Storie per un anno

di Sunny_Blue
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Indice ***
Capitolo 2: *** Una macabra ricorrenza ***
Capitolo 3: *** Chi ha paura della casa infestata? ***
Capitolo 4: *** Senza famiglia ***
Capitolo 5: *** Affinità elettive e coniglietti assassini ***
Capitolo 6: *** Una proposta per dire di... no! ***
Capitolo 7: *** Lacrime di pioggia ***
Capitolo 8: *** La principessa reclusa ***
Capitolo 9: *** La promessa del domani ***
Capitolo 10: *** Happy Birthday, Mr. Weasley ***
Capitolo 11: *** Frammenti di una vita fa ***
Capitolo 12: *** L'innocenza del condannato ***
Capitolo 13: *** Colpa del whisky ***
Capitolo 14: *** Il destino nel nome ***



Capitolo 1
*** Indice ***


Indice


Salve a tutti e a tutte, accaniti lettori harrypotteriani!
Ho deciso di riunire in un'unica raccolta (il titolo "Storie per un anno" è di pirandelliana memoria) le storie che scriverò da qui a ottobre 2012
per il 12 Mesi di Fanfiction di BS.

La challenge prevede che ogni mese scriviamo una storia su un prompt (parola, immagine, citazione) che la giudiciA ci darà di volta in volta.
Ogni partecipante sceglie il suo giorno, in cui postare la storia.
Teoricamente, quindi, la raccolta verrà aggiornata una sola volta al mese.
Dico teoricamente, perchè già per il primo mese, novembre, ho scritto 2 storie, quindi duplice aggiornamento.
Il giorno di pubblicazione dovrebbe essere sempre il 9... ma anche qui, sono possibili cambiamenti in corso d'opera (per esempio se qualcuno mi ruba tale giorno... :)

Penso di avervi dato tutte le spiegazioni tecniche del caso! ^^

Spero che mi seguirete in questa avventura a lungo termine, per tenermi compagnia con i vostri commenti, ma anche per incitarmi ad andare fino in fondo.
Si sa, a volte l'ispirazione viene meno sulla lunga distanza...
Ma con voi come compagne di viaggio il rischio di perdermi tra i mesi dovrebbe essere scongiurato!!

Buona lettura a tutti!! ^^


p.s. Ringrazio Beatriz Aldaya per l'idea di questo indice! ^^








Indice


Tema del mese
- Titolo della storia - Personaggi - Rating

1) Halloween - Una macabra ricorrenza - Barone Sanguinario, Helena Corvonero - giallo


2) Halloween - Chi ha paura della casa infestata? - Rose & Hugo Weasley, Lily Luna & Albus Severus Potter, Ron & Hermione - verde


3) Natale - Senza famiglia - Tom Riddle; Harry Potter - verde


4) "Ho visto tante persone che se ne andavano."
"E mai nessuno è tornato indietro?"
-
Affinità elettive e coniglietti assassini -
Draco Malfoy, Harry Potter - giallo


5) Dichiarazione non a lieto fine - Una proposta per dire di... no! - Argus Gazza, Mrs Purr, Madama Pince - verde


6) In un giorno di pioggia - Lacrime di pioggia - Andromeda Black, Ted Tonks, Teddy Lupin - giallo


7) Potranno tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno mai la primavera [Neruda]
La principessa reclusa - Astoria Greengrass, Narcissa Malfoy, Nuovo personaggio - verde


8) Incontro - La promessa del domani - Severus Piton, Lily Evans - verde


9) Compleanno - Happy birthday, Mr. Weasley - Bill Weasley, Fleur Delacour - verde


10) "Questo caldo mi sta sciogliendo il cervello" - Frammenti di una vita fa - Bellatrix Lestrange - giallo

 
11) Ho sempre ammirato le persone che parlano con gli occhi perché mi paiono più svelte a capire il mondo [Chabon] -
L'innocenza del condannato - Sirius Black - giallo



12) "Non ho voglia di pensare al futuro. Non potremmo semplicemente goderci il presente?" - Colpa del whisky - Draco Malfoy, Nuovo personaggio - verde



13) Kiss the rain (song)Il destino nel nomeScorpius Malfoy - giallo

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Capitolo 2
*** Una macabra ricorrenza ***


Una macabra ricorrenza

Ho scritto la storie per il 12 Mesi di Fanfiction
Prompt di novembre: Halloween



Personaggi: Barone Sanguinario, Dama Grigia
Rating: giallo
Genere: drammatico


Introduzione:
Ogni anno, la notte di Halloween, lei porta una rosa bianca sul luogo della sua morte. Ogni anno, lui l'aspetta lì, con una rosa scarlatta in mano e un'eterna promessa d'amore.


NdA: Ho immaginato che il Barone abbia ucciso Helena, tanti anni addietro, proprio la notte di Halloween. La storia originale dice che Cosetta Corvonero mandò il Barone a cercare la figlia per riportarla a casa, dopo che lei le aveva rubato il diadema. Lui la trovò, ma la ragazza non volle seguirlo, allora la uccise. Io ho inventato una variante. Lui la uccide dopo l'ennesimo rifiuto – che poi, in un certo modo, è anche vero – ma all'interno del castello.

Il nome del Barone – Philippe LeGrande – è una mia invenzione.




Una macabra ricorrenza


Era la notte di Halloween.
Quella sera si sarebbe tenuto un banchetto speciale, per allietare gli studenti.
Le decorazioni già rilucevano nel buio – zucche intagliate, ragnatele argentee, cespugli sinistri.
Ma il castello di Hogwarts era silenzioso, a quell'ora del mattino.
Tutti riposavano, aspettando il giorno della festa.


Il Barone avanzava lentamente nel corridoio buio, verso l'annuale appuntamento.
In mano stringeva una rosa scarlatta.
Mancavano solo pochi minuti all'ora e sapeva che lei stava per arrivare.
La sua Signora.
La Dama Grigia.
Helena.


Una pendola suonò l'ora.
Non si era ancora spento il terzo rintocco, che una figura di donna comparve a sua volta nel corridoio. Aveva l'aria triste e lo sguardo lontano, una rosa candida tra le mani.
Quando vide di non essere sola in quel luogo non si mostrò sorpresa.
Si mosse piano verso una pietra commemorativa incastonata nel pavimento scuro. Posò con dolcezza il fiore.
L'ombra di un antico sorriso passò sul suo volto, dando splendore ai suoi lineamenti.
Ma fu solo un attimo.
Quando si rivolse allo spettro dell'uomo, che la osservava bevendo ogni suo movimento, nei suoi occhi ogni scintilla di vita era di nuovo sopita.

Non vi siete ancora stancato, Barone? Siamo vecchi per certi giochetti.”
La voce di lei era bassa, come se venisse da una grandissima distanza.
Lui scosse piano la testa: “Mai.”
Una sola parola per dire tutto.


Erano passati molti anni da quella notte, ma ogni 31 ottobre entrambi si ritrovavano in quel luogo, come rispondendo a un macabro richiamo...


* * * * * * * * * * *

Philippe LeGrande, il giovane uomo che sarebbe diventato il Barone Sanguinario, aveva riportato Helena Corvonero ad Hogwarts, secondo il desiderio della madre morente di lei.
La ragazza non si era dimostrata grata di una simile cortesia.
Dopo avere visto morire Cosetta, si era rivolta a Philippe con il suo solito tono altezzoso e ironico:

Credete che vi sposerò per questo?” Ed era scoppiata a ridere, senza attendere una risposta, senza allegria.

Helena era così.
Già mille volte in passato aveva rifiutato le profferte amorose del giovane uomo, nonostante la madre approvasse e lui fosse un ottimo partito.
Il Barone era uso a quel rituale, alla scortesia di lei, al suo freddo disprezzo, ma quella notte qualcosa era scattato dentro di lui.
Irato per l'ennesima beffa della sua bella, reso pazzo dal pensiero di non riuscire mai ad averla, aveva tirato fuori un pugnale da sotto la veste e l'aveva colpita a morte.
Helena era caduta a terra senza un lamento, il viso contratto in un'espressione stupita.

Il sangue rosso sulle mani bianche aveva riportato Philippe in sé quasi più del corpo di Helena riverso a terra, senza vita.
Improvvisamente consapevole del peccato commesso, si era tolto la vita con la stessa arma usata poco prima.
Non aveva senso vivere se l'oggetto della sua venerazione non era più di questa terra.

* * * * * * * * * * * * * *


Era successo proprio lì, in un corridoio silenzioso nei sotterranei del castello.
Era stata posta una pietra in marmo chiaro sul luogo del misfatto, per ricordare ai posteri il tragico amore del Barone Sanguinario per Helena Corvonero.


Ogni anno, nell'ora che era stata la sua ultima, la Dama Grigia scendeva nelle segrete, per deporre un fiore candido nel luogo che era stato la sua tomba.
Ogni anno, nell'ora che aveva preceduto di poco la sua ultima, il Barone l'aspettava lì, per offrirle un fiore rosso come la passione in segno di pace, e implorare il suo perdono.
Ma Helena si era dimostrata testarda e altezzosa in morte quanto lo era stata in vita, e non aveva ancora ceduto alle disperate richieste di lui.


"Ce l'avete ancora per me per quella vecchia storia, madama Helena?" Chiese lui, scrutando il viso impassibile del suo passato amore.
"Per avermi pugnalata a morte?" Rispose lei, senza inflessione alcuna nella voce.
"Per essermi innamorato di voi", la lapidaria replica.
"Può definirsi amore quello che uccide l'oggetto del proprio desiderio, non accettandone il rifiuto?"
"Può definirsi amore quello che brucia a tal punto da sacrificare sé stesso!"

I due spettri si fronteggiarono in silenzio per un lungo momento.
Alla fine la Dama Grigia chinò il capo, e con un "Barone" pronunciato a mezza voce, mise fine alla conversazione e si congedò da lui.


Il fantasma dell'uomo restò indietro, da solo.
Si mosse per posare la rosa rossa sopra a quella bianca, lasciata poco prima da Helena.
Nemmeno quella sarebbe stata la notte della tanto agognata riconciliazione – pensò tra sé, mentre si avviava fluttuando nella direzione opposta a quella dove era appena sparita lei.


Ma prima o dopo arriverà il momento.
Un'intera eternità di 31 ottobre ci attende.

Con quel pensiero lievemente confortante a lenire il dolore dell'ennesimo rifiuto, il Barone si predispose ad aspettare pazientemente un altro anno.

* * * * * *

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Capitolo 3
*** Chi ha paura della casa infestata? ***


2. Chi ha paura della casa infestata?

Ho scritto la storia per il 12 Mesi di Fanfiction
Il prompt di novembre è Halloween





Personaggi: Rose e Hugo Weasley, Lily Luna Potter e Albus Severus Potter; Ron & Hermione.
Rating: Verde
Genere: Commedia

Introduzione: La notte di Halloween quattro bambini si raccontano storie di paura al sicuro dentro casa. Ma la vicenda del cavaliere senza testa, iniziata da Hugo, non è destinata ad arrivare alla conclusione... Rose, infatti, ha in mente qualcosa per movimentare la serata...


NdA: E' la prima volta in assoluto che scrivo sulla Nuova Generazione (se si esclude "Il Diplomato", ma lì la cosa era mista), non tanto perchè sia ostile ai giovani, ma perchè di solito preferisco altri personaggi. 
Ho voluto fare un tentativo - novembre deve essere stato il mese del "ma sì, dai, proviamo cose nuove!" 

Che dire, una cosa buona questo mese l'ho già scritta, quindi diciamo che questa è quella che se non piacerà pazienza! ^^
Ho immaginato che la famiglia Weasley viva nella campagna inglese, più o meno l'ambiente della Tana.




Chi ha paura della casa infestata?


Era la notte di Halloween.
A casa Weasley, quattro bambini stavano seduti al buio, sotto una tenda improvvisata con le lenzuola tolte dai letti.
L'atmosfera era febbrilmente eccitata.
Hugo prese in mano la torcia, unica fonte di luce, e iniziò a parlare. Era giunto il suo turno di raccontare una storia di paura.
Lily e Albus si concentrano sul ragazzino lentigginoso, ma la mente di Rose era lontana.
Per quanto spaventose potessero essere le loro storie, si trattava comunque di invenzioni di fantasia.
I brividi percorrevano le schiene, i respiri si mozzavano al momento culminante del racconto, ma per quanto realistiche potessero essere quelle emozioni, tutti sapevano benissimo che in realtà erano al sicuro, dentro casa, e che niente di niente poteva capitare loro.
La bambina scosse la testa, spazientita.
A soli 9 anni, era già tremendamente desiderosa di avventure e di brividi veri.

"Il cavaliere percorreva la brughiera, il suono degli zoccoli della sua cavalcatura rimbombava nel buio..."
Il fratellino andava avanti col racconto, la voce bassa e spettrale.


"E se invece di raccontare solo storie di mostri e fantasmi, non andassimo a cercarli?" Rose con la sua domanda ruppe l'incantesimo della cavalcata spettrale del barone senza testa.
"Roseeee", la rimproverò Hugo, "mi stai interrompendo."
"Scusami", buttò là velocemente lei, per niente pentita.
Il bambino si ricompose in un attimo e iniziò di nuovo a raccontare.

"Il cavaliere percorreva la brughiera..."

"Cosa dicevi, Rose?" Fu Albus a bloccare l'avanzata dello sventurato cavaliere, questa volta.
Hugo si arrese all'evidenza, quella storia era proprio nata sotto una cattiva stella.
La ragazzina prese a illustrare l'idea che le era balenata in mente...
"Qui vicino c'è una casa...", pausa ad effetto per conquistare l'attenzione generale, ma ormai l'intero gruppo era avvinto indissolubilmente alle sue parole, "una casa disabitata."
Le sopracciglia di Lily saettarono verso l'alto. Traduzione: E allora?
"La gente del villaggio, però, dice di avere sentito rumori strani provenire da lì, come se ci fosse qualcuno..."
"Ma non hai appena detto che è disabitata?" La cugina più piccola era nota per ragionamenti deduttivi di quel tipo.
"Nessuno di umano ci vive, sì. Ma pare che sia infestata dai fantasmi..."
Un brivido percorse la schiena dei tre ascoltatori.
Albus ruppe il silenzio: "Sono solo storie."
"Perché non andare a controllare, allora?"
La proposta rimase lì, sospesa tra loro, come una voluta di fumo che esce dal camino.
Tre paia di occhi erano fissi in quelli azzurri di Rose, tre visi incuriositi e timorosi allo stesso tempo la scrutavano.
"Mamma e papà ci hanno proibito di andare...", provò a protestare timidamente Hugo.
La sorella lo fulminò con lo sguardo.
Era tipico del fratellino tirare fuori i divieti dei più grandi, quando non era convinto di fare qualcosa.
"Nessuno lo verrà a sapere", tagliò corto lei.
Spostò lo sguardo dall'uno all'altro, cercando sul loro volto una conferma o un diniego.
Alla fine fu Albus a spezzare per primo il silenzio.
"Io ci sto." Certo non poteva tirarsi indietro o dimostrarsi da meno della cugina, di qualche mese più piccola di lui e femmina per giunta.*
"Anche io", disse Lily, per non essere da meno del fratello.
Hugo non disse niente, si limitò ad annuire rassegnato.


Rose aprì piano la porta della loro stanza. Mise la testa rosso vivo fuori per controllare che il passaggio fosse libero. Nessuna luce né rumore proveniva dalla stanza dei genitori, lì accanto. Evidentemente stavano già dormendo.
La bambina fece segno alla sua piccola squadra di esploratori di venire avanti, cercando di non fare rumore. Raggiunsero il piano terra con relativa facilità.
Il gatto Feelix li osservò passare dalla sua postazione sul divano, ma non fece commenti di sorta.


La notte era fredda all'esterno. Il cielo era sereno, trapuntato di stelle.
Le zucche di Halloween che i quattro si erano divertiti ad intagliare nel pomeriggio, formavano una buffa fila sulla veranda. La candela magica all'interno di ciascuna continuava a brillare, nonostante la brezza fredda che soffiava da ore.
Rose guidò il gruppo oltre il cancelletto del loro giardino, sul sentiero in terra battuta che portava verso la campagna aperta.
Nessuno parlava.
Il silenzio era opprimente intorno a loro, neppure una civetta solitaria faceva risuonare il suo richiamo in quella notte di fine ottobre.
Dopo alcuni minuti di camminata, oltre un piccolo gruppetto di alberi che si erano trovati ad attraversare, la casa sospetta comparve davanti a loro. Spiccava dall'alto di una collinetta sulla desolazione circostante. Era abbastanza vecchia, poco curata, e sembrava del tutto vuota.
"Eccola lì." Rose sentì il bisogno di spezzare l'immobilità e l'assenza di suoni, anche solo per rimarcare l'ovvio.
Cenni di assenso, nessuna risposta.
Il drappello proseguì la marcia.
Arrivati sotto la veranda consunta, si fermarono di nuovo.
"Sei proprio sicura che sia una buona idea? Possiamo ancora tornare indietro...", provò a farsi sentire di nuovo Hugo.
Un'altra occhiataccia della sorella lo fece tacere.
Rose si era già voltata verso la casa e, saliti di slancio i due gradini, si fermò un momento prima di afferrare la vecchia maniglia con mano ferma e girarla. Quando sentì la serratura scattare, spinse. Con un cigolio sinistro, la porta iniziò a muoversi, lasciando un varco buio per il loro passaggio.
La ragazzina non permise alla paura o al dubbio di impossessarsi di lei.
Alzò la testa e fece un passo verso l'ignoto.

