La rinascita di un Dio

di Mirella__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La noia ***
Capitolo 2: *** Ali ***
Capitolo 3: *** Sfida ***
Capitolo 4: *** Rosa ***
Capitolo 5: *** Cimitero ***
Capitolo 6: *** Gioco ***
Capitolo 7: *** Telefoni ***
Capitolo 8: *** Luce ***
Capitolo 9: *** Alba ***
Capitolo 10: *** Legami ***
Capitolo 11: *** Schermo ***
Capitolo 12: *** Piani ***
Capitolo 13: *** Sorella ***
Capitolo 14: *** Atono ***
Capitolo 15: *** Io non sono la giustizia ***
Capitolo 16: *** Ya come notte, Gami come Dio ***
Capitolo 17: *** Riconciliazione ***



Capitolo 1
*** La noia ***


Non c’era caldo, non c’era freddo.

Il cielo era buio, ma non un tuono intaccava il silenzio che regnava in quel luogo, né una goccia di pioggia dava sollievo all’arido terreno; la nebbia era pesante, tuttavia non ostacolava la vista degli scheletri bianchi che giacevano al suolo.

Tre shinigami giocavano a carte, parlando, dicendo cose senza senso, infondo non c’era nulla di cui discutere.

Uno shinigami camminava, camminava senza meta, non aveva un posto dove andare.

La noia regnava sovrana in quel regno così anonimo, nessuno aveva più voglia di vivere, ma in fondo erano Shinigami e, per quanto orribile potesse sembrare, uno scopo alla loro vita c’era; sottrarre linfa vitale dagli umani per poter vivere anni, centinaia d’anni, in quello squallido mondo né carne né pesce.

Ogni Dio della morte si sentiva svuotato, ma  allo stesso tempo pesante, non uno di loro pensava agli umani niente di più che come esseri insulsi.

Tutti tranne uno, che tra gli umani ci aveva vissuto e si era divertito parecchio anche. A differenza degli altri però, lui non stata vivendo uno dei tanti momenti di noia. La sua mente era impegnata altrove, in una scelta, che sembrava lo stesse logorando da capo a piedi.

Aveva forse un macigno in tasca? No, era solo un piccolo corpo bianco, di un bianco puro, non come quelle sporche ossa che s’incontravano ovunque in quel posto. Allora perché sentiva il bisogno d’estrarlo dalla sua tasca?

Ryuk

Una voce, sembrava provenire proprio da quella cosa.

Ryuuuk?

Sì, apparteneva proprio ad essa. Lo stava tentando, lo stava implorando, voleva che la usasse!

Ryuk, non vuoi divertirti? Non vuoi mangiare ancora delle mele? Non ricordi com’erano succose quelle della Terra?

Lo Shinigami venne percosso da crampi allo stomaco, era in astinenza da più di tre anni ormai e gli mancavano come non mai quei frutti paradisiaci. Così rossi, così saporiti.

E nel frattempo, potrai gustarti anche un bellissimo spettacolo, in fondo, nonostante tu ti sia divertito, non puoi negare che ti sia rimasto un po’ d’amaro in bocca. Pensa al divertimento! Qui c’è solo noia. È vero, potresti provare a far cadere nuovamente il Death Note, ma sai benissimo che non ci sarà più un Kira a livello di Light Yagami, o un altro detective all’altezza di L. Infondo, riportarli in vita, per uno Shinigami, sarebbe semplice. Se tu lo facessi, non correresti neanche il rischio di finire in polvere, se i tuoi scopi sono, ovviamente, per interesse personale.

Ryuk ci rifletté un attimo. No, non avrebbe corso il rischio di restare polverizzato se non fosse stato sicuro al 100%  che quanto stava per fare non riguardava affatto il legame che aveva con Light, tanto meno con L, né la volontà dell’allungare la loro vita. In fondo, erano già morti per mano del Death Note, gli anni che avrebbero dovuto vivere sarebbero stati vissuti comunque senza il quaderno, spettavano a loro, Ryuk se li era semplicemente presi, non gli costava nulla ridarglieli. Inoltre, se si fosse stufato di quel gioco, avrebbe riscritto i loro nomi e le memorie di quanto accaduto nel loro breve arco di “vita nuova” sarebbero state cancellate.

Avvertì una lieve folata di vento, però tutto restò comunque immobile.

“Basta, non ce la faccio più. Ogni giorno, anzi no, non ci sono giorni, solo lo scorrere incessabile del tempo dentro il quale le azioni sono le solite. Almeno con Light era diverso, tutto era così dannatamente eccitante, come se non fosse stato solo lui a rischiare la vita nello scontro tra Kira ed L, ma proprio io, un vero Dio della morte, al contrario di quanto credeva quel povero umano, il cui destino era stato intaccato da un semplice quaderno, anche se semplice solo in apparenza.”

Ryuk afferrò la gomma, ma si fermò a pochi centimetri dal quaderno. Se lo avesse fatto, avrebbe dovuto raccontare a Light come fosse riuscito a riportarlo in vita e l’esistenza di quel piccolo oggetto doveva restare nascosta. Solo a pochi Shinigami era concesso l’onore di possederla. Era così sicuro di voler arrivare a tanto per un po’ di divertimento? Lui che era stato il secondo…

Al diavolo. In fondo non c’era nessuna motivazione per cui avrebbe dovuto dare all’umano tante spiegazioni, gli avrebbe semplicemente mentito, o evitato di dirgli certe cose, come aveva già fatto in precedenza.

Avvicinò la gomma al quaderno. Strano, si era reso conto solo in quel momento che essa stava in silenzio, ora che aveva deciso d’usarla, chissà, forse era stato il suo stesso inconscio ad immaginare quel basso suono.

Cominciò a cancellare.

Light sarebbe stato il primo a tornare in vita. Elle il secondo ed ultimo.


Angolo dell'autrice
Con questo primo capitolo spero d'avervi incuriosito. 
Lasciatemi i vostri commenti per farmi sapere cosa ne pensate. 
Anche le recensioni neutre o critiche sono bene accette, voglio sempre migliorare.

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Capitolo 2
*** Ali ***


Salve a tutti, ecco il secondo capitolo della mia storia.
Volevo ringraziare Matt_Kun e Scintilla19 che hanno recensito il primo capitolo e DPotter, katy95 e KiaraAma per aver messo la storia tra le seguite.
Il capitolo sarà raccontato da Light in prima persona, spero vivamente che vi piaccia :)
Una recensione, neutra, critica o pisitiva che sia, è sempre ben accetta, quindi se vi va fatemi sapere cosa ne pensate.
Vi lascio al capitolo. 
Buona lettura!


Il buio mi circonda, non c’è una via d’uscita. Non un flebile raggio di luce, non uno spiraglio di speranza.

Sono finito nel Nulla.

Non c’è nessuno accanto a me, non sento alcuna voce vicino.

Non sono su una superficie piatta, sono sospeso a mezz’aria, nel luogo in cui Ryuk mi aveva detto che sarei finito.

Se questo è il Nulla, poco male. Sarei stato per sempre da solo, sarei riuscito a trovare quella pace e quella tranquillità che sulla Terra non esistono.

Solo con me stesso…

Il cuore mi salta in gola, sembra mancare un battito. Mi stringo il petto con la mano sinistra, aspettandomi un infarto da un momento all’altro, tuttavia non succede niente.

Perché? Perché io che dovrei essere poco meno di un’anima in pena ho il corpo così simile a quello di un umano? Respiro aria che non c’è, sento una sete insaziabile che non posso dissetare e ho i crampi allo stomaco dalla fame che so di non poter saziare. Mi sento morire di fame, mi sento morire di sete.

Allora è questa la tortura del Nulla? Non esistere ed esistere al tempo stesso? Dimenticarsi ogni secondo di questo particolare per poi ricordarsi subito dopo?

Faccio questa esistenza da tempo immemore ormai, sarebbero potuti benissimo passare migliaia di anni dall’inizio di questa mia lenta agonia come sarebbe potuto trascorrere anche solo un secondo.

Stringo i pugni e scopro i denti.

Maledetto Near, maledetto Mello.

La mia mente si divide in due.

Da una parte c’è Kira, desideroso di vendetta, desideroso di tornare in quel mondo, farlo suo e completare la sua trasformazione in un Dio.

Dall’altra parte c’è Light, un semplice essere umano, piegato in ginocchio, a testa bassa, che si sente dannatamente in pena per tutti gli uomini e le donne che ha ucciso.

Nel vuoto, invece, c’è un solo corpo. Un corpo che racchiude due personalità distinte; quella fredda e calcolatrice di un assassino e quella pura e ingenua di un ragazzo che aveva creduto di poter rivoluzionare il mondo a beneficio delle persone di buon cuore, ma che si è reso conto d’aver sbagliato, d’aver creduto in qualcosa di estremamente orribile.

Le mie due personalità si riuniscono, torno ad essere un’unica persona, ma divorata comunque da emozioni diverse.

Questo è il potere del Death Note, non è solo un’arma di sterminio di massa, ma ha anche la facoltà di far impazzire e mandare in un determinato luogo un essere umano per l’eternità.

E il ciclo ricomincia.

Perdo la memoria, comincio a ricordare, giusto in tempo per dimenticare ma con la vaga consapevolezza d’esser giunto a questa conclusione svariate milioni di volte e quando mi sembra d’esser riuscito a trovare una spiegazione finale, un modo per far terminare questa tortura, mi perdo in un bicchier d’acqua e aspetto di tornare nuovamente nel mio oblio.

Però questa volta sembra diverso; provo qualcosa di più del solito strazio di tornare nell’ignoranza. Una strana sensazione di calore mi pervade e mi sento trascinare via.

La mia mente rimane lucida, non cade più nelle tenebre, ma non è solo essa ad aver visto la luce.

Improvvisamente mi ritrovo in un luogo raggiante e la mia anima sembra in pace al momento.

Tremo dall’emozione.

Io non ci ho mai creduto, ma possibile che questo fosse il paradiso? Tendo una mano verso l’alto e con mia somma gioia mi rendo conto che posso vederla.

Mi sento elettrizzato, felice e spensierato.

Una figura alata appare lentamente all’orizzonte, è bella, aggraziata e sinuosa, sembra quasi una madre umana. Anche lei ha una mano tesa e allora cerco d’afferrarla, nonostante la lontananza.

Sento che sono sul punto di prenderla, ecco, ce l’ho fatta! Ma non appena tocco quella mano tutto si fa buio, orribilmente buio, ma riesco a vedere tutto comunque. Le emozioni positive di poco prima sono scomparse.

Vedo la donna assumere fattezze sempre più rigide, diventare molto più alta e infine trasformarsi in un ammasso di nero più scuro dell’ambiente in cui mi trovo.

Pian piano prende forma. Le ali, che prima erano bianche, grandi e dalle punte sottili, sono diventate nere, striminzite e dai confini spinosi e all’apparenza taglienti. Il corpo non mostra più fattezze femminili, bensì maschili e mi supera di gran lunga in altezza e in fine il volto, il volto che mai più avrei voluto rivedere, si fa largo in quella coltre oscura.

“Ciao Light. Pronto a tornare a casa?” La voce grottesca di Ryuk per la prima volta mi fa paura. Sento il mio volto contrarsi in una smorfia di terrore e cerco di tirare indietro il braccio ormai completamente bloccato dalla stretta di ferro del Dio della morte. No, non voglio tornare lì! Ma la presa dello Shinigami è forte e non mi lascia altra scelta.

 

Torno, torno ad essere Light, torno ad essere Kira.

 

Ho il terrore d’aprire gli occhi, ho il terrore di dare conferma alle mie supposizioni, ho il terrore persino di respirare.

Non voglio accettare la realtà che filtra dal tatto e dall’udito. Voglio ignorare il lieve ronzare dei ventilatori, voglio ignorare il dolore acuto che mi provoca il piano irregolare su cui sono poggiato.

Per quanto avessi agognato d’inondare i miei polmoni d’aria fresca e soprattutto vera, ora mi trattengo dall’ispirare. Voglio mantenere il fiato per sempre, se avessi la capacità di farlo ciò significherebbe che mi trovo ancora in quell’oblio, ma già i polmoni bruciano.

Mi alzo di scatto a sedere e prendo aria, ma rimango al tempo stesso sbalordito. Mi ero dimenticato di come fosse ristoratrice una boccata d’aria fresca, però insieme ad essa giunge anche l’odore di sangue rappreso, nonostante la consapevolezza che quel sangue è mio, non apro gli occhi, voglio continuare ad illudermi. 

“Hai intenzione di restare lì ancora per molto?”

Ancora questa voce agghiacciante, ma perché non va via e mi lascia in pace? Voglio tornare nel Nulla, voglio tornare a non esistere.

Mi stringo tra le braccia, non posso chiedere aiuto a nessuno, ma d’altra parte, non voglio aiuto.

Sospiro e mi arrendo. Apro gli occhi.

Mi trovo sulle scale di quell’orrido magazzino nel quale Ryuk mi aveva ucciso. Lo Shinigami è davanti a me, con un ghigno stampato in viso. Quella visione m’infastidisce, allora rivolgo la mia attenzione alla luce che filtra dalle finestre.

“Su, andiamo Light, non ignorarmi! Guardami!”

Sbuffo, so già che l’avrà vinta come lo sa lui.

“Sai chi sono io, giusto?”

Sto un po’ in silenzio, il sangue diventa come acido nelle mie vene. “Uno che mantiene le sue promesse”. Rispondo alzandomi.

“Non hai dimenticato allora”.  Dice continuando a sghignazzare.

Porto due dita alla testa cercando di dissolvere la rabbia che provo per lui in questo istante. “Dovevi lasciarmi in quel posto, non ce la faccio…” Mi sbilancio lentamente dal gradino, non ero molto in alto, ma se fossi riuscito a cadere in un certo modo sarei riuscito a tornare nel Nulla e Ryuk non avrebbe fatto i suoi comodi. “E no”. Mi dice lui afferrandomi per la collottola della camicia. “Non te lo lascerò fare Light Yagami. Mi ci sono voluti molti anni per prendere questa decisione.” Con un singolo gesto, mi costringe a sedermi e mi mostra cosa tiene nella mano che non è occupata a bloccarmi.

Impallidisco a quella vista e cerco d’indietreggiare, di divincolarmi, ma lui non molla la presa. “Mi ricordi tanto il Light privo di memoria, quello che ha fatto la vittima con Elle. Dov’è Kira? L’uomo che si crede il Dio di un nuovo mondo?”

Mentre continuo a cercare d’allontanarmi, lui mi avvicina il quaderno.

“Oh, capisco. Non possiedi ancora il Death Note, non l’ho ancora lasciato cadere nel suolo degli umani, quindi la personalità emergente è quella del bravo ragazzo. Quindi se ti facessi anche solo toccare il quaderno…”

“Perché?” Lo interrompo prendendo rumorosamente fiato, “perché non mi lasci in pace Ryuk? Perché riesco a vederti e sentirti nonostante il Death Note sia nelle tue mani?”

Si porta un dito alla tempia, ci pensa un attimo e poi annuncia. “Non ne ho la più pallida idea”.

Uno spasmo al braccio destro, ho un’insana voglia di picchiarlo. “Come hai fatto a riportarmi in vita?” Chiedo riuscendo comunque a sembrare del tutto indifferente.

“E morire subito dopo avertelo svelato? Non ci penso proprio”.

Deglutisco, non so cosa fare, ma ho appena commesso un errore, perché vedo Ryuk sorridere in una maniera ancora più sadica del solito.

“Ti senti spaesato vero? Non hai un obiettivo, non ha una destinazione. Sei morto per tutti in questo mondo, tecnicamente non esisti più qui, sei solo l’ombra di te stesso”.

“Ti eri già preparato per questo discorsetto, mi sto sbagliando forse?” Sorrido, ma so che le sue parole sono vere. “Hai riportato in vita anche L?”

“Sì”. Mi dice lui.

Constato la semplice realtà dei fatti, non posso vivere come un semplice sosia di Light Yagami, se L fosse stato davvero vivo avrebbe già capito che lo sono anche io, inoltre, sono pronto a scommettere che avrebbe rintracciato Near il prima possibile. Dannazione.

Il motivo per cui mi ritrovo vivo e vegeto mi è chiaro, ma sento comunque il bisogno di chiederglielo, voglio vedere se nel suo volto c’è l’ombra del rimorso. “Quindi hai fatto tutto questo solo per divertimento”

“Esatto” La sua espressione è rimasta uguale. Altezzoso e ghignante, non si è minimamente pentito del mio omicidio e non se ne vergogna.

“Come c’era da immaginarsi da un tipo come te.” Guardo il Death Note stretto nella mano di Ryuk, se lo avessi toccato, io, il Light figlio di Soichiro Yagami, sarei scomparso per sempre e Kira avrebbe preso il completo controllo del mio corpo.

Bene, almeno avrei ignorato la realtà che in questo momento sembra stare per sommergermi. Sarei stato al sicuro, nell’oblio della mia stessa mente.

“Fallo cadere…” sussurro in modo quasi impercettibile.

Ryuk mi sorride, prendendo l’occasione al volo. “Sapevo che avresti fatto la scelta giusta”

Un tonfo sordo e il Death Note è ai piedi delle scale.

“Ricorda queste parole Ryuk.” Interrompo il suo sghignazzare. “Il divertimento non è sempre gratuito. Questa volta Kira avrà delle condizioni, sei pronto ad accettarle?”

Lo shinigami annuisce ridendo come un pazzo, senza pensare minimamente a quanto ho appena detto.

Mi alzo lentamente, tremando ad ogni singolo passo. So che sto facendo un altro errore, ma ormai Kira pregusta già la sua vendetta, mentre il poliziotto piange la sua sconfitta.

Arrivo all’ultimo gradino, quello più in basso, e m’inginocchio per prendere il Death Note. Le mie dita scorrono sulla superficie ruvida del quaderno e pian piano arrivo ai bordi.

Lo alzo da terra e rido.

Punto lo sguardo in alto, in cima alle scale, dove la porta che dà al terrazzo e semi aperta e la luce inonda il pianerottolo.

Comincio a correre, voglio andare lì, voglio raggiungere la vetta!

Apro di scatto la porta ed esco sul tetto del magazzino.

“Elle, Near preparatevi. Sono tornato”.

E mentre il sole morente saluta la mia rinascita con degli ultimi sprazzi di raggi dorati, Ryuk, alle mie spalle, sghignazza. “Ma prima…” dico voltando la testa verso di lui.

“Cosa?” Mi chiede continuando a ridere.

“Voglio le tue ali”

Lui non perde la calma e si limita a scuotere la testa. “Ti ho già detto…”

“Che questo è impossibile.” Lo interrompo nuovamente col sorrisetto sulle labbra. “Ryuk, durante quegli anni hai omesso di dirmi molte cose e per giunta mi hai ucciso. Non l’ho dimenticato sai. Purtroppo ora non ho più niente. Non ho un modo per spostarmi, non ho una base. Quindi sono vulnerabile e se vuoi che il divertimento duri più a lungo…”
Ryuk ruota gli occhi grandi quanto due palline da tennis, si gratta il capo un po’, ma alla fine cede. “D’accordo”

Sorrido trionfante, mentre vengo a conoscenza del perché gli angeli sono rappresentati in così tante culture. Strano, avevo sempre pensato che questi cherubini dipinti sulla tela non fossero altro che la trasmutazione del desiderio umano di toccare il cielo, o, più in generale, l’apice, in qualcosa di più tangibile, reale. Evidentemente era così solo in parte. Di certo non sono stato l’unico a possedere il Death Note e qualcuno avrà già fatto la mia stessa richiesta al suo Shinigami e se questi non fosse stato subdolo quanto Ryuk avrebbe sicuramente accettato la proposta dell’umano.

“Non sono il primo che ha scoperto questa possibilità, vero?

Lui continua a ridere e fa cenno di sì con la testa.

Improvvisamente mi sento la schiena pesante. Indietreggio, cercando di bilanciarmi, il dolore alle scapole è allucinante.

“Sicuro di voler continuare?” Mi chiede Ryuk. “Questo è solo un assaggio”

“Certo che voglio continuare. Ho bisogno di ogni aiuto possibile, fronteggiare Elle e Near assieme non sarà facile”

Le ossa della schiena si ribellano, sfrigolano. Il sangue scende a fiotti, inzuppandomi la giacca che per me ormai non è diventata altro che un intralcio. Sciolgo i bottoni e la butto via.

Cado in ginocchio, ma resisto. Per il risultato finale, questa tortura ne vale la pena. Mi accascio a terra, ma la mia decisione è irremovibile e il dolore sale…. Aumenta d’intensità arrivando persino ad accecarmi e quando sento che sto per urlare tutto tace.

Faticosamente riprendo a respirare con regolarità, mi sento leggero, mi guardo le spalle, però non c’è nulla. E il dolore di prima? A cosa è servito?

Rivolgo lo sguardo verso Ryuk che da l’impressione d’esser fiero di me. “Sai Light, non tutti sopravvivono a questo trattamento”.

Lo guardo di sbieco. “E ovviamente non avevi messo in conto di dirmelo”

“Se può consolarti, immaginavo che saresti sopravvissuto”

“Non noto differenze”

“Ci sono Light. Le ali sono contrattili….” Ma già non lo ascolto più, ho capito quello che devo fare.

Chiudo gli occhi per imprimermi nella mente questo momento.

Il fruscio che carezza il mio udito è lieve, tuttavia è capace di farmi sentire forte.
Apro gli occhi, mi guardo alle spalle e mi viene da ridere, che strana prima impressione. Mi sembra che mi rispecchino.

Nere e dai contorni definiti, lisce, sembrano quasi banali, ma i fini disegni bianchi che ne ripercorrono le punte creano un contrasto eccezionale.

Le batto una volta e i miei piedi si staccano dal suolo, una sensazione di vuoto s’impossessa del mio stomaco e quasi sono tentato di ritornare a terra. Fisso lo sguardo in quello di Ryuk.

“Da quanto sono morto?”

“Tre anni.” Mi dice lui.

“Misa?”

“Morta, due anni fa”

“Ah”. Dico, tuttavia non provo dolore, non provo nulla. Forse Light Yagami è dispiaciuto, ma non ho il tempo d’ascoltarlo.

Con Misa fuori scena, lo è anche il suo appartamento.

Do un’occhiata al Death Note che ancora stringo in mano. Eppure sarebbe stato così facile. Avrei potuto scrivere il nome di Elle immediatamente e liberarmi da ogni possibile rivale, ma questo non implicherebbe una mia piena vittoria.

Voglio vedere il grande detective ai miei piedi, accompagnato dal suo allievo.

Comincio nuovamente a ridere e mi rivolgo allo shinigami un’altra volta. “Ti divertirai, Ryuk”

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Capitolo 3
*** Sfida ***


Salve a tutti, ecco un nuovo capitolo :)
Se avete consigli da darmi sulla caratterizzazione dei personaggi non risparmiatevi dal farlo. Non sono una grande fan di Near (questo è un eufemismo) ma spero comunque di non cadere nell’ooc.
Ringrazio chi ha recensito gli scorsi capitoli e chi ha messo la storia in una delle tre liste.

 
Buona lettura!

 
Elle respirò per la prima volta dopo anni.

Aprì gli occhi di scatto e cominciò a tossire; una manciata di polvere gli era appena finita su per le vie respiratorie.

Lacrimando si alzò a tentoni, barcollando a destra e a sinistra.

Non ebbe problemi a riconoscere quel posto, infondo ci aveva vissuto per diversi mesi prima della sua sconfitta...

Scosse la testa, non doveva pensarci, doveva fare altro.

