Someone's watching over me

di phantomwise
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Again ***
Capitolo 3: *** Friends ***
Capitolo 4: *** All I ever wanted ***
Capitolo 5: *** A reason to smile ***
Capitolo 6: *** Only hope ***
Capitolo 7: *** From Hell with love ***
Capitolo 8: *** Alliances ***
Capitolo 9: *** Not a bad kid ***
Capitolo 10: *** Destiny ***
Capitolo 11: *** The plan ***
Capitolo 12: *** Elementary, my dear Watson ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
Someone’s watching over me

 


Prologo
 







La pioggia cadeva fitta, in quel pomeriggio di Ottobre.
Rispecchiava alla perfezione lo stato d’animo di quella donna che, camminando veloce, si dirigeva verso il luogo in cui le anime ricevono la pace eterna.
Del resto, era stata lei che aveva donato la pace eterna a molte di quelle anime.
Aveva privato della vita così tante persone, che ormai non si sorprendeva più, quando vedeva la disperazione negli occhi di chi si accingeva ad esalare l’ultimo respiro.
Niente di personale, diceva.
Ma se invece non fosse stato così?
Se invece quella donna avesse ucciso non per il semplice gusto di farlo, ma perché aveva uno scopo ben preciso?
Lei aveva i suoi motivi. Molto spesso si era anche pentita di ciò che aveva fatto, ma presto i suoi dubbi si erano dissolti come neve al sole.
Lei doveva farlo. Non poteva tirarsi indietro. Né avrebbe voluto.
Questi erano i pensieri che affioravano nella sua mente ogni volta che metteva piede in quel luogo.
Ogni volta che leggeva quel nome inciso nel gelido marmo.
Il nome dell’unica persona che aveva mai rubato il suo cuore.
E le lacrime continuavano a scendere, fitte come la pioggia, dietro un paio di occhiali da sole, che non bastavano a nascondere la sua profonda disperazione.
Scossa da violenti fremiti, la donna si lasciò cadere sulle ginocchia, impotente.
E mentre l’ombrello che stava reggendo cadeva a terra, la pioggia si mischiava alle sue lacrime.
E i suoi capelli color oro si impregnavano d’acqua, come i suoi vestiti neri.
E mentre accarezzava con dolcezza quella foto, la foto dell’unica persona che lei avrebbe voluto accanto a sé in quel momento, e rileggeva per l’ennesima volta quel nome inciso sulla lapide chiara, si poteva udire un sussurro.
Un sussurro lieve, dolce, pieno d’amore.
Un sussurro che non sembrava provenire da lei, una donna che sembrava così crudele, con i suoi occhi di ghiaccio.
Una donna che parlava sempre con il tono glaciale di chi non aveva più un cuore.
E forse il suo cuore era davvero sparito da tempo.
E mentre si rialzava, incurante della pioggia, guardò per l’ultima volta quel nome.
Alzò la testa e chiuse gli occhi, aprendo le mani verso il cielo.
Sperando che la pioggia potesse lavarle dal sangue.
Era davvero troppo tardi per lei?
Davvero non c’era alcun angelo che potesse rivolgerle un sorriso?
Un barlume di speranza si fece largo in quello che un tempo era il suo cuore e un sorriso consapevole sbocciò sulle sue labbra.
Capì cosa doveva fare.

Un sussurro.

-…I’m sorry, my love.-

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Capitolo 2
*** Again ***



Again

 







-Ti prego! Che ti costa? Solo per questa volta!-
-Ho detto no, Kudo. E quando dico no, è no.-
-Ti prego, Haibara! Ho bisogno dell’antidoto! È importantissimo!-
-Certo, il compleanno della tua ragazza è così importante da poter mettere in pericolo le nostre vite.-
-Ma…!-
-Niente “ma”, Kudo. Non capisci che se scoprissero che sei ancora vivo, ti ucciderebbero? Dopodiché, di quanto tempo pensi che avrebbero bisogno per ricollegarmi a te? E poi sarebbe tutto finito. Anche la ragazza dell’agenzia e tutti i tuoi amichetti sarebbero finiti.-
-Ti giuro che starò attento! Ran no mi perdonerebbe mai se mancassi al suo compleanno!-
-E a me che importa?-
-Tu sei l’unica… l’unica persona al mondo che potrebbe aiutarmi in questo momento. Capisco che è rischioso, ma per me ne varrebbe la pena. È… davvero importante.-
La ragazzina non rispose, fissando con i suoi occhi verdi gli occhi blu dell’amico.
Lui tacque, ricambiando fermamente lo sguardo.
-D’accordo… però mi devi promettere che non darai spettacolo come alla recita scolastica. Devi farti vedere solo da lei, d’accordo?- disse lei alzando gli occhi al cielo.
-Lo prometto!- rispose lui raggiante.
All’improvviso Conan Edogawa, la versione ristretta del famoso detective liceale Shinichi Kudo, abbracciò l’amica, senza notare il rossore che faceva capolino sul viso di lei.
-Ti ho mai detto che sei fantastica?- disse lui in preda all’allegria.
L’ex-scienziata Shiho Miyano, ora nota come la piccola Ai Haibara, si scansò, fingendo nervosismo.
-Meno smancerie, Kudo! O la tua ragazza potrebbe ingelosirsi…- disse lei girandosi per non far notare di essere arrossita e cercando di far rallentare i battiti del suo cuore.
-Lei non è la mia ragazza!-

***

-Ehi, Ran!- esclamò Sonoko Suzuki mentre correva per raggiungere la sua amica.
-Oh! Ciao, Sonoko.- disse la più pacata Ran Mouri.
Erano entrambe alunne dell’ultimo anno al liceo Teitan. Sonoko non aveva ancora deciso, ma Ran era sicura che l’anno seguente avrebbe studiato Giurisprudenza, seguendo le orme della madre, Eri Kisaki, avvocato di grande talento, soprannominata “Principessa del Foro”.
-Domani è il grande giorno! Hai già deciso come vestirti?- chiese eccitata Sonoko.
-No, non ancora… In questo momento ho altri pensieri per la testa…- rispose l’amica abbassando il capo.
-Scommetto che pensi al tuo maritino! Ma quando ti deciderai a lasciar perdere quel detective da strapazzo?- disse con rabbia l’erede della compagnia Suzuki.
-Sonoko! Shinichi non è il mio “maritino”! Anche se, comunque, stavo pensando proprio a lui…- ribatté la karateka.
-Visto? Come fai a sopportarlo? Lui non si fa vedere per secoli e tu ancora lo aspetti! Tra l’altro, sono sicura che domani non verrà! Fa sempre cos…-venne interrotta dallo squillo di un cellulare.
-È Shinichi!- esclamò Ran tirando il cellulare fuori dalla tasca e leggendo il nome sullo schermo.
-Scommetto che dirà che non potrà venire…- sbuffò Sonoko.
-Sta’ zitta! Pronto?- esclamò la figlia del detective Mouri.
-Ciao Ran! Come va?-salutò la voce proveniente dal telefono.
-Tutto bene… Tu come stai? Quando torni?- chiese lei al settimo cielo.
-Proprio per questo motivo ti ho chiamata. Visto che domani è il tuo compleanno, pensavo di tornare giusto per farti gli auguri. Ovviamente dopo dovrei ripartire, ma…- continuò lui.
-Davvero? Non sai quanto mi rendi felice! Comunque, Sonoko mi ha organizzato una festa domani pomeriggio, verso le cinque, alla sua villa, perciò mi chiedevo se tu… insomma vorrei che venissi anche tu. Ci sarai?- lo interruppe lei.
-Temo di no… Non credo che arriverei in tempo. Ti verrò a trovare dopo la festa, ok?-
-Va bene… Alloraci vediamo domani sera, ok?-
-Ok… Ci vediamo domani, allora.-
-Si… Ci vediamo… domani.- e chiuse la conversazione con un sorriso e le guance rosse.

***

-Allora, Kudo, questa è una dose dell’antidoto provvisorio contro l’apotoxina. È leggermente diversa da quella precedente: ha una durata di 48 ore, e i tuoi anticorpi non dovrebbero diminuirne l’effetto. Comunque, devi stare molto attento. Non dovrai…- spiegò Ai porgendo all’amico la piccola capsula bianca.
-…“Non dovrai farti vedere da nessuno tranne Ran, altrimenti metteresti in pericolo le nostre vite e quelle di coloro che ci circondano”. Si, lo so, me l’avrai ripetuto un centinaio di volte.- ribatté scocciato Conan afferrando l’antidoto.
-Te lo ribadisco sempre perché, conoscendoti, so che potresti cedere alle tue manie di grandezza e uscire allo scoperto. Giurami che starai attento.- pretese lei.
-Lo giuro.- confermò lui.
-Me lo devi giurare su ciò che per te conta di più.- continuò lei.
-Te lo giuro su Ran. Lei è la mia ragione di vita.- rispose serio lui.
-…Risparmiati i sentimentalismi per domani sera, Kudo.- ribatté, quasi sembrando schifata, la ragazza.
La giovane si voltò e prima di uscire dal laboratorio, lanciò un ultimo sguardo nostalgico a Conan.

“Sei davvero fortunata, Ran Mouri.”

