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Con tutto il peso che questa
data si porta addosso come potrebbe mai essere una data felice? Come può
qualcosa accadere di 11 settembre ed essere gioiosa? C’è qualcosa
in questa data, qualcosa di triste: settembre è sempre avvolto da
quest’aria di tristezza, l’estate è finita, l’ autunno
è alle porte, la testa è persa tra i ricordi degli spensierati
mesi appena passati ma tu sei tornato alla routine di sempre, a settembre ti
senti sospeso, come se fosse un mese che non esiste. E poi l’ 11, è
un numero dispari ed i numeri dispari per qualche motivo sono sempre tristi,
è come se la disparità presupponga la solitudine, sei hai ad
esempio 9 calzini ne rimarrà sempre uno spaiato, i calzini spaiati sono
tristi, non hanno un sensoda soli,
non hanno motivo di essere. Certo, nel caso ad esempio di 9 si potrebbe
dividerli per 3 [ovviamente non calzini! Non avrebbe senso…]
ma qui entrano in gioco i numeri primi, quei numeri che sono divisibili solo
per 1 e per se stessi, glielo aveva spiegato Jonny,
quando hai a che fare con un numero primo non importa quanto ci provi, non
potrai mai fare in modo che qualcosa non rimanga fuori, a parte per il 2, il 2
è un numero speciale, è l’unico numero primo pari: lo puoi
dividere per 1 e ti darà ancora 2, lo puoi dividere per 2 e ti
darà 1…come se quel 2 fosse indissolubile, come se le cose che
sono perfettamente accoppiate non possano mai dissolversi, come se in quel 2 si
celasse il realtà un’ unità inscindibile. Da questo punto di
vista i numeri primi non sono poi così tristi, se fai parte di un 2 sei completo…ma l’11 è un numero primo come
tutti gli altri, uno di quelli che lasceranno sempre qualcuno da solo…un calzino spaiato che da solo non è
nulla.
Questi erano i pensieri che affollavano
la mente di Chris mentre, nella sua camera d’albergo, fissava il soffitto
bianco. Era l’ 11 settembre, oramai da qualche ora, e lui, come spesso
gli capitava, incapace di dormire, aveva finito per perdersi nei meandri della
sua mente. Forse avrebbe potuto scrivere una canzone sui numeri primi ma il
solo pensiero era bastato a provocargli un stretta allo stomaco. C’era
già stato un tempo in cui si era rivolto alla matematica per spiegare i
suoi sentimenti ma era un tempo lontano e si era concluso 7 anni prima con
l’uscita di X&Y. Con un peso sempre
più pesante sullo stomaco e ora con la paura di finire intrappolato in
ricordi e sensazioni che come fantasmi del passato stavano riaffiorando, Chris
si girò verso il comodino per prendere da un flacone bianco una piccola
pillola e inghiottendola, attendendo l’effetto che sapeva non avrebbe
tardato ad arrivare, il suo unico pensiero fu che dietro l’11 settembre
non c’era nulla di speciale, nessun significato nascosto nei numeri, solo
il compleanno del suo migliore amico e chitarrista Jonathan Buckland
e che se c’era qualcosa di davvero speciale in tutta la faccenda quello
di certo era Jonny e non uno stupido numero.
Erano le sei e mezza del
mattino quando Chris riaprì gli occhi, una sola pillola non poteva garantirgli
più di quelle 3 ore di sonno a notte a cui era oramai abituato. Ad ogni
movimento la testa gli faceva male, come se avesse una pallina
all’interno del cranio che rotolava in sincrono con i suoi movimenti.
Ancora semi incosciente, pantaloni da yoga neri e t-shirt, quasi mosso da una
forza esterna più che dai propri piedi, aprì la porta della sua
suite diretto a sinistra, verso la camera di Jonny. A
mano a mano che camminava il suo cervello iniziava a risvegliarsi, giusto in
tempo per fargli realizzare, con una mano già alzata pronta a bussare,
che i suoi auguri per Jonny avrebbero dovuto
aspettare qualche ora. Non poteva bussare ora, non perché fosse
l’alba, J di certo non si sarebbe scomposto abituato com’era alle
sue visite notturne, gli avrebbe fatto, come d’ abitudine, un angolo di
spazio nel letto, il necessario per lasciarlo stendere e avrebbe continuato a
dormire come se non fosse mai stato svegliato ma, ovviamente, la famiglia di Jonny lo aveva raggiunto per celebrare insieme il suo
compleanno e per quanto Chloe fosse consapevole delle
dinamiche, a volte quasi inusuali per due uomini di 35 anni, della loro
amicizia, forse non era il caso di piombare lì a disturbare una delle
poche occasioni che la coppia aveva, in periodo di tour, di trascorrere una
notte nello stesso letto.
Nel momento in cui Chris
stava per fare marcia indietro e tornare in camera la porta si aprì
davanti a lui e ne uscì proprio Chloe, in una
camicia da notte bianca, con in braccio una Violet
che si stropicciava gli occhi arrossati, come se avesse appena finito di
piangere.
«Oh…ciao Chris» disse Chloe richiudendo la porta alle sue
spalle «Qualcosa
che non va?»
«Hey…no, scusami, volevo fare gli auguri a Jonny ma poi ho realizzato che ore fossero e stavo tornando
in camera»
«Capisco,
entra se vuoi, sono certa che essendo tu non sbufferebbe nemmeno per essere
stato svegliato all’alba il giorno del suo compleanno» disse la
ragazza con una risata continuando a cullare la figlia che ora aveva smesso di
piangere ma sembrava non aver alcuna intenzione di tornare a dormire.
«Non
ne sarei così sicuro, meglio non rischiare» rispose Chris intento
a sorridere a Violet «E tu cosa fai già
sveglia? Qualcuno qui non vuole fare la nanna?» disse guardando prima Chloe e poi tornando a sorridere alla piccola che allungava
le braccia verso di lui per essere presa in braccio.
«Esatto
e noi non vogliamo svegliare con i capricci papà che dorme, vero
Vi?» disse Chloe assecondando il desiderio
della figlia e passandola al ragazzo.
Mentre
la scrutava amorevolmente con i suoi occhi azzurri Chris non potette fare altro
che pensare a quanto assomigliava al suo migliore amico, c’era qualcosa
in lei, soprattutto ora che stava sorridendo, che gli ricordava Jonny, forse quel sorriso e quegli occhi luminosi che mettevano
felicità e calma in chiunque li incrociasse erano propri dei geni della
famiglia Buckland.
Dopo
qualche secondo di silenzio, in cui Chris era perso nel gesto di cullare Violet, Chloe gli chiese con voce
cauta «Stai avendo di nuovo problemi a dormire? Non hai una bella cera Christopher…»
«Quando
mai ho smesso di averne? Oramai non sono più un problemi, è routine…ma hai ragione, oggi non mi sento
particolarmente in forma, forse sono lo stress e la stanchezza o chissà
ho preso qualche virus in giro, anzi, probabilmente è meglio che non
tenga Violet troppo vicina a me, non vorrei
mischiarle qualcosa. Forse è il caso che torni in camera a tentare di
riposare un altro po’…buona fortuna con
la piccola insonne, non mi sembra abbia molta voglia di tornare a dormire»
E
così dicendo, dopo aver restituito la bambina alle braccia della propria
mamma, Chris si diresse nuovamente verso la porta della sua camera, che era a
pochi passi da quella della famiglia Buckland, e vi scomparì attraverso.
Dopo
venti minuti di dondolii e ninne nanne nel corridoio dell’albergo Violet aveva finalmente richiuso gli occhi e Chloe, dopo averla riposta nel suo lettino, aveva ripreso
il suo posto al fianco del marito sotto le coperte.
Abituato
alle incursioni del migliore amico, Jonny si
voltò verso Chloe senza dare cenni di essere
infastidito per l’essere stato svegliato e abbracciando la moglie, senza
nemmeno aprire gli occhi, sussurrando per non svegliare i figli, le chiese
«Tutto ok?»
«Si,
Violet stava facendo i capricci e non volevo
disturbarti» disse mentre il marito la stingeva un po’ di
più sorridendo per la dolcezza di quelle parole «Ho incontrato
Christopher qui fuori…mi è sembrato
così stanco e provato, non credevo avesse ancora problemi con il dormire…»
«E
quando mai ha smesso di averne?»
Questa
risposta identica a quella ricevuta dal ragazzo biondo la fece sorridere,
pensando, ancora una volta, che se non fosse stato che Jonny
era lì nel letto con lei ad abbracciarla e per quelle splendide creature
che erano i loro figli, avrebbe creduto che c’era qualcosa di più
del semplice affetto tra i due uomini e che forse, in un universo parallelo,
fatto di scelte diverse, non ci sarebbe stata lei stretta in
quell’abbraccio.
Chris
non aveva idea di che ore fossero, giaceva in uno stato di semi incoscienza con
la testa sotto il cuscino, il cuscino sotto le coperte, nel buio più totale
della camera. Non stava dormendo, non era sveglio, sentiva solo la sua testa
pulsare, come se qualcuno stesse bussando forte contro le sue tempie.
Effettivamente
qualcuno stava bussando ma alla porta. Jonny era
incredulo del fatto che Chris stesse ancora dormendo a quell’ora ma non poteva
essere altrove, nessuno l’aveva visto nella hall o nella sala ristoro, altro
tentativo, nulla, il ragazzo con gli occhi verdi stava iniziando a preoccuparsi
per il suo amico. Fortunatamente lui e Chris, per abitudine, all’arrivo in
albergo chiedevano una copia in più delle chiavi delle proprie camere in modo
da scambiarsele, un po’ per essere sicuri di non rimanere mai fuori la porta
(Chris era solito dimenticare le proprie all’ interno della camera), un po’
perché in questo modo Chris non doveva svegliare il suo migliore amico durante
le sue incursioni notturne, o almeno, non lo costringeva ad alzarsi dal letto.
Ovviamente questa volta Chris era l’unico ad aver chiesto il duplicato della
chiave, sarebbe stato assurdo avere la chiave per accedere alla camera dove Jonny dormiva con la moglie e i bambini. Jonny strusciò la scheda magnetica nella serratura e dopo
pochi secondi un bip gli comunicò che poteva entrare
nella camera. Non si vedeva quasi nulla, le tapparelle di tutte le finestre
erano abbassate, nonostante questo il ragazzo richiuse la porta alle sue spalle
e si diresse verso un’ombra più grande che assunse essere il letto.
«Chris?»
Silenzio.
Jonny sbatté con la gamba contro il letto matrimoniale, ancora disorientato
al buio.
«Chris?»
ripeté sedendosi sul materasso ad altezza cuscino
«Mmm…»
Finalmente
un segno di vita. Il mugolio proveniva da sotto le coperte e Jonny, iniziando ad abituarsi al buio, le scostò.
Sotto
di esse, con la testa ancora sotto il cuscino c’era Chris, steso di pancia, con
un braccio sotto la testa.
«Chris?
