Hans und Lotte

di Ignis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Die Silbere Münze ***
Capitolo 2: *** Die Messe ***



Capitolo 1
*** Die Silbere Münze ***


Hans und Lotte

01. Die Silbere Münze

Erano stati chiamati Hansjoseph ed Irmalotte per volere dei loro nonni, che avevano preferito dare loro i nomi dei loro antenati più importanti.
Hans si era fatto una vita costruendo barche. Joseph era governatore.
Irma gestiva una locanda insieme al marito. Lotte, quand’era nel fiore degli anni, era la donna più bella della regione.
Di conseguenza, dai due unici figli di Eustachius e Frieda, non ci si aspettava altro che questo: da uno guadagnare tanti soldi che lo aiutassero a raggiungere la felicità, dall’altra che si sposasse e che fosse ubbidiente e rigorosa.
I due bambini, però, pur essendo svegli e pur dovendo essere fieri dei loro antenati, decisero di chiamarsi solo Hans e Lotte. Ma solo quando erano da soli, altrimenti il nonno li prendeva e gli picchiava le gambe con la stecca. Non dovevano mai, mai dimenticare i loro antenati.

Hans era un bambino capace. Era tranquillo e docile, ubbidiva al papà, seguiva ed aiutava la mamma per aiutarla come poteva. I suoi capelli biondi erano lisci e tagliati dritti; le loro punte formavano una piccola curva verso l’interno e gli arrivavano appena oltre il mento, quasi a sfiorargli le spalle. Le ciglia bionde erano lunghe e ricurve, e i suoi occhi blu erano il riflesso del lago Braun. Le sue labbra erano sottili e morbide, con gli angoli che piegavano leggermente all’ingiù.
Ad Hans piaceva fare tante cose. Andava spesso in bicicletta, giocava a palla contro il muretto dietro casa, cercava le tane dei topi e qualche volta, se era stato bravo e la nonna gli regalava un soldino, andava in paese e comprava una brillante biglia di vetro, che poi andava a nascondere nella federa del cuscino. Compiuti gli undici anni, quando la mamma si chinava sul suo letto per dargli il bacio della buonanotte, Hans doveva fare molta attenzione perché le sue biglie non facessero rumore.
Un giorno papà Eustachius trovò Hans chino sul proprio scrittoio. All’inizio se ne compiacque, convinto che il figlio fosse intento a svolgere qualche esercizio di ortografia; poi, però, si avvicinò per guardare meglio.
Hans aveva in mano un carboncino e stava disegnando una casetta.
Offeso da tutta quella mancanza di disciplina e di buonsenso, Eustachius strappò via il disegno dalle mani del figlio e lo gettò tra le fiamme del camino. Dopodiché lo agguantò per un braccio e lo portò nel fienile, battendo venti volte la stecca contro il suo esile corpicino. Solo quando lo vide a terra, pallido e sul punto di svenire, gli ricordò che né Hans né Joseph avrebbero mai perso tempo, come lui, a fare scarabocchi.
«La carta serve per scrivere e per fare i conti, Hans. Mai per disegnare».
Da quel giorno Hans non si azzardò mai più a disegnare un’altra volta allo scrittoio del padre.

Lotte era una bambina intelligente. Era dolce e mite, ubbidiva ai genitori e ai nonni, guardava con attenzione tutto quello che la mamma preparava e la aiutava a cucinare e ad occuparsi della casa. I suoi capelli castani erano lisci e tagliati dritti; le loro punte formavano una piccola curva verso l’interno e le arrivavano oltre le spalle, quasi a sfiorarle i gomiti. Le ciglia scure erano lunghe e ricurve, e i suoi occhi blu erano uguali alla sfumatura del cielo di mezzanotte. Le sue labbra erano sottili e morbide, con gli angoli che piegavano leggermente all’ingiù.
A Lotte piaceva fare tante cose. Andava spesso a passeggiare, giocava con la propria bambola Clara, cercava i frutti di bosco da raccogliere e qualche volta, se era stata brava e il nonno le regalava un soldino, andava in paese e comprava un nastrino, che poi andava a nascondere nella federa del cuscino.
Compiuti gli undici anni, quando il papà tornava dal lavoro e le baciava la fronte, Lotte doveva fare molta attenzione perché non notasse che i suoi nastri erano ogni giorno di un tipo diverso.
Un giorno mamma Frieda trovò Lotte in giardino, china su un vaso. All’inizio se ne compiacque, convinta che la figlia fosse intenta a prendersi cura della loro pianticella di rosmarino; poi, però, si avvicinò per guardare meglio.
Lotte stava guardando un germoglio di Lobelia.
Offesa da tutta quella mancanza di disciplina e di buonsenso, Frieda sradicò il germoglio senza pensarci due volte e lo gettò tra le fiamme del camino. Dopodiché la afferrò per i capelli e la portò nello scantinato, colpendola venti volte a suon di schiaffi sulle sue morbide guance. Solo quando la vide a terra, con le guance rossissime e il labbro spaccato, le ricordò che né Irma né Lotte avrebbero mai perso tempo, come lei, a prendersi cura delle erbacce.
«Il terreno serve per far crescere gli alberi da frutto e gli ortaggi, Lotte. Mai per far crescere i fiori».
Da quel giorno Lotte non si azzardò mai più a piantare semi di fiori in giardino.

