La rinascita di un Dio di Mirella__ (/viewuser.php?uid=162565)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La noia ***
Capitolo 2: *** Ali ***
Capitolo 3: *** Sfida ***
Capitolo 4: *** Rosa ***
Capitolo 5: *** Cimitero ***
Capitolo 6: *** Gioco ***
Capitolo 7: *** Telefoni ***
Capitolo 8: *** Luce ***
Capitolo 9: *** Alba ***
Capitolo 10: *** Legami ***
Capitolo 11: *** Schermo ***
Capitolo 12: *** Piani ***
Capitolo 13: *** Sorella ***
Capitolo 14: *** Atono ***
Capitolo 15: *** Io non sono la giustizia ***
Capitolo 16: *** Ya come notte, Gami come Dio ***
Capitolo 17: *** Riconciliazione ***
Capitolo 1 *** La noia ***
Non
c’era caldo, non c’era freddo.
Il
cielo era buio, ma
non un tuono intaccava il silenzio che regnava in quel luogo,
né una goccia di
pioggia dava sollievo all’arido terreno; la nebbia era
pesante, tuttavia non
ostacolava la vista degli scheletri bianchi che giacevano al suolo.
Tre
shinigami
giocavano a carte, parlando, dicendo cose senza senso, infondo non
c’era nulla
di cui discutere.
Uno
shinigami
camminava, camminava senza meta, non aveva un posto dove andare.
La
noia regnava
sovrana in quel regno così anonimo, nessuno aveva
più voglia di vivere, ma in
fondo erano Shinigami e, per quanto orribile potesse sembrare, uno
scopo alla
loro vita c’era; sottrarre linfa vitale dagli umani per poter
vivere anni,
centinaia d’anni, in quello squallido mondo né
carne né pesce.
Ogni
Dio della morte si
sentiva svuotato, ma allo
stesso tempo pesante, non uno di loro pensava agli umani niente di
più che come
esseri insulsi.
Tutti
tranne uno, che
tra gli umani ci aveva vissuto e si era divertito parecchio anche. A
differenza
degli altri però, lui non stata vivendo uno dei tanti
momenti di noia. La sua
mente era impegnata altrove, in una scelta, che sembrava lo stesse
logorando da
capo a piedi.
Aveva
forse un macigno
in tasca? No, era solo un piccolo corpo bianco, di un bianco puro, non
come
quelle sporche ossa che s’incontravano ovunque in quel posto.
Allora perché
sentiva il bisogno d’estrarlo dalla sua tasca?
Ryuk
Una
voce, sembrava
provenire proprio da quella cosa.
Ryuuuk?
Sì,
apparteneva
proprio ad essa. Lo stava tentando, lo stava implorando, voleva che la
usasse!
Ryuk,
non vuoi
divertirti? Non vuoi mangiare ancora delle mele? Non ricordi
com’erano succose
quelle della Terra?
Lo
Shinigami venne
percosso da crampi allo stomaco, era in astinenza da più di
tre anni ormai e
gli mancavano come non mai quei frutti paradisiaci. Così
rossi, così saporiti.
E
nel frattempo,
potrai gustarti anche un bellissimo spettacolo, in fondo, nonostante tu
ti sia
divertito, non puoi negare che ti sia rimasto un po’
d’amaro in bocca. Pensa al
divertimento! Qui c’è solo noia. È
vero, potresti provare a far cadere
nuovamente il Death Note, ma sai benissimo che non ci sarà
più un Kira a
livello di Light Yagami, o un altro detective all’altezza di
L. Infondo,
riportarli in vita, per uno Shinigami, sarebbe semplice. Se tu lo
facessi, non
correresti neanche il rischio di finire in polvere, se i tuoi scopi
sono,
ovviamente, per interesse personale.
Ryuk
ci rifletté un
attimo. No, non avrebbe corso il rischio di restare polverizzato se non
fosse
stato sicuro al 100% che
quanto stava per fare non riguardava affatto il legame che aveva con
Light,
tanto meno con L, né la volontà
dell’allungare la loro vita. In fondo, erano
già morti per mano del Death Note, gli anni che avrebbero
dovuto vivere
sarebbero stati vissuti comunque senza il quaderno, spettavano a loro,
Ryuk se
li era semplicemente presi, non gli costava nulla ridarglieli. Inoltre,
se si
fosse stufato di quel gioco, avrebbe riscritto i loro nomi e le memorie
di
quanto accaduto nel loro breve arco di “vita nuova”
sarebbero state cancellate.
Avvertì
una lieve
folata di vento, però tutto restò comunque
immobile.
“Basta,
non ce la
faccio più. Ogni giorno, anzi no, non ci sono giorni, solo
lo scorrere
incessabile del tempo dentro il quale le azioni sono le solite. Almeno
con
Light era diverso, tutto era così dannatamente eccitante,
come se non fosse
stato solo lui a rischiare la vita nello scontro tra Kira ed L, ma
proprio io,
un vero Dio della morte, al contrario di quanto credeva quel povero
umano, il
cui destino era stato intaccato da un semplice quaderno, anche se
semplice solo
in apparenza.”
Ryuk
afferrò la gomma,
ma si fermò a pochi centimetri dal quaderno. Se lo avesse
fatto, avrebbe dovuto
raccontare a Light come fosse riuscito a riportarlo in vita e
l’esistenza di
quel piccolo oggetto doveva restare nascosta. Solo a pochi Shinigami
era
concesso l’onore di possederla. Era così sicuro di
voler arrivare a tanto per
un po’ di divertimento? Lui che era stato il
secondo…
Al
diavolo. In fondo
non c’era nessuna motivazione per cui avrebbe dovuto dare
all’umano tante
spiegazioni, gli avrebbe semplicemente mentito, o evitato di dirgli
certe cose,
come aveva già fatto in precedenza.
Avvicinò
la gomma al
quaderno. Strano, si era reso conto solo in quel momento che essa stava
in
silenzio, ora che aveva deciso d’usarla, chissà,
forse era stato il suo stesso
inconscio ad immaginare quel basso suono.
Cominciò
a cancellare.
Light
sarebbe stato il
primo a tornare in vita. Elle il secondo ed ultimo.
Angolo dell'autrice
Con questo primo capitolo spero d'avervi incuriosito.
Lasciatemi i vostri commenti per farmi sapere cosa ne pensate.
Anche le recensioni neutre o critiche sono bene accette, voglio sempre
migliorare.
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Capitolo 2 *** Ali ***
Salve a
tutti, ecco il secondo capitolo della mia storia.
Volevo
ringraziare Matt_Kun e Scintilla19 che hanno recensito il primo capitolo
e DPotter, katy95 e KiaraAma per aver messo la storia tra le seguite.
Il capitolo sarà raccontato da Light in prima persona, spero
vivamente che vi piaccia :)
Una recensione, neutra, critica o pisitiva che sia, è sempre
ben accetta, quindi se vi va fatemi sapere cosa ne pensate.
Vi lascio al capitolo.
Buona lettura!
Il buio
mi circonda, non c’è una via d’uscita.
Non un flebile raggio di luce, non uno
spiraglio di speranza.
Sono
finito nel Nulla.
Non
c’è
nessuno accanto a me, non sento alcuna voce vicino.
Non sono
su una superficie piatta, sono sospeso a mezz’aria, nel luogo
in cui Ryuk mi
aveva detto che sarei finito.
Se questo
è il Nulla, poco male. Sarei stato per sempre da solo, sarei
riuscito a trovare
quella pace e quella tranquillità che sulla Terra non
esistono.
Solo con
me stesso…
Il cuore
mi salta in gola, sembra mancare un battito. Mi stringo il petto con la
mano
sinistra, aspettandomi un infarto da un momento all’altro,
tuttavia non succede
niente.
Perché?
Perché io che dovrei essere poco meno di un’anima
in pena ho il corpo così
simile a quello di un umano? Respiro aria che non
c’è, sento una sete
insaziabile che non posso dissetare e ho i crampi allo stomaco dalla
fame che
so di non poter saziare. Mi sento morire di fame, mi sento morire di
sete.
Allora
è
questa la tortura del Nulla? Non esistere ed esistere al tempo stesso?
Dimenticarsi ogni secondo di questo particolare per poi ricordarsi
subito dopo?
Faccio
questa esistenza da tempo immemore ormai, sarebbero potuti benissimo
passare
migliaia di anni dall’inizio di questa mia lenta agonia come
sarebbe potuto trascorrere
anche solo un secondo.
Stringo i
pugni e scopro i denti.
Maledetto
Near, maledetto Mello.
La mia
mente si divide in due.
Da una
parte c’è Kira, desideroso di vendetta, desideroso
di tornare in quel mondo, farlo
suo e completare la sua trasformazione in un Dio.
Dall’altra
parte c’è Light, un semplice essere umano, piegato
in ginocchio, a testa bassa,
che si sente dannatamente in pena per tutti gli uomini e le donne che
ha
ucciso.
Nel
vuoto, invece, c’è un solo corpo. Un corpo che
racchiude due personalità
distinte; quella fredda e calcolatrice di un assassino e quella pura e
ingenua
di un ragazzo che aveva creduto di poter rivoluzionare il mondo a
beneficio
delle persone di buon cuore, ma che si è reso conto
d’aver sbagliato, d’aver
creduto in qualcosa di estremamente orribile.
Le mie
due personalità si riuniscono, torno ad essere
un’unica persona, ma divorata
comunque da emozioni diverse.
Questo
è
il potere del Death Note, non è solo un’arma di
sterminio di massa, ma ha anche
la facoltà di far impazzire e mandare in un determinato
luogo un essere umano per
l’eternità.
E il
ciclo ricomincia.
Perdo la
memoria, comincio a ricordare, giusto in tempo per dimenticare ma con
la vaga
consapevolezza d’esser giunto a questa conclusione svariate
milioni di volte e
quando mi sembra d’esser riuscito a trovare una spiegazione
finale, un modo per
far terminare questa tortura, mi perdo in un bicchier d’acqua
e aspetto di
tornare nuovamente nel mio oblio.
Però
questa volta sembra diverso; provo qualcosa di più del
solito strazio di tornare
nell’ignoranza. Una strana sensazione di calore mi pervade e
mi sento
trascinare via.
La mia
mente rimane lucida, non cade più nelle tenebre, ma non
è solo essa ad aver
visto la luce.
Improvvisamente
mi ritrovo in un luogo raggiante e la mia anima sembra in pace al
momento.
Tremo
dall’emozione.
Io non ci
ho mai creduto, ma possibile che questo fosse il paradiso? Tendo una
mano verso
l’alto e con mia somma gioia mi rendo conto che posso
vederla.
Mi sento
elettrizzato, felice e spensierato.
Una
figura alata appare lentamente all’orizzonte, è
bella, aggraziata e sinuosa,
sembra quasi una madre umana. Anche lei ha una mano tesa e allora cerco
d’afferrarla, nonostante la lontananza.
Sento che
sono sul punto di prenderla, ecco, ce l’ho fatta! Ma non
appena tocco quella
mano tutto si fa buio, orribilmente buio, ma riesco a vedere tutto
comunque. Le
emozioni positive di poco prima sono scomparse.
Vedo la
donna assumere fattezze sempre più rigide, diventare molto
più alta e infine
trasformarsi in un ammasso di nero più scuro
dell’ambiente in cui mi trovo.
Pian
piano prende forma. Le ali, che prima erano bianche, grandi e dalle
punte
sottili, sono diventate nere, striminzite e dai confini spinosi e
all’apparenza
taglienti. Il corpo non mostra più fattezze femminili,
bensì maschili e mi
supera di gran lunga in altezza e in fine il volto, il volto che mai
più avrei
voluto rivedere, si fa largo in quella coltre oscura.
“Ciao
Light. Pronto a tornare a casa?” La voce grottesca di Ryuk
per la prima volta
mi fa paura. Sento il mio volto contrarsi in una smorfia di terrore e
cerco di
tirare indietro il braccio ormai completamente bloccato dalla stretta
di ferro
del Dio della morte. No, non voglio tornare lì! Ma la presa
dello Shinigami è
forte e non mi lascia altra scelta.
Torno, torno
ad
essere Light, torno ad essere Kira.
Ho il
terrore d’aprire gli occhi, ho il terrore di dare conferma
alle mie
supposizioni, ho il terrore persino di respirare.
Non
voglio accettare la realtà che filtra dal tatto e
dall’udito. Voglio ignorare
il lieve ronzare dei ventilatori, voglio ignorare il dolore acuto che
mi
provoca il piano irregolare su cui sono poggiato.
Per
quanto avessi agognato d’inondare i miei polmoni
d’aria fresca e soprattutto vera, ora
mi trattengo dall’ispirare.
Voglio mantenere il fiato per sempre, se avessi la capacità
di farlo ciò significherebbe
che mi trovo ancora in quell’oblio, ma già i
polmoni bruciano.
Mi alzo
di scatto a sedere e prendo aria, ma rimango al tempo stesso
sbalordito. Mi ero
dimenticato di come fosse ristoratrice una boccata d’aria
fresca, però insieme
ad essa giunge anche l’odore di sangue rappreso, nonostante
la consapevolezza
che quel sangue è mio, non apro gli occhi, voglio continuare
ad illudermi.
“Hai
intenzione di restare lì ancora per molto?”
Ancora
questa voce agghiacciante, ma perché non va via e mi lascia
in pace? Voglio
tornare nel Nulla, voglio tornare a non esistere.
Mi
stringo tra le braccia, non posso chiedere aiuto a nessuno, ma
d’altra parte,
non voglio aiuto.
Sospiro e
mi arrendo. Apro gli occhi.
Mi trovo
sulle scale di quell’orrido magazzino nel quale Ryuk mi aveva
ucciso. Lo
Shinigami è davanti a me, con un ghigno stampato in viso.
Quella visione
m’infastidisce, allora rivolgo la mia attenzione alla luce
che filtra dalle
finestre.
“Su,
andiamo Light, non ignorarmi! Guardami!”
Sbuffo,
so già che l’avrà vinta come lo sa lui.
“Sai
chi
sono io, giusto?”
Sto un
po’ in silenzio, il sangue diventa come acido nelle mie vene.
“Uno che mantiene
le sue promesse”. Rispondo alzandomi.
“Non
hai
dimenticato allora”. Dice
continuando a
sghignazzare.
Porto due
dita alla testa cercando di dissolvere la rabbia che provo per lui in
questo
istante. “Dovevi lasciarmi in quel posto, non ce la
faccio…” Mi sbilancio
lentamente dal gradino, non ero molto in alto, ma se fossi riuscito a
cadere in
un certo modo sarei riuscito a tornare nel Nulla e Ryuk non avrebbe
fatto i
suoi comodi. “E no”. Mi dice lui afferrandomi per
la collottola della camicia.
“Non te lo lascerò fare Light Yagami. Mi ci sono
voluti molti anni per prendere
questa decisione.” Con un singolo gesto, mi costringe a
sedermi e mi mostra
cosa tiene nella mano che non è occupata a bloccarmi.
Impallidisco
a quella vista e cerco d’indietreggiare, di divincolarmi, ma
lui non molla la
presa. “Mi ricordi tanto il Light privo di memoria, quello
che ha fatto la
vittima con Elle. Dov’è Kira? L’uomo che
si crede il Dio di un nuovo mondo?”
Mentre
continuo a cercare d’allontanarmi, lui mi avvicina il
quaderno.
“Oh,
capisco. Non possiedi ancora il Death Note, non l’ho ancora
lasciato cadere nel
suolo degli umani, quindi la personalità emergente
è quella del bravo ragazzo.
Quindi se ti facessi anche solo toccare il
quaderno…”
“Perché?”
Lo interrompo prendendo rumorosamente fiato,
“perché non mi lasci in pace Ryuk?
Perché riesco a vederti e sentirti nonostante il Death Note
sia nelle tue
mani?”
Si porta
un dito alla tempia, ci pensa un attimo e poi annuncia. “Non
ne ho la più
pallida idea”.
Uno
spasmo al braccio destro, ho un’insana voglia di picchiarlo.
“Come hai fatto a
riportarmi in vita?” Chiedo riuscendo comunque a sembrare del
tutto
indifferente.
“E
morire
subito dopo avertelo svelato? Non ci penso proprio”.
Deglutisco,
non so cosa fare, ma ho appena commesso un errore, perché
vedo Ryuk sorridere
in una maniera ancora più sadica del solito.
“Ti
senti
spaesato vero? Non hai un obiettivo, non ha una destinazione. Sei morto
per
tutti in questo mondo, tecnicamente non esisti più qui, sei
solo l’ombra di te
stesso”.
“Ti
eri
già preparato per questo discorsetto, mi sto sbagliando
forse?” Sorrido, ma so
che le sue parole sono vere. “Hai riportato in vita anche
L?”
“Sì”.
Mi
dice lui.
Constato
la semplice realtà dei fatti, non posso vivere come un
semplice sosia di Light
Yagami, se L fosse stato davvero vivo avrebbe già capito
che lo sono anche
io, inoltre, sono pronto a scommettere che avrebbe rintracciato Near il
prima
possibile. Dannazione.
Il motivo
per cui mi ritrovo vivo e vegeto mi è chiaro, ma sento
comunque il bisogno di
chiederglielo, voglio vedere se nel suo volto c’è
l’ombra del rimorso. “Quindi
hai fatto tutto questo solo per divertimento”
“Esatto”
La sua espressione è rimasta uguale. Altezzoso e ghignante,
non si è
minimamente pentito del mio omicidio e non se ne vergogna.
“Come
c’era da immaginarsi da un tipo come te.” Guardo il
Death Note stretto nella
mano di Ryuk, se lo avessi toccato, io, il Light figlio di Soichiro
Yagami,
sarei scomparso per sempre e Kira avrebbe preso il completo controllo
del mio
corpo.
Bene,
almeno avrei ignorato la realtà che in questo momento sembra
stare per
sommergermi. Sarei stato al sicuro, nell’oblio della mia
stessa mente.
“Fallo
cadere…” sussurro in modo quasi impercettibile.
Ryuk mi
sorride, prendendo l’occasione al volo. “Sapevo che
avresti fatto la scelta giusta”
Un tonfo
sordo e il Death Note è ai piedi delle scale.
“Ricorda
queste parole Ryuk.” Interrompo il suo sghignazzare.
“Il divertimento non è
sempre gratuito. Questa volta Kira avrà delle condizioni,
sei pronto ad
accettarle?”
Lo
shinigami annuisce ridendo come un pazzo, senza pensare minimamente a
quanto ho
appena detto.
Mi alzo
lentamente, tremando ad ogni singolo passo. So che sto facendo un altro
errore,
ma ormai Kira pregusta già la sua vendetta, mentre il
poliziotto piange la sua
sconfitta.
Arrivo
all’ultimo gradino, quello più in basso, e
m’inginocchio per prendere il Death
Note. Le mie dita scorrono sulla superficie ruvida del quaderno e pian
piano
arrivo ai bordi.
Lo alzo
da terra e rido.
Punto lo
sguardo in alto, in cima alle scale, dove la porta che dà al
terrazzo e semi
aperta e la luce inonda il pianerottolo.
Comincio a
correre, voglio andare lì, voglio raggiungere la vetta!
Apro di
scatto la porta ed esco sul tetto del magazzino.
“Elle,
Near preparatevi. Sono tornato”.
E mentre
il sole morente saluta la mia rinascita con degli ultimi sprazzi di raggi
dorati,
Ryuk, alle mie spalle, sghignazza. “Ma
prima…” dico voltando la testa verso di
lui.
“Cosa?”
Mi chiede continuando a ridere.
“Voglio
le tue ali”
Lui non
perde la calma e si limita a scuotere la testa. “Ti ho
già detto…”
“Che
questo è impossibile.” Lo interrompo nuovamente
col sorrisetto sulle labbra.
“Ryuk, durante quegli anni hai omesso di dirmi molte cose e
per giunta mi hai
ucciso. Non l’ho dimenticato sai. Purtroppo ora non ho
più niente. Non ho un
modo per spostarmi, non ho una base. Quindi sono vulnerabile e se vuoi
che il
divertimento duri più a lungo…”
Ryuk ruota gli occhi grandi quanto due palline da tennis, si gratta il
capo un
po’, ma alla fine cede.
“D’accordo”
Sorrido
trionfante, mentre vengo a conoscenza del perché gli angeli
sono rappresentati
in così tante culture. Strano, avevo sempre pensato che
questi cherubini
dipinti sulla tela non fossero altro che la trasmutazione del desiderio
umano
di toccare il cielo, o, più in generale, l’apice,
in qualcosa di più tangibile,
reale. Evidentemente era così solo in parte. Di certo non
sono stato l’unico a
possedere il Death Note e qualcuno avrà già fatto
la mia stessa richiesta al
suo Shinigami e se questi non fosse stato subdolo quanto Ryuk avrebbe
sicuramente accettato la proposta dell’umano.
“Non
sono
il primo che ha scoperto questa possibilità, vero?
Lui
continua a ridere e fa cenno di sì con la testa.
Improvvisamente
mi sento la schiena pesante. Indietreggio, cercando di bilanciarmi, il
dolore
alle scapole è allucinante.
“Sicuro
di voler continuare?” Mi chiede Ryuk. “Questo
è solo un assaggio”
“Certo
che voglio continuare. Ho bisogno di ogni aiuto possibile, fronteggiare
Elle e
Near assieme non sarà facile”
Le ossa
della schiena si ribellano, sfrigolano. Il sangue scende a fiotti,
inzuppandomi
la giacca che per me ormai non è diventata altro che un
intralcio. Sciolgo i
bottoni e la butto via.
Cado in
ginocchio, ma resisto. Per il risultato finale, questa tortura ne vale
la pena.
Mi accascio a terra, ma la mia decisione è irremovibile e il
dolore sale….
Aumenta d’intensità arrivando persino ad accecarmi
e quando sento che sto per
urlare tutto tace.
Faticosamente
riprendo a respirare con regolarità, mi sento leggero, mi
guardo le spalle,
però non c’è nulla. E il dolore di
prima? A cosa è servito?
Rivolgo
lo sguardo verso Ryuk che da l’impressione
d’esser fiero di me. “Sai Light,
non tutti sopravvivono a questo trattamento”.
Lo guardo
di sbieco. “E ovviamente non avevi messo in conto di
dirmelo”
“Se
può
consolarti, immaginavo che saresti sopravvissuto”
“Non
noto
differenze”
“Ci
sono
Light. Le ali sono contrattili….” Ma
già non lo ascolto più, ho capito quello
che devo fare.
Chiudo
gli occhi per imprimermi nella mente questo momento.
Il
fruscio che carezza il mio udito è lieve, tuttavia
è capace di farmi sentire
forte.
Apro gli occhi, mi guardo alle spalle e mi viene da ridere, che strana
prima
impressione. Mi sembra che mi rispecchino.
Nere e
dai contorni definiti, lisce, sembrano quasi banali, ma i fini disegni
bianchi
che ne ripercorrono le punte creano un contrasto eccezionale.
Le batto
una volta e i miei piedi si staccano dal suolo, una sensazione di vuoto
s’impossessa del mio stomaco e quasi sono tentato di
ritornare a terra. Fisso
lo sguardo in quello di Ryuk.
“Da
quanto sono morto?”
“Tre
anni.” Mi dice lui.
“Misa?”
“Morta,
due anni fa”
“Ah”.
Dico, tuttavia non provo dolore, non provo nulla. Forse Light Yagami
è
dispiaciuto, ma non ho il tempo d’ascoltarlo.
Con Misa
fuori scena, lo è anche il suo appartamento.
Do
un’occhiata al Death Note che ancora stringo in mano. Eppure
sarebbe stato così
facile. Avrei potuto scrivere il nome di Elle immediatamente e
liberarmi da
ogni possibile rivale, ma questo non implicherebbe una mia piena
vittoria.
Voglio
vedere il grande detective ai miei piedi, accompagnato dal suo allievo.
Comincio
nuovamente a ridere e mi rivolgo allo shinigami un’altra
volta. “Ti divertirai,
Ryuk”
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Capitolo 3 *** Sfida ***
Salve a
tutti, ecco un nuovo capitolo :)
Se avete
consigli da darmi sulla caratterizzazione dei personaggi non
risparmiatevi dal
farlo. Non sono una grande fan di Near (questo è un
eufemismo) ma spero
comunque di non cadere nell’ooc.
Ringrazio
chi ha recensito gli scorsi capitoli e chi ha messo la storia in una
delle tre
liste.
Buona
lettura!
Elle respirò
per la prima volta dopo anni.
Aprì
gli
occhi di scatto e cominciò a tossire; una manciata di
polvere gli era appena
finita su per le vie respiratorie.
Lacrimando
si alzò a tentoni, barcollando a destra e a sinistra.