Non si vedeva niente.
Accese la torcia che provvidenzialmente si era portata dietro. La luce, però, illuminava solo un piccolo cono intorno a lei, oltre quella linea sottile l'oscurità era fitta.
Per quanto un groppo senza nome le fosse salito in gola nel mettere piede in quell'ambiente estraneo, non poteva certo mostrarsi spaventata davanti ad Al.
"Dai venite!" si rivolse al suo piccolo seguito, che ancora indugiava sulla soglia. "Non c'è niente di cui avere paura."
I cugini e il fratello si fecero avanti, attratti dalle sua parole, quando capirono che per il momento non c'era niente da temere.
Entrarono comunque nella casa in punta di piedi. Le si fecero più vicini, con passo malcerto.
Rose si puntò la torcia sotto il viso, illuminandosi e facendo una smorfia.
"Buuuuu. Ci sono i fantasmi."
E scoppiò a ridere. Quel suono riscosse anche i due cugini, che sciolsero un po' della tensione, abbozzando un sorriso.
Hugo restava il meno convinto di tutti. Non gli piaceva proprio trovarsi lì.
"Oh avanti Hugo!", lo rimbeccò Lily vedendo la sua espressione, "Non c'è niente di cui avere paura."


Aveva appena finito di pronunciare la frase, che un fruscio improvviso li fece sobbalzare tutti.


"Cos'è stato?" chiese Al, tremante.
"Il... vento?" provò a ipotizzare Rose cercando di mantenere la calma. Era una ragazzina coraggiosa, non si sarebbe certo fatta spaventare da un nonnulla come quello.
Ma nonostante tutto, anche lei aveva la schiena percorsa da un brivido freddo.
Puntò la torcia intorno, illuminando arredi tarmati e finestre sbarrate dalle imposte.
Poteva filtrare l'aria da quelle persiane apparentemente serrate?
Prima di trovare una spiegazione razionale al movimento di poco prima, uno scricchiolio sordo arrivò dalle scale in legno.
I quattro alzarono gli occhi verso il pianerottolo, giusto in tempo per vedere due figure sfocate prendere forma dal buio.
Scapparono a gambe levate.
Sulla porta si spintonarono, per essere i primi a lasciare quella casa maledetta.
I genitori avevano ragione, c'era davvero qualche presenza lì.

* * * *


Le due figure velate si fermarono sul pianerottolo.
"Ahahahahah."
La risata proveniente da una delle due ruppe il silenzio irreale della casa. Due mani pallide si spostarono verso l'altro... e tirarono giù il cappuccio rivelando una testa rosso fuoco.
Al fianco dell'uomo, una donna dai capelli ricci e castani apparve da sotto l'altra tunica chiara.
"Direi che per qualche tempo non dimenticheranno la lezione, che dici?" chiese l'uomo.
"Non credo che basti così poco per scoraggiare nostra figlia...", rispose lei.
Ron Weasley attirò a sé la moglie, stringendola tra le braccia.
"Sei sempre un asso, con i trucchi ad effetto..." Le posò un bacio lieve sulla fronte. "Quasi quasi ci ho creduto anche io ai fantasmi, quando hai fatto muovere la tenda."
Hermione sorrise.
"Conservare qualche paio di Orecchie Oblunghe di scorta si è rivelata un'ottima mossa. Non avremmo mai saputo del piano di Rose, altrimenti."
L'uomo strinse ancora di più la moglie al petto, ma uno strano fruscio lo fece sobbalzare.
"L'ho ammesso, sei brava, ma adesso puoi anche smetterla, eh? I bambini sono già scappati a casa."
La donna lo fissò con occhi vigili, scuotendo la testa.
"Io non ho fatto proprio niente."
I due si fissarono per un secondo, prima di affrettarsi anche loro verso la porta di ingresso.
Chissà che le storie raccontate per spaventare i più piccoli non nascondessero in fondo un pizzico di verità - pensarono mentre si chiudevano la porta della strana dimora alle spalle e si smaterializzavano dentro casa propria.
Quella era la notte delle streghe, la notte di Halloween... meglio non disturbare gli spiriti con presenze umane non gradite!

* * * * * * * * *


* Non so se Albus sia effettivamente nato prima o dopo a Rose. Mi sono presa questa piccola licenza poetica, perché secondo me era meglio per la storia! ^^

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Capitolo 4
*** Senza famiglia ***


3) Senza famiglia
Ho scritto la storia per il 12 Mesi di Fanfiction
Il prompt di dicembre è Natale


Personaggi: Tom Riddle; Harry Potter
Rating: verde
Genere: introspettivo, malinconico


Introduzione:  Il Natale è il momento per le famiglie di riunirsi, di stare insieme. Tutti sono più buoni, tutti sono felici. Tutti...
Se non hai nessuno al mondo che si curi di te, Natale è solo un numero in rosso sul calendario. Natale è solo un nome. Natale è un giorno come gli altri.


NdA:  Il personaggio di Tom Riddle sta diventando uno dei miei preferiti. Mi piace soprattutto dipingere la sua infanzia, il periodo dell'orfanotrofio. Penso che sia stimolante per una writer indagare il bambino e il ragazzino che era prima di Hogwarts e di diventare Lord Voldemort.
Harry, invece, non lo avevo mai usato. Di solito non mi piace come viene fuori nelle ff e non mi ispira (è così troppo buono!!). Ma l'idea di abbinare loro due alla stessa età (volevo sottolinearlo, così capite il perché delle date), di contrapporre questi due momenti, mi è venuta subito, per cui ho voluto fare un tentativo.

In realtà, rileggendola a distanza di quasi un mese, non mi sembra più buona e convincente come quando l'ho scritta, ma ormai non ho tempo di inventarmi qualcos'altro, quindi... vi toccherà leggere questa. ^^



Senza famiglia

Londra, 1934


La neve cadeva fitta sulle strade grigie di Londra, coprendo con una coltre bianca e morbida ogni angolo, ogni viale.
In giro non si vedeva anima viva.
Solo un ragazzino smilzo e cencioso avanzava per il viale silenzioso, come uno spettro.
Avrà avuto sì e no otto anni e la sua presenza scura stonava in mezzo a tanta candida purezza.
Tom Riddle quel giorno era uscito di nascosto dall'orfanotrofio, senza che nessuno facesse caso a lui.
Era bravo a passare inosservato.
Non aveva nessuna voglia di stare con gli altri.
Lo squallido pranzo, festivo solo di nome.
I regali ammaccati, gesto nobile di qualche ricco che così facendo pensava di guadagnarsi il suo posto in Paradiso.
I canti stonati dei bambini.
Tutto ciò gli dava la nausea.

Tom Riddle non credeva nel Natale (in realtà non credeva in niente se non in sé stesso),
quel giorno non aveva per lui alcun significato particolare.

Se non hai nessuno che si preoccupa per te, tutto quello che vuoi è che arrivi in fretta il 26 dicembre.
Era uscito per non prendere parte a quella pantomima di celebrazione.
Per non dover fingere che ci fosse, per loro, qualcosa da festeggiare.
Mentre camminava per le strade bianche di Londra, una finestra illuminata attirò il suo sguardo corrucciato.
Si avvicinò senza fare rumore.
Come un folletto si arrampicò sul cordolo del davanzale, per poter spiare dentro.
La stanza era addobbata a festa.
Il pranzo sulla tavola era sontuoso e aspettava di venire consumato.
Intorno all'albero la famiglia si scambiava i regali.
Una bambinetta poco più piccola di lui sorrideva beata alla sua nuova bambola.
Tom pensò che quello sarebbe potuto essere il suo presente, se quella sciocca di sua madre non fosse stata così debole da morire.
Avrebbe voluto scartare pacchi colorati e cibarsi di pietanza gustose?
Per un attimo quel pensiero gli sfiorò la mente...
Un altro lui, diverso, meno isolato...
Una famiglia...
Amore...
Tom con un balzo riguadagnò il giardino.

Non ho bisogno di una famiglia, di qualcuno vicino. Sono io tutto quello di cui ho bisogno.”
Prese un sasso tra le mani e lo scagliò con tutte le sue forze contro il vetro della finestra, che andò in frantumi.
Quando la testa bionda di un uomo si affacciò per cercare il colpevole, il ragazzino non era altro che una macchia grigia indistinta in lontananza.


* * * * * * * * * * * * * *





Little Whinging, 1988

Un ragazzino con i capelli neri spettinati aprì gli occhi, cercando a tentoni con la mano gli occhiali tenuti insieme con lo scotch, per poter distinguere le forme in quella penombra avvolgente.
Travi tarmate e ragnatele sopra di lui, come ogni mattina.
Ma quel giorno era speciale...
Lo sapeva, ma era solo la sua mente a registrare l'informazione, nessun calore si era diffuso nel suo corpo a quel pensiero, nessuna emozione l'aveva spinto a balzare giù dal letto.
Il 25 dicembre era un giorno come gli altri, per Harry Potter.
Nessun regalo, nessun abbraccio, nessuna attenzione particolare.
Avrebbe dovuto vestirsi nello spazio stretto del suo sottoscala e uscire per affrontare 24 ore uguali in tutto e per tutto alle altre.
Natale non aveva alcun significato, per uno come lui.
Anzi, se possibile, quel giorno era anche peggiore degli altri.
Dudley se la sarebbe presa con il cugino con maggior foga, avrebbe usato Harry come bersaglio di qualche suo nuovo giocattolo (l'anno prima era stata la volta del fucile ad aria compressa).
Nonostante i fatti parlassero da soli, avrebbe sottolineato fino allo sfinimento il fatto che
lui, Dudley, aveva tutto, mentre lui, Harry, non aveva niente.

Non ci sarebbero stati pacchi da scartare per lui, nessuna sorpresa, nessuna gioia.
Solo le occhiatacce dei parenti, i soliti commenti pungenti e le frecciate.


"Ti teniamo con noi per carità cristiana e non ti prendi nemmeno la briga di dire grazie...”
Il cibo che ti diamo, i vestiti, l'istruzione, ricevi regali tutti i santi giorni...”
Se quei buoni a nulla dei tuoi genitori non si fossero schiantati con l'auto non avremmo dovuto accollarci un simile incomodo...”

Già, i suoi genitori.
Mai come quel giorno il pensiero di Harry si appuntava su quelle due figure, lontane e indistinte ai suoi occhi come i personaggi dei film.
Non sapeva che faccia avessero avuto, se fossero stati simpatici o meno.
Non c'era nessuna foto di James e Lily Potter – così si chiamavano “mamma” e “papà” - in casa Dursley; nessun modo per conoscere qualcosa su di loro.
La sola che avrebbe potuto parlare, taceva.
La zia non aveva mai voluto toccare l'argomento con lui, non parlava mai della sorella scomparsa.
Eppure, nonostante fossero alla stregua di due estranei, Harry sapeva che se fossero stati lì, il Natale per lui sarebbe stato diverso...
Immaginava i regali che non aveva mai ricevuto, i dolci che non aveva mai assaggiato.
Immaginava risate e canti, giochi di società e allegria.
Soprattutto, immaginava il calore di una vera famiglia.
Perché era quello che Harry Potter bramava ogni anno, come il più bello dei regali.
Era quello di cui il bambino sentiva la mancanza, nonostante non ne avesse mai avuta una.
Famiglia, amore, calore.
Ogni anno, la mattina di Natale, prima di uscire ad affrontare la dura giornata, Harry chiudeva gli occhi e pregava con tutto il cuore per avere quei tre doni.
Famiglia, amore, calore.
Perché nessuno può desiderare davvero di vivere solo per sempre.


* * * * * * * *


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Capitolo 5
*** Affinità elettive e coniglietti assassini ***


4) Affinità elettive e coniglietti assassini

Ho scritto questa storia per il 12 Mesi di Fanfiction
Il prompt di gennaio è: "Ho visto tante persone che se ne andavano."
"E mai nessuno è tornato indietro?"



Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter
Rating: giallo
Genere:
commedia
Avvertenze:
Slash (solo accennato)


Introduzione: Quando Draco Malfoy riceve il più imprevisto degli inviti a cena la sua curiosità lo porta ad accettare. Si troverà davanti una persona ben diversa da quella che immaginava, ma forse non così diversa da sé stesso...


NdA: Allora... questa storia è un po' delirante, metto le mani avanti in anticipo! ^^
Purtroppo in questo ultimo mese la mia voglia di scrivere si è trasferita alle Hawaii, ma non volevo smettere di partecipare al 12 mesi. L'idea mi è venuta appena ho letto la citazione, e non avendo trovato altro... be' vi tocca leggere questa cosa.
Ho visto che ultimamente è venuta fuori una specie di discussione sullo slash. Non condivido l'avversione di qualcuna per il genere, ma penso non ci sia niente di male a non leggere una storia o a non lasciare un commento. Se avete cose costruttive da dirmi, ovviamente, ben venga!!
Fatte queste precisazioni di rito, spero di essere stata abbastanza IC – o quanto meno credibile. Harry non mi fa impazzire come personaggio, ma adoro Draco quindi... spero che le due cose si compensino e che la storia regga. ^^



Affinità elettive e coniglietti assassini


Mi preparo ad uscire, sistemando gli ultimi dettagli del mio abbigliamento davanti al grande specchio dalla cornice argentea.
Mentre le mie mani si muovono su di me come se avessero vita propria, mi osservo.
Carnagione chiara, capelli biondi spettinati, corpo magro ma tonico. La cosa più sorprendente, gli occhi. Grigi come piombo fuso, freddi come ghiaccio, indiscutibilmente targati Malfoy.
Sorrido compiaciuto al mio riflesso, chiudendo il fermaglio del mantello con un gesto secco. Sono pronto.


Non posso negare che l'invito per questa sera mi abbia colto non poco di sorpresa, cosa tutt'altro che scontata visto che si tratta di me. Non sono certo tipo da rimanere senza parole per cose da poco, io. Ho sempre una risposta pronta, non sono mai impreparato.
Ma questo...
Ancora adesso, mentre esco di casa e mi smaterializzo verso la mia destinazione, non riesco a capacitarmi che sia successo davvero. Non è tanto l'invito ad avermi stupito - non è certo la prima volta che esco a cena con una persona del mio stesso sesso - , quanto colui da cui la richiesta è venuta...
Harry Potter.
Nessuno al mondo mi è mai sembrato più distante, più estraneo. Qualcosa di molto vicino alla mia nemesi, opposti come poli e antipodi.
Nessuno ho mai pensato di detestare di più. San Potter, sempre circondato dai suoi amichetti adoranti. San Potter, sempre impegnato a fare la cosa giusta. San Potter, salvatore del mondo magico.


Fermo davanti ad una serie di casette a schiera scuoto la testa, scacciando la raffica di pensieri dalla mente. Quello è il passato. Le liti, gli insulti, le recriminazioni. Tutto è finito una volta lasciati alle spalle i cancelli di Hogwarts. Non siamo più i ragazzini litigiosi di allora, ci si aspetta che da adulti i nostri screzi si siano trasformati in nulla di più che ricordi infantili.
Dentro non sono poi così convinto che le cose si siano smussate per tutti fino a questo punto, ma non è il caso di stare troppo a pensarci su.
Ora sono un giovane uomo rispettabile - per quanto la mia fama e il mio nome lo consentano, almeno -, non posso permettermi passi falsi di sorta.
Ho un lavoro al Ministero - come consulente esterno, si intende. Nessuno si fida abbastanza di me da volermi nel suo ufficio o nella sua squadra, ma proprio per la mia dubbia lealtà alla causa avermi abbastanza vicino da potermi tenere sott'occhio è stata considerata un'ottima mossa.
Non ho famiglia né amici intorno, ma è la storia della mia vita, essere solo. Ha smesso di avere importanza molto tempo fa.


Non vedevo Potter da tempo. Avevo saputo che la sua carriera come Auror era decollata alla fine della scuola, ma una volta finita la guerra le nostre strade non si erano più incrociate. Per fortuna. Questo fino a oggi.
Mi sono presentato puntualmente all'incontro mensile al Ministero per rendere conto degli investimenti del periodo appena trascorso, pronto a illustrare le mie iniziative e via dicendo. Invece del solito mago dai capelli grigi e dallo sguardo un po' assente, però, mi sono trovato davanti un viso fastidiosamente noto.
Potter non è cambiato molto dall'ultima volta che l'ho visto. Capelli neri incredibilmente spettinati, sguardo penetrante, abiti poco curati. Non è mai stato il re dell'eleganza.
Vederlo lì mi ha spiazzato, ma solo il tempo di un battito di ciglia, poi ho recuperato il mio solito contegno sprezzante.
"Chi si vede", ho detto beffardo, posando il mio rapporto sulla scrivania ingombra di carte. "Ancora vivo, sfregiato?"
Lui mi ha lanciato un'occhiata penetrante e ha ribattuto: "Sempre lo stesso, vero, Malfoy?"
Ci siamo studiati per alcuni minuti in silenzio. Quando ho capito che era a lui che si presumeva dovessi fare il mio rapporto, ho di nuovo rotto il ghiaccio, esponendo cifre e grafici.
Potter sembrava interessato, non saprei dirlo con certezza. In ogni caso mi ha interrotto alcune volte per fare domande pertinenti, e le mie risposte devono averlo soddisfatto.
Finito il mio lavoro, ho recuperato le mie cose e mi sono avviato vero l'uscita.
La sua voce mi ha raggiunto quando avevo già un piede fuori dalla stanza.
"Ti va di venire a cena da me, Malfoy?"
La proposta era così strana, così incredibile, che non ho trovato una battuta adeguata con cui rispondere sul momento. Mi sono voltato verso di lui, gli occhi dubbiosi di chi teme di cadere in una trappola. Ma lui mi guardava con lo sguardo più sincero che avessi mai visto.
"Il tuo lavoro mi ha colpito, penso che potremmo parlarne meglio davanti a una buona cena.”
Incontro di lavoro, chiaro. Cosa avevi pensato Draco? 
Scuotendo di nuovo la testa per allontanare pensieri strani, ho ripreso la mia strada verso la porta.