Hans e Lotte erano fratello e sorella, ed erano gemelli. Per certi aspetti non si somigliavano per niente: Hans aveva il viso un po’ più ovale di Lotte, e Lotte aveva un adorabile nasino all’insù; Hans aveva gli occhi con un taglio leggermente obliquo e Lotte aveva l’occhio sinistro che puntava un po’ troppo verso destra rispetto al normale. Per camminare Lotte mandava avanti sempre il piede destro, per Hans invece non faceva differenza.
Nonostante ciò, quando erano insieme – e Hans e Lotte erano quasi sempre insieme – non c’erano dubbi sul fatto che fossero gemelli. Non solo per i lineamenti delicati o per le loro labbra curve all’ingiù, ma soprattutto per il modo di comportarsi.
Il modo in cui Hans fissava le barrette di croccante era lo stesso in cui Lotte fissava i biscotti alle mandorle. Il modo in cui Lotte fissava le bambine mentre giocavano a campana era lo stesso in cui Hans fissava i bambini mentre giocavano a nascondino. Il modo in cui Hans fissava le persone era lo stesso modo in cui Lotte fissava le persone.
E quando una persona guardava negli occhi Hans, o guardava Lotte in uno dei suoi due occhi, si sentiva sempre un po’ perso. Di solito i loro genitori erano costretti a richiamarli per evitare che si imbambolassero per ore a fissarsi l’un l’altro, che si trattasse di Hans o di Lotte.
Hans e Lotte non giocavano con gli altri bambini. Mai.
Hans e Lotte non sorridevano. Mai.
Hans e Lotte non parlavano con nessuno... ma se erano sicuri di essere da soli, e che nessuno li sentisse, si dicevano qualche piccola parola. Si curavano l’un l’altro le ferite delle rispettive punizioni, magari, o si facevano dei piccoli regali. Lotte aveva nascosto con estrema cura una margherita essiccata, regalo di Hans, nella rilegatura della loro Bibbia, e Hans aveva nascosto dietro un mattone del muretto dietro casa un foglio di carta, regalo di Lotte, su cui ogni tanto disegnava qualcosa. Ma neanche Lotte sapeva di che disegno si trattasse.
Quando si svegliavano al mattino, Hans dava a Lotte un bacino sulla guancia. Quando andavano a dormire, Lotte dava a Hans un bacino sul naso. E se lo sussurravano piano piano, quasi fosse un segreto:
«Buongiorno, Lotte».
«Buonanotte, Hans».

Il giorno della fiera era un giorno di sole.
Lotte ce l’aveva messa tutta: aveva munto la mucca, aveva pulito la casa, e aveva anche fatto il burro. Così il nonno le sorrise, le accarezzò il visetto e le diede il soldino. Mentre Lotte abbassava lo sguardo sul proprio soldino appena guadagnato, il nonno fissava per l’ennesima volta, con una smorfia, il suo occhietto strabico. Irmalotte era davvero una bella bambina, ma forse era proprio quello il motivo per cui il suo unico difetto era così evidente per tutti.
Hans ce l’aveva messa tutta: aveva pulito la stalla, aveva estirpato le erbacce, e aveva anche spostato i sacchi di orzo. Così la nonna gli sorrise, gli diede un buffetto sulla guancia e gli diede il soldino. Mentre Hans abbassava lo sguardo sul proprio soldino appena guadagnato, la nonna gli prese la mano libera e si frugò sotto la veste, tirando fuori un altro soldino.
Hans corrugò la fronte. Anzi, no, non la corrugò, ma le sue sopracciglia si abbassarono un po’, in un’espressione di tenue ma sincera confusione. Guardò il proprio soldino, poi il secondo soldino, poi il viso della nonna.
La nonna si limitò a sorridergli, poi si frugò di nuovo sotto la veste, tirando fuori... no, non un soldino. Stavolta era una moneta d’argento.
Nel momento in cui la nonna fece per mettergli la moneta in mano, Hans fece un passo indietro, un’espressione cupa in viso.
«Cosa succede, Hansjoseph?» domandò la nonna con voce dolce. «Non preoccuparti. Avvicinati e prendila».
Hans strinse le labbra e fece cenno di no con il capo.
Due o tre anni prima il nonno – non quello che avevano in casa, ma un altro nonno che era morto l’anno passato – gli aveva dato cinque monete di bronzo per andare da un suo amico e comprargli l’oppio da fumare. Hans non aveva fatto in tempo ad arrivare in paese che suo padre l’aveva trovato, l’aveva trascinato a casa e l’aveva riempito di botte. Il giorno dopo si era sentito così indolenzito da non riuscire a muoversi dal letto, ed Eustachius per punirlo per la sua pigrizia gli aveva fatto saltare tutti i pasti. Insomma, avere grosse monete a disposizione, per Hans, era sinonimo di guai.
La nonna gli carezzò piano i capelli. «Prendi la moneta, Hans. Nascondila nella tasca insieme ai tuoi soldini. Te la sei meritata».
Hans esitò, indeciso, ma alla fine tese le mani e prese anche la moneta d’argento.

