I Can't Help Myself (I'm Falling in Love with You)

di Acqua Dolce
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Passi nel vuoto ***
Capitolo 2: *** Traffico sulla B 14 ***
Capitolo 3: *** Indovina chi arriva a Parigi? ***
Capitolo 4: *** Nove chili e mezzo di Guai ***
Capitolo 5: *** Ciao ***
Capitolo 6: *** Destinazione Orfanotrofio ***
Capitolo 7: *** Neve a Parigi ***
Capitolo 8: *** Bacio e Botta in Testa ***
Capitolo 9: *** Invito a Pranzo con Pittura ***
Capitolo 10: *** Mamma ***
Capitolo 11: *** Addio? ***
Capitolo 12: *** Crazy For You ***
Capitolo 13: *** Happy End ***



Capitolo 1
*** Passi nel vuoto ***


Tom Becker camminava per le strade di Parigi, che nonostante l'ora tarda erano ancora affollate. Era lontano chilometri e chilometri, dalla sua vecchia vita, dai suoi vecchi amici, dal suo vecchio ego. Ora a ventinove anni aveva un carattere completamente diverso da quello che aveva il ragazzino che formava la coppia d'oro con Oliver Hutton. Era diventato un egoista, e un arrogante. Si sentiva superiore agli altri suoi compagni di squadra del Paris Saint Germain. Forse l'amicizia con Pierre LeBlanc e Luis Napoleon, aveva contribuito a renderlo così. Sempre fuori fino a tardi, mai più di due volte la stessa donna aveva scaldato il suo letto. Non sentiva suo padre... da quanto? Sei mesi? O forse sette, neanche teneva più il conto dei giorni a cui non telefonava a suo padre. Ogni volta che sentiva la voce paterna alla segreteria telefonica, un senso di angoscia gli impediva di richiamarlo. Non voleva che suo padre vedesse come era diventato. Non era più il piccolo Tommy Becker a cui piaceva giocare a calcio. Era diventato un Tom Becker a cui piacevano i soldi che gli dava il calcio. Che disgusto avrebbe provato. Che delusione gli avrebbe dato. Suo padre aveva tanto insistito perchè facesse l'accademia d'arte. E lui l'aveva fatta, gli era piaciuta, ma... a cosa lo aveva portato dipingere? A niente! Aveva sfiorato la povertà. Poi aveva rincontrato Pierre ed era tornato a giocare. Tom continuava a camminare silenzioso verso il suo appartamento. Praticamente non sentiva il vociferare delle persone che camminavano su e giù per la strada. Girò a sinistra e arrivò al portone. Tirò fuori le chiavi e quando cominciò a salire le scale per arrivare al piccolo appartamentino all'ultimo piano. L'eco dei suoi passi che salivano velocemente gli fece quasi impressione. Si sentì per la prima volta dopo tanto tempo veramente solo. Il battito continuo sulla tastiera del computer portatile stava cominciando a infastidire il ragazzo che provava a dormire tra le lenzuola scomposte del letto matrimoniale. "Chantal! Vuoi mettere via quel coso!" disse spazientito Michel Ressault. Chantal Charteriè aveva venticinque anni ed era la più giovane giornalista del Saint Germain, una rivista sportiva nata qualche anno prima e che aveva riscosso molto successo in tutta Francia. "Prima finisco qui." disse fredda continuando a scrivere. Pur essendo la più giovane, non per questo era la meno esperta. Suo padre, Joseph Charteriè, era stato il direttore di un giornale per quasi tutta la vita, e se un infarto non lo avesse stroncato, sarebbe stato certamente stato un pezzo grosso del giornalismo sportivo. Chantal spostò una lunga ciocca di riccioli biondi da davanti ai bellissimi occhi azzurri come il mare. "E' due ore che batti su quel cavolo di computer! Non riesco a prendere sonno!" continuò a lamentarsi Michel. "Non ti ho chiesto io di dormire tutta la notte a casa mia" rispose continuando a muovere rapidamente le dita affusolate sulla tastiera. "Va bene, me ne vado." disse alzandosi e ricomiciando a rivestirsi "Mi ridai la camicia?" La ragazza lo guardò perplessa. "Oh, si tieni." disse sfilandosi la camicia che si era infilata dopo essere stata a letto con lui. "Ci vediamo." disse Michel quando si fu rivestito. Chantal neanche gli rispose e continuò a lavorare. Erano le due di notte e doveva assolutamente finire quell'articolo. Chantal da quando si era laureata non aveva pensato ad altro che al lavoro. Per lei esisteva solo il lavoro. GLi uomini che frequentava erano tutti uguali. Ogni volta si svegliava in un letto vuoto. Accanto a lei non c'era mai nessuno, solo il vuoto. La porta del suo appartamento che si chiudeva la fece tornare alla realtà per qualche istante. "Ciao!" disse sporgendosi per salutare Michel che però era già uscito. La casa era tornata vuota, c'era solo lei... e il suo pc...

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Capitolo 2
*** Traffico sulla B 14 ***


Chantal aveva finito il suo articolo dopo circa un'ora che Michel aveva lasciato il suo appartamento.
Aveva faticosamente preso sonno e la mattina dopo fu inevitabile un suo ritardo in redazione.
"MA DOVE DIAVOLO E' CHANTAL!?" urlava Ambrose, il caporedattore del Saint Germain.
"Sono qui!" disse la ragazza andandogli incontro sventolando l'articolo.
"Ehi, ma si può sapere dove ti eri cacciata?" chiese Ambrose riprendendosi dall'agitazione "Tra meno di due minuti partono le rotative e tu non hai ancora consegnato il pezzo!"
Chantal si era seduta dietro la sua scrivania e con calma assoluta gli rispose
"E quello che hai in mano cosa può essere secondo te?".
Ambrose guardò il foglio che stringeva nella destra senza dire nulla.
"Allora mi spieghi dove ti sei stata?" disse dopo aver allungato il foglio.
"Da nessuna parte." rispose Chantal continuando a frugare tra cartelle e fogli.
"Arrivi con quaranta minuti di ritardo e non sei stata da nessuna parte?" fece l'altro sedendosi sul tavolo.
"Traffico sulla B14" rispose la ragazza senza interrompere la sua ricerca.
"Prendi l'autostrada per venire in rue Molier?"
Chantal si bloccò e guardò il suo capo seduto sulla scrivania che la guardava con aria strafottente.
"Ti dispiace scendere dalla scrivania?" disse cercando di ignorare la battuta di Ambrose.
"Chantal, devi imparare ad essere più ordinata. E' una delle ragioni per cui abbiamo divorziato."
"No, abbiamo divorziato perchè tu te la facevi con..." si bloccò di colpo vedendo che una bionda ossigenata con un seno da paura si avvicinava.
Ambrose si voltò a guardarla e poi tornò a fissare Chantal in attesa che finisse la frase.
La ragazza però dopo avergli lanciato un'occhiata allusiva della serie "visto?" tornò a frugare tra le sue cartacce.
"Lo vuoi sapere perchè abbiamo divorziato?"
"Non ce lo siamo già detti davanti agli avvocati?" rispose sarcastica.
"Sei troppo giovane"
"Credevo che ti piacessero le "troppo giovani" e poi tra noi ci sono solo otto anni."
"Sei un'ottima giornalista, sei la migliore che c'è, ma noi due andiamo d'accordo solo se c'è da lavorare, se dobbiamo fare una famiglia allora siamo la coppia più scoppiata che ci possa essere. Tu hai bisogno di uno più goivane di me, qualcuno che abbia un carattere più forte del mio e, mi dispiace dirtelo, anche più forte del tuo."
Il direttore del Saint Germain fece un'improvvisa entrata e si avvicinò ai due.
"Ambrose... ex signora Ambrose, buon giorno." li salutò.
"Salve Sellier." rispose Ambrose.
"Volevo solo dirvi Ambrose ed ex Signora Ambrose, che siete qui per lavorare e non per concludere un'arringa matrimoniale."
"Ci scusi." disse Ambrose.
Sellier si allontanò.
"Sei un lecca culo!" gli disse irritata Chantal vedendo la riverenza dell'ex marito.
"Scherzi! Io voglio avere ancora un lavoro lunedì! Se trovassi un dottore che lo fa, io mi farei cucire le mie labbra al suo culo! E adesso mi scuserai ma ho da fare!"
Se ne andò lasciando Chantal alle sue cianfrusaglie. 
Dopo un paio d'ore di frenetiche corse avanti e indietro per la redazione, la segretaria Marie la chiamò
"Chantal, c'è una telefonata per te. Sulla due."
"E Chi è?" disse senza alzarsi la ragazza.
"Non lo so, ha detto che è importante" disse tenendo una mano sulla cornetta.
"E va bene passala. Su quale linea hai detto che è?"
"La due."
Chantal schiacciò il bottone e si girò verso la finestra che guardava sugli Chans Eliseè, mentre Marie fece segno agli altri giornalisti, o per meglio definirli, le altre jene, di ascoltare la telefonata di Chantal.
"Pronto?.... Si?.... Ohhhhhhh! Che...che disgrazia, ma... ma quando è successo.... ah, capisco...... si, si a che ora?..... va bene, ci vediamo domanimattina a Orly... si si capisco... mhm... si d'accordo...arriverci".
Tutti i giornalisti che avevano ascoltato misero giù le cornette nello stesso istante in cui anche Chantal aveva riattaccato, e la guardarono cercando di trattenere le risate, metre lei ricambiava con uno sguardo di rimprovero.
Fu Marie che interruppe il silenzio.
"Ma chi è Vivien Hazel?"
"E' una mia lontana cugina, sembra che sia morta in un incidente con suo marito e che mi abbia lasciato qualcosa, perchè ero la sua unica parente in vita."
"E cosa può avrti lasciato?"

