A new destiny....A new life di Myriam Malfoy (/viewuser.php?uid=1980)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 -The End- ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
COMMY. lo so che nn è una storia molto natalizia ed indicata per il
periodo....ma ci tenevo a spedirla il prima possibile ed avere un vostro
parere.....l'idea di un Harry votato al male mi ha sempre ispirato....Cmq fatemi
sapere...un bacio e BUON NATALE A TUTTI!!!!
L’aria era greve di profumi che solo di notte si potevano trovare, aromi
afrodisiaci e misteriosi che erano trasportati dal vento in ogni luogo
possibile. L’inverno era alle porte e l’aspetto rigoglioso e giovane della
foresta era completamente mutato da contorti alberi scheletrici, spogli e nudi
nel freddo autunnale con i secchi rami che s’innalzavano fino al cielo plumbeo
in una muta, disperata preghiera. In lontananza echeggiava il richiamo di
qualche bestia affamata, l’ululare di un lupo o lo strisciare di una serpe
nell’erba alta dei prati o nel sottobosco secco mentre lo sciabordare continuo
delle acque del lago era una cantilena d’oblio e malinconia che faceva da
contrafforte agli altri suoni. L’erba era appena bagnata di rugiada fresca e
il cielo era coperto da nembi spessi e minacciosi che si rincorrevano ad
oscurare la luce delle stelle mentre la luna argentea fendeva quella coperta
naturale rischiarando l’ambiente di un riverbero freddo.
I passi sul terreno erano ovattati e lenti mentre calpestavano la tenera erba
e le goccioline d’acqua solleticavano la pianta del piede nudo, il mantello
nero si confondeva con l’oscurità della notte che andava infittendosi, alle
spalle di quella figura solitaria si stagliava austero e cupo il castello di
Hogwarts sede della prestigiosa scuola di Magia e Stregoneria. Lo studente che
solitario vagava per quei lugubri posti alla ricerca di pace, era indifferente
alle condizioni climatiche o ai pericoli che si potevano trovare aggirandosi per
la Foresta Proibita di notte. Il suo sguardo verde acceso era lontano, fisso in
un punto per terra, mentre i capelli neri erano sparsi al vento come i suoi
infelici pensieri, tra le mani stringeva un logoro diario di pelle verde dalla
copertina rovinata e bruciata esattamente come parte della sua anima.
Harry Potter era semplicemente divenuto apatico agli avvenimenti del mondo
esterno da quando aveva trovato quel diario che aveva stravolto e ridimensionato
la sua vita. Ora, sull’approssimarsi dell’inverno e dopo la morte tragica di
Silente, sentiva più che mai di non voler continuare a vivere. Una profonda
malinconia si era radicata nella sua anima e la tristezza vi aveva trovato
albergo, viveva per modo di dire, per apparenza o forse per il semplice fatto
che non aveva il coraggio di piantarsi un coltello tra le costole. Quei pochi
attimi di felicità gli sembrava di rubarli, che fosse un altro a viverli
proprio come aveva detto a Ginny solo qualche mese prima, a Giugno. Sorrise
amaro al piccolo pensiero della giovane rossa dal sorriso luminoso e aperto, lo
sguardo azzurro limpido e puro e la sua anima incontaminata così diversa dalla
sua.
Una folata di vento gelido lo colpì forte sospingendolo in avanti e
infiltrandosi tra le pieghe dell’abito raffreddando la pelle calda che
incontrava. Harry rabbrividì suo malgrado e strinse i lembi del mantello
alzando poi il viso al cielo scuro, così si sentiva: un profondo buio coperto
da nuvole di incertezza che oscurava il bagliore delle stelle oramai estinta da
secoli. La luce che lui intravedeva era in realtà morta milioni di anni
addietro, forse anche la sua si era esaurita senza che lui se ne accorgesse.
Fece un bel respiro profondo inalando l’aria fredda e profumata della notte
mentre la sua mente vorticava da un ricordo felice a uno triste senza una meta
fissa, si sentiva sbandato da una parte all’altra, non sapeva più cosa fare,
qual’era il suo destino e dire che solo pochi mesi prima ne era così sicuro!
Se qualcuno gli avesse chiesto qual’era il suo compito, solo tre mesi
precedenti, avrebbe risposto trovare e distruggere gli Horcrux, uccidere
Voldemort e vivere serenamente il resto della vita con Ginny; ma ora era tutto
cambiato e solo nel momento in cui aveva trovato e letto il diario aveva capito
il suo vero ruolo: fare la brava e ubbidiente marionetta, perché lui non era
stato altro fino ad ora. Il senso di oppressione era insistente dentro di lui,
come un macigno che schiaccia ogni vertebra o nervo e ti comprime a terra
impedendoti di respirare, la rabbia era un eco forte nella sua mente che ruggiva
nel profondo chiedendogli vendetta e morte per i suoi nemici, ma alla
fine continuava a chiedersi -Chi sono i miei nemici?-
Harry si portò le mani alle tempie piegandosi su se stesso e poi
inginocchiandosi per terra mentre digrignava i denti cercando di scacciare quei
pensieri, cercando di combatterli, ma non poteva perché erano veri, sapeva che
erano giusti e non avrebbe potuto più relegarli nell’abisso della sua anima
soffocandoli con principi assurdi a cui neanche lui credeva. Una piccola lacrima
argenta scese dai suoi occhi chiusi mentre artigliava le mani nel terreno
friabile e il corpo tremava dalla frustrazione, sperava che tornare ad Hogwarts
l’avrebbe aiutato a capire, a fare chiarezza invece era stato un inferno di
solitudine e rabbia sorda che gli aveva fatto notare quante ingiustizie, quanta
ipocrisia e falsità lo circondava soffocandolo mentre ogni fibra del suo corpo
urlava “Questo non è il mio posto!” .
“PERCHÈÈÈÈ???!!” urlò al freddo e incostante vento e alla notte sua
sorella mentre un ululato si alzava in lontananza come unica risposta a quella
disperata domanda “Perché? Ti sei divertito destino bastardo? Hai giocato
abbastanza?……CHE TU SIA MALEDETTO, SILENTE! Dovevi dirmelo! DOVEVI DIRMELO!!”
ma quel piccolo monologo non ebbe risposta come i molti altri che aveva
pronunciato alla solitudine sua compagna. La lacrima di prima si era infranta
contro la copertina del libricino consumato posato a terra davanti a lui, e solo
in quel momento parve rendersi conto della sua presenza. Lo prese tra le mani
con delicatezza e sempre usando dolcezza e premura accarezzò la copertina verde
asciugando la stilla salata versata precedentemente, poi lo aprì leggendo per
la centesima volta l’intestazione:
“Godric’s Hollow, 20 Luglio 1980
A mio figlio Harry, perché un giorno possa capire e perdonare.
Mio Harry,
quando leggerai questo diario e le confessioni in esso contenute, io non ci
sarò più, uccisa da una bacchetta che un tempo avrebbe sterminato popoli
interi pur di difendermi. Ti sembrerà strano che io fossi così certa di morire
e non avessi fatto nulla per evitarlo, ma nella vita si compiono tanti sbagli e
io, purtroppo, ne ho compiuto uno di troppo. Quello che leggerai dopo è un
attento resoconto dettagliato di quella che è stata la mia vita da studentessa
a donna ed infine madre, ho pensato che fosse necessario per farti comprendere
il perché delle mie scelte. Non ne ho mai rimpianta una, anche se qualcuno
potrebbe affermare il contrario, molto spesso mi sono trovata davanti l’opportunità
di scegliere e cambiare strada, ma non l’ho fatto in quanto credevo nelle mie
azioni e in quelle dell’uomo che amavo.
Non si sceglie chi amare Harry, lo si sente in un modo potente e
indissolubile tanto che ti chiedi come hai potuto vivere fino ad allora senza
quella persona e tutto ciò che accade ti sembra giusto e ineluttabile, ti senti
cieca e sorda alle grida del mondo ma incredibilmente forte……questo mi è
successo, quest’amore che è stato insieme una gioia ed una maledizione ma che
mi ha dato alla fine te e di questo ne sono eternamente grata. Avrei desiderato
vederti crescere Harry, vedere l’uomo che sei diventato, guidarti e consolarti
e darti una famiglia, se non fossi morta, se non fossi fuggita avrei avuto, e
avresti avuto, tutto questo. Da parte mia posso solo dire che mi trovai
spaventata perché c’era chi aspettava un mio passo falso, chi aspettava un
mio segno di debolezza per uccidermi e uccidere il mio amato………e sapere
della gravidanza sarebbe stato fatale per entrambi.
So Harry che tu sarai all’oscuro di tutto quando leggerai questo diario che
affiderò a Remus con la preghiera di dartelo appena compirai 14 anni, ma temo
che non lo farà, così come so che Silente ti tacerà la verità sulla tua
nascita ed il tuo destino. Non volergliene ti prego, ritengono che sia giusto
così perché infondo non hanno mai capito il motivo della mia scelta, non hanno
mai compreso come sono veramente e, suppongo, che non riusciranno a capire
neanche te. Ora ti vedo qui, rannicchiato nella tua culla al sicuro e un nodo di
malinconia mi assale l’anima al pensiero che non ti rivedrò.
Ma oramai il mio tempo è passato, nulla posso fare più, tornare indietro,
tornare da lui è una follia ed io desidero darti almeno una possibilità di
vita perché so che c’è ancora un qualcosa dell’uomo che ho amato in lui ed
in te. Sappi che neanche lui sa che sei suo figlio ed è importante che invece
ora lo sappia e decida, una guerra è incominciata Harry, tu da che parte starai?
Mio tesoro e luce, essere ‘l’eroe del Mondo Magico’ non ti farà stare
bene, non ti senti inadeguato in quel ruolo stretto?
Bambino mio, non senti mai la voglia di liberare la tua forza ed urlare nel
mondo?
Quella rabbia cieca e il desiderio cinico della malignità che ti fa sentire
per un attimo inadeguato perché non conforme con l’immagine che gli altri ti
hanno dato?
Tutto ed altro si agita di continuo nel mio animo e alla fine li ho lasciati
fluire e mi sono accorta che vero e falso, buono e cattivo erano solo aspetti
relativi e limitati di un universo mai esplorato.
Sono forse cattive le Arti Oscure se usate a fin di bene?
Alla fine ho deciso e tuo padre mi ha aiutato ad accettarmi…………
Ti amo con tutto il mio cuore e per sempre ti starò accanto, sappi che sono
orgogliosa di te e sempre lo sarò, tra queste pagine ho infilato una catenina d’oro
bianco con un ciondolo: me la regalò tuo padre quando mi chiese di essere la
sua Regina Nera ed io accettai, tienilo per me, come ricordo di un amore. E
ricorda piccolo mio: non esiste un amore giusto o sbagliato, ma soltanto un
amore che lega due persone indissolubilmente e non è giudicabile da altri.
Tra poco compirai un anno amore……cosa vuoi come regalo?”
Lasciò che lentamente il vento mandasse in avanti le sottili pagine mentre
la sua mente vagava ancora su quelle parole di una madre che non aveva avuto
paura di morire, che sapeva di lasciare il figlio solo senza appoggi, che madre
lascia consapevolmente il figlio? Quante volte si era ripetuto quella domanda
quando i dubbi l’assalivano, nel profondo aveva sempre saputo che i genitori
non erano completamente impreparati all’attacco e quella piccola introduzione
lasciata dalla madre ne era la prova; ma ora almeno aveva la conferma che sua
madre lo amava profondamente. Il freddo era insistente e si infiltrava nei
vestiti prendendo qual poco di calore che era riuscito a mantenere, la pelle si
increspava per la temperatura e un brivido intenso lo percorse tutto facendogli
stringere i denti. Non voleva ancora tornare nel dormitorio perché orami quel
posto gli sembrava una prigione insostenibile, si sentiva soffocare e cercava
ogni giorno di più di non perire, nel profondo un istinto di conservazione gli
permetteva di andare avanti.
Le domande retoriche della madre gli risuonavano in testa come un disco che
gira a vuoto, dalla prima volta che aveva letto quell’ultima testimonianza
quegli interrogativi si erano adattai perfettamente alla sua situazione d’animo.
Sapeva di essere diverso da quello che gli altri volevano che lui fosse,
sentiva di avere un animo oscuro come quella notte, ma aveva sempre cercato di
sotterrare quella sensazione imputandola a quella maledetta cicatrice che lo
collegava al suo mortal nemico….ora invece, dopo quelle parole, non poteva
più reprimerla ma neanche manifestarla, aveva paura a lasciarsi andare, legato
con piccoli affetti verso quelle persone che ingenuamente o stupidamente
chiamava ‘amici’. Lo stesso Remus, che considerava quasi un padre dopo la
morte del padrino, gli aveva taciuto la verità e nascosto il diario –Hanno
paura di me, di quello che posso diventare- pensò in un attimo mentre sollevava
la testa verso il cielo plumbeo e una civetta innalzava il suo lugubre canto “Ma
chi sono io?” nessuno rispose a quell’interrogativo e una sottile lacrima si
perse ancora per quelle guance un tempo abbronzate, ora pallide.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
COMMY: a chi ha avuto il coraggio di leggere ringrazio
sentitamente.....per lo meno niente mele marce....è già un inizio. Di storie
su un Harry cattivo e votato al male se ne sono fatte a migliaia e perciò è
difficile scrivere un qualcosa di originale in stile Harry Dark, ma questa
storia mi ronzava in testa da un po' senza darmi tregua così l'ho buttata giù
(è già finita quindi non disperate per l'aggiornamento!). Devo dire che
andando avanti mi prendeva ed entusiasmava e spero che in parte possa fare lo
stesso effetto anche a voi. un Grazie ancora a chi leggerà...un bacio e a
presto Myriam!!!
Cap.2.
Ronald Weasley era considerato da tutti un tipo confusionario
e non proprio sveglissimo, ma come dice il detto ‘Il vantaggio di essere
considerati degli stupidi è che la gente non penserà mai che puoi fare
qualcosa d’intelligente’, e così viveva senza relativi problemi, ascoltando
ogni teoria o discorso che si teneva a scuola ed elaborandolo in ipotesi meno
assurde. Forse era stata proprio questa sua capacità di analizzare le cose in
modo critico e pratico che gli aveva fatto notare il cambiamento del suo
migliore amico Harry Potter oltre all’aspetto fisico. Il ragazzo minuto e
piccolo, dal corpo sottile e scattante era mutato in un giovane uomo di 17 anni
dal fisico prestante e si era alzato di parecchi centimetri, ma l’apparenza
spesso ingannava e questo Ronald l’aveva capito subito. Ogni giorno che
guardava negli occhi il suo amico vedeva un ombra, un’immagine oscurata di
tenebra e un’anima tormentata e buia che gli faceva passare un brivido di
terrore su per la schiena prima che sparisse soffocato dalle altre emozioni.
Harry era diventato taciturno ed introverso, lo sguardo perso in qualche
pensiero contorto e imprevedibile e si portava appresso sempre un libricino
consumato dalla copertina verde. Qualche volta Ron aveva cercato di sbirciare
all’interno ma un incantesimo di protezione glielo impediva. Cosa gli
nascondeva Harry?
E perché proprio a lui ed Hermione?
Non erano forse i suoi migliori amici?
Ma Ronald Weasley non era più sicuro neppure sull’ultimo
quesito. Le cose erano precipitate troppo rapidamente, non era riuscito a
seguire Harry nei suoi travagli perché lo teneva chiuso fuori dalla sua vita e
dai suoi tormenti. E così lo vedeva giorno dopo giorno deperire e spegnersi
lentamente in un processo che sembrava infinito, quel ragazzo solare e pieno di
speranze che era riuscito ad animarlo in ogni situazione non esisteva più. Ron
aveva sempre detestato i cambiamenti e adesso si trovava a dover affrontare il
peggiore di tutti: la rottura del magico trio. Tirò un pugno forte al muro di
solida pietra di uno dei corridoi che conducevano alla Sala Grande dove si stava
tenendo la colazione. Non sapeva cosa ne pensava Hermione perché non aveva
avuto modo di parlarle visto che in quel periodo anche lei sembrava stanca di
tutto quello che le accadeva intorno e poi non voleva preoccuparla con quelle
che erano, forse, sue farneticazioni. Non sapeva cosa fare per salvare quell’amicizia
che era uno dei suoi pilastri nella vita, qualcosa sui cui, ovunque era, sapeva
di poter contare e da cui tornare…..un senso di oppressione, tristezza,
ineluttabilità e inutilità lo sommersero facendogli provare un istante di
nausea e vertigine tanto che si appoggiò al muro -La cosa peggiore è aspettare
sul ciglio del baratro- pensò con un sorriso amaro. Il filo era teso come una
corda di violino che risuonava di note acute, cupe e malinconiche che facevano
vibrare la sottile cordicella impazzita che aspettava il taglio di apertura -Chi
taglierà il filo? Arriverai di nuovo primo tu, Harry?- pensò Ron mentre a
passo stanco si dirigeva verso la Sala Grande. Erano tutti lì, l’intera
scolaresca riunita per la colazione mattutina mentre nella stanza si levavano
alte risate o bisbigli. Ron lanciò uno sguardo al suo tavolo dove c’erano
già i suoi ‘amici’ che stavano mangiando e parlando, o meglio –Herm parla
ed Harry tace come al solito- notò sedendosi al suo posto affianco all’amico.
“Buongiorno” disse dando un piccolo bacio ad Herm e
rivolgendo un sorriso amichevole ad Harry che gli rispose con un cenno del capo
per poi tornare rivolgere uno sguardo spento al cibo che aveva nel piatto. Dopo
poco li raggiunse Ginny sempre con un sorriso sulle belle labbra rosse si
sedette vicino al cercatore Grifondoro dandogli un sonoro bacio di buongiorno a
cui Harry rispose più per abitudine che per voglia. Il tempo trascorse veloce
tra qualche chiacchiera e risate e il trio di Hogwarts si alzò per recarsi alla
prima lezione del giorno, Pozioni con il Professor Lumacorno; così dopo aver
salutato gli amici percorsero i soliti corridoi fino all’aula nei sotterranei
arredata sempre con toni scuri e cupi, i calderoni già sul fuoco che bollivano
e fumavano spargendo nell’aria il rumore profondo e sordo dell’acqua che
gorgogliava. Gli studenti presero posto nei soliti banchi aspettando l’arrivo
del professore che non tardò ad arrivare come al solito vestito con panciotti
variopinti e giacche ricamate, il pancione che sporgeva e gli occhietti che
saettavano da una parte e dall’altra.
“Bene miei cari, oggi prepareremo la Pozione Sognum No. Chi
mi sa dire cosa è?” neanche il tempo di finire la frase e la mano di Hermione
scattò sull’attenti ottenendo la parola
“È una pozione del sonno, 4 gocce annullano completamente
per una notte ogni incubo o sogno possibile”
“Molto bene Signorina Granger, 10 punti a Grifondoro”
disse il docente mentre scriveva sulla lavagna gli ingredienti e il procedimento
“Come vedete è richiesta che l’acqua sia già bollente, perciò vi ho già
messo sul fuoco i calderoni. Mi aspetto un ottimo lavoro, Madama Chips ha finito
le scorte di questa pozione” così dicendo cominciò ad osservare muovendosi
tra i banchi il lavoro individuale degli studenti. Ron cominciò a sudare freddo
sotto quell’attento esame mentre cercava di seguire scrupolosamente le
indicazioni scritte sulla lavagna, mentre nel bancone dietro il suo Hermione era
già all’opera frenetica e attenta. Harry eseguiva oramai senza obbiettare,
seguendo alla lettera qualunque cose gli fosse stata detta mentre affettava con
sguardo vacuo le sue teste di lucertole essiccate, il diario verde di sua madre
fedelmente vicino a lui. Quella mattina si sentiva più male del solito, gli
sembrava tutto inutile e indistinto mentre lo sguardo si spostava continuamente
su una zona della classe rimasta libera: il banco che solo l’anno prima aveva
occupato Draco Malfoy, il suo rivale, la sua nemesi e l’unico che l’aveva
capito veramente.
Si ricordava chiaramente ogni fase della morte di Silente,
ogni linea di incertezza che aveva invaso il viso del biondo che su quella torre
maledetta si apprestava a togliere la vita ad un uomo. L’indecisione aveva
attraversato quegl’occhi chiari, ma la guerra tra ciò che è giusto fare e
ciò che si vuole fare non aveva potuto finire all’interno di quell’animo
perché i suoi compari erano giunti prima. A quei tempi, solo pochi mesi prima,
si sarebbe fatto uccidere pur di difendere Albus Silente da quell’ignominiosa
morte legato ancora a stupidi ideali non suoi, ma ora…..ora avrebbe lui stesso
steso il braccio, allungato la bacchetta e pronunciato l’anatema di morte, un
sguardo freddo ad accompagnare i rigidi lineamenti facciali…
“Uhm, molto bene Signor Potter! Ehh, si vede proprio che lei
ha il talento di sua madre, strega bravissima e diligente, un ottimo elemento
per…” il professor Lumacorno si interruppe quando lo sguardo incontrò la
copertina verde scuro del diario che già prima di allora aveva visto, in un
altro ambito, in altre mani. Harry si affrettò a mettere via il quaderno in
questione sperando in cuor suo che l’uomo non avesse mai visto quell’oggetto
tra le mani di sua madre e che soprattutto non sapesse cosa conteneva, non era
ancora pronto per affrontare i suoi amici, Remus e tutto l’Ordine, non era
ancora sicuro da che parte stare…. La campanella suonò in extremis salvandolo
da una spiegazione spinosa, mise un po’ di pozione in un’ampolla, la
etichettò e la lasciò sulla scrivania perché fosse giudicata, poi di corsa
fuori da quell’aula e alla successiva ora, nella mente due occhi grigi su un
viso pallido gli diedero un incentivo per sopravvivere anche quell’oggi.
Il castello oscuro, situato in cima ad una collina, si ergeva
magnifico e silenzioso circondato da un’aura di morte e desolazione. Sinistre
torri si ergevano dalle mura merlate mentre i lembi di qualche vecchia e logora
bandiera pendevano ancora dai bastioni a memoria di un tempo lontano e forse
più felice. Tra le mura di quell’antica costruzione abitava la corte Oscura
comandata da Lord Voldemort rinato a nuova vita. L’aspetto serpentino e
pallido che aveva acquistato durante la sua resurrezione oramai 3 anni addietro
era stato modificato con l’utilizzo delle Arti Oscure ed ora appariva come un
uomo non contaminato dalle pratiche Oscure, alto, bello e maledetto, i capelli
neri notte e gli occhi blu come un abisso di perdizione. Vagava oramai da tempo
per i corridoi della sua dimora che un tempo era stata splendida, quando ancora
tutto era deciso, la vittoria in pugno e la sua Regina affianco. I passaggi
interni sembravano più oscuri e misteriosi visti di notte, gli arazzi di
famiglia che pendevano dai muri vecchi in pietra e la luce delle torce che
spandeva un alone giallognolo e triste sul pavimento in roccia fredda. Da poco
si era conclusa una riunione con i suoi fedeli accoliti per decidere come
muoversi, doveva essere tutto pianificato, una svolta decisiva e favorevole per
la loro causa. Era rimasto favorevolmente colpito dalla disciplina e fredda
astuzia che contraddistingueva un suo giovane servo da poco entrato tra le sue
file, Draco Malfoy, degno figlio di Lucius ma con la scaltrezza e il
temperamento della madre. Era un ragazzo che sapeva tenere sotto controllo ogni
più piccola emozione, ma Lord Voldemort era riuscito a sentirle agitarsi in lui
e crescere, era quasi interessante vedere li sforzi che faceva per non esplodere
quando qualcosa non gli garbava e naturalmente c’era un altro sentimento che
il Signore Oscuro aveva sentito, ma era profondo e ben protetto dall’occlumanzia
del biondo e l’uomo era riuscito appena ad avvertirne la presenza senza
riuscire ad identificarlo -Un ottimo elemento, diventerà più grande di Lucius-
pensò mentre entrava in una delle tante stanze del castello.
Quella però per Tom Riddle aveva un significato particolare,
era intrisa di malinconia e gioia, un aroma di fiori di pesco che proveniva da
un vaso pieno di fiori dal delicato colore, il camino era acceso in un angolo
della parete antistante al porta d’accesso mentre gli altri muri erano
ricoperti di scaffali con libri dalle rilegature fini e delicate, alcune
consumate dagli anni, altre sgargianti per i colori nuovi, al centro della
saletta un delicato tavolino di cristallo con il vaso ed intorno delle poltrone
verdi e un divanetto.
L’ambiente intimo e confortevole metteva a proprio agio
chiunque veniva a dedicare qualche ora alla lettura, ma quel luogo era ad
ingresso esclusivo, solo Tom e la sua compagna potevano usufruirne. Mentre
sedeva su una soffice poltrona verde con in mano l’ultimo libro letto dalla
sua Regina, si sentì soffocare dal ricordo della nascita di quella stanza. Era
stata la sua compagna a volerla, quando l’aveva portata in quel castello a lei
sconosciuto seguiti dalla sua corte Oscura ai loro comandi, sapeva di non essere
ancora ben vista tra le file di fedeli al Signore Oscuro, ma non le importava,
continuava a ripetergli che aveva lui affianco e nulla la intimoriva. Ciò
nonostante gli aveva chiesto di farle una saletta di lettura solo per lei,
perché potesse ritirarsi quando si sentiva fuori posto, perché potesse
continuare a coltivare la sua passione per i testi di magia sia bianca che nera.
E lui aveva acconsentito e gli sembrava di vederla ancora, seduta accanto al
fuoco con un libro tra le mani delicate, il sorriso felice e lo sguardo verde
attento, concentrato, nell’aria l’aroma dei fiori di pesco che la
contraddistingueva.
Tom Riddle chiuse per un attimo gli occhi nell’avvertire la
profonda mancanza dell’unica donna che avesse mai amato e che aveva ucciso
senza possibilità di appello. Li riaprì di scatto mentre nelle orecchie
risuonava ancora l’urlo che aveva lanciato quando era stata colpita dall’Avada
emessa dalla propria bacchetta per mano sua, stretto nell’abbraccio della
donna quel bambino che aveva segnato la sua fine. Posò il libro sul tavolino
mentre si accostava al camino acceso che con le sue fiamme gialle e rosse
scoppiettava e scaldava il luogo, poi lo sguardo blu gli cadde sul ritratto
appeso sopra il focolare: un prato verde smeraldo sui cui stava seduta una donna
bellissima vestita di un semplice abito rosa pallido, tra le braccia reggeva un
mazzo enorme di fiori di pesco, le labbra rosse erano arricciate in un caldo
sorriso, gli occhi di un verde profondo colmi di amore e tenebra e i fulvi
capelli rossi lasciati liberi di venir mossi dal vento….un rumore di passi
affrettati lo distrasse dalla contemplazione del volto della sua Regina e
avvicinandosi alla porta poté sentire un breve, ma significativo, stralcio
della conversazione tra due suoi fedeli.
“Non fare idiozie Draco! Non è il momento e non ho nessuna
voglia di venirti a recuperare se sarai nei guai” disse con un basso ringhio
la voce fredda di Severus Piton
“Nessuno te l’ha chiesto mi pare! Io vado con o senza la
tua approvazione” rispose con tono deciso Draco Malfoy
“Che cosa speri di ottenere me lo spieghi? Se ti vede non ci
metterà molto a ucciderti”
“Non mi vedrà e non mi ucciderà, né lui né nessun altro:
ho bisogno di andarci Severus, ho bisogno di capire”
“Capire cosa Draco? È troppo tardi per tornare indietro lo
sai vero?!”
“Non ho intenzione di tornare indietro, sono fedele al Lord
e credo nella nostra causa, ma ciò non toglie che senta la necessità di andare
ad Hogwarts per un attimo. Devo vedere Potter e dirmi che lo potrei uccidere,
devo rendermi conto se potrei uccidere”
“Sei troppo giovane per pensare a certe cose! Accontentati
di essere mio assistente Pozionista e vedrai….”
“La guerra non mi risparmierà solo perché sono assistente
Pozionista! Arriverà il momento in cui o uccido o vengo ucciso ed io preferirei
la prima scelta” così dicendo girò le spalle al suo padrino, si tirò sul il
cappuccio del mantello nero e si inoltrò nell’oscurità dei corridoi
“Piccolo stupido…”
“Lascialo andare Severus” disse il Lord uscendo dalla
stanza e fermando l’uomo che era già pronto per correre dietro al suo
figlioccio e fermarlo
“Mio Signore se venisse catturato..” disse Piton
inchinandosi per un attimo alla vista del suo padrone e poi rivolgendo lo
sguardo di nuovo al corridoio
“Non succederà. Draco è un ragazzo astuto, non si farà
prendere e se ciò accadesse non dirà nulla, piuttosto la morte” disse e
vedendo un piccolo sussulto nel suo accolito continuò a parlare mentre un
ghigno gli si formava in volto “Mi è fedele credigli, ho scrutato nella sua
mente e seguirà qualunque mio ordine ma prima deve compiersi ancora un tassello
della trama”
“Un…tassello My Lord?”
“Si Severus, un tassello, il più importante di tutti e
sento che sarà lo stesso Draco a portarmelo” e con ciò chiuse la stanza
dietro di sé con un movimento di mano e poi prese la via opposta a quella del
biondo Mangiamorte, Severus dietro pregò per un attimo qualsiasi Dio esistente
perché proteggesse il suo figlioccio. Nella stanza privata il quadro della
bella donna si tolse i capelli rossi dal viso con una mano dalle dita affusolate
mentre una singola lacrima tracciava un percorso per quelle guance di pittura,
in basso, in un angolo, brillava una dedica: A te mio
unico Amore perché tu possa ricordarmi sempre così, Lily Evans Riddle.
Nel mentre Draco Malfoy era uscito, silenzioso ed invisibile
tra le ombre, dal castello dirigendosi poco più avanti verso un posto sicuro e
libero dagli schermi anti-materializzazione che circondavano l’abitazione, si
avvolse stretto nel mantello scuro, fece un leggero giro su se stesso e si
smaterializzò, direzione Hogwarts. Sapeva che le barriere poste all’inizio
attorno alla scuola avevano ceduto di forza da quando Albus Silente era morto,
visto che la sua stessa vita alimentava quegli scudi di magia antica e nessuno
era tanto potente da ricostituirli, e perciò era divenuto più facile entrare
nell’edificio. Il biondo Mangiamorte si materializzò nella Foresta Proibita
vicino al lago e in silenzio, la bacchetta sfoderata e pronta all’uso,
sgusciò tra gli alberi e gli arbusti secchi cercando di non farsi sentire dagl’Auror
che pattugliavano la zona. Quella era l’unica nota che stonava e preoccupava
il giovane, niente scudi significava niente protezione e così la McGrannit
aveva richiesto dei valenti Auror che proteggessero la zona, il Ministero non
aveva fatto tante storie perché all’interno della scuola c’era Harry Potter
-Ed il giocattolino non deve rompersi vero?!- pensò Draco mentre un sorriso di
sdegno gli dipingeva le labbra. Raggiunse il limite della foresta con il parco
di Hogwarts e da lì allungò la bacchetta davanti a sé e la muovette come per
sondare l’aria, lo sguardo concentrato e scrutatore mentre si avvicinava un
pochino fino ad incontrare una piccola resistenza, un muro che appena toccato si
mostrò come una solida cupola di ghiaccio con delle incrinature evidenti: le
prime crepe di rottura.
Draco seguì il contorno della protezione sempre tenendo la
bacchetta davanti a sé, fino a giungere ad una crepa che raggiungeva il
terreno, lì lo spessore dello scudo magico era più sottile e quindi più
fragile e facilmente alterabile con un incantesimo Confundus. Il biondo mosse la
bacchetta in tre rapidi cerchi in successione e recitò la formula liberandola
contro la spaccatura che tremò e s’affievolì d’intensità lasciando
passare senza difficoltà il ragazzo all’interno. Probabilmente gli Auror o la
Preside avevano pensato ad un’azione più clamorosa perché nessun allarme,
nessun incantesimo di difesa ulteriore o altro lo colpì. Malfoy era pronto e
scattante per ogni cosa gli fosse stata lanciata contro, ma probabilmente il ‘Personale
di Sicurezza’ si aspettava che la barriera venisse rotta completamente se
qualcuno voleva penetrare nel perimetro scolastico, in quel caso allora se ne
sarebbero accorti; ma in quel caso invece la barriera era integra e funzionante,
solo un pochino confusa, e Draco poteva ringraziare di aver trovato una crepa
così vicina e facilmente accessibile -A volte le cose semplici sono le
migliori- pensò mentre si inoltrava nel parco del castello stando vicino alla
protezione fornita dagli alberi. La parte più difficile sarebbe stata entrare
nel castello vero e proprio e riuscire e schivare l’ottimo olfatto di quella
gattaccia di Gazza e la vigilanza dei prefetti o professori, superato questo
imbrogliare il quadro d’entrata per il Grifondoro e raggiungere la stanza dove
riposava Potter….senza farsi scoprire ovviamente!
Draco si chiese fugacemente perché in realtà stava
rischiando in quel modo la sua libertà, la storia che aveva raccontato a Piton
era in parte vera, ma sapeva che c’era dell’altro oltre il desiderio di
sentirsi in grado di uccidere, di vedere quegli occhi verdi senza paura di
cedere. Era dal quinto anno che stare vicino a Potter gli lasciava una strana
euforia addosso e un’inspiegabile voglia di liberarlo da quella schiavitù che
Silente e il suo seguito di accoliti lo aveva rinchiuso. Anche per quello l’anno
scorso aveva accettato senza obiettare il compito che l’oscuro gli aveva
affidato: uccidere Albus Silente, voleva liberare Potter da quel vecchio pazzo e
fargli aprire gli occhi su quella che era la sua vita. Sbuffò leggermente
bandendo dalla sua mente l’idea di rapire Potter e fargli capire che la sua
vita era affianco a lui, dal lato del Male. Ora non era il momento per atti
eroici o stupidi, non doveva farsi venire certe idea in quel momento, lui e
Potter erano su fronti diametralmente opposti e nulla avrebbe fatto cambiare
partito ad uno dei due. Draco si fermò all’ombra di una grande quercia mentre
fissava la torre in cui si era svolta la ‘guerra’ tra lui e Silente qualche
mese prima e ai cui piedi ora giaceva la sua tomba in marmo bianco e candido
come ricordo. Il giovane biondo si avvicinò a quel loculo volendo per prima
rivolgere un ultimo pensiero al vecchio mago, ma all’ultimo si rese conto che
c’era già qualcuno che stava meditando davanti a quel sepolcro immacolato.
Incuriosito aggirò lentamente la zona fino a trovarsi vicino ad un albero dalla
parte del lago e proprio davanti alla tomba e quindi allo sconosciuto ora ben
visibile. Un corpo indubbiamente maschile ed asciutto era fasciato negli austeri
abiti della divisa scolastica, la sciarpa dei vivaci colori di Grifondoro, una
zazzera di capelli neri spettinati e tenuti più lunghi di quanto Draco
ricordasse, due occhi verdi accesi da sfumature di rabbia e protetti da un paio
di occhiali rotondi. Harry Potter sembrava più stanco che mai agli occhi del
giovane Mangiamorte.
Harry, coma era sua abitudine da parecchie notti, era uscito a
prendere una boccata d’aria in modo da liberarsi da tutte le sensazioni
negative che la giornata appena trascorsa aveva portata con sé. Come sempre si
sentiva soffocare dai suoi amici che ipocritamente lo ‘incoraggiavano’ ad
andare avanti, a vedere il lato bello delle cose….e intanto continuava a
rileggere il libro della madre e non trovava risposta ai suoi quesiti. Non
riusciva a capire come aveva potuto innamorarsi di Tom Riddle e anche se la
vicenda era spiegata nei minimi dettagli, gli sembrava difficile da capire forse
perché andava contro all’idea che fin’ora si era fatto della madre. La
credeva una donna energica, sempre di buon’umore, felice della vita e al di
fuori dei pregiudizi, invece lei aveva ribaltato tutto descrivendosi in ogni
dettaglio senza tralasciare nulla, volendo far capire al figlio chi era
veramente sua madre e chiedendogli di accettarla senza sotterfugi o mezze
verità. Si descriveva come una persona fredda e distaccata, di spiccata
intelligenza e amante dello studio, maligna in modo scaltro e nascosto, adorava
gli intrighi e i Purosangue. Harry aveva riletto più volte quel passo
assorbendone ogni parola. Sua madre si vergognava di essere nata babbana perché
aveva dovuto rinunciare drasticamente a molte cose non vietate ai Purosangue, il
semplice poter fare un incantesimo senza l’uso di bacchetta era una capacità
che i nati babbano e i mezzosangue non possedevano e potevano acquistare solo
con molta fatica e lunghe ore di pratica, limitazioni che queste due categorie
dovevano per natura subire li faceva essere per forza di cose inferiori ai
Purosangue -Questo è stato uno dei motivi che ti ha spinto a scegliere lui, non
è vero mamma?- pensò Harry fissando lo sguardo al marmo bianco della tomba.
Ci passò lentamente un anno sopra in una gentile ed inconscia
carezza per poi ritrarla quasi disgustato. Non sapeva come comportarsi, come
agire, l’unica cosa sicura era che non potava essere ancora per molto il ‘Ragazzo
Sopravvissuto’, era un ruolo che gli stava diventando insopportabile e
fastidioso. Strinse nell’altra mano il diario verde e diede un pugno forte
sulla tomba ferendosi alla mano e sporcando quel bianco di rosso sangue.
“Te lo ricordi il colore del sangue? Ti disgusta il mio?
Nelle mie vene scorre lo stesso che scorre in quelle di mio padre e tu non me l’hai
detto. Hai taciuto anche quando è tornato in vita, non mi hai avvertito che gli
sarebbe stato indispensabile il mio sangue, mi hai levato per la seconda volta
una famiglia! Temevi che tornassi da lui come mia madre? Avevate tutti paura che
non avrei avuto tanto fegato da ucciderlo una volta scoperto tutto? Beh avevate
ragione. Non lo ucciderò…..mai!” disse come se davanti a lui ci fosse stato
l’anziano Preside e l’Ordine tutto, una lacrima d’amarezza gli scivolò
sul viso ed in quel momento sentì distintamente un fruscio tra le fronde dietro
la tomba e alzando lo sguardo si perse in quello di ghiaccio del suo nemico di
sempre. Draco Malfoy aveva assistito a tutta la scena e alla confessione ma non
aveva capito bene a chi si riferisse il moro a parte che suo padre non era James
Potter. Lo guardò a fondo negli occhi uscendo allo scoperto e sapendo che l’altro
non l’avrebbe tradito perché in quei pozzi di verde smeraldino non c’era l’odio,
la cattiveria o il disprezzo che qualche anno fa gli aveva riempito sguardo ogni
volta che lo vedeva. Ora Draco Malfoy osservando quegli occhi vi scorgeva
soltanto profonda tristezza e la voglia irrefrenabile di distruzione: una belva
sopita nel profondo di un antro oscuro che lentamente schiude le fauci, prepara
gli artigli, pronta a dilagnarti. Ma quella belva non voleva ferirlo ed infatti
Harry Potter gli sorrise dolcemente, il primo vero sorriso dopo mesi, la lacrima
che si asciugava sulla sua guancia e i pugni prima stretti che ora si
allentavano docilmente.
“Non ti far scoprire, gli Auror si sono spostati sul confine
nord e poi avranno finito, ne resteranno solo 6 o 7” gli disse con voce
flebile, stanca ed il biondo si chiese in un attimo dove era sparita la belva
che prima albergava in quello spirito. Guardando i suoi occhi capì che il
moretto l’aveva di nuovo sigillata dentro di sé, soffocata
“Perché me lo stai dicendo? Non hai paura che possa tornare
con una squadra di Mangiamorte?”
“Puoi portare anche il Lord se credi, potrei aprirti io
stesso la porta se lo desideri….sarebbe solo un aiuto in più per decidere”
rispose svogliato avvolgendosi stretto nel mantello per ripararsi dal vento e
voltandosi per andarsene
“Aspetta!” quasi gridò Draco balzando in avanti e
fermandolo per un braccio “Cosa vuoi dire? Decidere cosa?”
“Draco cos’è il male?” chiese invece il moro
“Il male?….Nulla di diverso dalla vita” rispose confuso
“Esatto….perché allora non sceglierlo al posto del bene?
Non sarebbe più facile?” chiese retoricamente il giovane grifone sciogliendo
la presa ed allontanandosi per davvero in direzione del castello. Malfoy
osservò la sua figura fino a che non scomparve dalla vista, inghiottita dalle
ombre della notte, nella mente le frasi criptiche del moretto risuonavano ancora
dando speranza al suo cuore. Alzò lo sguardo verso lo spicchio di luna argentea
che risaltava sul cielo scuro come una gemma poi si avvolse nel mantello tirò
su il cappuccio a coprire i capelli chiari e si ridiresse verso la frattura
della barriera, uscì e in silenzio arrivò alla zona in cui si era
materializzato. Doveva raggiungere il Manor al più presto , la notte surreale
che aveva vissuto l’aveva lasciato con una viscida sensazione di irrealtà che
gli scorreva addosso ed aveva assoluto bisogno di confidarsi con il suo padrino
per vedere di trarre delle conclusioni intelligenti da quello che era avvenuto.
Una sola cosa era chiara a Draco Lucifer Malfoy: non sarebbe mai stato in grado
di uccidere, torturare o veder soffrire Hary Potter, lo amava semplicemente
troppo -Dopotutto a qualcosa è servita questa visita- pensò con un mesto
sorriso un attimo prima di smaterializzarsi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Commento: visto che è da tempo che non aggiorno
la storia ho deciso di spedire un cap più lungo (con vostra somma gioia veroooo!!!??)....cmq
ringrazio per i commenti che avete lasciato o anche per il semplice coraggio nel
leggere questo ennesimo parto della mia mente!!! sempre con affetto, alla
prossima, Myriam!
