Oh love, won't you rain on me tonight

di Giulia White
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno. ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due. ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre. ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro. ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque. ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei. ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette. ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto, parte Uno. ***
Capitolo 9: *** Capitolo Otto, parte Due ***
Capitolo 10: *** Capitolo Nove. ***
Capitolo 11: *** Capitolo Dieci. ***
Capitolo 12: *** Capitolo Undici. ***
Capitolo 13: *** Capitolo Dodici. ***
Capitolo 14: *** Capitolo Tredici. ***
Capitolo 15: *** Capitolo Quattordici. ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno. ***


Quella mattina mi svegliai presto. O meglio, presto per i miei standard.
Erano le nove di mattina dell’1 settembre, un sabato.
Tutti gli anni facevo la stessa cosa: assolutamente niente per tutta l’estate, ma a settembre tutto cambiava, mi lasciavo alle spalle gli amici estivi e le feste, per prepararmi alla scuola.
Quell’anno mi  avrebbe aspettato la terza superiore, ed ero abbastanza preoccupata, tutti dicono che è l’anno più impegnativo. Rimasi un po’ nel letto a rimuginare su questa cosa, e mi ritrovai a ripercorrere i ricordi di quell’estate, una delle migliori in assoluto, che con l’1 settembre, quel maledetto 1 settembre, era definitivamente finita.
Quei tre mesi erano stato un vero devasto. Con delle amiche avevamo conosciuto un gruppo di ragazzi e ragazze di Mahnattan, come lo eravamo  noi del resto, e ci avevano invitate ad un sacco di feste, con alchool e droga, e anche se io non mi ero spinta oltre a qualche superalcolico, non ero mai uscita così male da un party.
E poi le passeggiate per New York, le fughe fuori città, e la vacanza lampo di una settimana in California..era stato tutto davvero fantastico.
Mi ero anche trovata un ragazzo, ma ci eravamo lasciati qualche giorno prima, era stata solo una cosa estiva, lo sapeva lui e lo sapevo anche io.
Era stato bellissimo, ed era finito.
Maledissi ancora una volta settembre, e mi decisi ad alzarmi.
Dovevo fare un po’ di commissioni quella mattina, e pensai di iniziare a fare un salto in biblioteca per prendere un libro che la prof di letteratura ci aveva assegnato.
Pensai di andare alla Pierpont Morgan Library, che era vicino alla Madison Ave, io che abitavo sulla Park Ave, all’incrocio con la 53esima, ci sarai arrivata in pochi minuti con la metro.
A inizio settembre l’afa di New York è ancora quasi insopportabile, quindi indossai semplici shorts di jeans e una cannottiera, con una borsa a tracolla e le mie fedeli Superga.
Prima di uscire presi la lista di libri dalla quale ne avrei dovuto sceglierne uno da leggere. Romanzi storici, avrei dovuto immaginarlo. Odiavo quel genere di libri, il mio autore preferito era Stephen King, dopo la Rowling,  ovvio. Pensai che avrei dovuto fare una piccola ricerca per aver un’idea di quale libro prendere in base alla trama, ma non lo feci, avrei scelto a caso, tanto un libro noioso vale l’altro.
I miei genitori si erano presi due settimane di vacanza, e stranamente mi avevano lasciato sola a casa, così presi semplicemente le chiavi ed uscii; mi piaceva quella libertà, quell’aria di indipendenza che si ha quando si può uscire quando e come si vuole, senza che ci sia qualcuno a controllare.

Nota dell'autrice: Ciao a tutti :D quest'introduzione ovviamente non riguarda Neal, ma vi prometto che entrerà presto in scena :3 Intanto, recensite! Ah, una cosa: qualcuno di voi ha mai notato se l'indirizzo di Neal viene nominato? se sì scrivetemelo in una recensione per favore, o dovrò inventarmelo c: Ciao ^^

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Capitolo 2
*** Capitolo Due. ***


Arrivai alla Pierpont in una quindicina di minuti, avrei potuto prendere un taxi, ma niente mi assicurava che sarei arrivata prima, e poi non avevo fretta.
La biblioteca è un edificio maestoso, penso sia anche abbastanza famosa, di sicuro è molto fornita, ed ho scelto quella apposta, avrei trovato il libro senza essere messa in lista d’attesa, anche prechè non potevo permettermi di attendere, dovevo leggere quel libro e fare un altro casino di compiti entro due settimane.
Andai in una stanza a caso ed estrassi la mia lista dalla borsa. Praticamente puntai il dito sul foglio per una scelta del tutto casuale, e mi trovai a indicare un titolo che avevo già sentito, ma solo vagamente e non avevo idea di che cosa potesse parlare. Il giovane Holden.
Nella stanza c’era un computer per l’archiviazione di tutti i libri, uno non poteva mica cercare il libro che voleva leggendo uno per uno i titoli del milione di volumi esposti. Cercai il mio giovane Holden, e mi appuntai la posizione sul foglio. In quella biblioteca c’era da perdersi, era enorme.
Mi ci vollero quasi dieci minuti per trovare il mio libro, e quando lo individuai tirai un sospiro di sollievo, non era neanche molto alto, sarà stato sulle duecento pagine.
Riposi la lista nella borsa e feci per prendere il libro, ma in quel momento un’altra mano toccò la mia, diretta verso il mio stesso libro.
“Oh, scusa” dissi io automaticamente. Ero un po’ confusa.
“Figurati, non c’è problema”. A parlare era stato un giovane sui 25-30 anni, ben vestito, con un bel sorriso e i capelli avevano uno strano ciuffo, tipo alla Elvis Presley.
 
Nota dell'autrice: salve a tutti :) lo so, sono già partita male con questa storia aggiornando un po' tardi, inoltre il capitolo è piuttosto corto, perciò pubblico subito anche il terzo :) Mi raccomando recensite :D

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre. ***


Mi sorrise “Fai pure” disse, facendo un passo indetro e indicando lo scaffale dei libri.
“Oh no, non ti preoccupare, prendilo pure tu” e feci un passo indetro a mia volta.
Lui prese il giovane Holden e me lo porse, “Io l’ho già letto, posso farne a meno” .
“Io non l’ho letto, e francamente non voglio neanche farlo” mi accorsi di essere stata un po’ rude, ma quello era il mio carattere, non riuscivo proprio ad evitarlo. Poi aggiunsi: “Ho una lista di libri da cui posso scegliere quale leggere, e quello è stata una scelta casuale, posso prenderne un altro senza problemi” accennai  un sorriso.
“Beh, in questo caso” disse lui con un sorrisetto un po’ rassegnato, “e questa lista ce l’hai con te? Potrei darti una mano a sceglierne un altro”.
Sorrisi. “Certo, grazie”. Alla fine era anche simpatico, e gentile.
Presi la lista e gliela porsi.
Lui la studiò un attimo e disse: “Chi ha scritto questi titoli? Sono dei gran bei libri, chi li ha scritti ha davvero un ottimo gusto”.
Io scoppiai a ridere, non potei farne a meno. Il gusto era l’ultima cosa che la mia prof di letteratura poteva avere.
Lui mi guardò un po’ perplesso.
“Scusa” gli dissi, “è che non potrei mai definire ‘belli’ libri come quelli sulla lista. Odio i romanzi storici, non c’è niente di più noioso”.
“Stai scherzando” disse lui. “Questi sono capolavori, hanno fatto la storia della letteratura”, disse sgranando gli occhi.
Probabilmente mi vide piuttosto perplessa, perché disse: “Ok, allora cercherò di proporti quello che potrebbe essere il meno peggio”.
Io sorrisi, o risi, non saprei dirlo “Grazie”.
“Direi che potresti provare con ‘On the road’ di Kerouac”.
Io annuii. Mai sentito. Chi cavolo era Cheruag? “Perfetto, allora credo che andrò a prenderlo..” strinsi le labbra, non sapevo come congedarmi.
“..oh, si, certo”.
“Ehm..”  cosa dovevo dire? Me ne andavo e basta?
“Dovrebbe essere nella sala qua a fianco, nello scaffale in fondo, vuoi che ti aiuti a cercarlo?”
“Si, certo” accettai io, e sfoggiai un bel sorriso; ero abbasatnza sollevata, non so il perché.
Anche lui sorrise, e ci incamminammo verso la stanza vicina.
“Ecco”. Mi prese il libro che si trovava su uno scaffale un po’ alto e me lo porse.
“Grazie” presi il libro.
“Figurati, ti serve altro o vai all’entrata per confermare il prestito?”
“E’ tutto qui..”
“Bene” aprì il braccio come fanno i principi per mostrare la strada.
Io risi e andammo verso il banco all’entrata. Mentre camminavamo lui disse, sempre con un bel sorriso: “Ah, io sono Neal”.
“Liz” ricambiai il sorriso e gli strinsi la mano che mi stava porgendo.
Arrivati al banco all’entrata Neal si mise in una fila e io in un’altra. Lui finì prima, e si avviò verso l’uscita.
Mi preparai un sorriso per il congedo, ma lui non mi guardò e non mi face neanche un segno. Ci rimsi piuttosto male.
Finii le pratiche per il prestito e mi diressi verso l’uscita e vidi che Neal mi stava aspettando.
Mi sentii piuttosto sollevata, pensavo se ne fosse andato senza salutare, ma non lo diedi a vedere, feci finta di non essere stupita che lui mi stesse aspettando.
Neal mi chiese “Dove vai adesso?”
“Verso Bryant Park, sulla 40esima” risposti, dovevo incontrarmi lì con delle amiche.
“Ah, io devo vedere una persona tra la sesta e la 39esima, possiamo fare un pezzo di strada insieme”
“Certo” accettai, era un po’ strano, ma alla fine mi faceva piacere.
Facemmo un pezzo in metro, poi continuammo a piedi.
All’incrocio con la quinta e la 39esima qualcosa mi arrivò addosso, mi spaventai un po’, finchè non mi accorsi che era la mia amica Alice, evidentemente molto contenta di vedermi. Ci raggiunse dopo poco anche Julia, l’altra mia amica.
Iniziarono a tempestarmi di domande sul weekend che avevo passato nel Virginia, dove ero andata a trovare mia zia.
Per un attimo mi dimenticai di Neal, che si era allontanato di qualche passo per non essere investito dall’uragano di entusiasmo delle mie amiche.
“Aspettate un attimo!” interruppi Alice e Julia e mi avvicinai a Neal. Non sapevo cosa dire, gli avevo detto che sarei dovuta andare fino al parco e invece era ovvio che mi sarei fermata lì, visto che avevo già incontrato le mie amiche.
“Mi spiace..” esordii, ma lui mi interruppe “Non ti preoccupare. Penso di poter continuare da solo” sorrise. “E’ stato un piacere”.
“Sì, anche per me” sorrisi.
Ci fu un momento decisamente imbarazzante, nel quale non sapevamo come congedarci, entrambi facemmo un goffo tentativo di abbraccio, ma alla fine propendemmo per una semplice stretta di mano.
Un ultimo sorriso, si girò e si incamminò lungo la 39esima, verso la sesta.

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro. ***


Ovviamente le mie amiche iniziarono a tempestarmi di domande su “quel figo” con cui ero, improvvisamente dimentiche del mio week end in Virginia.
Dissi loro che avrei raccontato tutto in un bar, davanti a un bel caffè. Quella mattina ancora non l’avevo preso, era un record per me. Io sono totalmente dipendente dalla caffeina, non mi si vede quasi mai in giro senza un bicchiere del caffè in mano.  Il mio caffè preferito, il migliore della città, lo facevano a Little Italy, praticamente dall’altra parte di Manhattan, e spesso mi attraversavo metà città solo per andarmi a bere quel fantastico caffè.
Entrammo nel primo bar che trovammo, io presi il mio caffè, Alice una coca cola e Julia un martini. La guardammo un po’ male, ma lei ci ignorò, secondo me aveva qualche problema.
Dissi loro di come avevo incontrato Neal
“E ti ha chiesto di rivedervi?” mi chiese Alice alla fine del mio racconto.
“Cosa..? No!” risposi, con un pizzico di indignazione nella voce.
“Bhè perché no? E’ ovvio che gli piaci” intervenne Julia smettendo per un attimo di sorseggiare il suo drink.
“Ma va, avrà trent’anni”
“Eh bè? Che vuol dire? Secondo me gli piacevi” ripetè lei.
“Bhè, che peccato però, era davvero bello” commentò di nuovo Alice con aria pensierosa.
“Ma smettetela, mi ha solo consigliato un libro, è stato gentile, punto”.
“E ti ha accompagnato al parco” aggiunse Julia con un sorrisetto “scommetto che non doveva venire neanche in questa direzione, ma voleva solo camminare un po’ con te”.
“No, neanche per sogno, smettetela, è stato un incontro da nulla, discorso chiuso”.
Capii dalle espressioni di Julia e Alice che loro rimanevano della loro idea, ma non volevo continuare a discutere.
Passammo il resto della mattinata in giro per Manhattan, specialmente nell’Upper East Side, guardando le vetrine dei negozi di vestiti, quella si che era alta moda, ed io l’adoravo.
Con il tipo di persone che erano i miei genitori mi ero sempre stupita che non abitassimo nell’Upper East Side. Erano entrambi molto stimati dalla società, mia madre era un chirurgo molto famoso, richiesto anche in molti altri stati, invece mio padre faceva l’avvocato, e anche lui viaggiava molto per lavoro.
Loro sono il genere di genitori pesantemente criticabili: sempre presi dal lavoro, quasi mai a casa, perennemente occupati e senza mai un minimo di tempo per la figlia, che in questo caso sarei io.
L’unica cosa di cui i miei genitori si erano sempre preoccupati era la mia istruzione, ovviamente la cosa che meno mi interessava. Frequentavo infatti la Columbia High School, “una delle scuole più prestigiose di Manhattan”, a detta di mio padre. Però alla fine quella scuola non mi dispiaceva, il livello di istruzione era davvero alto e non facevo neanche molta fatica a tenere il passo, i miei voti erano buoni, e i miei genitori soddisfatti della loro figlioletta modello. Ovviamente non andavo a dirgli quello che facevo con gli amici, occhio non vede cuore non duole, e così tutti erano felici.
Ritornando a noi, quella mattinata passò in fretta, e presto fu ora di pranzo. Andammo in un posto carino verso Midtown Center, non ci sembrava decisamente il caso di mangiare nell’Upper East Side.
Io mi limitai a un’insalata, con l’inizio di settembre iniziava sempre anche la dieta. Tutti mi dicevano che non ne avevo minimamente bisogno, che ero già magra, e in parte sapevo che era la verità, ma io volevo dimagrire e sarei dimagrita.
Dopo pranzo mi costrinsi a salutare Julia e Alice, per chiudermi in casa a iniziare un po’ di compiti.
 
 
I giorni seguenti passarono tutti nello stesso modo, mi alzavo al mattino, bevevo il mio caffè e iniziavo i compiti. Ogni tanto Alice a Julia venivano a casa mia per studiare insieme. Stavamo sempre da me perché anche quando i miei genitori non erano in viaggio per lavoro stavano sempre fuori casa dalle sette del mattino fino all’ora di cena, spesso anche dopo, e noi avevamo casa libera.
“On the road”, il libro che mi aveva consigliato Neal, si era rivelato davvero bello, forse un po’ pesante ma comunque accessibile e molto scorrevole. Mi piaceva molto ed ero già a metà.
 