Nella sua cameretta, Hans prese la lavagnetta per gli esercizi e si mise a fare i conti.
Un soldino era una moneta di rame.
Una moneta di bronzo era uguale a dieci monete di rame.
Una moneta d’argento era uguale a dieci monete di bronzo.
Una moneta d’oro era uguale a dieci monete d’argento.
10 x 10 = 100
Una moneta d’argento, quindi, era uguale a cento soldini. Ma Hans quel giorno aveva ottenuto anche altri due soldini. Perciò...
100 + 2 = 102
...aveva ottenuto centodue soldini. Facevano centodue biglie. Probabilmente il suo cuscino sarebbe diventato così pieno di biglie che sarebbe stato impossibile appoggiarci la testa comodamente. Ma i calcoli non erano finiti.
102 : 2 = 51
Con tutti quei soldini avrebbe potuto non solo riempirsi il cuscino, ma anche riempire il cuscino di Lotte di nastri colorati. Cinquantuno nastri per Lotte e cinquantuno biglie per sé.
Hans ripulì la lavagnetta, la rimise al suo posto e si alzò per andare a cercare la sorella. Non fece però in tempo ad avvicinarsi alla porta, che quella si schiuse lentamente. Dietro c’era proprio Lotte, che gli mostrò il proprio soldino appena ottenuto con sguardo inespressivo.
Hans abbassò lo sguardo sul soldino. Le prese le mani e la condusse dentro facendo un paio di passi indietro, mentre correggeva a mente i calcoli che aveva appena fatto.
Da centodue diventavano centotre soldini. Ma con un soldino in più non riusciva a fare due metà uguali. Il suo sguardo si colmò all’improvviso di disagio, tanto da spingere Lotte a liberarsi dalla sua presa e ad abbracciarlo forte.
Hans si liberò dall’abbraccio in fretta. Si frugò in tasca e le mostrò la moneta d’argento, insieme ai due soldini. Poi recuperò la lavagnetta per rifare i calcoli... e spiegarle cosa c’era che non andava.
Un soldino in più. Anche sul viso di Lotte apparve un’espressione triste, tanto da spingere Hans a darle un bacino sulla fronte. Poi le accarezzò piano il braccio per rassicurarla, mentre guardava la moneta d’argento e i tre soldini.
Dovevano trovare una soluzione per quell’intoppo. Se i soldini erano centodue potevano comodamente dividerli tra loro e comprarsi lo stesso numero di oggetti... ma cosa potevano fare con quel soldino?
Con lo sguardo cupo, Hans prese tutti i soldi, compreso il soldino di Lotte, e li mise tutti nella tasca. Poi prese la mano di Lotte e le si avvicinò all’orecchio.
«Andiamo insieme».