Avendo già varie teorie sul perché si trovasse lì decise di non considerarne neanche una e cercò d’uscire da quella stanza. La porta era chiusa a chiave, tuttavia ricordava vagamente di tenerne una copia nella tasca dei suoi pantaloni…

In men che non si dica si ritrovò a camminare tra i corridoi di quell’immenso grattacielo, nascondendosi di tanto in tanto dalle guardie di passaggio.

Almeno il suo edificio non era andato in rovina; quanti anni erano passati dall’accaduto? Cinque? Probabilmente di più a giudicare dallo stato della stanza in cui si era risvegliato.

Cominciò a scendere le scale, cercando d’arrivare nella hall, se fosse stato abbastanza fortunato, si sarebbe procurato un telefono cellulare e avrebbe rintracciato N.

Trovarlo non sarebbe stato poi così difficile, raccontargli come stavano le cose sarebbe stata la prova più ardua, anche perché non lo sapeva nemmeno lui. Tutto quello che ricordava era che una forza lo aveva trascinato via da quel luogo di pace…

Arrivato a destinazione, scrollò le spalle e si grattò la testa.

La sala era  piena di gente. Evidentemente Near aveva trasformato la sua base in un hotel di lusso.

Guardò i suoi stessi abiti. Erano veramente inadatti alla situazione, per non parlare del fatto che fosse scalzo, tuttavia non si sentì minimamente a disagio e continuò a gironzolare come se nulla fosse.

Adocchiò un vecchio uomo d’affari, sulla sessantina, sicuramente sposato, in compagnia di un’altra giovane donna, probabilmente la sua amante a giudicare dagli sguardi che lui lanciava in giro, come se avesse avuto paura di venir scoperto da qualcuno.

Con non nonchalance si avvicinò, fino ad urtarlo, si scusò immediatamente per la svista e riprese a camminare, arrivando fin quasi all’entrata, ma all’improvviso due energumeni lo afferrarono per le spalle.

“Ridai a quell’uomo ciò che hai preso”

“Non ho preso proprio niente” Disse lui fissando atono la guardia, quest’ultima parve non poter sostenere lo sguardo del ragazzo e allora distolse il suo.

“E dove credi che sia finito il mio cellulare, razza d’idiota!” L’uomo d’affari aveva alzato lievemente la voce, cercando tuttavia di controllarsi per non attirare l’attenzione delle persone in sala che già si stavano agitando vedendo il giovane trattenuto dalle guardie.

“L, dovresti smetterla di fare il bambino” Un ragazzino, sulla ventina d'anni, era appena entrato salutando con un sorriso il delinquente.

“Non è colpa mia se è sbadato, comunque ecco a lei”, L non aveva risentito minimamente del rimprovero, non gliene poteva importare di meno. “Le era solo caduto a terra”.

“Ma ci stai prendendo in gi…” cercò d’obiettare un’agente, ma venne interrotto.

“Lasciatelo” Disse Near rivolto agli uomini che obbedirono riluttanti.

L’altro sorrise. “Mi hai riconosciuto”

“C’era almeno l’ottantasette per cento di possibilità che non fossi tu…”, il ragazzo si fermò un attimo e poi riprese, “Ryuzaki”.

“Concordo”,  L annuì accennando l’ombra di un sorriso.

“Ora, che ne dici di scusarti,così io e te possiamo parlare in privato tranquillamente?” Detto questo si passò una mano tra i folti capelli argentei e sorpassò L, porse le scuse per l’inconveniente e, seguito dal suo sensei, salì sull’ascensore.

Entrambi non aprirono bocca fino a quando non si trovarono nell’appartamento del ragazzo.

“Quindi sei riuscito a risolvere il caso Kira” Disse L  sedendosi sul bordo di una sedia, nella stessa posizione di sempre, corpo accucciato e mento poggiato sulle ginocchia.

“Non ce l’avrei fatta senza Mello, devo ammettere che Light era molto più di quello che sembrava” Disse l’altro sedendosi a sua volta.

Cadde il silenzio, entrambi concentrati su anni ormai passati, poco dopo però L lo interruppe, non perché fosse diventato pesante, ma semplicemente per evitare la domanda ovvia che stava per porgli Near. “Non chiedermi come faccia a trovarmi qui, non lo so”

“Non hai un ipotesi?”

“Un paio e quasi tutte comportano la presenza di Kira, a parte una che sarebbe la pazzia ”. Disse L mordendosi il dito.

“Dal mio punto di vista, vedo Kira come causale”. Concordò Near alzandosi e scomparendo oltre la soglia della sala da pranzo, per ricomparire subito dopo con una tazza di cioccolata calda e delle zollette di zucchero, tante zollette di zucchero. “Ma non appena si muoverà, noi lo arresteremo”.

“Non sottovalutarlo Near” Lo ammonì L mentre montava una torre di colesterolo. “Starà attento il triplo di quanto lo è stato…. quanti anni fa precisamente?”

“Tre” Disse Near con un’espressione monocorde sul viso. Non aveva preso sottogamba l’intelligenza di Light, non sottovalutava mai nulla né considerava mai qualcosa impossibile, forse era proprio per questo che riusciva a parlare con un uomo che doveva essere sotto un metro di terra.

“E dalla mia morte?” Continuò il moro socchiudendo le palpebre.
 “Nove anni” L’albino si fermò un attimo e poi riprese, mentre l’amico annuiva. “L, conosce il tuo nome”. Affermò in fine inclinando lo sguardo verso il basso, “e anche il mio”, non era preoccupato, stava solo riflettendo.

“Saremmo già morti se lui lo avesse voluto, quindi non credo che siano queste le sue intenzioni. Anzi, credo che dovremmo mettere qualche pattuglia a sorvegliare casa Yagami” Disse L apparentemente disinteressato.

“Non capisco come fai ad essere così calmo. Comunque lo credo anche io. Light non può andare in nessun altro posto se non lì”. Disse l’altro sorseggiando la sua cioccolata.

“Non si stava male”. Sussurrò L rispondendo alla prima affermazione del suo successore e aggiungendo un’altra zolletta di zucchero.

“Cosa?” Chiese Near che aveva appena percepito le parole di L.

“Nulla, non ti preoccupare”.

“Non possiamo fare niente, fino a quando non avremmo una conferma della sua rinascita”.

“Aspetteremo” Disse L, ma quando poggiò l’ultima zolletta la torre cedette.

La sua mano, per un secondo, aveva tremato.

“Ma è meglio prevenire che curare”, lo riprese l’altro osservando lo zucchero che scompariva all’interno della tazza, “vado a fare una telefonata. Casa Yagami sarà sorvegliata giorno e notte”. Near si alzò e scomparve nuovamente dietro l’uscio della porta e Ryuzaki non poté fare a meno di sospirare.

Impose al suo cervello un rallentamento, era davvero troppo veloce e in certi momenti non riusciva a mettere in fila un pensiero di senso compiuto, per gli altri ovviamente. Spesso nessuno era in grado di capire cosa diceva, doveva spiegare anche ciò che per lui era il più semplice dei ragionamenti.

Ryuzaki non era né vanitoso, né modesto, diceva semplicemente le cose come stavano, poi stava agli altri tratte le conclusioni, tuttavia, quando quel ragazzo normale, ma al contempo così strano, era entrato in contatto con lui, si era reso conto che finalmente aveva qualcuno con cui parlare alla pari, senza dover dare spiegazioni inutili e con il quale era persino diventato amico.

Sapeva chi fosse in realtà quel ragazzo, non aveva chiuso gli occhi neanche per un attimo, ma la sua voglia di catturare Kira era andata via via scemando, ogni giorno di più, fin quasi a scomparire del tutto.

Non considerava la sua sconfitta un errore, un qualcosa d’inaspettato, anzi, L sapeva fin dall’inizio come sarebbe andata a finire; Light aveva calcolato tutto nei minimi particolari, ma non aveva fatto i conti né con Near, né con Mello, forse, se avesse saputo prima di quei due ragazzi, le cose sarebbero andate a finire in modo diverso, con una vittoria di Kira assoluta molto probabilmente, ma L non gli aveva mai dato modo di scoprire dei suoi successori e tutto si era concluso come dovuto.

Sbuffò, aveva anche pensato ad una situazione simile a quella che stava vivendo proprio in quel momento, però mai gli aveva dato molte probabilità di riuscita, a malapena il quattro per cento, la stessa percentuale che aveva dato a Light d’esser Kira all’inizio. Forse avrebbe dovuto avere più fiducia nelle sue deduzioni, era caduto troppe volte in errore ignorandole.

La cosa più strana, in tutta quella faccenda, era che non credeva d’aver chiuso gli occhi ed esalto l’ultimo respiro, anche perché non ricordava d’aver fatto qualcosa del genere.

Certo, ricordava il forte dolore al petto, il supplizio che gli aveva mozzato il respiro e fatto sbarrare gli occhi, mentre guardava il ghigno sadico di Light allargarsi sul suo volto. Ricordava per filo e per segno quel momento, l’immobilità che aveva toccato tutti, indistintamente, persino il mandante dello shinigami che non aspettava altro che il tempo si sbloccasse, ma da quel preciso istante sembrava che fosse trascorsa un’ora o poco più, giusto il tempo di dormire un po’, fare un sogno rilassante per poi ritrovarsi riverso a terra, nel proprio luogo di lavoro, distrutto non da un infarto, ma da una semplice giornata di fatica, preso dal sonno, non eterno, ma quello che coglie tutti i comuni mortali ogni giorno e invece non era stato così.

Nonostante tutti i suoi sforzi, aveva perso, ma a lui non piaceva perdere, trovava ciò inconcepibile; anche per Light doveva essere così e, a quest’ultimo pensiero, sorrise.

“Stavolta sarò io a vincere… ”. Giurò, alzando lo sguardo verso la finestra dell’appartamento di Near, ignaro che la sua nemesi stesse sorvolando lo stesso cielo nero come le tenebre che L con tanto determinazione osservava.

La sua mano era stata colta da un tremore, questo era vero, ma non era dettato dalla paura o dallo sconforto, ma dall’eccitazione che stava provando più forte che mai; una nuova sfida lo attendeva, essa non faceva altro che aspettare d’esser colta e Ryuzaki l’aveva appena afferrata.

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Capitolo 4
*** Rosa ***


Salve a tutti!
Ecco a voi un nuovo capitolo, questa volta dal punto di vista di Light.
Incontreremo anche in questo, un vecchio personaggio, da molti disprezzato e da molti amato.
Come al solito ringrazio chi recensisce, mette la storia tra le seguite o anche solo chi legge in silenzio.
Vi lascio al capitolo.

 
Buona lettura!

 
Vento, solo vento.

A quest’altezza non sento nulla se non il vento.

La sensazione del volo è inebriante, sono un tutt’uno con la notte, ogni virata è delineata, non  faccio un minimo errore, le mie ali rispondono come se fossero  delle comuni braccia, ne ho il completo controllo e in questo momento mi sento un Dio a tutti gli effetti.

Provaci L, prova a fermarmi, voglio proprio vedere se ci riesci.

Mi piace, adoro la tranquillità che c’è qua su, però quelle che mi fendono il viso non sono semplici brezze, ma folate d’aria gelida che sono a dir poco taglienti, tuttavia non ho intenzione di scendere di quota, avrei continuato a viaggiare a quest’altitudine se fosse servito a qualcosa, ma già vedo casa mia da qua su e so di dover atterrare ad una certa distanza, non devo catturare l’attenzione, non ancora.

L’atterraggio non è difficile come sembra, ora posso cominciare a camminare come un qualsiasi mortale. Sguardo basso e passo veloce, non devo dare nell’occhio, ma so già che nonostante abbia l’aspetto di un ragazzo normale, l’odore acre del sangue mi circonda e quindi passo tra vicoli stretti e strade secondarie. Non incontro gente, è tardi ormai, mezzanotte passata, di sicuro, Ryuk cammina dietro di me, continuando a ridere come un matto.

Finalmente arrivo a casa. Non mi concedo nemmeno un secondo di raccoglimento, ho del lavoro da fare, quindi cerco una rapida soluzione per entrarvi.

Mia madre teneva anni fa la chiave sotto lo zerbino, ma mio padre presto le aveva fatto togliere questa brutta abitudine, quindi questa non è un opzione. Faccio il giro e mi ritrovo sul retro.

Lì, forse, dovrebbe trovarsi un’altra chiave, nascosta in un vaso da giardino, celato ad occhi indiscreti, ma non ai miei. Aguzzo lo sguardo, fendo le tenebre che mi circondano e finalmente individuo il nascondiglio.

Apro la porta lentamente, cercando di fare meno rumore possibile e quando la richiudo mi giro di scatto. Tutto è immerso nell’oscurità, mi riesce difficile avanzare, ma so già che passi fare per arrivare in camera mia senza farmi sentire.

Poggio la mano sulla maniglia, non è abbassata di cinque millimetri, segno che mia madre tante volte era entrata nella mia camera…

Chissà cosa le avevano raccontato su di me. Avevano detto loro che in realtà io ero Kira?

 Scrollo le spalle, la cosa è alquanto irrilevante, ma allo stesso tempo improbabile.

Quando metto il piede nella mia camera non so cosa aspettarmi. Rimango sorpreso nel vedere che tutto è come lo avevo lasciato anni fa, ma ho del lavoro da fare, quindi analizzo velocemente cosa ho a disposizione.

 Mi serve una fonte d’informazione, immediatamente, devo vedere se ci sono ancora delle persone che credono in Kira, mi servono, ma non farò fatto lo stesso errore di tre anni fa, non mi fiderò di nessuno, mai più.

“Light, non c’è nessuno in casa”

Mi giro di scatto, guardando lo shinigami negli occhi, chiedendogli spiegazioni con il solo sguardo.

“Oggi è il ventotto febbraio. Tua madre ricorda questo giorno insieme a tua sorella, che è sposata tra l’altro…”

“Con chi?” Lo interrompo mordendomi l’interno della guancia, non volevo che il mio legame con lei fosse poi così evidente.

“Matsuda”

Rimango immobile, non un muscolo del mio viso si contrae, non provo nulla.

Una strana sensazione di fastidio percorre la mia spina dorsale, ma la faccio svanire in fretta, relegandola in un angolo remoto del mio cervello.

“Bene”. Dico togliendomi i vestititi sporchi e buttandoli a casaccio in un angolo della stanza. Apro i cassetti e mi accorgo che anche i miei vecchi vestiti sono a posto. Evidentemente mia madre non ha ancora superato la mia dipartita, sembra che abbia voluto rendere immobile questa stanza, come in attesa del mio ritorno.

 

Apro la doccia e presto il sangue viene lavato via dal mio corpo, ma non i miei pensieri che mi martellano la testa ogni singolo secondo, non ho il tempo di fare niente, di fermarmi su qualcosa, so che L è tornato, presto la casa verrà messa sotto sorveglianza, quindi, ancora un altro risciacquo ed esco dal bagno di fretta.

Scendo le scale infilandomi maglietta e pantaloni, arrivo in cucina e do un’occhiata al centro tavola.

Mele, c’erano soltanto mele.

Sorrido e ne afferro due, una la lancio a Ryuk che l’afferra gioendo, e, mentre mordo con avidità la mia, gustandomi sino all’ultima goccia di quel frutto così succoso e tangibile, salgo fino a raggiungere l’ufficio un tempo appartenuto a mio padre.

Il computer è diverso, nuovo. Lo riavvio e mi rendo conto che è molto più veloce del mio vecchio pc.

In un attimo sono sul web, ma ancora non posso cercare le informazioni che mi servono, devo isolare la rete prima.

“Cosa stai facendo Light?” Mi chiede Ryuk con la bocca aperta  nonostante il cibo ne strabordi, a quel punto sospiro e comincio a spiegare.

“Non posso restare qui, questa è una cosa ovvia,” le mie dita si muovono agili sulla tastiera, cancellando lettere su lettere per poi scriverne altre, sempre più veloci, sempre più veloci… “quindi devo cercarmi una nuova base. Kira non è mai morto per molta gente,  e qui, sul web, c’è ancora chi conserva la speranza di un nuovo mondo.” Carico un video, preso da una trasmissione di dibattito, analizzo ogni mossa dei presenti; tra gli spettatori ci sono vari attori, tuttavia ci sono anche delle persone serie.

Annoto mentalmente gli appellativi che passano in sottopressione e li riscrivo su un altro sito.
Nomi, vite e persino esperienze lavorative mi sfilano davanti agli occhi, senza nessuna censura, sono in grado di trovare ogni singola persona fino alle loro abitazioni. Ma ancora non mi basta, devo andare avanti.

La tomba di Kira

Questa frase mi salta all’occhio tra le miriadi di parole che appaiono continuamente in piccolo, sotto l’articolo che sto leggendo.
In pochi secondi la pagina si apre e allora comincio a leggere il breve testo.

Misa Amane, sospettata dalla polizia mondiale d’esser stata in precedenza il secondo Kira, si suicida all’età di ventisei anni.
Ogni anno, sulla sua tomba, appare una rosa rossa, ma la cosa che più incuriosisce è che questo fiore, non compaia all’anniversario esatto della sua dipartita, bensì quattordici giorni dopo, vale a dire il ventotto febbraio.
Nessuno ha mai visto qualcuno piangere sul freddo marmo bianco che nasconde il corpo dell’attrice e il mistero che circonda la rosa attira numerosi fans di Kira che cercano d’entrare in contatto con quella persona che ha avuto la capacità di non farsi mai scorgere da sguardi indiscreti. Molta gente desidera  parlarci, di farsi spiegare il significato di questo gesto, sperando, forse, in una risposta che contempli quel “nuovo mondo” che per molti non è mai stato altro che pura follia.

Sto in silenzio, non so per quanto tempo, mi rendo conto solo adesso d’aver interrotto la mia spiegazione.
“Il ventotto febbraio”. Sussurro mentre riprendo a picchiettare sulla tastiera. Sono sul punto di premere invio, quando il chiaro rumore di uno sportello che si richiude attira la mia attenzione.
Apro di scatto la porta dell’ufficio per andare in camera mia, scosto le tende e vedo che Matsuda è appena sceso da un’auto, accompagnato da due uomini e due donne, degli agenti.
“Dannazione!” Stringo i denti e corro nuovamente al pc. L aveva già fatto la sua mossa. Il fatto che abbia scelto proprio il mio vecchio collega di lavoro per cercare di fermarmi m’infastidisce parecchio.
Cancello ogni mia traccia in pochi secondi e afferro una penna. Scrivo dei nomi ed indirizzi a casaccio su un block notes e ne stacco il foglio. La mia scrittura è leggibile anche sul quadernetto.

Bene, avrebbero perso tempo cercando gente che di fatto non c’entrava nulla con i miei piani, forse L avrebbe immaginato che non era altro che un modo per sviarli dalle mie vere intenzioni, ma lo avrebbe capito tardi.

Afferro il Death Note e lo nascondo sotto la mia camicia.
Sento la porta d’entrata aprirsi e allora mi rivolgo verso le finestre della stanza. Spalanco le tende e i raggi della luna illuminano lo studio.
C’era sempre stata così tanta polvere in questa stanza?

No, mia madre era una fanatica della pulizia, un po’ come me, ma allora perché sembra che questa stanza non venga spolverata da anni? Solo la scrivania è tirata a lucido.

Ogni cosa, così come in camera mia, è al suo vecchio posto.
Per un momento mi sento svuotato. Persino la determinazione è andata via di fronte alla verità che mi si para davanti.
Mia madre non è mai andata avanti, lei aspetta ancora mio padre e me…
Mi riscuoto, ma cosa mi salta in mente in questo momento? Mi volto di spalle e faccio scorrere la finestra verso l’altro. Mi sporgo sul cornicione, sto per andare via, tuttavia, quando sento la maniglia della porta scattare mi blocco, ho la strana sensazione che la persona che è appena entrata nella stanza sia proprio…
“L-Light!”
Matsuda sbarra gli occhi, indietreggia, inciampa sui suoi stessi piedi e cade sbattendo la schiena contro lo spigolo della porta. Rimane senza fiato per un momento, poi si rialza e afferra la pistola sotto la sua giacca.

Trema da capo a piedi, non riesce a reggere nemmeno l’arma, nonostante l’imbranataggine dell’uomo, a quella vista non posso fare a meno di stringere il mio polso destro nella mano sinistra, quasi ad aspettare che la scena si ripeti, ancora e ancora, nonostante Matsuda non abbia ancora tolto la sicura.

Restiamo entrambi immobili, guardandoci negli occhi.

Dopo poco tempo che a me sembra un infinità, riesco finalmente a riacquistare la calma e allora mi siedo sul bordo della finestra, accennando l’ombra di un sorriso a mio cognato. “Hai visto un fantasma, Matsuda?” Chiedo ingenuamente dando l’ultimo morso alla mela rossa della quale ormai non era rimasto altro che il torso. Per un istante, immagino la situazione dalla prospettiva dell’uomo che mi sta davanti che non riesce ancora a rispondermi e… mi viene da ridere.

Forse questa mia reazione non è altro che un modo per ammorbidire l’odio che provo verso quell’inetto. Ma posso definire questo sentimento odio?

Sì, lui mi ha sparato, giusto un paio di anni fa, ma sarei riuscito a farla franca senza il suo “geniale” intervento? No, devo ammetterlo a me stesso. Ormai all’epoca ero stato messo con le spalle al muro, incastrato, senza via d’uscita, quindi non credo che quel che provo in questo momento verso Matsuda sia odio, tutt’al più ostilità e una voglia matta di fargliela pagare per aver messo le mani su mia sorella.

“Stai impazzendo Matsuda, vedi persino i morti?” Dico crudele cominciando a fargli il lavaggio del cervello, sempre che  ne abbia uno, sotto quella montagna di capelli.

Lo vedo tentennare per un momento, non sa se chiamare i rinforzi.

“Non sono pazzo L-Light” Sussurra  lui inumidendosi le labbra, avanzando di un passo e tendendomi la mano. “Adesso, allontanati da lì e afferrami la mano”. Aggrotto le sopraciglia, cominciando a pensare che non ci sia bisogno di confondergli le idee perché è già messo male di suo, ma quando l’aria fresca della notte mi scosta i capelli dal viso capisco cosa intende.

Pensa che mi stia per buttare dal primo piano.

Trattengo una risata e decido di stare al gioco. “A cosa servirebbe Matsuda? O qui, o in carcere, che differenza farebbe? Spiegamelo tu, perché io proprio non ci arrivo”

Dico con tono sommesso.  Mi sbilancio leggermente all’indietro, non tanto da lasciarmi cadere, ma abbastanza per vedere l’indecisione attraversare il volto pallido del poliziotto. In fondo, sono pronto a scommettere che lui mi vuole morto quanto io voglio morto Near.

“Non è detto Light”. Mi dice lui avvicinandosi ancora e mentre noi teniamo quest’incontro, Ryuk ride e sghignazza nel vedere Matsuda farsi prendere in giro, ancora.

“Già, forse sarai tu ad uccidermi, stavolta”. Continuo io sistemandomi in modo tale da potergli mostrare il mio polso destro.

Lui trasale a quella vista, ma non dice nulla.

“Matsuda, i giochi sono appena iniziati. Non ho intenzione d’abbandonare le scene così presto” Dico lasciandomi risucchiare dal vuoto per poi spiccare il volo giusto un secondo prima di toccare terra.

L’agente non si era neppure precipitato alla finestra per vedere la mia fine, ma era sceso fino ad arrivare dove avrebbe dovuto trovarsi il mio corpo.

Non posso vedere la sua espressione, sono già in alto, seguito da Ryuk.