La mattina del 14 settembre mi svegliai più presto del solito. Erano le 6.45. Aspettai che i miei genitori uscissero di casa poi mi alzai. Non mi andava di riaddormentarmi e decisi di fare un salto a Little Italy.
Mi preparai e uscii, presi la metro e, dopo un alcuni cambi di linea, alla fine arrivai alla mia cara Little Italy. Il mio fedele bar si chiamava “Sofia’s” ed era lungo Mulberry Street, entrai e mi misi in fila, ci saranno state cinque o sei persone.
Aspettai il mio turno, stavo per prendere il portafoglio dalla borsa quando il signore davanti a me ritirò la sua ordinazione e se ne andò. Ero ancora alle prese con la borsetta quindi non guardai il bancone mentre dicevo “Un caffè..”, cosicché non mi accorsi che un’altra persona si era avvicinata e aveva ordinato nel mio stesso istante.
Alzai lo sguardo un po’ scocciata, che nervoso le persone che non seguono la fila! Ma ciò che vidi mi face passare la scocciatura, anzi, mi face passare qualsiasi cosa, la mia mente si svuotò completamente.
Era Neal.
Quando mi vide aggrottò leggermente la fronte, probabilmente per ricordare chi fossi, e quando ci riuscì aprì leggermente la bocca, poi sorrise.
Da parte mia riuscii a produrre un piccolo sorriso un risposta, mentre mi riprendevo dallo “shock”.
Il barista, ci guardò un po’ incerto, evidentemente indeciso su chi servire prima.
A quel punto Neal disse al barista “Due caffè”, “ti va?” aggiunse poi rivolto a me.
“Certo” accettai. “Grazie, Jack” aggiunsi poi rivolta al barista, non l’avevo neanche salutato vista l’intromissione di Neal. Potevo considerare Jack un amico ormai, erano almeno sei mesi che andavo nel suo bar almeno una volta a settimana, e ci si conosceva.
“Di niente, Liz”.
Neal mi chiese se mi andasse di sederci a un tavolo e accettai. Mentre lui si avviava Jack mi rivolse uno sguardo interrogativo, evidentemente incuriosito dal rapporto che avevo con Neal. Scossi la testa in risposta al suo sguardo, perché tutti pensavano che ci dovesse per forza essere qualcosa?
Seguii Neal a un tavolo, lui si sedette dando le spalle al bancone e io mi misi di fronte a lui.
“Dobbiamo smetterla di incontrarci in questo modo” disse lui con un sorriso.
“Già” risposi io, sorridendo a mia volta.
“Allora, abiti a Little Italy?”
“Oh no, io abito praticamente a Midtown Center, vengo qua solo per il caffè”
“Cavolo, scherzi!? Anche io!”
Mi stupii anche io, credevo di essere l’unica matta che facesse una cosa del genere.
“Non c’è posto in cui facciano caffè migliore, penso di averli provati tutti” aggiunsi.
“Concordo pienamente” sorrise lui. “Comunque, l’hai letto il libro che ti ho consigliato l’altra volta? Era ‘On the road’ giusto?”
“Si si, l’ho finito giusto ieri, era davvero bello”
“Cosa ti avevo detto? Sei ancora convinta che la letteratura sia noiosa?”
“Mmm, un po’” dissi io, e mi lascia sfuggire un sorriso.
Lui rispose con una risata, poi scosse la testa.
In quel momento vidi che Jack, da dietro il bancone, continuava a farmi gesti, tutti riferiti a Neal. Stavo per morire dal ridere, e sperai che Neal non capisse che non ridevo più per la nostra conversazione.
Cercai di riprendere a parlare, e decisi di chiedergli del suo libro.
“E tu, invece? L’hai letto il tizio Holden?”
Lui sorrise ancora al mio storpiare il titolo di quel libro e rispose “Sì, sì l’ho…” gli squillò il telefono e lui si interruppe. “Scusa un attimo” mi disse prendendo il telefono dalla tasca. Gli feci segno di non preoccuparti.
“Ciao Peter. No adesso non..sì, sì ok, arrivo, tra, diciamo..Peter, sono dall’altra parte della città..! Cinque minuti, ok, arrivo” attaccò.
“Mi dispiace, devo proprio andare” si scusò.
“Oh, va bene”
“Scusami davvero, non riusciamo mai a finire una conversazione, ma mi aspettano al lavoro”
“Figurati, non ti preoccupare, capisco”.
“Ti offro il caffè”
“Oh, no, non devi..”
“E’ il minimo che possa fare, visto come ti sto lasciando, ciao Liz” appoggiò 5 dollari sul tavolo e, rivoltomi un ultimo sorriso, uscì.
 
Jack, che aveva assistito a tutta la scena, uscì da dietro il bancone e si sedette al mio tavolo.
“E non ti a nemmeno dato un appuntamento” disse scuotendo la testa, con aria scherzosa.
Risi.
“Se sei stupido, Jack”, “dai, vado, ci vediamo presto”
“Cosa?” protestò lui “mi lasci qui così? Eppure hai appena provato sulla tua pelle cosa vuol dire essere scaricati”.
“Ciao, Jack” sorrisi, gli scompigliai un po’ i capelli e mi avviai verso l’uscita.
“Ciao Liz”.
E mentre me ne andavo mi venne il dubbio che sotto i modi scherzosi di Jack si nascondesse qualcos’altro, ma scacciai in fretta quel pensiero dalla mente.

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque. ***


“Te l’ha dato un appuntamento questa volta, vero?”
Sbuffai, “No, Alice”.
“Bè, è un idiota” buttò lì lei.
“Piantala Alice, non è un’idiota, anzi, sembra molto intelligente.
“Visto! Allora ti piace!” esclamò lei.
Sbuffai di nuovo. “No che non mi piace, l’ho incontrato due volte e le nostre conversazioni non possono neanche essere definite tali”
“Si si, tu dici così, ma intanto da quando l’hai incontrato in quella biblioteca leggi solo libri noiosi” intervenne Julia.
Eravamo a casa mia, sul mio letto. Alice sfogliava riviste, Julia si faceva le unghie e io stavo leggendo “Il ritratto di Dorian Gray”.
Quello che aveva detto Julia era vero, avevo iniziato a leggere libri seri, ma non voleva dire niente.
Avevo visto il film del ritratto di Dorian Gray e adesso volevo leggere il libro, cosa c’era di strano?
Julia, vedendo che non avevo intenzione di risponderle, cambiò argomento: “Ragazze, ma ci credete che domani inizia la scuola?” disse con tono lamentoso.
Era vero. Quel giorno era il 16 settembre, e la scuola sarebbe iniziata il giorno dopo, lunedì 17.
Avevo finito i compiti il giorno prima, giusto in tempo, come sempre.
“Ragazze, voi non dovreste andare?” chiesi alle mie amiche. Non volevo mandarle via, ma mi avevano detto che le loro madri le volevano a casa presto quella mattina. Avevano passato la notte da me e massimo per le dieci dovevano tornare a casa loro.
“Sì, cazzo, hai ragione” Alice chiuse la rivista e recuperò la sua borsa. Anche Julie si alzò, mi abbracciò e disse: “Ci vediamo a scuola domani”.
“Certo”. Sorrisi e abbracciai anche Alice, che mi disse che comunque mi avrebbe chiamato prima di sera.
Quando se ne andarono tornai sul letto e mi addormentai.
Mi risvegliai che era mezzogiorno, e decisi di mangiare qualcosa.
Andai in cucina e aprii il frigo, e lo trovai vuoto.
“Vaffanculo, mamma”.
Presi la borsa e uscii, avrei pranzato fuori. Mi portai “il ritratto di Dorian Gray” e lessi mentre camminavo. A Manhattan era una cosa abbastanza normale vedere persone che camminano con la faccia sui libri e, per quanto impossibile possa sembrare, non si finisce mai addosso a nessuno.
O almeno questo era ciò che si diceva, e ciò che mi era sempre capitato, fino a quella mattina. Stavo girando un angolo e mi scontrai in pieno con qualcuno, mi cadde il libro e anche il telefono con il quale stavo mandando un messaggio a Alice.
“Merda” esclamai io. “Oh, ma non ci vedi?”
Feci per raccogliere il telefono ma quell’idiota con cui mi ero scontrata lo raccolse prima e me lo porse.
“Grazie” dissi, un po’ scocciata “…Neal?” aggiunsi poi.
Incredibile, non l’avevo mai incontrato prima e improvvisamente me lo trovavo ovunque.
“Ciao Liz” disse lui in tono pacato.
“Neal, inizio a odiarti, veramente” dissi, ancora un po’ scocciata.
Lui rise e si chinò a raccogliere il libro che mi era caduto, ma prima di darmelo si soffermò a leggere il titolo. Poi me lo mostrò, con le sopracciglia inarcate.
Sapevo perfettamente quello che voleva dire con quello sguardo.
Gli presi il libro dalle mani e lui, con un sorriso beffardo, disse “non è troppo noioso quel libro per te?”
“Oh, piantala” dissi io, ma sorrisi.
“Credo di aver tempo per un caffè e quattro chiacchiere…” accennò lui.
“Ringrazia che non mi hai rotto il telefono, se no altro che caffè” sorrisi.
C’era un bar sull’altro lato della strada, entrammo e lui mi parlò un po’ del ritratto di Dorian Gray e discutemmo un po’ della trama.
“Mai sentito parlare di Amleto?” mi chiese ad un certo punto, sorridendo.
“Smettila di prendermi in giro, certo che ne ho sentito parlare”.
“Vuoi dire che l’hai letto?” chiese un po’ stupito.
“Un po’, a scuola, l’anno scorso”.
“E..?”
“E niente, molto bello, per niente noioso, un grande della letteratura” dissi io con finta aria saputa.
Neal scoppiò a ridere, e io lo seguii a ruota.
“No dai, seriamente, ti è piaciuto?” insistette lui.
“Sì, voglio dire, la storia è bella. Perché?” ero incuriosita da tanta insistenza.
“Bè, ecco, una di queste sere, a Brooklyn, fanno una rappresentazione modernizzata di Amleto, e io vado a vederlo quindi..”
Inarcai le sopracciglia, non del tutto sicura di cosa intendesse dire.
"..voglio dire, se ti interessava..” continuò.
“Cosa..? venire con te?” Dio, che idiota, com’era possibile che non avessi capito?
“Bè, sì, insomma, se non ti sembra..fuori luogo” concluse.
“Oh, no no, assolutamente, voglio dire, va bene”. Bhè, forse un po’ fuori luogo lo era, ma sarebbe stato decisamente poco carino dirglielo, e poi a me non dava nessun fastidio.
“Insomma, andiamo solo a vedere uno spettacolo” aggiunse. Voleva specificare che non era un appuntamento? Magari si sentiva un po’ in colpa per il fatto che aveva qualche anno in più rispetto a me.
“Sì, certo, mi piacerebbe molto”. Gli feci un grande sorriso e lui ricambiò.
“E quando sarebbe?” chiesi.
“Martedì sera..potrei passarti a prendere..?”
Esitai un attimo. Forse a me non sembrava “fuori luogo” ma non sapevo cosa potessero pensarne i miei genitori. Di certo non gliel’avrei detto, ma non mi sembrava comunque il caso di farmi venire a prendere.
“..forse è meglio se ci vediamo là” dissi infine.
“Certo” aveva già capito. “Ok, allora..” mi spiegò la strada perché io di Brooklyn ne sapevo poco o niente, e decidemmo di incontrarci per le 8.30 di sera.
“Perfetto, ci vediamo martedì allora” mi alzai, con l’intenzione di concludere l’incontro.
“Ci sarò” sorrise e si alzò a sua volta.
Mi abbracciò- “Ciao Liz” – e uscì dal bar.
Rimasi un po’ lì in piedi, riflettendo su quell’abbraccio.
Non riuscivo proprio a vedere Neal come un possibile fidanzato. Poteva essere mio fratello maggiore.
Sulla via di casa decisi di chiamare Alice.
“COSA? TI HA CHIESTO DI USCIRE? LO SAPEVO, IO! LO SAPEVO!” dovetti allontanare il cellulare dall’orecchio per l’urlo che lanciò Alice quando le raccontai di Neal.
“Alice, ti prego! Non esagerare come tuo solito”
“Esagerare, Liz, io non sto esagerando!”
“Sì, Alice. Prima di tutto non mi ha chiesto di uscire, andiamo solo a vedere uno spettacolo”
“Ma davvero? Solo uno spettacolo?” disse lei diffidente “Non prenderti in giro, Liz, lui ti ha chiesto di uscire”.
“Sì, ok, ma mi sembrava che ci tenesse a specificare che non è un vero appuntamento”.
“Ma era solo per essere cortese, è ovvio che è un appuntamento”
“Cortese, dici? L’ho pensato anche io. Secondo me temeva che l’avrei preso per un pedofilo..” scoppiai a ridere, e Alice con me.
“Ma perché credi che mi abbia dato questo ‘appuntamento’?”
“Liz, lasciatelo dire, ogni tanto sembri proprio stupida. E’ perché gli piaci, ovvio no?”
“Ma Alice avrà trent’anni!”
“Mmm, ancora con questa storia!” ribatti lei un po’ impaziente “Che vuol dire? Gli piaci sicuro, io te l’ho detto dal primo momento.” Fece una pausa poi disse “ma a te piace, vero?”
“Che vuol dire ‘mi piace’, Alice! Lo conosco appena. Però si, certo, è bello, e intelligente, e si veste bene, e poi ha un sorriso fantastico, però mi sembra di stare con mio fratello!”
“Tuo fratello?” scoppiò a ridere.
“Sì, voglio dire, è come se fosse ‘protettivo’ con me. Però di certo quell’abbraccio non era da fratello, e neanche l’effetto che mi ha fatto”.
“Vabbè, Liz, sai cosa ti dico? Tu vai a questo spettacolo, fate i finiti intellettuali assieme, e vedi come va”
“Sì, sì, penso che farò così, magari mi chiarisco anche un po’ le idee”.
“Perfetto, a domani allora”.
“A domani, un bacio”.
 
Per il resto della giornata sistemai alcune cose e feci delle commissioni. La sera pensai che Neal non era stato molto nella mia testa quel giorno. No, decisamente non ne ero innamorata. Era un amico. Andavo a vedere uno spettacolo con un amico.