Così, mano nella mano, Hans e Lotte andarono in paese e cercarono di pensare a un modo per spendere i soldi. Il papà probabilmente avrebbe preferito che li conservasse, ma l’idea di percorrere così presto le orme dei suoi antenati lo inquietava; per questo ogni volta che otteneva un soldino lo spendeva per una biglia. Non avere denaro era rassicurante, e se anche i suoi genitori lo vedevano con delle biglie mentre ci giocava, sicuramente non l’avrebbero picchiato.
Per Lotte, grossomodo, era la stessa cosa. I suoi soldi avrebbe potuto investirli in qualcosa di utile, ma se avesse fatto così, il suo matrimonio sarebbe arrivato molto presto. E Lotte, a undici anni, voleva restare zitella ancora per un po’.
A peggiorare la situazione c’era... il paese stesso. La via dei mercanti era così piena di negozi colmi delle cose più disparate che Hans e Lotte, inevitabilmente, iniziarono a pensare ad altri modi per spendere il loro denaro. Per esempio Lotte aveva visto un bel vestitino perfetto per Clara, la sua bambola, e Hans aveva una mezza idea di spendere parte dei soldi in un paio di barrette di croccante e forse qualche caramella.
Di oggetti che costassero solo un soldo ce n’erano davvero pochi e fino ad allora non era mai stato un problema scegliere cosa comprare. Adesso che avevano tutti quei soldi, invece, si facevano sempre più indecisi e nervosi, consapevoli che una volta fatta la propria scelta non sarebbero potuti tornare sui propri passi. Oltretutto non avevano mai ottenuto una moneta d’argento, e avevano ragione di credere che un simile avvenimento non si sarebbe ripetuto una seconda volta.
Lotte strinse forte le labbra tra loro e abbassò lo sguardo sui propri piedi mentre camminava. La situazione non le piaceva affatto e iniziava a pensare che fosse meglio tornare a casa e restituire la moneta d’argento, che era la causa di tutta la loro indecisione.
Hans si fermò all’improvviso, e Lotte tardò a fare lo stesso; un attimo dopo andò a sbattere contro la pancia di qualcuno. Fece un passo indietro, tornando accanto al fratello, poi alzò gli occhi.
Era uno sconosciuto. Aveva dei folti baffi neri, una grossa pancia, una camicia piena di macchie e un paio di calzoni logori. Il suo naso, pensò Lotte, aveva la forma di uno dei piedini di Clara.
«Che combinate, marmocchi? Vi siete persi?» domandò sbrigativo l’estraneo, usando poca cortesia.
Hans e Lotte non risposero e continuarono a fissarlo. Però fecero tutti e due un passo indietro, e le gambe esili di Hans parevano pronte a correre.
L’uomo grugnì, ricambiando i loro sguardi solo per i primi secondi. Poi distolse il proprio e si frugò nella tasca, tirando fuori un fogliaccio logoro piegato più volte.
«Ho capito. Piglia, marmocchio».
Hans sollevò impercettibilmente le sopracciglia alla vista di un foglio con un lato completamente privo di scritte o di disegni. Lo prese in mano, lo guardò un attimo, poi tornò a guardare l’uomo.
«Andate... e fatevi un giro con gli altri bambini. Non date noie agli adulti» borbottò lo sconosciuto. Poi, con andatura dondolante, si allontanò.
Hans fece per mettere via il foglio nella propria tasca, ma Lotte gli fermò la mano e glielo sfilò delicatamente di mano, aprendolo.
All’interno, approssimativamente, c’era scritto così:

Grande Fiera delle Meraviglie

La più grande fiera itinerante della regione presenta le sue più grandi attrazioni
Tutti gli artisti si esibiranno per voi in arena

E verrà presentato per la prima volta

Il Sospiro dell’Eden

Conosciuto anche come

L’Incantatore del Paradiso

Da un lato era ritratto un pagliaccio, dall’altro un’acrobata in costume. C’era una scritta molto più piccola sul bordo inferiore della pagina, che per colpa di una macchia scura non si leggeva bene.

Ing... ... ...mento. Pr... ... ... ... me.

Si guardarono, occhi negli occhi. Non esattamente, dato che l’occhio sinistro di Lotte non guardava mai dritto.
Se il papà o la mamma avessero scoperto che erano stati lì dentro senza di loro e senza il loro permesso, sicuramente sarebbero stati puniti con la stecca da tutta la famiglia, nonno e nonna compresi. Però non avevano neanche mai visto una fiera in vita loro, ed erano curiosi di scoprire cosa c’era di tanto straordinario da vedere.
Si ripresero per mano, Hans infilò il foglio nella tasca e insieme proseguirono.


Ciao a tutti e grazie per aver letto la fiction fino alla fine!
Questa storia nasce un po’ dal nulla. Per scriverla ho trovato ispirazione in storie diverse, ma faccio da subito del mio meglio per renderla una storia originale.
Soprattutto, questa fiction nasce con l’intenzione di essere una fiction interattiva. Per il momento non c’è nulla d’interattivo, ma più avanti nella storia comincerò a mettere una domanda alla fine del capitolo, con due opzioni tra cui scegliere per decidere come far andare avanti la storia. A seconda della maggioranza di voti che riceverò, scriverò il capitolo successivo e la storia andrà avanti.
Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto. Scriverò tutti i titoli dei capitoli in tedesco... pur non sapendo il tedesco. Se faccio degli errori scrivendoli, ditemelo subito e modificherò. xD
Ci vediamo al prossimo capitolo.
Ignis

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Capitolo 2
*** Die Messe ***