Cap.3°
Stava percorrendo un canale che sembrava infinito, buio e
sinistro in cui si aprivano decine di porte da cui provenivano bassi latrati e
urla di dolore. Stava correndo probabilmente e il rumore dei suoi piedi sul
terreno procurava uno strano sciacquio di bagnato, forse era un canale
sotterraneo e umido, l’odore di chiuso era nauseante. Non sapeva dove
conduceva quel luogo, sentiva solo un feroce fischio nelle orecchie e il sangue
che scorreva veloce, intenso, quasi stridente, la frenesia della caccia gli
sommergeva ogni muscolo facendolo correre più veloce. Ma cosa stava cacciando?
Non se lo ricordava ma sapeva che era una cosa importante e soprattutto che gli
avrebbe permesso di essere libero da quella gabbia d’oro che per 17 anni lo
aveva chiuso. Una piccola fenditura si apriva alla fine del corridoio e una luce
fievole ed argentea sbucava ad illuminare quelle tenebre. Sentì il rumore di
una porta sbattuta ed altri passi ora così vicini….corse ancora più forte,
la bacchetta in pugno, la porta da cui usciva la luce poco avanti, compì un
balzo attraverso l’apertura e fu all’aperto.
Una piccola radura si apriva davanti ai suoi occhi, l’erba
era giovane, verde e tenera contro la luce spettrale della luna piena, alberi
dalle fronde maestose si alzavano a circondare il prato mentre la figura che
stava rincorrendo da tempo cercava rifugio dalla parte opposta del luogo,
sperando di raggiungere la sicura protezione dell’intrico di alberi. Sorrise
ferino nel buio muovendosi con calma incontro a quella persona che aveva
raggiunto il centro del prato e si era girata per osservare il suo boia
sbiancando di paura ed estraendo la bacchetta, ma a quel punto era troppo tardi
perché Harry lanciò un incantesimo di disarmo e con un colpo secco dell’arma
legò insieme polsi e gambe costringendo l’uomo a contorcersi a terra
terrorizzato.
Il moro si avvicinò al prigioniero con passo calmo e
misurato, gustando ogni ondata di terrore che proveniva dal suo carcerato che
era stato sciocco a fuggire. Gli lanciò contro quasi distrattamente un
Cruciatus che lo fece urlare dal dolore profondo, si interruppe gustandosi i
lamenti di sofferenza e poi ricominciò con la stessa intensità interrompendosi
poi di nuovo.
“Non saresti dovuto scappare” disse con voce dolce e
accondiscendente
“Meglio morire qui che in quel lurido posto torturato da
quel pazzo visionario” rispose l’uomo inframmezzando le parole con respiri
spezzati
“Non ti conviene parlare così, ti devo ricordare il legame
che ci unisce?!” disse il moro assottigliando lo sguardo e lanciando un altro
Cruciatus
“Chi…se lo scorda……sapevamo che eri pericoloso……avremmo
dovuto ucciderti…” un colpo di tosse mischiato a sangue lo interruppe e a
quel punto un sibilo di serpente raggiunse le sue orecchie mentre una lingua
biforcuta leccava solleticando il suo orecchio. Un lungo serpente bianco dalle
squame macchiate di nero gli passò sopra con movenze sinuose per poi arrivare
ai piedi del suo padrone ed arrampicarsi sulla sua figura. Harry accarezzò
dolcemente il muso serpentino che gli si era posato a livello delle faccia
mentre il corpo del serpente si arrotolava attorno alle sue spalle.
“Non avresti dovuto dirlo” disse infine con voce bassa e
carezzevole che fece scorrere un brivido di terrore per la schiene dell’uomo e
poi il ragazzo moro pronunciò l’anatema che uccide, un lampo verde illuminò
la sera e gli occhi di Remus Lupin si chiusero per l’ultima volta.
Harry si svegliò dal sogno con un senso di vertigine e nausea
che lo sopraffece costringendolo a distendersi di nuovo tra le coperte disfatte
del letto. Cercò di prendere fiato e il respiro che sembrava spezzato in gola
come se avesse davvero corso e non semplicemente dormito e sognato. Il sudore
gli si era ghiacciato in viso facendolo rabbrividire nella fresca aria della
sera mentre il suono dei respiri addormentati dei suoi compagni lo
tranquillizzava sul fatto che stessero dormendo e non avevano sentito nulla ma
lui era ancora scioccato. Si alzò lentamente cercando di snebbiare la mente per
poter pensare con mente lucida, le vertigine erano passate ma al loro posto un
fastidioso tamburellare gli rimbombava nella testa acuendo il mal di testa. Si
appoggiò alla finestra cercando di focalizzare i pensieri su qualunque cosa che
non fosse il sogno vissuto mentre un forte temporale si abbatteva inflessibile
sul castello, le raffiche di pioggia che battevano contro il vetro della
finestra e uno spiffero d’aria fredda che si infiltrava tra le pietre che
formavano i muri. Non si era accorto che stava diluviando, troppo concentrato su
quello che aveva vissuto e sulle sensazione che lo avevano sommerso d’improvviso.
Con lentezza il dolore alla testa stava passando permettendogli di pensare con
calma. Lo sguardo di terrore puro e tristezza che aveva visto negli occhi di
Remus era ancora impresso chiaramente nei suoi ricordi come lo era il sibilare
tranquillo del serpente, quasi poteva sentire ancora il suo peso rassicurante
sulle spalle, così familiare e bello che per un attimo controllò che non ci
fosse davvero. La frenesia della caccia, l’odio puro che aveva provato e la
liberazione nello lanciare la Maledizione Senza Perdono gli scorrevano ancora
nelle vene al posto del sangue senza disgustarlo, e quella era una sensazione
oramai abituale da quando aveva capito chi era realmente, di chi era
figlio. Orami ci si era abituato, aveva accettato questa verità che infondo
aveva sempre saputo ma mai creduto possibile e realizzabile. Silente e gli altri
avevano cercato di cambiarlo, di liberarlo da quello che credevano un morbo, una
vergogna, ma avevano sempre perso ed ora Harry sapeva che niente lo avrebbe
fermato dall’avere la sua vendetta.
Strinse per un attimo i pugni contro i fianchi digrignando i
denti in un basso ringhio spontaneo nel ricordare le ingiustizie e privazioni
che aveva subito. Si chiese fugacemente come sarebbe stata la sua vita se invece
avesse sempre saputo la verità ma mai trovato il diario, quello avrebbero
dovuto bruciarlo perché quel semplice libro bastava per rivoluzionare la sua
vita completamente, perché avrebbe sempre, in ogni caso, creduto ed accettato
le verità che la madre gli scriveva. Ma forse se non avesse mai trovato quella
testimonianza, se avesse sempre creduto a ciò che gli veniva detto, forse
avrebbe cominciato a vedere suo padre con gli occhi degli altri come finora
aveva fatto arrivando ad ucciderlo; ma ora questo non poteva succedere,
semplicemente non avrebbe eliminato l’ultimo legame con un qualche tipo di
famiglia.
“Che difficile decisione” disse al buio della camera in un
sussurro mentre chiudeva gli occhi rivivendo ciò che aveva sognato riconoscendo
che se avesse scelto lo schieramento di suo padre sarebbe stata la prima cosa
che avrebbe fatto. Nello stesso momento due occhi blu profondo si aprirono nella
notte di un’altra camera lontana chilometri da quella del Grifondoro, un uomo
dai capelli scuri e l’incarnato pallido stava sorridendo al buio mentre
risentiva dentro di sé la stessa eccitazione che aveva invaso il corpo del suo
rivale durante quel sogno che avevano condiviso. Non immaginava di certo che il
Salvatore del Mondo Magico avesse certi pensieri, quel ragazzo forte e oscuro
che aveva visto nel sogno non sembrava affatto il giovane debole che aveva
incontrato qualche mese prima nell’Ufficio Misteri, ma piuttosto un principe
nero. Il serpente bianco che fiducioso gli si attorcigliava sopra, gli occhi
verdi intrisi di potere feroce e latente pronto a esplodere nella sua forma più
primitiva, e il semplice, regale portamento di chi possiede la terra sulla quale
cammina ed ogni cosa gli è dovuta. Tom Riddle si ricordava di un’altra sola
persona che aveva tutte quelle caratteristiche, lui stesso da giovane, ai tempi
di Hogwarts quando ancora non aveva idea di come gestire il suo potenziale, di
come rivoluzionare il mondo magico per portarlo allo splendore completo di
potenza. E in parte il giovane Potter del sogno gli ricordava la bellezza regale
e astuta della sua dolce Lily quando sedeva nella camera del Consiglio, su quel
trono dorato vicino al suo, davanti ad una congrega di Mangiamorte che sapeva
non la stimavano, ma lei era lì, altera, sprezzante ed orgogliosa cosciente del
suo pieno potere magico e della sua posizione nella gerarchia. Tom sorrise
ferino nell’oscurità distendendosi di nuovo nel letto osservando il buio
della camera mentre chiudeva gli occhi per riaddormentarsi, la guerra stava
prendendo lati piacevoli, sviluppi che non si aspettava, l’indomani avrebbe
dovuto parlare con Piton per sapere qualcosa di più sul giovane Harry.
I giorni erano passati come pioggia, scivolati via velocemente
per la popolazione studentesca, il giorno prima era settembre e quello dopo
ottobre con i suoi venti freddi e il grigiore delle giornate mentre gli alberi
si tingevano dei caldi colori autunnali. Sembrava che quella tristezza che
permeava l’aria intorno avesse un impatto devastante sui giovani che venivano
svanire i ricordi della bella stagione con il sole e il vento caldo, sostituiti
da piogge e vento freddo che si inquinava tra le pieghe degli abiti. La natura
era una ribellione di erba secca e alberi morti, malinconici, abbattuti che
cercavano disperatamente di sopravvivere a quella stagione inclemente che li
costringeva invece a chinare il capo e a lasciare andare le foglie tenere e
verdi che tanto li avevano abbelliti durante la bella stagione. In mezzo a tutto
quel grigiore, quella tristezza si aggirava un ragazzo dai ribelli capelli neri
e gli occhi due braci di fuoco verde, la borsa dei libri gli pendeva da una
spalla mentre seguiva l’instancabile parlare della ragazza dai fulvi capelli
rossi che gli camminava affianco. Ginevra Weasley sorrideva tranquilla parlando
di tutto quello che le passava per la testa cercando di far partecipare il suo
ragazzo, ma senza molto risultato, da tempo oramai usava mettere una maschera di
sorrisi e spensieratezza mentre stava con lui più che latro per contrastare il
suo animo triste. Si era accorta che Harry era cambiato molto dall’anno prima
in cui l’aveva abbracciata, baciata, stretta a sé cullandola. Ripensando a
quei momenti di felicità una lacrima le scappava sempre dagli occhi azzurri,
era inutile, si sentiva distrutta, percepiva Harry scapparle dalle dita come
sabbia ogni giorno di più e non riusciva a capire perché e come trattenerlo
accanto a sé. Anche ora che camminavano insieme lui appariva distante come non
mai, disperato e infelice, come se fosse combattuto tra qualcosa che non voleva
confidarle. La baciava, la stringeva, ma non erano più le attenzioni sincere e
delicate che usava prima, ma solo futili e ripetitivi atteggiamenti che la
distruggevano più dei suoi silenzi.
Fece un profondo respiro mentre raggiungevano la sua classe,
si sporse a rilasciare un tenero bacio sulle labbra del moretto che ricambiò
come sempre concedendole un debole sorriso mentre entrava in classe e lui
proseguiva lungo il corridoio. Ci sarebbe stata lezione di DADA quel pomeriggio
per lui e incredibilmente non aveva nessuna voglia di parteciparvi soprattutto
perché voleva dire vedere il suo ‘amico’ Remus Lupin. Si sentiva ancora
confuso e incerto, combattuto e sballottato da una parte all’altra e vedere il
licantropo essendo cosciente di quello che gli aveva tenuto nascosto lo
disgustava profondamente. Ma dopotutto non poteva farci niente, infondo nessuno
aveva capito qualcosa, anche Lumacorno che aveva visto, anche se per poco, il
diario della madre non aveva fatto nessun collegamento o supposizione. Entrando
in classe si posizionò nel banco in fondo aspettando il resto dei suoi compagni
e guardando mestamente l’aula illuminata dalle alte vetrate, lo scheletro del
drago appeso al suo posto sul soffitto, pile di libri posati sulla scrivania con
dietro le solite scale che conducevano alle stanze private del Professore. Piano
piano i vari studenti riempirono l’aula e lui si ritrovò come sempre, come
ogni lezione, tra Ron e Hermione che gli lanciavano lunghe occhiate controllate.
Sorrise amaro prima di trarre un profondo respiro al pensiero di essere
diventato un ‘sorvegliato speciale’ o un ‘soggetto pericoloso’ da tenere
sotto controllo e cercare di non irritare….poi la lezione iniziò ed Harry
cercò di concentrarsi unicamente sulle parole del professore per no far
divagare la mente verso immaginari pericolosi.
Hermione seguì la lezione come sempre attenta e concentrata
su quello che le stavano insegnando, ma una parte di lei era sempre incentrata
sul suo amico moro che le sedeva affianco. Sapeva che Ron era preoccupato quanto
lei dal cambiamento del loro amico e ogni giorno che passava sentiva sempre di
più il filo che li univa tendersi e sfilacciarsi, si sentiva male al pensiero
di non poter contare più su quell’amicizia come in passato, al pensiero che
in futuro forse Harry non le sarebbe stata accanto le faceva provare un vago
senso di vertigine. Dovunque andasse, in qualsiasi situazione si trovasse sapeva
di poter contare su Harry, di trovare in lui un fratello e un appoggio, ma ora
sentiva solo paura e freddezza, temeva che una minima vibrazione avrebbe potuto
liberare la bestia sopita all’interno dell’animo del suo amico. Solo che non
potevano continuare a vivere nel terrore, c’erano già abbastanza cose per cui
temere, forse Harry era solo triste e sconfortato, forse una sana chiacchierata,
il sapere di potersi sfogare con qualcuno poteva far tornare tutto come prima…..Hermione
si ripromise che quella sera avrebbe parlato ad Harry.
“Harry ti puoi fermare un attimo?” chiese Lupin quando la
campanella suonò e la classe si alzò per andare a magiare, il moretto gli
lanciò una lunga occhiata indagatrice e poi acconsentì dirigendosi verso gli
appartamenti personali di Remus.
“Posso offrirti qualcosa?” chiese l’uomo con un sorriso
accomodandosi su una poltrona davanti ad un caminetto, ma al cenno di diniego
del giovane il sorriso svanì e ritornò serio e posato. Studiò per un attimo
quel ragazzo che aveva visto crescere troppo rapidamente. Osservò con occhio
critico la pelle un po’ pallida rispetto al solito, le occhiaie che si
intravedevano dal bordo degli occhiali, i vestiti che sembravano pendergli
addosso tanto era dimagrito, gli occhi verdi erano freddi e inespressivi, così
simili a quelli di Lily, e i capelli neri, lunghi fino alle spalle e
leggermente ribelli, scuri come la notte e così simili
a quelli del padre………
Remus si riscosse da quell’ultimo pensiero con un brivido
ricordandosi cosa lo aveva portato a fermare il Grifondoro e con un sospiro
spostò leggermente lo sguardo intravedendo una copertina verde sotto il
mantello, Lumacorno aveva ragione: Harry non se ne staccava mai.
“Forse avrei dovuto parlarti tempo fa, forse non mi avresti
guardato così” disse con voce bassa, pacata mentre il giovane aggrottava la
fronte incerto “Dove l’hai trovato?” chiese indicando con un cenno della
testa verso il diario verde smeraldo e a quel punto ad Harry fu tutto chiaro e
non ne fu felice
“Te l’ha detto Lumacorno, non è vero? Quanti lo sanno
già? Hai avvertito tutto l’Ordine o ti sei risparmiato a nasconderla? Tanto
è una cosa che ti riesce bene!” rispose il giovane con un ringhio basso,
scontroso e sulla difensiva al quale l’uomo rispose sempre con la sua calma
abituale
“Dove l’hai trovato Harry? Credevo di averlo nascosto bene”
“Oh certo l’hai nascosto dove non sarei andato a cercarlo…peccato
che poi non hai pensato a spostarlo quando Sirius è morto. In soffitta a
Grimmauld Place, nel baule di scuola appartenuto a Sirius e protetto da tre
incantesimi antintrusione. Ero distrutto Remus dopo la sua morte e quella di
Silente, volevo delle risposte, dei ricordi e tu non c’eri. Quando ho trovato
il baule ho creduto di aver trovato ciò che cercavo e poi protetto così
bene.....Belle risposte ho trovato!!!” urlò con rabbia, gli occhi due braci
verdi di collera
“Cosa volevi che ti dicessi?”
“La verità, cazzo!!! Per una volta nella mia vita di merda
avrei voluto che qualcuno fosse sincero con me da subito!”
“Era una cosa troppo complicata da affrontare. Come avrei
dovuto dirtelo? Credi che sia stato facile per me dover affrontare tutto quello?
Vedere il tuo migliore amico che si strugge per una che ha preferito la
perdizione a te, vederla poi chiedere aiuto in quel modo umiliante, e nonostante
tutto volerle ancora bene”
“Mia madre non ha scelto la perdizione e non ti permetto di
parlare così di lei” sibilò tra i denti Harry mentre l’uomo scrollava la
testa sconsolato
“Harry è inutile rincorrere il passato, quello che è stato
è stato, voglio solo sapere se posso fare qualcosa per te?”
“Qualcosa per me?!? Cosa vorresti fare? Convincermi da che
parte stare oppure farmi un bel discorsetto su quanto mia padre sia malvagio e
sleale? Avanti, inizia pure ti ascolto!” disse il moro con un sorriso di
scherno incrociando le braccia sul busto
“Harry possibile che non capisci? Ti ho nascosto il diario e
tutta la storia perché non arrivassimo a questo punto! Ti senti sconvolto e
diviso in due, tradito e solo, ma questo era proprio quello che volevo evitarti
perché ci tengo a te nonostante tutto….”
“Nonostante tutto?!? Oh bella scelta di parole! Grazie tante
Lupin questo mi tira molto su, immagino che con quel ‘nonostante tutto’
intendessi la mia discendenza paterna”
“Ma ti vedi? Ti senti? Questo non è più l’Harry che
conoscevo, stai dimagrendo a vista d’occhio e sei sempre più chiuso, non ti
confidi neanche con Ron ed Hermione, anzi li allontani. Sei nervoso ed iracondi,
scatti per un nonnulla e non ti rendi conto della realtà” disse il licantropo
alzandosi in piedi e fronteggiandolo
“E chi sarebbe l’Harry che conosci? Te lo dico io: quello
coraggioso e intrepido, irriverente dei pericoli e sempre disposto a buttarsi
ovunque per salvare i suoi amici, quello che è pronto a rinunciare alle persone
che ama e alla sua stessa vita pur di ‘sconfiggere’ il nemico numero uno del
Mondo Magico. Bhe, ti do una notizia in ante prima: io non sono così e non lo
voglio essere!”
“Non sai cosa stai dicendo, sei sconvolto e posso capirlo,
ma lascia che ti spieghi veramente come andarono le cose. Lily non ha detto
tutto in quel diario, ha tralasciato le parti brutte per non impressionarti e
farti scegliere il lato sbagliato. Harry, Voldemort ha compiuto degli atti
orribili, ha torturato e ucciso degli innocenti e così anche Lily, era pronta
ad uccidere le persone che un tempo la credevano amica”
“No Lupin ti sbagli, non mi ha nascosto nulla invece, ogni
parte orribile, ogni crimine, ogni pensiero e decisone, i dolori come le gioie.
Tu non lo sai perché il diario è protetto da un incantesimo e solo io o Tom
possiamo leggerlo, ma ha messo tutto. Sei tu quello che mi ha tenuto nascoste le
cose, tu e Silente, lei è stata sincera proprio per darmi la possibilità di
decidere, perché riuscissi ad amarla e capirla anche vedendo gli orrori, e sai
che ti dico….ha vinto, io amo mia madre e anche mio padre, Tom Riddle, non
Voldemort!”
“No Harry, non puoi è sbagliato! Non voglio perderti, cerca
di capire noi invece, noi ti amiamo, loro possono darti solo morte!! Che futuro
avresti? Ti prego, ho sbagliato a nasconderti la verità ma l’ho fatto in
buona fede, credimi!! Pensa a Sirius, lui non vorrebbe che tu ci lasciassi per
lui, non lo merita, ha dato la vita perché era sicuro che non ci avresti
lasciato, che avresti adempiuto alla profezia” disse con fervore Remus
prendendo per le braccia il moretto che ricambiò con uno sguardo gelido
“Si, è da te mettere in mezzo i morti, fare leva sul mio
senso di colpa per la morte di Sirius, il tutto per convincermi ad uccidere mio
padre. No Lupin. Non lo farò e non so cosa pensasse Sir, come vedi neanche lui
mi ha rivelato qualcosa e mi sto chiedendo se lo avete fatto per ‘bontà’
nei miei confronti o semplice paura di ciò che potrò diventare affianco a mio
padre! O semplicemente vi serviva qualcuno da scaraventare nella maschia a far
uccidere il suo stesso padre!”
“Non puoi pensarlo davvero….Harry noi ti abbiamo sempre
voluto bene e non vogliamo vederti cadere nel baratro che avvolgeva Lily. Ma non
ti rendi conto di quanto sei cambiato? Stai cedendo…da quando sono ‘Lupin’
per te?”
“Forse da sempre. E per la cronaca, mia madre era felice della
sua scelta, voi non l’avete mai capita ed accettata, come non avete mai capito
mio padre, non sorprendetevi dei risultati, se le volevate bene, e ne volevate a
me, avreste solo desiderato la nostra felicità invece che chiederci di abiurare
ciò che siamo” rispose freddo e inespressivo colpendo con la mano le braccia
che lo stringevano e liberandosi da quella presa. Osservò ancora per un attimo
quegli occhi castani abbattuti poi si allontanò dirigendosi verso la porta
“Hai già deciso quindi. È un addio Harry?” chiese con
voce debole, sconfitta
“Forse...è difficile avere chiarezza” rispose voltandosi
ancora una volta verso l’uomo, l’amico, nei suoi occhi gli parve di vedere
il vecchio Harry, il ragazzo abbattuto che non riusciva a sconfiggere i
Dissennatori, che aveva liberato Sirius, che era uscito insanguinato e disperato
dal labirinto e il giovane uomo che aveva visto nell’Ufficio Misteri “Non si
ha la certezza fino a che non te la trovi davanti” disse flebilmente con un
debole sorriso uscendo dalla stanza mentre un ciocco si spezzava nel camino
divorato dalle fiamme.
Draco Malfoy aveva parlato a lungo con Severus su quello che
Harry gli aveva detto e sulle sue supposizione. La notizia che il moretto non
fosse figlio di James Potter aveva sconvolto non poco il suo mentore che non
aveva saputo nulla negli anni in cui era stato al servizio da Silente per conto
del Signore Oscuro, e non il contrario. Naturalmente non c’era Mangamorte
vivente che non sapesse del tradimento della loro Regina che si era schierata
dalla parte dei difensori dei babbani dopo che il loro Lord gli aveva dato un
immenso potere, facendole raggiungere un livello nelle gerarchia che molti
ambivano. Inconsciamente molti tra loro avevano subito il fascino per la bella
strega, ammirandone le qualità di comando e la gelida freddezza, era abile
nella magia e bella e perciò l’avevano spesso elogiata come migliore compagna
per il Signore Oscuro, ma il tradimento era una macchia imperdonabile. Draco
sgusciò nell’ombra creata da due palazzi con passo silenzioso mentre
stringeva nella mano destra la bacchetta controllando che l’incantesimo di
occultamento lo nascondesse ancora alla perfezione e premurandosi che la
boccetta di pozione fosse al sicura nella fodera interna del mantello. Il Lord
gli aveva affidato un’importante missione quella sera da portare a termine e
Malfoy non voleva di certo lasciarsi sfuggire la possibilità di mettersi in
buona luce davanti al suo Signore. Erano state settimane dense di piani e lavori
per progettare al meglio il prossimo attacco, studi su cartine, rapporti dalle
spie dislocate nei punti migliori all’interno dello schieramento avversario e
infiniti studi con Piton per una pozione che funzionasse come necessitava. Con
tutto quel lavoro frenetico non aveva avuto il tempo di ritornare ad Hogwarts
per vedere di nuovo Potter e sperare di cavargli qualche altra indiscrezione.
Lui e Severus avevano convenuto di non dire nulla al Lord su quello che era
stato il discorso tra Harry e lui, semplicemente perché non erano certi cosa
riferire e dopotutto non sembrava una notizia da sfruttare, non con così pochi
elementi per giudicare.
La luce dei lampioni si spargeva in larghe isole giallognole
lungo il marciapiedi su cui si affacciavano le finestre dei palazzi, una leggera
nebbiolina gli avvolgeva sinuosa i piedi in lunghe spirali che proseguivano per
la strada fino a posarsi sulle scure acque del Tamigi. Ancora passi, lunghi,
cadenzati, silenziosi e leggeri fino a giungere ad un’imponente ponte molto
antico le cui torri svettano nel cielo scuro confondendosi con la notte. Draco
sorrise crudele nella sera mentre proseguiva rasente il muro spegnendo con un
colpo secco di bacchetta i lampioni che potevano tradirlo lungo il suo cammino.
Il ponte ora era chiaramente visibile nella sua intera bellezza, gli sfregi a
forma di croce sui pinnacoli delle torri, le alte finestre con mille
elaborazioni finissime e splendide nella semplice luce notturna ed artificiale.
Le balaustre del ponte sembravano solo scolpite e delicate mentre si snodavano
per chilometri e la semplice bellezza ed eleganza di un monumento storico che
resisteva da tempo e si sospendeva tra la terra e l’acqua dei flutti, scuri e
profondi. Qualche macchina passava solitaria per la sua strada illuminando
brevemente la notte con i fari, ma per lo più intorno era solo silenzio. Sentì
poi un fruscio di seta, molto basso e quasi in udibile se il biondo Magiamorte
non avesse avuto l’udito fino, non se ne curò comunque, sapeva che era il suo
migliore amico, Blaise Zabini, che insieme ad altri tre Mangiamorte lo seguivano
proteggendogli le spalle. Il Lord aveva insistito perché ci fosse stata una
scorta adeguata e una persona in grado di piazzare ed attivare la pozione al
posto suo; la scelta migliore era capitata sul giovane Zabini, astuto e freddo,
come Malfoy dedicava tutta la sua attenzione al raggiungimento della missione.
Draco comunque non si aspettava sostanziali sorprese, di notte
la sorveglianza calava enormemente e poi gli Auror non si aspettavano un attacco
di notte, ad un monumento storico che non avrebbe fatto poi molte vittime
civili. Ma Voldemort non aveva intenzione di compiere uno sterminio, non adesso,
prima era il caso di sfiaccare il loro amor proprio, colpire il centro, i
simboli e demoralizzarli, allora sarebbe stato facile spezzare completamente le
poche difese rimaste e salire al potere. In fondo cos’era un regno senza un
popolo da comandare?
Draco si fermò prima di imboccare il viottolo per l‘argine
del fiume, si voltò una volta indietro controllando che gli altri li seguissero
con bacchette alla mano, il primo a raggiungerlo fu Blaise che lo fissò un
attimo negli occhi prima di proseguire per la strada acciottolata. I tre
Mangiamorte che gli facevano da scorta arrivarono subito dopo e cominciarono
anche loro a scendere mentre controllavano la zona. Individuarono la pica
insenatura poco sotto il ponte e al riparo dalle luci della strada e da occhi
indiscreti, Blaise era già arrivato e si stava slacciando il mantello
lasciandolo cadere con indifferenza ai suoi piedi in una pozza di tenebra. Draco
lanciò posò a terra la bacchetta lo scrigno che conteneva le ampolle poi
cominciò a spogliarsi anche lui lasciando cadere a terra i vestiti uno alla
volta restando in fine in boxer neri. Assicurò la bacchetta al braccio tramite
un laccio mentre il suo amico prendeva saldamente la scatolette con le pozioni.
“Cercheremo di fare presto” disse Draco con tono fermo e
incolore agli altri Mangiamorte che sarebbero restati a fare la guardia
“Basta che il lavoro sia fatto bene” rispose con lo stesso
tono Lucius Malfoy mentre la maschera che celava il suo viso guardava seriamente
suo figlio negli occhi
“Non temere, sarà perfetto” rispose mentre si voltava
verso l’acqua seguito da Blaise. Il fiume in quel mese dell’anno era
particolarmente freddo e le acque scure e profonde, insondabili e traditrici per
i due che si immergevano lentamente fino a che solo la testa spuntò. Il freddo
acuto punse i loro corpi come un milione di aghi acuminati che lentamente
perforavano la carne mozzando il respiro facendo battere i denti. Draco strinse
forte la mascella cercando di reprimere gli intensi brividi di freddo che senza
ritegno attraversavano il suo corpo mentre l’acqua gli inzuppava i capelli
biondi rendendoli pesanti e facendogli gocciolare alcune stille sugli occhi.
Accanto a lui Blaise doveva sentire le stesse cose perché un piccolo ansito di
fastidio aveva attraversato le sue labbra quando si erano completamente immersi,
sotto braccio si poteva notare lo scrigno tenuto fermamente come se ne andasse
della propria vita. Si fermarono un attimo per riprendere fiato e completo
controllo del loro corpo, erano poco sotto la strada del ponte, davanti a loro
sentivano lo sciabordare ritmico delle onde che si scontravano sui massicci
pilastri che sorreggevano le torri. Se potevano udirne il suono significava che
non erano molto lontani; si scambiarono uno sguardo veloce d’intesa poi
proseguirono convinti. I due si movettero nella notte mentre l’aria fredda e
ricca d’aromi del Tamigi li avvolgeva come una coperta, snebbiando la loro
mente da tutto ciò che era superfluo e che avrebbe potuto compromettere la
missione. Poi un’ombra massiccia e scura si profilò tra le nebbiolina fine
che ricopriva l’acqua in superficie, una costruzione possente e antica come le
fondamenta della città stessa, le onde che si incontravano sui suoi muri di
cemento infossato nel profondo del terreno del fiume. Sopra di loro i due
giovani Mangiamorte potevano sentire il rumore delle auto che passavano mentre
si alzava un leggero vento freddo che fece rabbrividire ulteriormente i giovani.
Ancora bracciate che sembravano infinite, i muscoli delle braccia che
cominciavano a dolere e protestare per il freddo, ma poi davanti a loro ecco la
base delle torri del Tower Bridge londinese. Draco si ancorò con non poco
sforzo ad uno spuntone di cemento che spuntava dal blocco cercando di resistere
alla corrente forte che voleva trascinarlo via, affianco a lui la figura del suo
amico si appese ad un medesimo spuntone roccioso. La base aveva una piccola
rientranza che ne rivestiva il bordo e sui cui potettero appoggiare al
scatoletta preziosa mentre Draco sfoderava la bacchetta e la muoveva veloce nell’aria
creando una spessa corda che li assicurò al pilone di cemento lasciandogli
libertà di movimento alle braccia.
Blaise aprì con attenzione la scatole osservandone l’interno:
18 piccole boccette stavano adagiate su morbido velluto blu mentre il liquido
che contenevano mandava intensi e bellissimi riflessi rosso rame. Quelle piccole
meraviglie erano stati i risultati dell’intenso lavoro di Draco e Severus ed
il biondino era piuttosto fiero del risultato ottenuto -Ma il bello verrà dopo-
pensò Malfoy con un piccolo sorriso di scherno pensando alle facce che il
Ministero avrebbe fatto. Zabini prese 9 fiale e sfoderò la bacchetta
cominciando a circumnavigare la base e fermandosi regolarmente ad intervalli
ampi legando una boccetta al cemento tramite un incantesimo collagene. Draco
rimase qualche attimo fermo nell’acqua con lo sguardo inchiodato alle boccette
che toccavano a lui, immerso nel freddo e circondato dal nulla si permise di
domandarsi perché stava facendo quello? perché stava tradendo il suo cuore che
gli ordinava di correre al fianco di Potter? Scrollò la testa mentre gli
tornavano in mente gli occhi del moretto, quelle pozze verdi intrise di un
qualcosa di potente ed oscuro, malvagio in qualche modo, la totale mancanza di
ostilità, la stanchezza nei gesti…strinse i denti mentre si rispondeva che
credeva fermamente nelle idee del Lord, sapeva che erano giuste al di là di una
motivazione precisa, sentiva dentro di sé che combatteva per una valida causa,
che dovevano vincere perché non c’era altro modo di farsi ascoltare, perché
continuavano ad urlare nel mondo facendosi sbeffeggiare. E poi quello che aveva
visto in Harry gli aveva dato una parvenza di speranza e la voglia ancora più
decisa di portarlo dalla loro parte, era anche per questo che era lì quella
notte.
Come risvegliatosi da un lungo sogno riprese coscienza del
rumoreggiare delle onde, del suono nascosto e palpitante della notte e del
fracasso delle auto. Osservò lo scrigno davanti a sé e prese in mano le
boccette cominciando a fissarle lungo il confine del pilastro come aveva fatto
il suo amico. Controllarono che ognuna fosse al posto giusto, che non
rischiassero di rompersi prima del tempo e poi distruggendo la confezione
ritornarono a nuoto verso la riva cercando di fare il minimo rumore possibile.
Il tragitto che all’andata era sembrato così lungo appari corto ai due che
approdarono felice sulla terra morbida della battigia. Presero fiato e
pronunciando un incantesimo asciugarono il loro corpo dall’acqua ghiacciata, i
loro compagni era fermi ai loro posti con le bacchette pronte, gli passarono i
vestiti e controllarono che nessuno gli avesse visti mentre i giovani si
rivestivano e riapplicavano l’incantesimo di occultamento. Veloci ripercorsero
la strada che li aveva condotti lì e si mischiarono alle ombre della notte
create dai palazzi e dai lampioni spenti. Non parlarono assolutamente finché
non si trovarono davanti ad un portone dalle delicate intagliature di vetro e
legno in un palazzo dall’aspetto esattamente uguale a tutti gli altri. Vi
entrarono recitando il semplice Alhomora e poi con la stessa discrezione
raggiunsero il tetto e richiusero la porta dietro di loro mentre si voltavano
verso i due più giovani del gruppo, fermi con lo sguardo fisso sul ponte che da
quella posizione si vedeva perfettamente.
“Ci sono stati problemi?” chiese Alfred Parkinson
“Se ci fossero stati non saremmo qui” rispose senza
inflessione Blaise
“Allora perché non succede nulla?” chiese Angael Lowens
“Perché manca la parte finale, quella più spettacolare.
Per questo siamo venuti qui, è la postazione più vicina al ponte e permette un’ottima
visuale” rispose Draco avvicinandosi al parapetto ed estraendo al bacchetta
“Pronto Blaise?” chiese al compagno che gli si era
affiancato
“Pronto compare” rispose con un ghigno estraendo la sua
bacchetta e congiungendo la punta con quella del biondino, poi chiusero gli
occhi concentrandosi solo sulle boccette. Ne ricercarono nell’aria il potere,
l’aura color rame che splendeva appena tra i flutti, nella mente la chiara
immagine di quelle preziose ampolle incatenate al pilone di cemento. Il vento
aumentavano d’intensità e freddezza nella notte imminente mentre loro due
pronunciavano a bassa voce una litania oscura, nascosta e antica si librò nell’aria
autunnale mentre le punte delle bacchette unite cominciavano a scintillare
debolmente, come il cuore di una stella che palpita, una luce rossa si librò
leggera, sottile ed impalpabile. Draco e Blaise liberarono completamente la
mente da ogni pensiero, ogni sensazione che non fosse la visione onirica delle
boccette legate e la fulgida stella rossa che sorvolava le case e lentamente si
dirigeva verso il ponte. I tre Mangiamorte osservano con palpitazione quella
scintilla discendere con lentezza e grazie, cavalcando le fredde correnti della
notte fino a giungere al ponte e poi scendere ancora fino a posarsi con
leggerezza sulle acque scure. Blaise e Draco presero un forte respiro mentre le
mani che reggevano le bacchette tremavano piano dalla stanchezza, nell’aria si
propagava sempre la loro litania magica ed un’invisibile filo rosso collegava
le bacchette alla stilla rossa posata sull’acqua del Tamigi. Poi quel piccolo
faro si mosse piano con attenzione solcando le onde spumose fino a giungere al
primo pilastro dove erano ancorate le boccette. Una piccola luce, un ultimo
sforzo fino a giungere a toccare le 18 fiale in successione facendole
risplendere di una calda luce color rame che pulsò nel buio dei flutti mentre
la particella rossa scompariva. Draco e Blaise pronunciarono in perfetta
sincronia l’ultima frase dell’incantesimo mentre il filo che collegava
bacchette e boccette si tendeva per poi spezzarsi in un rumore di specchi
infranti. A quel punto fu solo luce di ghiaccio. Chiunque avesse avuto poteri
magici poté assistere alla distruzione del ponte sul Tamigi ad opera di lunghe,
alte e spettrali lingue di ghiaccio dal sinistro bagliore ramato. Sembrava che
possenti tentacoli di una qualche grande creatura marina antica fossero usciti
dalle scure acque e avessero attorcigliato tutto il loro potenziale sulla
delicata costruzione vecchia di secoli. Il ferro strideva di agonia sotto quel
tocco di freddo fuoco rosso, le pietre morivano spezzate senza poter produrre
alcun richiamo e i piloni di solido cemento infossati sul fondo del fiume
venivano corrosi lentamente con perizia e dolore. In realtà la formula magica
dei due Mangiamorte aveva permesso l’attivarsi della pozione che con ramate e
fredde dita aveva stretto in una morsa d’acciaio la struttura che cominciava
ad inclinarsi su una lato. Il ferro era completamente distrutto così come le
fondamento e già si potevano sentire i freni impazziti, le urla e le
invocazioni delle persone bloccate sul ponte che si vedevano crollare addosso la
costruzione. Impalate dal terrore, catapultate in un Inferno di pietre e travi
di ferro che piovevano mentre le acque si facevano sempre più vicine, fauci
scure che aspettavano di inghiottire quelle vite offertegli. Dai palazzi vicino
al ponte alcune luci cominciavano ad aprirsi mentre la gente usciva per le
strade, affacciata dai balconi, lo sguardo terrorizzato ed incredulo di fronte a
quello spettacolo sconcertante. Non potevano vedere i tentacoli della pozione
spezzare tutto, ma solo la costruzione secolare cadere inevitabilmente verso il
fiume, il ferro annerito che cadeva a pezzi sbriciolandosi, le pietre che non
reggevano più.
I seguaci di Voldemort dal tetto osservavano affascinati
quello spettacolo mentre si rimettevano le maschere per celare il volto e si
nascondevano nelle ombre del tetto per sfuggire la luce della strada. Le grida
salivano e la prima torre in un ultimo richiamo d’aiuto agonizzante crollò
nelle acque scure e profonde sollevando onde che si infransero sulla strada e
bagnarono le persone più vicine sbalzandole parecchio lontano dal posto. Di
seguito anche l’altra torre cominciò a tremare non sopportando oltre quella
tensione, la base di pietra si spezzò con un sonoro crack e crollò anche lei
affianco alla compagna mentre pietre, calcinacci e ferro si abbattevano sulla
via rompendo l’asfalto e ferendo diverse persone.
Poi regnò la calma. Le acque del fiume rumoreggiavano ancora
in lontananza ma non erano forti come le sirene della polizia o quelle delle
ambulanze. Poco lontano si poteva scorgere la sirena rossa del camion dei
pompieri con la squadra di sommozzatori per recuperare i corpi delle persone che
erano sul ponte e che ora galleggiavano a pelo d’acqua. Dall’alto del tetto
i 5 Mangiamorte osservarono cosa rimaneva del ponte: un pezzo di strada
collegata alla via principale e poi un pilastro solitario immerso nel fiume ma
mozzato completamente. Lucius guardò con meraviglia il tutto, un sorriso bieco
sul viso androgino e si avvicinò al figlio guardandolo per la prima volta con
vera ammirazione, gli posò una mano sulla spalla in un gesto d’affetto e
approvazione, un gesto che non aveva mai compiuto. Non era mai stato un padre
molto presente, da quando il ragazzo aveva poi iniziato la scuola si erano
allontanati incredibilmente, eppure entrambi sapevano di assomigliarsi. Lucius
sapeva che qualcosa di suo viveva in Draco, sentiva che una parte del suo
carattere apparteneva al figlio che l’aveva stravolto e reso più sottile,
micidiale e astuto. Per un attimo gli tornò alla mente il piccolo bimbo che
giocava nel giardino del maniero con una bacchetta finta, il piccolo che lo
pregava di insegnargli qualcosa, di stare con lui….e quasi non lo riconosceva
nel giovane uomo che aveva davanti.
Lo sguardo affilato di ghiaccio si rispecchiò in quello
identico dell’altro e Draco per la prima volta si sentì apprezzato dal padre,
sentì di aver compiuto un passo importante per riunire quei fili che erano
diventati così labili da vari anni, sentì di essere alla pari del genitore.
Per questo gli sorrise di vittoria e si calò meglio il cappuccio sul viso.
