Pacto

di ScratchThePage
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quel pessimo, stancante, opprimente e snervante primo giorno lontano da casa.(Parte I) ***
Capitolo 2: *** Quel pessimo, stancante, opprimente e snervante primo giorno lontano da casa.(Parte II) ***
Capitolo 3: *** Quel pessimo, stancante, opprimente e snervante primo giorno lontano da casa.(Parte III) ***
Capitolo 4: *** Quel pessimo, stancante, opprimente e snervante primo giorno lontano da casa.(Parte IV) ***
Capitolo 5: *** Quel pessimo, stancante, opprimente e snervante primo giorno lontano da casa.(Parte V) ***



Capitolo 1
*** Quel pessimo, stancante, opprimente e snervante primo giorno lontano da casa.(Parte I) ***


Quel pessimo, stancante, opprimente e snervante primo giorno lontano da casa.
 
La stazione era piena di gente come ogni giorno: treni che arrivavano e partivano in continuazione, la folla che camminava e trascinava le proprie valigie, un vociare confuso e, talvolta, qualche urlo riempivano l’intero edificio. Molte persone entravano dentro i vari negozi per passare il tempo o per non annoiarsi ad aspettare il proprio treno. I più gettonati erano quelli di vestiti, seguiti dalle edicole. Anche quelli alimentari avevano il loro successo ma, stranamente, quello dei dolciumi era poco affollato.
“Mamma, le praline alla fragola non sono buone! Voglio quelle alla banana!” urlò un bambino, dopo aver deglutito una pralina alla fragola, presa dal sacchetto che teneva in mano.
“Certo caro, te le compro subito”, gli disse la madre, per poi voltarsi verso la cassiera del negozio,”Avete sentito? Mio figlio ora vuole delle praline alla banana!”
La donna dietro alla cassa sbuffò e si girò verso gli scaffali dov’era contenuto il dolce richiesto. Prese un sacchetto ed iniziò a riempirlo. In realtà avrebbe voluto tirare le praline contro quel bambino grasso come un maiale e magari anche contro sua madre: era la quarta volta che al piccolo veniva voglia di cambiare gusto, per non parlare di dolce.
“Che ne dici se te ne metto un paio per gusto, così scegli quali ti piacciono e poi ti compri un intero sacchetto di quelle?” propose sperando che, se avessero accettato, avrebbe fatto incassare al negozio ancora di più.
“No! Io voglio solo quelle alla banana!” strillò il bambino.
Che ti venisse un’indigestione! Pensò la donna mentre riempiva il sacchetto. Si girò nuovamente e lo porse alla madre, che pagò prontamente (tanto il prezzo lo conosceva benissimo). Il piccolo ne mangiò un paio tutto d’un fiato e poi disse, sorridendo:”Sì! Sì! Queste sono buone! Mamma, ne voglio ancora!”
La cassiera non attese la richiesta della giovane madre e iniziò a riempire un nuovo sacchetto. Era giunta a metà, quando la voce del piccolo si fece risentire:”Oh mamma, guarda! Le liquirizie! Ne voglio un po’, ne voglio un po’!” strillò indicando un insieme di recipienti in vetro, contenenti i più svariati tipi di liquerizie.
“Ma certo mio caro. Signora ha sentito mio figlio? Vuole un po’di liquirizia.” ordinò la madre voltando la testa verso la donna. I suoi capelli biondo platino si mossero con lei e, per un breve istante, ricoprirono l’enorme neo che sorgeva sul mento della giovane mamma. Ve le farei prendere una ad una con i denti, dato che sono a pochi centimetri da voi; ma visto che ci state fruttando una fortuna, starò ai vostri ordini… pensò avvicinandosi ai contenitori di vetro, dopo aver finito con il sacchetto di praline. Esibì un sorriso sforzato verso la donna e iniziò a riempire un pacchetto con tutti i tipi di liquerizia che erano presenti, finché il bambino non interruppe il suo lavoro:” No! Non voglio quelle con la gomma dentro! Voglio tutte le altre, ma non quelle!”
“Signorina, può gentilmente togliere dal sacchetto le liquerizie con la gomma? A mio figlio non piacciono molto.”
Era sul punto di lanciarle contro il pacchetto di carta e dirle:”Se le tolga lei!”, ma un rumore di vetri rotti la bloccò. Scattò verso la corsia da dove proveniva il rumore, abbandonando momentaneamente la giovane madre e il suo pargoletto così simile ad un suino. Non appena vide che uno dei piattini di cristallo su cui erano esposte le ultime novità era in frantumi sul pavimento, perse completamente la calma.
“Che diavolo sta facendo?! Non vede la scritta “Attenzione fragile”?! Non poteva prestare più attenzione?”
“Mi dispiace… non volevo causare danni ma, non appena ho sfiorato il piedistallo, il piatto è caduto. Sono veramente mortificata.”
Era una ragazza sulla ventina di anni e molto, ma molto carina: aveva la pelle candida come la neve, due occhi azzurro cielo e dei lunghi capelli biodi, raccolti in due codini che le ricadevano sul petto. La sua altezza era nella media e aveva un fisico che lei avrebbe avuto solo nei suoi sogni più remoti.
“Mi… mi scusi se le ho urlato contro, ma oggi è una giornata alquanto pesante”, disse la cassiera lanciando un’occhiata verso la madre e il bambino che stavano ancora aspettando, impazienti, le liquerizie,” il danno, però, è fato e quindi…”
“Sì, lo so”, confermò la ragazza raccogliendo i frammenti del piatto e i dolci caduti a terra,” sono disposta a ripagarvi tutto.”
La donna rimase stupita da quell’affermazione: nessuno aveva mai avuto una tale spontaneità a voler ripagare i danni.
“S… sicuro”, le disse, ancora turbata,”prego, porti tutto in cassa.”
“Mi scusi signorina, si è dimenticata di noi?” domandò la giovane madre.
La cassiera avrebbe voluto romperle un altro piatto di cristallo sulla testa, ma continuò a risponderle gentilmente:” Aspetti un secondo che risolvo il problema con la signorina e sono subito da voi.” Questa volta il sorriso forzato era molto simile ad una smorfia.
“Ma io le voglio subito!” Era sul punto di strozzare il bambino, ma la ragazza bionda riuscì a bloccare i suoi intenti:“Oh signora, ma lo sa che suo figlio è proprio adorabile?”
La cassiera rimase allibita sa quell’uscita: oltre che bella era anche fin troppo buona.
“Davvero lo pensa?” chiese orgogliosamente la giovane madre, non riuscendo a trattenere un sorriso.
“No.” Rispose secca quell’altra.
La donna al bancone non riuscì a trattenere un risolino. La faccia di quell’arpia era diventata l’espressione vera e propria dell’amarezza e dello stupore: i suoi occhi erano completamente sgranati e, molto probabilmente, attraverso la bocca sarebbe potuto passare anche un transatlantico. Nella frazione di un secondo perse la sua faccia graziosa e piena di fondotinta, trasformata, ormai, in un’orripilante maschera di incredulità. Il neo non l’aiutava a migliorare il suo aspetto.
“Cos’ha lei da ridere?” sibilò ad un certo punto verso la cassiera.
“Ridere? No, no. Quello era un colpo di tosse.” Le rispose sorridendole e infilando in un sacchetto i vetri rotti e in un altro i dolci caduti a terra. La ragazza le pose una banconota e, quando la donna al bancone la vide, rimase senza fiato.
“Ma… ma… questo è troppo! Basterebbe la metà per ripagare i danni!”
“E’ per il disturbo.” le spiegò la bionda.
“Non si preoccupi, si è trattato solo di un incidente, non serve aumentare di tanto…”
“Non mi riferivo solo al mio disturbo” la interruppe. Aveva alzato appositamente il tono di voce, in modo che anche la giovane madre l’avesse potuta sentire.
Questa, però, non apprezzò quell’uscita e iniziò a inveire contro la ragazza, che non le diede bada. Prese i rimasugli del suo danno e, dopo aver chiesto indicazioni alla cassiera, si avviò verso l’uscita del negozio, trascinandosi dietro il suo trolley. L’altra donna continuò a urlare contro di tutto e, a causa del furore, qualche piccola ciocca di capelli iniziava a scomporsi dalla sua acconciatura perfetta. La commessa non riuscì più trattenersi e scoppiò in una fragorosa risata, mentre il bambino aveva iniziato a frignare, non riuscendo più a capire cosa stesse succedendo.
Intanto la ragazza si allontanò allegra da negozio, dopo essersi lasciata quella buffa scena alle spalle. E uno.     