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei. ***


Il 17 settembre arrivò presto. Troppo presto. Mi sembrava di essermi appena addormentata la sera prima, quando la sveglia suonò, trapanandomi i timpani. La spensi, irritata. Le 6.45.
Mi alzai e andai in stato comatoso in cucina, e mi preparai un’enorme tazza di caffè.
I miei genitori erano al tavolo a fare colazione, e mi salutarono con straordinaria allegria per essere neanche le sette del mattino. Mia madre si alzò e mi diede un bacio sulla guancia “Come stai, tesoro?”, “Pronta per il primo giorno di scuola?” intervenne mio padre.
Emisi un grugnito che faceva da risposta a tutte e due le domande.
Alle sette in punto i miei genitori uscirono di casa, facendomi la solita raccomandazione di non fare tardi.
Dopo il caffè mi sentivo decisamente meglio, e andai a prepararmi.
Mi vestii con dei leggings e una mini gonna, poi una camicia bianca e un gilet stile cameriera.
Mi truccai leggermente il viso e gli occhi, poi presi la borsa e uscii.
Presi la metro e per le 7.45 arrivai nell’Upper West Side, raggiunsi a piedi la 93esima e mi ritrovai nel familiare cortile della Columbia High School.
 Individuai Julia e Alice, che parlavano con altri amici che fanno parte del nostro gruppo.
C’era Nick che era diventato davvero un bel ragazzo, alto, biondo, e sicuramente sarebbe entrato nella squadra di football; Billie era sempre il solito, sigaretta in mano, capelli un po’ lunghi neri e cappuccio della felpa nera in testa. Era un tipo un po’ alternativo ma eravamo grandi amici, anzi, posso dire che era il mio migliore amico, nonostante ci fossimo persi un po’ di vista nell’ultimo mese d’estate. C’era poi Jamie, un bellissimo ragazzo con i capelli marroni e un bel fisico, abbracciato ad Abbey, stavano insieme da qualche mese. Lei era carina, la tipica ragazza liceale, bionda, magra ecc.
Salutai tutti, ero felice di rivederli. Mi accesi una sigaretta da fumare in compagnia di Billie, e ovviamente dovetti offrirne una anche a Alice e Julia, le scroccone. Io fumavo abbastanza regolarmente, forse anche per l’influenza di Billie, loro no.
Suonò la campanella alle otto ed entrammo. Solo il primo giorno si entrava alle 8, visto che prima che tutti ottenessero il loro orario delle lezioni passava almeno un’ora. Infatti arrivai in classe qualche minuto prima delle 9. La prima ora avevamo spagnolo, poi due ore di letteratura e la pausa pranzo. Al pomeriggio fisica e storia americana. Uscimmo alle 14 al posto che alle 15, essendo il primo giorno di scuola.
Il pomeriggio mi vidi con Billie e andammo in giro, raccontandoci un po’ della nostra estate, e ci ripromettemmo di vederci più spesso.
Andai a dormire presto, quella giornata mi aveva distrutto.
Il mattino dopo si ripetè la stessa cosa, ma dopo scuola successe qualcosa di nuovo. Nick mi fermò prima che andassi a casa e mi chiese, non con poco imbarazzo, se avremmo potuto uscire quel pomeriggio. Con Nick non eravamo mai stati amici intimi, frequentavamo lo stesso gruppo ma non uscivamo mai solo noi due. Fu per questo che capii che l’uscita non sarebbe stata solo tra amici. Non sapevo cosa rispondere, non volevo ferirlo, ma Alice e Julia mi risparmiarono la fatica, dicendo che quel pomeriggio sarei dovuta stare con loro. Nick se ne andò un po’ deluso.
Alice e Julia mi obbligarono a uscire a fare shopping tutto il pomeriggio. Erano più emozionate di me per l’”appuntamento” , come si ostinavano a chiamarlo, che avrei avuto quella sera con Neal.
Comprai alcune cose, ma alla fine decisi che quella sera avrei indossato un vestito semplice, volevo essere carina, ma non troppo, e neanche eccessivamente elegante. Voglio dire, stavo uscendo con un amico-non-amico, quindi dovevo essere carina, ma alla fine andavamo a Brooklyn, non all’opera. Era una serata particolarmente fresca, così misi anche un cappottino.
Alice e Julia mi trattennero in casa fino alle 8.20, volevano assolutamente che arrivassi leggermente in ritardo, ma quando alla fine presi il taxi diedi un supplemento all’autista perché si sbrigasse, così arrivai solo con un paio di minuti di ritardo.
Lui era già lì che mi aspettava, elegante come sempre.
Scesi dal taxi e mi avvicinai. Mi sorrise, ci abbracciammo e ci demmo un leggero bacio sulla guancia.
“Fatti vedere” disse lui, e fece un passo indietro. “Sei bellissima” sorrise.
Lo ringraziai, con un sorriso un po’ imbarazzato.
Ci incamminammo lungo la strada, finchè arrivammo a un piccolo teatro.
Ci sedemmo, lui mi chiese com’era andato il rientro a scuola, gli raccontai un po’, poi gli chiesi cosa faceva lui nella vita. Lo vidi esitare un attimo, e in quel momento si spensero le luci. Mi disse che mi avrebbe raccontato un’altra volta.
Durante lo spettacolo mi mise una mano dietro le spalle, e io mi avvicinai un po’ a lui. Guardammo la rappresentazione così, un po’ abbracciati, senza dire un gran chè.
Quando si accesero le luci uscimmo e iniziammo a camminare per le strade di Brooklyn, tacitamente d’accordo sul fatto che non era ancora ora di andare a casa. Finimmo a passeggiare in un parchetto deserto, ancora parlando dello spettacolo. Ad un certo punto mi fermai.
“Neal..”
Lui mi guardò con aria interrogativa.
“Volevo dirti che mi ha fatto molto piacere venire qui con te, e mi è piaciuta molto questa serata”. Lo abbracciai.
Lui ricambiò l’abbraccio e mi disse che aveva fatto piacere anche lui.
Stavo sciogliendo l’abbraccio quando lui mi baciò.
Mi diede un leggero bacio sulle labbra, appena sfiorato.
Rimasi interdetta per un attimo, poi lo baciai a mia volta. E lo baciai ancora, presa dal momento.
Mi ci volle un po’ di forza di volontà per staccarmi dalla sue labbra, e quando ci riuscii mi accorsi che avrei potuto essere stata un po’ fuori luogo attaccandomi così a lui.
“Mi dispiace” sussurrai.
“Non dispiacerti” disse lui. Si lasciò sfuggire un sorriso, poi mi baciò ancora.
Continuammo a baciarci, sempre più intensamente.
A un certo punto lo fermai.
“Neal, forse dovrei andare”
 “Sì..mi dispiace”
“Non dispiacerti” dissi io, utilizzando le sue stesse parole.
Mi avviai verso l’uscita del parco, ma dopo qualche metro mi fermai, indecisa.
“Neal!” lo chiamai.
Lui si girò verso di me. Ripercorsi velocemente a ritroso i pochi metri che avevo fatto allontanandomi da lui. Gli saltai letteralmente addosso, avvolgendo le gambe attorno ai suoi fianchi, e lo baciai di nuovo.
Lui rispose al bacio, questa volta un po’ meno incerto di come avesse fatto poco tempo prima.
Finimmo semi-sdraiati su una panchina, ma ad un certo punto mi costrinsi a fermarlo di nuovo.
Mi sembrava un po’ squallido rimanere lì così su una panchina di un parco di Brooklyn.
Probabilmente lo pensava anche lui, perché disse “Io ho una casa..”
“Sì..”risposi, ovvio che ce l’aveva, ma avevo capito cosa intendeva, e mi corressi “..cioè, no! Voglio dire, non penso sia una buona idea”.
“Già, forse hai ragione..” “Ti chiamo un taxi”
Si alzò da sopra di me e si avviò verso l’uscita del parco. Lo raggiunsi poco dopo. Il taxi arrivò, Neal mi aprì la portiera. Rimanemmo un attimo in silenzio, “Bhè, allora..” cominciai io.
“Sì..”
“Magari ci si sente..”
“Sì, sì, certo”
“Ok, ciao” gli sfiorai le labbra con le mie e salii sul taxi, che partì.
Dopo qualche metro però fece una brusca frenata. Mi domandai cosa fosse successo, poi vidi Neal che bussava al finestrino. Lo abbassai.
“Magari potresti darmi il tuo numero” sorrise.
“Oh! Certo!”. Che idioti a non averci pensato prima.
Gli diedi il numero e lo salutai.
Arrivai a casa un po’ dopo mezzanotte, convinta di aver passato una delle serate più belle del’ultimo mese.
 
Nota dell’autrice: vorrei ringraziare tantissimo bicc97, che ha seguito questa fan fiction dall’inizio e mi ha sempre incoraggiato con le sue recensioni :) ringrazio anche gli altri recensori, spero che continuiate a seguire questa storia. Al prossimo capitolo ^-^

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Capitolo 7
*** Capitolo Sette. ***


La mattina dopo mi svegliai alle 7.45. La mia mente corse subito alla sera precedente, e mi lasciai sfuggire un sorriso. Era stata davvero una bellissima serata.
Mi preparai pervasa da un senso di benessere ed allegria.
Arrivai a scuola in anticipo, dei miei amici c’era solo Billie.
“Ciao, Billie” lo abbracciai.
“Liz” mi abbracciò a sua volta.
“Sigaretta?” mi chiese porgendomi il pacchetto.
“No grazie, la vita è troppo bella per rovinarsela con il fumo” dissi sospirando e mi sedetti teatralmente su un muretto di fianco a lui.
Mi guardò piuttosto perplesso, ma evidentemente decise di non fare domande.
“Sai Billie, penso che dovremmo rinnovare un po’ il nostro look” dissi ad un certo punto.
Lui mi guardò un po’ allarmato. “Nostro?” chiese, poco convinto.
“Sì, decisamente” dissi convinta. “Oggi pomeriggio ci vediamo” sentenziai.
“Liz, non so cosa tu abbia oggi, ma io non voglio cambiare proprio niente di me”
“Ma Billie, tu sei così un bel ragazzo, dovresti tagliarti i capelli” dissi squadrando il ciuffo che gli cadeva sempre sulla fronte, dopo di che glielo scostai un po’ dagli occhi.
Lui storse un po’ il naso, per nulla convinto.
Rimanemmo un po’ in silenzio, io persa nei miei pensieri, lui fumando la sua sigaretta.
Ad un certo punto cedetti “Vabbè, Billie, fammi fare un tiro”
“La tua vita non era mica troppo perfetta per rovinartela così?” ghignò lui.
“La vita è troppo breve per non viverla” dissi io, con aria di superiorità, convinta di aver elaborato un’altra grande perla di saggezza.
Lui rise, e anche io. La sigaretta però non gliela diedi indietro.
Dopo qualche minuto arrivarono Julia e Alice. Appena mi videro iniziarono a urlare e mi corsero incontro.
“Allora, com’è andata?”, “Com’è stato?”, “Lui com’era?”, “E’ stato carino, vero?”, “Cos’avete fatto?”..
Interruppi la valanga di domande e dissi “Vi racconto tutto dopo scuola!” anche se stavo morendo dalla voglia di dire tutto.
“Neanche per sogno, tu racconti tutto adesso!” esclamò Alice, e Julia annuì vigorosamente.
“Cosa c’è da raccontare?” chiese Billie, un po’ sconvolto da tutto quell’entusiasmo.
“Liz! Non gliel’hai detto?” mi rimproverò Julia, che era più affezionata a Billie rispetto ed Alice.
“No..” risposi. Francamente non mi sembrava un argomento da discutere con lui, pur essendo il mio migliore amico.
“Ieri è uscita con un ragazzo!” disse Julia a Billie.
Lui fu preso un po’ alla sprovvista, ma poi sorrise, mi diede una leggera pacca sulla spalla e disse “Ehi, bel colpo, Liz! E chi sarebbe questo ragazzo?” iniziò a far scorrere lo sguardo su tutti i ragazzi presenti in cortile, alla ricerca di un possibile candidato.
“Non lo troverai qui, Billie” disse Alice “Non va a scuola da un po’” scoppiò a ridere.
“Cosa vuol dire che non va a scuola?” chiese Billie.
“Ha..quanti anni, Liz? Trenta?” disse Julia.
Billie si strozzò con la sua stessa saliva, e iniziò a tossire. Quando si riprese chiese, a nessuno in particolare “Trenta? Stai scherzando, vero?”
“No” risposi io.
“Oddio ma che schifo, Liz!” commentò Billie.
Mi sarei aspettata di tutto, ma di certo non “schifo” come commento.
“Schifo?” chiesi perplessa.
“Non ti ribrezza l’idea di andare a letto con un trentenne?” chiese Billie con una smorfia.
Io sgranai gli occhi, “Cosa!? Io non ci vado a letto!”
Alice e Julia erano scoppiate a ridere, e non sembravano aver intenzione di smettere.
“Ah” commentò Billie, un po’ perplesso.
Decisi di sorvolare, e dissi “Vabbè, volete che vi racconto di ieri sera o no!?”
“Certo” dissero tutti e tre in coro.
Raccontai quello che avevamo fatto, e quando arrivai a dire del bacio Alice e Julia lanciarono due urla e improvvisarono una danza mentre dicevano “si sono baciati, si sono baciati, si sono baciati”.
Billie guardava incredulo la reazione delle due ragazze, e io scoppiai a ridere, un po’ per il loro ballo e un po’ per l’espressione di Billie.
Quando ci fummo tutti un po’ ripresi finii di raccontare, saltando però buona parte di ciò che era successo dopo il primo bacio.
“Bhè, quindi lo rivedrai?” chiese alla fine Julia.
“Non lo so, ma mi piacerebbe” sorrisi come un’ebete “io il mio numero gliel’ho lasciato”
“Ti chiamerà presto” disse Alice convinta.
“Speriamo..” dissi io. “Comunque” cambiai argomento “allora oggi dopo scuola Billie vieni da me, poi usciamo”
“Va bene” disse lui con aria rassegnata.
Poco dopo suonò la campanella ed entrammo a scuola. Non mi stupii del fatto che non seguii niente quel giorno.
All’uscita aspettai Billie, andammo a casa a pranzare, poi lo trascinai a Little Italy per un caffè, dopo di che lo obbligai ad andare da un parrucchiere, sorda ad ogni sua protesta. Sarebbe stato davvero un bel ragazzo se si fosse curato un po’ di più, e pensai che cambiare taglio potesse essere un buon inizio. Non mi rendevo conto che quello era il mio modo di tenermi occupata per non pensare a Neal. Ma comunque fu molto divertente.  Quando Billie uscì dal parrucchiere aveva i capelli molto più corti, il ciuffo un po’ sparato così che si vedessero i suoi fantastici occhi verdi, ed aveva una fantastica tinta bionda.
Lui non sembrava troppo convinto, si passava mestamente la mano tra i capelli, guardandosi allo specchio.
“Billie, sei un figo. Ti salterei addosso se solo non fossi..bhè, se non fossi tu!” dissi.
Lui scoppiò a ridere.
In quel momento mi squillò il telefono, risposi senza guardare il numero, convinta fosse Alice, mi chiamava sempre.
“Pronto?”
“Ciao”.
Mi sembrò che si fermasse il tempo. Sentii il cuore salirmi in gola.
“C-ciao”.
Mi girai dando le spalle a Billie, che capì al volo e si fiondò ad attaccare l’orecchio al mio per sentire cosa dicesse Neal.
“Sorpresa di sentirmi?”
“No, no” mentii. “Dovrei esserlo?” chiesi.
“No, non ne avresti motivo”
“Probabilmente” ammisi.
“Hai programmi per dopo domani a pranzo?”
“No, direi di no”
“Bhè, vorresti venire a pranzo con me?”
Sorrisi. “E’ il tuo giorno fortunato, il venerdì siamo a scuola solo al mattino”
“Perfetto allora” “Ah, Liz, vorrei sfruttare l’incontro per parlarti anche di una cosa”
“Oh. Ok. Va bene”
“Non ti preoccupare, niente di brutto”
“Va bene” perché non riuscivo a tirare fuori qualcosa di meglio? Quella conversazione era assolutamente pessima.
“Hai presente Times Square a Theatre District?”
Riflettei un attimo, poi dissi di sì.
“Ci vediamo lì all’una, va bene?
“Sì”
“A venerdì allora”
“Si ok..ciao” “Ah, Neal”
“Si?”
“Non vedo l’ora”
“Anche io”.
Percepii che sorrideva dall’altro capo del telefono.
“Ciao” sorrisi a mia volta.
“Ciao Liz”.
Rimasi con il fiato sospeso ancora qualche secondo. Billie era ancora attaccato a me, anche se la conversazione era finita.
“Billie”
“Si?”
“Sono così felice che potrei anche baciarti se il motivo della mia felicità fosse un altro!” quasi urlai.
“Fortuna che il motivo non è un altro” rise lui abbracciandomi.

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto, parte Uno. ***


Giovedì mattina mi svegliai prima del solito, non riuscivo a riaddormentarmi e decisi di andare a prendermi un caffè a Little Italy, come al solito. Ultimamente ci andavo un po’ troppo spesso in effetti.
“Ehi, come siamo mattutine” mi salutò Jack.
“Non per scelta” risposi sbadigliando, e mi sedetti al bancone.
“Caffè” intuì lui, e si mise a prepararlo.
C’erano solo un paio di altre persone che facevano colazione ed avevano già avuto la loro ordinazione, così Jack rimase a parlare un po’ con me.
“Ti amo,  Jack, senza il tuo caffè non saprei come fare”
“Lo so, lo so” si vantò lui. “Ehi, non mi hai più parlato di quel tipo con cui sei venuta qui qualche giorno fa!” disse all’improvviso.
“Oh, non c’è niente da raccontare”. Mi sfuggì un sorriso, e Jack capì che non stavo dicendo la verità.
“Liiiiz” disse lui sorridendo.
“Oh, ok, siamo usciti una volta” ammisi.
“Ah!” esclamò lui “Lo sapevo che doveva esserci qualcosa!”
Mi stupii un po’, com’è che tutti sapevano di me e Neal prima che lo sapessimo noi stessi?
“Tu non pensi che sia un po’ vecchio?” gli chiesi, per avere un parere esterno.
“Non  penso che l’età sia un problema. Quanti anni ha, a proposito?”
“Non lo so, sui trenta, immagino”
“Non sai neanche quanti anni ha?” si stupì lui. “Aspetta..”aggiunse “quindi neanche lui sa quanti anni hai tu..?”
“Già..”. Era quello che stavo pensando da un po’, magari lui pensava che fossi maggiorenne, o comunque più grande.
“Io e lui dovremmo parlarne, vero?” chiesi a Jack.
“Penso proprio di si”. Annuii, pensierosa.
“Questo vuol dire che vi rivedrete?” chiese.
“Sì, domani a pranzo”. Mi ritrovai a sorridere mentre lo dicevo.
“Forse è meglio che vada, non vorrei fare tardi” aggiunsi poi.
“Va bene, ci si vede”
“Ciao Jack” lo abbracciai oltre il bancone e uscii dal bar.
Arrivai a scuola a cinque minuti alle nove, appena in tempo.
“Ehi, Liz, sei quasi in ritardo” mi salutò Alice.
“Lo so, sono passata da Jack e ci siamo persi a parlare”
“Jack? Il barista?”
“Si..”
Alice fece una smorfia.
“Che c’è?” le chiesi.
“Stai attenta, Liz” mi rispose.
“Attenta a cosa?” ero confusa.
“Cerca di non fare casini, per una volta che ti va bene con un ragazzo”.
“Cosa..? No, no, sei proprio fuori strada! Jack è un amico”.
“Sì, anche Neal dicevi che lo fosse” osservò lei.
“Ma Jack lo è davvero. E poi Neal mi piace, non farei nulla per rovinare il nostro rapporto”.
“Bhè, ma anche Jack non è mica brutto, e se siete così amici, non si sa mai..”
“E perché non dici la stessa cosa anche di Billie, per fare un esempio?”
“Cosa? Billie? Bhè, Billie è Billie” rise lei “e poi Jack è cento volte meglio, potrebbe fare il modello”
“E dai, Alice, non esagerare!”
“Non esagero! E’ alto, ha un bel fisico, è biondo e ha gli occhi azzurri”
Riflettei un attimo. “Bhè, sì, è vero. Non ci avevo mai pensato”
“Ecco, iniziamo bene” sospirò lei.
“Cosa..? No, Alice, hai capito male!” esclamai.
“Vedrai, Liz, vedrai”.
In quel momento suonò la campanella, e la conversazione finì lì, ma io rimanevo della mia idea.
 