Diede un ultimo sguardo alla sua opera poi sparì dalla notte materializzandosi
al Maniero Riddle per fare rapporto al suo Signore sperando di avere un po’ di
tempo prima della prossima missione, voleva a tutti i costi rivedere Harry e
portarlo con lui.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Il mattino dopo la Sala Grande della famosa scuola di magia e
stregoneria d’Inghilterra era in assoluto fermento ed agitazione. I ragazzi
bisbigliavano tra loro passandosi di mano in mano la Gazzetta del Profeta mentre
decine di lettere arrivavano e ripartivano tramite i gufi postini che sparivano
o apparivano attraverso le grandi arcate poste in cima alla mensa. Al tavolo dei
professori la McGrannitt e Lupin non erano presenti e gli altri docenti
sembravano tesi, sul chi vive ed estremamente desolati, tristi. Harry notò
appena e superficialmente questi particolari appena entrata nella Sala Grande
per far colazione insieme agli altri. Come al solito non aveva dormito molto
perché la sua mente aveva deciso di tenerlo sveglio facendogli tornare alla
memoria innumerevoli scene e occasioni in cui avrebbe dovuto capire chi era ed
altre in cui si ‘vedeva’ felice con i suoi ‘amici’. Il discorso con
Lupin l’aveva un po’ scosso, non facendogli cambiare idea e non portandolo
di nuovo a combattere per loro, non sapeva ancora cosa fare, ma di sicuro se lo
potevano scordare di avere di nuovo il ‘burattino Harry’. Ciò nonostante l’aveva
portato a compiersi alcune ovvie domande: chi era suo padre prima di diventare
Voldemort? Come stava a scuola? Cosa provava e cosa l’ha spinto
definitivamente a votarsi al ‘male’?
E molte altre domande che parzialmente avevano trovato
risposta nel diario e parte nei ricordi che l’anno prima Silente gli aveva
fatto vedere. Aveva visto un Tom piccolo ed isolato dai compagni, freddo, temuto
e spietato, una crescita triste come la sua finché non aveva scoperto di essere
un mago. Aveva visto la soddisfazione nello scoprirsi potente, forte e superiore
agli altri, ma questo non gli dava una visone completa di quello che era suo
padre, ma sufficiente a farglielo apprezzare perché nonostante tutto aveva
trovato la forza di tirarsi su, di elevarsi per cercare di cambiare la società.
Harry, come suo padre, sapeva cosa voleva dire vivere con babbani che non
apprezzano cosa sei, che ti odiano e ti temono, evitandoti con disprezzo o
picchiandoti, purtroppo non tutti i babbani accettavano di buon grado di avere
dei figli maghi o streghe e d’altra parte, questi si vedevano costretti a
faticare il doppio per raggiungere appena il livello dei purosangue.
Harry raggiunse la sua tavolata e si sedette come sempre tra
Hermione e Ron, li salutò e diede un bacio a Ginny, quella routine cominciava a
soffocarlo sempre di più, strinse i denti e cercò di non pensarci mentre
beveva lentamente una tazza di thè.
“Hai visto l’ultima novità?” gli chiese Ron mentre gli
passava uno dei tanti giornali che circolava quella mattina, il moretto lo prese
svogliato dando una letta al titolo che capeggiava enorme in prima pagina:
Grande attacco al Tower Bridge ad opera dei Mangiamorte:
decine di ferite e 8 morti tra i babbani
Harry sollevò un solo sopracciglio scuro per la curiosità e
poi si dedicò alla lettura dell’articolo
“Sono le 0:36, ora locale di un tranquillo quartiere
londinese vicino al Tower Bridge, la zona è sorvegliata da alcuni Auror e
sembra tutto tranquillo quando si sente la prima detonazione. L’allarme è
diramato subito ma lo schok è stato tale che per alcuni istanti tutto si è
bloccato. Sulle strade si possono ancora notare le macerie a ricordo del
tremendo disastro, mentre gruppi di paramedici e medimaghi si aggirano tra la
popolazione rimasta ferita. Aggirandoci tra i gruppi di Auror e funzionari del
ministero, siamo riusciti a ricostruire sommariamente l’evento che ha portato
a questo disastro.
Una particolare, e per ora sconosciuta, pozione è stata fatta
esplodere a distanza provocando la corrosione di ogni trave di ferro e la
rottura frammentaria delle pietre e del cemento che reggevano e formavano il
ponte. La pozione, a quanto dicono le ricostruzioni effettuate dal personale
Auror, sembra sia stata collocata proprio alla base del primo pilastro,
circondandolo completamente e facendola esplodere a distanza. Il pilastro che
portava la torre di sinistra è stato distrutto quasi subito e ha fatto
precipitare nel fiume la costruzione ottocentesca provocando l’inevitabile
caduta della seconda torre. Sul ponte si trovavano alcuni babbani con le loro
automobili, trovatisi bloccati in quell’inferno non hanno avuto via di scampo
e sono tutti morti o per annegamento o schiacciati dalle macerie. 18 babbani,
situati ai lati della strada per assistere a quel macabro evento, hanno
riportato solo qualche livido e lieve rottura causati da un’onda gigante d’acqua
formatasi nel momento della caduta della prima torre, e, successivamente, della
seconda.
Subito il pronto intervento e la polizia babbana sono giunti
per assistere i feriti mentre agenti infiltrati di Auror cercavano indizi sul
luogo del fatto, si è riuscito al isolare un campioncino della pozione usata.
Proprio ora questo campione viene mandato ai laboratori di ricerca del
ministero, dove i migliori pozionisti-ricercatori, lo analizzeranno per scoprire
da chi, o dove, è stata prodotta. Sul luogo non sono stati scorti Mangiamorte,
ma dieci minuti dopo il fatto è comparso nel cielo il marchio nero, segno dei
seguaci di Tu-Sai-Chi, che assegna l’atto terroristico indubbiamente ai Maghi
Oscuri. L’oscurità, favorita da una notte nuvolosa, ha impedito la vista di
qualche individuo sospetto. Il governo babbano ha rilasciato la dichiarazione
alla popolazione di cedimento delle parti portanti della struttura, cercando di
rassicurare gli animi hanno dato la causa del disastro ad un mal controllo della
costruzione antica; il nostro Primo Ministro invece è arrivato subito al
Quartier Generale Auror per avere delle delucidazioni, ne è uscito 3 ore dopo
rilasciando come unica dichiarazione:
“Il fatto successo è stato gravissimo e altamente
distruttivo per il nostro amor proprio e le nostre origini. Il Tower Bridge era
una costruzione che risaliva alla nostra storia e un monumento che ci ricordava
le bellezze del passato. Ciò nonostante non cederemo a dei vili atti
terroristici che mirano solo a demoralizzarci e a farci cedere terreno, il corpo
Auror è altamente specializzato e pronto per affrontare qualsiasi tipo di
incantesimo e/o pozioni gli si pari davanti” gli abbiamo chiesto cosa si è
scoperto e quali saranno le misure precauzionali “A quanto pare la pozione è
stata fatta da uno specialista e un abile pozionista, pare sia stato aiutato ma
fin’ora si è scoperto poco. Naturalmente è tutta questione di tempo prima
che il reparto pozioni degl’Auror trovi il colpevole e lo catturi. Per quanto
riguarda le protezioni………stiamo progettando di aumentare la difesa nei
luoghi storici che potrebbero essere colpiti ancora e miglioreremo anche le
custodie ad Hogwarts. È chiaro che tutto questo trambusto è stato progettato
solo per distrarci e diminuire le difese ad Harry Potter, ma il piano, come ho
detto, è chiaro, perciò il giovane verrà sorvegliato attentamente”
Naturalmente il Mondo Magico si è rallegrato sapendo che il
ministero è all’opera intensa per assicuraci un po’ di tranquillità e per
proteggere Harry Potter, vero nemico di Tu-Sai-Chi e Salvezza del Mondo Magico.
Ci auguriamo che fatti del genere non si ripetano più e che presto torni la
serenità per tutti”
Harry sorrise bieco per un attimo, appena finito di leggere
una parte dell’articolo che continuava per e restanti 2 pagine, non gli
interessava sapere altro sull’argomento perché fondamentalmente non gli
importava se qualche babbano o mago era morto e ferito –Certo che fanno le
cose in grande- pensò soddisfatto passando il giornale a Ron.
“Allora? Non è pazzesco? Spero che li catturino e che li
consegnino ai dissennatori!” disse senza logica il rosso mentre Harry tornava
tranquillamente a fare colazione, ora l’appetito gli era tornato
“I dissennatori sono alleati del Lord, Ron. L’hai
dimenticato?” rispose con tono incolore il moretto
“No però….è stato di sicuro Piton a fare la pozione!
Possibile che non l’abbiano capito? Se ci fossi io….”
“Ti faresti ammazzare dopo due minuti Ron!” ribatté
Hermione con fervore
“E comunque non saresti di nessun aiuto, solo un intralcio.
E gli Auror vanno già abbastanza affondo anche senza il tuo prezioso aiuto”
finì Harry alzandosi dal posto e prendendo la cartella uscendo poi dalla Sala.
Alle sue spalle Ron lo fissò ammutolito dal tono cattivo ed soddisfatto col
quale aveva pronunciato quella frase, strinse i pugni sul tavolo e sentì ancora
una volta il filo ledersi e spezzarsi di un altro po’, quell’amicizia tanto
importante oramai era finita e il rosso ne sentiva un eco lontano rimbombare tra
le pareti vuote e aride del suo animo disilluso, doveva solo aspettare che
scomparisse definitivamente.
Hermione al suo fianco lo vide sconfitto ed inerme, il fuoco
che sembrava animarlo completamente estinto, ed Harry così lontano,
irraggiungibile e solo come poche volte l’aveva visto. Non voleva arrendersi,
darsi per vinta e cedere alla distruzione di quell’amicizia che era durata
anni attraverso le più svariate vicissitudini….semplicemente non poteva
credere che il loro amico li stesse allontanando, odiando por una colpa che
bruciava e che non voleva confessare. La brunetta Grifondoro si alzò e senza
dire nulla al rosso si diresse verso l’uscita alla ricerca di Harry, quella
chiacchierata a lungo rimandata non poteva aspettare e se qualche cambiamento
doveva avvenire, Hermione si giurò che doveva essere positivo per la loro
amicizia.
Harry non si era recato alle ore di lezione, non aveva voglia
di seguire sciocchi insegnamenti di altrettanto sciocchi professori. Sentiva il
potere allo stato libero che gli scorreva al posto del sangue, sentiva di aveva
le capacità per compiere qualsiasi cosa e la conoscenza di poter apprendere
arcaiche forme di magie che gli stupidi temevano. Da quando aveva scoperto la
sua origine aveva liberato la sua anima che teneva imprigionata e sciolto le
catene che racchiudevano il suo potere. Si sfiorò quasi inconsciamente il
ciondolo di oro bianco che portava al collo, una piastrina rotonda con al centro
una pietra verde ed una nera che splendevano come gemme nella notte, unite a
formare l’infinito….la collana che aveva trovato nel diario, quella che Tom
aveva regalato a sua madre scegliendola come Regina….
Quando si era messo quel gioiello non aveva idea di ciò che
avrebbe scatenato in lui. Solo leggendo il diario aveva scoperto che le gemme
erano state intagliate personalmente da Tom Riddle che aveva fatto in modo di
metterci alcune stille del suo potere, questo aveva liberato il potenziale di
Lily e, in seguito, anche il suo.
Harry si affacciò ad una finestra al sesto piano mentre
riviveva ad occhi aperti il dolore che lo aveva invaso alla liberazione del suo
potere. Pura lava che si scioglieva all’interno del suo corpo liquefando e
bruciando gli organi, i muscoli rigidi e freddi che sembrano sul punto di
rompersi come cristalli e l’aria che non raggiunge i polmoni….si sentiva
morire lentamente, la voce per urlare non l’aveva e gli occhi non vedevano
più….poi scomparve tutto. La vista e la voce erano tornate normalmente ed
Harry aveva preso una lunga boccata d’ossigeno, riempiendo i polmoni mentre
muoveva con lentezza gli arti sciogliendo i muscoli rattrappiti dalla tensione.
Si era alzato dal duro pavimento su quale era svenuto e poi aveva percepito
qualcosa di diverso in lui, una nuova energia latente che prima non c’era. La
potenza magica era aumentata notevolmente ed ora i semplici incantesimi che non
riusciva ad eseguire senza bacchetta e soprattutto senza pronunciarli, gli
sembravano uno scherzo, un gioco.
Da quel momento si era chiesto decine di volte se suo padre
aveva provato la stessa elettrizzante scarica di potere che lo aveva
attraversato. Anche ora, se chiudeva gli occhi poteva sentire il fluido dei suoi
poteri, l’adrenalina di magia pura che lo riempiva facendogli percepire il
mondo da un’altra prospettiva. Come se d’un tratto fosse stato in grado di
vedere le linee di magia che circondavano il mondo, tutti i possibili utilizzi
di un incantesimo e le mille possibilità che aveva davanti
Aprì gli occhi sul paesaggio del parco scolastico mentre in
sottofondo percepiva gli allegri richiami degli studenti che andavano a lezione.
Lui non era allegro, non lo era da molto tempo oramai e si chiese se mai avrebbe
riscoperto il significato della parola ‘allegria’.
Si allontanò con una leggera spinta dal cornicione della
finestra proseguendo lungo il corridoio vuoto mentre la sua mente ritornava alle
vicende di quella mattina. Se ripensava alle parole del rosso Weasley la magia
dentro di lui ruggiva di rabbia e collera subissandolo.
C’era voluto molto autocontrollo per non lanciare un
incantesimo contro quel piccolo pezzente che credeva di fare la differenza nella
battaglia imminente.
-Ci stavi per cadere di nuovo Harry- pensò scrollando la
testa e facendo lunghi respiri profondi per calmare la rabbia. Era più forte di
qualsiasi altro istinto avesse, non sopportava più le buffonate o gli sproloqui
dei suoi ‘amici’.
Che ne sapevano di quello che aveva passato suo padre?
Potevano immaginare l’odio che si prova a crescere da soli?
Che cosa immaginavano pensasse mentre ordiva stragi?
Era senza motivo la sua guerra contro i babbani?
Davvero era senza cuore?
Harry si era ripetuto quelle domande, e molte altre, decine di
volte e, sempre, aveva trovato risposte nel ciondolo e nel diario di sua madre:
se un uomo era in grado di amare con tanto ardore una donna come Lily, una
babbana, amarla senza remore, non poteva essere totalmente malvagio.
Harry aveva pianto, aveva urlato, aveva distrutto tutto quello
che aveva sotto mano alla scoperta che Tom Riddle, lo stesso Riddle che aveva
rovinato al sua vita, era suo padre. All’inizio un forte senso di ribrezzo per
se stesso lo aveva invaso al solo pensiero che nelle sue vene scorresse lo
stesso sangue, in tutti modi aveva cercato di evitare di leggere oltre il diario
per non scoprire gli orrori che Lily, la madre che lui credeva onesta e buona,
aveva compiuto. Poi il disprezzo piano piano era stato sostituito da una cauta
curiosità. Si era chiesto cosa l’aveva spinta a sceglierlo, cosa ci trovava…..ed
aveva avuto le sue risposte: Lily amava Tom Riddle con tutto il cuore e lui
ricambiava con altrettanta intensità.
Per anni aveva sperato che da qualche parte sulla terra ci
fosse un suo parente, anche alla lontana, non gli interessava, bastava sapere
che non era l’unico della sua famiglia. Ed ora veniva a sapere che aveva un
padre, un padre che probabilmente lo avrebbe accettato con tutto il cuore,
amandolo come amava sua madre; un genitore diviso dal figlio dal fato crudele.
Harry sospirò con forza stringendo le mani a pugno. Aveva la possibilità di
essere felice, ce l’aveva a portata di mano ma aveva paura di coglierla.
Niente lo assicurava sul fatto che suo padre lo avrebbe accettato, gli avrebbe
creduto. Si passò una mano sugli occhi cercando di gettare indietro il magone
cresciutogli in gola.
Lui voleva bene a Tom Riddle, suo padre, senza una ragione
precisa, sentiva solo uno sconfinato affetto.
Forse era stata l’infanzia difficile che avevano affrontato
entrambi. Ancora ricordava con chiarezza le immagini che aveva visto nel
pensatoio di Silente l’anno prima. Aveva osservato i suoi occhi di bambino
ricchi di una sconfinata tristezza indurita dalla rabbia e dalla conoscenza di
aver il potere che agli altri mancava. Un bambino isolato perché diverso,
insultato perché estraneo.
Poteva davvero biasimarlo tanto nell’essersi preso qualche
rivincita su quei bambini che lo sbeffeggiavano? Lui stesso era stato sempre
preso in giro o pestato semplicemente perché esisteva. Ma quante volte avrebbe
voluto prendersi una rivincita su suo cugino? Quante volte avrebbe voluto farlo
mettere al suo posto? Questo non lo accomunava forse a suo padre?
Anche il ricordo di Hogwarts era nettamente simile con la sua
esperienza. Entrambi avevano visto nella scuola un rifugio di salvezza, di
rivalsa, un posto dove finalmente le persone non lo avrebbero ferito o isolato…ma
anche queste si erano dimostrate illusione. Tom si era trovato circondato da una
schiera di ‘amici’ abbagliati dal suo potenziale ed ai suoi ordini, isolato
dagli altri che lo reputavano pericoloso e dichiarato folle dai più quando
cominciò a divulgare le sue idee.
Per Harry, d’altra parte, le cose non andavano meglio. La
gente continuava ad additarlo come il Bambino-Sopravvissuto, il Signore dei
Grifoni, Colui-Che-Sconfiggerà-Voi-Sapete-Chi-Salvandoci-il-Culo. Nessuno si
era mai fermato ad osservarlo davvero o a chiedergli se era davvero questo
quello che voleva. Nemmeno Ron o Hermione erano stati così amici da pensare
alla sua felicità. Certo, l’avevano sostenuto come tanti altri, ma facendogli
capire implicitamente che quello era il suo ‘destino’, il suo dovere e che,
come un bravo bambino, doveva ubbidire e comportarsi da idolo delle folle.
Eppure Harry non era tutto questo, non voleva essere
tutto questo.
Però non riusciva a lasciarsi il passato alle spalle, ad
alzare la bacchetta contro le persone che credeva di conoscere, con cui aveva
vissuto fin’ora e che, nel bene e nel male, lo avevano accolto e cresciuto.
Dall’altra parte c’era suo padre o cosa oramai rappresentava: una famiglia,
un’oscura famiglia che lo avrebbe capito ed accettato. Ed Harry non poteva
neanche ignorare i profondi occhi di ghiaccio di Draco Malfoy che gli erano
entrati dentro impossessandosi della sua anima e dandogli uno spicchio di luna
personale.
Forse l’unica soluzione era quello che da molto lo alettava,
l’unica via….
“Harry!” lo chiamò una voce femminile dal fondo del
corridoio. Il moretto si girò ad osservare la ragazza che correva verso di lui
con i folti capelli crespi che le circondavano il viso come una nuvola di vapore
bruno. Stava sorridendo, la gonnellina a pieghe elegantemente drappeggiata sulla
gambe snelle e la camicetta perfettamente abbottonata con la cravatta rosso e
oro a risaltare il collo fino. Harry per un attimo sorrise a quella figura, non
un sorriso felice o solare e neanche pieno e aperto. Solo un lieve incresparsi
di labbra, un piccolo accenno triste e malinconico su quel viso, gli angoli
della bocca leggermente sollevati e obliqui mentre pensava a quella bambina di
11anni che aveva incontrato in prima e che aveva fatto entrare nel gruppo. Lo
stesso sorriso, la stessa voce e i dolci occhi castani che da sempre erano stati
in grado di rassicurarlo, ma non ora.
“Finalmente ti ho trovato!” disse fermandoglisi davanti e
prendendo fiato dopo che l’aveva esaurito nella corsa per cercarlo
“Come mai non sei a lezione?” gli chiese con voce pacata
come era sua abitudine da un po’
“Neanche tu ci sei! Pensavo che magari ti andava un po’ di
compagnia” gli rispose prendendo il discorso alla leggera mentre Harry
rispondeva alla sua affermazione con uno sbuffo proseguendo il cammino lungo il
corridoio osservando di tanto in tanto il paesaggio sconfinato fuori di lì
“Pensavi davvero quello che hai detto a Ron?” gli chiese
dopo un po’ camminandogli affianco
“Perché avrei dovuto mentirgli?” ribatté lui
“Non lo so però….non credi di essere stato troppo duro?”
“Troppo duro Hermione?! La guerra che c’è là fuori è
dura. La morte delle persone è dura. Vivere in questo cazzo di mondo è duro”
gli rispose girandosi verso di lei, i denti stretti quasi in un ringhio e lo
sguardo verde acceso di ira. La giovane si spaventò di quegl’occhi, del tono
dell’amico. Inconsapevolmente si ritrasse portando una mano alla bacchetta
prima di ritornare a ragionare -È Harry! Non mi farebbe mai del male- si disse,
ma alle sue orecchie non gli era mai sembrato più falso.
Il moretto sembrò riprendere coscienza del tono e con un
sospiro si andò a sedere sul balcone di una finestra mentre l’amica gli si
avvicinava lentamente, quasi guardinga, non più sicura di come intavolare la
conversazione.
“Cosa sta succedendo Harry?” si decise di chiedere alla
fine con un piccolo sospiro guardando quegli occhi verdi leggermente confusi
“Cosa dovrebbe succedere?” ritorse
“Non vale rispondere ad una domande con un’altra….perché
sei così freddo? Anche con noi” un piccolo accenno di sorriso per farlo stare
a suo agio, ma sembrò non funzionare perché a quella domanda il ragazzo s’era
adombrato
“Mi odiate per questo?” la quieta e rassegnata domanda la
colse per un attimo di sorpresa. Hermione lo guardò a fondo cercando di
penetrare il velo oscuro che celava ai suoi occhi la soluzione di quel mistero….ma
il muro era troppo alto, sarebbe dovuto essere Harry a venirle incontro se
voleva provare a salvare quell’amicizia. Ora come ora Hermione non era più
sicura che il moretto ci tenesse come una volta.
“No, Harry. Ma è difficile lo capisci? Ron ed io ti vediamo
sempre più chiuso e triste. È da quando è iniziata la scuola che non ti si
riesce a parlare tranquillamente e non ci confidi più cosa ti assale. Io…sento
che qualcosa ti è accaduto,qualcosa di brutto…perché non ce ne parli. Ti
farebbe bene!”
“Ne sei sicura Herm?” un piccolo accenno di sorriso, un
piegarsi di labbra triste, malinconico e desolatamente nostalgico, alla ragazza
gli ricordò una volta di più il dolce e solare amico che tante volte l’aveva
aiutata “Ci sono cosa che non possono essere rivelate, o forse solo momenti in
cui non possono essere rivelate”
“Ma se ci provi! Prima o poi dovrei iniziare a dire qualcosa”
“No, forse non ce ne sarà bisogno” rispose sibillino il
moretto
“Harry mi stai spaventando…cosa vuoi dire? Cosa vuoi fare?”
chiese sinceramente preoccupata che l’amico potesse fare una sciocchezza
“Niente di che Herm, niente di deciso comunque” per un
attimo regnò ancora il silenzio popolato soltanto dal lento suono della natura
al di fuori della finestra, nel cuore della foresta misterioso che circondava la
scuola da sguardi indiscreti. Poi la ragazza si affiancò ancora di più al
giovane seduto e il quel momento notò il quadernino verde che teneva appoggiato
sulle ginocchia. La copertina era ingiallita e rovinata agli angoli, le pagine
sottili dal bordo anch’esso rovinato dall’usura ma ugualmente Harry
continuava a tenerlo stretto tra le mani e a non lasciarlo in giro.
“Immagino che sia quel quaderno ad averti complicato la vita”
disse con voce bassa alzando lo sguardo sui suoi occhi
“Non sai quanto” disse altrettanto piano mentre un’ombra
di dolore passava nei suoi occhi verdi
“Forse se solo ti decidessi a dirmi qualcosa. Harry davvero…non
ti fa bene tenerti tutto dentro”
“Se tenessi davvero a me non insisteresti così Herm! Ti
accontenteresti della mia risposta!”
“Non puoi accusarmi di non tenere a te! Ti sono sempre
accanto, ti aiuto e sostengo, in tutti questi anni ho cercato di guidarti, di
non farti fare sciocchezze!” disse offesa dell’accusa
“Non ho bisogno di una balia” disse freddo e deciso -Avevo
bisogno di un’amica vera-
“Harry non è il momento di stupidi litigi per vecchi torti.
Silente voleva che restassimo uniti, solo uniti possiamo sconfiggere Voldemort e
cercare gli Horcrux per ucciderlo definitivamente” disse convinta, il fervore
della ragione nei suoi occhi castani
“Perché lo combattiamo?” chiese invece lui
“Perché sì! Perché è giusto! Ha ucciso molte persone,
procurato dolore ai più…ha ucciso la tua famiglia Harry!” la ragazza
sembrava quasi scandalizzata da quella domanda, confusa ed estremamente incerta
sul futuro ora più che mai “Ha ucciso Silente….Sirius….pensa solo al male
che ha provocato, senza di lui avresti avuto una vita serena, Silente sarebbe
ancora qui, ci consiglierebbe e guiderebbe…” non era sinceramente preparata
allo scatto d’ira che vide nell’espressione del ragazzo, al suo movimento
serpentino, agile e veloce che gli fece acquisire la posizione eretta in un
lampo brevissimo
“Non…nominare più Silente” ira repressa, rabbia e
dolore navigavano su quei lineamenti virili “Silente ci avrebbe guidato? Col
cazzo! Silente ha SOLO e SEMPRE fatto quello che cazzo voleva, non si è mai
degnato una volta di rivelarmi prima cosa voleva farne di me, cosa voleva farmi
fare….si è sempre limitato a lanciarmi nella mischia sperando che qualcosa
succedesse…..Che è morto, se l’è cercata!”
“Non dirai sul serio? Questo è troppo Harry! Silente non ha
fatto altro che proteggerti, assisterti e addestrati per il futuro. Ed in cambio
cosa ha ottenuto? Il tuo odio a quanto pare e il tradimento di Piton!”
“Sapeva benissimo che Piton faceva il doppio gioco e visto
che è una guerra…o Piton o Silente….cane mangia cane Hermione, o uccidi o
sei ucciso” disse con un cinicità assoluta, il viso una maschera di freddezza
“No…non ti credo… non puoi difendere Piton! È un
assassino esattamente come Draco Malfoy! Non mi dirai ora che anche lui ha fatto
bene?” sembrava semplicemente orripilata dalle risposte che otteneva
“Draco ha fatto quello che doveva fare per non perdere la
sua famiglia. E ti ricordo che non è stato lui ha lanciare l’incantesimo
contro Silente”
“Si ma ha contribuito! È un Mangiamorte Harry, un nemico,
un assassino, come puoi difenderlo?“
“Non si sceglie chi essere, molte volte è l’ambiente in
cui si cresce a forgiare una persona. Non sappiamo nulla di Draco, di come è
cresciuto, non possiamo giudicare! E…infondo…lui è stato l’unico sincero
fin dall’inizio con me. Per il resto…tutti non hanno fatto altro che usarmi,
per tutto questo tempo, come una cavia o un soldato sacrificabile per il bene
del mondo” disse con uno sguardo malinconico rivolto verso l’esterno, quasi
sperando di scorgere un’aggraziata figura bionda uscire dall’intrico dei
rami della Foresta per venire a portarlo via. Da quella volta alla tomba di
Silente non lo aveva più visto, ed ora la sua mancanza lo stava lacerando
“No…tu…l’Harry che conoscevo non avrebbe mai detto
queste cose!”
“Forse non mi conoscevi così bene” disse piano
voltandogli le spalle per far intendere che la conversazione era finita
“E a Ginny cosa hai detto? Hai deciso che neanche lei è
degna di sapere qualcosa, o rientra tra i burattinai?” chiese all’ultimo
sperando di scuoterlo
“Lei non è dissimile da voi….no, forse è l’unica che
davvero ha provato a guardarmi, a vedere cosa sono, ma non ha avuto abbastanza
coraggio per affrontarmi. No Herm, Ginny è un caso a parte….forse lei poteva
fare la differenza ma non è stata abbastanza forte e questo è peggio di un
tradimento….anche a lei devi ciò che sono diventato”
“E allora a che scopo starci ancora insieme? Illuderla con
false promesse o freddi baci?”
“Perché non mi lascia lei? Ha avvertito il cambiamento ma
le piace la posizione di fidanzata di Harry Potter….e ha in sé ancora una
piccola speranza che il suo affetto possa aiutarmi…ma non è il suo di amore
che voglio” e con questo si diresse con passo fermo lungo il corridoio
lasciandosi dietro una giovane ragazza dagli occhi castano traboccanti di
lacrime salate che bruciavano come mille spade….Harry non le era venuto
incontro, non l’aveva aiutata a salvare il loro legame ed Hermione sentì
distintamente qualcosa dentro di sé spezzarsi. Anni dopo i libri riporteranno
un’altra data per la rottura del Magico Trio di Hogwarts, ma Hermione Jane
Granger sapeva che lì ed ora era stato il termine ultimo. Ed ancora una volta
Harry aveva scelto per tutti loro il destino che inevitabilmente non sarebbe
tornato indietro, ma ora si erano inoltrati in un sentiero ombroso, oscurato da
secchi e contorti alberi e odorante di morte.
La guferia era piena di canti di gufi e barbagianni, ogni
tanto qualche d’uno di quei maestosi uccelli spiccava un volo silenzioso
contro il cielo in cerca di cibo da rosicchiare. L’aria fredda di Novembre
entrava in lunga falciate attraverso le finestre alte e il pavimento era
ricoperto da un sottile strato di paglia punteggiato dagli escrementi dei
volatili. Harry aveva trovato rifugio in quella torre isolata dagl’altri
edifici del castello, immerso nei richiami dei gufi e nel vento gelido che
trasportava insoliti aromi e un silenzio carico di dolore. Si fermò con
stanchezza vicino ad una finestra, appoggiandosi con un sospiro al muro e
chiudendo gli occhi sul mondo intero, sperando di sparire semplicemente. Sorrise
mesto a quell’ultimo pensiero. Sul petto sentiva il rassicurante calore
prodotto dal ciondolo della madre, una delicata carezza dell’aria lo portò ad
immaginare cosa voleva dire essere accarezzato con amore, solo per farlo stare
bene. Lo sconforto era tanto doloroso da bruciargli il petto, ogni giorno che
passava sentiva sempre di più di voler scappare, una parte dentro di lui urlava
dimenandosi e invocando di essere liberato. Si ritrovò a stringere i denti
mentre la conversazione con Hermione gli si ripeteva come una cantilena nella
testa acuendo il senso di inadeguatezza e portandolo a decidere l’unica
scappatoia che vedeva in quel mare fatto di dubbi e dolore. Riaprì gli occhi
sul mondo, la luce entrava pallida in quella giornata d’inverno e il continuo
rumore delle foglie che cadevano lo cullava piano nella certezza di fare la cosa
giusta, ma per metter in atto il suo piano aveva disperato bisogno di una
persona. Tirò fuori dalla cartella che portava a tracolla uno foglietto di
pergamena e la sua penna intinta nell’inchiostro, si appoggiò al muro per
scrivere le poche righe che aveva in mente e poi alzò il volto per scegliere un
gufo che recapitasse il messaggio.
Subito Hedwige discese verso di lui in piccoli cerchi planati
posandosi con grazia sulla suo spalla e mordicchiandoli affettuosamente l’orecchio.
Harry sorrise davvero alzando una mano ad accarezzare il morbido piumaggio della
sua amica “Mi dispiace ma non posso mandare te, capirebbero subito di chi è
il messaggio e metteremo nei guai Draco. E noi non vogliamo metterlo nei guai
vero?” disse con voce bassa mentre la civetta ruotava leggermente il capo come
per far intendere al giovane che aveva capito il suo problema. Spalancò
maestosa le ali e volò di nuovo fino al suo trespolo alto chiudendo gli occhi
per schiacciare un altro pisolino. Harry sorrise ancora vedendola e poi si
avvicinò ad un barbagianni dal piumaggio scuro, gli legò alla zampa la
pergamena e gli disse a chi andava recapitato il messaggio. Meno di cinque
minuti dopo l’uccello stava volando sopra le chiome della foresta con il suo
prezioso messaggio al sicuro tra le zampe. Harry si concesse di osservalo per un
altro minuto mentre sperava di ricevere un risposta in fretta -Capirà. Verrà
da me- si disse, raccolse la sua borsa e salutò ancora una volta la sua civetta
bianca, poi lasciò l’edificio. Nella mente le poche parole scritte: Ho
bisogno di te, ti prego. Sfregiato.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Il gufo era planato dolcemente, in modo delicato e quasi
ipnotico, come a voler attrarre la maggior attenzione possibile e Draco come
tutti l’aveva fissato domandansi fugacemente a chi appartenesse il messaggio
legato alla zampa del pennuto. Con occhio scettico osservò il gufo planare
elegantemente davanti a lui tendendogli la zampa con il messaggio, l’attenzione
di tutti era centrata su di lui e al giovane Mangiamorte non faceva di certo
piacere. Si trovava al Manor dopo avere fatto rapporto al suo Signore sullo
svolgimento della missione, la notte era stata lunga e lui aveva dormito poco,
era stanco ma soddisfatto di aver ricevuto delle lodi per il suo operato. Ed ora
si trovava nella sala principale, seduto al lungo tavolo di noce per gustarsi la
colazione in pace e invece quel gufo era venuto a rompere la sua tranquillità
focalizzando l’attenzione dei presenti su di lui. Sciolse con velocità e
stizza il nodo del cordoncino e prese il messaggio leggendolo rapidamente.
Dovette solo al suo sangue freddo e impassibile di Malfoy se non strabuzzò gli
occhi alle poche righe scritte con precisione, ma quasi stanchezza. Si alzò e
senza salutare si diresse alle sue stanze per cercare di calmarsi e trovare una
soluzione.
Manor Riddle era un castello molto grande, residenza di Lord
Voldemort e, all’occorrenza, della sua corte. In suoi Mangiamorte più fidati
e forti avevano una camera fissa in quel luogo in caso non potessero tornare a
casa o non ne avessero il tempo, gli elfi domestici provvedevano ad ogni
bisogno. Draco Malfoy si sentiva come a scuola o a casa, il salone ospitava per
i pasti chiunque si trovasse nell’abitazione e la sua stanza era confortevole
e ospitale, inoltre così poteva consultare con più tranquillità l‘immensa
biblioteca del Manor, con i più importanti libri sulla magia nera, formule che
all‘occorrenza gli sarebbero state utili. Ma in quel caso Draco non sapeva
proprio cosa fare e il castello gli sembrava una prigione, l‘intera sua
condizione gli sembrava una prigione. Voleva andare da Harry, aiutarlo, portarlo
via da quella scuola…..ma andarsene ora significava rischiare tutto quello che
con fatica aveva ottenuto…..ma non poteva lasciare Harry ancora lì.
Con calma si alzò dalla poltrona nella quale era sprofondato
e rilesse ancora una volta la lettera ricevuta. Si riassettò i vestiti e
guardò l’orologio….le 11:10….il Lord doveva essere nel suo studio con
Severus e suo padre….ora era inutile andare, e l’idea di esporre il suo
problema davanti al padre non lo incoraggiava. Lucius non era un tipo
comprensivo….”Devi aspettare Harry, solo un altro po’” disse quasi con
affetto posando la missiva sulla sua scrivania.
La pendola nella biblioteca suonava i suoi 15 rintocchi per
indicare l’ora del pomeriggio all’occupante della stanza che, pacifico,
stava seduto su di un divanetto dall’imbottitura nera di pelle. Le lunghe
gambe erano accavallate elegantemente e tra le mani reggeva un grande tomo dalla
copertina rovinata ed antica, gli occhi blu petrolio seguivavano con attenzione
ogni frase o periodo mentre le labbra erano piegate in un ghigno accennato. Lord
Voldemort teneva particolarmente a quel libro e continuava a rileggerlo nell’illusione
di perdersi tra ricordi in cui al sua dolce Lily gli parlava con voce chiara e
dolce. Gli sembrava quasi di sentirla se solo chiudeva gli occhi………stavano
sempre lì, lui seduto su quella poltrona a sorseggiare un forte brandy mentre
la donna dai caldi capelli rossi gli sedeva accanto leggendogli qualche pagina
di quel libro. Ogni tanto sorrideva mesta, un piccolo incresparsi delle labbra
mentre faceva scorrere le parole nell’aria fresca con fluente musicalità per
ogni sillaba. Gli occhi erano vivi e attenti e sorridevano illuminati da una
luce di gioia e potere che la faceva risplendere. Solitamente Tom stava ad occhi
chiusi per concentrarsi sulle parole di Lily mentre sorseggiava piano il
liquore, poi appena finito quello, attirava la compagna su di sé. Lei si
acciambellava docilmente in braccio a lui lasciandosi stringere e sorridendo
ancora felice mentre ricambiava il suo signore con un bacio passionale, poi
riprendeva il libro e continuava a leggere fino al tramontare del sole, sempre
insieme. A distanza di così tanto tempo, Tom si chiese dove avesse sbagliato
con lei, perché non era riuscito a tenerla a suo fianco, con sé…………ed
ancora una vola quella dannata domanda…..
Perché è scappata da Potter?
Che si ricordasse lei odiava Potter ai tempi della scuola e
comunque non pensava di certo che andasse a chiedere aiuto a lui. Forse si era
solo illuso con lei, illuso che l’amasse davvero, che potesse stargli
affianco, illuso che condividesse davvero il suo sogno per il mondo magico.
Chiuse di scatto il libro e lo posò sul tavolinetto affianco mentre si passava
un mano sugli occhi per cancellare la profonda malinconia che rischiava di
sommergerlo. E quel bambino che lei aveva difeso a costo della vita, quel
piccolo coi suoi occhi verdi che piangeva tra le braccia della madre morta…….amava
così tanto James Potter? E lui non se ne era accorto…..
Ma ora qualcosa era cambiato, la nuova energia che aveva
sentito fluire in quel ragazzo che cercava di uccidere lo aveva sconcertato
perché era una potenza nuova, ribelle e forte, impregnata di rabbia, tristezza
e coraggio. Una scarica di puro potere che aveva sentito in pochi individui
oltre a se stesso e Silente, ma questa era giovane e ancora da gestire, al primo
stadio……..e Lord Voldemort pensò che sarebbe stato più che felice di
essere il maestro di quel ragazzo.
Dei decisi colpi alla porta lo distrassero dalle sue
riflessioni riportandolo alla realtà. Riacquistò la sua solita parvenza di
freddezza e serietà dando il permesso al visitatore di entrare. L’uscio di
noce intarsiato ruotò piano sui cardini ben oliati rivelando l’altera e
perfetta figura di Draco Malfoy impeccabile con pantaloni e camicia nera a far
risaltare la pelle chiara e i fini capelli biondi. Con un piccolo, bieco sorriso
il Lord diede il permesso al giovane di accomodarsi sul divanetto dirimpetto a
lui, osservò con occhio attento quanto quel ragazzo diventasse sempre più
simile al padre sia nel portamento elegante e raffinato, che nella luce
predatoria e affilata che albergava in quegli occhi chiari.
Ma i tratti morbidi e volitivi che delineavano il viso erano
senz’altro eredità della madre Narcissa. Il biondo sembrava nervoso o
preoccupato, la postura era rigida e diritta mentre le mani posate sulle gambe
era chiuse in pugni stretti, tremanti per la tensione, gli occhi sfuggenti dal
suo sguardo e le labbra chiuse in una linea dura.
Sembrava semplicemente sconvolto o molto, molto preoccupato.
-La cosa si fa interessante- pensò l’uomo che non aveva mai
visto Draco Malfoy spaventato per qualcosa che doveva chiedergli, infondo il
giovane sapeva di godere della stima e della fiducia del proprio lord.
“Cosa devi dirmi Draco?” chiese con voce morbida e calma
atta a tranquillizzare il giovane che alzò il viso verso il suo interlocutore
prendendo un bel respiro
“Volevo dirle che, se per sta sera non ha bisogno di me, io
dovrei uscire” la voce era ferma e chiara, una lieve nota d’incertezza in
sottofondo
“E posso sapere dove devi andare così di fretta?” chiese
con un lieve ghigno già immaginando da chi corresse
Draco si tormentò nervosamente le mani schermando
completamente la mente dal Lord, non era un’azione intelligente ma al momento
doveva essere libero di pensare a cosa rispondere. Si chiese fugacemente quale
balzana idea lo aveva spinto ad andare dal Lord per chiedergli una cosa del
genere, sapeva perfettamente che l’uomo gli avrebbe fatto quella domanda. Ma
se quella sera il Signore Oscuro lo avesse cercato, non trovandolo, i guai
sarebbero stati ancora peggiori……….senza contare che non andava in gita di
piacere, ma nel posto meglio controllato dopo il Ministero!
“Cosa c’è Draco? Non mi vuoi dire il perché di questa
fuga?” la voce vellutata nascondeva un sibilo pericoloso
“Non è una fuga! Non potrei mai abbandonarla!” disse con
fervore il giovane, era questo che temeva…..che il Lord vedendolo lasciare la
sua casa senza una spiegazione adeguata o un avvertimento lo ritenesse un
traditore, un traditore da uccidere. Ma allo stesso modo avrebbe dichiarato al
sua morte dicendo la verità……..
“Avrei detto di sì Draco. Visto che mi chiedi di andare via
sta sera senza darmi una spiegazione”
“Io….” era indeciso, fortemente indeciso, ma lasciare
Harry ancora in mano a quei babbanofili….
“Perché sei diventato un Mangiamorte?” quella domanda non
se la sarebbe mai aspettata, alzò lo sguardo verso il proprio Signore mentre
una luce decisa illuminava i suoi occhi azzurri
“Perché sono convinto che questa guerra sia necessaria e
credo nelle sue idee!” disse con convinzione il giovane
“Risposta scontata” disse con voce indolente l’uomo
mentre il ragazzo abbassava lo sguardo indeciso “Non è che ti sei solo fatto
condizionare da Lucius? Non voglio al mio comando gente che non sia più che
convinta!”