Ti senti bene? Che fai ancora a letto alle 9? Mi hai fatto preoccupare…»
La
perdita del suo rifugio sotto le coperte aveva svegliato Chris che ora sentiva
il dolore alla testa trafiggerlo da parte a parte, era un dolore tanto forte da
dargli la nausea.
«Hey…buon compleanno» disse il ragazzo uscendo finalmente
con la testa da sotto il cucino e fissando, nel buio, con i suoi penetranti
occhi blu quelli verdi e profondi dell’amico.
«Grazie…è tutto ok?»
«Niente
di che, un po’ di mal di testa» disse Chris mettendosi a sedere vicino a Jonny «Scusami se ti ho fatto preoccupare, probabilmente a
quest’ora dovresti essere giù con la tua famiglia a goderti la tua colazione di
compleanno»
«Senza
di te la famiglia non è completa…» disse Jonny sorridendo, il suo sorriso era così stupefacente che
per un attimo Chris aveva avuto la sensazione che il buio attorno si stesse
dissipando «E poi ero venuto a cercarti perché Chloe
mi ha detto di averti incontrato fuori la nostra porta questa mattina, era
preoccupata perché le sei sembrato stanco…»
«Come
sempre del resto. Non c’è nulla di cui preoccuparsi, ero solo venuto a farti
gli auguri, forse un po’ troppo presto. Dammi 5 minuti per vestirmi e scendiamo
a fare colazione» disse Chris saltando giù dal letto, cercando di ignorare il
dolore alla testa che quel movimento brusco gli aveva procurato.
«Aspetta…» disse Jonny afferrando
il braccio di Chris e alzandosi dal letto a sua volta per poter guardare negli
occhi il ragazzo di pochi cm più basso di lui «…è
realmente tutto ok? Non mi sembrava avessi avuto grandi problemi a dormire
negli ultimi mesi e sai…ieri era la notte prima del
mio compleanno…e...»
«…J...» Chris non sapeva che dire. Si, forse la causa della
sua insonnia del giorno prima era in qualche modo legata all’ uomo di fronte a
lui ma non voleva pensarci, era stato solo un misto di ricordi lontani e stress
da tour, nulla degno di nota finchè lui non ci si
fosse soffermato sopra. Ogni tanto è normale pensare a cose passate ma non
devono influenzare il presente, soprattutto quando, come in questo caso, il
presente ha preso una piega del tutto diversa, tanto diversa che quei ricordi
oramai sono qualcosa che non è mai realmente successo.
«…voglio solo che tu sappia che, non importa se ci sono Chloe e i bambini, anche se devi abbandonare il tuo
invidiabile posto vicino a Gwyneth per venirti a stendere vicino a me, la mia
porta è sempre aperta per te…»
Chris
non diede nemmeno il tempo a Jonny di finire che le
sue braccia erano già attorno alle sue spalle in un abbraccio «Lo so, grazie
amico mio»
Jonny riuscì a muovere le braccia il tanto da ricambiare l’abbraccio.
Il
tempo accettabile per un abbraccio tra amici è probabilmente di massimo 3
secondi, dopo di quelli diventa imbarazzante, Chris e Jonny
stettero lì fermi per almeno 10 secondi, totalmente a loro agio, entrambi persi
in quella calda sensazione. 10 secondi necessari a Jonny
per trasmettere a Chris che qualunque fosse il problema era tutto ok, 10
secondi necessari a Chris per dimenticare tutti i pensieri della notte prima e
sostituirli con la gratitudine di avere un migliore amico così.
«Sai,
effettivamente alle volte ti trovo un migliore compagno di letto di Gwyn, non dirlo alla stampa ma…»
disse Chris dirigendosi verso le tapparelle e guardandosi intorno come se dei
paparazzi potessero essere nascosti dietro le tende «…lei
russa!»
Una decina di minuti dopo un
raggiante Jonny e un Chris che ancora si manteneva la
testa scesero nella sala ristoro per fare colazione. Erano già tutti in piedi,
Will e Guy, seduti allo stesso tavolo, leggevano
rispettivamente un giornale e un vecchio libro, davanti a loro, oramai vuoti,
due tazzoni di caffè. Phil ed altri membri della crew erano intenti a chiacchierare sorseggiando dalle loro
tazze e mangiando dolci locali. Infine, seduti ad un tavolo sotto la finestra,
c’erano Chloe, Violet e Jonah. Violet, vivacissima
nonostante il suo break notturno, era seduta alla destra di Chloe,
mezzo cornetto infilato in bocca e una marea di briciole sul vestitino bianco
che la madre aveva scelto con cura per lei, Jonah se
ne stava buono nel suo passeggino a giocare con delle costruzioni di
gommapiuma.
«Buonfonno
zio Chrif» salutò Violet
ancora tentando di masticare l’enorme morso di cornetto che si era infilata in
bocca.
«Violet…»
la riprese severa la mamma per la mancanza di educazione nel parlare con la
bocca piena.
«Buongiorno Violet, sono felice di vedere che qualche ora in più di
sonno e un buon cornetto ti hanno restituito la parola» rise Chris «buongiorno
di nuovo Chloe, buongiorno Jonah»
«Non era morto come tutti
speravamo, stava solo aspettando il bacio del buongiorno» scherzò Jonny rivolto a Chloe ma con un
tono di voce tale che tutti nella sala potessero sentirlo e ridere.
«Fossi in te mi terrei queste
confessioni per quando tua moglie non è nei paragi Buckland»
sgnignazzòGuy dal suo
tavolo alzando appena lo sguardo dal suo libro.
«Sei geloso Berryman? Lo vuoi anche tu il bacio del buongiorno domani
mattina?»
«Tieni la tua barba lontana
da me»
Vi fu uno scroscio di risate
nella sala ristoro, era una bellissima giornata, tutti erano di buon umore,
l’unico a non ridere era Chris che sembrava perso in altro.
«Sei sicuro che è tutto ok?
Ti vedo distante…» disse Jonny
piano all’ amico mentre prendevano posto al tavolo con Chloe
ed i bambini.
«Si, è tutto ok, davvero, è
solo la mia testa…credo sia in procinto di implodere
o qualcosa del genere…» rispose il ragazzo biondo
stringendosi forte le tempie tra le mani «sono certo che un po’ di zuccheri
sistemeranno tutto»
Chris bevve una tazza di
cioccolata calda nella speranza che la sua pietanza preferita in forma liquida
potesse curarlo ma nulla, la testa continuava a pulsargli come se ci fosse
qualcosa lì dentro che tentava di liberarsi. Ricordi, pensò per un attimo Chris
memore dei pensieri della notte precedente, ma il dolore era così forte che
perfino questi ultimi scomparivano sotto le fitte lancinanti che trapassavano
la sua testa. Era ancora chino con le tempie tra le mani, gli occhi chiusi,
quando sentì una mano familiare posarsi sulla sua spalla.
«Hey…non
mi piace come stai» c’erano dei grandi occhi verdi e preoccupati a fissarlo
«su, vieni con me, ti accompagno in camera…»
«Non preoccuparti J, non ce
n’è bisogno, sta passand…» mentì e in quel momento
un’altra fortissima fitta gli fece stringere gli occhi che quasi iniziavano a
lacrimargli per il dolore.
«Non fare storie, andiamo a
metterti a letto, hai probabilmente solo bisogno di riposare e di qualche
analgesico» disse Jonny prendendo sotto il braccio
Chris e costringendolo ad alzarsi «resto io a farti un po’ di compagnia»
«NO» risposte, forse in
maniera un po’ troppo secca ed ad alta voce Chris. Quella risposta aveva
spiazzato e anche un po’ ferito Jonny, glielo leggeva
negli occhi «è il tuo compleanno…devi passarlo con la
tua famiglia» spiegò dolcemente Chris posando entrambe le mani sulle spalle
dell’amico, sorridendo.
«Ma io…senzate…»
«Ti divertirai lo stesso»
«E tu…qui
da solo…»
«Sopravvivrò»
Jonny rimase a fissarlo qualche secondo, per niente
convinto, labbra strette come a trattenere un amaro boccone, in procinto di
reclamare nuovamente.
«Vai, ti prego, non potrei
mai perdonarmi di averti costretto a passare il tuo compleanno al mio capezzale
e lo sai come sono io quando mi sento in colpa per qualcosa, non voglio che ti
rovini il giorno del tuo compleanno per me»
«Non sarebbe rovinato» disse Jonny quasi in un soffio, distogliendo gli occhi da quelli
dell’ amico.
«Ti prego…divertiti,
io vado a riposarmi in modo da essere in forma per stasera e festeggiare io,
te, Guy e Will, solo noi quattro, festeggiamenti tra
uomini» chiuse il discorso Chris.
Jonny sapeva che a quel punto era inutile opporsi, era
inutile cercare di convincere Chris che un pomeriggio passato con lui non
poteva essere in alcun modo un pomeriggio sprecato, annuì e sorrise.
Chris, soddisfatto, lasciò
andare Jonny dalla sua presa e si voltò per dirigersi
verso le scale che portavano al piano superiore.
«Niente bacio del buon
pisolino?» sogghignò Guy
«Oh fottiti Berryman» sentì Jonny rispondere
alle sue spalle e ridendo scomparve attraverso la porta della sala ristoro.
Un
numero indefinito di ore di incoscienza sul letto e un paio di analgesici misti
a sonniferi dopo Chris si sentiva meglio, pronto per festeggiare con i suoi
amici.
Proprio
in quel momento gli venne in mente che per l’ennesima volta era arrivato al
giorno del compleanno di Jonny senza un regalo per
lui, non che l’amico si aspettasse nulla di diverso, succedeva sempre così, che
fosse il compleanno di Chris o di Jonny, l’altro
arrivava sempre al fatidico giorno a mani vuote preferendo aspettare il giorno
in cui passeggiando per la strada avesse visto qualcosa casualmente in una
vetrina o in un negozio e pensato “Questo è perfetto per lui!”.
Chissà
che ore erano e chissà se Jonny era tornato. Aveva
passato una giornata a dormire, non aveva nemmeno visto la città, decise che se
non era troppo tardi sarebbe potuto andare in cerca di qualche regalino per
Apple e Moses. Si infilò un paio di pantaloni neri, una t-shirt nera ed un
giubbino nero, non faceva poi così caldo in Germania, afferrò l’ennesima
pillola di analgesico, forse stava esagerando ma era per sicurezza, non voleva
che il mal di testa tornasse proprio mentre era a festeggiare Jonny, e si diresse verso la porta. Per un attimo, passando
davanti al grande armadio a specchi che capeggiava ai piedi sul suo letto, ebbe
l’impressione di vedere riflesso, così vestito completamente di nero, un Chris
di sei anni prima ma il Chris del presente non lasciò entrare quel pensiero,
come tutti quelli della notte precedente.
Stava
aspettando l’ascensore quando le porte di quest’ultimo si aprirono e si trovò
davanti Jonny, Will e Guy.