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Capitolo 2
*** Quel pessimo, stancante, opprimente e snervante primo giorno lontano da casa.(Parte II) ***


Si era persa per l’ennesima volta e lo sapeva. Nonostante la cassiere del negozio dei dolci fosse stata molto chiara e lei avesse seguito alla lettera le sue indicazioni, era ritornata nuovamente nelle vicinanze dei binari del treno. Sospirò e scosse violentemente la testa: non sarebbe mai riuscita ad uscire da quel luogo; troppo grande, troppo caotico e, soprattutto, troppo affollato. Non era mai stata assieme a così tanta gente e molto probabilmente questo l’aveva disorientata completamente: bambini che correvano in ogni direzione inseguiti da genitori urlanti, persone ferme in mezzo ai corridoi che, oltre a bloccare il passaggio, non smettevano mai di parlare con il loro vicino; altri in giacca  e cravatta che sembravano fusi con i loro cellulari e venditori ambulanti che cercavano di farsi sentire in quel caos. Si era distratta troppe volte sentendo tutte quelle voci contemporaneamente ed era finita spesso agli antipodi dell’uscita. La cosa che, però, l’aveva fatta spesso cadere nel panico era proprio il trovarsi in mezzo a tutta quella gente. In pochi minuti aveva capito che la folla non faceva per lei: tutte quelle persone che spingevano, cercavano di passare, sbraitavano e talvolta si facevano strada con la forza le aveva messo fin troppa angoscia. Aveva deciso che non sarebbe mai più tornata in un posto del genere per tutto il suo soggiorno.
Si sedette sul suo trolley rigido: almeno là era circondata da meno persone. Un secondo… ma se quando sono scesa c’era una folla pazzesca pronta a salire sul treno? Scese immediatamente dal suo bagaglio e si guardò attorno. Notò che quella piattaforma aveva qualcosa di strano: non c’erano i tabelloni che segnalavano i treni in arrivo, il binario era unico e molto diverso da quelli che si era lasciata alle spalle. Inoltre dietro a questi c’era un muro. Si sedette nuovamente sulla valigia e cercò di riordinare le idee. Prima di tutto i binari non possono essere cambiati in così poco tempo… questa deve essere la piattaforma di un altro treno, altrimenti, perché avrei dovuto pagare un altro biglietto per poterlo raggiungere. Inoltre quando sono scesa dal treno non sono dovuta passare per dei strani aggeggi meccanici come ho fatto poco fa…ok, mi sono completamente persa. Se solo non ci fosse tutta questa… i suoi pensieri furono interrotti dall’arrivo di una coppietta che si teneva a braccetto. Si fermarono poco distanti da lei ed iniziarono a sussurrarsi qualcosa all’orecchio. Li riconobbe subito: erano stati di fronte a lei per tutto il viaggio in treno e per tutto il viaggio si erano solo sbaciucchiati. La cosa che l’aveva scioccata di più era che avevano ripreso fiato solo cinque volte in due ore e mezza. In realtà dopo il primo quarto d’ora glielo avrebbe voluto far riprendere lei, con le buone o con le cattive, ma alla fine era riuscita a trattenersi. Si amano e si vogliono bene. Questa cosa è normale, anche se forse un tantino esagerata. Devi essere tollerante, devi essere tollerante. Aveva pensato per tutto il viaggio. Fortunatamente qualcuno aveva dimenticato una rivista sul sedile vicino al suo e lei ne aveva approfittato. Certo, si era imparata quasi tutti i vestiti che sarebbero stati di moda nella prossima stagione e si era subire anche i gossip più stupidi, ma almeno aveva distolto lo sguardo da quello spettacolo così nauseante. Però anche loro erano sul treno con me… cosa ci fanno qua?
Improvvisamente le venne un sospetto. Girò la testa e vide un uomo che stava pulendo il pavimento e approfittò dell’occasione. Si avvicinò e, un po’imbarazzata, chiese:”Mi scusi, è questo il Metrò?”
L’uomo si voltò e, dopo essersi sistemato gli occhiali, le disse:”La metrò vorrai dire.”
La ragazza lo guardò perplessa. La cassiera le aveva parlato di un posto chiamato Metrò, ma lei era convinta che si stesse riferendo ad un locale. L’uomo le sorrise.
“Non sei di qua, vero?”
Quella domanda la colse di sorpresa.
“Bé… no… in realtà…” cercò di balbettare.
“Come ti chiami?”
“Prego?”
Quella domanda le sembrava alquanto insolita: da quando qualcuno ti chiede il tuo nome dopo solo qualche misera parola? Decise, però, di rispondergli lo stesso, per non essere scortese:” Cordelia.”
L’uomo la guardò per un po’ sbigottito, per poi continuare con il suo discorso:” Eh già, non sei di qua… mi sembri, come dire…”, Cordelia chinò la testa di lato, cercando di capire cosa stesse per dire quell’inserviente,” campagnola, ecco. Sembri una di quelle che sono vissute per tutta la loro vita in un paesino sperduto chissà dove, piene di innocenza e di buoni sentimenti, e che si ritrovano in una giungla piena di belve, detta anche città.”