“Mio padre non centra nulla” la voce era bassa e
impregnata di rabbia, lo sguardo ancora basso “Anche lei crede infine che io
sia solo l’ombra di mio padre? Sono una persona distinta che non si fa più
condizionare dalle preferenze paterne. Sono stufo di essere visto come la copia
mal riuscita di mio padre, stufo di sentire i suoi rimproveri per il mio
comportamento. Vuole sapere perché accondiscesi a divenire un Mangiamorte?
Semplice…..qui sono visto come Draco, qui mio padre non può ordinarmi niente
perché non è lui che comanda. E qui posso far vedere che anch’io sono utile,
che sono più utile di Lucius. A questa corte, a lei Mio Signore, posso
dimostrare che mio padre mi ha dato solo il nome, per il resto non voglio
dipendere più da lui. Credo nelle sue idee e in quello che facciamo e come lo
facciamo, non ho mai dubitato che fosse giusto. Questa e non Malfoy Manor è la
mia casa, là sono l’erede della casata, sono considerato un bimbo e non un
uomo che è pronto a combattere. Se mi vuole punire per qualche mia parola
faccia pure, ma non pensi che la possa tradire, perché questa è la mia
famiglia” ora che aveva alzato gli occhi su di lui Tom Riddle riconobbe il
fuoco della battaglia che albergava identico e potente negl’occhi di Potter, e
nei suoi. Non si era sbagliato su quel giovane. Era più potente di Lucius e
Severus, più astuto dei due e aveva una gran voglia di rivalsa verso la
famiglia, e Lord Voldemort avrebbe sfruttato quel sentimento per assicurarsi la
completa fedeltà di quel giovane.
“Molto bene mio caro. Mi fido delle tue parole perché ho
potuto vedere che sono vere” disse con un sorriso l’uomo mentre il biondo si
rilassava impercettibilmente. Alzandosi il Lord prelevò da un mobiletto di
vetro vicino una bottiglia di brandy e due bicchieri, versò il liquore per se e
il suo ospite. Draco accettò volentieri e bevve un primo lungo sorso chiudendo
gli occhi mentre il liquore gli scaldava la gola e il corpo sciogliendo il
muscoli tesi. Ora che si era aperto, che era riuscito a fare capire al suo Lord
le sue vere motivazioni, si sentiva più libero e tranquillo. L’unica nota
dolente era che non sapeva come spiegare all’uomo seduto di fronte a lui che
doveva a tutti i costi liberare Harry Potter da quella gabbia dorata e
soffocante, Draco sapeva che con Harry dalla loro la vittoria sarebbe stata
veloce e indolore, per loro.
E nel frattempo il Lord osservava con un ghigno divertito il
giovane Mangiamorte che gli avrebbe servito la pedina mancante al suo splendido
piano, perché sapeva bene che qualcosa aveva scatenato il potere e l’animo
furioso di Potter, e sapeva bene che lui avrebbe potuto usare quel sentimento……ma
gli mancava il collegamento. Cosa legava Voldemort ad Harry Potter oltre ad una
sottile cicatrice a forma di saetta?
Eppure Tom Riddle sentiva una corda sottile ed invisibile che
univa le loro vite……qualcosa che Lily aveva taciuto……
“Perché non cominci a spiegarmi cosa ti lega ad Harry
Potter?” chiese con voce fluente mentre il biondo alzava la testa di scatto,
gli occhi spalancati grigi di terrore
“Niente…solo rivalità e odio naturalmente” disse veloce
e, sperando, convincente
“Oh Draco mi deludi molto. Non credi che il tuo Lord sia
capace di leggere le emozioni di una persona? Senza contare che non sei stato
particolarmente bravo a nasconderle”
Perfetto.
Draco poteva già fare testamento perché entro qualche minuto
il Lord lo avrebbe ucciso perché i suoi sentimenti si scontravano con l’esito
della guerra. Come si poteva avere al proprio fianco un Mangiamorte innamorato
del proprio rivale numero uno?
“Non temere Draco, sii sincero, non ti ucciderò” disse
Tom con un lieve sorriso sorseggiando il brandy
“Io non so come sia potuto accadere…..mio Lord, io amo
Harry” la voce era chiara e precisa, ferma e convinta della sua posizione, se
doveva morire tanto valeva vuotare il sacco. Il Lord annuì con un lieve sorriso
fiero del coraggio che il suo adepto mostrava
“Molto bene. Visto che non era difficile? Ora spiegami bene
cosa succede al giovane, lo sento potente e confuso ultimamente”
Il giovane Malfoy annuì serio e prendendo un ultimo sorso
della bevanda iniziò a spiegare dall’inizio dei suoi sentimenti verso il
ragazzo, quanto lo odiava inizialmente per aver rifiutato la sua mano, la sua
amicizia. Poi la rabbia si era tramuta in sfida aperta su tutto, il volo, le
lezioni, il duello, qualsiasi cosa purché si potessero scontrare e far
risultare Potter sempre sconfitto. E andando avanti negli anni, vedendo come
Potter gli teneva testa stoicamente, con sfida, rispondendo alle sue beffe, ai
suoi insulti. L’unico in mezzo a tutta quella marmaglia che gli teneva testa,
che non si lasciava scoraggiare o intimidire dal nome della sua famiglia…..e
poi quello stesso anno, in quel bagno, quando si era accorto da tempo che il suo
comportamento nei confronti del rivale era atto solo a ricercarne l’attenzione,
a ricordargli che lui era sempre presente nella sua vita, un cauto rispetto si
era tramutato in ammirazione ed irrimediabilmente amore durante quella
manifestazione di potere. Draco ricordava perfettamente il duello che lui e
Potter avevano fatto in uno squallido bagno gli ultimi mesi di scuola, la rabbia
verso quei sentimenti profondi che aveva scoperto per lui lo aveva fatto
combattere senza sosta.
E poi Potter si era fermato, lo aveva guardato con rabbia,
forse odio, gli occhi verdi due braci potenti dove bruciava un potere
devastante, le labbra piegate in un sorriso crudele, l’aura magica un alone
nero di terrore intorno alla sua figura. Draco aveva sgranato gli occhi di
fronte a quell’angelo nero di potenza, affascinato e completamente conquistato
dalla sua sembianza oscura……e aveva incassato il colpo praticamente mortale.
Voldemort sorrise a quella spiegazione pensando che allora non
si era sbagliato -Il ragazzo ha davvero una parte potente e oscura- con un cenno
invitò il suo adepto a continuare, incuriosito. Draco narrò allora di quando
era andato a trovare Potter a scuola, di come era penetrato facilmente e dell’incontro
col giovane distrutto e cambiato. Gli occhi nascondevano una bestia ferita e
acquattata nell’ombra di fiamme verdi pronta a balzare dilaniandoti, il
portamento altero e rigido, regale eppure sfiancato, sembrava incerto, sull’orlo
di un baratro senza sapere cosa fare. Raccontò all’uomo quello che si erano
detti e cosa aveva spiato dalla conversazione solitaria del giovane, la
confessione della rabbia verso Silente, verso il mondo intero e la sua dubbia
paternità.
“Sei sicuro Draco? Ha detto che James Potter non è suo
padre?” disse sconvolto il Lord, un orrenda possibilità che lentamente si
faceva strada in lui
“Sì. Mio signore, sono sicuro” disse il giovane
“E ora cos’è successo?”
“Mi ha mandato una lettera con scritto che ha bisogno di me.
Mio Lord io sono sicuro che con lui dalla nostra parte la vittoria sarà certa e
schiacciante”
“E tu avresti vinto un amante”
“Harry non è un trofeo” disse prima di riuscire a frenare
quelle parole pentendosi un attimo dopo averle dette. Suonavano così tanto Grifondoro…….si
maledisse un centinaio di volte per aver, forse, rovinato tutto
“Ma certo che no” rispose Tom con un sorriso storto
posando il suo bicchiere sul tavolino “Credi che verrà con te? Da me?”
“Si, ne sono sicuro, lo stanno uccidendo lì, non chiede
altro che andarsene e se mi ha spedito questa lettera è perché lo porti via”
“Molto bene Draco, allora vai. Stai molto attento e torna
con Potter……avremo una lunga chiacchierata da fare” disse mentre il
giovane annuiva contento cercando di nascondere un sorriso mentre si alzava,
salutava e usciva dalla stanza con calma. Una volta in corridoio non trattenne
il sorriso radioso di vittoria, corse per tutto il palazzo fino nella sua
stanza, prendendo pergamena e penna cominciò a scrivere il messaggio di
risposta.
La cena in Sala Grande veniva consumata nell’abituale buon
umore di tutta la scuola,risa, gridi, chiacchiere che volavano tra un tavolo e l’altro
e buon cibo ad allietare la serata, o almeno così doveva essere. L’allegria
che da sempre contraddistingueva il tavolo dei grifoni non riusciva a giungere
al cuore di un giovane ragazzo 17enne dai ribelli capelli neri e gli occhi come
due gemme verdi che risplendevano nel silenzio della notte. Harry sorseggiò con
relativa calma il suo bicchiere di burrobirra mentre passava lo sguardo pigro
sul tavolo, una mano a giocare pigramente col ciondolo della madre sempre
assicurato al collo. Dall’altro capo del tavolo il suo, oramai, ex-migliore
amico continuava a lanciargli sguardi perforanti e carichi di rabbia e
frustrazione, ma lui rispondeva solo con un ghigno di derisione alzando il
calice nella sua direzione a simulare un brindisi. Harry sapeva perfettamente
perché il rosso ce l’avesse tanto con lui e in definitiva non poteva
interessargli assolutamente. Il motivo di tanto astio sedeva vicino a Ron ed in
realtà erano due motivi, entrambi femminili: il primo era il litigio avuto con
Hermione quella mattina e il secondo, il litigio avuto con la ‘fidanzata’
quello stesso pomeriggio. Harry si appoggiò quasi distrattamente al tavolo
mentre osservava il liquido biondo nel suo bicchiere contorcersi e mischiarsi in
un turbine, esattamente come i suoi pensieri. Un piccolo sorriso mesto gli
nacque spontaneo mentre ripensava al litigio avuto con la rossa, in definitiva
lui non odiava Ginny, non come odiava il resto dei suoi ‘amici’, lei era
stata la prima a non vederlo come Potter, l’eroe. Si ricordava ancora quella
volta quando doveva attraversare la parete tra i binari 9 e 10 per la prima
volta e lei tutta sorridente gli aveva detto “Buona fortuna”. Era
semplicemente la prima a dirgli una cosa del genere, la prima a preoccuparsi di
lui con quella genuinità che solo la lei possedeva. E per questo un po’ gli
dispiaceva doverla lasciare, averci litigato e soprattutto, gli dispiaceva che
si fosse fatta condizionare dagli altri, che stupidamente in quel periodo i cui
erano ‘fidanzati’ lei smettesse di essere la ragazza semplice e radiosa che
l’aveva affascinato, per diventare un ochetta come le altre, come tutti
volevano che fosse la fidanzata di Harry Pottre.
Era da poco passata la terza ore di lezione pomeridiana per
Harry che come ogni volta si era visto fuori dalla classe ad aspettarlo al sua
adorabile fidanzata Ginny Weasley e come ogni volta l’aveva degnata di un’occhiata
storta a cui lei aveva risposto sorridendo e incollandosi al suo braccio. Non
avevano lezione per quell’ora e la rossa l’aveva condotto verso il parco per
una boccata d’aria distensiva. Si erano seduti sul prato in riva al lago
mentre la scolaresca riunita fuori lanciava alla bella rossa occhiate di gelosia
e invidia. Harry non ricordava di preciso di cosa avessero parlato, per lo più
era lei a parlare raccontandogli ogni particolare della sua giornata e
ridacchiando da solo per qualche avvenimento divertente. Era un’altra delle
cose che Ginny non riusciva a capire in lui ma che lui aveva capito
perfettamente in lei: Ginny aveva paura del silenzio. Era un terrore tangibile
che spesso la bloccava, gli occhi dilatati e frenetici nella speranza di trovare
un argomento di conversazione che riempisse quel vuoto enorme che le pesava
addosso. Non riusciva a stare in silenzio e non capiva l’abitudine o il
piacere che il suo ragazzo traeva dall’immota assenza di parole, con la
semplice compagnia di suoni naturali e suggestivi, alcuni tristi e malinconici.
Harry trovava il silenzio una delle più alte forme di meditazione o
conversazione tra due persone, il saper colmare di piccoli suoni, come il
respiro o il battito del cuore, quello spazio altrimenti occupabile con le
parole, era un’arte che in pochi sapevano apprezzare e compiere. Le parole
potevano essere fraintendibile o possono mentire, ma il silenzio non può
mentire e di certo non può essere frainteso, ma Ginny temeva come nessun’altra
cosa al mondo quella calma che invece sembrava avvolgere il fidanzato. Non
sapeva bene perché odiasse a tal punto il silenzio, sapeva solo che l’atterriva
non aver punti di conversazione e spesso, prima di intavolare un discorso con
qualcuno, si trovava a chiedersi di cosa potessero parlare, quali argomenti
trattare o cosa avrebbe portato a una conversazione lunga. Il suono del silenzio
non le piaceva neanche quando era da solo, aveva bisogno di qualcosa anche in
quel momento che fosse della musica o un libro e insieme alle altre persone si
sentiva male se non trovava punti in comune di cui parlare. La prendeva un ansia
quasi tangibile e il respiro cominciava a mozzarle il fiato. Inconsciamente
sapeva a cosa era dovuto attacco di panico, temeva di non essere accettata dalla
gente se non trovava argomenti di cui parlare, temeva che la gente si stufasse
di lei e la ignorasse lasciandola sola. Unica ragazza di sei fratelli…..era
dura a un certo punto trovare qualcuno con cui parlare, ma sapeva che Harry l’aveva
capita e non le faceva pesare questa mancanza. Il giovane moro non sapeva se
classificare questo atteggiamento come un pregio o un difetto, ma c’erano
momenti, come quello, in cui sentiva di voler affianco qualcuno che
semplicemente apprezzasse come lui il suono ricco e melodioso della natura
invernale pomeridiana, e di certo quella persona non era la rossa Waesley. Ma
lei sembrava non accorgersene anche se all’inizio della loro storia -Quando
ancora credevi di amarla Harry- si disse mentalmente, le aveva chiesto di
assecondarlo in quei momenti in cui voleva soltanto essere rapito dalla
malinconia ed ascoltare il silenzio. Si ricordò che al principio lei cercava di
accontentarlo, di capire come potesse preferire un immoto silenzio al piacere di
una conversazione, ma poi era rispuntata la paura, il terrore per quel vuoto,
per il sussurro del vento che sembrava atterrirla e sconvolgerla. E così,
semplicemente, aveva deciso per entrambi che il silenzio non facesse per loro e
anche se il moretto non partecipava alla conversazione, a lei bastava non
sentire l’eco della quieta che gli riportava alterati i battiti del suo cuore.
Anche il quel momento, in riva al lago, lei parlava nonostante
Harry non l’ascoltasse apertamente e cercasse piuttosto di scoprire la natura
profonda del perché una semplice foglia di quercia restasse ancora appesa al
suo ramo. Ginny fissò con lui quella meraviglia del creata osservando con
studiata attenzione le piccole venature della foglia, il colore rosso sangue e
giallo che si mischiavano perfettamente tra loro e il lievi spostamento causato
dal vento. Eppure oltre a quello non riusciva a vederci altro e non capiva cosa
cercasse con ostinata ingenuità il suo ragazzo. Aveva portato lo sguardo
lontano, sul lago che si muoveva ritmica e calmo, e il silenzio le si
attorcigliava attorno come una ragnatela di fili invisibili i cui ragni
tessitori si destreggiavano con perizia meticolosa, soffocandolo. Poteva quasi
vedere le spire di silenzio che la strangolavano soffocandola mentre annaspava
fremente per trovare uno spiraglio di conversazione, i ragni erano orribili,
mostri neri con le tenaglie che danzavano davanti a giganteschi occhi mentre con
le gambette lunghe e secche si spostavano su quel filo che la stringeva,
intonando una macabra danza. E poi, mentre fissava lo sguardo sul lago, le venne
un’idea di conversazione, iniziò a parlare con voce incerta, rotta dalla
paura, e mano a mano che le parole fluivano nell’aria sentiva la presa sul suo
corpo sciogliersi e placarsi mentre il sorriso tornava e lei respirava nuova
aria.
Fu in quel momento che un gufo dal lucido piumaggio scuro
planò dolcemente nel cielo descrivendo ampi cerchi nella loro direzione mentre
scendeva con eleganza e precisione fino a fermarsi davanti al fidanzato che si
era alzato dalla sua posizione supina. Aveva sfilato il piccolo rotolo di
pergamena da un laccetto di cuoio nero che lo teneva legato alla zampa dando poi
una carezza affettuosa sul capo del gufo che sembrò apprezzare molto quel
gesto. Gli morse affettuosamente il dito e spiccò ancora il volo contro il blu
inteso del cielo. Ginny aveva assistito allo scambio con sguardo attento e una
piccola fiamma di gelosia nell’animo mentre si rendeva conto che Harry non le
aveva mai riservato carezze così premurose e non l’aveva mai guadata con
quello sguardo verde intriso d’affetto profondo e totale. Chiunque fosse stato
il mittente della lettera non le stava di certo simpatico ed era estremamente
curiosa di sapere chi scriveva al Suo Harry suscitandogli tanto amore
come lei non era in grado di fare.
Aspettò con le braccia conserte e un’apparente calma che il
suo ragazzo finisse la letture della missiva e le dicesse qualcosa, ma le sue
speranze furono vanificate quando alla fine Harry ripiegò la lettera e se la
mise in tasca, in viso un’espressione serena che la giovane non vedeva da
molto tempo.
“Chi ti scrive?” chiese con voce bassa e leggermente
stridula che faceva trapelare la profonda vena di gelosia che intaccava il suo
animo in quel momento. Harry la guardò per un attimo confuso dall’astio
profondo che riusciva a scorgere nel tono della rossa e con un lieve sorriso
sinistro pensò che la giovane fosse gelosa e che la cosa non lo toccava
minimamente. La belle notizia che aveva ricevuto lo aveva fatto sentire leggero
e tranquillo, per un attimo il suo squarcio di salvezza da quel mondo opprimente
si stava diradano e ingrandendo permettendogli di scorgere un futuro nuovo.
Draco sarebbe venuto………….quella notte stessa………..vicino
alla tomba di Silente.
COMMY: Mi dispiace non essere riuscita
ad aggiornare prima, cmq volevo ringraziarvi tutti per i commenti e per le
letture numerose. mi fa piacere che la scena del Tower Bridge abbia suscitato
tanto clamore, per risp a Fife, ci sono stata quasi una settimana a pensarci
cercando foto di diverse visuali e chiedendo aiuto su dove era meglio mettere
l'esplosivo.....qui era un caos perché io proprio nn avevo idee ma visto che
volevo un effetto catastrofico al massimo dovevo scegliere un bel punto no!!??
spero che andando avanti vi piaccia sempre di più...un grazie speciale a
Mistress Lay per il commy perché è stata proprio la tua storia di un Harry
cattivo a darmi l'ispirazione di scriverne una dark......quindi THANKS!!! un
bacione a tutti a presto Myriam.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Quella frase, quelle parole spezzate continuavano a ripetersi
nella sua mente infondendogli una forza che prima non credeva possibile. Ora
aveva la speranza di uscire da quell’incubo, ora aveva la sicurezza di aver
preso la decisione giusta, indipendentemente dagli altri, aveva deciso per se
stesso.
Perciò il malumore della giovane seduta affianco a lui non
poteva in alcun modo intaccare la vena di serenità estatica che sentiva dentro
di sé, semplicemente che fosse geloso o altro non poteva interessargli di meno.
Lui non l’amava, come non amava la sua fastidiosa famiglia o i suoi patetici
amici, e di certo lui non le apparteneva. In un attimo il giovane moretto si
rispose che il suo essere, il suo potere e il suo animo appartenevano solo a se
stesso, a suo padre e al proprietario di due glaciali occhi azzurri su di un
viso di porcellana.
“Harry insomma!!!” disse stizzita la rossa per non aver
avuto risposta, ma in cambio ottenne solo uno sguardo freddo mentre il giovane
si alzava spolverandosi il vestiti “Non puoi trattarmi così Harry! Sono stufa
del tuo atteggiamento” gli disse con stizza alzandosi e fermandolo per un
braccio
“Senti Ginny, che tu sia arrabbiata o altro non me ne frega
assolutamente. Quindi datti una calmata” rispose strattonando il braccio dalla
sua presa
“Di chi è la lettera?”
“Non sono affari tuoi”
“Si invece! Sono la tua ragazza”
“E questo ti autorizzerebbe a ficcare il naso nei miei
affari?”
“Come puoi trattarmi così?” chiese la ragazza con gli
occhi lucidi e lo sguardo implorante
“Asciuga quella lacrime di coccodrillo, con me non
funzionano e sono fastidiose, non le sopporto” disse il moro con voce incolore
guardandola indifferente
“Perché mi tratti così? Cosa ti è preso si può sapere?
Prima non eri così, eri diverso…………migliore” disse la giovane con le
lacrime che scendevano libere e la voce immagonata
“Forse ero più stupido se mi sono messo con una come te.
Per un attimo ho sperato di sbagliarmi sul tuo conto, ho sperato che almeno tu
capissi chi era, e soprattutto com’era il vero Harry. Io Gin, io sono il vero
Harry, quello che avrebbe dovuto esistere fin dal principio se Silente e i suoi
amichetti non si fossero messi in mezzo” le disse avvicinandosi e lasciando
trasparire una piccola goccia del suo potere, e Ginny vide chiaramente quelle
pozze di verde intenso scurirsi, addensarsi in ombre contorte e ammalianti,
tentatrici, un’aura oscura e forte espandersi da quel corpo rendendo al figura
di Harry spettrale e forte, spaventosa e magnifica come solo un unicorno nero
può essere. Ma quelle sembianze, quell’atteggiamento cattivo e spavaldo la
terrorizzava mentre gli occhi le lacrimavano di più e il respiro mancava.
“NO…..tu….tu non sei…..non puoi……cosa sei
diventato Harry?” chiese con la voce piccola e spezzata, carica di dolore per
la perdita di un amico, di un fratello e forse di un’amante che non avrebbe
più ritrovato
“Oh Gin…..davvero per un attimo speravo di….sono
migliore ora, e soprattutto sono veramente io ed è un sensazione stupenda
riuscire a percepire chi sono davvero. Sai….prima, non ci riuscivo e
continuavo a domandarmi chi fossi e che cosa stessi facendo. Ma ora lo so, so
chi sono e cosa devo fare. E lo farò Gin, senza rimpianti” le disse
accarezzandole una guancia bagnandosi delle sue lacrime e sorridendole, e per un
attimo a Ginny venne in mente che non aveva mai sorriso con tanta radiosità, le
sembrava di percepire la pura felicità che la sua figura emanava ed era un
contrasto forte con l’aura oscura e potente che lo circondava.
E poi quella carezza……..
Anche dopo anni Ginevra Weasley ricordò sempre quella carezza
delicata e calda che emanava un profondo affetto……….non era l’amore di
un’amante che spesso aveva sperato di suscitare in Harry………era un amore
puro, di fratello, di amico, di anima affine alla sua……….e dopo anni Ginny
non seppe mai se fu quella carezza a farle decidere il suo percorso o furono le
azioni avvenute in seguito.
La rossa sapeva solo che quel momento era importante, sentiva
che era indispensabile e che l’avrebbe formata per qualsiasi via avesse voluto
scegliere in avanti. Solamente stettero lì per minuti che parvero secoli mentre
Harry le accarezzava la guancia teneramente sorridendole e circondandola con al
sua aura nera e potente per fargliela sentire tutta, per non avere più segreti
con lei, perché comprendesse bene cosa fosse diventato. E Ginny Weasley chiuse
gli occhi lasciandosi riempire da quell’energia oscura e permettendole di
scavare dentro di lei, di entrare fin nel suo profondo stordendola, ma non le
importava. Sentiva Harry in un modo così intimo e assoluto che la fece piangere
di commozione e tristezza, perché quel potere era irrimediabilmente malvagio e
nero e potente e lei se ne sentì minacciata, spaventata da quello che una tale
concentrazione magica poteva fare ma allo stesso tempo affascinata da quel lato
nascosto. Piano pano Harry la lasciò libera allontanando prima la sua aura e
poi al sua mano mentre la giovane rossa barcollava un attimo spaesata dall’assenza
di appigli e ancore, fissò il suo sguardo in quello del moretto e vi lesse una
profonda tristezza nel lasciarla………era un addio quello?
“Davvero…Harry…….. È davvero…..un addio?” la voce
le uscì incerta e pigolante, triste e malinconica mentre esprimeva quella frase
che aveva il gusto amaro della verità
“Si Gin, mi dispiace ma non posso fare altrimenti” disse
il giovane avvicinandosi e dandole un bacio sulla fronte, quasi una richiesta di
scusa per i patimenti che le aveva fatto passare in quel periodo
“Mi hai amato Harry? Mi hai mai amato?” doveva saperlo,
doveva sapere se anche per un breve periodo era riuscita a farsi amare
“Ti amo ancora adesso Ginny, ma non come tu vorresti…..non
come un’amante” le rispose con un mesto sorriso
“Mi basta……Harry…tu per me….non sei mai stato l’eroe”
doveva dirglielo, lui doveva saperlo
“Davvero Ginny?” e per un attimo alla giovane le parve di
scorgere un guizzo di cruda emozione nello sguardo del moretto, un lampo di
speranza nel fatto che qualcuno l’ abbia considerato un ragazzo come altri. E
quell’atteggiamento, quel lieve desiderio la fece sorridere riportandole alla
memoria i sogni che Harry spesso le aveva confidato in gran segreto, e in quell’attimo
la rossa capì che il suo Harry, quello che aveva conosciuto esisteva ancora in
quel ragazzo maturo: esisteva nelle piccole cose, esisteva nei pregi, nella
forza di volontà, nella bellezza, nello sguardo lontano e malinconico e nei
sorrisi.
Sì, il suo Harry era diventato migliore.
“Davvero Harry……forse all’inizio, il primo anno, ma
poi ho capito che volevi essere considerato un ragazzo qualunque, che eri un
ragazzo qualunque, solo più sfortunato” e il lieve sorriso che accompagnava
quelle parole non poté che rasserenare ulteriormente il giovane
“Grazie….di tutto” così dicendo si voltò cominciando
ad incamminarsi verso la scuola mentre la ragazza si lasciava cadere sul terreno
abbandonandosi ad un silenzioso pianto.
Ora il problema sopraggiungeva nelle spoglie di Seamus
Finnighan che aveva visto la ‘povera’ Ginny in lacrime e Harry andarsene
tranquillamente verso la scuola e in qualità di amico e compagno di camera era
andato subito a riferire il tutto a Ron. Harry all’inizio si era infuriato
pensando che la rossa fosse andata dal fratello a fare la vittima, ma dopo aver
scoperto la verità non poté che ringraziare silenziosamente la giovane che
aveva taciuto il suo segreto e la conversazione che avevano avuto. Aveva
confermato al fratello che si erano lasciati, ma dopotutto non gli interessava
molto quello che poteva pensare o fare il sesto figlio dei Waesley. Il cielo
della Sala Grande era un manto scuro notte con qualche baluginio di stelle tra
le nuvole scure che si muovevano preannunciando pioggia, ma al giovane moretto
non interessava molto, soprattutto perché quella sera sarebbe stata importante
per il suo futuro, finalmente quella sera si poteva compiere il suo destino.
Guardò per un attimo verso il tavolo degli insegnati e la poltrona del Preside
in cui stava seduta la McGranitt, si chiese per un attimo cosa avrebbe pensato
Silente delle sue future azioni, se davvero non se le immaginava e se credeva
davvero che non avrebbe mai scoperto la verità. Forse alla fine il vecchio mago
aveva capito che era inutile imporsi contro il destino, forse alla fine gli
avrebbe parlato e lo avrebbe lasciato libero di scegliere e per un attimo si
chiese se la sua decisone sarebbe cambiata se quel dialogo fosse avvenuto. Con
un sospiro si disse che in fondo non poteva saperlo con esattezza e che era
inutile farsi stupidi discorsi a così poco tempo dalla fine del gioco.
4 ore
Doveva solo aspettare ancora quattro ore e poi allo scoccare
dell’una tutto sarebbe cambiato o sarebbe tornato come doveva essere da
sempre.
Notò distrattamente che la Sala si andava rapidamente
svuotando dai suo avventori abituali mentre dal tavolo degl’insegnati Lupin
continuava a lanciargli occhiate incerte. Dal loro ultimo colloquio avvenuto
tempo fa non si erano più parlati ma il giovane aveva notato come la maggior
parte dei professori lo tenesse d’occhi studiando ogni sua mossa. E la
McGranitt da un po’ appariva veramente preoccupata e incerta su come
comportarsi. Fin da quando aveva accompagnato Silente alla casa dei Dursley per
lasciare il piccolo infante Harry era stata indecisa su quale fosse il suo ruolo
nel corso della storia e poi lo aveva rivisto anni dopo allo smistamento, così
piccolo e tremendamente fragile, ma una luce di orgoglio gli brillava nel
profondo. In seguito il bimbo che aveva rivisto era cresciuto forse troppo in
fetta per stare al loro passo, troppo veloce perché riuscissero a seguirne le
fasi e troppo solo e potente per richiedere l’aiuto di qualcuno con il
risultato che vedeva. Si erano lasciati scappare di mano la possibilità di
spiegare la loro versione dei fatti al ragazzo, di convincerlo quale fosse il
bene e quale il male, si erano lasciati avvincere dal tempo che passava e dalla
sempre più palese somiglianza con Tom Riddle.
Lo avevano abbandonato e capiva che ora il giovane non
riconoscesse più chi erano quelli che si definivano amici.
Ma Minerva McGranitt era convinta che una buona spiegazione
riuscisse a portare sulla ‘retta via’ il loro ragazzo.
Ed era questo che si ripeteva mentre la Sala si svuotava e la
cena finiva tra chiacchiere e auguri di buonanotte vide anche il suo giovane
pupillo lasciare il luogo, come sempre solo.
Harry non aveva nessuna intenzione di trascorrere le restanti
ore in una camera o in una torre invasa da una moltitudine di Grifondoro che gli
chiedevano cosa aveva, cosa era successo con Ginny ed in generale si
intromettevano dei fatti suoi. E soprattutto con aveva nessuna intenzione di
vedere ancora i suoi ex-amici per dover spiegare tutto di nuovo e magari chissà
cos’altro. Quelle erano le sue ultime ore nel castello che aveva sempre
considerato la sua vera casa, a conti fatti era stato troppo ingenuo ma pensava
che dopo 11 anni coi Dursley non ci fosse nulla di peggio, e invece l’ipocrisia
e le menzogne che aveva riscontrato in quel luogo da persone in cui credeva
ciecamente, si erano dimostrate nettamente peggiori del suo soggiorno dai
parenti. Con un lieve sorriso si disse che finalmente lasciava tutto quello e si
dirigeva verso un nuovo futuro interamente suo, si alzò dal suo posto elargendo
una fredda occhiata al tavolo dei professori e in particolare a Remus Lupin per
poi dare un beve sguardo all’insieme della Sala. Con un alzata di spalle si
diresse verso l’uscita contento che i suoi compagni di dormitorio non ci
fossero, probabilmente si erano rintanati nella loro torre ‘consolare’ la
povera Ginny così orribilmente trattata. Per quanto lo riguardava decise di
trascorrere le ore che lo separavano dal suo appuntamento nella Stanza delle
Necessità, da quando aveva liberato il suo potenziale aveva scoperto che la
stanza era un’ottima palestra in cui esercitare i sui nuovi poteri. Gli
sarebbe stato utile qualcuno in grado di insegnarli come controllarli perché
avevano il brutto vizio di sfuggirli di mano quando era arrabbiato. Per fortuna
le sedute nella Stanza lo avevano aiutato a esercitare un lieve controllo sulle
sue emozioni che gli permetteva di non uccidere chiunque gli faceva perdere la
pazienza. Sarebbe stato veramente scomodo dover spiegare l’accaduto senza
contare che in quei mesi non è che l‘avessero aiutato a rimanere calmo.
Stava pensando alle ore che la sera aveva impiegato ad
esercitarsi mentre saliva i primi gradini che lo avrebbero condotto ai piani
alti quando si sentì afferrare alle spalle e sbattere con forza contro il muro
del corridoio. Picchiò la testa contro le pietre dure secolari e l’impattò
gli fece perdere per un momento contatto con la realtà mentre un forte mal di
testa lo percuoteva e sperò con tutto il cuore di non essersi rotto nulla. Due
mani ferme e forti lo tenevano per il colletto della camicia addossato al muro
mentre un altro paio gli teneva ferme le mani. Aprì gli occhi che aveva chiuso
nel momento del colpo e si ritrovò davanti due occhi celesti e una zazzera di
capelli rossi in un viso chiaro punteggiato di lentiggini, Dean Thomas lo teneva
fermo per le braccia e vicino al due restava Seamus con uno sguardo rabbioso,
poco più in là la ‘pacata’ Hermione assisteva alla vicenda senza fare
nulla per impedirla. Harry guardò nei suoi occhi nocciola con serietà e l’unica
cosa che trovò fu una ceca delusione e l’espressione di chi aveva cercato di
metterlo in guardia da un evento del genere, forse c’era anche tristezza per
quel finale ma il giovane non riuscì a vederla. Il sesto di casa Weasley lo
strattonò ancora contro il muro facendogli riportare l’attenzione su di lui.
Era indubbiamente arrabbiato e una furia potente gli attraversava il corpo,
Harry comprese che questa volta era la resa dei conti e che il rosso non sarebbe
stato indulgente e soprattutto avrebbe avuto dalla sua l’aiuto dei suoi
compagni di stanza. Il moretto sorrise sinistro nel constatare che quei quattro
avevano intenzione di interpretare la parte dei vendicatori: Hermione era il
giudice e gli altri tre i giustizieri che si erano arrogati il diritto di
giudicarlo. Forse si erano stancati di sopportare sempre tutto e la separazione
da Ginny era stato il colpo di grazia o forse pensavano che un bel pestaggio
servisse a far tornare ‘normale’ il loro amico: due pugni, qualche calcio e
poi amici come prima.
C’erano poche cose che riteneva ridicole da quando aveva
scoperto le sue origini, si era ripromesso di non giudicare mai più troppo
affrettatamente, ma non aveva bisogno di un’analisi attenta per decidere che
la situazione attuale era quanto meno divertente e assurda. Molto probabilmente
Ginny era all’oscuro di quest’atto a difendere il suo onore ferito ed ora
era più che sicuro che la ragazza non aveva spifferato nulla sulla loro
conversazione, forse era ancora salvabile, forse non avrebbe dovuto dirle addio
e ucciderla. Harry in quel momento ebbe la certezza di aver avuto ragione della
dolce Ginny di non aver sbagliato a fargli sentire al sua energia, mentre lei
aveva sbagliato a non parlarne a quei stupidi che ora lo tenevano, perché se
avessero saputo cosa era in grado di fare, non lo avrebbero mai aggredito.
Ron era semplicemente furioso e come lui anche i suoi compagni
di camera dopo che aveva sentito il resoconto della conversazione di Hermione e
quello che era accaduto a Ginny. Aveva consumato la cena in silenzio
scambiandosi qualche bisbiglio ma non volendo i nessun modo allarmare la
sorellina del rosso che sembrava già abbastanza sconvolta. Il sesto di casa
Wesley non riusciva a capire come il suo migliore amico fosse diventato una
persona così spregevole da fare del male gratuitamente e senza scopo alcuno, l’aveva
visto cambiare troppo e tropo velocemente e benché una parte della sua mente
continuava a ripetergli che in parte era colpa sua, lui continuava a chiedersi
cos mai poteva fare per interrompere il processo. Infondo non era colpa sua se
quello era uscito di testa e prendeva a morsi tutto e tutti! Lui si era sempre
comportato da amico, l’aveva sempre sostenuto e incoraggiato, consolato quando
nessuno gli credeva, non poteva in nessun modo credere che fosse colpa sua, lui
non centrava niente e così Hermione. Ma Ron si era stancato di lasciarlo
marcire nel suo brodo sperando che prima o poi fosse rinsavito, la conversazione
che Herm gli aveva riferito e quello che aveva fatto a sua sorella non avevano
scusanti, era andato semplicemente oltre e, come si aspettava da tempo, aveva
spezzato il filo per primo. Ron ancora poteva risentire dentro di sé l’eco
della rottura di quell’amicizia che aveva significato tanto e il suono
cristallino, freddo e solitario dei cocci di quel filo che li aveva uniti per
tanto tempo, oramai il Magico Trio non esisteva più, ed era inutile illudersi.
Ecco perché si era deciso insieme agli altri a dare una svolta definitiva alla
faccenda e a fare in modo che almeno anche Harry sentisse un po’ di quel
dolore che aveva riservato a tutti loro in quel periodo. Aveva aspettato che sua
sorella lasciasse la Sala, non aveva mangiato molto ma capivano benissimo che
fosse un momento orribile, tra tutti Ginny era quella che aveva sempre sperato
in Harry e che gli aveva sempre voluto bene, fino alla fine, e quindi si capiva
benissimo che stesse soffrendo, per questo Ron aveva spettato che la sorella
uscisse per esporre la sua idea agli altri. Altruista com’era, Ginny avrebbe
potuto pregarli di non fare niente ad Hary e si sarebbe probabilmente presa
tutta la colpa della separazione. Ma Ron e gli altri sapevano che la colpa di
tutto era solo di Harry, l’avevano protetto anche troppo, aveva ucciso troppe
persone con i suoi modi precipitosi ed avventati, ed ora era il momento di
finirla. Perciò aveva radunato la sua camerata più Hermione che
sorprendentemente gli aveva appoggiati, forse anche lei era troppo stanca ed
immaginava che un bello scossone avrebbe fatto bene al loro ‘compare’. In
ogni caso avevano aspettato che la Sala si svuotasse convintissimi che come
sempre Harry sarebbe uscito per ultimo e che quindi avrebbero potuto ‘parlare’
senza interruzioni. Appena il moretto era uscito dalla mensa lo avevano
afferrato per le spalle e sbattuto contro il muro del corridoi bloccandolo
contro.
“Allora amico non ridi più adesso? Forse era tempo che
qualcuno ti desse una lezione!” disse Ron dandogli un pugno nello stomaco per
riaffermare la sue parole mentre i suoi compari sghignazzavano
“Ron…” disse in tono titubante Hermione cercando di
calmare almeno in parte il suo ragazzo, infondo non voleva fare troppo male a
Harry. Quando a cena aveva sentito quei discorsi si era trovata favorevole,
convinta che una lezione servisse più che mai al suo amico per fargli abbassare
la ‘cresta’, ma di certo non voleva che i suoi amici lo riducessero da
Infermeria e in quel caso ci sarebbero andati di mezzo con gravi sanzioni, non
le andava di essere sgridata perché Harry faceva il coglione e non dava poi
retta ai consigli e ai suoi amici.
Ma appena quel sussurro lasciò le sue labbra si fermò dall’esporre
le altre parole per comporre la frase perché aveva visto il viso di Harry in
cui gli occhi verdi esprimevano scherno e divertimento. La bocca e ogni altra
espressione facciale era di pietra ma gli occhi…….quello sguardo era quanto
di più vivo e rabbioso potesse esserci e li stava chiaramente prendendo in
giro, si prendeva beffe della loro rabbia, del loro furore, della loro
stanchezza verso quella situazione…….e soprattutto non condivideva il loro
dolore. Hermione era convinta che la paura e qualche colpo avesse fatto capire
al moro quanto dolore gli aveva inflitto a tutti loro in quel periodo, quanta
sofferenza gli davano i suoi silenzi, quanto rammarico i suoi sorrisi che
rasentavano la cattiveria….quanta solitudine il suo allontanamento lento ma
deciso come se volesse gustarsi lentamente il graduale incrinarsi del filo che
li univa, il delicato suono del lenirsi di quella corda e il cristallino dolore
mentre si spezzava. Però in quel momento……………
Non un gemito mentre i pugni calavano su fragile corpo.
Non una preghiera mentre le sberle piovevano sul suo viso
pallido.
Non uno ‘scusa’ mentre gli insulti aumentavano e cadevano
come macigni sulle esili spalle.
Nessun moto di dolore a deturpare i fini lineamenti del viso e
le labbra chiuse nel solito sorriso freddo.
Harry non voleva cedere ed Hermione capì che oramai nulla l’avrebbe
riportato da loro, ma non fece nulla per fermare gli amici dicendosi infine che
avevano il diritto di sfogarsi, che avevano patito molto e che dovevano capire
la lezione da soli……..e in ogni caso Harry non soffriva.
-In ogni caso Harry non soffre-
Harry sorrise amaro dentro di sé mentre quella frase della
sua amica gli restava nel cuore come marchio che in futuro gli avrebbe dato una
grande forza. I suoi poteri come Legilimens erano aumentati e con totale
scioltezza si era scoperto in grado di leggere a suo piacimento le menti di chi
non era schermato e naturalmente era diventato bravo a schermare a sua volta la
mente: con un segreto come il suo non si poteva di certo permettere di tornare a
scuola dove qualunque professore avrebbe potuto leggergli nella mente. Così in
quel momento era stato curioso di sapere cose ne pensava la ‘tanto riflessiva
Hermione’ mentre i suoi amici lo picchiavano, e quello che aveva sentito non
gli piaceva per niente e riconfermava i dubbi che aveva avuto su quella massa di
Grinfondoro modello. Erano stati così amici che non riuscivano ad accettarlo,
non riuscivano ad allontanarsi da lui per paura di perdere notorietà ed ora
avevano il ‘diritto’ di sfogarsi su di lui perché lo ritenevano colpevole……colpevole
di voler seguire la sua strada da solo,senza aiuti, colpevole di averli
allontanati, colpevole di esistere.