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Capitolo 3
*** Friends ***



Friends

 







-Ne ero sicura! Sapevo che il tuo maritino avrebbe attraversato mari e monti per te!
“Ran, io ti amo con tutto il cuore!” “Oh, Shinichi! Anche io ti amo alla follia!”- fantasticò Sonoko prendendo in giro l’amica.
-Sonoko! Ma cosa stai dicendo? È il mio migliore amico, è ovvio che venga per il mio diciannovesimo compleanno! E poi, non eri proprio tu quella che mi diceva che non sarebbe venuto?- chiese sorpresa Ran.
-Ero giovane e stupida! Comunque, voglio essere io la tua testimone al matrimonio!- scherzò l’altra.
-Sonoko! La vuoi smettere? Ti ho fatta venire qui, a casa mia, perché volevo una consulenza su cosa mettermi domani, non sul mio presunto matrimonio!- la rimproverò la giovane.
-Quale matrimonio!?- urlò Kogoro, alzandosi di colpo dal divano sul quale era crollato dopo aver passato la serata a bere.
-Niente, papà, niente. Torna a dormire adesso.- rispose pazientemente la karateka.
-Come posso dormire? Domani la mia bambina sarà maggiorenne! Potrà andare a vivere da sola! Ma io non permetterò che accada!- urlò saltando in piedi sul divano e brandendo minacciosamente uno scopettino del water uscito da chissà dove.
-Papà…- la giovane figlia del detective guardò esasperata l’amica in cerca d’aiuto, ottenendo soltanto una risatina sommessa.
-Comunque… Sonoko, potresti venire con me in camera? Così mi aiuti a scegliere il vestito per domani!- propose Ran dopo aver tranquillizzato il padre.
-Ok!- rispose allegra la giovane.

***
-Allora, Kudo, sei pronto?- chiese la “piccola” Ai.
-Io sono nato pronto!- rispose euforico il mini-detective.
-Si, come vuoi. Comunque, nel bagno ci sono i vestiti per quando la trasformazione sarà terminata. Il dottor Agasa ha avvertito Ran che passerai tre giorni con i tuoi genitori. Tu non ti preoccupare di nulla, pensa solo a goderti questa serata e a non farti scoprire.- lo informò la scienziata.
-Grazie! Ora vado… a presto.- disse lui, sfilandosi gli occhiali e porgendoli alla bambina.
-A presto… Conan Edogawa.- disse lei, infilandoseli nella tasca del piccolo camice.

Dopo che il ragazzo si fu chiuso in bagno, la ragazza si diresse al computer nel laboratorio, dedicandosi al suo lavoro sull’antidoto contro l’APTX4869.
Quando le urla, a cui era abituata, che provenivano dal bagno cessarono e la porta si aprì, lei si voltò per trovarsi di fronte ad un bel giovane di diciannove anni, che sorrideva felice.
-Bentornato, Shinichi Kudo.- gli sorrise lei.
-Certo che sei proprio bassa, vista da quassù!- scherzò lui.
-… Dovresti portare più rispetto alle persone più grandi di te.- sbuffò lei.
Lui si inginocchiò, ritrovandosi faccia a faccia con la bambina, mentre lei spalancò gli occhi e cercò di rimanere impassibile e di non far notare le sue emozioni.
-Giuro solennemente che rispetto la mia piccola, grande amica Shiho Miyano.- disse lui chiudendo gli occhi e mettendosi una mano sul petto e una in aria in segno di giuramento.
-E io giuro solennemente che tu sei il più grande, piccolo stupido della Terra, Shinichi Kudo.- lo imitò lei.
Con grande sorpresa della giovane, il ragazzo si protese in avanti e l’abbracciò.
-Non so davvero cosa farei senza di te, Haibara. Sei la mia migliore amica. Grazie di tutto.- disse lui, riconoscente.
Lei, ancora a bocca aperta per l’abbraccio, il secondo in meno di 24 ore, rimase immobile, lasciando che il suo cuore riprendesse a battere.
-Si, certo. Comunque, Non dovresti sprecare il tuo tempo dispensando abbracci. C’è una cosa che hai scordato, caro detective.- disse lei liberandosi dolcemente dalla stretta.
Lui le rispose con uno sguardò interrogativo e lei sorrise.

-A qualcosa servono gli amici, no?-

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Capitolo 4
*** All I ever wanted ***



All I ever wanted

 







-Esprimi un desiderio!-
La giovane Ran Mouri sorrise osservando la torta e le diciotto candeline che scintillavano.
Indossava un vestito lilla senza spalline, lungo fino al ginocchio, con un sottile nastro viola che passava sotto il seno e che formava un fiocco sul fianco. Indossava delle scarpe bianche a tacco basso, portava i capelli legati e indossava gli orecchini di oro bianco con le perle che le aveva regalato la mattina stessa la madre.
Alzò il viso, incontrando lo sguardo del padre Kogoro, della madre Eri, dell’amica Sonoko e di tutte le altre persone presenti nella sala. C’erano perfino Heiji Hattori e Kazuha Toyama, venuti da Osaka solo per lei.
Tutti sorridevano calorosamente.
Mancava solo una persona.
Ma, fortunatamente, presto l’avrebbe incontrata.
Guardò nuovamente le candeline e chiuse gli occhi.
“Cosa potrei desiderare se non di rivederlo? Se non di poterlo riabbracciare e rivelargli che lo amo? Accarezzargli le guance, stringerlo, baciarlo? È lui che desidero. Solo lui.”
Riaprì gli occhi e soffiò sulle candeline, sperando che il suo sogno si avverasse.

***

“Shinichi ha detto che mi avrebbe aspettata alle nove davanti a casa sua” pensò la giovane Ran Mouri mentre si dirigeva verso villa Kudo di ritorno dalla festa, che era durata quasi tre ore e che era finita da un’oretta.
“Spero per lui che ci sia, altrimenti…” i suoi pensieri furono interrotti dalla vista di una sagoma fin troppo familiare.
Si bloccò di colpo, all’improvviso insicura. Lui era lì, ma lei non sapeva cosa fare.
Mentre era occupata a rimuginare sul da farsi, la sagoma si voltò e notandola, sfoggiò il suo più bel sorriso, mentre si dirigeva verso di lei.
-Ciao, Ran! Buon compleanno!- la salutò lui.
-Grazie… Shinichi… Sono contenta che tu sia qui…- rispose lei cercando di non guardarlo negli occhi.
-Ovvio che sono qui! Non sarei mancato per nulla al mondo!- disse lui dolcemente.
“Caspita… È ancora più bello di quanto lo ricordassi… Cosa mi hai fatto, Shinichi Kudo? Perché ti amo così tanto?”
-Ehi, Ran.- chiamò il giovane.
-Si?- rispose lei, abbandonando i suoi pensieri.  
-Che ne dici di entrare? Così chiacchieriamo un po’ e ti offro qualcosa.- propose lui.
-Certo, con piacere. Ma qui non vive il signor Okiya?- chiese lei.
-È in viaggio, perciò ho chiesto “in prestito” la villa per stasera. Ripartirò domattina.- rispose lui sorridendole.
-Ah… Ok.- disse lei ricambiando il sorriso.
“Partirai di nuovo? E quando tornerai? Quanto tempo dovrò aspettarti? Due anni non sono bastati?”
Entrarono e Ran si accomodò sul divano in soggiorno, mentre Shinichi si avviò in cucina per prendere da bere.
-Thè o limonata? O preferiresti un succo?- arrivò la voce del giovane dalla cucina.
-Della limonata va benissimo, grazie.- rispose la ragazza.
Il ragazzo entrò nel soggiorno con due bicchieri di vetro in una mano e una caraffa con la limonata nell’altra.
-Ecco, tieni.- disse lui porgendole il bicchiere dopo averlo riempito.
-Grazie.- rispose lei, prendendo il bicchiere e bevendone il contenuto.
Ran osservò il suo migliore amico sedersi sul divano di fronte a lei sorseggiando distrattamente la bevanda.
Il silenzio era così assoluto da essere imbarazzante.
“Aspetto questo momento da anni… e ora non so che dire. Sono proprio una stupida.” Pensò la ragazza.
-Ehm… Hai risolto il caso di cui mi parlavi?- chiese lei cercando di allentare la tensione, che, a quanto sembrava, percepiva solo lei.
-Purtroppo no. Non ancora, almeno.- rispose lui poggiando il bicchiere vuoto sul tavolino accanto alla caraffa.
-È molto complicato?- chiese la giovane, curiosa.
“Oh si, non sai quanto”.
-Abbastanza. Il problema è che non abbiamo molti indizi su cui indagare.- rispose lui, non mentendo.
-Oh, capisco.- disse lei.
Di nuovo quel silenzio imbarazzante.
Ran stava per dire qualcosa, quando fu interrotta da Shinichi che si alzò e si sedette accanto a lei.
-Ti ho preso un regalo.- disse lui, scostando lo sguardo per mascherare l’imbarazzo.
-Davvero? Che pensiero gentile. Ti ringrazio, ma non era necessario.- rispose lei sorridendo.
“Mi basti tu, come regalo”.
-Ci tenevo a regalarti qualcosa. Ecco.- disse porgendole un pacchetto chiuso con un nastro rosso.
“Un nastro rosso… Come il filo rosso che ci lega... Se lo ricorda ancora o è un coincidenza?” pensò Ran.
-L’ho fatto decorare con un nastro rosso perché… ehm… mi sono ricordato di quella volta…- disse lui, imbarazzato, notando che la ragazza accarezzava il filo rosso.
Lei alzò lo sguardo, sorpresa. Le aveva letto nel pensiero?
Sorrise, intenerita dall’imbarazzo del giovane, e riabbassò lo sguardo per dedicarsi all’apertura del pacchetto.
Ne tirò fuori una collana formata da un filo sottilissimo ed un ciondolo a forma di cuore, di oro bianco e madreperla decorata. Era meravigliosa.
-Aprila.- disse Shinichi, all’improvviso.
-Devo… aprirla?- sussurrò lei mentre osservava la collana.
La aprì: si formarono due cuori.
Dentro c’era nella parte sinistra la foto che scattarono al Tropical Land e sulla parte destra un’incisione con scritto: Per Ran da Shinichi.
-Ma…! È…È…- la giovane era senza parole.
-Che c’è, non ti piace?- chiese lui, triste.
-È…stupenda! È il regalo più bello che abbia mai ricevuto! Io…ti prometto che la terrò sempre con me. Non la toglierò mai.- disse lei abbracciando l’amico, quasi commossa.
-Sono contento che ti piaccia. Aspetta, ti aiuto ad allacciarla.- propose lui.
“Devo ringraziare un’altra volta Haibara per l’aiuto”.
Ran si voltò e con la mano sinistra si alzò la coda, mentre con la destra porgeva la collana al ragazzo.
Lui l’allacciò e lei si lasciò andare i capelli, voltandosi sorridente e rigirandosi il ciondolo tra la dita.
Alzò il viso e lo fissò, i suoi occhi azzurri fissati in quelli blu di lui.
In uno sguardo si capirono al volo: non servivano parole per dimostrare ciò che sentivano.
Lui si avvicinò a lei, lei sporse il viso in avanti e chiusero gli occhi, assaporando il loro primo bacio.
In quel momento esistevano solo loro due.
Ran mise una mano sulla nuca di Shinichi, accarezzandogli i capelli, mentre lui posò le mani sui fianchi della ragazza, attirandola a sé dolcemente e lasciando che i loro corpi si toccassero.
La giovane si staccò per prendere fiato e sorrise scrutando il volto del ragazzo che amava.
Poggiò nuovamente le labbra su quelle del ragazzo, e mentre il bacio si approfondiva, lei si distese sul divano, portando il ragazzo a stendersi sopra di lei.
Si staccarono nuovamente per respirare e si guardarono ancora negli occhi, senza parlare.
Dopotutto, non c’era bisogno di dire nulla.