Non ebbe
problemi a riconoscere quel posto, infondo ci aveva vissuto per diversi
mesi prima
della sua sconfitta...
Scosse la
testa, non doveva pensarci, doveva fare altro.
Avendo
già varie teorie sul perché si trovasse
lì decise di non considerarne neanche
una e cercò d’uscire da quella stanza. La porta
era chiusa a chiave, tuttavia ricordava
vagamente di tenerne una copia nella tasca dei suoi
pantaloni…
In men
che non si dica si ritrovò a camminare tra i corridoi di
quell’immenso
grattacielo, nascondendosi di tanto in tanto dalle guardie di passaggio.
Almeno il
suo edificio non era andato in rovina; quanti anni erano passati
dall’accaduto?
Cinque? Probabilmente di più a giudicare dallo stato della
stanza in cui si era
risvegliato.
Cominciò
a scendere le scale, cercando d’arrivare nella hall, se fosse
stato abbastanza
fortunato, si sarebbe procurato un telefono cellulare e avrebbe
rintracciato N.
Trovarlo
non sarebbe stato poi così difficile, raccontargli come
stavano le cose sarebbe
stata la prova più ardua, anche perché non lo
sapeva nemmeno lui. Tutto quello
che ricordava era che una forza lo aveva trascinato via da quel luogo
di pace…
Arrivato
a destinazione, scrollò le spalle e si grattò la
testa.
La sala
era piena di gente.
Evidentemente Near
aveva trasformato la sua base in un hotel di lusso.
Guardò
i
suoi stessi abiti. Erano veramente inadatti alla situazione, per non
parlare
del fatto che fosse scalzo, tuttavia non si sentì
minimamente a disagio e
continuò a gironzolare come se nulla fosse.
Adocchiò
un vecchio uomo d’affari, sulla sessantina, sicuramente
sposato, in compagnia
di un’altra giovane donna, probabilmente la sua amante a
giudicare dagli
sguardi che lui lanciava in giro, come se avesse avuto paura di venir
scoperto
da qualcuno.
Con non
nonchalance si avvicinò, fino ad urtarlo, si
scusò immediatamente per la svista
e riprese a camminare, arrivando fin quasi all’entrata, ma
all’improvviso due energumeni
lo afferrarono per le spalle.
“Ridai
a
quell’uomo ciò che hai preso”
“Non
ho preso
proprio niente” Disse lui fissando atono la guardia,
quest’ultima parve non
poter sostenere lo sguardo del ragazzo e allora distolse il suo.
“E
dove
credi che sia finito il mio cellulare, razza
d’idiota!” L’uomo d’affari
aveva
alzato lievemente la voce, cercando tuttavia di controllarsi per non
attirare
l’attenzione delle persone in sala che già si
stavano agitando vedendo il
giovane trattenuto dalle guardie.
“L,
dovresti smetterla di fare il bambino” Un ragazzino, sulla ventina d'anni, era
appena entrato salutando con un sorriso il delinquente.
“Non
è
colpa mia se è sbadato, comunque ecco a lei”, L
non aveva risentito minimamente
del rimprovero, non gliene poteva importare di meno. “Le era
solo caduto a
terra”.
“Ma
ci
stai prendendo in gi…” cercò
d’obiettare un’agente, ma venne interrotto.
“Lasciatelo”
Disse Near rivolto agli uomini che obbedirono riluttanti.
L’altro
sorrise. “Mi hai riconosciuto”
“C’era
almeno l’ottantasette per cento di possibilità che
non fossi tu…”, il ragazzo si
fermò un attimo e poi riprese, “Ryuzaki”.
“Concordo”, L annuì
accennando l’ombra di un sorriso.
“Ora,
che
ne dici di scusarti,così io e te possiamo parlare in privato
tranquillamente?” Detto
questo si passò una mano tra i folti capelli argentei e
sorpassò L, porse le
scuse per l’inconveniente e, seguito dal suo sensei,
salì sull’ascensore.
Entrambi
non aprirono bocca fino a quando non si trovarono
nell’appartamento del
ragazzo.
“Quindi
sei riuscito a risolvere il caso Kira” Disse L sedendosi sul bordo di una
sedia, nella stessa
posizione di sempre, corpo accucciato e mento poggiato sulle ginocchia.
“Non
ce
l’avrei fatta senza Mello, devo ammettere che Light era molto
più di quello che
sembrava” Disse l’altro sedendosi a sua volta.
Cadde il
silenzio, entrambi concentrati su anni ormai passati, poco dopo
però L lo
interruppe, non perché fosse diventato pesante, ma
semplicemente per evitare la
domanda ovvia che stava per porgli Near. “Non chiedermi come
faccia a trovarmi
qui, non lo so”
“Non
hai
un ipotesi?”
“Un
paio
e quasi tutte comportano la presenza di Kira, a parte una che sarebbe
la pazzia
”. Disse L mordendosi il dito.
“Dal
mio
punto di vista, vedo Kira come causale”. Concordò
Near alzandosi e scomparendo
oltre la soglia della sala da pranzo, per ricomparire subito dopo con
una tazza
di cioccolata calda e delle zollette di zucchero, tante zollette di
zucchero. “Ma
non appena si muoverà, noi lo arresteremo”.
“Non
sottovalutarlo Near” Lo ammonì L mentre montava
una torre di colesterolo.
“Starà attento il triplo di quanto lo è
stato…. quanti anni fa precisamente?”
“Tre”
Disse Near con un’espressione monocorde sul viso. Non aveva
preso sottogamba
l’intelligenza di Light, non sottovalutava mai nulla
né considerava mai
qualcosa impossibile, forse era proprio per questo che riusciva a
parlare con
un uomo che doveva essere sotto un metro di terra.
“E
dalla
mia morte?” Continuò il moro socchiudendo le
palpebre.
“Nove
anni” L’albino si fermò un attimo
e poi riprese, mentre l’amico annuiva. “L, conosce
il tuo nome”. Affermò in
fine inclinando lo sguardo verso il basso, “e anche il
mio”, non era
preoccupato, stava solo riflettendo.
“Saremmo
già morti se lui lo
avesse voluto, quindi non credo che siano queste le sue intenzioni.
Anzi, credo
che dovremmo mettere qualche pattuglia a sorvegliare casa
Yagami” Disse L apparentemente
disinteressato.
“Non
capisco come fai ad essere
così calmo. Comunque lo credo anche io. Light non
può andare in nessun altro
posto se non lì”. Disse l’altro
sorseggiando la sua cioccolata.
“Non
si stava male”. Sussurrò L rispondendo
alla prima affermazione del suo successore e aggiungendo
un’altra zolletta di
zucchero.
“Cosa?”
Chiese Near che aveva
appena percepito le parole di L.
“Nulla,
non ti preoccupare”.
“Non
possiamo fare niente, fino a
quando non avremmo una conferma della sua rinascita”.
“Aspetteremo”
Disse L, ma quando
poggiò l’ultima zolletta la torre cedette.
La sua mano,
per un secondo, aveva
tremato.
“Ma
è meglio prevenire che curare”,
lo riprese l’altro osservando lo zucchero che scompariva
all’interno della
tazza, “vado a fare una telefonata. Casa Yagami
sarà sorvegliata giorno e
notte”. Near si alzò e scomparve nuovamente dietro
l’uscio della porta e
Ryuzaki non poté fare a meno di sospirare.
Impose al suo
cervello un
rallentamento, era davvero troppo veloce e in certi momenti non
riusciva a
mettere in fila un pensiero di senso compiuto, per gli altri
ovviamente. Spesso
nessuno era in grado di capire cosa diceva, doveva spiegare anche
ciò che per
lui era il più semplice dei ragionamenti.
Ryuzaki non
era né vanitoso, né
modesto, diceva semplicemente le cose come stavano, poi stava agli
altri tratte
le conclusioni, tuttavia, quando quel ragazzo normale, ma al contempo
così
strano, era entrato in contatto con lui, si era reso conto che
finalmente aveva
qualcuno con cui parlare alla pari, senza dover dare spiegazioni
inutili e con
il quale era persino diventato amico.
Sapeva chi
fosse in realtà quel
ragazzo, non aveva chiuso gli occhi neanche per un attimo, ma la sua
voglia di
catturare Kira era andata via via scemando, ogni giorno di
più, fin quasi a
scomparire del tutto.
Non
considerava la sua sconfitta
un errore, un qualcosa d’inaspettato, anzi, L sapeva fin
dall’inizio come
sarebbe andata a finire; Light aveva calcolato tutto nei minimi
particolari, ma
non aveva fatto i conti né con Near, né con
Mello, forse, se avesse saputo
prima di quei due ragazzi, le cose sarebbero andate a finire in modo
diverso,
con una vittoria di Kira assoluta molto probabilmente, ma L non gli
aveva mai
dato modo di scoprire dei suoi successori e tutto si era concluso come
dovuto.
Sbuffò,
aveva anche pensato ad una
situazione simile a quella che stava vivendo proprio in quel momento,
però mai
gli aveva dato molte probabilità di riuscita, a malapena il
quattro per cento,
la stessa percentuale che aveva dato a Light d’esser Kira
all’inizio. Forse
avrebbe dovuto avere più fiducia nelle sue deduzioni, era
caduto troppe volte
in errore ignorandole.
La cosa
più strana, in tutta
quella faccenda, era che non credeva d’aver chiuso gli occhi
ed esalto l’ultimo
respiro, anche perché non ricordava d’aver fatto
qualcosa del genere.
Certo,
ricordava il forte dolore
al petto, il supplizio che gli aveva mozzato il respiro e fatto
sbarrare gli
occhi, mentre guardava il ghigno sadico di Light allargarsi sul suo
volto. Ricordava
per filo e per segno quel momento, l’immobilità
che aveva toccato tutti,
indistintamente, persino il mandante dello shinigami che non aspettava
altro
che il tempo si sbloccasse, ma da quel preciso istante sembrava che
fosse
trascorsa un’ora o poco più, giusto il tempo di
dormire un po’, fare un sogno
rilassante per poi ritrovarsi riverso a terra, nel proprio luogo di
lavoro,
distrutto non da un infarto, ma da una semplice giornata di fatica,
preso dal
sonno, non eterno, ma quello che coglie tutti i comuni mortali ogni
giorno e
invece non era stato così.
Nonostante
tutti i suoi sforzi,
aveva perso, ma a lui non piaceva perdere, trovava ciò
inconcepibile; anche per
Light doveva essere così e, a quest’ultimo
pensiero, sorrise.
“Stavolta
sarò io a vincere… ”. Giurò,
alzando lo sguardo verso la finestra dell’appartamento di
Near, ignaro che la
sua nemesi stesse sorvolando lo stesso cielo nero come le tenebre che L
con
tanto determinazione osservava.
La sua mano
era stata colta da un
tremore, questo era vero, ma non era dettato dalla paura o dallo
sconforto, ma
dall’eccitazione che stava provando più forte che
mai; una nuova sfida lo
attendeva, essa non faceva altro che aspettare d’esser colta
e Ryuzaki l’aveva
appena afferrata.
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Capitolo 4 *** Rosa ***
Salve a tutti!
Ecco a voi un nuovo capitolo,
questa volta dal punto di vista di Light.
Incontreremo anche in questo, un
vecchio personaggio, da molti disprezzato e da molti amato.
Come al solito ringrazio chi
recensisce, mette la storia tra le seguite o anche solo chi legge in
silenzio.
Vi lascio al capitolo.
Buona lettura!
Vento, solo vento.
A
quest’altezza non sento nulla se
non il vento.
La sensazione
del volo è
inebriante, sono un tutt’uno con la notte, ogni virata
è delineata, non faccio
un minimo errore, le mie ali
rispondono come se fossero delle
comuni
braccia, ne ho il completo controllo e in questo momento mi sento un
Dio a
tutti gli effetti.
Provaci L,
prova a fermarmi,
voglio proprio vedere se ci riesci.
Mi piace,
adoro la tranquillità
che c’è qua su, però quelle che mi
fendono il viso non sono semplici brezze, ma
folate d’aria gelida che sono a dir poco taglienti, tuttavia
non ho intenzione
di scendere di quota, avrei continuato a viaggiare a
quest’altitudine se fosse servito
a qualcosa, ma già vedo casa mia da qua su e so di dover
atterrare ad una certa
distanza, non devo catturare l’attenzione, non ancora.
L’atterraggio
non è difficile come
sembra, ora posso cominciare a camminare come un qualsiasi mortale.
Sguardo
basso e passo veloce, non devo dare nell’occhio, ma so
già che nonostante abbia
l’aspetto di un ragazzo normale, l’odore acre del
sangue mi circonda e quindi passo
tra vicoli stretti e strade secondarie. Non incontro gente,
è tardi ormai,
mezzanotte passata, di sicuro, Ryuk cammina dietro di me, continuando a
ridere
come un matto.
Finalmente
arrivo a casa. Non mi
concedo nemmeno un secondo di raccoglimento, ho del lavoro da fare,
quindi
cerco una rapida soluzione per entrarvi.
Mia madre
teneva anni fa la chiave
sotto lo zerbino, ma mio padre presto le aveva fatto togliere questa
brutta abitudine,
quindi questa non è un opzione. Faccio il giro e mi ritrovo
sul retro.
Lì,
forse, dovrebbe trovarsi
un’altra chiave, nascosta in un vaso da giardino, celato ad
occhi indiscreti,
ma non ai miei. Aguzzo lo sguardo, fendo le tenebre che mi circondano e
finalmente individuo il nascondiglio.
Apro la porta
lentamente, cercando
di fare meno rumore possibile e quando la richiudo mi
giro di
scatto. Tutto è immerso nell’oscurità,
mi riesce difficile avanzare, ma so già
che passi fare per arrivare in camera mia senza farmi sentire.
Poggio la
mano sulla maniglia, non
è abbassata di cinque millimetri, segno che mia madre tante
volte era entrata
nella mia camera…
Chissà
cosa le avevano raccontato
su di me. Avevano detto loro che in realtà io ero Kira?
Scrollo le spalle, la cosa
è alquanto
irrilevante, ma allo stesso tempo improbabile.
Quando metto
il piede nella mia camera
non so cosa aspettarmi. Rimango sorpreso nel vedere che tutto
è come lo avevo
lasciato anni fa, ma ho del lavoro da fare, quindi analizzo velocemente
cosa ho
a disposizione.
Mi serve una fonte
d’informazione,
immediatamente, devo vedere se ci sono ancora delle persone che credono
in
Kira, mi servono, ma non farò fatto lo stesso errore di tre
anni fa, non mi fiderò
di nessuno, mai più.
“Light,
non c’è nessuno in casa”
Mi giro di
scatto, guardando lo
shinigami negli occhi, chiedendogli spiegazioni con il solo sguardo.
“Oggi
è il ventotto febbraio. Tua
madre ricorda questo giorno insieme a tua sorella, che è
sposata tra l’altro…”
“Con
chi?” Lo interrompo
mordendomi l’interno della guancia, non volevo che il mio
legame con lei fosse
poi così evidente.
“Matsuda”
Rimango
immobile, non un muscolo
del mio viso si contrae, non provo nulla.
Una strana
sensazione di fastidio
percorre la mia spina dorsale, ma la faccio svanire in fretta,
relegandola in
un angolo remoto del mio cervello.
“Bene”.
Dico togliendomi i
vestititi sporchi e buttandoli a casaccio in un angolo della stanza.
Apro i
cassetti e mi accorgo che anche i miei vecchi vestiti sono a posto.
Evidentemente
mia madre non ha ancora superato la mia dipartita, sembra che abbia
voluto
rendere immobile questa stanza, come in attesa del mio ritorno.
Apro la
doccia e presto il sangue viene
lavato via dal mio corpo, ma non i miei pensieri che mi martellano la
testa
ogni singolo secondo, non ho il tempo di fare niente, di fermarmi su
qualcosa,
so che L è tornato, presto la casa verrà messa
sotto sorveglianza, quindi,
ancora un altro risciacquo ed esco dal bagno di fretta.
Scendo le
scale infilandomi
maglietta e pantaloni, arrivo in cucina e do un’occhiata al
centro tavola.
Mele,
c’erano soltanto mele.
Sorrido e ne
afferro due, una la
lancio a Ryuk che l’afferra gioendo, e, mentre mordo con
avidità la mia,
gustandomi sino all’ultima goccia di quel frutto
così succoso e tangibile,
salgo fino a raggiungere l’ufficio un tempo appartenuto a mio
padre.
Il computer
è diverso, nuovo. Lo
riavvio e mi rendo conto che è molto più veloce
del mio vecchio pc.
In un attimo
sono sul web, ma
ancora non posso cercare le informazioni che mi servono, devo isolare
la rete
prima.
“Cosa
stai facendo Light?” Mi
chiede Ryuk con la bocca aperta nonostante
il cibo ne strabordi, a quel punto
sospiro e comincio a spiegare.
“Non
posso restare qui, questa è
una cosa ovvia,” le mie dita si muovono agili sulla tastiera,
cancellando
lettere su lettere per poi scriverne altre, sempre più
veloci, sempre più
veloci… “quindi devo cercarmi una nuova base. Kira
non è mai morto per molta
gente, e qui, sul
web, c’è ancora chi
conserva la speranza di un nuovo mondo.” Carico un video,
preso da una
trasmissione di dibattito, analizzo ogni mossa dei presenti; tra gli
spettatori
ci sono vari attori, tuttavia ci sono anche delle persone serie.
Annoto
mentalmente gli appellativi che passano
in sottopressione e li riscrivo su un altro sito.
Nomi,
vite e persino esperienze lavorative mi
sfilano davanti agli occhi, senza nessuna censura, sono in grado di
trovare
ogni singola persona fino alle loro abitazioni. Ma ancora non mi basta,
devo
andare avanti.
La
tomba di
Kira
Questa
frase mi salta all’occhio tra le miriadi
di parole che appaiono continuamente in piccolo, sotto
l’articolo che sto
leggendo.
In
pochi secondi la pagina si apre e allora
comincio a leggere il breve testo.
Misa
Amane, sospettata dalla polizia mondiale
d’esser stata in precedenza il secondo Kira, si suicida
all’età di ventisei
anni.
Ogni
anno, sulla sua tomba, appare una rosa
rossa, ma la cosa che più incuriosisce è che
questo fiore, non compaia
all’anniversario esatto della sua dipartita, bensì
quattordici giorni dopo,
vale a dire il ventotto febbraio.
Nessuno
ha mai visto qualcuno piangere sul
freddo marmo bianco che nasconde il corpo dell’attrice e il
mistero che circonda
la rosa attira numerosi fans di Kira che cercano d’entrare in
contatto con
quella persona che ha avuto la capacità di non farsi mai
scorgere da sguardi
indiscreti. Molta gente desidera parlarci,
di farsi spiegare il significato di
questo gesto, sperando, forse, in una risposta che contempli quel
“nuovo mondo”
che per molti non è mai stato altro che pura follia.
Sto
in silenzio, non so per quanto tempo, mi
rendo conto solo adesso d’aver interrotto la mia spiegazione.
“Il
ventotto febbraio”. Sussurro mentre riprendo
a picchiettare sulla tastiera. Sono sul punto di premere invio, quando
il
chiaro rumore di uno sportello che si richiude attira la mia attenzione.
Apro
di scatto la porta dell’ufficio per andare
in camera mia, scosto le tende e vedo che Matsuda è appena
sceso da un’auto,
accompagnato da due uomini e due donne, degli agenti.
“Dannazione!”
Stringo i denti e corro nuovamente
al pc. L aveva già fatto la sua mossa. Il fatto che abbia
scelto proprio il mio
vecchio collega di lavoro per cercare di fermarmi
m’infastidisce parecchio.
Cancello
ogni mia traccia in pochi secondi e
afferro una penna. Scrivo dei nomi ed indirizzi a casaccio su un block
notes e
ne stacco il foglio. La mia scrittura è leggibile anche sul
quadernetto.
Bene,
avrebbero perso tempo cercando gente che
di fatto non c’entrava nulla con i miei piani, forse L
avrebbe immaginato che
non era altro che un modo per sviarli dalle mie vere intenzioni, ma lo
avrebbe
capito tardi.
Afferro
il Death Note e lo nascondo sotto la
mia camicia.
Sento
la porta d’entrata aprirsi e allora mi
rivolgo verso le finestre della stanza. Spalanco le tende e i raggi
della luna
illuminano lo studio.
C’era
sempre stata così tanta polvere in questa
stanza?
No,
mia madre era una fanatica della pulizia,
un po’ come me, ma allora perché sembra che questa
stanza non venga spolverata
da anni? Solo la scrivania è tirata a lucido.
Ogni
cosa, così come in camera mia, è al suo
vecchio posto.
Per
un momento mi sento svuotato. Persino la
determinazione è andata via di fronte alla verità
che mi si para davanti.
Mia
madre non è mai andata avanti, lei aspetta
ancora mio padre e me…
Mi
riscuoto, ma cosa mi salta in mente in questo
momento? Mi volto di spalle e faccio scorrere la finestra verso
l’altro. Mi
sporgo sul cornicione, sto per andare via, tuttavia, quando sento la
maniglia
della porta scattare mi blocco, ho la strana sensazione che la persona
che è
appena entrata nella stanza sia proprio…
“L-Light!”
Matsuda
sbarra gli occhi, indietreggia, inciampa
sui suoi stessi piedi e cade sbattendo la schiena contro lo spigolo
della
porta. Rimane senza fiato per un momento, poi si rialza e afferra la
pistola
sotto la sua giacca.
Trema
da capo a piedi, non riesce a reggere
nemmeno l’arma, nonostante l’imbranataggine
dell’uomo, a quella vista non posso
fare a meno di stringere il mio polso destro nella mano sinistra, quasi
ad
aspettare che la scena si ripeti, ancora e ancora, nonostante Matsuda
non abbia
ancora tolto la sicura.
Restiamo
entrambi immobili, guardandoci negli
occhi.
Dopo
poco tempo che a me sembra un infinità,
riesco finalmente a riacquistare la calma e allora mi siedo sul bordo
della
finestra, accennando l’ombra di un sorriso a mio cognato.
“Hai visto un
fantasma, Matsuda?” Chiedo ingenuamente dando
l’ultimo morso alla mela rossa
della quale ormai non era rimasto altro che il torso. Per un istante,
immagino
la situazione dalla prospettiva dell’uomo che mi sta davanti
che non riesce
ancora a rispondermi e… mi viene da ridere.
Forse
questa mia reazione non è altro che un
modo per ammorbidire l’odio che provo verso
quell’inetto. Ma posso definire
questo sentimento odio?
Sì,
lui mi ha sparato, giusto un paio di anni
fa, ma sarei riuscito a farla franca senza il suo
“geniale” intervento? No,
devo ammetterlo a me stesso. Ormai all’epoca ero stato messo
con le spalle al
muro, incastrato, senza via d’uscita, quindi non credo che
quel che provo in
questo momento verso Matsuda sia odio, tutt’al più
ostilità e una voglia matta
di fargliela pagare per aver messo le mani su mia sorella.
“Stai
impazzendo Matsuda, vedi persino i
morti?” Dico crudele cominciando a fargli il lavaggio del
cervello, sempre che ne
abbia uno, sotto quella montagna di
capelli.
Lo
vedo tentennare per un momento, non sa se
chiamare i rinforzi.
“Non
sono pazzo L-Light” Sussurra
lui inumidendosi le labbra, avanzando di un
passo e tendendomi la mano. “Adesso, allontanati da
lì e afferrami la mano”.
Aggrotto le sopraciglia, cominciando a pensare che non ci sia bisogno
di
confondergli le idee perché è già
messo male di suo, ma quando l’aria fresca della
notte mi scosta i capelli dal viso capisco cosa intende.
Pensa
che mi stia per buttare dal primo piano.
Trattengo
una risata e decido di stare al
gioco. “A cosa servirebbe Matsuda? O qui, o in carcere, che
differenza farebbe?
Spiegamelo tu, perché io proprio non ci arrivo”
Dico
con tono sommesso. Mi
sbilancio leggermente all’indietro, non
tanto da lasciarmi cadere, ma abbastanza per vedere
l’indecisione attraversare
il volto pallido del poliziotto. In fondo, sono pronto a scommettere
che lui mi
vuole morto quanto io voglio morto Near.
“Non
è detto Light”. Mi dice lui avvicinandosi
ancora e mentre noi teniamo quest’incontro, Ryuk ride e
sghignazza nel vedere Matsuda
farsi prendere in giro, ancora.
“Già,
forse sarai tu ad uccidermi, stavolta”.
Continuo io sistemandomi in modo tale da potergli mostrare il mio polso
destro.
Lui
trasale a quella vista, ma non dice nulla.
“Matsuda,
i giochi sono appena iniziati. Non ho
intenzione d’abbandonare le scene così
presto” Dico lasciandomi risucchiare dal
vuoto per poi spiccare il volo giusto un secondo prima di toccare terra.