La ragazza non tollerò quell’affronto: lei una campagnola? Ma chi pensava di essere questo per dare certi giudizi sul suo conto? Aprì la bocca per rispondergli a tono, ma si rese conto che quella era un alibi perfetta.
“Già, già, è proprio così!”, confermò, cercando di apparire più sperduta e sempliciotta,” sono venuta a trovare mio fratello che si è trasferito in città da un po’ di tempo. Solo che… mi sono persa parecchie volte qua dentro e non oso pensare cosa sarà fuori!”
L’uomo annuì accennando ad un sorriso.
“E fai bene a non essere così fiduciosa. Questo non è il tuo pacifico paesino, ma un posto pieno di insidie e pericoli. Ecco, quell’uomo laggiù ti sta per dare un bell’esempio.” concluse indicandole la sua valigia con il moccio.
Cordelia di girò immediatamente e ciò che vide non la rincuorò: un uomo si stava avvicinando quatto quatto al suo bagaglio, con ovvie intenzioni. La reazione della proprietaria fu immediata.
“Tu!”, gridò indicandolo,”Non osare fare ciò che hai intenzione di fare!”
Il ladro la guardò per una manciata di secondi e poi scattò verso il suo bottino. Riuscì ad afferrare il manico, ma venne subito travolto dalla ragazza che lo tenne a terra di peso.
“Che intenzioni avevi, eh? Quella è mia, MIA!”, iniziò a urlargli,” Non puoi prenderti le cose come ti pare e piace!”
Cordelia si accorse che attorno a lei si era formato un cerchia di persone tanto curiose quanto sconvolte. Si rese anche conto di aver urlato a squarciagola e di aver impaurito il ladruncolo. No, così non va bene, calmati, calmati. Si voltò verso l’uomo che aveva atterrato e notò che stava completamente tremando.
“Scusa, non intendevo…”, cercò di tranquillizzarlo,” volevo solo farti capire che rubare è sbagliato… non sono cose che bisogna fare, giusto?”
Il ladro annuì, ancora pieno di paura.
“Bene…” Cordelia stava per alzarsi, quando sentì delle voci provenire da poco lontano.
“Signora, è sicura che è andato in questa direzione?”
“Certo! L’ho visto con i miei occhi”
“Ma potrebbe aver svoltato.”
“No, glielo dico io!” E’ andato verso la metrò!”
La ragazza non capì cosa stesse succedendo, ma notò che il ladro era diventato inquieto.
“Ehi, cosa sta succedendo qua?” una delle due voci di prima si fece risentire. Il borseggiatore, a quelle parole, si liberò dalla presa di Cordelia e scattò verso la folla, ma finì addosso ad un poliziotto, uscito come un’ombra dalla folla che li circondava. L’uomo cercò di divincolarsi dalla presa, ma ogni suo tentativo fu vano.
“E questo l’uomo che vi ha derubata?” chiese l’ufficiale ad una signora anziana con un cappello più grande della sua testa.
“Sì, è proprio lui agente! Mi ha rubato il portafogli e il cellulare mentre ero distratta!”
Il poliziotto annuì e poi si girò verso Cordelia.
“Ehi tu!”
La ragazza si guardò attorno, sperando che non si stesse rivolgendo proprio a lei, ma dai mormorii della folla capì che non si stava sbagliando.     
“Sì?” chiese con una vocina innocente.
“Hai fermato tu il ladro?”
“Sì.” Confermò con un tono più sicuro.
L’agente annuì nuovamente, come se volesse essere sicuro di quella risposta, per poi continuare il suo discorso:”Allora grazie mille, da parte mia e della signora.”
La donna al suo fianco confermò i ringraziamenti:”Infatti. Non riesco a esprimerle la mia gratitudine. Dentro al portafogli avevo tutto: documenti, soldi e anche foto ricordo molto importanti. Non so come ricompensarti.”
“Il fatto che vi abbia aiutato e voi me ne siate riconoscenti  mi basta”, disse Cordelia rialzandosi da terra e prendendo il suo trolley,”Scusatemi ma devo prendere la metrò e credetemi, non voglio niente.”
Si allontanò verso il binario proprio nel momento in cui arrivò la metropolitana ed era più che sicura che tutti la stavano guardando allibiti e sorpresi, sopratuuto l’inserviente. E due! Pensò mentre saliva sul mezzo. Si sedette cercando di rilassarsi, ma lo spettacolo che vide davanti non la aiutò per niente: la coppietta di prima si era messa nuovamente al lavoro e non sembravano intenzionati a smettere. Questa volta, però, Cordelia non riuscì a trattenersi.
“Ma si può sapere come fate a non respirare MAI?! Per tutto il viaggio in treno siete stati appiccicati come se foste incollati l’uno all’altra! E scusatemi, ma non vi stancate dopo un po’?”
I due si staccarono subito e la guardarono con uno sguardo in parte sconcertato e in parte impaurito.
Cordelia, non appena si rese conto di ciò che aveva fatto, si tappò la bocca con le mani, anche se era troppo tardi. Bravo genio, hai anche ottenuto un meno uno. Almeno i due piccioncini non osarono nemmeno sfiorare l’uno il volto dell’altra per tutto il viaggio, probabilmente reduci da ciò che era successo al ladro.