Hans und Lotte

02. Die Messe

La Grande Fiera delle Meraviglie era stata allestita verso l’esterno del paese, su un campo completamente spoglio di alberi o coltivazioni, ed era aperta a tutti. C’erano tante bancarelle piene di oggetti, tende con delle mostre particolari, chiromanti, personaggi stravaganti e soprattutto tanti, tanti colori. Per non parlare, poi, del tendone più grande, che nascondeva agli occhi di tutti l’arena per le esibizioni più belle.
O almeno questo era quello che Hans e Lotte avevano sentito dagli altri avventori. C’era solo una porta di legno aperta per metà, ed il resto era coperto da un muro, sempre in legno, che copriva la loro visuale. Accanto all’ingresso, un pagliaccio con un grosso naso rosso e un enorme sorriso dipinto in faccia distribuiva i biglietti d’ingresso.
Hans e Lotte si guardarono. Lui storse un angolo della bocca, lei pure.
Avevano entrambi una mezza idea di tornarsene a casa e restituire la moneta d’argento alla nonna, ora. Non si erano mai recati in paese per starci troppo tempo, e di solito quando andavano non parlavano mai con nessuno. Ora invece c’era quello sconosciuto cui erano costretti ad avvicinarsi per entrare e vedere la fiera, e sicuramente avrebbero dovuto avere a che fare con altra gente.
...però avevano entrambi anche la voglia di andare a vedere, scoprire cosa c’era di così meraviglioso nella Fiera delle Meraviglie. Così si misero in fila, uno accanto all’altro, e aspettarono il proprio turno.
Quando arrivarono al banchetto del pagliaccio, quello li guardò con tanto d’occhi. E come dargli torto? Nessuno dei due bambini sorrideva, nessuno dei due disse una sola parola. Lo fissavano e si ostinavano a starsene lì impalati.
«...bambini, non fatemi perdere tempo. Dove sono i vostri genitori?»
Lotte incassò la testa nelle spalle. Hans prese il foglio che parlava della fiera e lo mostrò all’uomo.
«Mh? Cos’è questo?» fece il pagliaccio. Poi sgranò gli occhi. «Ah! Beh, fanno due monete di rame a persona per entrare». Gli lanciò un’occhiata. «Avete i soldi per pagare?»
Loro avevano solo una moneta d’argento e tre monete di rame. Si guardarono un attimo, poi tornarono a fissare l’estraneo.
Il pagliaccio iniziava a innervosirsi, probabilmente per il disagio di avere quegli sguardi fissi addosso. Soprattutto quello di Lotte, probabilmente, che faceva sempre più impressione di quello di Hans.
«Ma... ma voi due siete solo dei bambini. Potete pagare una moneta di rame a testa».
Non seppero mai se quella era la verità o magari solo un modo per farli allontanare, né gli interessava. Hans tirò fuori dalla tasca le tre monete di rame, le appoggiò sul tavolo e ottenne due biglietti per la fiera.
«Bene. Divertitevi» li salutò il pagliaccio con un gran sorriso.
Solo quando i due bambini si allontanarono l’uomo trasse un profondo sospiro di sollievo e poté dedicarsi al cliente successivo.
«Sembrava che non avessero intenzione di schiodare» commentò, prendendo un altro biglietto mentre il cliente gli porgeva i soldi.
L’uomo fece una smorfia. «Quei due bambini sono strani. Li vedo in giro di tanto in tanto: sono sempre più convinto che ci sia qualcosa che non va in loro. Non si comportano in modo normale».

Nel frattempo, Hans e Lotte guardavano la fiera a occhi spalancati e a bocca socchiusa alla vista di quello spettacolo. Le bancarelle erano cariche di oggetti colorati, c’erano piccole tende da circo per le mostre più particolari e gente travestita che girava dappertutto, oltre che artisti che si esibivano nei loro spettacoli qua e là.
Erano già pronti a gettarsi nella mischia di visitatori quando un pagliaccio gli si avvicinò. Se ne stava in cima a un paio di lunghi trampoli, e chissà come riuscì a chinarsi verso di loro per porgergli due biglietti della dimensione di una mano.
«Tornate stasera per il grande show, bambini» disse con un sorriso. Poi si raddrizzò e raggiunse altri due visitatori.
Lotte prese i due biglietti e lesse.