L’agente
non si era neppure precipitato alla
finestra per vedere la mia fine, ma era sceso fino ad arrivare dove
avrebbe
dovuto trovarsi il mio corpo.
Non
posso vedere la sua espressione, sono già
in alto, seguito da Ryuk.
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Capitolo 5 *** Cimitero ***
Buongiorno,
o buonasera carissimi lettori!
Direi che
questo è un altro capitolo d’introspezione per
Light, più sui suoi ricordi del
passato, ma gli avvenimenti non mancheranno.
Ringrazio
come al solito chi recensisce o mette in una delle tre liste la storia,
e anche
chi legge in silenzio. Grazie mille, tutti voi mi fate apprezzare
davvero ciò
che scrivo.
Detto
questo vi lascio al capitolo.
Buona
lettura.
La neve
ricopre ogni cosa.
“È
questa?” Chiedo a Ryuk, che annuisce senza
proferir parola.
Mi chino
fino a raggiungere con lo sguardo il punto dove nella fredda scultura
si
dovrebbe trovare il nome; la mano esita un po’,
ma poi comincia a togliere frettolosamente la poltiglia
bianca che lo
ricopre.
“Misa
Amane”. Leggo sedendomi accanto alla tomba e mettendomi in
attesa.
Le
probabilità che l’articolo sia solo una montatura
di L sono alte, ma non mi
preoccupo. Avrei avuto un faccia a faccia con lui prima del previsto,
ma sarei
riuscito comunque a scappare se la situazione lo avesse richiesto. Le
mie ali
sono pronte a spiccare il volo.
Poggio la
testa sulla fredda lapide. Sono le tre e mezzo del mattino, non
c’è nessuno nel
cimitero. Il buio mi circonda.
Il fatto
che non ci sia anima viva in questo posto valorizza l’ipotesi
della montatura
dell’articolo perché se quest’ultimo
fosse stato autentico, a quest’ora i
seguaci di Kira si sarebbero dovuti trovare tutti qui in massa. Ma
questa è
solo una possibilità.
Misa era
una sostenitrice di Kira, nonché una persona di spettacolo
ammirata da molti;
la rosa sarebbe potuta essere solo l’omaggio di un fan, se
non fosse per il
fatto che nessuno è mai stato visto offrire questo pegno, e
allora vi sorge
un’altra ipotesi. Da sostenitrice di Kira, sarebbe stato
facile per Misa
fondare una setta e lasciare istruzioni precise dopo la sua morte. Ma
la
ragazza era stata privata del Death Note, dei suoi ricordi, quindi
anche questa
teoria si sgretolava, a meno che…
“Ryuk,
cos’hanno detto a mia madre, a mia sorella e a Misa, sulla
mia morte?”
Lo
shinigami ci pensa un momento e poi comincia a parlare.
“Hanno detto a tua
madre e tua sorella che eri stato ucciso per mano di Kira”.
Annuisco
pensando all’ironia della cosa, poi lo incito a continuare.
“E cos’hanno detto
a Misa?”
“Che
eri
via per lavoro”.
Faccio
una lieve smorfia, non credevo che Misa potesse arrivare a chiudere gli
occhi
anche davanti a cose chiare come il sole. “Raccontami la sua
fine”. Dico
alzando il capo verso di lui.
“Non
so
nulla di preciso, sono rimasto un po’ sulla Terra, giusto per
vedere la fine
dei guai che avevi seminato, comunque sia, Matsuda si è
lasciato sfuggire la
verità e la poveretta non ha resistito. Nonostante avesse
perso i ricordi
legati al Death Note, lei ti amava Light, perciò ha deciso
di farla finita per
raggiungerti”. Ignoro il tono di voce di Ryuk appositamente
drammatizzato e cerco
di rilassarmi, ma i miei nervi sono tesi come non mai, non mi piace
aspettare,
e mi ritrovo a carezzare il marmo bianco, sorprendendomi.
Non
provavo niente per Misa, non provo tuttora niente per Misa.
Io sono
Kira, e ciò che mi ha riferito Ryuk non cambia i miei
sentimenti. Ma allora
perché sento questa fitta dolorosa all’altezza
dell’addome?
Sorrido
tra me e me. “Light, sei troppo sentimentale, troppo legato
ai ricordi, troppo
umano.”
A meno
che non avesse scoperto tutta la verità sulla mia morte, in
modo tale che
potesse davvero lasciare un messaggio, ma questa è una
possibilità a cui dare
davvero poche probabilità.
Mi alzo,
sto per andarmene, è del tutto inutile restare qui un minuto
di più.
Quella
rosa non è che il dono che si porta ad un defunto,
nient’altro.
Saluto
con lo sguardo la tomba della mia servitrice più fedele e
volto le spalle, non
tornerò mai più in questo posto. Ma quando sto
per spiccare il volo, Ryuk mi
avverte. “C’è qualcuno che ti osserva
Light”.
Per un
attimo rimango immobile, mentre con la coda dell’occhio mi
guardo alle spalle.
Non ho paura, ma sono sorpreso, non avrei messo la mano sul fuoco sul
fatto che
qualcuno si presentasse davvero.
Lo scintillio
di una collana attira la mia vista sino al loro nascondiglio e ora,
dopo un
breve bisbiglio, la figura che porta al collo il gioiello si avvicina
esitante.
Flemmaticamente
porta le mani al cappuccio, quasi come se fosse indecisa sul da farsi,
tuttavia
quando smaschera il suo viso lo fa con determinazione, fissando i suoi
occhi
nei miei.
Resto
colpito dal suo sguardo. Così vuoto, assente, mi ricorda in
qualche modo quello
di L, forse anche per le profonde occhiaie che lo segnano, ma il colore
degli
occhi, quel castano così chiaro, ma allo stesso tempo
intenso, mi ricorda
proprio quello di Misa. Il volto è pallido, i lunghi capelli
neri lo
incorniciano e mettono in risalto le labbra carnose.
Sicuramente
una bella donna, niente da ridire, ma la somiglianza con Misa
è assurdamente
marcata.
Non
è
intimidita da me, nonostante le mie ali siano ben visibili alla luce
della
luna, ma mi sorride e s’inginocchia posando una rosa rossa ai
miei piedi, le
altre figure, sembrano invece essersi paralizzate sul posto.
“Sapevamo
che saresti tornato. Kira”
La sua
voce spezza l’incantesimo che blocca gli altri, e allora mi
accerchiano,
scoprono il loro viso e imitano la ragazza, prostrandosi
d’innanzi a me.
“Ave
Kira, il Dio del nuovo mondo”.
Quell’appellativo
però, non mi da la soddisfazione che mi aspetto.
Quelle
parole sono vuote, non hanno alcun senso, semplicemente
perché dettate dalla disperazione di quegli
uomini che ostacolano la propria vista perché vogliono
vedere solo ciò che
desiderano.
Ancora
non sono un Dio, devo ancora vincere le mie battaglie per diventarlo. L
e Near
aspettano la mia prima mossa.
Sento
premere sotto la mia camicia l’arma più potente
che il mondo intero abbia mai
conosciuto. Poggio una mano su quel punto e comincio a parlare con la
ragazza.
“Chi
sei?”
Lei alza
il viso verso di me, radiosa nel vedere che le ho rivolto la parola.
“Sono
Hikari Amane, sorella maggiore di Misa Amane”.
“Hikari
Amane?” Sussurro. Ecco spiegata la somiglianza col secondo
kira. Non sono
sorpreso della sua presenza, nonostante non l’abbia mai vista
prima d’ora, ho sempre
considerato la possibilità di un legame tra lei e Misa. “Perché
sei qui?” ,
“Misa
Amane ci ha detto che dovevamo attendere, che il nostro Dio sarebbe
presto
arrivato. Ha voluto che ponessimo una rosa il ventotto di febbraio
sulla sua
tomba per lasciarti un segnale. Non sappiamo il motivo della
data”.
Io
sì. Il
ventotto febbraio è il mio compleanno.
Tuttavia
continuo a non capire le ragioni di Misa.
“E
questo
ve lo ha detto poco prima del suo suicidio?”
Lei
annuisce con un cenno del capo.
Il mio
volto rimane impassibile.
Misa ha
sempre avuto fiducia in me, ma arrivare a credere che io stesso potessi
tornare
in vita è a dir poco stupido. Nemmeno io riesco a credere
che sto camminando,
respirando; come aveva fatto quella ragazza a pensare sul serio ad una
possibilità del genere?
“E
perché
si sarebbe suicidata se aspettava il mio ritorno?”
“Il
dolore era troppo grande”
“Avrebbe
dovuto aspettare”. Mi ritrovo a dire senza nemmeno volerlo.
Scuoto la testa e
mi rivolgo di nuovo alla ragazza. “Come faccio a credervi?
Potreste essere dei
semplici poliziotti”.
Hikari si
alza, porta le mani dietro il collo e slaccia la collana per poi
porgermela, un
lieve tremore tradisce però il suo aspetto
composto, ha paura di me.
Il
ciondolo, nero, con dei finissimi disegni in oro, ha la forma di un
cuore, non
è piccolo, tutt’altro, ma ha un’aria
stranamente familiare.
Lo apro e
rimango sorpreso da quello che vi trovo.
Io, Misa
ed L sorridiamo davanti ad un obiettivo. O meglio, Misa sorride, io e
Ryuzaki
siamo soffocati da uno dei suoi abbracci.
Ricordo a
stento quel giorno, forse perché è stato uno dei
più imbarazzanti della mia
vita e ho cercato in tutti i modi di non pensarci.
Flash
Back
“Ragazzi,
adesso basta. Non ce la faccio più. Io voglio
uscire!” Misa sculettava come una
gallina mentre camminava nella stanza scuotendo l’indice
della mano in segno di
disapprovazione.
Io e
Ryuzaki, ammanettati, non riuscivamo più a reggerla, forse
era stato proprio
per questo che quella volta l’accontentammo.
Uscimmo
tutti insieme, passeggiando per negozi con lei che urlava come una
matta
soffermandosi su ogni vetrina, e venendo assaliti da fan sfegatati che
ben
spesso io e Ryuzaki dovemmo allontanare, circa una ventina di volte. Ma
la cosa
più imbarazzante non fu questa, Watari era via quel giorno,
per un motivo che
non mi era stato dato sapere, e quindi io e il più grande
detective del mondo
dovemmo uscire con quelle manette.
La gente
ci osservava straniti mentre costeggiavamo l’attrice,
lanciando qualche
risolino e battuta che non riuscivo proprio a sopportare, al contrario
di L,
che se ne stava tranquillo, sorridendo persino a coloro che lo
prendevano in
giro.
Un altro
grido da oca di Misa.
Ci
eravamo appena fermati in un parco, davanti ad una panchina, circondata
da
fiori e piante d’ogni tipo.
A quella
vista non aveva resistito.
Aveva
afferrato la catena, con una forza sovrumana, e ci aveva trascinato
fino in
quel punto. Aveva ripescato dalla borsa una macchina fotografica e
aveva
pregato un passante d’immortalarci.
Fine
flash back
“Tieni”.
Dico porgendole il gioiello, “non è una prova
sufficiente”.
Ma lei
indietreggia e scuote la testa. “Misa ha detto che devi
tenerlo tu”. Prende la
collana dalle mie mani e l’allaccia al mio collo. Vedo la
catena scomparire
sotto la stoffa e sento il ciondolo freddo posarsi sul mio petto.
Quando
alzo nuovamente lo sguardo, la donna mi fa cenno di seguirla.
Gli altri
uomini si rimettono il cappuccio, aspettano che io cominci a camminare,
per poi
seguirmi.
Non sono
molti, una decina più o meno, sono organizzati, si capisce
dal loro silenzio,
dalla loro postura.
Il
sentiero che percorriamo non porta all’uscita del cimitero,
ma mi lascio
scortare, come se non mi fossi accorto di nulla e presto Hikari si
ferma.
“Questo
non è il massimo dei confort, ma se vogliamo uscire da qui,
passando del tutto
inosservati, dovremmo passare da qui”.
Guardo il
tombino ai suoi piedi, non do nessun segno se non un sì
secco.
“Per
quelle”. Mi dice lei allungando una mano verso le mie ali.
Mi scosto
lievemente e lei si blocca.
“Non
saranno un problema”. Dico ritraendole del tutto.
I
presenti trattengono il fiato, mentre Hikari annuisce tra sé
e mi dice di
seguirla.
Non so
come vedere questo suo disinteressamento verso la mia natura, ormai si
vede che
non sono più del tutto umano, ma a lei sembra non importare,
da questo punto di
vista mi ricorda la sorella che passava sopra i miei eccessi e
la mia indifferenza pur
di starmi accanto.
“Non
è un
bel posto per un Dio, non è vero Light?” Ryuk mi
sorride, per quanto il suo si
possa definire sorriso, e mi sta alle spalle trattenendo le risate.
Non do
segno di difficoltà alla gente che mi circonda, ma lo
shinigami mi conosce bene
e sa quali pensieri mi balenano per la testa.
I
condotti sotterranei sono umidi, scivolosi, è difficile
starvi in equilibrio,
faccio fatica per mettere due passi in fila.
Io, che
ho carezzato con mano la realtà di librarmi in alto, cosa
che tutti gli uomini
desiderano ardentemente almeno una volta di fare, ora sono costretto a
camminare a testa bassa sotto terra, tra quelle anguste pareti,
così strette.
File
d’immagini
mi scorrono davanti agli occhi.
Sono Light,
un fragile umano all’orlo
della pazzia ridotto allo stremo delle forze che cerca inutilmente di
salvarsi
scrivendo un paio di nomi su un semplice pezzo di carta…
Ritorno al
presente.
No,
quella situazione non si presenterà mai più, non
mi ridurrò nuovamente in quel
modo.
Accelero il
passo, costringendo gli altri ad aumentare il loro e finalmente
giungiamo alla
fine di quell’orribile baratro.
Le scale
portano all’uscita, finalmente, ma mi trattengo dal
percorrerle di corsa.
Mantengo
la mia compostezza anche quando, giunti all’esterno, Hikari
mi fa segno di
salire su un’automobile, nonostante il continuo sospetto che
quel mezzo mi porti
verso un’imboscata di L.
Non
c’è
niente nel comportamento
della ragazza
che renda ovvia una conclusione simile, ma il detective ha dei validi
collaboratori,
Naomi Misora ne era la prova e sicuramente ce ne sarebbero state altre
al suo
livello, devo mantenere alta la guardia e cercare una qualsiasi
discontinuità
nel comportamento della donna.
Poggio la
testa contro il vetro dell’auto e osservo la città
sfilarmi davanti, mentre la sorella
di Misa da istruzioni al conducente…
|
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Capitolo 6 *** Gioco ***
Salve a
tutti, ecco un nuovo capitolo : )
Questa
parte della storia si svolge nell’arco della stessa notte,
possiamo
considerarlo il continuo del terzo, con un salto temporale di poche ore.
Inizialmente,
vi sarà un flash back di Near, per poi arrivare
all’inizio vero e proprio della
stora.
Ringrazio
di cuore chi ha recensito, messo in una delle tre liste o semplicemente
letto,
la storia.
Spero che
il capitolo vi piaccia.
Buona lettura!
Near era
seduto sul pavimento, intento a montare uno dei suoi soliti domini.
Un
semplice gioco, così avrebbe definito una persona comune il
suo modo di passare
il tempo, ma in realtà, dietro ogni sua mossa, vi erano
numeri su numeri che
formavano una lunga e complicata operazione che lui non vedeva
l’ora di
risolvere.
Gli
serviva solo una tessera, l’ultimo minuscolo pezzo che gli
mancava per
completare il miglior domino che avesse mai fatto.
Aveva
organizzato tutto, nei minimi dettagli.
Si era
preoccupato di procurare a Matt i suoi soliti giochi e aveva regalato a
Mello
un bel po’ di barrette di cioccolata e tutto per non essere
disturbato da loro,
che di solito si divertivano togliendo uno dei tanti composti del suo
lavoro,
mandandoglielo all’aria.
Ma questa
volta non sarebbe successo, era solo in camera.
Aveva
calcolato ogni possibilità, nessuno poteva disturbarlo in
alcun modo, o
interromperlo sul più bello.
Avvicinò
una mano al componente che avrebbe fatto scattare migliaia di reazioni
a
catena, mostrando uno spettacolo per gli occhi estranei e una
riproduzione
nella realtà di quello che la sua geniale mente era riuscito
a creare, per lui.
Incurvò
lievemente le labbra quando sentì il primo scatto e vide le
tessere cadere
proprio come se le era immaginate, aumentando e diminuendo la
velocità ad ogni
cambio di direzione.
Ora
andavano a destra, ora a sinistra, incontravano una lieve
difficoltà, ma i
calcoli di Near erano perfetti, niente poteva fermare la loro avanzata.
Il suo
domino era arrivato quasi alla fine e ancora nessuno gli aveva ancora
rotto le
uova nel paniere e cominciò a rilassarsi, godendosi lo
spettacolo di più a ogni
secondo che passava.
Chiuse
gli occhi per un istante, non voleva vedere l’ultima mossa
delle pedine, lui
voleva solo ascoltare il chiaro suono della vittoria, che sarebbe
giunto al suo
orecchio di lì a pochi millesimi di secondo…
Pochi
millesimi di secondo…
Pochi
millesimi di secondo…
Strinse i
denti, qualcosa era andato storto nel suo piano. Possibile che avesse
sbagliato
i calcoli?
No, non
se ne parlava proprio, per giorni aveva programmato tutto, cifre su
cifre,
centimetri per centimetri e per giunta aveva aspettato che Matt e Mello
non
fossero nella stanza quando avrebbe deciso di mettere in pratica il
tutto, ma
allora perché l’ultimo rumore non arrivava?
Aprì
lentamente gli occhi, sicuro più che mai che un fattore
esterno avesse rovinato
i suoi piani e quasi non gli venne un infarto.
C’era
un ragazzo
seduto sul bordo del suo letto! Era accovacciato in una strana
posizione,
intento a studiare qualcosa tra le mani, con aria particolarmente
interessata.
Quando
abbassò gli occhi verso di lui, accennò un
sorriso, nonostante il volto di Near
avesse un aspetto alquanto irritato.
“Sei
bravo!” Disse come se nulla fosse, come se non avesse appena
rovinato il lavoro
di una settimana.
Anche se
il bambino mostrava soltanto un leggero fastidio esteriormente, dentro
gli si
rodeva il fegato. Tutte le ore spese per quel singolo lavoro erano
state
inutili, totalmente inutili.
“Grazie”.
Rispose stizzito allungando una mano verso il moro, che lo
guardò con aria
interrogativa.
“Ah,
vuoi
questo?” Chiese tenendo il pezzetto con le punta delle dita
come se fosse stato
qualcosa di rivoltante. Ma che cos’aveva, l’artrite?
Un uomo,
sulla cinquantina d’anni, comparve sulla soglia della porta.
“Signorino L.
Dobbiamo andare”.
A quel
nome il piccolo Near sobbalzò. Quel ragazzo era L?
“Sì,
Watari”. Disse lui guardando indifferente il vecchio, poi si
rivolse nuovamente
al bambino.
“Se
aspetti troppo è possibile che un imprevisto rovini il tuo
lavoro”. Si avvicinò
e gli scompigliò i capelli per poi dirigersi, curvo, alla
porta, seguito dallo
sguardo del decenne, logorato dalla rabbia, che ancora non riusciva a
credere con
chi avesse appena parlato.
Il
cellulare squillò insistente nella lussuosa stanza
d’albergo, facendo
riscuotere Near dai suoi pensieri.
Il successore
di L aggiunse
l’ultimo pedone a quelli che aveva già
disposto sul tavolo e rispose con voce atona.
“Problemi?”
Dall’altro
capo della linea l’uomo era agitato e il ragazzo dovette
prestare non poca
attenzione per capire cos’aveva detto. “Ci
è scappato”
A quelle
tre parole, Near non rispose.
Non era
arrabbiato per il fallimento dei poliziotti, in realtà,
quella era la cosa che
meno gl’importava.
Era chiaro come il sole che Light Yagami non si sarebbe fatto catturare
in modo
così frivolo, quindi non aveva mai nemmeno preso in
considerazione l’idea che
Matsuda riuscisse a fare ciò per cui lo pagavano, ma non
aveva fatto conto con
le emozioni di cui sarebbe stato vittima una volta divenuto certo che
quell’assassino era di nuovo libero d’agire.
Quelle
tre parole, significavano che lo avevano scovato, che era vivo.
Si era
ritrovato L da un giorno all’altro davanti, sapendolo morto,
essendo certo che
fosse morto, tuttavia gli era bastata una semplice occhiata, che lo
aveva
riportato al suo primo incontro con quel ragazzo maleducato, per fargli
capire
che quello che si trovava davanti non era un semplice sosia ed era
riuscito ad
accettarlo con una facilità che aveva sorpreso persino lui
stesso.
Ma per
Kira, beh, quella era una cosa del tutto diversa.
Per quel
caso, aveva dovuto sacrificare tutto ciò che per lui aveva
un minimo
d’importanza e ora poteva benissimo vedere che i suoi
sacrifici erano stati
vani. Una lieve espressione di fastidio compromise i tratti delicati
del volto
e quando qualcosa riusciva a compromettere l’indifferenza di
quel viso non era
mai un buon segno.
“Pronto?”
Matsuda, sentendo il silenzio di tomba che si era creato, era diventato
paonazzo e sudava freddo, non aveva ancora raccontato tutto, quindi si
schiarì
la voce, resa roca dalla paura di venir licenziato sul posto.
“Hai
altro da dire?” Near aveva avvertito l’inquietudine
dell’uomo.
“Questo
è
successo…”, il poliziotto si bloccò per
riprendere subito dopo. “Due ore fa”.
A quel
punto l’albino chiuse la telefonata e prese ad osservare
nuovamente la sua
scacchiera, sulla quale erano posate le pedine che ben delineavano la
situazione.
“Matsuda,
eh?” Chiese L sorridendo.
“Matsuda.”
Annuì Near secco.
Il moro si
alzò dalla sedia e accese il televisore, cominciando a fare
zapping, cercando
reti trasmettenti informazioni serie.
“Dunque”,
cominciò mettendosi un dito in bocca. “Presumo che
Mello sia...”
“Sì”.
Disse Near interrompendo la frase
del detective, non voleva sentire quella parola, non ora che sapeva del
sacrificio inutile dei suoi due vecchi nemici . “Anche
Matt”.
“Capisco”
L fu
colto da una strana sensazione al petto.
Non aveva
mai avuto una relazione stretta con nessuno dei membri della
Wammy’s House, ma
non era forse dolore quel che stava provando?
Non solo
si dispiaceva per la morte di Mello e Matt, ma al tempo stesso era
combattuto
per via dei sentimenti che provava verso il loro assassino. In quel
momento per
Kira, non provava altro che rabbia, ma non odio e ciò non
faceva altro che
confonderlo di più.
La
situazione gli era limpida, aveva tutto sotto controllo, ma le sue
emozioni no,
non erano né limpide, né alla sua portata.
Troppo
contrastanti,
continuamente in lotta tra loro.
A quel
punto decise di spegnerle, non era poi così difficile per
lui.
Voltò
la
testa verso Near che continuava a fissare la scacchiera, concentrato,
ma allo
stesso tempo assente.
“Il
numero di telefono dell’agente J”.
“Sempre
lo stesso”. Rispose monocorde l’albino, alzando
però un sopraciglio,
incuriosito dalla richiesta del nome. “Ma è in
missione”. Avvertì inclinando il
capo per osservare meglio L, che annuì, imperscrutabile.
“L’ho
ingaggiato io”.
“Quando?”
Chiese Near voltandosi completamente verso L, aveva catturato del tutto
il suo
interesse.
Il
detective spostò un ciuffo ribelle davanti al viso e
cominciò a parlare. “Nove
anni fa, caso Kira”.
“Hai
coinvolto quell’agente, all’epoca?”
“Esatto”.
Disse L sporgendosi sul tavolo per afferrare l’ennesimo
dolcetto di quella notte. “Era
la guardia del corpo di Misa Amane”
“Il
secondo Kira….” Continuò Near togliendo
le pedine dal tavolo. L stava per
rivelargli qualcosa.
“Ho
ottenuto l’aiuto di quell’uomo molto facilmente,
vuoi sapere come?”
Near lo
guardò senza accennare nulla.
“Gli
ho
offerto una fragola, con tanto di panna”. Annunciò
L, interrompendosi per dare
ascolto alla tv, per poi riprendere subito dopo. “Beh, credo
che anche Watari
c’entri qualcosa, lo ha pagato se non sbaglio”. Si
portò un dito alla bocca e
cominciò a mordere l’unghia.