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Capitolo 3
*** Indovina chi arriva a Parigi? ***


"Prendila Tom!".
Pierre gli lanciò la palla e Becker scattò in avanti e raggiunse la porta velocemente e senza troppe difficoltà la mandò in rete.
"Certo che devo cominciare a smettere di fumare! Non riesco quasi più a starti dietro, Tom!" scherzò Luis.
Insieme tornarono verso la loro metà campo, ma mentre correvano dagli spalti comparve un inserviente.
"Tom BEcker!" urlò.
Il ragazzo si fermò "Cosa?"
"C'è una telefonata per te!"
Tom un po' seccato per l'interruzione si avviò.
Percorse il lungo corridoio dove di solito si piazzavano i giornalisti alle partite, e raggiunse l'atrio dove c'era il telefono.
"Pronto?"
"Tom? Sono Benjamin!"
Becker rimase sorpreso nel sentire la voce di BEnji Price.
"Benji! Non mi aspettavo che..."
"lo so che non te lo aspettavi, ma domani parto per Parigi e mi farebbe piacere rivedere un vecchio commilitone!"
Erano almeno quattro anni che non vedeva qualcuno dei suoi vecchi amici.
"Farebbe piacere anche a me! Ma a che ora arrivi ti vengo a prendere all'aereroporto."
"D'accordo, ti richiamo più tardi così ti dico l'ora esatta."
"Va bene ti lascio il mio numero."
Tom dopo aver risalutato il suo amico ritornò in campo dove LeBlanc e Napoleon lo aspettavano.
"Allora?" chiese Pierre.
"Allora ricominciamo?" rispose Tom
"Chi era?" domandò Luis.
"Price. Domani arriva a Parigi e vuole rivedere il vecchio "commilitone". Tutto qui."
Non disse altro, calciò la palla che si trovava di fronte a lui e ricomiciò a correre.
Per tutto il tempo non pensò alla telefonata, si era rimasto sorpreso di risentire Benji, ma non gli importava un gran che.
Non aveva tutto l'entusiasmo che aveva Price nel risentirlo. Il pensiero di rivedere una parte della sua vecchia vita, quella vita che faceva quando da ragazzino giocava nella New Team. Erano bei tempi quelli, ma come tutte le cose belle, erano dovuti finire prima del previsto. 
Ormai erano le cinque e il sole invernale era completamente tramontato. 
I giocatori erano tornati negli spogliatoi a cambiarsi.
"Allora domani devi andare ad Orly?" chiese Luis mentre si infilava la giacca pronto per tornarsene a casa.
"Si, stasera mi richiama per dirmi a che ora arriva" rispose Tom indifferente.
Pierre si infilò il maglione e sorrise saracsticamente "Non sembri entusiasta dell'arrivo del tuo amico"
"Dovrei essere euforico?"
"No, ma credevo che ti avrebbe fatto piacere rivedere qualcuno dei tuoi amici."
Tom scosse la testa "No... non me ne frega molto. Anzi se devo dire la verità non me ne importa proprio un accidenti."
Luis e Pierre aspettarono che Tom si infilasse il giaccone nero e insieme uscirono.
"Credi cha a Benji faccia piacere rivedere anche due vecchi rivali? E' un po' che non lo vediamo, l'ultima partita che abbiamo fatto con l'Amburgo quand'è stata Luis?"
Napoleon si grattò la testa "Non mi ricordo, tre o quattro anni fa, mi pare"
"Quattro." precisò Tom.
"Allora più tardi chiamaci così andiamo tutti insieme a Orly."
Tom non fece in tempo a ribattere che i suoi amici erano già saltati nelle loro macchine e partiti come schegge.
Non gli restò che salire sulla sua Honda nera e tornare anche lui verso casa.

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Capitolo 4
*** Nove chili e mezzo di Guai ***


Erano le dieci meno venti quando Chantal uscì di casa quel sabato mattina.
Si infilò una maglia blu abbastanza lunga e un paio di jeans blu larghi nelle gambe e in vita.
Ai piedi le amatissime nike blu e grige e salì in fretta in macchina. Era ovviamente in ritardo. Doveva andare ad Orly e poi volare in redazione.
"Accidenti!" pensò ad alta voce quando imboccando la B14 si trovò impanatanata nel traffico più assoluto a causa dello sciopero nel metrò.
Le strade e le autostrade di Parigi erano intasate da morire. Macchine, taxi e autobus colmi da scoppiare.
"Dovrebbero imparare ad infastidire il governo non le persone!" pensò tamburellando nervosamente le dita sul volante.
Dopo un'ora di coda e un quarto d'ora per trovare parcheggio si mise a sedere su uno sgabello alto del bar dell'aereoporto e prese un caffè in attesa che l'aereo proveniente da Amburgo arrivasse con quella tizia che aveva chiamato il giorno prima.

Tom, Pierre e Luis erano seduti nel bar dell'aereoporto, quando proprio Pierre notò la ragazza seduta sullo sgabello poco più in là.
"Che c'è Pierre?" chiese Napoleon vedendo che l'altro si alzava e andava verso la venticinquenne Chantal.
"Posso offrirtelo io il caffè?" le chiese.
La ragazza si girò di scatto riconoscendo la voce del calciatore
"Pierre! Che ci fai qui?"
"Aspetto un amico di un mio amico."
Luis e Tom guardavano i due da lontano.
"Chi è quella?" chiese Becker.
"E' una giornalista sportiva, l'avrai vista cento volte alle nostre partite. Conosce Pierre da parecchio. E' stato lui che le ha presentato il redattore del giornale per cui adesso lavora."
Tom guardò la ragazza che parlava con LeBlanc.
Era davvero bella. I capelli biondi scuri le arrivavano a circa metà schiena, gli occhi azzurri luccicavano come stelle. Anche se indossava una maglia lunga e larga e i pantaloni larghi, si vedeva benissimo che era molto magra. Poco seno e fianchi stretti, non una maggiorata, ma anche se la sua figura era flessuosa era molto bella.
"E Ambrose come sta? E' un po' che non lo vedo." le chiese Pierre pagando anche il suo caffè.
"Bene, ma ormai abbiamo chiuso."
"Vi siete separati?"
"Abbiamo divorziato l'anno scorso." precisò Chantal.
La voce di una Hostess di terra annunciò l'atterraggio dell'aereo proveniente da Amburgo.
"Bè, è stato un piacere, non intervistarti per una volta! Ora devo andare. Grazie per il caffè." disse alzandosi.
"Ciao, Chantal è stato un piacere anche per me non essere stato intervistato." 
La ragazza lo salutò mentre si allontanava e Pierre raggiunse gli altri due che intanto avevano pagato il loro caffè.
"Andiamo anche noi?" chiese.
"Si." disse Tom.

Chantal aspettava battendo nervosamente il piede per terra.
All'improvviso vide avvicinarsi a lei una donna che teneva in braccio una bambina.
"Signorina Charteriè?" disse porgendole la mano.
"Si."
"Sono la signora Price, l'assistente sociale, è un piacere conoscerla."

"Ehi Tom!" lo chiamò Benji avvicinandosi all'amico.
"Ciao BEnji, è un piacere rivederti!" disse cercando di sembrare entusiasta Tom.
"Ti ricordi anche di noi, BEnji?" chiese Luis dando al portiere una pacca sulla spalla.
"Ciao, anche voi qui?" disse riconoscendo i due giocatori francesi.
"Vieni andiamo a caricare la macchina." disse Tom avviandosi con gli altri due verso il parcheggio.
"Un secondo, devo aspettare mia moglie." disse cercandola con lo sguardo tra la folla.
"Cosa?!" chise sorpreso Tom.

"COOOOOOOOOOOOOSA?!" 
Chantal era sotto shock.
"Ha capito bene."
"Ma....ma...ma io non posso occuparmi di lei! Io non ho il tempo per badare una bambina di quattordici mesi! Non ho idea di come si accudisca un bambino! Cerchi qualche altra persona! Ora io devo andare a lavorare!"
disse ridando la piccola Muriel in braccio a Deirdre Price.
"Ma signorina Charteriè, lei è la sola persona! Sono sicura che sarà un'ottima madre, e poi può sempre usra ela clausola di adozione se proprio non vuole prendersi la responsabiltà della bambina. Ora mi dispiace, ma devo proprio andare, mio marito mi aspetta."
Chantal guardò disgustata la creatura di nove chili e mezzo che la donna le aveva dato in braccio.
Deirdre sorrise "BEne, ciao Muriel. Questa è tua cugina Chantal, da oggi lei si occuperà di te. Sono sicura che ti troverai bene con lei."
La donna guardò Chantal che era ancora pietrificata davanti alla sua "piccola eredità".
"Arrivederla signorina è stato un piacere."
L'assistente sociale si allontanò.

"Ah, eccoti. Tom, questa è mia moglie, Deirdre." disse mettendo un braccio intorno alle spalle della ventottenne Deirdre. 
L'assistente sociale aveva i tratti caratteristici della donna tedesca, se non fosse stato per i due inespressivi occhi castani.
"Piacere, io Sono Tom Becker, loro sono dei miei amici Pierre LeBlanc e Luis Napoleon."
Anche gli altri due strinsero la mano a Deirdre.
Tom ruppe l'imbarazzante silenzio che si era venuto a creare. 
"Bene, possiamo andare ora?"

