, mi rinfrescherà le idee.’’
Blaine sorrise ma il cielo diventava sempre più pesante, se l’avesse colto un temporale sarebbe arrivato alla sua auto completamente fradicio. Aveva bisogno di un… ombrello?!
‘’H-ho ancora il tuo ombrello di sopra.’’ Mormorò Blaine, indicando distrattamente il palazzo. ‘’Vado a prenderlo.’’ Fece per voltarsi, ma Sebastian lo bloccò per un polso; Blaine per un attimo trasalì, si voltò confuso.
‘’No, Blaine. E’ un regalo.’’  Disse Sebastian, inclinando la testa e sorridendogli dolcemente.
Blaine inarcò le sopracciglia e sbattè un paio di volte le palpebre.
‘’Un regalo. Un ombrello?!’’ scoppiò a ridere e Sebastian aggrottò le sopracciglia, allargando il suo sorriso, un po’ incerto. ‘’Che c’è da ridere?!’’
Blaine si coprì la bocca con una mano, cercando di ricomporsi. Che inopportuno, gli era scoppiato a ridere in faccia! ‘’Scusami, è che è un regalo un po’ insolito.’’
‘’Preferivi un mazzo di fiori?’’
‘’N-no, solo…’’ ad un tratto si sentì uno stupido, abbassò lo sguardo imbarazzato da quello che aveva lasciato insinuare a Sebastian, sicuramente non poteva pretendere nulla di romantico da lui, perché avrebbe dovuto.
‘’Ha una sua storia e un grande significato per me.’’ La voce suadente di Sebastian gli fece sollevare nuovamente gli occhi.
‘’Quale?’’ sospirò curioso. Sebastian ridacchiò, alzò gli occhi verso le nuvole sempre più minacciose.
‘’E’ una storia un po’ lunga da raccontare sotto questo cielo. Buonanotte, Blaine.’’ Gli lasciò andare il polso e scese un gradino, ma questa volta toccò a Blaine fermarlo, lo trascinò sotto il parapetto della porta in modo da ripararsi dal temporale che ormai aveva cominciato ad imperversare; era stretto e Blaine nello strattonare Sebastian quasi se l’era fatto cadere addosso, erano a pochissimi centimetri di distanza, poteva distinguere ogni sfumatura dei suoi occhi Blaine. Deglutì. ‘’La pioggia non è più un problema.’’ Sorrise sornione; Sebastian abbassò il capo, scuotendolo. Tentennò per qualche secondo ma poi si lasciò andare ad un sospiro. ‘’E’ stato il primo dono che mi sono concesso con il primissimo stipendio da musicista. Ero in Italia in quel periodo, mi era diplomato da un anno al Conservatorio di Napoli e componevo in modo compulsivo, sperando che qualcuno mi notasse. Naturalmente per un anno rimasi alla spasso, nessuno era interessato ad un giovane musicista francese, sconosciuto. Stavo quasi per gettare la spugna, fortunatamente non lo feci. Un giorno riuscii a vendere una mia canzone, una sola, ma fu per me un traguardo importante. Mi fece capire che avevo una speranza di futuro come autore, che potevo farcela anche senza l’aiuto di nessuno. Così per festeggiare decisi di farmi un regalo, pensai ad uno status symbol, uno di quegli oggetti con i quali vai in giro anche se non ne hai realmente bisogno. Ero un giovane uomo con delle prospettive e… i vestiti fradici.’’
Blaine aggrottò la fronte e Sebastian rise alla sua reazione. ‘’Il giorno che vendetti la mia prima canzone era una giornata di pioggia, esattamente come adesso. Avrei potuto comprare un cappotto o un cappello, ma poi la vidi: la bottega del più famoso artigiano ombrellaio di tutta Italia: era perfetto. Entrai e comprai l’ombrello più costoso del negozio, in tessuto nero a coste e il manico in ciliegio, una sciccheria.’’
Blaine lo guardava con una strana espressione, non riusciva a capire dove volesse andare a parare, Sebastian se ne accorse e gli sorrise. ‘’Quello che sto cercando di dirti Blaine è che quello non è solo un pezzo di legno e tessuto; in qualche modo rappresenta la parte di me che non si è arresa, la mia passione, rappresenta l’inizio del mio tutto, e io la dono a te, Blaine.’’
Blaine sgranò gli occhi ‘’I-io non poss-‘’
‘’Devi. E’ il mio personale augurio per una tua fiorente carriera e per…’’ sospirò, sorridendo languido, anche se il suo sguardo rimaneva serio, fissato sul viso di Blaine.
Blaine sorrise, boccheggiando una risposta che non riuscì a trovare.
‘’La parola che stai cercando è grazie.’’ Gli suggerì Sebastian con un ghigno, e scoppiarono entrambi a ridere. ‘’Ora vai, domani è la nostra ultima replica, voglio che tu sia splendente.’’ Gli bisbigliò quelle parole vicino all’orecchio per poi allontanarsi di scatto e scendere le scale. Si voltò un’ultima volta a guardarlo negli occhi prima di allontanarsi sotto la pioggia.
Blaine rimase a fissarlo tutto il tempo finchè non vide scomparire la sua figura tra la fitta pioggia. Si appiattì ancora di più al portone d’ingresso, non distogliendo lo sguardo dal punto in cui aveva visto sparire Sebastian. Sospirò pesantemente, sentiva come se non avesse più molta aria nei polmoni; poteva essere solo una sua impressione, forse era solo una fantasia, ma Blaine realizzò improvvisamente che Sebastian Smythe non gli aveva donato solo un semplice oggetto, no. Sebastian gli stava donando se stesso.
 