All’uscita da scuola mi venne incontro Billie, ci fumammo una sigaretta, e lui iniziò a raccontarmi di una ragazza che aveva conosciuto, ma ad un certo punto si interruppe: “Liz, c’è un tipo che ti chiama” disse indicando un punto alle mie spalle.
Mi girai e vidi Jack, che mi salutò con la mano dal lontano.
“Scusa , Billie, posso chiamarti sta sera? Voglio che mi racconti tutto bene”
“Certo, a sta sera” se ne andò.
Andai incontro a Jack.
“Ehi, non ti ho mai visto fuori Little Italy, cosa ti porta qui?”
Ci abbracciammo.
“Ho incontrato una persona a Central Park, e tornando indietro mi è venuto in mente che la tua scuola doveva essere da queste parti, ed ho pensato di venire a farti un saluto”
“Ah, ho capito”. “Senti, io ho saltato la pausa pranzo per studiare per il compito dell’ora dopo, quindi vorrei andare a mangiare qualcosa, ti va?” gli chiesi.
“Certo, dove?”
“Io vado sempre in un posto carino a Midtown Center”
“Perfetto”. “Ehi, non sapevo fumassi” aggiunse poi.
“Oh, sì. Ti da fastidio?”
“No, direi di no” disse estraendo dalla tasca un pacchetto di sigarette ed accendendone una.
 
Il pranzo fu molto piacevole, scoprimmo di avere molti interessi in comune, ma dovetti andare a casa subito dopo, a causa dello studio che si stava accumulando.
Quando ci congedammo Jack mi diede un bacio sulla guancia. Non ci feci caso finchè non mi ricordai della conversazione di quella mattina con Alice, ma poi decisi che era solo una coincidenza.
 
Quella sera mi feci una doccia e stetti delle ore a decidere i vestiti che avrei indossato il giorno dopo, il giorno del pranzo con Neal.

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Capitolo 9
*** Capitolo Otto, parte Due ***


Venerdì mattina impiegai un tempo infinitamente lungo per prepararmi, ed arrivai quasi in ritardo a scuola.
Stavo per raggiungere la Columbia quando vidi una gran folla fuori dal cancello.
Sembrava che tutta la scuola fosse radunata lì fuori. Perché non entravano?
Quando arrivai più vicino vidi che il cortile era delimitato da un nastro, e all’interno c’erano alcune persone, la maggior parte delle quali, notai, indossava un giubbotto con la scritta “FBI” sulla schiena.
Cavolo, cosa ci poteva mai fare l’FBI a scuola?
Individuai Billie e Julia, e mi avvicinai per chiedere se sapessero qualcosa.
“A quanto ho capito hanno ritrovato qualcosa di storico all’interno della scuola” mi rispose Julia.
“Ah, e non ci fanno entrare?”
“Non sappiamo ancora”
In quel momento ci raggiunse Alice.
“Liz, hai visto chi c’è!?”
“No..chi c’è?”
Mi indicò un angolo del cortile, e con un tuffo al cuore vidi Neal.
“Oddio, ma è lui!” esclamò Julia
“Lui? Lui chi? Il tipo?” si intromise Billie
“Si..” risposi
“Che ci fa qua?” chiese Alice.
Già, che ci faceva lì?
“Lavora per l’FBI? Liz, ti sei messa con uno sbirro!” rise Billie.
“Zitto, idiota!” gli diedi una pacca in testa.
In quel momento Neal si girò e mi vide.
Fece un leggero cenno, e risposi agitando la mano, ancora un po’ perplessa.
Dopo qualche minuto la preside si avvicinò al nastro che ci teneva tutti fuori dal cortile, e comunicò che la scuola quel giorno sarebbe rimasta chiusa.
I ragazzi esultarono, e in pochi minuti la folla si disperse.
Alice invitò me, Julia e Billie a casa sua per la mattinata, ma in quel momento Neal mi fece segno di aspettarlo.
“Alice, io non vengo”
“Ma magari vuole solo dirti due parole e poi ti lascia andare”
“Va bè, se vi va di aspettare”
“Sì, non c’è problema” accettò Alice “Billie, dacci una sigaretta “ aggiunse poi rivolta all’amico.
Billie mi lanciò un’occhiataccia, alla quale risposi con una risata.
Neal mi fece segno di raggiungerlo, ma quando stavo per superare il nastro una donna mi fermò.
“Ragazzina, non puoi entrare”
“Conosco quel ragazzo laggiù” indicai Neal.
“Chi, Caffrey?”
“Neal”
“Sì, il cognome è Caffrey”
La appuntai come cosa da aggiungere alla ben ristretta lista di cose che sapevo su Neal.
“Ehi, Caffrey!” urlò la donna.
Lui si girò, stava parlando con l’uomo che prima parlava con la preside.
“E’ con te?” chiese, indicandomi.
Assentì e fece segno di aspettare.
“Aspetta qui” mi disse la donna, e se ne andò.
Poco dopo Neal si incamminò verso di me, e gli andai incontro.
“Ehi” mi salutò lui.
“Ciao..”
“Non sapevo venissi a scuola qui” disse.
“E io non sapevo lavorassi per l’FBI”
“Oh..sì..sono un consulente”
Sembrava un po’ a disagio mentre lo diceva
“Ah, ok” decisi di non fare domande.
In quel momento l’uomo con cui stava parlando prima gli si avvicinò.
“Neal, tu puoi andare, ma ti voglio qui per pranzo” disse.
“No, Peter,  non posso..” tentò di dire lui.
“Neal, non era un invito” detto questo si allontanò. Non mi degnò nemmeno di un’occhiata. Avevo conosciuto solo due agenti, ed erano tutti e due antipatici.
Neal si girò verso di me con aria esasperata
“Mi dispiace, Liz”
“Non ti preoccupare, è il tuo capo, vero?”
“Si..magari possiamo vederci a cena”
“Oh. Va bene” risposi. Ero un po’ spiazzata, una cosa è un pranzo, ma una cena è già diverso.
“Ti mando un messaggio nel pomeriggio per il posto”.
“OK..”
“Adesso hai qualcosa da fare? Potremmo andare in un bar” propose.
“Oh, si, va bene” dissi, gettando un’occhiata alle mie spalle, a Julia, Alice e Billie che mi stavano ancora aspettando.
 In quel momento arrivò ancora quel Peter, che disse: “Neal, non dimenticare la cavigliera”
“Come potrei dimenticarla” disse Neal, sarcastico.
Io ero un po’ confusa. Che cavigliera?
 “Jones!” urlò Peter a un uomo dall’altra parte del cortile, poi di allontanò di nuovo.
L’uomo che Peter aveva chiamato arrivò, ed attaccò un dispositivo di rilevamento alla cavigliera di Neal.
Merda. Era sorvegliato dall’FBI. Chi cavolo mi ero andata a prendere? Era un criminale.
Guardai la scena inorridita, poi decisi di andarmene.
“Liz, no no no no no, non te ne andare” mi fermò lui.
“Invece penso che me ne andrò” ribattei, gelida.
“Non è come pensi” disse lui.
“Oh, certo, il clichè del ‘non è come pensi’ mi mancava. Francamente non penso che questa situazione possa essere fraintesa” gli voltai le spalle per andare via, ma lui mi prese per un braccio: “Ti prego, lasciami spiegare. Andiamo in un bar e..”
“Neal, vaffanculo tu e il bar” con uno scatto mi liberai dalla sua presa e mi allontanai.
Raggiunsi i miei amici “Andiamocene” dissi.
“Cos’è successo?” mi chiese Billie.
“Niente. Andiamocene da qui”.
“Liz..” iniziò Julia.
“Ti prego” dissi io “voglio solo andarmene da questo posto”.
I tre si scambiarono una sguardo tra il preoccupato e il confuso, ma decisero che per il momento non avrebbero fatto domande.
Andammo a casa di Alice. Lontano dalla scuola mi sentii meglio, e raccontai ai miei amici quello che avevo scoperto su Neal.
Ci rimasero piuttosto male anche loro.
“Però potevi ascoltare cosa aveva da dirti” disse Julia.
“No, non mi interessava”
“Secondo me ha fatto bene” disse Alice “una cosa del genere non può essere fraintesa”
“Ma che ne sai?” disse subito Julia “magari non ha fatto niente di che. Voglio dire, se fosse un pazzo omicida non avrebbe la libertà vigilata”
“Vabbè ma se sta in libertà vigilata un motivo c’è, e Liz l’ha dovuto scoprire da sola, perché lui non gliel’aveva detto”
Scambiai un’occhiata con Billie, anche lui piuttosto perplesso per la discussione di Julia e Alice, neanche fosse stato il loro “ragazzo”.
“Avete intenzione di finirla?” chiesi.
“Oh. Sì, scusa” disse Julia.
“Vabbè, io propongo giornata film!” esclamò Alice
Io ero più che d’accordo. Immergermi per ore al buio davanti ad uno schermo mi sembrava una buona idea per non pensare a Neal.
Uscimmo a fare scorta di snacks e per mezzogiorno iniziammo a vedere i film.
Fu divertente, ma alle 7 di sera Billie si alzò e disse: “No ma ragazze sta cosa è da depressi. Andiamo a bere!”
Io ero più che d’accordo.
“Però c’è un problema: dove andiamo?” chiese Julia
Il bar in cui andavamo prima aveva chiuso proprio perché vendeva alcool ai minorenni.
“Potremmo andare da Jack” dissi io. Non volevo proporlo, ma non ci rimanevano grandi alternative, a meno di finire in qualche bar di periferia dove il meglio che poteva capitarci era una bella rissa.
“Ma daranno da bere in quel bar?” chiese Billie.
“Normalmente non penso, ma visto che conosco il barista..”
“Ok, ok, andiamo allora”.
Ci preparammo e per le 8 uscimmo di casa. Era un po’ presto ma non importava.
 
“Ciao Jack” dissi entrando.
“Ehi, Liz, qual buon vento? Oh, hai portato gente oggi”
“Si, abbiamo bisogno di..un tonico” risi.
“Ho capito, bhè, sedetevi” sorrise lui. “Chiuderò il bar un po’ in anticipo”
“Grazie, Jack”
Billie cacciò un urlo di trionfo.
“Cosa vi do?”
“Vodka. Liscia” risposi.
“Io un martini” disse Julia. Era fissata con i martini in quel periodo.
Billie andò direttamente sul whisky, e Alice mi seguì con una vodka.
Poi non ricordo molto bene. Probabilmente alla prima vodka ne seguì una seconda, e così via.
Jack mise un po’ di musica e ci ritrovammo a ballare in quel bar, sempre che di ballo si potesse parlare, visto che stavamo appena in piedi.
A un certo punto mi sedetti ad un tavolo con Jack e lui mi chiese di raccontargli qualcosa, e fu così che incominciai a parlare di Neal, gli dissi degli incontri casuali, della sera dello spettacolo, con tanto di particolari tra l’altro, e dell’incontro di quella mattina.
Jack, anche lui un po’ brillo, iniziò a insultare Neal e a dire che non mi meritavo di essere trattata così, che lui non l’avrebbe mai fatto, e io gli davo ragione in tutto. A un certo punto dissi che mi meritavo qualcuno migliore, onesto e gentile, qualcuno come Jack, che mi trattava sempre bene..di sicuro era l’alcol che mi faceva parlare così, perché io ero più che sicura di non provare niente di più di un grande affetto per Jack, ma tutte quelle adulazioni probabilmente gli fecero pensare il contrario, e mi baciò.
Billie non ci vide più, e gli tirò un pugno, prima di trascinarmi fuori dal bar. Non ho idea di come fece, perché sono sicura che fosse anche più ubriaco di me, e io non stavo in piedi.
In effetti non andammo molto lontani, e ci raggiunse poco dopo Jack, che sembrava essersi già ripreso abbastanza, in taxi con Julia e Alice, che io e Billie avevamo dimenticato al bar.
Convinsi Billie a salire sul taxi, portammo a casa Alice e Julia, poi Billie voleva a tutti i costi che andassimo prima a casa mia perché non mi voleva lasciar sola con Jack, ma io ero più che determinata a non lasciare lui solo con Jack, o avrebbe potuto prenderlo a pugni di nuovo.
Alla fine portammo a casa Billie. Il viaggio da casa sua a casa mia in taxi con Jack fu piuttosto silenzioso, non sembrava aver intenzione di riprovarci.
Arrivati da me io scesi dal taxi in modo piuttosto traballante, e Jack venne a darmi una mano.
“Ti aiuto a entrare in casa” disse.
“No grazie”
“Liz, non stai in piedi”. In quel momento gli caddi letteralmente addosso, perché davanti alla porta del mio palazzo c’era qualcuno ad aspettarmi. Era Neal, ovviamente.
Ci venne subito incontro, vedendomi in quello stato.
“Liz, stai bene?” mi chiese.
“No” risposi
“Tu sei Neal” disse Jack
“Si..”
“Bene” rispose Jack, e gli tirò un pugno in faccia.
“Jack, ma che cazzo fai!” esclamai, arrabbiata.
Neal lo guardò incredulo, toccandosi la mascella.
“Stai ben..?” iniziai a chiedergli, ma in quel momento fui presa da un conato e vomitai.
Tu  non stai bene” disse Neal “vieni, ti porto in casa”.
“Non ci pensare neanche” intervenne Jack.
“Jack, piantala, vai a casa”.
“Sei sicura?” mi chiese incredulo.
“Si” risposi. Volevo solo che quella serata infernale finisse.
“Ok, ciao”
“Ciao”
Lasciai che Neal mi aiutasse a salire le scale che portavano a casa mia.
Arrivati davanti alla porta d’entrata feci per prendere le chiavi dalla borsa, ma Neal disse “Tranquilla, le ho prese io”. Non ero in condizioni di notarlo, ma avrei dovuto chiedermi come avesse fatto a prendermi le chiavi dalla borsa senza che me ne accorgessi.
Aprì la porta con cautela. “Dov’è camera tua?” sussurrò.
Gli indicai le scale che portavano al piano superiore.
Arrivata in camera crollai sul letto e mi addormentai all’istante.