«Guarda
chi c’è! La bella addormentata! Stavamo giusto portando il principe a darti un
bacio per risvegliarti» disse Guy prendendo
sottobraccio Jonny che rideva.
«Disse
il Padrino…Guy come ti sei conciato?» rispose Chris
squadrando l’amico da capo a piedi.
Effettivamente
Guy aveva leggermente ecceduto con l’eleganza, come
suo solito.
«Sono
un uomo di classe IO, non mi vesto da barbone per andare a festeggiare il
compleanno del mio migliore amico»
«Guy, siamo in Germania, stiamo andando in un pub a bere birra
non alla settimana della moda di Milano…poco male,
sono certo che tra meno di mezz’ora sarai così sbronzo da non sapere nemmeno
dove ti trovi» se la rise Will «Oh a questo proposito Chris, dal momento che io
sarò troppo preso dal fare la balia a questo qui, Chloe
si raccomanda con te di tenere sotto controllo il festeggiato»
«Si
si faremo i bravi mamma Will» lo canzonò Guy mentre
anche Chris entrava ridendo nell’ascensore e le porte si chiudevano dietro di
lui.
Come
previsto da Will, nemmeno mezz’ora dopo, erano seduti ad un tavolo un po’ in
ombra di un pub tipico e Guy era già visibilmente
brillo.
«Non
sto dicendo che dovremmo fare gli spazzolini da denti come Justin Bieber ma sono certo che dei preservativi Paradise
sponsorizzati dai Coldplay potrebbero essere un
successone!»
Mentre
Guy illustrava questa sua idea rivoluzionaria Jonny e Chris non riuscivano smettere di ridere e Will si
passava una mano in faccia sconsolato.
«Ok,
ok, qui qualcuno ha bisogno di una bella boccata d’aria fresca, vero Guy?» disse Will spingendo con tutte le sue forze l’amico
verso la porta.
«Oppure
che ne dici di A rush ofbloodto the head?! Eh? Eh? L’hai capita?»
«Guy sei disgustoso…» sentirono
Will dire mentre i due uscivano dal locale.
Jonny si stava asciugando una lacrima scesagli per le risate «Propongo un
altro giro di birra solo io e te per festeggiare!»
«Non
se ne parla! Ho promesso a Chloe che ti avrei tenuto
sotto controllo e a me già gira la testa» era così, un po’ perché non era
abituato a bere e la birra di lì sembrava essere molto più pesante di quella a
cui erano abituati in Inghilterra, un po’ probabilmente a causa del suo mix di
analgesici e alcool.
«Ma
è il mio compleanno! Tranquillo so quando è il momento di smettere!»
«Va
bene» acconsentì Chris «ma per me solo mezza pinta!»
A
quanto pare Jonny aveva sbagliato a calcolare il suo
limite e così anche Chris. Quando Will rientrò, sottobraccio con Guy, i due erano già completamente ubriachi.
«Oh
fantastico!» esclamò Will resosi conto della situazione «l’unica cosa che
potrebbe peggiorare la situazione sarebbe che qualcuno ci riconoscesse»
«Nessuno
può riconoscermi! Non sono Chris Martin! Sono Jonny
Boy!» disse Chris prendendo il capello dalla testa di Jonny
e mettendoselo in testa mentre questi rideva sonoramente guardando l’amico con
il suo cappello in testa, noncurante di essere in pubblico privo di qualcosa
che nascondesse il fatto che con l’avanzare degli anni i suoi capelli stavano
diventando sempre più radi.
«OhhhJonny! Sei così calvo!»
intervenne Guy fissando la testa scoperta dell’amico
come se la vedesse per la prima volta dopo anni.
«Hey Non offendere il mio Jonny
Boy! Per me sei bellissimo honey…»
«Si,
lo sappiamo tutti che lo ami, non c’è bisogno che gli dedichi altre 120 canzoni»
«Ne
ho abbastanza! Chris ridai il cappello a Jonny! Guy molla quel boccale!» Will fulminò il bassista che aveva
agguantato ciò che rimaneva della pinta del chitarrista «Tutti in albergo!» ordinò,
intimamente preoccupato del dove avrebbe potuto condurre una conversazione del
genere tra tre ubriachi, perché se in vino
veritasnon voleva sapere quali malcelati segreti
poteva tirar fuori della birra tedesca.
Fortunatamente
per il batterista l’albergo non era molto distante e l’aria fresca aveva
rinfrescato le idee dei suoi compagni abbastanza da condurli senza troppi
problemi davanti la porta della camera di Chris.
«Jonny non posso mandarti in camera da tua moglie in queste
condizioni, per stanotte dovrai dormire con Chris. Ce la fate a mettervi a
letto senza fare troppi danni?»
«Si»
risposero entrambi con dei sorrisi che trasparivano il fatto che l’ alcol era
ancora in pieno circolo.
«Bene…io vado a mettere questo qui a letto» disse facendo
cenno a un Guy che dormiva in piedi appoggiato alla
sua spalla «Mi raccomando.»
Di
cosa si stava raccomandando non era sicuro nemmeno lui, del non distruggere
nulla in camera o magari di non distruggere cose ben più delicate, come ad
esempio gli equilibri della loro amicizia? Scosse leggermente la testa come per
cacciare quel pensiero. Ma come gli veniva in mente una cosa del genere? Forse
quella maledetta birra aveva un po’ confuso le idee anche a lui.
Jonny
dalla porta si era diretto deciso verso il letto matrimoniale della suite e vi
era sprofondato di faccia, giusto nel mezzo, senza alcun indugio.
«Il
mio letto.»
«Devo
risponderti anche io così la prossima volta che vieni, alle tre del mattino,
con i tuoi piedi gelidi, a prendere possesso del MIO letto»
«Perlomeno
io non occupo tutto lo spazio a disposizione»
«Potrei
dissentire»
Chris
stava per ribattere quando un’affermazione del suo amico steso sul letto, che
ora lo fissava intensamente con i suoi occhi verdi, gli diede il vuoto allo
stomaco.
«Sei
vestito come tanti anni fa»
No.
No. No. I pensieri che lo inseguivano dalla notte precedente gli si infransero
addosso come se nel tentare di scapparvi si fosse di botto fermato ed ora era
troppo ubriaco per ricominciare a correre, sentiva già il ricordo del dolore
insinuarsi e fargli venire la tachicardia.
Ma
probabilmente Jonny aveva solo, a causa dell’alcol, dato voce ad un pensiero
che gli era passato per la testa in quel momento. Infatti, aveva già,
nuovamente, un sorriso ebete stampato in faccia.
«E
ora che si fa?»
«Will
ha detto di dormire»
«Ma
è il mio compleanno!» si lamentò per la seconda volta quella sera il
chitarrista.
«Ti
ricordo che è perché è il tuo compleanno
che non ti reggi in piedi» rispose il biondo imitando alla perfezione la voce
lamentosa dell’amico «E poi domani avremmo un concerto da fare, ti ricordo»
«Sei
una palla Christopher Anthony John Martin»
«Io…cosa?
Non è vero! Ho la nausea e la stanza mi gira intorno e sto cercando di
comportarmi da sobrio e…»
In
quel momento un cuscino gli arrivò in faccia con una discreta violenza.
«…e
sei una palla.»
Era
inutile. Quegli occhi, quel sorriso, quella risata. Per quanto si sforzasse di
controllarsi, di ignorare gli istinti irrazionali dettati dall’alcol, non
poteva nulla se questi erano accompagnati dal verde delle iridi di Jonny. Era
bastato un secondo in cui la sua concentrazione era passata dal cosa non fare a
questi pensieri per far si che l’alcol prendesse nuovamente il sopravvento.
Chris
raccolse il cuscino da terra e lo scaraventò contro l’amico che con un
movimento istintivo lo scansò liberando la traiettoria verso un paralume sul
comodino, l’unica fonte di luce attiva in quel momento nella camera.
«Oh fuck!» Chris rise nel buio «hai visto
cosa hai combinato?» non riusciva a smettere di ridere.
«Io?
Tu sei talmente ubriaco da non riuscire nemmeno a colpirmi e la colpa sarebbe
la mia?» anche Jonny era in preda alle risate.
«Non
vedo nulla» aveva quasi le lacrime dal ridere «Dove sei?»
«Ancora
sul letto»
«E
dov’è il letto?» si dirigeva tentoni nella camera «fuck!» aveva appena sbattuto il piede contro qualcosa che non
riusciva assolutamente a distinguere nel buio.
«Chris
fermo dove sei prima di distruggere qualcos’altro o peggio farti male!»
Chris
s’immobilizzò, fermo lì dov’era, stava ancora ridendo e il buio non aiutava il
suo disorientamento da alcol, possibilmente la camera girava ancora di più al
buio, anche se non la poteva vedere girare, la sentiva girare. Dio se era
ubriaco.
Sentì
Jonny scendere dal letto, stava ridendo anche lui, probabilmente sperimentando
lo stesso giramento della camera avvertito da Chris. Sentirlo ridere lo faceva
solo ridere ulteriormente, poi ad un tratto sentì una mano cingergli il fianco
sinistro ed una posarglisi in testa.
«Trovato!»
«E
adesso dimmi, Jonny, come credi di essere capace di ritrovare la via del letto?»
«Io
non sono imbranato come te! Dammi la mano e seguimi…»
Jonny
fece scivolare la mano che ancora aveva in mezzo ai ricci di Chris giù per il
braccio dell’amico, fino a trovarne la mano sinistra e intrecciare le dita con
le sue.
Forse
era ancora colpa dell’alcol ma quel gesto provocò in Chris una stretta allo
stomaco e una leggera nausea, non era una cosa spiacevole, aveva un qualcosa di
nostalgico, come se conoscesse già quella sensazione ma non sapesse bene dove
collocarla. Era del tutto perso in quel momento, in Jonny che gli teneva
stretta la mano e lo guidava attraverso il buio, nel silenzio tra di loro, che
si ritrovò del tutto spiazzato quando si sentì strattonare verso il basso.
«Fuck!» questa volta ad imprecare era
stato il chitarrista.
Erano
entrambi stesi per terra, Jonny gli teneva ancora la mano mentre imprecava sottovoce
contro la cosa in cui era inciampato.
«Chi
è ora l’imbranato?» riprese a ridere Chris.
«Oh
fa silenzio»
«Vuol
dire che dormiremo qui per terra Jonny Boy!» disse Chris ancora ridacchiando e
si girò verso l’amico.
Non
riusciva a distinguere molto ma i suoi occhi si stavano abituando al buio
rendendogli visibili i lineamenti del volto del chitarrista, anche
nell’oscurità riusciva facilmente a scorgere gli occhi verdi di Jonny che lo stavano
fissando. Quando si trovò ad incrociare quello sguardo fu come se tutto
scomparisse attorno a loro, perfino la camera non girava più, sentiva il
respiro di Jonny abbastanza vicino da avvertirne il calore anche sulla sua bocca.