 
 
 
 
Quando Sebastian arrivò a casa sua era fradicio; si tolse le scarpe all’ingresso, lasciandole sul tappetino. Si diresse verso il suo studio, orientandosi perfettamente all’interno della casa buia, spogliandosi man mano del cappotto e della sciarpa e lasciandoli qui e lì, lungo il corridoio. Entrato nella stanza, si avvicinò lentamente alla sua scrivania, aprì il primo cassetto e sorrise appena; si chinò e ne cacciò fuori un fascicolo di due fogli. Lo fissò a lungo con un mezzo sorriso, leggendo distrattamente alcune frasi, scorrendo le parole con la punta delle dita, soffermandosi maggiormente sul tratto a mano a piè di pagina; poi si sedette sulla poltrona, mentre con una mano si allentava la cravatta. Poggiò i fogli sulla superficie lignea, sogghignò, come illuminato da una bizzarra idea. Carezzò i bordi del primo foglio poi, sollevando uno degli angoli, cominciò a piegarlo in strane forme geometriche.
 
 
 
 
 

*

 
 
 
 
‘’Grazie Tina, sei molto gentile ad aiutarmi con tutti questi fiori.’’
Blaine aveva chiesto alla costumista Tina di aiutarlo a liberare il suo camerino dai mazzi di fiori che negli ultimi due giorni si erano addirittura triplicati ‘’Scusami se rubo tutto questo tempo al tuo lavoro.’’ Aggiunse, rivolgendogli un sorriso desolato.
‘’Non preoccuparti Bling, ho già depositato i costumi in ogni camerino e modificato l’abito della Berry, secondo la quale la sua cinta era di una tonalità troppo vicina al viola.’’ Sbuffò Tina, roteando gli occhi al cielo ‘’Ora può anche strozzarsi con la sua fascia cremisi.’’
Blaine rise divertito, continuando a spostare i mazzi di fiori dal pavimento e cacciandone qualcuno fuori la porta.
‘’Tu piuttosto, non dovresti cominciare a prepararti?’’ chiese la costumista, mentre buttava i fiori secchi in un piccolo cassonetto in metallo.
‘’Appena avrò trovato il mio set del trucco in tutto quel caos.’’ Urlò dal corridoio.
Tina sorrise, ricominciando a fare spazio sul ripiano del trucco. Stava per prendere in mano un fascio di rose per riporle sul pavimento, quando qualcosa cadde a terra; la donna si chinò per raccoglierla, rimanendo un po’ stranita quando individuò cosa fosse.
‘’E tu cosa sei?’’
‘’Cosa?’’ Blaine si affacciò sulle stipite della porta, richiamato dalla domanda della donna.
‘’Che gran pensiero! Un fiore di carta.’’ Affermò sarcastica; stava per gettarlo ma Blaine la bloccò, prendendoglielo dalle mani e fissando la piccola creazione: era una rosa, creata da un maestrale gioco di pieghe nel foglio di carta. Perfetta nella sua semplicità.
Si chiese chi potesse essere il fautore di quel gesto.
 