E poi mi farebbe piacere godere della tua compagnia”, il sussurro roco di Potter mi ha raggiunto alle spalle, facendomi rizzare i peli sulle braccia.
Per qualche motivo sconosciuto la mia salivazione era andata a farsi benedire. Mi sono limitato ad annuire e sono uscito, mentre le sue parole mi seguivano come una maledizione: "20:30 da me. Sai come fare."


Così eccomi qui, fermo davanti ad una serie di case tutte uguali, a puntare gli occhi sulla mia meta, anche se di fatto questa è invisibile.
Cosa ci faccio in questa piazza? Accidenti alla mia curiosità! Ma il desiderio di scoprire cosa vuole da me è così forte che non ho potuto tirarmi indietro.
Ma c'è di più... Per un attimo, quando Potter mi ha fatto quella domanda a bruciapelo, la mia fantasia ha galoppato come cosa viva. E' pura follia, lo so bene. Draco Malfoy ed Harry Potter? La più comica delle assurdità. Ammesso poi che il santerellino abbia di queste tendenze. Ai tempi di Hogwarts sbavava per quella insopportabile Weasley dai capelli rossi; chissà magari adesso hanno già sfornato un paio di bambini e mi aspettano tutti allegri dietro queste mura.
Eppure la sua voce è stata come una carezza sulla mia pelle, quando ha parlato.


I miei passi mi portano verso la porta della casa che, una volta pensato l'indirizzo esatto, si sta materializzando davanti ai miei occhi. Salgo i pochi scalini e busso con le nocche sul legno scuro. Potter dovrebbe prendersi la briga di far sistemare questo posto. Lo stile da casa degli orrori direi che è abbondantemente fuori moda.
Passano alcuni istanti di immobilità assoluta in cui la mia mente è attraversata da diverse immagini di ciò che potrei trovarmi davanti tra poco. La famigliola felice, o il rigido Auror interessato solo al lavoro. Per quanto la visione di Potter in grembiule rosa a cuori non sia delle migliori, non sono preparato a quello che mi trovo effettivamente davanti.
Lui è di fronte a me.
Indossa un'orribile maglietta sformata con un coniglietto bianco con le zanne sguainate e un paio di jeans consunti. I capelli sono spettinati come al solito e il colore della sua pelle è cinereo. Non è questo che mi spiazza. È il fatto che sia coperto di sangue.
Per un attimo nei miei occhi passa un'ombra di stupore. L'ho già detto che sono bravo a riprendermi? Riporto le emozioni sotto controllo e mi dipingo un ghigno sulle labbra.

Bell'accoglienza, sfregiato”, la mia voce è ferma e sicura, non mostra cedimenti di sorta.
Lui mi guarda in silenzio per quelle che sembrano delle ore.
Poi, quando inizio ad essere stanco di starmene qui in piedi sulla soglia come uno stupido, dice piano: “Ho visto tante persone che se ne andavano.”

Se inviti la gente a casa per farti trovare conciato così, non stento a crederlo.”
L'occhiata che mi lancia mi gela il sorriso sulle labbra. D'accordo, d'accordo, forse potevo risparmiarmi la battuta. Il tatto non è la mia dote migliore, si sa.
Mi mordo la lingua per non aggiungere altre frecciate velenose e mi concentro sulla frase che ha detto un attimo fa. Ho visto tante persone che se ne andavano... Cos'è Potter, il teatrino di Jack lo Squartatore è un modo per saggiare le intenzioni dei tuoi ospiti subito e non restare deluso in un secondo momento? È una specie di prova, per testare i nervi dei malcapitati? Sei stato ferito, Harry? Quante volte? Chi ha osato tanto?
Ma non dico niente di tutto ciò.

E mai nessuno è tornato indietro?” chiedo invece.
La mia domanda lo spiazza. Posso vedere la sorpresa prendere forma nelle sue iridi verdi.
Soppesa per un po' la possibilità di rispondermi, poi scuote la testa.
Tengo a freno la lingua, evitando di lasciarmi andare ad un altro commento dei miei.
"Io non sono come gli altri." Non so bene perché ho detto questa cosa. "Mi fai entrare o no?"" Batto il piede sul gradino, impaziente. 
Potter sembra, se possibile, ancora più sorpreso. Si sposta per lasciarmi entrare in casa con un gesto goffo e imbarazzato.
L'ambiente dentro è in linea con la facciata scrostata all'esterno. Tappeti tarmati, quadri polverosi, abiti gettati a casaccio sul corrimano delle scale. Penso di poter affermare con certezza che qui dentro non viva nessuna rossa dal carattere impossibile. Abbandono, trasandatezza, marciume. Troppo persino per il poco gusto di Potter. Per Merlino, cosa gli è successo?
Seguo il padrone di casa senza fare domande fino a una grane sala da pranzo. Solo un paio di candele illuminano la stanza che per il resto è avvolta nelle tenebre.
"Si può sapere che ti prende, Potter? Non ricordavo tu avessi il gusto del macabro."
Lui si volta verso di me. Nella luce soffusa il suo aspetto è ancora più inquietante, con tutto quel sangue che gli macchia gli abiti e la pelle.
Scuote di nuovo la testa senza dire niente.
D'un tratto capisco il perché di questo suo prolungato silenzio.
"Non pensavi che sarei arrivato fino a qui, vero? Il tuo test di resistenza non prevedeva fino ad oggi una seconda parte dopo lo shock della porta." Soffio nella sua direzione mentre mi slaccio il fermaglio del mantello scuro. "Come ti ho detto poco fa, per tua sfortuna, io non sono come tutti gli altri." 
Il tessuto pesante scivola a terra dalle mie spalle, rivelando una maglietta scura. E' molto simile alla sua, anche se di miglior tessuto e fattura. Stampato sopra c'è un secondo coniglietto assassino, che ghigna nella direzione di Potter con gli occhi iniettati di sangue.
Diciamo che anche io ho avuto la mia buona dose di rifiuti e delusioni e preferisco testare in anticipo le potenzialità dei miei accompagnatori. Evito di ricoprirmi di sangue, quanto meno. Ma ho la sensazione che con lui queste precauzioni saranno inutili.
"Chissà, potremmo avere delle cose in comune, sfregiato."

Sorrido appena al suo indirizzo quando i suoi occhi si posano sull'abito che indosso e vedo prima sorpresa, poi una poco contenuta euforia dipingersi sul suo viso.
È più bello di quanto sia mai stato in tutte le altre volte che ci siamo visti, mentre un sorriso felice si dipinge sul suo viso e i suoi tratti si distendono. Penso di poter vedere anche una nota di colore farsi largo sulla pelle esangue delle sue guance.
Scuotendo la testa per fermare questa sequela di osservazioni sciocche, prendo posto al tavolo di legno, aspettando di vedere cosa Potter mi proporrà come cena.
Mentre aspetto, spero intensamente che entrare dentro questa casa non si riveli il più grande sbaglio della mia vita.

* * * * * * * * * * * * *


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Capitolo 6
*** Una proposta per dire di... no! ***


5 - Una proposta per dire di... no!

Ho scritto la storia per il 12 Mesi di FF
Il prompt di febbraio è:
una dichiarazione non a lieto fine



Personaggi: Argus Gazza, Mrs Purr, Madama Pince
Rating: verde
Genere:
commedia, parodia


Introduzione: Il giorno di San Valentino, il custode di Hogwarts ha indossato il suo completo “migliore”. Dopo decine di anni di attesa è pronto a rivelare i suoi sentimenti a quella che crede essere la donna della sua vita... Lei sarà pronta a dire di sì???


NdA: Per il 2° mese consecutivo mi sono buttata su un genere comico e divertente, poco serio. Anche in questo caso l'idea mi è venuta subito dopo aver visto il tema, ma il tempo per buttare giù la storia scarseggiava e ho dovuto posticipare il mio giorno.
La storia è ambientata il giorno di San Valentino, in un anno imprecisato.
Ho voluto giocare con l'immagine classica della dichiarazione d'amore – il lui impeccabile, la bella in estasi, le rose, ecc. - inserendo però dei personaggi fuori dai canoni. L'immagine dovrebbe risultare comica – sarete voi a dire se ci sono riuscita o meno.
Per il lessico ho scelto volontariamente di accostare parole “basse” ed “alte”, sempre per dare l'idea della paradossalità dell'intera vicenda.
Il personaggio di Madama Pince l'ho caratterizzato un po' a mio modo. Non ho trovato descrizioni fisiche dettagliate, per cui mi sono sentita libera di farlo...
In corsivo i pensieri di Gazza.
Il titolo l'ho preso da un film (solo che lì era "Una proposta per dire di sì) riadattandolo alla situazione... ^^



Una proposta per dire di... no!


Lui si guardò allo specchio impolverato con sguardo soddisfatto.
I radi capelli grigi erano pettinati con cura in due ciuffetti laterali, l'abito tarmato stava su che era una meraviglia, il cardo spinoso all'occhiello richiamava alla perfezione il mazzo di fiori nella sua mano destra.
Una bellezza.
Mentre sorrideva fiero alla propria immagine, mostrando una fila di denti ingialliti, la sua mente andò veloce alla lei che di lì a poco avrebbe potuto godere di quello spettacolo.
La figura rinsecchita, il naso aquilino, gli occhi piccoli e penetranti.
Una vera bellezza – si disse tra sé per la seconda volta in pochi minuti.


Il momento infine era giunto.
Dopo anni passati nell'ombra, ad osservare da lontano senza il coraggio di dichiararsi, aveva deciso che quello era il giorno giusto per farlo.
Non era forse la festa degli innamorati?
I melensi Cupido dai boccoli dorati che per tutto il giorno erano volati di qua e di là per il castello, ricoprendo di petali di rosa e cuoricini di carta i passanti sventurati, glielo avevano ricordato incessantemente.
Aveva preso coraggio.
Aveva indossato il suo abito migliore, dopo aver raccolto nel giardino dei fiori adatti per l'occasione, e si era preparato una dichiarazione con i contro fiocchi.
Così, agghindato e sicuro di sé, il custode di Hogwarts, Argus Gazza, camminava ad ampie falcate verso la sua bella.


Quando arrivò in vista della sua meta si sistemò il cravattino ingiallito e preso fiato.
La porta della Biblioteca si stagliava davanti a lui, minacciosa e apparentemente inattaccabile proprio come la custode di quel luogo, la donna a cui era pronto ad aprire il suo cuore.
Le nocche ossute di Gazza risuonarono sul legno di quercia, il rumore amplificato dal corridoio ampio e deserto. Toc, toc, toc.
Solo pochi minuti prima che Madama Pince aprisse uno spiraglio per vedere di cosa si trattasse.

Non è orario di consultazione...”, iniziò con voce secca, prima di mettere a fuoco chi si trovava davanti. “Gazza? Cosa...”, ma prima che potesse terminare la frase l'ometto si era già buttato in ginocchio ai suoi piedi.
La donna rimase senza parole.
Il custode, brandendo davanti a sé il mazzo di cardi come una spada, fece tutto di un fiato la sua studiatissima dichiarazione: “Pince, sei la donna giusta con cui condire... condividere i miei giorni. Vuoi sposarmi, dolcezza?”
Il silenzio calò sul corridoio in penombra.
Lo sguardo della bibliotecaria posato sulla figura davanti a sé era una via di mezzo tra la sorpresa e l'orrore.
Non proferì parola, mentre Gazza la fissava dal basso verso l'alto... poi richiuse la porta con un sonoro tonfo.


Lui rimase lì in silenzio.
Non deve essere andata bene – pensò tra sé mentre si rimetteva in posizione eretta.
Prima di avere il tempo di fare qualsiasi cosa, il custode avvertì una nota presenza accanto a sé. Mrs Purr si strusciò alla sua gamba e rispose alla carezza affettuosa dell'uomo con un sonoro e soddisfatto “Miaooo”.

Ho preso un granchio, dolcezza”, le si rivolse l'ometto suadente, “sei tu la sola donna della mia vita.”
E detto questo si incamminò per i corridoi fiocamente illuminati, gettando nella pattumiera lo strano mazzo di fiori e ogni velleità amatoria diversa da quella animale.

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Capitolo 7
*** Lacrime di pioggia ***


6 - Lacrime di pioggia

Ho scritto la storia per il 12 Mesi di FF
Il prompt di marzo è:
in un giorno di pioggia



Personaggi: Andromeda Black, Ted Tonks, Teddy Lupin
Rating: giallo
Genere:
triste, malinconico


Introduzione: Andromeda guarda fuori dalla finestra. Piove. Mentre vede l'acqua scorrere la donna pensa che, ironia della sorte, questo sembra essere lo sfondo di molti momenti importanti della sua vita recente...


NdA: Vogliate scusarmi – ve lo dico in anticipo! - per i toni tragici della vicenda. Non è un gran momento per me, e questo mio stato d'animo si è riflesso sulla storia. Spero di non risultare troppo... chissà, vedremo cosa ne pensate.

La storia è ambientata alcuni anni dopo la guerra (la storia è andata come racconta la Row).
Ho immaginato che i momenti importanti della vita recente di Andromeda, quella segnata dalla guerra e dal ritorno di Voldemort al potere, si siano svolti con il ticchettare della pioggia come sottofondo. Diciamo che ho fatto della pioggia il filo conduttore della storia.
Non ho idea se gli occhi di Andromeda siano viola o quelli di Ted castani, diciamo che ho giocato di fantasia.
Ho usato il corsivo per i ricordi. Il fatto di non usare i nomi propri, ma lui, lei, ecc. è voluto. Così indefinita la storia mi piaceva di più... ^^



Lacrime di pioggia


Amo la pioggia,
lava via le ferite dai marciapiedi della vita.
[Woody Allen]



Guardo fuori dalla finestra.
L'aria è pesante e nebbiosa, tanto che a stento posso vedere le colline a poche miglia da qui. 
Il cielo è plumbeo, un velo grigio senza fine sembra coprire ogni cosa.
Piove.
Le gocce bagnano tutto, tanto fitte che non si possono distinguere le une dalle altre.
Mi stringo lo scialle intorno alle spalle rabbrividendo appena.
Guardo fuori, seduta da sola sulla mia sedia a dondolo.
Guardo fuori e penso. Mi capita spesso in questo periodo. Non mi è rimasto poi molto altro da fare.
Patetica. Ecco come mi apostroferebbero mio marito e mia figlia, se fossero qui. Una signora anziana e patetica. Sono diventata questo.

Guardo fuori, guardo la pioggia. Un sorriso appena accennato e terribilmente amaro si dipinge sulla mia faccia. 
Strano come ogni evento dell'ultimo periodo, ogni evento che mi abbia riguardata da vicino, sembri essersi svolto sotto una pioggia incessante. Il ticchettio delle gocce sulle travi del tetto, la fumosa immobilità tutto intorno. Ogni mio dolore sembra avere avuto questo come scenario prestabilito...


* * * * * * * * * * * *

Pioveva a dirotto il giorno che mio marito era dovuto fuggire.
Una mattina non salutata dal bacio caldo del sole, un'alba neppure accennata.
Lui aveva raccolto poche cose dentro uno zaino, senza dire niente. Sapevamo entrambi che quel momento prima o dopo sarebbe arrivato. Il mondo intorno a noi aveva preso a girare, sempre più vorticosamente. Restare immobili non era più un'opzione. Tutto era diverso, adesso. Andarsene, nascondersi, vivere in clandestinità, erano le sue uniche possibilità di vivere. “Vivere libero”, come mi aveva ripetuto molte volte. Non esisteva altro modo, per lui. Un'esistenza fatta di catene e divieti e schiavitù, quella sarebbe stata la vera morte.
Se ne era andato per cercare una possibilità, per credere ancora che il mondo potesse tornare ad andare alla velocità giusta, per credere che per noi ci sarebbe stato un futuro.
L'avevo accompagnato alla porta di casa senza dire una parola.
Un ultimo sguardo sulla soglia, occhi ametista in occhi castani. Poi lui aveva voltato le spalle e a me non mi era rimasto altro che una presenza sempre più sbiadita tra le mura di questa casa.


* * * * * * * * * * * * * * *

Anche quando avevo saputo della sua fine, scendeva la pioggia.
Mi ero svegliata con una strana sensazione addosso. Era come se nel mio petto il cuore avesse iniziato a battere in modo più lento, come se qualcosa si fosse spento per sempre.
Avevo provato a non dare peso alla cosa, concentrandomi sulle mie inutili faccende. Avevo finto che fosse solo la paura, da mesi mia fedele compagna, a farmi quello strano effetto. Menzogne di una vedova.
Il mio corpo già sapeva, prima che una voce giovane, ma triste, annunciasse alla radio la lista giornaliera dei caduti, che quella parte di me che da anni ormai era legata a lui se ne era andata per sempre.


* * * * * * * * * * *


Grosse gocce rigavano i vetri delle finestre il giorno che alcuni maghi si erano presentati alla mia porta per portarmi l'ultima, terribile notizia.
La guerra era finita, il male era sconfitto, ma... mia figlia non ce l'aveva fatta.