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Capitolo 10
*** Capitolo Nove. ***


La mattina dopo mi svegliò uno strano rumore insistente.
Aprii faticosamente le palpebre, e fu come se qualcuno mi stesse puntando una luce da 200.000 watt negli occhi.
Cercai di capire cosa fosse quello strano rumore.
“Liz, ci sei?” sentii mia madre.
Realizzai che il rumore era mia madre che cercava di aprire la porta di camera mia, evidentemente chiusa a chiave dall’interno. Strano, non mi ricordavo di averlo fatto. Non mi ricordavo niente in realtà.
In quel momento mi accorsi di una figura sdraiata a fianco a me, e mi sfuggì un urlo.
“Liz? Tutto bene?” insistette mia madre.
“Arrivo, mamma!” dissi, mentre scuotevo Neal cercando di svegliarlo.
Lui aprì gli occhi.
“Ehi..”. Gli tappai la bocca prima che riuscisse a dire altro, gli indicai prima la porta fuori dalla quale mia madre stava ancora aspettando, e poi il bagno annesso alla mia camera.
Capì al volo, si alzò in silenzio e andò in bagno.
A quel punto mi alzai e andai ad aprire a mia madre.
“Alla buon ora, cos’è successo?” mi chiese.
“Niente, perché?” feci finta di non capire.
“La porta era chiusa”
“Ah, sì, la chiudo spesso ultimamente. Ho paura dei ladri” inventai al momento.
Mia madre inarcò le sopracciglia, ma decise di non commentare.
“Perché hai urlato un attimo fa?” insistette.
“Niente, mamma, stavo dormendo e mi sono svegliata mentre cercavi di forzare la mia porta, mi sono spaventata”. “Perché stavi entrando, comunque? Volevo dormire stamattina” cercai di cambiare discorso.
“Volevo vedere se eri tornata a casa ieri sera”.
Mi stupii, mia madre non controllava mai. A proposito, cosa ci faceva a casa il sabato?
Non glielo chiesi perché volevo chiudere al più presto quella conversazione.
“Ah, ok”  guardai l’orario, erano solo le 9 “bhè, io tornerei a dormire”
“Fai quello che vuoi, magari quando ti svegli non trovi nessuno in casa” detto questo se ne andò.
Ecco, quella era mia madre, finalmente la riconoscevo.
Richiusi la porta e andai in bagno.
“Cosa ci fai qui?” chiesi a Neal.
“Buongiorno anche a te” mi sorrise.
“Neal, non sorridere, non c’è niente da sorridere, cosa ci fai qui?”
“Bhè, ti ho accompagnato ieri sera e poi ho pensato di rimanere nel caso stessi male”.
“Neal, fai così, la prossima volta, non pensare. Adesso vattene”
“E come, di preciso? C’è tua madre, a meno che tu non voglia..”
Lo interruppi indicando la finestra.
“Stai scherzando” disse.
“Nient’affatto, muoviti”
“Non uscirò da una finestra! E siamo anche al secondo piano”
“C’è la scala antincendio proprio qui fuori, idiota, mica ti faccio saltare dal secondo piano”
“Non me ne andrò da una finestra. Non me ne andrò da nessuna parte finchè non avrò chiarito con te”
“Neal, sono reduce da una sbronza, ho un mal di testa assurdo, puzzo di alcool, e mia madre ti ha appena quasi trovato in camera mia, non potevi scegliere momento peggiore per chiarire. Senza contare poi che non ho intenzione di chiarire alcunché. Ora fuori” lo spinsi verso la finestra.
“Liz, dammi un’altra possibilità, ti prego” disse lui, gli occhi blu supplicanti.
Non risposi.
“Una cena, sta sera vieni a cena con me e parliamo, poi deciderai cosa fare” insistette.
Mi morsi il labbro inferiore, pensierosa.
“Una cena” concessi, quasi controvoglia. Accidenti a lui e a quei suoi occhi.
“Grazie, Liz” sorrise e si avvicinò a me. Feci un passo indietro “Non. Ci. Provare. Vai via” dissi.
“Grazie” ripetè, poi si decise ad andarsene.
 
Quando rimasi sola mi accorsi di indossare ancora i vestiti della sera prima. Li tolsi e li misi da lavare. Poi feci una bella doccia bollente, mi ci voleva proprio.
Trovai una chiamata persa da Alice, la richiamai.
“Pronto?” rispose
“Ciao Al”
“Ehi, Liz, ti ho chiamata giusto un attimo fa, come stai?”
“Bene tu?”
“Sono a pezzi, posso venire da te?”
“Certo, fai per le undici, sono appena uscita dalla doccia”
“Va bene”
“Ti devo anche raccontare una cosa”
“Oddio, che è successo?”
“Ti racconto dopo”
“Ok, ciao Liz”
“Ciao”
Mi asciugai i capelli e mi vestii, poi feci una leggera colazione.
Per le undici arrivò Alice.
“Ehi, Liz, ti vedo bene” ci abbracciammo.
“Sì, non mi lamento, non sento tanto il post-sbornia”
“Beata te. Ho già preso due pastiglie per il mal di testa sta mattina”
“Vuoi un caffè?”
“Sì, grazie, chi lo sa, magari aiuta”
Gli preparai il caffè
“Grazie” disse “Cos’è che mi dovevi raccontare?”
Gli dissi di Neal e Jack della sera prima, e di Neal di quella mattina.
“Cavolo, pensa se entrava tua madre” commentò.
“Non ci voglio pensare. Proprio sta mattina doveva decidere di fare la brava madre?”
“Davvero, è incredibile.” “Comunque, allora esci con Neal sta sera?”
“Sì, voglio dire, gli ho detto che gli avrei concesso una cena”
“Chissà che cosa ti dirà”
“Non voglio pensare nemmeno a quello”
“E con Jack com’è finita?”
“Niente, gli ho detto di andare a casa per evitare che si prendessero a pugni sul serio, anche se un po’ Neal se lo meritava. Comunque magari uno di questi giorni faccio un salto a Little Italy. Però non so, voglio dire, mi ha baciata”
“Io te l’avevo detto”
“Cavolo, è vero! Dovrei iniziare ad ascoltarti più spesso. Avevi ragione sia su Neal che su Jack”
“Lo so, lo so, sono il tuo angelo custode”
“Bhè, angelo, dimmi, secondo te dovrei andare a trovarlo?”
“Non lo so, magari aspetta di vedere come finisce con Neal, per evitare di commettere un altro..sbaglio”
“Sì, forse hai ragione”
“Senza il ‘forse’, io ho ragione”
Risi in risposta a quell’affermazione.
Chiamai Billie per sentire come stava, era quello messo peggio ieri sera, ma non mi rispose, probabilmente dormiva ancora.
Alice rimase da me anche il pomeriggio.
Verso le quattro mi arrivò un messaggio da Neal.
“Vediamoci all’incrocio tra la terza e la 56esima alle 19.30”
“Come ti vestirai?” mi chiese Alice.
Vedevo già i suoi occhi luccicanti all’idea di un consulto sull’abbigliamento, e magari anche un po’ di shopping.
“Niente di particolare” risposi. Vidi il luccichio spegnersi nel suo sguardo.
“Non voglio che qualcosa gli faccia pensare che sia già propensa a perdonarlo” continuai.
“Metterò dei leggins e una maglia lunga, e il cappotto”.
Alice non sembrava molto d’accordo, ma non disse niente.
Alle 18 andò a casa, e io iniziai a prepararmi.
Uscii di casa verso le 19.15, e presi un taxi.
Arrivai al luogo d’incontro per le 19.25, lui ancora non c’era. Vabbè, alla fine ero io ad essere in anticipo.
Lo vidi arrivare lungo la terza un paio di minuti dopo.
“Buona sera” mi sorrise.
“Ciao..”
Fece per abbracciarmi e io esitai un attimo.
“Siamo davvero arrivati a questo punto?” mi chiese, un po’ perplesso.
Riflettei, “No” risposi infine, e lo abbracciai, ma mi liberai dalla sua stretta abbastanza in fretta.
Il ristorante in cui aveva prenotato si trovava a metà della 56esima. Era un bel posto.
Mentre percorrevamo il tratto di strada che separava il luogo d’incontro dal ristorante Neal mi disse: “Normalmente non ti avrei proposto una cena la sera dopo un’uscita come quella che hai avuto tu, ma date le circostanze..”
“Non ti preoccupare, va bene così” risposi.
“E comunque mi sembravi già abbastanza attiva questa mattina”
“Ho dovuto esserlo, mia madre stava quasi per trovare qualcuno nel mio letto” dissi, con una punta di asprezza nella voce. “A proposito, avevi chiuso tu la porta a chiave?” chiesi.
“Sì, proprio per evitare che entrasse qualcuno e trovasse la situazione che hai appena amorevolmente descritto” disse con un sorriso sarcastico.
“Bè, almeno una cosa giusta l’hai fatta”
Lui non commentò.
Arrivati al ristorante ci indicarono il nostro tavolo, e pochi minuti dopo arrivò un cameriere a chiederci se volessimo un aperitivo.
“Sì, direi di si” disse Neal, rompendo il silenzio che si era creato durante quei pochi minuti di attesa.
Ordinai un martini, e anche Neal.
Aspettammo che ci portassero le ordinazioni.
“Prima di cominciare” presi un bel respiro “hai ucciso o violentato qualcuno? O cose simili?” chiesi tutto d’un fiato.
“Parli sul serio?” chiese lui, le sopracciglia inarcate.
“Se hai fatto cose del genere non voglio sentire la tua storia”
“Sono sotto sorveglianza della White Collar Division”
Lo fissai con sguardo vacuo.
“Si occupa di frodi, furti e falsificazioni”
“…oh”
“Già”
“Quindi tu non..uccidi la gente” mi sfuggì una risata nervosa.
“No, direi di no”
“In effetti non hai l’aria di un assassino” dissi, pensierosa.
“Bhè, questo mi consola” sorrise.
“Quindi tu rubi opere d’arte?”
“Non è per quello che mi hanno preso” fece uno dei suoi soliti sorrisi furbi
“Lo prendo per un sì, comunque. E per cos’è che ti hanno preso?”
“Sono sotto custodia dell’FBI per aver falsificato delle obbligazioni”
“Oh, bhè, wow. Voglio dire..wow” dissi, a metà tra il perplesso e l’impressionato.
“’Wow’? Non era il genere di reazione che mi aspettavo”
“Sì, bhè, neanche io”
Ci fu un attimo di silenzio, durante il quale io ero immersa nei miei pensieri, e lui sembrava non voler interromperli.
Alla fine Neal non era pericoloso. Che problemi avrebbero potuto esserci? Aveva falsificato delle obbligazioni, in che modo questo avrebbe potuto influenzare il nostro rapporto?
Ma c’era qualcosa che mi diceva di non prenderla troppo alla leggera. Non solo uscivo con un ragazzo che aveva almeno il doppio della mia età, ma era anche un truffatore che lavorava per l’FBI per scontare una pena. Poteva davvero portare qualcosa di buono nella mia vita? Ci ero uscita solo una volta e mi aveva già sconvolto l’esistenza.
“Vado a prendere un po’ d’aria” dissi infine. Avevo bisogno di chiarirmi le idee.
“Certo..” disse lui.
Uscii e mi accesi una sigaretta. Cosa c’è di meglio di una sigaretta quando si hanno le idee confuse?
Feci un tiro lungo e lasciai che il fumo mi riempisse i polmoni.
Poco dopo mi raggiunse Neal.
“Tutto bene? Vuoi fare due passi?” mi chiese.
“No, no, possiamo rientrare”
“Non preoccuparti della cena” mi rassicurò lui, comprendendo l’unico motivo per cui volevo tornare nel ristorante.
“Facciamo due passi” accettai abbozzando un sorriso.
Camminammo un po’, in silenzio. Gli offrii una sigaretta ma rifiutò.
“Mi dispiace di aver reagito in quel modo” dissi ad un certo punto.
“Non ti preoccupare, è stata una reazione comprensibile”
“No, non lo è stata. Avrei dovuto ascoltarti fin da subito”
“Non importa, davvero, l’importante è che alla fine mi hai dato la possibilità di parlarti”
Annuii.
“Non vorrei farti pressioni” riprese lui “ma pensi che ci rivedremo?”
Lo guardai negli occhi per un momento, riflettendo.
“Perché no?” dissi infine, sorridendo.
Sorrise a sua volta, avevamo superato quel primo ostacolo.

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Capitolo 11
*** Capitolo Dieci. ***


Erano solo le 21, ma eravamo già sul taxi per tornare a casa, visto che la cena aveva fatto la fine che aveva fatto.  Eravamo quasi arrivati da me quando mi squillò il cellulare. Lessi il nome sul display.
“E ti pareva” commentai a bassa voce
“Pronto, Alice?” risposi.
“Liz! Scusa, spero di non disturbarti, devi trovare una televisione al più presto”
“Scusa?” chiesi, sicura di non aver capito bene.
“Devi vedere il telegiornale in questo preciso momento!”
“Sono quasi sotto casa”
“Cosa..? Oddio è vero che eri uscita con lui! E sei già a casa? Che è successo? No, aspetta, me lo dici dopo, vai alla tv!”
“Aspetta Alice, non posso volare! Piuttosto, cosa ci fai tu a casa alle nove di domenica sera?” chiesi. Non era decisamente un atteggiamento da Alice.
“Guardo il telegiornale, cosa pensi che stia facendo? Muoviti che se no finisce il servizio!”
“Non puoi semplicemente dirmi cosa sta succedendo? Non posso salire in casa subito” lanciai un’occhiata a Neal, che ascoltava la mia conversazione con un’espressione divertita. Sono sicura che riuscisse a sentire anche ciò che diceva Alice, visto quanto urlava quella ragazza. Mi fece cenno di non preoccuparmi, ma scossi la testa, non volevo lasciarlo lì così.
“La scuola chiude! Muovi il culo!” urlò Alice.
“Che cazzo vuol dire che la scuola chiude!?” urlai a mia volta, mentre il taxi si fermava davanti a casa mia.
“Hai capito bene, su canale 5!”
Scesi in fretta dal taxi – “Neal, torno in due minuti, giuro!”- e mi fiondai verso il portone.
Vidi la sua espressione a metà tra il divertito e lo stupito prima di allontanarmi.
Arrivai in casa e accesi la tv. La giornalista stava parlando di affreschi del ‘300.
Lessi il titolo del servizio che scorreva in fondo allo schermo: Columbia High School temporaneamente chiusa per ritrovamento affreschi antichi
“Alice, sei ancora lì?” chiesi, ricordandomi del cellulare.
“Sì!”
“Dio, non ci credo, scuola chiusa!” urlai “Cavolo, pensa se non vedevi il servizio, ci saremmo trovate davanti al cancello chiuso domani mattina” aggiunsi poi.
“Lo so, è tutto merito mio” rispose lei, sempre la solita Alice.
In quel momento sentii bussare alla porta, che avevo lasciato aperta nella fretta.
Mi girai e sulla soglia c’era Neal.
“Tutto ok?” mi chiese
“Oh, sì, assolutamente”
“Buone notizie?”
“La scuola chiude” dissi, raggiante.
“Fantastico” sorrise
“Oh, ehm, entra pure” lo invitai, realizzando che era ancora sulla porta.
Poi mi ricordai anche di Alice al telefono, e le dissi che l’avrei richiamata più tardi, o la mattina dopo.
“I tuoi genitori non ci sono?” mi chiese Neal
“No, la domenica sera hanno il Bridge”
“Bridge? Sul serio?” rise lui.
“Già..assurdo, lo so..bhè, entra!”
“Certo” entrò e chiuse la porta.
“Andiamo di sopra” dissi.
Era un tantino imbarazzante. Non sapevo come comportarmi.
“Vuoi qualcosa da bere?” gli chiesi, tanto per dire qualcosa, e per avere qualcosa da fare.
“Magari..” accettò lui, che stava guardando con interesse ciò che avevo sulle mensole.
“Qualche preferenza?”
“Oh, no, fai tu”
“Ok, torno in un minuto”
Lo lasciai e scesi in cucina. Presi due bicchieri e mi morsi il labbro, pensierosa. Cosa avremmo potuto bere?
Mi diressi verso l’armadio degli alcolici di mio padre. Bourbon o rhum? Vada per il Bourbon.
Tornai di sopra e trovai Neal esattamente come l’avevo lasciato: in piedi, le mani nelle tasche dei pantaloni e ancora con il cappotto addosso, che esplorava la mia camera. Mi chiesi se non ne avesse già avuto occasione l’altra sera.
“Accomodati pure” gli dissi, facendo riferimento alla giacca che ancora indossava.
“Oh, certo” – “E’ bourbon quello?” mi chiese mentre si toglieva il cappotto.
“Sì” sorrisi.
Ci sedemmo sul letto e versai due bicchieri di bourbon.
“Guardiamo un film?” proposi.
“Va bene”
Accesi la televisione e passai un po’ di canali. Alla fine ci fermammo su una commedia romantica, tanto per passare una serata leggera e magari farci un po’ di risate.
Verso le 23.30 il film finì, assieme a mezza bottiglia di bourbon.
“Allora domani non hai scuola?”
“No..ma tu non dovresti saperlo? Eri lì l’altra mattina”
“Sì ma solo per un autentificazione”
“Ah, ho capito”
“Che ne diresti di un pranzo?”
“Sì, va bene” sorrisi.
“Ti passo a prendere per mezzogiorno?”
“Perfetto”
“Allora, io andrei”
“Ok, vado a chiamarti un taxi”
“Oh, no, non ce n’è bisogno, scendo”
Si mise il cappotto e andammo alla porta.
“Ti accompagno in strada, non passano molti taxi a quest’ora”
“Non ti preoccupare..”
“Non è un problema, prendo un po’ d’aria”. Mi girava leggermente la testa, un po’ d’aria fresca mi avrebbe fatto bene.
Ci incamminammo verso Park Ave, la strada principale, ci sarebbero stati più taxi.
Infatti, pochi minuti dopo Neal riuscì a richiamare l’attenzione di un autista, che accostò.
“Buonanotte Liz”
“’notte Neal”
Ci abbracciammo, poi lui salì sul taxi e si allontanò.
 
Nota dell’autrice: Esatto, non sono morta T_T Ci ho messo anni a scrivere questo capitolo, che tra l’altro è anche piuttosto corto e insignificante. Mi dispiace molto, ho una specie di blocco dello scrittore, perdonatemi ç_ç
Pubblicherò il capitolo seguente appena posso, spero presto!
Grazie per il sostegno che mi date sempre con le vostre recensioni :’) Love you all!