“Per
cos’hai
ingaggiato uno degli agenti migliori della Wammy’s
House?”
L
scrollò
le spalle. “Per fargli tenere sotto controllo la situazione,
anche dopo la mia
morte. Il secondo Kira in particolare”.
“Mi
sembra strano, non è il tipo d’accettare incarichi
così monotoni, inoltre tu
sei morto, perché avrebbe dovuto continuare a lavorare sotto
il tuo nome,
rendendosi irreperibile persino a me…” Il tono del
ragazzo non era formulato in
modo da essere una domanda, il suo voleva essere un ragionamento,
tuttavia L
rispose.
“Era,
beh,
lo definirei uno dei miei più validi collaboratori, abbiamo
lavorato su diversi
casi assieme e visto che mi hai appena detto che è ancora in
missione,
significa che non ha abbandonato il caso, quindi dovrò
ringraziarlo come si
deve, mi sa che gli offrirò una mela
carame…”
Ma L non finì la frase.
Il
telegiornale
che stava seguendo venne improvvisamente interrotto.
Lo
schermo diventò nero abbastanza a lungo da mettere in
soggezione persino i due
detective, che misero da parte la conversazione e restarono in attesa.
Dopo una
lieve interferenza, sullo schermo apparve un giornalista,
dall’aspetto
trasandato, era stato costretto a precipitarsi di corsa sul luogo di
lavoro, che
cercò di sistemarsi la cravatta, rinunciandovi quasi subito,
dopo di che prese
dei fogli sulla scrivania e cominciò a leggere con voce
tremante, spezzata dal
fiatone.
“Quattro
morti in Europa.” S’interruppe, prese un
po’ di fiato e riprese. “Le nazioni
sono: Francia, Regno Unito, Germania e Italia.” Si
fermò nuovamente e poi
continuò con voce più pacata. “America,
Russia e Cina; tre morti.” Lasciò la
frase in sospeso, quasi a voler mettere suspence i telespettatori, o,
più
probabilmente, cercando di far salire gli ascolti. “Le
vittime, considerate tra
i più grandi criminali al mondo, sono decedute
contemporaneamente”. Ancora
attesa, ancora un momento, il Mondo non era ancora pronto per il suo
ritorno,“la
causa della morte”, L deglutì mentre Near
poggiò il gomito sul tavolo e la mano
sulla guancia, aspettando che la conferma sovrana giungesse,
“è di arresto
cardiaco”.
A quel
punto, L non ascoltò più nulla.
Venne
trascinato indietro nel tempo, altrove nello spazio, davanti ad un
giovane
dallo sguardo furbo e intelligente.
Fronteggiava
Light Yagami, fronteggiava Kira, entrambi in cima a torri
rappresentanti ideali
di giustizia differenti, entrambi sorridevano all’altro,
beffardi, convinti
della propria vittoria, mentre forti folate di vento cercavano di farli
cadere
nel vuoto, per farli andare incontro ad una pesante sconfitta, ma loro
resistevano, non avrebbero permesso a nessuno d’intercedere
nella loro lotta,
nessun altro avrebbe trionfato sul loro avversario.
Il gioco
era iniziato.
|
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Capitolo 7 *** Telefoni ***
Da quanto
tempo non scrivo un nome sul Death Note?
Molto, questo è sicuro, perché non è
possibile dimenticare la scarica
d’adrenalina che ti percorre il corpo e ti rende
più consapevole che mai della
tua responsabilità sulla fine di una vita, eppure io
l’ho fatto, ho scordato…
Anzi, ho
direttamente chiuso gli occhi, ponendomi giustificazioni più
che valide; la
gente di buon cuore merita questo mio sacrificio.
Lo
stridio della penna contro il ruvido foglio, mentre emette nero su
bianco le
sentenze del Dio del nuovo mondo, è l’unico rumore
nella camera.
La
lussuosa residenza di Hikari non passa certo inosservata, ma presto
abbandonerò
la grande villa e stazionerò nella base della setta,
soltanto in pochi conoscono
la sua reale ubicazione, tuttavia la presenza d’infiltrati
della polizia è
probabile, quindi dovrò impegnarmi al massimo per lasciarmi
continuamente una
possibile via di fuga.
Ho lanciato
un chiaro segnale ad L, ho già fatto morire sette dei
maggiori esponenti criminali
al mondo d’arresto cardiaco. Nessuna via di mezzo, ho
estirpato la loro vita
con il più puro potere del Death Note.
Il Mondo
è stato avvertito, presto lo plasmerò a mio
piacimento.
Tre colpi
secchi alla porta riecheggiano nella stanza.
Volto il
busto verso l’origine del rumore e parlo con un tono di voce
controllato, che
cela il fastidio che ho provato nell’esser interrotto.
“Avanti”.
Uno
spiraglio di luce entra nella penombra della stanza, mentre un anziano
fa
capolino.
“I
signori l’attendono nella sala delle riunioni”.
Tiene il capo chino, non
rivolge mai il suo sguardo verso di me.
“Grazie
per avermi avvisato, scenderò immediatamente”,
dico congedandolo con un cenno
del capo.
L’uomo
annuisce e mi lascia nuovamente solo, almeno ai suoi occhi,
perché uno
shinigami mi è accanto, intento a lamentarsi.
“Light,
non potresti far portare una mela in camera? Cosa ti costa?”
Sospiro e
mi alzo dalla sedia, nascondendo nuovamente il Death Note sotto la mia
camicia.
“Dopo te ne porterò una…” Ma
Ryuk non mi sta ascoltando, è intento a
sghignazzare. “Come siamo diventati prudenti”.
“Non
sono
mai stato un tipo azzardato”.
Una volta
messo piede nella lussuosa stanza, le
cinque
persone sedute in tavola si alzano. Hikari mi sorride e, ponendosi
dietro la
sedia a capotavola, mi fa cenno di accomodarmi.
A ogni
singolo passo lancio occhiate furtive ai presenti, studiandoli.
Sono
tutti uomini, l’unica donna è la sorella di Misa,
che è tornata al suo posto.
“Kira,
mi
è stato chiesto di darvi questo”. Dice la ragazza
porgendomi un foglio.
“Da
chi?”
Chiedo osservando l’indirizzo scritto in bella grafia e
cercando di collegarlo
ad un luogo, tuttavia non ci riesco, conosco quella via, ma essa non ha
nulla a
che vedere con me.
“Misa
Amane”.
Risponde lei.
Sento il
ciondolo al collo farsi improvvisamente pesante, ignoro questa
sensazione e
infilo il foglio nella tasca dei jeans.
“Dovremo decidere
il da farsi”. Dice il più
giovane degli uomini. Ben vestito, portamento fiero, ordinato in ogni
dettaglio. Sostiene il mio sguardo come se niente fosse, non batte
ciglio.
“Non
dovrete decidere proprio niente”.
La mia
voce risuona forte nella sala, vedo i presenti distogliere lo sguardo
dal mio
volto e il ragazzino impallidire.
Rimango
per un attimo in silenzio, avevo
alzato
il tono della voce di proposito, per riflettere sulla loro reazione.
Nessuno
aveva fatto nulla di sospetto, ma c’era
d’aspettarselo, in fondo se ci fossero
stati degli infiltrati per ordine di L non avrebbero lasciato molti
indizi.
Lo
squillo di un cellulare sorprende tutti, in una riunione del genere
è inopportuno
tenere il telefono acceso.
“Scu…scusate”,
balbetta un uomo.
Osservo
ogni suo movimento, è agitato, non vorrebbe catturare
l’attenzione, ma quel suo
gesticolare convulso, alla ricerca del telefono, procura
l’effetto opposto
desiderato. Si sistema gli occhiali spessi, assottiglia le palpebre e
cerca di
sistemare il grovigli di capelli neri.
“Non
posso parlare, sono in riunione”. Bisbiglia alzandosi dal
tavolo e facendo un
segno di scuse, per poi lasciare la stanza.
“Perdona
John,
mio signore, è sempre stato un tipo particolare”
Annuisco
alla ragazza, mentre escludo la possibilità che quel
soggetto possa essere
collegato ad L, a meno che non avesse fatto lo stupido di
proposito…
“Signorina
Amane”, il maggiordomo, l’uomo che era venuto ad
avvisarmi della riunione, fa
un lieve inchino e aspetta che la ragazza gli dia il concesso di
parlare.
“Sì,
Kuro?”
“Vorrei
che mi concedesse il permesso per congedarmi e sistemare le camere
degli
ospiti”.
Hikari
annuisce e il maggiordomo lascia la sala.
“Quindi,
signore, dovremo attendere i vostri ordini?”
“Rikuo,
credo che ora Kira ci metterà a conoscenza delle sue
intenzioni…”
”Un momento,” interrompo la donna, studiando anche
l’uomo di mezza età che
cerca di non esporsi più di tanto, fiancheggiando il suo
vicino, che di tanto
in tanto gli lancia occhiate che servono ad ammonirlo, quei due non
sono
intrusi, decido, costatando della loro insicurezza trasmessa in ogni
singolo
movimento.
“Non
sono
intenzionato a lasciarvi più istruzioni del
dovuto”. Annuncio lasciando tutti
di stucco. “Quello che voglio sapere è se ho la
vostra fiducia. Siete pronti ad
ascoltare qualunque cosa io dica, o accettare le mie azioni, senza mai
obiettare?”
Per un
attimo i presenti sembrano smarrirsi, non sono più sul
posto, intenti a pensare
alla scelta che sono appena stati chiamati a compiere.
Fidarsi,
o non fidarsi, di colui che diceva di essere il Dio del nuovo mondo?
Intanto,
a non molti chilometri di distanza, in un’altra camera di
lusso, un ragazzo è
intento a discutere con fervore rinnovato al telefono con un suo
vecchio
collega di lavoro.
“J,
com’è
la situazione?”
L’uomo
dall’altro capo del telefono si paralizza per un istante al
suono di quella
voce, ma dopo il trauma iniziale, si riprende e comincia la
conversazione.
“Pensavo che avrei avuto l’onore di parlare con L
in persona, l’attuale L”
Ryuzaki
sorride mentre si accorge dello scetticismo dell’agente.
“In tal caso, mi
spiace informarvi che pensavate male, dovrete accontentarvi di quello
vecchio”.
J
socchiude le palpebre, l’atteggiamento
dell’individuo con cui sta parlando è
davvero simile a quello del suo collaboratore, ma questi è
morto molto tempo
prima, quindi è da escludere che si tratti realmente lui,
nonostante fosse
appena stato in un’altra stanza con un presunto dio di un
nuovo mondo, non
crede che il grande detective sia davvero tornato in vita.
“Immagino
che L non faccia contattare molto facilmente i suoi subordinati da
qualcuno,
presumo che tu stia lavorando con lui”. Ryuzaki, a queste
parole, annuisce
tra sè, trattenendo un sospiro,
l’agente J è sempre stato una testa calda, non
credeva mai a niente e a
nessuno, doveva prima toccare con mano, o vedere con i propri occhi,
per
accettare se una cosa fosse vera o meno. Lsi sorprende nel constatare
che non è
cambiato di lì a nove anni. “Quanto sto per darti,
è l’indirizzo di casa della
signorina Hikari Amane, qui si trova Kira…”
Il
vivavoce del telefono è chiaro, Near prende carta e penna,
segnando tutto per
filo e per segno.
“Vi
precipiterete
in casa”, affermò J portando una mano sulla
fronte, cercando di mettere in
chiaro la situazione.
“Sì.”
“No.”
“Cosa?”
L’agente aveva appena sentito due voci diverse,
presumibilmente, una
apparteneva all’attuale L.
“Mi
devi
fare un favore”, dall’altro capo della linea, Near
guarda con labbra serrate
Ryuzaki, sperava proprio che non lo facesse e invece…
“Non
devo
nulla a te”. Dice J, cercando di non lasciarsi convincere da
quel tono così
dannatamente familiare.
“Agente
J, sono l’attuale L,” Near prende in mano la
situazione, cercando di mantenere
un tono della voce fermo e deciso “la prego di ascoltare
quanto il mio
predecessore ha da dire”.
Ryuzaki
ringrazia con lo sguardo Near, che ritorna alle sue pedine, per poi
riprendere.
“Voglio che tu porti al quartier generale Kira. Dovrai
scortarlo fuori mentre
una pattuglia penetrerà in casa arrestando i
presenti”.
“Perché?”
“Perché
ti offrirò una mela caramellata, questa volta.” L
sorride mentre interrompe la
chiamata.
“Sei
sicuro che farà ciò che gli hai
chiesto?”
Ryuzaki
porta il pollice alle labbra e posa il telefono sul tavolo.
“Credo proprio di
sì”.
Angolo
dell’autrice
A dire il
vero, non ho molto da dire su questo capitolo, poiché
essendo una parte di
passaggio è molto breve, ma al tempo stesso importantissima,
ma comunque non
riesce a convincermi, quindi mi affido al vostro giudizio xD.
Ho fatto
in modo da non far capire chi è l’agente J e mi
piacerebbe sapere le vostre
opinioni in merito, inoltre ho reso il capitolo un po’
confusionario, anche
perché la situazione andrà a peggiorare
già nel prossimo capitolo…
Spero di
non avervi annoiato, alla prossima!
|
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Capitolo 8 *** Luce ***
Buongiorno
a tutti!
Ad essere
sincera, non pensavo proprio di riuscire a pubblicare il nuovo capitolo
a
distanza di così poco tempo dal settimo, eppure eccomi qui.
Partendo
dal presupposto che ho scritto ascoltando la colonna sonora di Kira,
vorrei
consigliarvi di leggerlo con questa musica di sottofondo, anche
perché mi ha
aiutato davvero tanto con la stesura del capitolo facendomi
immedesimare ancora
di più e con la speranza che faccia questo stesso effetto
anche a voi,
riporterò il link nel punto del capitolo in cui, secondo la
mia mente baka,
dovrebbe partire la canzone.
Non ho
nient’altro da dire, se non augurarvi una buona lettura.
“Non
è
possibile, signorina Amane, ci hanno scoperti!”
“Che
cosa?” La ragazza si alza di scatto dal tavolo e si precipita
alla finestra,
come a non voler credere al suono forte e chiaro delle sirene.
Scosta le
tende e sbarra gli occhi.
“Cosa
possiamo fare!?” Si porta le mani alla testa, mentre si
guarda disperatamente
attorno.
“Kira
potrebbe nascondersi, in fondo non hanno prove che sia qui”.
Dice uno dei
presenti sbattendo i pugni sul tavolo.
“Sciocchezze”
Dico alzandomi lentamente dalla sedia per dare un’occhiata
all’esterno, gli
uomini sono armati fino ai denti, alcuni si stanno dirigendo di corsa
verso le
porte.
“Kuro,
ti
prego, aiutaci!” Hikari si butta tra le braccia del
maggiordomo, questi la
stringe a sé per un attimo, per poi guardare verso un punto
imprecisato della
stanza. “Kira, dovrete venire con noi, se non volete essere
arrestato”
Trattengo
un sorriso, non mi avrebbero mai catturato così facilmente,
tuttavia seguo le
sue istruzioni.
Sentiamo
il rimbombo dei colpi alla porta mentre ci rechiamo di corsa sul retro
della
villa.
Il
maggiordomo infila una mano nella tasca, estrae una chiave e apre una
porta. Hikari
lo segue in silenzio, mentre io mi fermo sulla soglia.
“Ryuk,
aspettaci al quartier generale”. Ordino per poi raggiungere i
due, senza badare
allo shinigami che sconsolato aveva continuato a chiedermi mele fino a
qualche
minuto prima.
La stanza è un
garage interno.
“Salite
sui sedili posteriori, in caso di sparatoria sarete più
protetti.”
“Ma Kuro,
tu…” Cerca d’obiettare Hikari,
ma l’uomo non le dà il tempo di replicare che apre
lo sportello per invitarla a
salire al più presto possibile.
Il rumore
dell’acceleratore stride lievemente mentre la saracinesca non
fa in tempo ad
aprirsi completamente che già la macchina schizza via tra
gli spari ben udibili
che sfiorano l’auto senza mai colpirla e finalmente imbocca
la via principale.
Nel
veicolo piomba il silenzio assoluto mentre la strada scorre
d’innanzi ai miei
occhi.
La
guardo, ma non vedo nulla, sono finito in un altro vicolo cieco,
dannazione,
sono stato troppo lento.
Una
strana sensazione di deja-vu s’intromette furiosa nella mia
testa, mi concentro
maggiormente ed ecco il fatto balenarmi davanti agli occhi come se
stesse
accadendo in questo preciso istante.
Le urla
strazianti di Misa per un
attimo si erano unite alle mie e a quelle di mio padre, era stato solo
un
istante che era sembrato un arco di tempo ben più lungo,
eppure il tutto si era
concluso con un suono secco, sorprendentemente placido, in
contrapposizione al
rumore ben più assordante che mi sarei aspettato…
Ritorno
alla realtà, qui non c’è nessuno che
parla, il maggiordomo guida senza darci la
minima confidenza, ancora non è deciso a rivelarsi, mentre
Hikari è
raggomitolata su sé stessa, trema visibilmente, è
scioccata.
“Dove
stiamo andando, Kuro?”
Nessuna
risposta, l’uomo sembra essere più concentrato che
mai sulla sua guida.
“Kuro,
ti
prego rispondimi”
Ancora
silenzio.
Vedo
l’espressione della donna mutare, affila lo sguardo,
s’inumidisce le labbra.
“Kuro, ti ho ordinato di risponder…”
“Non
sono
più ai vostri ordini, signorina Amane”
“Come
scusa?” Chiede interdetta, osservandolo stralunata.
“Cosa
faceva Kuro prima di lavorare con te”. Chiedo inclinando il
volto verso di lei
con fare rassegnato.
Lei ci
riflette su un attimo, infine mi guarda, ormai del tutto sconcertata,
ed
esclama con la voce che si affievolisce ad ogni parola pronunciata.
“Era la
guardia del corpo di mia sorella…”
Cadono le
maschere, mentre la ragazza si rende conto della verità.
“Sì,”
sussurro a mia volta poggiando il peso del mio corpo sul sedile.
“L’uomo di cui
Misa si poteva fidare dopo la mia morte, più di chiunque
altro, soprattutto
perché questi era stato consigliato da L in persona come
possibile candidato
alla sua sicurezza personale, quale infiltrato migliore?”
“Devo
ammettere che inizialmente ero scettico”. L’uomo si
ferma, flemmatico per poi
riprendere. “Non credevo fossi davvero quel Kira, pensavo ad
un sostituto, un
semplice imitatore, ma possiedi comunque delle informazioni che
circolano
all’interno della base…”
“Non
possiedo alcuna informazione se non
quelle cui sono venuto a conoscenza anni fa. Ora, cosa vuoi fare? Dove
ti ha
chiesto di portarci L?” L’uomo stringe le mani
attorno al volante, corrucciando
le sopraciglia, non sembra essere intimorito dalle mie affermazioni.
“Non vuoi
rispondermi? Allora tirerò ad indovinare, il quartier
generale? Probabilmente,
credo che sia l’unico posto dove L possa recarsi, in modo
tale da poter agire
così velocemente, sperando che Near non l’abbia
fatto fallire, sai, non è mai
stato molto bravo con la gestione del denaro…”
“Come
hai
capito chi ero in realtà?”
Mi scosto
la frangia dagli occhi, dopodiché sospiro e rispondo alla
domanda. “Mi è
sembrato strano che i poliziotti non circondassero anche il retro della
casa, i
proiettili hanno solo sfiorato l’automobile senza mai
colpirla, avevo già
vagliato l’ipotesi di un infiltrato e quando ho sentito
arrivare la polizia il
quadro è stato abbastanza chiaro…”
“Kuro,
come hai potuto farmi questo, mi fidavo di te”. Lo accusa
Hikari portandosi le
mani al viso, cercando di calmarsi e, con mia somma sorpresa, ci
riesce. Si
siede composta, aspettando la fine di quel lugubre viaggio che per lei
non
avrebbe segnato altro che una condanna a morte per aver aiutato Kira.
Passano i
secondi, passano i minuti, nessuno apre più bocca.
Non sono
agitato, tutt’al più quasi emozionato, non so
ancora come, ma riuscirò a
scansare il tranello che mi ha teso L.
La strada
comincia ad illuminarsi dei neon della città, permettendomi
di riconosce il
luogo, manca poco ormai, davvero poco.
Sorrido
lievemente, voglio proprio conoscere le tue intenzioni, ma cosa farai
davanti ad
un vero Dio della morte? Quale sarà la tua reazione?
Già non sono sicuro della
mia, non potrei mai indovinare la tua, non ora, che
l’eccitazione si fa largo
in me. Aspetto
questo incontro da quando
sono tornato, ma l’ho sempre pensato come un evento futuro,
lungi dall’essere
vicino, eppure l’auto non si è appena fermata nei
parcheggi del grande
grattacielo?
L’uomo
apre gli sportelli con malagrazia, mentre con una pistola, impugnata
saldamente,
c’invita a scendere.
Gli
ascensori sono poco più in là, non
c’è nessuno a quest’ora, prima di
lasciare
l’abitacolo do un’occhiata all’orologio
incorporato nel cruscotto, le quattro e
trenta.
“Muoviti,
non abbiamo tutto il giorno”.
“Concordo”.
Dico trattenendo l’ennesimo sorriso, spero proprio che la
“particolarità” di L
non l’abbia abbandonato proprio in questo momento, anche
perché non sarebbe
male se il tetto del grattacielo sia la nostra destinazione finale.
(N.d.a. da questo punto in poi
dovrebbe esserci la musica di
sottofondo, ecco a voi il link http://www.youtube.com/watch?v=IY-hs6oz1W4
)
Mi do
un’occhiata tramite il grande specchio
dell’ascensore, sono perfetto, non ho
nulla fuori posto, nessuna espressione facciale intacca il mio viso,
eppure, ad
ogni piano superato sento i battiti cardiaci aumentare;
perché l’agitazione mi
sta assalendo proprio in questo momento?
Trascorrono
gli attimi, ma l’ascensore continua a salire, senza la minima
intenzione di
fermarsi, sempre più su, sempre più su.
Mi lascio
scappare un sospiro, attirando
immediatamente l’attenzione dell’agente, che non ha
mai distolto lo sguardo da
me per più di mezzo secondo, non è preoccupato
per Hikari, che si fa trascinare
dagli eventi come se la situazione non la toccasse, e finalmente
l’ascensore si
ferma.
“Tu
per
primo”. Mi dice l’uomo facendo segno con la testa.
Metto un
passo all’esterno e una folata d’aria fredda mi
scosta i capelli dal viso, sono
sul tetto.
La figura
slanciata dello shinigami somiglia molto a quella di un fantasma,
coperto da
una lieve nebbia mattutina, posso distinguere la sua espressione
scocciata sui
lineamenti rigidi.
“Il
tragitto non era poi così breve”.
Trattengo
un altro sospiro mentre mi guardo attorno, Ryuk è sempre
pronto a lamentarsi, avanzo
più deciso, ma quando vedo che non c’è
nessuno ad aspettarci oltre lo shinigami,
non posso fare a meno di inclinare il volto in una smorfia, deluso,
avrei
voluto incrociare quelle iridi nere immediatamente, senza dover
attendere un
minuto in più del dovuto.
Una mano
si posa sulla mia spalla e rimango spiazzato.
So a chi
appartiene quel tocco, ma non mi sarei mai aspettato di sentirlo
ancora. Forte
e insicuro al tempo stesso, minaccioso e neutrale contemporaneamente.
Sento i
miei polmoni cercare più aria, ma non permetterò
al mio respiro di spezzarsi.
“Ryuzaki”.
Affermo senza voltarmi.
“Credevo
che avessimo messo da parte le doppie identità da tempo,
Kira”.
Non rispondo,
devo ammettere che è una sensazione strana sentirmi chiamare
così da lui in
modo tanto sicuro, privo d’incertezze.
L soffoca
un riso, poi continua. “Hai smesso di fingere? Come mai non
mi contesti più?”
Guardo le
prime luci dell’alba cominciare a farsi spazio fra le tenebre
della notte,
tuttavia, le nuvole sono addensate sopra la città, rendendo
vani i timidi
tentativi del sole di dare la luce agli abitanti.
“Non
c’è
nulla da contestare”, dico socchiudendo gli occhi.
“Già,
ma
prima di continuare la conversazione, mi pare d’averti detto,
tanto tempo fa,
che non c’è colpo che non renda”.
All’improvviso
la presa attorno alla mia spalla diviene più ferrea, mi
sento trascinare
all’indietro, trovandomi faccia a faccia col più
grande detective al mondo e
resto sconcertato nel vederlo alla mia altezza ad osservarmi con fare
canzonatorio, giusto in tempo per ritrovarmi piegato in due dal dolore
dopo uno
dei suoi pugni.