***

Qualche ora dopo si poteva scorgere un ragazza che, con le scarpe in mano e i capelli lievemente scompigliati, saliva i gradini di casa cercando di non fare rumore.
Si buttò sul letto, con il cuore che batteva all’impazzata e, illuminata dalla luce della luna, riaprì la collana, sorridendo, e regalandosi un sonno ristoratore dopo quella giornata così piena di emozioni.

Poco lontano, un ragazzo della stessa età, con lo stesso battito frenetico del cuore, si buttava sul letto a pancia in giù e a petto nudo e, con un sorriso, si regalava un riposo in quel corpo che presto non avrebbe avuto più.

Quella sera, due cuori battevano all’unisono, due corpi pulsavano insieme e due anime diventavano una cosa sola.
Ed era tutto ciò che avevano sempre desiderato.

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Capitolo 5
*** A reason to smile ***


A reason to smile





 


-Buongiorno, papà!- esclamò una sorridente Ran Mouri.
-Ciao, Ran. Ti vedo felice, è successo qualcosa?- chiese il detective Kogoro Mouri sorseggiando il caffè con la mano destra e reggendo il giornale con la sinistra.
-No, niente di particolare. Sono felice e basta. Beh… dopotutto, quello di qualche giorno fa è stato il miglior compleanno della mia vita.- rispose la giovane abbassando lo sguardo e con un mezzo sorriso.
-Capisco... Ah, guarda qua! La criminalità è aumentata ulteriormente in questo periodo. Non è una bella notizia, ma almeno ci sarà più lavoro per il grande detective Kogoro Mouri!- urlò l’uomo, accompagnato dalla sua solita risata sguaiata.
La figlia, non sapendo cosa dire, preferì tacere, decidendo di lasciarlo cuocere nel suo brodo.
-Ehi, Ran… Ma la piccola peste dov’è? Sai, non vorrei combinasse uno dei suoi soliti guai…- disse all’improvviso il detective fingendosi disinteressato.
-Ah, già! Mi sono scordata di dirti che Conan avrebbe passato qualche giorno dai suoi genitori. Dovrebbe tornare oggi.- rispose la ragazza.
In quello stesso momento, il campanello suono e la giovane aprì la porta.
-Sono tornato!- salutò un allegro Conan Edogawa.
-Oh! Ciao, piccolino!- disse Ran sorridendo.
-Parli del diavolo…- sibilò tra i denti Kogoro.
-E spunta il moccioso! Ciao Ran, ciao Kogoro!- disse entrando una rumorosa Sonoko Suzuki, spingendo il bambino che cadde e la guardò in cagnesco mentre si aggiustava le occhiali.
-Ciao, Sonoko!- disse ridacchiando l’amica.
-Beh, sei pronta per gli ultimi giorni di scuola prima degli esami finali?- sbuffò l’ereditiera.
-Certo…- rispose un po’ malinconica la giovane, prendendo la cartella e mettendosela in spalla, ripensando a Shinichi che, ancora una volta, sarebbe stato segnato come “assente” sul registro di classe.
-Allora, andiamo? Oppure hai intenzione di pensare al tuo maritino ancora per molto?- la prese in giro Sonoko.
-Quale “maritino”? Ran, devi dirmi qualcosa?- urlò un furioso Kogoro saltando sulla sedia e versando il caffè sul giornale.
-No, papà, niente. Sonoko stava solo scherzando…- disse la karateka lanciando un’occhiataccia all’amica, pensando a come facesse a leggerle sempre nel pensiero.
-Non ti leggo nel pensiero, leggo i tuoi occhi. Sei un libro aperto per me, Ran Mouri!- disse la ragazza, correndo giù dalle scale.
-Aspettami, Sonoko!-

***

-Ti sei divertito dai tuoi genitori, Conan?- chiese Ayumi Yoshida all’amico Conan, andando verso scuola, seguita da Genta Kojima e Mitsuhiko Tsuburaya.
-Certo! Siamo… ehm… stati al Luna Park e poi… abbiamo fatto un picnic…- rispose lui, inventando tutto sul momento.
-Oh, si saranno divertiti un mondo, non è vero, Conan?- disse Ai, avvicinando il viso a quello del bambino e guardandolo maliziosamente.
-…E-Esatto! U-Un mondo!- rispose lui arrossendo per l’imbarazzo e distogliendo lo sguardo.
Gli altri tre si scambiarono guardi interrogativi, non avendo capito nulla della conversazione fra i due adolescenti, che non si degnarono comunque di spiegare.

***

“È il momento. Ora o mai più.” pensò la donna guardandosi allo specchio.
Prese una delle varie maschere che usava per travestirsi e si camuffò cambiando completamente viso.
Solo gli occhi erano gli stessi di sempre, color celeste cielo e dallo sguardo glaciale,
tipico di chi sa uccidere tranquillamente, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Indossò il suo giubbotto antiproiettile preferito, quello che, essendo più resistente, le dava una struttura fisica massiccia. Indossò dei vestiti imbottiti per sembrare più robusta e mise dei buffi occhiali da sole per camuffare meglio il viso.
Prese un paio di piccole pistole che nascose nel grande impermeabile beige che aveva indossato per coprirsi.
Si guardò un’altra volta allo specchio, notando che la sua solita abilità nel travestirsi non era diminuita affatto in tutti quegli anni.
Sorrise, pensando che il momento che aveva atteso da tanto era finalmente arrivato.

“Forse un giorno avrò anch’io… una ragione per sorridere…”

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Capitolo 6
*** Only hope ***



Only Hope

 






 
-Conan, vuoi venire a prenderti un gelato con me e Sonoko?-
-Si! Evviva, il gelato! Può venire anche Ai?- rispose il “piccoletto”.
La bambina era andata lì per “studiare”. In realtà aveva fatto qualche controllo per verificare che l’antidoto non avesse avuto effetti indesiderati sul ragazzo.
-Certo, non c’è problema. Ti piace il gelato, Ai?- chiese Ran chinandosi per avvicinarsi alla bambina.
-…Secondo i dietologi, mangiare un gelato equivale a mangiare un piatto di pasta, con la differenza che la pasta è ricca di carboidrati che vengono assorbiti e immagazzinati dall’organismo e da cui si ricavano molte sostanze ed energie, mentre il gelato è pieno di vari tipi di zuccheri, conservanti e coloranti che non solo fanno ingrassare e fanno cariare i denti, ma possono causare un rialzo del colesterolo che, ad una certa età, ostruirà le arterie, con un’elevazione significativa del rischio d’infarto.- disse passiva la bambina.
Tutti si zittirono e la guardarono con un misto di ammirazione e di timore.
-…Ovviamente queste cose le ha imparate grazie a quel programma che hai visto ieri alla televisione, non è così, Ai?- chiarì Conan dando una gomitata all’amica.
-…Ovviamente. Comunque, verrò con voi.- rispose gelida lei, avviandosi fuori dalla porta.