‘’Preferivi un mazzo di fiori?’’
 
Sorrise, avvicinando il piccolo fiore al viso, come ad annusare un immaginario profumo.
Che tipo imprevedibile che era Sebastian Smythe!
‘’Puoi buttare tutto il resto Tina, ma lui rimane con me.’’
 
 
 
 
 

*

 
 
 
 
 
‘’Buonasera Mr. Smythe.’’
Sebastian fece un distratto gesto di saluto alla giovane maschera che l’aveva fatto accomodare nel suo palco, poggiò il cappotto su una delle poltroncine vuote e si accomodò.
Si lasciò andare ad un lungo sospiro, i suoi occhi saettarono sul sipario ancora chiuso. Diversamente dalle altre sere non era eccessivamente impaziente di assistere allo spettacolo, naturalmente non aveva nulla a che vedere con l’interpretazione di Blaine, anzi, una strana euforia si impadroniva di lui quando lo vedeva sul palco; piuttosto sentiva un’opprimente sensazione al petto, legata certamente al fatto che quella era la sua ultima replica di ‘Midnight’, e con lei si concludeva tutto. Si schiarì la voce, sciogliendo il groppo che gli era nato in gola; aveva preso la sua decisione, ed era la più giusta. Per una volta non avrebbe pensato solo a se stesso.
Pian piano le luci in sala si abbassarono, il direttore d’orchestra entrò e il sipario cominciò ad aprirsi. Sebastian sorrise tra sé e sé, curioso di vedere cosa sarebbe apparso quando le luci sul palcoscenico si sarebbero alzate: la prima canzone, interpretata da Blaine, era un interrogativo sul vuoto che il protagonista Everett sentiva dentro di sé, sul mondo conosciuto e la vita. Blaine ad ogni replica aveva cambiato il suo modo di interpretarla. Una volta si era rivolto al cielo, una volta ad una folla immaginaria intorno a lui e una volta addirittura al pubblico. A chi l’avrebbe posto quella volta?
Sebastian sentì quasi il cuore fermarsi quando le luci si alzarono e mostrarono Blaine seduto per terra che guardava un piccolo fiore di carta, con aria mesta.
Cominciò a cantare, rivolgendo la sua preghiera al fiore con il quale sembrava quasi conversasse.
Sebastian sentì il groppo alla gola risalire, ma non fece niente per scacciarlo. Strinse le labbra e chiuse gli occhi, cercando di arginare quella spaventosa marea di nuove emozioni per lui, che lo stavano colpendo senza pietà. Strinse i pugni e risollevò lo sguardo su Blaine che stava sorridendo malinconico: sembrava quasi sapesse.
Gli occhi di Blaine erano fissi sull’origami, le sue dita lo carezzavano di tanto in tanto e la sua voce era un sogno. Sebastian sorrise amaro, non sarebbe mai riuscito a rinunciare completamente a lui.
La sera prima si erano avvicinati come mai prima dall’ora, non era riuscito a mentirgli ancora Sebastian, si era mostrato per quello che era, per quello che solo Blaine riusciva a renderlo: una persona capace di aprirsi, di donare la parte migliore di sè ad un’altra.
Aveva scritto ‘Midnight’ in preda al tormento di non riuscire a trovare quel qualcosa che colmasse il vuoto nella sua vita perfetta; per esigenze sceniche aveva finito per creare un personaggio fittizio e ideale che permettesse al pubblico di godere di un lieto fine, nonostante la realtà fosse diversa. Non era stato facile rendersene conto, accecato dal suo cinismo per troppo tempo accumulato, che aveva creato un’armatura resistente e inscalfibile, ma pian piano il suo semplice ed egoistico interesse per Blaine si era trasformato in qualcosa di più; ora non gli importava di possederlo solo per un rendiconto personale, ora era disposto anche a rinunciarci se questo avesse portato un qualche vantaggio nella vita di Blaine.
Sebastian si schiarì la gola e sogghignò, trovandosi tremendamente patetico. Cosa era riuscito a ridurre l’intoccabile Sebastian Smythe, quel semplice ragazzo.
Blaine terminò il suo intro sorridendo al suo fiore di carta; se lo mise nell’occhiello della giacca e ci diede una piccola pacca sopra.
Sebastian sorrise a quel gesto, quel suo piccolo dono l’avrebbe accompagnato per tutta la durata dello spettacolo, fino alla fine.
 