Ipocriti
Falsi
Bugiardi
Traditori
Nemici
Come potevano chiamare amicizia quel rapporto che avevano con
lui?
Come potevano dire che era per il suo bene quello che stavano
facendo?
Come ci si può comportare così?
Per tutti quegli anni quelle persone avevano vissuto alla sue
spalle godendo della sua luce, era vero che non avevano mai rilasciato
interviste o si erano vantati di essere amici di Harry Potter…….ma quello
che avevano fatto era più meschino e vile perché fatto di nascosto. Era stato
bello essere additato come amico di Harry Potter, del Bambino-Sopravissuto, era
stato bello poterlo manipolare come si voleva e magari farlo sentire in colpa
quando qualcosa andava male.
Ad esempio il ‘Caro Ron’ non aveva fatto altro che
appoggiarlo nelle sue imprese spericolate e poi farlo sentire in colpa come se l‘idea
fosse stata solo sua e avesse costretto l’altro a seguirlo. Lui non aveva mai
costretto nessuno, non voleva nessuno quando andava a rischiare la vita, ma
chissà come mai c’erano sempre i suoi cari amici che si aggregavano per poi
lamentarsi per mesi dell’idea sciocca che gli era presa. Non aveva mai sentito
dal rosso un ‘Dai tranquillo è anche colpa mia’, o magari ‘Scusami Harry
avrei dovuto stare più attento non è colpa tua’……..nessuna frase del
genere gli aveva detto. Anche al quarto anno, quando lo avevano costretto a
partecipare al torneo, Ron se l’era presa perché credeva che il suo ‘amico’
avesse fatto tutto da solo……non gli aveva creduto, e cosa peggiore alla fine
della prima prova non aveva avuto il coraggio di ammettere che si era sbagliato,
non gli aveva chiesto scusa.
Ed Hermione d’altra parte era stato anche peggio. Sempre a
stargli col fiato sul collo controllando ogni sua mossa e dicendogli cosa fare o
non fare, sempre a ricordargli che non era il migliore, non era bravo, era solo
il Bambino-Sopravvissuto che andava ammaestrato e guidato lungo il cammino
proprio come con un bimbo, sgridandolo quando compiva qualche marachella. E poi
quella frase udita da poco……..quel ‘Tanto Harry non soffre’ gli
bruciava ancora nel cuore facendolo ardere di puro furore perché non era
vero!!!!!
Che cosa ne sapeva lei della sofferenza?
Perché li aveva ignorato qualche mese sapeva tutto del
dolore?
Perché li aveva risposto male sapeva cosa vuol dire sentirsi
morire dentro?
Si rendeva conto che i suoi amici avevano sofferto i suoi modi
ma lui non gli aveva chiesto di stargli accanto come non glielo aveva chiesto
gli anni passati!
Se non sopportavano i suoi modi perché non lo allontanavano?
Se li faceva soffrire perché stargli vicino?
E l’unica risposta era che a quelle persone faceva gola la
sua celebrità e il posto che occupavano in quanto a suoi amici. Perché anche
se le stelle brillano di luce riflesse sono pur sempre stelle che non vogliono
tornare nell’oblio dell’anonimato, vogliono ancora splendere ed illuminare
la via ai comuni mortali, vogliono sentirsi superiori. Ma Harry non voleva più
quel futuro splendente, voleva il buio, l’ombra piacevole che ti avvolge e ti
rischiara facendoti riposare gl’occhi e offrendoti sicuri ripari.
-Davvero non soffro Hermione?- pensò reclinando il capo sul
muro alle sue spalle estraniandosi da tutto.
La sua era stata solo una vita di sofferenza fin da piccolo
quando vedeva in che modo i suoi zii amavano profondamente loro figlio ed
odiavano quasi con la stessa intensità lui. Solo un bimbo costretto a crescere
senza alcuna gioia, senza una coccola, senza un abbraccio o un bacio della
buonanotte. L’acuto dolore mentre vedeva tutti gli altri bambini che
ricevevano queste cose mentre lui veniva lasciato indietro, solo come sempre con
la compagnia del suo dolore e delle sue lacrime sempre troppo abbondanti mentre
si chiedeva cosa aveva fatto di male, perché la sua mamma e il suo papà non lo
avevano portato con loro fin in Paradiso ma lasciato in quell’Inferno? E di
nuovo sofferenza quando aveva iniziato la scuola e aveva scoperto la sorte dei
suoi genitori, morti a causa sua, se lui non fosse nato loro sarebbero stato
vivi. Sentirsi a 11 anni responsabile di un così grave fatto l’aveva portato
a una grosso depressione che non voleva manifestare per non impensierire
ulteriormente le persone che aveva affianco. E poi gli anni a Hogwarts si erano
succeduti portando con sé sempre nuove sofferenze, dal secondo anno e la paura
di morire avvelenato, al terzo con il terrore di perdere un altro parente per l’omertà
delle persone che aveva affianco. E poi il quarto col torneo e la morte vista in
prima persona e il dolore profondo della morte di Sirius e quello il sesto anno
con la morte di Silente……e l’allontanamento di Draco. In quel mare d’Inferno
di ricordi il moro non poté non ricordare il dolce viso di quell’angelo degl’inferi
che più volte aveva cercato fargli capire quanto i suoi amici se ne
approfittassero e fossero falsi, ma lui non aveva voluto credergli, aveva
creduto ancora una volta alla parola dei suoi amici, perdendolo almeno
momentaneamente. Quegli stessi amici che lo avevano fatto rinunciare alla sua
mano il primo anno. Era vero che Draco aveva insultato Ron ma era anche vero che
il rosso era stato il primo a dirgli quanto i Malfoy fossero da disprezzare e i
Serpeverde da odiare, non conosceva nessuna delle due cose ma nonostante tutto
le odiava per riflesso perché altre persone le odiavano, per stereotipato. Ma
lui allora non aveva voluto crederci, non aveva voluto vedere ciò che era
chiaramente davanti ai suoi occhi e che Draco cercava continuamente di
mostrargli, si era ricoperto di bambagia che attutiva ogni cosa, viveva nel suo
mondo che gli altri avevano intessuto per lui, e ciò gli bastava.
Ora però lo squarcio si era distrutto e lui vedeva veramente
quella che era stata la sua vita, come lo avevano ridotto, come avevano
imbrigliato il suo spirito con false lusinghe, era occorso il ciondolo e il
libro a rivelargli quella verità che il suo cuore da lungo tempo gli urlava.
COMMY: Di solito non amo molto Ginny
Weasley....sarà che io Harry lo vedo bene solo con Draco e naturalmente mamma
Row non può metterli insieme nel libro......cmq in genere non me la prendo mai
troppo con lei e qui come vedete non le faccio fare una brutta fine......per chi
invece vuole unirsi al club 'Uccidiamo i Grifondoro' sono aperte le adesioni.
scherzi a parte spero che il cap sia piaciuto, piano piano ci avviciniamo alla
fine ma purtroppo Harry ne vedrà ancora delle brutte......Draco entrerà in
scena tra poco. ringrazio tutti per i commenti lasciati, ogni parole mi
incoraggia sempre più, grazie anche a chi legge, un bacione a presto Myriam! |
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Harry ora era stufo di subire e soffrire per delle persone che
non gli avevano mai raccontato la verità, che lo avevano sempre modellato a
loro gusto, lui ora viveva davvero il suo pieno potere e se quelle che si erano
così a lungo e ingiustamente definiti ‘amici’ si ritenevano tali avrebbero
dovuto accettarlo e lasciarlo andare. Come aveva fatto Ginny. La rossa ex aveva
compreso la sua natura e in parte l’aveva accettata come parte di lui ed aveva
compreso che non era lei destinata a stargli accanto e lo aveva liberato da ogni
promessa e nel suo profondo Harry sperò che non fosse stato un addio perenne,
nel suo cuore oscuro sentiva che un giorno l’avrebbe riavuto accanto.
“Allora? Ha capito la lezione?” chiese Ron fermandosi un
momento e fissandolo con i suoi occhi chiari mentre il suo ‘amico’ rialzava
il volto e solleva le palpebre a velare uno sguardo verde ribollente di collera
e potere puro. In un attimo una forza misteriosa lo allontanò da quel corpo
mentre i suoi amici venivano sbattuti sul pavimento e imprigionato contro. Ron
guardò impotente Hermione dimenarsi al suolo come un pesce fuor d’acqua che
improvvisamente non aveva più aria, il viso era deturpata in un muto grido e
delle smorfie di dolore e paura le solcavano i lineamenti. Volse per un attimo
gli occhi marroni verso il suo fidanzato cercando, implorando aiuto in un
qualsiasi modo, ma il rosso non si poteva muovere, i muscoli era intorpiditi e
il suo corpo ancorato al suo come se milioni di mani lo trattenessero, e in un
attimo capì che quelle stesse mani bloccavano anche i suoi compagni al suolo,
come tante bamboline senza fili. La bacchetta gli cadde di mano mentre una
fredda e devastante risata gli percuoteva le ossa in brividi di terrore e con
sgomento si rese conto che non era stato lui a provocarla, ma quel moretto che
poco prima picchiavano e che ora lo guardava con un sorriso di scherno prima che
la sua mano scattasse a serrarsi intorno alla sua gola, le dite fredde contro la
pelle bollente e sudata.
“Non lo so Ron. Tu che dici?” chiese cono voce falsamente
melliflua e perciò ancora più terrorizzante rispondendo alla domanda di prima
mentre il rosso sgranava gli occhi nel vedere l’aura di potere nero che
circondava il ragazzo, il suo aguzzino e che lo avvolgeva in lunghe lingue di
tenebra e ali di pipistrello facendo rifulgere gli occhi come gemme di luce. Gli
atri a terra tremavano dalla paura e osservavano impotenti il loro amico stretto
nella morsa d’acciaio di quella mano che lentamente lo sollevò da terra di
qualche centimetro sbattendolo poi contro il muro. Harry si stava divertendo,
era incredibile quanto provasse gusto nel vendicarsi di ogni più piccolo dolore
che li avevano inflitto, era la prima volta che lasciava fluire il suo potere in
quel modo, era stata una cosa puramente istintiva e non aveva idea di poterlo
fare, di poter usare il suo potenziale per bloccare delle persone o sbalzarle
via. E sentire il genuino terrore che percuoteva quelle giovani vite gli dava
una sensazione di esaltazione e supremazia, per tutta la vita era stato il più
debole, ma ora le carte in gioco erano cambiate e lui poteva finalmente godere
della piena sensazione di potere e dominio.con una smorfia si accorse che i
pugni subiti avevano sortito il loro tributo e ora lo stomaco gli doleva,
strinse i denti mentre le costole protestavano offese dal non ricevere
medicazioni ma lui non ci badò perché al momento voleva far pagare anche
quello ai suoi compagni. Non sapeva bene come utilizzare quel potere, fin’ora
non aveva mai utilizzato il suo potenziale in quel modo ma sentiva una forza
primordiale comandarla e istintivamente sapeva benissimo cosa faceva e come
doveva essere fatto. Le spire di potere nero gli solleticavano gli abiti
gonfiandoli il mantello in un’imitazione di ali neri da demone che incombevano
su gli altri bloccati, schiacciati da quella forza invisibile che gli toglieva
il respiro. La luce sembrò affievolirsi in quel tratto di corridoio mentre l’aura
oscura cresceva, si nutriva del genuino terrore delle sue vittime e della bieca
vendetta che il suo padrone desiderava liberandosi in calde volute di vellutata
tenebra che lambì il viso del rosso imprigionato contro il muro. Ron tremò
mentre quel tentacolo nero gli accarezzava il volto pallido di para, la
sensazione impalpabile, come se si trattasse di un sogno ma anche fredda e
consistente sopra la sua pelle gli sarebbe rimasta impressa per sempre nella
memoria mentre vedeva il suo amico avvicinarsi. Con gli occhi azzurri sbarrati
osservò quell’essere che un tempo aveva considerato come un fratello ma che
ora non conservava nulla di quello che conosceva e lui si rese conto che era da
quell’estate che era cambiato e che il procedimento lento e degenaritvo forse
sarebbe potuto essere interrotto.
Ma Ron non aveva osservato
Non aveva preso in seria considerazione quello che accadeva
Non era stato vicino ad Harry
Non aveva adempiuto alla sua amicizia con lui
Lo aveva tradito
Abbandonato
Ed accusato
Era colpa sua, come di tutti gli altri che non lo avevano
riempito di doveri e dispiaceri, che non lo avevano sentito gridare mentre si
disperava, mentre ancora bruciava la sua anima per adempiere a quei doveri che
tanto avevano importanza per loro. Ma ora era tardi, ora non poteva più
salvarlo. Se ne reso conto appena guardò gli occhi verdi, così crudelmente
sinceri e sicuri nella loro scelta, nella loro decisione di oscurità e oblio.
Harry oramai aveva scelto le tenebre, aveva votato la sua vita verso quello che
un tempo odiava, che combatteva -Quello che gli abbiamo insegnato ad odiare, a
combattere- pensò mesto mentre il giovane tenebroso gli si parava davanti.
“Scusami Harry” sapeva che era troppo tardi, ma almeno
voleva tentare, ma a rispondergli fu solo una fredda e spietata risata e la mano
ferma e forte del giovane che si abbatteva impietoso contro il suo viso
lacerandogli il labbro inferiore con una sonora sberla
“Scusarti Ron?” e il tono rabbioso, doloroso e
ironico con cui pronunciò quelle piccole parole ferirono ancora di più l’animo
dei ragazzi “Non credi di essere in ritardo? Di mesi per la precisione!” un
altro schiaffo lo colpì all’altra guancia mentre spediva una piccola parte
del suo potere a bloccare ancora di più gli altri a terra che aveva cominciato
a dimenarsi come pesciolini nella rete. La seconda ondata di magia pura gli
schiacciò potente contro il pavimento bloccandogli il respiro nei polmoni e
facendogli sbattere il viso sulle dure pietre e Ron cercò di liberarsi mentre
dagl’amici provenivano mugolii di dolore ed Hermione lo guardava ancora
implorante, distrutta con un livido che spuntava sulla guancia.
“Allora prenditela con me bastardo!!! Loro non centrano!!!”
provò ancora a muoversi per sciogliersi dalla prigione che gli serrava i polsi
in una morsa ferrea e dolorosa
“Non centrano?? Sono parte integrante del problema come
tutti gli altri!” sibilò il moretto gli occhi verdi due braci di furore e
potere
“Allora che vuoi fare? Ucciderci tutti come quel pazzo di
Voldemort??” urlò, paura e rabbia che gli davano forza impedendogli di
concentrarsi su dolore
“Chiamalo ancora pazzo Weasley e non rispondo di me stesso!”
ringhiò serrandogli la gola con un amano e stringendo mentre Ron cominciava a
boccheggiare, l’aria che scarseggiava nei polmoni che ne chiedevano di più
“Per….perché…..ora sei calmo?!” lo beffeggiò con un
sorriso ironico chiudendo gli occhi e preparandosi a morire, sapeva bene che
Harry non gliela avrebbe fatta passare e che dopo di lui toccava ai suoi compari
e il solo pensiero che lo attanagliava in una morsa di angoscia era quello di
sapere Herm morta di lì a poco.
Poi tutto scomparve.
La presa ai polsi si dissolse e la gravità lo buttò per
terra mentre la gola tornava libera di respirare e lui inalava aria a gran
sorsate quasi ubriacandosi alla sensazione di libertà che sentiva. Volse
rapidamente lo sguardo verso i suoi amici notando che anche su di loro sembrava
che la cappa di magia si fosse annullata lasciandoli liberi. Hermione gli volò
tra le braccia stringendosi a lui e piangendo disperata mentre il rosso gli
passava rassicuranti carezze tra i capelli ripetendole innumerevoli volte che l’amava.
Alzando lo sguardo azzurro notò i suoi amici muovere lentamente gli arti
sciogliendoli dalla rigidità costretta dalla posizione scomoda assunta mentre
gli rivolgevano caldi sorrisi e pacche di rassicurazione. Poi Ron guardò con
curiosità Harry che stava in piedi in una zona d’ombra del corridoio, quasi
confondendosi con le ombre e guardandoli con una smorfia di disgusto e fastidio.
Il rosso si chiese cosa mai avesse fatto cambiare idea al ragazzo e di certo non
pensava che ci avesse ripensato e li avesse risparmiati per buon cuore, l’espressone
che aveva in viso mentre li osservava diceva tutto. Stava quasi per alzarsi e
chiedergli spiegazioni quando dall’angolo del corridoio sbucarono la Preside,
Remus Lupin e Lumacorno, tutti e tre con delle espressione di preoccupazioni. I
ragazzi a terra si alzarono lentamente osservando i professori e lanciando
guardinghe occhiate verso il moro sempre in disparte. Era stato l primo ad
avvertire la loro energia da quando si era alzati dalle sedie, purtroppo era
logico che sentissero il suo potere dopo tutto quello che aveva usato, ma gli
dispiaceva interrompere il divertimento proprio in quel momento, ben conscio che
non avrebbe avuto una prossima volta. Per questo gli aveva lasciati andare, non
gli andava di fare un’esecuzione pubblica senza contare che i tre non
sarebbero stati fermi a guardare, e di certo non governava ancora così bene il
suo potere da permettersi di combattere contro quei professori e nel contempo
tener a bada i traditori. Aveva dovuto semplicemente seguire i suoi bisogni e
riconoscere i suoi limiti, almeno per quella volta.
I professori stavano giusto discutendo pochi minuti prima
quando avevano avvertito la scarica di potere che si era alzato ad ondate e li
aveva investiti, era accorsi immediatamente ed erano rimasti ghiacciate dalla
scena: quattro Grifondoro spaventati e feriti al limiti della crisi isterica, la
Granger che si scioglieva in profondi e dolori singhiozzi e abbondanti lacrime,
Weasly che stava in piedi per pratica e Thomas e Finnighan bianchi come cenci. E
in un angolo stava Potter, lo sguardo verde adombrato e misterioso, pieno di
pensieri troppo inafferrabili da cogliere, la mente schermata da ogni tentativo
di Legimanzia, il copro rigido e fremente di collera e le ombre che quasi si
allungavano in quel piccolo angolo circondandolo, quasi chiudendolo in un
bozzolo di protezione. A monito per tutti di chi era.
“Cosa….cosa è successo qui?” chiese la McGranitt che
dei tre era stata la prima a riacquistare un po’ di lucidità
“Ci ha aggredito ecco cosa!!! Dovete fermarlo…….lui……..lui…È
UN MOSTRO!!!” urlò Hermione dal suo riparo sul petto del fidanzato, gli occhi
castani pieni ancora di terrore e odio, la mano ferma ad indicare un Harry
Potter immobile, inflessibile alle accuse. I tre maghi rimasero ancora più
sconvolti da quella accusa e la Preside stava quasi per ribattere e chieder più
dettagli ma Remus le mise una mano sul braccio e le indicò Harry. Il licantropo
non aveva fatto altro che fissare il ragazzo quasi a cercare un barlume del
vecchio Harry, ma nulla era sopravvissuto se non la fierezza e l’odio ora
cresciuto insieme al suo potere. Lo indicò a Minerva e lei notò subito lo
sguardo affilato e maligno, potente, e le labbra piegate in un perfetto ghigno
di divertimento o orgoglio, non sapeva decidere.
“Va bene. Ragazzi andate in Infermeria, Madama Chips
provvederò a voi. Potter nel mio studio, subito” disse inflessibile
avviandosi vero la stanza seguita da Lumacorno che preferiva tenersi a distanza
dal moretto, ma Remus preferì aspettarlo, non fidandosi a lasciarlo indietro.
Harry sollevò solo le spalle sbuffando e cominciando ad avviarsi, ma passando
vicino ai suoi ex compagni si fermò a guardarli negl’occhi per poi
concentrare il suo sguardo su Hermione che terrorizzata si strinse ancora di
più a Ron. Il moro allungò una mano e le accarezzò la guancia mentre un
brivido di freddo e orrore le serpeggiava per la schiena, ma il contatto durò
poco e prima di andare vira per sempre il giovane le sussurrò “Non mostro
Herm, ma libero! Finalmente libero da voi!” e poi precedette il licantropo
verso lo studio.
La stanza era come se la ricordava da quando Silente la
abitava ancora, la scrivania ingombra di carte con u aspetto molto ufficiale,
Funny tranquillamente appollaiata nel trespolo all’angolo, il tavolinetto
vicino alla porta con un vassoio di api frizzole, il fuoco che vivace
scoppiettava nel camino e i quadri che pisolavano dalle loro cornici. L’unica
cosa che stonava era quella riunione capitanata dalla McGranitt che austera
stava seduta diritta dietro la sua scrivania con Lumacorno vicino che studiava
con cauto rispetto il moretto. Si compiacque di questo aspetto del professore
ora certo che non avrebbe causato alcun problema e che gli unici che doveva
affrontare erano l’anziana Preside e il licantropo che appena chiuse la porta
dietro di sé si andò a posizionare vicino alla maga. Harry ghignò notando
quanto quella messinscena assomigliasse ad un processo del Ministero in cui l’accusato
stava in piedi di fronte ai giudici che aveva già scelto la sua condanna. Il
moretto per nulla impressionato evocò senza l’uso di bacchetta una poltrona
che mise di spalle alla finestra e in una posizione ottima per osservare anche
il quadro di Silente che sveglio e attento lo guardava con profondo rammarico.
“Cosa succede Silente? Sensi di colpa?” chiese insolente
al mago che, se rimase sorpreso dal tono non lo lasciò trasparire, ma si
limitò a sospirare e scuotere il capo
“Non avrei volto che finisse così mio caro” rispose mesto
“No? Eppure ti sei messo di impegno per giungere a questo
risultato” ribatté con una nota dura nel profondo e il mago tacque conscio di
aver sbagliato i calcoli, anche gli altri presenti sussultarono a quel commento
cattivo e in parte si sentirono colpevoli per il male che il ragazzo aveva
provato, ben consci che se avessero parlato prima, se gli fossero stati
veramente vicino nulla di tutto quello sarebbe mai accaduta
“Non siamo qui per parlare di questo ora. Cosa è successo
prima in corridoio Harry?” chiese ferma e sicura la McGranitt
“Divergenze di opinioni” disse il ragazzo con un piccolo
ghigno di derisione
“Divergenze? Harry li stavi per uccidere!” disse Lupin
profondamente addolorato per la scelta e l’azione del figlioccio
“No, non lo avrei fatto qui, troppo veloce e banale” disse
come se stesse parlando del tempo scioccando ancora di più i professori
“Ma ti rendi conto? Stiamo parlando dei tuoi amici!!”
disse ancora Remus
“Così amici che appena fuori dalla Sala Grande mi hanno
aggredito e picchiato!” ringhiò il moro con sguardo glaciale cercando di
contenere il suo furore e potere
“Non è possibile, non lo avrebbero mai fatto” disse
Minerva più che convinta mentre una risata gelida e intrisa di pericolo rompeva
l’aria del luogo diffondendosi. A sentire quel commento Harry non era
resistito ed era scoppiato a ridere di gusto dopo tempo ben conscio che quella
sera si stava chiudendo un altro capitolo della sua vita e riconfermando le sue
teorie su quanta poco credito sia sempre stato soggetto. Infondo lo sapeva che
nessuno lo aveva mai preso in considerazione per quello che era, tutti a
paragonarlo ai genitori, chi alla madre chi al padre, ma mai nessuno che vedeva
solo Harry, che credeva, che amava solo lui per quello che era. Solo Draco c’era
riuscito, solo lui sin dal loro primo incontro non si era mai tirato indietro di
fronte a lui, non lo aveva mai adulato ma al contrario era sempre stato schietto
circa quello che pensava e voleva. E l’altra persona che davvero l’aveva
visto come solo un ragazzino cresciuto in una falsa fama che non voleva era
stato Voldemort. Suo padre fin dal loro primo incontro non lo aveva creduto un
‘potente mago’ in grado di sconfiggerlo, lo aveva trovato un insignificante
bambino di 14 anni troppo cresciuto, troppo solo e troppo spaventato.
Nessun altro aveva fatto tanto, nessun oltre a loro due lo
aveva preso davvero in considerazione e guardato anche solo per un momento per
chi era, solo Tom, Draco e Ginny c’erano riusciti e a loro tre andava la sua
fedeltà e fiducia e il suo affetto.
“Non mi aspettavo certo di meno cara Preside” disse
appena finito di ridere sussurrando le ultime parole con falso tono rispettoso
“Ora basta Harry se ce l’hai col mondo intero devi fartela
passare!” disse Remus infervorato facendo un passo in direzione del moretto
che seduto tranquillo lo guardava per nulla impressionato “È vero che abbiamo
sbagliato a nasconderti alcune cose ma non è il caso di farne una tragedia e
soprattutto non è il caso che ti comporti i questo modo aggredendo i tuoi amici”
“Amici Remus? Io non ho amici, non ho nessuno qui, da
questa parte e di certo non ho intenzione di avere un branco di sciocchi
ipocriti come voi come amici” disse con disprezzo alzandosi in piedi
“Harry ti prego cosa possiamo fare più di chiederti scusa?”
chiese sconfitta Minerva non volendolo perdere nonostante tutto, ma il giovane
non le rispose e tornò a fissare con sguardo profondo il licantropo che lo
fronteggiava
“Non cederò Harry se è questo che vuoi perché sono
convinto delle mie idee”
“Allora è un problema perché anch’io sono convinto delle
mie idee. Mie Remus, non di Silente, tue o di qualunque altro. Per una volta
ragiono con la mia testa!” disse quasi gridando mentre Funny lanciava un roco
stridio spaventata dall’onda di energia magica altamente negativa che
percepiva nell’aria. Anche i professori e i quadri fissarono sconvolti l’aura
nera che circondava il giovane mentre gli occhi verdi ardevano come fiamme dell’inferno
e il suo potere lo proteggeva come una seconda pelle
“Da quando sei così potente?” chiese sconfitto Remus
“Da quando ho ritrovato il ciondolo e l’ho attivato. Ha
liberato il nucleo del mio potere come un tempo liberò quello di mia madre”
disse mostrando il ciondolo che portava al collo
“Non lo controlli però vero?” chiese calmo Silente
osservandolo attento mentre anche gli altri a quelle parole notarono le
incertezze che intaccavano l’aura nera “Non sai ancora come gestirlo e se
non lo impari ti ucciderà”
“Morirò comunque” bisbigliò a mezza voce il moro
cercando di non farsi udire
“No, invece! Harry ti prego resta con noi, ti insegneremo,
vedrai cercheremo di migliorare non rifaremo più gli errori del passato, sarai
tu a insegnarci……..ma ti prego” chiese in tono sofferto Lupin
avvicinandosi e abbracciandolo,incurante delle spire oscure che serpeggiavano
intorno alla sua figura. Harry per un attimo ne fu tentato, si lasciò andare a
quel calore abbagliante che lo stava sciogliendo, ma poi il male e la solitudine
di anni trascorsi lì lo assalì facendogli ricordare quei tempi. Non poteva
negare che c’erano stati momenti felici in cui nulla avrebbe potuto ferirlo ed
erano principalmente quegli attimi ad impedirgli di giustiziare quelle persone,
a bloccarlo il momento in cui stava per far scendere la scure. Ed era proprio
quest’incertezza, unita alla paura di non essere accettato e creduto da Riddle,
a chiudergli la via verso la Corte Oscura di Voldemort, dall’altra parte non
poteva restare perché giorno dopo giorno la cortina di odio che sentiva lo
stava soffocando. Allontanò bruscamente da sé Lupin e si allontanò
richiamando la sua energia e avviandosi alla porta.
“Mi dispiace ma non posso, rimanere mi sarebbe fatale e non
si può insegnare qualcosa che non è nella nostra predisposizione. Se non
sapevate come comportavi con me un tempo vuol dire che non sentivate la
necessità di trattarmi bene e senza falsità. Forse inconsciamente volevate
mantenere le distanze perché mi credevate troppo pericoloso…..in un certo
senso è vero” disse amaro girandosi a guardarli e notando la colpa riflessa
nei loro occhi
“Non puoi andare da lui!” disse Minerva alzandosi in piedi
mentre con una mano prendeva la bacchetta
“Non possiamo permettere che ti unisca alle sue fila”
disse in un sospiro Remus estraendo la bacchetta e puntandogliela contro
“Non siate ridicoli! Credete forse di fermarmi? Non
controllo ancora il mio potere è vero, ma so benissimo come si blocca un mago
armato” disse sfilando veloce la bacchetta e lanciando un incantesimo prima
che gli altri avessero modo di contrattaccare. Ben presto l’incantesimo di
disarmo colpì i due professori mentre le bacchette volavano lontano e i due mal
capitati sbattevano contro il muro perdendo i sensi. Harry li guardò sprezzante
riacquistando in un attimo la calma e rinfoderando la bacchetta mentre osservava
Lumacorno che impaurito si era rifugiato in un angolo tutto spaventato.
“Stia tranquillo professore non la ucciderò. Non amo
colpire i vigliacchi come lei” disse, poi per sicurezza mosse velocemente la
mano pietrificando in un colpo il mago “In quanto a lei……nonostante tutto
è stato una buona guida anche se un po’ reticente” disse ancora rivolto al
quadro di Silente che gli sorrise benevolo
“Ho fatto tanti di quegl’errori Harry che non so più cosa
volessi davvero fare. Credo che alla fine a guidarmi fosse l’istinto di ‘nonno’
che ho sempre avuto nei tuoi confronti” disse benevolo aggiustandosi gli
occhiali a mezzaluna
“Per quel che vale non avrei voluto che morisse così, non
è stato molto dignitoso” disse commosso dopotutto
“Morire non lo è mai Harry, ricordalo, è solo un modo per
continuare il viaggio che si è cominciato. Spero di rivederti presto”
“Lo spero anch’io……” disse solo prima di lasciare l’ufficio
mentre ancora lo sguardo del mago rifletteva lontano quelle che erano state le
sue scelte di vita chiedendosi cosa nascondessero i bivi strani e misteriosi che
si era lasciato alle spalle “Per quel che vale…..sii felice Harry…….sii
felice fino alla fine” disse come augurio all’oscuro personaggio che era
uscito sicuro più che mai che quell’auspicio l’avrebbe raggiunto dovunque
fosse e in quel momento l’orologio della scuola diffuse i sui 23 rintocchi
come una lugubre preghiera o un richiamo a monito di un evento importante.
La notte silenziosa ed oscura scivolava con sinuosità ad
avvolgersi sui tronchi morti degl’alberi che giacevano sul terreno a
decomporsi in un lento processo di dolore, alcuni lenti richiami si disperdevano
nell’immensità del cielo punteggiato d’infinite stelle e di una calda luna
pallida che illuminava quella sera scozzese. Il buio era quasi opprimente e
fastidioso mentre ti schiacciava sugli occhi che per quanto ti sforzavi di
spalancare non riuscivano che a scorgere poco o nulla. La fitta boscaglia
diramava la luce lunare in larghi fasci d’argento che penetravano come lame di
uno spadaccino, fredde, profonde e dolci mostrando il bosco nel suo momento
migliore: pericoloso e oscuro. Draco Malfoy si aggirò con estrema precisione
nel sottobosco posando i piedi con cautela in modo di non pestare rami o
inciampare in qualche buca o radice. Attraversare la barriera si era dimostrato
molto facile, senza contare che oramai per quanto i professori tentassero di
mantenerla in piedi, cadeva pezzo per pezzo e solo la presenza della tomba di
Silente, e quindi in un certo senso della sua anima, all’interno dei confini
evitava il crollo. Ma purtroppo da quando era avvenuto l’attentato al Tower
Bridge la sorveglianza degl’Auror era aumentata notevolmente e lui poteva
sentire vagamente l’energia di quelle guardie che si aggiravano a perlustrare
il territorio. Ma lui doveva assolutamente giungere da Harry e portarlo via da
lì, in qualche modo doveva riuscire a convincerlo perché sentiva che non
sarebbe resistito ancora molto, per questo doveva attuare un’attenzione
maggiore nei movimenti che compiva, senza contare il nascondere la propria aura
di potere. Era una tecnica estremamente utile per missioni del genere e lo
stesso Lord gliela aveva impartita quello stesso pomeriggio asserendo che era
necessario se doveva infiltrarsi in un posto super sorvegliato come quello.
Draco ghignò leggermente mentre pensava all’abilità strategica del suo
Signore. Con quell’atto che non aveva nascosto agli altri accoliti, aveva
messo bene in chiaro chi era il suo braccio destro, il Mangiamorte di cui si
fidava di più e il giovane pensò in un attimo alle facce di profonda gelosia
che gli avevano rivolto. Soprattutto sua zia Bellatrix si era dimostrata
particolarmente astiosa a quella scelta, dimostrando chiaramente l’odio che
provava per il nipote, ma essendo un protetto del Lord stesso non poteva
permettersi di toccarlo neanche con un dito se voleva salva la vita. Sorrise
sinistro mentre pensava che Voldemort aveva già spianato il campo a lui ed
Harry, perché appena tornato con il moretto tutti avrebbero dovuto capire la
sua potenza e di conseguenza la sua posizione all’interno della corte oscura,
una posizione molto vicina al Lord. E siccome era stato molto chiaro circa le
sue intenzioni nei confronti di Harry la sua influenza all’interno dei
Mangiamorte non poteva che aumentare. Si acquattò all’ombra di una grande
albero dalla corteccia scura il momento in cui sentì da poco distante lo
scalpiccio di passi pesanti. Oltre agl’Auror doveva stare attento ai centauri,
ai ragni giganti e a tutti gli altri abitanti della foresta potenzialmente
pericolosi. Sbirciò un attimo dal suo posto di protezione se riusciva a
scorgere in quell’oscurità fitta chi o cosa aveva prodotto il rumore che lo
aveva messo in allerta, ma l’unica cosa che riuscì a vedere fu una debole
luce, un puntina di sicuro prodotta da una bacchetta che si muoveva
allontanandosi sempre di più da lui. Stringendo la presa sulla bacchetta
scivolò con grazia sul terreno e proseguì il suo percorso riuscendo a scorgere
già oltre la cima degl’alberi le guglie appuntite delle torri del castello e
tra i tronchi spuntava qualche volta il baluginio della luce lunare che si
rifletteva nelle chiare acque del lago. Costeggiò con attenzione la riva dello
specchi d’acqua affondando i piedi nella sabbia soffice e friabile che si
schiacciava con un lieve rumorio di vetri rotti e graffi, stava indugiando in
questi pensieri quando davanti a sé vide la forma gigantesca e bianca della
tomba di Silente e oltre, vicino ai cespugli una figura avvolta nelle ombre
della notte. Risalì gli scalini che congiungevano il prato dove stava il tumulo
avanzando con circospezione verso quell’ombra che stava ferma a fissarlo con
due vividi occhi verdi che sembravano voler leggere direttamente la sua anima.
Si fermò solo quando restava un passo a dividerli e ripose la bacchetta nel
mantello distendendo poi le braccia verso quella figura prendendo tra le mani il
bordo del cappuccio che ancora manteneva in ombra il suo viso. Poi lo abbassò
con un gesto deciso e davanti a lui si rivelò il viso perfetto e volitivo di
Harry, un sorriso felice, potente e bellissimo ad abbellirgli le labbra rosse e
gli occhi sempre di quel verde stupendo che sembravano dargli il ‘bentornato’
dopo tanto tempo.
Harry si era rintanato nella Stanza delle Necessità per tutto
il tempo che lo divideva dal suo incontro e curandosi le ferite che lo scontro
aveva riportato non volendo in nessun modo che Draco se ne accorgesse. E poi con
circospezione e scaltrezza era scivolato tra l’oscurità della notte per
recarsi prima nel luogo di ritrovo per dare un ultimo addio a quello che era
stato il suo Preside per tanti anni, e mentre guardava afflitto quella bianca
tomba pensò che non ci sarebbero state possibilità di rivederla in futuro.
Stava ancora contemplando con malinconia gli anni di scuola quando riuscì a
sentire una piccola e debole onda di potere. Sorrise ferino mentre un’ondata
di orgoglio gli esplodeva nel petto al riconoscere Draco Malfoy dietro quella
manifestazione di potere. Da quando aveva lasciato la scuola solo pochi mesi
prima era diventato ancora più potente e forte, sicuro e letale, ne era la
prova il modo egregio in cui nascondeva la sua aura magica lasciandone
trasparire solo una piccola quanto irrilevante parte. Gli Auror non sarebbero
mai riusciti a sentirlo ma lui invece sì. Non si sapeva spiegare perché, forse
perché il Mangiamorte era molto vicino o forse dal fatto che indiscutibilmente
c’era un legame forte che li univa in modo totale. Quale fosse stato il motivo
Harry ne era felice perché era una prova in più che il giovane biondo
Mangiamorte era destinato a lui e si rammaricava di non averlo capito prima.
Forse se avesse preso subito la sua mano quel primo anno in cui era venuto da
lui avrebbe scoperto prima il suo destino, le sue origini risparmiandosi anni di
sofferenze. Ma ora non aveva importanza, in un modo o nell’altro si era
trovati, si era capiti e lui aveva riscoperto chi era……in ogni caso il suo
destino si era avverato. Harry scrutò con i verdi occhi attenti la figura nera
che dalla riva del lago stava raggiungendolo, il mantello scuro due ali di
tenebra che si allungavano ad allontanare i pericoli e a renderlo ancora più
minaccioso e bellissimo…..un nero angelo della morte.
Il moro lasciò che l’altro lo raggiungesse e gli scoprisse
il capo permettendogli di scorgerlo e lasciando che leggesse attraverso i suoi
occhi tutta la felicità di averlo lì. Gli occhi di Malfoy erano due gemme che
brillavano sinistre e ferine, intrise di malinconia e gioia, dolcezza e
viziosità in un mix che lasciò stordito per un attimo il grifone, cosciente
che lui ora era la preda e l’altro il cacciatore, ma entusiasta dall’idea di
essere catturato.
“Finalmente sei arrivato” disse soltanto Harry in un
soffio prima che le sue labbra fossero prese d’assalto da quelle di Malfoy che
non resistette più al dolce richiamo di quella creatura oscura. Non fu un bacio
dolce o delicato, ma carnale e pieno di passione come era sempre stato tra loro,
erano due spiriti caldi che si infiammavano subito, lo erano sempre stati ed
avevano aspettato troppo di giungere a quel bacio e quindi ora non poteva
assolutamente esserci gentilezza -Forse più avanti, in altri momenti- pensò
Draco mentre racchiudeva il viso di Harry tra le mani e lo guidava in quel bacio
forte e possessivo. Mordicchiò con forza le labbra quasi martoriandole fino ad
incidere la pelle e a succhiare come un vampiro il sangue dolce che usciva,
caldo e invitante. Harry gemette di soddisfazione e dolore stringendosi a quel
corpo caldo e lasciandosi conquistare, lasciando pieno controllo del suo corpo
all’altro mentre un delicato bruciare gli passava per tutta la costituzione
partendo dal piccolo taglio sulle labbra che Draco stava laccando goloso. Poi
quella lingua gli accarezzò tutto il profilo dei denti concedendo qualche
lappata alla sua compagna che curiosa usciva dalla labbra del moretto per
intrecciarsi con quella del Mangiamorte. Draco strinse il giovane ancora di più
tra le braccia, ebbro alla sensazione di potere che lo invadeva nel vedere con
quanta facilità il giovane si era abbandonato a lui ma intuendo perfettamente
che questa resa sarebbe valsa solo per quel primo incontro. Malfoy decise di
violare completamente quella labbra che penetrò con la lingua esplorando ogni
più piccolo antro di quella bocca e giocando maliziosamente con quella del
compagno, mentre con le mani scese lungo la schiena passando erotiche carezze
sul tessuto che copriva la calda pelle del moretto. Quel bacio sembrò durare
all’infinito mentre i due si tenevano stretti e cercavano di divorarsi a
vicenda e quando Harry decise di partecipare al gioco cominciò a rispondere
colpo su colpo agli affondi di quella bocca che lo conquistava, avvinghiandosi
con forza a lui e accarezzando senza pudore la soffice pelle del collo,
lusingandola con la punta delle unghie perfettamente curate e lasciando piccoli
graffi che eccitarono ancora di più il biondino.
Harry si staccò un attimo da quella bocca per prendere una
boccata di respiro prima di riprenderne il controllo leccando maliziosamente il
labbro inferiore e trattenendo coi denti quella striscia di pelle mentre il
biondo gemeva di piacere. Poi passò con la stessa lentezza sull’altro labbro
mordendo senza troppa forza la pelle tenera ed invadendo subito dopo la bocca
con la sua lingua. Malfoy lasciò scorrere le meni su glutei sodi del compagno
accarezzando quelle morbide rotondità e strusciandosi sul corpo del moro
facendogli sentire la propria eccitazione. Harry gemette nel bacio infuocato che
si stavano scambiando ricambiando le palpatine e gli sfregamenti del partner
sentendosi semplicemente bene per la prima volta dopo tanto tempo. Quello
era chi era veramente. Quella persona viziosa, oscura e potente. Quel
seduttore ammaliante e perfido che ora si stava staccando dal bacio per
riprender fiato. Draco aprì gli occhi col respiro piacevolmente azzerato e lo
sguardo lucido di eccitazione, affogando in un mare verde scuro che lo stava
trascinando in luoghi che non aveva mi esplorato. Ringraziò tutti gli astri che
gli avevano permesso di conoscere e conquistare la splendida e felina creatura
che ora stringeva tra le braccia e che lo guardava con profonda malizia e
divertimento e per un attimo il Mangiamorte si chiese chi era la preda e chi il
cacciatore.