Seduti ad un tavolino in una piccola gelateria del centro, i quattro ragazzi si godevano quel raro momento di tranquillità.
-Ehi, senti, Ai… Mi dispiace per prima. Capisco che ti sia sentita trattata come una bambina, perciò volevo scusarmi.- disse Ran abbassando il capo, dopo aver finito il frappè al cioccolato.
-Anche se poteva essere più educata…- sibilò tra i denti Sonoko mentre ripuliva la coppetta dai residui di gelato al caramello.
-Non è per quello… Sai, lei adorava il gelato alla fragola. Diceva che la mamma glielo comprava sempre…- rispose improvvisamente triste la bambina, che aveva scelto un piccolo cono alla fragola.
-Potrò sembrarti stupida, ma… chi sarebbe “lei”?- chiese Sonoko all’oscuro di tutto.
-Akemi, lei… ti somigliava molto, Ran. Quando vedo te, mi sembra di rivedere lei. Mi manca così tanto…- la ignorò lei, lasciando che una  lacrima le rigasse il volto.
Erano tutti rimasti in silenzio di fronte all’improvvisa apertura della piccola.
Senza dare neanche il tempo alle liceali di rispondere, Conan si sporse verso Ai e l’abbracciò stretta.
-Te l’ho promesso. La pagheranno per ciò che hanno fatto. Io ti sono vicino, non ti lascerò mai. Però non trattenere le lacrime. Sfogati, non tenerti tutto dentro. Sono tuo amico, no?- sussurrò il giovane.
Davanti allo sbigottito gruppetto, la stessa ragazza che poco prima era avvolta dal ghiaccio, strinse le mani sulla camicia dell’amico e poggiò la testa nell’incavo della sua spalla, sciogliendosi in quel pianto che aveva trattenuto per troppo tempo.

-Ehi, Shiho. Indovina cosa ti ho portato?-chiese una ragazzina sui dieci anni tenendo le braccia incrociate dietro la schiena.
-Una sorpresa! Che bello, che bello!- urlò saltellando la sorellina di quattro anni.
Akemi Miyano si chinò verso la piccola Shiho, e da dietro la schiena tirò fuori un cono gelato alla fragola decorato da un biscotto.
-Ecco qua! Un gelato alla fragola per la mia sorellina preferita!- disse sorridente dandolo alla piccola.
-È dolce! Guarda! È tutto rosa! C’è anche il biscotto!- esclamò la bambina dai capelli ramati dopo aver assaggiato il gelato.
-Lo so. Oh, ti sei sporcata il naso! Aspetta, ora ti pulisco...- disse la ragazzina tirando fuori dalla tasca un fazzoletto.
-Kemi, a te piace il gelato alla fragola?- chiese la piccola chinando la testa di lato.
-Si, tanto. La mamma me lo comprava sempre: è il mio preferito.- rispose lei sorridente.
Soddisfatta dalla risposta, la piccola si sedette sul divano dondolando le gambe, mentre immaginava come sarebbe stato mangiare il gelato con mamma e papà.

Mentre tornavano verso casa, Ran aveva preso per mano Ai, che non aveva obiettato. La figlia del detective Mouri aveva sempre cercato un contatto con quella bambina silenziosa e apparentemente apatica: accettare quel gesto era il minimo che la scienziata potesse fare per ringraziarla. Dopotutto, la giovane aveva cercato di farla calmare accarezzandole dolcemente i capelli per tutto il tempo, senza fare domande scomode sul perché stesse piangendo.
Ogni volta che la bambina alzava lo sguardo verso di lei, le sembrava di rivivere le passeggiate che faceva con la sorella quando tornava dalla gelateria, tenendola per mano e canticchiando insieme a lei qualche canzoncina per bambini.
All’improvviso strinse di più la mano di Ran, abbassando il capo. La ragazza la osservò, ma non disse nulla.
Si preoccupò solo quando vide che Ai si era bloccata di colpo, aveva lasciato la sua mano e tremava come una foglia.
-Che c’è, Ai?- chiese lei, notando che la piccola si era nascosta dietro di lei avvinghiata alla sua gonna.
In quel momento notò che una donna paffuta e con capelli rossi e ricci, che portava un impermeabile beige e dei buffi occhiali da sole, si era fermata e le stava rivolgendo la parola.
-Oh, care ragazze. Dovete stare attente quando camminate per strada in questo periodo: ci sono molti criminali in giro e potreste fare incontri indesiderati.- disse rivolta alle due liceali, ma lanciando uno sguardo verso Ai, ancora nascosta dietro Ran.
-Ormai ci sono solo corvi dalle piume nere, non più angeli dalle ali candide. Ovviamente, ci sono ancora delle eccezioni. Right, Angel?- continuò apparentemente rivolta alla karateka.
-Anyway, uno di questi corvi potrebbe essere tra di voi... State attente.- proseguì la stramba donna.
-Oh, grazie mille per il consiglio. Ma ora dovremmo…- disse Ran leggermente intimorita da quelle parole.
-It’s rude to interrupt who’s talking, Angel. Non ho finito. Se hai le mani sporche di sangue, non è così facile fuggire dall’inferno. I guess Sherry should know it well, doesn’t she?- la interruppe la sconosciuta.
In quel momento Conan afferrò l’impermeabile della donna.
-Non la capisco, signora.- disse in modo infantile il ragazzino.
-Oh, sure. You’re just a little boy, right?- ribatté la donna chinandosi sulle ginocchia.
Si tolse gli occhiali e lo guardò negli occhi blu con degli occhi glaciali che mal si intonavano con quel viso paffuto e simpatico.
-Will you be able to stop us, my precious Silver Bullet?- chiese porgendogli di nascosto un bigliettino.
-I’ll do it, Vermouth. It’s a promise.- rispose lui in perfetto inglese.
-You sure promise many things…- disse la donna alzandosi e rimettendosi gli occhiali.
-Puoi fidarti di ciò che dico.- esclamò lui con il suo solito sorriso sprezzante.
-Non mi fido di ciò che dici. Mi fido di te.- rispose allontanandosi e lanciando un ultimo sguardo al gruppetto.
Tutti tacevano.
-…T-Tu! Brutto stupido! Lo sai cosa hai fatto? Eh?- esplose Ai, ricevendo sguardi di stupore dalle altre due ragazze, che non avevano capito nulla della conversazione.
-Ran, Sonoko, ci vediamo dopo. Accompagno Ai dal dottor Agasa e mi fermo per un po’ a giocare ai videogiochi. Ci vediamo dopo. Ciao ciao!- salutò Conan, fingendo di non sentire gli insulti della bambina che stava trascinando con sé.
“Sarà giusto fidarsi di lei?”.

***

“Sarà giusto fidarsi di lui? Dopotutto è solo un ragazzino. Sono una sciocca a deporre tutta la mia fiducia in un moccioso che puzza ancora di latte... Ma, del resto, lui è la mia unica speranza.”
pensò la donna che aveva osservato il resto della scena da dietro un angolo.

“I leave you my destiny. You’re my only hope, Shinichi Kudo.”

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Capitolo 7
*** From Hell with love ***



From Hell with love

 






 
-Non se ne parla neanche! Non voglio essere complice della tua follia! Andare a quell’appuntamento è un suicidio. Quella donna è malata!-
-Io credo di no, Ai. Qui spiega che ha dei motivi personali per aiutarci…- rispose lui rileggendo il biglietto che aveva ricevuto poco prima.

Dear Silver Bullet,
Ho bisogno del tuo aiuto. Non pretenderò che tu accetti, ma sono sicura che lo farai. Dopotutto, anche tu hai bisogno del mio aiuto.
Noi abbiamo lo stesso nemico: l’organizzazione. Potrai pensare che sia una trappola, visto che io stessa ne faccio parte, ma non è così. Io ho dei motivi personali per desiderare la distruzione dell’organizzazione.
Voglio vendetta. Per chi o per cosa, non lo scriverò. Forse te lo rivelerò, un giorno, ma non ora. Anche se ono sicura che lo scopriresti comunque. Sei un detective, no?
Io potrò darti informazioni e tu potrai aiutarmi. Sei l’unico che può farlo.
Vuoi una garanzia?
So che Kir è un’infiltrata, ma non l’ho rivelato al capo e lei è ancora viva.
So tante altre cose, ma dovrai accettare di aiutarmi se vuoi che te le riveli.
Are you ready?
Ti aspetterò domani alle dieci nel posto dove è iniziato tutto.
Hai capito, no?
Puoi portare anche Sherry, se vuoi. I gave up on her for you, remember?
Sarò sola. Puoi fidarti. Come io mi fido di te.
See you tomorrow!
                                                                                                                             Vermouth


-Fidati, è sicuramente una trappola. Non andare, ti prego. Non fidarti.- disse Ai.
-No, Ai. Io andrò. Se vuoi seguirmi, bene. Altrimenti andrò da solo. Cosa vuoi fare?- domandò Conan serio.
-…Hai promesso che non mi abbandonerai, no? Allora chi sono io per farlo? Uno Sherlock in versione tascabile ha bisogno sempre del suo Watson.- rispose lei sorridendo.
***

-Eccoci qui, Vermouth.- dissero i due ragazzini dopo essere arrivati al luogo dell’appuntamento.
-Oh! Ero sicura che sareste venuti tutti e due. Come ero sicura che avresti capito subito a che luogo mi riferivo, Silver Bullet.- ribatté la donna, che aveva cambiato travestimento.
-Era semplice… Tropical Land… Dove sono iniziati tutti i miei guai…- disse Conan abbassando il capo.
-Comunque, Vermouth… Perché lo chiami Silver Bullet?- intervenne Ai.
-Perché credo che lui sia quello che riuscirà a sgominare l’organizzazione. Ha raccolto una quantità impressionante di informazioni su di noi per essere un ragazzino.- si complimentò la donna, lasciando lievemente sorpresa la bambina.
-Andiamo al dunque. Perché ci hai chiamati?- chiese Conan.
-Come ti ho scritto, ho delle informazioni per voi.- rispose lei.
-Cosa vuoi in cambio?- domandò Ai.
-Ve l’ho detto: il vostro aiuto. Siete in contatto con FBI e CIA, potreste aiutarmi.- ripeté la bionda.
-E allora perché non ci hai contattati prima?- chiese sospettoso il piccolo detective.
-Perché qualche giorno fa… era “l’anniversario” dell’avvenimento che mi ha distrutto la vita.- rispose la donna malinconica.
-Sono passati quindici anni da quando l’organizzazione mi ha uccisa.- continuò, rialzando lo sguardò e osservando gli altri due.
I due bambini tacquero, non sapendo cosa dire. Si scambiarono uno sguardo e capirono cosa fare.
-D’accordo, Vermouth, accettiamo. Contatteremo FBI e CIA solo quando avremo messo a punto un piano efficace per debellare l’organizzazione. Stiamo riponendo la nostra fiducia in te e tu la stai riponendo in noi. Non ci deludere e non ti deluderemo.- disse Conan serio.
-It’s ok. Siamo una squadra, right?- rispose sorridente la donna.
-Si, siamo una squadra.- ribatté il ragazzo sorridente.