 
 
 
 

*

 
 
 
 
Blaine se ne stava sul palcoscenico ormai sgombro, seduto sul bordo del proscenio, le gambe penzoloni nel golfo mistico, la fossa dell’orchestra, e un sorriso malinconico in volto. Lo spettacolo era finito da circa un’ora e mezza. Dopo essersi cambiato, Blaine si era recato in platea e aveva assistito allo sgombero del palcoscenico con il cuore che gli si stringeva in petto; una sensazione abbastanza usuale per gli attori che, ad ogni fine spettacolo, sentono scivolare via il personaggio da sé e avvertono una strana nostalgia per un’altra vita.
Quando il palcoscenico era stato completamente ripulito, Blaine aveva atteso che tutti se ne fossero andati, poi era salito sul palcoscenico, guardandosi intorno e respirando l’aria satura di polvere e odore di legno e velluto.
Era rimasto in silenzio, seduto in solitudine, rimembrando i vari ricordi dei provini, delle prove e dello spettacolo. Sorrise quando si rese conto che solo uno era il volto che più spesso veniva focalizzato nella sua mente.
 
‘’Immaginavo di trovarti qui.’’
Blaine sobbalzò. Alzò di scatto lo sguardo, incontrando gli occhi di Sebastian che, poggiato alla balaustra che divideva la platea dal golfo, lo osservava con un sorriso in volto.
Blaine abbozzò anch’egli un sorriso, sospirando ‘’Sono così prevedibile?’’
Sebastian non rispose subito, anzi, fece finta di pensarci su ‘’Un po’.’’
Blaine rise e, con un gesto del capo, invitò l’autore a raggiungerlo. Sebastian si scostò dalla balaustra, scese nella fossa e imboccò la scaletta che portava al palcoscenico. Si sedette affianco a Blaine, non curandosi dell’elegante completo scuro che stava indossando che probabilmente si sarebbe impolverato. Blaine notò che nel sedersi, Sebastian aveva mantenuto una certa distanza; per un attimo provò una punta di delusione, provava un certo conforto nel sentire il calore che emanava il corpo dell’autore, ma non fece nulla per diminuire quello spazio vuoto che li divideva.
Rimasero in silenzio qualche istante, scambiandosi sguardi fugaci- in realtà era Blaine che non riusciva a mantenere il contatto visivo, Sebastian, al contrario, non riusciva a staccare gli occhi dal volto dell’attore- e ascoltando ognuno il respiro dell’altro.
Poi lo sguardo di Blaine cadde sul fiore di carta che per tutto quel tempo era rimasto stretto tra le sue dita. ‘’Tu invece sei un uomo dalle mille sorprese.’’ Disse, alzando leggermente l’origami e mostrandoglielo ‘’Grazie, l’ho apprezzato molto.’’
‘’L’avevo sperato, soprattutto quando ho saputo che è l’unico superstite di tutti gli omaggi floreali che hai ricevuto.’’
Blaine arrossì impercettibilmente sotto lo sguardo compiaciuto dell’autore ‘’Era l’unico che volessi ricevere davvero, l’unico che non fosse scontato o banale. Un po’ come noi.’’
Sebastian inarcò le sopracciglia, incredulo e alquanto confuso da quell’affermazione, infatti Blaine si ritrovò a darsi mentalmente dello stupido.
‘’Q-quello che volevo dire è che mi sono sbagliato su tutta la linea, mi dispiace averti giudicato e ti prometto che la nostra collaborazione non subirà intoppi da parte mia. La nostra sarà una delle collaborazioni migliori che Broadway abbia mai visto.’’
Sebastian scoppiò in una risata leggera, Blaine lo guardò confuso mentre Sebastian si voltava verso di lui e gli poggiava una mano sulla guancia, cominciando a carezzargliela con il pollice.
‘’Cosa c’è?’’
‘’Beh, è curioso che tu dica questo, dal momento che quell’origami è tutto ciò che rimane del contratto che ti lega a me.’’