“Impaziente di vedermi Harry?” chiese Draco con un sorriso
astuto sul volto stringendo a sé il compagno, ben deciso a non lasciarlo andare
“Molto impaziente” ribatté il moretto leccando goloso le
labbra dell’altro che le aprì accondiscendente lasciando che il giovane
giocasse eroticamente con la sua lingua coinvolgendolo presto in un altro
intenso bacio
“A saperlo prima….” disse a mezza voce il biondo
scostando i capelli dal volto del moretto ed accorgendosi così di un ematoma
vicino alla tempia sinistra, corrugò la fronte mentre lo sguardo si faceva di
gelido mercurio passando le dita sopra il colpo in una delicata carezza che
però fece arricciare il naso al moro per un piccolo brivido di fastidio che lo
aveva colto a quel gesto “Chi è stato?” chiese Malfoy con voce bassa e
minacciosa
“Un coraggioso gruppo di Grifondoro” rispose con una nota
ironica nella voce
“Weasley?”
“E Finnigan, Thomas e Granger”
“Hai scomodato anche la Granger? Complimenti!” disse con
una nota falsamente divertita “Spero che li avrei puniti”
“Stavo per uccidere quell’inutile di un rosso quando è
arrivato il gruppo di salvataggio di Lupin” disse storcendo il naso a quel
ricordo
“Cosa ti hanno fatto?”
“Detto più che altro…..anche se volevano privarmi della
magia” e a quel punto un sorriso di vittoria gli dipinse le labbra mentre
ripensava a quanto era stato facile avere i tre alla sua mercé in pochi attimi,
ma sembrava che il compagno non la pensasse nello stesso modo perché il suo
sguardo si era adombrato e rifletteva l’intensa luce scura della notte intorno
“Cosa ti ha cambiato Harry?” disse solo con voce profondo
e sicura guardando l’altro che a quella domanda si era leggermente teso tra le
sue braccia e gli occhi verdi erano imperscrutabili
“Sei venuto qui per conto del Lord?” ribatté
“Sono venuto qui perché mi hai chiamato”
“Ma hai avvertito il Lord” non era una domanda, ma un’affermazione
perché Harry sapeva che quella era una questione molto delicata e importante e
non avvertire Voldemort avrebbe voluto dire la morte
“Non potevo far altrimenti…..ti vuole dalla sua parte”
“No….non è una cosa così facile” la voce bassa e quasi
spenta stupì molto il Mangiamorte che vide il fuoco spegnersi in quegl’occhi
“Perché no? Vuoi forse dirmi che resterai con quei
babbanofili e mezzosangue?” la voce ora era rabbiosa e alterata in quanto non
riusciva a spiegarsi la titubanza del moretto
“No, la sola idea mi disgusta” disse con un ringhio feroce
a quella prospettiva, ma d’altra parte non era sicuro di andare nelle file
oscure, non sapeva come comportarsi con suo padre e con la corte Oscura e
soprattutto nonostante la rabbia e l’odio che teneva nel corpo non pensava di
poter uccidere chi era stato al suo ‘fianco’ quegl’anni
“E allora che vuoi fare Potter?” disse il biondo
spazientito ma il compagno sembrò non apprezzare quella battuta o forse solo il
cognome perché d’un tratto si divincolò da lui con forza per allontanarsi e
fissarlo di nuovo con sguardo duro e feroce “Chi è tuo padre? Cosa ti è
successo?” infierì ancora con voce sottile fissandolo negl’occhi senza
timore, come sfidandolo e facendogli capire che non aveva paura di lui, che con
lui i suoi sguardi intimidatori non funzionavano e non si sarebbe mai piegato.
Era sempre stato così tra loro, avevano litigato, si erano lanciati
incantesimi, si erano picchiati e sfidati con gli sguardi, ma mai nessuno dei
due si era anche minimamente piegato di fronte all’altro, non avevano mai
abbassato lo sguardo e anche se ora Draco sentiva il moro più potente di lui
non avrebbe ceduto. Harry sembrò capire tutto questo anche senza usare la
Legimanzia, che per altro sarebbe stato difficile su Malfoy in quanto sapeva ben
schermarsi. Il giovane grifone sorrise mesto e non lasciò lo sguardo dell’altro
sospirando però afflitto per come le cose sarebbero andate a finire, infondo
avrebbe voluto provare a rientrare in una vera famiglia, a vedere se quella
avrebbe potuto amarlo come desiderava……ma a quanto sembrava le cose si erano
troppo complicate perché questo avvenisse ed Harry si era lasciato una sola via
d’uscita per salvezza. Infondo aveva sempre desiderato morire tra le braccia
di una persona che lo amava e Draco era stato quello che più di tutti l’aveva
seguito, capito e forse amato.
“Quanto sono importante per te Draco?” chiese avendo
bisogno di conferme
“Tantissimo, o non sarei qui” rispose con voce sicura un
po’ indispettito a non ricevere risposta alle sue domande
“Tanto quanto?” insistette ancora
“Vuoi che ti dica che ti amo Harry?” chiese ironico con un
piccolo ghigno fissando l’altro che non gli rispose “Quanto sei scemo……ma
ti amo lo stesso” disse trasformando il ghigno in un piccolo e dolce sorriso
che fece brillare gli occhi del suo compagno di una profonda emozione
“Allora ho visto giusto” bisbigliò il ragazzo abbassando
per un attimo lo sguardo ombreggiato dai capelli neri poi prese da una tasca
interna del mantello una piccolo quaderno verde dall’aspetto molto vecchio e
consumato “Questo dovrai poi darlo al Lord….avrà tutte le sue spiegazione”
disse porgendo il diario al biondo che lo osservò curioso rigirandoselo tra le
mani e cercando di aprirlo. Non c’erano lucchetti o incantesimi di sorta ad
una prima occhiata ma ciò nonostante il ragazzo non riuscì in nessun modo ad
aprirlo per sfogliarlo
“È inutile che provi. Solo io o Voldemort possiamo aprirlo”
disse con un malinconico sorriso
“Perché non glielo puoi dare tu? Perché non vuoi venire
con me?” chiese Malfoy con una punta di rabbia, non aveva intenzione di
lasciarselo scappare non ora che sapeva il gusto delle sue labbra e il calore
del suo corpo premuto contro il suo, non ora che sapeva quanto lo desiderava ed
amava
“Troppo complicato Draco” rispose ma il biondo non gradì
la risposta, mise via il diario e riprese tra le braccia il moro, stringendolo
per impedire che potesse scappare
“Non ti lascerò andare Harry! Non ora!” disse con una
nota imperiosa nella voce ma il moro si limitò a sorridere disarmante
sporgendosi verso il compagno e baciandolo con passione e un misto di dolcezza
coinvolgendolo e facendogli dimenticare ogni cosa intorno a lui e lasciandogli
il dominio di quel bacio disperato che aveva il sapore dell’addio. Draco
chiuse gli occhi e vezzeggiò le labbra del compagno intrecciando le lingue e
lasciandosi conquistare dal suo unico sapore e dalla magia che a quel semplice
contatto sembrava attraversare i loro corpi, così facendo non si accorse delle
mosse del compagno che aveva portato una mano dietro la schiena mentre l’altra
solleticava il lungo collo candido del biondo. Harry ci aveva messo tempo per
scegliere l’arma con la quale voleva uccidersi e anche giunto alla conclusione
che di gran lunga gli piacevano i pugnali, nella Stanza delle Necessità ce n’erano
una quantità esorbitante di tutte le forme, ma solo uno aveva attratto da
subito la sua attenzione. Harry evocò col pensiero quel pugnale e lo strinse
forte nelle mano quando sentì il contatto freddo del metallo contro il palmo
caldo e sudato. L’arma era dalla lama lunga, sottile e affilata di un lucente
acciaio lavorato con piccole incisioni in latino antico che Harry non sapeva
decifrare, il manico era del più pregiato argento lucido e intarsiato da
sottili ricami di piante rampicanti che si snodavano fino al polso del portatore
richiamando un ricamo sinuoso come il movimento di un serpente. Piccole pietre
preziose come brillanti e smeraldi erano sparsi lungo l’elsa a simulare una
piccola pioggia che dava riflessi quasi freddi alla decorazione. Sì, quel
pugnale era semplice e raffinato ed era sicuro che sarebbe piaciuto anche a
Draco.
Senza interrompere il bacio, e anzi intensificandolo passando
una mano ad accarezzare i capelli biondi del compagno, il moro portò la mano
armata tra i loro corpi e con movimenti calmi e sinuosi prese una mano di Draco
che gli stava passando maliziose carezza lungo la schiena. Draco non si avvinse
di quello che stava accadendo finché non sentì il contatto gelido del coltello
contro il suo palmo e per un riflesso incondizionato, strinse la presa intorno
al manico. Si staccò dal bacio osservando con sguardo stupito e confuso lo
splendido pugnale che teneva passando poi un’occhiata al giovane moretto che
teneva ancora con le braccia e che gli sorrideva innamorato e malinconico
posando una mano su quella che reggeva lo stiletto. Malfoy spalancò
completamente gli occhi in un attimo comprendendo cosa il compagno avesse
intenzione di fare e pregando di sbagliarsi. Cercò di forzare la presa ma con
sorpresa scoprì che Harry era più forte e per di più gli aveva bloccato il
corpo con un incantesimo, l’unica cosa che poteva fare era stare a guardare
con gli occhi dilatati dal terrore e il braccio mosso da quello dell’ex
grifone. Harry sorrise ancora avvicinando il suo viso a quello di Draco e
baciandogli delicato le labbra, soltanto accarezzandogliele mentre sorrideva
mesto, la mano che stringeva fortemente quella di Malfoy e negl’occhi una luce
disperata e di scusa che fece salire un nodo in gola al Magiamorte mentre
impotente assisteva al suicidio di Harry Potter.
“Per quanto vale, anch’io ti amo” bisbigliò il giovane
sulle sue labbra mentre il sorriso di prima non scemava ma sembrava
intensificarsi, e poi premette la lama del pugnale contro i suoi vestiti, al
centro del petto.
Commy: Visto l'irreparabile ritardo
senza scuse ho deciso di spedire un cap più lungo del solito e anche il nuovo
cap di HP e il mistero di Godric (cioè HPMG......almeno è più veloce
scriverlo!!). mi dispiace per l'interruzione brusca ma un po' di spuspance ci
voleva e poi Harry suicida lo trovo molto romantico e come al solito cerco il
massimo del drammatico, perché se non soffrono un po' che gusto
c'è!!!??? ringrazio tutti per l'enorme pazienza nel seguire i miei
sgangerati aggiornamenti, un grazie a chi legge e commenta, un bacione a
tutti!!! grazie e alla prossima Myriam! |
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Per un attimo sembrò titubare appena sentita la punta
acuminata che sfiorava la sua pelle. Chiuse gli occhi e premette le labbra
contro quelle di Draco, come per darsi forza e spinse il pugnale contro di sé.
La lama scorse leggera e lenta attraverso l’epidermide sottile e dentro la
carne tagliando senza rimorsi i tendini, nervi, capillari, qualsiasi cosa
incontrasse sul suo cammino. Harry sentì il fastidio del dolore ripercuotersi
in ogni cellula del suo corpo come un fiume di lava che bruciava ogni senso
annebbiandogli la mente nell’agonia mentre ogni parte di sé gli urlava di
smetterla. Ma lui non poteva smetterla, era l’unica via di fuga, l’unica
salvezza anche se gli dispiaceva rinunciare a priori a quella nuova vita che
aveva potuto assaporare per poco. Le labbra che stava baciando erano calde e
piacevoli e cercò di concentrarsi su quello mentre spingeva ancora a fondo l’arma
letale soffocando nella bocca dell’altro i gemiti di dolore e sofferenza che
gli nascevano. L’aria cominciava a scarseggiare e si sentiva sempre più
debole, il sangue caldo che scorreva dalla ferita impetuosamente gl’ inzuppava
gli abiti e la mano colando sul terreno come a dissetarlo. Harry si staccò dal
bacio e guardò con occhi annebbiati quelli grigio cielo di Draco che l’osservava
inorridito. Gli dispiaceva lasciarlo così, metterlo in pericolo in quel modo,
ma era certo che lui se la sarebbe cavata e avrebbe forse provveduto a
seppellire il suo corpo, perché non gli andava che a trovarlo fossero gli
abitanti del castello. Gli sorrise ancora mentre lacrime di dolore scorrevano
libere sul suo viso a bagnargli le labbra oramai quasi esangui, il coltello
bruciava a contatto con la carne recisa ma non era ancora tutto dentro. L’incantesimo
che stava trattenendo bloccato Draco stava finendo, poteva sentirlo dalla mano
che teneva la sua che si muoveva piano quasi a sfuggire alla stretta. Ma non
poteva permettere al biondo di scappare, non ancora, doveva aspettare, voleva
morire tra le sue braccia, voleva sentire il suo profumo mentre scivolava nell’oblio.
Il sorriso che tratteneva sulle labbra si era oramai sgretolato in una smorfia
di dolore ma poco prima di affondare completamente il coltello nella carne,
sorrise al biondo, gli bisbigliò ancora “Ti amo” e piantò a fondo il
pugnale. Il singhiozzo di sofferenza gli uscì spontaneo dalle labbra e l’incantesimo
finì in tempo per permettere a Draco di raccogliere tra le braccia il corpo
ferito del moro che si stava accasciando a terra. Con rabbia strappo il coltello
dalla ferita mentre il giovane si lamentava ancora e sentiva la vita fluire come
il suo sangue. Gli sembrava tutto indistinto ora, come ovattato e semplice, la
ferita che pulsava quasi docilmente, come a ricordargli cosa aveva fatto e il
sangue rosso, cupo e caldo che lo avvolgeva. Draco cercava in qualche modo di
tamponare il taglio mentre a mezza voce chiamava Harry per tenerlo sveglio, ma
gli occhi verdi erano quasi chiusi per metà e il colore sano e caldo della sua
pelle era stato sostituito da un pallore malaticcio. Una grossa goccia di acqua
gli cadde sulla mano posata sul taglio e solo quella fece capire al biondo che
stava piangendo, che quella goccia era una lacrima che scendeva dai suoi occhi e
che non c’era nulla che potesse compiere per farla smettere
Draco stava piangendo.
Harry lo vedeva con chiarezza, in mezzo al fluttuare
indistinto di quello che lo circondava, il Mangiamorte era un’isola di
salvezza in cui poteva annegare e respirare, i suoi occhi azzurri era quanto di
più bello e limpido ci fossero e il moro si rallegrò che quel colore sarebbe
stato il suo compagno verso la morte. Ma non gli andava che Draco piangesse, non
doveva farlo, non era colpa sua e non era giusto che soffrisse. Per un attimo
desiderò non essersi mai ucciso, desiderò tornare indietro, baciare ancora
quelle labbra rosee, rassicurare il compagno che sarebbe andato con lui…..ma
con orrore si rese conto che non avrebbe ma più potuto fare una cosa del
genere. Non avrebbe mai potuto sapere cosa voleva dire ‘stare con Draco’,
amarlo, viverlo e vederlo felice e potente. Con rammarico si rese conto che la
sua morte lo stava ferendo più di quanto avesse ipotizzato e quell’ immagini
piangente sarebbe stato un ricordo che lo avrebbe accompagnato verso la fine del
viaggio. Cercò allora di parlare, di chiedergli di smettere di piangere, di
rispondere ai suoi richiami e dirgli che avrebbe voluto andare con lui, che con
lui non avrebbe temuto il futuro. E d’un tratto Harry ebbe para di morire,
paura come non ne aveva mai avuto. Si sentiva soffocare da questo sentimento
mentre il dolore alla ferita aumentava esponenzialmente, bruciando, il sangue
era un odore nauseante ed ora più che mai capì il suo errore…..capì che la
morte non sarebbe stata una soluzione, che una guerra sarebbe sempre stata in
atto e che lui aveva abbandonato la sua famiglia……ero un’egoista e un
vigliacco. Aveva rinunciato prima ancora di provare.
Per un attimo immaginò l’espressione afflitta e delusa
della madre che aveva dato la vita e la felicità per proteggerlo e che gli
aveva raccontato solo la verità dicendogli di fidarsi di suo padre come aveva
fatto lei. Aveva tradito la sia memoria e l’amore di Draco con quell’inutile
gesto.
L’aveva capito troppo tardi ed ora che le parole mancavano
per stanchezza e le membra si facevano pesanti per la perdita di sangue, non
poté far altro che piangere anche lui. Silenziosamente, tristemente, mentre gli
occhi gli si chiudevano e in lontananza giungeva il richiamo del suo amante.
“Non provare a lasciarmi! Resta sveglio!” gli ordinò
Malfoy sollevandolo tra le braccia e premendo il mantello scuro del moro sulla
ferita mentre si dirigeva a grandi passi verso l’uscita della barriera
incurante di nascondersi bene. Il moretto in qualche modo doveva averlo sentito
perché continuava a sentire il suo respiro basso e debole sulla pelle del collo
e gli occhi erano aperti per un piccolo spiraglio, adombrati dalle ciglia. Draco
corse come non mai cercando di stare attento a dove metteva i piedi e pregano
perché gl’Auror non lo sentissero mentre pregava di raggiungere in fretta la
barriera e da lì la libertà. Il paesaggio sembrava sempre uguale e la foschia
della notte invernale si attorcigliava intorno ai suoi piedi con lente spirali
mentre i rumori degl’animali notturni riempivano l’aria di suoni lugubri e
ovattati. Il peso di Harry gli gravava sull’andatura ma non voleva
assolutamente prendere in considerazione di lasciarlo, doveva salvarlo, portarlo
al castello e chiedere a Severus di salvarlo…..indugiava in questi pensieri
per non pensare al sangue caldo che sentiva ancora colargli dalle mani, quando
davanti a lui vide il muro sottile ed etereo dello schermo di custodia. Il
passaggio che aveva aperto era ancora lì, oramai la protezione era talmente
indebolita che ogni spaccature ci metteva più del doppio per richiudersi e
Draco ne fu contento perché così non perdeva tempo a ricrearlo. Attraverso la
crepa e appena fuori strinse più fermamente Harry era le braccia e si
smaterializzò in uno svolazzo di foglie morte e nebbia spettrale.
Severus Piton stava tranquillamente seduto sulla sua poltrona
preferita nell’immensa biblioteca del Riddel Manor mentre sfogliava un grosso
tomo su antiche pozioni circa veleni ed esplosivi, alla ricerca di qualsiasi
cosa gli permettesse di raffinare la pozioni che avevano usato sul Tower Bridge.
Il castello era silenzioso e permeato di una strana atmosfera calma e leggera
mentre nel camino il cado crepitio della legna bruciata riempiva di suoni
ovattati l’ambiente. Severus adorava studiare in biblioteca in quella
particolare ora della notte perché nessuno rischiava di venire lì a
disturbarlo e poteva consultare in libertà ogni tomo che voleva avendo la
biblioteca intera tutta per sé. Quella sera però aveva una starna sensazione
un brivido sotto pelle che qualcosa stava per accadere e che avrebbe sconvolta
la sua piccola oasi di pace che si era ritagliato. A quel pensiero storse la
bocca in una smorfia di insoddisfazione mentre fissavo lo sguardo sul camino
acceso. Aveva sempre dato credito a quel tipo di percezioni come un buon
Mangiamorte che vuol restare in vita doveva fare, in quel campo erano più le
volte che camminavi sul filo del rasoio che non ed era importante cogliere tutti
i segnali possibili. Vivendo in quel modo Severus era riuscito a rimanere in
vita anche durante le battaglie più difficili e perciò non se la sentiva
proprio ora di non dar credito a quella nuova e insolita sensazione, ma anche
facendo così non aveva nessuna idea di cosa poteva accadere perciò si tenne in
guardia, bacchetta a portata di mano e udito in ascolto. Stava giusto giusto
ricominciando a studiare quell’antico libro quando dalla porta della
bibiolteca entrò un trafelato e alquanto sconvolto Draco Malfoy.
Il pozionista studiò con occhio critico gli abiti disordinati
del figlioccio passando per il viso più pallido del solito e per il respiro
affannato. Si alzò in piedi confuso non riuscendo a collegare quella vista con
la persona che conosceva lui. Il suo protetto era sempre stato una persona
fredda e posata, calcolatore fin nei minimi dettagli, nelle situazioni più
critiche aveva sempre mantenuto il controllo e quando cedeva allo sconforto si
chiudeva in camera per non mostrare a nessuno le sue debolezze. Perciò non
riusciva proprio a capire cosa poteva aver fatto crollare in quel modo le sue
sicurezza, la sua maschera perfetta perfezionata in anni di esperienza. Lo
scrutò ancora una volta finché non notò le macchie di sangue sulle mani e
sull’addome e a quel punto pensò al peggio. Si avvicinò di corso cercando la
ferita, chiedendosi dove era stato in quel tempo, cosa aveva fatto….nessuno al
Manor sembrava sapere niente su dove fosse andato il giovane Malfoy, l’unico
era il Lord che aveva messo a tacere le voci di una fuga rispondendo solo che
era in missione per lui….ma perché mandare Draco? Era troppo giovane, troppo
inesperto, troppo…..
Le mani forti e flessuose del suo figlioccio si serrarono
disperate sui suoi polsi allontanandogli le mani dal suo corpo e facendo
scontrare i loro occhi, e Severus cercò di leggere in quel fosco cielo
novembrino una qualche spiegazione.
“Non sono io il ferito Sev! Ti prego devi venire! È in
camera mia, non so quanto possa resistere…..vieni!” disse veloce e con una
nota di panico nella voce che fece allarmare ancora di più il padrino mentre il
biondo lo tirava verso il corridoio e da lì alle scale, di corsa, con fretta e
paura di non arrivare in tempo…..e una volta di più Piton si chiese chi mai
poteva ridurre in quelle condizione il suo glaciale allievo? Non lo aveva mai
visto così preoccupato ed in ansia per qualcuno, forse solo per…..
Potter
Quel nome gli rimbombò nella testa come uno sparo o un eco
profondo che rimbalzava tra le pareti di una gola senza fini. L’unico essere
umano di cui si era preoccupato Draco da quando aveva iniziato Hogwarts era il
Bambino-Sopravissuto, non c’era istante che non parlasse di lui, di quello che
faceva, di come parlava, cercava in ogni modo di stuzzicarlo, di farsi notare.
Ed anche ora che era un Mangiamorte alla corte del Signore Oscuro rischiava la
pelle per infiltrarsi nel luogo più ben protetto d’Inghilterra solo per
incontrare Potter, per vederlo perché era sicuro che qualcosa non andava, che
non stava più bene lì con quei patetici babbanofili, che lo stessero
soffocando……ed ora doveva essergli accaduto qualcosa e Draco l’aveva
portato lì -Allora il Lord sapeva! La missione che aveva affidato a Draco….-
I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti quando Draco lo spinse nella sua
stanza e chiuse la porta magicamente insonorizzandola: sul letto a baldacchino
al centro della camera su pregiate coperte verdi stava esanime Harry Potter.
Severus si avvicinò velocemente constatando subito la presenza debole del
battito e la profonda ferita al centro dell’addome dove usciva copioso il
sangue. Il pallore della pelle faceva uno spietato contrasto con i ribelli
capelli neri e il respiro usciva sotto forma di bassi gemiti e rantoli dalle
labbra screpolate e rosse di febbre.
“Nella mia stanza, la mia valigetta nera! Muoviti!” disse
imperioso al giovane biondo che schizzò come un lampo fuori dalla camera per
dirigersi in quella del padrino mentre questo spogliava il giovane moretto.
Adagiò il copro sotto le lenzuola pulite per poi recarsi nel bagno a prendere
una bacinella di acqua calda e una spugna con cui ripulì la ferita dal sangue
caldo e rappreso per vedere bene l’entità del danno. Draco ritornò a breve
con la valigetta nera in cui Piton conservava tutte le sue pozioni più
importanti e di prima necessità, essendo il Master di pozioni all’interno
della corte Oscura era anche il più qualificato riguardo a ferite di poco
conto, nonostante potessero contare anche su una valida ‘squadra’ di
medimaghi. Ordinò in tono secco a Malfoy di tenere fermo in ogni modo possibile
il moretto mentre lui applicava una speciale polvere sulla ferita in modo da
aiutarla a cicatrizzarla, ma la pozione a contatto con la carne viva avrebbe
procurato un doloroso bruciore, e non era proprio il caso che il suo paziente
cominciasse a dimenarsi. Il taglio per quanto pericoloso non aveva toccato
nessun organo vitale e non era eccessivamente profondo, l’unica cosa che dava
pensiero era l’ingente perdita di sangue ma a quello era il caso di pensare
dopo. La polverina era formata da piccoli cristalli di un rosa pallido che
Severus ebbe cura di spargere abbondantemente sulla lesione in modo che
creassero una pellicola resistente che avrebbe protetto da eventuali infezioni e
avrebbe velocizzato il tempo di guarigione. Harry al contatto gemé dolorante
cercando di muoversi e sottrarsi alla cura ma Draco gli aveva legato i polsi e
le caviglie e gli teneva bloccato il busto con uno sguardo determinato e furente
in viso mentre pregava di aver fatto in tempo. Appena si fu formato lo strato
protettivo il dolore sparì lentamente lasciandosi dietro un fastidioso bruciore
che non impensierì l’Harry svenuto. A quel punto Draco sciolse le costrizioni
ed aiutò il padrino a somministragli 4 pozioni rimpolpasangue, una rigenerante
delle cellule del corpo e una contro le infezioni che potevano già aver
attaccato. A quel punto lo vestirono di un pigiama leggero e lo misero sotto le
coperte al caldo mentre il biondo Mangiamorte attizzava con un colpo di
bacchetta il fuoco nel camino per mantenere caldo l’ambiente.
“Dovrebbe farcela, se supera la notte vivrà” sentenziò
freddo e clinico Severus mentre si ripuliva le mani dalle tracce di sangue ed
osservava il suo figlioccio sedere mesto sul bordo del letto passando con fare
tranquillo le mani in delicate carezze tra i capelli scuri del ferito “Spero
che ora vorrai darmi una spiegazione!” disse rimettendo a posto le
bottigliette delle pozioni nella sua valigetta
“Mi ha mandata un gufo oggi a colazione, diceva che aveva
bisogno di me, mi pregava di andare da lui…..sono andato dal Lord allora e gli
ho chiesto se potevo assentarmi, non volevo che pensasse che fossi un traditore”
iniziò a spiegare il biondo non interrompendo le carezze e facendo vagare gli
occhi azzurri sui lineamenti di Harry “Ha voluto che gli spiegassi perché
andavo e dove andavo e gli ho raccontato tutto, delle mie visite ad Harry, di
come stava cambiando, del tormento dei suoi occhi…..allora mi ha lasciato
partire con l’obbligo di tornare con lui” disse alzando gli occhi verso il
suo padrino, una luce di vittoria e colpa nello sguardo “Quando sono arrivato
ad Haogwarts lui mi stava aspettando, ci siamo baciati ed era tutto perfetto,
poco prima un gruppo di Grifondoro lo aveva picchiato e io cercavo di
convincerlo a unirsi a noi, a venire via con me, ma lui non voleva, sembrava
avesse paura di qualcosa ma non desiderava neanche restare da quella fazione”
continuò alzandosi in piedi e slacciandosi il mantello gettandolo su una sedia
mentre dall’armadio tirava fuori un cambio pulito “L’attimo prima cercavo
di farmi spiegare cosa gli prendesse e l’attimo dopo mi aveva immobilizzato,
mi stava abbracciando e poi baciando. Solo all’ultimo mi sono accorto che mi
aveva fatto stringere tra le mani un pugnale e che stava guidando la mia mano
contro di lui. Aveva lo sguardo spento e triste….poi si è pugnalato gemendo
di dolore ma non lasciando la presa….cercavo di ribellarmi ma l’incantesimo
era forte…solo quando il dolore ha preso il sopravvento le maglie della sua
magia si sono ritirate ed io ho gettato lontano il pugnale per poi prenderlo in
braccio e venire qui. Ho pensato che se c’era qualcuno che poteva salvarlo eri
tu e così….” lasciò la frase in sospeso gettando la camicia macchiata di
sangue nel camino per poi voltarsi ad osservare il pozionista, fermo accanto al
letto, lo sguardo concentrato
“Cosa hai intenzione di fare ora?” gli chiese mentre il
giovane si chinava sul suo mantello e ne tirava fuori un quaderno dalla
copertina verde brillante e dall’aspetto molto vissuto, ma Severus era sicuro
di averlo già visto da qualche parte
“Questo me l’ha dato lui poco prima di pugnalarsi, voleva
che lo consegnassi al Lord. Ho provato ad aprirlo ma mi ha detto che solo lui e
il Lord possono leggerlo. Penso che questo sia la chiave del cambiamento di
Harry, forse il Signore Oscuro potrà convincerlo ed aiutarlo una volta lettolo”
disse posando il piccolo oggetto sulla sua scrivania
“Ti consiglio di portarglielo domani mattina, non è il caso
di infastidirlo alle 3 di notte ed anche tu sembri stravolto” disse l’uomo
raccogliendo la borsa di pelle nera e dirigendosi alla porta “Ti ho lasciato
una pozione per la febbre nel caso dovesse salire e una mangiasogni per farlo
dormire tranquillo se dovesse per caso agitarsi troppo” disse con una mano
sulla maniglia e lo sguardo glaciale “Lo verrò a controllare domani mattina.
Buonanotte Draco”
“Buonanotte Severus e….Grazie” disse il giovane con un
cenno della testa a cui rispose il mago prima di andarsene. Draco per un attimo
continuò a fissare l’uscio chiuso prendendo un bel respiro e cercando di
focalizzare le idee sparse nel miscuglio che era la sua mente da quando Harry si
era pugnalato. Sentiva l’incedere di un forte mal di testa all’altezza della
tempia che con dita sottili cominciò a massaggiarsi in centri concentrici per
rilassarsi. Da quando era arrivato al castello tutto quello che era successo gli
sembrava un interminabile susseguirsi di eventi a cui lui aveva preso parte come
burattino, anche la semplicità con cui Harry aveva guidato la sua mano per poi
farsi vincere dalla paura e dalla consapevolezza di cosa aveva fatto. Draco si
voltò a guardare la dormiente figura sdraiata sotto le coperte ignara del
terrore e dell’angoscia che gli aveva fatto provare. Con un sospiro si tolse
anche i pantaloni e li appoggiò su una sedia mentre prendeva il cambio e si
dirigeva in bagno per una doccia calda che avrebbe rilassato i suoi muscoli
tesi. Il vapore saliva in lunghe spirali verso il soffitto mentre Malfoy passava
con lentezza la spugna impregnata di sapone sui muscoli e su ogni terminazione
nervosa sperando di lavare anche la sua stanchezza oltre allo sporco e al
sudore. Gli sembrava di sentire ancora l’odore forte del sangue del moretto
che gli dava la nausea. Di solito non aveva mai badato a quello, un Mangiamorte
non poteva provare disgusto per l’odore del sangue e normalmente Draco non
aveva mai avuto problemi, anche se non gli piaceva particolarmente, ma il sangue
di Harry….sentirlo caldo contro le sue mani, il suo odore forte e carico…..non
gli era piaciuto perché più lo sentiva più si rendeva conto che stava
rischiando di vederlo morire tra le sue braccia, e questo non se lo sarebbe mai
perdonato. Sciacquò via dal corpo le ultime tracce di sapone e cercò di
liberare la mente ogni tipo di pensiero negativo, ora Harry era al sicuro,
presto si sarebbe ripreso e allora gli avrebbe fatto una ramanzina coi fiocchi,
ma per il momento poteva rilassarsi e crogiolarsi nel pensiero che finalmente il
bel moro era con lui e da lì non sarebbe più scappato. Uscì dalla doccia e si
asciugò prima di infilarsi il cambio pulito e ritornare nell’altra camera a
controllare il ‘malato’. Harry sembrava tranquillo, il respiro era affannato
ma il sonno regolare e pacifico, e una volta vicino al letto constatò la febbre
che gli causava i piccoli tremori al corpo e la difficoltà respiratoria. Con
quanta premura possibile sollevò il corpo inerme in una posizione seduta per
poi farlo poggiare sul suo petto e potergli somministrare così la pozione che
Severus gli aveva lasciato per la febbre. Gliela fece bere tutta con non poca
difficoltà e poi lo riadagiò tra le coperte al caldo e controllò che gli
incantesimi di guardia attorno alla stanza fossero innalzati, solo a quel punto
si concesse di spegnere le luci e scivolare sotto le coperte del letto. Si
avvicinò al giovane affascinante che dormiva con lui e gli scostò le ciocche
more dalla fronte osservando il suo profilo che si distingueva appena nel buio,
ma Draco lo conosceva a memoria e non aveva bisogno di luci per sapere che era
perfetto. Scorse con meraviglia e gioia la fronte alta, gli zigomi pronunciati,
il naso dritto e le labbra piene e rosse che solo poco prima aveva avuto il
privilegio di assaggiare. Si avvicinò ancora un poco, il giusto necessario per
abbassarsi a rubare ancora un bacio a quella bocca succhiando piano i labbri e
passandoci la lingua sopra in tenere carezze mentre inconsciamente Harry muoveva
la bocca contro la sua rispondendo piano al bacio e sospirando di piacere. Draco
lo lasciò presto perché sapeva che era meglio non continuare o le cose
sarebbero degenerate ed il giovane aveva bisogno di riposo e tranquillità. Si
riaccomodò tra le coperte e stinse una mano calda di Harry tra le sue
sorridendo ebete a quel semplice contatto “Buonanotte Harry, non farmi più
spaventare così” disse piano al moretto che naturalmente non rispose ma gli
stinse un po’ la mano come se avesse udito le sue parole. Draco fu grato di
quel gesto e col profumo del compagno addosso e la calda e rassicurante presenza
affianco a lui, si assopì in un, dopo tanto tempo, sonno sereno.
Il sole filtrava debolmente nelle camere maestose di quel
tetro castello arroccato su una collina, i bastioni mostravano orgogliosi le
bandiere di una dinastia estinta, vuoti vessilli di un tempo che non potrà più
tornare mentre all’interno, tra le rassicuranti mura di pietra, la vita
riprendeva a scorrere. Gli elfi domestici si davano da fare per esaudire ogni
desiderio dei padroni che servivano e che abitavo quel luogo, apparecchiavano la
lunga tavolo del salone con ogni tipo di cibo per la colazione mentre pulivano e
riassettavano ovunque cercando di non essere notati. I pochi Mangiamorte che
risiedevano in quel castello erano rifugiati perché ricercati o senza casa,
solo alcuni rari casi come Draco o Severus preferivano la calma oscura del Manor
alle loro dimore di purosangue. Il giovane Malfoy si era svegliato da poco e
nonostante le poche ore di sonno si sentiva riposato e meno sfinito della sera
prima, forse dovuto anche al fatto che il suo compagno aveva riposato
ininterrottamente ed anche la febbre era calata. Draco si compiacque di questo e
si vestì con disinvoltura cercando di riordinare le idee per fornire al Lord un
resoconto preciso dell’accaduto. Soppesò con sguardo critico il libro che
Harry gli aveva consegnato chiedendosi cosa mai poteva esserci scritto, con una
scrollata di spalle se l’ho infilò in una tasca della raffinata camicia nera
e si controllò ancora una volta prendendo un bel respiro e la forza di andare
dal Lord. Un bussare deciso e forte alla porta lo risvegliò dai suoi pensieri e
con un gesto annoiato del polso liberò le magie di guardia ed aprì l’uscio
facendo entrare un alterato Severus Piton. Il mago lanciò un solo sguardo al
figlioccio prima di avvicinarsi al ferito e rimuovere con mani agili e sicure le
bende che fasciavano l’addome, leggermente intrise di sangue. Draco si
avvicinò dall’altro lato del letto ed osservò attento ogni mossa del suo
mentore aiutandolo quando dovevano spostare il corpo inerme del moro per
liberarlo completamente dalla fasciatura. Harry si lamentò debolmente muovendo
il capo sul cuscino ma non svegliandosi, cadendo poco dopo di nuovo in uno stato
di incoscienza. Severus ripulì con un panno bagnato la ferita da cui, nella
notte, era uscito ancora un po’ di sangue. Controllò con occhio critico la
pelle che piano piano aveva formato un sottile strato cicatrizzante che
proteggeva i tessuti all’interno che si stavano ricostituendo o saturando. Il
pozionista prelevò dalla sua inseparabile borsa di pelle un astuccino che
contenevano una polverina verde che spalmò con estrema cura sulla ferita. La
medicazione appena fu a contatto con la pelle si trasformò in un rivestimento
duro e caldo che sembrava brillare di verde. Severus soddisfatto del risultato
rifasciò il petto del giovane con l’aiuto di Draco e poi somministrò ad
Harry una pozione antidolore mentre il ragazzo tornava a dormire tranquillo al
caldo sotto le coperte.
“Vivrà” esordì il mago con voce perentoria “La pozione
di ieri ha fatto effetto in modo perfetto, la crema che ho usato stamattina
velocizzerà il processo di cicatrizzazione”
“Tra quanto si sveglierà?” chiese Draco chiudendo bene le
tende perché il sole non infastidisse il sonno del compagno
“Difficile dirlo. A occhio e croce direi nel pomeriggio, ma
sarà molto debole e per almeno una settimana non dovrà muoversi dal letto”
disse con voce annoiata e sicura avviandosi verso la porta “Vai dal Lord?”
chiese non appena vide il figlioccio rimettere gli incantesimi di guardia e
seguirlo verso l’uscita
“Immediatamente” rispose solo uscendo con il mago e
chiudendo la porta con un incantesimo e sentendosi più tranquillo per il
giovane che c’era dentro, ora nessuno eccetto lui poteva entrare in quella
camera ed il moretto stava dormendo per cui per un po’ poteva assentarsi.
Salutò con un cenno del capo Piton e si diresse verso il corridoio alla sua
destra percorrendolo con passo sicuro e cadenzato, le torce che proiettavano la
sua ombra sui muri in affilati immagini nere e contorte. L’orologio della
torre principale suonò otto rintocchi chiari e forti che si sparsero come aliti
di campane lungo la struttura del castello, strisciando fin negl’angoli per
informare ogni abitante. Draco sapeva che il Lord era già sveglio dalle sette
come sua abitudine e come sempre per quell’ora si trovava ancora nella sua
camera, probabilmente seduto allo scrittoio a vagliare cartine e mappe e
progettare piani. Era un’abitudine del padrone di Casa che tutti conoscevano
ma nessuno si era mai permesso di andare direttamente in quella zona del Manor
per disturbarlo sapendo benissimo che verso le dieci lasciava quel luogo per
recarsi in biblioteca o in un’altra stanza meno personale. Ma Draco non aveva
tempo da perdere, non poteva aspettare fino alle dieci per consegnarli quel
libro, se era una cosa legata al cambiamento di Harry che solo il Lord poteva
sapere e leggere allora non gli avrebbe mai perdonato il ritardo anche di un
solo minuto. In quell’ala del castello c’era un silenzio quasi reverenziale
e profondo come se un fantasma invisibile aleggiasse ancora tra quelle pietre e
chiedesse solo un po’ di pace e Draco quasi si sentiva in colpa per il piccolo
rumore che le sue scarpe procuravano a contatto col pavimento. Controllò ancora
una volta il contenuto della sua tasca mentre si fermava davanti alla porta di
forte legno quasi nero e i pomelli di lucido bronzo dietro la quale stava la
stanza di Voldemort. Bussò tre volte con colpi secchi e fermi ed attese l’ordine
di entrar, ordine presto dato.
Tom Riddle era seduto al suo scrittoio nell’anticamera
arredata a salottino e studio con librerie alte che contenevano antichi volumi
di magia, un camino imponente dal marmo chiaro ed un caldo fuoco dalle fiamme
verdi. Arredata semplicemente con un divanetto e due poltrone vicino al focolare
ed una scrivania di lucido nocciolo finemente lavorato, le gambe richiamavano il
sinuoso muoversi dei serpenti mentre sul bordo erano incise antichi simboli
runici, le due grandi portefinestre alle spalle di quel tavolo davano su un
balconcino che fissava le montagne e lasciava entrare il pallido sole e una
piacevole aria fresca d’inverno. Riddle stava vagliando alcune lettere di
resoconti di sue fedeli spie messe in punti strategici del Ministero della magia
e dei babbani, dopotutto era sempre meglio tenere d’occhio entrambi i fronti
anche se era d’avviso che i babbani non potevano nulla i due Primi Ministri
era sempre in stretto contatto. La lunga tunica di velluto blu scuro gli
avvolgeva delicatamente il corpo muscoloso mentre i capelli neri ricadevano
leggeri sulle spalle in lingue di tenebra a sfiorare la pelle pallida del viso
ed adombrare gli occhi di un blu profondo e magnetico. Le dita lunghe scorrevano
veloci la lettera appuntando su un’altra pergamena dettagli da tenere a mente
mentre la sua fedele Nagini restava raccolta sulle sue spire accanto al fuoco
sul raffinato tappeto , gli occhi chiusi ma pur sempre attenta e vigili ad ogni
cosa poteva minacciare il suo padrone. Infatti appena sentì bussare alzò il
muso aprendo gli occhi gialli dalla pupilla verticale e snudando di poco le
zanne acuminate, ben sapendo che nessuno osava disturbare il suo signore in
quella camera e non gradendo l’intruso. Ma Tom le fece un breve cenno della
mano che la calmò, poi diede l’ordine di entrare nascondendo un lieve ghigno
pensando a chi dei suoi servi avesse avuto l’ardire di andare a disturbarlo
perfino nella sua stanza. Non fu eccessivamente stupito di veder entrare Draco
Malfoy, vestito di tutto punto con in viso un’espressione fredda e composta,
perfettamente a suo agio e calmo, come se fosse lui il padrone. Voldemort
dovette riconfermare la sua teoria che quel giovane sarebbe arrivato in alto e
che era molto potente, perché ben pochi si sarebbero mostrati al suo cospetto
in quel modo. Il Mangiamorte si fermò al centro della stanza in silenzio e
lanciando un breve sguardo intorno mentre il suo Lord finiva di leggere una
pergamena appuntando qualche cosa. Dal suo angolo Nagini lasciò solo un breve
sibilo al ragazzo per poi tornare ad avvolgersi su se stessa, il suono delle sue
squame fu per pochi attimi l’unico rumore che si diffuse nella camera, poi
solo il crepitio del fuoco regnò. Draco in parte si sentiva in soggezione come
sempre era capitato quando si era trovato in presenza del mago, ma il vederlo
nel suo ‘ambiente naturale’ gli diede una sensazione di umanità oltre che
di potenza. Osservò quello che lo circondava e soprattutto l quadro di Salazar
Serpeverde che stava appeso sopra il camino. Un uomo alto, magro e dalla pelle
chiara. Il ricco vestito tipicamente ottocentesco ne risaltava l’aspetto senza
togliere virilità alla figura. Tra le mani stringeva un bastone dal lucente
manico d’argento, i capelli biondo cenere erano trattenuti in una coda appena
accennata mentre cadevano sul viso finemente cesellato con gli zigomi
pronunciati e le labbra sottili su cui risplendevano due occhi di giada pura.