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Capitolo 5
*** Cimitero ***


Buongiorno, o buonasera carissimi lettori!

Direi che questo è un altro capitolo d’introspezione per Light, più sui suoi ricordi del passato, ma gli avvenimenti non mancheranno.

Ringrazio come al solito chi recensisce o mette in una delle tre liste la storia, e anche chi legge in silenzio. Grazie mille, tutti voi mi fate apprezzare davvero ciò che scrivo.

Detto questo vi lascio al capitolo.

 

Buona lettura.

 

La neve ricopre ogni cosa.

 “È questa?” Chiedo a Ryuk, che annuisce senza proferir parola.

Mi chino fino a raggiungere con lo sguardo il punto dove nella fredda scultura si dovrebbe trovare il nome; la mano esita un po’,  ma poi comincia a togliere frettolosamente la poltiglia bianca che lo ricopre.

“Misa Amane”. Leggo sedendomi accanto alla tomba e mettendomi in attesa.

Le probabilità che l’articolo sia solo una montatura di L sono alte, ma non mi preoccupo. Avrei avuto un faccia a faccia con lui prima del previsto, ma sarei riuscito comunque a scappare se la situazione lo avesse richiesto. Le mie ali sono pronte a spiccare il volo.

Poggio la testa sulla fredda lapide. Sono le tre e mezzo del mattino, non c’è nessuno nel cimitero. Il buio mi circonda.

Il fatto che non ci sia anima viva in questo posto valorizza l’ipotesi della montatura dell’articolo perché se quest’ultimo fosse stato autentico, a quest’ora i seguaci di Kira si sarebbero dovuti trovare tutti qui in massa. Ma questa è solo una possibilità.

Misa era una sostenitrice di Kira, nonché una persona di spettacolo ammirata da molti; la rosa sarebbe potuta essere solo l’omaggio di un fan, se non fosse per il fatto che nessuno è mai stato visto offrire questo pegno, e allora vi sorge un’altra ipotesi. Da sostenitrice di Kira, sarebbe stato facile per Misa fondare una setta e lasciare istruzioni precise dopo la sua morte. Ma la ragazza era stata privata del Death Note, dei suoi ricordi, quindi anche questa teoria si sgretolava, a meno che…

“Ryuk, cos’hanno detto a mia madre, a mia sorella e a Misa, sulla mia morte?”

Lo shinigami ci pensa un momento e poi comincia a parlare. “Hanno detto a tua madre e tua sorella che eri stato ucciso per mano di Kira”. 

Annuisco pensando all’ironia della cosa, poi lo incito a continuare. “E cos’hanno detto a Misa?”

“Che eri via per lavoro”.

Faccio una lieve smorfia, non credevo che Misa potesse arrivare a chiudere gli occhi anche davanti a cose chiare come il sole. “Raccontami la sua fine”. Dico alzando il capo verso di lui.

“Non so nulla di preciso, sono rimasto un po’ sulla Terra, giusto per vedere la fine dei guai che avevi seminato, comunque sia, Matsuda si è lasciato sfuggire la verità e la poveretta non ha resistito. Nonostante avesse perso i ricordi legati al Death Note, lei ti amava Light, perciò ha deciso di farla finita per raggiungerti”. Ignoro il tono di voce di Ryuk appositamente drammatizzato e cerco di rilassarmi, ma i miei nervi sono tesi come non mai, non mi piace aspettare, e mi ritrovo a carezzare il marmo bianco, sorprendendomi.

Non provavo niente per Misa, non provo tuttora niente per Misa.

Io sono Kira, e ciò che mi ha riferito Ryuk non cambia i miei sentimenti. Ma allora perché sento questa fitta dolorosa all’altezza dell’addome?

Sorrido tra me e me. “Light, sei troppo sentimentale, troppo legato ai ricordi, troppo umano.”

A meno che non avesse scoperto tutta la verità sulla mia morte, in modo tale che potesse davvero lasciare un messaggio, ma questa è una possibilità a cui dare davvero poche probabilità.

Mi alzo, sto per andarmene, è del tutto inutile restare qui un minuto di più.

Quella rosa non è che il dono che si porta ad un defunto, nient’altro.

Saluto con lo sguardo la tomba della mia servitrice più fedele e volto le spalle, non tornerò mai più in questo posto. Ma quando sto per spiccare il volo, Ryuk mi avverte. “C’è qualcuno che ti osserva Light”.

Per un attimo rimango immobile, mentre con la coda dell’occhio mi guardo alle spalle. Non ho paura, ma sono sorpreso, non avrei messo la mano sul fuoco sul fatto che qualcuno si presentasse davvero.

Lo scintillio di una collana attira la mia vista sino al loro nascondiglio e ora, dopo un breve bisbiglio, la figura che porta al collo il gioiello si avvicina esitante.

Flemmaticamente porta le mani al cappuccio, quasi come se fosse indecisa sul da farsi, tuttavia quando smaschera il suo viso lo fa con determinazione, fissando i suoi occhi nei miei.

Resto colpito dal suo sguardo. Così vuoto, assente, mi ricorda in qualche modo quello di L, forse anche per le profonde occhiaie che lo segnano, ma il colore degli occhi, quel castano così chiaro, ma allo stesso tempo intenso, mi ricorda proprio quello di Misa. Il volto è pallido, i lunghi capelli neri lo incorniciano e mettono in risalto le labbra carnose.

Sicuramente una bella donna, niente da ridire, ma la somiglianza con Misa è assurdamente marcata.

Non è intimidita da me, nonostante le mie ali siano ben visibili alla luce della luna, ma mi sorride e s’inginocchia posando una rosa rossa ai miei piedi, le altre figure, sembrano invece essersi paralizzate sul posto.

“Sapevamo che saresti tornato. Kira”

La sua voce spezza l’incantesimo che blocca gli altri, e allora mi accerchiano, scoprono il loro viso e imitano la ragazza, prostrandosi d’innanzi a me.

“Ave Kira, il Dio del nuovo mondo”.

Quell’appellativo però, non mi da la soddisfazione che mi aspetto.

Quelle parole sono vuote, non hanno alcun senso, semplicemente  perché dettate dalla disperazione di quegli uomini che ostacolano la propria vista perché vogliono vedere solo ciò che desiderano.

Ancora non sono un Dio, devo ancora vincere le mie battaglie per diventarlo. L e Near aspettano la mia prima mossa.

Sento premere sotto la mia camicia l’arma più potente che il mondo intero abbia mai conosciuto. Poggio una mano su quel punto e comincio a parlare con la ragazza.

“Chi sei?”

Lei alza il viso verso di me, radiosa nel vedere che le ho rivolto la parola. “Sono Hikari Amane, sorella maggiore di Misa Amane”.

“Hikari Amane?” Sussurro. Ecco spiegata la somiglianza col secondo kira. Non sono sorpreso della sua presenza, nonostante non l’abbia mai vista prima d’ora, ho sempre considerato la possibilità di un legame tra lei e Misa.  “Perché sei qui?” ,

“Misa Amane ci ha detto che dovevamo attendere, che il nostro Dio sarebbe presto arrivato. Ha voluto che ponessimo una rosa il ventotto di febbraio sulla sua tomba per lasciarti un segnale. Non sappiamo il motivo della data”.

Io sì. Il ventotto febbraio è il mio compleanno.

Tuttavia continuo a non capire le ragioni di Misa.

“E questo ve lo ha detto poco prima del suo suicidio?”

Lei annuisce con un cenno del capo.

Il mio volto rimane impassibile.

Misa ha sempre avuto fiducia in me, ma arrivare a credere che io stesso potessi tornare in vita è a dir poco stupido. Nemmeno io riesco a credere che sto camminando, respirando; come aveva fatto quella ragazza a pensare sul serio ad una possibilità del genere?

“E perché si sarebbe suicidata se aspettava il mio ritorno?”

“Il dolore era troppo grande”

“Avrebbe dovuto aspettare”. Mi ritrovo a dire senza nemmeno volerlo. Scuoto la testa e mi rivolgo di nuovo alla ragazza. “Come faccio a credervi? Potreste essere dei semplici poliziotti”.

Hikari si alza, porta le mani dietro il collo e slaccia la collana per poi porgermela, un lieve tremore tradisce però il suo aspetto  composto, ha paura di me.

Il ciondolo, nero, con dei finissimi disegni in oro, ha la forma di un cuore, non è piccolo, tutt’altro, ma ha un’aria stranamente familiare.

Lo apro e rimango sorpreso da quello che vi trovo.

Io, Misa ed L sorridiamo davanti ad un obiettivo. O meglio, Misa sorride, io e Ryuzaki siamo soffocati da uno dei suoi abbracci.

Ricordo a stento quel giorno, forse perché è stato uno dei più imbarazzanti della mia vita e ho cercato in tutti i modi di non pensarci.

 

Flash Back

 

“Ragazzi, adesso basta. Non ce la faccio più. Io voglio uscire!” Misa sculettava come una gallina mentre camminava nella stanza scuotendo l’indice della mano in segno di disapprovazione.

Io e Ryuzaki, ammanettati, non riuscivamo più a reggerla, forse era stato proprio per questo che quella volta l’accontentammo.

Uscimmo tutti insieme, passeggiando per negozi con lei che urlava come una matta soffermandosi su ogni vetrina, e venendo assaliti da fan sfegatati che ben spesso io e Ryuzaki dovemmo allontanare, circa una ventina di volte. Ma la cosa più imbarazzante non fu questa, Watari era via quel giorno, per un motivo che non mi era stato dato sapere, e quindi io e il più grande detective del mondo dovemmo uscire con quelle manette.

La gente ci osservava straniti mentre costeggiavamo l’attrice, lanciando qualche risolino e battuta che non riuscivo proprio a sopportare, al contrario di L, che se ne stava tranquillo, sorridendo persino a coloro che lo prendevano in giro.

Un altro grido da oca di Misa.

Ci eravamo appena fermati in un parco, davanti ad una panchina, circondata da fiori e piante d’ogni tipo.

A quella vista non aveva resistito.

Aveva afferrato la catena, con una forza sovrumana, e ci aveva trascinato fino in quel punto. Aveva ripescato dalla borsa una macchina fotografica e aveva pregato un passante d’immortalarci.

 

Fine flash back

 

“Tieni”. Dico porgendole il gioiello, “non è una prova sufficiente”.

Ma lei indietreggia e scuote la testa. “Misa ha detto che devi tenerlo tu”. Prende la collana dalle mie mani e l’allaccia al mio collo. Vedo la catena scomparire sotto la stoffa e sento il ciondolo freddo posarsi sul mio petto.

Quando alzo nuovamente lo sguardo, la donna mi fa cenno di seguirla.

Gli altri uomini si rimettono il cappuccio, aspettano che io cominci a camminare, per poi seguirmi.

Non sono molti, una decina più o meno, sono organizzati, si capisce dal loro silenzio, dalla loro postura.

Il sentiero che percorriamo non porta all’uscita del cimitero, ma mi lascio scortare, come se non mi fossi accorto di nulla e presto Hikari si ferma.

“Questo non è il massimo dei confort, ma se vogliamo uscire da qui, passando del tutto inosservati, dovremmo passare da qui”.

Guardo il tombino ai suoi piedi, non do nessun segno se non un sì secco.

“Per quelle”. Mi dice lei allungando una mano verso le mie ali.

Mi scosto lievemente e lei si blocca.

“Non saranno un problema”. Dico ritraendole del tutto.

I presenti trattengono il fiato, mentre Hikari annuisce tra sé e mi dice di seguirla.

Non so come vedere questo suo disinteressamento verso la mia natura, ormai si vede che non sono più del tutto umano, ma a lei sembra non importare, da questo punto di vista mi ricorda la sorella che passava sopra i miei eccessi e la mia indifferenza pur di starmi accanto.

 

“Non è un bel posto per un Dio, non è vero Light?” Ryuk mi sorride, per quanto il suo si possa definire sorriso, e mi sta alle spalle trattenendo le risate.

Non do segno di difficoltà alla gente che mi circonda, ma lo shinigami mi conosce bene e sa quali pensieri mi balenano per la testa.

I condotti sotterranei sono umidi, scivolosi, è difficile starvi in equilibrio, faccio fatica per mettere due passi in fila.

Io, che ho carezzato con mano la realtà di librarmi in alto, cosa che tutti gli uomini desiderano ardentemente almeno una volta di fare, ora sono costretto a camminare a testa bassa sotto terra, tra quelle anguste pareti, così strette.

File d’immagini mi scorrono davanti agli occhi.

Sono Light, un fragile umano all’orlo della pazzia ridotto allo stremo delle forze che cerca inutilmente di salvarsi scrivendo un paio di nomi su un semplice pezzo di carta…

Ritorno al presente.

No, quella situazione non si presenterà mai più, non mi ridurrò nuovamente in quel modo.

Accelero il passo, costringendo gli altri ad aumentare il loro e finalmente giungiamo alla fine di quell’orribile baratro.

Le scale portano all’uscita, finalmente, ma mi trattengo dal percorrerle di corsa.

Mantengo la mia compostezza anche quando, giunti all’esterno, Hikari mi fa segno di salire su un’automobile, nonostante il continuo sospetto che quel mezzo mi porti verso un’imboscata di L.

Non c’è niente nel  comportamento della ragazza che renda ovvia una conclusione simile, ma il detective ha dei validi collaboratori, Naomi Misora ne era la prova e sicuramente ce ne sarebbero state altre al suo livello, devo mantenere alta la guardia e cercare una qualsiasi discontinuità nel comportamento della donna.

Poggio la testa contro il vetro dell’auto e osservo la città sfilarmi davanti, mentre la sorella di Misa da istruzioni al conducente…

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Capitolo 6
*** Gioco ***


Salve a tutti, ecco un nuovo capitolo : )

Questa parte della storia si svolge nell’arco della stessa notte, possiamo considerarlo il continuo del terzo, con un salto temporale di poche ore.

Inizialmente, vi sarà un flash back di Near, per poi arrivare all’inizio vero e proprio della stora.

Ringrazio di cuore chi ha recensito, messo in una delle tre liste o semplicemente letto, la storia.

Spero che il capitolo vi piaccia.

 

Buona lettura!

 

Near era seduto sul pavimento, intento a montare uno dei suoi soliti domini.

Un semplice gioco, così avrebbe definito una persona comune il suo modo di passare il tempo, ma in realtà, dietro ogni sua mossa, vi erano numeri su numeri che formavano una lunga e complicata operazione che lui non vedeva l’ora di risolvere.

Gli serviva solo una tessera, l’ultimo minuscolo pezzo che gli mancava per completare il miglior domino che avesse mai fatto.

Aveva organizzato tutto, nei minimi dettagli.

Si era preoccupato di procurare a Matt i suoi soliti giochi e aveva regalato a Mello un bel po’ di barrette di cioccolata e tutto per non essere disturbato da loro, che di solito si divertivano togliendo uno dei tanti composti del suo lavoro, mandandoglielo all’aria.

Ma questa volta non sarebbe successo, era solo in camera.

Aveva calcolato ogni possibilità, nessuno poteva disturbarlo in alcun modo, o interromperlo sul più bello.

Avvicinò una mano al componente che avrebbe fatto scattare migliaia di reazioni a catena, mostrando uno spettacolo per gli occhi estranei e una riproduzione nella realtà di quello che la sua geniale mente era riuscito a creare, per lui.

Incurvò lievemente le labbra quando sentì il primo scatto e vide le tessere cadere proprio come se le era immaginate, aumentando e diminuendo la velocità ad ogni cambio di direzione.

Ora andavano a destra, ora a sinistra, incontravano una lieve difficoltà, ma i calcoli di Near erano perfetti, niente poteva fermare la loro avanzata.

Il suo domino era arrivato quasi alla fine e ancora nessuno gli aveva ancora rotto le uova nel paniere e cominciò a rilassarsi, godendosi lo spettacolo di più a ogni secondo che passava.

Chiuse gli occhi per un istante, non voleva vedere l’ultima mossa delle pedine, lui voleva solo ascoltare il chiaro suono della vittoria, che sarebbe giunto al suo orecchio di lì a pochi millesimi di secondo…

Pochi millesimi di secondo…

Pochi millesimi di secondo…

Strinse i denti, qualcosa era andato storto nel suo piano. Possibile che avesse sbagliato i calcoli?

No, non se ne parlava proprio, per giorni aveva programmato tutto, cifre su cifre, centimetri per centimetri e per giunta aveva aspettato che Matt e Mello non fossero nella stanza quando avrebbe deciso di mettere in pratica il tutto, ma allora perché l’ultimo rumore non arrivava?

Aprì lentamente gli occhi, sicuro più che mai che un fattore esterno avesse rovinato i suoi piani e quasi non gli venne un infarto.

C’era un ragazzo seduto sul bordo del suo letto! Era accovacciato in una strana posizione, intento a studiare qualcosa tra le mani, con aria particolarmente interessata.

Quando abbassò gli occhi verso di lui, accennò un sorriso, nonostante il volto di Near avesse un aspetto alquanto irritato.

“Sei bravo!” Disse come se nulla fosse, come se non avesse appena rovinato il lavoro di una settimana.

Anche se il bambino mostrava soltanto un leggero fastidio esteriormente, dentro gli si rodeva il fegato. Tutte le ore spese per quel singolo lavoro erano state inutili, totalmente inutili.

“Grazie”. Rispose stizzito allungando una mano verso il moro, che lo guardò con aria interrogativa.

“Ah, vuoi questo?” Chiese tenendo il pezzetto con le punta delle dita come se fosse stato qualcosa di rivoltante. Ma che cos’aveva, l’artrite?

Un uomo, sulla cinquantina d’anni, comparve sulla soglia della porta. “Signorino L. Dobbiamo andare”.

A quel nome il piccolo Near sobbalzò. Quel ragazzo era L?

“Sì, Watari”. Disse lui guardando indifferente il vecchio, poi si rivolse nuovamente al bambino.

“Se aspetti troppo è possibile che un imprevisto rovini il tuo lavoro”. Si avvicinò e gli scompigliò i capelli per poi dirigersi, curvo, alla porta, seguito dallo sguardo del decenne, logorato dalla rabbia, che ancora non riusciva a credere con chi avesse appena parlato.

 


Il cellulare squillò insistente nella lussuosa stanza d’albergo, facendo riscuotere Near dai suoi pensieri.

Il successore di  L aggiunse l’ultimo pedone a quelli che aveva già disposto sul tavolo e rispose con voce atona.

“Problemi?”

Dall’altro capo della linea l’uomo era agitato e il ragazzo dovette prestare non poca attenzione per capire cos’aveva detto. “Ci è scappato”

A quelle tre parole, Near non rispose.

Non era arrabbiato per il fallimento dei poliziotti, in realtà, quella era la cosa che meno gl’importava.
Era chiaro come il sole che Light Yagami non si sarebbe fatto catturare in modo così frivolo, quindi non aveva mai nemmeno preso in considerazione l’idea che Matsuda riuscisse a fare ciò per cui lo pagavano, ma non aveva fatto conto con le emozioni di cui sarebbe stato vittima una volta divenuto certo che quell’assassino era di nuovo libero d’agire.

Quelle tre parole, significavano che lo avevano scovato, che era vivo.

Si era ritrovato L da un giorno all’altro davanti, sapendolo morto, essendo certo che fosse morto, tuttavia gli era bastata una semplice occhiata, che lo aveva riportato al suo primo incontro con quel ragazzo maleducato, per fargli capire che quello che si trovava davanti non era un semplice sosia ed era riuscito ad accettarlo con una facilità che aveva sorpreso persino lui stesso.

Ma per Kira, beh, quella era una cosa del tutto diversa.

Per quel caso, aveva dovuto sacrificare tutto ciò che per lui aveva un minimo d’importanza e ora poteva benissimo vedere che i suoi sacrifici erano stati vani. Una lieve espressione di fastidio compromise i tratti delicati del volto e quando qualcosa riusciva a compromettere l’indifferenza di quel viso non era mai un buon segno.

“Pronto?” Matsuda, sentendo il silenzio di tomba che si era creato, era diventato paonazzo e sudava freddo, non aveva ancora raccontato tutto, quindi si schiarì la voce, resa roca dalla paura di venir licenziato sul posto.

“Hai altro da dire?” Near aveva avvertito l’inquietudine dell’uomo.

“Questo è successo…”, il poliziotto si bloccò per riprendere subito dopo. “Due ore fa”.

A quel punto l’albino chiuse la telefonata e prese ad osservare nuovamente la sua scacchiera, sulla quale erano posate le pedine che ben delineavano la situazione.

“Matsuda, eh?” Chiese L sorridendo.

“Matsuda.” Annuì Near secco.

Il moro si alzò dalla sedia e accese il televisore, cominciando a fare zapping, cercando reti trasmettenti informazioni serie.

“Dunque”, cominciò mettendosi un dito in bocca. “Presumo che Mello sia...”
 “Sì”. Disse Near interrompendo la frase del detective, non voleva sentire quella parola, non ora che sapeva del sacrificio inutile dei suoi due vecchi nemici . “Anche Matt”.

“Capisco”

L fu colto da una strana sensazione al petto.

Non aveva mai avuto una relazione stretta con nessuno dei membri della Wammy’s House, ma non era forse dolore quel che stava provando?

Non solo si dispiaceva per la morte di Mello e Matt, ma al tempo stesso era combattuto per via dei sentimenti che provava verso il loro assassino. In quel momento per Kira, non provava altro che rabbia, ma non odio e ciò non faceva altro che confonderlo di più.

La situazione gli era limpida, aveva tutto sotto controllo, ma le sue emozioni no, non erano né limpide, né alla sua portata.

Troppo contrastanti, continuamente in lotta tra loro.

A quel punto decise di spegnerle, non era poi così difficile per lui.

Voltò la testa verso Near che continuava a fissare la scacchiera, concentrato, ma allo stesso tempo assente.

“Il numero di telefono dell’agente J”.

“Sempre lo stesso”. Rispose monocorde l’albino, alzando però un sopraciglio, incuriosito dalla richiesta del nome. “Ma è in missione”. Avvertì inclinando il capo per osservare meglio L, che annuì, imperscrutabile.

“L’ho ingaggiato io”.

“Quando?” Chiese Near voltandosi completamente verso L, aveva catturato del tutto il suo interesse.

Il detective spostò un ciuffo ribelle davanti al viso e cominciò a parlare. “Nove anni fa, caso Kira”.

“Hai coinvolto quell’agente, all’epoca?”

“Esatto”. Disse L sporgendosi sul tavolo per afferrare l’ennesimo dolcetto di quella notte.  “Era la guardia del corpo di Misa Amane”

“Il secondo Kira….” Continuò Near togliendo le pedine dal tavolo. L stava per rivelargli qualcosa.

“Ho ottenuto l’aiuto di quell’uomo molto facilmente, vuoi sapere come?”

Near lo guardò senza accennare nulla.

“Gli ho offerto una fragola, con tanto di panna”. Annunciò L, interrompendosi per dare ascolto alla tv, per poi riprendere subito dopo. “Beh, credo che anche Watari c’entri qualcosa, lo ha pagato se non sbaglio”. Si portò un dito alla bocca e cominciò a mordere l’unghia.

“Per cos’hai ingaggiato uno degli agenti migliori della Wammy’s House?”

L scrollò le spalle. “Per fargli tenere sotto controllo la situazione, anche dopo la mia morte. Il secondo Kira in particolare”.

“Mi sembra strano, non è il tipo d’accettare incarichi così monotoni, inoltre tu sei morto, perché avrebbe dovuto continuare a lavorare sotto il tuo nome, rendendosi irreperibile persino a me…” Il tono del ragazzo non era formulato in modo da essere una domanda, il suo voleva essere un ragionamento, tuttavia L rispose.