Dentro di se Chris stava combattendo una guerra, sentiva le sue labbra
ribollire, sentiva il bisogno di avvicinarle a quelle di Jonny, come se ci
fosse una forza magnetica ad attrarlo, ma sapeva anche di non potersi
assolutamente lasciar andare a quell’istinto. Sentiva il battito accelerato del
suo cuore come se fosse amplificato, in fondo cosa poteva succedere ad
avvicinarsi solo un altro po’? Sapeva che stava lentamente avvicinando il suo
volto a quello di Jonny, con spostamenti quasi impercettibili, oramai erano
così vicini da sfiorarsi con il naso, stavano respirando uno l’anidride
carbonica esalata dall’altro, era una sensazione inebriante, come se si
stessero respirando l’un l’altro. Continuavano a fissarsi negli occhi mente il
battito di entrambi accelerava, il respiro si faceva più affannoso e i pochi
millimetri di distanza tra le due bocche si riducevano ulteriormente. Fu un
attimo, entrambi smisero di respirare e chiusero gli occhi, l’ultimo millimetro
che li separava era andato e le loro labbra erano ora unite in un delicato
bacio, poco più di un semplice sfiorarsi.
Furono non più di tre secondi, in quei brevi
attimi Chris sentì esplodere dentro di se mille colori, si sentì come se non
gli mancasse nulla a questo mondo ma nel momento in cui le loro labbra si
separarono e aprì gli occhi lo pervase il panico. Non sapeva cosa stava provando
ma di una cosa era certo: dopo tanti anni aveva di nuovo in cuore in frantumi a
causa di Jonathan Buckland.
Uh non scrivevo un angolo
dell’autrice da una vita!
Tranquilli, non voglio
ammorbarvi [ammesso e non concesso che ci sia qualcuno alla lettura], volevo
solo condividere con voi il fatto che mentre scrivevo questo capitolo [uppato a meno di una settimana dal quinto…credo
sia una sorta di miracolo] avevo nella testa questa STUPENDA illustrazione
della mia amica [♥] Robic: link.
Vi consiglio vivamente di dare un’occhiata a tutti i suoi disegni, io li
adoro, anzi, vi dirò di più, mentre scrivo nella mia testa non ci sono i reali
Chris, Jonny, Will e Guy bensì quelli scaturiti dalla
sua matita.
Lo sproloquio è finito, colgo l’occasione per ringraziare chiunque sia
arrivato fin qui a leggere e se recensite vi ringrazio il doppio!
[Mi dispiace solo di aver stoppato la traduzione in inglese…troppo
poco tempo e, diciamola tutta, scarse capacità linguistiche. Se qualcuno
volesse farlo al posto mio (Nooo non vi sto facendo
pressioni psicologiche nooo) sarebbe ricoperto d’ammmore (è l’unica cosa che posso permettermi…)
dalla sottoscritta]
Non
poteva vederlo chiaramente, era troppo buio nella camera, ma riusciva
facilmente a figurarsi il panico dipinto sul volto di Chris che gli aveva
lasciato la mano e non era più steso ma seduto sul pavimento.
Se
avesse dovuto spiegare a parole quello che stava provando in quel momento non
ci sarebbe mai riuscito. Non era nemmeno sicuro del numero di sensazioni che
stava provando contemporaneamente, di una sola era certo: felicità. Eppure
anche definirla solo come felicità gli sarebbe sembrato riduttivo, per pochi
secondi si era sentito completo, si sentiva come in un sogno, non avrebbe mai
voluto lasciare quella camera perché fuori c’era la realtà, c’erano persone che
si fidavano di loro, persone che li amavano e che loro amavano, persone che non
meritavano di essere prese in giro, tradite, fuori da quella camera non c’era nessun
loro.
Eccoli,
il panico, il senso di colpa, il dolore, avevano preso piede anche dentro di
lui.
Nonostante
tutto, in quel momento, nemmeno quelle cose contavano. Forse era egoista, forse
faceva davvero schifo come essere umano, forse non meritava nulla di quello che
aveva, ma in quel momento per lui contava solo Chris. I pensieri, le
sensazioni, erano tutti tabula rasa, c’era solo il forte bisogno di stringere
l’uomo davanti a lui, dirgli che sarebbe andato tutto bene, che in qualche modo
si sarebbe aggiustato tutto, che potevano essere felici. Ci credeva davvero. Si
sentiva frastornato, inebriato, euforico, come l’aver riassaporato una droga
dopo anni di astinenza, non esistevano più il passato, il futuro, il resto del
mondo, c’erano solo quel momento e loro due.
«Non
scusarti…va tutto bene» allungò la mano per prendere quella di Chris.
Tutte
le sue percezioni erano amplificate, così quando Chris scostò la mano fu come
ricevere un pugno nello stomaco.
«Hai
ragione, non significa nulla, non ha voluto dire nulla per nessuno dei due, è
stata solo colpa dell’alcol» disse con voce decisa.
«Lo
sai che non è vero» sentiva dolore, come se qualcuno avesse preso in mano il
suo cuore e lo stesse strizzando come una spugna, come poteva dire questo?
«E’
così, abbiamo solo bevuto troppo»
«No…»
era un incubo, doveva essere un incubo, non poteva star succedendo di nuovo «lo
sappiamo entrambi cosa voleva dire»
«Nulla,
per me non ha significato nulla.»
E
allora lo sentì, per la seconda volta nella sua vita, come un crack nella testa e un dolore acuto nel
petto. Era stato così anche anni prima, l’aveva sentito il suono del suo cuore
che si spezzava. Il suo mondo stava andando in frantumi, di nuovo.
Avrebbe
voluto dirsi che gli uomini non piangono, avrebbe voluto almeno questa volta
conservare la sua dignità, non mostrare a Chris quanto potere aveva su di lui.
«N-non
ti credo» la sua voce era strozzata nel tentativo di combattere le lacrime che
incuranti dei suoi sforzi continuavano a scendere.
«Che
cosa vuoi che ti dica?» non poteva vederlo ma dal tono di voce era chiaro che
anche Chris stava piangendo «Che non importa quanti anni passino, non importa se
abbiamo sposato altre persone, messo al mondo dei figli, non importa quanto mi
auto convinca che possiamo scherzarci e giocarci su, io ti amerò sempre? E’
questo quello che vuoi Jonathan?»
L’aveva
chiamato per nome. L’aveva chiamato per nome con una voce che rendeva chiaro
quanto stesse soffrendo, era il tono di una persona stremata dal dolore, che non
sopportava più quella situazione.
Jonny
non riusciva a dire nulla, si sentiva solo soffocare dal dolore, il dolore che
provava nel vedere Chris ridotto così.
«Vuoi
che ti dica che sono uno stupido che credeva di poter avere la botte piena e la
moglie ubriaca? Che sono anni che mi giustifico con me stesso per quello che
provo per te dicendomi che il nostro è un amore diverso e che non devo sentirmi
in colpa verso la donna che ho giurato di amare per tutta la vita?» la voce di
Chris era rotta dal dolore «E’ così, lo ammetto.» il tono di voce più pacato «Ma
sai cosa? Questo non cambia nulla. Abbiamo fatto delle scelte tanti anni fa,
abbiamo delle responsabilità verso altre persone, le nostre famiglie, Will,
Guy, non siamo più i ragazzini che non avevano nulla da perdere a scambiarsi
gesti affettuosi su un palco…»
Ad
ogni parola Jonny sentiva una parte di se morire, sapeva che Chris aveva
ragione e sapeva che dopo quella notte avrebbe perso anche tutto quello che gli
aveva dato la forza di non crollare in tutti quegli anni. Era vero, si erano
presi in giro da soli, parati dietro muri di scuse ed ora che la vita aveva
voluto sbatterglielo in faccia era tutto rovinato, sarebbe tutto cambiato, com’era
già cambiato negli anni.
Eppure,
anche se sovrastato da tutto quel dolore, Jonny sentiva un senso di rabbia crescere
dentro di se, Chris aveva ragione, non potevano più essere quelli che si
abbracciavano davanti a migliaia di persone fregandosene del pensiero degli
altri, ma la verità era che non lo erano più già da molto tempo. Quelle, oramai
rare, volte in cui l’amico si lasciava andare a degli slanci d’affetto verso di
lui, bastava il rumoreggiare della folla per farlo pentire tanto da non
ripetere il gesto la volta successiva. Certo, sul palco Chris la prendeva a
ridere, ed anche Jonny, ma c’era un motivo per cui oramai anche durante il
finale di In My Place erano tanto distanti sul palco: Chris era sempre stato
terrorizzato dall’opinione degli altri, l’aveva sempre anteposta a quello che
c’era tra di loro. L’aveva fatto il giorno in cui avevano, o meglio aveva, deciso
che non poteva esistere alcun futuro per loro due insieme e lo faceva ogni sera
sotto quei dannati riflettori che erano sempre stati l’ostacolo più grande. Se
fossero rimasti i ragazzini sfigati del college, se non fossero mai diventati i
Coldplay, allora forse le cose non sarebbero mai precipitate fino a quel punto.
E
poi Chris lo fece, pigiò l’unico tasto dolente del ragazzo con gli occhi verdi.
«Non
smetterò mai di scrivere quello che provo per te, del nostro amore, sei in più
canzoni di quante credi…»
Il
dolore cedette il posto alla rabbia, alla frustrazione, ai pensieri che per
anni aveva tenuto dentro di se e incurante delle lacrime, di che ora fosse e di
chi potesse sentirlo, sputò fuori tutto quello che provava.
«Dovrei
esserne felice? E’ questo il futuro che mi aspetta? Vivrò il resto della mia
vita ad ascoltare cosa hai da dirmi attraverso delle canzoni perché sei troppo
vigliacco per dirmelo in faccia, perché sei stato e sarai sempre troppo vigliacco
per ammettere apertamente quello che provi ed essere felice? Che farai? Mi
dedicherai un intero album questa volta? Inciderai una canzone in cui dici che per te è stato difficile lasciarmi
andare, che io ti ho spezzato il
cuore e poi la rinnegherai sostenendo che tu la odi? Oppure non so lo so, scriverai
una canzone per me, dirai a tutti che è dedicata a me e poi smetterai di
cantarla perché è per la persona sbagliata rimpiazzandola con una scritta per Gwyneth?»
«Jonny…io…mi
dispiace così tanto…»
Jonny
si alzò in piedi, sapeva come chiudere quel discorso, sapeva di doverlo fare
per il proprio bene, anche se la voce gli sarebbe tremata.
«Perdonami
Chris ma no, io non sarò quello che aspetterà ogni tua nuova canzone sperando
parli di noi, magari illudendosi che un giorno tutto si risolverà, non sarò
quello che accompagnerà con la chitarra dei versi che finirebbero solo per
consumarmi dentro»
«Che
intendi…?»
«Lascio
il gruppo.»
E
così dicendo, nonostante il buio, si diresse verso la porta della camera e ne
uscì lasciando Chris lì, immobile e senza parole, ancora seduto sul pavimento.
Tutto
si era fermato, anche il tempo, attorno a Chris.