Blaine sgranò gli occhi e guardò il fiore tra le dita incredulo.
‘’C-cos…’’
‘’Voglio che tu sia libero di lavorare con chi vuoi Blaine, puoi farlo ora, voglio che tu diventi una grande stella anche senza il mio aiuto, so che ne sei capace. Voglio applaudirti ogni volta che renderai perfetto un personaggio che in mano a chiunque altro sarebbe a malapena sopportabile. Non voglio che tu sia infelice perché ti ho costretto a qualcosa che non volevi. Non voglio che l’odio che provi nei miei confronti deturpi tutto quello che di bello c’è in te.’’
E fu in quel momento che Blaine si rese conto di non odiare affatto Sebastian Smythe, di non averlo mai fatto, neanche quando l’aveva costretto a firmare quel contratto. Kurt aveva ragione, avrebbe potuto rifiutarsi e trovare un’altra soluzione; la realtà era che non aveva voluto, lui voleva che fosse presente nella sua vita, sempre. Perché ormai non poteva farne a meno.
Sebastian sentì qualcosa poggiarsi deciso sul suo petto: Blaine stava premendo la sua mano con il fiore di carta sul suo torace. Lo guardò confuso, cercando una risposta nei suoi occhi cangianti che in quel momento sembravano verdi, speculari ai suoi.
Blaine si aprì in un piccolo sorriso ‘’Penso che dovremmo stipularne un altro, questo non è più attendibile.’’ Disse, indicando con un’occhiata l’origami.
‘’Cosa stai cercando di dirmi?’’
‘’Io non ti odio, Sebastian. Ti sto concedendo di mia spontanea volontà i diritti sulla mia persona. Sono tuo.’’
Sebastian schiuse le labbra ma Blaine non gli diede il tempo di dire niente, dopo un attimo di esitazione, si alzò sulle ginocchia, si avvicinò alla sua bocca e lo baciò. Modellò dolcemente le sue labbra a quelle di Sebastian, che erano esattamente come se le era immaginate, lisce, morbide e piene, nonostante sottili. Solo che c’era qualcosa che non andava, non c’era stata risposta da parte dell’autore, era rimasto immobile. Blaine si scostò dal suo viso, incontrando lo sguardo indecifrabile di Sebastian. Per la seconda volta in pochi minuti si sentì uno stupido, probabilmente aveva frainteso tutto e da li a poco Sebastian gli avrebbe detto che era stato tutto uno scherzo, che non era mai stato interessato a lui in quel senso. Stava per alzarsi, pronto a scappare da quell’ennesima delusione, quando sentì le dita di Sebastian avvolgersi intorno al suo polso; in un battito di ciglia si ritrovò tra le braccia dell’autore, la sua mano tra i capelli e la sua bocca a cercare avido le labbra di Blaine che non ebbe neanche il tempo di prendere aria. Si sentiva come qualcuno che è stato travolto improvvisamente da un’onda e si ritrova sott’acqua senza fiato, che arranca per uscirne fuori. Ma mentre si avvinghiava alle spalle di Sebastian, senza aria nei polmoni e il cuore che gli martellava impazzito nel petto, Blaine sarebbe anche morto su quelle labbra.
Continuarono a baciarsi, alternando la danza delle loro lingue a piccoli morsi o lievi carezze. Sembrava che tutto il loro mondo fosse racchiuso in quel bacio, tanto da non volersene separare. Ma quando entrambi sentirono l’esigenza di respirare, si staccarono a malincuore. Poggiarono le loro fronti l’una contro l’altra, con il fiato corto, ansanti. Sebastian cercò subito lo sguardo di Blaine che non glielo negò; poggiò i polpastrelli sul viso del moro e cominciò a carezzargli gli zigomi, il mento e poi le labbra rosse, avvertendo il suo dolce respiro sulle dita. Sorrise.
‘’Sei davvero mio ora.’’