Draco paragonò quel colore a quello del suo Harry e dovette ammettere che erano
entrambi due verdi simili e molto magnetici e misteriosi, quasi nascondessero
una forza oscura e pericolosa.
“Se sei qui immagino che la missione abbia avuto buon fini”
la voce flautata e calma del suo Lord lo distrasse dalla contemplazione dell’opera
e riportando l’attenzione sull’uomo si rese conto che lo stava osservando
con aspettativa, quasi ansia, le mani intrecciate sul petto e gli occhi blu due
pozzi in cui vibravano più e più sentimenti che il biondo non seppe decifrare.
Si inchinò elegantemente in segno di rispetto verso la sua persona per poi
raddrizzarsi velocemente, fiero e glaciale come un Principe delle Serpi quale
era “Le ho portato Harry Potter come d’accordo. È in camera mia, ferito ma
in via di guarigione” disse con voce chiara e concisa.
Il Lord sembrò sollevato nel sentire che era riuscito a
portare Harry da lui, la sua espressione era leggermente mutata e i lineamenti
tesi si era come addolciti, ma appena sentito che era ferito era tornata la
rigidità di prima.
“Come sarebbe ferito?” disse quasi sibilando
riducendo gli occhi a due fessure di blu profondo
“Si è pugnalato” specificò mentre gli occhi azzurri
assumevano un nota triste e sofferente nel ricordare i fatti della notte prima
“Sono arrivato al luogo dell’appuntamento e lui era già lì. Alcuni
Grifondoro l’avevano picchiato qualche ora prima ed Harry stava per….punirli
severamente” disse con un piccolo ghigno nel pensare alla punizione che il
compagno doveva aver perpetrato “Quando il gruppo della Preside l’ha
interrotto. Mi ha detto che hanno cercato di fermarlo, di togliergli la
bacchetta, ma se ne è liberato velocemente ed allora ho cercato di convincerlo
a scappare con me. Gli ho detto che anche tu, Mio Signore, lo volevi dalla
nostra parte e che desideravi parlargli, ma lui non voleva ed allora…..” qui
veniva la nota dolente, di vergogna, perché si era lasciato abbindolare dalle
sue labbra non accorgendosi del pericolo “Mi ha distratto e bloccato il corpo
per poi pugnalarsi tra le mie braccia. Appena il dolore ha distratto la sua
magia l’incantesimo si è sciolto ed io ho potuto portarlo qui dove Severus
Piton l’ha curato” finì di raccontare mentre il mago davanti a lui meditava
con aria assorta
“Ti ha distratto?!” disse con una live nota derisoria in
fondo alla voce, un piccolo sorriso nient’altro che un ombra su quelle labbra
“E come ha fatto quel ragazzino a distrarre un dei Mangiamorte che ha messo in
atto l’attacco al Tower Bridge?” chiese ora il sorriso più evidente mentre
Draco abbassava il volto di vergogna, un lieve rossore sulle sue guance
“Mi….ha baciato, My Lord” disse a voce bassa ma sicuro
che l’uomo lo avesse sentito
“Ti ha baciato…..ne deduco che sia bravo” disse ancora
il mago prendendo in giro il suo adepto mentre la sua mente pensava frenetica a
mille vie, Draco comunque dopo quella frecciatina alzò il volto un po’ rosso
ma con gli occhi lucidi di determinazione e orgoglio, pensando che non avesse
nulla di cui vergognarsi. E il Lord apprezzò molto quella sua tenacia e forza d’animo
che lo distingueva dalla massa di squallidi servi che aveva attorno. Si alzò
piano in piedi volgendo lo sguardo alla giornata solare fuori dalla sua finestra
ma pensando ancora una volta che quel sole non riusciva più a riscaldarlo come
un tempo.
“Coma sta ora?” chiese con voce di nuovo seria
“Severus ha guarito alla perfezione la ferita che si sta
cicatrizzando, la febbre è scomparsa e la perdita di sangue è stata ripagata
da pozioni rimpolpasangue. Ora riposa ma Piton afferma che nel pomeriggio
dovrebbe svegliarsi, ma comunque gli ci vorrà una settimana per riprendersi
completamente ma è fuori pericolo” disse ripetendo la diagnosi del pozionista
“Bene. È tutto?”
“No” disse Draco ed estrasse da una tasca del vestito un
piccolo quadernino dalla copertina verde ma dall’aspetto molto usato e vecchio
“Harry mi ha raccomandato, prima di pugnalarsi, di darvi questo. Mi ha detto
che solo voi due potete aprirlo e leggerlo e che contiene tutte le spiegazioni”
disse posandolo sullo scrittoio mentre gli occhi del Lord si spalancavano ed
afferravano con foga il quaderno riconoscendolo all’istante…..la sua adorata
aveva un libro simile quando era con lui….quante volte l’aveva trovata
intenta a riempire le sue pagine bianche e ridendo gli diceva che non poteva
leggerlo? Ed ora era tra le sue mani, dopo tutti quegl’anni, quelle
sofferenze, quei ricordi, lo stringeva e sfogliava….
“Un ciondolo….Ti ha per caso dato anche un ciondolo?”
chiese con voce rauca
“Un ciondolo?” chiese Malfoy non capendo a cosa si
riferisse
“Si! Di oro bianco, una piastra rotonda con al centro due
pietre, una nera e una verde!” disse accorato, la sua calma leggendaria
momentaneamente sparita
“Si…si l’ho visto! Ce l’ha indosso” e a quella
risposta Voldemort si accasciò sulla sua sedia rivestita della scrivania
portando uno sguardo pensieroso e triste sul libro tra le sue mani
“Molto bene Draco. Torna da lui e controllalo, appena finito
di leggere verrò a fare una chiacchierata” disse con tono pacato senza
guardarlo ed il giovane seppe che era meglio non investigare oltre. Eseguì un
breve inchino e senza una parola lasciò la stanza per passare dalle cucine e
prender qualcosa da mangiare e portare in camera. Una parte di lui si disse che
gli eventi futuri sarebbero stati ricchi di eventi e novità che avrebbero
sconvolto il loro mondo, ma con un ghigno si rispose che non vedeva l’ora di
viverli.
Nella stanza nel frattempo Lord Voldemort combatteva la sua
battaglia personale contro il mare di ricordi che gli si riversarono in mente
senza alcun controllo. Il tentativo di annientare quei momenti felici era
risultato vano ed ora, alla vigilia di un’importante guerra, ritornavano come
fantasmi a scombussolargli i piani. Una parte di lui sapeva benissimo cosa
conteneva quel diario di così fondamentale da sconvolgere completamente il modo
di Harry, ma allo stesso tempo cercava di rifiutarla perché intollerabile e
crudele. Nagini avvertì il travaglio interiore del suo signore e con mosse
sinuose si avvicinò al mago per dargli il suo conforto, il lieve e sinistro
sbattere delle sue scaglie fu come prima l’unico suono udibile. Con un
profondo sospiro Tom Riddle si apprestò a leggere quel libro, lo prese tra le
dita lunghe e sottili, ne accarezzò con dolcezza la copertina rovinata e lo
fissò con malinconia mentre apriva la prima pagina, l’intestazione confermò
ogni sua dubbio e supposizione e il cuore, quel freddo arto che credeva morto e
inutile nel momento stesso in cui lanciava l’Avada su Lily, si rianimò,
mancò un battito e poi pompò nel suo sangue un sentimento che lo riscaldò
come faceva la sua amata quando era lì con lui. Le parole stilate con una
calligrafia sicura ed elegante di un brillante blu recavano questa verità:
Lascio il libro ad Harry, unico erede e figlio di Tom
Orvoloson Riddle, discendente di Salazar Serpeverde. Che tutto quello che ho
scritto possa aiutare te, Harry, a scegliere una via.
Con profondo amore, tua Madre, Lily
”
Draco Malfoy era seduto sulla sua poltrona vicino al fuoco
scoppiettante mentre leggeva con interesse un antico testo di magia nera che
parlava in specifico della trasfigurazione umana, di sicuro una capacità
interessante per i Mangiamorte ricercati che volevano spostarsi liberamente. In
particolare l’accenno riguardante a come non essere scoperti dagl’incantesimi
era giusto quello che occorreva per muoversi in segreto. Harry dormiva
tranquillo nel suo letto, la febbre completamente scesa da un po’e il riposo
meno tormentato ma più sereno. Severus era passato circa all’una per
controllare la ferita ed aveva completamente eliminato la fasciatura non
ritenendola indispensabile visto che sangue non ne usciva più, si era però
particolarmente raccomandato con Draco che il moretto non facesse sforzi di
nessun genere per non rischiare di riaprire il taglio. Il biondo aveva
spiluccato qualcosa per colazione e a pranzo, facendosi servire direttamente da
un elfo nella sua stanza, non volendo uscire per lasciare il compagno da solo e
rischiare di incontrare qualche ‘collega’ pronto a fargli domande
inopportune. Suo padre era passato quella mattina sul tardi ma lui non lo aveva
lasciato entrare adducendo una scusa banale e poco credibile, gli aveva spiegato
brevemente che quella notte era andato in missione speciale per conto del Lord
in persona e che non poteva parlare fino a che il Signore Oscuro non avesse
vagliato le informazione che gli aveva portato. Il genitore era sembrato
soddisfatto della risposta e con un solo breve cenno di saluto se ne era andato,
freddo e rigido come sempre, ma nello sguardo Draco era sicuro di averci scorto
una luce nuova, orgoglio per il figlio divenuto così importante agl’occhi del
Lord.
Un piccolo gemito lo distolse dalle sue riflessione e posando
il libro sul tavolinetto affianco alla poltrona si avvicinò al letto per
controllare le condizioni di Harry e lo trovò con gli occhi verdi spalancati e
confusi. Sembrava disorientato e agitato, una lieve linea di dolore gli solcò
il viso nel momento in cui tentò di alzarsi e Draco fu lesto ad aiutarlo a
sedersi piano, facendogli appoggiare la schiena ad una pila di cuscini e
controllando che la posizione non rischiasse di aprire la ferita, dopo di che lo
aiutò a bere un bicchiere di aranciata fresca e dolce che gli avrebbe dato un
po’ di energie. Il moretto bevve senza protestare, sentendo il beneficio che
il liquido freddo dava alla sua gola riarsa mentre il gusto dolce e acido gli
solleticava il palato. L’addome gli bruciava fastidioso e la pelle tirava
appena provava a compiere un movimento, ma la vista stava lentamente tornando e
la patina di foschia che gli aleggiava davanti agl’occhi si era diradata non
appena il suo paio di occhiali gli fu posto sul naso, lasciandogli la visuale di
una stanza da letto, ricca e arredata modestamente.
Il sole era bloccato dalle tende di broccato che chiudevano la
finestra ampia e gettavano la stanza in una luce spenta e opaca, quasi
malinconica.
“Ti consiglio di stare fermo se non vuoi riaprire la ferita”
disse il biondino che, posato il bicchiere di spremuta, si accomodò sul bordo
del letto guardandolo severamente
“Ferita?” chiese con un tono basso e roco dovuto alla
febbre che lo aveva sfinito
“Hai presente quella che ti sei autoinferto con un pugnale?!”
chiese con tono ironico incrociando le braccia al petto mentre nello sguardo
verde del malato si accendeva una luce di comprensione e i ricordi lo assalivano
“Mi hai fermato?!” non era una domanda ma neanche un’affermazione,
quasi piuttosto una ricerca di conferme o punti saldi in cui naufragare perché
dopo il primo affondo della fredda lama nelle sue carni i ricordi si facevano
confusi e indefiniti, interrotti da vuoti neri e silenziosi in ci perdersi
“Non proprio. Il tuo incantesimo si è sciolto nel momento
in cui il dolore ti ha sopraffatto, solo allora ho lanciato via il pugnale e ti
ho portato via” spiegò Draco con una punta di tristezza e irritazione nella
voce mentre il giovane moretto si passava piano una mano sulla ferita, lo
sguardo ora vacuo immerso in pensieri di quanto accaduto la notte prima.
Credeva di riuscire a vincere il dolore e di morire
velocemente, ma invece il male acuto all’addome l’aveva distratto nella
magia e l’agonia di una morte lenta era stato straziante mentre nel corpo si
diramavano tante scariche di sofferenza come lamine d’acciaio. E poi la
consapevolezza cruda e vera di ciò che aveva fatto, la reale presa di coscienza
di ciò che buttava via senza neanche conoscerlo. L’odore dell’erba soffice
sotto il suo corpo mentre delle mani delicate lo adagiavano sul terreno…..il
lieve sussurro della notte e il viso disperato di Draco che lo chiamava.
Chiudendo gli occhi poteva ancora vedere quello sguardo azzurro invaso dalle
lacrime e devastato dall’afflizione mentre cercava di tenerlo sveglio e
tamponargli la ferita…mentre lo invocava…lo malediceva….e il dolore
aumentava per avergli causato tanto male. Credeva fosse la soluzione migliore al
problema nel quale si era ritrovato come protagonista, credeva che così nessuno
ci sarebbe andato di mezzo oltre a lui che si ritirava dalle scene per sempre,
credeva di meritare un’azione egoista e soprattutto, credeva di sapere cosa
era meglio scegliere. Invece nessuna di quelle ragioni si era dimostrata vera, e
nel piccolo palpito del suo cuore alla disperata ricerca di sopravvivere, si era
reso conto che non voleva morire. Che voleva provare a seguire una nuova via
completamente diversa dalla precedente ma a cui era destinato fin dalla nascita.
Voleva rivedere Draco per sempre e risentire il sapore dei suoi baci. Voleva
imparare a padroneggiare il suo potere e usarlo senza problemi. Per questo,
quando si era sentito prendere in braccio e trasportare lontano aveva cercato
con tutte le sue forze di stare sveglio, di resistere perché sapeva che Draco l’avrebbe
portato in un posto in cui l’avrebbero guarito, perché si fidava….e la sua
fiducia era stata ripagata. Ora al caldo tra quelle lenzuola che conservavano il
dolce profumo di Draco si sentiva bene anche se la ferita tirava la pelle e
bruciava. Sapeva bene che presto si sarebbe dovuto confrontare col padre ma la
paura irrazionale che l’aveva colto nei mesi precedenti sembrava defluita via
dal suo corpo con il suo sangue. Ora qualsiasi cosa fosse accaduta era al
sicuro.
“Credevo fosse la scelta giusta….ma ho sbagliato i calcoli
anche se era necessario per farmi capire” disse poi riaprendo gli occhi e
fissano il giovane biondo seduto accanto a lui
“Hai….sbagliato…MA TI UCCIDO IO SE VUOI!!” urlò
balzando in piedi con occhi fiammeggianti di collera “Tu…non hai idea di
come mi sono sentito! Non hai pensato neanche una volta a come mi sarei sentito
sapendo che era la mia mano quella che ti ha accoltellato….nei tuoi calcoli
non hai preso in considerazione che mi stavi usando!” l’urlo iniziale
venne sostituito da un basso sibilo che colpì più di qualunque altro tono
“Mi dispiace Draco e…hai ragione. Non ho pensato a te, ma
a me. Volevo morire tra le tue braccia, era la cosa che desideravo di più
perché tu solo avevi visto il vero Harry dietro la maschera di ‘Eroe’ e tu
solo mi avevi accettato” disse con un debole sorriso di scusa, quello non era
cambiato. Molte cose nel giovane moretto erano mutate….i suoi poteri, il suo
aspetto, il suo carattere….ma quel sorriso era identico a quello che aveva
visto quando erano solo bimbi di undici anni che sapevano poco o nulla di quella
vita che appariva davanti a loro. La stessa ingenuità, gioia e bellezza
traspariva da quel gesto e Draco ne rimase incantato mentre la rabbia che covava
diminuiva fino a scomparire costringendolo a risedersi sul brodo del letto.
“Non credere di cavartela così. Ora stai male ma appena ti
sarai rimesso ti picchierò tanto fino a non poterne più!” disse sbuffando e
fissandolo negl’occhi
“Ma come! E io che credevo mi avresti punito in modo più….divertente”
disse con una luce affilata e seduttrice nello sguardo e il tono basso e
malizioso
“Ci sarà tempo anche per quello….ci sarà tranquillo”
rispose piano il Mangiamorte chinando il viso su quello del suo compagno,
baciandolo piano ma con passione, corteggiando le sue labbra e stuzzicandole con
la lingua mentre quella di Harry si univa alla sua in un’esplosione di sensi e
gemiti. I baci della notte prima erano solo un modo di conoscersi, ma quello di
adesso era un tripudio di gioia perché vibrava la consapevolezza che questa
volta non si sarebbero separati, che erano vivi e insieme ed innamorati in un
modo così devastante e unico che non credevano possibile. Harry si chiese se
sua madre aveva provata la stessa elettrizzante scarica di gioia mentre baciava
suo padre e si rendeva conto che lo amava. Si appoggiò con più forza contro le
labbra del compagno invadendole con la lingua e gustando il suo sapore che
sapeva già riconoscere tra mille. Stava così bene tra le sue braccia…..si
sentiva protetto e capito e felice come mai era capitato nella sua vita. Ora
capiva veramente le scelte della madre, capiva le sue parole, perché anche nell’oscurità
dei suoi poteri poteva esistere l’Amore. Si sentiva così bene e completo in
quel momento che non voleva liberarsene mai più, perché nulla gli sembrava ora
più importante e avrebbe lottato contro tutti per far durare quello stato tra
loro. Si staccarono di poco per riprendere fiato, le labbra a contatto che si
stuzzicavano sfiorandosi e riaccendendo la voglia. Si baciarono ancora mai paghi
del sapore unico dell’altro e del sentimento che scaturiva da quel semplice
contatto fino a che un deciso e forte bussare alla porta non li distrasse. Draco
si staccò dalle labbra del compagno fissando con astio l’uscio e chiunque ci
fosse stato dietro mentre i colpi si ripetevano e lui con un sospiro si alzava
contrariato riassestandosi i vestiti e domandandosi chi mai poteva essere.
Severus era passato da poco e fino alla sera non sarebbe tornato a controllare
la ferita, con suo padre aveva finito di parlaci da meno di un’ora e gli altri
Mangiamorte difficilmente lo disturbavano nella sua camera a meno che non fosse
stato veramente importante. Con ciò voleva dire una nuova missione o una
riunione con il Lord. Riassettandosi i vestiti e lanciando uno sguardo al
giovane moro sdraiato sul suo letto aprì di uno spiraglio la porta per vedere
chi era. Dietro aspettava silenzioso e nobile Lord Voldemort con accanto la
fedele Nagini.
Harry si riaccomodò tra le coltri con un sospiro di
insoddisfazione per l’interruzione subita ed osservò con interesse il modo
studiato ed accurato con cui Draco si rimetteva in rodine i vestiti
stropicciati, i capelli biondi come manto di sole si posavano sulle spalle
coperte da una camicia nera a risaltare fisico e colore pallido del giovane. Il
moretto sorrise estasiato a quella visione e a tutti i pensieri decisamente poco
casti che gli venivano in mente, poi riportò completa attenzione a quello che
il giovane stava facendo mentre sentiva una leggera ansia prenderlo di colpo. Lo
vide aprire di poco la porta, eseguire un perfetto ed elegante inchino mentre
lasciava entrare gli ospiti che erano venuti a trovarlo. La prima ad entrare fu
Nagini, sinuosa e leggera con parte del busto eretto scivolò sul tappeto della
stanza producendo il solito sottile rumore di scaglie mentre gli occhi affilati
sondavano il luogo per poi andarsi a posare, gelidi e indagatori, su di lui.
Fece dardeggiare la lingua in un troppo basso sibilo perché Harry riuscisse a
capirne il significato mentre si fermava quasi in fondo al letto, le pupille
verticale con l’iride giallo sempre fisse su di lui. Il moretto ingoiò a
vuoto la saliva che gli si era formato mentre il cuore cominciava a battere già
pericolosamente ma il suo sguardo verde non voleva schiodarsi dalla vista del
serpente benché non la vedesse affatto, perché appena avesse alzato gl’occhi
sapeva bene chi avrebbe visto.
“Lasciaci Draco” disse glaciale e perentorio il Lord
mentre non staccava lo sguardo dal giovane seduto nel letto, gli occhi rivolti
verso la sua Nagini e le mani strette in grembo. Il biondino passò una veloce
occhiata sullo strano trio presente, quasi studiando l’ordine che glia aveva
dato il mago, pensando se fosse un bene, poi percepì l’aura di tristezza che
avvolgeva il suo Signore. Gli sembrava che oltre balenassero milioni di altri
sentimenti dal senso di colpa alla gioia….ma di sicuro non c’era rabbia o
voglia di uccidere. Allora raccolse il suo mantello scuro da una sedia e con un
ultimo inchino lasciò la stanza richiudendosi la porta silenziosamente alle
spalle. All’esterno lanciò una preghiera a qualunque Dio si fosse trovato in
cielo, ammesso che ce ne fosse stato uno, perché le cose si aggiustassero, poi
con passo lento si diresse verso il laboratorio del suo padrino Severus curioso
di sapere che pozioni stava studiando.
Tom Riddle non sapeva cosa fare o dire in quel momento per la
prima volta in tutta la sua vita. Non aveva idea di come affrontare il giovane
ferito che si trovava davanti e si ostinava ancora di non guardalo, perso in
chissà quali pensieri, sapeva solo che quella situazione andava affrontata con
calma e razionalmente. Con un lento gesto pigro del polso evocò una poltrona di
seta verde vicino al letto e vi prese posto con grazia accavallando le gambe e
posandoci sopra il piccolo diario che aveva portato con sé e si prese il suo
tempo ad osservare il giovane che per tanto tempo e in tutti i modi aveva
cercato di uccidere. I neri capelli lisci e un po’ arruffati gli cadevano
sulle spalle larghe e sulla fronte alta in cui spiccava la famosa cicatrice a
forma di saetta. Il colore quasi ambrato della pelle era dato dalla madre ne era
sicuro, lui era sempre stato pallido mentre Lily, la sua dolce Lily, aveva la
pelle di un bel color scuro che in estate diveniva quasi dorato. Aveva un
aspetto un po’ sciupato, deperito, di sicuro dovuto alle preoccupazioni e
pensieri che le notizie nel diario gli avevano dato. Il viso aveva dei
lineamenti decisi, marcati e volitivi che erano decisamente suoi mentre gli
occhi, che ora gli erano preclusi, erano di un verde brillante uguale a quello
che splendeva in quelli di Lily. L’uomo si concesse un lieve sorriso accennato
delle labbra mentre finiva la sua analisi e conveniva con se stesso che il
giovane aveva molte cose che lo collegano a lui e alla sua Regina e che se forse
se ne fosse accorto prima si sarebbe risparmiato anni di progetti inutili e
malinconici ricordi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Capitolo 9 -The End- ***
“Hai intenzione di continuare a non guardarmi?” chiese
allora dopo tutto quel silenzio mentre il moro sobbalzava leggermente di
sorpresa e lentamente sospirò sconfitto voltandosi verso l’altro mago e
trovandolo completamente diverso da come gli era apparso due anni prima. Harry
studiò con attenzione il fisico prestante e sottile, il volto volitivo e
affilato dalla pelle candida e delicata, gli occhi come due spechi di oceano di
un blu profondo e tormentato in cui si susseguivano le onde dei ricordi e dei
pensieri, i capelli neri come pennellate di tenebra a velare la perfezione dello
sguardo e macchiare il candore della pelle. Lo stile era regale come si addiceva
agl’antichi nobili Signori da cui discendeva, appoggiato quasi con negligenza
contro il verde velluto della poltrona ma nonostante questo teneva un portamento
rigido e attento con la schiena diritta e pronta a scattare, le braccia lunghe
abbandonate sui braccioli mentre le dita flessuose si muovevano aritmicamente
nell’aria. Harry rimase per un attimo senza parole, senza neanche pensieri
osservando la figura di suo padre, convenendo con se stesso che mai più si
immaginava ciò. Sembrava rispecchiare perfettamente le descrizioni della madre
che aveva letto nel diario, come se il tempo fosse trascorso lento e inesorabile
per tutto il genere umano tranne che per lui. Il ragazzo notò sempre con
piacevole meraviglia come tutto in quella figura ricordava un nobile delle
antiche famiglie di maghi, come addirittura il mantello dalla fodera in raso
nero formasse precise pieghe intorno al suo corpo, quasi a simboleggiare la
veste di un sovrano. Un Re di un regno nero e oscuro, ma forte e deciso. Harry
capì in quell’esatto momento come mai sua madre si era innamorata di Tom
Riddle, era semplicemente stupendo e trasudava potere e autorevolezza senza
ostentarlo, bastava semplicemente che stesse seduto su una comune poltrona e
chiunque, ne era sicuro, avrebbe spalancato gli occhi e seduto zitto vicino a
lui per farsi istruire. E dietro a quello sguardo blu il moretto riusciva a
leggere una conoscenza infinita, un’arguzia e un’intelligenza sottile che
affascinavano e l’inconfondibile aura di tenebra e forza che lo avvolgeva
ammagliante e suadente come il canto di una sirena. Sì…..di sicuro non era
difficile innamorarsi di una persona del genere e seguirla, perché ottenuta la
sua fiducia si avrebbe fatto di tutto per non spezzarla, mai.
E solo ora Harry riusciva a capire veramente le motivazioni
che avevano spinto Lily ad avvicinarsi al Lord, di sicuro aveva subito intuito
che lui era l’unico che l’avrebbe aiutata a gestire quel potere e quella
inadeguatezza che sentiva crescere dentro di sé. E l’avrebbe accettata anche
se era una babbana perché era esattamente come lui, era forte, bella ed oscura.
Da lì poi il passo ad innamorarsi del proprio maestro dev’essere stato breve
e la giovane strega si era impegnata il doppio per compiacere il suo Signore e
farsi notare ed in breve era diventata la favorita e la sua compagna di una vita
troppo breve. Mentre studiava per la prima volta il volto di suo padre Harry
comprendeva di aver fatto la scelta giusta, capiva di essere a casa e che
loro potevano vincere perché erano potenti e la fazione ‘avversaria’ debole
e demoralizzata. Si chiese fugacemente se un giorno avrebbe mai avuto la
regalità che contraddistingueva il genitore e con un certo fastidio si rese
conto che il suo aspetto ‘trasandato’ non sarebbe di certo piaciuto al
padre, mentre lui voleva fargli buona impressione. Avrebbe voluto compiacerlo e
fargli sapere che aveva il suo potenziale, la sua furia e l’astuzia di sua
madre e voleva….chiedergli scusa per non aver capito prima, per essersi fatto
abbindolare da Silente e la sua combricola. Voleva che gli insegnasse tutto
quello che sapeva, che lo facesse entrare nella corte oscura, che fosse
orgoglioso di lui…..voleva che gli raccontasse di suo madre, di come si erano
conosciuti, dei suoi ricordi insieme, perché leggerlo da un diario non era la
stessa cosa. E poi, soprattutto, voleva che lo abbracciasse, perché voleva
sapere che sapore aveva l’abbraccio di un padre e un figlio.
“Hai proprio i suoi stessi occhi” bisbigliò il mago
guardando le polle verdi del figlio mentre questo a quell’affermazione
sgranava gli occhi, quasi sorpreso. Eppure un mucchio di gente gli aveva sempre
ripetuto che aveva lo stesso colore di sua madre, lo stesso verde intenso, ma
sentirselo dire da suo padre lo scaldò, lo fece sentire un po’ meno incerto
su quell’incontro che non si aspettava così presto “Posso vedere il
medaglione?” chiese il mago allungando la mano verso di lui, in viso un’espressione
gentile e ferma, perfetta. Harry si tastò con una mano il ciondolo da sotto la
camicia bianca quasi incerto. Da quando lo aveva trovato nel diario e indossato
per liberarne i poteri non lo aveva mai tolto, unico legame flebile con entrambi
i genitori, ed adesso era quasi restio a lasciarlo, non sapeva se poteva
significare un cambiamento nella sua magia. Guardò ancora la mano tesa e
fiduciosa, il viso aperto e slacciò senza più esitazioni il piccolo fermaglio
-Dopotutto l’ha fatta mio padre e sa perfettamente a cosa serve, perciò se mi
chiede di toglierla non devono esserci pericoli- si disse mentre la chiusura
scattava e la collana lasciava il suo collo per posarsi sulla mano dell’uomo.
Harry sentì una piccola fitta di abbandono e tristezza nel separarsene ma
nessun altro effetto ‘collaterale’ sopraggiunse e lui aspettò che il
genitore finisse di studiare il monile.
o rigirava tra le mani con attenzione fissando e pietre con
gli occhi blu accesi di mille riflessi mentre alla memoria giungevano i ricordi
di tutte le fasi che erano state necessarie per forgiare quel gioiello. Sorrise
appena, di un lieve cenno delle labbra sottili, mentre con un dito affusolato
accarezzava la lucida opacità della pietra verde smeraldo che rappresentava la
sua compagna mentre la nera simboleggiava lui. Aveva deciso egli stesso di
unirle in quel modo, chiuse in un circolo inscindibile perché tutti ne
capissero l’importanza senza ostentare nessun altro monile che ne decretava l’unione.
Il semplice fatto che Lily indossasse quella collana con le loro due pietre
stava a significare che erano insieme per la vita in un modo talmente profondo e
totale che non sarebbero potuti stare separati senza soffrirne. E infatti la
sera che lei lo lasciò il dolore era enorme e continuava a perdurare da anni
senza nulla che lo alleviasse, ma anzi alimentato dal triste ricordo della sua
morte, ma la giovane strega sapeva che lasciandolo decretava la sua fine e
nonostante questo era fuggita senza rimpianti da come scriveva nel diario. La
gioia di quegl’anni vissuti con lui erano valsi la pena dei patimenti sofferti
dopo.
Ed ora, mentre stringeva quel ciondolo tra le mani, Tom
riconobbe che non tutto era morto con la sua compagna, che non tutti gli sforzi
che aveva fatto per farle scoprire i suoi poteri erano stati inutili, in quel
momento si rese veramente conto che il ragazzo che sedeva sul letto di fronte a
lui era suo figlio. Leggendo il diario gli era rimasta di sottofondo una nota
scettica e assurda, benché avesse riconosciuto perfettamente la calligrafia
chiara e ordinata di Lily tra quelle pagine, gli sembrava impossibile che il
ragazzo che aveva tentato di uccidere più volte e che riteneva un succube di
Silente fosse in realtà suo figlio. Eppure avrebbe dovuto capirlo molto prima,
c’erano così tanti particolari che non collimavano e che invece visti sotto
quella luce avevano senso.
Il fatto ad esempio che non fosse riuscito ad ucciderlo da
neonato non era dovuto solo al sacrificio della madre, ma anche al fatto che
Harry aveva i suoi poteri: il suo sangue puro e la sua magia innata avevano
riconosciuto nell’incantesimo che gli aveva lanciato un’affinità che l’aveva
portata ad assorbirne una minima parte e respingere l’altra. Oppure l’unione
mentale che avevano non poteva essere solo dalla cicatrice e in ogni caso Harry
avrebbe dovuto imparare a schermarsi e rifuggire ogni tipo di contatto tra loro,
ma questo non avveniva perché il moretto voleva inconsciamente tenere aperto un
canale di ‘comunicazione’, forse sentiva che c’era un collegamento
profondo tra loro e non voleva separarsene, non voleva star solo. E allo stesso
modo si spiegavano altre mille episodi a cui prima non aveva dato peso…..comunque
fosse ora era lì con lui, forte, oscuro e deciso. Osservò ancora per un attimo
la collana poi la restituì al figlio che sembrava agitato. Lo capiva, non era
facile affrontare tutte quelle novità che gli avevano stravolto la vita, ma con
una scrollata di spalle si disse che il ragazzo era forte e in breve tempo si
sarebbe abituato benissimo.
“Draco mi ha informato del tuo tentato suicidio” iniziò
con tono calmo e senza particolari inflessioni “Posso conoscerne la ragione?”
Harry lo guardò per un attimo indeciso che e cosa rivelare, e
soprattutto come dirlo senza apparire un vigliacco. Rivisse tutta la scena della
notte prima ed i pensieri vorticosi che l’avevano portato a quella scelta, ma
non trovò nulla che lo potesse aiutare perché ora, a mente lucida, si rendeva
conto di essersi comportato da vigliacco. Aveva solo cercato una strada senza
problemi, un modo per scappare da quelli che già aveva e senza doverne
affrontare di futuri. Con un sospiro si disse che infondo lui non si era mai
sentito Grifondoro e tutta la sua convinzione di appartenere per davvero a
quella casa era dovuta alle adulazioni e alle sicurezze che i suoi amici gli
davano -Ex amici- pensò con un sorriso maligno al ricordo del loro
ultimo incontro “Per la verità, mi sono appena reso conto di essermi
comportato da vigliacco” esordì senza finzioni, senza paura e guardando il
padre dritto negl’occhi, se doveva dire la verità tanto valeva non abbassare
lo sguardo, perché in quel caso avrebbe voluto dire che si vergognava delle sue
azioni, e lui non si vergognava mai di nulla, dopotutto in quel momento
vi aveva creduto veramente in quello che stava facendo “Quando ho finito di
leggere il diario della mamma mi sono sentito spaccato a metà di netto e in
preda ad una rabbia cieca. Da una parte ero felice di avere ancora un padre, un
membro della mia famiglia che fosse un mago e non un babbano come quei patetici
esseri con cui ero stato costretto a crescere. Un mago, mio padre, mi
sono detto, avrebbe capito cosa avveniva in me, mi avrebbe aiutato a migliorare,
a trovare la mia via…..dall’altra parte ero preda dello sconforto perché eri
tu: il nemico che mi avevano fatto odiare per 17 anni, l’assassino che
avevo imparato a combattere, il mostro che mi avevano descritto…..era mio
padre” negl’occhi verdi sprizzavano mille scintille alimentate dai più
svariati sentimenti che quella confessione stava suscitano, ma Tom li vide tutti
chiaramente, riuscì a leggerli tra le pieghe più scure di quelle iridi,
proprio come leggeva negl’occhi di Lily quando gli teneva nascosto qualcosa,
ma l’ultimo segreto, il più importante non era riuscito a carpirlo. La voce
di Harry ora aveva preso una nota arrabbiata, triste, sofferta mentre riviveva
tutte le emozioni, i pensieri angosciosi e i sogni che lo avevano tormentato in
quell’estate di travaglio, quando ancora si trovava in bilico tra i due
schieramenti. Harry chiuse un attimo gli occhi prendendo un bel respiro
ritornando a quei giorni in cui stava chiuso in camera a leggere il diario, a
spaccare oggetti ed a urlare il suo odio, le sue lacrime e i suoi singhiozzi
fino a consumarsene. L’incertezza di vivere in un incubo fatale o un macabro
scherzo di un qualche burattinaio troppo solitario, mentre un giorno sentiva di
poter amare e perdonare la madre e quello dopo la odiava con tutto se stesso. La
disprezzava perché gli aveva impedito di conoscere e crescere in una vera
famiglia che lo avrebbe amato e non con quegl’ignobili babbani che lo avevano
picchiato e deriso, umiliato in ogni modo. Aveva scelto arbitrariamente anche
per lui, l’aveva lasciato ai suoi nemici sapendo benissimo che lo avrebbero
usato come un’arma e poi quel diario….quelle confessioni….con che diritto
gli aveva lasciato scritto quelle cose sapendo il male che gli avrebbero
procurato? E i giorni erano così proseguiti in un’altalena grottesca di colpe
e rimorsi, spesso si era domandato se la sua nascita non fosse stata una
maledizione, se effettivamente sua madre gli avesse voluto bene e non lo volesse
invece punire: perché se lui non fosse nato lei non sarebbe fuggita e sarebbe
ancora viva e felice accanto al suo Lord. Le notti insonne a pensare, piangere e
continuare a leggere, perché non poteva farne a meno, bene o male era l’unico
contatto con sua madre che ancora avesse. Poi la crisi era scemata lentamente,
come una pioggia violenta ma passeggera e a mente fredda si era trovato ad
analizzare la sua vita, tutti gli episodi che la contraddistinguevano, tutte le
parole, i pensieri, fino alla morte di Silente e al volto straziato di Draco. Ed
allora il senso di colpa e l’odio verso la madre si era attenuato, non era
scomparso, non poteva ancora scomparire, la ferita era troppo aperta e
sanguinante, ma aveva riletto il diario con spirito critico e analizzato le
parole come i pensieri e si era trovato a decidere che infondo sua madre non
aveva altra possibilità e che lo amava. E a quel punto il passaggio successivo
era amarla egli stesso, come aveva sempre fatto, e piangendo ancora ma solo per
il fatto di non averla con sé. Non si era mai sentito più solo Harry come
quella sera in cui capii la divisione tra amici e nemici e chi erano veramente
gli uni, e chi gli altri.
“Non sapevo se odiavo di più te o Silente e non mi sono mai
sentito peggio nella mia vita come quest’estate” proseguì ancora
guardandolo sempre negl’occhi con una piccola scintilla di accusa e suo padre
incassò il colpo senza proferire parola perché sapeva in fondo di meritarsi
quel commento, sapeva che se Lily era scappata ed era morta la colpa era anche
sua, perché non aveva notato un cambiamento, non era stato in grado di cogliere
i segnali e, cosa ancora più grave, non aveva prestato dovuta attenzione alla
sua amata “Ho odiato mia madre come non mai per avermi lasciato in questa
situazione…..ho urlato e bestemmiato contro tutto e tutti….ho distrutto
mobili e lanciato ogni tipo di maleficio e poi….mi sono calmato. Ho analizzato
la situazione a mente lucida, fredda, e riletto innumerevoli volte il diario
cercando di capire come mi sentivo davvero. Disilluso, abbandonato, usato e
imbrogliato….ma non da te o dalla mamma” disse ancora Harry mentre una luce
calda gli accendeva lo sguardo e i lineamenti del viso di rasserenavano
impercettibilmente facendolo assomigliare di più al 17enne che era ma che
nascondeva. Tom apprezzò molto quel cambiamento e quella sorta di maschera di
orgoglio e fierezza che mostrava prima, perché in uno modo o nell’altro gli
stava mostrando di assomigliargli, di voler essere simile a lui, e soprattutto
voleva essere accettato per tutto, non solo perché era il figlio della sua
dolce sposa. Harry aveva passato un difficile travaglio prima di essere lì e
non voleva assolutamente nasconderlo, perché era grazie a quei dolori se ora
era forte abbastanza da affrontare il padre e dirgli tutto, senza mezze parole
per compiacerlo, senza false lusinghe per ingraziarselo, solo schietta e cruda
realtà “Quelle persone che per anni mi avevano cresciuto. Che mi avevano
raccontato decine di storie su quel falso padre ripetendomi tantissime volte che
gli assomigliavo molto, che ero uguale a lui e avevo gli occhi di mia madre. In
realtà erano tutte bugie, un mare di menzogne che continuavano ad alimentare
per farmici credere. Li odiavo. Mi hanno cresciuto nell‘odio e nella vendetta
solo per salvare le loro pietose vite! Volevano solo un‘arma da usare contro
di te, un’arma che li ‘salvasse’ perché non volevano sporcarsi le mani!