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Capitolo 5
*** Ciao ***


"Ciao." La piccola Muriel diceva solo questo.
Chantal l'aveva allacciata al sedile posteriore e aveva messo nel sedile del passeggero la piccola valigia con i pochi vestiti della bimba.
"Ciao" rispondeva ogni tanto seccatissima la ragazza.
Presto arrivò in redazione con in braccio la bambina.
"Ehi, Chantal? Quando sei rimasta incinta?" le chiese Ambrose con aria schifata vedendola entrare con la piccola.
"Non hai ascoltato con tutte le altre jene, la telefonata che mi è arrivata ieri?"
Ambrose scosse la testa "No, perchè?"
"Una certa Deirdre Price, mi ha chiamata dicendomi che Viven Hazel, quella cugina che viveva a Bon con il marito, è morta in un incidente e che mi lasciava in eredità quello che aveva."
Ambrose annuì "E allora?"
Chantal con un cenno del capo Muriel che stava seduta sulla sedia della sua scrivania.
"L'eredità era lei."
Ambrose scoppiò a ridere.
"Non posso credere che tu adesso ti metta a fare la mamma! Non ti ci vedo proprio Chantal! AHAHAHA!"
"Infatti, non la farò per molto. Guarda qui. Devo solo comporre un numero di telefono e la bambina viene immediatamente adottata."
Ambrose guardò l'ex moglie.
"Chantal, non è una cosa rapida come sembra."
Ma la ragazza sembrò non ascoltarlo e cercò di buttare giù quel pezzo su quel calciatore turco che aveva cercato di far saltare in aria il pullman con tutti i suoi compagn di squadra nascondendo della dinamite nei palloni.
"Ehi, Marie, telefona al tizio, mi doveva procurare il permesso di parlare con quel matto della dinamite." disse alzandosi e raccogliendo tutto quello che la bimba aveva buttato giù dalla scrivania.
"Ehi, sta ferma!" la rimproverò "Sei qui da neanche mezza giornata e già non vedo l'ora di rispedirti da dove sei venuta!" brontolò.
"Ciao!" rispose Muriel senza aver capito quello che la ragazza aveva detto.
"Ciao."
"Charteriè!" urlò Sellier.
"Comandi!" disse alzandosi si scatto e sbattendo la testa sotto la scrivania nel tentativo di rialzarsi.
"Ma che stai combiando?" domadò il principale vedendola sotto il tavolo che si massaggiava la testa.
"Raccolgo..."
Non fece in tempo a finire la frase che Sellier aveva già avvistato la creaturina seduta al posto di Chantal.
"Pucci,pucci,pucci" disse avvicinandosi amorevolmente alla bambina che lo guardò spaventata.
"Charteriè! Mi sorprendi! Perchè non mi avevi detto di avere una figlia?" chiese prendendo in braccio Muriel.
"Infatti non ce l'ho..."
"E questa?" disse l'uomo.
"E' la mia eredità. Le assicuro che non la rivedrà più in ufficio!" disse cercando di giustificarsi.
"Ma come può disturbare una bambolina simile? Piuttosto Charteriè, domenica partita tra Pairs Saint Germain e Lion Roiyal. E' tua."
"Sissignore." Sellier rimise seduta la piccina sulla poltrona di Chantal e se ne andò.
Marie si avvicinò a Chantal.
"Secondo te perchè sulla targa del suo ufficio ha scritto solo caporedattore? Quell'uomo ha delle doti nascoste!" disse riferendosi alla dolcezza con cui aveva trattato la bambina.
Chantal fece spalluce e rispose "Perchè non c'entrava LuridoFiccanasoFigliodiPuttana?"

"Allora quanto avete intenzione di fermarvi?" chiese Tom a Benji.
"Ripartiamo domani sera. Deirdre doveva fare un incontro di lavoro e allora ho pensato di accompagnarla per poterti salutare. Piuttosto tuo padre come sta? Fa ancora il pittore?"
"Si, ora vive in Svizzera."
Tom sembrava irritato quando Benji gli chiese di suo padre.
In macchina tornò il silenzio.
Pierre e Luis se ne erano tornati a casa con la loro macchina e avevano lasciato Becker con il suo vecchio amico.
Benji si accorse subito della tensione che si era creata, ma Tom recuperò subito la conversazione cercando di sembrare allegro. Come era cambiato in quattro anni. Come era cambiato da quando giocavano insieme nella New Team.
"Deirdre allora tu sei assistente sociale?" chiese Tom.
"Si, oggi ho dovuto portare un'orfanella a una giornalista, ma ho l'impressione che voglia darla in adozione."
"A una giornalista?" chiese Tom ricordandosi della ragazza che aveva parlato con Pierre.
"Si, una certa Chantal Charteriè. La conosci?"
chiese Deirdre.
"No, ma so che bazzica spesso alle partite di calcio e che lavora per un giornale sportivo il... Saint Germain, credo."
Deirdre annuì "Si esatto. E' la più giovane giornalista del Saint Germain, ha venticique anni appena compiuti ed è stata sposata con il redattore della rivista, Alian Ambrose, per un anno."
Benji rise "Sei informata, eh?"
"Bè dovresti saperlo! Dobbiamo avere sempre notizie delle persone a cui affidiamo dei minorenni!"
Lo rimproverò la donna.
Tom ridacchiò vedendo come erano affiatati i due. Provò quasi un leggero senso di invidia nei confronti di Benji.
"Da quanto tempo siente sposati voi due?"
Benji rispose prima che potesse farlo la moglie
"Non molto. A dicembre un anno."
"Tu Tom sei sposato?" gli chiese Deirdre.
Becker si sentì leggermente imbarazzato per quella domanda involontariamente indiscreta.
"No." rispose sforzandosi di sorridere e tenendo gli occhi fissi sulla strada.
"Ehi, amico, datti una mossa, ormai hai ventinove anni, quando te la vuoi fare una famiglia?!" disse scherzando Benji.
Tom in quel momento avrebbe voluto strangolarlo, ma l'arrivo davanti all'albergo, gli proibì di farlo e fermandosi con la macchina di fronte all'ingresso li guardò.
"Siamo arrivati!" sorrise. Finalmente si sarebbe liberato di loro. Da quando in qua Benjamin Price era diventato così invadente? Forse era stata l'influenza di quella Deirdre a farlo cambiare tanto. O forse era proprio lui ad essere cambiato.
"Bene, Ti ringrazio. Facciamo in tempo domani a salutarti, prima di partire?" chiese il portiere prima di scendere.
"Non lo so. Domani ho una partita e mi devo trovare allo stadio abbastanza presto. Come sai non è proprio in centro!" disse sfoderando un altro sorriso sforzato.
"Bè allora ti saluto e spero di rivederti prima che passino altri quattro anni.Ciao."
"Ciao."
Tom e Benji si scambiarono un altro sorriso e poi Becker ripartì.
"E' cambiato moltissimo." disse Benji abbracciando sua moglie e guardando la macchina dell'amico che si allontanava.

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Capitolo 6
*** Destinazione Orfanotrofio ***


Chantal rientrò a casa alle sette. Era distrutta.
"Guarda come mi hai ridotta" disse parlando alla bambina "Ho venticinque anni e me ne sento novantadue!" la rimproverò senza alzare la voce.
La bambina continuava a fissarla senza dire neanche più "ciao".
Muriel fu messa seduta su una poltrona blu e Chantal la fissò da impiedi. Cosa doveva fare pure? Ah, si chiamare l'assistente sociale di Parigi. Andò al telefono.
"Speriamo che sia ancora in ufficio."
"Pronto studio assistenza sociale." disse la voce di una segretarietta. Doveva sicuramente essere del tipo che si sedeva in grembo al principale mentre le dettava una lettera.
"Pronto mi chiamo Chantal Charteriè, vorrei parlare con il signor Vaulerien."
"Il signor Vaulerien non è più in ufficio, lo può richiamare domani verso le dieci."
"No senta, ho urgenza di parlarlgli immediatamente.Non potrebbe darmi il suo numero di casa?"
La segretarietta tacque un momento un po' indecisa sul da farsi.
"Di regola non dovrei."
"Per favore è urgente." insistette Chantal. 
"Le ho detto... di regola non dovrei..."
"Ma lo farà....lo so che lo farà..." disse mielosissima Chantal.
Infatti dopo qualche minuto parlava con l'assistente sociale.
"Signor Vaulerien, io non posso permettermi le spese che comporta una bambina così piccola, il mio stipendio me lo impedisce e me lo impedisce anche la natura, io non sono nata per fare la madre!" disse Chantal.
"Allora, alla bambina aspetta l'orfanotrofio" disse tranquillo l'assistente sociale.
Chantal guardò la piccola Muriel ancora seduta sulla poltrona che la fissava a sua volta.
La ragazza provò una strana sensazione al pensiero di quella creaturina in un orfanotrofio.
"Ma... è piccolina..." disse alla fine.
"E' questa l'alternativa signorina Charteriè. O la tiene lei, o la porta all'orfanotrofio. Che vuole fare?"
Le chiedeva una grossa responsabilità, abbandonare a se stessa quella bimba completamente sola oppure darle il suo amore materno che praticamente era inesistente.
"Va bene, la tengo..." disse quasi con rassegnazione. 
Potè quasi immaginare Vualerien sorridere dall'altra parte del filo.
"E' un'opera buona signorina, mi creda, nessuno di noi è nato gentore, ma lo si diventa pian piano. La saluto."
Chantal riattaccò e guardò Muriel.
"Hai vinto tu. Lo sai? E domani mi tocca portarti alla partita."
Ci mise circa tre ore per cercare di addormentarla. Un incubo. Su e giù per la stanza. Se solo sua madre l'avesse vista! Avrebbe riso per tre giorni vedendo sua figlia Chantal, la ragazzaccia che era sicura di saper fare tutto quello che faceva un uomo, che sapeva sparare, che faceva kick boxing e che una volta aveva provato anche a paracadutarsi, essere in difficoltà nel cercare di addormentare un bambina.
Chantal si infilò sotto il piumone della sua camera da letto e guardò il soffitto pensando con tristezza ai momenti in cui lei e Alain Ambrose erano sposati. Ora accanto a lei c'era un posto vuoto. Tutte le volte che si vedeva con qualcuno, sapeva che il giorno dopo non avrebbe trovato più nessuno accanto a lei.
Solo le coperte scomposte, dopo una notte di sesso. Che altro era? Sesso. Amore non ne riceveva da un pezzo.
Si ricordò che non aveva mai chiamato Ambrose per nome, nemmeno quando erano sposati.
"Chantal avrai sei mesi di felicità e cinquant'anni d'inferno" le disse suo padre quando gli aveva detto che si sarebbe sposata.
Magari sei mesi di felictà! Dopo tre settimane il loro rapporto non era più lo stesso. Erano solo materia grigia. Un cervello che completava l'altro. Poi inaspettatamente tutto sembrò aggiustarsi quando era rimasta incinta.
Ma quando perse il bimbo tutto era crollato completamente. Erano rimasti amici, non avevano motivo di odiarsi, ma non avevano motivo di amarsi. 
Era il destino che le aveva proibito di essere madre di un figlio suo. Qualche angelo submentale aveva pensato di mandarle la figlia di qualcunaltro. Avrebbe provato. Non avrebbe certo perso niente.