E' morta combattendo per quello in cui credeva, facendo la cosa giusta.”
Mai parole erano suonate alle mie orecchie più vuote ed inutili.
Bene e male, giusto e sbagliato. Allora e una volta di più tutto mi era parso così vuoto e vacuo.
Intere famiglie distrutte, decine di vite spazzate via, era quello ciò che contava al momento. Non concetti astratti, non vuote formule di cortesia.
Erano la mia famiglia, la mia vita, che non esistevano più.

* * * * * * * * * * *


Guardo fuori dalla finestra e saluto mentalmente tutti i miei morti. Lo facci sempre, quando vedo le gocce d'acqua bagnare il mondo, simili a lacrime.
Lacrime mai versate, le mie. Nonostante tutto quello che è successo, non sono mai riuscita a piangere. C'è chi direbbe che qualcosa non va in me – questione di sangue -, chi invece darebbe la colpa al dolore che mi ha resa dura come la pietra e insensibile.
La verità forse sta nel mezzo, o in nessun luogo.


Un rumore di passi sul tappeto mi fa voltare, interrompendo la mia contemplazione del paesaggio tetro.
Il bambino, i capelli scarmigliati del colore delle ciliegie mature, mi sorride.
Allunga le braccia verso di me, in una muta richiesta.

Come si dice, Teddy?”
Nonna!” Sillaba lui, la voce fiera e argentina dei suoi due anni.
Mi alzo e mi muovo verso di lui, prendendolo in braccio.
In vero qualcosa mi è rimasto, oltre le rovine di vite perdute, di vite spezzate.
Mio nipote.
Mi siedo con lui sulla sedia a dondolo, e inizio a cantare una vecchia ninnananna con la mia voce melodiosa. Lui appoggia la testa contro il mio petto, sereno, fiducioso.
Io lo stringo e smetto per un attimo di pensare ai fantasmi del passato, per concentrarmi solo su questa nuova vita che mi porta verso il futuro.
Due lacrime solitarie spuntano ai lati dei miei occhi, mentre il bimbo si riaddormenta.
Fuori la pioggia ha smesso di cadere.


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Capitolo 8
*** La principessa reclusa ***


7 - La principessa reclusa

Ho scritto la storia per il 12 Mesi di FF
Il prompt di aprile è:

Potranno tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno mai la primavera [Neruda]



Personaggi: Astoria Greengrass, Narcissa Malfoy, Nuovo personaggio
Rating: verde
Genere:
malinconico, introspettivo


Introduzione: Il matrimonio non è stato una scelta per Astoria. Nessuno l'ha interpellata, nessuno ha pensato che lei potesse avere qualcosa da dire. Dopo tre anni, la sua vita da sposa è quella di una prigioniera - chiusa in una prigione d'oro, ma pur sempre prigioniera.
Ma nessuno può chiudere fuori la vita per sempre...


NdA: L'idea mi è venuta appena ho visto la frase del mese di aprile. Per l'ennesima volta ho scelto di usare un personaggio non molto definito o utilizzato nel fandom e di cui si sa ben poco... Ma la storia che mi è venuta in mente è perfetta per Astoria quindi ho deciso di buttarmi. In questo caso ho dovuto dipingere un Draco molto freddo, molto distaccato – molto alla Lucius! - e quindi allontanarmi dal Draco che di solito uso nelle mie storie.
Ho immaginato che anche nel mondo magico esista il matrimonio per procura – nel senso che viene firmato un contratto tra le parti, ma i due sposi restano a casa propria, se uno o entrambi sono minorenne, fino al raggiungimento della maggiore età (questo mi ha permesso di far unire la nostra coppia alla fine degli anni di scuola di Draco, ma anche di non immaginare un matrimonio tra un diciottenne e una sedicenne).



La principessa reclusa


Sto volando a cavallo di una scopa.
Intorno a me l'aria è tiepida, frizzantina, mi accarezza il viso facendomi quasi il solletico.
Pochi metri più in basso si apre un panorama mozzafiato. Il fiume scorre impetuoso tra le rocce, per poi precipitare a valle e trasformarsi in un placido laghetto.
Prendo in considerazione l'idea di fermarmi un po' nel verde. Sarebbe bello immergere i piedi nell'acqua fresca e riposarmi all'ombra degli alberi. Potrei anche fare una passeggiata e arrivare a quei frutteti che vedo poco più avanti...
Sì, è un'ottima idea!
Punto verso terra il manico della mia scopa e...


La colazione, Signora.”


La voce di Holly, l'elfa domestica addetta alla cura della mia persona, mi strappa dal mio sogno a occhi aperti ributtandomi di prepotenza nella realtà. Stacco con disappunto lo sguardo dal cielo azzurrognolo fuori dalla finestra della mia stanza per voltarmi verso di lei.
Non ho molta fame, grazie.”
Oh no”, nei suoi occhi compare un lampo di panico, “la Signora non sarà contenta con Holly se lei porta indietro il vassoio intatto.”
Dopo diversi anni ancora mi sorprendo dell'effetto che anche solo il pensiero di scatenare il disappunto di mia suocera ha sulla servitù.
Sorrido rassicurante all'elfa di fronte a me, prima di sedermi al tavolo e mandare giù qualche cucchiaio di porridge. Posso sentire Holly rilassarsi, anche senza bisogno di guardarla.

* * * * * *


La mia giornata passa lentissima, ogni ora sembra corrispondere a una settimana.
Mandata via Holly con quel che resta della mia colazione, faccio un lungo bagno nella vasca di marmo bianchissimo. Quando l'acqua inizia a raffreddarsi esco fuori e mi siedo davanti allo specchio.
Osservo il mio viso pallido mentre mi spazzolo i lunghi capelli biondi, una, due, dieci volte. Alla fine la mia chioma risplende come oro lucido, ma nessun colorito è comparso sulle mie guance. 
Con l'aiuto dell'elfa indosso un bellissimo abito di seta cremisi che ho scelto tra le centinaia ancora intatti contenuti nel mio armadio.
Mi specchio di nuovo.
Sono impeccabile come una regina, sono pronta a ricevere i regnanti di tutta Europa... ma non ho nessuna visita in programma.
Lavata, pettinata e abbigliata come una gran signora, mi siedo sulla poltrona davanti alla finestra e leggo un libro.

Alle 12:00 in punto mi viene detto di scendere per il pranzo. Questo è, se possibile, uno dei momenti che detesto di più. Per quanto mi pesi la solitudine, tutto è meglio che condividere qualche minuto con mia suocera.
Entro nella sala e lei è già lì, seduta impettita al suo posto a capotavola. Anche se, di fatto, adesso dovrei essere io la padrona di questa casa, nessuno ha mai messo in dubbio che la madre di mio marito occuperà quel posto fino alla sua dipartita.
La donna bionda di fronte a me mi fissa per qualche istante con cipiglio critico, poi piega appena la testa in segno di assenso. È il segnale che ho superato il primo dei miei giornalieri esami e posso sedermi per consumare il pasto.
Nessuna delle due dice una parola mentre le portate compaiono sul tavolo. 
Mangio appena.

Non ti senti bene, Astoria?” Il suono della sua voce mi fa quasi sobbalzare, tanto sono avvezza al silenzio.
Sto benissimo, la ringrazio, mamma.”


Tutta questa formalità mi strappava un sorriso, i primi tempi qui al Manor. Dare del lei a una persona di famiglia e subito dopo usare un appellativo confidenziale e affettuoso? Non era forse un'assurdità? Mi prendevo gioco di simili convenzioni, una volta. Ridevo.
Oggi non lo faccio più. Ho perso per sempre quella spensieratezza infantile. Sono rinchiusa qui da troppo tempo.


Non vorrei dover avvisare mio figlio di questa tua indisposizione.”
Non so per quale motivo, sentir alludere a Draco, a mio marito, mi manda un brivido lungo la schiena.
Sono ormai diversi giorni che non si fa vedere. La versione che mi è stata data è un viaggio di lavoro, la verità... suppongo non si riduca a questo.

Non ce ne sarà alcun bisogno”, rispondo piatta, servendomi un altro po' di pasticcio di carne.

La farsa si protrae per altri venti, interminabili minuti. Lei che scruta quello che mi metto nel piatto e finge di interessarsi, io che ribatto con una cortesia tutt'altro che naturale e cerco di assecondarla.
Spariti i dolci dalla tavola, con un altro contenuto cenno del capo, Narcissa mi congeda.
Esco dalla stanza a testa alta, lo stomaco ancora più chiuso di quando mi sono seduta.

* * * * * * *

La pendola nell'ingresso batte tetramente quattro rintocchi quando mi chiudo i battenti della porta alle spalle. 
Ho indosso un abito meno sontuoso di quello con cui mi sono presentata a pranzo. I capelli li ho raccolti in una coda che mi scende morbida sulla schiena. Guanti di pelle di drago tutt'altro che nuovi e scarpe comode. 
Se qualcuno mi vedesse stenterebbe a riconoscere in questa ragazza l'impeccabile Signora Malfoy.
So di essere in disordine e so di non essere impeccabile come ci si aspetterebbe da me. Non mi importa anzi, ne sono quasi felice. È come una piccola ribellione, la sola che mi rimane.
Sorrido mentre entro nel mio momento preferito della giornata...

La primavera mi avvolge, quando mi lascio il patio alle spalle ed esco in giardino. 
Questo è il solo spazio della casa che sembra pulsare di vita, il solo dove posso respirare allegria e luce.
È il solo spazio qui che sento davvero mio.
Quando tre anni fa mi sono sposata e sono venuta a vivere al Manor, vedendo questo grande spazio verde ho capito subito che volevo essere io a occuparmene.
Narcissa e Draco non erano d'accordo – potare le aiuole non rientrava nelle attività che loro avevano pensato per me! -, ma alla fine non hanno potuto negarmi anche questo piccolo, unico, piacere.
I giardinieri sono stati congedati, sono rimasta io la sola regina.

Amo stare qui fuori. Sistemare i fiori e le piante aromatiche, cogliere la frutta, innaffiare l'erba. Le ore passano, per una volta, velocemente e il momento di tornare indietro arriva correndo. Mi pesa il doppio, dopo, chiudermi la porta di legno alle spalle e lasciare il mondo all'esterno... ma non rinuncerei mai a questo passatempo! Mi fa sentire viva, mi fa sentire utile, e per un momento posso anche dimenticare la mia vita.

Una reclusa, ecco cosa sono.
Una prigioniera incatenata con anelli d'oro, ma pur sempre una prigioniera.

Quando i miei genitori mi informarono che Draco Malfoy e io saremmo diventati sposi fui sorpresa ed eccitata al tempo stesso. Con tutte le ragazze che c'erano ad Hogwarts e non solo, doveva esserci un buon motivo perché lui aveva voluto me. Da ragazzina ingenua quale ero pensavo si trattasse di amore.
Illusa.
Quando, incontrandoci, mi resi conto che non c'era sentimento negli occhi grigi di Draco – nessun trasporto particolare per me, nessuna luce –, non mi detti per vinta. Iniziai a pensare che fosse del tutto naturale, che non ci conoscevamo, ma che col tempo, vivendo sotto lo stesso tetto, alla fine l'amore sarebbe arrivato.
Dopo tutto lui mi aveva scelta...
Bugie.
La nostra non è stata altro che un'unione di interesse. Non è stato lui a prendere una decisione, non è stato lui a volermi. Sono stati i nostri genitori. Cose come l'amore o il desiderio non hanno avuto alcun peso sui piatti della bilancia di questo accordo.

Sono moglie dall'età di sedici anni.
Andavo ancora a Hogwarts quando io e Draco siamo stati uniti in matrimonio... per procura.
Io non ho dovuto fare niente, nemmeno essere fisicamente presente; mio padre ha pensato a tutto. Un notaio, la firma di Rodolphus Greengrass insieme a quella di Draco Malfoy, inchiostro smeraldo su una pergamena chiara.
Sono diventata moglie in pochi minuti - moglie di nome, senza poterlo essere ancora di fatto.
Anche questo era stato già deciso da tempo. Io sarei rimasta a scuola, avrei completato la mia istruzione per i due anni rimanenti, prima di trasferirmi nella mia nuova casa e cominciare la mia nuova esistenza.
Così, mentre il mio neo-sposo iniziava una carriere e una vita lontano da me, e io restavo intrappolata in un limbo spaventoso (non più ragazzina, non ancora donna) non ho fatto altro che riempirmi la testa, giorno dopo giorno, di sogni su quello che sarebbe venuto dopo.
Quando lui veniva a trovarmi era sempre gentile, un impeccabile gentiluomo. Non avevo niente di concreto di cui lagnarmi, eppure provavo una sensazione strana, un'inquietudine di fondo.
Tante volte ho provato a confidarmi con i miei genitori, con Daphne, a trovare in loro risposte ai miei dubbi - perché Draco era sempre così freddo, così distante? Perché non sembrava provare nulla di particolare per me? -, ma loro mi hanno sempre liquidata con un'alzata di spalle. Le mie non erano altro che le farneticazioni di un'adolescente. Il futuro avrebbe portato tutti i chiarimenti del caso.
Mi hanno convinta. Ho pensato davvero che il giorno in cui io e lui avessimo iniziato a condividere la casa, a vivere davvero da marito e moglie, tutto sarebbe andato a posto.

Sono venuta a vivere a Malfoy Mannor a diciotto anni, maggiorenne per le leggi magiche, sposata da tempo.
Nonostante questo, non ero preparata affatto. Nessuno mi aveva avvisato su quello che era in serbo per me, nessuno era stato nemmeno in parte sincero.
Nessuno dei sogni che mi ero costruita in quei primi due anni di matrimonio 'a distanza' si è dimostrato veritiero.
Lui non è diventato meno freddo col tempo, né si è mai avvicinato a me. Semplicemente, abbiamo iniziato a vivere sotto lo stesso tetto restando due estranei.
Draco aveva già la sua vita, la sua carriera, le sue ambizioni, non aveva bisogno di me per sentirsi completo, né tanto meno lo desiderava.
Con il passare del tempo mi sono sempre più resa conto che era una bambola di porcellana quella che, sposandosi, aveva voluto ottenere. Quello di cui un nobile Malfoy aveva bisogno era una consorte impeccabile, bella e sorridente, da esibire a comando nelle occasioni in cui era richiesta una compagna, da riporre sul piedistallo una volta servita allo scopo.
Quello di cui un nobile Malfoy aveva bisogno era una ragazza giovane, con il sangue giusto, che a tempo debito gli desse dei figli dal sangue altrettanto puro.
Per questo ero stata scelta.
Avevo la bellezza giusta, l'albero genealogico giusto. Ci si aspettava da me che fossi sempre pronta a ricoprire il ruolo della sposa devota e perfetta, per il resto il mio compito si esauriva lì.
Non era previsto che io avessi delle ambizioni, dei sogni, delle aspettative. Non era previsto che io volessi fare qualcosa che non fosse passare le giornate, vestita in modo impeccabile, ad aspettare che lui avesse bisogno di esibirmi. Non era previsto che volessi uscire dal Manor né tanto meno che non fossi del tutto soddisfatta della mia nuova condizione.
I primi tempi avevo tentato di protestare, di ribellarmi. Non avevo forse diritto anche io a una vita mia? A una professione, degli amici, una qualche occupazione?
Qualsiasi cosa, ma fuori da queste mura?
La risposta era no.
Nessun diritto, nessuna aspettativa. Per la moglie di Draco Malfoy il mondo doveva iniziare e finire con lui.
Ho provato a rivolgermi ai miei genitori, non è servito a niente.

Hai tutto ciò che ogni donna sogna – potere, ricchezza, denaro. Cos'altro può esserci di importante?” Queste sono state le lapidarie parole di mia madre.
Per la prima volta ho capito di essere sola. La firma su quel contratto di matrimonio mi aveva separato per sempre dalla casa della mia infanzia, dalla mia famiglia... ora era Draco la mia unica famiglia.
Draco, e sua madre.
Fin dal primo giorno, Narcissa è stata una figura ingombrante nella relazione tra me e mio marito. Ogni volta che avremmo potuto ritagliarci un momento per noi, guadagnare un po' di intimità, lei era lì. Compariva immancabilmente come a sventare il pericolo che io e Draco ci avvicinassimo.
Col tempo mi sono convinta che la sua sia pura e semplice gelosia. Mia suocera è gelosa di me. Ha paura di perdere l'ascendente che da sempre esercita sul figlio, ha paura che io prenda il suo posto nella vita di Draco. Non ha nessuna intenzione di farsi soppiantare dalla nuora ventenne e usa tutte le armi a disposizione per mantenere il suo posto.
Ho imparato a non intromettermi, a rispettare certi confini.
Mia suocera vuole continuare a essere la padrona qui al Manor? Vuole guidare da dietro le quinte le scelte di Draco come ha sempre fatto? Così sia.
Ma la mia sottomissione e remissività non l'hanno resa più bonaria nei miei confronti. Per quanto io cerchi di vederla il meno possibile, la sua presenza preme su di me come una cappa scura. Nessuna mia azione le sfugge, nessuna mia parola passa inascoltata.
Narcissa avrebbe potuto essere una madre per me, persino un'amica e un'alleata. In realtà non è altro che la mia carceriera.
E i cancelli di questa casa sono il mio confine.
Non mi viene negato niente, qui dentro. Dormo tra le lenzuola più fini, indosso i migliori vestiti, mangio il cibo più prelibato. Ho a disposizione una biblioteca sterminata, posso guardare le stelle dalla torretta del castello, se volessi potrei avere un animale. Tutto ciò che desidero... purché io resti qui.
Qui, dove Narcissa può tenermi sotto stretto controllo e dove Draco può sempre trovarmi, in caso di bisogno.
Qui, rinchiusa, prigioniera.
A vent'anni, prima di cominciare, la mia vita è già finita.