Mentre i due bambini tornavano a casa del dottor Agasa, il silenzio regnava fra di loro, interrotto solo dal rumore dei loro passi.
-Dovremmo avvisar l’agente Jodie…- rifletté ad alta voce Ai.
-No, io credo che invece sarebbe una mossa azzardata avvertirla subito. Dopotutto, lei disprezza Vermouth, che l’ha privata della famiglia. Tra l’altro potrebbe essere tutto un buco nell’acqua.- rispose Conan.
-O un trappola.- lo interruppe la scienziata.
-Non ti fidi di me? Io non credo che sia una trappola. Dopotutto, Vermouth ha provato più volte di essere in qualche modo dalla nostra parte. Non ci ha uccisi e non ha neanche ucciso Kir, nonostante abbia avuto molte opportunità. Del resto sta rischiando molto esponendosi in questo modo…- constatò il bambino.
Vermouth aveva fissato il prossimo incontro per una settimana seguente, in una casetta abbandonata nei pressi del porto.
-Mi fido di te. Anche a me piacerebbe credere alle parole di Vermouth, ma conosco troppo bene i doppiogiochisti dell’organizzazione per fidarmi ciecamente di lei. La mia fiducia se la dovrà guadagnare. Del resto, questa volta rischiamo davvero grosso. Se fosse una trappola, non avremmo via di scampo.- fece notare lei.
-Avvertiremo solo il professore, al quale chiederò il dispositivo che ho usato per l’Halloween Party, quello che controlla le funzioni vitali. Ci procureremo dei giubbotti antiproiettile e dei narcotici, e potrebbero servirci anche delle ricetrasmittenti per trovarci nel caso ci rapissero. Prenderemo tutte le precauzioni necessarie, non temere. Non ti metterei mai in pericolo, lo sai.- ribatté lui prendendola saldamente per le spalle e fissandola con i suoi occhi blu oceano.
-Lo so.- rispose lei distogliendo lo sguardo e arrossendo leggermente.

-Questa, ormai, è la mia unica certezza.-

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Capitolo 8
*** Alliances ***



Alliances

 






 
-Oh, eccovi qui. Are you ready?- chiese Vermouth sfoggiando un altro travestimento.
-Siamo pronti. Ora parla, voglio sapere che informazioni hai da darci.- saltò subito al punto Ai.
-Sherry… You’re cold as usual, aren’t you? Ok, vi dirò qualcosa che credo possa interessarvi.
Ormai sapete che Tooru Amuro è Bourbon, no? Non dovete temerlo. Anche lui vuole sconfiggere l’organizzazione, anche se sembra serbare un odio viscerale nei tuoi confronti, Sherry. Sono sicura che ci siano dei motivi personali dei quali tu sei a conoscenza, ma che non ci rivelerai tanto facilmente, right?- iniziò la donna, ottenendo solo silenzio.
- As I thought. Anyway, non credo che abbia scoperto la tua attuale identità. Un’altra cosa: Subaru Okiya è Shuichi Akai. L’organizzazione non lo sa, ma la sua morte è stata solo una messa in scena sua e di Kir, con l’aiuto di FBI e CIA. Per questo motivo Sherry l’ha “percepito” come un membro dell’organizzazione: perché un tempo ne ha fatto parte come infiltrato. Come sapete, lui è un fedele alleato. And Masumi Sera is his sister.- continuò Vermouth.
-Sua sorella?- dissero all’unisono i due bambini.
-Yes. Non avete notato la somiglianza?- chiese la donna.
-Si… La prima volta che l’ho vista ho avuto l’impressione che somigliasse a qualcuno. Perché hanno un cognome diverso?- rispose Conan.
-Per proteggerla l’FBI ha cambiato il suo cognome. E per quell’uomo che somigliava ad Akai con una cicatrice… ero io travestita. Ovviamente, l’organizzazione non sa neanche di questo. Con il tempo vi dirò altre cose, ma dovrete attendere…-rivelò la bionda.
-D’accordo. Tutto quello che hai detto sembra plausibile. Ho solo una domanda: perché non invecchi? Sei Sharon Vineyard, Chris Vineyard non è mai esistita. O sbaglio?- domandò il bambino.
-You’re right. Chris non è mai esistita. Ma, per ora, non risponderò alla tua domanda. And… one last thing. If you agree, you can call me Sharon.  After all, we’re a team now.- rispose sorridente Vermouth tendendo una mano al bambino.
-Ok, Sharon. E tu puoi chiamarmi Shinichi.- rispose Conan stringendole la mano.
-And you, Sherry?- disse voltandosi verso la bambina.
-Non sono più Sherry. Ora sono solo Shiho. Puoi chiamarmi così, Sharon.- disse Ai senza scomporsi.

***

-Che cosa!? Vermouth!?- urlò al telefono Heiji Hattori, attirando l’attenzione dei passanti.
-Kudo, sei impazzito, per caso?- continuò abbassando la voce il giovane.
-No, Hattori. Non sono impazzito. E non ti ho chiamato per sentire i tuoi sgradevoli schiamazzi, ma perché ho bisogno del tuo aiuto.- rispose Shinichi a sua volta, senza preoccuparsi di usare il modulatore di voce.
-Il mio aiuto? In cosa potrei aiutarti?- domandò sorpreso il giovane di Osaka.
-Ho bisogno che tu mi copra le spalle. Non so cosa accadrà d’ora in poi, abbiamo raggiunto un punto di svolta. Potremmo avere la possibilità di sconfiggere l’organizzazione in un colpo solo. Non voglio illudermi, ma è l’occasione migliore che ci sia capitata sino ad ora.- rispose serio il giovane.
-Ok. Cosa dovrei fare, precisamente?- chiese curioso Heiji.
-Ho affidato lo stesso compito al dottor Agasa. Porterò con me un registratore vocale, ma nessuna telecamera, sarebbe troppo semplice da rintracciare. Ascolterai le varie conversazioni: nel caso fosse tutta una trappola, non credo che ne uscirei vivo. Se l’operazione andasse male, sarebbe la mia fine. Per questo affido a te il compito di continuare le mie indagini. Ovviamente, spero che non ce ne sarà bisogno, ma il tuo aiuto è fondamentale. Accetti?- propose il bambino.
-E me lo chiedi? Siamo una squadra, no?- rispose sorridendo il giovane.

***

Conan si fermò davanti a quella villa in cui aveva vissuto per tanti anni, che ora era occupata da un altro inquilino, il quale era appena tornato da una vacanza di due mesi in America.
Alzandosi in punta di piedi premette il pulsante del citofono, senza ottenere risposta.
Qualche secondo dopo, il cancello si aprì. Il bambino lo spinse, ed entrò.
Il giardino non era cambiato minimamente. Nonostante la casa fosse abitata, Ran si preoccupava sempre di mantenerla uguale a com’era, nell’attesa del legittimo proprietario.
Che, all’insaputa di tutti, non si era mai allontanato.
Bussò alla porta, trovandosi davanti un uomo dai capelli ramati, che teneva gli occhi socchiusi nascosti dagli occhiali.
-Che c’è, piccoletto?- chiese l’uomo infastidito.
-So chi sei, Subaru Okiya. O dovrei dire…- rispose il bambino con tono sprezzante.
-Basta così. Vieni dentro.- lo interruppe prendendolo per un braccio e trascinandolo dentro casa, chiudendo la porta dietro di sé.
-È un piacere rivederti, agente Akai.- disse Conan sorridente.
-Lo stesso vale per me, piccoletto. Come hai fatto a scoprirmi?-chiese sospettoso l’uomo.
-Vermouth mi ha contattato per darmi informazioni sull’organizzazione. Ho deciso di informarti prima dell’FBI perché non so ancora dove andremo a parare. Ah, mi ha detto anche che Sera è tua sorella. È la verità?- domandò il bambino.
-Si, è vero. Sai molte cose, moccioso. Un bambino di otto anni che guida un’operazione per sgominare una banda di criminali? Wow, Vermouth ha scelto bene i suoi alleati. Sempre che tu in realtà non sia chi penso io…- disse Akai togliendosi gli occhiali per rivelare i suoi inconfondibili occhi verdi.
-Già… Non credi sia giunto il momento di presentarci adeguatamente? Ormai ci conosciamo da parecchio tempo…- propose il piccolo detective.
-Allora… Piacere, il mio nome è Shuichi Akai.- si presentò l’uomo porgendo la mano a Conan.
-Piacere, il mio nome è Shinichi Kudo. Posso contare sul tuo aiuto?- chiese il bambino ricambiando la stretta.
-Certo. Considerami parte della squadra.- esclamò sorridente l’agente.