"Allora siamo pronti?" chiese Pierre ai suoi compagni di squadra prima di entrare in campo.
Gli altri annuirono.
"Andiamo allora e facciamoli neri!"
Tutti corsero fuori, tranne Tom che con una calma a dir poco snervante si avviò verso l'uscita.
"Muoviti Tom!" lo chiamò Luis.
"Si eccomi." a quel punto fu costretto anche lui a darsi una mossa.

"Chantal che ci fa quella ragazzina?" le chiese un collega baffuto vedendola arrivare con la piccola Muriel in braccio.
"Non sapevo a chi lasciarla." disse mettendola seduta su una seggiola.
"Ciao!" disse la bimba vedendo il giornalista.
"Ciao. come ti chiami?" le chiese avvicinandosi.
"Muriel. si chiama Muriel, ha un anno e due mesi e sa dire solo "ciao". Non è mia figlia, e la tengo con me per un po'. contento?" disse Chantal.
"Io credevo che tu detestassi i bambini. Per quanto hai intenzione di tenerla?"
"Oh, bè... per sempre" disse la ragazza fissando le squadre che entravano in campo.
Poi vide Pierre LeBlanc che la salutava da lontano.

"Chi saluti Pierre?" gli chiese Tom guardando nella stessa direzione in cui l'amico rivolgeva gli occhi.
"Quella ragazza che era ad Orly. Chantal Charteriè. Te ne ha già parlato Luis."
"Si mi ha detto che lavora per il Saint Germain."
Pierre si mise accanto a Tom e appena l'arbotro fischiò l'inizio della partita, passò immediatamente il pallone a Tom.
Poco dopo il Paris Saint Germain segnò il primo punto.
Tom guardò verso la vetrata e riconobbe infatti la ragazza dell'aereoporto. Vide accanto a lei una bimba che avrà avuto circa un anno.
E quello fu l'inizio di tutto.

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Capitolo 7
*** Neve a Parigi ***


La partita era stata più facile del previsto. Tre a zero e relativa vittoria del Paris Saint Germain.
Ormai lo stadio era vuoto, i giornalisti se ne erano andati via tutti e i giocatori negli spogliatoi a farsi una doccia.
Nell'atrio vuoto si sentì l'eco di passi. Passi femminili che si avviavano velocemente verso il telefono.
"Ma proprio oggi doveva fermarsi la macchina!" si disse Chantal portandosi sempre in braccio Muriel.
"Scusi." correndo verso un'inserviente che puliva l'atrio spazioso.
"Si?"
"Dove posso trovare un telefono?"
"Quarta porta a destra giù per il corridoio" disse indicando il lungo corridoio da percorre.
"Grazie."
Chantal si incamminò "Quarta porta a sinistra..." pensò fra sè e sè, non ricordandosi che l'uomo aveva detto quarta porta a destra.
Difatti aprì la quarta porta a sinistra senza pensarci troppo.
"Non si bussa più?" disse la sarcastica voce di Pierre.
La ragazza sollevò lo sguardo e si ritrovò davanti agli occhi l'intera squadra del Paris Saint Germain, completamente denudata. I più fortunati come Tom, Pierre e pochi altri avevano alla vita un asciugamano.
Tutti la guardavano più divertiti che imbarazzati.
"Eh.... sc-scusate, eheh... il telefono è a destra vero?"
Pierre trattenendo le risate annuì.
"Bene" sospirò ridacchiando imbarazzata "Bè posso assicurarvi ragazzi che per quanto possa andare male l'economia voi non morirete mai di fame!" cercò di fare l'indifferente e indicando con gli occhi il pannetto di spugna bianca che avevano addosso i giocatori disse prima di uscire "Bell'asciugamano!"
Chantal uscì e scoppiò a ridere da sola! Che figura! Senza smettere di ridere entrò nella stanza giusta, ma quando alzò la cornetta, scoprì con orrore che era isolato.
"Ohhhhhh Accidenti!" disse.
Tornò verso l'atrio e guardando dalla vetrata da cui aveva assistito alla partita vide che stava iniziando a nevicare.
"Ohhhhh noooooo!" 
Si sedette sulla seggiola che aveva preso per mettere Muriel poco prima.
"Ehi, hai bisogno di aiuto?" le chiese Pierre uscendo dagli spogliatoi e avvicinandosi all'amica.
"Mi dai uno strappo fino in centro?"
"Sono in macchina con Becker, vieni con noi, lui abita dalle tue parti." disse Pierre.
Poi il calciatore guardò la bimba che aveva Chantal.
"E questa da dove salta fuori?"
"L'ho ereditata." disse la ragazza che ormai era abituata a quella domanda.
"Bella eredità."
"Non scherzare Pierre. E' orfana, l'ho adottata."
"Io non scherzavo. E' bella. E' addirittura più bella di te."
Chantal rise. Poco dopo i due ragazzi nell'atrio furono raggiunti da Tom.
"Ehi Tom abbiamo due passeggeri in più. Lei è Chantal e lei è..."
"Muriel." disse la ragazza.
"Ciao." disse Tom sorridendole "Si sarà un picere portarvi alla Ville Lumière."
Pochi minuti dopo erano tutti e quattro nella Honda nera di Becker.
Pierre fu il primo a scendere.
"Ho saputo che lavori per il Saint Germain."
"Già. E' stato Pierre che mi ha presentato al redattore Alain Ambrose."
Tom guardò la bimba che si era addormentata dietro.
"E' tua figlia?"
"No, è la figlia di mia cugina, ma è rimasta senza genitori e così l'ho adottata."
Tom guardò nello specchietto retrovisore la piccina addormentata.
"E' molto che giochi a calcio?"
"Da quando ero ragazzino. Seguivo mio padre che viaggiava per il mondo, ma poi appena ho potuto mi sono fermato, non ho mai sopportato la vita da zingaro. Sono rimasto a Parigi e ho fatto l'accademia di belle arti, ma poi sono tornato a giocare."
"Sono arrivata." gli disse indicando un portone.
"Aspetta ti aiuto a prenderla." le disse Tom cercando di non svegliare Muriel e dando il tempo a Chantal di aprire la porta.
Insieme la portarono in casa e la sdariarono nel lettino cercando di non vegliarla.
"Ecco..."
Ma dopo averla lasciata, Tom sentì lo sternuto della piccina.
I due tornarono indietro a vedere.
"Ehi, non ti ammalare!" disse preoccupata Chantal.
Tom le toccò la fronte "Ho paura che abbia un po' di febbre." 
Poco dopo il fattorino consegnò alla ragazza tutto il necessario per curare la bambina e dopo un'oretta Muriel dormiva di nuovo.
Tom e Chantal andarono in cucina.
"Scusa l'inconveniete!" disse la ragazza.
"Figurati. So cosa vuol dire avere dei bimbi piccoli."
"Hai dei figli?"
"No, ma mia sorella è molto più giovane di me."
"Posso offrirti qualcosa?"
"No grazie è meglio che vada." disse infilandosi la giacca.
"Nevica ancora fuori." disse Chantal sbirciando fuori dalla finestra.
"Già, per fortuna non abito lontano da qui."
"Bè allora ti ringrazio ancora..." disse accompagnandolo alla porta.
"Te l'ho detto è stato un piacere."
Silenzio. Si scambiarono uno sguardo. Per un attimo Becker sentì riaffiorare il vecchio Tom che era in lui, ma la strana sensazione svanì subito e prese il posto un gran voglia di stringere quella ragazza a sè tutta la notte. Ma sembrava così bella e irraggiungibile che scacciò immediatamente quel pensiero dalla testa.
"Buona notte." disse Tom
Chantal era come sorpresa che il ragazzo non avesse neanche tentato di baciarla. Doveva ammettere che però era proprio carino, anche quando lo aveva visto in asciugamano! Se non ci fosse stata l'intera squadra e la marmocchia, lo avrebbe sbattuto contro il muro e...
"Buona notte" disse Chantal sorridendo.
Tom scese le scale e Chantal rimase sulla porta ad ascoltare l'eco dei passi e il portone chiudersi.