“Era, beh, lo definirei uno dei miei più validi collaboratori, abbiamo lavorato su diversi casi assieme e visto che mi hai appena detto che è ancora in missione, significa che non ha abbandonato il caso, quindi dovrò ringraziarlo come si deve, mi sa che gli offrirò una mela carame…”
Ma L non finì la frase.

Il telegiornale che stava seguendo venne improvvisamente interrotto.

Lo schermo diventò nero abbastanza a lungo da mettere in soggezione persino i due detective, che misero da parte la conversazione e restarono in attesa.

Dopo una lieve interferenza, sullo schermo apparve un giornalista, dall’aspetto trasandato, era stato costretto a precipitarsi di corsa sul luogo di lavoro, che cercò di sistemarsi la cravatta, rinunciandovi quasi subito, dopo di che prese dei fogli sulla scrivania e cominciò a leggere con voce tremante, spezzata dal fiatone.

“Quattro morti in Europa.” S’interruppe, prese un po’ di fiato e riprese. “Le nazioni sono: Francia, Regno Unito, Germania e Italia.” Si fermò nuovamente e poi continuò con voce più pacata. “America, Russia e Cina; tre morti.” Lasciò la frase in sospeso, quasi a voler mettere suspence i telespettatori, o, più probabilmente, cercando di far salire gli ascolti. “Le vittime, considerate tra i più grandi criminali al mondo, sono decedute contemporaneamente”. Ancora attesa, ancora un momento, il Mondo non era ancora pronto per il suo ritorno,“la causa della morte”, L deglutì mentre Near poggiò il gomito sul tavolo e la mano sulla guancia, aspettando che la conferma sovrana giungesse, “è di arresto cardiaco”.

A quel punto, L non ascoltò più nulla.

Venne trascinato indietro nel tempo, altrove nello spazio, davanti ad un giovane dallo sguardo furbo e intelligente.

Fronteggiava Light Yagami, fronteggiava Kira, entrambi in cima a torri rappresentanti ideali di giustizia differenti, entrambi sorridevano all’altro, beffardi, convinti della propria vittoria, mentre forti folate di vento cercavano di farli cadere nel vuoto, per farli andare incontro ad una pesante sconfitta, ma loro resistevano, non avrebbero permesso a nessuno d’intercedere nella loro lotta, nessun altro avrebbe trionfato sul loro avversario.

Il gioco era iniziato.

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Capitolo 7
*** Telefoni ***


Da quanto tempo non scrivo un nome sul Death Note?
Molto, questo è sicuro, perché non è possibile dimenticare la scarica d’adrenalina che ti percorre il corpo e ti rende più consapevole che mai della tua responsabilità sulla fine di una vita, eppure io l’ho fatto, ho scordato…

Anzi, ho direttamente chiuso gli occhi, ponendomi giustificazioni più che valide; la gente di buon cuore merita questo mio sacrificio.

Lo stridio della penna contro il ruvido foglio, mentre emette nero su bianco le sentenze del Dio del nuovo mondo, è l’unico rumore nella camera.

La lussuosa residenza di Hikari non passa certo inosservata, ma presto abbandonerò la grande villa e stazionerò nella base della setta, soltanto in pochi conoscono la sua reale ubicazione, tuttavia la presenza d’infiltrati della polizia è probabile, quindi dovrò impegnarmi al massimo per lasciarmi continuamente una possibile via di fuga.

Ho lanciato un chiaro segnale ad L, ho già fatto morire sette dei maggiori esponenti criminali al mondo d’arresto cardiaco. Nessuna via di mezzo, ho estirpato la loro vita con il più puro potere del Death Note.

Il Mondo è stato avvertito, presto lo plasmerò a mio piacimento.

Tre colpi secchi alla porta riecheggiano nella stanza.

Volto il busto verso l’origine del rumore e parlo con un tono di voce controllato, che cela il fastidio che ho provato nell’esser interrotto. “Avanti”.

Uno spiraglio di luce entra nella penombra della stanza, mentre un anziano fa capolino.

“I signori l’attendono nella sala delle riunioni”. Tiene il capo chino, non rivolge mai il suo sguardo verso di me.

“Grazie per avermi avvisato, scenderò immediatamente”, dico congedandolo con un cenno del capo.

L’uomo annuisce e mi lascia nuovamente solo, almeno ai suoi occhi, perché uno shinigami mi è accanto, intento a lamentarsi.

“Light, non potresti far portare una mela in camera? Cosa ti costa?”

Sospiro e mi alzo dalla sedia, nascondendo nuovamente il Death Note sotto la mia camicia. “Dopo te ne porterò una…” Ma Ryuk non mi sta ascoltando, è intento a sghignazzare. “Come siamo diventati prudenti”.

“Non sono mai stato un tipo azzardato”.

 


Una volta messo piede nella lussuosa stanza, le  cinque persone sedute in tavola si alzano. Hikari mi sorride e, ponendosi dietro la sedia a capotavola, mi fa cenno di accomodarmi.

A ogni singolo passo lancio occhiate furtive ai presenti, studiandoli.

Sono tutti uomini, l’unica donna è la sorella di Misa, che è tornata al suo posto.

“Kira, mi è stato chiesto di darvi questo”. Dice la ragazza porgendomi un foglio.

“Da chi?” Chiedo osservando l’indirizzo scritto in bella grafia e cercando di collegarlo ad un luogo, tuttavia non ci riesco, conosco quella via, ma essa non ha nulla a che vedere con me.

“Misa Amane”. Risponde lei.

Sento il ciondolo al collo farsi improvvisamente pesante, ignoro questa sensazione e infilo il foglio nella tasca dei jeans.

 “Dovremo decidere il da farsi”. Dice il più giovane degli uomini. Ben vestito, portamento fiero, ordinato in ogni dettaglio. Sostiene il mio sguardo come se niente fosse, non batte ciglio.

“Non dovrete decidere proprio niente”.

La mia voce risuona forte nella sala, vedo i presenti distogliere lo sguardo dal mio volto e il ragazzino impallidire.

Rimango per un attimo in silenzio,  avevo alzato il tono della voce di proposito, per riflettere sulla loro reazione.

Nessuno aveva fatto nulla di sospetto, ma c’era d’aspettarselo, in fondo se ci fossero stati degli infiltrati per ordine di L non avrebbero lasciato molti indizi.

Lo squillo di un cellulare sorprende tutti, in una riunione del genere è inopportuno tenere il telefono acceso.

“Scu…scusate”, balbetta un uomo.

Osservo ogni suo movimento, è agitato, non vorrebbe catturare l’attenzione, ma quel suo gesticolare convulso, alla ricerca del telefono, procura l’effetto opposto desiderato. Si sistema gli occhiali spessi, assottiglia le palpebre e cerca di sistemare il grovigli di capelli neri.

“Non posso parlare, sono in riunione”. Bisbiglia alzandosi dal tavolo e facendo un segno di scuse, per poi lasciare la stanza.

“Perdona John, mio signore, è sempre stato un tipo particolare”

Annuisco alla ragazza, mentre escludo la possibilità che quel soggetto possa essere collegato ad L, a meno che non avesse fatto lo stupido di proposito…

“Signorina Amane”, il maggiordomo, l’uomo che era venuto ad avvisarmi della riunione, fa un lieve inchino e aspetta che la ragazza gli dia il concesso di parlare.

“Sì, Kuro?”

“Vorrei che mi concedesse il permesso per congedarmi e sistemare le camere degli ospiti”.

Hikari annuisce e il maggiordomo lascia la sala.

“Quindi, signore, dovremo attendere i vostri ordini?”

“Rikuo, credo che ora Kira ci metterà a conoscenza delle sue intenzioni…”
”Un momento,” interrompo la donna, studiando anche l’uomo di mezza età che cerca di non esporsi più di tanto, fiancheggiando il suo vicino, che di tanto in tanto gli lancia occhiate che servono ad ammonirlo, quei due non sono intrusi, decido, costatando della loro insicurezza trasmessa in ogni singolo movimento.

“Non sono intenzionato a lasciarvi più istruzioni del dovuto”. Annuncio lasciando tutti di stucco. “Quello che voglio sapere è se ho la vostra fiducia. Siete pronti ad ascoltare qualunque cosa io dica, o accettare le mie azioni, senza mai obiettare?”

Per un attimo i presenti sembrano smarrirsi, non sono più sul posto, intenti a pensare alla scelta che sono appena stati chiamati a compiere.

Fidarsi, o non fidarsi, di colui che diceva di essere il Dio del nuovo mondo?


Intanto, a non molti chilometri di distanza, in un’altra camera di lusso, un ragazzo è intento a discutere con fervore rinnovato al telefono con un suo vecchio collega di lavoro.

“J, com’è la situazione?”

L’uomo dall’altro capo del telefono si paralizza per un istante al suono di quella voce, ma dopo il trauma iniziale, si riprende e comincia la conversazione. “Pensavo che avrei avuto l’onore di parlare con L in persona, l’attuale L”

Ryuzaki sorride mentre si accorge dello scetticismo dell’agente. “In tal caso, mi spiace informarvi che pensavate male, dovrete accontentarvi di quello vecchio”.

J socchiude le palpebre, l’atteggiamento dell’individuo con cui sta parlando è davvero simile a quello del suo collaboratore, ma questi è morto molto tempo prima, quindi è da escludere che si tratti realmente lui, nonostante fosse appena stato in un’altra stanza con un presunto dio di un nuovo mondo, non crede che il grande detective sia davvero tornato in vita.

“Immagino che L non faccia contattare molto facilmente i suoi subordinati da qualcuno, presumo che tu stia lavorando con lui”. Ryuzaki, a queste parole,  annuisce tra sè, trattenendo un sospiro, l’agente J è sempre stato una testa calda, non credeva mai a niente e a nessuno, doveva prima toccare con mano, o vedere con i propri occhi, per accettare se una cosa fosse vera o meno. Lsi sorprende nel constatare che non è cambiato di lì a nove anni. “Quanto sto per darti, è l’indirizzo di casa della signorina Hikari Amane, qui si trova Kira…”

Il vivavoce del telefono è chiaro, Near prende carta e penna, segnando tutto per filo e per segno.

“Vi precipiterete in casa”, affermò J portando una mano sulla fronte, cercando di mettere in chiaro la situazione.

“Sì.”

“No.”

“Cosa?” L’agente aveva appena sentito due voci diverse, presumibilmente, una apparteneva all’attuale L.

“Mi devi fare un favore”, dall’altro capo della linea, Near guarda con labbra serrate Ryuzaki, sperava proprio che non lo facesse e invece…

“Non devo nulla a te”. Dice J, cercando di non lasciarsi convincere da quel tono così dannatamente familiare.

“Agente J, sono l’attuale L,” Near prende in mano la situazione, cercando di mantenere un tono della voce fermo e deciso “la prego di ascoltare quanto il mio predecessore ha da dire”.

Ryuzaki ringrazia con lo sguardo Near, che ritorna alle sue pedine, per poi riprendere. “Voglio che tu porti al quartier generale Kira. Dovrai scortarlo fuori mentre una pattuglia penetrerà in casa arrestando i presenti”.

“Perché?”

“Perché ti offrirò una mela caramellata, questa volta.” L sorride mentre interrompe la chiamata.

“Sei sicuro che farà ciò che gli hai chiesto?”

Ryuzaki porta il pollice alle labbra e posa il telefono sul tavolo. “Credo proprio di sì”.

 

Angolo dell’autrice
A dire il vero, non ho molto da dire su questo capitolo, poiché essendo una parte di passaggio è molto breve, ma al tempo stesso importantissima, ma comunque non riesce a convincermi, quindi mi affido al vostro giudizio xD.
Ho fatto in modo da non far capire chi è l’agente J e mi piacerebbe sapere le vostre opinioni in merito, inoltre ho reso il capitolo un po’ confusionario, anche perché la situazione andrà a peggiorare già nel prossimo capitolo…
Spero di non avervi annoiato, alla prossima!

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Capitolo 8
*** Luce ***


Buongiorno a tutti!

Ad essere sincera, non pensavo proprio di riuscire a pubblicare il nuovo capitolo a distanza di così poco tempo dal settimo, eppure eccomi qui.

Partendo dal presupposto che ho scritto ascoltando la colonna sonora di Kira, vorrei consigliarvi di leggerlo con questa musica di sottofondo, anche perché mi ha aiutato davvero tanto con la stesura del capitolo facendomi immedesimare ancora di più e con la speranza che faccia questo stesso effetto anche a voi, riporterò il link nel punto del capitolo in cui, secondo la mia mente baka, dovrebbe partire la canzone.

Non ho nient’altro da dire, se non augurarvi una buona lettura.

 

 

“Non è possibile, signorina Amane, ci hanno scoperti!”

“Che cosa?” La ragazza si alza di scatto dal tavolo e si precipita alla finestra, come a non voler credere al suono forte e chiaro delle sirene.

Scosta le tende e sbarra gli occhi.

“Cosa possiamo fare!?” Si porta le mani alla testa, mentre si guarda disperatamente attorno.

“Kira potrebbe nascondersi, in fondo non hanno prove che sia qui”. Dice uno dei presenti sbattendo i pugni sul tavolo.

“Sciocchezze” Dico alzandomi lentamente dalla sedia per dare un’occhiata all’esterno, gli uomini sono armati fino ai denti, alcuni si stanno dirigendo di corsa verso le porte.

“Kuro, ti prego, aiutaci!” Hikari si butta tra le braccia del maggiordomo, questi la stringe a sé per un attimo, per poi guardare verso un punto imprecisato della stanza. “Kira, dovrete venire con noi, se non volete essere arrestato”

Trattengo un sorriso, non mi avrebbero mai catturato così facilmente, tuttavia seguo le sue istruzioni.

Sentiamo il rimbombo dei colpi alla porta mentre ci rechiamo di corsa sul retro della villa.

Il maggiordomo infila una mano nella tasca, estrae una chiave e apre una porta. Hikari lo segue in silenzio, mentre io mi fermo sulla soglia.

“Ryuk, aspettaci al quartier generale”. Ordino per poi raggiungere i due, senza badare allo shinigami che sconsolato aveva continuato a chiedermi mele fino a qualche minuto prima.

 La stanza è un garage interno.

“Salite sui sedili posteriori, in caso di sparatoria sarete più protetti.”
 “Ma Kuro, tu…” Cerca d’obiettare Hikari, ma l’uomo non le dà il tempo di replicare che apre lo sportello per invitarla a salire al più presto possibile.

Il rumore dell’acceleratore stride lievemente mentre la saracinesca non fa in tempo ad aprirsi completamente che già la macchina schizza via tra gli spari ben udibili che sfiorano l’auto senza mai colpirla e finalmente imbocca la via principale.

Nel veicolo piomba il silenzio assoluto mentre la strada scorre d’innanzi ai miei occhi.

La guardo, ma non vedo nulla, sono finito in un altro vicolo cieco, dannazione, sono stato troppo lento.

Una strana sensazione di deja-vu s’intromette furiosa nella mia testa, mi concentro maggiormente ed ecco il fatto balenarmi davanti agli occhi come se stesse accadendo in questo preciso istante.

 

Le urla strazianti di Misa per un attimo si erano unite alle mie e a quelle di mio padre, era stato solo un istante che era sembrato un arco di tempo ben più lungo, eppure il tutto si era concluso con un suono secco, sorprendentemente placido, in contrapposizione al rumore ben più assordante che mi sarei aspettato…

 

Ritorno alla realtà, qui non c’è nessuno che parla, il maggiordomo guida senza darci la minima confidenza, ancora non è deciso a rivelarsi, mentre Hikari è raggomitolata su sé stessa, trema visibilmente, è scioccata.

“Dove stiamo andando, Kuro?”

Nessuna risposta, l’uomo sembra essere più concentrato che mai sulla sua guida.

“Kuro, ti prego rispondimi”

Ancora silenzio.

Vedo l’espressione della donna mutare, affila lo sguardo, s’inumidisce le labbra. “Kuro, ti ho ordinato di risponder…”

“Non sono più ai vostri ordini, signorina Amane”

“Come scusa?” Chiede interdetta, osservandolo stralunata.

“Cosa faceva Kuro prima di lavorare con te”. Chiedo inclinando il volto verso di lei con fare rassegnato.

Lei ci riflette su un attimo, infine mi guarda, ormai del tutto sconcertata, ed esclama con la voce che si affievolisce ad ogni parola pronunciata. “Era la guardia del corpo di mia sorella…”

Cadono le maschere, mentre la ragazza si rende conto della verità.

“Sì,” sussurro a mia volta poggiando il peso del mio corpo sul sedile. “L’uomo di cui Misa si poteva fidare dopo la mia morte, più di chiunque altro, soprattutto perché questi era stato consigliato da L in persona come possibile candidato alla sua sicurezza personale, quale infiltrato migliore?”

“Devo ammettere che inizialmente ero scettico”. L’uomo si ferma, flemmatico per poi riprendere. “Non credevo fossi davvero quel Kira, pensavo ad un sostituto, un semplice imitatore, ma possiedi comunque delle informazioni che circolano all’interno della base…”
 “Non possiedo alcuna informazione se non quelle cui sono venuto a conoscenza anni fa. Ora, cosa vuoi fare? Dove ti ha chiesto di portarci L?” L’uomo stringe le mani attorno al volante, corrucciando le sopraciglia, non sembra essere intimorito dalle mie affermazioni. “Non vuoi rispondermi? Allora tirerò ad indovinare, il quartier generale? Probabilmente, credo che sia l’unico posto dove L possa recarsi, in modo tale da poter agire così velocemente, sperando che Near non l’abbia fatto fallire, sai, non è mai stato molto bravo con la gestione del denaro…”

“Come hai capito chi ero in realtà?”

Mi scosto la frangia dagli occhi, dopodiché sospiro e rispondo alla domanda. “Mi è sembrato strano che i poliziotti non circondassero anche il retro della casa, i proiettili hanno solo sfiorato l’automobile senza mai colpirla, avevo già vagliato l’ipotesi di un infiltrato e quando ho sentito arrivare la polizia il quadro è stato abbastanza chiaro…”

“Kuro, come hai potuto farmi questo, mi fidavo di te”. Lo accusa Hikari portandosi le mani al viso, cercando di calmarsi e, con mia somma sorpresa, ci riesce. Si siede composta, aspettando la fine di quel lugubre viaggio che per lei non avrebbe segnato altro che una condanna a morte per aver aiutato Kira.

Passano i secondi, passano i minuti, nessuno apre più bocca.

Non sono agitato, tutt’al più quasi emozionato, non so ancora come, ma riuscirò a scansare il tranello che mi ha teso L.

La strada comincia ad illuminarsi dei neon della città, permettendomi di riconosce il luogo, manca poco ormai, davvero poco.

Sorrido lievemente, voglio proprio conoscere le tue intenzioni, ma cosa farai davanti ad un vero Dio della morte? Quale sarà la tua reazione? Già non sono sicuro della mia, non potrei mai indovinare la tua, non ora, che l’eccitazione si fa largo in me.  Aspetto questo incontro da quando sono tornato, ma l’ho sempre pensato come un evento futuro, lungi dall’essere vicino, eppure l’auto non si è appena fermata nei parcheggi del grande grattacielo?

L’uomo apre gli sportelli con malagrazia, mentre con una pistola, impugnata saldamente, c’invita a scendere.

Gli ascensori sono poco più in là, non c’è nessuno a quest’ora, prima di lasciare l’abitacolo do un’occhiata all’orologio incorporato nel cruscotto, le quattro e trenta.

“Muoviti, non abbiamo tutto il giorno”.

“Concordo”. Dico trattenendo l’ennesimo sorriso, spero proprio che la “particolarità” di L non l’abbia abbandonato proprio in questo momento, anche perché non sarebbe male se il tetto del grattacielo sia la nostra destinazione finale.

 

(N.d.a. da questo punto in poi dovrebbe esserci la musica di sottofondo, ecco a voi il link http://www.youtube.com/watch?v=IY-hs6oz1W4 )

 

Mi do un’occhiata tramite il grande specchio dell’ascensore, sono perfetto, non ho nulla fuori posto, nessuna espressione facciale intacca il mio viso, eppure, ad ogni piano superato sento i battiti cardiaci aumentare; perché l’agitazione mi sta assalendo proprio in questo momento?

Trascorrono gli attimi, ma l’ascensore continua a salire, senza la minima intenzione di fermarsi, sempre più su, sempre più su.

Mi lascio scappare un sospiro,  attirando immediatamente l’attenzione dell’agente, che non ha mai distolto lo sguardo da me per più di mezzo secondo, non è preoccupato per Hikari, che si fa trascinare dagli eventi come se la situazione non la toccasse, e finalmente l’ascensore si ferma.

“Tu per primo”. Mi dice l’uomo facendo segno con la testa.

Metto un passo all’esterno e una folata d’aria fredda mi scosta i capelli dal viso, sono sul tetto.

La figura slanciata dello shinigami somiglia molto a quella di un fantasma, coperto da una lieve nebbia mattutina, posso distinguere la sua espressione scocciata sui lineamenti rigidi.

“Il tragitto non era poi così breve”.

Trattengo un altro sospiro mentre mi guardo attorno, Ryuk è sempre pronto a lamentarsi, avanzo più deciso, ma quando vedo che non c’è nessuno ad aspettarci oltre lo shinigami, non posso fare a meno di inclinare il volto in una smorfia, deluso, avrei voluto incrociare quelle iridi nere immediatamente, senza dover attendere un minuto in più del dovuto.

Una mano si posa sulla mia spalla e rimango spiazzato.

So a chi appartiene quel tocco, ma non mi sarei mai aspettato di sentirlo ancora. Forte e insicuro al tempo stesso, minaccioso e neutrale contemporaneamente.

Sento i miei polmoni cercare più aria, ma non permetterò al mio respiro di spezzarsi.

“Ryuzaki”. Affermo senza voltarmi.

“Credevo che avessimo messo da parte le doppie identità da tempo, Kira”.

Non rispondo, devo ammettere che è una sensazione strana sentirmi chiamare così da lui in modo tanto sicuro, privo d’incertezze.

L soffoca un riso, poi continua. “Hai smesso di fingere? Come mai non mi contesti più?”

Guardo le prime luci dell’alba cominciare a farsi spazio fra le tenebre della notte, tuttavia, le nuvole sono addensate sopra la città, rendendo vani i timidi tentativi del sole di dare la luce agli abitanti.

“Non c’è nulla da contestare”, dico socchiudendo gli occhi.

“Già, ma prima di continuare la conversazione, mi pare d’averti detto, tanto tempo fa, che non c’è colpo che non renda”.

All’improvviso la presa attorno alla mia spalla diviene più ferrea, mi sento trascinare all’indietro, trovandomi faccia a faccia col più grande detective al mondo e resto sconcertato nel vederlo alla mia altezza ad osservarmi con fare canzonatorio, giusto in tempo per ritrovarmi piegato in due dal dolore dopo uno dei suoi pugni.

Rimango per pochi attimi senza fiato, ma non posso dare segno di debolezze, quindi lo prendo per la maglietta bianca, pronto a colpirlo a mia volta, ma mi blocco improvvisamente.

Alle spalle del moro, Near ci guarda annoiato. “L, se avessi saputo che avevi solo l’intenzione di fare a botte, avrei fatto arrestare Light sul posto”.

Lascio la maglietta di L e indietreggio di alcuni passi, l’infiltrato tiene la pistola puntata contro di me, ma non me ne preoccupo, chiudo gli occhi e mi rilasso immediatamente.