Il Sospiro dell’Eden
Dal tramonto all’alba solo per voi

Hans batté le ciglia, allungando il collo per leggere la scritta anche lui. Era evidente: alla sera le bancarelle avrebbero chiuso, ma chi aveva quel biglietto poteva andare a vedere lo spettacolo senza bisogno di pagare una seconda volta. Peccato che Hans e Lotte avessero il permesso di andare in paese da soli solo quando era pieno giorno, e mai di notte.
«Torniamo?» domandò piano Lotte.
«Mmh...» fece Hans, una smorfia dispiaciuta sul viso. «Di nascosto...?»
Quella giornata sembrava essere piena di ostacoli. Prima la moneta d’argento che complicava la loro scelta, poi dover decidere se entrare nella fiera o no, e ora quello.
Da una parte potevano restare a casa. I loro genitori non avrebbero mai scoperto che erano andati alla fiera, né che avevano ricevuto una moneta d’argento dalla nonna. Magari l’avrebbero nascosta in giardino, nel terriccio morbido dell’orto, e qualche giorno più tardi il papà l’avrebbe trovata e l’avrebbe considerata un semplice colpo di fortuna. La notte sarebbe trascorsa lenta e terribile mentre si domandavano cosa poteva esserci di tanto straordinario allo spettacolo notturno della fiera.
Oppure... potevano andarci. Uscire di nascosto di casa passando dalla porta dietro la stanza dei nonni, senza far rumore, e da lì dirigersi verso l’arena confondendosi con gli altri del paese che andavano lì. Dato che andavano a dormire molto presto era poco probabile che la mamma si accorgesse della loro assenza, e se erano fortunati potevano fare tutto senza essere minimamente notati. Se andava male, però, sarebbero stati puniti così duramente da portare i segni della loro disubbidienza per molto, molto tempo.
Qualunque decisione prendessero e comunque fossero andate le cose, era certo che non avrebbero dimenticato quel giorno molto presto.
«Prima vediamo se ci piace qui» decise Hans, ritornando al discorso di prima «e poi decidiamo».
Lotte annuì, d’accordo con lui, poi si avvicinarono alle varie bancarelle per vedere che cosa era esposto lì.
C’era da dire che le voci che avevano sentito erano vere. Era davvero incredibile la gran quantità di oggetti stravaganti esposti sulle bancarelle per la vendita, e Hans e Lotte ne furono immediatamente rapiti. C’era una bancarella che vendeva un gran numero di amuleti contro i mali più disparati, e un altro bancone dove una donna mescolava le essenze di vari farmaci per calmare il dolore; e poi le statuette di creature fantastiche, gioielli scintillanti, giocattoli e dolci. Ce n’era per tutti i gusti.
Hans si sentì tirare la mano, e notò che Lotte era rimasta imbambolata a fissare una bancarella piena di piante. Si fermò anche lui, incuriosito: avevano tutte un aspetto molto strano e non ricordava di averne mai viste di simili. Sicuramente non erano piante che il loro papà avrebbe coltivato volentieri nel loro orticello.
A trattare con i clienti dietro il bancone c’era una donna. Indossava dei vestiti estremamente semplici, cosa che non faceva che accentuare il fascino delle piante ancora di più.
«Questa è la Mano di Ragno, signore» stava spiegando a un uomo, accennando a una pianta che aveva lì davanti. Era completamente nera e dall’aspetto scheletrico, come se fosse stata data alle fiamme: l’unica traccia di colore era un bocciolo dai toni bluastri alla base dei rametti sottili, tutti che puntavano verso l’alto. «Una mano d’artista. Un solo ramo in meno e non fa fiori, ma se viene trattata bene diventa la più splendida delle creature. Una di queste costa cinque monete di bronzo».
Lotte stava guardando... beh, tutto. Era ovvio che se avesse potuto si sarebbe trascinata a casa il tavolo intero.
Hans si disse che era il caso di tirarla via di lì, se non voleva che restassero lì davanti per tutto il resto della giornata. Per questo motivo lasciò la mano di Lotte e la prese direttamente per il braccio, nel tentativo di tirarla via.
Ma la venditrice non si era lasciata sfuggire lo sguardo di Lotte. Si avvicinò.
«Trovato qualcosa che vi piace, bambini?» Sorrise a entrambi, indicando la pianticella sotto il naso di Lotte. «Questa si può comprare per sole tre monete di rame».
Nel vasetto c’era una pianta completamente rossa. Aveva un gambo cicciotto e dall’aspetto morbido, con una singola, grossa foglia che lo copriva come un cappuccio. Se la foglia non fosse stata così sottile, sia a Lotte che ad Hans sarebbe sembrata un fungo.
«Questa pianta si chiama “la Stagionale” e cambia a seconda della stagione. Ora è rossa per l’autunno, ma in inverno diventerà nera e la foglia si arriccerà verso l’alto; in primavera sarà azzurra e perderà la foglia, mentre in estate si tingerà di bianco e la foglia sarà estremamente piccola, arricciata verso il basso».
«Signora, ditemi, questa qui?» chiese un altro visitatore.
«Ah, quella...?»
Il tempo che la donna impiegò a voltarsi dall’altra parte e Hans era fuggito insieme alla sorella.
Fuggito, letteralmente: con le signore sconosciute era sempre molto timido.
Andando avanti per vedere altro, Hans e Lotte videro tanti altri spettacolari spettacoli: uomini in equilibrio sulle mani, donne che si spostavano facendo continuamente acrobazie, mangia fuochi, clown e prestigiatori, tutti in giro per la fiera, tra le bancarelle cariche degli oggetti più strani. Da una si levavano tanti vapori di colore differente, un’altra era piena di dolciumi colorati, un’altra ancora ospitava una grande varietà di animali.
«Non è roba per voi, bambini! Una come questa costa una moneta d’argento!» li avvisò il venditore di quest’ultima quando Hans e Lotte si avvicinarono a una gabbia appoggiata a terra, insieme a un gran numero di curiosi. Dentro la gabbia, a dormire con la testa sotto l’ala, c’era un bellissimo uccello bianco con striature verdastre, grosso più o meno quanto un avambraccio.
Hans e Lotte si guardarono. Certo, era così bello... e loro una moneta d’argento ce l’avevano. Inoltre tutti e due desideravano un animaletto domestico che fosse solo per loro, e non uno degli animali per il lavoro o per il cibo che avevano in stalla.
«Eccoti una moneta d’oro! Me la prendo!» gracchiò una signora, sporgendosi giusto sopra le loro teste per pagare il mercante. Subito dopo prese la gabbia per l’anello e se la portò via.
...beh, pazienza. Era inutile continuare a rimuginarci su: se ormai non c’era più, avrebbero fatto meglio a trovare altro da guardare.