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Capitolo 8
*** Bacio e Botta in Testa ***


Chantal e Muriel ormai vivevano insieme da una settimana. Una settimana che per la ragazza fu terrificante.
"Che hai Chantal?" le chiese Ambrose arrivato il tanto sospirato venerdì.
"Niente sono solo stanca." 
"Ti vedo. La dolce creatura dove l'hai nascosta? Nella manica?"
Chantal ghignò "Le ho trovato una baby sitter. Almeno fino al sabato."
Ambrose fissò l'ex moglie."Ti vedo cambiata. Sei più tenera, non sei più la ragazza che ho sposato."
"Sono solo cresciuta mentalmente. Non ho più in testa il mio benessere, ma anche quello di Muriel."
"Mi dispiace di non esserti stato abbastanza vicino quando..."
Chantal scosse la testa "Non importa. La colpa è anche mia. Non ho voluto che tu mi stessi vicino e ho fatto il diavolo a quattro."
Ambrose rise "Già, per non parlare di quelle robacce che cucinavi!"
"Non erano robacce! Era cucina indiana!"
"Chantal dammi retta nella tua vita è meglio che tu faccia solo la giornalista!"
La ragazza si rattirstì. Solo la giornalista? Era solo quello che sapeva fare bene? Non sarebbe potuta essere la migliore in qualche altra cosa? Forse Ambrose aveva ragione.
"Bè ho chiesto a Sellier di uscire prima. devo andare ai Lafayette per prendere due o tre cosine per Muriel. Te l'ho detto che si è ammalata?"
"Poveretta. Le hai già fatto venire l'esaurimento? Come la capisco!" altra risata.
Chantal ghignò di nuovo.
"Spiritoso! Ha avuto una febbre da cavallo fino all'altra sera, una preoccupazione!"
"Ehi, non starai mica dando amore materno a quella pupattola!?"
"Io l'accudisco solo! Quando intedevo che pensavo al suo benessere, volevo solo dire che le do da mangiare, da bere, la lavo e la stiro. Nient'altro! Chiaro? Io detesto i bambini. Bambini puha!"
"Ehi, calma, calma! Ci vediamo lunedì. Buon week-end."
Chantal non rispose e uscendo dalla redazione prese un taxi per andare ai grandi magazzini.

"Ehi, Veronque! Sono tornata." disse entrando in casa e salutando la quindicenne baby sitter.
"Salve signorina Charteriè."
La biondina un po' rotondetta si avvicinò alla giornalista che posò sul tavolo le buste.
"Le hai misurato la febbre?" chiese
"Veramente oggi ha dormito quasi tutto il giorno e ho preferito non svegliarla." disse la timida Veronique.
"Hai fatto bene. Bè allora ci vediamo lunedì alla stessa ora, d'accordo? ah li hai presi i soldi te li avevo lasciati sul tavolo della cucina."
"Si la ringrazio signorina arrivederla." disse la ragazzina chiudendo la porta.
Chantal rimase in piedi per qualche istante indecisa su cosa fare. Poi andò in camera sua dove la piccola Muriel dormicchiava. 
Chantal le si avvicinò in punta di piedi e si sporse per vedere se la bimba era sveglia o faceva finta di dormire.
Sentì un mugolio. Era sveglia.
"Ciao mostriciattolo!" le disse abbracciandola.
Per fortuna non c'era nessuno che la potesse vedere. Lei per gli altri odiava le creature sotto i vent'anni.
Ma con Muriel era diverso. Si era affezionata davvero tanto alla bimbetta.
"ciao" mormorò la piccina ancora un po' assonnata.
"Ciao, ti hanno dato da mangiare? Hai fame?"
La bimba scosse la testa.
Chantal la portò in cucina e la mise seduta in cima al tavolo cercando sullo scaffale il termometro.
Inaspettatamente suonarono alla porta.
"Ciao che... che ci fai qui?" chiese sorridendo a Tom Becker.
"Sono venuto a vedere come sta Muriel. L'altra sera non era in gran forma... Ma forse ti ho disturbato."
Chantal aprì la porta e prendendolo per la manica del cappotto lo fece entrare.
"Macchè, entra pure. Vuoi fermarti a mangiare con noi?"
"Sul serio non volevo disturbarti fino a questo punto, mi ero preoccupato per lei è così piccina che..."
"Dai fermati con noi... sempre che tu non abbia già altri impegni..." disse cercando di non sembrare insistente.
"No, nessun impegno. Ma almeno permettimi di darti una mano."
Possibile stesse tornando come era una volta? Gentile e premuroso nei confronti di una ragazza e di una bambina? Chi poteva aver effettuato il miracolo?
Chantal appese il giaccone di Tom.
"Ciao." disse la bimba vedendo la figura nota di Becker.
"Ciao. Stai bene oggi?" disse lui andando verso il tavolo e prendendola in braccio.
"Certo che ci sai fare con i bimbi." constatò Chantal.
"Te l'ho detto che ho una sorella. Ha nove anni meno di me, ma anche se non ci ho vissuto insieme..."
"Come mai?"
"Lei è la figlia di mia madre. Io ho vissuto con mio padre da quando avevo... e chi si ricorda!... Sette anni più o meno."
"Mi scuserai se stasera mangeremo maluccio! Ma io so fare solo la giornalista!" disse con un velo di amarezza.
"Ah, io non credo."
Chantal fu sorpresa dal commento del ragazzo.
"Davvero? Che ti hanno detto di me?"
Tom la guardò "E di me che ti hanno detto?"
"L'ho chiesto prima io."
"E va bene. So che ti sei paracadutata una volta..."
Chantal annuì.
"... che nuoti molto bene e..."
Chantal alzò un sopracciglio in attesa che Tom finisse la frase "E...?"
"E che hai un buon gancio destro." concluse facendola scoppiare a ridere.
"Vediamo che sai tu di me." disse sedendosi a tavola di fronte a Chantal.
"D'accordo. So che hai frequentato l'accademia di belle arti..."
"mhm..."
"... che hai vissuto con tuo padre pittore..."
Tom la guardava divertito mentre la giornalista si sforzava nel cercare nella sua memoria le informazioni che aveva su Becker.
"...che giochi a calcio da quando eri ragazzino... e..."
"E...?"
"E che probabilmete sei un bastardo." concluse lasciando Tom un po' perplesso.
"Un bastardo?" chiese incerto se aveva capito bene o no.
"Bè sei amico di Pierre e di Luis, no?"
"E con questo?"
"Se conosci loro anche se non sei un bastardo lo diventi..." disse quasi con tristezza.
Tom rimase un attimo in silenzio.
"Tu come hai conosciuto Pierre?" le chiese.
Chantal fu presa alla sprovvista da quella domanda.
"Siamo stati insieme quando io ero all'università."
Tom sorrise. Aveva immaginato che Pierre e la ragazza si fossero conosciuti per un motivo simile.
"Ne eri innamorata?"
Chantal fece una smorfia incomprensibile "Innamorata è esagerato. Mi piaceva. E' un bel ragazzo, con un bel fisico e un bel sedere, e per questo motivo ancora più superficiale di me."
"E' lui che ti ha presentato al redattore del giornale per cui lavori, no?"
Chantal annuì "Si, mi ha presentato ad Alain Ambrose, altro uomo superficiale, simpaticissimo, bello e idiota come pochi, di cui mi sono perdutamente innamorata."
Tom rise "Certo che tu hai un fiuto infallibile per trovare gli uomini sbagliati!"
"Già... e pensare che l'ho anche sposato..."
Tom la guardò. Era sposata? Quasi gli sembrò che il mondo crollasse sulle sue spalle.
"Non voglio annoiarti con questi discorsi scemi." disse alzandosi e portando via i piatti vuoti "Prendi un caffè con me?"
"Volentieri, ma continua..." No! Non poteva essere sposata! Era... era troppo perfetta... perfetta per lui... da quanto tempo non sentiva tanta tenerezza per qualcuna? Neanche se lo ricordava più l'ultima volta che era stato veramente innamorato.
"C'è poco da dire... Non andavamo d'accordo e abbiamo divorziato. In un anno ci siamo sposati e separati. Un record quasi" disse tornandosi a sedere davanti a Tom con due tazzine di caffè.
Tom nel sentire che era divorziata sentì un peso levarsi dallo stomaco.
Parlarono un altro po', dopo aver messo a letto Muriel che si era inevitabilmente riaddormentata.
Tom si rese conto di quanto si parlava bene con Chantal.
"E tuo padre?" chiese la ragazza.
"Cosa?"
"Tuo padre... dov'è ora?"
"In Svizzera, credo..." disse Tom con una certa tensione.
"Scusa, non volevo essere indiscreta..." Chantal si era accorta dell'improvviso cambiamento che si era creato appena aveva toccato il discorso su suo padre.
"Non dire scicchezze! E' solo che..."
"Che...?"
"Non ci sentiamo da un po'."
"Perchè non lo chiami allora?"
Tom sorrise. Per Chantal sembrava tutto così semplice: felice/infelice, intelligente/idiota, sentire/non sentire.
"Ora devo proprio andare." disse alzandosi.
"Ti accompagno." rispose Chantal dirigendosi alla porta con Tom.
Il giocatore si infilò la giacca. 
"Ti ringrazio è stata una bella serata." le disse.
"Sono io che ti ringrazio della compagnia."
Si era ricreato lo stesso silenzio della volta precedente. 
I due si guardarono negli occhi per un tempo che a loro sembrò infinito.
Tom si avvicinò alla ragazza che si sollevò sulle punte dei piedi per raggiungere le labbra di lui, ma...
"Ahu!" esclamarono contemporaneamente massaggiandosi la testa.
Entrambi sorrisero imbarazzati e avvicinarono nuovamente le loro labbra. 
Questa volta il bacio andò a buon fine.
Un bacio breve, ma non per questo privo di sentimento.
Tom avrebbe voluto restare, ma non voleva cascare un'altra volta nella trappola che si era creato con le sue mani.
Se fosse rimasto, sicuramente avrebbe abbandonato Chantal addormentata nel letto, l'avrebbe usata e basta e non voleva che questo accadesse.
Tom e Chantal si riguardarono negli occhi sorridendo.
"Buona notte" le disse Tom sfiorandole ancora le labbra.
Chantal sorrise "Notte."