Che importava se era solo un bambino? A chi importava se mi sentivo solo, se
volevo una famiglia? Se volevo solo un’esistenza tranquilla, senza bugie,
senza intrighi, senza falsità!” la voce era aumentata di volta in volta, gli
occhi lucidi di lacrime di rabbia e una fiamma verde d’odio balenava a tratti
nel fondo di quelle pozze smeraldine dei suoi occhi. Il corpo era teso e
fremente, quasi pronto a scattare, come una pantera elegantemente acquattata di
fronte alla preda, pronta a balzare e uccidere. Tom fremette anche lui di rabbia
al pensiero della stoltezza e crudeltà che avevano osato quegl’idioti su suo
figlio, volevano usarlo, volevano impregnarlo di odio contro di lui, ma alla
fine tutto quell’odio gli si era rivoltato contro
“Mentre rileggevo” continuò Harry con voce ora un po’
più calma, moderata, ma sempre profonda “mi chiesi centomila volte cosa aveva
spinto la mamma a sceglierti, o se per quello il contrario. Cosa si celava
dietro la maschera che per anni avevi portato? Cosa era riuscita a vedere? Quasi
inconsciamente sentii che anch’io volevo quel diritto, volevo vedere anch’io
chi eri veramente, lo meritavo….e così mi misi il ciondolo. Sapevo cosa
avrebbe scatenato o quanto meno lo sperai perché se non mi avesse liberato
allora significava che non ero niente di più che un insignificante ragazzino
con un legame con te” le mani si strinsero contro il grembo mentre la mascella
si chiudeva stretta, il ricordo di quell’orribile momento ancora vivido e
potente. Aveva avuto realmente paura in quell‘istante, paura che non
succedesse niente e che quindi non fosse degno di tornare da suo padre, paura di
deluderlo e con lui la memoria della madre….eppure tremante, con il respiro
mozzato si era infilato il ciondolo e aveva atteso con gli occhi chiusi in
quella buia e puzzolente soffitta con uno spiraglio di luna che entrava
attraverso il vetro sporco del lucernaio. E quando i minuti era passati senza
alcun cambiamento aveva sentito una fitta al cuore di dispiacere e una lacrima
leggera era scesa a bagnargli le guance pallide, ma una scossa l’aveva
attraversato e si era ritrovato a boccheggiare sul pavimento squassato dal
dolore. Non si ricordava quanto era passato, se aveva gridato o altro, ma al suo
risveglio la gola gli bruciava e la voce era roca, le unghie rotte e sanguinanti
dovute al fatto che le aveva artigliate più volte al pavimento di legno. Gli
occhi gli facevano male ed erano rossi, ma dentro di sé sentiva un’energia
nuova e potente, oscura e solo sua. Da quel momento non aveva più avuto dubbi
sul racconto di sua madre e sul suo legame, nessuna incertezza su cosa non
avrebbe più fatto “Dopo aver liberato i miei poteri ho inteso veramente cosa
intendesse la mamma nel suo diario e ho potuto capirla più profondamente e
indirettamente capire te. Poi è iniziata la scuola e io non sapevo ancora cosa
fare. Non sopportava più i miei amici e vedevo tutto dall’ottica giusta….il
tradimento di Lupin nel non avermi consegnato il diario prima, l‘ipocrisia che
mi circondava e la falsità con la quale mi parlavano sapendo quello che
volevano farmi fare….nessuno si è mai preoccupato che avrei dovuto uccidere mio
padre!” disse con lo sguardo fiammeggiante e oltraggiato pronunciando il
nome ‘padre’ con un’inflessione nuova, dolce e fiera, un tono che riempì
d’orgoglio il mago per essere il genitore di quella creatura, ma anche di
sconforto per aver sprecato tanto tempo a dargli la caccia “Allo stesso tempo
avevo paura a tornare da te. Paura che non mi credessi o mi potessi uccidere
prima di darmi il tempo di spiegare”
“Questo mai!” disse con fermezza il mago guardandolo con
occhi blu fermi e lampeggianti, quasi sfidandolo a ribattere. Aveva sempre
sbagliato fin’ora era vero. Si era sempre lasciato abbindolare anche lui dalla
maschera che Silente aveva messo al figlio, ma se ora che il preside era morto
Harry si fosse presentato a lui, anche senza diario e ciondolo, l’avrebbe
capito, o quanto meno intuito, e non avrebbe alzato bacchetta contro di lui, era
convinto che l’aura nera e forte che aleggiava intorno al moretto l’avrebbe
insospettito quanto bastava per dargli il tempo di spiegare. E poi l’aveva
visto nei suoi sogni e aveva intuito un qualche collegamento…..si, Voldemort
era sicuro che non l’avrebbe ucciso, non ora che le maschere impostegli erano
cadute.
Harry al quel commento si sentì leggermente spiazzato e molto
felice, un ombra di sorriso a piegargli le labbra e accendergli lo sguardo di
felicità mentre suo padre sentì un calore che non provava da tanto tempo,
dalla morte della compagna, espandersi nel suo cuore freddo “Ad ogni modo la
sola idea di rimanere con quelli sciocchi mi disgustava e raccapricciava….non
c’era minuto o giorno che non li odiassi di più. Poi da quando Lumacorno
aveva riferito a Lupin che avevo trovato il diario era ancora peggio! Hanno
cercato di fermarmi, di togliermi la bacchetta quasi! Li ho schiantati tutti,
comunque, in modo che non potessero fermarmi quando alla fine ho deciso che via
prendere”
“A metà….né con me né con loro” disse Riddle
accomodandosi meglio sulla poltrona e guardandolo con uno strano ghigno di
comprensione e disprezzo “Pur di non venire da me eri pronto a ucciderti….salvo
poi farmi pervenire tutto tramite Draco!” ribatté quasi ironico e
ringraziando dentro la sua mente il biondo ragazzo che era stato abbastanza
lucido da prendere il moretto e portarlo al sicuro per guarirlo, se ora aveva
suo figlio davanti era solo merito suo e per questo Voldemort non obiettava
minimamente sulla relazione che i due avrebbero instaurato tra quelle mura, in
fin dei conti Draco se l’era meritato. Ma quello che proprio non tollerava era
l’azione e le motivazioni che avevano spinto Harry a fare quel gesto assurdo e
l’orrendo pensiero che lui avrebbe anche potuto venire a conoscenza dell’esistenza
del figlio solo dopo la sua morte.
Aveva idea Harry dell’enorme fardello che in quel caso si
sarebbe aggiunto alla morte della sua sposa?
“Ti ho spiegato le mie ragioni! Avevo paura, credevo che
sarebbe stato inutile e oltretutto…..non credo di esserti molto utile in
questa guerra. Non so se sarei in grado di uccidere” finì il moro con un
bisbiglio impaurito dalla reazione che quelle sue parole potevano scatenare,
perché quella era la verità. Di certo odiava e detestava profondamente i suoi
ex amici e tutti quelli dell’Ordine, comprendeva perché i babbani e i
Mezzosangue fossero naturalmente inferiori ai Purosangue, ma nonostante questo
non credeva di essere in grado di uccidere e progettare stragi come Draco e gli
altri avevano fatto. In un modo o nell’altro si sentiva ancora legato a quel
falso mondo che lo aveva visto crescere. Era anche vero che in determinate
situazione aveva rischiato di uccidere, come la sera prima quando quel gruppo di
grifoni l’aveva attaccato e lui aveva risposto, ricordava ancora la brama di
dolore che voleva provocare. I pugni che bruciavano sul viso dove la pelle era
stata rovinata e l’odore del sangue che caldo gli scivolava in bocca dal
labbro spaccato. In quel momento in cui comandava lui, avrebbe voluto vendicarsi
di ogni colpo o parola cattiva, di ogni anno di bugie, di ogni falsa lacrima o
abbraccio….in quel momento sarebbe arrivato ad uccidere, ma a parte quell’episodio
Harry era sicuro di non sentirsi abbastanza forte da lanciare un Avada e vedere
gli occhi spenti e vuoti della sua vittima.
Quante volte, nella sicurezza solitaria della sua camera,
aveva pianto per quel lato del suo carattere che lo divideva sistematicamente da
suo padre?
Quante volte il pensiero di se stesso l’aveva disgustato?
E ancora si chiedeva cento volte come sua madre fosse riuscita
a uccidere con freddo intento, sapendo consapevolmente di star spegnendo la vita
di quello che tempo prima era un suo amico o conoscente. I racconti racchiusi
nel diario non gli erano stati d’aiuto perché restava sempre dentro di lui la
sottile lamina di vigliaccheria nel pronunciare quell’incantesimo di morte,
forse dovuto al fatto che tante volte lui stesso era scappato alla nera signora
e quindi sapeva cosa provava una vittima che sente già la sua fine alitargli
sul collo.
Che utilità poteva fornire in quelle condizioni?
Sarebbe stato solo un imbarazzo per suo padre di fronte ai
suoi accoliti e un motivo di aperte e feroci ostilità che avrebbero disgregato
il suo esercito e permesso all’Ordine una facile vittoria.
“Togliere la vita non è mai uno scherzo o un gioco. Ci sono
basi e motivazioni forti che spingono a quel gesto, ma tu fai bene a dubitarne”
disse con voce rassicurante, forte e carismatica suo padre guardandolo negl’occhi
mentre il giovane ricambiava lo sguardo stupito di quel consiglio dato per
rasserenare il suo animo. Tom Riddle si alzò lentamente dalla poltrona
affacciandosi alla finestra e lasciando vagare lo sguardo oltre il prato della
tenuta e il piccolo bosco di conifere e sempreverdi che la circondava. Il figlio
alle sue spalle stava in silenzio a ripensare alle sue parole e ad aspettare,
sentiva che il discorso non era chiuso e che ora doveva essere il genitore a
iniziarlo, ma per il Lord non era per niente facile esprimersi senza offendere o
sembrare troppo freddo. Il discorso era lì, nella sua mente, già pronto e
confezionato, ma le parole con le quali doveva esporlo mancavano e aveva paura
di rovinare tutto proprio in quel momento così delicato….
Come si comporta un padre?
Lui non lo sapeva, non lo aveva mai saputo. A guardare
indietro nel suo passato non aveva avuto dei bei esempi da prendere come spunto.
Suo padre lo aveva abbandonato per paura, per vigliaccheria. Silente, che all’inizio
gli era sembrato che potesse capirlo e aiutarlo, lo aveva imbrogliato proprio
come aveva imbrogliato suo figlio. I suoi Mangiamorte non erano degli esempi
migliori da prendere……scosse leggermente la testa per snebbiarsi da quei
pensieri.
Quando aveva conosciuto Lily aveva perso fiducia anche nel
trovare una donna capace di amarlo veramente e non una serva pronta ad aprire la
gambe solo per poter vivere per un secondo della sua luce riflessa. Nonostante
vivesse da anni in una prigione di odio e oscurità sentiva che gli mancava
qualcosa per essere completo e invincibile, ma non aveva mai pensato ad un
sentimento così patetico e debole come l’amore. Silente gli aveva ripetuto
fino alla nausea che lui ne ignorava erroneamente il forte potere magico, ma lui
non ci aveva creduto, l’aveva disprezzato ma in fondo lo bramava, lo cercava
anche se inconsciamente. E poi era giunta Lily, affascinate e oscura come una
‘bella di notte’, con lo stesso profumo afrodisiaco e misterioso che
irretisce. Aveva cercato di essere freddo e distante con lei proprio come con
tutti gli altri perché non poteva credere di trovare quello che cercava da
tempo in una comune Mezzosangue…..come lui.
Ma lei aveva vinto lo stesso.
Non si era abbattuta un attimo, non aveva abbassato gli occhi
di paura o falso pudore davanti a lui neanche una volta, ma lo fronteggiava con
fuoco, con coraggio, con orgoglio….quello stesso orgoglio che l’aveva
elevata sopra tutti, che l’aveva distinta in quella massa di schiavi che si
trovavano ai suoi piedi….quella forza di cui si era innamorato e che
desiderava solo per se. L’aveva allenata, forgiata, plasmata in una nuova
creatura oscura come il suo animo da tempo le implorava di essere, e alla fine l’aveva
stretta tra le sue braccia e sposata. Silente alla fine aveva perso perché
anche lui, ora, sapeva cos’era l’amore, e non lo riteneva più un sentimento
sciocco….ma era pericoloso e poteva ferire e rendere deboli. Così si era
sentito quando Lily l’aveva lasciato, quando l’aveva trovata a casa di
Potter con quel bambino stretto nelle sue braccia……lo stesso che ora
aspettava una sua parola, un suo giudizio -Non avevi il diritto di lasciarmi in
questa situazione Lily!- pensò con rabbia. Ora che si ritrovava a dover gestire
un figlio che sentiva parte di sé, un figlio che chiedeva una famiglia, un po’
di vero affetto come aveva chiesto sua madre, non sapeva come comportarsi. Ma
Tom Riddle si ritrovò a capitolare ancora una volta.
Non era stato in grado di difendere sufficientemente sua
moglie, non avrebbe ripetuto lo stesso sbaglio con suo figlio, avrebbe amato
ancora una volta, quella decisiva che lo avrebbe portato alla vittoria.
Si girò verso il giovane moretto seduto tra le coltri bianche
mentre fissava Nagini tranquillamente acciambellata sul tappeto vicino al letto,
la testa serpentina appoggiata sulle coperte morbide mentre una mano del ragazzo
passava delicata sulle sue squame verdi. Voldemort arricciò le labbra in un
fantasma di sorriso mentre osservava quella scena: anni prima soltanto alla sua
compagna, Nagini aveva concesso lo stesso onore.
“Rispondi solo a questo Harry. Vuoi davvero restare qui, con
me?” chiese piano, quasi con timore mentre il figlio alzava lo sguardo verde
su di lui, una luce convinta, accesa e potente negl’occhi
“Più di ogni altra cosa” la voce era bassa, rauca e
intrisa di malvagità e a Riddle quel tono piacque molto perché voleva dire che
Silente non era riuscito a plasmarlo come voleva, non era riuscito a estirpare
la sua vera anima
“Allora possiamo trovare una soluzione” convenne con un
sorriso vero e aperto risedendosi sulla poltrona mentre il serpente passava lo
sguardo tra i suoi padroni e gli occhi verdi di Harry si accendevano di
speranza, vera e forte “Ti sei mai chiesto come abbia fatto tua madre?” gli
chiese il Lord
“Molte volte, ma non ho mai trovata una risposta. Nel suo
diario racconta solo cosa ha fatto, come e..…non dice nulla su quello che l’ha
portata a farlo”
“Questo perché non se lo ricordava” disse semplicemente l’uomo
arricciando le labbra in uno smaliziato sorriso che gli accendeva lo sguardo blu
di furbizia e orgoglio, ad Harry piacque molto quell’espressione vera e
autentica di suo padre, ora che gli indugi e le barriere erano cadute sembrava
che il mago si fosse rilassato o fosse venuto a patti con se stesso…..qualsiasi
fosse stata la soluzione il moretto non poteva che esserne più contento perché
ora riusciva a vedere il vero volto del suo genitore, il volto dietro la
maschera fredda e carismatica che si era costruito per gli altri…..“Esiste
un incantesimo Harry, è magia oscura della più potente e antica che in molti
hanno bandito e non ne ricordano neanche la sua esistenza. Scovai la formula
nella libreria del maniero, la famiglia di Salazar Serpeverde ne tramandava il
segreto da secoli” la voce lenta e flautata, melodiosa e incantatrice ammaliò
il giovane mago che si sentì quasi bambino mentre il padre raccontava una
favola di gesta e cavalieri, onore e prestigio, guerra e vittoria. In un barlume
di pensiero fugace come nebbia si chiese come sarebbe stato crescere con lui
affianco, essere bambino con lui come padre, e mai come in quel momento
desiderò tornare indietro, poter vivere quel passato in cui sua madre non era
scappata e morta….vivere con una vera famiglia. E con rammarico si rese conto
che era inutile chieder l’impossibile, che oramai si trovava lì grazie al
cielo, che non si era perso nella menzogna raccontatagli per anni e che aveva
ancora una possibilità di conoscere e rendere fiero di sé il padre.
“Tua madre era potente e aveva dentro di sé la stessa
energia oscura che abbiamo noi, ma come te aveva paura di uccidere quelle
persone che falsamente le erano state vicine per tutti quegl’anni” una
smorfia gli solcò i tratti delicati del viso mentre ricordava la titubanza con
la quale la compagna gli confessava quella mancanza, quella vergogna. Era stata
la prima volta che l’aveva vista piangere, che l’aveva vista debole e
fragile e si era ripromesso che avrebbe fatto di tutto per non far tornare mai
più quell’espressione sui suoi lineamenti dolci “Pensammo a una varietà
infinita di incantesimi e pozioni che potessero aiutarla fino a che non trovai
quella formula, un semplice incantesimo di memoria ma che agiva sui sentimenti”
Harry era particolarmente interessato e attento, non solo
perché stavano parlando di una possibile soluzione al suo ‘difetto’, ma
anche perché era la prima volta che sentiva parlare di sua madre da altre
persone, e il fatto che fosse suo padre a raccontarla dava una luce
completamente diversa alla vicenda. Sentiva nella voce del suo genitore una nota
triste e malinconica, dolce e nostalgica segno che ancora conservava dentro di
lui quel sentimento potente e unico che sua madre era stata in grado di
smuovere. Forse ancora adesso si pentiva di quella maledetta notte di anni fa in
cui le aveva puntato la bacchetta contro e lanciato l’incantesimo mortale.
Forse nei suoi sogni rincorreva la visione di lei tutta felice seguita a breve
dalla straziante immagine del suo sguardo vacuo e del suo corpo privo di vita.
Ma Harry in quel momento voleva ricordare solo il sorriso aperto e felice che
molto volte aveva visto nelle foto, voleva solo rimembrare quello sguardo verde
uguale al suo che nascondeva nel profondo una goccia di amarezza per aver
lasciato solo il suo unico Signore.
“È un rituale lungo e complesso e perché funzione è
necessario che chi lo subisce si fidi ciecamente del ritualista. È una
condizione importante come è altrettanto importante che il ritualista s’intenda
di magia nera e che ne sappia controllare un grande quantitativo” continuò a
spiegare il Lord
“Quindi…il ritualista fosti tu” bisbigliò Harry
“A chi altri avrei dovuto dare quel compito? Lily era la mia
compagna e non avrei mai permesso che qualcun’altro ricoprisse una carica
così importante. Senza contare che tua madre non si fidava di nessuno oltre me”
“E faceva bene” disse in un bisbiglio di rancore Harry
stringendo tra le mani le lenzuola mentre negl’occhi verdi balenavano luci di
rabbia e fuochi d’odio “E poi? L’incantesimo non richiede di essere
rafforzato nel tempo?” chiese con curiosità scientifica
“Una normale oblivione se effettuata su vasti ricordi
richiede l’assunzione di giornaliere dosi di pozioni, ma in questo caso il
rituale è talmente potente che non sarà necessario altro. I tuoi passati
sentimenti verso quei patetici individui saranno cancellati completamente,
sostituiti da quelli che provi attualmente. Ti ricorderai quindi di loro, di
cosa ti hanno fatto, di quella che è stata la tua vita fino ad ora, ma ti
sembrerà di averli odiati da sempre. Questo dovrebbe rendere più facile i tuoi
compiti futuri” gli spiegò ancora mentre un piccolo ghigno gli deformava le
labbra al pensiero di quello che avrebbero potuto fare e di quanto lontano
sarebbero andati. Certo, Harry richiedeva un preciso e assiduo addestramento
nell’uso di quella magia innata e oscura che gli scorreva insieme al sangue
nelle vene, impregnandolo. Avrebbe dovuto istruirlo in innumerevoli formule,
pozioni, tecniche di combattimento, armi magiche….avrebbe dovuto allenarne il
fisico, la magia e la mente, ma sarebbe stato solo un piacere e già sentiva un’ondata
d’orgoglio espandersi al pensiero di quanto suo figlio sarebbe stato forte.
Sapeva che avrebbe dato tutto se stesso in quell’addestramento per tenere alto
l’onore di fronte alla sua corte oscura, come un tempo fece sua madre.
“E il ritualista? Sarai ancora tu?” chiese Harry
interrompendo i suoi pensieri e fissandolo negl’occhi. Tom notò la nube di
tormento che ne offuscava il verde splendente. Forse il giovane aveva ancora
paura che lui avrebbe potuto sbatterlo via o ucciderlo, forse, come logico,
odiava anche lui per avergli procurato tanto male in precedenza e non essere
stato in grado di salvare sua madre, ma solo di ucciderla. In effetti Tom non
poteva chiedere subito la sua fiducia illimitata e il suo affetto, non lo
meritava quando egli stesso non sapeva darsi pace. Ciò nonostante desiderò con
tutto il suo cuore riuscire ad ottenere quella stima e quell’affetto, quella
genuina fiducia che Lily riponeva in lui.
“Devi dirmelo tu questo. Forse potrebbe eseguirlo anche
Draco, ma è giovane e non credo che sarebbe in grado di gestire tutta l’energia
che il rito accumulerà” disse con tono neutro anche se dentro di sé fremeva,
era la resa dei conti, era il momento che Harry e Tom parlassero di loro due, di
un figlio che ritrovava suo padre
“Lo scorso anno Silente mi fece vedere nel pensatoio la tua…storia
se così si può definire” Tom increspò lievemente la fronte a quel commento
non capendo bene dove il giovane volesse andare a parare “Mi fece vedere i
miei nonni, dove vivevano e soprattutto come tua madre si innamorò e cosa
avvenne dopo. E poi l’orfanotrofio in cui vivevi tu, il modo assurdo e cattivo
con cui ti trattavano quei bambini, le tue piccole rivincite, il loro odio verso
un qualcosa che non conoscevano neanche….e gli anni a Hogwarts e quando sei
tornato per essere professore” Voldemort distolse per un attimo lo sguardo
mentre quei ricordi si riaffacciavano dal suo burrascoso passato, tornando come
spettri neri in una tempesta di neve e gelo. Aveva cercato in ogni modo di
cancellarli, di non pensarci. Ma quando vide suo zio e suo nonno, che aveva ’conosciuto’
solo nel pensatoio che sua madre gli aveva lasciato come unica eredità insieme
all’anello di Salazar Sepeverde, si chiedeva se non era pazzo anche lui, come
tutti in quella famiglia. Però ogni volta c’era Lily che dolce gli sedeva
accanto e gli ripeteva che nessun pazzo avrebbe mai potuto avere occhi tanto
potenti e dolci allo stesso tempo, era l’unica cosa che allora allontanava
quegli spettri dai suoi sogni. Ma ora Harry li richiamava a galla senza
apparente motivo e lui non aveva voglia di affrontarli e confrontarcisi ancora.
Il moretto sembrò quasi intuire i pensieri paterni e con
lentezza e attentamente si allungò oltre il bordo del letto stendendo un
braccio e sfiorando con cautela la mano pallida e affusolata del genitore. Tom
alzò subito lo sguardo, quasi trasalendo, fissandolo in quello tranquillo e
profondo del figlio e poi sulla sue dita che sfioravano appena la sua mano in
attesa di un cenno positivo. E senza quasi accorgersene il Lord girò il palmo e
con lentezza strinse delicatamente la mano che gli veniva tesa sentendo con un
brivido la magia innata del ragazzo così affine alla sua che non potevano
esserci dubbi sul loro legame. Entrambi osservarono per parecchi minuti quel
contatto, il primo vero contatto che stabilivano come padre e figlio, ed era una
sensazione unica. Harry sentiva con ogni radice del suo essere quanto uniti e
simili fossero, l’affetto e il potere solo una scarica di scintille che
scorreva attraverso le loro mani unite fin nel profondo di loro stessi.
“Era tutto sbagliato” disse con voce bassa e quasi
musicale Harry senza interrompere il contatto ma anzi rafforzandolo fissando gli
occhi in quelli del genitore “I ricordi erano alterati dall’odio e dalla
delusione che Silente provava nei tuoi confronti. Avrei dovuto capirlo
dopotutto. Erano tutti neri e soffocanti, angusti e distorti fino al ridicolo e
tu venivi rappresentato sempre come l’emblema perfetto del male fatto uomo”
doveva immaginarlo dopotutto, Silente avrebbe fatto qualsiasi cosa per rendere
vera la sua messinscena e far passare lui come il povero pazzo da eliminare alla
svelta era perfetto“Allora dopo aver scoperto la verità li ho riesaminati
sotto un’altra luce scoprendo quanto la mia infanzia e i miei anni a Hogwarts
siano stato incredibilmente simili ai tuoi. Entrambi siamo cresciuti in mezzo a
babbani che ci disprezzavo e insultavano, a scuola eravamo niente più che eroi
da idolatrare e seguire ovunque e comunque…..mi sono sentito molto vicino a te
in quei momenti” il sorriso lieve e incerto, ma puro e caldo sembrò
riscaldare anche quel cuore che Tom Riddle credeva morto anni fa “Perciò ho
avuto tempo per capire che in fondo, io ti voglio bene e mi fido di te. Sei mio
padre e….non potrei chiedere genitore migliore”
Riddle capì in quel momento cosa voleva dire essere un padre
orgoglioso di suo figlio. Quel delicato sentimento di affetto che già provava
per quel ragazzo era reale, come vero era la nota di gioia che sentiva nel
riconoscere l’arguzia e la freddezza che il figlio aveva usato per giungere a
tutte le risposte che non poteva chiedere a nessuno.
“Ciò nonostante sono io a chiederti se davvero mi vuoi
nonostante abbia portato alla morte la donna che amavi” il tono serio e quasi
ferito con cui il moretto pronunciò quelle parole lo risvegliarono dai suoi
pensieri bruscamente
“Che vuoi dire? Io uccisi Lily…sono io a chiederti di
perdonarmi”
“La mamma ti ha perdonato, quindi perché non dovrei farlo
io? Quello che invece dico è che a causa della mia nascita la mamma è morta.
Se io non fossi mai nato lei sarebbe ancora viva, al tuo fianco” la presa
sulla sua mano era tremante, debole eppure forte e convulsa, l’unico dolore
che Harry non era riuscito a estirpare dal suo cuore e che lentamente lo stava
corrodendo. L’unica verità che le ultime pagine del diario contenevano e che
spiegavano la morte di Lily Evans Riddle scappata perché rimasta in cinta di un
bimbo troppo potente per lei.
“Da diverso tempo mi sentivo debole e
fragile, la mia magia come instabile e elettrica tra le mie mani. C’erano
momenti in cui riusciva a malapena a controllare uno schiantesimo e altre in cui
era troppo, troppo potente . Gli incubi si alternavano alle notti insonne e il
mio fisico sembrava sempre più pesante, goffo e sgraziato e come se non
bastasse delle terribili emicranie mi prendevano la mente impedendomi di seguire
correttamente le riunioni di guerra con i ‘generali’ del mio Lord.
Fu una sera, una tenebrosa e pallida sera, che
capii cosa mi stava accadendo.
Come succedeva da diverse notti non riuscivo a
dormire, allora per non disturbare il sonno del mio Signore scendevo dal letto e
mi recavo nella mia saletta privata, seduta vicino al caldo camino intenta a
leggere un qualche profondo e complicato libro di magia nera. Spesso il torpore
della stanza era così piacevole e il silenzio così ristoratore che mi
addormentavo con velocità, cadendo in un riposo profondo in cui mi perdevo.
Spesso Tom si svegliava nel cuore della notte e non trovandomi accanto a lui mi
veniva sempre a cercare lì e con delicatezza mi prendeva in braccio, come una
preziosa e delicata bambola di cristallo, e con ogni cura e gentilezza mi
rimetteva a letto, nel calore tiepido delle coperte e nel suo profumo.
Ma quella sera non giunsi mai alla saletta.
Stavo attraversando un corridoio in cui spirava tra le pietre un freddo sibilo
acuto, mi stringevo al corpo la vestaglia per riparami dagli spifferi quando mi
colse la prima vertigine. Un capogiro assurdo e doloroso che mi fece piegare in
due e chiudere gli occhi. Il mondo mi sembrava senza più un sopra e un sotto e
i suoni alterati, amplificati e deformati. Lo stomaco sembrava lo stessero
strizzando e contorcendo e una nausea mi colse quasi simultaneamente mentre
rigettavo l’esigua cena sulle pietre fredde e m’inginocchiavo sullo stesso
pavimento posandomi una mano sulla pancia. Fu grazie a quel contatto che ti
sentii Harry, per la precisione sentii il tuo potere.
Un flusso di magia estranea alla mia, ma
estremamente forte, e un piccolo battito, nient’altro che una vibrazione, un
palpito, ma fu abbastanza per farmi capire cosa mi stava accadendo.
Per maggior sicurezza la mattina dopo mi
sottoposi a un test magico che mi confermò la mia intuizione: ero incinta di 2
mesi e i poteri del bambino contrastavano con i miei. Era una cosa che in
soggetti femminili particolarmente dotati poteva avvenire e spesso l’unica
soluzione era riposo assoluto ed astenersi da qualsiasi tipo di magia, almeno
per i primi 6 mesi di gravidanza. Nella mia situazione non potevo permettermi
una cosa del genere. Ero la Lady, la Regina Nera compagna del Signore Oscuro, ma
spesso ero solo una strega potente circondata da maghi e streghe Purosangue che
non vedevano di buon occhio la mia posizione, in particolar modo Bellatrix
Lestrange non riusciva a sopportare la mia presenza al fianco del Lord. Da tempo
nutriva delle mire per quel posto e quando Rodulphus rimase ucciso in un
combattimento i suoi desideri di diventare la favorita del suo Signore si
ampliarono, per poi venire miseramente smentiti dalla mia venuta. Credeva forse
che Tom si sarebbe stancato presto di me e mi avrebbe ucciso come una
Mezzosangue richiedeva, ma invece il tempo passò e ancora prima del previsto
fui proclamata ufficialmente sua compagna davanti a tutta la Cerchia Interna.
Per questo motivo la scoperta di essere incinta mi lasciò con un retrogusto di
amaro in bocca sotto lo strado di gioia che sentivo, perché ora ero veramente
in pericolo e non sapevo cosa fare.
Io sentivo di amarti già mio dolce Harry, per
questo non avrei mai potuto abortire, eri il frutto del mio amore per Tom e
questo faceva di te il mio bene più prezioso, ma allo stesso tempo non sapevo
come proteggerti e proteggermi. Suppongo che Bellatrix alla fine avesse intuito
qualcosa del mio comportamento, dopotutto cercavo di apparire meno possibile in
pubblico , non volevo che i Mangiamorte vedessero la loro Regina debole, ma l’occhio
di una donna gelosa è molto più scaltro di quanto avessi pensato perché lei
agì.
Una notte in cui al castello restavano pochi
Mangiamorte tra i più deboli e in cui il mio Signore non c’era, impegnato in
un campagna lontana con i suoi accoliti più fedeli.
Mi aveva lasciato lì con un bacio gentile
dicendomi che sarebbe tornato il più presto possibile, non voleva farmi
rischiare nulla e comunque nel caso fosse morto qualcuno doveva pur sempre
guidare gli altri, a me quel compito. Quella sera rimasi più del previsto nella
mia saletta immersa nella lettura e cercando di trovare una soluzione quando
Bellatrix entrò con prepotenza puntandomi la bacchetta contro. Solitamente non
avrei avuto problemi a disarmarla con un semplice gesto della mano, ma appena
tentai le fitte all’addome ricominciarono e mi ritrovai ansimante sul
pavimento con lei che ghignava sadica. All’inizio mi lanciò qualche semplice
incantesimo di tortura che non mi procurarono che tagli superficiale e non
eccessivamente profondi. Riuscii a trovare la forza di reagire solamente quando
minacciò di lanciare una Cruciatus direttamente sul mio ventre, quindi su di
te, e un incantesimo del genere avrebbe potuto portare ad un aborto spontaneo.
Non potevo permetterlo perciò racimolai ogni brandello di potere che avevo e la
schiantai mandandola a sbattere contro il corridoio esterno. La fatica mi aveva
spossata ma riuscì ciò nonostante a trascinarmi fino in camera e lì crollare
dalla stanchezza, ma quell’episodio mi aiutò a decidermi. Non dissi nulla a
tuo padre il giorno in cui tornò e naturalmente neanche Bellatrix pronunciò
parola, ma già sentivo piangermi il cuore per il destino in cui condannavo il
mio sposo e per la crescita solitaria a cui avrei costretto te, Harry.
Non potevo dire a Tom della mia gravidanza e
non potevo proteggermi in nessun modo.
I tempi non erano buoni, la resistenza che
Silente ci opponeva era salda e dura da estirpare, troppe perdite avevano
ridotto le nostre file e sempre più spesso il mio Lord combatteva di persona
nelle battaglie più importanti lasciandomi al castello. Non avrebbe potuto
esserci sempre lui a proteggermi dagl’attacchi gelosi di Bellatrix e allo
stesso tempo erano ben pochi i Mangiamorte abbastanza fidati che avrebbe potuto
lasciarmi come guardia nei momenti della sua assenza. Tra la Cerchia Interna
solo Lucius, Severus e Narcissa erano le persone che ritenevamo degne di fiducia
e stima, ma Narcissa aveva da badare già alla sua gravidanza che la prendeva
molto e Lucius era spesso al fianco di tuo padre. Severus d’altra parte aveva
già il suo bel d’affare nel curare i feriti con i suoi ‘intrugli’ e fare
da spia………Nessuno poteva aiutarmi, non lì. Ecco perché scelsi di
scappare, fuggire dalla mia casa, dalla mia famiglia senza lasciare tracce,
senza una lettera, un messaggio, un ultimo bacio al mio sposo.
E sempre per questo fui ritenuta una
traditrice.
Ma dopotutto non aveva senso scrivergli un
messaggio in cui spiegavo le attenuanti alla mia colpa se il risultato era che
non potevo tornare comunque. Il momento stesso in cui fuggì, una sera che Tom
non c’era, seppi che la prossima volta che ci saremmo incontrati sarebbe stato
dalla parte sbagliata della sua bacchetta.
Sapevo che la mia ultima destinazione era la
morte per mano dell’uomo che amavo, ed in qualche modo sentivo di meritarla
perché non ero stata abbastanza forte da restargli al fianco senza essere un
peso. L’unico punto sicuro in cui farti nascere senza che ci trovassero era
tra le braccia dei miei nemici: Silente e la sua banda ci avrebbero protetti.
Andai da loro propinandogli una storia assurda e smielata in cui ammettevo le
mie colpe, dicevo di essere stata costretta da Imperius, piangevo lacrime di
coccodrillo, tutto il possibile per farglielo credere. Mi sottoposero a
Veritaserum per tastare le miei parole, ma da tempo tuo padre mi aveva insegnato
a contrastarne il potere così riuscì a mentirgli e mi credettero, perché
sotto Pozione della Verità non potevo ingannarli! Ma mai un momento nominai la
mia gravidanza, loro non dovevano saperne niente, quantomeno riuscii a far
restare la cosa segreta a pochi eletti che furono Silente, Potter e la sua banda
e Minerva, loro furono gli unici. Gli altri credettero che il bimbo fosse di
James e così lasciammo credere.
Naturalmente Severus era lì che osservava,
con gli occhi neri rilucenti di odio e tradimento, fiammanti d’ira per le mie
parole. Devo dire che non immaginavo di riuscir ad ingannare anche lui, ma si
vide che la disperazione era un ottima forza a cui attingere per recitare il mio
ruolo. Ciò nonostante sapevo che avrebbe riferito tutto al Lord e in cuor mio
non potevo che urlare e piangere per la solitudine e il dolore straziante che
doveva avergli causato con la mia fuga. Ogni giorno che passava mi sentivo
sempre più sola e trafitta da aghi di dolore per quella separazione, solo il
sapere della tua presenza Harry mi confortava, perché in te conservavi un
qualcosa di Tom e quindi mi sentivo come se lo avessi ancora parzialmente
accanto.
James Potter fu gentile fino allo stremo,
ancora pazzamente innamorato di me era stato il primo a credere alla mia storia
e non mancava di difendermi contro quelli che ancora mi accusavano, la sua
presenza mi era asfissiante ma mi forniva un ricovero per te, anche in futuro.
In parte l’unico che mi tranquillizzava in quella massa di ipocriti era Remus
Lupin. Lui aveva capito tutto del mio piano ma continuava a sorridermi, a
parlarmi gentilmente come fossi stata una vecchia amica d’annata che non
vedeva da un po’. Erano i pomeriggi con lui che riuscivano a calmare i miei
sensi di colpo perché era l’unico che non mi sorrideva con ipocrisia, ma con
genuicità, era capace di accusarmi e colpirmi dritta al cuore, ferendomi sempre
col sorriso in viso. Credo che l’unico motivo fossi tu Harry, tu eri la
ragione che lo spingeva a comportarsi così, forse sperava che quel bambino che
portavo in grembo sarebbe stato diverso dai genitori, forse sperava di riuscire
a cambiarti ed amalgamarti alla ‘civiltà’ come non era riuscito a fare con
me. Però non scorderai mai quei pomeriggi, come non scorderò il primo bacio
con Tom o il mio primo girono di scuola e soprattutto la tua nascita. Avrei
voluto tuo padre accanto a me quel giorno e in un milioni di altri momenti da
quello in poi, ma invece ero costretta in quella gabbia e il sapere che ti avrei
condannato a quell’avvenire mi straziava. Ciò nonostante Harry tra un po’
compirai un anno e non sarà lontano il giorno in cui ti dovrò lasciare.
Ricorda che ti amo, sempre e comunque, e sono
sicura che diverrai un grande mago e come me non ti farai legare le ali che
porti.
Sii sempre coerente con ciò che sei e non
nasconderti.
Se leggerai questo diario Tom Riddle
significherà che Harry è riuscito a giungere da te, spero che ne sarei
orgoglioso come ne sono io, non incolparti di nulla mio dolce sposo, fu mia la
scelta.
Sempre con profondo Amore, la vostra
Lily
Riddle”
Con questa pagina si chiudeva il diario di Lily Riddle ed
Harry si era maledetto più volte per la sua nascita dopo che aveva scoperto i
retroscena e non importava quanto sua madre lo avesse amato, era sua la colpa
della sua morte.
“No Harry. La tua nascita vuol dire solo che tua madre ed io
ci siamo amati e non è stato tutto un sogno o un’illusione. Quelli che devono
pagare per la sua morte sono tra le nostre fila e verranno puniti. Bellatrix per
prima. La lascerò a te, come dono per la tua iniziazione quando ti presenterò
alla Corte Oscura” disse Tom con gentilezza stringendogli la mano e
sorridendogli piano per rassicurarlo, e davvero ciò era tutto quello che Harry
aveva bisogno per lasciarsi indietro il suo passato
“Allora sarà un onore combattere al tuo fianco e lasciarmi
indietro il fastidioso passato” rispose al sorriso il giovane con una nuova
energia che nasceva direttamente dalla fiamma del suo potere
“Celebreremo il rito appena sarai guarito. Fino ad allora
nessuno a parte Severus e la famiglia Malfoy sarà a conoscenza del nostro
legame. Desidero fare una sorpresa” disse con un ghigno nuovo, di scaltra
vittoria e assoluto divertimento. Si alzò lentamente in piedi facendo
scomparire la poltrona e stringendo ancora la mano del figlio ritrovato. Gli
sguardi sembrarono dirsi mille cose, mille perdono, mille ti voglio bene, mille
scuse….ma Tom interruppe quel contatto abbassandosi gentilmente sul ragazzo e
dandogli un bacio in fronte, esattamente sulla cicatrice che diciassette anni fa
gli procurò egli stesso. Harry chiuse gli occhi gustandosi quel momento, per
poi sorridere al mago e lasciargli la mano ma sapendo bene che ora in qualunque
momento sarebbe stata tesa e pronta ad essere stretta e dare conforto, perché
ora aveva una famiglia, aveva un papà.
“È una gioia averti ritrovato figliolo” disse l’uomo
con un’intonazione nuova, più dolce, orgogliosa e con una nota di calore nel
fondo
“È una gioia averti ritrovato papà” rispose al medesimo
modo Harry sempre sorridente mentre il mago gli posava sul comodino affianco il
diario verde e lanciava un solo, breve sguardo al ciondolo prima di dirigersi
verso l’uscita. Nagini si fermò solo un altro secondo a salutare con un breve
inchino del capo il suo nuovo padrone prima di seguire il Lord che si arrestò
giusto un attimo prima di uscire, mano al pomello di ottone che guarniva il
prezioso uscio di legno.
“Credo che sia inutile farti preparare una stanza visto il
tuo attaccamento al giovane Malfoy” disse senza particolari inflessione,
constatando semplicemente l’ovvio, ed Harry non si stupì più di tanto che il
padre sapesse il legame che avevano formato lui e Draco, ma anzi gli faceva
piacere che lo approvasse.
“Si, suppongo che sia piuttosto inutile!” rispose allora
con un ghigno saputo in viso e gli occhi accesi da un lampo di furberia
“Quanto meno vi farò preparare una stanza più grande e
lussuosa possibilmente vicino alla mia. Nel caso avessi necessità di parlarti
non desidero essere costretto a percorrere chilometri di corridoi solo per
raggiungerti” nonostante il tono neutrale e assolutamente tranquillo Harry
capì che in realtà il genitore desiderava solo tenerlo d’occhio ora che l’aveva
ritrovato, ed infondo al giovane non dispiaceva per niente
“Sono sicuro che Draco apprezzerà, grazie” disse con un
tono che sott’intendeva bene che aveva capito le reali motivazioni del padre,
infatti Tom aggrottò appena la fronte e socchiuse gli occhi prima di sbuffare
“Ti rimando il tuo compagno allora così potrai dargli la
notizia. Oh un’ultima cosa….” il tono inizialmente ironico si ritrasformò
di colpo in serio mentre anche lo sguardo tornava di un blu più freddo “Ti
consiglio di far leggere il diario al giovane e spiegargli la faccenda. Visto l’evolversi
rapido della vostra relazione è meglio chiarire subito i principali punti”
Harry annuì altrettanto serio riaccomodandosi meglio tra le coltri e prendendo
in mano il quaderno verde, fissandolo per un momento, quasi perso nei suoi
pensieri e ricordi
“Lo farò, grazie” disse poi rigido e perfetto entrando
senza problemi nella parte di ultimo erede di Salazar Serpeverde e con un ultimo
cenno di saluto Tom Riddle lasciò la camera, il cuore ora più leggero di
quando c’era entrato e l’animo acquietato sapendo che in ogni caso futuro
avrebbe lasciato in buone mani tutto il destino di quella guerra durata anni.
Commy Finale: Anche questa storia
è giunta al termine e mi lascia nuovamente........ho sempre desiderato
tracciarne una su una Harry oscuro e malvagio, e dopo averne lette tante mi sono
decisa. Il punto di battaglia è stata la tua Mistress, perché vedere un Harry
così votato a Voldemort e alla sua causa mi ha fatto venir in mente un
possibile legame di parentela tra i due, e da lì tutto il resto......quindi
ancora grazie e complimenti per le tue storie!!!! Vorrei
ringraziare tutte le persone che mi hanno commentato fin'ora o che solo leggono,
grazie infinite e per HPMG abbiate un po' di pazienza, la storia si sta
intricando e io stessa non so dove andare a parare....mi sto distanziando
dall'idea iniziale che avevo, ma alla fine è questo il bello di scrivere!!! Un
ultimo appunto per Pulcerica: Tom ha gli occhi blu scuro, probabilmente nel
scrivere ho fatto i miei soliti pastrocchi!!! A presto con una nuova fic in
cantiere......tra un po' la finisco quindi dovrei postarla presto.......Un bacio
a tutti, Myriam! |
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=109768
|