“Salve, Near”.

“Kira”. Ricambia il saluto guardandomi di sghembo.

“Light, è finita”. Mi dice L, “e stavolta, per sempre”.

“Non direi, non è finita affatto”

Vedo la curiosità emergere dal volto del detective, ma nulla di più. Porta un dito alla bocca e annuncia. “Il palazzo è circondato, finirai in carcere”.

“Come ti stai sbagliando, L”.

“Kira, la prego, non mi lasci qui!” Hikari sembra svegliarsi da quel suo stato catatonico e allunga una mano verso di me.

Non so per quale motivo, ma sento l’impulso di rispondere a quella richiesta, alzo il braccio nella sua direzione, mentre le prime gocce di pioggia cominciano a bagnarmi il volto.

L’agente la fa avvicinare, in fondo, come potrei uscire da questa situazione?

Un lieve sorrisetto m’incurva le labbra, ma non è dovuto alla vicinanza del corpo di Hikari che mi abbraccia per tenersi stretta in provvisione alle azioni che, sicuramente immagina già, ho intenzione di fare.

“Opporre resistenza è inutile, Kira”.  Osserva atono Near che mi guarda spazientito, sul suo volto traspare qualcosa però, rabbia forse? Probabilmente, ma non posso esserne certo, anche perché l’albino nasconde bene le sue emozioni. “Hai già fatto troppo. Tu non sei altro che il rappresentante dell’oscurità della natura umana a questo mondo, credi d’essere nel giusto, ma in vero non sei altro che un assassino”.

“Ti sbagli anche tu Near”. Indietreggio di un passo, trascinando Hikari con me, ho bisogno di più spazio. “Vi farò ricredere”, dico a denti stretti, più sicuro che mai nei miei ideali. “Vi mostrerò che riuscirò a creare un mondo fatto solo di luce”.

Non aspetto un minuto di più, apro le ali e saldo la stretta sulla ragazza, non so descrivere il piacere che provo nel vedere il viso apertamente sorpreso di L, così come quello di Near e dell’agente, e con un unico battito mi alzo in cielo, lasciandoli alla loro incredulità.

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Capitolo 9
*** Alba ***


Buongiorno a tutti!

Ci tenevo a scusarmi per il ritardo, che ormai è di casa in questa fic.

Volevo aggiornare con più regolarità, ma a causa della scuola non ho proprio avuto tempo.

Passando al capitolo, qui stavolta i protagonisti indiscussi saranno L e Ryuk, perché il capitolo è basato sull’incontro avvenuto tra questi ultimi prima dell’arrivo di Light.

La situazione sarà narrata dal punto di vista di L in terza persona, come nel precedente capitolo, ho lasciato anche in questo delle track musicali, mettendo il link da dove dovrebbe partire la musica.

Non mi resta che augurarvi

Buona Lettura!

 

(N.d.a. prima track http://www.youtube.com/watch?v=AnlFMzK80h4&feature=related )

 

Una per una le stelle andavano scomparendo; ora quella a sinistra, ora quella a destra, lentamente, venivano inghiottite, non dalle tenebre, ma da una luce ancora più forte, che in quel momento, non si era ancora del tutto rivelata, ma che già aveva dato i suoi primi effetti.

L’alba non era ancora giunta, L Lawliet, sdraiato supino con le mani dietro la testa, osservava quello spettacolo naturale con il volto rilassato, mentre mille pensieri erano intenti a turbargli l’animo fin nel profondo.

Doveva aspettare, presto l’agente avrebbe portato Kira al suo cospetto e tutta quella storia, che aveva compromesso la vita di tutti gli uomini che aveva coinvolto per più di un lustro, sarebbe finita.

Le labbra di Ryuzaki si stesero in un sorriso amaro.

Sarebbe stato davvero così facile?

No, certo che no.

Light era troppo furbo, doveva avere certamente un asso nella manica ed L, steso sul tetto di quel maestoso edificio, si scervellava per capire quale potesse essere per troncare ogni possibile mossa dell’altro. Ma di fatto, Light era già bloccato, l’agente J era infallibile, uno dei migliori al mondo e anche se Kira era riuscito a mettere alle strette persino L, non era tornato in vita ché da quattordici ore, quindi non avrebbe avuto modo di pensare ad una buona strategia, ma al tempo stesso era impensabile risolvere il caso in così poco tempo…

“Ciao, L”

Il ragazzo si alzò di scatto, confuso dalla voce estranea; essa era bassa e roca al tempo stesso, non apparteneva a Near, ma se non fosse stato lui a parlare chi altri avrebbe potuto riconoscerlo?

E mentre con gli occhi individuava la figura slanciata dello shinigami, il rombo ovattato di un tuono che si disperdeva in lontananza giunse fino alle sue orecchie. Il Dio della morte gli sorrise, sempre se di sorriso si potesse parlare, ma Ryuzaki non accennò nulla.

Era rimasto immobile, quasi ipnotizzato da quell’essere.

Non emise un gemito, non un suono, nulla di nulla.

Rem, il primo shinigami con il quale era entrato in contatto, l’aveva più che spaventato, impressionato, questo era il termine più adatto, tuttavia, il Dio che si trovava davanti gli procurò un brivido lungo la spina dorsale.

Era molto diverso dallo Shinigami che lo aveva ucciso, quasi l’opposto.

Se in Rem aveva visto un minimo d’umanità, la divinità che gli stava davanti ne era priva e la sua presenza lo rendeva inquieto, ma non solo; gli sembrava che si fosse già trovato nello stesso luogo con quella stessa creatura…

“Sei il primo Shinigami, vero?”
Ryuk rimase colpito dalla domanda, il primo…

Questa parola risvegliò qualcosa nella mente dell’essere, ma la scacciò in fretta. “Con primo intendi…”
 “Colui che ha creato Kira”. Continuò L al posto suo.

Lo shinigami sghignazzò e si mise a sedere a gambe incrociate. “Sì, potrei essere stato io”.

Ryuzaki inclinò lievemente la testa, quel dio lo incuriosiva, perciò decise di sedersi accanto a lui.

“Come e perché”. Disse mettendosi comodo.

Ryuk sorrise, aveva da fare qualcosa, un altro interlocutore a cui raccontare della sua noia.

“Ho fatto cadere il quaderno nel mondo degli umani, Light è stato il “fortunato” che lo ha raccolto”.

Ryuzaki stette in silenzio, voleva la risposta anche all’altra domanda ed essa non tardò ad arrivare.

“Il motivo?” Chiese Ryuk ghignando. “Mi annoiavo”.

“Ti annoiavi…”Ripeté L.

Quindi lui, Mello, Matt erano morti solo perché un Dio della morte si annoiava? Chinò il capo affranto, rendendosi conto di quanto gli umani fossero succubi di quegli esseri.

“Perché riesco a vederti? Non ho toccato nessun quaderno, ma credo che ci debba essere per forza un legame tra me e te, ho qualche sospetto, ma preferisco che m’illumini tu”

Ryuk si leccò le labbra, compiaciuto dalle parole del ragazzo. “Ti ho riportato io in vita, è per questo che puoi vedermi”.

“Immaginavo”. Disse L alzando gli occhi d’ebano verso le pupille rosso fuoco dello shinigami. “E credo che tu sappia anche perché non sono tornato sotto un metro di terra…”

L’altro si strinse nelle spalle. “Anche se lo sapessi, non te lo direi, io non sto né dalla tua parte né da quella di Light, quindi non rivelerò nulla sul tuo avversario, come io non rivelerò nulla su di te”.

“Siamo mai stati nello stesso luogo?” Chiese infine L, rinunciando a cavar di bocca allo shinigami delle informazioni.

“Molte volte”. Sghignazzò l’altro. “Tutte molto divertenti”.

“Perché non riesco a ricordare nulla? Dopo la mia morte intendo”, continuò Ryuzaki grattandosi il capo.

“Beh, non so esattamente il perché, ma quello che ti posso dire è che i ricordi torneranno, lentamente, ma non saranno mai completi, per quello dovrai aspettare la tua seconda morte”.

Un altro tuono risuonò alle lugubri parole del Dio della morte, tuttavia L non fece una grinza, la paura iniziale si era come volatilizzata e si era persino abituato alla presenza della creatura accanto a sé.

“È possibile, per un morto, vedere le persone ancora vive e star loro accanto?” Chiese il detective dondolandosi sulle ginocchia.

“Credo di sì, non sono certo nemmeno di questo, sono un tipo molto pratico, non do molta importanza a queste cose”

Il suono di una risata uscì spontanea dalle labbra di L, gli piaceva quel tizio, e, ignorando l’immagine che gli passò per la testa in quel momento, continuò. “So già che mi conosci e come mi chiamo, ma voglio presentarmi comunque. Io sono L Lawliet, potrei sapere il tuo nome?”

Lo shinigami rimase interdetto, sorpreso da quell’umano e, dopo un po’ di silenzio, rispose. “Io mi chiamo Ryuk”

“Uno strano nome”. Constatò Lawliet mordicchiando l’unghia del pollice.

“Non mi sembra che il tuo sia da meno.” Disse l’altro con una punta d’irritazione nella voce.

L scrollò le spalle. “Può darsi, beh, se è per questo nemmeno Light è un nome poi così usuale”.

Il modo in cui la discussione si era alleggerita aveva un qualcosa che lasciava sorpreso Ryuk, ma di una cosa era certo, se Light era la notte, L era il giorno, due esatti opposti, ma entrambi riuscivano a spiazzarti anche solo con un gesto, forse, erano davvero gli umani più interessanti al mondo.

 

(M.d.a. Da qui invece dovrebbe partire la track di L, ecco il link http://www.youtube.com/watch?v=MTGlrcReWrk)

 

Un rumore attirò l’attenzione dei due, L capì immediatamente.

“Ryuk, ti prego di non dire nulla a Light della nostra conversazione, fa come se non ci fossimo mai visti, né parlati. Non dovrai propriamente mentire, dovrai solo evitare di dire certe cose, non è un aiuto”.

“D’accordo, ci sto L, ma… ma dove stai andando?”

Infatti il detective si era mosso per andare dall’altro lato del tetto. “Voglio fare uno scherzetto a Kira…”

Così L si era giustificato nascondendosi alla vista del ragazzo che aveva appena varcato la soglia dell’ascensore, ma la verità era un’altra. Non era sicuro della reazione che gli avrebbe procurato dover guardare negli occhi del suo avversario, si stava comportando da codardo, ne era consapevole, ma il rapporto che si era creato tra lui e Light, durante la prigionia di quest’ultimo, era stato forte, e guardare quelle iridi, che spesso lo avevano implorato chiedendo di credere nella loro sincerità, sarebbe stato come una pugnalata allo stomaco, perché lui, anche solo per un breve e folle istante, aveva quasi ceduto a quel lieve momento di debolezza, intaccando in modo indelebile la fredda corazza che portava e come risultato vi era stata la sua sconfitta.

Attese, voleva ritardare il più possibile quell’incontro, ma al contempo sapeva che doveva avvenire.

Allungò la mano pallida e affusolata verso la spalla del ragazzo e fu colto da una potente scarica d’adrenalina.

In quel momento, si rese conto che, oltre all’ansia della quale Light stesso era responsabile, provava anche una forte rabbia per quell’individuo e dovette contenersi dal fare mosse prettamente stupide.

“Ryuzaki”. Affermò il ragazzo senza voltarsi.

Quel nome infastidì ulteriormente L, che non tardò a replicare.

“Credevo che avessimo messo da parte le doppie identità da tempo, Kira”.

Light non gli rispose ed il detective dovette trattenere un riso.  “Hai smesso di fingere? Come mai non mi contesti più?”

“Non c’è nulla da contestare”

Quelle parole colpirono L, profondamente.

Per tanto tempo aveva aspettato la confessione del ragazzo, ma ora che l’aveva ascoltata si sentiva tradito, come se Light stesse mentendo proprio in quel momento, e non nei mesi in cui avevano collaborato al caso.

Che sensazioni stupide, ecco perché preferiva ignorarle, eppure arrivato a quel punto, preferì cedere, sfogarsi, far vedere la parte più umana di lui.

“Già, ma prima di continuare la conversazione, mi pare d’averti detto, tanto tempo fa, che non c’è colpo che non renda”.

Strinse la presa sulla sua spalla e quando sentì il suo pugno venire a contatto con lo stomaco del suo avversario sentì il suo animo riappacificarsi e, contenendosi dal dare sfoggio di una qualsiasi espressione, fronteggiò Kira, che intanto si era ripreso e ora lo teneva ben saldo per la maglia, ma quasi immediatamente, avvertì la presa ferrea sciogliersi e vide i tratti del viso acquisire una smorfia.

Light aveva perso il controllo.

“L, se avessi saputo che avevi solo l’intenzione di fare a botte, avrei fatto arrestare Light sul posto”.

La voce di Near. Era davvero lui la causa del tentennamento di Kira?

Ryuzaki guardò il castano indietreggiare e cercare di riprendere la solita intelligibilità del volto.

“Salve, Near”. Disse, riuscendo infine a tornare calmo.

“Kira”.  Rispose Near atono, con lo sguardo perso nel nulla.

“Light, è finita”. Disse Ryuzaki cercando di far ragionare Light, “e stavolta, per sempre”.

“Non direi, non è finita affatto” Sul volto di L balenò per un attimo la sorpresa, che davvero Light fosse riuscito a trovare un modo per sfuggirgli? No, stava bluffando, ne era certo. “Il palazzo è circondato, finirai in carcere”.

“Come ti stai sbagliando, L”.

Socchiuse le palpebre, fermandosi a pensare per un attimo, non fece caso alla ragazza che si era precipitata tra le braccia di Light, e sentì solo vagamente le parole di Near, ritornò alla realtà solo nel momento in cui delle forti folate di vento lo colpirono.

Alzò lo sguardo verso il cielo e sentì la sua maschera d’indifferenza sparire.

Gli angoli della bocca si sollevarono e gli occhi si sgranarono mentre il cuore accelerava di un battito.

Light Yagami se ne stava andando, in un modo che lui non avrebbe mai potuto nemmeno indovinare.

 

(Una piccola richiesta, conoscete anime con una grafica almeno simile a quella di Death Note?)

 

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Capitolo 10
*** Legami ***


 La vista si appanna, le membra s’intorpidiscono, mentre il chiaro passo del sonno che avanza mi porta ad una consapevolezza.

Devo scendere di quota, non ce la faccio più.

Ma al contempo mi devo allontanare il più possibile da quel palazzo: di certo, le pattuglie della polizia già mi cercano, sempre che L abbia rivelato la mia identità agli agenti, fatto improbabile tra l’altro, serve del tempo in questo momento, e sembra proprio che quest’ultimo scorra inesorabile, il detective non avrebbe mai fatto una mossa così azzardata, tuttavia una cosa è certa:

se restassi qui su, ora che le prime automobili si fanno largo nelle strade della città, non più deserta, non passerei inosservato, e questa è una cosa che non posso permettermi, non ora, non nella situazione in cui sono finito.

Individuo un vicolo e dopo pochi secondi atterro, nessuno mi ha visto. Lascio andare la ragazza che si stringe ancora a me e ritraggo le ali, dopo di che mi scosto del tutto dal contatto e indietreggio di un paio di passi.

“Sei spossato, non è vero Light?”

Le parole di Ryuk suonano sarcastiche al mio orecchio, ma non posso parlargli, visto la presenza d’Hikari, quindi mi limito a fulminarlo con lo sguardo.

Bastardo, sapeva che non avrei resistito per molto prima di cedere alla stanchezza.

Porto una mano alla tasca dei jeans e ne estraggo il foglietto che la ragazza mi aveva consegnato alla riunione. “Cos’è?” Chiedo senza una sfumatura nella voce, niente che faccia trasparire le mie emozioni.

L’indirizzo che vi è scritto non dista molto dalla nostra attuale posizione, mi sono avvicinato di proposito, se quell’indirizzo include la chiave di qualcosa, tanto vale individuarlo.

Lei mi guarda atona, per poi avvicinarsi e sussurrare. “Misa mi ha detto di parlartene solo lì”.

Detto questo mi prende per mano e comincia a camminare. “So dove andare, seguimi”.

Trattengo una smorfia, non mi piace la piega che sta prendendo questa situazione, visto i precedenti, non posso assolutamente fidarmi di questa ragazza, ma non ho alternative.

L’odore della pioggia appena cessata è forte, e le nuvoli promettenti tempesta, ormai all’orizzonte, hanno iniziato a lasciar filtrare qualche innocente raggio di sole.

Hikari si stringe a me, ma non come faceva Misa, infatti la ragazza non cerca appoggio, il suo è un modo per farci passare inosservati dalla gente che passa, anche se poca, con tutta probabilità diamo l’impressione di essere una coppia. Camminiamo tra le vie, ormai il nostro obiettivo non è lontano, e finalmente lo raggiungiamo.

L’edificio di cinque piani che ci sovrasta non è nuovo, abbastanza lontano dal centro della città, ma non del tutto isolato, un luogo come questo non desterebbe alcun sospetto, non essendo né ricco, né povero.

Hikari mi fa un cenno del capo e mi scorta fino al portone principale, dopodiché porta la mano alla tasca degli eleganti pantaloni neri e ne estrae una chiave.

 

L’interno dell’appartamento non da sensazioni differenti dal senso di assoluta neutralità che dà l’esterno; le pareti sono spoglie, prive di qualsiasi quadro e quant’altro,  i mobili sono essenziali, un divano e un tavolino. Avanzo nella penombra della casa, non oso metter piede in altre stanze, poiché il sospetto che anche questo luogo sia controllato dal terzo L è quasi una certezza.

“Puoi sederti” Dice Hikari facendo un cenno col capo, “puoi star tranquillo Light Yagami, non possono sapere di questo posto”:

“Così come la setta rappresentava la sicurezza?” Chiedo inarcando un sopraciglio, m’incuriosisce questo suo atteggiamento, molto più sicuro di prima, inoltre mi ha appena chiamato per nome, cosa che non ha fatto in precedenza.

“C’erano troppe persone invischiate, mi sembra più che logico che alla fine qualcuno sia riuscito a penetrare nella cerchia, anche se non mi aspettavo che l’identità della persona in questione fosse proprio di un fondatore”.

Mi siedo comodamente sul divano, alzando il volto verso il soffitto, sentendo premere contro di me la fredda copertina del Death Note, che non si riscalda al contatto col mio corpo. “Questo appartamento è sotto il tuo nome, lo confischeranno non appena avranno ripreso un minimo di lucidità”. Ma la vedo scuotere la testa, sicura di sé.

“La persona a cui è intestata la proprietà di questo…” si trattiene dal dire qualcosa, per poi riprendere “posto, non esiste, ogni documento, ogni intestazione, è falsa”.

“Falsa?” Ripeto sorridendo lievemente.

“Per farti capire, ti racconterò tutto dall’inizio, perché anche io, come mia sorella, ho intenzione di diventare i tuoi occhi”.

Aggrotto lievemente la fronte, lo sguardo si affila, mentre cerco di far trasparire una sorta di confusione.

“Non capisco…”
 “Oh, per favore, smettila Light”.

La donna si lascia scappare una risatina nervosa, passa una mano sui lunghi capelli neri e si dirige con passo frettoloso accanto a me, sedendosi e accomodandosi con una gamba accavallata e la testa lievemente inclinata, osservandomi con un sorriso spento e con quello sguardo costantemente apatico.

Sono sul punto d’obiettare, ma la vedo alzare gli occhi al cielo e subito mi zittisce con la sua voce. “Mia sorella mi ha raccontato tutto, conosco ogni cosa sul tuo conto; Kira. Secondo L. Light Yagami”.

Sospiro e la incito a continuare. “Come fai a sapere? Tua sorella aveva perso la memoria”.

“Lasciami parlare”.

 

 

E mentre Hikari Amane cominciò a raccontare la sua storia, fuori, la pioggia aveva ripreso a funestare la città…

 

Misa Amane, Hikari Amane.

Due sorelle, così simili nell’aspetto, quanto negli atteggiamenti.

Entrambe forti, sicure ed esuberanti, il loro legame non faceva altro che rafforzarsi col passare degli anni, e con l’arrivare dell’adolescenza, le due divennero inseparabili, sostenendosi a vicenda nei cambiamenti che sia il loro corpo, ma soprattutto la loro mente, attraversavano, tuttavia, Misa e Hikari erano simili, ma non identiche e, quando la disgrazia le colpì, queste loro differenze si rivelarono, soprattutto nel modo d’affrontare il dolore.

Se Misa sorrideva, negando ad altrui la sofferenza che di notte prendeva il sopravvento, facendo scorrere fiumi di lacrime su quel viso così spensierato e tranquillo di giorno, Hikari si era chiusa in se stessa.

Non riusciva a capacitarsi della morte dei suoi cari e aveva cominciato a vedere il mondo in modo diverso, da potersi definire apatico e cinico.

 Non riusciva a comprendere l’odio che la sorella provava verso l’assassino dei suoi genitori, lo considerava insensato, proprio perché lei si era distaccata da quella realtà così dura e fredda, perciò aveva deciso di finire gli studi per poi cominciare a lavorare per una rivista di rilevante importanza in Giappone, riuscendo a ricoprire uno dei ruoli principali e divenendo una persona di forte carisma, ma cercando di dimenticare il passato.

Intanto, i rapporti con la sorella si erano deteriorati, fino a diventare quasi nulli.

Sporadiche erano le occasioni in cui vi parlava, dovute principalmente al lavoro, infatti si era ritrovata spesso a contrattare con la sorella, ed era anche un po’ merito suo se Misa era riuscita a diventare tanto famosa in così poco tempo e mentre Hikari continuava a lavorare sempre più freneticamente, giorno e notte,  fregandosene dei sentimenti che in cuor suo sapeva di provare ma che negava, riuscendoci quasi perfettamente, Misa conosceva il suo Giustiziere e se ne innamorava.

Agli occhi altrui, quella giovane donna non era altro che un buco nero, un tempo poteva essere stata una stella, ma ora non c’era più alcuna traccia di un qualsivoglia splendore, tuttavia, quando la bruna si era ritrovata a parlare ancora una volta con sua sorella, oltre quattro anni addietro, l’aveva vista debilitata; quell’aura di gioia che solitamente le faceva portare all’insù gli angoli della bocca era scomparsa e il viso era visibilmente dimagrito, ma quello che più l’aveva sorpresa, era l’assenza di quella scintilla che sempre c’era stata negli occhi di Misa.

Quella che Hikari si trovava davanti, non era più sua sorella, ma un semplice guscio vuoto e nonostante avesse imparato a staccarsi dalla realtà, a rendersi indifferente, arrivando quasi a schifare gli uomini e le donne che le vivevano accanto, non sopportava vedere quella dolce bambina come quel che era in vero, una donna adulta, e presto aveva provato a farla riprendere, convivendo sotto lo stesso tetto per un paio di mesi, prima del crollo della modella, quest’ultimo non era avvenuto direttamente con il suo suicidio, ma facciamo un passo indietro…

Misa Amane, con l’aiuto della sorella, era riuscita a riprendersi, anche se in modo superficiale, dalla partenza dell’amato, ma la ragazza sapeva che la sua ragione di vita non era più sotto lo stesso cielo, glielo diceva il cuore, se lo sentiva nell’anima, ma ignorò questa sensazione e forse fu proprio questo a portarla al tanto disperato gesto, forse, se Misa avesse affrontato la realtà, molto tempo prima, ricordando quanto del suo passato non le era stato concesso di possederne memoria e quindi, impossibilitata dal trarne insegnamenti, non avrebbe visto sprangarsi ogni via d’uscita, a parte quella, che tra le luci confuse della mente, credeva come unica soluzione; ma non era stata una decisione improvvisa, bensì presa con tre mesi d' anticipo…

Hikari Amane aveva percepito qualcosa di diverso nella sua cara sorella, Misa non viveva più.