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Capitolo 9
*** Invito a Pranzo con Pittura ***


L'aveva baciata. Non ci poteva credere. Era tanto tempo che non si sentiva così... leggero!
Quando Tom entrò nel suo appartamento sentì il telefono che aveva appena finito di squillare ed era partita la segreteria.
"Tom..." suo padre "Tom, ma perchè non mi chiami?" era suo padre "Se c'è qualcosa che non va devi dirmelo..."
"Perchè non lo chiami?" Tom si ricordò di quello che gli aveva detto poco prima Chantal.
Il calciatore si fiondò a rispondere prima che suo padre riattaccasse
"Papà?"

"Hai fatto bene a parlargli." disse Chantal camminando al fianco di Becker, quando la mattina dopo si erano ritrovati per le strade di Parigi e lui si era offerto di aiutarla a riportare le pesanti borse della spesa.
"Già. La settimana prossima parto e vado a trovarlo." rispose Tom.
"Abita in Svizzera, giusto?" chiese Chantal.
Becker annuì.
Nessuno dei due aveva fatto parola del bacio che si erano scambiati.
"Muriel è a casa?" chiese cercando di rompere il silenzio.
"Si l'ho lasciata alla mia vicina, che ha dei bimbi della sua stessa età. Così giocano un po'." 
"Così oggi sei sola?" domandò Tom.
"Già." sorrise la giornalista.
Insieme salirono nell'appartamento di Chantal. 
La ragazza sistemò la spesa.
"Che ne dici di venire a pranzo da me? Così ricambio il favore dell'altra sera." favore? quale favore?
"Cena!" si corresse imbarazzato "Cena dell'altra sera..."
"D'accordo. Aspetta un attimo che avverto che sono fuori la signora qui accanto e poi andiamo."
Dopo una decina di minuti erano nell'appartamento di Becker.
"Hai una casa molto carina." disse Chantal guardandosi intorno "E' qui che dipingevi?"
"No, su c'è un sottotetto. Li ho ancora delle tele e l'attrezzatura." disse Tom indicando una scaletta che andava d una porticina.
"Posso dare una sbirciatina?" chiese Chantal.
"Certo, vieni." disse lui prendendola per mano e portandola nella soffitta.
Benchè fosse un sottotetto era tutto pulito e ordinato. Esculso sul pavimento qualche residuo di colore che non si lasciava cancellare. Chantal guardò delle tele dipinte che erano state messe in un angolo.
"Le hai fatte tu?" chiese.
"Alcune. Altre sono di mio padre. Io no dipingo da parecchio."
Chantal sorrise cercando di immaginarsi Tom intento a dipingere, macchiato qua e la di colori ad olio o tempere...
"Che hai da ridere?" le chiese lui guardando la ragazza che ridacchiava tra se.
"Niente, solo cercavo di immaginarti dipingere. Io non ho mai avuto la pazienza di mettermi ad imparare."
"Bè è semplice."
"Vorrei poterti credere." disse lei vedendosi dipingere creature mostruose, che probabilmente Muriel avrebbe saputo fare meglio.
Tom alzò un sopracciglio.
Dopo qualche ora i due erano di nuovo in soffitta, in piedi davanti a una tela bianca e un cesto di palloncini riempiti di vernice colorata.
"Allora, vuoi imparare a dipingere senza fatica?" le chiese laciandole da un attaccapanni un camice da pittore "Infilati anche questi" disse porgendole un paio di occhialoni a lenti bianche.
"Dobbiamo partire per lo spazio?"
"Per lo spazio e oltre. Lacia uno di quelli contro la tela!" disse Tom indicando i palloncini.
"E' così che voi pittori moderni dipingete?" chiese sarcastica.
Tom sorrise "Lo vuoi tirare o no?" le chiese con un finto tono di rimprovero.
Chantal sorrise e tirò contro la tela un palloncino pieno di vernice gialla.

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Capitolo 10
*** Mamma ***


"Brava!" le disse Tom notando che la vernice gialla aveva colpito in pieno centro la tela.
Poi prese a sua volta un palloncino di vernice verde e lo tirò nella stessa direzione colpendo un angolo.
Alcuni schizzi arrivarono sui camici dei due e alcune goccioline di colore finirono sul viso di entrambi.
"Però non me lo immaginavo così divertente!" disse entusiasta Chantal dopo aver tirato altri due o tre palloncini pieni di colore.
"Te l'ho detto. Per dipingere non ci vuole pazienza. Solo passione." disse Tom tirando l'ultimo palloncino che era nel cesto.
La giovane giornalista lo guardò.
"E tu ne hai?"
"Di pazienza? Mmmh poca!" ammise.
"E di passione?" chiese lei sfilandosi gli occhialoni che servivano per ripararle gli occhi dagli schizzi di colore che però avevano raggiunto le guance.
Tom sorrise "Molta.". Chantal sembrava non essersi accorta della stricia verde che si era fatta strofinandosi una guancia.
Becker la portò vicino la tela e si mise dietro di lei.
"Adesso... i colori diventano il tuo universo..." prese la mano della ragazza e l'accompagnò con la propria a posarsi sulla tela.
"Il mio universo..." sussurrò tenendo gli occhi fissi sui colori che la sua mano insieme a quella di Tom, mescolavano.
Chantal si era completamente dimenticata del mondo che la circondava. Vedeva l'universo di cui le aveva parlato Tom.
"Universo di colori... di sfumature... di luci e di ombre..." le mormorò Tom all'orecchio.
Chantal poteva sentire il respiro caldo di lui sulla sua pelle. La punta del naso le sfiorava il collo. 
Sorrise prima di chiudere gli occhi e di lasciarsi trasportare dalle emozioni di quel momento.
Le mani di Tom adesso erano posate sulla vita sottile della ragazza e le sue labbra presero a baciarla sul collo e sulla spalla sinistra.
Chantal si girò di fronte a lui e si guardarono negli occhi.
"Tom..."
"Shhh." Becker le chiuse la bocca con un bacio. Non era lo stesso che si erano scambiati quella sera. Quello dell'ultima volta era stato tenerissimo, ma veloce e quasi dato per togliersi uno sfizio che avevano tutti e due. Invece ora era tutto così diverso. Era tutto così... perfetto.
Le braccia di Chantal passarono dietro il collo di Tom che la strinse più a se, quasi avesse paura di lasciarla andare e di non riuscire più a prenderla. Solo quando le loro labbra si allontanarono Chantal lanciò un'occhiata all'orologio, e con un certo imbarazzo per dover interrompere quel momento così romantico disse "Devo prendere Muriel." Si morse il labbro inferiore e spostò gli occhi sul pavimento per non veder mutare l'espressione felice di Tom, in una di disapprovazione. Con sua sorpresa invece Tom rodacchiò.
"Non c'è problema."
"Perchè non torni da me... stasera..."
disse Chantal, quasi vergognandosi, come un'adolescente alle prime armi, di ciò che aveva detto.
"Alle nove? Va bene?" domandò Tom.
La ragazza sorrise e annuì.
"Alle nove."
Tom l'accompagnò alla porta e la salutò con un altro bacio.
"E... Tom!" lo chiamò risalendo un paio di gradini.
"Dimmi?"
"Non c'è bisogno che ti metta in cerimonia per me!" disse trattenendo un sorrisetto.
"Se vuoi vengo in asciugamano!" disse rocordandosi della guff che aveva fatto il giorno che le aveva parlato per la prima volta.
"Mh. Non è una cattiva idea. Adoro gli uomini che fanno pazzie per me"
Tom sorrise guardandola mentre scendeva le scale.
Il calciatore chiuse la porta e tornò in soffitta. Si portò una mano alla testa, ma se la tolse immediatamente quando sentì impiastricciarsi di vernice la tempia e parte dei capelli.