Per questo ho scelto di occuparmi del giardino e per una sola volta mi sono imposta.
Per illudermi, i brevi attimi che passo qui fuori, di poter sfuggire al loro giogo.
Mi fa stare bene il fatto che la loro mano non si allunghi anche qui, tra i mandorli in fiore e i cespugli di rose. Possono tenermi sotto una campana di vetro, possono privarmi della libertà, ma non hanno potere sulla natura. Le piante tornano a fiorire ogni anno, per quanto rigido sia stato l'inverno. Nuovi boccioli ricoprono i rami. Potranno tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno mai la primavera. È il ciclo della vita.

Mi avvicino al boschetto di alberi da frutto piantati sul limitare del giardino. Il solido muro di pietra mi ricorda, se mai ce ne fosse bisogno, la mia condizione di reclusa. Cerco di non perdere il buon umore dato dalla belle giornata e mi concentro sulle piante.
Poto qualche rametto spezzato, accarezzo i tronchi rugosi, do una sistemata alle foglie cadute.
A un tratto, un rumore inatteso attira la mia attenzione. È come se qualcosa stesse raschiando contro la pietra. Mi faccio guidare da quel suono inatteso. Arrivo a fronteggiare la recinzione che mi separa dal mondo. 
Prima che possa fare o anche solo pensare qualcosa, una piccola apertura spunta nel grigio del muro. Resto letteralmente a bocca aperta.

Ciao.”
Dall'altra parte, mi sorride un ragazzo.

Le sillabe faticano a salirmi alle labbra. È come se mi avessero stregate.
Lui mi osserva, un'espressione gioviale e allegra dipinta sul viso lentigginoso.

Non volevo spaventarti.”
Il suono della sua voce mi scuote nel profondo. È così tanto tempo che qualcuno non parla con me in questo modo – senza formalità, senza affettazione...

Se non ti avessi sentita parlare alle piante, penserei che ti abbiano rubato la lingua.” Due fossette compaiono sulle sue guance, quando il sorriso si allarga.
Mi riprendo. Almeno quanto basta per rispondergli per le rime. “Quindi mi spii da molto tempo?”
I suoi occhi chiari scintillano mentre un lieve rossore gli sale alle guance.

E tu offendi normalmente gli sconosciuti?” Questa volta è il mio turno di arrossire. Abbasso lo sguardo e lui scoppia a ridere.
Scherzavo. Non mi sento affatto offeso.”
Involontariamente metto su un lieve broncio. Si sta prendendo gioco di me?

Non era mia intenzione farti arrabbiare”, prosegue dopo un attimo. Quegli occhi tanto azzurri mi invitano a crederci. “Comunque io sono Sam, Sam Callpepper.”
A fatica fa passare la mano dalla fessura nel muro e la tende nella mia direzione.

Lo fisso, spaventata per quello che sta per accadere.

Non so perché, ho sempre immaginato che i miei carcerieri avessero messo misure di sicurezza estremamente sensibili e complicate a custodia della mia persona. Di fatto non ho mai provato queste mie teorie perché non ho mai tentato di uscire di nascosto - che senso avrebbe avuto? Sono chiusa qui di mia volontà. Sono sposata con Draco, non mi ha rapita. Dove sarei potuta andare? E per fare cosa? - ma pensavo a sirene, incantesimi scudo e difensivi, fatture e contro-fatture. Narcissa che compare sul posto dopo un solo istante. Cose così.
Per questo nel vedere il suo braccio che penetra nello spazio del Manor resto impietrita, trattengo il fiato e... non succede niente. Nessuna esplosione, nessun suono stridulo, nessuna suocera sul piede di guerra che mi guarda pronta a incenerirmi. Niente di niente.
Solo il cinguettio degli uccelli e la lieve brezza che agita le foglie.

Dopo tanto tempo, mi esce una sincere e profonda risata.
Sam mi guarda, senza capire, mentre rido come una bambina.
Dopo un minuto abbondante, scuoto la testa come a volermi scusare per lo sfogo e stringo forte la sua mano nella mia.

Io sono Astoria, Astoria... Greengrass.”
Be', è un piacere conoscerti Astoria.” La sua stretta è sicura e decisa. “E sì, ti osservavo da diverso tempo.”


Passiamo il pomeriggio a parlare attraverso la piccola fessura.
Lui mi racconta qualcosa di sé e io l'ascolto rapita come se fosse la più bella storia del mondo. Vive poco distante da qui, con il padre, la madre e le due sorelline minori. Ha la mia stessa età, sta finendo gli studi all'Università della cittadina vicina – ignoro cosa sia questa Uni-qualcosa, ma mi guardo bene dal dirglielo! - e dopo sogna di trasferirsi a Londra.
È un Babbano, non c'è niente di magico in lui, eppure nessuno prima di oggi è risultato ai miei occhi così interessante e affascinante. Dal buco nel muro posso vedere solo il suo viso, ma attraverso le sue parole la mia mente immagina molto di più.
Parla e io l'ascolto, a volte faccio un commento e ridiamo insieme.
Non ricordo l'ultima volta che ho provato una gioia così pura e semplice.

Quando è il mio turno di parlare non so bene cosa dire. È il primo contatto autentico che ho da anni e non voglio rischiare di spaventarlo e rovinare tutto.
Resto sul vago – una famiglia ricca, istruzione privata, genitori possessivi.

Allora non avevo sbagliato troppo nelle mie supposizioni.” Commenta sempre sorridente, quando smetto di parlare.
Lo guardo, interrogativa. “Sì, da quando ho scoperto che qualcuno viveva dall'altra parte del muro, e da quando ho visto che si trattava di te, be'...”

Cosa?” Lo incalzo incuriosita.
Non prendermi per matto, ok?” Se solo sapesse chi sono e come vivo dubito che potrebbe anche solo pensare che prenderei lui per matto. Scuoto la testa.
Ho pensato che tu fossi una principessa, tenuta prigioniera da una strega malvagia.”
Scoppia a ridere subito dopo averlo detto.
Sei andato terribilmente vicino alla verità, Sam.
Rido anche io, come se fosse la cosa più folle del mondo.


Il tempo passa in fretta, arriva l'ora di rientrare al Manor. Per quanto vorrei prolungare questo momento più a lungo, razionalmente so che non posso tardare o dentro si chiederanno che fine ho fatto e verranno a cercarmi.
Mi congedo con un semplice: “Devo andare”, pensando che sia la cosa migliore tagliare così.
Sam sorride.
Ok.”
Faccio per andarmene.

Astoria?”
Mi volto al suono caldo della sua voce. “Tornerai in giardino domani?”
Con un entusiasmo che avevo dimenticato di avere faccio segno di sì con la testa.
Il suo viso si illumina.

A domani, allora.”
A domani.”

* * * * * * *

Mi volto per tornare alla casa come riscaldata da una luce interna. Le sue parole continuano a risuonarmi nelle orecchie. “A domani... a domani... a domani...”
Per la prima volta da anni, qualcosa mi aspetta terminato questo giorno. Per la prima volta, domani non si prospetta vuoto e sterile come tutti gli altri giorni. Per la prima volta sento la vita che torna a pulsare nelle mie vene, come acqua che scorre impetuosa in un fiume.
Mi sento esultante.
Quando però vedo la facciata imponente davanti a me reprimo a stento un brivido. Quello che sto facendo è molto pericoloso. 
Se solo Narcissa lo venisse a sapere...
Ma quando la incontro a cena e mentre mangiamo il suo contegno è lo stesso di poche ore fa, lo stesso di sempre, i miei timori si acquietano e so per certo che, almeno per ora, non ho nulla da temere.
Né mia suocera né tanto meno il mio troppo assente marito hanno motivo di dubitare di me.
Io sono solo la perfetta signora Malfoy, quella che loro si aspettano che io sia. Io mi faccio bella, leggo, curo il giardino. Non penso nulla che a loro non stia bene, non desidero nulla di più. Non mi spingo oltre queste mura e questo matrimonio.
Pensano di avermi domata, pensano di avermi cambiata. Si fidano di me. Anche se la verità, oggi come non mai, è un'altra.

Mentre salgo le scale per tornare nella mia stanza e prepararmi per la notte penso che, contro ogni aspettativa, Astoria non è affatto morta. In questi anni ho dormito, ho aspettato e mi sono adatta ad essere solo la bambola di Draco, ma il fuoco in me non si è spento affatto. È bastata una piccola scintilla per farlo ardere di nuovo brillante come il sole.
I miei sogni, le mie aspirazioni, quelli che avevo quando ho varcato quella soglia a diciotto anni, sono ancora tutte qui. È bello ritrovarle tale e quali le avevo lasciate.
Sento il cuore che batte forte nel mio petto.
Per quanto questo periodo sia stato difficile, sono ancora qui.
Potranno tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno mai la primavera. Non sono riusciti ad uccidere la mia personalità, non sono riusciti a rubarmi la speranza.
Sono viva. E non la fermi la vita, quando pulsa nelle vene.

Mi spazzolo i capelli seduta sull'ampio letto e sorrido beata.
Poi mi sdraio e il lenzuolo pregiato mi avvolge come un manto.
Prima di chiudere gli occhi, rivedo il sorriso aperto di un ragazzo lentigginoso che mi guarda con interesse dall'altro lato del muro.
Il suo sguardo è limpido e sincero, il suo sguardo parla di futuro.

A domani... a domani.


* * * * * *

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Capitolo 9
*** La promessa del domani ***


8 - La promessa del domani
Ho scritto la storia per il 12 Mesi di FF
Il prompt di maggio è: incontro

Personaggi: Severus Piton, Lily Evans
Rating: verde
Genere:
introspettivo, malinconico


Introduzione: Dopo anni di distanza e separazione, Severus – passato per lei dalla parte dei buoni - non resiste alla tentazione di rivedere Lily. La spia nascosto dalla nebbia, a pochi passi, ma senza palesarsi. Prima di sparire, i loro occhi sembrano incrociarsi per un momento e Severus torna a sperare. Forse un giorno, quando la guerra sarà finita, il loro rapporto potrà tornare a esistere... Non può sapere che è l'ultima volta che la vede viva.


NdA: Non so perché, tra le tante possibilità sul tema, mi è venuta in mente una storia così sad... Fatto sta, eccola qui! ^^
La storia è ambientata nell'ottobre 1981 (la data penso dica già qualcosa).
E' plausibile che Piton e Lily non si siano visti per almeno un paio di anni (precisamente dal 1978/79 quando finisce Hogwarts e i due prendono strade opposte. Anche a scuola erano un paio di anni che i due non si parlavano). Nel 1981, passato tra i buoni, ho immaginato che Piton non abbia resistito alla tentazione di andare a Godric's Hollow per vedere almeno per pochi istanti Lily (il fulcro e il motore di larga parte delle sue scelte). La situazione fa molto Piton: nascosto dal mantello dell'invisibilità e dalla nebbia, che osserva senza essere visto stile stalker... ^^
L'insistenza sul termine lei per indicare Lily (e anche l'uso di lui per James) è voluta.
La canzone che fa da sottofondo è Incontro di F.Guccini. Titolo a parte, dice delle cose che mi sembravano davvero, davvero azzeccate.



La promesse del domani



Ottobre 1981


E correndo mi incontrò lungo le scale,
quasi nulla mi sembrò cambiato in lei.

Non dovrei trovarmi qui. Ne sono cosciente. Troppo grande il pericolo per me, anche se consapevole. Enorme quello per lei, fulcro ignaro della mia visita.
Ma non ho potuto più rimandare il viaggio. Troppo forte il desiderio di vederla, di posare gli occhi su di lei anche se solo per pochi istanti.
Così sono qui, avvolto dalla nebbia che ammanta questo paesino perso nella brughiera.
Così sono qui, nascosto dalla cappa atmosferica e dal mio mantello.
Così sono qui, come un ladro, come un criminale.
Ho fatto cose spregevoli negli ultimi anni, forse è davvero questo quello che sono. Le ho fatte, ma alla fine ho deciso di cambiare tutto.
E l'ho fatto per lei.

Un brivido mi percorre la schiena. Prima ancora di vederla so che è lei la persona che è uscita sulle scale della casa pochi passi davanti a me.
Capelli rossi, raccolti dietro la testa.
Corporatura esile, ma una certa forza che traspare dal suo corpo.
Posso distinguere il luccichio dei suoi occhi verdi.
Sono passati gli anni, ma è esattamente come la ricordo nei miei sogni - bella, viva.
Oh Lily...


La tristezza poi ci avvolse come miele,
per il tempo scivolato su noi due.

Resto immobile, come sospeso. Penso quasi di non star nemmeno più respirando.
Lei è qui, a pochi passi da me, eppure così irrimediabilmente lontana.
Ci separa un breve tratto di strada. Se solo volessi potrei avvicinarmi, parlarle, toccarla...
La mia Lily...

Il pianto di qualcuno poco lontano mi riscuote.
A quel suono la vedo darmi la schiena e abbassarsi. Quando torna a voltarsi verso di me, quando posso di nuovo vederla in volto, tiene tra le braccia un bambino.
Mi sento venire meno.
I capelli scuri del piccolo sono spettinati come quelli di lui. Gli occhi invece... posso vedere il verde brillare.
Guardando questa scena in silenzio, allora capisco quanto la prima impressione che ho provato rivedendola fosse sbagliata. Non è vero che non è cambiato niente, non è vero che il tempo sembra non essere passato. I giorni sono voltai in questi anni, veloci come lampi nel cielo.
Sono stato lontano da Lily per molto tempo.
Oggi niente è come allora.



Il sole che calava già, rosseggiava la città
già nostra e ora straniera e incredibile e fredda.


Dovrei andare via. Il motivo stesso per cui sono venuto fin qui sembra adesso una follia.
Vederla.
Nonostante fossi consapevole del fatto che adesso lei ha una vita, una famiglia, un figlio. Con lui - quell'essere spregevole di nome James Potter. Con lui, non con me.
Dovrei andarmene.
Il sole alle mie spalle sta calando. Non lo vedo, avvolto nella cortina di nebbia, ma posso dedurlo dal fatto che tutto intorno si sta facendo buio e scuro.
Anche lei sembra essersi accorta del cambiamento, perché con il bambino ancora stretto tra le braccia si volta per tornare dentro casa.



Come un istante "deja vu",
ombra della gioventù, ci circondava la nebbia...


Io me ne sto andando, lei se ne sta andando. Una scena già vista che sa di consuetudine.
Una scena che ho rivissuto mille volte nella mia mente, nelle notti tormentate dal ricordo di lei.
Lily che cerca di parlare, di farmi ragionare. Io che la insulto. Lei che mi volta le spalle e se ne va, per sempre.
Prima di scomparire nella foschia fisso ancora per una volta gli occhi su di lei.
E' un attimo. Mentre io la guardo lei alza gli occhi.
So che è impossibile. So che lei non può vedermi, avvolto come sono dal mantello dell'invisibilità e dalla notte che incombe. Lo so. Eppure per un momento, per un breve e intenso attimo, è come se i nostri sguardi si incrociassero. Sento i suoi occhi verdi nei miei. Sento il calore di Lily.
Poi l'incanto si spezza. La vedo rabbrividire appena e rientrare in casa senza indugio.
Mi volto per andarmene.

Ma nel mio cuore sento adesso bruciare una piccola fiamma di speranza.
Forse un giorno, quando la nebbia che ci avvolge sarà svanita e tornerà a splendere il sole... forse, dopo aver combattuto tanto, potrò tornare da lei, a volto scoperto, senza nascondermi.
Tornerò qui e le parlerò a cuore aperto, le dirò tutto quello che le ho taciuto negli anni.
E forse allora lei potrà perdonare la mia follia.


* * * * * *

I coniugi James e Lily Potter morirono in un attacco del Signore Oscuro.
Era il 31 ottobre 1981.

* * * * *

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Capitolo 10
*** Happy Birthday, Mr. Weasley ***


9 - Happy birthday, Mr. Weasley

La storia è stata scritta per il 12 mesi di FF
Il prompt di giugno è (azzecatissimamente :)
compleanno



Personaggi: Bill Weasley, Fleur Delacour
Rating: verde
Genere:
commedia

Introduzione: La guerra cambia molte cose. Insegna a mettere tutto nella giusta prospettiva. Che importanza può avere il compleanno in uno scenario del genere? È solo un giorno come gli altri, un giorno in cui lottare per cercare di restare vivi.
Il 29 novembre Bill Weasley compie 27 anni, e l'ha dimenticato.
Ma Fleur, novella sposa, troverà il modo per rendere quel giorno indimenticabile...

NdA: Qui vi dico solo che in corsivo leggerete i pensieri di Bill e che il punto di vista è per il 90% suo e per il 10 % di Fleur. Il resto delle NdA sono alla fine, leggendo penso capirete perché... ^^




Happy birthday, Mr. Weasley


29 Novembre 1997


Il cielo era grigio sulla brughiera, dell'alba imminente non si vedeva nessuna traccia.
Faceva freddo, un freddo penetrante e sinistro che ti penetrava nelle ossa e ti faceva dubitare che una qualche forma di calore sarebbe mai più stata sufficiente a scacciarlo via.
La nebbia avvolgeva il paesaggio e le persone, una nebbia sovrannaturale e strisciante, una nebbia che parlava di morte, di male, di paura.