Angolo ringraziamenti:
Un grande grazie a bbbgster per aver messo questa storia tra le sue seguite.

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Capitolo 3
*** Quel pessimo, stancante, opprimente e snervante primo giorno lontano da casa.(Parte III) ***


Non appena uscì da quel luogo chiuso si sentì sollevata: finalmente era all’aperto e finalmente poteva respirare. Tutta quella massa di gente l’aveva quasi soffocata.
All’inizio aveva creduto che fosse praticamente impossibile che tutte quelle persone potessero entrare in quel treno minuscolo, ma si era dovuta ricredere in poco tempo. La metrò era rimasta bloccata a causa di un guasto e molta gente che era nei paraggi era salita sul mezzo, invece di attendere il successivo.
Così, in pochi secondi, si era ritrovata compressa da tutte quelle persone che cercavano di trovarsi un angolo in quello spazio angusto. Fortunatamente lei era già seduta, cosa che, però, non impediva  al gigantesco zaino rosa della bambina che si era posizionata davanti a lei, di schiacciarle il torace. Aveva avuto, per quasi tutto il viaggio, la visione della ragazza raffigurata sull’accessorio e, quando la piccola se n’era andata, non aveva ancora capito se l’immagine teneva in mano uno scettro o una bacchetta magica. In quel momento, inoltre si era sentita più libera di prima, ma la massa di persone rimaneva sempre consistente.
Non appena avevano raggiunto la fermata successiva, Cordelia era scattata verso l’uscita, Anche se con un po’ di difficoltà a causa del trolley.
Osservò ciò che la circondava e notò che si trovava su di una sottospecie di ponte di ferro e che, per scendere, avrebbe dovuto utilizzare delle scale. Sbuffò pensando che sollevare la sua valigia sarebbe stata un’impresa: l’unica maniglia era posta sopra il bagaglio ed era incavata nella plastica e, con le mani sudate che si ritrovava, avrebbe avuto non poco difficoltà a non farla cadere. Ma non me ne potevano dare una più tradizionale o magari una semplicissima valigia a spalla? Pensò mentre sollevava il trolley.
Scese a fatica i primi gradini e, quando arrivò su di una piccola piattaforma, decise che avrebbe cambiato metodo. Afferrò il manico lungo, che era posto a lato, e trascinò la valigia giù per le scale. Non le importò che stava facendo rumore e che tutti i passanti la stavano fissando, l’importante era che stava facendo meno fatica.
Giunse finalmente sul marciapiede, con le orecchie che le rimbombavano ancora degli schianti del suo trolley, e si guardò attorno preoccupata: non aveva la più pallida idea di dove potesse andare. Quel posto le era totalmente estraneo e, soprattutto, non sapeva cosa fare. Certo, doveva trovare un posto dove dormire, ma il problema era come. Per lei tutte le case che aveva di fronte potevano essere degli alberghi o degli appartamenti.
Improvvisamente notò che un signore anziano stava attraversando la strada, ignaro dell’arrivo dell’autobus. Cordelia non ci pensò due volte e si mise in mezzo alla strada, spingendo l’uomo verso marciapiede. Voltò la testa e si vide arrivare il mezzo addosso. Chiuse gli occhi, pronta all’impatto. Sentì dei freni stridere e forse qualcuno urlare ma, stranamente, non sentì dolore. Aprì pian piano gli occhi, timorosa di ciò che poteva essere successo. Sobbalzò quando vide che si trovava a pochi centimetri dalla parte anteriore dell’autobus.
“Signorina, sta bene?” disse una voce preoccupata.
Cordelia si girò e vide che l’autista era sceso dal mezzo e che aveva aiutato l’anziano ad alzarsi.
“Bene, bene… sono ancora viva…”, rispose con un filo di voce, ancora incredula di non essere finita in ospedale,” E lei come sta?” chiese poi all’uomo che aveva salvato.
“Non so come ringraziarla, mi avete salvato la vita. La spinta non è stata il massimo ma, dato che mi poteva capitare di paggio, non mi lamento.”
La ragazza lo fissò un po’ confusa: le sembrava che avesse risposto a qualcos’altro, non alla sua domanda. Tentò di nuovo: forse si era solo sbagliato.
“Non si preoccupi, il fatto che sono sano e salvo mi basta” le disse, lasciandola ancora più disorientata.
“Ma è sicuro che non si è fatto male?”
“Le interessa sapere qual è il ristorante più vicino?” In realtà mi servirebbe un albergo… ma questo è scemo o cosa?
Vide, però, che anche l’autista era un po’ allibito.
“Mi scusi signore, va tutto bene?” chiese infine l’uomo al vecchio, cercando probabilmente anche lui il perché di quelle risposte così strane.
“Ma certo che c’è l’ho il biglietto!”
L’altro rimase un po’ perplesso, ma poi notò qualcosa, dato che stampò sulla sua faccia un’espressione di “mistero risolto”. Indicò al signore anziano qualcosa che aveva sull’orecchia e, poiché questo non capiva cosa volesse dirgli, finse di girare una manovella vicino al suo.
Il vecchietto finalmente capì e iniziò a toccare qualcosa posto sulla sua appendice uditiva.
Cordelia, invece, non capiva più niente: cosa stavano facendo quei due? E perché non lo spiegavano, così, magari, anche lei poteva esserne partecipe?  Non era così abile da poter leggere nelle loro menti e, forse, una spiegazione l’avrebbe aiutata.
“Mio Dio, che sbadato! Mi ero dimenticato di accendere l’apparecchio acustico”, disse tutt’un tratto il vecchietto, prima di girarsi verso la ragazza,”Mi dispiace tantissimo! Se non fossi stato così sbadato non le avrei fatto rischiare di finire sotto un autobus!”
“Ma si figuri! L’importante è che lei stia bene!” rispose Cordelia, cercando di essere il più cortese possibile, in modo da celare la rabbia che la stava rodendo: aveva rischiato la vita per uno sbadato che non si era accorto di non sentire niente, e ciò la rendeva furiosa.