Respirava, mangiava, dormiva, ma in ogni passo che faceva non c’era convinzione, in ogni parola pronunciata non vi era calore, e i primi sprazzi della follia si erano insinuati nella testolina bionda della ragazza, cominciando a farsi sempre più evidenti.

Tuttavia quel pomeriggio di gennaio Misa aveva raccontato tutto alla sorella, parlando del caso Kira in ogni dettaglio, assassinando un criminale con un singolo foglietto di carta davanti ai suoi occhi e Hikari non aveva potuto fare a meno di crederle…

Spinta dalla pazzia, Misa aveva cominciato a parlare della possibilità che il suo Light tornasse in vita, e nel vedere quegli occhi che anche se per pochi istanti, sembravano infiammarsi, Hikari non poteva fare meno di accontentare la sorella che continuava a dire che, una volta tornato, Light avrebbe avuto bisogno di un posto sicuro, un luogo di cui nessuno fosse a conoscenza, nemmeno coloro che le erano più vicini, se non la sorella stessa.

Grazie agli agganci nel mondo contorto, sotto più punti di vista, dello spettacolo, e dalle disponibilità finanziare, che di certo non mancavano alle due, erano riuscite a comprare una casa sotto falso nome, rendendo ogni documento a prova di controlli e solo dopo aver creato la situazione ideale per il suo Grande Amore, Misa Amane salì i gradini di quell’alto grattacielo, uno per uno, con la tristezza e la gioia nel cuore, ormai la ragione era andata lontana, ma mai, in fondo, lei l’aveva cercata, e nonostante credesse che Kira sarebbe tornato in quel mondo malvagio, lei non ce la faceva più.

Che senso aveva vivere in un mondo senza Light? Nessuno, che cosa ovvia.

 
L’umano che usa il Death Note non avrà accesso né all’inferno né al paradiso.

 
Aveva sorriso Misa Amane, mentre sentiva la fredda aria scompigliarle i capelli e fenderle il corpo durante la sua ultima caduta.

 
Chissà, forse, anche se solo per poco tempo, avrebbe rivisto la sua luce.

 

 
Angolo dell’autrice

Con questo capitolo ho voluto approfondire il personaggio di Hikari Amane che, come si scoprirà in seguito, è un’ottima attrice, al pari di Misa che, per quanto in molti la reputino un incapace, è pur sempre riuscita ad infiltrarsi nella Yotsuba ed incastrare Higuchi, un’impresa non da poco conto certamente.

In questo capitolo non ho spiegato come Misa riesca a recuperare la memoria, è una cosa che si scoprirà andando avanti nella storia…

Qui Light parla di un terzo L, ma con questo soprannome non intende altri che Near, in effetti, l’albino è stato il terzo, contando anche Light…

Ci terrei a ringraziare di cuore tutti voi recensori, è una vera soddisfazione sapere che questa storia continua a piacervi, e ovviamente un grazie va anche ai lettori silenziosi e a chi mette la storia in una delle tre liste.

Alla prossima!

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Capitolo 11
*** Schermo ***


Ormai gli omicidi andavano avanti da settimane.

Giorno dopo giorno il numero dei decessi aumentava.

Una volta veniva presa di mira una nazione, la volta seguente, un’altra.

L Lawliet non capiva le azioni di Light: perché continuare con quegli omicidi, continuando a restare nell’ombra al contempo? Forse, Kira voleva semplicemente contare sulla paura e sulla soggezione che pian piano queste morti stavano portando tra la popolazione.

Anche se le trasmissioni televisive non avevano ancora affermato nulla su un presunto ritorno del giustiziere per molti, assassino per altri, e si limitavano a riportare gli omicidi come semplice cronaca, su internet la gente già esprimeva le sue opinioni.

Dalla morte di Light, erano caduti altri quaderni sul mondo degli umani, e in quel caso, era stato proprio Near a risolvere il problema in modo pratico e superficiale, impedendo la propagazione del panico, ma ora era del Kira originale che si stava parlando e non si sarebbe dato per vinto tanto facilmente.

Mentre sulla schermata del computer comparivano continui aggiornamenti sul caso, L si chiedeva su come potesse farlo uscire allo scoperto.

Attaccando l’orgoglio?

Light stesso aveva dato prova di poterci passare sopra in caso di necessità, il fatto d’essersi fatto imprigionare ne era la prova.

Minacciando i suoi legami famigliari?

L scosse la testa, nemmeno quello avrebbe funzionato, Light conosceva i suoi ideali, sapeva che non avrebbe mai fatto realmente del male a delle persone innocenti.

Si morse il pollice, chiedendosi ancora una volta quale fosse la strategia più adatta.

Attaccare, o non attaccare pubblicamente Kira?

Rivelare la vera identità dell’assassino alla polizia a livello mondiale, o a soli pochi eletti?

Cosa farebbe Light, se decidessi di rivelare la sua identità? Potrebbe giovargli tenerla nascosta? E per quale motivo?

La madre e la sorella sarebbero state in pericolo, perché prese di mira da persone desiderose di vendetta, ma per L non sarebbe stato difficile farle sparire dalla circolazione, inoltre Light si sarebbe trovato con le spalle al muro di nuovo, impossibilitato dall’andare all’estero, perché una cosa era sicura, Light non era un Dio, era un uomo, con delle limitazioni che la natura stessa gli aveva imposto, non sarebbe riuscito ad attraversare l’oceano con le sue sole forze.

L si sporse in avanti, analizzando ancora una volta i nomi di tutte le vittime che continuavano a comparire sullo schermo, stavolta era la Russia sotto assedio, tuttavia di tanto in tanto i tipici caratteri occidentali venivano sostituiti da quelli giapponesi, Lawliet ci aveva visto giusto, Kira era in Giappone, e lo stava affrontando apertamente, facendogli capire la propria posizione.

Light-Kun, sei davvero così sicuro che non riuscirò a trovarti?

La voce atona di Near catturò l’attenzione del detective . “L, Kira è ancora in Giappone”.

“Lo so, quali sono i tuoi piani?”

L’albino passò una mano tra i folti capelli bianchi e ne intrappolò una ciocca tra le dita, cominciando a giocarci, mentre pensava alla prossima mossa. “Sta approfittando della paura che il suo nome ha portato tra la gente, se il Giappone piomba nel caos, sarà più facile controllarlo”.

Nella stanza piombò il silenzio, L era compiaciuto del ragionamento del ragazzo, e attese che l’albino riprendesse a parlare.

 “Dovremmo rassicurare la gente, se sapessero che conosciamo l’identità di Kira, e che presto verrà catturato, dovrebbero calmarsi, almeno per un po’, giusto in tempo per permetterci d’agire indisturbati. Ho ultimato il mio discorso, non apparirò in diretta, sulla schermata non comparirà altro che il carattere gotico della L, la voce sarà modificata”.

“E allora perché non lo hai ancora fatto trasmettere?”

A quella richiesta, Near distolse lo sguardo dal suo lavoro e incrociò gli occhi d’ebano del suo predecessore. “Perché non so se sia una buona idea andare contro Light pubblicamente, anzi, non lo credo affatto. Ho già messo in chiaro l’identità di Kira tra alcuni agenti dell’FBI,  e presto quei documenti passeranno tra le mani della polizia giapponese. Yagami non potrà più circolare liberamente per le strade, non ho dato l’ordine di ucciderlo a vista, ma in caso di necessità, gli agenti saranno autorizzati a farlo”.

“Capisco”. Disse Ryuzaki. Sapeva che Light non sarebbe uscito allo scoperto tanto facilmente e avrebbe fatto perdere costantemente le sue tracce, ma tanto valeva provare il tutto per tutto. “Se dovessi dire che abbiamo svelato la sua identità ad altra gente, non avrebbe nemmeno motivo d’ucciderci, direi che ha perso”.

“A meno che non ci siano Paesi disposti ad offrirgli asilo, come di fatto già sta accadendo”.

L inarcò un sopraciglio, pochi giorni e già alcuni Stati erano crollati sotto le pressioni di Kira? Sapeva che sarebbe successo, ma erano passate poco meno di due settimane dal loro ritorno in quel mondo; evidentemente, la popolazione era ancora troppo scossa dalle vicende passate; il ricordo di quel caso era ancora fresco, più che chiaro nella mente di ogni persona.

“Dobbiamo aumentare i controlli alle frontiere del Giappone, se Yagami riuscisse a contattare uno di questi Stati dovremo impedirgli la fuga, altrimenti catturarlo prima che riesca a sottomettere altri Paesi sarebbe impossibile. Manda in onda il messaggio Near, in quel modo saremo momentaneamente al sicuro, si pentirà di non aver ucciso i sopravvissuti al caso Kira quando era necessario.”

“Adesso?” Chiese Near ritornando al proprio lavoro. “Avevo pensato di farlo durante la trasmissione su Kira della Sakura tv”.

L ci rifletté un momento, erano le diciannove e venti, mancavano quarantacinque minuti all’inizio della diretta.

 


Le prime gocce di pioggia cadevano leggere sui volti dei passanti, che, frettolosi e incuranti di ciò che accadeva loro attorno, ritornavano alle loro case.

Gli ultimi raggi del sole morivano all’orizzonte, ma la gente non se ne preoccupava, il tasso di criminalità era diminuito un’altra volta, e per quanto in molti fossero contrari all’operato di Kira, non potevano negare l’evidenza, si sentivano al sicuro.

“Questa può essere solo opera di Kira, quello originale, me lo sento!” Dicevano alcuni ragazzi, fiduciosi nel futuro di pace che sembrava spianarsi d’innanzi a loro, tuttavia questi erano solo la minoranza.

In pochi avevano il coraggio di pronunciare quel nome ad alta voce, quasi come se fosse un tabù; altri, in quelle quattro lettere, non trovavano altro che disprezzo. Spesso, negli ultimi giorni, con l’arrivo della sera, nei bar e nelle taverne, ma anche in discoteche, sempre di più erano i ragazzi che si lasciavano coinvolgere in risse, la popolazione era nuovamente divisa.

Hikari Amane, sotto il finto caschetto biondo e tramite le lenti a contatto verdi, osservava l’ennesima lite scoppiata in uno dei tanti vicoli della città, ma non vi badò per più di pochi secondi, che riprese a camminare, stringendosi nel cappotto di lana, e finalmente, l’ora giunse, come Light aveva predetto.

La piazza si ammutolì all’istante, mentre il grande schermo diveniva interamente bianco e una sinuosa L gotica faceva la sua comparsa.

“Buonasera signori, io sono L”.

Un sussurrò sommesso invase l’intera folla, che non appena sentì il mandante del messaggio fu scossa da un brivido.

“So che siete confusi e spaventati, ma ascoltatemi, io conosco l’identità di Kira, così come la polizia Giapponese. Le ricerche del soggetto sono iniziate, manca poco tempo prima della sua cattura, non avete motivo d’allarmarvi, presto quest’incubo finirà, definitivamente. Kira, ora mi rivolgo direttamente a te. Consegnati alla polizia, basta con questa follia, è durata fin troppo”.

“Basta con questa follia?” Sussurrò Hikari Amane osservando la gente che le stava accanto. Le loro espressioni contrastavano l’una dall’altra: c’era chi era sollevato dalle parole di L, chi contrariato, alcuni erano preoccupati, altri ancora neutrali.

La donna alzò il capo verso il grande schermo, scuotendo la testa. “L, questa non è una follia. Non credo che tu sia cieco, non vedi forse la speranza nello sguardo dei più giovani? Non vedi il sollievo che provano alcuni nel vivere in una società senza criminali?” Sussurrò riprendendo a camminare.

Le labbra di Hikari si curvarono all’insù, nell’imitazione di un sorriso. Anche se nemmeno io, in fondo,  li comprendo davvero. Come si può trovare conforto nel dolore altrui?

E mentre questi pensieri prendevano vita nella testa della donna, la grande L veniva sostituita da un carattere gotico ancor più articolato.

Quando la K fece la sua comparsa, persino i più cruenti tacquero, e il respiro sembrò intrappolarsi nei polmoni di ognuno dei presenti.

“L, io sono ancora qui. Non aspettare, non sarò di certo io a consegnarmi. Cercami L, trovami e catturami se ci riesci, ma il tempo scorre e ogni quaranta secondi un criminale lascia questo mondo”. La voce metallica si fermò, lasciando in sospeso ogni uomo e donna. “Impediscimi la continuazione della mia opera, oscura un possibile futuro di pace alle nuove generazioni”; Light Yagami, al sicuro nell’appartamento di Hikari Amane, continuò il suo discorso. “Non fermare questo corrotto sistema, lascia che siano gli innocenti a pagare per sbagli altrui”. Il silenzio che si era creato tra la popolazione riunita nelle strade divenne  presto assordante.  

“E ora mi rivolgo a voi, cittadini nobili d’animo, io sono disposto a battermi per chi è nel giusto, voi mi sosterrete?”

La K scomparve dallo schermo, e al suo posto ci fu solo il nero.

 


“Cosa sta succedendo? Perché non riusciamo a ripristinare la connessione?”

Roger, assieme ad una squadra composta da cinque agenti, cercava di risalire alla sorgente di tutto quel caos, ma i computer erano del tutto fuori uso e gli uomini non facevano altro che creare confusione.

“Calmatevi”. Dissero L e Near all’unisono.

Quando nella stanza calò il silenzio, Near cominciò a parlare. “Se Yagami è riuscito a penetrare i nostri sistemi ci vorranno un paio di giorni per rintracciarlo, avrà sicuramente lasciato qualche traccia, lo troveremo”.

“Ci ha lanciato una sfida”. Lo interruppe L inumidendosi le labbra con la punta della lingua. “Lo troveremo noi nei prossimi giorni, o sarà lui a prendere il controllo del Giappone, impedendoci ogni mossa?”

“Era questo ciò che temevo, non credevo che avesse la possibilità di risponderci così prontamente”. Disse Near guardando L di sbieco.

Dal canto suo, il detective era quasi contento che Yagami avesse fatto un passo così azzardato, triangolare la sua posizione sarebbe stato fin troppo facile, ma era proprio questo a renderlo agitato, Light non lasciava niente al caso.

Per l’ennesima volta, L Lawliet si chiese cos’avesse in mente quel ragazzo.

 

Angolo dell’autrice
Lo so che sono in ultra mega ritardo, mi dispiace tantissimo, ma ultimamente sono stata davvero occupata.
Per quanto riguarda il capitolo, in vero non ho molto da dire, spero solo che vi sia piaciuto.
Ringrazio come al solito chiunque legge, recensisce o mette in una delle tre liste la storia.
Alla prossima!

 

 


 

 

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Capitolo 12
*** Piani ***


Angolo dell’autrice
Bene, so di essere in ritardo… Ancora…
Non ho giustificazioni, lo so, quindi spero di farmi perdonare almeno un po’ con questo capitolo.
L’ultima parte è molto caotica, ma per i chiarimenti ci sarà tempo, risponderò ad ogni vostra domanda cercando di non fare spoiler : )
Anche in questo capitolo ho lasciato delle track, non mi resta che augurarvi buona lettura.

 

Rosso, il colore predominante è il rosso.

Sono al limite, messo con le spalle al muro; la vista comincia ad annebbiarsi e ad essere compromessa da miriadi di piccoli puntini bianchi.

Il sangue scende copioso dalla spalla  e dalle braccia, feriti dai proiettili della pistola di quell’idiota di Matsuda.

Brucia come fuoco il respiro che tento di controllare, urlano di dolore i muscoli tartassati da quella violenza, ma non cado, non mi arrendo; contro ogni logica, contro il mio stesso pensiero, riesco ad aprire lievemente la porta, e comincio a correre, ignorando le acute fitte che mi trapassano da parte a parte, mentre sento la rabbia montare.

Sono stato sconfitto, superato, umiliato, ma ciò che più m’infastidisce, è che questa non è stata colpa mia.

La mia sconfitta, la mia disfatta, avvenuta in modo così stupido, non è stata dettata da un mio errore, bensì da quello di un mio subordinato, che ha voluto fare di testa sua.

Mi riscuoto, ma procedo spedito nella stessa direzione.

No, io sono Kira, non ho perso, posso… posso ancora farcela.

Corro, corro ancora, mi sembra di scorgere un’ombra, una figura. Mi è famigliare, assurdamente famigliare.

Un ragazzo, un giovane ragazzo assorto nella lettura di un libro; non riesco a distinguerne il volto, che mi appare soltanto come una macchia sfocata per via della luce intensa della giornata, insopportabile per la mia vista ormai troppo debole…

 

( N.d.a. prima track http://www.youtube.com/watch?v=xaJnPv18r70 )

 

Mi risveglio di soprassalto, nel silenzio dell’appartamento di Hikari Amane, il computer che continua a ricevere dati su criminali.

Mi porto una mano alla testa, mi fa male, forse ho lavorato troppo in questi giorni; non ho mai dormito in un letto, ma seduto alla scrivania, e non sono io a deciderlo, ma il sonno  che prende il sopravvento di tanto in tanto.

Sbuffo e mi alzo per andare a rinfrescarmi il viso, è un piacere sentire l’acqua ristoratrice sulla pelle, tuttavia non posso fare a meno di guardare il mio volto allo specchio.

Gli occhi sono contornati da delle occhiaie profonde, mentre il volto è decisamente più scarno e l’ombra della barba sta cominciando a farsi presente.

Risolvo immediatamente quest’ultimo problema, per quanto riguarda le occhiaie, beh, quelle dovranno aspettare, e ritorno alla mia postazione, ma mentre continuo a scrivere i nomi dei criminali la mia mente è altrove.

Sono giorni che questo sogno si ripresenta e s’interrompe sempre nello stesso punto, come un nastro rotto di una di quelle vecchie cassette, so per certo che dovrebbe continuare, ma mi è impossibile vederne il proseguo.

Porto il gomito sulla superficie della liscia scrivania di legno e poggio la mano alla guancia, concentrandomi, cercando di capire, di ricordare, ma niente.

Ripensando ai miei ultimi momenti, non riesco a rimembrare altro che rabbia e dolore, nonché umiliazione, eppure sento che sto dimenticando qualcosa, qualcosa di estremamente importante…

  “Ma cosa stai dicendo Light? Basta con queste sciocchezze”. Mi dico ad alta voce riprendendo il lavoro.

Presto L e Near riusciranno a localizzare questo computer, mancheranno loro cinque o sei giorni al massimo; per una persona  normale rintracciarmi avrebbe richiesto di gran lunga più tempo, ma so con chi ho a che fare, quindi non mi resta altro che ultimare i preparativi.

Hikari si è già data da fare per spedire lettere, o direttive, dipendentemente dai punti di vista, ad alcuni giudici del Kanto, da parte di Kira ovviamente, è solo questione di poche ore, prima che le mie trattative si propaghino di città in città, sicuramente, entro domani, il sistema giudiziale giapponese sarà in tilt.

In molti, anche se sapranno Kira in carcere, non avranno il coraggio nemmeno di condannarlo. Certo, basarmi su quest’ultima ipotesi per procedere con i miei piani è rischioso, ma in questo modo posso garantirmi una maggiore possibilità di fuga, nonché del tempo prezioso in caso di cattura…

Devo andarmene da qui, non posso restare in Giappone a lungo, a meno che non riesca a controllare il paese in sei giorni, ma basandomi sul tempo che mi ci è voluto per sottomettere le istituzioni al mio volere, oltre tre anni fa, direi che non posso di certo aspettarmi dei risultati immediati ancor più evidenti.

Sono poche le nazioni che si sono arrese nuovamente al mio ritorno.

L’America ha un nuovo Presidente, questo è vero, ma non prenderà delle decisioni su questo caso da solo, inoltre, penserà sicuramente all’incolumità della sua popolazione, l’Europa ancora non si piega, ma risente anche lei del mio ritorno, per quanto riguarda l’Asia, non è difficile stringere alleanze con quegli Stati, ma non sono abbastanza potenti per poter fronteggiare le altre potenze mondiali.

Mi ritrovo a chiedermi se sia stata una buona idea rispondere immediatamente a L.

Ryuk sgranocchia una mela alle mie spalle, annoiato come non mai dall’assenza di nuove notizie. Anche se non lo ha ancora detto, so che sta aspettando un altro attacco da parte di L, o da parte mia, ma io ho le mani legate, mentre Ryuzaki sarà già al lavoro per cercare di rintracciare il segnale. Do un’occhiata all’orologio, è quasi l’ora dell’incontro, se tutto va bene, riuscirò a lasciare il paese in poco tempo.

Sorrido lievemente, ho reagito d’impulso, come la prima volta, lasciando una pecca nel mio piano, che L scoprirà, anche se credo che già lo abbia fatto. Mi chiedo se avesse immaginato la mia reazione alla messa in onda del messaggio, probabilmente sì, tuttavia non ne è il vero L l’autore, ma il suo erede. Ryuzaki non mi avrebbe mai sollecitato a farmi catturare; vuole giocare anche lui con me, vuole una rivincita tanto quanto la voglio io.

La serratura della porta scatta, Hikari entra in casa, mi saluta con voce atona e si siede al mio fianco.

La ignoro, concentrandomi sui caratteri che sfilano davanti ai miei occhi, ma questi perdono di definizione continuamente, e sono costretto a sbattere un paio di volte le palpebre, cercando di metterli a fuoco.

La mano della ragazza si poggia sulla mia fronte, scostandomi i capelli dal viso, costringendomi a voltare la testa verso di lei.

Rimango immobile quando la vedo, mi aveva detto che avrebbe utilizzato un travestimento per uscire di casa, e mi ero fidato, non badandoci più di tanto, ma ora che la vedo bene mi rendo conto che quasi non vi è differenza tra il suo volto e quello di Misa, la somiglianza è troppo marcata con quella parrucca bionda che le ricopre il capo, l’unica differenza sono gli occhi, di un torbido verde, dovuto dalle lenti a contatto.

“Sei stanco Light, sono giorni che non ti muovi da qui, lasciami continuare, va a riposarti”.

“Non ho bisogno di una pausa”. Dico atono ritornando a scrivere, ma una mano candida si poggia sulle mia, e le lunghe dita affusolate l’avvolgono, impedendole ogni mossa.

A quel punto alzo lo sguardo verso Hikari, ma lei non si lascia intimidire e mi sfila la penna dalle mani. “Una pausa non ti farà male, ci penso io”. Ribadisce il concetto, scostando la mia sedia a rotelle dal suo posto, e avvicinando la sua.

“Non devi farti vedere frustrato, o anche solo semplicemente stanco. Manca un’ora all’arrivo di quegli uomini…”

 “Si, va bene”. La interrompo dirigendomi verso la mia camera, ma di colpo mi blocco, ed estraggo un foglio dalla tasca.

“In caso le trattative dovessero andare a monte, tieni questo foglio. Vi sono scritti i nomi di nostri possibili alleati”.

 

(N.d.a seconda track http://www.youtube.com/watch?v=E3LeZNlI0Xg )

 

Chiudo la porta alle mie spalle e mi sdraio sul letto, non devo addormentarmi, non devo assolutamente addormentarmi.

Ricomincio a pensare a quel sogno, a cercare di ricordare.