Bill Weasley entrò in quella che da alcuni mesi era diventata la sua nuova casa scrollandosi di dosso la condensa provocata dal clima spettrale all'esterno.
Con un colpo di bacchetta il mantello fu di nuovo asciutto.
Dentro Villa Conchiglia l'aria era tiepida, fragrante. Per un attimo potevi quasi dimenticare tutto il grigio e il gelo che si trovava all'esterno.
Bill si passò una mano sul viso segnato, cercando di cancellare anche la stanchezza e l'allarme dai propri tratti. Non voleva mettere in allarme Fleur, che magari dormiva serena.
Sorrise mestamente sentendo che la cappa di nero che lo avvolgeva era meno facile da far scomparire del bagnato sui vestiti.
È stata una lunga notte...

Stava per salire le scale che portavano ai piani superiori quando una serie di candele si accese nella cucina.
Bill fu colto di sorpresa da quel chiarore inaspettato, ma in meno di un secondo aveva già sguainato la bacchetta, pronto a combattere l'intruso.
Restò del tutto senza parole quando si accorse che il solo altro occupante della stanza ora leggermente illuminata era un'enorme cosa nell'angolo.

Per Merlino, cosa ci fa una torta gigante nella mia cucina?

Ma subito dopo aver formulato il pensiero, Bill realizzò. Quel giorno così tetro e grigio che incominciava fuori dalla finestra era il 29 del mese di novembre.
Il mio compleanno.
L'uomo non ebbe il tempo di pensare che la moglie era stata carina a ricordare quella data, fuori luogo forse – visto tutto quello che stava succedendo nel Mondo Magico -, ma indubbiamente carina, che una musichetta riempì l'aria.
Per la seconda volta in pochi minuti Bill Weasley rimase impietrito e senza parole.
La cosa nell'angolo si era magicamente aperta in due.
Dal suo interno era uscita sua moglie, Fleur Delacour.
Solo che era diversa... 
Era ovviamente bellissima, ma i suoi capelli chiari erano acconciati in modo che sembrassero più corti e cadessero in morbide onde molto sopra l'altezza delle spalle. Indossava un vestito color carne decisamente succinto. Bill vide che aveva anche un neo sulla guancia sinistra, poco sopra la bocca.
Tutto l'abbinamento gli ricordava qualcuno...
Ma non ebbe tempo di scervellarsi su chi fosse quel qualcuno quando lei iniziò a cantare con voce suadente, muovendosi sinuosa e provocante verso di lui.


Happy birthday to you.
Happy birthday to you.
Happy birthday, Mr. … Weasley!!
Happy birthday to you.


Bill fissò per un attimo la sosia di Marilyn Monroe che si era appena esibita nella sua cucina... poi scoppiò a ridere.
Una risata sentita, una risata di cuore.
Una risata incontenibile e profonda come era da tempo che non gli capitava.

Fleur lo guardò negli occhi e mise su un impercettibile broncio.
Come? Aveva letto tutti quei vecchi libri Babbani sul cinema notando i commenti che il giovane Bill aveva appuntato sui margini delle pagine. Aveva capito che lui aveva una specie di cotta per una di quelle attrici dalle forme prorompenti a dai capelli platinati - Marilyn qualcosa.
Aveva cercato i filmati su di lei a casa dei suoceri e li aveva guardati tutti, per capire chi fosse la donna per cui suo marito sembrava avere da ragazzo una specie di ossessione. E poi si era sistemata a quel modo, mettendoci tutto il pomeriggio, e diciamocelo quella non era proprio la sua migliore mise.
E ora lui le rideva in faccia?? Inaccettabile.

Quando Bill si fu calmato abbastanza da poter di nuovo parlare, lei gli chiese con voce lievemente irritata.
Non ti è piasciuto?”
Il suo accento francese con il passare del tempo era quasi del tutto sparito, ma quando non era del tutto padrona di sé tendeva a tornare a galla a tradimento.

L'ho adorato, tesoro”, rispose lui asciugandosi le lacrime che lo scoppio di ilarità gli aveva fatto venire agli occhi.
Alors, perché ridi?”

Perché ridi?
Bill avrebbe potuto rispondere mille cose diverse, in quel momento.
Rido perché ho sognato per anni un incontro con Marilyn, ho anche cercato qualche incantesimo che potesse darmi un mano all'epoca, ed ecco che il mio desiderio si concretizza nella mia cucina, quando ormai la fissazione per lei è solo un lontano ricordo.
Rido perché con tutto il male che ci circonda è incredibile rendersi conto di poterlo ancora fare, che esistono su questa terra momenti felici, che nessun malvagio può strapparti via.
Rido perché sei bellissima, e sei mia.
Rido perché non credo che la vera Monroe si sia mai sognata di uscire da una torta di compleanno, e di sicuro non nell'occasione ufficiale in cui ha cantato questa canzone.
Rido perché siamo indubbiamente vivi e questo è qualcosa su cui lavorare.
Rido perché la speranza di un futuro migliore non è spenta.

Bill avrebbe potuto rispondere mille cose diverse in quel momento, ma disse solo:
Rido perché mi rendi felice.”
E attirò la moglie tra le braccia, facendo scomparire il suo broncio con un bacio dolce sulle labbra.
Mentre accarezzava i capelli chiari di Fleur che stavano perdendo la piega anni '50 e tornavano a poco a poco a scenderle sulle spalle esili di lei in morbide onde, pensò che in effetti quello – nonostante lo avesse quasi dimenticato, nonostante i pericoli in agguato fuori dalla porta, nonostante l'incertezza del futuro - era un buon compleanno.
Uno dei migliori.
Si ritrovava a 27 anni ad essere un uomo molto più ricco e fortunato di quanto non lo fosse mai stato prima.
La sua fortuna la stringeva proprio in quel momento tra le braccia.


* * * * * *


NdA: Penso che adesso avrete capito perché ho messo queste note alla fine... ^^

In origine avevo pensato di scrivere una storia sull'adolescenza di Sirius e sul suo 16 compleanno – sì, ok, fate bene a pensare che il mio cervellino deve averne fatta di strada per passare da quello a... questo – ma la cosa (essendo lui nato di febbraio) presentava dei problemi logistici e ho dovuto accantonare l'idea.

Il titolo della storia, come avrete capito, non era scontato ma faceva riferimento alla canzone cantata da Marilyn Monroe al presidente J.F. Kennedy nel 1962 durante i festeggiamenti per il suo 45° compleanno. Visto il film che sta per uscire su di lei mi è venuta in mente e mi sono ispirata proprio a quel momento della sua vita (ma certe cose le ho esagerato io. Per esempio, la Monroe non è mai uscita da una torta o almeno non in quella occasione formale e ufficiale).

Vista la passione del Signor Weasley per i Babbani non è del tutto improbabile che anche i figli abbiano sviluppato un qualche interesse per alcuni aspetti della vita “normale”. Ho immaginato che a Bill piacesse il cinema, gli attori e la vecchia Hollywood. Ho pensato che potesse avere dei libri sull'argomento. Fleur ha letto e ha preso spunto a modo suo... ^^

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Capitolo 11
*** Frammenti di una vita fa ***


10 - Frammenti di una vita fa

La storia è stata scritta per il 12 mesi di FF
Il prompt di luglio è:
“Questo caldo mi sta sciogliendo il cervello”




Personaggi: Bellatrix Lestrange
Rating: giallo
Genere:
introspettivo, dark


Introduzione: Prigioniera in una cella fredda come solo l'inferno dovrebbe essere. Prigioniera di mura spesse e di sé stessa. Prigioniera da quella che sembra una vita intera.
Nei brevi momenti in cui torna padrona della sua mente sconvolta, quella che una volta era conosciuta come Bellatrix Black vede cose... desidera cose... Soprattutto, sogna il calore.



NdA: Per il 2° mese consecutivo quella che state per leggere non è la storia che avevo immaginato di scrivere quando ho letto il prompt. Avevo pensato a una storia leggera e divertente sul 36° compleanno di Harry, visto con gli occhi di Lily. Sono finita a scrivere di Bellatrix, della sua pazzia e della sua prigionia ad Azkaban. Che salti può fare la mente umana, vero?! ^^

Bellatrix non è un personaggio semplice su cui scrivere. Soprattutto perché è difficile parlarne senza pensare a quello che ci ha raccontato di lei zia Row. Non si può pensare Bellatrix scissa dai suoi delitti, dalla sua cattiveria. Non si può immaginarla troppo diversa dalla pazza assassina che diventerà. Quando io scrivo di lei, però, senza dimenticare il futuro e il passato, cerco sempre di non farmi condizionare. Per scrivere di qualcuno bisogna in un certo modo sentirlo, anche affezionarcisi un po'. Con lei non è semplice, lo ammetto, però in qualche modo ci riesco. Me la immagino sempre contorta e malvagia, attraversata da questa vena di ossessione per il male e di crudeltà fin da bambina, ma anche profonda, sfaccettata, femminile. Be', questa è la mia versione.

La storia è ambientata durante la reclusione ad Azkaban. Ho situato la prigionia di Bellatrix tra il 1982 (i Potter sono morti nel luglio 1981, quindi è plausibile) e il 1996 (quando Harry è al 5° anno, se non sbaglio), circa 14 anni. 5110 giorni.

Le frasi in corsivo sono parole dette tra sé, voci immaginate, ricordi.




Frammenti di una vita fa


Giorno 1634


Fa freddo qui dentro, tanto freddo.
Tutto quello che riesco a percepire con chiarezza è gelo.

Non so da quanto tempo la mia mente fosse lontana da questo ammasso di ossa che ancora mi ostino a definire corpo.
Non so quanto tempo sia passato dall'ultima volta che ho ripreso una sorta di coscienza di me.
Giorni, mesi, anni.
Potrei esserei rinchiusa qui da pochi minuti, o da tutta una vita.
Farebbe differenza?
Per il mondo che continua a girare, ignaro persino della nostra esistenza – noi esseri rinchiusi e rinnegati?
Per le persone che ci hanno intrappolati, sicure e felici, ora che il Male sembra sconfitto?
Per me, patetica specie di relitto umano, senza più un nome, senza più un futuro?

Una risata sinistra e isterica sale dalle profondità delle mie viscere.
La sento risuonare per un attimo tra le pareti vuote, prima di tapparmi la bocca a forza, terrorizzata e attonita da questo mio gesto.
Loro potrebbero arrivare...
Il silenzio torna a prendere il sopravvento su tutto.
Forse nessuno mi ha sentita. Forse ho solo immaginato di ridere.
Ma dopo un attimo in cui il mio cuore ritrova il battito, sento qualcosa che striscia nel buio.
Si fa più vicino, sempre più vicino.
Loro sono qui.
Un attimo prima che il gelo mi attanagli, prima che quelle cose mi sfiorino con i loro aliti che sanno di morte e putrefazione, mi copro la testa con le braccia, in un patetico quanto vano tentativo di difesa.

* * * * * *


Giorno 1659

Apro gli occhi all'improvviso.
Per un attimo mi sento pervasa da una strana quanto folle lucidità.
So dove mi trovo. So chi sono.
Bellatrix Black, così mi chiamavano le mie sorelle.
Dopo, Madama Lestrange. Quella è una parte della mia identità che nessuno mai mi permetterà di dimenticare.
Bellatrix.
Bella.
Mi sembra di sentire una voce che mi chiama così dall'oscurità. Credo davvero di sentirla.
Accesa da questa folle fiammella di speranza cerco di orientarmi nel buio fitto che mi circonda. I sensi all'erta, cerco di localizzare la fonte del suono.
Brancolo come una cieca nello spazio angusto della cella. Sbatto contro il muro di pietra.
Sola, sono sola.
Sfiancata dallo sforzo fatto, mi accuccio a terra e mi lascio di nuovo avvolgere dall'oblio.
Oblio insidioso e avvolgente come un manto; oblio vuoto come la peggiore delle maledizioni.

* * * * * * *

Giorno 1699


Luce, ecco cosa desidero.
Luce e calore.
Ero una donna potente, prima di finire qui.
Non ricordo con esattezza, i contorni della mia vita passata si fanno ogni giorno più sfocati. Non ricordo tutto, ma di questo fatto sono certa.
Ero potente, temuta, rispetta. Avevo tutto. Ho perso tutto. Adesso non mi resta niente.
Eppure se mi venisse chiesto quale è il mio desiderio più grande in questo momento la risposta sorprenderebbe il mondo. Risponderei subito, senza esitare. Né potere, né gloria. Direi: luce, calore, bruciare.

Ho sempre saputo che quello era il mio destino, ho sempre saputo che solo nel fuoco avrei realizzato a pieno la mia natura più intima.
Mi definiscono una creatura delle tenebre, lo so bene. Non posso dire di non essermi adattata a questo ruolo. 
Ho indossato il manto nero come una seconda pelle. Ho indossato la maschera. 
Ho seguito l'Oscuro Signore fino a perdermi nell'ombra. Senza rimorsi, senza rimpianti.
Ma non posso dire di essermi sentita viva come quella volta che ho brillato in pieno sole.

Non ne sono sicura, eppure per un attimo il ricordo si fa cosa viva davanti a me...


* * * * * * * * * *

Ho compiuto da poco 9 anni.
L'estate è arrivata torrida come mai prima, quest'anno in Inghilterra.
Un giorno, nell'ora di massima luce, esco fuori per mettermi alla prova.
So che sono fatta per questo. Per il fuoco.

Dopo un paio di ore sento delle voci che mi chiamano, allarmate.
Le mie sorelle mi stanno cercando nel parco immenso.
Io me ne sto sotto il sole cocente, incurante della mia pelle diafana che lentamente prende fuoco. Incurante del calore di mezzogiorno, incurante del dolore.
Immobile.
E così che mi trovano.

Bella, andiamo”, la voce impaziente di Narcissa, “questo caldo mi sta sciogliendo il cervello.”
Povera, piccola sorella mia. Così bella, così... debole.
Rivolgo a lei i miei occhi spiritati. Le soffio contro: “Io sono fatta per bruciare”, con un filo di voce prima di cadere a terra, consumata dal calore e dalla potenza del sole.

* * * * * * * * * * * * *


Allungo la mano per toccare mia sorella. Afferro il nulla.
Resto stupita.
Dove ti sei nascosta, Narcissa?
Non può essere un sogno.
Sento il calore del sole cocente sulla mia pelle, la fiamma che mi brucia le membra.
Sento... credo di sentire la vita che scorre nelle mie vene.
Allora dove sei?

Illusione, follia, inganno.

La consapevolezza mi colpisce come un fulmine.
Nell'ultimo attimo di lucidità che mi resta prima di scivolare nell'oblio realizzo che qui intorno c'è solo umido e freddo. Nessun calore, nessuna luce. 
Mai.

* * * * * * * *

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Capitolo 12
*** L'innocenza del condannato ***


11. L'innocenza del condannato

La storia è stata scritta per il 12 mesi di FF
Il prompt di luglio è:
“Ho sempre ammirato le persone che parlano con gli occhi
perché mi paiono più svelte a capire il mondo.”
[Chabon]




Personaggi: Sirius Black [Dorcas, James e Lily Potter]
Rating: giallo
Genere:
introspettivo


Introduzione: Libero. Dopo 12 anni passati dentro a una cella buia. L'essere che è fuggito da Azkaban, però, non è che un'ombra sbiadita del ragazzo che chiamavano Sirius Black. Troppe cose sono cambiate, troppe sono andate irrimediabilmente perdute.
Ma il fuggitivo ha una missione: trovare Peter Minus. Ristabilire la verità. Solo dopo potrà, finalmente, riposare.


NdA: È la prima volta che scrivo di Sirius. L'ispirazione mi è venuta leggendo una delle storie di luglio (su di lui e la prigionia ad Azkaban). Ho voluto raccontare i momenti dopo la fuga – di cui non si legge molto spesso. Uno esce di prigione dopo anni e si ritrova nel mondo... e niente di ciò che conosceva è come prima. Non deve essere facile.
Non so perché, scrivendo i pensieri di Felpato - che in origine dovevano essere solo sul deprimente-triste-malinconico - è venuta fuori una nota leggermente comica... Ci sento un che di scanzonato e ironico, che per me fa molto Sirius.

Per quello che riguarda il suo rapporto con Harry, non ricordo cosa viene detto nel 3° libro a riguardo. Io ho immaginato che quello che inizialmente spinge Sirius sia solo desiderio di rivalsa su Minus, per riabilitare il proprio nome e dimostrare la propria innocenza. L'interesse per Harry, nella mia storia, arriva in un secondo momento (magari dalla lettura di qualche giornale rubato dal grosso cane nero :)

Per la relazione Sirius/Dorcas ho ripreso la versione fan, adattandola. Nella mia interpretazione tra i due c'era una simpatia, in crescita, ma non ancora sbocciata in amore. Il sentimento si stava formando, in pratica. Ho immaginato Dorcas come un opposto di Sirius, pacata, riflessiva. Non per questo debole. Anzi. Per come l'ho voluta vedere io, era proprio questo suo osservare e riflettere che la rendeva potente.





L'innocenza del condannato


Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
È il mio cuore
il paese più straziato

[San Martino del Carso, G. Ungaretti]


Quello che non ho
è un treno arrugginito
che mi riporti indietro da dove son partito

[Quello che non ho, F. De Andrè]


Agosto 1993

Mi guardo intorno, teso. Non posso fare a meno di controllarmi dietro le spalle, continuamente, come se fossi inseguito. Ogni mio senso canino è all'erta.
Anche se la notizia della mia fuga non può essersi ancora diffusa – so che il Ministero cercherà in tutti i modi di catturarmi senza far trapelare la notizia, prima di diffondere il panico nella comunità magica – non è molto semplice essere razionali in questo momento.
Non è molto semplice essere razionale in senso assoluto, data la mia situazione.
Secondo i canoni della natura umana dovrei essere uscito di senno, da un bel po' di tempo. Tutti pensano che sia così – o lo farebbero, se ancora qualcuno si interessasse a me, e al destino della mia psiche.