Avrebbe
voluto alzarsi, rincorrere Jonny e pregarlo di cambiare idea ma qualcosa lo
aveva trattenuto. La verità è che per quanto gli facesse male, sapeva che Jonny
aveva ragione, non potevano continuare ad andare avanti facendo finta di nulla,
nascondendosi dietro delle scuse, nessuno si sarebbe mai accorto di nulla ma i
loro sentimenti non sarebbero mai cambiati, li avrebbero consumati, poco a
poco, fino a distruggere tutto quello che c’era di bello tra di loro.
Era
già iniziata. Quella discussione ne era la prova.
Sapeva
che la mattina sarebbe arrivata presto o tardi e sapeva di dover prendere una
decisione, di dover dire qualcosa a Jonny. Per la seconda volta in quella notte
sentì il desiderio di rimanere steso su quel pavimento per sempre.
Mille cose affollavano la
sua testa, perfino il pensiero che se fosse morto lì sarebbe stato meglio per
tutti, lui non avrebbe dovuto scegliere e far soffrire nessuno e le persone che
amava, dopo un po’, sarebbero tornate alla loro vita felice, anche senza di
lui.
Ma
probabilmente anche questi pensieri, come molti altri quella notte, non erano
altro che frutto dell’alcol che ancora sentiva in circolo e della disperazione,
soprattutto di quella. Come poteva decidere della sua intera vita in una notte?
Si sentiva bloccato, terrorizzato dal futuro e dalla luce del mattino che di lì
a poco avrebbe tramutato quell’incubo in realtà.
Mentre
fissava il buio con il cuore in gola, all’improvviso, era mattina.
Paradossalmente,
si era addormentato. Lui che era famoso per passare intere notti insonni, in
una notte così piena di pensieri e decisioni da prendere, era crollato,
probabilmente sotto il peso di quegli stessi pensieri.
Aprì
gli occhi e sentì un conato di vomito salirgli su per la gola. Corse in bagno e
sprofondò la testa nel water, si sentiva uno straccio, la nausea era fortissima
e un mal di testa ancora peggiore di quello del giorno precedente gli stava
perforando le tempie. Era così che Guy si sentiva ogni volta dopo aver bevuto?
Non c’era da sorprendersi se era sempre un tale stronzo di prima mattina.
Poi
un flash, tutte le immagini e le sensazioni della notte prima gli tornarono in
mente, non era stato un incubo, era la fottuta realtà. Desiderò intensamente di
poter riaddormentarsi e dimenticare tutto nuovamente ma in quel momento un
frastuono proveniente dalla camera gli provocò delle fortissime fitte alla
testa. Era la porta, qualcuno, stava bussando energicamente ed insistentemente.
«CHRIS!
APRI IMMEDIATAMENTE QUESTA PORTA, LO SO CHE SEI SVEGLIO!»
Era
Will. Non riusciva a decifrare il suo tono di voce ma di certo non era quello
di un cordiale buongiorno.
Si
trascinò fino all’uscio della porta cercando di ignorare altri conati.
Jonny
gli aveva già parlato? Sapeva già tutto della sua decisione? …sapeva solo
quello?
«Will…?»
disse abbastanza forte da farsi sentire senza aprire la porta. Aveva la fronte
poggiata alla porta, completamente privo di ogni energia.
«Chris!
Aprimi! Dobbiamo parlare!»
«Will…ti
prego...» sentiva la voce già tremare, le lacrime bruciargli gli occhi, i
singhiozzi che gli mozzavano il fiato.
«Christopher
ti ho detto di aprirmi questa cazzo di porta»
Chris
aprì lentamente la porta, non riusciva nemmeno a guardare l’amico negli occhi.
Quello
che Will si trovò davanti non era Chris Martin, l’energico ed iperattivo
cantante dei Coldplay, era il suo fantasma. Chris era pallido come non mai, con
delle profonde occhiaie livide e gli occhi rossi che fissavano il pavimento.
L’aggressività del batterista di colpo scomparve, prese sotto braccio l’amico e
lo accompagnò fino al letto dove lo fece sedere.
«Chris…»
chiamò l’amico che quasi sembrava essere in uno stato di trance «…che hai?»
Chris
alzò lo sguardo verso Will, gli occhi lucidi e labbra cianotiche serrate a
trattenere i singhiozzi.
«Will…mi
dispiace…» disse in un soffio
Will
si stava iniziando ad allarmare, mi
dispiace per cosa? Iniziava a temere che l’amico avesse fatto qualche
sciocchezza, assunto qualcosa che non doveva, cosa era potuto succedere nelle
ultime cinque o sei ore?
«Ti
dispiace per cosa? Chris cosa è successo?» stava fissando intensamente gli
occhi dell’amico per cercare di carpire qualcosa e prima che Chris potesse
rispondere aggiunse «Ero venuto a parlarti perché stanotte Jonny è venuto a
bussare alla mia porta chiedendomi se poteva dormire con me, sembrava
abbastanza scosso, ho cercato di farmi dire perché non era con te ma non ha
voluto dirmi nulla»
Non
glielo aveva detto! Will non sapeva nulla, Jonny non lo aveva ancora detto a
nessuno, forse aveva qualche possibilità di rimettere a posto le cose. Si sentì
in qualche modo, anche se minimamente, sollevato.
«E’
successo qualcosa tra te e lui? Credo di sapere più che bene che razza di
idiota diventi quando bevi. Cosa gli hai detto? Avete litigato? Chris, ti
prego, dimmi qualcosa…»
Il
ragazzo biondo cercò dentro di se la forza per raccogliere tutti i pezzi in cui
si sentiva in quel momento e fece un respiro profondo a sopprimere le lacrime.
«Non
è niente amico mio» riuscì addirittura ad abbozzare un sorriso, davvero poco
convincente in realtà «E’ solo l’effetto dell’ hangover, credo di aver davvero
bevuto troppo ieri sera, mi dispiace per questo, per lo stato in cui sono
proprio oggi che abbiamo un concerto, so quanto ci tieni alla professionalità»
Abbassò
lo sguardo, sapeva che se avesse guardato Will negli occhi mentre lo diceva
sarebbe stato chiaro che stava mentendo. A quanto pare, però, l’amico non ne
aveva bisogno per capire quale fosse la verità.
«Chris,
guardami negli occhi, sono 15 anni che bado a Guy, so quali sono i postumi di
una sbornia e non è questo il caso. Perché stai evitando l’argomento Jonny?
Cosa può essere successo di tanto grave da non potermelo dire?»
«Nulla,
davvero, ho solo fatto qualche battuta di troppo sul motivo per cui porta
sempre il cappello, dopo mi andrò a scusare con lui e tornerà tutto normale, te
lo prometto» sorrise e Will capì che non c’era nulla che poteva dire o fare per
far parlare di Chris di qualunque cosa fosse successa la notte prima.
Che
non era una sciocchezza ne era certo, aveva visto con che occhi Jonny aveva
bussato alla sua porta qualche ora prima e stava vedendo lo stesso dolore negli
occhi azzurri dell’uomo di fronte a lui. Battute sui capelli, Chris era davvero
il peggior bugiardo che conoscesse, quando Jonny aveva iniziato a indossare
regolarmente il cappello aveva smesso perfino di parlare della sua paura per la
perdita dei capelli che fino ad allora era stata un pallino fisso nella testa
del cantante. Non avrebbe mai potuto crederci. Qualcosa in cuor suo gli diceva
che era meglio non fare pressioni, una piccola parte di lui aveva sempre
creduto che prima o poi quei due si sarebbero accorti che quella che provavano
l’uno per l’altro non era semplice amicizia, lui lo sapeva, Guy lo sapeva ed
era certo che in fondo lo sapessero anche le loro mogli. Chiunque dopo poco
riusciva a vederlo chiaramente, quello che c’era tra loro era qualcosa di così
reale da sembrare tangibile alle volte. Loro due sembravano gli unici a non capirlo,
o almeno così davano a vedere, si erano sposati, avevano messo al mondo dei
bellissimi bambini e nulla di tutto questo sembrava aver intaccato minimamente
quello che c’era tra di loro ma non era difficile leggere tra le parole dei
testi scritti da Chris quanto dolore nascondevano.
Magari
i suoi timori della notte prima si erano avverati, si erano detti l’un l’altro
cosa provavano e qualcosa era andato male? Poteva essere un problema per il
gruppo?
I
suoi pensieri furono interrotti dalla mano di Chris che aveva afferrato la
manica della sua t-shirt.
«Will»
lo vide che sudava freddo e fissava con occhi sbarrati il pavimento «Non mi
sento bene»
In
un secondo il batterista lo stava sorreggendo cingendogli le spalle con un
braccio. Era bianco in volto, un bagno di sudore, le labbra stavano diventando
viola scuro e sentiva che non aveva nemmeno la forza per star dritto. Gli
poggiò una mano sulla fronte sudata, era talmente tanto bollente che la
preoccupazione lo assalì.
«Dio
mio Chris, sei bollente. Stenditi, io vado subito a chiamare qualcuno»
Lo
fece stendere, prese del ghiaccio dal minibar della suite, lo avvolse in un
asciugamano del bagno e glielo poggiò in testa.
«Non
ti muovere.»
Se
anche avesse voluto non ci sarebbe mai riuscito, all’improvviso aveva iniziato
a vedere mille colori davanti gli occhi e poi bianco, aveva sentito il sudore
freddo sgorgargli da ogni poro, come se fosse lì lì per svenire ma il fatto che
era seduto glielo impedisse. Era lucido ma il suo intero corpo gli sembrava una
gelatina, la testa gli faceva malissimo, l’unica cosa positiva era che stava
lentamente ricominciando a distinguere i contorni delle cose attorno a lui.
Will
nel frattempo stava correndo giù per le scale dell’ albergo alla ricerca dello
staff medico che viaggiava con il gruppo. Nella hall c’era Guy, con degli
occhiali da sole scuri, che si teneva la testa seduto su di una poltrona.
«Guy!»
«Sono
qui, non c’è bisogno che urli» disse e la mano stretta sulla tempie rese chiaro
che anche lui era alquanto ko dalla notte prima.
«Chris
non sta bene, ha la febbre alta, vai da lui mentre trovo qualcuno che lo possa
visitare» si diede una veloce occhiata attorno «Dov’è Jonny?»
«Ha
accompagnato Chloe e i bambini in aeroporto» Guy era ancora al suo posto sulla
poltrona.
«Guy
hai capito cosa ti ho detto? Chris sta male! Scolla il tuo culo scozzese da quella
poltrona!»
Sbuffando,
Guy si alzò e si diresse verso l’ascensore.
Nel
frattempo Chris sentiva che il ghiaccio gli stava facendo abbassare la
temperatura, il senso di svenimento era passato ma ancora non riusciva a
muoversi.
Ci
mancava solo la febbre. Sicuramente Will avrebbe avvertito anche Jonny, cosa
avrebbe dovuto dire o fare trovandoselo davanti con gli altri presenti?