Ritornò sul marciapiede, cercando di contenersi, e si accorse che non aveva mollato la sua valigia. Rimase un po’ stupita di quella sua azione, forse dovuta al furto mal riuscito di prima.
Quando raggiunse i due uomini fu ancora tempestata di domande sulla sua salute e di ringraziamenti, finché l’anziano non le chiese:” Mi scusi signorina, ma lei dov’è diretta?”
Cordelia rimase senza parole a quella domanda, quando si ricordò dell’alibi.
“Devo andare a casa di mio fratello. E’ da una vita che non lo vedo e ho deciso di venire a trovarlo. Purtroppo vive dall’altra parte della città e mi aspetta un lungo viaggio.”
Con quella risposta sperò che la lasciassero andare e che non le ponessero altre questioni.
“Che coincidenza! Il mio autobus è proprio quello che attraversa ad anello la città! Se vuole la posso portare il più vicino possibile.”
La ragazza sapeva benissimo che non poteva rifiutare, ma era sicura che, una volta salita, l’anziano le avrebbe iniziato a parlare. Non che le desse fastidio, ma non voleva che questo iniziasse a chiederle qualcosa sulla sua vita.
“Mi scusi signorina, per caso è senza biglietto?” chiese proprio l’uomo che aveva salvato.
Cordelia li guardò stupita: non sapeva che per usare un autobus servisse un biglietto. Doveva assolutamente aggiornasi su come funzionavano le cose, altrimenti non sarebbe mai giunta ad una conclusione.
“Se non ha un biglietto sono disposto a prestarle uno dei miei.” Disse il vecchio.
“Grazie di cuore, ma credo che io riesca a…
“Fare tutto quel tragitto a piedi? Suvvia, non deve sentirsi in debito con me a causa di un semplice biglietto.”
Cordelia decise di accettare l’offerta: era più che sicura che quell’uomo era abbastanza cocciuto da non cedere tanto facilmente.
Non appena salì nel autobus l’anziano iniziò a parlare senza sosta della sua vita e della sua famiglia, sparsa qua e là per il mondo: qualche cugino oltre oceano, un nipote in Zimbabwe come medico senza frontiere, una sorella in Siberia, assieme a tutti i suoi discendenti e, infine, un ex-genero continuamente in viaggio per lavoro. Ovviamente le fece anche molte domande e Cordelia scoprì di avere un’ ottima abilità a improvvisare: viveva in una piccola fattoria in campagna assieme alla sua famiglia e non si era mai allontanata dal suo paese sino a quel momento. Un giorno, però, aveva deciso che doveva assolutamente andare a trovare suo fratello, che non vedeva dal giorno della sua laurea. Così aveva fatto i bagagli e si era imbarcata in quell’avventura.
“Capisco”, disse il vecchietto a quella sua ultima affermazione,” mi scusi se le faccio un’ulteriore domanda, perché non è venuta prima?”
Cordelia ci pensò su e rispose una semi-verità:” Diciamo che ho deciso di fare un fioretto: devo cercare di essere più gentile e rispettosa verso gli altri, e andare a trovare mio fratello fa parte di ciò.”
“Più gentile e rispettosa? Ma lei mi sembra una persona squisita e non credo che abbia bisogno di fare certi fioretti.”
La ragazza arrossì e sussurrò un “grazie” con un po’ di imbarazzo. Se mi avesse conosciuto prima non mi avrebbe detto queste cose.
Ad un certo punto l’uomo premette un pulsante posto su di un palo. Al suo tocco si sentì il rumore di un campanello e Cordelia notò che l’aveva già sentito molte volte all’interno del mezzo.
“Signorina, ci dobbiamo lasciare, la prossima fermata è la mia.” La informò l’uomo.
La ragazza annuì, felice di aver scoperto qualcosa di nuovo. Pulsante uguale campanello. Campanello uguale fermata. Quindi per scendere devo premere il campanello.
“Allora arrivederci”, disse al bionda.
“Arrivederci e tenga pure il mio giornale, così si informa su tutto ciò che accade qua.”
Cordelia lo ringraziò nuovamente, prima che questo si avviasse verso le porte dell’autobus e scendesse giù sul marciapiede. Decise di rilassarsi un po’ e si lasciò abbandonare sul sedile. Quella giornata era stata molto travagliata e agitata, ma almeno aveva fatto qualcosa di buono, anche se con metodi un po’ strani. Se tutti i miei giorni saranno così, finirò la penitenza in poco tempo- pensò.
Lasciò trascorrere un paio di minuti e poi iniziò a leggere il giornale: forse avrebbe trovato un albergo dove alloggiare. Diede un’occhiata anche ai vari articoli, ma si stufò quasi subito delle notizie che davano: omicidi, rapine, crisi, intrighi politici e traffico di droga erano argomenti molto gettonati, forse troppo, da oscurare tutte le belle notizie.
Ad un certo punto incappò in un tappabuchi che attirò la sua attenzione:”Camere a prezzi molto bassi, alla tua portata se hai bisogno di dormire per poco. I pasti sono tutti inclusi ma non rimborsabili, ma per la cifra che si offre non è un problema.”
Quelle poche righe bastarono a convincerla. Al diavolo se è una catapecchia! A me basta mangiare  e dormire! In caso mi sistemo meglio dopo. Lesse l’indirizzo e chiese informazioni alla donna vicino a lei:”Mi scusi, qual è la fermata per Boulevard delle Spine?”
“La prossima.” Rispose questa, prima di tornare a leggere il suo libro.
Cordelia si precipitò sul pulsate e poi scattò verso l’uscita anteriore.
“Ma non doveva andare dall’altra parte della città? Le chiese l’autista.
“Lo credevo anch’io.” Rispose, prima di scendere dal mezzo.
“Signorina la sua valigia!” L’avvisò l’ uomo.
La ragazza risalì imbarazzatissima e si riprese il suo trolley, sotto gli sguardi di tutti i passeggeri.
“Grazie, grazie…” sussurrò al conducente prima di avviarsi lungo il marciapiede.  