Rimango
per pochi attimi senza fiato, ma non posso dare segno di debolezze,
quindi lo
prendo per la maglietta bianca, pronto a colpirlo a mia volta, ma mi
blocco
improvvisamente.
Alle
spalle del moro, Near ci guarda annoiato. “L, se avessi
saputo che avevi solo
l’intenzione di fare a botte, avrei fatto arrestare Light sul
posto”.
Lascio la
maglietta di L e indietreggio di alcuni passi, l’infiltrato
tiene la pistola
puntata contro di me, ma non me ne preoccupo, chiudo gli occhi e mi
rilasso
immediatamente.
“Salve,
Near”.
“Kira”.
Ricambia il saluto guardandomi di sghembo.
“Light,
è
finita”. Mi dice L, “e stavolta, per
sempre”.
“Non
direi, non è finita affatto”
Vedo la
curiosità emergere dal volto del detective, ma nulla di
più. Porta un dito alla
bocca e annuncia. “Il palazzo è circondato,
finirai in carcere”.
“Come
ti
stai sbagliando, L”.
“Kira,
la
prego, non mi lasci qui!” Hikari sembra svegliarsi da quel
suo stato catatonico
e allunga una mano verso di me.
Non so
per quale motivo, ma sento l’impulso di rispondere a quella
richiesta, alzo il
braccio nella sua direzione, mentre le prime gocce di pioggia
cominciano a
bagnarmi il volto.
L’agente
la fa avvicinare, in fondo, come potrei uscire da questa situazione?
Un lieve
sorrisetto m’incurva le labbra, ma non è dovuto
alla vicinanza del corpo di
Hikari che mi abbraccia per tenersi stretta in provvisione alle azioni
che,
sicuramente immagina già, ho intenzione di fare.
“Opporre
resistenza è inutile, Kira”.
Osserva
atono Near che mi guarda spazientito, sul suo volto traspare qualcosa
però,
rabbia forse? Probabilmente, ma non posso esserne certo, anche
perché l’albino
nasconde bene le sue emozioni. “Hai già fatto
troppo. Tu non sei altro che il
rappresentante dell’oscurità della natura umana a
questo mondo, credi d’essere
nel giusto, ma in vero non sei altro che un assassino”.
“Ti
sbagli anche tu Near”. Indietreggio di un passo, trascinando
Hikari con me, ho
bisogno di più spazio. “Vi farò
ricredere”, dico a denti stretti, più sicuro
che mai nei miei ideali. “Vi mostrerò che
riuscirò a creare un mondo fatto solo
di luce”.
Non
aspetto un minuto di più, apro le ali e saldo la stretta
sulla ragazza, non so
descrivere il piacere che provo nel vedere il viso apertamente sorpreso
di L,
così come quello di Near e dell’agente, e con un
unico battito mi alzo in
cielo, lasciandoli alla loro incredulità.
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Capitolo 9 *** Alba ***
Buongiorno
a tutti!
Ci tenevo
a scusarmi per il ritardo, che ormai è di casa in questa fic.
Volevo
aggiornare con più regolarità, ma a causa della
scuola non ho proprio avuto
tempo.
Passando
al capitolo, qui stavolta i protagonisti indiscussi saranno L e Ryuk,
perché il
capitolo è basato sull’incontro avvenuto tra
questi ultimi prima dell’arrivo di
Light.
La
situazione sarà narrata dal punto di vista di L in terza
persona, come nel
precedente capitolo, ho lasciato anche in questo delle track musicali,
mettendo
il link da dove dovrebbe partire la musica.
Non mi
resta che augurarvi
Buona
Lettura!
(N.d.a.
prima track http://www.youtube.com/watch?v=AnlFMzK80h4&feature=related
)
Una per
una le stelle andavano scomparendo; ora quella a sinistra, ora quella a
destra,
lentamente, venivano inghiottite, non dalle tenebre, ma da una luce
ancora più
forte, che in quel momento, non si era ancora del tutto rivelata, ma
che già
aveva dato i suoi primi effetti.
L’alba
non era ancora giunta, L Lawliet, sdraiato supino con le mani dietro la
testa,
osservava quello spettacolo naturale con il volto rilassato, mentre
mille
pensieri erano intenti a turbargli l’animo fin nel profondo.
Doveva
aspettare, presto l’agente avrebbe portato Kira al suo
cospetto e tutta quella
storia, che aveva compromesso la vita di tutti gli uomini che aveva
coinvolto
per più di un lustro, sarebbe finita.
Le labbra
di Ryuzaki si stesero in un sorriso amaro.
Sarebbe
stato davvero così facile?
No, certo
che no.
Light era
troppo furbo, doveva avere certamente un asso nella manica ed L, steso
sul
tetto di quel maestoso edificio, si scervellava per capire quale
potesse essere
per troncare ogni possibile mossa dell’altro. Ma di fatto,
Light era già
bloccato, l’agente J era infallibile, uno dei migliori al
mondo e anche se Kira
era riuscito a mettere alle strette persino L, non era tornato in vita
ché da
quattordici ore, quindi non avrebbe avuto modo di pensare ad una buona
strategia, ma al tempo stesso era impensabile risolvere il caso in
così poco
tempo…
“Ciao,
L”
Il ragazzo
si alzò di scatto, confuso dalla voce estranea; essa era
bassa e roca al tempo
stesso, non apparteneva a Near, ma se non fosse stato lui a parlare chi
altri
avrebbe potuto riconoscerlo?
E mentre
con gli occhi individuava la figura slanciata dello shinigami, il rombo
ovattato di un tuono che si disperdeva in lontananza giunse fino alle
sue
orecchie. Il Dio della morte gli sorrise, sempre se di sorriso si
potesse
parlare, ma Ryuzaki non accennò nulla.
Era
rimasto immobile, quasi ipnotizzato da quell’essere.
Non emise
un gemito, non un suono, nulla di nulla.
Rem, il
primo shinigami con il quale era entrato in contatto, l’aveva
più che
spaventato, impressionato, questo era il termine più adatto,
tuttavia, il Dio
che si trovava davanti gli procurò un brivido lungo la spina
dorsale.
Era molto
diverso dallo Shinigami che lo aveva ucciso, quasi l’opposto.
Se in Rem
aveva visto un minimo d’umanità, la
divinità che gli stava davanti ne era priva
e la sua presenza lo rendeva inquieto, ma non solo; gli sembrava che si
fosse
già trovato nello stesso luogo con quella stessa
creatura…
“Sei
il
primo Shinigami, vero?”
Ryuk rimase colpito dalla domanda, il primo…
Questa
parola risvegliò qualcosa nella mente dell’essere,
ma la scacciò in fretta.
“Con primo intendi…”
“Colui che
ha creato Kira”. Continuò L
al posto suo.
Lo
shinigami sghignazzò e si mise a sedere a gambe incrociate.
“Sì, potrei essere
stato io”.
Ryuzaki
inclinò lievemente la testa, quel dio lo incuriosiva,
perciò decise di sedersi
accanto a lui.
“Come
e
perché”. Disse mettendosi comodo.
Ryuk
sorrise, aveva da fare qualcosa, un altro interlocutore a cui
raccontare della
sua noia.
“Ho
fatto
cadere il quaderno nel mondo degli umani, Light è stato il
“fortunato” che lo
ha raccolto”.
Ryuzaki
stette in silenzio, voleva la risposta anche all’altra
domanda ed essa non
tardò ad arrivare.
“Il
motivo?” Chiese Ryuk ghignando. “Mi
annoiavo”.
“Ti
annoiavi…”Ripeté L.
Quindi
lui, Mello, Matt erano morti solo perché un Dio della morte
si annoiava? Chinò
il capo affranto, rendendosi conto di quanto gli umani fossero succubi
di
quegli esseri.
“Perché
riesco a vederti? Non ho toccato nessun quaderno, ma credo che ci debba
essere
per forza un legame tra me e te, ho qualche sospetto, ma preferisco che
m’illumini tu”
Ryuk si
leccò le labbra, compiaciuto dalle parole del ragazzo.
“Ti ho riportato io in
vita, è per questo che puoi vedermi”.
“Immaginavo”.
Disse L alzando gli occhi d’ebano verso le pupille rosso
fuoco dello shinigami.
“E credo che tu sappia anche perché non sono
tornato sotto un metro di terra…”
L’altro
si strinse nelle spalle. “Anche se lo sapessi, non te lo
direi, io non sto né
dalla tua parte né da quella di Light, quindi non
rivelerò nulla sul tuo
avversario, come io non rivelerò nulla su di te”.
“Siamo
mai stati nello stesso luogo?” Chiese infine L, rinunciando a
cavar di bocca
allo shinigami delle informazioni.
“Molte
volte”. Sghignazzò l’altro.
“Tutte molto divertenti”.
“Perché
non riesco a ricordare nulla? Dopo la mia morte intendo”,
continuò Ryuzaki
grattandosi il capo.
“Beh,
non
so esattamente il perché, ma quello che ti posso dire
è che i ricordi
torneranno, lentamente, ma non saranno mai completi, per quello dovrai
aspettare la tua seconda morte”.
Un altro
tuono risuonò alle lugubri parole del Dio della morte,
tuttavia L non fece una
grinza, la paura iniziale si era come volatilizzata e si era persino
abituato
alla presenza della creatura accanto a sé.
“È
possibile, per un morto, vedere le persone ancora vive e star loro
accanto?”
Chiese il detective dondolandosi sulle ginocchia.
“Credo
di
sì, non sono certo nemmeno di questo, sono un tipo molto
pratico, non do molta
importanza a queste cose”
Il suono
di una risata uscì spontanea dalle labbra di L, gli piaceva
quel tizio, e,
ignorando l’immagine che gli passò per la testa in
quel momento, continuò. “So
già che mi conosci e come mi chiamo, ma voglio presentarmi
comunque. Io sono L
Lawliet, potrei sapere il tuo nome?”
Lo
shinigami rimase interdetto, sorpreso da quell’umano e, dopo
un po’ di
silenzio, rispose. “Io mi chiamo Ryuk”
“Uno
strano nome”. Constatò Lawliet mordicchiando
l’unghia del pollice.
“Non
mi
sembra che il tuo sia da meno.” Disse l’altro con
una punta d’irritazione nella
voce.
L
scrollò
le spalle. “Può darsi, beh, se è per
questo nemmeno Light è un nome poi così
usuale”.
Il modo
in cui la discussione si era alleggerita aveva un qualcosa che lasciava
sorpreso Ryuk, ma di una cosa era certo, se Light era la notte, L era
il
giorno, due esatti opposti, ma entrambi riuscivano a spiazzarti anche
solo con
un gesto, forse, erano davvero gli umani più interessanti al
mondo.
(M.d.a.
Da qui invece dovrebbe partire la track di L, ecco il link http://www.youtube.com/watch?v=MTGlrcReWrk)
Un rumore
attirò l’attenzione dei due, L capì
immediatamente.
“Ryuk,
ti
prego di non dire nulla a Light della nostra conversazione, fa come se
non ci
fossimo mai visti, né parlati. Non dovrai propriamente
mentire, dovrai solo
evitare di dire certe cose, non è un aiuto”.
“D’accordo,
ci sto L, ma… ma dove stai andando?”
Infatti
il detective si era mosso per andare dall’altro lato del
tetto. “Voglio fare
uno scherzetto a Kira…”
Così
L si
era giustificato nascondendosi alla vista del ragazzo che aveva appena
varcato
la soglia dell’ascensore, ma la verità era
un’altra. Non era sicuro della
reazione che gli avrebbe procurato dover guardare negli occhi del suo
avversario, si stava comportando da codardo, ne era consapevole, ma il
rapporto
che si era creato tra lui e Light, durante la prigionia di
quest’ultimo, era
stato forte, e guardare quelle iridi, che spesso lo avevano implorato
chiedendo
di credere nella loro sincerità, sarebbe stato come una
pugnalata allo stomaco,
perché lui, anche solo per un breve e folle istante, aveva
quasi ceduto a quel
lieve momento di debolezza, intaccando in modo indelebile la fredda
corazza che
portava e come risultato vi era stata la sua sconfitta.
Attese,
voleva ritardare il più possibile quell’incontro,
ma al contempo sapeva che
doveva avvenire.
Allungò
la mano pallida e affusolata verso la spalla del ragazzo e fu colto da
una
potente scarica d’adrenalina.
In quel
momento, si rese conto che, oltre all’ansia della quale Light
stesso era
responsabile, provava anche una forte rabbia per
quell’individuo e dovette
contenersi dal fare mosse prettamente stupide.
“Ryuzaki”.
Affermò il ragazzo senza voltarsi.
Quel nome
infastidì ulteriormente L, che non tardò a
replicare.
“Credevo
che avessimo messo da parte le doppie identità da tempo,
Kira”.
Light non
gli rispose ed il detective dovette trattenere un riso. “Hai smesso di
fingere? Come mai non mi
contesti più?”
“Non
c’è
nulla da contestare”
Quelle
parole colpirono L, profondamente.
Per tanto
tempo aveva aspettato la confessione del ragazzo, ma ora che
l’aveva ascoltata
si sentiva tradito, come se Light stesse mentendo proprio in quel
momento, e
non nei mesi in cui avevano collaborato al caso.
Che
sensazioni stupide, ecco perché preferiva ignorarle, eppure
arrivato a quel
punto, preferì cedere, sfogarsi, far vedere la parte
più umana di lui.
“Già,
ma
prima di continuare la conversazione, mi pare d’averti detto,
tanto tempo fa,
che non c’è colpo che non renda”.
Strinse
la presa sulla sua spalla e quando sentì il suo pugno venire
a contatto con lo
stomaco del suo avversario sentì il suo animo
riappacificarsi e, contenendosi
dal dare sfoggio di una qualsiasi espressione, fronteggiò
Kira, che intanto si
era ripreso e ora lo teneva ben saldo per la maglia, ma quasi
immediatamente,
avvertì la presa ferrea sciogliersi e vide i tratti del viso
acquisire una
smorfia.
Light
aveva perso il controllo.
“L,
se
avessi saputo che avevi solo l’intenzione di fare a botte,
avrei fatto
arrestare Light sul posto”.
La voce
di Near. Era davvero lui la causa del tentennamento di Kira?
Ryuzaki
guardò il castano indietreggiare e cercare di riprendere la
solita intelligibilità
del volto.
“Salve,
Near”. Disse, riuscendo infine a tornare calmo.
“Kira”.
Rispose Near atono,
con lo sguardo perso nel
nulla.
“Light,
è
finita”. Disse Ryuzaki cercando di far ragionare Light,
“e stavolta, per
sempre”.
“Non
direi, non è finita affatto” Sul volto di L
balenò per un attimo la sorpresa,
che davvero Light fosse riuscito a trovare un modo per sfuggirgli? No,
stava bluffando,
ne era certo. “Il palazzo è circondato, finirai in
carcere”.
“Come
ti
stai sbagliando, L”.
Socchiuse
le palpebre, fermandosi a pensare per un attimo, non fece caso alla
ragazza che
si era precipitata tra le braccia di Light, e sentì solo
vagamente le parole di
Near, ritornò alla realtà solo nel momento in cui
delle forti folate di vento
lo colpirono.
Alzò
lo
sguardo verso il cielo e sentì la sua maschera
d’indifferenza sparire.
Gli angoli
della bocca si sollevarono e gli occhi si sgranarono mentre il cuore
accelerava
di un battito.
Light
Yagami se ne stava andando, in un modo che lui non avrebbe mai potuto
nemmeno
indovinare.
(Una piccola richiesta,
conoscete anime
con una grafica almeno simile a quella di Death Note?)
|
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Capitolo 10 *** Legami ***
La
vista
si appanna, le membra s’intorpidiscono, mentre il chiaro
passo del sonno che
avanza mi porta ad una consapevolezza.
Devo
scendere di quota, non ce la faccio più.
Ma al
contempo
mi devo allontanare il più possibile da quel palazzo: di
certo, le pattuglie
della polizia già mi cercano, sempre che L abbia rivelato la
mia identità agli
agenti, fatto improbabile tra l’altro, serve del tempo in
questo momento, e
sembra proprio che quest’ultimo scorra inesorabile, il
detective non avrebbe
mai fatto una mossa così azzardata, tuttavia una cosa
è certa:
se
restassi qui su, ora che le prime automobili si fanno largo nelle
strade della
città, non più deserta, non passerei
inosservato, e questa è una cosa che
non posso permettermi, non ora, non nella situazione in cui sono finito.
Individuo
un vicolo e dopo pochi secondi atterro, nessuno mi ha visto. Lascio
andare la
ragazza che si stringe ancora a me e ritraggo le ali, dopo di che mi
scosto
del tutto dal contatto e indietreggio di un paio di passi.
“Sei
spossato,
non è vero Light?”
Le parole
di Ryuk suonano sarcastiche al mio orecchio, ma non posso parlargli,
visto la
presenza d’Hikari, quindi mi limito a fulminarlo con lo
sguardo.
Bastardo,
sapeva che non avrei resistito per molto prima di cedere alla
stanchezza.
Porto una
mano alla tasca dei jeans e ne estraggo il foglietto che la ragazza mi
aveva
consegnato alla riunione.
“Cos’è?” Chiedo senza una
sfumatura nella voce,
niente che faccia trasparire le mie emozioni.
L’indirizzo
che vi è scritto non dista molto dalla nostra attuale
posizione, mi sono
avvicinato di proposito, se quell’indirizzo include la chiave
di qualcosa,
tanto vale individuarlo.
Lei mi
guarda atona, per poi avvicinarsi e sussurrare. “Misa mi ha
detto di parlartene
solo lì”.
Detto
questo mi prende per mano e comincia a camminare. “So dove
andare, seguimi”.
Trattengo
una smorfia, non mi piace la piega che sta prendendo questa situazione,
visto i
precedenti, non posso assolutamente fidarmi di questa ragazza, ma non
ho
alternative.
L’odore
della pioggia appena cessata è forte, e le nuvoli
promettenti tempesta, ormai
all’orizzonte, hanno iniziato a lasciar filtrare qualche
innocente raggio di
sole.
Hikari si
stringe a me, ma non come faceva Misa, infatti la ragazza non cerca
appoggio,
il suo è un modo per farci passare inosservati dalla gente
che passa, anche se
poca, con tutta probabilità diamo l’impressione di
essere una coppia.
Camminiamo tra le vie, ormai il nostro obiettivo non è
lontano, e finalmente lo
raggiungiamo.
L’edificio
di cinque piani che ci sovrasta non è nuovo, abbastanza
lontano dal centro
della città, ma non del tutto isolato, un luogo come questo
non desterebbe
alcun sospetto, non essendo né ricco, né povero.
Hikari mi
fa un cenno del capo e mi scorta fino al portone principale,
dopodiché porta la
mano alla tasca degli eleganti pantaloni neri e ne estrae una chiave.
L’interno
dell’appartamento non da sensazioni differenti dal senso di
assoluta neutralità
che dà l’esterno; le pareti sono spoglie, prive di
qualsiasi quadro e
quant’altro, i
mobili sono essenziali,
un divano e un tavolino. Avanzo nella penombra della casa, non oso
metter piede
in altre stanze, poiché il sospetto che anche questo luogo
sia controllato dal
terzo L è quasi una certezza.
“Puoi
sederti” Dice Hikari facendo un cenno col capo,
“puoi star tranquillo Light
Yagami, non possono sapere di questo posto”:
“Così
come la setta rappresentava la sicurezza?” Chiedo inarcando
un sopraciglio, m’incuriosisce
questo suo atteggiamento, molto più sicuro di prima, inoltre
mi ha appena
chiamato per nome, cosa che non ha fatto in precedenza.
“C’erano
troppe persone invischiate, mi sembra più che logico che
alla fine qualcuno sia
riuscito a penetrare nella cerchia, anche se non mi aspettavo che
l’identità
della persona in questione fosse proprio di un fondatore”.
Mi siedo
comodamente sul divano, alzando il volto verso il soffitto, sentendo
premere
contro di me la fredda copertina del Death Note, che non si riscalda al
contatto col mio corpo. “Questo appartamento è
sotto il tuo nome, lo
confischeranno non appena avranno ripreso un minimo di
lucidità”. Ma la vedo
scuotere la testa, sicura di sé.
“La
persona a cui è intestata la proprietà di
questo…” si trattiene dal dire
qualcosa, per poi riprendere “posto, non esiste, ogni
documento, ogni
intestazione, è falsa”.
“Falsa?”
Ripeto sorridendo lievemente.
“Per
farti capire, ti racconterò tutto dall’inizio,
perché anche io, come mia
sorella, ho intenzione di diventare i tuoi occhi”.
Aggrotto
lievemente la fronte, lo sguardo si affila, mentre cerco di far
trasparire una
sorta di confusione.
“Non
capisco…”
“Oh, per
favore, smettila Light”.
La donna
si lascia scappare una risatina nervosa, passa una mano sui lunghi
capelli neri
e si dirige con passo frettoloso accanto a me, sedendosi e
accomodandosi con
una gamba accavallata e la testa lievemente inclinata, osservandomi con
un
sorriso spento e con quello sguardo costantemente apatico.
Sono sul
punto d’obiettare, ma la vedo alzare gli occhi al cielo e
subito mi zittisce
con la sua voce. “Mia sorella mi ha raccontato tutto, conosco
ogni cosa sul tuo
conto; Kira. Secondo L. Light Yagami”.
Sospiro e
la incito a continuare. “Come fai a sapere? Tua sorella aveva
perso la memoria”.
“Lasciami
parlare”.
E mentre
Hikari Amane cominciò a raccontare la sua storia, fuori, la
pioggia aveva
ripreso a funestare la città…
Misa
Amane, Hikari Amane.
Due
sorelle, così simili nell’aspetto, quanto negli
atteggiamenti.
Entrambe
forti, sicure ed esuberanti, il loro legame non faceva altro che
rafforzarsi
col passare degli anni, e con l’arrivare
dell’adolescenza, le due divennero
inseparabili, sostenendosi a vicenda nei cambiamenti che sia il loro
corpo, ma
soprattutto la loro mente, attraversavano, tuttavia, Misa e Hikari
erano
simili, ma non identiche e, quando la disgrazia le colpì,
queste loro
differenze si rivelarono, soprattutto nel modo d’affrontare
il dolore.
Se Misa
sorrideva, negando ad altrui la sofferenza che di notte prendeva il
sopravvento,
facendo scorrere fiumi di lacrime su quel viso così
spensierato e tranquillo di
giorno, Hikari si era chiusa in se stessa.
Non
riusciva a capacitarsi della morte dei suoi cari e aveva cominciato a
vedere il
mondo in modo diverso, da potersi definire apatico e cinico.
Non riusciva a comprendere
l’odio che la
sorella provava verso l’assassino dei suoi genitori, lo
considerava insensato,
proprio perché lei si era distaccata da quella
realtà così dura e fredda,
perciò aveva deciso di finire gli studi per poi cominciare a
lavorare per una
rivista di rilevante importanza in Giappone, riuscendo a ricoprire uno
dei
ruoli principali e divenendo una persona di forte carisma, ma cercando
di
dimenticare il passato.
Intanto,
i rapporti con la sorella si erano deteriorati, fino a diventare quasi
nulli.
Sporadiche
erano le occasioni in cui vi parlava, dovute principalmente al lavoro,
infatti
si era ritrovata spesso a contrattare con la sorella, ed era anche un
po’
merito suo se Misa era riuscita a diventare tanto famosa in
così poco tempo e
mentre Hikari continuava a lavorare sempre più
freneticamente, giorno e
notte, fregandosene
dei sentimenti che
in cuor suo sapeva di provare ma che negava, riuscendoci quasi
perfettamente,
Misa conosceva il suo Giustiziere e se ne innamorava.
Agli
occhi altrui, quella giovane donna non era altro che un buco nero, un
tempo
poteva essere stata una stella, ma ora non c’era
più alcuna traccia di un
qualsivoglia splendore, tuttavia, quando la bruna si era ritrovata a
parlare
ancora una volta con sua sorella, oltre quattro anni addietro,
l’aveva vista
debilitata; quell’aura di gioia che solitamente le faceva
portare all’insù gli
angoli della bocca era scomparsa e il viso era visibilmente dimagrito,
ma
quello che più l’aveva sorpresa, era
l’assenza di quella scintilla che sempre
c’era stata negli occhi di Misa.