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Capitolo 12
*** Capitolo Undici. ***


Driiin, Driiiin, Driiiiin..
Che cazzo..!?” esclamai, ancora mezza addormentata.
Riconobbi il telefono come fonte di quel fastidioso rumore che mi aveva appena svegliata.
“Pronto?” risposi, la bocca ancora impastata dal sonno.
“Ehi Liz, stavi dormendo?” disse Billie all’altro capo del telefono.
“Vaffanculo, Billie, certo che dormivo”
“Sono le 8.15, lo sai?”
“No, ma grazie per avermelo detto, adesso ho un motivo in più per prenderti a sberle”
“Sto venendo da te” disse lui ignorando la mia simpatia mattutina.
“Non te ne frega proprio niente del fatto che volessi dormire ,vero?”
“Come, non vieni a scuola?”
Dio, quel ragazzo era sveglio come un orso in letargo.
“Sei un coglione, la scuola è chiusa”
“Ma che cazzo dici?”
“Alice non ti ha detto niente?”
“No, non l’ho sentita”
“Vabbè allora vieni qua che ti spiego” mi arresi sospirando. Ormai ero sveglia, tanto valeva alzarsi.
“Ok, arrivo”
Chiusi la chiamata e mi strofinai gli occhi per scacciare le ultime tracce di sonno.
Ecco che il primo giorno di “vacanza” andava a farsi benedire.
Mi alzai e iniziai a prepararmi. Entro 10 minuti suonò il campanello e andai ad aprire la porta a Billie, con ancora addosso i pantaloni del pigiama.
“Ciao” mi  salutò quando aprii la porta. Mi squadrò un po’ perplesso – “Ma stavi dormendo davvero”- disse con aria smarrita.
“Cavolo, sei un fulmine” commentai sarcastica.
“Ti ho portato il caffè”. Mi porse uno dei bicchieri di Starbucks.
“Grazie” risposi. Lui sì che mi conosceva bene. Perdono chiunque si presenti al mattino alla mia porta con una tazza di caffè.
“Allora, cos’è questa storia di scuola?” mi chiese mentre andavamo al piano di sopra
“Questo è bourbon” aggiunse poi guardando la bottiglia sul mio comodino.
“Hanno ritrovato degli affreschi o roba del genere”
“Perché ti sei bevuta mezza bottiglia di bourbon?” mi chiese. Aveva già perso interesse per la storia della scuola. Probabilmente l’unica cosa che gli importava era che fosse chiusa, e chissene frega del motivo. E poi se l’alcool era un argomento alternativo di certo preferiva parlare di quello piuttosto che di affreschi ritrovati a scuola.
“Non l’ho bevuta da sola, c’era Neal”
“Neal? Quello dell’FBI?”
Annuii.
“No aspetta” disse lui “Non avevate litigato? E comunque, perché eravate in camera tua con una bottiglia di bourbon?”
“Sai una cosa?” risposi – “Chiamo Alice e Julia, ci incontriamo in un bar e vi racconto, non ho intenzione di ripetere tutto tre volte a tre persone diverse”- Presi il telefono e chiamai Julia.
“Pronto?” rispose.
Mi stupii di trovarla sveglia. Mi ero già immaginata una conversazione sulla falsa riga di quella che avevo avuto con Billie quella mattina.
“Ciao Juli. Hai da fare questa mattina?” le chiesi.
“No..”
“Vediamoci a Bryant Park alle 10, ok? C’è anche Billie e forse Alice, vi devo dire delle cose”
“Neal, vero? Alice mi aveva detto che sareste usciti..devi raccontarci tutto! Nei minimi dettagli, mi raccomando!”
“Certo” dissi, facendo una smorfia – “A dopo, un bacio”
“Bacio”
 Chiamai subito anche Alice. Con lei la conversazione fu molto simile alla mia con Billie, e non avevo dubbi che lo sarebbe stata.
“Che cazzo vuoi?” fu la sua allegra risposta.
“Buongiorno anche a te”
“Ma che problemi hai?”
Risi tra me e me, è davvero insopportabile essere svegliati negli unici giorni in cui si può dormire.
“Ci vediamo a Bryant Park alle 10”
“Vaffanculo”
“Ti voglio bene anche io”
“Torno a dormire”
Ero pronta a quella risposta: “Ti devo raccontare di Neal” ribattei quasi all’istante.
“E’ vero, cazzo!” esplose lei, improvvisamente sveglia.
Che amiche che mi ero andata a prendere, morirebbero per un pettegolezzo.
“A dopo, Al”
“Preparati il discorso, ricordati che mi hai svegliato per questo”
Risi e attaccai.
Billie intanto si era già bevuto due bicchieri di bourbon.
“Tuo padre ha dei gusti fantastici” commentò schioccando le labbra.
“Che schifo, come fai a bere alle 9 del mattino?” chiesi con una smorfia.
“Io bevo a qualsiasi ora del giorno e della notte”
“L’ho notato. Bhè, vado a prepararmi, non fare casini” presi i vestiti e mi diressi verso il bagno – “E non finire il bourbon!” –  esclamai prima di chiudere la porta.
 
Arrivammo a Bryant Park alle 10 in punto, Alice e Julia erano già lì.
Abbracciai entrambe, e iniziammo a passeggiare per il parco.
Comprammo quattro caffè e ci sistemammo su una panchina al sole.
L’aria fresca dell’autunno iniziava a farsi sentire, ma il sole scaldava ancora molto. Si stava benissimo.
Vista l’insistenza dei miei amici iniziai subito a raccontare di Neal.
Dissi loro della cena, riassumendo la nostra conversazione, e poi della serata a casa mia.
 “Lo sapevo che aveste fatto pace” disse Julia con aria sognante, gli occhi che brillavano.
“Un ladro e un falsario! Che cosa figa!” esclamò Alice entusiasta.
“Credo anche io che sia una cosa interessante” commentai, sorseggiando il mio caffè.
“Interessante? E’ un criminale” si intromise Billie
“Anche tu lo sei” ribattei
“Oh, è vero” disse lui come se ci stesse pensando per la prima volta
“Anche io penso sia una figata. E’ un uomo del mistero!” riprese la parola Julia.
Scoppiai a ridere – “Uomo del mistero?” –
“Bhè? Che c’è? Vuol dire che non ti sei attratta da lui per la sua figura del ‘bello e dannato’ come nei film?”
“No, decisamente non è per questo” risposi ridendo.
“E dai, ammettilo, è anche questo lato della sua personalità che ti attrae” intervenne Alice
“Ma se non la conoscevo neanche questo lato della personalità appena l’ho incontrato!”
“Ma noi Nemici della Giustizia abbiamo un qualcosa che attira” disse Billie, ormai convinto che il suo ruolo di emarginato sociale fosse qualcosa di cui vantarsi.
Scoppiammo tutti a ridere, anche perché sembrava credere davvero a ciò che diceva.
Guardai l’orologio – “Merda, le 11 e un quarto, devo andare!” esclamai –
“Dove?” domandarono  in coro tutti e tre
“Pranzo con Neal oggi” dissi, e mi sfuggì un sorriso. La relazione che avevo con Neal, seppur appena cominciata e piuttosto incostante, mi rendeva felice.
“Cioè ci hai trascinato tutti qui di mattina e te ne vai dopo un’ora?” esclamò Alice indignata.
“Tutta colpa di Billie che mi ha svegliata. Devo andare, veramente, ci sentiamo”
“Scordatelo, io e Julia veniamo con te, ti serve il nostro consiglio per i vestiti” disse Alice, mentre Julia annuiva con convinzione.
“No, mi passa a prendere tra tre quarti d’ora, non voglio rischiare che vi trovi da me quando arriva”
“Ti vergogni di noi?” chiese Alice facendo la finta offesa.
“Certo” sorrisi amabilmente, diedi un bacio a tutti e tre sulla guancia e mi fiondai nella metro, l’ultima cosa che volevo era fare tardi.
 
A casa mi cambiai in tutta fretta, poi pensai al trucco e ai capelli.
Mancavano due minuti a mezzogiorno quando suonò il campanello. Neal poteva avere tutti i difetti del mondo, ma di certo non era un ritardatario.
Aprii la porta, e me lo trovai davanti in tutto il suo splendore.
Indossava un completo blu, camicia bianca, e una cravatta rossa.
Quanto mi piaceva come si vestiva.
“Ciao” mi salutò sorridendo.
“Ciao” sorrisi a mia volta.
Mi sentivo un ebete. Avevo sempre stampato in faccia quello stupido sorriso quando ero con lui.
“Pronta per andare?” chiese, porgendomi una mano.
“Certo” gli presi la mano e scendemmo le scale fino in strada, dove c’era un taxi ad aspettarci.
Mi aprì la portiera e la richiuse dopo che fui salita, poi fece il giro del taxi e entrò dall’altra parte.
Le buone maniere non gli mancavano di certo. Mi sembrava di essere tornata indietro agli anni Cinquanta.
“Dove andiamo?” chiesi.
“Sorpresa” rispose lui sorridendo. Ma non era lo stesso sorriso di quando avevo aperto la porta di casa, era un altro sorriso. Avevo individuato in lui due modi di sorridere. C’era quello dolce, come quello iniziale, e poi c’era quello che avevo etichettato come “sorriso da truffatore”, dopo la cena in cui mi aveva rivelato chi era veramente. Era un sorriso furbo, quasi di scherno, ma mi piaceva da morire.
Il taxi si fermò davanti a un ristorante sulla 30ensima tra Lexington Ave e la Terza.
Era un bel posto.
Entrammo, ci sedemmo ad uno dei tavoli liberi e quasi subito arrivò un cameriere a portarci il menù.
“Cosa prendi?” mi chiese Neal.
“Pensavo a del pesce..”
“Ottima scelta” sorrise.
Consultammo un attimo il menù poi chiusi il mio e chiesi: “Allora, cosa fai di preciso all’FBI?”
“Aiuto una squadra di agenti a risolvere casi di furti o falsificazioni”
“Sei un paladino della giustizia, insomma”
Lui ammiccò sorridendo.
“E tu, invece? Cosa fai nella vita?” mi chiese.
“Studio alla Columbia High School, ma lo sai già…”
In quel momento tornò il cameriere a prendere le ordinazioni.
“Trota al vapore e un’insalata” dissi.
“Lo stesso” sorrise Neal.
“E da bere?” chiese il cameriere.
“Ti va del vino?” mi chiese Neal
“Certo” sorrisi
“Vino bianco” disse Neal al cameriere, che appuntò le ordinazioni e si allontanò.
“Cosa fai nel tempo libero?” chiese Neal riprendendo la conversazione di prima.
“Niente di particolare, più che altro vado in giro con gli amici. E suono il pianoforte”
“Pianoforte. Mi piace” sorrise – “Da quanto suoni?”
“Da quando avevo 6 anni”
“Oh. E’ tanto tempo. Sarai brava allora”
“Me la cavo”
“Mi farai sentire qualcosa”
“Certo” – “E tu? Hai qualche hobby?”
“Bhè, il lavoro occupa la maggior parte del mio tempo”
“Quale lavoro?” chiesi con un sorriso furbo, alludendo alla sua attività di ladro d’arte.
Lui sorrise ma non rispose.
Il resto del pranzo passò così, tra chiacchiere, battute e risate. Mi trovavo bene con lui, mi metteva a mio agio con la sua voce e i sorrisi, ma alla fine mi decisi ad affrontare un argomento che non avrei mail voluto affrontare.
“Neal..” cominciai.
“Discorso serio?” domandò lui, decifrando subito la mia espressione.
“Sì..” ammisi.
“Che ne dici di parlarne in un bar davanti a una tazza di caffè?” propose.
Accettai, così iniziai anche a pensare a come impostare il discorso.
Andammo in un bar poco distante, e ordinammo un caffè.
Avevo l’impressione di aver incontrato un caffeinomane come me.
Iniziai a bere, persa nei miei pensieri.
“Allora, cosa devi dirmi?” mi chiese Neal.
Risposi dopo qualche secondo “Bhè, io..” – presi un respiro “Quanti anni hai?” chiesi di getto, credendo che più velocemente l’avessi detto, più velocemente mi sarei tolta il peso.
Non avrei voluto chiederglielo, ma dovevamo affrontare quell’argomento.
Lui sospirò e abbassò leggermente la testa.
Sapeva che ci saremmo arrivati prima o poi.
“Ho 28 anni” disse.
Puntò i suoi occhi nei miei, per vedere la mia reazione. Sentii come se il suo sguardo si fosse incatenato al suo, e non riuscivo ad interrompere il contatto visivo.
Alla fine distolsi lo sguardo e fu come se riprendessi a respirare solo in quel momento.
“Ok..” dissi soltanto. Alla fine avevo già previsto una cosa del genere. “Non è un problema” dissi, decisa.
“Davvero?” chiese lui a metà tra lo stupito e il dubbioso.
“Sì”
“Quanti anni hai tu?”
“16. Alla fine sono solo..quanti anni di differenza?”
“12”
“12, giusto”. La matematica non era mai stata il mio forte, usavo la calcolatrice anche per il calcoli più semplici.
“Già”
“Per me non è un problema” ripetei, anche se c’era una lieve sfumatura di auto-convinzione nel mio tono di voce.
“Bhè, neanche per me” ribattè Neal.
“Perfetto allora”. Dentro di me mi sentii sollevata, mi ero tolta un peso enorme, e per il resto del tempo in cui stetti con lui mi sentii molto meglio. Sembrava già passato tantissimo tempo dal nostro litigio, l’avevo ormai dimenticato.
Passammo il resto del pomeriggio in giro per Manhattan, parlando del più e del meno.
Neal era un grande ascoltatore, sembrava non perdersi una parola del mio discorso. Io, d’altra parte, mi accorsi di distrarmi spesso, persa nei suoi occhi blu, o fissando le sue labbra perfette, o il suo sorriso.
Eravamo seduti su una panchina a Central Park e ripensavo alla serata in cui eravamo andati a teatro, quando ci eravamo baciati per la prima volta. Mi sfuggì un sorriso.
“Che c’è?” mi chiese Neal.
“Niente” dissi in fretta tornando alla realtà e cancellando il sorriso dalla faccia.
“Non mi stai ascoltando” disse Neal. Non era una domanda, era un’affermazione, ma non sembrava arrabbiato, scocciato o niente di simile.
“Sì, sì, certo che ti sto ascoltando” dissi sedendomi meglio e simulando un’espressione interessata.
“Davvero?” chiese Neal con un sorrisetto divertito. Evidentemente la mia simulazione di interesse non era proprio un gran chè.
“Giuro, va’ avanti”
“Ok..” disse sempre con quell’espressione divertita.
Mi persi di nuovo nel suo sorriso.
“..e penso che il cielo sia di un magnifico fucsia oggi, non credi?” disse Neal.
“Sì, lo penso anch’io..” risposi.
Lui inarcò le sopracciglia e si mise a ridere.
“..non lo penso, vero?” chiesi, tornando alla realtà.
Lui scosse la testa, sempre sorridendo.
“Scusa, stavo pensando a..” cercai di inventare in fretta qualcosa di accettabile per la quale potevo non ascoltare Neal.
“Non sai mentire” sorrise Neal.
“Non stavo mentendo! Stavo solo..” Merda.
“Visto?” rise ancora.
“Vaffanculo, Caffrey” sussurrai prima di baciarlo. Fu una sensazione magnifica, la mia mente si svuotò da tutti i pensieri. Lo baciai perché non riuscivo più a trattenermi, e visto che lui non si decideva..
“Se avessi saputo che era questo che avevi in mente avrei smesso di parlare molto prima” disse lui prima di baciarmi ancora, mentre entrambi ci lasciavamo sfuggire un sorriso.
In quel momento gli squillò il telefono, ma lui non rispose, continuò a baciarmi.
Alla fine mi staccai io: “Neal, risposi al telefono” sorrisi.
Lui si allontanò controvoglia da me e si alzò per rispondere al cellulare.
Tornò un minuto dopo: “Devo incontrare un collega tra mezz’ora” disse sedendosi di nuovo accanto a me.
“Devi proprio?” chiesi facendo uno sguardo dolce.
Sorrise – “Temo di si” – e mi diede un altro leggero bacio sulle labbra.
“Vieni da me sta sera?” gli chiesi.
“Va bene”
“I miei escono alle 8.30, puntuali come orologi svizzeri”
“Alle 8.35 sono da te” sorrise.
“Perfetto, a dopo allora”
“Ciao” mi baciò di nuovo e si allontanò.
 