Correvo, correvo, ma ad un certo punto incontravo un giovane ragazzo che si dirigeva dalla parte opposta alla mia, ma chi era? E perché tutto finisce lì? Inoltre, non riesco più a ricordare il momento esatto della mia morte. So con esattezza le motivazioni per le quali è avvenuta, ho ben chiaro in mente la scena dello Yellow Box, tuttavia, quando esco da quell’inferno, i ricordi cominciano ad offuscarsi, fino a diventare null’altro che ombre nere.

Sospiro, forse mi sto solo immaginando tutto.

“Light, come mai non hai voluto che Hikari facesse lo scambio degli occhi?”

La voce roca di Ryuk mi distrae da miei pensieri, e questo sicuramente è un bene, allora alzo la testa e rispondo alla sua domanda. “Non mi servono gli occhi Ryuk, il mio piano è molto più semplice del solito, non ho intenzione di scoprire l’identità di nessuno, né di uccidere più del necessario”.

Lo shinigami inarca un orrido sopraciglio e si china in avanti, come per ascoltare meglio.

Mi trattengo dall’alzare gli occhi al cielo e continuo. “Presto degli uomini di uno stato asiatico saranno qui, avrò il modo di fuggire dal Giappone, e da lì in poi la strada non sarà altro che in discesa, avendo a disposizione degli aiuti non solo economici, ma anche militari. Avrò una maggiore protezione e non dovrò temere la pena di morte, anche se quest’ultima cosa risulterebbe improbabile anche in caso di una mia cattura”.

Chiudo gli occhi per qualche istante, mentre Ryuk si porta una mano al mento e mi rivolge l’ennesima domanda. “Perché non dovresti preoccuparti di una cattura?”

“Semplicemente perché l’opinione pubblica è contrastante, troppa è la gente dalla parte di Kira, e condannandomi a morte si rischierebbero varie guerre civili. Certo, avrei meno possibilità d’agire, nulle a dire il vero”. Sospiro di nuovo, scostandomi i ciuffi castani dal viso. “In ogni caso questa è solo un' ipotesi secondaria, il piano principale consiste nel lasciare il Paese al più presto possibile”.

Tre colpi secchi alla porta, Hikari la apre lievemente e annuncia. “Light, sono arrivati”.

Mi alzo dal letto e sistemo la cravatta, lancio una breve ed eloquente occhiata a Ryuk, come a dirgli sta al tuo posto e non fare danno, e apro la porta.

Due uomini, in giacca e cravatta, sono già seduti al tavolo, col capo chino, ad aspettare.

Alla mia apparizione si alzano e fanno un inchino. “Grande Kira”. Dicono, pronunciando il mio nome con riverenza, e un certo  tremore nella voce.

Mi siedo davanti a loro, con Hikari al mio fianco, e faccio cenno d’accomodarsi.

“Il jet privato è pronto, sarà qui nell’arco di poche ore”. Annuncia il più basso dei due, stando bene attento a non incontrare il mio sguardo.

“E ad un vostro ordine lasceremo seduta stante il Giappone”.

Trattengo una smorfia. Il gioco sarebbe finito, e stavolta in modo definitivo.

Un lieve scatto del braccio dell’uomo più alto coglie la mia attenzione, e intravedo il calcio di un’arma sotto la sua giacca.

Mi alzo in fretta, e prima che qualcuno possa dire o fare nulla premo invio nella tastiera del computer e i dati riguardanti Light Yagami e Kira, vengono messi a disposizione dell’intera popolazione mondiale.

Poi, il nulla, ancora una volta.

 

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Capitolo 13
*** Sorella ***


Che. Male. Alla. Testa.

Sbatto un paio di volte le palpebre, cercando di capire dove sono, sedendomi con la schiena contro il muro.

Porto una mano al capo e la ritraggo, scorgendo, sopra la pelle ambrata, delle tracce di sangue rappreso.

“Bene”. Dico acido, dando un’occhiata allo squallido pavimento e alle pareti grigie.

“Dentro ad una cella, di nuovo”. Sussurro sedendomi sulla branda, facendo produrre un cigolio sinistro alle molle.

Non mi piace affatto questo posto.

“Finalmente ti sei svegliato Light”.

Fulmino con lo sguardo lo shinigami, che si è appena rimesso con i piedi per terra, dopo aver fatto una verticale.

“Già in crisi d’astinenza, Ryuk?”

Lui scrolla le spalle e si siede accanto a me, fissando le sbarre e facendo una smorfia.

“Hai intenzione di rinunciare alla proprietà del quaderno, vero?” Mi chiede speranzoso, ma faccio crollare ogni sua aspettativa.

“No, non stavolta. Non vedo a cosa mi servirebbe perdere parte dei miei ricordi proprio ora”.

Trattengo un sorriso alla faccia delusa del dio della morte, è costretto a restarmi accanto e ciò significa niente mele.

“Comunque sia Light, non mi sembri affatto sorpreso di trovarti qui”.

Sospiro e mi butto sul “letto”, con le mani intrecciate dietro la testa, e socchiudo gli occhi. “Le probabilità d’esser tradito da dei mercenari erano alte, queste non sono altro che le conseguenze, quindi, ora come ora, non mi resta che aspettare che gli eventi seguano il loro corso”.

“Sei nelle mani della polizia Light, in un carcere di massima sicurezza. Non puoi evadere, e la pena di morte è certa”.

“No, Ryuk, non lo è affatto”. Mi alzo di colpo, con un sorriso sicuro sulle labbra. “Vedrai”.

Un secondino si avvicina alle sbarre, il volto segnato da piccole rughe, mi guarda un momento senza accennare nulla, il manganello stretto nelle mani.

“Qualcuno ti vuole vedere”. Dice con voce atona, infilando le chiavi nella toppa.

Vengo costretto a superare l’uomo, camminando nel corridoio col manganello puntato alla schiena.

Lancio occhiate alle altre celle, non credo che i detenuti abbiano avuto modo di sapere che io sono Kira, forse potrebbero sapere che l’assassino è stato arrestato, visto che è possibile che delle informazioni dall’esterno siano trapelate sin qui.

Ho fatto in modo che il mio volto e il nome di Kira vengano riconosciuti sotto la stessa persona, inviando i dati alla Sakura Tv, ma non sono sicuro che delle foto possano essere giunte all’occhio di qualche criminale di questo carcere, ho bisogno di più informazioni per controllare la situazione, la mia stessa vita è in pericolo restando qui.

Dalle occhiate annoiate di certi individui, e dai risolini idioti di altri, capisco che ancora non sanno chi sono, altrimenti non sarebbero di certo così felici nel vedere il giustiziere che può uccidere con un solo sguardo chiunque voglia. “Da quanti giorni sono qui dentro?” Chiedo al secondino.

“D…due giorni”. Balbetta quello.

Non so se continuare con le domande, potrebbe insospettirsi e non parlare più, ma chi se ne frega, tanto peggio di così.

“Sono stato l’unico ad arrivare?”

Lo osservo con la coda dell’occhio, vedo il suo sguardo tentennare.

“Non posso darti questo genere d’informazioni”. Dice continuando a colpirmi la schiena col manganello per farmi avanzare di un paio di passi.

E ciò significa sì, ci sono stati nuovi arrivi.  

Se si venisse a sapere che Kira è entrato in questo carcere, sarei nella lista dei sospettati, ma non il principale indiziato.

Trattengo il riso e continuo a camminare tra i corridoi, fino ad arrivare davanti ad una porta.

L’uomo mi fa cenno di fermarmi e bussa un paio di volte.

“Avanti”.

 

Near ci aspetta, appollaiato su una sedia, con una gamba piegata su se stessa e una poggiata sul pavimento, il mento sopra il ginocchio.

“Puoi lasciarci”. Dice rivolto alla gente che, dopo aver fatto un breve cenno col capo, si chiude la porta alle spalle.

Studio Near attentamente, costatandone i cambiamenti, ma essi sono minimi, l’aspetto è quasi lo stesso, forse il viso è leggermente più scarno, la somiglianza con L è ancor più marcata per via di questo particolare.

Senza distogliere lo sguardo da quello onice di lui, mi siedo composto, aspettando che inizi a parlare.

“Credo che tu conosca le conseguenze delle tue azioni, e il perché ti trovi qui”.

Annuisco e comincio a parlare. “Avrei dovuto immaginare che L non si sarebbe soffermato sul rintracciare il mio segnale, non rifarebbe mai due volte lo stesso errore, ma per scappare non avevo altra scelta che rischiare. Il fatto che siate riusciti ad intercettare i mercenari con i quali ero entrato in contatto è senza alcun dubbio ammirevole, le probabilità che li notaste erano davvero basse, tuttavia…

“Sai che non intendo questo”. M’interrompe lui, secco.

Inclino la testa di lato, fingendo di non capire.

“Ti prego, smettila di fare il bambino, Yagami”. Mi rimprovera l’albino, mantenendo però la sua compostezza.

“La pena di morte non è sicura, l’ergastolo forse sì, ma ti assicuro che sarò fuori di qui a tempo di record”.

“E come pensi di riuscirci?” Mi chiede attorcigliandosi una ciocca di capelli intorno alle dita.

“Vedrai, Nate”.

Lo vedo assottigliare le palpebre, finalmente sono riuscito ad irritarlo visibilmente.

“Non chiamarmi in questo modo”. La sua voce non ha tentennamenti però, sempre inflessibile.

“Come vuoi tu, L”. Rimarco volutamente l’ultima parola, ma lui non da nessun segno.

“Bene. Ora, se l’hai finita con le provocazioni, direi d’iniziare l’interrogatorio. Dov’è la ragazza?”

“Non lo so”.

“Hai ceduto il tuo potere a lei?”

“Può darsi”.

“Hai una vaga idea di dove possa essere?”
 “No”

“Dov’è il death note?”

“Non lo so”

“Hai intenzione di evadere grazie a Hikari Amane?”

“Non evaderò, sarete voi a lasciarmi uscire”.

“Vedremo”.

“Esatto”.

Vedo il petto di Near sollevarsi, prendendo un respiro più prolungato del solito, ma non sbuffa, il suo autocontrollo supera di gran lunga il mio e quello di L.

“I detenuti conoscono la mia identità?” Chiedo con noncuranza, riuscendo a restare del tutto impassibile, nonostante quella domanda necessita di una risposta ben più certa di quella che sono riuscito a darmi da solo.

“No”. Dice l’albino alzandosi e dirigendosi verso la porta. “Per ora, almeno. Comunque sia, hai delle visite Yagami”.

“V-visite?” Dannazione, Near è riuscito a farmi esitare.

Lascio trasparire sul mio volto una smorfia, tanto ormai non ha alcun senso nascondere la disapprovazione.

“Sì, tua sorella è qui, insieme a suo marito. Tua madre è in ospedale”.

Non dice altro, si limita a richiudersi la porta alle spalle, lasciandomi da solo con Ryuk.

“Questa sì che è una seccatura, non è vero?”

“Per favore Ryuk, sta zitto”. Dico alzando un dito, non ho proprio voglia di starlo a sentire, l’incontro che sta per avvenire non è stato previsto nei miei piani, anche perché fino a pochi secondi prima, non credevo che mia sorella avrebbe avuto il coraggio d’affrontarmi, quindi mi ero illuso di poter tagliare ogni relazione con lei, e invece…

La porta si riapre nuovamente, e una testolina fa capolino, timorosa anche di mettere un solo passo dentro la stanza.

In silenzio, Sayu Yagami si siede di fronte a me, e prende a fissare il pavimento, tremando visibilmente.

“Cara, sei sicura di volerlo fare”. La voce di Matsuda suona come lo stridio di unghie sul nero materiale della lavagna per me, e non posso fare a meno di lanciargli un’occhiataccia.

“Tranquillo Matsui, va fuori per favore”.

L’agente mi guarda come per dirmi di stare attento a ciò che faccio, e acconsente alla richiesta della moglie.

Il silenzio piomba pesante tra di noi, improvvisamente interrotto da dei singhiozzi.

“C-come hai potuto?”

Guardo sbalordito le lacrime della ragazza, apparse così all’improvviso sulle sue guance nivee, sentendo il forte impulso di consolarla, come facevo quando eravamo piccoli, e sono sul punto di allungare una mano verso di lei, ma la ragazza mi blocca, alzandosi di scatto, facendomi riprendere così il controllo su me stesso.

“TU, BRUTTO BASTARDO!” Si scaglia contro di me, prendendomi per la collottola della camicia, scrollandomi prima con forza, dopo debolmente per poi limitarsi a darmi piccoli pugni sul petto.

Ormai, mia sorella non ce la fa più nemmeno a stare in piedi, ed è costretta a sedersi, con la testa stretta tra le mani.

 Non l’ho mai vista ridotte in queste condizioni, dev’essere questo il motivo per cui sono stato sul punto d’abbandonare la mia indifferenza, sì, dev’essere senz’altro questo.

Un Dio non può provare compassione verso gli umani, non può abbassarsi a comprendere i loro sentimenti.

“Come hai potuto”. Ripete, alzando i suoi grandi occhi marroni verso di me, e sento qualcosa rompersi a quella vista.

Kira, io sono Kira, non provo emozioni verso gli esseri umani, questi non sono che pecore, che devono essere guidate verso una retta via.

“Tutti nutrivano una fiducia incondizionata verso di te, Light, cosa ti è successo? Tu, tu eri il mio fratellone, il mio esempio da seguire, la persona che ammiravo più di qualunque altra al mondo”.

Oh sciocca ragazzina, ti sei fermata all’immagine più superficiale di me, alla copertura che mi serviva solo per poter edificare il mio regno, quello non ero io, quello non sono io.

“Quando mi è giunta la notizia della tua morte”, la vedo deglutire e passarsi frettolosamente una mano tra i morbidi capelli castani. “Ne sono uscita distrutta, così come nostra madre, ma ora che sono al corrente di ogni cosa, mi rendo conto che mio fratello non è morto tre anni fa, ma da molto più tempo”.

Stai cercando di ferirmi, Sayu Yagami? Non ci riesci, mi dispiace, tuttavia t’incito a non arrenderti, prova a rigirare il coltello nella piaga, prova a vedere se riesci a trovare un po’ di umanità, in questo Dio.

“Nostra madre sta male Light, è stata colta da un infarto dopo aver visto il volto di Kira sui notiziari. I medici dicono che non resisterà a lungo. Non è ironico Light, coloro che hai più vicino muoiono di ciò che tu causi ad altri”.

“Non ci si può opporre al destino, e se è così che deve andare…”

“Cazzate”. M’interrompe Sayu, seria in viso. “Se tu non avessi usato quel quaderno, niente di tutto ciò sarebbe successo, la situazione che si è creata adesso è soltanto colpa tua”. Si alza nuovamente, ma stavolta lo fa per guardarmi dall’alto in basso.

“Però, sappi una cosa, io ti vorrei odiare, con tutto il mio cuore,  ma nonostante la persona che mi trovo davanti sia Kira, uno spietato assassino e nient’altro, continuo a vedere mio fratello in te, e se gli occhi sono davvero lo specchio dell’anima, osservando i tuoi, distinguo chiaramente Light Yagami, il fratello migliore del mondo”. Mi carezza il volto, e mi avvicino ad un punto di non ritorno. Sento qualcosa, quella mano, che tante volte ha afferrato la mia in passato, non mi lascia indifferente, come invece dovrebbe essere, ma non lo devo dare a vedere, tuttavia, Sayu se ne accorge e si china baciandomi la fronte, un lieve e brevissimo contatto. “Lo sapevo”. Sussurra, per poi andarsene.

La corazza di Kira si è incrinata, lasciando spazio a Light Yagami; queste due personalità, sono nuovamente in lotta tra loro.

 

Angolo dell’autrice
Wow, sono riuscita ad aggiornare a tempo di record questa volta ahahah.
Beh, direi  che questo è un capitolo transitorio, come al solito del resto, L ancora non fa la sua comparsa, ma è una cosa che accadrà presto.
Ringrazio chi recensisce o mette in una delle tre liste la storia.
Alla prossima!

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Capitolo 14
*** Atono ***


Angolo dell’autrice

E dopo moooolto tempo, ecco un nuovo capitolo.

Avverto che ormai non manca molto alla fine della storia, e presto ogni segreto e ogni sotterfugio verrà svelato.

All’incirca mancheranno tre o quattro capitoli.

Ringrazio chi legge e recensisce questa fic.

Come al solito ho lasciato una track, stavolta ad inizio capitolo.

 

Buona Lettura!

 

(track  http://www.youtube.com/watch?v=MTGlrcReWrk )

 

L guardava costantemente il ragazzo accovacciato in un angolino della cella e si crucciava, cercando di capire dove voleva andare a parare.

Light non mangiava, si limitava a bere di tanto in tanto qualche goccia d’acqua, fissando con sguardo vacuo la parete, eppure era ancora Kira, non aveva rinunciato alla proprietà del quaderno.

Nella sua posizione pericolante, L si sporse in avanti, fissando i lineamenti contratti del giovane.

L’incontro con la sorella lo aveva fatto piombare in quello stato da giorni ormai, tuttavia, durante l’interrogatorio, avvenuto per mano di Near, aveva detto che presto sarebbe tornato in libertà, con un ghigno stampato sul  volto.

Era sicuro d’uscire indenne da lì.

Ma come? Non aveva alleati, se non una ragazza, scampata miracolosamente all’arresto.

Era di lei che Yagami voleva servirsi? Amane Hikari poteva dirsi anche una personalità di successo, ma la sua immagine era stata compromessa, adesso non era altro che una ricercata.

Eppure, le morti continuavano a succedersi, come se nulla fosse, evidentemente la donna era riuscita a trovare un luogo dove rifugiarsi e con tutta probabilità, era stato Light stesso a dirle dove andare.

Era da escludere che Hikari fosse andata da uno dei membri della setta, quelle persone erano controllate ventiquattro ore su ventiquattro, e Light non avrebbe mai commesso uno sbaglio simile, ma allora dove?

Light era convinto che sarebbe uscito di lì, ma per fare ciò, avrebbe avuto bisogno di un aiuto interno al sistema giuridico giapponese…

Bingo.

Se Light era convinto di passarla liscia, era sicuramente perché aveva corrotto qualcuno d’interno, tramite Amane, e ora non gli restava nient’altro che capire di chi si trattasse…

“Near, dammi la lista dei giudici coinvolti nel caso Kira”. Disse L, guardando di sbieco il suo successore.

L’albino premette una serie di tasti, e il file venne passato sul monitor del detective. Egli lo lesse, imprimendosi ogni nome e volto nella mente, poi cominciò a fare ricerche. Erano vicini, preso il secondo, ed un possibile terzo, Kira, tutto si sarebbe risolto. E finalmente, l’incubo di quel caso avrebbe avuto un epilogo definitivo.

“L….”

Non era  stato Near a parlare, ed il detective dovette fissare la sua attenzione sullo schermo, per accettarsi che le sue labbra si fossero mosse, e di fatto, era stato proprio lui a parlare.

Per un folle istante, colto da un fortissimo deja-vu, credette che  Light Yagami stesse per ribadire la sua innocenza, chiedendogli di guardare nei suoi occhi per vedere se stesse mentendo, ma non fu così. Kira cominciò a ridere,  una risata insana, che rovinava i bei tratti del ragazzo, mentre il castano dei suoi occhi parve riflettere delle scintille rosse, nate da un principio di follia.

“Dai L, perché non sei qui? So che mi puoi vedere, non hai nemmeno il coraggio di presentarti di persona? Hai paura che questi quattro rifiuti della società conoscano il tuo volto? No, secondo me sei solo un codardo, ti spaventa l’idea di guardare negli occhi colui che  ti ha battuto, ammettilo”.

Le risate erano ormai diventate incontenibili per il corpo di Light, che veniva scosso da tremiti e lo costringevano ad appoggiarsi con la schiena al muro per mantenere un minimo di controllo.
Ad L sembrava di aver già visto la sua nemesi in quelle condizioni…

 

La vista del cielo, rosso per il tramonto, era impedita in parte da grossi nuvolosi grigi. Solo poche persone erano presenti in quel momento, assorte nella contemplazione di una tomba.

Non un nome vi era inciso, ad indicarne la presenza vi era un'unica croce d’argento, ben piantata nel morbido terreno limitato da una cornice anch'essa d’argento.

L sentiva uno strano legame con quel posto, era come se fosse collegato con lui, ma allo stesso tempo non lo riguardava più di tanto.

Presto, gli agenti della polizia lasciarono quel posto, solo un ragazzo restò lì e non si mosse, se non con uno scatto improvviso, sicuro che non ci fosse nessuno a guardarlo, e di fatto era così, non c’era nessuna persona, viva, e cominciò a ridere sguaiatamente .

L guardò Kira inginocchiarsi sopra la sua tomba, cercando di profanarla, tentando di recare un’offesa al detective per ricevere un contrattacco, com’era solito aspettarsi quando Ryuzaki era in vita, ma nulla smosse l’immobilità di quel posto, e presto anche Light capì che il suo nemico non gli avrebbe più risposto, né lo avrebbe più guardato dall’alto in basso, lui aveva vinto, Kira era libero da ogni catena.

Lentamente, il sorriso che aveva deformato il volto, scomparve, e a quel punto il ragazzo si alzò.

“Hai detto, che non ci sarà più niente di divertente, Ryuk?”

L si guardò attorno, cercando di capire con chi il giovane stesse parlando, ma non c’era nessuno, a parte loro due, e capì solo in un secondo tempo, che sicuramente Light stava parlando con uno shinigami.

“Ti farò assistere”, disse Light, “alla creazione di un nuovo mondo”.

L fissò la schiena del suo unico rivale, e ascoltò i rimbombi dei suoi passi mentre si apprestava a lasciare il cimitero.

 

Ritornò al presente, così, senza nemmeno rendersene conto.

Inizialmente, gli sembrò essere rimasto indietro nel tempo per molto , ma in vero, erano passati solo pochi secondi.

Light non aveva ancora smesso di ridere, ma le sue risate si erano limitate, e ora Kira, stava disteso supino sulla branda, aspettando …

“Portate  Light Yagami qui.”.

“Ma signore…”

“L ha dato un ordine agente J, gradirei se lo ascoltassi”.

L’anziano aggrottò la fronte, ma non replicò e con un inchino, uscì dalla stanza, per poi ritornare pochi minuti dopo, senza il prigioniero.

“Cosa è successo?

“Il sistema giudiziario giapponese non ha intenzione di trattenere Light Yagami, dicono che non ci sono prove che sia stato lui a riutilizzare il death note. Ora è un uomo libero.”

“Ma per la sentenza ad un criminale, servono mesi, o per meglio dire e rapportaci alla realtà, anni, com’è possibile che in pochi giorni si sia arrivato a scarcerarlo”. Disse Near, del tutto  in disaccordo con la decisione del governo giapponese.

“Per paura Nate”. Disse L, mangiando l’ennesimo pasticcino. Aveva bisogno di zuccheri, doveva prendere una decisione seduta stante.

E mentre le guardie aprivano i cancelli, facendo uscire Kira, L non  vide la classica ombra del sorriso vittorioso sul suo volto.

Le telecamere mostrarono Sayu e Matsuda, attendere Light nella sala d’attesa, avrebbe vissuto nella casa della madre, almeno fino a quando quest’ultima non fosse tornata.

Cosa fare? Light non era in possesso del Death Note, attualmente, quindi presto avrebbe provato a rientrane in possesso.

Anche L doveva aspettare, quel momento si sarebbe presto presentato.

Anche se il volto atono di Light lo confondeva.

 

Ps: Avevo pensato di cambiare il titolo della storia in: Ya come notte, Gami come Dio. Cosa ne pensate?