Quella
che Hikari si trovava davanti, non era più sua sorella, ma
un semplice guscio
vuoto e nonostante avesse imparato a staccarsi dalla realtà,
a rendersi
indifferente, arrivando quasi a schifare gli uomini e le donne che le
vivevano
accanto, non sopportava vedere quella dolce bambina come quel che era
in vero,
una donna adulta, e presto aveva provato a farla riprendere, convivendo
sotto
lo stesso tetto per un paio di mesi, prima del crollo della modella,
quest’ultimo non era avvenuto direttamente con il suo
suicidio, ma facciamo un
passo indietro…
Misa
Amane, con l’aiuto della sorella, era riuscita a riprendersi,
anche se in modo
superficiale, dalla partenza dell’amato, ma la ragazza sapeva
che la sua
ragione di vita non era più sotto lo stesso cielo, glielo
diceva il cuore, se
lo sentiva nell’anima, ma ignorò questa sensazione
e forse fu proprio questo a
portarla al tanto disperato gesto, forse, se Misa avesse affrontato la
realtà,
molto tempo prima, ricordando quanto del suo passato non le era stato
concesso
di possederne memoria e quindi, impossibilitata dal trarne
insegnamenti, non
avrebbe visto sprangarsi ogni via d’uscita, a parte quella,
che tra le luci
confuse della mente, credeva come unica soluzione; ma non era stata una
decisione improvvisa, bensì presa con tre mesi d'
anticipo…
Hikari
Amane aveva percepito qualcosa di diverso nella sua cara sorella, Misa
non
viveva più.
Respirava,
mangiava, dormiva, ma in ogni passo che faceva non c’era
convinzione, in ogni
parola pronunciata non vi era calore, e i primi sprazzi della follia si
erano
insinuati nella testolina bionda della ragazza, cominciando a farsi
sempre più
evidenti.
Tuttavia
quel pomeriggio di gennaio Misa aveva raccontato tutto alla sorella,
parlando
del caso Kira in ogni dettaglio, assassinando un criminale con un
singolo
foglietto di carta davanti ai suoi occhi e Hikari non aveva potuto fare
a meno
di crederle…
Spinta
dalla pazzia, Misa aveva cominciato a parlare della
possibilità che il suo
Light tornasse in vita, e nel vedere quegli occhi che anche se per
pochi
istanti, sembravano infiammarsi, Hikari non poteva fare meno di
accontentare la
sorella che continuava a dire che, una volta tornato, Light avrebbe
avuto bisogno
di un posto sicuro, un luogo di cui nessuno fosse a conoscenza, nemmeno
coloro
che le erano più vicini, se non la sorella stessa.
Grazie
agli agganci nel mondo contorto, sotto più punti di vista,
dello spettacolo, e
dalle disponibilità finanziare, che di certo non mancavano
alle due, erano
riuscite a comprare una casa sotto falso nome, rendendo ogni documento
a prova
di controlli e solo dopo aver creato la situazione ideale per il suo
Grande
Amore, Misa Amane salì i gradini di quell’alto
grattacielo, uno per uno, con la
tristezza e la gioia nel cuore, ormai la ragione era andata lontana, ma
mai, in
fondo, lei l’aveva cercata, e nonostante credesse che Kira
sarebbe tornato in
quel mondo malvagio, lei non ce la faceva più.
Che senso
aveva vivere in un mondo senza Light? Nessuno, che cosa ovvia.
L’umano che
usa il Death Note non avrà accesso né
all’inferno né al paradiso.
Aveva
sorriso Misa Amane, mentre sentiva la fredda aria scompigliarle i
capelli e
fenderle il corpo durante la sua ultima caduta.
Chissà,
forse, anche se solo per
poco tempo, avrebbe rivisto la sua luce.
Angolo dell’autrice
Con questo capitolo ho voluto
approfondire il
personaggio di Hikari Amane che, come si scoprirà in
seguito, è un’ottima
attrice, al pari di Misa che, per quanto in molti la reputino un
incapace, è
pur sempre riuscita ad infiltrarsi nella Yotsuba ed incastrare Higuchi,
un’impresa non da poco conto certamente.
In questo capitolo non ho
spiegato come Misa riesca
a recuperare la memoria, è una cosa che si
scoprirà andando avanti nella storia…
Qui Light parla di un terzo L,
ma con questo
soprannome non intende altri che Near, in effetti, l’albino
è stato il terzo,
contando anche Light…
Ci terrei a ringraziare di
cuore tutti voi
recensori, è una vera soddisfazione sapere che questa storia
continua a
piacervi, e ovviamente un grazie va anche ai lettori silenziosi e a chi
mette
la storia in una delle tre liste.
Alla prossima!
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Capitolo 11 *** Schermo ***
Ormai gli
omicidi andavano avanti da settimane.
Giorno
dopo giorno il numero dei decessi aumentava.
Una volta
veniva presa di mira una nazione, la volta seguente, un’altra.
L Lawliet
non capiva le azioni di Light: perché continuare con quegli
omicidi,
continuando a restare nell’ombra al contempo? Forse, Kira
voleva semplicemente
contare sulla paura e sulla soggezione che pian piano queste morti
stavano
portando tra la popolazione.
Anche se
le trasmissioni televisive non avevano ancora affermato nulla su un
presunto
ritorno del giustiziere per molti, assassino per altri, e si limitavano
a
riportare gli omicidi come semplice cronaca, su internet la gente
già esprimeva
le sue opinioni.
Dalla
morte di Light, erano caduti altri quaderni sul mondo degli umani, e in
quel
caso, era stato proprio Near a risolvere il problema in modo pratico e
superficiale, impedendo la propagazione del panico, ma ora era del Kira
originale che si stava parlando e non si sarebbe dato per vinto
tanto
facilmente.
Mentre
sulla schermata del computer comparivano continui aggiornamenti sul
caso, L si
chiedeva su come potesse farlo uscire allo scoperto.
Attaccando
l’orgoglio?
Light
stesso aveva dato prova di poterci passare sopra in caso di
necessità, il fatto
d’essersi fatto imprigionare ne era la prova.
Minacciando
i suoi legami famigliari?
L scosse
la testa, nemmeno quello avrebbe funzionato, Light conosceva i suoi
ideali,
sapeva che non avrebbe mai fatto realmente del male a delle persone
innocenti.
Si morse
il pollice, chiedendosi ancora una volta quale fosse la strategia
più adatta.
Attaccare,
o non attaccare pubblicamente Kira?
Rivelare
la vera identità dell’assassino alla polizia a
livello mondiale, o a soli pochi
eletti?
Cosa farebbe
Light, se decidessi
di rivelare la sua identità? Potrebbe giovargli tenerla
nascosta? E per quale
motivo?
La madre
e la sorella sarebbero state in pericolo, perché prese di
mira da persone
desiderose di vendetta, ma per L non sarebbe stato difficile farle
sparire
dalla circolazione, inoltre Light si sarebbe trovato con le spalle al
muro di
nuovo, impossibilitato dall’andare all’estero,
perché una cosa era sicura,
Light non era un Dio, era un uomo, con delle limitazioni che la natura
stessa
gli aveva imposto, non sarebbe riuscito ad attraversare
l’oceano con le sue
sole forze.
L si
sporse in avanti, analizzando ancora una volta i nomi di tutte le
vittime che
continuavano a comparire sullo schermo, stavolta era la Russia sotto
assedio,
tuttavia di tanto in tanto i tipici caratteri occidentali venivano
sostituiti
da quelli giapponesi, Lawliet ci aveva visto giusto, Kira era in
Giappone, e lo
stava affrontando apertamente, facendogli capire la propria posizione.
Light-Kun,
sei davvero così sicuro
che non riuscirò a trovarti?
La voce
atona di Near catturò l’attenzione del detective .
“L, Kira è ancora in
Giappone”.
“Lo
so,
quali sono i tuoi piani?”
L’albino
passò una mano tra i folti capelli bianchi e ne
intrappolò una ciocca tra le
dita, cominciando a giocarci, mentre pensava alla prossima mossa.
“Sta
approfittando della paura che il suo nome ha portato tra la gente, se
il
Giappone piomba nel caos, sarà più facile
controllarlo”.
Nella
stanza piombò il silenzio, L era compiaciuto del
ragionamento del ragazzo, e
attese che l’albino riprendesse a parlare.
“Dovremmo
rassicurare la gente, se sapessero
che conosciamo l’identità di Kira, e che presto
verrà catturato, dovrebbero
calmarsi, almeno per un po’, giusto in tempo per permetterci
d’agire
indisturbati. Ho ultimato il mio discorso, non apparirò in
diretta, sulla
schermata non comparirà altro che il carattere gotico della
L, la voce sarà
modificata”.
“E
allora
perché non lo hai ancora fatto trasmettere?”
A quella
richiesta, Near distolse lo sguardo dal suo lavoro e
incrociò gli occhi d’ebano
del suo predecessore. “Perché non so se sia una
buona idea andare contro Light
pubblicamente, anzi, non lo credo affatto. Ho già messo in
chiaro l’identità di
Kira tra alcuni agenti dell’FBI,
e
presto quei documenti passeranno tra le mani della polizia giapponese.
Yagami
non potrà più circolare liberamente per le
strade, non ho dato l’ordine di
ucciderlo a vista, ma in caso di necessità, gli agenti
saranno autorizzati a
farlo”.
“Capisco”.
Disse Ryuzaki. Sapeva che Light non sarebbe uscito allo scoperto tanto
facilmente e avrebbe fatto perdere costantemente le sue tracce, ma
tanto valeva
provare il tutto per tutto. “Se dovessi dire che abbiamo
svelato la sua
identità ad altra gente, non avrebbe nemmeno motivo
d’ucciderci, direi che ha
perso”.
“A
meno
che non ci siano Paesi disposti ad offrirgli asilo, come di fatto
già sta
accadendo”.
L
inarcò
un sopraciglio, pochi giorni e già alcuni Stati erano
crollati sotto le
pressioni di Kira? Sapeva che sarebbe successo, ma erano passate poco
meno di
due settimane dal loro ritorno in quel mondo; evidentemente, la
popolazione era
ancora troppo scossa dalle vicende passate; il ricordo di quel caso era
ancora
fresco, più che chiaro nella mente di ogni persona.
“Dobbiamo
aumentare i controlli alle frontiere del Giappone, se Yagami riuscisse
a
contattare uno di questi Stati dovremo impedirgli la fuga, altrimenti
catturarlo prima che riesca a sottomettere altri Paesi sarebbe
impossibile.
Manda in onda il messaggio Near, in quel modo saremo momentaneamente al
sicuro,
si pentirà di non aver ucciso i sopravvissuti al caso Kira
quando era
necessario.”
“Adesso?”
Chiese Near ritornando al proprio lavoro. “Avevo pensato di
farlo durante la
trasmissione su Kira della Sakura tv”.
L ci
rifletté un momento, erano le diciannove e venti, mancavano
quarantacinque
minuti all’inizio della diretta.
Le prime
gocce di pioggia cadevano leggere sui volti dei passanti, che,
frettolosi e
incuranti di ciò che accadeva loro attorno, ritornavano alle
loro case.
Gli
ultimi raggi del sole morivano all’orizzonte, ma la gente non
se ne
preoccupava, il tasso di criminalità era diminuito
un’altra volta, e per quanto
in molti fossero contrari all’operato di Kira, non potevano
negare l’evidenza,
si sentivano al sicuro.
“Questa
può essere solo opera di Kira, quello originale, me lo
sento!” Dicevano alcuni
ragazzi, fiduciosi nel futuro di pace che sembrava spianarsi
d’innanzi a loro,
tuttavia questi erano solo la minoranza.
In pochi
avevano il coraggio di pronunciare quel nome ad alta voce, quasi come
se fosse
un tabù; altri, in quelle quattro lettere, non trovavano
altro che disprezzo.
Spesso, negli ultimi giorni, con l’arrivo della sera, nei bar
e nelle taverne,
ma anche in discoteche, sempre di più erano i ragazzi che si
lasciavano
coinvolgere in risse, la popolazione era nuovamente divisa.
Hikari
Amane, sotto il finto caschetto biondo e tramite le lenti a contatto
verdi,
osservava l’ennesima lite scoppiata in uno dei tanti vicoli
della città, ma non
vi badò per più di pochi secondi, che riprese a
camminare, stringendosi nel
cappotto di lana, e finalmente, l’ora giunse, come Light
aveva predetto.
La piazza
si ammutolì all’istante, mentre il grande schermo
diveniva interamente bianco e
una sinuosa L gotica faceva la sua comparsa.
“Buonasera
signori, io sono L”.
Un
sussurrò sommesso invase l’intera folla, che non
appena sentì il mandante del
messaggio fu scossa da un brivido.
“So
che
siete confusi e spaventati, ma ascoltatemi, io conosco
l’identità di Kira, così
come la polizia Giapponese. Le ricerche del soggetto sono iniziate,
manca poco
tempo prima della sua cattura, non avete motivo d’allarmarvi,
presto
quest’incubo finirà, definitivamente. Kira, ora mi
rivolgo direttamente a te.
Consegnati alla polizia, basta con questa follia, è durata
fin troppo”.
“Basta
con questa follia?” Sussurrò Hikari Amane
osservando la gente che le stava
accanto. Le loro espressioni contrastavano l’una
dall’altra: c’era chi era
sollevato dalle parole di L, chi contrariato, alcuni erano preoccupati,
altri
ancora neutrali.
La donna
alzò il capo verso il grande schermo, scuotendo la testa.
“L, questa non è una
follia. Non credo che tu sia cieco, non vedi forse la speranza nello
sguardo dei
più giovani? Non vedi il sollievo che provano alcuni nel
vivere in una società
senza criminali?” Sussurrò riprendendo a camminare.
Le labbra
di Hikari si curvarono all’insù,
nell’imitazione di un sorriso. Anche se
nemmeno io, in fondo, li
comprendo
davvero. Come si può trovare conforto nel dolore altrui?
E mentre
questi pensieri prendevano vita nella testa della donna, la grande L
veniva
sostituita da un carattere gotico ancor più articolato.
Quando la
K fece la sua comparsa, persino i più cruenti tacquero, e il
respiro sembrò
intrappolarsi nei polmoni di ognuno dei presenti.
“L,
io
sono ancora qui. Non aspettare, non sarò di certo io a
consegnarmi. Cercami L,
trovami e catturami se ci riesci, ma il tempo scorre e ogni quaranta
secondi un
criminale lascia questo mondo”. La voce metallica si
fermò, lasciando in
sospeso ogni uomo e donna. “Impediscimi la continuazione
della mia opera,
oscura un possibile futuro di pace alle nuove generazioni”;
Light Yagami, al
sicuro nell’appartamento di Hikari Amane, continuò
il suo discorso. “Non
fermare questo corrotto sistema, lascia che siano gli innocenti a
pagare per
sbagli altrui”. Il silenzio che si era creato tra la
popolazione riunita nelle strade
divenne presto
assordante.
“E
ora mi
rivolgo a voi, cittadini nobili d’animo, io sono disposto a
battermi per chi è
nel giusto, voi mi sosterrete?”
La K
scomparve dallo schermo, e al suo posto ci fu solo il nero.
“Cosa sta
succedendo? Perché non riusciamo a ripristinare la
connessione?”
Roger,
assieme ad una squadra composta da cinque agenti, cercava di risalire
alla
sorgente di tutto quel caos, ma i computer erano del tutto fuori uso e
gli
uomini non facevano altro che creare confusione.
“Calmatevi”.
Dissero L e Near all’unisono.
Quando
nella stanza calò il silenzio, Near cominciò a
parlare. “Se Yagami è riuscito a
penetrare i nostri sistemi ci vorranno un paio di giorni per
rintracciarlo,
avrà sicuramente lasciato qualche traccia, lo
troveremo”.
“Ci
ha
lanciato una sfida”. Lo interruppe L inumidendosi le labbra
con la punta della
lingua. “Lo troveremo noi nei prossimi giorni, o
sarà lui a prendere il
controllo del Giappone, impedendoci ogni mossa?”
“Era
questo ciò che temevo, non credevo che avesse la
possibilità di risponderci così
prontamente”. Disse Near guardando L di sbieco.
Dal canto
suo, il detective era quasi contento che Yagami avesse fatto un passo
così
azzardato, triangolare la sua posizione sarebbe stato fin troppo
facile, ma era
proprio questo a renderlo agitato, Light non lasciava niente al caso.
Per
l’ennesima
volta, L Lawliet si chiese cos’avesse in mente quel ragazzo.
Angolo
dell’autrice
Lo so che
sono in ultra mega ritardo, mi dispiace tantissimo, ma ultimamente sono
stata
davvero occupata.
Per
quanto riguarda il capitolo, in vero non ho molto da dire, spero solo
che vi
sia piaciuto.
Ringrazio
come al solito chiunque legge, recensisce o mette in una delle tre
liste la
storia.
Alla prossima!
|
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Capitolo 12 *** Piani ***
Angolo
dell’autrice
Bene, so di essere in ritardo… Ancora…
Non ho giustificazioni, lo so, quindi spero di farmi perdonare almeno
un po’
con questo capitolo.
L’ultima parte è molto caotica, ma per i
chiarimenti ci sarà tempo, risponderò
ad ogni vostra domanda cercando di non fare spoiler : )
Anche in questo capitolo ho lasciato delle track, non mi resta che
augurarvi
buona lettura.
Rosso,
il colore
predominante è il rosso.
Sono
al limite, messo
con le spalle al muro; la vista comincia ad annebbiarsi e ad essere
compromessa
da miriadi di piccoli puntini bianchi.
Il
sangue scende
copioso dalla spalla e
dalle braccia, feriti dai proiettili della pistola di
quell’idiota di Matsuda.
Brucia
come fuoco il
respiro che tento di controllare, urlano di dolore i muscoli tartassati
da
quella violenza, ma non cado, non mi arrendo; contro ogni logica,
contro il mio
stesso pensiero, riesco ad aprire lievemente la porta, e comincio a
correre,
ignorando le acute fitte che mi trapassano da parte a parte, mentre
sento la
rabbia montare.
Sono
stato sconfitto,
superato, umiliato, ma ciò che più
m’infastidisce, è che questa non è
stata
colpa mia.
La
mia sconfitta, la
mia disfatta, avvenuta in modo così stupido, non
è stata dettata da un mio
errore, bensì da quello di un mio subordinato, che ha voluto
fare di testa sua.
Mi
riscuoto, ma
procedo spedito nella stessa direzione.
No,
io sono Kira, non
ho perso, posso… posso ancora farcela.
Corro,
corro ancora,
mi sembra di scorgere un’ombra, una figura. Mi è
famigliare, assurdamente
famigliare.
Un
ragazzo, un giovane
ragazzo assorto nella lettura di un libro; non riesco a distinguerne il
volto,
che mi appare soltanto come una macchia sfocata per via della luce
intensa
della giornata, insopportabile per la mia vista ormai troppo
debole…
(
N.d.a. prima track http://www.youtube.com/watch?v=xaJnPv18r70
)
Mi
risveglio di
soprassalto, nel silenzio dell’appartamento di Hikari Amane,
il computer che
continua a ricevere dati su criminali.
Mi
porto una mano alla
testa, mi fa male, forse ho lavorato troppo in questi giorni; non ho
mai
dormito in un letto, ma seduto alla scrivania, e non sono io a
deciderlo, ma il
sonno che
prende il
sopravvento di tanto in tanto.
Sbuffo
e mi alzo per
andare a rinfrescarmi il viso, è un piacere sentire
l’acqua ristoratrice sulla
pelle, tuttavia non posso fare a meno di guardare il mio volto allo
specchio.
Gli
occhi sono
contornati da delle occhiaie profonde, mentre il volto è
decisamente più scarno
e l’ombra della barba sta cominciando a farsi presente.
Risolvo
immediatamente
quest’ultimo problema, per quanto riguarda le occhiaie, beh,
quelle dovranno
aspettare, e ritorno alla mia postazione, ma mentre continuo a scrivere
i nomi
dei criminali la mia mente è altrove.
Sono
giorni che questo
sogno si ripresenta e s’interrompe sempre nello stesso punto,
come un nastro
rotto di una di quelle vecchie cassette, so per certo che dovrebbe
continuare,
ma mi è impossibile vederne il proseguo.
Porto
il gomito sulla
superficie della liscia scrivania di legno e poggio la mano alla
guancia,
concentrandomi, cercando di capire, di ricordare, ma niente.
Ripensando
ai miei
ultimi momenti, non riesco a rimembrare altro che rabbia e dolore,
nonché
umiliazione, eppure sento che sto dimenticando qualcosa, qualcosa di
estremamente importante…
“Ma
cosa stai dicendo Light? Basta con
queste sciocchezze”. Mi dico ad alta voce riprendendo il
lavoro.
Presto
L e Near
riusciranno a localizzare questo computer, mancheranno loro cinque o
sei giorni
al massimo; per una persona normale
rintracciarmi avrebbe richiesto di gran lunga più tempo, ma
so con chi ho a che
fare, quindi non mi resta altro che ultimare i preparativi.
Hikari
si è già data
da fare per spedire lettere, o direttive, dipendentemente dai punti di
vista,
ad alcuni giudici del Kanto, da parte di Kira ovviamente, è
solo questione di
poche ore, prima che le mie trattative si propaghino di
città in città,
sicuramente, entro domani, il sistema giudiziale giapponese
sarà in tilt.
In
molti, anche se
sapranno Kira in carcere, non avranno il coraggio nemmeno di
condannarlo.
Certo, basarmi su quest’ultima ipotesi per procedere con i
miei piani è
rischioso, ma in questo modo posso garantirmi una maggiore
possibilità di fuga,
nonché del tempo prezioso in caso di cattura…
Devo
andarmene da qui,
non posso restare in Giappone a lungo, a meno che non riesca a
controllare il
paese in sei giorni, ma basandomi sul tempo che mi ci è
voluto per sottomettere
le istituzioni al mio volere, oltre tre anni fa, direi che non posso di
certo
aspettarmi dei risultati immediati ancor più evidenti.
Sono
poche le nazioni
che si sono arrese nuovamente al mio ritorno.
L’America
ha un nuovo
Presidente, questo è vero, ma non prenderà delle
decisioni su questo caso da
solo, inoltre, penserà sicuramente
all’incolumità della sua popolazione,
l’Europa ancora non si piega, ma risente anche lei del mio
ritorno, per quanto
riguarda l’Asia, non è difficile stringere
alleanze con quegli Stati, ma non
sono abbastanza potenti per poter fronteggiare le altre potenze
mondiali.
Mi
ritrovo a chiedermi
se sia stata una buona idea rispondere immediatamente a L.
Ryuk
sgranocchia una
mela alle mie spalle, annoiato come non mai dall’assenza di
nuove notizie.
Anche se non lo ha ancora detto, so che sta aspettando un altro attacco
da
parte di L, o da parte mia, ma io ho le mani legate, mentre Ryuzaki
sarà già al
lavoro per cercare di rintracciare il segnale. Do un’occhiata
all’orologio, è
quasi l’ora dell’incontro, se tutto va bene,
riuscirò a lasciare il paese in
poco tempo.
Sorrido
lievemente, ho
reagito d’impulso, come la prima volta, lasciando una pecca
nel mio piano, che
L scoprirà, anche se credo che già lo abbia
fatto. Mi chiedo se avesse
immaginato la mia reazione alla messa in onda del messaggio,
probabilmente sì,
tuttavia non ne è il vero L l’autore, ma il suo
erede. Ryuzaki non mi avrebbe
mai sollecitato a farmi catturare; vuole giocare anche lui con me,
vuole una
rivincita tanto quanto la voglio io.
La
serratura della
porta scatta, Hikari entra in casa, mi saluta con voce atona e si siede
al mio
fianco.
La
ignoro,
concentrandomi sui caratteri che sfilano davanti ai miei occhi, ma
questi
perdono di definizione continuamente, e sono costretto a sbattere un
paio di
volte le palpebre, cercando di metterli a fuoco.
La
mano della ragazza
si poggia sulla mia fronte, scostandomi i capelli dal viso,
costringendomi a
voltare la testa verso di lei.
Rimango
immobile
quando la vedo, mi aveva detto che avrebbe utilizzato un travestimento
per
uscire di casa, e mi ero fidato, non badandoci più di tanto,
ma ora che la vedo
bene mi rendo conto che quasi non vi è differenza tra il suo
volto e quello di
Misa, la somiglianza è troppo marcata con quella parrucca
bionda che le ricopre
il capo, l’unica differenza sono gli occhi, di un torbido
verde, dovuto dalle
lenti a contatto.
“Sei
stanco Light,
sono giorni che non ti muovi da qui, lasciami continuare, va a
riposarti”.
“Non
ho bisogno di una
pausa”. Dico atono ritornando a scrivere, ma una mano candida
si poggia sulle
mia, e le lunghe dita affusolate l’avvolgono, impedendole
ogni mossa.
A
quel punto alzo lo
sguardo verso Hikari, ma lei non si lascia intimidire e mi sfila la
penna dalle
mani. “Una pausa non ti farà male, ci penso
io”. Ribadisce il concetto,
scostando la mia sedia a rotelle dal suo posto, e avvicinando la sua.