**
 
Neal arrivò davvero alle 8.35, e ci mettemmo a guardare un film come l’altro sera.
Ad un certo punto però iniziammo a baciarci, sempre più intensamente.
Lui finì sopra di me, mi baciava sulle labbra e sul collo, e sentivo le sue mani su tutto il corpo.
Mi tolse la maglietta, rimasi in reggiseno. Cercai di togliergli la cravatta, ma quella stupida cosa non si slacciava.
“Mi stai strozzando” disse lui fermandosi un attimo e sorridendo.
“Scusa, come cazzo si toglie?!” esclamai.
Se la tolse da solo, poi riprese da dove aveva interrotto. Iniziai a slacciargli la camicia, ma dopo pochi secondi ci interrompemmo di nuovo.
C’era un rumore proveniente dalla finestra.
“Oh, stai scherzando” sussurrai, riferito a chiunque stesse bussando alla mia finestra.
“Chi è?” chiese Neal.
“Non lo so”. Mi alzai e aprii leggermente la finestra.
Il rompipalle patentato.
“Ehi Liz” disse Billie.
“Billie, che cazzo ci fai qua?”
“Passavo a trovarti”
“Lo sai che esistono i campanelli e le porte, vero?”
“Non avevo voglia di fare il giro dell’edificio. Dai, fammi entrare”
“Sono un po’ occupata al momento”
Lo vidi accorgersi solo in quel momento del fatto che ero in reggiseno, spiò oltre le mie spalle e scorse Neal, che si stava riallacciando la camicia.
“Oh.” disse Billie.
“Liz, io vado..” disse Neal.
“No no no, non te ne devi andare” dissi in fretta, accostando la finestra e avvicinandomi a lui.
“Sì, credo di si” sussurrò.
“Puoi restare”
“Magari facciamo un’altra volta. Ti chiamo domani”
“Ok..”
Mi baciò uscì.
Tornai ad aprire la finestra.
“Ti odio” dissi molto schiettamente, mentre mi mettevo la maglietta.
“Non pensavo che avrei interrotto qualcosa. Ma forse è meglio se l’ho interrotta”
“Mi serve del bourbon” dissi uscendo dalla stanza, diretta all’armadio degli alcolici di mio padre.
“Anche a me”
Lo guardai con le sopracciglia inarcate, lo sguardo interrogativo e anche un po’ incredulo.
“Ho appena visto la mia migliore amica fare sesso, devo bere qualcosa” spiegò, come se fosse ovvio.
“Non mi hai visto fare sesso con nessuno, e comunque se il bourbon ti farà stare zitto, bevine quanto ne vuoi. Affogatici”
E la nostra serata passò davanti alla tv con la nostra fedele bottiglia di bourbon. Devo ammettere che avevo aspettative migliori.

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Capitolo 13
*** Capitolo Dodici. ***


Durante la settimana in cui la scuola restò chiusa ne approfittai per riprendere i collegamenti con gli altri amici che non sentivo da tempo. Organizzammo cene e serate, mi sembrava di essere tornata all’estate.
Per questo motivo non mi capitava di vedere Neal molto spesso. Non voglio dire che ci stavamo allontanando, ma solo che il tempo che passavamo insieme era più o meno limitato.
Lo incontravo tutti i pomeriggi ma per poco tempo, quando lui aveva una pausa dal lavoro, e un paio di sere andammo al cinema, ma non venne più a casa mia. Non stavamo cercando di evitare che si ripetesse la situazione che era stata interrotta da Billie quella famosa sera, ma semplicemente non ci fu occasione.
A proposito di quella sera, il mio caro amico era ovviamente andato a raccontare tutto a Julia ed Alice, che avevano avuto una reazione a dir poco eccessiva.
“CHE COSA HAI FATTO?” urlò Alice il pomeriggio dopo. Aveva tempestato di pugni la porta di casa mia, e nel momento in cui l’avevo aperta si era scatenato l’inferno.
“Che cazzo urli, Alice? Dai, entra, prima di farti sentire dall’intero vicinato”
Che cosa potevo mai aver fatto?
“Cosa. Hai. Fatto.” ripetè lei una volta una volta entrata in casa.
“Non ho idea di che cosa tu stia parlando” ammisi.
“Billie me l’ha detto”
Sospirai. Chissà che cosa le aveva detto quell’idiota. Qualche storia super montata e ovviamente falsa.
“Lo sai com’è Billie, esagera sempre”
“Ci hai fatto sesso” continuò lei ignorandomi – “Non ci posso credere, ci hai fatto sesso” –
“Non ci ho fatto sesso!” esclamai contrariata.
“Billie me l’ha detto” ripetè.
“Billie è un’idiota. Non ci ho fatto sesso”
“Mi ha detto che vi ha interrotto” ribattè lei, piccata.
“Ci ha interrotto, sì, ma prima”
“Oh.” Si abbandonò sul divano, finalmente un po’ più calma.
“Già”
“Mi ha detto che vi ha trovati mezzi nudi in camera tua”
“Aspetta. Ha detto che ci ha interrotti mentre facevamo sesso o che ci ha trovati mezzi nudi in camera mia? Perché è un po’ diversa come cosa”
“Non so di preciso le parole che ha detto. Ma questo vuol dire che vi ha davvero trovati mezzi nudi in camera tua!” esclamò.
“Dipende che cosa di intende per ‘mezzi nudi’” dissi con cautela.
“Liz! Non ci posso credere!” esclamò Alice.
“Cosa?! Non ho detto niente!”
“Stai ammettendo che se Billie non vi avesse interrotti ci saresti andata a letto!”
“Non ho detto niente del genere, però, sì, probabilmente ci sarei andata a letto” ammisi infine.
“Non ci posso credere”
“Ma smettila. Eri così entusiasta che uscissi con lui. Con tutta la storia dell’uomo del mistero, eccetera”
“Bhè, non lo sono più. Non pensavo fosse così sfacciato, praticamente ha cercato di portarti a letto al primo appuntamento”
“Non era il primo appuntamento, e poi vabbè, alla fine è normale. Lui è più grande, il sesso sta alla base di un rapporto”
“Liz, tu sei ancora vergine!”
“E allora?”
“Non la puoi dare al primo che passa!”
“Non la sto dando al primo che passa, smettila di farmi la predica!” iniziavo a innervosirmi. Quello che facevo con il mio ragazzo erano fatti miei alla fine.
“Ok, ok. Non dico più niente, ma non ti risparmierò il ‘te l’avevo detto’ se verrai a piangere da me” si offese lei.
“Perfetto. Adesso cambiamo argomento, non voglio litigare con te per qualcosa che non è neanche successo”
“Va bene”
Ci abbracciammo e la faccenda finì lì.
 
La settimana seguente ricominciò la scuola, e tutto filò liscio e normale come al solito.
Il lunedì pomeriggio però successe qualcosa di..inusuale.
Ero sul letto a leggere quando sentii bussare alla porta principale.
Finii di leggere la frase , mi alzai e scesi le scale.
Il tizio fuori dalla porta continuò a bussare incessantemente per tutto il tempo.
Cosa credeva, che fossi sorda?
“Si?” domandai aprendo la porta, leggermente perplessa.
E rimasi ancora più perplessa vedendo il tipo che stava bussando.
Era un ometto piuttosto basso, quasi pelato e con gli occhiali.
“Chi sei tu?” mi chiese.
“Scusi?” ribattei con un pizzico incredulità.
“Qual è il tuo nome?” mi chiese con quella sua strana espressione allucinata.
“Elizabeth Rosenberg, e lei è?”
“Questo non ha importanza” decretò.
“E c’è qualcosa che posso fare per lei?” chiesi, visto che non sembrava intenzionato ad aggiungere alcunché.
“Posso entrare?” chiese il tipo, prima di sgattaiolare dentro casa mia senza attendere risposta.
“Mi scusi, ma cos’è che vuole?” cercai di capire che intenzioni aveva quel tipo.
“Shh!” mi zittì lui – “Non è prudente!” – esclamò. Poi iniziò come a cercare qualcosa, guardò sotto il divano, dietro la tv, aprì un armadio..
“Ok, basta così!” interruppi la sua misteriosa ricerca. Ero rimasta piuttosto interdetta fino a quel momento, ma mi sembrava che stesse esagerando. Cosa cavolo voleva?
“Che cosa vuole?” domandai di nuovo, più decisa di prima.
“Bene, ma se qualcuno ha piazzato una cimice e ascolta le nostre conversazioni, non dire che non ti avevo avvisato!” si offese quello.
Perfetto, avevo appena fatto entrare un pazzo paranoico in casa mia.
“Mi vuole dire che cosa è venuto a fare qui?”
“Conosci un certo Neal Caffrey?” mi chiese lui – “Oh, certo che lo conosci” – aggiunse poi – “La domanda è: che rapporto hai con lui?”
“No, la vera domanda è chi è lei e che cosa vuole!”
“Non ha importanza chi sono” ribadì lui
“Bene, allora può anche andarsene!” esclamai aprendo la porta e facendogli cenno di uscire, ormai totalmente spazientita. Ma anche un po’ incuriosita e, perché no?, preoccupata. Come faceva quel tipo a sapere di me e Neal? E che cosa voleva da lui? O da me.
“Ok, ok! Puoi chiamarmi Dante Haversham” cedette l’uomo – “ma ora parliamo di Neal”
“Non parlerò di niente con un uomo che ha praticamente fatto irruzione in casa mia, facendo domande sul mio raga..” mi interruppi, sperando di non aver detto troppo.
Ma le mie speranze erano vane, a quello non sfuggiva niente.
“Che cosa?!” urlò l’uomo.
“Cosa? Non ho detto niente!” cercai di negare.
“Oh, questa volta ha esagerato!” detto questo mi superò e uscì dalla porta, borbottando.
Questa uscita mi spiazzò quasi più dell’entrata.
 
Riflettei un attimo, poi presi il cellulare e chiamai Neal.
“Pronto?”
“Ciao Neal”
“Ehi Liz! Che c’è?”
“Ho bisogno di parlarti”
“E’successo qualcosa?”
“Non lo so, forse, ci possiamo vedere?”
“Ehm..non lo so..” Potevo sentire almeno un migliaio di voci attorno a lui, tra cui ne distinsi una: “Dove cavolo è Caffrey?”, piuttosto scocciata. Immagino fossero nel pieno di un’indagine all’FBI.
“Senti, non importa” dissi. Non mi sembrava il caso di disturbarlo al lavoro, soprattutto per una cosa che poteva anche non essere niente.
“No, figurati, se è urgente posso trovare un momento”
“No, non ti preoccupare” dissi, cercando a mia volta di non preoccuparmi – “ci sentiamo in un altro momento” –
“Sei sicura?”
“Certo”
“Va bene, ti chiamo dopo. Se ti serve qualcosa non farti problemi”
“Ok, ciao”
“Ciao Liz”
Chiusi la chiamata.
 
Incontrai Neal verso le 18 a Central Park.
“Ehi” mi salutò.
“Ciao” ricambiai il saluto.
“Scusa se non sono riuscito a venire prima..” cominciò.
“Non ti preoccupare” lo interruppi subito.
“E’ solo..abbiamo un caso piuttosto complesso, sono rimasto da Peter fino a tardi ieri sera e all’FBI c’è un’incredibile confusione..”
In effetti stava lavorando moltissimo in quell’ultimo periodo, non so quale strano caso avessero tra le mani, ma doveva essere qualcosa di importante. In realtà niente nell’aspetto di Neal faceva intravedere la sua stanchezza, era impeccabile come sempre, ma glielo leggevo in faccia che non avrebbe retto ritmi del genere per molto. I suoi occhi blu sembravano molto meno blu, il suo sorriso più stanco.
“Senti, non ti preoccupare, sto bene, ok?” mi disse, come se mi avesse letto nella mente, dandomi un leggero bacio sulle labbra.
“Ok..” sospirai.
“Per che cosa mi avevi chiamato?” mi chiese cambiando argomento.
“Ehm..prendiamo un caffè? Poi te ne parlo”
Accettò, andammo da uno di quei venditori ambulanti che ci sono praticamente ogni due metri e prendemmo il nostro solito enorme caffè.
Camminammo un po’, scaldandoci con la bevanda calda. Era ormai novembre, il clima era sempre più freddo.
“E’ venuto da me un..un tizio, oggi” cominciai. Feci una pausa, bevvi l’ultimo sorso di caffè e buttai il bicchiere.
Neal mi rivolse uno sguardo interrogativo buttando a sua volta il bicchiere vuoto.
“Ha bussato alla mia porta e ha iniziato a fare domande strane” dissi con prudenza. Non volevo farla sembrare una situazione troppo seria.
“Che tipo di domande?” chiese Neal smettendo di camminare, l’espressione al contempo interessata, confusa e preoccupata.
“Bhè, domande su di te”
“Che vuoi dire?” ribattè in fretta.
“Domande su te e me, sul nostro rapporto” continuai.
Ora era ufficialmente preoccupato.
“Liz, chi era quest’uomo?” mi chiese.
“Io..non lo so” sospirai – “Ha detto di chiamarsi..qualcosa come Dante..Haversham? Forse” dissi titubante.
Neal stava prendendo la situazione forse peggio di come l’avessi presa io. Ma nel momento in cui dissi quel nome cambiò espressione. Incredulità e fastidio comparvero sul suo volto.
“Che c’è? Lo conosci?” gli chiesi.
“Sì..sì, lo conosco” sospirò.
“E..?”
Mi mise le mani sui fianchi e mi guardò intensamente negli occhi.
“Non ti devi preoccupare, ok?” disse.
“Neal, chi è quel tipo?”
“E’ solo un tipo strano, gli parlerò io. Non ti darà più fastidio” mi rassicurò.
“Ok” annuii.
“Ok” ripetè lui, poi mi baciò, e di sicuro quello era un modo più che efficace per farmi passare ogni preoccupazione.
Poi mi prese per mano e riprendemmo a camminare nel parco.
“Senti, Liz, mi dispiace che in questi ultimi tempi non riusciamo a vederci molto” disse Neal.
“Anche a me” sospirai – “Lo so che non è colpa tua, ma ogni tanto mi manchi da morire” –
“Anche tu”. Ci baciammo di nuovo.
 
“Per quanto sarai così occupato?” gli chiesi.
“Non lo so” sospirò – “Probabilmente tutta la settimana, spero che riusciremo a chiudere il caso settimana prossima”
Annuii, un po’ tristemente. Un’intera settimana, forse più, vedendolo poco più di un’ora al giorno.
“Senti, facciamo così” disse Neal – “Non posso garantire niente per questo finesettimana, ma il prossimo, qualsiasi cosa succeda, lo passeremo assieme, ok?”
“Promesso?”
“Promesso” confermò lui.
 
**
 
Neal’s POV
 
Dopo aver salutato Liz tornai al mio appartamento.
“Ti stavo aspettando” mi accolse una voce nel momento in cui aprii la porta di casa.
“Lo vedo” dissi, voltandomi verso una figura immersa nell’oscurità, che riconobbi immediatamente come quella di Mozzie, il mio migliore amico.
Mi tolsi il cappotto e mi sedetti al tavolo, prendendo il bicchiere di vino che Mozzie mi stava porgendo.
“Quand’è che hai iniziato a pedinarmi?” gli chiesi senza tanti preamboli.
“Non so di cosa tu stia parlando” ribattè lui, facendo finta di niente.
“Io credo di si” affermai, scrutando il suo volto in cerca di una minima reazione.
Mozzie resse il mio sguardo forse per qualche secondo, prima di cedere: “D’accordo! Ho iniziato a pedinarti quando tu hai iniziato a mentirmi!” sbottò.
“Non ti ho mai mentito su niente”
“Omissione di informazioni, è uguale!”
“Che c’è, non posso avere una vita, adesso?”
“Non se questa vita comprende una relazione con una quindicenne!” esclamò Mozzie alzando il tono di voce.
Mi abbandonai sullo schienale della sedia, senza ribattere.
“Che cos’hai nella mente, Neal?” continuò lui, alzandosi e iniziando a camminare in circolo.
“Non lo so” ammisi.
“Esatto! Tu non pensi, non pensi mai!”
“Moz, calmati adesso, ok?”
Sbuffando si risedette e bevve un generoso sorso di vino.
“Devi chiudere con questa storia” riprese.
“No” ribattei con decisione.
Mozzie spalancò gli occhi, esterrefatto.
“Non posso” dissi semplicemente.
Mi guardò negli occhi per un po’, cercando di decifrare la mia espressione.
“Sei innamorato di lei?!” mi chiese, stupefatto, dopo una piccola pausa.
“Io..non lo so” sospirai.
Mozzie sospirò a sua volta, captando un “Forse” o addirittura un “Sì”, che io non avevo avuto il coraggio di pronunciare.
“Buonanotte Neal” si alzò e si avviò all’ingresso.
“Buonanotte” risposi, mentre la porta si chiudeva alle sue spalle.
 