12 anni ad Azkaban.
12 anni lontano dalla luce del sole.
12 anni rinchiuso tra quattro mura umide e gelide.
12 anni circondato dal potere oscuro e letale dei Dissennatori.
Questo dovrebbe essere abbastanza per chiunque. Questo dovrebbe essere troppo.
Dovrei essere impazzito in quella cella.
Dovrei essere morto.

Invece sono qui.
Sento il sangue pulsare con forza nelle mie vene, sento il battito del mio cuore. La consistenza della terra sotto le zampe è reale. Reale come l'odore fragrante dell'aria, misto a quello delle foglie degli alberi. Sento tutto questo. Percepisco decine di altre cose.
Sono indubbiamente vivo.
Mi guardo intorno con sguardo stupito. Avevo finito per dimenticare quanto il mondo fosse... bello. Semplicemente e incredibilmente bello.
Contro ogni logica e previsione – se mi fosse rimasta un briciolo di arroganza potrei complimentarmi con me stesso per essere stato il primo a trionfare in questa impresa – sono riuscito a scappare dalla prigione dei maghi.
Uno scatto di volontà, una scintilla della mia antica forza. Tanto è bastato per riuscire ad assumere ancora queste familiari sembianze ferine.
Il resto è stato quasi un gioco da ragazzi.
Infilarmi tra le sbarre, giocando i dannati custodi della mia prigionia.
Scappare lungo gli interminabili corridoi fino a raggiungere l'aria.
Nuotare dall'isola fino alla terra ferma.
Sono vivo. Sono libero. Non ho più arroganza per gloriarmi con me stesso di questa impresa.
So bene che non ci sarei mai riuscito se quella foto non avesse riacceso in me tutta la rabbia, tutto l'odio che un tempo ero capace di provare.
È stata quella foto che mi ha salvato.
È stato l'odio per l'essere immondo che si faceva chiamare Peter Minus a farmi fuggire.
Pensare a Codaliscia, anche solo computare mentalmente il suo nome, mi ha provocato una scarica di adrenalina. È stato come essere rivitalizzato da un incantesimo potentissimo.
Non potevo restare lì dentro, mentre lui si aggirava ancora per il mondo - vivo, libero.
Non potevo.


Ora sono fuori.
E tutto mi sembra estraneo. Tutto mi sembra nuovo.
12 anni sono lunghi da passare.
12 anni sono infiniti, rinchiuso innocente per un crimine non commesso.
Ma adesso che le mie zampe si posano di nuovo sulla terra, mi rendo conto di quanto questi 12 anni abbiano cambiato il mondo, oltre alla mia persona.
Nei momenti di lucidità, dentro la mia cella, immaginavo quello che ci sarebbe stato fuori. Immaginavo il futuro, immaginavo la vita.
Non avevo del tutto messo a fuoco quello che era successo prima dell'incarcerazione.
Non avevo considerato tutto ciò che, in un modo o nell'altro, non ci sarebbe stato comunque, che io fossi stato dentro o fuori la prigione.

Tutti quei morti. Tutti quei lutti.

Dentro le mura di Azkaban non potevo lasciarmi sopraffare, non potevo concentrarmi su quello che significassero per me. Il dolore mi avrebbe ucciso. La disperazione era la mia più acerrima nemica. Ho messo tutto in un angolo della mente, demandando a un momento successivo la riflessione.
Per 12 anni mi sono nutrito solo della certezza della mia innocenza.
Ho bandito la paura, ho scacciato la disperazione più nera che viene dal pensiero di non avere via d'uscita. Io ero innocente. Non dovevo smettere di crederci.
È stato questo che mi ha tenuto in vita. 
Per 12 anni.
Ma adesso sono fuori, sono libero, certi pensieri non possono più essere messi da parte.
Proprio adesso che sono fuori, mi rendo conto che niente è come prima. Che niente, per me, potrà mai più essere lo stesso.

James e Lily non torneranno.
Non potrò più sentire la risata cristallina del mio migliore amico, mentre gli racconto una delle mie imprese. Non condividerà più i miei pensieri, con un semplice sguardo. Non mi aiuterà più a sopportare il peso della mia famiglia e della mia stirpe. Mai. Andato, perduto per sempre.
E Lily... la dolce, ma tenace Lily. Non potrà più guardarci con quegli occhi verdi, profondi; con lo sguardo divertito di una mamma che ha a che fare con due bambini un po' troppo monelli.
Lily... così vicina a una sorella, anche se spesso non condivideva le mie azioni e la mia impulsività. Ma c'era sempre. Per me, per noi. Pronta a sgridare e a consolare. Pronta a essere la nostra fortezza. Non accadrà mai più. Andata, perduta per sempre.


E Dorcas...
Oh, Dorcas aveva un modo tutto suo di relazionarsi con le persone. Ho sempre ammirato le persone che parlano con gli occhi perché mi paiono più svelte a capire il mondo.
Lei era proprio così. Il mio contraltare perfetto, oserei dire. Tanto io ero avventato e impulsivo, così lei era pacata e riflessiva. Preferiva guardarsi bene intorno, prima di esprimere un'opinione. Preferiva assicurarsi di avere capito bene, valutato bene, prima di agire.
Io ero l'opposto. Arrogante e pieno di me. Un ragazzo, sempre pronto a gettarsi nella mischia – ma non lo eravamo tutti? Ragazzi. E incoscienti, anche, perché no.
Ragazzi. Teste calde, a volte. Certi di essere invincibili. Perché quando hai 20 anni non riesci a pensare seriamente che la tua vita potrebbe interrompersi in un battito di ciglia. Non puoi proprio farlo.
All'epoca avevo senso dell'umorismo. Ero divertente, così mi dicevano. Avevo la tendenza a calcare la mano, però. Ho sempre avuto dei problemi a capire quando era il momento di lasciar perdere...
Anche Dorcas era spiritosa, a suo modo. Ma non feriva mai nessuno con le sue parole, come invece troppe volte ho fatto io.
E aveva una risata così bella... Cristallina e sincera. Limpida, come lei.
Il nostro rapporto era cresciuto nel tempo, giorno dopo giorno, senza fretta. Assurdo, se si pensa ai tempi incerti in cui ci eravamo trovati a vivere. Ma non esisteva altro modo di vivere, per lei. Non avrebbe mai affrettato le cose, non sarebbe mai stata avventata.
Così non è mai successo nulla tra noi.
Sguardi che si fanno via via sempre più dolci. Mani che dopo aver lottato si cercano nel buio, per scambiarsi una silenziosa e dolce carezza. Tutto qui quello che mi resta, tutto ciò che ho per cui provare nostalgia.


Scuoto il capo, spargendo tutto intorno le gocce di pioggia che hanno preso a cadere, inzuppandomi il pelo.
Fantasmi, niente altro che fantasmi.
Porto i mie morti nel cuore, come un macabro camposanto.
Avrei potuto unirmi a loro.
In questi 12 anni avrei potuto mille volte mollare la presa su questa vita così crudele, così ingiusta. Lasciarmi andare, semplicemente. Smettere di respirare. In certi momenti avrei accolto la morte come una benedizione, come una sorella attesa da lungo tempo.
Avrei potuto... ma non l'ho fatto.
Troppo forte il senso dell'ingiustizia che ho patito. Troppo forte il desiderio di vivere per dimostrare al mondo quanto grande sia stato il suo errore.
Avete sbagliato a giudicarmi.
Avete sbagliato tutto.

Sono sopravvissuto sperando, un giorno, di poter gridare in faccia alla gente la mia rivalsa.
La mia innocenza.
Non sono un assassino, non sono un mostro.
Non ha senso recriminare adesso. Non ha senso abbattersi.
Adesso che ho la possibilità vera e concreta di portare a termine la mia vendetta. Adesso, che il momento della rivalsa è arrivato davvero, e non solo nei miei sogni.


I fantasmi saranno ancora lì ad aspettarmi, quando avrò finito con Minus.


************


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Capitolo 13
*** Colpa del whisky ***


Colpa del whisky

La storia è stata scritta per il 12 mesi di FF

Il prompt di settembre è:
"Non ho voglia di pensare al futuro. Non potremmo semplicemente goderci il presente?"





Personaggi: Draco Malfoy, nuovo personaggio
Rating: verde
Genere:
commedia

Introduzione: Draco Malfoy non ha voglia di pensare. Dopo tutto quello che gli è successo negli ultimi due anni, tutto quello che vuole è dimenticare per una sera i problemi, le responsabilità, anche la propria identità. Per questo si rifugia nel più impensabile dei posti, un pub Babbano... Un incontro inaspettato getterà nuova luce su una serata da dimenticare...




Colpa del whisky



Sarà colpa del whisky o sarà colpa del caffè
ma non mi ricordo più di te
Sarà che questa sera fa un freddo micidiale
sarà che non ho neanche voglia di parlare



Londra, autunno 1997



Ancora non riesco a capacitarmi di avere scelto come scenario della mia fuga, tra i mille luoghi esistenti al mondo, proprio questo.
Se qualcuno mi vedesse, prima resterebbe basito, poi forse riderebbe di me.
Non avrei la forza per accennare una reazione, probabilmente lo lascerei fare.
La situazione risulta comica persino per me, se mi sforzo di vederla dall'esterno...
Draco Malfoy, purosangue, discendente di una famiglia impeccabile, seduto sullo sgabello malridotto di un pub polveroso. Un pub Babbano.
Mi sfugge un fugace sorrisino, mentre stringo il bicchiere dozzinale di vetro spesso tra le mani. Sono fuori luogo tra queste pareti, come forse non lo sono mai stato prima.
Con i miei abiti firmati, le scarpe lucide. Le mani curate e i capelli perfettamente in piega.
Stono terribilmente contro questa tappezzeria consumata dal tempo e dal fumo.

Oppure no.
Se qualcuno incrociasse il mio sguardo, oltre a squadrare il mio abbigliamento, potrebbe cambiare parere. Non sono poi così diverso dai pochi altri avventori, uomini stanchi, relitti umani.
Ho gli occhi grigi cerchiati di nero. La pelle di un pallore giallastro malsano.
Alzo la testa e riesco a intravedere il mio viso nel riflesso di una specie di specchio appeso dietro il bancone.
Non ho bisogno di conferme, comunque, so di non essere all'apice del mio splendore.
Sono notti che non dormo come si deve, giorni che non mangio un pasto decente.
Le responsabilità, i problemi, mi gravano sulle spalle, e in certi momenti credo di non essere abbastanza forte per farmi carico di tutto.


** * ** * ** * ** * ** * ** * ** * ** * **


La guerra è finita, il Signore Oscuro è stato sconfitto – in modo definitivo, stavolta, almeno così dicono.
I Buoni festeggiano e si leccano le ferite.
A noi Malvagi è concessa solo la seconda delle due attività.
Non ho niente da festeggiare, io. Al momento il futuro mi sembra terreo, imperscrutabile, foriero solo di brutte notizie.
Mio padre è rinchiuso ad Azkaban. L'avvocato dice che le possibilità di assoluzione, al processo, sono buone.

Pressione psicologica, terrore, minacce di morte. Ci sono attenuanti in quantità, signor Malfoy, non si preoccupi.”
Per me queste non sono altro che parole. Non ho mio padre su cui fare affidamento, adesso. Conta solo questo.

Mia madre è solo un pallido spettro della donna che era. Cerca di fingere una serenità che non prova, cerca di farlo per me. La recita non le riesce.
È pallida e delicata come un fantasma, tanto che certi giorni temo che basterà un soffio di vento più forte degli altri a portarla via.

Mr. Dabledy dice che tuo padre potrebbe uscire presto”, mi ripete dopo ogni incontro con l'avvocato.
Non so se almeno lei creda a queste promesse dette più per contratto che per reale convinzione.
Per me sono solo parole.
Non ho mia madre su cui fare affidamento, adesso. Conta solo questo.

Sono solo, completamente solo. E devo pensare a tutto.
Il patrimonio di famiglia è sotto sequestro, al momento. Ci è stato permesso di tenere la Manor, ma non possiamo toccare il denaro nei nostri conti.
Anche su questo punto Dabledy è ottimista, ma lui non deve fare i conti quotidianamente con i creditori e gli avvoltoi.
Cerco di tenere duro, di non mostrare debolezza. Tengo la testa alta come un vero Malfoy, rispondo sprezzante a chi mi fa domande sulla nostra situazione. Recito tutto il giorno, tutti i giorni. Ma lo sforzo, la stanchezza iniziano a pesarmi addosso.
Mi guardo allo specchio e sono di nuovo l'ombra di me stesso. Un ragazzino sopraffatto dalle responsabilità e dai problemi, come al 6° anno.
Ma allora avevo amici su cui fare affidamento, e una famiglia alle spalle. Mai avrei chiesto il loro aiuto, mai li avrei coinvolti nei mie drammi, eppure sapevo che erano lì per me.
Che ci sarebbero stati, se io avessi deciso di rompere gli indugi, superare l'orgoglio, e chiedere.

Adesso sono solo. Davvero.
Ognuno è preso con la propria vita, con i propri guai.
Non c'è più tempo per pensare agli altri.


* * * * * * * * * * * * * * * * * * * * *


La tensione si è fatta via via più forte. Tante cose da tenere in equilibrio, solo due mani e due spalle nemmeno troppo prestanti per cercare di farlo.
Quando stasera sono rientrato alla Manor e ho sorpreso mia madre a osservare con sguardo vuoto e spento una foto di alcuni anni fa che ritrae la nostra famiglia... non ce l'ho fatta più.
Sono uscito dalla porta da cui ero appena arrivato e ho deciso di staccare la spina per una sera.


E ora eccomi qui.
In un malconcio pub Babbano, pronto a scolarmi il quinto – o era il sesto? Non credo di ricordarmelo con esattezza – bicchiere di whisky.
I problemi si sono fatti via via più piccoli, risucchiati dal liquido ambrato e forte.
Sto per buttare giù il liquore, quando qualcuno mi ferma il braccio.

Direi che per stasera può bastare così.” Una voce femminile mi coglie alle spalle.
Direi che non sono affari tuoi”, rispondo con fare impastato, e quasi stento a riconoscermi.
Che gentleman”, ribatte prontamente la voce. “Vedendo la mise avevo pensato di avere davanti un tipo diverso dal solito e invece... il solito ubriacone.”
L'ironia delle parole mi incuriosisce, tanto che finalmente mi volto nella direzione da cui provengono.

Accanto a me c'è una ragazza.
Una ragazza molto carina.

Queste sono le uniche informazioni che, d'impatto, la mia mente traballante riesce a registrare.
Metto a fuoco lo sguardo per vedere meglio.
Capelli rosso scuro, legati dietro la testa. Ciocche ribelli che sfuggono. Occhi azzurri. Pelle chiara, con delle simpatiche lentiggini sul naso.

Soddisfatto?”
Corrugo la fronte, senza capire a cosa si riferisca.

L'esame scrupoloso a cui mi hai appena sottoposto.” Mi fa il favore di spiegare lei.
Sento il calore salirmi sulle guance, e imporporarle leggermente.
Lei non se lo lascia sfuggire.

Sei umano, allora. Visto il colorito cereo iniziavo ad avere qualche dubbio...”.
Mugugno qualcosa e torno a concentrarmi sul bancone e sul mio bicchiere ancora intatto.

Ancora convinto di berlo, quello? Posso portarti un ottimo analcolico, in alternativa.”
La voce, che adesso ha anche un corpo abbinato, non molla.
La ignoro, ma lei non si muove. Sento i suoi occhi addosso.

Dopo un paio di minuti, sono io il primo a cedere.
Non hai niente di meglio da fare che importunare la gente?”
Come puoi vedere, tu sei il solo avventore del pub, quindi... direi di no.”
Torno a guardarla e noto il grembiule bianco che porta intorno ai fianchi.

Lavori qui?”
Ci sei arrivato, genio.”
Certo che ha una bella lingua lunga, la cameriera.
Mi chiudo di nuovo nel mio silenzio.
Questa volta è lei a spezzarlo. “Scusami, non dovrei essere così pungente.”
Silenzio.

Io sono Andy, comunque.”
Dr... Harry.”
Non hai proprio la faccia da Harry, sai?”
Perché che faccio ho?”
Quella di qualcuno che cerca di annegare i suoi problemi nell'alcool. Fidati, ne ho visti tanti provarci, e nessuno ha avuto grande successo.”
Scuoto le spalle.
So che ha ragione, ma questa è la mia serata di libertà e non lascerò certo che una cameriera impicciona me la rovini.

Da cosa di preciso stai cercando di scappare?”
Direi che non sono affari tuoi.” La mia risposta secca.
Deve essere qualcosa di grosso, se un ragazzo che sembra avere tutto si riduce a tanto.”

La sua affermazione mi fa riflettere.
Non posso certo dirle cosa mi affligge – è una sconosciuta, una Babbana per giunta.
Tra l'altro non saprei nemmeno da che parte cominciare...
Mio padre è in prigione, mia madre è uno spettro, tra poco sarò costretto a impegnare la casa per pagare da mangiare.
E l'elenco potrebbe continuare.