“Non
devi farti vedere
frustrato, o anche solo semplicemente stanco. Manca un’ora
all’arrivo di quegli
uomini…”
“Si,
va bene”.
La interrompo dirigendomi verso la mia camera, ma di colpo mi blocco,
ed
estraggo un foglio dalla tasca.
“In
caso le trattative
dovessero andare a monte, tieni questo foglio. Vi sono scritti i nomi
di nostri
possibili alleati”.
(N.d.a
seconda track http://www.youtube.com/watch?v=E3LeZNlI0Xg )
Chiudo
la porta alle
mie spalle e mi sdraio sul letto, non devo addormentarmi, non devo
assolutamente addormentarmi.
Ricomincio
a pensare a
quel sogno, a cercare di ricordare.
Correvo,
correvo, ma
ad un certo punto incontravo un giovane ragazzo che si dirigeva dalla
parte
opposta alla mia, ma chi era? E perché tutto finisce
lì? Inoltre, non riesco
più a ricordare il momento esatto della mia morte. So con
esattezza le
motivazioni per le quali è avvenuta, ho ben chiaro in mente
la scena dello
Yellow Box, tuttavia, quando esco da quell’inferno, i ricordi
cominciano ad
offuscarsi, fino a diventare null’altro che ombre nere.
Sospiro,
forse mi sto
solo immaginando tutto.
“Light,
come mai non
hai voluto che Hikari facesse lo scambio degli occhi?”
La
voce roca di Ryuk
mi distrae da miei pensieri, e questo sicuramente è un bene,
allora alzo la
testa e rispondo alla sua domanda. “Non mi servono gli occhi
Ryuk, il mio piano
è molto più semplice del solito, non ho
intenzione di scoprire l’identità di
nessuno, né di uccidere più del
necessario”.
Lo
shinigami inarca un
orrido sopraciglio e si china in avanti, come per ascoltare meglio.
Mi
trattengo
dall’alzare gli occhi al cielo e continuo. “Presto
degli uomini di uno stato
asiatico saranno qui, avrò il modo di fuggire dal Giappone,
e da lì in poi la
strada non sarà altro che in discesa, avendo a disposizione
degli aiuti non
solo economici, ma anche militari. Avrò una maggiore
protezione e non dovrò
temere la pena di morte, anche se quest’ultima cosa
risulterebbe improbabile
anche in caso di una mia cattura”.
Chiudo
gli occhi per
qualche istante, mentre Ryuk si porta una mano al mento e mi rivolge
l’ennesima
domanda. “Perché non dovresti preoccuparti di una
cattura?”
“Semplicemente
perché
l’opinione pubblica è contrastante, troppa
è la gente dalla parte di Kira, e
condannandomi a morte si rischierebbero varie guerre civili. Certo,
avrei meno
possibilità d’agire, nulle a dire il
vero”. Sospiro di nuovo, scostandomi i ciuffi
castani dal viso. “In ogni caso questa è solo un'
ipotesi secondaria, il piano
principale consiste nel lasciare il Paese al più presto
possibile”.
Tre
colpi secchi alla
porta, Hikari la apre lievemente e annuncia. “Light, sono
arrivati”.
Mi
alzo dal letto e
sistemo la cravatta, lancio una breve ed eloquente occhiata a Ryuk,
come a
dirgli sta al tuo posto e non fare danno, e apro la porta.
Due
uomini, in giacca
e cravatta, sono già seduti al tavolo, col capo chino, ad
aspettare.
Alla
mia apparizione
si alzano e fanno un inchino. “Grande Kira”.
Dicono, pronunciando il mio nome
con riverenza, e un certo tremore
nella voce.
Mi
siedo davanti a
loro, con Hikari al mio fianco, e faccio cenno d’accomodarsi.
“Il
jet privato è
pronto, sarà qui nell’arco di poche
ore”. Annuncia il più basso dei due, stando
bene attento a non incontrare il mio sguardo.
“E
ad un vostro ordine
lasceremo seduta stante il Giappone”.
Trattengo
una smorfia.
Il gioco sarebbe finito, e stavolta in modo definitivo.
Un
lieve scatto del
braccio dell’uomo più alto coglie la mia
attenzione, e intravedo il calcio di
un’arma sotto la sua giacca.
Mi
alzo in fretta, e
prima che qualcuno possa dire o fare nulla premo invio nella tastiera
del
computer e i dati riguardanti Light Yagami e Kira, vengono messi a
disposizione
dell’intera popolazione mondiale.
Poi,
il nulla, ancora
una volta.
|
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Capitolo 13 *** Sorella ***
Che.
Male. Alla. Testa.
Sbatto
un paio di volte le palpebre, cercando di capire dove sono, sedendomi
con la
schiena contro il muro.
Porto
una mano al capo e la ritraggo, scorgendo, sopra la pelle ambrata,
delle tracce
di sangue rappreso.
“Bene”.
Dico acido, dando un’occhiata allo squallido pavimento e alle
pareti grigie.
“Dentro
ad una cella, di nuovo”. Sussurro sedendomi sulla branda,
facendo produrre un
cigolio sinistro alle molle.
Non mi
piace affatto questo posto.
“Finalmente
ti sei svegliato Light”.
Fulmino
con lo sguardo lo shinigami, che si è appena rimesso con i
piedi per terra,
dopo aver fatto una verticale.
“Già
in
crisi d’astinenza, Ryuk?”
Lui
scrolla le spalle e si siede accanto a me, fissando le sbarre e facendo
una
smorfia.
“Hai
intenzione di rinunciare alla proprietà del quaderno,
vero?” Mi chiede
speranzoso, ma faccio crollare ogni sua aspettativa.
“No,
non
stavolta. Non vedo a cosa mi servirebbe perdere parte dei miei ricordi
proprio
ora”.
Trattengo
un sorriso alla faccia delusa del dio della morte, è
costretto a restarmi
accanto e ciò significa niente mele.
“Comunque
sia Light, non mi sembri affatto sorpreso di trovarti qui”.
Sospiro
e mi butto sul “letto”, con le mani intrecciate
dietro la testa, e socchiudo
gli occhi. “Le probabilità d’esser
tradito da dei mercenari erano alte, queste
non sono altro che le conseguenze, quindi, ora come ora, non mi resta
che aspettare
che gli eventi seguano il loro corso”.
“Sei
nelle mani della polizia Light, in un carcere di massima sicurezza. Non
puoi
evadere, e la pena di morte è certa”.
“No,
Ryuk, non lo è affatto”. Mi alzo di colpo, con un
sorriso sicuro sulle labbra.
“Vedrai”.
Un
secondino si avvicina alle sbarre, il volto segnato da piccole rughe,
mi guarda
un momento senza accennare nulla, il manganello stretto nelle mani.
“Qualcuno
ti vuole vedere”. Dice con voce atona, infilando le chiavi
nella toppa.
Vengo
costretto a superare l’uomo, camminando nel corridoio col
manganello puntato
alla schiena.
Lancio
occhiate alle altre celle, non credo che i detenuti abbiano avuto modo
di
sapere che io sono Kira, forse potrebbero sapere che
l’assassino è stato
arrestato, visto che è possibile che delle informazioni
dall’esterno siano
trapelate sin qui.
Ho fatto
in modo che il mio volto e il nome di Kira vengano riconosciuti sotto
la stessa
persona, inviando i dati alla Sakura Tv, ma non sono sicuro che delle
foto
possano essere giunte all’occhio di qualche criminale di
questo carcere, ho
bisogno di più informazioni per controllare la situazione,
la mia stessa vita è
in pericolo restando qui.
Dalle
occhiate annoiate di certi individui, e dai risolini idioti di altri,
capisco
che ancora non sanno chi sono, altrimenti non sarebbero di certo
così felici
nel vedere il giustiziere che può uccidere con un solo
sguardo chiunque voglia.
“Da quanti giorni sono qui dentro?” Chiedo al
secondino.
“D…due
giorni”. Balbetta quello.
Non so
se continuare con le domande, potrebbe insospettirsi e non parlare
più, ma chi
se ne frega, tanto peggio di così.
“Sono
stato l’unico ad arrivare?”
Lo
osservo con la coda dell’occhio, vedo il suo sguardo
tentennare.
“Non
posso darti questo genere d’informazioni”. Dice
continuando a colpirmi la
schiena col manganello per farmi avanzare di un paio di passi.
E
ciò significa sì, ci sono stati
nuovi arrivi.
Se si
venisse a sapere che Kira è entrato in questo carcere, sarei
nella lista dei
sospettati, ma non il principale indiziato.
Trattengo
il riso e continuo a camminare tra i corridoi, fino ad arrivare davanti
ad una
porta.
L’uomo
mi fa cenno di fermarmi e bussa un paio di volte.
“Avanti”.
Near ci
aspetta, appollaiato su una sedia, con una gamba piegata su se stessa e
una
poggiata sul pavimento, il mento sopra il ginocchio.
“Puoi
lasciarci”. Dice rivolto alla gente che, dopo aver fatto un
breve cenno col
capo, si chiude la porta alle spalle.
Studio
Near attentamente, costatandone i cambiamenti, ma essi sono minimi,
l’aspetto è
quasi lo stesso, forse il viso è leggermente più
scarno, la somiglianza con L è
ancor più marcata per via di questo particolare.
Senza
distogliere lo sguardo da quello onice di lui, mi siedo composto,
aspettando
che inizi a parlare.
“Credo
che tu conosca le conseguenze delle tue azioni, e il perché
ti trovi qui”.
Annuisco
e comincio a parlare. “Avrei dovuto immaginare che L non si
sarebbe soffermato
sul rintracciare il mio segnale, non rifarebbe mai due volte lo stesso
errore,
ma per scappare non avevo altra scelta che rischiare. Il fatto che
siate
riusciti ad intercettare i mercenari con i quali ero entrato in
contatto è
senza alcun dubbio ammirevole, le probabilità che li notaste
erano davvero
basse, tuttavia…
“Sai
che
non intendo questo”. M’interrompe lui, secco.
Inclino
la testa di lato, fingendo di non capire.
“Ti
prego, smettila di fare il bambino, Yagami”. Mi rimprovera
l’albino, mantenendo
però la sua compostezza.
“La
pena
di morte non è sicura, l’ergastolo forse
sì, ma ti assicuro che sarò fuori di
qui a tempo di record”.
“E
come
pensi di riuscirci?” Mi chiede attorcigliandosi una ciocca di
capelli intorno
alle dita.
“Vedrai,
Nate”.
Lo vedo
assottigliare le palpebre, finalmente sono riuscito ad irritarlo
visibilmente.
“Non
chiamarmi in questo modo”. La sua voce non ha tentennamenti
però, sempre
inflessibile.
“Come
vuoi tu, L”. Rimarco volutamente l’ultima parola,
ma lui non da nessun segno.
“Bene.
Ora, se l’hai finita con le provocazioni, direi
d’iniziare l’interrogatorio.
Dov’è la ragazza?”
“Non
lo
so”.
“Hai
ceduto il tuo potere a lei?”
“Può
darsi”.
“Hai
una
vaga idea di dove possa essere?”
“No”
“Dov’è
il death note?”
“Non
lo
so”
“Hai
intenzione di evadere grazie a Hikari Amane?”
“Non
evaderò, sarete voi a lasciarmi uscire”.
“Vedremo”.
“Esatto”.
Vedo il
petto di Near sollevarsi, prendendo un respiro più
prolungato del solito, ma
non sbuffa, il suo autocontrollo supera di gran lunga il mio e quello
di L.
“I
detenuti conoscono la mia identità?” Chiedo con
noncuranza, riuscendo a restare
del tutto impassibile, nonostante quella domanda necessita di una
risposta ben
più certa di quella che sono riuscito a darmi da solo.
“No”.
Dice l’albino alzandosi e dirigendosi verso la porta.
“Per ora, almeno.
Comunque sia, hai delle visite Yagami”.
“V-visite?”
Dannazione, Near è riuscito a farmi esitare.
Lascio
trasparire sul mio volto una smorfia, tanto ormai non ha alcun senso
nascondere
la disapprovazione.
“Sì,
tua
sorella è qui, insieme a suo marito. Tua madre è
in ospedale”.
Non dice
altro, si limita a richiudersi la porta alle spalle, lasciandomi da
solo con
Ryuk.
“Questa
sì che è una seccatura, non è
vero?”
“Per
favore Ryuk, sta zitto”. Dico alzando un dito, non ho proprio
voglia di starlo
a sentire, l’incontro che sta per avvenire non è
stato previsto nei miei piani,
anche perché fino a pochi secondi prima, non credevo che mia
sorella avrebbe
avuto il coraggio d’affrontarmi, quindi mi ero illuso di
poter tagliare ogni
relazione con lei, e invece…
La porta
si riapre nuovamente, e una testolina fa capolino, timorosa anche di
mettere un
solo passo dentro la stanza.
In
silenzio, Sayu Yagami si siede di fronte a me, e prende a fissare il
pavimento,
tremando visibilmente.
“Cara,
sei sicura di volerlo fare”. La voce di Matsuda suona come lo
stridio di unghie
sul nero materiale della lavagna per me, e non posso fare a meno di
lanciargli
un’occhiataccia.
“Tranquillo
Matsui, va fuori per favore”.
L’agente
mi guarda come per dirmi di stare attento a ciò che faccio,
e acconsente alla
richiesta della moglie.
Il
silenzio piomba pesante tra di noi, improvvisamente interrotto da dei
singhiozzi.
“C-come
hai potuto?”
Guardo
sbalordito le lacrime della ragazza, apparse così
all’improvviso sulle sue
guance nivee, sentendo il forte impulso di consolarla, come facevo
quando
eravamo piccoli, e sono sul punto di allungare una mano verso di lei,
ma la
ragazza mi blocca, alzandosi di scatto, facendomi riprendere
così il controllo
su me stesso.
“TU,
BRUTTO BASTARDO!” Si scaglia contro di me, prendendomi per la
collottola della
camicia, scrollandomi prima con forza, dopo debolmente per poi
limitarsi a
darmi piccoli pugni sul petto.
Ormai,
mia sorella non ce la fa più nemmeno a stare in piedi, ed
è costretta a
sedersi, con la testa stretta tra le mani.
Non l’ho mai vista
ridotte in queste
condizioni, dev’essere questo il motivo per cui sono stato
sul punto d’abbandonare
la mia indifferenza, sì, dev’essere
senz’altro questo.
Un Dio
non può provare compassione verso gli umani, non
può abbassarsi a comprendere i
loro sentimenti.
“Come
hai potuto”. Ripete, alzando i suoi grandi occhi marroni
verso di me, e sento
qualcosa rompersi a quella vista.
Kira, io
sono Kira, non provo emozioni verso gli esseri umani, questi non sono
che
pecore, che devono essere guidate verso una retta via.
“Tutti
nutrivano una fiducia incondizionata verso di te, Light, cosa ti
è successo?
Tu, tu eri il mio fratellone, il mio esempio da seguire, la persona che
ammiravo più di qualunque altra al mondo”.
Oh
sciocca ragazzina, ti sei fermata all’immagine più
superficiale di me, alla
copertura che mi serviva solo per poter edificare il mio regno, quello
non ero
io, quello non sono io.
“Quando
mi è giunta la notizia della tua morte”, la vedo
deglutire e passarsi
frettolosamente una mano tra i morbidi capelli castani. “Ne
sono uscita
distrutta, così come nostra madre, ma ora che sono al
corrente di ogni cosa, mi
rendo conto che mio fratello non è morto tre anni fa, ma da
molto più tempo”.
Stai
cercando di ferirmi, Sayu Yagami? Non ci riesci, mi dispiace, tuttavia
t’incito
a non arrenderti, prova a rigirare il coltello nella piaga, prova a
vedere se
riesci a trovare un po’ di umanità, in questo Dio.
“Nostra
madre sta male Light, è stata colta da un infarto dopo aver
visto il volto di
Kira sui notiziari. I medici dicono che non resisterà a
lungo. Non è ironico
Light, coloro che hai più vicino muoiono di ciò
che tu causi ad altri”.
“Non
ci
si può opporre al destino, e se è così
che deve andare…”
“Cazzate”.
M’interrompe Sayu, seria in viso. “Se tu non avessi
usato quel quaderno, niente
di tutto ciò sarebbe successo, la situazione che si
è creata adesso è soltanto
colpa tua”. Si alza nuovamente, ma stavolta lo fa per
guardarmi dall’alto in
basso.
“Però,
sappi una cosa, io ti vorrei odiare, con tutto il mio cuore, ma nonostante la persona
che mi trovo davanti
sia Kira, uno spietato assassino e nient’altro, continuo a
vedere mio fratello
in te, e se gli occhi sono davvero lo specchio dell’anima,
osservando i tuoi,
distinguo chiaramente Light Yagami, il fratello migliore del
mondo”. Mi carezza
il volto, e mi avvicino ad un punto di non ritorno. Sento qualcosa,
quella
mano, che tante volte ha afferrato la mia in passato, non mi lascia
indifferente, come invece dovrebbe essere, ma non lo devo dare a
vedere,
tuttavia, Sayu se ne accorge e si china baciandomi la fronte, un lieve
e
brevissimo contatto. “Lo sapevo”. Sussurra, per poi
andarsene.
La
corazza di Kira si è incrinata, lasciando spazio a Light
Yagami; queste due
personalità, sono nuovamente in lotta tra loro.
Angolo
dell’autrice
Wow,
sono riuscita ad aggiornare a tempo di record questa volta ahahah.
Beh,
direi che questo
è un capitolo
transitorio, come al solito del resto, L ancora non fa la sua comparsa,
ma è
una cosa che accadrà presto.
Ringrazio
chi recensisce o mette in una delle tre liste la storia.
Alla
prossima!
|
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Capitolo 14 *** Atono ***
Angolo
dell’autrice
E
dopo moooolto tempo, ecco un nuovo capitolo.
Avverto
che ormai non manca molto alla fine della storia, e presto ogni segreto
e ogni
sotterfugio verrà svelato.
All’incirca
mancheranno tre o quattro capitoli.
Ringrazio
chi legge e recensisce questa fic.
Come
al solito ho lasciato una track, stavolta ad inizio capitolo.
Buona
Lettura!
(track http://www.youtube.com/watch?v=MTGlrcReWrk
)
L
guardava costantemente il ragazzo accovacciato in un angolino della
cella e si
crucciava, cercando di capire dove voleva andare a parare.
Light
non mangiava, si limitava a bere di tanto in tanto qualche goccia
d’acqua,
fissando con sguardo vacuo la parete, eppure era ancora Kira, non aveva
rinunciato alla proprietà del quaderno.
Nella
sua posizione pericolante, L si sporse in avanti, fissando i lineamenti
contratti
del giovane.
L’incontro
con la sorella lo aveva fatto piombare in quello stato da giorni ormai,
tuttavia, durante l’interrogatorio, avvenuto per mano di
Near, aveva detto che
presto sarebbe tornato in libertà, con un ghigno stampato sul volto.
Era
sicuro d’uscire indenne da lì.
Ma
come? Non aveva alleati, se non una ragazza, scampata miracolosamente
all’arresto.
Era
di lei che Yagami voleva servirsi? Amane Hikari poteva dirsi anche una
personalità di successo, ma la sua immagine era stata
compromessa, adesso non
era altro che una ricercata.
Eppure,
le morti continuavano a succedersi, come se nulla fosse, evidentemente
la donna
era riuscita a trovare un luogo dove rifugiarsi e con tutta
probabilità, era
stato Light stesso a dirle dove andare.
Era
da escludere che Hikari fosse andata da uno dei membri della setta,
quelle
persone erano controllate ventiquattro ore su ventiquattro, e Light non
avrebbe
mai commesso uno sbaglio simile, ma allora dove?
Light
era convinto che sarebbe uscito di lì, ma per fare
ciò, avrebbe avuto bisogno
di un aiuto interno al sistema giuridico giapponese…
Bingo.
Se
Light era convinto di passarla liscia, era sicuramente
perché aveva corrotto
qualcuno d’interno, tramite Amane, e ora non gli restava
nient’altro che capire
di chi si trattasse…
“Near,
dammi la lista dei giudici coinvolti nel caso Kira”. Disse L,
guardando di
sbieco il suo successore.
L’albino
premette una serie di tasti, e il file venne passato sul monitor del
detective.
Egli lo lesse, imprimendosi ogni nome e volto nella mente, poi
cominciò a fare
ricerche. Erano vicini, preso il secondo, ed un possibile terzo, Kira,
tutto si
sarebbe risolto. E finalmente, l’incubo di quel caso avrebbe
avuto un epilogo
definitivo.
“L….”
Non
era stato Near a
parlare, ed il
detective dovette fissare la sua attenzione sullo schermo, per
accettarsi che
le sue labbra si fossero mosse, e di fatto, era stato proprio lui a
parlare.
Per
un folle istante, colto da un fortissimo deja-vu, credette che Light Yagami stesse per
ribadire la sua
innocenza, chiedendogli di guardare nei suoi occhi per vedere se stesse
mentendo, ma non fu così. Kira cominciò a ridere, una risata insana, che
rovinava i bei tratti
del ragazzo, mentre il castano dei suoi occhi parve riflettere delle
scintille
rosse, nate da un principio di follia.
“Dai
L, perché non sei qui? So che mi puoi vedere, non hai
nemmeno il coraggio di
presentarti di persona? Hai paura che questi quattro rifiuti della
società
conoscano il tuo volto? No, secondo me sei solo un codardo, ti spaventa
l’idea
di guardare negli occhi colui che
ti ha
battuto, ammettilo”.
Le
risate erano ormai diventate incontenibili per il corpo di Light, che
veniva
scosso da tremiti e lo costringevano ad appoggiarsi con la schiena al
muro per
mantenere un minimo di controllo.
Ad L sembrava di aver già visto la sua nemesi in quelle
condizioni…
La
vista del cielo,
rosso per il tramonto, era impedita in parte da grossi nuvolosi grigi.
Solo
poche persone erano presenti in quel momento, assorte nella
contemplazione di
una tomba.
Non
un nome vi era
inciso, ad indicarne la presenza vi era un'unica croce
d’argento, ben piantata
nel morbido terreno limitato da una cornice anch'essa d’argento.
L
sentiva uno
strano legame con quel posto, era come se fosse collegato con lui, ma
allo
stesso tempo non lo riguardava più di tanto.
Presto,
gli agenti
della polizia lasciarono quel posto, solo un ragazzo restò
lì e non si mosse,
se non con uno scatto improvviso, sicuro che non ci fosse nessuno a
guardarlo,
e di fatto era così, non c’era nessuna persona,
viva, e cominciò a ridere
sguaiatamente .
L
guardò Kira
inginocchiarsi sopra la sua tomba, cercando di profanarla, tentando di
recare
un’offesa al detective per ricevere un contrattacco,
com’era solito aspettarsi
quando Ryuzaki era in vita, ma nulla smosse
l’immobilità di quel posto, e
presto anche Light capì che il suo nemico non gli avrebbe
più risposto, né lo
avrebbe più guardato dall’alto in basso, lui aveva
vinto, Kira era libero da
ogni catena.
Lentamente,
il
sorriso che aveva deformato il volto, scomparve, e a quel punto il
ragazzo si
alzò.
“Hai
detto, che non
ci sarà più niente di divertente,
Ryuk?”
L
si guardò
attorno, cercando di capire con chi il giovane stesse parlando, ma non
c’era
nessuno, a parte loro due, e capì solo in un secondo tempo,
che sicuramente
Light stava parlando con uno shinigami.
“Ti
farò
assistere”, disse Light, “alla creazione di un
nuovo mondo”.
L
fissò la schiena
del suo unico rivale, e ascoltò i rimbombi dei suoi passi
mentre si apprestava
a lasciare il cimitero.
Ritornò
al presente, così, senza nemmeno rendersene conto.
Inizialmente,
gli sembrò essere rimasto indietro nel tempo per molto , ma
in vero, erano
passati solo pochi secondi.
Light
non aveva ancora smesso di ridere, ma le sue risate si erano limitate,
e ora
Kira, stava disteso supino sulla branda, aspettando …
“Portate Light Yagami
qui.”.
“Ma
signore…”
“L
ha dato un ordine agente J, gradirei se lo ascoltassi”.
L’anziano
aggrottò la fronte, ma non replicò e con un
inchino, uscì dalla stanza, per poi
ritornare pochi minuti dopo, senza il prigioniero.
“Cosa
è successo?
“Il
sistema giudiziario giapponese non ha intenzione di trattenere Light
Yagami,
dicono che non ci sono prove che sia stato lui a riutilizzare il death
note.
Ora è un uomo libero.”
“Ma
per la sentenza ad un criminale, servono mesi, o per meglio dire e
rapportaci
alla realtà, anni, com’è possibile che
in pochi giorni si sia arrivato a
scarcerarlo”. Disse Near, del tutto
in
disaccordo con la decisione del governo giapponese.