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Capitolo 15
*** Io non sono la giustizia ***


Per ogni passo che faccio, per ogni boccata d'aria che respiro, per ogni battito di ciglia, i momenti più importanti della mia vita mi ritornano alla testa, come violenti pugni nello stomaco, rinfacciandomi ogni sbaglio, ogni imperfezione nei miei piani, ma anche ogni orrore delle mie azioni.
Sono solo in casa mia, a parte Ryuk ovviamente, che come al solito mi ronza intorno, cercando di scroccarmi delle mele.
Gliene lancio una, per poi ritornare subito dopo ai miei pensieri.

Salgo in camera, guardando il cassetto con il doppiofondo; con tutta probabilità, l'ultimo foglio che vi avevo nascosto anni fa, sarà dentro, ma non posso aprirlo, perché questo significherebbe confermare la mia colpevolezza. Ci sono delle telecamere ovunque, un unico punto ceco in cucina, trovo questa cosa del tutto priva di senso: a che pro riempire la casa di telecamere per poi lasciare una falla simile? Qualcosa non quadra. Inoltre, sono ancora agli arresti domiciliari e, impossibilitato dall'avere contatti col mondo esterno, non potrò  entrare in possesso del death note ancora per molto tempo.
Sospiro e do un altro morso alla mia mela, Ryuk trova fastidioso il fatto che anche io abbia preso a mangiare questi frutti, anche perché così ce ne sono di meno per lui, ma non posso comprare le mie patatine, quindi mi devo accontentare.

Mi distendo sul letto, fissando il soffitto con un intensità tale che deve sembrare voglia disintegrarlo, ma in vero sto cominciando a ricordare, e questi ricordi non fanno altro che smorzare la mia voglia d'andare avanti. La mia prima e unica sconfitta brucia ancora, e il non avere possibili vie di fuga al momento mi fa sentire in trappola.
Che L conti proprio su questo per farmi cedere? Beh, ci sta riuscendo, e anche bene.

 
Forse dovrei farla finita, dovrei arrendermi, non ce la faccio a lottare ancora, a rifare tutto da capo...

 
Ma cosa sto dicendo, io sono Kira, certo che ce la faccio. Il solo fatto d'essere qui, e non in una lurida cella, dimostra che ho il mondo nelle mie mani, e che presto ne sarò il dio, anzi, direi che già lo sono, solo che ancora L e i suoi alleati non se ne sono resi conto.
Io sono imbat...

 
Ma prima che Kira possa formulare questi pensieri, Light gli mostra per l'ennesima volta quel flash, e finalmente, ne comprende il significato.

 
Il secondo L, l'uomo corrotto da un potere più grande di lui, corre via, sconfitto e umiliato.
Corre, cercando una via di salvezza che sa già non troverà, e nel mezzo di questa sua pazza e disperata ricerca, passa accanto ad un ragazzo, che difficilmente riconosce come se stesso.
Light Yagami poteva avere tutto dalla vita, le doti non gli mancavano, ma il giorno in cui si era chinato a raccogliere il quaderno della morte, il suo futuro, prima così luminoso, si era indubbiamente oscurato.

 

Seguo con lo sguardo il vecchio me stesso sparire, mentre guardo Kira continuare a correre, rischiando d'inciampare, ma senza mai cadere.
Corre, corre ancora, ma ormai il suo destino e deciso, gli sembra quasi di percepire il suo compagno neutrale d'avventure, alzare con lentezza la penna, e scrivere sulle ruvide pagine il suo nome, sa che lo farà, e ormai Kira, arrivato ad un ostacolo che non può superare, si accascia sulle scale.

 

Si contrae il mio cuore un'unica volta, l'ultima, talmente forte da procurarmi un dolore mai patito in vita mia...
I proiettili di Matsuda al confronto, sembrano palline lanciate da un bambino.
Alzo lo sguardo, verso il sole morente; mi riscalda, ma non ne percepisco il calore e mentre sento gli ultimi fili della mia vita abbandonarmi, gli occhi si sgranano e, ricordandomi lo sguardo del mio vecchio me stesso, lo rivedo anche nell'uomo che giace a terra, con il volto sereno, perché ha avuto una rivelazione, si è reso conto di una cosa, adesso, proprio in punto di morte.
Lui ha sbagliato.

Lui non era la giustizia, io non sono la giustizia, e lo dimostra il fatto che ora lei...

 

NO!

Il mio urlo squarcia il silenzio della casa, mentre con uno scatto, talmente improvviso da procurarmi un lieve capogiro, mi alzo dal letto e prendo una biro sulla mia scrivania. Apro il cassetto, svelando il doppiofondo, senza nessun errore nella procedura, e prendo il foglio tra le dita.
Lo guardo, non ho nessuna esitazione, e comincio a scrivere il nome e la modalità nella quale la fine deve avvenire.
Mi giro, fisso una telecamera e comincio a parlare.
"L Lawliet," dico ad alta voce, ignorando Ryuk, che mi fissa sbalordito. "Vieni qui, e affronta il risultato del nostro scontro".
Mi siedo sul letto, spalancando le mie ali per poi avvolgermi, come in un bozzolo, e per l'ennesima volta, nella mia seconda vita, attendo.

 

Angolo dell'autrice
Ed ecco, da quello che ho capito scrivendo essere, il terzultimo  capitolo della mia storia. 
 Spero di non avervi annoiato con questo capitolo e che vi sia piaciuto, alla prossima!

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Capitolo 16
*** Ya come notte, Gami come Dio ***


Ya come notte, Gami come Dio

 

Sento distintamente le sirene delle auto della polizia, stanno circondando la casa, cercano di bloccarmi ogni via d'uscita.

 Dovrò aspettare ancora per molto?

Per favore L, sbrigati e vieni da me, affretta i tuoi passi, voglio vedere la fine di tutto assieme.

Ecco, avvolto nel mio bozzolo di piume, carne e ossa, ascolto la serratura scattare.

Ryuzaki, sei tu?

Oh Dio, ti prego, fa che sia lui!

Guardo il mio polso destro torturato dalle unghie della mano sinistra, Kira si é opposto con tutte le sue forze al mio gesto, ma io sono riuscito a vincerlo, almeno questo traguardo voglio festeggiarlo, con l'unica persona rimasta al mondo che possa comprendermi.

L ti sto aspettando, vieni qui, chiedo e imploro il tuo perdono.

La porta della mia camera si apre, ma non ho paura, la sedia elettrica si prospetta di qui ad un paio di giorni mentre il mio cuore verrà stritolato in una morsa d'acciaio solo tra un paio d'ore.

Ma ancora nessuno ha detto qualcosa, non è entrato uno sconosciuto in camera.

L, sei tu?

Voglio togliermi questo dubbio asfissiante, voglio essere sicuro che sia tu.

"Ryuzaki?" Scosto le ali, giusto in tempo per vedere il detective distogliere lo sguardo dal foglio. "E così che finisce? Ho vinto io? Non sento motivo di gioire". Alzo il viso verso L, sorridendo e quasi sento il volto far male per quest'espressione che sembra non voglia appartenermi.

"Ciao Light"

Mi studia, cerca qualcosa, ma sembra non trovarla.

Mostro un pezzo di foglio che tengo stretto tra le dita. "Ho rinunciato alla proprietà del quaderno L, i ricordi di questa mia nuova vita sussistono grazie a quest'unico frammento, e mi rendo conto solo ora di quanto essi siano preziosi, mi serviva arrivare in punto di morte per capirlo".

Mi si siede accanto, senza distogliere lo sguardo dal mio.

"Tocca a me sostenerti questa volta". Non è una domanda, ma una constatazione.

"Non ti chiedo il perdono L, ho sbagliato, conosco i miei errori, quel che sto cercando di dirti è che la prima volta sono morto da solo, non c'era nessuno accanto a me, puoi farmi compagnia fino a quando non giungerà la mia ora?"

Il detective annuisce, per poi sedersi in quella sua strana posizione.

"Tra quanto ti addormenterai?"

"Due minuti", rispondo senza esitare.

"Posso fare qualcosa?"

Mi ritrovo a scuotere la testa, già avvolto tra le prime nebbie del sonno.

Non ce la faccio più a stare in piedi, e non posso fare a meno di stendermi sul letto, sentendomi ogni secondo più debole.

Due braccia mi cingono la vita stringendomi, e nell'abbraccio di chi per tanto tempo ho sempre considerato l'amico più caro vengo colto dall'ennesimo flashback.

 

Ormai non sentivo altro che freddo su quelle luride scale di quel magazzino abbandonato.

Era questa la fine che toccava al Dio del nuovo mondo? Evidentemente sì.

Non c'erano né Misa, né Takada a sostenermi, ormai ero solo, indubbiamente solo.

Spostai la testa verso l'alto, incontrando il nero profondo degli occhi dello spettro che da sempre mi perseguitava.

Non piangeva, non rideva, stava sempre lì, fermo, a studiare le mie mosse, ogni mio singolo movimento, aspettando che lo raggiungessi, ricordandomi ogni secondo della mia vita umana, e di come presto, o tardi, essa sarebbe finita, come quella di un qualsiasi altro uomo...

Lui rappresentava la giustizia degli uomini, non io.

Io cercavo qualcosa di troppo perfetto, un'utopia, ma era qualcosa che l'umanità non avrebbe mai compreso.

Mi avrebbero reputato un assassino.

Mi avrebbero reputato un Dio.

Mi avrebbero reputato un genio.

Mi venne da ridere, eppure il mio volto non si mosse.

Nessuno di questi appellativi mi rappresentava veramente, non era forse vero Ryuzaki?

Il mio volto si rilassò, perdendo ogni ghigno, ogni maschera, salutandoti con lo sguardo per poi chiudere lentamente gli occhi per l'ultima volta, mentre la luna veniva oscurata dalle nubi.

 

"Io ero con te Light, non eri solo"

Guardo il corpo apparentemente addormentato del ragazzo, il suo, in vero, è un sonno molto più profondo.

"Non ti può più sentire L, almeno, non in questo momento".

Distolgo lo sguardo da Light per guardare confuso Ryuk, che sembra stia evaporando.

"Ho cercato per anni qualcuno che potesse prendere il mio posto..."

"L...Light diventerà uno shinigami?"

Ryuk sghignazza, come al suo solito. "Una volta che un umano scrive il proprio nome sul death note, se lo fa con assoluta consapevolezza delle sue azioni, può diventare uno shinigami, sì. Mi chiedo che aspetto sceglierà". Mi fa cenno verso il castano, e mi rendo conto che anche il suo corpo sta via via diventando più evanescente...

"Sembra che non resterà nulla del suo corpo qui; interessante, ci sono buone possibilità che tu lo riveda col suo aspetto di sempre..."

"Cosa vuoi dire?" Chiedo  curioso osservando con malinconia il corpo del mio rivale ormai quasi del tutto scomparso.

"Uno shinigami sceglie il proprio aspetto al momento della sua rinascita. Ho deciso io questo, anche se non ricordo propriamente il perché, tradotto nel vostro tempo, posso dire che sono passati secoli. Un'altra cosa, il quaderno che é in questo mondo era il mio, esso diverrà proprietà del nuovo shinigami, quando questi ne verrà in contatto".

"Quindi Yagami continuerà ad uccidere come se nulla fosse, o ci sono delle restrizioni per voi?"

Ma Ryuk non parla più, nel corpo ridotto ormai a meno che uno spirito mi dice. "Sicuro di volerlo sapere? Non sarebbe più divertente scoprirlo? Sono sicuro che sarà... un vero spasso..." E con queste ultime parole, lo shinigami svanisce del tutto.

E ora io cosa faccio qui?

Devo dire che Kira é scappato o che é diventato un dio della morte?

La prima non é un ipotesi fattibile e la seconda sembra detta da un suo seguace.

Guardo sul letto, vi é una piuma, accanto ad una collana.

Apro il ciondolo, all'interno vi é una foto ritraente me, Light e Misa. La metto in tasca, assieme alla piuma, con un sorriso sulle labbra.

Light, ti tornerò indietro quest'oggetto, quando ci rivedremo.

 

 

Angolo dell’autrice
Ed ecco qui il penultimo capitolo, almeno credo ahahah.
Ad essere sincera, mi ritrovo nuovamente senza parole, sono molto titubante all’idea d’aggiornare, ma più rivedo questa parte della storia, più credo che debba andare così.
Il fatto che un uomo possa o no diventare uno shinigami in questo modo è solo frutto della mia mente contorta.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, alla prossima!

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Capitolo 17
*** Riconciliazione ***


Riconciliazione
 
Ed eccomi qui, disteso nell'oblio, ancora una volta nel nero più assoluto, non esisto di nuovo, sono solo un'anima in pena.
 
Sorrido, o almeno mi sembra di farlo, stavolta ho avuto la possibilità d'essere me stesso.
 
Kira dorme dentro di me, c'é e non se ne andrà mai, ma ho imparato a gestirlo; ormai nel nulla vi é solo Light Yagami, un ragazzo, ma non come tanti altri.
 
Non importa quanto tu sia dotato, da solo non potrai mai cambiare il mondo.*1
 
"Sai L, hai sempre avuto ragione..." mi ritrovo a sussurrare chiudendo gli occhi serenamente.
 
"E bravo Light, a quanto pare hai imparato la lezione..."
 
Apro gli occhi di colpo, come se giovasse a qualcosa, non posso vedere
Ryuk, ma ne avverto la presenza.
 
"Ancora qui?" Chiedo stringendo i pugni e voltando la testa.
 
"Light, ne ho sentito tante di storie su Death Note caduti nel mondo degli umani, ma tu sei stato uno dei pochi che ne ha saputo affrontarne il potere". Nell'infinità di questo buio sconfinato*2 sento qualcosa di estremamente fragile avvolgermi il polso.
 
Non ho mai toccato Ryuk, questo é il primo contatto fisico che ho con lui, lo trovo strano e incredibilmente ingiusto, lo definirei quasi contro natura.
 
La sua stretta é debole, ne sento ogni singolo osso sulla pelle, ogni minima imperfezione o escoriazione.
 
"Light, io sono stato il primo umano a diventare uno shinigami". Vorrei vederne il volto, ma non ci riesco.
"Cos'é Ryuk, hai voglia di parlare oggi e non c'é nessuno nel mondo degli shinigami a cui vada d'ascoltarti?"
 
Lo sento ridacchiare e la sua risata si espande nello spazio attorno a me, ne sento l'eco, ma anche ogni sfaccettatura e ogni inclinazione. Quella risata non é da Ryuk, é troppo amara, troppo malinconica.
 
"Ascoltami Light, non ci può essere un death note senza proprietario. Umano o Shinigami, temporaneo o definitivo, non ha importanza, un possessore ci deve essere e  vorrei che fossi tu a prenderti cura del mio quaderno".
 
Sto in silenzio, non capendo a pieno le parole di Ryuk.
 
"Sto per morire Light, anzi, il fatto che io sia qui significa che già lo sono".
 
"Perché?"
 
"Perché l'ho deciso io Light. Mi sono divertito, é stato uno spasso scacciare assieme la noia reciproca, ma Light, io non ho più nulla per cui vivere, sono bloccato in un limbo, ed ogni giorno é una tortura. Ora voglio andare avanti, chissà cos'altro riserva la vita dopo la morte ad uno Shinigami".
 
"E perché sei venuto da me? Il death note ha Hikari come proprietaria. Non sarà un problema..."
 
"Fammi finire di parlare Light, non può esistere un death note senza possessore, così come non può esistere uno shinigami senza un quaderno della morte"
 
Deglutisco, mentre un fremito mi scorre lungo la colonna vertebrale.
 
"Non ho mai voluto diventare un dio della morte, Ryuk, io volevo utilizzare il quaderno da umano per gli umani, almeno all'inizio..."
 
"Ma questa scelta non spetta a te Light, hai inciso il tuo fato scrivendo il tuo nome sul death note consapevolmente".
 
Annuisco, cominciando a vedere una luce farsi spazio tra questa fitta oscurità.
 
"Quindi Light, promettimi che ti prenderai cura del mio quaderno".
 
Ho prestato un giuramento.*3
 
"Sì".
 
Mi alzo, cominciando a camminare verso quello spiraglio.
 
"Ci rivedremo Ryuk?"
 
"No, Light, non credo, ma mai dire mai, il destino gioca brutti scherzi".
 
La voce di Ryuk si dissolve, ed una nuova figura comincia a farsi spazio in questo luogo.
 
I capelli morbidi e sinuosi, i bei lineamenti delicati, il castano di quei occhi sinceri.
 
"Mi hai aspettato Misa?"
 
La ragazza mi sorride, tendendo una mano verso di me e spalancando le sue ali bianche.
 
"Misa-Misa non sarebbe andata da nessuna parte senza il suo Light".
 
Le sorrido, forse il primo sorriso sincero che le rivolgo in tutta la mia vita, aprendo a mia volta le ali e intrecciando le mie dita alle sue.
Bianco e Nero, Dea e Dio.
 
 
Finalmente L c'era riuscito.
 
Seguendo il suo ragionamento, e alcuni indizi disseminati dalla sbadataggine della donna, era riuscito ad arrestarla, e ora Hikari Amane era chiusa in una cella e lui, beh, a lui restava il death note, che osservava da ore sulla scrivania, ne era entrato in possesso al momento della cattura della ragazza.
 
"E ora cosa farai L?" Chiese Near ponendo l'ultima tessera del puzzle al suo posto.
 
L si voltò, mangiucchiando una ciambella con lo zucchero. "Non lo immagini Nate? Rivoglio il mio posto".
 
L'albino annuì. "E cosa farò io?"
 
L si sbilanciò sulla sedia, riuscendo comunque a rimanere in perfetto equilibrio.
 
"Da quello che ho potuto vedere in queste tre settimane..." il detective lo guardò attentamente, come a studiarlo, ma in vero già sapeva cosa dire.
 
"Hai assolutamente bisogno d’imparare a relazionarti con gli altri e ad essere più autonomo, ragion per cui, andrai a studiare all'università".
 
Nate si sentì attraversare da un fremito, ma non lo diede a vedere e cominciò a costruire una miniatura della torre Eiffel. “Non vedo perché dovrei farlo, ho venticinque lauree, al massimo sono io che dovrei insegnare qualcosa hai professori”. Rispose senza alcuna tonalità nella voce.
 
Il detective annuì, continuando a mangiare, per poi riprendere la conversazione. “Sì, ma il fatto che tre anni fa tu ti sia dovuto far accompagnare in Giappone, facendo scomodare un’agente dalla sua postazione per venire a prenderti, svaluta il tuo operato. Quindi farai come ti dico e una volta che io sarò andato in pensione, o verrò eliminato tu prenderai il mio posto”.
 
“All’epoca non mi era mai capitato di dover fare le procedure d’imbarco ora…”
 
“E’un ordine N, l’agente J provvederà alla scelta dell’università e tu la frequenterai da normale studente”.
 
La situazione nella stanza si era alleggerita di molto, ma quando lo sguardo di L si posò per l’ennesima volta su quel maledetto quaderno nero, la benché minima traccia d’ilarità si dissolse.
 
“Lo hai toccato?” Chiese l’albino.
 
L scosse la testa, appoggiando le dita affusolate lungo il ripiano della liscia scrivania, avvicinandole piano al quaderno, con lentezza studiata, preparandosi alla visione che da lì a poco gli si sarebbe presentata.
 
Chiuse gli occhi quando la sua mano incontrò la carta ruvida del quaderno, per poi riaprirli lentamente; il riflesso di Light si intravedeva appena sullo schermo del pc, ed L si voltò verso il suo rivale, studiandolo ancora una volta.
 
“Ciao L”. Disse Light sorridendo.
Il detective lo guardò, inespressivo, per poi osservare il braccio destro di Light che sembrava volesse cingere l’aria, rimanendo un po’ perplesso.
“C’è Misa con te?”
 
L ricevette una botta in testa, da un oggetto non identificato e il secondo shinigami gli apparve come per magia davanti agli occhi.
 
“Ehi Misa-Misa, sai che come shinigami non sei niente male…”
 
Misa rabbrividì a quelle parole e si strinse di più a Light, quest’ultimo si lasciò scappare un sorriso.
 
“Cos’hai intenzione di fare adesso Light?” Chiese tornando serio.
 
Il castano scrollò le spalle. “Dipende da quello che vuoi fare tu con il quaderno, sei il proprietario, per ora, anche se preferirei che tu me lo tornassi indietro, sai, ho promesso ad un amico d’averne cura”.
 
“Niente più Kira?” Chiese ancora L.
 
“Niente più Kira”. Rispose Light.
 
Nate, intanto, che si era alzato per toccare il quaderno, venne fermato da Ryuzaki, che spostò l’oggetto staccandone un pezzetto, per poi consegnarlo a Light.
 
“Tieni”.
 
Light prese il quaderno e osservò il suo unico nemico e rivale.
 
“Ci terremo in contatto?”
 
L annuì. “Non si sa mai, potrei avere bisogno di una mano per risolvere qualche caso”.
 
I due si lanciarono uno sguardo d’intesa.
 
“Misa, però io ancora non capisco una cosa…” Light si rivolse alla sua compagna, inclinando lievemente la testa.
 
“Come hai fatto a recuperare la memoria?”
 
La ragazza sorrise, non mostrando alcun turbamento.  “Colpa di Matsui, ha sottratto un pezzetto di quaderno il giorno della tua cattura, Light”. Detto questo si alzò sulle punte dando un bacio al suo shinigami,  “non so come abbia fatto, ma credo che gli facessi pena e siccome ha sempre avuto il cuore tenero, mi ha concesso quest’onore”. La ragazza rise nervosamente. “Certo, il fatto che questo mi abbia spinto al suicidio è irrilevante, insomma, ora sto alla grande”.
 
Near cercò d’avvicinarsi al death note, che ai suoi occhi non faceva altro che stare fermo a mezz’aria, ma che in vero, era in braccio a Light, e non appena quest’ultimo lo vide,  alzò il quaderno all’altezza della propria spalla, facendo sbuffare il nano col risultato di scatenare l’ilarità di Misa.
 
L vide per la prima volta, apparire sul volto di Light, una chiara espressione d’astio nei confronti del suo successore, e si trattenne dal ridere.
 
“Yagami”. Disse il detective prendendo il ciondolo dalla tasca. “Questo è tuo”.
 
Ma Light scosse la testa, prendendo la collana per poi farla indossare a Misa.

“E’ sua”.
 
Near, sempre più seccato da questo scambio di battute, sospirò, andandosi a sedere in un angolino della stanza.
 
“Forse avrei dovuto fargli toccare il quaderno”, disse L porgendo la mano a Light.
 
“E’ la fine?”.
 
Il castano fissò la mano dell’uomo, per poi stringerla.
 
“Sì, è la fine”.
 
 
Angolo dell’autrice
Ed ecco la fine de “La rinascita di un Dio”.
Ringrazio di cuore tutti coloro che mi hanno seguito fino a questo punto, le vostre recensioni sono state davvero d’aiuto.
Non credevo sarei riuscita a dare un finale così lieto a questa storia, eppure eccomi  qui…
Cosa posso dire?
Ringrazio ancora Matt_Kun,  Scintilla19, anonima K Fowl, Babykit87l, Ness, Myaku-chan,FlyerMind_, Alpha_Omega, Clalla97 e ultima ma non meno importante Pan17, la quale mi ha fatto un disegno riguardante l’incontro tra Misa e Light che posterò qui di seguito. (Se le mie ben scarse conoscenze informatiche me lo permettano)
Ringrazio inoltre tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite, ricordate o seguite.
*1 citazione del film L change the world
*2  *3 citazione della prima opening di Death Note The World: Nightmear
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