Nel giro di un’ora o poco più avevano guardato quasi tutta la fiera. Avevano trovato una chiaroveggente che per il prezzo di due monete di bronzo vedeva il futuro del cliente in una sfera di cristallo, avevano notato una tenda dove si esibivano i fenomeni della natura – nel sentire parlare di persone con più gambe o con un occhio solo si erano impressionati e avevano deciso di allontanarsi – e un’altra ancora da cui proveniva un gran vociare di uomini. Quando avevano provato ad entrare erano stati allontanati dall’uomo all’ingresso. «Questa non è roba per voi bambini!» aveva detto, così se n’erano andati senza neanche scoprire cosa ci fosse di tanto interessante.
Alla fine si erano avvicinati a una bancarella di dolciumi, e con l’ultimo soldino rimasto Hans aveva comprato due biscotti alle mandorle. Uno lo diede a Lotte, l’altro invece lo mise in tasca: l’avrebbe mangiato più tardi.
L’ultima cosa da vedere era l’enorme tendone oltre le bancarelle. Da così vicino era talmente alto che Hans e Lotte non riuscivano a scorgerne le punte, e sotto di esso potevano vedere gli artisti camminare su e giù per i preparativi per quella sera.
Lotte guardò Hans. Lui annuì. In fondo... non facevano nulla di mare a dare un’occhiata, giusto?
Stavano giusto per avviarsi quando all’improvviso Hans si sentì colpire forte la spalla e barcollò in avanti.
«Levatevi! Siete in mezzo alla strada!» sbottò il bambino che aveva appena dato una spallata ad Hans. Subito dopo gli fece una pernacchia.
Lotte lo guardò. Non era il tipo da guardare brutto le persone, ma nel suo sguardo c’era disappunto.
L’estraneo per un attimo rimase interdetto, poi fece una linguaccia anche a lei.
«E tu che hai da guardare, occhio storto?» la canzonò. Poi corse via, con lo sguardo di Lotte ancora addosso.
Hans prese prontamente la mano di Lotte per portarla più in là, dove le persone non passavano, poi la abbracciò più forte che poté.
«Non piangere» le sussurrò nell’orecchio.
La bambina poteva sopportare di tutto: che la madre bruciasse tutte le Lobelie che provava a coltivare, che il nonno le colpisse le gambe fino a farle diventare nere perché non aveva chiamato Hans “Hansjoseph”, e poteva anche prendersi una sonora lavata di capo dalla madre ogni volta che veniva scoperta a mangiare le more mentre le coglieva.
Il suo unico punto debole, però, era proprio quel suo occhietto fuori asse, che riusciva a renderla brutta e strana agli occhi di tutti. Perfino Eustachius e Frieda quando la guardavano non potevano fare a meno di osservare il suo occhio difettoso, e ogni volta Lotte riusciva a leggere la compassione e la delusione nelle loro espressioni. Era certo che non sarebbe mai stata neanche lontanamente bella quanto la sua antenata, Lotte, e ogni volta che la bambina se ne ricordava, inevitabilmente ne soffriva.
Per questo motivo le parole di Hans furono del tutto inutili: Lotte piangeva già. Le si era arrossato il viso, teneva le labbra strette e le erano scivolate un paio di lacrime dagli occhi.
«Scusa» mormorò colpevole. Lotte si scusava sempre quando si metteva a piangere: era una cosa che nessuno in famiglia amava vedere, e inevitabilmente la faceva sentire in colpa quando succedeva.
Hans le accarezzò piano i capelli, tenendo lo sguardo sulla breccia sotto i loro piedi. Non c’era da aspettare che le passasse.
Proprio mentre continuava a tenerla stretta, Hans vide un’ombra allungarsi sopra di loro. Aggrottò la fronte e sollevò lo sguardo per vedere di chi si trattava.
Era... un uomo, e probabilmente era più giovane del loro papà. A differenza di lui, però, quello sconosciuto aveva i baffi e anche la barba, tutti e due neri e tutti e due con delle striature che potevano essere grigie oppure azzurre. Teneva gli occhi fissi su di loro e indossava uno strano cappello; per il resto portava calzoni, camicia e giacca come tutti gli altri visitatori della fiera.
«Va tutto bene?» domandò loro. «Cielo... a volte le persone proprio non capiscono cosa sia l’educazione».
Hans fece due passi di lato per allontanarsi da lui, sospettoso. Quel tipo li stava guardando in modo strano, e poteva dire con certezza di non essere mai stato guardato in quella maniera... neanche dai suoi genitori o dai suoi nonni. Non era un buon segno.
Lui fece un sorriso leggero. «Capisco. Non preoccupatevi, non ho intenzione di immischiarvi nei vostri affari».
A questo punto Lotte sollevò la testa dalla spalla di Hans e si voltò verso di lui, gli occhi ancora arrossati e l’espressione confusa. Era anche rossa, sì: per l’imbarazzo di avere gli occhi umidi davanti a un estraneo che la guardava così da vicino.
L’uomo fece un sorriso più ampio. «Straordinario. Siete gemelli, voi due?»
Hans e Lotte annuirono all’unisono.
«Quali sono i vostri nomi?»
Hans e Lotte si guardarono, incerti.
Dopo qualche secondo di attesa, l’uomo si aggiustò il cappello in testa. Solo allora Lotte lo notò e si mise a fissarlo; era semplicemente troppo strano per non essere guardato. Era grosso e deforme, con una piccola tesa. In un certo senso pareva imbottito di paglia e di tanti altri oggetti.
«Beh, spero davvero di vedervi tra il pubblico dello spettacolo di stasera». Ammiccò. «Mostrerò il meglio di cui sono capace».
Detto questo si congedò con un cenno di saluto e si allontanò verso il tendone.
Prima di seguirlo, Hans e Lotte aspettarono ancora qualche secondo, ponendo fra lui e loro una distanza di qualche metro. Poi Hans sciolse finalmente l’abbraccio con Lotte e la prese solo per mano, seguendo l’uomo verso l’enorme tendone. La loro intenzione era comunque quella di vedere cosa ci fosse dentro.
Non fecero però in tempo a percorrere una decina di metri che l’uomo si voltò verso di loro, sorridendogli con furbizia.
«Ah, no! Non è permesso entrare a chi non fa parte dello spettacolo. Se volete entrare, perché non tornate stanotte?»
Li tenne d’occhio ancora per un po’, facendo qualche passo, poi tornò a dare loro le spalle.
Lotte ormai aveva smesso completamente di piangere. Guardò Hans, che ricambiò lo sguardo.
Ormai era deciso: con o senza il permesso dei loro genitori, quella sera sarebbero andati a vedere il Sospiro dell’Eden.