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Strappatevi il cuore, seblainers!
Tiriamo tutte un sospiro di sollievo (sì, mi ci metto anch'io), finalmente! Questo capitolo è stato un parto, non tanto perchè è un capitolo felice (LOL), ma perchè un Sebastian così dolce non l'ho mai raccontato a mia memoria. E' stato faticoso, credetemi. Però insomma, il tutto è giustificato dal fatto che Sebastian innamorato di Blaine diventa un tontolone.
Qualche appunto sul capitolo:
Cosa sono gli speak easy? Allora, avete capito che la ff ha inizio nel 1927, siamo in pieno Proibizionismo americano; gli speak easy erano locali clandestini dove si poteva andare a bere alcool di contrabbando o prodotto dalle distillerie clandestine sorte in tutto il paese. Naturalmente io mi sono concessa alcune licenze al riguardo, infatti è facile che i coniugi Smythe abbiano delle bottiglie di liquore in casa (per ovvie loro esigenze), giustificate da me dal fatto che siano una famiglia estremamente benestante e possano permettersi di far entrare dentro casa dell'alcool senza avere troppi problemi. Prendetela cosi! 
L'ombrello! Sappiate che l'ombrello che Sebastian dona a Blaine è stato acquistato in una bottega precisa di Napoli, la bottega di Mario Talarico. Quindi se siete di Napoli o un giorno vi troverete a passare davanti a questo negozio, ricordatevi di me! Lol
Il bacio. Tredici capitoli per un bacio. Lo so, sono pessima. xD
Ok, basta così. Vi mando un abbraccio immenso a tutti voi che ancora ogni volta recensite e seguite questa storia, nonostante i miei più che sporadici aggiornamenti. Sappiate solo che mi sento in colpa. 
Ringrazio tutti ma soprattutto Mirma, che se non fosse per le sue minacce non andrei più avanti, e la mia dolcissima beta Black_eyes, sempre presente, alla quale dedico questo capitolo. <3 Lo so che il suo compleanno è stato due settimane fa, ma me lo ero ripromesso. lol 
Un bacione a tutti! Alla prossima e buona Seblaine Sunday! ;)
PS: Qui trovate il testo e la traduzione di 'Love for sale' di Cole Porter, quella che Blaine suona nel locale. 



zia cla

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