"Scusi il ritardo! E' stata gentilissima come sempre!" disse Chantal prendendo in braccio Muriel.
"Si figuri Chantal, è una bambina buonissima, i miei piuttosto sono dei flagelli!"
Chantal rise ed entrò nel suo appartamento.
"Allora? Hai fatto la brava con i tuoi amichetti oggi?" le chiedeva mettendosi seduta sulla solita poltrona blu.
La bimba la guardò e l'abbracciò "Oh...mamma."
Chantal sentì una stretta al cuore. "Mamma".
L'aveva appena chiamata mamma! Possibile che l'angelo che le aveva mandato Muriel non fosse così submentale come aveva sempre ritenuto? Possibile che lei non sapesse fare solo la giornalista, ma che sapesse fare anche la madre? Certo che fare quello per cui si era imbarcata, tenere così una bambina, continuare a lavorare... Non avrebbe potuto fare tutto da sola... Non poteva aiutarsi da sola. Certo c'era Veronique durante la settimana. Ma Veronique andava anche a scuola e costava fior di quattrini. E Chantal da sola non sarebbe mai riuscita a...
"Ehi ma che...?" erano già le nove.
Si guardò. Si era cambiata e aveva messo in tavola, ma non se ne era neanche accorta.
"Ciao." disse salutandola con un bacio Tom.
"Buona sera!Oh!" Tom le porse un mazzetto di violette "Grazie! Sono bellissime."
"Ciao Muriel." disse vedendo la bimba seduta sulla poltrona blu.
La piccina rise " Papà..."
Tom sorrise.
Chantal la prese in braccio e imbarazzata cercò di spiegarle "No, Muriel questo...questo non è papà. E' Tom. E guarda cosa ci ha portato?" disse mostrando alla bambina le violette. Poi si rivolse imbarazzata a Tom
"Credo che confonda "uomo" con "papà". Oggi deve aver imparato qualche parola in più! Mi ha chiamata anche "Mamma"!"
Sembrava felice. Sembrava le avessero fatto il regalo più bello del mondo chiamandola "mamma".
"Bè, allora mamma? Hai preparato da mangiare?" le chiese sbirciando nel tegame che cuoceva sul fuoco. Chantal arrossì. "Si. Filetto al pepe." disse mettendo in uno dei piatti una bistecca.
Muriel fu messa a dormire subito dopo aver mangiato e non fu un'impresa ardua come al solito.
"Bene..." disse lei tornando in cucina "Ehi, non ti disturbare li lavo io i piatti." disse avvicinandosi a lui.
"No guarda ho già fatto." disse mettendo nella credenza l'ultimo piatto e asciugandosi le mani.
"Bè allora grazie! Dovrò comprare una lavastoviglie!" disse ridacchiando la giovane.
Poi lo guardò e scoppiò a ridere.
"Hai ancora del blu sulla tempia! Aspetta." Chantal prese un pannetto e dopo averlo bagnato cercò di pulire la tempia colorata di Tom.
"Ecco fatto. Ma come ha fatto il colore ad arrivare fin lì?" chiese divertita e allungando un braccio per mettere il pannetto sul termosifone caldo.
Tom le prese il braccio con delicata decisione e attirò a sè la bella Chantal che gli mise le braccia dietro la schiena e appoggiò la testa sul torace di lui ascoltando il battito tranquillo del suo cuore.
"Chantal..."
Quella volta fu lei a serrargli la bocca con un bacio.
Pochi minuti dopo si trovarono nella stanza accanto a quella in cui la piccola Muriel dormiva.
L'imbottita copriva i loro corpi nudi che si accarezzavano dolcemente.
Le mani di lui percorrevano le linee morbide del corpo di lei che allo stesso tempo gli accarezzava la schiena, le spalle e il viso.
Intanto la neve ricominciava a cadere sui tetti di Parigi...

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Capitolo 11
*** Addio? ***


Tom si era appoggiato sugli avambracci cercando di non schiacciare l'esile corpo di Chantal sotto il suo peso. Poi stanco le appoggiò la testa sulla spalla.
"Non ti preccupare." gli sussurrò facendolo stendere su di lei.
Tom la baciò ancora, mentre lei gli passò le mani tra i capelli.
Si addormentarono verso le quattro, ma Becker si risvegliò dopo qualche ora. Si infilò i boxer scuri e silenziosamente 
Andò in cucina per farsi il caffè. Improvvisamente sentì un mugolio nella stanzetta dove dormiva la piccola Muriel.
"Papà..." mugugnò la bimba ancora semi addormentata.
"Ciao..." disse piano Tom prendendola in braccio e portandola in cucina per darle da mangiare.
Si era convinta fosse suo padre. Che buffo. Lui, Tom Becker, padre. Non ci aveva mai pensato. Non aveva mai pensato a farsi una famiglia visto il disastro che era stata la sua. Dopo che Muriel ebbe mangiato la rimise a dormire e tornò nella stanza dove era stato con Chantal. Si sedette a guardarla sulla sedia accanto al letto.
Possibile che quella giornalista ficcanaso, l'avesse fatto tornare il Tom di prima? Il Tom altruista e gentile che era stato da ragazzino?
La fissò ancora.
Abbracciava il cuscino, i capelli biondi erano spettinati sulla schiena nuda leggermente scoperta. BEcker le si avvicinò e le scostò una ciocca di capelli dal viso, senza svegliarla. Dormiva troppo bene per essere svegliata. 
Non se ne sarebbe andato via... non quella volta...

"Mhm... Ma che ore sono?" chiese la ragazza cercando di tirarsi su.
"Le nove e mezza." rispose Tom che era sdraiato accanto a lei.
"Ciao..." rispose coprendosi uno sbadiglio.
"Ciao." sorrise lui. 
Chantal si infilò gli slip e una maglia di cotone a maniche lunghe.
"C'è neve fuori?" chiese.
"un po'. Vuoi un caffè?" le chiese Tom alzandosi per portarglielo.
"Grazie." disse lei. Che gentile. Nessuno le aveva mai portato il caffè a letto in vita sua.
Tom tornò con una tazzina.
"Tu non lo prendi?"
"L'ho preso prima." disse lui tornando accanto a lei e dandole un bacio leggerissimo sulle labbra.
"Mamma..." una vocina piccola piccola, richiamò l'attenzione di tutti e due.
Chantal si alzò e andò da Muriel.
"Ciao bella." disse prendendola in braccio e portandola in camera sua.
"Guarda chi si è svegliato!" fece Tom mettendo su i cuscini e facendo sedere in mezzo a lui e a Chantal la bimba.
Rimasero a pigronare tutti e tre insieme nel letto.
"Lo sai da quanto tempo non sentivo mio padre?... sette mesi. Più di metà anno..."
"Fai bene ad andare da lui. Quando parti?"
"Domenica. Dopo la partita con la Corsica."
Rimasero in silenzio un attimo e poi Chantal riprese a parlare.
"Il vero motivo per cui io e Alain Ambrose abbiamo divorziato non riguarda solo il mio... caratteraccio."
Tom le mise un braccio intorno alle spalle.
"Non hai un caratteraccio." le disse lui "Sei solo...lunatica..." 
Chantal rise vedendo che cercava di farle un complimento "Ho un caratteraccio lo so. Sono una pessima moglie, una pessima cuoca..."
"Su questo posso darti ragione" scherzò Tom.
La ragazza sorrise di nuovo "Sono una pessima donna sotto ogni aspetto. So solo fare la giornalista...lo diceva anche Ambrose. Pensa che non l'ho mai chiamato per nome nemmeno quando eravamo sposati! Eravamo solo... materia grigia... un cervello che completava l'altro. Superficiali e carogne tutti e due. Abbiamo passato mesi a litigare, poi sono rimasta incinta..." si bloccò e sentì le lacrime agli occhi "...e... e allora abbiamo provato a raccogliere i cocci del nostro matrimonio, ma... quando ho perso il bambino e mi hanno detto che non avrei mai avuto la possibilità di avere figli, allora abbiamo deciso di divorziare. Sono un disastro su tutto come vedi, un'incapace anche in questo."
Tom si mise a sedere davanti a lei e le accarezzò le gambe nude.
"Tu non sei un'incapace. Tu non sei una pessima donna, ma una pessima cuoca e a questo c'è rimedio. Tu sei una donna perfetta. D'accordo non sai cucinare, va bene hai un caratteraccio... ma io non ho mai conosciuto qualcuno come te..."
Chantal lo guardò con le lacrime agli occhi.
"Vieni con me in Svizzera." Poi guardando anche Muriel si corresse subito "Venite con me."
Chantal si lasciò cadere sui cuscini.
"Chantal ti..."
"No, non dirlo neanche per scherzo."
"Non scherzo infatti, ti amo..."
Chantal scosse la testa "Non è vero... e lo sai... Non sei abbastanza pazzo per amarmi sul serio..." disse. Una lacrima le rigò una guancia.
Tom non poteva credere alle sue orecchie.
"Ma dopo quello che..."
Chantal si alzò e riportò nella sua cameretta Muriel che si era riaddormentata.
Poi ricomparve sulla porta "Sesso. Solo sesso. Come le altre volte. E' un'illusione Tom. Ed è destinata a finire..."
Tom si alzò e dopo essersi vestito Chantal lo accompagnò alla porta.
"Chantal" le disse risalendo qualche gradino.
La ragazza si sporse.
"Sei sicura di... di non volermi neanche un po' di bene?"
"Ciao Tom. In bocca al lupo per la partita."
La giornalista richiuse la porta e Tom restò un attimo immobile poi scese le scale e si chiuse alle spalle il portone.

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Capitolo 12
*** Crazy For You ***


Durante la settimana non si erano nè sentiti nè visti. Chantal era presa dal suo lavoro.
Il tuffatore russo cha aveva tentato di suicidarsi durante uno spettacolo gettandosi dal trampolino di venticinque metri, con un mantello infuocato, in una piscina di benzina, aveva scatenato la curiosità dei lettori del Saint Germain.
"Charteriè!" strillò Sellier dalla porta del mio ufficio.
"Si?" disse lei quasi svegliandosi da un sogno.
"Domani partita Corsica- Paris Saint Germain."
oh, no! Aveva evitato tutta le settimana di non incontralo e poi glielo ordinava il suo capo. Che sfortuna!
"Sellier!" lo richiamò Chantal alzandosi dalla sua poltrona e entrando nel suo ufficio.
"Charteriè?"
"Sa è un po' di tempo che io e labambina non stiamo un po' insieme e vorrei chiederle una settimana di..."
"Accordato." Le aveva letto nella mente. Bastava parlargli di Muriel che Sellier da scorbutico Direttore di Giornale diventava un nonnino sdolcinato ansioso di rivedere una nipotina "Ma voglio che assista ugualmente alla partita. Mi porterà i suoi appunti domenica sera e li farò buttare giù da Ambrose."
Accidenti! Credeva di avercela fatta, ma a quanto pareva, l'incontro con Tom allo stadio era inevitabile.