 

 


Note di quella fessa dell'autrice: 

Allora! Sono viva e sono tornata con uno dei capitoli più fiacchi della storia!
Perdonatemi, non ho potuto scrivere perchè non mi andava dovevo aspettare di avere il wifi!
Ho avuto anche il "blocco dello scrittore" (si chiama così, vero?)
E, visto che la scuola inizia il 13, mi sto occupando di fare in quattro giorni TUTTI i compiti delle vacanze!
Il mio amato Greco mi attende ogni mattina, che orrore! ^-^
E quello schifo di dizionario grande quanto cinque dei miei cervelli mi cade ogni giorno sul piede -.-"
Esaurimento giornaliero: fatto!
Ok, la mia unica consolazione è il mio cagnolino Ugo <3
Spero di riuscire a postare più spesso, alcuni capitoli li ho già scritti, però vorrei postarli un po' alla volta, perchè sono crudele ;)
Vabbè, vado a ballar coi lupi. (?)
Lacitemi morire in pace.
A presto, 
La vostra carissimissima (seee, sogna e spera...)

MildeAmasoj 
^~^
 
 
 

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Capitolo 9
*** Not a bad kid ***



Not a bad kid

 






 

-Sono certa che non sarà così, Sonoko.-
-Invece sì, Ran! Non riuscirò a passare il compito in classe di scienze e il professore, che mi odia, mi farà bocciare! Ah, povera me! Perché questo mondo crudele cerca sempre di rovinarmi la vita?- esclamò drammaticamente Sonoko Suzuki.
Le due ragazze stavano tornando a casa da scuola, accompagnate da Conan, che in questo periodo sembrava inseparabile da Ai, con la quale avrebbe “studiato le tabelline”.
In realtà il piccolo detective voleva evitare di lasciare troppo tempo da sola la ragazza, la quale non riusciva ancora a fidarsi completamente di Vermouth e  si sentiva troppo esposta stando a casa di Agasa.
-Cos’è che non hai capito di scienze, eh, Sonoko?- chiese innocentemente Conan.
-Ah, le reazioni chimiche sono degli arcani per me!- rispose depressa la ragazza.
-…Una reazione  chimica è una trasformazione della materia che avviene senza variazioni misurabili di massa, in cui uno o più reagenti iniziali modificano la loro struttura e composizione originaria per generare i  prodotti, coinvolgendo gli elettroni esterni attraverso la formazione o la rottura dei legami chimici.- spiegò con tranquillità la “piccola” Ai, lasciando tutti senza parole.
-… E-E tu dove le hai imparate queste cose?- chiese sconcertata l’erede della compagnia Suzuki.
-…Internet.- rispose scocciata la scienziata.
-Oh, capisco…- disse ancora più depressa la giovane.
-Certo che tu sei una vera esperta nel consolare la gente, Ai…- sussurrò Conan alla bambina.
-Pensavo che una spiegazione elementare come quella potesse aiutarla, tutto qui.- rispose lei.
-Hai uno strano concetto di “spiegazione elementare”, tu…- ribatté il bambino.

***

-Pronto?- chiese una voce maschile al telefono.
-Si?- rispose Masumi Sera, senza riconoscere il suo interlocutore.
-Ciao, Masumi. È tanto che non ci si sente.- salutò la voce  con un pizzico di ironia.
-Chi parla?- domandò incerta la ragazza.
-Non eri una detective, tu? Tra l’altro non credo che dovresti aver bisogno di chissà che intelligenza per riconoscermi…- rispose divertito l’uomo.
“Questo tono… Non è possibile…”
-…F-Fratellone? Shu, sei tu?- chiese incredula la giovane.
-Ce ne hai messo di tempo a capirlo… Beh, come ti trovi a Tokyo?- esclamò tranquillo l’uomo.
- Ma…cosa…come... Non è possibile.. Tu non puoi essere mio fratello… Lui è m-morto… Sei Vermouth? O qualche altro assassino? Magari sei proprio quello che l’ha ucciso!-  urlò arrabbiata la giovane.
-No, piccolina… Hai preso un granchio: sono proprio io. La mia morte è stata tutta una messa in scena.-
-Non ti credo! Se sei davvero tu, me lo devi dimostrare! Sono una detective, mi baso solo sulle prove!-
-È vero… Vediamo, come faccio a provartelo? Mmh… Ti dirò qualcosa che so solo io.-
-…S-Solo… tu?-
-Quindici anni fa… nel giardino di casa. Sull’altalena. Ti ricordi?-

In un soleggiato pomeriggio primaverile, mentre l’aria si riempiva del profumo dei ciliegi in fiore, una bambina sui quattro anni cercava di salire su un’altalena per lei troppo alta.
-Ehi, Shu! Mi aiuti?- chiese la piccola ad un ragazzo sui dodici anni.
-Va bene… Ma stai attenta a non cadere, ok? O la mamma mi lincia…- rispose il ragazzino sollevando la sorella e facendola sedere sull’altalena.
La piccola, felice, cercò di dondolarsi, scoprendo che non riusciva a poggiare i piedi per terra.
-Fratellone, fratellone! Non riesco a dondolarmi! Mi spingi? Ti prego!- implorò la bambina.
-Masu, sei davvero fastidiosa! D’accordo, ti spingo, altrimenti sei capace di tormentarmi a vita… Tieniti forte, ok?- rispose il ragazzo mettendosi dietro l’altalena ed iniziando a spingerla lentamente.
-Più veloce, più veloce!- urlò ridendo la bambina.
-Stai attenta a non cadere, però…- sbuffò di rimando il fratello.
Mentre il ragazzino aumentava leggermente la velocità, la bambina lasciò la presa sulle catene dell’altalena, aprendo le braccia, proprio come aveva visto fare al fratello.
Solo che, essendo molto piccola, finì per cadere a terra, iniziando a piangere.
-Che ti avevo detto?- disse scocciato il ragazzo avvicinandosi alla bambina.
La piccola Masumi Akai piangeva, inginocchiata per terra, mentre si strofinava gli occhi con i pugni delle mani.
-Ehi, pulce… Ti sei fatta male?- chiese lui preoccupato.
-…M-Mi fa male il ginocchio…- rispose piangendo la piccola.
Sbuffando, il ragazzo la prese in braccio, si sedette sul dondolo e iniziò a tamponare la piccola ferita che si era formata sul ginocchio della piccola.
-Ahia! Brucia, brucia!- piagnucolò lei.
-Ecco, così ti impari a fare queste stupidaggini!- esclamò scocciato lui.
La bambina, tirando su col naso, non rispose.
Alzò lo sguardo, osservando il fratello che era occupato a metterle un cerotto sulla gamba.
Appena il ragazzo finì e la guardò, lei piantò i suoi occhioni verdi in quelli identici del fratello.
-Senti, Shu…- chiese lei abbassando lo sguardo.
-Si, cosa c’è?- la incoraggiò lui.
-Io sono una bambina cattiva?- domandò la piccola.
-Perché me lo chiedi?-
-Perché ti faccio sempre arrabbiare…-
Lui non rispose, prese tra le mani il visino della sorella, costringendola a guardarlo negli occhi.
Le asciugò le lacrime e le spostò una ciocca dei capelli mossi che le era ricaduta sul viso.
-No, Masu. Tu non sei una bambina cattiva. Non lo sarai mai. Ricordatelo sempre, ok?- rispose lui serio, regalandole subito dopo uno dei suoi sorrisi più dolci.
-Me lo ricorderò. Ti voglio tanto bene, fratellone.- esclamò lei abbracciandolo.
-Anche io. Anche io ti voglio bene, piccolina.-

-Ti ricordi?-
ripeté lui al telefono.
“Come potrei dimenticarlo… Shu?”
-Si. Mi ricordo, Shu.- rispose lei sorridendo.

“Forse è vero… Non sono una bambina cattiva.”



 



Angolino della fessa dell'autrice:

Muahahah! Ecco rivelato il passato sui due teneroni dagli occhi verdi! 
(Sono l'unica, qui, ad amare gli occhi verdi Shu?)
Tornando seri (lo siamo mai stati?), che ne dite? 
Lo so che questo capitolo era un po' corto, ma mi piaceva troppo l'idea del piccolo Shu con la sorellina :3
Tra l'altro, lo scopo di questa fanfic, oltre a quello di dare un possibile finale a DC, è proprio quello di svelare il passato dei personaggi :)
Beh, spero che vi sia piaciuto!
A presto,

MildeAmasoj 
^~^



 

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Capitolo 10
*** Destiny ***



Destiny

 







-Ho chiamato al telefono, informandoli dell’incontro, tutte le persone che mi hai detto, Kudo…-
-Anche Amuro?- disse Conan interrompendo Ai.
Lei tacque, abbassando il capo.
-Preferirei che lo facessi tu…- rispose lei timidamente.
-D’accordo… Ma lo farò di persona.- sospirò lui, rassegnato.
Il ragazzo fece per andarsene, ma venne trattenuto dall’amica, che gli aveva afferrato il braccio.
-Aspetta…T-Tu sei consapevole del rischio che stiamo correndo? Del fatto che tutti coloro che saranno presenti all’incontro scopriranno la nostra identità?- chiese lei timorosa.
-Si, lo so. E sappi che anch’io ho paura. Ma tu ti devi fidare di me, d’accordo? Te l’ho detto: non devi fuggire dal tuo destino. Se il tuo destino, il nostro destino, è quello di sconfiggere l’organizzazione… Chi siamo noi per opporci? Sai… Una volta mi dissero che chi crede in Dio lo fa perché, almeno una volta, un angelo gli ha sorriso. Io sono un uomo di scienza: non credo in Dio, ma credo nell’esistenza di un’entità superiore a noi esseri umani, che ci crea con un destino già segnato. Possiamo rimandare quanto vogliamo, ma non potremo evitare che il nostro destino si compia. Io e te ci siamo incontrati per un motivo, i nostri destini si sono incrociati per un motivo. E se questo motivo è sconfiggere l’organizzazione, perché non sfruttare questa opportunità? Allora? Cosa farai?- rispose lui serio, stringendo saldamente le spalle di lei.
Lei sospirò, lo guardo seriamente negli occhi, poi lasciò che un sorriso addolcisse il suo  viso da bambina.
-Non l’hai appena detto? Che i nostri destini in questo momento sono incrociati? Hai ragione: se il nostro destino è questo, devo lasciare che compia il suo corso. Ti prometto che sarò con te, allora. Tu sarai con me?- domandò lei prendendo una mano del ragazzo tra le sue.
-Si, sarò con te.- rispose lui sorridendole.