In
quel momento si aprì la porta e Chris sussultò, quasi pensando di veder
comparire sull’uscio l’amico dagli occhi verdi, invece, con suo sollievo, era
solo Guy.
«Will
dice che stai morendo» il tono era quello di un Guy Berryman in pieno hangover
totalmente insofferente a chiunque sul pianeta terra.
«Oh
non essere così affranto, in realtà credo sopravvivrò» rise debolmente Chris.
«Quindi?
Cos’hai?»
«Una
semplice febbre suppongo, già ieri non mi sentivo molto in forma, insomma nulla
che un paio di pillole non possano risolvere in tempo per stasera»
«Vedremo»
la porta si era aperta nuovamente, questa volta per mano di alcuni paramedici,
Will e Phil, quest’ultimo continuò «se la febbre non ti scende lo show è
annullato, meglio annullarne uno stasera che rischiare di doverne annullare di
più nei giorni a venire»
«Ma
non è nulla sto, benissimo!» a supporto della sua affermazione fece per
mettersi seduto sul letto ma fallì.
«Amico,
hai l’aspetto di un fottuto zombie!» commentò finemente Guy.
«Chris
non è poi un dramma annullare un concerto, lo riprogrammeremo» disse Will.
«Vuoi
prendermi in giro? Lo sai meglio di me che a quest’ora ci saranno già miglia di
persone in fila! Non voglio deludere i nostri fan!» si stava agitando e sentiva
la temperatura salire di nuovo.
«Nemmeno
io ma la tua salute è più importante»
«Ma
vi sto dicendo ch…»
«SIGNORI!
Siete pregati di uscire dalla camera, non possiamo fare il nostro lavoro se
continuate a discutere e far agitare il paziente» intervenne una donna, ad
occhio e croce la responsabile del team di paramedici.
«Dovete
misurargli la febbre non fargli un intervento a cuore aperto, non vedo perché dovremmo
uscire!» sbottò Will.
«Vi
sto pregando di lasciarci da soli con il paziente» ripeté fermamente la donna e
mettendogli una mano sulla spalla si rivolse a Chris «Signor Martin, le
prometto che farò il possibile per rimetterla in sesto per stasera ma adesso si
deve calmare e permetterci di visitarla»
Chris
si calmò e sprofondò nuovamente nel cuscino, Will si avviò verso la porta
seguito da Guy e Phil.
Fuori
la camera Phil era furioso «Tutto questo per andare a festeggiare un
compleanno! Ora abbiamo il cantante fuori gioco, un bassista che a stento si
tiene sveglio» scoccò uno sguardo a Guy che era in piedi, poggiato al muro ma s’intuiva
avesse gli occhi chiusi sotto gli occhiali da sole «e dove diavolo è finito
Jonny? Sono sempre incollati ed ora che Chris sta male lui è disperso chissà
dove!»
«Eccomi!»
In
quel momento, dalle scale, emerse il chitarrista con gli occhi verdi.
«Ho
letto il messaggio di Will e sono corso qui più veloce che potevo» disse
respirando a fatica a causa della mole di piani saliti a piedi «lui dov’è?»
«In
camera, i paramedici hanno detto di aspettare fuo…»
Troppo
tardi, Jonny aveva spalancato la porta che era socchiusa ed era corso al
capezzale di Chris.
«Signor
Buckland avevo chiesto a lei ed i suoi amici di aspettare fuori» commentò la
donna che stava finendo di visitare Chris ascoltandogli il battito con lo
stetoscopio.
Jonny
la ignorò completamente, era perso nel guardare l’amico negli occhi azzurri che
stavano iniziando a riempirsi di lacrime nuovamente. Non l’aveva mai visto così
male, pallido, le labbra livide e screpolate, profonde borse sotto gli occhi,
sembrava così debole che avrebbe avuto paura di toccarlo e fargli del male.
«Come
ti senti?» disse senza smettere di fissarlo negli occhi.
«Come
se mi fosse passato addosso uno dei camion degli strumenti» disse Chris abbozzando
un sorriso e cercando di non far scendere le lacrime che si erano formate nei
suoi occhi.
Jonny
sapeva che Chris non si riferiva solo alla febbre.
«Chris…io…»
trattenne il respiro, non era sicuro di quello che avrebbe dovuto dire dopo ma
l’amico lo anticipò.
«Dobbiamo
parlare…»
«Non
ora» intervenne il paramedico che aveva appena tolto lo stetoscopio dalle
orecchie «Ora il signor Martin ha bisogno di riposare o non ce la farà mai a
riprendersi per questa sera»
«Ho
il permesso di esibirmi?»
«Sì,
se se la sente, prenda due di queste pillole» gli disse passandogli un flacone «e
si metta a dormire. Voi altri fuori e questa volta dico sul serio» scoccò un’occhiata
di rimprovero a Jonny che aveva ancora gli occhi incollati a quelli di Chris
che lo stava fissando a sua volta.
«E’
l’ ora del soundcheck!» Will mise una mano sulla spalla di Jonny e lo condusse
verso la porta seguito da tutti gli altri «Sempre se Guy ci fa il piacere di tornare
dal mondo dei morti»
«Io
sono più sveglio di tutti voi messi insieme! Deve ancora nascere una birra che
possa mettermi ko!»
«Vado
a prendere le mie cose in camera e vi raggiungo» disse Jonny piano e si
allontanò dal gruppo.
«Will…secondo
te…?» Guy si rivolse con tono serio all’amico non appena Jonny fu abbastanza
lontano.
Will
annuì e continuò a camminare.
«Qualcuno
può dirmi cosa diavolo sta succedendo?!» esclamò Phil.
Le
note di Hurts Like Heaven risuonavano nello stadio ma ancora una volta, per
l’ennesima volta da quando avevano iniziato il soundcheck, Jonny era
completamente fuori tempo. Non che fosse importante andare a tempo durante
certe prove tecniche ma la cosa stava iniziando a far innervosire, più di
quanto già non lo fosse, Phil.
«Stop,
stop.»
Ci
fu uno scambio di sguardi tra lui e Will, il labiale di Phil era un palese What the hell?, il batterista gli fece
segno di lasciar fare a lui.
«Direi
che è abbastanza, i roadie possono fare il resto
delle prove tecniche senza di noi, forse è il caso che andiamo tutti a riposare
un po’» disse Will.
Jonny
non disse una parola, sfilò la chitarra con lo sguardo basso e si avviò verso
il backstage.
Guy
e Will si scambiarono uno sguardo e quest’ultimo allungò il passo per
raggiungere il chitarrista.
«Jonny,
hey…» gli poggiò una mano spalla per fermarlo. Jonny lo fissò in attesa di
sapere cosa volesse l’amico ma qualcosa nel suo sguardo che fece bloccare Will.
Jonathan
Buckland, J, Jonny Boy, come lo chiamava Chris, aveva sempre avuto questa
capacità di infondere calma e buon umore con un solo sguardo, non era nemmeno
merito di quei suoi timidi quanto luminosi sorrisi, era qualcosa nei suoi occhi
a fare la magia. Chiunque osservando il gruppo da fuori avrebbe detto che la
fonte di energia dei Coldplay risiedesse in Chris ma non era così, a dare la
carica a Chris era sempre stato Jonny, bastava uno scambio di sguardi e lo
sentivi che era come se qualcosa tra di loro si allineasse portando armonia
tutto intorno ma, in quel momento, non c’era niente di tutto questo negli occhi
verdi del chitarrista, erano vuoti, stanchi e distanti.
«Will?»
lo richiamò all’ordine Guy.
«Che
cosa sta succedendo?» fu l’unica frase che riuscì a formulare Will.
«Nulla,
sono solamente stanco e in hangover»
«Potreste
smetterla di trattarmi come se fossi stupido? Li conosco i postumi di una
sbornia, Guy è in hangover,»
«Hey!»
«non
tu o Chris, dimmi cosa sta succedendo o perlomeno fammi il piacere di non credere
di potermi prendere per il culo mentre mi guardi negli occhi.»
«Will
ha ragione» Guy aveva un tono di voce stranamente serio e privo di note
sarcastiche «Jonny, se è successo qualcosa con Chris è nostro diritto saperlo,
siamo un gruppo…ma prima di quello, siamo una famiglia.»
«Guys, ve lo giuro, non è nulla che possa
influenzare il gruppo» bugia «Chris ed io abbiamo solo bisogno di chiarire un
paio di cose»
Guy
non lasciò nemmeno che finisse la frase «Sta succedendo di nuovo non è vero?»
Il
cuore di Jonny fece un salto, si riferiva a quello?
Guy sapeva di allora?
«…cosa sta succedendo di nuovo?» Will aveva perso il filo
del discorso, Guy lo ignorò.
«Non
guardarmi così Jon, non è mai stato poi tanto un
segreto, quello che non ho mai capito è perché allora avete deciso di vivere le
vostre vite così, io lo so che …»
«TU
NON SAI NIENTE»
Guy
ammutolì, era raro vedere Jonny perdere la calma.
«Tu
non sai nulla di me e di Chris, della nostra amicizia, delle decisioni che
abbiamo preso, non solo per noi stessi, ma anche per voi. Tu non hai idea del
sacrificio che abbiamo fatto per il bene di questo gruppo.»
«Dannazione
ma ci prendi davvero per degli stupidi?» l’argomento di discussione era oramai
chiaro anche a Will «Credi davvero che non ci fossimo accorti di nulla?»
«Io
non so cosa credete di sapere ma questi non sono affari vostri». La rabbia ma
anche il dolore di Jonny erano palesi.
«Va
bene, hai ragione, quello che c’è tra te e Chris non ci riguarda, ti giuro che né
io né Guy ci permetteremo mai più di mettere in mezzo questo discorso» lanciò
uno sguardo a Guy che annuì e si vedeva chiaramente che era mortificato «dimmi
solo una cosa, possiamo fare qualcosa per te?»
Lo
sguardo di Jonny si addolcì, era fortunato ad avere degli amici così.
«Ho
bisogno di stare da solo per un po’»
Will
fece cenno di capire con la testa e gli diede una pacca affettuosa sulla
spalla. Si scambiarono uno sguardo, quello del batterista a cercare di
trasmettere forza all’amico e Jonny ricordò per l’ennesima volta perché Chris
continuava a dire che Will era la loro roccia, quello di Jonny, invece, semplicemente
a voler dire grazie.
Fece
per dirigersi verso qualche posto tranquillo nel backstage.
«E’
speciale...»
Jonny
si fermò di scatto ma non si girò a guardare Guy, rimase immobile, in attesa
che completasse la frase.
«…quello che avete intendo. Non so cosa sia e non credo che
nessuno eccetto voi due possa capirlo, ma è speciale.»
La
voce di Guy aveva tremato leggermente sul finale, Jonny sentiva il groppo farsi
strada anche nella sua gola e i condotti lacrimali bruciare, non aveva alcuna
intenzione di farsi vedere così, riprese a camminare e scomparve dietro una
delle porte del corridoio.