"Tom che hai?" gli chiese Luis.
"Eh? Niente." disse lui allacciandosi una scarpa.
"Guarda che dobbiamo fare faville oggi." disse Pierre alzandosi pronto per entrare in campo.
"Lo so."
"Hai l'aereo dopo la partita?" gli chiese Luis.
"Verso le otto. Andiamo o no?!" fece uscendo dagli spogliatoio e avviandosi verso il campo.
Pierre e Luis lo seguirono senza dir nulla.

Eccolo. Dalla vetrata poteva vedere Tom che entrava in campo e iniziava a scaldarsi.
"Che hai Chantal?" le chiese l'occhialuto collega.
"Niente. Sono preoccupata per Muriel."
"E' a casa?"
"Si l'ho lasciata alla vicina."
Fissava insistentemente Tom che però non l'aveva vista.
Era sicuramente arrabbiato con lei. E come dargli torto? Lo aveva trattato a pesci in faccia. 
I giocatori delle squadre si sistemarono in campo e fu allora che Pierre la vide.

"Chi c'è?" gli chiese Tom guardando nella stessa direzione di Pierre.
"Chantal. Ma non mi vede." disse guardando allusivo Tom.
"Non sei abbastanza pazzo per amarmi sul serio..." quelle parole gli tornarono alla mente. E così bisognava essere pazzi per amare lei? 
"Sta pronto Tom, appena fischia ti passo la palla." disse Luis.
Ecco il fischio d'inizio, ma quando Tom sentì il pallone arrivargli al piede invece di scattare in avanti rimase immobile e guardò Chantal.

"Ma perchè non...?" era un mormorio generale.
Anche Chantal rimase a fissare Becker che all'improvviso, invece di andare verso l'area avversaria si diresse, palla al piede, verso la propria porta.
"Tom!" urlò Chantal dalla vetrata.

"TOM! CHE FAI?!" urlarono i compagni vedendolo correre verso la porta sbagliata.
"FERMATI TOM!"
Tom era davanti alla sua porta e tirò un calcio al pallone che ovviamente entrò in rete, lasciando tutti di stucco.
Erano tutti allibiti. Pierre si avvicinò a Tom
"Ma... ma hai idea di...di..." non aveva parole nemmeno LeBlanc.
Becker neanche lo ascoltava. Continuava a guardare Chantal sconvolta dietro la vetrata.
"Ora facciamo sul serio." disse Tom tornando a centro campo.

"Ma...ma... è impazzito!...Ha... ha fatto... autogol." disse L'occhialuto collega.
Chantal era a bocca aperta. Poi sentendo quello che aveva detto il giornalista tenendo gli occhi fissi sul giocatore numero undici.
Abbozzò un sorriso "Comincio a credere che sia sempre stato pazzo..."

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Capitolo 13
*** Happy End ***


Benchè l'autogol di Becker fosse risulatato validissimo, il Paris Saint GErmain vinse la partita con facilità.
Chantal aveva tenuto gli occhi sempre fissi su Tom Becker, che finita la partita fu letteralmente assalito dai giornalisti.
Ma la giornalista che gli interessava era scomparsa tra la folla.
Erano le sei. L'aereo era alle otto. Se tutti sti idioti non si fossero incollati a lui, avrebbe senzaltro fatto in tempo a parlare con lei e andare ad Orly, ma la situazione sembrava complicata e se non si fosse dato una mossa non l'avrebbe vista più.

Aveva fatto una pazzia!Tom aveva fatto una pazzia per... per lei...
"Grazie di avermela tenuta signora." disse riprendendosi Muriel e senza attendere risposta si fiondò nel suo appartamento e iniziò a battere velocemente sul suo pc portatile.
Non l'avrebbe fatto di certo Ambrose un articolo del genere. Doveva portarlo entro le sette e mezza a casa di Sellier.
Lo squillo del telefono interruppe per qualche secondo il suo lavoro.
Non aveva tempo per rispondere, la segreteria l'avrebbe sostituita egregiamente.
"Chantal, sono Pierre" Pierre? Ma che voleva quel farabutto Casanova? "Ma che è successo me lo spieghi tu? Tom non ha voluto dirmi niente... Chantal? Lo so che ci sei, che sei lì a trastullarti col cpmputer..."
"E Va bene Pierre che vuoi?" aveva risposto.
"Voglio sapere che hai fatto a quel pazzoide!"
"Niente."
"Lo so che si è preso una bella cotta per te, bellezza, allora che è successo?"
Certo che insisteva... però... alt! 
Cotta? Come poteva sapere cosa...
"Cosa?" chiese cercando elegantemente di informarsi.
"Eheh, sei curiosa adesso?"
"Pierre! Che ti ha detto Tom?"
"Niente. Ma ogni volta che nella conversazione compari tu, eccolo che drizza le orecchie, che ti difende da complimenti pesanti e a mettere in luce i tuoi pregi... questo. Lo sai se ne va in Svizzera?"
"Si a quest'ora sarà già partito."
"No bella, parte alle otto. Hai ancora un'ora e mezza per corrergli dietro... ehi Chantal? Pronto??"
Aveva riattaccato.
Cavolo alle otto. Finì più in fretta che poteva il suo articolo e quando salì in macchina con in una mano l'articolo e nell'altra Muriel che rideva nel vedere tanta fretta, erano le sette e un quarto.
"Maledizione, non arriverò... non lo rivedrò..." era al limite della disperazione.
Parcheggiò davanti al portone di Sellier e infilò nella buchetta delle lettere l'articolo e corse in macchina.
Doveva, doveva arrivare in tempo.
"Ma che sto facendo? Sono più pazza di lui!"

Tom scese dal taxi che lo aveva accompagnato ad Orly.
Mancavano tre quarti d'ora prima che l'aereo decollasse... e non era riuscito ad andare da lei.
Il sesamo si aprì e si richiuse alle sue spalle.

"Oh accidenti! Accidenti al traffico! Accidenti a me! E accidenti a tutto quello che mi è saltato in testa da quando ho rincontatro Pierre all'aereoporto!" 
guardò Muriel trattenuta al sedile del passeggero solo dalla cintura di sicurezza.
Se l'avessero fermata le avrebbero ritirato la patente. Andava a tavoletta, a superato contro mano, non dava la precedenza e... infatti.
"Signora, mi può dare i documenti?" 
I vigili l'avevanp fermata.
"Si ecco le do direttamente la patente, ma pra devo andare!"
"Con calma. Lo sa che la bambina dovrebbe stare nell'apposito seggiolone da viaggio e soprattutto dietro?"
"Si lo so, ma è un'emergenza devo andare la prego..."
Il vigile scosse la testa.
"Mi dispiace, ma andava troppo forte... come minimo dovrei farle una multa da capogiro."
"Me la faccia in fretta devo andare all'aereoporto!!"
Il vigile ebbe pietà e non le ritirò la patente.
Chantal stava per ripartire, ma la macchina non si mise in moto.
"Ohhhhhhhhhhh nooooo!" scese tirando un calcio alla gomma posteriore e ranicchiandosi vicino al confano scoppiò a piangere.
"Signora si sente male?" domandò l'anziano vigile.
"Da morire..." non riusciva più a fermare le lacrime "Non lo rivedrò più..."
L'uomo la fece alzare in piedi e dandole un fazzolettino di carta per asciugarsi le lacrime scosse la testa.
"I giovani d'oggi sono così superficiali!"
Ecco che la intratteneva con la predica, poi guardò gli occhi arrossati dal pianto della ragazza e si mise a ridere "E' bello vedere che è rimasto qualcuno capace di fare pazzie per amore. Venga con me."

Le otto meno dieci. Ancora cinque minuti e poi si sarebbe dovuto imbarcare. Avrebbe dovuto farlo prima, ma qualcosa glielo aveva impedito.
Niente da fare. Adesso se ne sarebbe andato in Svizzere, da suo padre per un po'. Aveva chiuso con il calcio, con Pierre e con Luis. Aveva fatto domanda per entrare all'accademia d'arte nel corpo insegnanti. Non era la sua massima aspirazione, ma avrebbe fatto qualcosa che lo appassionava quanto il latte e allo stesso tempo che non lo avrebbe condotto ad elemosinare sui gradini di Notre Dame.
Diede il biglietto alla hostess e si avviò verso la scaletta per slaire sull'aereo.
Non vide che più in là stava atterrando un'elicottero della polizia...

"Grazie!" urlò Chantal scendendo dall'elicottero con in braccio Muriel.
"Quando vuole signorina!" la salutarono festosamente i due giovani piloti.
Chantal vide un addetto alla manutenzione.
"Qual è l'aereo per Berna?" 
"Laggiù. Stanno finendo di imbarcare."
Chantal era già sparita. 
Correva cercando di non inciampare nel cappotto lungo e tentando di non far cadere Muriel.
"TOOOOOOM! TOOOOOOOOOM!" urlava con tutto il fiato in gola che aveva.
Becker stava per salire l'ultimo gradino quando sentì una voce femminile chiamarlo. Lui e tutti gli altri passeggeri si girarono per vedere chi fosse la pazza che urlava in quel modo.
"CHantal?!" esclamò ad alta voce.
"La conosce?" chiese una signora dietro di lui.
Becker non la degnò di uno sguardo e ridiscese la scalinata.
Chantal era ormai arrivata da lui... da Tom... il suo Tom...
"Sei impazzita?" le disse astenendosi dal non sorriderle.
"Lo so me lo hanno sempre detto tutti!" disse con il fiatone.
"Papà..." disse Muriel tendendogli le braccine e riconoscendo Tom...
Tom guardò la bimba e poi Chantal. Tenendo gli occhi fissi sulla ragazza prese la bimba in braccio e porse una mano alla ragazza sfinita.
"Andiamo?"
Chantal sorrise e lo baciò.
Insieme si avviarono verso l'aereo pronto per partire verso la Svizzera.

FINE

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