***

Il ragazzino con gli occhiali entrò all’agenzia, sperando di trovare chi cercava.
“Oggi è il mio giorno fortunato” pensò Conan notando il detective Tooru Amuro conversare “amabilmente” con Kogoro.
-E così io, il Grande Detective Dormiente Kogoro Mouri, ho risolto brillantemente il caso!- esclamò il più anziano dei due, per poi perdersi nella sua solita risata sguaiata.
-Davvero…fantastico. I miei complimenti, signor Mouri.- rispose il biondo scuotendo la testa rassegnato.
-Ah… Detective Amuro? Posso parlarti?- disse Conan interrompendo la divertente scenetta.
-Certo, piccoletto. Cosa c’è?- chiese avvicinandosi al bambino.
-Sai chi sono?- rispose improvvisamente serio il piccolo, abbassando il tono di voce.
-…C-Come? Sei Conan, no?-ribatté lui, fingendosi sorpreso.
-Basta con questa recita, Bourbon. Tu sai benissimo chi sono io, non è vero? Te l’avrà detto Vermouth, probabilmente. Comunque, ho bisogno del tuo aiuto. Stiamo formando una squadra per combattere l’organizzazione. Se vuoi essere dei nostri, devi mettere da parte il tuo astio verso Akai e Sherry. Siamo ad un punto fondamentale: siamo pronti per preparare un piano, ma abbiamo bisogno di te. Sharon mi ha contattato, mi ha dato molte informazioni preziose. Mi ha detto anche che tu sei un membro dell’organizzazione, Bourbon. E che dovresti essere dalla nostra parte. Accetti?- chiese lui fissandolo negli occhi.
L’uomo si tolse gli occhiali, si sporse di più verso il ragazzino e lo fissò seriamente negli occhi. Notando che il suo tentativo di intimidazione era vano, si aprì in un sorriso sprezzante.
-So chi sei, Kudo. E sono dalla vostra parte. Metterò da parte il mio odio contro Akai e Sherry, per ora. Tutto, pur di sconfiggere quella maledetta organizzazione, la cosa che odio più al mondo. Accetto.-

***

-Ehi, Haibara… A cosa si riferiva Sharon quando ha detto che “Bourbon sembra serbare un odio viscerale nei tuoi confronti, che lei è sicura che ci siano dei motivi personali dei quali tu sei a conoscenza, ma che non ci rivelerai tanto facilmente”? Tu lo conoscevi, in passato? Per caso hai fatto qualcosa di sbagliato nei suoi confronti? E poi…-
-Sono questioni personali, Kudo. Quando vorrò rivelartele, lo farò. Ma ora…non sono ancora pronta a rivangare certi episodi del mio passato… Mi capisci?- disse Ai, interrompendo l’amico Conan.
-…S-Si, capisco…- rispose, in parte sorpreso e in parte deluso.


Shiho sospirò, affranta, ripensando a la conversazione avvenuta qualche giorno prima.
“Vorrei davvero raccontarti tutto, Shinichi. Ma non posso. Non ancora.”
Era a casa del dottor Agasa, nel laboratorio. Da una tasca del camice bianco, quello da adulta che indossava il giorno della sua fuga, estrasse una foto, risalente a tre anni prima. Poco tempo prima della morte di Akemi.
“C’è qualcos’altro che  mi ha spinto a prendere l’APTX come veleno, quel giorno. Se volevo suicidarmi, non era solo per la morte di mia sorella. Dovrei raccontargli tutto, ma tutto questo… mi fa soffrire ancora troppo.”
Osservò la foto: ritraeva una ragazza intorno ai sedici anni, dalla pelle chiarissima, i capelli ramati e gli occhi verdi, insieme ad un ragazzo della stessa età, dalla carnagione scura, gli occhi grigi, e capelli castani spettinati. Sorridevano felici, tenendosi per mano. Sullo sfondo si notava un laghetto contornato da salici piangenti e ciliegi in fiore.
“Sono già passati tre anni?”
Si lasciò sfuggire un sorriso, pensando a come quella foto richiamasse quella di Shinichi e Ran al Tropical Land, anche per il fatto che entrambe erano state scattate poco prima di una separazione.
La felicità prima della disperazione. Come la calma prima della tempesta.
Si lasciò sfuggire una lacrima, seguita da tante altre. Ripose la foto nel camice, per non bagnarla. Si asciugò frettolosamente gli occhi e tornò a lavorare all’antidoto.
“Troverò l’antidoto contro l’APTX. Così Ran e Shinichi potranno finalmente ritornare insieme.”

“…Almeno loro…”







Writer's block corner:

E avevo detto che gli avrei postati un po' alla volta... *coerenza*
Vabbè, rosicate sul "mistero Shiho". Prima che vi rivelerò tutto ne passerà di tempo...
Allordunque (?), che ne pensate?
Recensite, vi preeeego! *fa la faccina dolce che fa venire il diabete*
A presto, 


MildeAmasoj ^~^

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Capitolo 11
*** The plan ***



The plan

 