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Capitolo 4
*** Quel pessimo, stancante, opprimente e snervante primo giorno lontano da casa.(Parte IV) ***


Quando Cordelia giunse all’indirizzo indicato sull’annuncio, pensò di averlo letto male. Lo controllò per sicurezza ma, almeno che non iniziasse a scambiare un numero per un altro, l’albergo era proprio quello che aveva davanti agli occhi: una villa in mattoni rossi, costruita come un castello inglese in miniatura, con addirittura una torretta provvista di doccioni raffiguranti creature mostruose. Il tutto era circondato da un alto muro di semplice cemento. E questa sarebbe la mia stamberga a basso costo? Pensò, ancora sconvolta di aver trovato una tale abitazione nel bel mezzo di due condomini. Notò pure che le finestre erano ornate con delle vetrate raffiguranti dame e cavalieri o semplici piante, illuminate in quel preciso momento dalla luce del sole al tramonto; una ad una stavano iniziando a splendere, creando una magnifica cornice.
Cordelia ricontrollò l’annuncio sul giornale, per vedere se c’erano delle eventuali sottoclausole: aveva la netta sensazione che quel “prezzi molto bassi” fosse rivolto ai parametri di qualche milionario. Lo rilesse più volte, ma non vi trovò niente di particolare o anormale, tranne un piccolo avviso:” Forse l’albergo non sarà come ve lo sareste aspettato, ma fidatevi: se alloggiate da noi farete un grande affare.” Tanto vale tentare. In caso, se il prezzo è eccessivo, declino l’offerta  e mi trovo un altro alloggio.
Si avvicinò all’enorme cancello di ferro battuto, sprovvisto di un qualsiasi stemma o iniziale, normalmente adatti per un luogo del genere. Diede un’occhiata al giardino e vide che non era molto grande, forse paragonabile ad uno di una qualsiasi villetta di periferia. La cosa la stupì parecchio, ma poi ripensò ai due enormi condomini che gli sorgevano attorno: molto probabilmente, per costruirli, le ditte avevano comprato i terreni dal proprietario dell’albergo.
Quel luogo sembrava una piccola oasi di verde e di armonia in mezzo al cemento e al caos, anche se piuttosto anomala. Chissà, forse li ha venduti perché era in crisi. Questo potrebbe spiegare anche i prezzi bassi. Ipotizzò Cordelia.
Si allontanò dal cancello in cerca di un qualsiasi modo per entrare, finché non notò un citofono: era un vecchio modello circolare in oro e con il pulsante leggermente rialzato. Lo premette e, subito dopo, ne uscì una voce metallica:” Prego?”
Quella risposta così immediata la colse alla sprovvista, tanto che non riuscì a dare una spiegazione con un tono di voce abbastanza determinato.
“Sì, ecco… io vorrei… insomma… vorrei prenotare una camera…”
“Certamente. Raggiunga l’ingresso ed entri. Ci sarà qualcuno ad attenderla.”
Il portone si aprì con un improvviso scocco e pian piano, anche se cigolando, le diede la possibilità di accedere all’interno delle mura. Attraversò il vialetto cementato in pochissimo tempo e senza dare un’occhiata più accurata al giardino: era stanca è l’unica cosa che voleva fare era trovarsi un letto comodo.
Varcò un portone ornato con semplici vetrate gialle e si ritrovò, con sua grande sorpresa, in una piccola stanza con qualche quadro raffigurante prati in fiore e con un piccolo divanetto rosso al centro. Di fronte a questo c’era un semplice tavolino circolare, dov’erano sparsi giornali e riviste. Il pavimento era interamente ricoperto con un tappeto persiano, ricamato con così tanti disegni che Cordelia, pur di osservarli tutti, rischiò di sbattere contro la cameriera che la stava aspettando.
“Buonasera.” Le disse con un tono caldo e accogliente.
“B… buonasera.” Rispose la ragazza, alzando al testa un po’imbarazzata.
“La prego di seguirmi. La condurrò nell’ufficio del direttore, dove potrà eseguire la sua prenotazione.”
Cordelia rimase stupita dalla professionalità del direttore, ma anche dalla sua dipendente: era così gentile, così cordiale, così… insomma, una cameriera modello.
La donna si avviò subito per un corridoio trainando il suo trolley e lei la dovette seguire a fatica, dato il suo passo molto veloce. Non riuscì ad ammirare tutto quello che la circondava, ma riuscì a notare lo stesso qualche vaso, qualche statua e qualche armatura antica.
Ad un certo punto giunsero davanti ad una semplice porta in legno, con una piccola insegna dorata su cui c’era scritto “Direttore”. La cameriera bussò e, dopo che si sentì un “avanti”, Cordelia fu fatta accomodare all’interno della stanza, un piccolo studio incredibilmente ordinato: sulla scrivania c’erano pochissime carte, e tutte messe in plichi perfetti, mentre tutte le altre pratiche erano contenute, molto probabilmente, negli armadi che riempivano il luogo. Sul tavolo c’era anche una piccola lampada verde, molto retrò, e un portapenne enorme, tanto che Cordelia non avrebbe mai pensato di vederne tante in un solo momento.
L’uomo dietro la scrivania sembrava avere tra i trenta e i quarant’anni e i suoi vestiti anni ’30 non aiutavano a ringiovanire il suo aspetto. Una bombetta nera gli ricadeva sul volto, impedendole di vedere il suo volto.
“Prego si sieda pure.” disse l’uomo.
La ragazza accettò l’offerta e si mise comoda su di una sedia di vimini poco lontana, quasi totalmente convinta che il direttore le stava per chiedere una cifra esorbitante per poter alloggiare una sola notte.
“Quindi lei vorrebbe prenotare una stanza.”
Cordelia annuì.
“Bene”, disse l’uomo sorridendo quasi maliziosamente,” Non si pentirà assolutamente della sua scelta. Il personale, come vede, è cordiale e molto disponibile. Le stanze, come il resto dell’edificio, vengono pulite ogni giorno e il cambio delle lenzuola avviene con la stessa frequenza. Il cibo che prepariamo è genuino e sano, cucinato, ovviamente, da cuochi personali. Inoltre il giardino che circonda l’edificio è a sua completa disposizione, come le varie stanze di intrattenimento che troverà all’interno dell’albergo.”
Cordelia aprì la bocca per chiedere il prezzo di quel soggiorno, ancora meno convinta della sua moderatezza, ma l’uomo la bloccò con un gesto.
“Posso solo immaginare che lei vuole sapere il prezzo di tutto ciò e l’accontenterò: sono trenta alla settimana.”
La ragazza per poco non cadde dalla sedia. Trenta alla settimana? Era praticamente impossibile: nemmeno un albergo ad una stella poteva richiedere una cifra simile.
“Ma trenta… trenta? Non per caso trentamila?”
Il direttore rise, come se si aspettasse una reazione simile.
“Sembra impossibile, ma è proprio così: sono trenta… trenta alla settimana.”
Cordelia era completamente sconvolta: tutto quel lusso per così poco! Era un’occasione da non perdere, soprattutto nel suo caso: non aveva la più pallida idea di quando sarebbe ritornata a casa e se alloggiava in un posto del genere, poteva avere pochissimi problemi a continuare a pagare il direttore con regolarità.
“Se è così accetto: prendo una stanza!” disse la ragazza sorridendo.
L’uomo la ricambiò ed estrasse un contenitore di cuoio da un cassetto. Prese un foglio dal suo interno e lo pose a Cordelia, assieme ad una delle tantissime penne.
“Prego, compili pure il modulo e sarà registrato all’interno dell’albergo.”
La ragazza non se lo fece ripetere due volte ed iniziò a compilarlo con foga, ansiosa di avere un letto dove dormire.
“C’è solo una piccola clausola”, Cordelia si bloccò di colpo,” sull’albergo vige un coprifuoco e desidererei che venga rispettato. Sa, non mi fido molto della gente che c’è in giro.”, la bionda annuì, desideroso di continuare il suo lavoro,”Non è un problema per lei, vero?”
La ragazza scosse la testa, per poi continuare a riempire il foglio.
Stava per porre la sua firma, quando notò che non aveva trovato da nessuna parte cenni del nome dell’albergo.
“Mi scusi, ma questo albergo ha un nome?” chiese alquanto dubbiosa.
“In effetti no. Io non amo denominare le cose, dato che le persone spesso, in base ai nomi, danno giudizi troppo affrettati. Ritengo che sia meglio che qualcuno giudichi il mio albergo solo per cosa offre e non per come si chiami.”
Quell’uomo iniziava a diventare fin troppo strano, come quel luogo. Forse non doveva fidarsi così ciecamente: prima il prezzo del soggiorno e poi questo. Non era più così tanto sicura della sua decisione; però era troppo stanca per cercare un altro luogo dove dormire e, se qualcosa fosse andato storto, avrebbe cambiato albergo.
Firmò il documento e lo consegnò al direttore, che lo prese esibendo uno dei suoi soliti sorrisi.
“Grazie mille per aver scelto il mio albergo. Monica, per favore, accompagna la nostra ospite alla sua stanza.”
La cameriera fece cenno a Cordelia di alzarsi e di sbrigarsi a seguirla. La ragazza obbedì e si avviò verso la porta, finché la voce dell’uomo non la bloccò” Mi raccomando Cordelia, ceca di fare la brava.”
Quella frase la paralizzò sull’uscio: com’era possibile che sapesse perché lei era là? Un tremendo senso di angoscia l’avvolse: quel posto le iniziava a piacere sempre di meno, soprattutto quel direttore così strano, di cui non aveva visto per un solo secondo gli occhi.
L’uomo dovette notare la sua espressione scioccata e, forse, decise di tranquillizzarla.
“Non mi guardi così. Volevo solo avvertirla di comportarsi bene all’interno del mio albergo: detesto la gente maleducata.”
Cordelia non si sentiva sollevata da quell’affermazione anzi, la rendeva ancora più dubbiosa. Stava per chiedere al direttore ulteriori chiarimenti, ma la cameriera trascinò a forza lei e il suo trolley lungo il corridoio.      

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Capitolo 5
*** Quel pessimo, stancante, opprimente e snervante primo giorno lontano da casa.(Parte V) ***