La ragazza che fa la cameriera mi incalza.
Ok, niente domande sul passato. Cosa vedi nel tuo futuro?”
Cos'è, una psicologa? Una consulente scolastica?

Non ho voglia nemmeno di pensare al futuro”, ribatto laconico. “Non potremmo semplicemente goderci il presente?” Il mio tono è ironico, mentre prendo in mano il bicchiere e lo inclino verso di lei in un muto brindisi.
Simpatico”, ribatte.
Porto il vetro alle labbra, ma invece di buttare giù il contenuto in un sorso, lo assaggio appena e poi lo poso di nuovo sul bancone.
Devo ammettere che questo incontro inaspettato mi ha incuriosito e distratto.

Hai qualche idea migliore?” la provoco.
Lei aggrotta la fronte. È il suo turno di restare perplessa.

Sì, per godersi il presente in modo più proficuo.”
Il mio ghigno si allarga quando sono le sue gote, questa volta, a tingersi di un bel rosso vivo.
Appena si accorge del mio divertimento mi tira contro lo straccio che teneva alla vita e mi sibila uno: “Stronzo”.

Una vera lady”, ribatto io.

Lei mi guarda per qualche secondo, poi scoppia a ridere.
E io con lei.

Touche”, dice alla fine, quando ci siamo ricomposti entrambi. “Cosa ne dici, ora, di quell'analcolico?”
Faccio segno di sì con la testa, e la osservo mentre lascia il mio fianco e si sposta dall'altra parte del bancone.
La mia prima impressione trova conferma, ora che la mia testa si è leggermente alleggerita e le idee sono più chiare. Fisico snello, proporzionato. Anche se non è altissima le gambe sono belle. Una ragazza molto carina.

Continuo a guardarla mentre armeggia per un po' con le bottiglie e i cartoni di succo di frutta.
Cosa ci fa un ragazzo di classe come te, qui? Almeno questo posso saperlo?”
Alzo le spalle. “Passavo di qui per caso.”

Che non sei di queste parti l'avevo capito. Non ti avevo mai visto prima.”
Lavori qui da tanto?” è il mio turno di essere curioso.
Qualche mese. Il posto non è male come sembra, e in ogni caso i soldi mi servono.”
Anticipa un paio delle mie domande con questa unica risposta concisa.

Dimmi come ti sembra”, mi dice passandomi un bicchiere allungato, pieno fino all'orlo di un liquido color rosso intenso.
Si abbina con i suoi capelli e le sue lentiggini.
Sorrido impercettibilmente, senza volere, a questo pensiero.

Perché ridi?” Certo che non le sfugge proprio niente.
Evito di rispondere bevendo un sorso del mio drink.
È buono. Il gusto è dolce, ma non troppo. Un mix perfetto tra sapori diversi. Arancio, credo, e anche pesca... poi non saprei.

Arancio e pesca?” chiedo per avere conferma.
Annuisce, bevendo dal proprio bicchiere.

E qualcos'altro che non riesco a riconoscere...”.
Frutto della passione”, mi sorride allegramente, “sai, per festeggiare degnamente il nostro incontro.”
Le sorrido di rimando e mimo un brindisi, toccando appena il vetro con il vetro.
Poi restiamo in silenzio per un po'.

È strano. Per la prima volta da molto, molto tempo mi sento bene.
Sono riuscito a mettere da parte per un'ora i brutti pensieri, e non ho avuto bisogno di perdere conoscenza per farlo. Una piacevole novità.
Potrei prendere in considerazione l'idea di vederla ancora... è una Babbana, senza dubbio.
Ma questo ha molta importanza adesso? Conta più del fatto che è riuscita a farmi ridere di nuovo? Ad allentare la morsa che mi attanaglia lo stomaco da settimane? Potrebbe addirittura piacermi...


Dovrei chiudere.” La sua voce mi strappa ai miei pensieri.
Me ne vado subito”, le rispondo precipitosamente. Provo la sensazione di essere stato colto in fallo. Non voglio certo essere un impiccio.


Potrei dirti che sarei felice di rivederti”, mi blocca lei quando già sono con un piede sulla porta, “se non avessi paura di passare per la solita ragazzina illusa.”
Mi volto con un mezzo sorriso sulla bocca.

Potrei risponderti che ti incontrerò ovunque tu voglia, se non temessi di passare per il ragazzo che ci prova in modo spudorato.”
Sorride anche lei.

Domani, qui, alla solita ora?”
Non interferirò con la tua promettente carriera lavorativa?” la provoco io.
Penso di riuscire a gestirla.”
A domani allora.”
A domani, Harry che non sembra affatto un Harry.”


*** * *** * *** * *** * *** * *** * *** * *** * ***


Esco dal locale ancora sorridendo, ed è sempre col sorriso sulle labbra che mi materializzo, pochi attimi dopo, fuori dai cancelli della Manor.
Vedere quella che potrebbe non essere più la mia casa tra poco tempo mi provoca una fitta allo stomaco, ma arriva in mio soccorso il viso allegro e lentigginoso di quella strana ragazza.
Il panico passa, il respiro si regolarizza.
I problemi sono ancora qui che mi aspettano. Non è cambiato niente. Eppure mi sento stranamente fiducioso, stranamente bene.
Per questo penso proprio che tornerò di nuovo da lei, domani.
Una cura molto migliore di una sbornia, no?!



7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'°7'



NdA

Ci avviciniamo alla fine di questa avventura del 12 mesi. Ho voluto, in dirittura d'arrivo, tornare a parlare di qualcuno che amo in modo particolare, e dipingerlo proprio come lo amo (che sia o meno aderente all'IC): combattuto, esaurito, sempre ironico. Me lo figuro con gli occhi della mente, seduto a quel bancone, con il bicchiere pieno tra le mani... le occhiaie e troppi pensieri per la testa.

Il titolo e la citazione iniziale sono presi dalla canzone Colpa del whisky, di Vasco Rossi.

Il personaggio di Andy, così come quello dell'avvocato Dabledy, sono una mia invenzione.

Avrete notato il fatto che, volendo evitare di rivelare la propria identità, Draco dica Harry come primo nome che gli viene in mente. Non ho saputo resistere a inserire questa battuta. La si può vedere in molti modi. Un accennino, ino, ino di slash, oppure una deformazione professionale di Draco (tanto tempo ha passato a odiare Potter, che ora gli torna alla mente nei momenti più disparati).

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Capitolo 14
*** Il destino nel nome ***


13 - Il destino nel no,e

La storia è stata scritta per il 12 mesi di FF
Il prompt di settembre è:
Kiss the rain (song)





Personaggi: Scorpius Malfoy
Rating: Giallo
Genere:
Malinconico, introspettivo

Introduzione: Quando lo guardano, tutti vedono solo il ragazzo privilegiato e viziato. Nessuno sembra rendersi conto delle difficoltà di portare quel cognome... Nessuno sembra rendersi conto di come sia difficile, ogni giorno, ogni momento, fingere che sia tutto a posto...



Il destino nel nome



Hello
Can you hear me?
...
'Cuz I'm trying to explain something wrong

[Kiss the rain – Billie Myers]




Il vento temporalesco mi accarezza il viso. Il cielo è scuro, promette pioggia.
Presto, pioverà presto.
Lo so, me lo sento.
Anche a occhi chiusi riconoscerei l'odore caratteristico del momento che precede la burrasca, quell'aria quasi elettrica che ti si addensa intorno.
Sta per piovere - non mi interessa. Continuo imperturbabile a camminare sulle rive del lago scuro.
Sta per piovere - è esattamente quello che voglio. Venire nascosto dalla pioggia fitta, venire cancellato per qualche minuto.


* * * * *


La gente crede che sia facile, essere me.
Quando mi guardano, le persone vedono solo Scorpius, il ragazzino che ha tutto, quello viziato, quello privilegiato. La vista del mondo a volte è talmente corta, non va oltre una prima impressione. Superficiale, terribilmente superficiale.
Io non sono semplicemente Scorpius, quello che ha tutto.
Io sono Scorpius Malfoy, e questo fa tutta la differenza del mondo.
Il cognome di mio padre, il cognome di mio nonno, mi grava addosso come una maledizione.
È un marchio sulla mia pelle, inciso in profondità contro il mio volere, senza che di fatto io potessi farci niente.
Sono nato Malfoy, e questo fatto non potrà mai cambiare.


Non so molto di quello che è successo in passato – o meglio, non ne sapevo molto prima di arrivare qui ad Hogwarts.
Fino ad 11 anni i miei genitori mi hanno tenuto sotto una campana di vetro, per proteggermi - si sono difesi quando, la scorsa estate, ho gettato contro di loro tutto il mio dolore e la mia rabbia.

Non c'erano molti bambini della mia età, nella mia vita precedente. Sono cresciuto nella Manor, circondato da tutti gli agi, ma fondamentalmente solo.
Mio padre e mia madre non parlavano mai del passato. La mamma mi raccontava le favole prima di andare a letto, mio padre mi insegnava a volare e cose simili. Ma quello che era successo prima della mia nascita, quello che aveva portato alla caduta in disgrazia del nonno e del nostro casato, era un tabù.
Non ho mai fatto domande, perché di fatto ignoravo il problema.
Ho avuto un'infanzia felice. Solitaria, ma felice.

Poi sono venuto a scuola... ed è cambiato tutto.
Il mondo da cui ero stato tenuto al sicuro fino a quel giorno entrava di prepotenza nella mia vita. Senza chiedere alcun permesso, senza esitazioni.
Ho scoperto molte cose di cui non potevo avere idea. E le ho scoperte nel modo più difficile, nel modo più duro: per mezzo di battute taglienti e spesso offensive sulla bocca dei miei compagni.
La mia famiglia non ha potuto tenermi al riparo anche da questo.
Fin dai primi giorni sono diventato un bersaglio delle malelingue e non solo, un bersaglio facile.

Riesci a guardarti allo specchio, con quello che tuo padre ha fatto?
Non ti vergogni di essere vivo, mentre tante persone non lo sono?
Come sta il nonnino? Ucciso qualcuno questa settimana?
Cattivo sangue non mente.

E ancora, e ancora.
Parole all'inizio senza senso, che piano piano si sono fatte più chiare.
Durante le prime vacanze di Natale passate da studente a casa, i miei genitori hanno dovuto riempire il silenzio di tutta una vita. Alla fine sospettavo che non mi avessero ancora detto tutto, ma almeno avevano parlato.
Questa conoscenza e consapevolezza mi ha reso le cose più facili, dopo, ma solo un po'.

Nei mesi successivi ho fatto appello a tutta la mia strafottenza targata Malfoy, a tutto il mio coraggio, per andare avanti. Ho finto di non sentire le accuse che mi venivano rivolte, ho fatto buon viso a cattivo gioco – per usare un modo di dire.
Ho finto, appunto. Ogni giorno, ogni momento.
E da allora ho continuato a farlo. Ancora, ancora.
Non posso permettere a quelle persone di farmi crollare, non posso permettere loro di vedere quanto questa campagna diffamatoria mi faccia male.
Che colpa ho io di quello che è successo 20 anni fa?
Posso cambiare il passato?
No di certo!
E allo stesso modo non ho certo scelto io di nascere Malfoy, non più di quanto ogni altro essere umano scelga di venire al mondo in questa o in quella famiglia, in questa o in quella situazione. Se potessimo decidere, tutti decideremo per il meglio. Ma è impossibile.
Sono innocente! So di esserlo, e sotto sotto dovrebbero saperlo anche loro. Ma offendermi e tormentarmi è più facile.
Immagino sia la routine in ogni scuola, anche in quelle Babbane. Ci sono gli aguzzini e le vittime, ed essere nel primo gruppo ti protegge mentre stare nel secondo ti affossa.
Mi è andata male, non sono stato molto fortunato.


* * * * *


Sono andato avanti, giorno dopo giorno.
Ho 13 anni, adesso.
Le chiacchiere e le battute non sono del tutto sparite con il passare del tempo.
A volte penso che vada meglio, che il peggio sia finalmente passato, ma poi nel mondo magico succede qualcosa di spiacevole... e allora il fuoco di fila ricomincia.
È che è così liberatorio, per loro, incolpare me e la mia famiglia per qualsiasi cosa. Credo che li faccia stare meglio, che li tranquillizzi.
Non importa se sono tutte sciocchezze, se mio padre non ha fatto proprio niente, e io tanto meno.
Scorpius Malfoy, bersaglio perfetto.
Scorpius Malfoy, sempre disponibile per il linciaggio quando le cose si mettono male.

Sorrido e fingo, come sempre.
Sorrido e non abbasso mai lo sguardo o la testa.
Portamento fiero, schiena dritta. Tutto quello che mi resta è la soddisfazione di non dargliela vinta.
Ma la mia recita è dura da reggere per me, attore principale e incompreso.
Ci sono dei momenti in cui vorrei solo raggomitolarmi in un angolo e piangere – e non importa se questo non fa per niente Malfoy, per niente mago purosangue.
Vorrei, ma non posso. Disonorerei mio padre e me stesso, disonorerei il mio nome, e comunque dopo le cose non sarebbero più facili. Anzi.

Se in certi momenti penso di non farcela, se sento che sono vicino al punto di non ritorno, invece di gettarmi a terra e lasciarmi andare scappo fuori. 
Esco nell'aria fresca del parco del castello, respiro. Camminando i pensieri si aquitano, la sensazione di andare alla deriva si calma. 
Camminando riprendo il controllo.


Così ho fatto adesso.
L'omicidio di un noto esponente del Ministero della Magia ha fatto rimontare alla massima potenza le frecciatine e le accuse contro di me e tutta la schiatta dei Malfoy.
Gli ultimi giorni sono stati molto pesanti da sopportare.
Oggi sono arrivato al limite, quando un secchio di vernice rossa – “Rosso come il sangue che macchia le mani della tua famiglia” – mi è accidentalmente caduto in testa.
Potevo scegliere: lasciarmi andare alla disperazione, cedere, oppure reagire.
Ho optato per la seconda opzione.
Senza scompormi mi sono ripulito con un incantesimo e ho tirato dritto. Senza un lamento, senza una parola. Sentivo il battito accelerato del mio cuore rimbombarmi nelle orecchie.
Ciò nonostante ho continuato a camminare composto, apparentemente tranquillo.
Solo quando ho oltrepassato il portone di ingresso e mi sono ritrovato avvolto dalla caligine temporalesca ho preso a correre a perdifiato.
Non mi sono fermato fino a quando non ho avuto più aria nei polmoni. Allora mi sono lasciato andare contro un albero. E ho pianto.
Dopo qualche minuto mi sono tirato su, e ho preso a passeggiare.


* * * * *


Sto passeggiano anche adesso, mentre la pioggia si prepara a cadere.
Cammino quando le prime gocce mi bagnano il viso, scivolano sul mio corpo, lavano via gli ultimi residui di vernice rossa.
Non mi fermo neppure quando la pioggia diventa più forte. Adesso è più simile a una tempesta - non mi interessa.
Nell'ululato del vento posso gridare a pieni polmoni tutta la mia rabbia, senza paura che qualcuno mi senta. Nel fragore dei tuoni che si susseguono le urla di un ragazzo solo e incompreso non corrono il rischio di venire intese da orecchie umane.

Se in cielo c'è qualcuno di sovrannaturale, capirà.
Ma non potrà tradirmi.


* * * * * * * * *




NdA

L'idea per la storie me l'ha data un post su Facebook. Non mi ricordo l'autore del commento, ma questa persona si chiedeva perché, nelle storie su Scorpius, nessuno pensasse mai alle sue difficoltà in quanto discendente dei Malfoy. Ho voluto supplire alla lacuna con questa one-shot.

Ho immaginato che Scorpius sia stato cresciuto un po' sotto una campana di vetro, cosa che ci può stare, senza che i genitori volessero affrontare il tema della guerra e del loro ruolo in questa. La scuola, si sa, cambia tutto...

Ho usato la canzone “kiss the rain” come spunto, sia per l'ambientazione temporalesca della storia che per la “confessione” gridata al cielo di Scorpius. Le parole di Billie Mayer mi hanno fatto pensare a questo.



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Siamo giunti alla fine del 12 mesi di FF cominciato – ebbene sì! - nel novembre 2011.
Mi sono divertita molto a partecipare e sono anche molto fiera della mia costanza. Ammetto che all'inizio avevo un po' il timore che non sarei riuscita a rispettare le scadenze e scrivere davvero 1 storia al mese. Invece è fatta!
Arrivare alla fine di un progetto a me lascia sempre un po' di amaro in bocca. Se poi questa “avventura” ti ha tenuto compagnia per 12 mesi be', il dispiacere è almeno doppio.

Concedetemi un angolino per i ringraziamenti.
Grazie alla promotrice del contest BS per avere avuto l'idea, non importa se la presenza è andata in calando nell'ultimo periodo.
Grazie anche alle altre partecipanti, che mi hanno tenuto compagnia con le loro ff e mi hanno fatto conoscere personaggi “nuovi” e stili diversi dal mio.
Grazie di cuore a tutti quelli che mi hanno seguito, che abbiano o meno commentato.
Infine un grazie particolare va a Beatriz Aldaya, recensorA fedelissima e instancabile di tutte le mie storie.


Visto che “l'impresa” di 12 storie per 12 mesi si è rivelata fattibile, e che ormai mi sono abituata, penso di lanciare una iniziativa simile su Facebook. Ogni mese un prompt (immagine/canzone/citazione/parola) su cui scrivere e tutti possono partecipare scrivendo e linkando le storie. Che ve ne pare? ^^


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