-Ci siamo tutti, a quanto pare. That’s perfect.- esclamò la donna entrando nella stanza.
Indossava un altro travestimento: magra, dai capelli corti e neri, occhiali da vista.
Si fermò e sorrise, osservando tutti i presenti.
-Ti sei dato da fare, Silver Bullet. I was right.- esclamò soddisfatta osservando un ragazzino sugli otto anni.
-Ne vale la pena, Sharon. Ora, dovremmo passare alle “presentazioni”. Dopotutto, in una squadra, l’elemento più importante è la fiducia. Inizierò io. Piacere, il mio nome è Shinichi Kudo, sono un detective.- disse Conan, sfilandosi gli occhiali.
-Shiho Miyano, scienziata.- continuò Ai.
A questa affermazione, più di qualcuno sgranò gli occhi.
-Tsk...Non capisco come abbiano fatto a non scoprirvi. Comunque, piacere. Il mio nome è Tenshi Okita, anche se molti mi conoscono con il nome di Tooru Amuro. Oppure come Bourbon.-
-Ah, il mio carissimo amico Bourbon. Quando verrai a berti un caffè da me, caro? Anche se penso che ormai si fosse capito, io sono Shuichi Akai, agente dell’FBI.-
-Qualche giorno fa avrei detto Masumi Sera, ma ora dirò che il mio nome è Masumi Akai. Molto piacere.-
-I’m the last one… Ok. My name is Sharon Vineyard, also known as Vermouth.-
Tutti i presenti si guardarono negli occhi, cercando una qualsiasi traccia di inganno, per un tempo che sembrò interminabile.
-Ok, can we start? Or we have to study every single eye in this room?- esclamò Sharon, interrompendo il silenzio.
Tutti si voltarono verso di lei e annuirono contemporaneamente.
-Perfect. Dunque, vi ho contattati per un semplice motivo: sconfiggere l’organizzazione. Prima che me lo chiediate, sappiate che non vi dirò perché sono contro l’organizzazione. Almeno per ora. Penso che tutti i presenti abbiano un motivo personale per desiderare di distruggerla, right? Vale anche per me.- spiegò la bionda.
-E perché ci hai contattati solo ora? Perché non prima?- chiese incuriosito Bourbon.
-Shinichi e Shiho mi hanno già posto questa domanda… Non vi ho chiamati prima perché volevo essere sicura delle vostre intenzioni e abilità, ma soprattutto perché, ormai, è passato troppo tempo da quel giorno…- rispose Sharon con un sorriso malinconico, lasciando che il ghiaccio nei suoi occhi si incrinasse per qualche secondo. Gli altri presenti assistettero in silenzio alla scena, finché la donna non si ricompose.
-Cominciamo. Innanzitutto, non so se ne eravate già a conoscenza, ma io sono uno tra i membri privilegiati dell’organizzazione, poiché il boss ha una certa simpatia nei miei confronti… Assolutamente non ricambiata. Sappiate anche che io conosco la sua identità, ma non ve la rivelerò: sarebbe inutile, poiché è intoccabile dall’esterno, e sarebbe pericoloso per la vostra incolumità. Sapere anche solo il suo nome, per qualcuno che non fa parte dell’organizzazione, è già un rischio mortale. Kudo, tu hai già preparato un piano?- domandò la donna rivolta al bambino.
-Si, avrei già qualche idea. Dunque, il piano che attueremo per arrivare al boss, passerà dall’interno dell’organizzazione. Abbiamo già tre infiltrati: Vermouth, Bourbon e Kir. Poiché quest’ultima è sotto copertura per conto della CIA, ho preferito non avvisarla, per ora. Quando avremo già un piano chiaro, avremo bisogno del maggior aiuto possibile. Io direi di partire con l’arresto di qualche pesce piccolo, per non insospettire i membri più in alto. Potremmo ottenere testimoni preziosi. In seguito dovremmo recuperare i file con i nomi dei membri: non sarà un problema, Bourbon potrebbe farlo tranquillamente, invece temo che qualcuno sospetti già di Vermouth e Kir, se lo facessero loro sarebbe troppo rischioso. Solo allora avvertiremo FBI e CIA, sferrando un attacco a sorpresa in grande stile. Così riusciremo a catturare gran parte dei membri. Nel frattempo una unità minore si concentrerà sul capo, la pietra miliare: senza di lui, il grande circuito che è l’organizzazione si sfalderà e cadrà a pezzi. Se tutto andrà bene, potremmo farcela anche in pochi mesi. Dovrà essere tutto rapido: in tal modo, non avranno neppure il tempo di accorgersi di cosa accade. La parte iniziale sarà quella più lunga, agiremo nascosti. Subito dopo, ottenute le informazioni necessarie, daremo il colpo di grazia all’organizzazione. Qualcuno ha qualcosa da ridire?- spiegò Shinichi.
-Dov’è il covo dell’organizzazione?- chiese Masumi, alzando la mano.
-A dire il vero, l’organizzazione ha molti punti di riferimento, ma il posto in cui si trovano i laboratori, nonché dove risiede il boss, è in un grande palazzo abbandonato verso la campagna.- rispose Okita.
-A me interessa sapere soprattutto l’obiettivo dell’organizzazione… Non penso sia una semplice lega malavitosa, né ha legami particolarmente forti con la Yakuza… Allora, per quale motivo è nata?- chiese, intromettendosi, Masumi.
-L’organizzazione è nata più di trent’anni fa, creata dal padre dell’attuale boss. Era nata come una piccola associazione a delinquere, allargandosi velocemente. Dopo soli cinque anni, il vecchio boss morì in seguito alle ferite riportate durante una sparatoria contro un’organizzazione rivale, lasciando il ruolo di capo al figlio. Quest’ultimo stravolse completamente le basi dell’organizzazione: cambiò tutti i membri, sostituendoli con persone di fiducia. Io entrai nell’organizzazione a 27 anni, durante i primi anni con il nuovo capo. Il boss, in tutti questi anni, ha lasciato proseguire i crimini dell’organizzazione, aggiungendo anche scopi personali… Un “sogno”, un’utopia: l’immortalità, intesa non come vita eterna, ma come immunità totale. In pratica, senza poter morire. Una volta realizzato che ciò era impossibile, ha deciso di spostarsi su un’eterna giovinezza… O meglio…- spiegò la donna.
-…o meglio un ringiovanimento, magari?- la interruppe Shinichi.
-Esatto. Anche se questa sua folle idea del ringiovanimento è nata in seguito ad un errore con un farmaco, che ha causato la retrocessione di età di una cavia umana, come è accaduto a Shiho e Shinichi con l’APTX. Il farmaco era il “Silver Bullet”, creato da…- continuò lei.
-…mamma e papà. Non è cosi?- intervenne Shiho.
-Atsushi ed Elena Miyano erano due veri geni. Io ho avuto il piacere di lavorare con loro per un po’ di tempo, così ho potuto apprezzarne le qualità. Poi c’è stato quel supposto “incidente”... Shiho, sappi che fu un colpo organizzato a causa del loro fallimento. Mi spiace… Per il resto, è tutto chiaro?- rispose la bionda.
Tutti annuirono, quando una voce risuonò nella sala.
-Hai detto che hai lavorato con i Miyano… Ma non sei un’assassina, tu? Avresti dovuto essere…- esclamò Shinichi.
-…Una scienziata. Sì, entrai nell’organizzazione come scienziata.-







Sclero-time della fessa!

Beh! (disse la pecora)
Che ne pensate?
Mini-colpo di scena, primo passo verso il clou della storia!
Diciamo che questo capitolo è un po' differente dagli altri: tutto un blocco, praticamente solo dialoghi.
In pratica, 'na mezza cagata.
Ma è fondamentale, perciò (ahimè!) lo dovevo postare per forza!
Vabbè, mi metto a lavorare sull'altro.
A presto,


MildeAmasoj ^~^

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Capitolo 12
*** Elementary, my dear Watson ***



Elementary, my dear Watson






-No, mamma, non mi esporrò troppo. Si, abbiamo preso le giuste precauzioni. Si, il tuo “piccino” tornerà a casa sano e salvo. Come “non rispondermi così”? Come dovrei risponderti!? “Meno scocciato”? Ma per favore! Mi stai tormentando! Non sono più un bambino! Si, lo so che vado ancora alle elementari… Già, hai ragione… Si, si, certo che ti voglio bene… Non ti preoccupare, sto mangiando… Ti verrò a trovare, ok… Ciao,  mamma.-
Heiji Hattori guardava di sottecchi l’amico e collega Shinichi Kudo, cercando di non ridere, ma senza successo, lasciandosi esplodere in una clamorosa risata.
-Pensavo di morire! “Non sono più un bambino, ma vado alle elementari” è qualcosa di epico!- esclamò ridendo sguaiatamente il giovane del Kansai.
-Finiscila, Hattori. Ho dovuto avvisare i miei genitori che stavo per intraprendere un’operazione pericolosa. Dovevo parlare con mio padre, ma mia madre gli ha strappato il telefono di mano… Non mi sorprenderebbe se adesso spuntasse da dietro l’angolo… Quella donna è un tormento…- ribatté lui scocciato.
-Scherzi a parte… Come sta andando? Siete a buon punto?- chiese Heiji, tornato serio.
-Abbiamo già pianificato a grandi linee l’operazione. Presto avviseremo FBI e CIA. Spero che vada tutto bene…- rispose Conan, preoccupato.
-Non ti preoccupare, andrà tutto per il meglio. Ora, che mi hai dato le ricetrasmittenti, che ne dici di andare a mangiare un…- continuò il giovane di Osaka.
-Eccoti qui, Heiji! Come ti sei permesso? Sei partito senza dirmi nulla! Vergognati! Sei un pessimo amico! Poi… Oh, ciao Conan, come stai?- lo interruppe una giovane dagli occhi verdi e i capelli scuri raccolti in una coda.
-…Ciao, Kazuha! Sto benissimo! Comunque, Ran è all’agenzia: passa a salutarla, sarà felicissima di rivederti!- rispose il ragazzo con la voce più infantile che riusciva a fare.
-Ok! E tu, Heiji, non credere di esserti salvato! Io e te parleremo dopo. Ci vediamo!- disse andando via la giovane.
-Sei nei guai, amico.- esclamò Shinichi, ridacchiando.
-Già, sono nei guai.- ribatté Heiji, sospirando.

***

-Quindi Sharon era una scienziata, mmh? Non me l’aspettavo…- riflettè Conan ad alta voce.
-E lavorava con i miei genitori… Probabilmente li  conosceva meglio di me…- continuò Ai, sospirando.
L’amico non seppe cosa rispondere. Si limitò a osservarla mentre lei fissava il vuoto.
Le prese la mano e la strinse. Lei si voltò verso di lui, con gli occhi lucidi.
Non pronunciarono alcuna parola. Entrambi sapevano che, con quelli sguardi, riuscivano a comunicare tutto ciò che serviva.
Lei balbettò un “grazie” soffocato e sorrise, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano.
Lui ricambiò il sorriso e tornò ai suoi pensieri.
-Una sola cosa non capisco: se lei è entrata a far parte dell’organizzazione più di vent’anni fa ed aveva 27 anni… Ora dovrebbe averne all’incirca 50... Eppure ne dimostra meno di 40. La domanda è: com’è possibile?- disse ragionando ad alta voce.
-Beh… Dopotutto io dovrei avere quasi vent’anni, mentre ne dimostro meno di dieci. E sappiamo anche com’è possibile tutto ciò, no?- rispose Ai attirando l’attenzione dell’amico.
-Cosa vuoi dire?- chiese lui.
Lei si voltò verso di lui, un sorriso ovvio sulle labbra.
-Sharon potrebbe soffrire di una disfunzione ormonale che la fa sembrare più giovane, oppure…- spiegò la scienziata.
-…oppure potrebbe aver ingerito l’APTX, giusto?- continuò il ragazzo.
-Elementare, mio caro Watson.- rispose lei con un sorriso ironico.
-Ehi! Qui il detective sono io!-




 



Avvertimento!


I capitoli seguenti non sono ancora pronti, perciò gli aggiornamenti saranno lenti.
Come ho già scritto in precedenza, ho avuto una specie di "blocco dello scrittore".
In pratica ho le idee chiare, so cosa accadrà in seguito e come finirà.
Ma le parti "d'azione" non sono il mio forte, perciò ho chiesto aiuto aiuto a "Irychan" (http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=181638)

Lei, oltre ad essere una bravissima scrttrice in cerca d'ispirazione, è la mia migliore amica e abita a venti metri da me.
Lei ha accettato, si tratta solo di trovare un po' di tempo per dedicarci a questi benedetti capitoli.
Cercheremo di sbrigarci, ma non garantisco nulla.
Se continuerete a seguire questa fanfic, beh, allora siete proprio dei santi!
A (spero) presto, 


MildeAmasoj ^~^

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