Ciao! E grazie per aver letto anche questo secondo capitolo fino alla fine!
Lo so, non è il massimo. È un capitolo noioso, ma piuttosto che buttare da subito Hans e Lotte in pasto ai pescecani, preferivo mostrare un po’ di più come si comportano di solito con le persone, e soprattutto con le cose che li attraggono.
Nel prossimo capitolo cosa succederà...? Beh, questo per il momento lo decido ancora io, e resterà un segreto fino al prossimo aggiornamento. Posso però dirvi che dal prossimo capitolo in poi inizierò a porre una domanda ai lettori per decidere come andrà avanti la storia: se vi interessa questo mio piccolo esperimento, non vi resta che aspettare il prossimo capitolo e fare una prova. Non è niente di che, davvero: solo una scusa per rendere una storiella piatta come questa un pochino più interessante.
Parlando dell’aggiornamento arrivato piuttosto tardi, posso dire a mia discolpa che sono stata presa da varie cose. Oltre a questa fiction ne scrivo altre due, poi partecipo a dei giochi di ruolo via forum, ho la scuola e soprattutto ho i miei periodi di non-lavoro. Per i prossimi capitoli farò del mio meglio per lavorare di più sulla storia e farvi leggere qualcosa di nuovo più spesso, ma non posso promettervi niente.
Ringrazio tanto Evazick che mi ha fatto notare l’errore nel titolo del capitolo precedente. Io non conosco il tedesco, e nonostante questo mi ostino a scrivere i titoli dei capitoli in questa lingua... perciò fatemi notare se faccio errori e modificherò. xD
Detto questo, se trovate qualcosa che non vi piace o non vi convince, vi invito a farmelo notare. Da sola è più difficile accorgermi degli errori che faccio, mentre se mi aiutate voi potrò migliorare. Forse.
Al prossimo capitolo!
Ignis

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