 Un tremendo dolore alla mano sinistra la svegliò nel cuore della notte. L’arto le bruciava fin nel midollo osseo e non capiva il perché. Cercò di accendere l’ abat-jour posto sul comodino vicino al suo letto, ma si spostò troppo e cadde sul pavimento. Atterrò proprio sulla mano dolorante, che iniziò a pulsare ancora di più. Non riuscì a trattenere un rantolo.
Se scopro che si tratta della puntura di un qualche insetto, il padrone dovrà spiegarmi il suo concetto di “pulizia”.
Pensò iniziando a trascinarsi verso il bagno.
Fortunatamente ala camera da letto era di dimensioni modeste e si poteva raggiungere la toilette in pochissimo tempo. Certo, strisciando sul pavimento ci avrebbe impiegato un po’, ma il dolore era diventato tale che iniziava a farsi sentire anche sul resto del corpo, togliendole la voglia di alzarsi.
Si trascinò a forza sin dentro il bagno mentre la vista pian piano si oscurava ancora di più, rendendo l’ambiente un’unica macchia nera. Si appoggiò al mura e con un enorme sforzo si sollevò da terra.
Non devo perdere il controllo, devo sopportare e non cedere.
Tastò la parete di piastrelle e, fortunatamente, trovò l’interruttore. Lo premette e, quando la luce si accese, dovette coprirsi gli occhi con le mani. Vi si abituò dopo un po’ di tempo e, non appena individuò il lavandino, vi si precipitò, anche se barcollando. Aprì l’acqua fredda e vi mise sotto la mano sinistra, ora in fiamme.
Il piacere che provò fu immenso: le sembrava che dei piccoli rivoli freschi si riversassero all’interno delle articolazioni, diffondendosi, così, in tutto il corpo e alleviando il dolore. Prese un bel respiro di sollievo, finalmente libera da quella morsa. Alzò la mano sinistra, sperando di capire cos’aveva provocato tutto quel dolore, e non appena lo vide sussultò: le era apparso uno strano tatuaggio che sembrava fatto di fiamme, che si stavano man mano spegnando.
Il cuore iniziò a martellarle nel petto. La situazione iniziava a non piacerle: quel posto era fin troppo strano, come il suo direttore.
Cercò di mettere e fuoco la vista, ancora appannata dal sonno, per capire cosa ci fosse raffigurato, quando un rumore attirò la sua attenzione. Si guardò attorno preoccupata, cercando di capire la sua origine. Lo sentì di nuovo e voltò immediatamente la testa verso la direzione da cui proveniva. Era strano, simile ad un cavo metallico che si allungava e, soprattutto, non proveniva dalla sua stanza.
Strano, ma non ci dovrebbe essere il coprifuoco?
Pensò, mentre il cuore tornò a martellarle nel petto.
Uscì dal bagno e si diresse verso la porta che dava l’accesso al corridoio. Indugiò un po’ sulla soglia, timorosa che le potesse succedere qualcosa se qualcuno l’avesse scoperta a gironzolare di notte senza autorizzazione.
Sentì ancora quel rumore metallico e decise che doveva far luce su tutta quella storia. Aprì la porta ed entrò silenziosamente nel corridoio. La chiuse con cura, cercando di non emettere il minimo suono, e si avviò. Fortunatamente la luce della luna filtrava dalle vetrate e riusciva ad illuminare abbastanza l’edificio, rendendo anche visibili certi oggetti urtabili.      
Cercò di fare meno rumore possibile, ma ogni volta che appoggiava il piede a terra le sembrava che riecheggiasse per tutto il corridoio. Iniziò a strisciarli e, quando si accorse che così era più silenziosa, decise di continuare così. Si guardò più volte attorno, in cerca sia di dipendenti dell’albergo e sia dell’origine di quel strano rumore, ma vide soltanto vecchi quadri, statue e armature medievali.
Ad un certo punto sentì nuovamente quel sibilo metallico e sussultò, accorgendosi che era ancora più vicino. Voltò lo sguardo versa la parete e vide che vi erano appese due spade. Non ci pensò un secondo in più e ne cercò di prendere una. Purtroppo era agganciata al muro, assieme all’altra, con degli anelli di ferro e staccarla era praticamente impossibile. Cordelia non si arrese e continuò a tirare, ma alla fine dovette abbandonare la presa. Il rumore metallico si fece risentire, mettendola ancora più in agitazione.
Maledizione, non ho altra scelta.
Pensò guardandosi attorno e sperando che nessuno la stesse osservando.
Posò una mano sugli anelli che legavano le due armi e questi, con uno scocco sonoro, si aprirono facendo cadere le spade sul pavimento; il rumore riecheggiò ancora più dei suoi passi.
‹‹ Accidenti, accindenti…››
Sussurrò raccogliendole e allontanandosi.
Camminò ancora per un po’, voltandosi spesso a controllare di non essere seguita: ora, oltre ad aver violato il coprifuoco, si era impossessata, senza permesso, di due armi.
In caso posso sempre dire che sono il risarcimento per questo fantastico tatuaggio.
Già, il tatuaggio. Ripensandoci, Cordelia si guardò la mano sinistra: le fiamme erano completamente sparite, lasciando solamente un disegno nero. Si avvicinò ad una finestra per poterlo osservare meglio, quando sentì il sibilo, ora vicinissimo.
Si voltò di scatto e notò che una porta era aperta. Impugnò saldamente le sue spade e si avvicinò silenziosamente, timorosa per ciò che avrebbe potuto trovare.
Non appena giunse in prossimità dell’uscio si appiattì contro il muro e sbirciò dentro. Rimase molto sorpresa da ciò che vide: una grande sala con al centro una teca da museo, contenente un diadema di diamanti. La cosa, però che la colpì parecchio, era il fatto che il contenitore era illuminato, riuscendo a stagliarsi nell’oscurità. Cordelia pensò di essersi sbagliata e decise di allontanarsi, finché non vide un piccolo bagliore proprio sopra la teca, accompagnato dal rumore metallico.
Il cuore le balzò in gola: la c’era qualcosa, anche se non sapeva bene cosa, e non aveva la più pallida idea se fosse pericoloso o meno. Rimase sulla soglia per un po’, indecisa se entrare o meno: se lo avesse fatto, forse avrebbe scoperto qualcosa di interessante sul quel luogo. Se, però, non l’avesse fatto, non avrebbe corso il rischio di avere qualche incontro spiacevole.
Ma di cosa mi preoccupo? Se le cose si mettono male saprò difendermi senza problemi.
Pensò prima di entrare nella stanza.
‹‹ Chi c’è? ››
Disse quasi urlando, dimenticandosi che qualcuno l’avrebbe potuta sentire.
Non ricevette risposta, ma in cambio qualcosa cadde dal soffitto, finendo con un tonfo sonoro sul pavimento.
Cordelia si avvicinò pian piano, puntando le due spade contro quella cosa completamente nera e raggomitolata a terra.
‹‹ Accidenti, il ginocchio. ››
Sentì sussurrare dalla figura mentre si massaggiava una parte del corpo: ormai gli era giunta davanti.
‹‹ Cosa sei? ››
Chiese un po’ timorosa.
‹‹ Oh, molto spiritosa, come se non sapessi che… ››