Chris
aprì gli occhi di scatto, come se fosse sbandato nel sonno, cercò con la mano l’iPhone riposto sul comodino accanto a lui per vedere che
ore fossero. Le 19.00, era quasi ora di darsi una mossa. Poi ad un tratto, come
era successo anche quella mattina, tutto gli tornò alla mente e desiderò di
potersi addormentare di nuovo e dimenticare.
Sentì
una fitta al petto e il suo respiro accelerare, le lacrime iniziarono a
scendere incontrollate ed ogni suo tentativo di calmarsi sembrava essere
inutile. Doveva parlare con Jonny, dirgli qualcosa, fare qualcosa, non gli importava
del futuro del gruppo, l’unica cosa di cui era assolutamente certo era che non
poteva perdere Jonny. Dentro di se Chris sapeva bene cosa provava ma non era
quello il punto, non era stare con Jonny,
il suo era un bisogno di avere Jonny nella sua vita, semplicemente.
In
una stanzetta spoglia e anonima Jonathan Buckland stava pensando esattamente le
stesse cose. Lui e Chris non erano destinati a stare insieme, lo desiderava più
di ogni altra cosa ma sapeva che non era così che le cose sarebbero mai andate,
solo perché si amavano non voleva dire che era quello il loro destino.
Eppure
questa consapevolezza non faceva più male, perché Guy aveva ragione, quello che
avevano loro non era semplice amore, ora lo vedeva chiaramente, loro non
avevano bisogno di essere una coppia o di vivere una grande storia d’amore, anzi,
probabilmente quello avrebbe rovinato tutto, quello che avevano loro andava
oltre, Chris una volta l’aveva chiamato agápē.
Nel
frattempo Christopher Martin era tornato ai pensieri di due notti prima, ai calzini
spaiati e ai numeri primi, al 2 e all’11. Per tutta la sua vita aveva pensato
di essere quell’1 che resta fuori quando si divide un numero primo per due,
come se fosse in più, come se non fosse quello il suo posto nell’ universo ed
invece, ora finalmente aveva capito: lui era sì un 1 ma era stato fortunato abbastanza
da trovare, tra tanti numeri, tra tante persone, un altro 1 come lui, il suo 1 per formare un 2, indissolubile, che
se anche lo si fosse provato a dividere sarebbe risultato in un 1. Che era un
po’ quello che erano loro, una cosa sola che niente al mondo poteva separare.
Chris,
ovviamente, non ne aveva idea, ma se Jonny avesse potuto ascoltare questo suo
discorso gli avrebbe spiegato, sorridendo, che l’1 fa parte di una categoria
particolare di numeri, chiamati numeri
felici.
Era
oramai quasi ora di salire sul palco, Chris si sentiva discretamente meglio,
sia per quel che riguardava la febbre sia con se stesso, per una volta, forse
per la prima volta negli ultimi 15 anni, non sentiva quel peso, a volte sepolto
nel profondo, a volte meno. Ora doveva solo arrivare in fretta allo stadio e
parlare con Jonny.
Jonny
aveva gli occhi fissi sull’orologio appeso al muro, era quasi ora, dov’era
Chris?
«L’hai
chiamato?» chiese, tradendo un po’ di nervosismo, Will a Phil che girava in
tondo per la stanza, lanciando, anche lui, occhiate all’orologio.
Nemmeno
il tempo di rispondere che la porta del camerino si aprì.
«Eccomi!»
Era
Chris, già vestito per andare in scena, leggermente pallido ma tutto sommato,
viste le condizioni del pomeriggio, abbastanza in forma. I suoi occhi, dopo un
veloce sguardo a tutti i presenti nella camera, si fissarono su Jonny.
«Come
ti senti?» chiese con tono serio Phil.
«Bene»
disse Chris, distogliendo lo sguardo dal chitarrista «Ho dormito e ora sono
come nuovo» sorrise in modo incoraggiante.
Guy
lanciò un brevissimo sguardo confuso a Will che a suo volta non riusciva a
capire come l’amico fosse passato in poche ore dalla modalità The Walking Dead a quello. Non che non fosse felice, figurarsi, aveva passato il
pomeriggio a preoccuparsi per lui, ma non era tanto la miracolosa guarigione a
lasciarlo perplesso, quanto il resto.
Jonny
appariva ugualmente sorpreso. Nel lungo sguardo che Chris gli aveva lanciato
appena entrato nella stanza aveva letto qualcosa ma non era sicuro di sapere
cosa. In parte si sentiva quasi deluso nel vederlo così pieno di energie,
ancora una volta si chiese che brutta persona fosse per provare una cosa del
genere, ma sapeva riconoscere Chris quando fingeva e non era quello il caso,
stava davvero meglio, in tutti i sensi.
«Forza
è ora!» Phil li richiamò dai loro pensieri.
Chris
lanciò un altro sguardo a Jonny ma quest’ultimo si girò dall’altro lato rompendo
subito il contatto visivo.
Si
diressero dietro al palco, come di consuetudine si misero in cerchio per il
tradizionale pre-show huddle ed
eccoli che erano fuori, nel buio, in sottofondo Back to the future e la pioggia che scendeva copiosa dal cielo.
Chris,
nonostante tutto, sembrava realmente in gran forma, Jonny lo poteva vedere
saltellare per caricarsi nella penombra delle luci blu.
Hurts
Like Heaven filò liscia, nemmeno la pioggia sembrava poter fermare Chris che si
comportava come se le ultime 24 ore non fossero mai esistite, tanto da essere a
suo agio ad avvicinarsi al chitarrista al momento del suo assolo, quello che
accadeva dentro di Jonny, invece, era molto più complicato.
Nonostante
il pomeriggio passato da solo gli avesse fatto capire molte cose, vedere Chris così aveva riacceso, pure se
minimamente, quel sentimento di rabbia della notte prima. Per l’ennesima volta
gli sembrava di essere l’unico ad essere veramente ferito dalla situazione,
vedeva Chris saltellare sorridente per il palco e sentiva qualcosa fare a pugni
dentro di lui. Chris avrebbe dovuto essere distrutto, infelice, rotto, com’era
stato lui per tutta la giornata e come avrebbe continuato a sentirsi finché non
avesse avuto modo di parlare con l’amico.
Lo ami tanto da volerlo
vedere infelice? Niente da dire, sei proprio un asso nelle relazioni. Hai una
moglie che ami ma non tanto quanto il tuo migliore amico e, nonostante questo,
desideri che lui soffra perché tu stai soffrendo. A volte sei così egoista che
dovresti ringraziare il cielo di non essere completamente da solo.
…La verità è che, in fondo,
non lo desidero davvero…
Completamente
perso in questo suo dialogo interiore, si era a malapena accorto che la canzone
fosse finita e che stesse iniziando In My Place, la batteria di Will lo
richiamò all’attenzione, iniziò a muovere le dita sulle corde ma nulla, non
sentiva la propria chitarra, un roadie corse in suo soccorso, era così
distratto da aver dimenticato di accendere la pedaliera.
Incrociò
lo sguardo apprensivo di Will ma rispose con un sorriso per scusarsi della
disattenzione, doveva concentrarsi, i problemi personali tra lui e Chris non
dovevano interferire con il gruppo, l’aveva promesso a Will e Guy, avrebbe
avuto tutto il tempo per sentirsi in colpa dopo il concerto.
Si
avvicinò a Guy che gli sorrise incoraggiante e decise di andare a suonare sul
lato sinistro del palco, lontano da Chris che stava saltando in mezzo ai confetti sull’X stage, sperando di potersi allontanare così anche dai suoi
pensieri e di riuscire finalmente entrare in serata.
Finito
il ritornello Chris tornò indietro e dopo un fugace abbraccio al bassista si
diresse però proprio verso di lui, i suoi occhi azzurri a cercare quelli verdi
del chitarrista ma questa volta Jonny non distolse lo sguardo.
«I was
scared, I was scared, I was tired and under-prepared!...But I wait for it»
Ebbe
quasi l’impressione che Chris si stesse rivolgendo a lui, c’era qualcosa nel
modo in cui aveva cantato quel verso, occhi fissi ai suoi, qualcosa nel tono di
voce, di…rotto? Probabilmente era solo l’effetto della corsa, della pioggia e
qualche residuo di febbre, Jonny cacciò anche quel pensiero dalla sua testa, in
tempo per vedere Chris che gli faceva segno di seguirlo per il gran finale.
«C’mon J!»
Jonny
iniziò la sua discesa verso l’X stage
mentre Chris tornava indietro probabilmente per togliersi la giacca oramai
impregnata di pioggia e sudore In fondo al suo cervello si stava facendo avanti
qualche dubbio sul come avrebbero concluso la canzone, Chris era solito
inginocchiarsi ai suoi piedi e porgergli il microfono ma date le circostanze
attuali era tutto un grande punto interrogativo. Non aveva tempo di pensarci,
era il momento del suo assolo, doveva mantenere la concentrazione.
«J!»
Chris
era di nuovo a meno di un metro da lui.
«Sing it to
me please! Oooh please! Come back and sing to me!»
Ancora
una volta gli occhi di Chris cercarono quelli di Jonny e quest’ultimo ebbe di
nuovo la sensazione che Chris stesse cantando rivolgendosi a lui, a pensarci
bene quel verso, dopo quello che aveva detto la notte precedente sul lasciare
il gruppo, si conciliava perfettamente con la situazione ma no, ne era certo, era
solo un caso.
Era
il momento, Chris era in ginocchio e lui non sapeva cosa fare, doveva
avvicinarsi come al solito? Era il caso che lo facesse? In fondo Chris si stava
comportando come se nulla fosse successo. In quel momento sentì la mano
dell’amico tirarlo verso di se, diversamente dal solito Chris si era alzato in
piedi, la mano era passata a cingergli la schiena e con Chris così vicino
riuscì a stento ad emettere un flebile yeah.
Tornò
indietro seguito poco dopo dal cantante che lo raggiunse nel buio.
«Devo dirti una cosa»
Jonny
non ebbe nemmeno il tempo di girarsi verso di lui che Chris aveva ripreso il
suo posto al centro del palco e stava salutando in tedesco il pubblico.
La
diga che aveva costruito nella sua testa per arginare i pensieri almeno fino
alla fine della serata crollò. Sentì di nuovo la rabbia verso Chris crescere, Devo dirti una cosa è decisamente il
genere di frase che non andrebbe detta a qualcuno nel bel mezzo di un concerto,
Chris proprio non ce la faceva a prendere in considerazione come una cosa del
genere lo potesse far sentire.
Jonny
non aveva assolutamente memoria del come fosse arrivato il momento di The
Scientist, le sue mani erano andate a memoria per Major Minus e Lovers in
Japan, la sua testa era altrove, Chris si era avvicinato a lui un paio di volte
ma aveva mantenuto lo sguardo basso per evitare il contatto visivo con il
cantante.
Nonostante
fosse nata per ben altre ragioni, ora che si trovava a suonarla, Chris si
accorse che, paradossalmente poiché era sempre stato Jonny l’uomo di scienza
tra i due, The Scientist, in quella situazione, gli calzava a pennello.