“Per
paura Nate”. Disse L, mangiando l’ennesimo
pasticcino. Aveva bisogno di
zuccheri, doveva prendere una decisione seduta stante.
E
mentre le guardie aprivano i cancelli, facendo uscire Kira, L non vide la classica ombra del
sorriso vittorioso
sul suo volto.
Le
telecamere mostrarono Sayu e Matsuda, attendere Light nella sala
d’attesa,
avrebbe vissuto nella casa della madre, almeno fino a quando
quest’ultima non
fosse tornata.
Cosa
fare? Light non era in possesso del Death Note, attualmente, quindi
presto
avrebbe provato a rientrane in possesso.
Anche
L doveva aspettare, quel momento si sarebbe presto presentato.
Anche
se il volto atono di Light lo confondeva.
Ps:
Avevo pensato di cambiare il titolo della
storia in: Ya come notte, Gami come Dio. Cosa ne pensate?
|
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Capitolo 15 *** Io non sono la giustizia ***
Per
ogni passo che faccio, per ogni boccata
d'aria che respiro, per ogni battito di ciglia, i momenti
più importanti della
mia vita mi ritornano alla testa, come violenti pugni nello stomaco,
rinfacciandomi ogni sbaglio, ogni imperfezione nei miei piani, ma anche
ogni
orrore delle mie azioni.
Sono solo in casa mia, a parte Ryuk ovviamente,
che come al solito mi ronza intorno, cercando di scroccarmi delle mele.
Gliene lancio una, per poi ritornare subito
dopo ai miei pensieri.
Salgo
in camera, guardando il cassetto con il
doppiofondo; con tutta probabilità, l'ultimo foglio che vi
avevo nascosto anni
fa, sarà dentro, ma non posso aprirlo, perché
questo significherebbe confermare
la mia colpevolezza. Ci sono delle telecamere ovunque, un unico punto
ceco in
cucina, trovo questa cosa del tutto priva di senso: a che pro riempire
la casa
di telecamere per poi lasciare una falla simile? Qualcosa non quadra.
Inoltre,
sono ancora agli arresti domiciliari e, impossibilitato dall'avere
contatti col
mondo esterno, non potrò
entrare in
possesso del death note ancora per molto tempo.
Sospiro e do un altro morso alla mia mela, Ryuk
trova fastidioso il fatto che anche io abbia preso a mangiare questi
frutti,
anche perché così ce ne sono di meno per lui, ma
non posso comprare le mie
patatine, quindi mi devo accontentare.
Mi
distendo sul letto, fissando il soffitto con
un intensità tale che deve sembrare voglia disintegrarlo, ma
in vero sto
cominciando a ricordare, e questi ricordi non fanno altro che smorzare
la mia
voglia d'andare avanti. La mia prima e unica sconfitta brucia ancora, e
il non
avere possibili vie di fuga al momento mi fa sentire in trappola.
Che L conti proprio su questo per farmi cedere?
Beh, ci sta riuscendo, e anche bene.
Forse dovrei farla finita, dovrei arrendermi,
non ce la faccio a lottare ancora, a rifare tutto da capo...
Ma cosa sto dicendo, io sono Kira, certo che ce
la faccio. Il solo fatto d'essere qui, e non in una lurida cella,
dimostra che
ho il mondo nelle mie mani, e che presto ne sarò il dio,
anzi, direi che già lo
sono, solo che ancora L e i suoi alleati non se ne sono resi conto.
Io sono imbat...
Ma prima che Kira possa formulare questi
pensieri, Light gli mostra per l'ennesima volta quel flash, e
finalmente, ne
comprende il significato.
Il secondo L, l'uomo corrotto da un potere più
grande di lui, corre via, sconfitto e umiliato.
Corre, cercando una via di salvezza che sa già
non troverà, e nel mezzo di questa sua pazza e disperata
ricerca, passa accanto
ad un ragazzo, che difficilmente riconosce come se stesso.
Light Yagami poteva avere tutto dalla vita, le
doti non gli mancavano, ma il giorno in cui si era chinato a
raccogliere il
quaderno della morte, il suo futuro, prima così luminoso, si
era indubbiamente
oscurato.
Seguo
con lo sguardo il vecchio me stesso
sparire, mentre guardo Kira continuare a correre, rischiando
d'inciampare, ma
senza mai cadere.
Corre, corre ancora, ma ormai il suo destino e
deciso, gli sembra quasi di percepire il suo compagno neutrale
d'avventure,
alzare con lentezza la penna, e scrivere sulle ruvide pagine il suo
nome, sa
che lo farà, e ormai Kira, arrivato ad un ostacolo che non
può superare, si
accascia sulle scale.
Si
contrae il mio cuore un'unica volta,
l'ultima, talmente forte da procurarmi un dolore mai patito in vita
mia...
I proiettili di Matsuda al confronto, sembrano
palline lanciate da un bambino.
Alzo lo sguardo, verso il sole morente; mi
riscalda, ma non ne percepisco il calore e mentre sento gli ultimi fili
della mia
vita abbandonarmi, gli occhi si sgranano e, ricordandomi lo sguardo del
mio
vecchio me stesso, lo rivedo anche nell'uomo che giace a terra, con il
volto
sereno, perché ha avuto una rivelazione, si è
reso conto di una cosa, adesso,
proprio in punto di morte.
Lui ha sbagliato.
Lui
non era la giustizia, io non sono la
giustizia, e lo dimostra il fatto che ora lei...
NO!
Il
mio urlo squarcia il silenzio della casa,
mentre con uno scatto, talmente improvviso da procurarmi un lieve
capogiro, mi
alzo dal letto e prendo una biro sulla mia scrivania.
Apro il
cassetto,
svelando il doppiofondo, senza nessun errore nella procedura, e prendo
il
foglio tra le dita.
Lo guardo, non ho nessuna esitazione, e
comincio a scrivere il nome e la modalità nella quale la
fine deve avvenire.
Mi giro, fisso una telecamera e comincio a
parlare.
"L Lawliet," dico ad alta voce,
ignorando Ryuk, che mi fissa sbalordito. "Vieni qui, e affronta il
risultato del nostro scontro".
Mi siedo sul letto, spalancando le mie ali per poi avvolgermi, come in un bozzolo, e per l'ennesima volta,
nella mia seconda vita, attendo.
Angolo
dell'autrice
Ed ecco,
da quello che ho capito scrivendo essere, il terzultimo
capitolo della mia storia.
Spero di non
avervi annoiato con questo capitolo e che vi sia piaciuto, alla
prossima!
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Capitolo 16 *** Ya come notte, Gami come Dio ***
Ya
come notte, Gami come Dio
Sento
distintamente le sirene delle auto della polizia, stanno circondando la
casa,
cercano di bloccarmi ogni via d'uscita.
Dovrò aspettare
ancora per molto?
Per
favore L, sbrigati e vieni da me, affretta i tuoi passi, voglio vedere
la fine
di tutto assieme.
Ecco,
avvolto nel mio bozzolo di piume, carne e ossa, ascolto la serratura
scattare.
Ryuzaki,
sei tu?
Oh
Dio, ti prego, fa che sia lui!
Guardo
il mio polso destro torturato dalle unghie della mano sinistra, Kira si
é
opposto con tutte le sue forze al mio gesto, ma io sono riuscito a
vincerlo,
almeno questo traguardo voglio festeggiarlo, con l'unica persona
rimasta al
mondo che possa comprendermi.
L
ti sto aspettando, vieni qui, chiedo e imploro il tuo perdono.
La
porta della mia camera si apre, ma non ho paura, la sedia elettrica si
prospetta di qui ad un paio di giorni mentre il mio cuore
verrà stritolato in
una morsa d'acciaio solo tra un paio d'ore.
Ma
ancora nessuno ha detto qualcosa, non è entrato uno
sconosciuto in camera.
L,
sei tu?
Voglio
togliermi questo dubbio asfissiante, voglio essere sicuro che sia tu.
"Ryuzaki?"
Scosto le ali, giusto in tempo per vedere il detective distogliere lo
sguardo
dal foglio. "E così che finisce? Ho vinto io? Non sento
motivo di
gioire". Alzo il viso verso L, sorridendo e quasi sento il volto far
male
per quest'espressione che sembra non voglia appartenermi.
"Ciao
Light"
Mi
studia, cerca qualcosa, ma sembra non trovarla.
Mostro
un pezzo di foglio che tengo stretto tra le dita. "Ho rinunciato alla
proprietà del quaderno L, i ricordi di questa mia nuova vita
sussistono grazie
a quest'unico frammento, e mi rendo conto solo ora di quanto essi siano
preziosi, mi serviva arrivare in punto di morte per capirlo".
Mi
si siede accanto, senza distogliere lo sguardo dal mio.
"Tocca
a me sostenerti questa volta". Non è una domanda, ma una
constatazione.
"Non
ti chiedo il perdono L, ho sbagliato, conosco i miei errori, quel che
sto cercando
di dirti è che la prima volta sono morto da solo, non c'era
nessuno accanto a
me, puoi farmi compagnia fino a quando non giungerà la mia
ora?"
Il
detective annuisce, per poi sedersi in quella sua strana posizione.
"Tra
quanto ti addormenterai?"
"Due
minuti", rispondo senza esitare.
"Posso
fare qualcosa?"
Mi
ritrovo a scuotere la testa, già avvolto tra le prime nebbie
del sonno.
Non
ce la faccio più a stare in piedi, e non posso fare a meno
di stendermi sul
letto, sentendomi ogni secondo più debole.
Due
braccia mi cingono la vita stringendomi, e nell'abbraccio di chi per
tanto
tempo ho sempre considerato l'amico più caro vengo colto
dall'ennesimo
flashback.
Ormai
non sentivo altro che freddo su quelle luride scale di quel magazzino
abbandonato.
Era
questa la fine che toccava al Dio del nuovo mondo? Evidentemente
sì.
Non
c'erano né Misa, né Takada a sostenermi, ormai
ero solo, indubbiamente solo.
Spostai
la testa verso l'alto, incontrando il nero profondo degli occhi dello
spettro
che da sempre mi perseguitava.
Non
piangeva, non rideva, stava sempre lì, fermo, a studiare le
mie mosse, ogni mio
singolo movimento, aspettando che lo raggiungessi, ricordandomi ogni
secondo
della mia vita umana, e di come presto, o tardi, essa sarebbe finita,
come
quella di un qualsiasi altro uomo...
Lui
rappresentava la giustizia degli uomini, non io.
Io
cercavo qualcosa di troppo perfetto, un'utopia, ma era qualcosa che
l'umanità
non avrebbe mai compreso.
Mi
avrebbero reputato un assassino.
Mi
avrebbero reputato un Dio.
Mi
avrebbero reputato un genio.
Mi
venne da ridere, eppure il mio volto non si mosse.
Nessuno
di questi appellativi mi rappresentava veramente, non era forse vero
Ryuzaki?
Il
mio volto si rilassò, perdendo ogni ghigno, ogni maschera,
salutandoti con lo
sguardo per poi chiudere lentamente gli occhi per l'ultima volta,
mentre la
luna veniva oscurata dalle nubi.
"Io
ero con te Light, non eri solo"
Guardo
il corpo apparentemente addormentato del ragazzo, il suo, in vero,
è un sonno
molto più profondo.
"Non
ti può più sentire L, almeno, non in questo
momento".
Distolgo
lo sguardo da Light per guardare confuso Ryuk, che sembra stia
evaporando.
"Ho
cercato per anni qualcuno che potesse prendere il mio posto..."
"L...Light
diventerà uno shinigami?"
Ryuk
sghignazza, come al suo solito. "Una volta che un umano scrive il
proprio
nome sul death note, se lo fa con assoluta consapevolezza delle sue
azioni, può
diventare uno shinigami, sì. Mi chiedo che aspetto
sceglierà". Mi fa cenno
verso il castano, e mi rendo conto che anche il suo corpo sta via via
diventando più evanescente...
"Sembra
che non resterà nulla del suo corpo qui; interessante, ci
sono buone possibilità
che tu lo riveda col suo aspetto di sempre..."
"Cosa
vuoi dire?" Chiedo curioso
osservando con malinconia il corpo del mio rivale ormai quasi del tutto
scomparso.
"Uno
shinigami sceglie il proprio aspetto al momento della sua rinascita. Ho
deciso
io questo, anche se non ricordo propriamente il perché,
tradotto nel vostro
tempo, posso dire che sono passati secoli. Un'altra cosa, il quaderno
che é in
questo mondo era il mio, esso diverrà proprietà
del nuovo shinigami, quando
questi ne verrà in contatto".
"Quindi
Yagami continuerà ad uccidere come se nulla fosse, o ci sono
delle restrizioni
per voi?"
Ma
Ryuk non parla più, nel corpo ridotto ormai a meno che uno
spirito mi dice.
"Sicuro di volerlo sapere? Non sarebbe più divertente
scoprirlo? Sono
sicuro che sarà... un vero spasso..." E con queste ultime
parole, lo
shinigami svanisce del tutto.
E
ora io cosa faccio qui?
Devo
dire che Kira é scappato o che é diventato un dio
della morte?
La
prima non é un ipotesi fattibile e la seconda sembra detta
da un suo seguace.
Guardo
sul letto, vi é una piuma, accanto ad una collana.
Apro
il ciondolo, all'interno vi é una foto ritraente me, Light e
Misa. La metto in
tasca, assieme alla piuma, con un sorriso sulle labbra.
Light,
ti tornerò indietro quest'oggetto, quando ci rivedremo.
Angolo
dell’autrice
Ed ecco qui
il penultimo capitolo, almeno credo ahahah.
Ad essere
sincera, mi ritrovo nuovamente senza parole, sono molto titubante
all’idea d’aggiornare,
ma più rivedo questa parte della storia, più
credo che debba andare così.
Il fatto
che un uomo possa o no diventare uno shinigami in questo modo
è solo frutto
della mia mente contorta.
Spero che
questo capitolo vi sia piaciuto, alla prossima!
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Capitolo 17 *** Riconciliazione ***
Riconciliazione
Ed eccomi qui, disteso nell'oblio, ancora una volta nel nero più assoluto, non esisto di nuovo, sono solo un'anima in pena.
Sorrido, o almeno mi sembra di farlo, stavolta ho avuto la possibilità d'essere me stesso.
Kira dorme dentro di me, c'é e non se ne andrà mai, ma ho imparato a gestirlo; ormai nel nulla vi é solo Light Yagami, un ragazzo, ma non come tanti altri.
Non importa quanto tu sia dotato, da solo non potrai mai cambiare il mondo.*1
"Sai L, hai sempre avuto ragione..." mi ritrovo a sussurrare chiudendo gli occhi serenamente.
"E bravo Light, a quanto pare hai imparato la lezione..."
Apro gli occhi di colpo, come se giovasse a qualcosa, non posso vedere
Ryuk, ma ne avverto la presenza.
"Ancora qui?" Chiedo stringendo i pugni e voltando la testa.
"Light, ne ho sentito tante di storie su Death Note caduti nel mondo degli umani, ma tu sei stato uno dei pochi che ne ha saputo affrontarne il potere". Nell'infinità di questo buio sconfinato*2 sento qualcosa di estremamente fragile avvolgermi il polso.
Non ho mai toccato Ryuk, questo é il primo contatto fisico che ho con lui, lo trovo strano e incredibilmente ingiusto, lo definirei quasi contro natura.
La sua stretta é debole, ne sento ogni singolo osso sulla pelle, ogni minima imperfezione o escoriazione.
"Light, io sono stato il primo umano a diventare uno shinigami". Vorrei vederne il volto, ma non ci riesco.
"Cos'é Ryuk, hai voglia di parlare oggi e non c'é nessuno nel mondo degli shinigami a cui vada d'ascoltarti?"
Lo sento ridacchiare e la sua risata si espande nello spazio attorno a me, ne sento l'eco, ma anche ogni sfaccettatura e ogni inclinazione. Quella risata non é da Ryuk, é troppo amara, troppo malinconica.
"Ascoltami Light, non ci può essere un death note senza proprietario. Umano o Shinigami, temporaneo o definitivo, non ha importanza, un possessore ci deve essere e vorrei che fossi tu a prenderti cura del mio quaderno".
Sto in silenzio, non capendo a pieno le parole di Ryuk.
"Sto per morire Light, anzi, il fatto che io sia qui significa che già lo sono".
"Perché?"
"Perché l'ho deciso io Light. Mi sono divertito, é stato uno spasso scacciare assieme la noia reciproca, ma Light, io non ho più nulla per cui vivere, sono bloccato in un limbo, ed ogni giorno é una tortura. Ora voglio andare avanti, chissà cos'altro riserva la vita dopo la morte ad uno Shinigami".
"E perché sei venuto da me? Il death note ha Hikari come proprietaria. Non sarà un problema..."
"Fammi finire di parlare Light, non può esistere un death note senza possessore, così come non può esistere uno shinigami senza un quaderno della morte"
Deglutisco, mentre un fremito mi scorre lungo la colonna vertebrale.
"Non ho mai voluto diventare un dio della morte, Ryuk, io volevo utilizzare il quaderno da umano per gli umani, almeno all'inizio..."
"Ma questa scelta non spetta a te Light, hai inciso il tuo fato scrivendo il tuo nome sul death note consapevolmente".
Annuisco, cominciando a vedere una luce farsi spazio tra questa fitta oscurità.
"Quindi Light, promettimi che ti prenderai cura del mio quaderno".
Ho prestato un giuramento.*3
"Sì".
Mi alzo, cominciando a camminare verso quello spiraglio.
"Ci rivedremo Ryuk?"
"No, Light, non credo, ma mai dire mai, il destino gioca brutti scherzi".
La voce di Ryuk si dissolve, ed una nuova figura comincia a farsi spazio in questo luogo.
I capelli morbidi e sinuosi, i bei lineamenti delicati, il castano di quei occhi sinceri.
"Mi hai aspettato Misa?"
La ragazza mi sorride, tendendo una mano verso di me e spalancando le sue ali bianche.
"Misa-Misa non sarebbe andata da nessuna parte senza il suo Light".
Le sorrido, forse il primo sorriso sincero che le rivolgo in tutta la mia vita, aprendo a mia volta le ali e intrecciando le mie dita alle sue.
Bianco e Nero, Dea e Dio.
Finalmente L c'era riuscito.
Seguendo il suo ragionamento, e alcuni indizi disseminati dalla sbadataggine della donna, era riuscito ad arrestarla, e ora Hikari Amane era chiusa in una cella e lui, beh, a lui restava il death note, che osservava da ore sulla scrivania, ne era entrato in possesso al momento della cattura della ragazza.
"E ora cosa farai L?" Chiese Near ponendo l'ultima tessera del puzzle al suo posto.
L si voltò, mangiucchiando una ciambella con lo zucchero. "Non lo immagini Nate? Rivoglio il mio posto".
L'albino annuì. "E cosa farò io?"
L si sbilanciò sulla sedia, riuscendo comunque a rimanere in perfetto equilibrio.
"Da quello che ho potuto vedere in queste tre settimane..." il detective lo guardò attentamente, come a studiarlo, ma in vero già sapeva cosa dire.
"Hai assolutamente bisogno d’imparare a relazionarti con gli altri e ad essere più autonomo, ragion per cui, andrai a studiare all'università".
Nate si sentì attraversare da un fremito, ma non lo diede a vedere e cominciò a costruire una miniatura della torre Eiffel. “Non vedo perché dovrei farlo, ho venticinque lauree, al massimo sono io che dovrei insegnare qualcosa hai professori”. Rispose senza alcuna tonalità nella voce.
Il detective annuì, continuando a mangiare, per poi riprendere la conversazione. “Sì, ma il fatto che tre anni fa tu ti sia dovuto far accompagnare in Giappone, facendo scomodare un’agente dalla sua postazione per venire a prenderti, svaluta il tuo operato. Quindi farai come ti dico e una volta che io sarò andato in pensione, o verrò eliminato tu prenderai il mio posto”.
“All’epoca non mi era mai capitato di dover fare le procedure d’imbarco ora…”
“E’un ordine N, l’agente J provvederà alla scelta dell’università e tu la frequenterai da normale studente”.
La situazione nella stanza si era alleggerita di molto, ma quando lo sguardo di L si posò per l’ennesima volta su quel maledetto quaderno nero, la benché minima traccia d’ilarità si dissolse.
“Lo hai toccato?” Chiese l’albino.
L scosse la testa, appoggiando le dita affusolate lungo il ripiano della liscia scrivania, avvicinandole piano al quaderno, con lentezza studiata, preparandosi alla visione che da lì a poco gli si sarebbe presentata.
Chiuse gli occhi quando la sua mano incontrò la carta ruvida del quaderno, per poi riaprirli lentamente; il riflesso di Light si intravedeva appena sullo schermo del pc, ed L si voltò verso il suo rivale, studiandolo ancora una volta.
“Ciao L”. Disse Light sorridendo.
Il detective lo guardò, inespressivo, per poi osservare il braccio destro di Light che sembrava volesse cingere l’aria, rimanendo un po’ perplesso.
“C’è Misa con te?”
L ricevette una botta in testa, da un oggetto non identificato e il secondo shinigami gli apparve come per magia davanti agli occhi.
“Ehi Misa-Misa, sai che come shinigami non sei niente male…”
Misa rabbrividì a quelle parole e si strinse di più a Light, quest’ultimo si lasciò scappare un sorriso.
“Cos’hai intenzione di fare adesso Light?” Chiese tornando serio.
Il castano scrollò le spalle. “Dipende da quello che vuoi fare tu con il quaderno, sei il proprietario, per ora, anche se preferirei che tu me lo tornassi indietro, sai, ho promesso ad un amico d’averne cura”.
“Niente più Kira?” Chiese ancora L.
“Niente più Kira”. Rispose Light.
Nate, intanto, che si era alzato per toccare il quaderno, venne fermato da Ryuzaki, che spostò l’oggetto staccandone un pezzetto, per poi consegnarlo a Light.
“Tieni”.
Light prese il quaderno e osservò il suo unico nemico e rivale.
“Ci terremo in contatto?”
L annuì. “Non si sa mai, potrei avere bisogno di una mano per risolvere qualche caso”.
I due si lanciarono uno sguardo d’intesa.
“Misa, però io ancora non capisco una cosa…” Light si rivolse alla sua compagna, inclinando lievemente la testa.
“Come hai fatto a recuperare la memoria?”
La ragazza sorrise, non mostrando alcun turbamento. “Colpa di Matsui, ha sottratto un pezzetto di quaderno il giorno della tua cattura, Light”. Detto questo si alzò sulle punte dando un bacio al suo shinigami, “non so come abbia fatto, ma credo che gli facessi pena e siccome ha sempre avuto il cuore tenero, mi ha concesso quest’onore”. La ragazza rise nervosamente. “Certo, il fatto che questo mi abbia spinto al suicidio è irrilevante, insomma, ora sto alla grande”.
Near cercò d’avvicinarsi al death note, che ai suoi occhi non faceva altro che stare fermo a mezz’aria, ma che in vero, era in braccio a Light, e non appena quest’ultimo lo vide, alzò il quaderno all’altezza della propria spalla, facendo sbuffare il nano col risultato di scatenare l’ilarità di Misa.
L vide per la prima volta, apparire sul volto di Light, una chiara espressione d’astio nei confronti del suo successore, e si trattenne dal ridere.
“Yagami”. Disse il detective prendendo il ciondolo dalla tasca. “Questo è tuo”.
Ma Light scosse la testa, prendendo la collana per poi farla indossare a Misa.
“E’ sua”.
Near, sempre più seccato da questo scambio di battute, sospirò, andandosi a sedere in un angolino della stanza.
“Forse avrei dovuto fargli toccare il quaderno”, disse L porgendo la mano a Light.
“E’ la fine?”.
Il castano fissò la mano dell’uomo, per poi stringerla.
“Sì, è la fine”.
Angolo dell’autrice
Ed ecco la fine de “La rinascita di un Dio”.
Ringrazio di cuore tutti coloro che mi hanno seguito fino a questo punto, le vostre recensioni sono state davvero d’aiuto.
Non credevo sarei riuscita a dare un finale così lieto a questa storia, eppure eccomi qui…
Cosa posso dire?
Ringrazio ancora Matt_Kun, Scintilla19, anonima K Fowl, Babykit87l, Ness, Myaku-chan,FlyerMind_, Alpha_Omega, Clalla97 e ultima ma non meno importante Pan17, la quale mi ha fatto un disegno riguardante l’incontro tra Misa e Light che posterò qui di seguito. (Se le mie ben scarse conoscenze informatiche me lo permettano)
Ringrazio inoltre tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite, ricordate o seguite.
*1 citazione del film L change the world
*2 *3 citazione della prima opening di Death Note The World: Nightmear
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