Disse quell’essere, alzandosi in una postura eretta, e si bloccò non appena i suoi occhi castani incrociarono quelli azzurri della ragazza. Erano allibiti e quasi terrorizzati, anche se Cordelia non riusciva a capire cosa ci potesse essere di tanto spaventoso in una persona in pigiama. Certo, aveva due spade, ma siccome stava tremando come una foglia, era un po’improbabile credere che fosse pronta ad uno scontro.
‹‹ Chi sei? ››
Chiese la figura, con una voce troppo acuta per essere maschile.
‹‹ Credo di avertelo chiesto prima io, no? Non dovrei avere la precedenza? ››
Ribatté con un tono un po’insicuro.
‹‹ Magda, ma credo sia molto più importante chi sia tu…››
Bene, una ragazza. Con tutto questo buio non l’avevo capito.
Inoltre le vesti della sua interlocutrice non l’avevano aiutata:una tuta aderente completamente nera e un passamontagna che le nascondeva il volto l’avevano ampiamente aiutata a mimetizzarsi con l’ambiente.
‹‹ Io credo che quella che deve dare delle spiegazioni sei tu. Tanto per cominciare, che cosa ci facevi qua? ››
Disse Cordelia, cercando di tenere ben in vista le due spade.
‹‹ Non rispondo se prima non mi rispondi tu. ››
La ragazza decise di assecondarla, anche se un po’dubbiosa. Era sicura che, però, quella era un osso duro e non avrebbe ceduto facilmente.
‹‹ Mi chiamo Cordelia e credo che questo ti possa bastare.››
‹‹ Invece no. ››
Vorrei vedere se faresti lo stesso la preziosa, se ti attaccassi, ma per tua fortuna non posso.
‹‹ Vorrei sapere cosa ci fai qua. ››
Continuò Magda, impassibile.
‹‹ Ho preso una stanza in questo albergo, mi sembra ovvio. ››
‹‹ Mi stai dicendo che è riuscito a farti alloggiare qua?! ››
La voce della sua interlocutrice raggiunse un tono così acuto che Cordelia credette che avrebbe rotto la teca di vetro.
Improvvisamente si sentirono dei passi provenire dal corridoio e avvicinarsi al salone. Cordelia si girò un solo istante, temendo che uno dei domestici, o il direttore in persona, fosse già sulla soglia.
Quella piccola distrazione, però, diede la possibilità a Magda di avvicinarsi silenziosamente e di prenderla di spalle. In un solo istante la immobilizzò le braccia e le tappò al bocca.
‹‹ Seguimi e non protestare, altrimenti ti lascio alla loro mercé. ››
Le sussurrò.
Cordelia annuì, abbastanza impaurita da quanto velocemente l’avesse bloccata, ma non aveva intenzione di arrendersi: ora avrebbe seguito tutte le sue istruzioni e, nel momento in cui Magda avrebbe abbassato al guardia, lei si sarebbe liberata a l’avrebbe assalita.
Si fece portare verso al parete e, dopo che la sua immobilizzatrice premette con la spalla una pietra infissa nella parete e fece aprire un passaggio, si fece portare al suo interno. Non appena passarono entrambe la soglia, Magda al lasciò andare e, in meno di un secondo, premette un pulsante che richiuse il passaggio. Cordelia decise di attaccarla in quel preciso istante.
Si preparò a saltarle addosso, ma la ragazza le intimò di fare silenzio, posandosi un dito sulle labbra; piccola distrazione che fece perdere l’occasione a Cordelia: orami l’entrata era chiusa e la stanza era precipitata nell’oscurità più totale. Tenne le due spade in guardia, pronta a difendersi.
‹‹ Ora fai silenzio e, dopo che i dannati sono andati via, ti spiego tutto. ››
Quel lieve sussurro la colse di sorpresa, tanto che si girò di scatto, sobbalzando.
‹‹ Come hai fatto a… ››
‹‹ Shh… ››
 Intimò nuovamente Magda, questa volta posando il dito sulle labbra di Cordelia.
Poco dopo i passi rimbombarono nel salone della teca e la ragazza decise di obbedirle.
Chissà, forse mi saprà dire qualcosa. Era alquanto stupita quando le ho detto che avevo prenotato una stanza qua.
Chiunque fosse nella stanza affianco si bloccò. Cordelia trattenne anche il respiro, sperando che quella persona se ne andasse presto.
I secondi scorsero molto lentamente, tanto che lei era sempre più convinta che le avrebbero scovate. Ad un certo punto i passi rimbombarono nuovamente nel salone, ma si fecero sempre più lievi. Quando non si sentì alcun rumore e il silenzio iniziò a dare fastidio, una luce invase parte del loro nascondiglio, costringendo Cordelia a tapparsi gli occhi.
‹‹ Meno male che qua ce n’era rimasta ancora una, altrimenti non so come avresti proseguito lungo i corridoi. Dura abituarsi alla luce dopo il buio, vero?››
La ragazza era alquanto confusa e non solo per via della luce: come mai Magda aveva assunto un tono così familiare nei suoi confronti? Non le piaceva affatto e decise di continuare a tenere la guardia alzata, mentre l’altra si sedeva su di una vecchia panca di legno, unico mobile della stanza, e si toglieva il passamontagna.
‹‹ Fiuuu! Non c’è la facevo più a stare qua sotto. Credevo che il cervello mi stesse evaporando. ››
Ammise.
Dei sottili capelli neri ricaddero fino al mento. Il taglio non era perfetto e qualche ciocca era un po’ sfilacciata,  e inoltre metteva in risalto il suo naso un po’angolare.
Si girò verso Cordelia e i suoi occhi castani assunsero una piega alquanto preoccupata quando incrociarono i suoi azzurri.
‹‹ Allora, perché sei qua? ››
‹‹ Te l’ho già detto, ci alloggio. E tu, invece, perché gironzolavi per l’albergo? ››
Tenne le due spade bene in vista, per farle capire che non era una persona arrendevole.
‹‹ E’ una storia un po’ lunga, ma ti posso dire che ci vedremo spesso. ››
‹‹ Vieni al sodo. ››
Sibilò Cordelia tra i denti.
‹‹ Va bene, va bene. Vuoi sapere perché sono qua? ››
Magda prese un respiro prima di risponderle.
‹‹ Diciamo che anch’io vivo qua. E comunque devo ammettere che l’idea dell’ albergo è stata alquanto… ››
‹‹ Ma mi prendi per scema?! ››
Sbraitò Cordelia avvicinandosi aggressivamente verso l’altra.
‹‹ Più che una turista mi sembri una ladra. E non inventare scuse: le tue vesti ti ingannano. ››
Magda, intanto, era scattata con un movimento felino verso l’estremità più lontana della panca.
‹‹ Calma, calma, non sbraitare: ci possono sentire. ››
‹‹ E che ci sentano! Una delinquente come te merita di essere trovata! ››
L’altra rise sommessamente.
‹‹ Allora non mi credi? ››
 ‹‹  No. ››
‹‹ Bene, bene… penso che ti farò cambiare idea. ››
Magda si sfilò con grazia uno dei guanti che portava, mettendo in mostra un tatuaggio identico a quello di Cordelia.
Questa rimase senza parole e per lo stupore lasciò cadere a terra la due spade. Non sentì nemmeno il rimbombo che provocarono, tanto era rimasta scioccata.
‹‹ Ce ne hai uno identico, vero? ››
La ragazza annuì senza muovere un solo muscolo del viso. Magda scattò in piedi con un movimento molto aggraziato e flessuoso, per poi continuare a parlare.
‹‹ Mi spiace dirtelo mia cara, ma tu non hai solo affittato una stanza: tu hai anche fatto un patto con il diavolo. ››         
 
 
 
Ringraziamenti:
Ringrazio nuovamente bbbgster, che ha la pazienza di leggere ogni mio nuovo capitolo e di recensirlo, dandomi anche consigli. Grazie ancora.

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