Aveva
passato tutto quel tempo negli ultimi giorni a riflettere sui numeri, sul loro
significato, da perdere quasi di vista la situazione. Per quanto finalmente la
metafora dei numeri primi avesse un senso positivo anche per lui, non poteva
aspettarsi che le cose tornassero magicamente apposto grazie a questa
illuminazione. Doveva parlare con Jonny, questo lo sapeva, la sua intenzione
era stata di farlo prima del concerto ma non c’era stato tempo.
Non
ce la faceva ad aspettare, voleva dirgli quello che provava subito e allora
aveva deciso di fare l’unica cosa possibile: cantare.
La
musica era da sempre stata il suo modo di cacciar fuori quello che sentiva, per
questo era corso verso di lui durante In My Place, sperava che Jonny lo
conoscesse abbastanza da capire che quella sera stava cantando per lui, quel Devo dirti una cosa che gli era scappato
non era altro che un Ascolta.
«Nobody
said it was easy, oh it's such a shame for us to part. Nobody said it was easy,
no one ever said it would be this hard…»
Forse
era per questo che ne stava risultando una delle versioni di The Scientist più toccanti
mai eseguite live, tutti potevano sentire che c’era qualcosa di sincero nella
sua voce che non stava semplicemente eseguendo un pezzo uscito 10 anni prima.
«I’m
going back to the start»
Era
in una specie di trance, c’erano solo lui, il piano, la pioggia e le parole. La
chitarra di Jonny lo richiamò all’ordine, sapeva che era semplicemente così che
andava la canzone, che a quel punto doveva entrare anche la chitarra nella melodia,
ma gli sembrava quasi una risposta.
Per
un attimo c’erano solo il suono del suo pianoforte e della chitarra di Jonny
nello stadio, aveva tutta l’aria di essere una conversazione tra i due.
Chris
continuò a cantare con il cuore in gola fino alla fine.
«Oh let’s
go back to the start»
Era
esattamente quello che voleva dire a Jonny, voleva cancellare tutto quello che era
successo negli anni, tutti gli errori commessi da entrambe le parti, nulla
importava eccetto loro due, voleva tornare a quando l’unica cosa importante era
essere uno nella vita dell’altro, semplicemente.
Non
riuscì a trattenersi dallo girarsi verso il chitarrista per essere certo che
avesse capito.
«Alright?»
Jonny gli sorrise, aveva capito.
Hem…hello!
Scusate
questa mia breve parentesi, volevo solo ringraziare chi ancora legge nonostante
ci abbia messo quasi 2 anni a scrivere 10 capitoli [decisamente non sono
portata per fare la scrittrice ma tranquilli che siamo vicinissimi alla fine] e
volevo darvi un consiglio/suggerimento: questa fanfict,
come scritto nella descrizione, è effettivamente ispirata ad un concerto dei
Coldplay, arrivati a questo punto della storia potreste trovare interessante,
dopo aver letto il capitolo, avere il riscontro audio/video. Cercate su YT “Coldplay
München 2012”, c’è l’intero concerto in MultiCam che io personalmente, per scrivere questo
capitolo, ho praticamente imparato a memoria.
Detto
questo vi ringrazio di nuovo, vi supplico di commentare perché è l’unica cosa
che possa spingermi ad uscire dal mio perenne stato di procrastination
e mi scuso per qualsiasi errore e/o frase sgrammaticata: ogni capitolo è frutto
della mia insonnia, questo è stato finito alle 6.45 di questa mattina, sono
certa che nonostante la fase di correzione/rilettura qualcosa mi sia sfuggita.
Will
aveva avuto quella sensazione mille volte nella sua vita, principalmente alla
Bakery, non sapeva bene come spiegarlo ma era qualcosa che accadeva a volte
quando eri in presenza di Jonny e Chris.
Poteva
accadere mentre stavano parlando tra di loro sul divano o anche quando
semplicemente coesistevano nella stessa camera, mentre suonavano insieme
cercando di venire a capo di una canzone o solo con uno scambio di sorrisi,
improvvisamente ti sentivi spettatore, tagliato fuori dal loro universo, ti
rendevi conto che in quel momento, per loro, non c’era nessun altro, non
esisteva nient’altro.
A
volte Will si sentiva addirittura a disagio, come se quello che vedeva non
fosse fatto per essere visto dagli altri. Era come aveva detto Guy quel
pomeriggio, quello che c’era tra Jonny e Chris non era qualcosa che gli altri
potevano capire ma era fottutamente reale. Se avesse potuto allungare una mano
tra di loro era certo che sarebbe riuscito a toccarlo, come se il legame tra
loro non fosse qualcosa di puramente astratto ma qualcosa di denso, non sapeva
se era l’unico ad avere quella sensazione ma in quei momenti poteva percepire
la presenza fisica di qualcosa tra di loro.
E
non era semplice amore.
The
scientist era finita e il concerto stava andando avanti, Will osservava i due
amici e ogni tanto si scambiava uno sguardo con Guy, sembravano due persone
completamente diverse rispetto all’inizio del concerto, Chris era carico come
non mai e Jonny lo accompagnava sorridendo, era come se si stessero scambiando
energia.
Anche
Guy era come ipnotizzato da quello spettacolo, era profondamente colpito da
come due persone potessero essere così fortemente connesse, gli era capitato
certamente che il suo umore dipendesse da qualcuno a cui teneva ma quello che
stava vedendo era qualcosa di diverso. Aveva sempre saputo quanto forte fosse
il legame tra Chris e Jonny ma solo in quel momento aveva effettivamente
realizzato quanto codipendessero l’uno dall’altro.
Era
affascinato dal fenomeno ma allo stesso tempo realizzava cosa volesse dire:
così come erano capaci di infondersi energia l’un l’altro, così avevano il potere
di distruggersi e l’aveva visto succedere nelle ultime 24 ore.
Non
era semplice amore.
Qualunque
cosa fosse era tanto forte quanto delicata ma di una cosa entrambi erano certi:
era bellissima.
La
sinergia tra Chris e Jonny sembrava inesauribile, la serata aveva preso un
nuovo ritmo, prima che se ne potessero accorgere era il momento di Us Against The
World e Speed of Sound.
Nel
buio iniziarono a dirigersi verso il C-Stage in fila indiana, Will, Guy, Jonny
e Chris.
«Jonny…»
Il
chitarrista sentì una mano sulla spalla e si girò per incontrare nella penombra
lo sguardo del cantante.
Silenzio.
La
mano di Chris ancora sulla spalla di Jonny, stava cercando le parole per
continuare ma invece di collaborare il suo cervello stava generando delle note
musicali, poteva sentirle nella sua testa, una base di sottofondo ed alcune
parole.
I
don't care, go on and tear me apart
Chris
sentiva le parole mischiarsi nel suo cervello e non riusciva in alcun modo a
metterle in ordine, se ne stava lì, con la bocca socchiusa e il respiro fermo
in gola insieme alle cose che avrebbe voluto dire.
Ma
come sempre Chris non ebbe bisogno di parlare, Jonny aveva già letto tutto nei
suoi occhi, il ragazzo mise a sua volta la mano sulla spalla dell’amico e
arricciò appena le labbra in un accenno di sorriso.
Le
parole erano ancora bloccate nella testa e nella gola di Chris che fece l’unica
cosa che gli era possibile, buttò le proprie braccia al collo di Jonny.
I
want to die in your arms
Chris
si staccò ancora prima che Jonny potesse ricambiare e corse sul palco.
«Thank
you so much! You sound fantastic…»
Jonny
poteva sentire Chris fare il suo speech
pre-Us Against The World mentre raggiungeva Will e Guy sotto al C-Stage,
entrambi si voltarono verso di lui, sapeva che avevano assistito alla scena, non
gli importava ma sperava che facessero finta di nulla come avevano fatto per
anni, ricambiò lo sguardo con un sorriso schivo.
Chris
aveva iniziato a cantare, di lì a poco Will sarebbe dovuto salire sul palco.
«…avete
chiarito?» chiese cautamente il batterista.
Jonny
annuì e sorrise nuovamente.
Will
e Guy risposero a loro volta con un sorriso, era questo il segreto della loro
amicizia, sostenersi silenziosamente a vicenda in ogni situazione, senza
bisogno di troppe parole.
Uno
dopo l’altro salirono sul palco, erano lì, sotto la pioggia, insieme.
Through
chaos as it swirls
It's
us against the world
Chris
pensò che la voce del batterista rendesse più giustizia della sua a quei versi,
anche perché cantati da lui che era la roccia del gruppo avevano perfettamente
senso.
E
in quel momento se ne accorse, Will e Guy stavano sorridendo in direzione sua e
di Jonny, lo sapevano, forse lo avevano sempre saputo ed erano sempre stati
dalla loro parte.
A Chris scappò una risata, di matematica ne sapeva
davvero poco e non era sicuro che i suoi discorsi sui numeri primi fossero poi
così coerenti ma di due cose era certo: Jonathan Buckland era il suo 1 e non
esisteva numero più perfetto del 4.
OMMIODDIONONCICREDO!
Ho finito! È finita!
Dopo 2 anni, esattamente l’11
settembre [non è stata del tutto voluta come cosa], con 11 capitoli [giuro che
è un caso!], ce l’ho fatta!!!
A parte il mio entusiasmo per
essere riuscita a finire qualcosa nella vita, lasciatemi dire un paio di cose:
- Non so cosa penso di questo
finale, una parte di me lo apprezza, una parte di me, invece, pensa che avrei
dovuto chiudere con il capitolo precedente, non lo so, a voi il giudizio! Dopo
2 anni avete diritto a tutte le lamentele del mondo. Vi prego di farmi sapere perché
se no resterò con questo dubbio per sempre!
- Scusatemi per l’estremamente
fantasioso head canon riguardo A Sky Full OfStars, è colpa di Chris che
più di una volta al verso I wanttodie in yourarms si è strusciato addosso a
Jonny. [Ovviamente nella prima versione mentale della ff
questa cosa non c’era…scusate se è una cretinata,
scusate!]
E
per ultimo, ma cosa assolutamente più importante:
-
GRAZIE! Grazie a chiunque
abbia commentato almeno una volta, grazie a chi mi ha spronata a finirla,
grazie per tutti gli immeritatissimi complimenti, quando sono giù di morale
[tipo sempre] me li vado a leggere, grazie per aver avuto la pazienza ogni
volta di rileggere tutto perché io pubblicavo un capitolo ogni 3 mesi [spero di
essere riuscita a mantenere una certa coerenza nella psicologia dei personaggi
anche dopo 2 anni dall’inizio], grazie graziegrazie!
PS: Questo è forse l’unico
capitolo scritto in ore pomeridiane…ma con 3 ore di
sonno addosso…vale lo stesso come scusa per gli
errori e le frasi sgrammaticate?
A non credo molto presto [se
proprio siete così masochisti nel profilo trovate i miei account FB e Twitter]