 
Nota dell’autrice: Salve a tutti! Eccomi di ritorno, dopo quasi un mese di assenza..
Scusatemi per il ritardo, ma sono stata impegnatissima con la scuola, non ho avuto proprio tempo per mettermi seriamente a scrivere..
Comunque, tornando alla storia..qui entra in scena Mozzie, ho pensato fosse ora ^-^ E’ uno dei miei personaggi preferiti di White collar :3
Bhè, fatemi sapere cosa ne pensate, alla prossima! (Che spero sia relativamente presto!)

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Capitolo 14
*** Capitolo Tredici. ***


In quegli ultimi tempi non avevo più pensato a Jack.

Dopo la serata in cui avevamo bevuto e c’era stato il casino con Neal non ero andata da Jack perché volevo si calmassero un po’ le acque, poi con Neal tutto era andato al suo posto, e a Jack non avevo più pensato.

Decisi che era ora di fare un salto a Little Italy. Mi mancava Jack, dopotutto eravamo amici, anche se io mi ero rivelata qualcosa di più per lui. E mi mancava anche il suo caffè, ma quello era il meno.

Così un pomeriggio dopo scuola al posto di tornare a casa presi la metro e andai a Little Italy.

Jack si stupì non poco vedendomi comparire sulla porta del bar.

“Ehi” dissi, con un sorriso titubante.

“Ciao” ricambiò il saluto, ancora sorpreso.

“Come va?” chiesi avvicinandomi al bancone.

“Si va avanti” disse con un piccolo sorriso – “Tu?”

“Io..sì, bene”

Annuì, e rimanemmo un attimo in un silenzio imbarazzato.

“Mi dispiace di non essere più passata”

“Non ti preoccupare” ribattè subito lui, come se non stesse aspettando altro che io dicessi quella frase.

“Non pensavo che tornare qui dopo quella sera fosse una grande idea..”

“Già.” fu il suo commento.

Ricadde il silenzio.

“Mi sei mancato, Jack” dissi infine.

“Anche tu”. Detto questo uscì da dietro il bancone e mi venne ad abbracciare. Ricambiai la stretta. Mi era mancato davvero.

 

“Allora, cosa mi racconti? E’ successo qualcosa di bello in quest’ultimo periodo?” mi chiese Jack qualche minuto dopo, mentre io mi gustavo finalmente una tazza del suo caffè italiano.

“Mah, niente di che in realtà” 

“Quindi, tu e Neal..?”

“Oh, sì, stiamo insieme. Cioè, usciamo”

“Ah, ho capito. Bhè, è fantastico” disse, con un tono di voce ben poco convincente.

“Senti, Jack” dissi, un po’ a disagio – “Non dobbiamo parlare di questo per forza”

“Sì, hai ragione. Passiamo oltre. Come se non fosse mai successo”

“Davvero?”

“Davvero” confermò.

“Ok” dissi sorridendo. 

 

Il giorno dopo tornai a Little Italy con Billie.

Lui non era molto entusiasta, ma adesso che potevo finalmente bere di nuovo quel caffè, non vi avrei rinunciato per nulla al mondo.

“Ehi Jack” salutai entrando.

“Ehi Liz” sorrise, poi il suo sguardo si spostò sul mio amico al mio fianco: “Billie.” aggiunse con freddezza. Per tutta risposta il Billie fece un brusco gesto col mento, al mo’ di saluto.

Evidentemente Jack non aveva dimenticato che Billie l’aveva preso a pugni, e Billie non aveva dimenticato il motivo per il quale l’aveva fatto.

Mi avvicinai a Jack, “Non avevi detto che avremmo fatto come se quella sera non ci fosse mai stata?” dissi a bassa voce.

“Intendevo tra me e te, a lui non devo proprio niente”

“E dai, Jack!”

Lui scrollò le spalle e si mise a preparare il caffè. Billie intanto se ne stava lì impalato, guardando ovunque tranne Jack.
Forse davvero non era stata una buona idea portarlo con me.

Ci sedemmo al bancone a bere il caffè, mentre io parlavo con Jack e Billie ignorava entrambi, imbronciato.

“Non devi essere arrabbiato con lui” dissi a Jack riferendomi a Billie.

“Mi ha preso a pugni!”

“Aveva tutte le ragioni per farlo” gli feci notare con un pizzico di freddezza.

Jack sospirò. – Ehi, Billie –

Billie si girò a guardarlo con uno sguardo neutro.

“Mi dispiace per quella sera, ok?” – “Tregua?” aggiunse poi, visto che Billie non aveva ribattuto.

“Tregua” accettò Billie scrollando le spalle.

Si batterono il pugno a mezz’aria. E anche quella faccenda era risolta.

Ad un certo punto mi squillò il telefono. Gettai un’occhiata al display.

“Scusa, è Neal, devo rispondere” interruppi Jack che stava raccontando un breve aneddoto, e uscii dal bar.

Quando rientrai trovai Billie e Jack che parlavano. Mi stupii leggermente, ma non me ne preoccupai. Magari avevano davvero superato la cosa.

“Tutto ok?” mi chiese Jack.

“Sì, sta sera esco con lui”

“Bhè, divertitevi” sorrise.

“Sì, grazie..Bill, andiamo? Dobbiamo vederci con Alice, Julia e Nick tra dieci minuti”

“Certo, alla prossima, Jack” salutò lui.

“Sì, ci si vede. Ciao Liz”

“Ciao Jack” lo abbracciai e uscimmo dal bar, per andare ad incontrare i nostri amici.

 

**

 

La sera andai al cinema con Neal.

Non c’era niente di particolarmente interessante, ma tutto quello che ci importava era rilassarci un po’ e stare assieme.

Il film finì verso le 23.

“Ti riaccompagno a casa” disse Neal all’uscita.

“Non ti preoccupare, posso andare da sola” ribattei.

“Neanche per sogno, e se ti rapiscono poi io cosa faccio?” chiese con un sorriso.

Gli diedi un bacio – “Va bene, andiamo. Però mi dispiace che devi andare fino a casa tua da solo” – 

“Non c’è problema, faccio due passi. Mi piace New York di notte”

“A proposito, io non so neanche dove abiti”

“Ti ci porterò uno di questi giorni”

“Davvero?” chiesi, stupita.

“Sì” disse Neal scrollando le spalle – “Perché?”

“Oh, niente” risposi sorridendo. Mi faceva piacere. Lo ritenevo uno dei “passi importanti” in una relazione. E’ vero, Neal veniva a casa mia già da un bel po’, ma era successo per caso. Se avessi dovuto fare un invito ufficiale sarebbe passato decisamente più tempo.

Eravamo quasi arrivati a casa mia e stavo per chiedere a Neal se voleva salire un attimo, ma prima che riuscissi a formulare la frase una figura ci piombò addosso.

Accadde tutto molto in fretta. Cacciai un urlo quando vidi che un uomo aveva sbattuto al muro Neal e lo prendeva a pugni, dicendo “Sei uno stronzo! Bastardo, devi stare lontano da lei!”

Era piuttosto buio e inizialmente non riconobbi quel tipo, ma dopo pochi secondi capii: era Jack.

Appena realizzai chi fosse mi avvicinai e cercai di fermarlo, nonostante fosse un ventenne molto più alto e grosso di me. Ma non ci pensai neanche, riuscivo solo a vedere Jack che stava massacrando Neal, e importava solo quello.

Gli presi un braccio cercando di fermare quella raffica di pugni, ma inutile dire che servì a ben poco. Riuscii a trattenerlo per forse due secondi, ma incredibilmente furono sufficienti. In quella piccola pausa Neal riuscì a reagire a tirare un paio di pugni a Jack, che barcollò per un istante e cadde a terra.

Neal si tolse dal muro e si allontanò da Jack.

Andai ad abbracciarlo, ancora sotto shock. Il tutto era durato pochi secondi, ma mi era sembrata un’eternità, anche se riuscivo appena a realizzare cosa fosse successo.

“Stai bene?” mi chiese.

“Sì, sì, certo, e tu?” Aveva un labbro spaccato e i vestiti piuttosto sgualciti, ma non sembrava messo male.

“Sì..”

Jack si rialzò “Mi sa che non hai capito” disse a Neal, “Devi stare lontano da lei”

“Jack, piantala!” esclamai.

Ero stufa di quella storia. Avevo ridato a Jack la mia fiducia. Ero tornata da lui, l’avevo perdonato, mi ero fidata di lui quando mi aveva detto che si era lasciato tutto alle spalle. E quello era ciò che mi dava in cambio?

Insieme alla paura di essere aggredita provavo anche una grande rabbia nei suoi confronti.

Neal tese un braccio di lato e mi spinse indietro, lontano da Jack, preparandosi a un’eventuale ripresa delle scontro, e anche perché io stessa stavo per prenderlo a pugni.

“Liz, stanne fuori” aggiunse Jack.

“Col cavolo che ne sto fuori..!” incominciai, furiosa, cercando di avvicinarmi a lui, ma Neal mi tenne lontana “No, ha ragione, stanne fuori” disse a sua volta.

Non toglieva lo sguardo da quello di Jack, e scommetto che sotto l’espressione di spavento rimasta dalla sorpresa per l’arrivo di Jack, si nascondeva una gran voglia di prenderlo a pugni.

Mi guardai intorno in cerca di qualcuno che potesse darmi una mano, e individuai un paio di uomini tra i 35 e i 40 anni a una cinquantina di metri da noi.

Mi avvicinai in fretta a loro.

“Ehi, stai bene?” mi chiese uno di loro.

“No, ho bisogno di aiuto, un tipo sta prendendo a pugni il mio ragazzo” dissi con il fiatone e indicai il punto in cui c’erano Neal a Jack.

I due si scambiarono un’occhiata e si avviarono in fretta verso il luogo che avevo mostrato loro.

Ci avvicinammo a Neal e Jack in tempo per sentire il secondo esclamare “Vaffanculo!” prima di buttarsi addosso a Neal.

Uno dei due uomini fece di corsa gli ultimi metri e bloccò Jack appena in tempo, e lo sbatté contro il muro mentre l’altro chiedeva a Neal come stava.

“Bene, grazie” rispose Neal.

Jack intanto cercava di liberarsi dalla presa dell’uomo, ma questo gli disse “Senti, o la pianti e te ne vai in questo istante, o chiamiamo la polizia”

Jack si arrese, gettò un’ultima occhiata incazzata a Neal e se ne andò.

“Grazie mille” ringraziai i due uomini e andai ad abbracciare Neal. La sua stretta mi tranquillizzò come sempre.

“Sì, grazie” ripetè Neal.

“Non c’è problema. E’ tutto ok? Dobbiamo chiamare qualcuno?” rispose uno.

“No, è tutto a posto, grazie” Neal strinse la mano a entrambi, e i due si allontanarono anche se non senza una traccia di preoccupazione nello sguardo.

L’effetto dell’adrenalina era finito, e lo spavento prese il sopravvento. Mi scesero alcune lacrime lungo le guance.

“Ehi, va tutto bene, va tutto bene” disse Neal, e mi strinse di nuovo a sé.

Rimanemmo così per qualche istante, finchè non mi ripresi.

“Ti accompagno a casa” disse.

Mi accompagnò proprio fin davanti al portone di casa mia.

“Buonanotte..”mi salutò Neal.

“Vuoi salire un attimo? Ti do del ghiaccio” dissi.

“Ehm, non so se sia una buona idea..i tuoi genitori sono fuori?”

“No, ma staranno già dormendo, la luce del salotto è spenta” dissi indicando la finestra buia.

“Sei sicura?” chiese Neal. Evidentemente la prospettiva di farsi trovare in casa mia dai miei genitori quasi a mezzanotte non lo allettava per niente.

“Ti ricordi dov’è camera mia, giusto?” Neal annuì e proseguii: “Vai subito su senza fare rumore, io vado in cucina, prendo del ghiaccio e ti raggiungo”

“Va bene” accettò infine.

“Mi raccomando, in silenzio” ribadii.

“Non ti preoccupare, penso di esserne in grado” disse ammiccando.

Non perdeva la sua spavalderia neanche dopo essere stato preso a pugni.

Procedemmo come deciso, e cinque minuti dopo lo raggiunsi in camera con una busta del ghiaccio.

“Grazie” disse prendendola.

Io andai un attimo in bagno e mi lavai il viso. Mi ero davvero presa uno spavento quella sera.

“Tutto ok?” mi chiese Neal quando tornai in camera.

“Rimani qui sta notte” dissi. Non volevo che se ne andasse. Ero ancora piuttosto sconvolta.

Mi guardò negli occhi per qualche secondo, riflettendo.

“Ok” disse infine.

Ci sdraiammo sul letto e Neal mi avvolse in un abbraccio e dopo quella serata mi sentii veramente protetta.

Mi addormentai in pochi secondi, tra le braccia del mio ragazzo, libera da ogni pensiero.

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Capitolo 15
*** Capitolo Quattordici. ***


La sveglia suonò.
Ma dopo poco più di un secondo, prima ancora che mi fossi svegliata completamente, si spense.
Qualcuno mi posò un bacio sulla guancia.
“Ehi” salutai Neal facendogli una carezza sul viso.
“Ehi” mi salutò a sua volta.
Ripensai agli eventi della sera prima e sentii le forze che mi abbandonavano. Non ce la facevo ad affrontare un’altra interminabile giornata.
“Come stai?” chiesi a Neal passandogli un dito sul labbro inferiore, dove il taglio della sera precedente aveva appena cominciato a rimarginarsi.
“Un po’ indolenzito, ma sto bene. Tu?”
“Bene” sospirai, non troppo convinta, e mi accoccolai più vicina a lui per riuscire abbracciarlo.
“Che c’è?” mi chiese Neal.
“Rimaniamo qui per sempre”
Lui rise, “Mi piacerebbe”.
Rimanemmo lì un paio di minuti, poi Neal disse: “Liz, dobbiamo andare”
“No” ribattei.
“Temo di si” disse sciogliendo l’abbraccio.
“Mi sa che non vado oggi a scuola”
“Come vuoi” disse lui dopo un attimo. Mi diede un altro bacio sulla guancia e fece per alzarsi.
Lo fermai prendendolo leggermente per un braccio, lo costrinsi a sdraiarsi di nuovo e lo baciai.
“Rimani qui anche tu” dissi fissandolo negli occhi.
“Non posso. Devo andare al lavoro”
“Possono fare a meno di te per un giorno”
“Io non credo” disse dandomi un leggero bacio.
“Dì che stai male” dissi con gli occhi supplicanti.
“Non fare quella faccia” sorrise – “Non posso”
“Quale faccia?” chiesi con fare innocente, ma mantenni lo stesso sguardo.
“Sai una cosa? Va bene” esclamò Neal.
“Davvero?” mi sorpresi.
“Sì” sorrise.
Sorrisi a mia volta e lo baciai di nuovo.
 
Allungò un braccio a prendere il cellulare che aveva appoggiato sul comodino e compose un numero.
“Ehi, Peter” disse.
Mi ricordavo di Peter. L’avevo incontrato fuori da scuola quando c’era stato quel ritrovamento.
“Non sto per niente bene oggi, potete fare a meno di me per un giorno?”. Una pausa. “Certo, chiama pure quando vuoi, ciao”. Chiuse la chiamata.
“Avrò saltato si e no due giorni da quando lavoro all’FBI, poi arrivi tu e mi fai inventare una malattia per stare a casa. Hai una cattiva influenza su di me” mi disse.
“Oh, certo, sono io che influenzo te. Continua a illuderti” sorrisi.
 
Rimanemmo nel letto per un po’ di tempo, crogiolandoci nel calore e nella sensazione di benessere di quando ci si è appena svegliati.
 
“Come ha fatto Jack a sapere che saremmo stati assieme ieri sera?” chiese ad un certo punto Neal.
Mi passai una mano sul viso, “Lo sapeva perché gliel’ho detto io” dissi.
“Cosa?”
Sospirai. “Ieri sono andata da lui, sai, per fare pace. E avevamo deciso che avremmo fatto come se quella sera là non ci fosse stata. Poi tu hai chiamato, chiedendomi di uscire la sera, e io, non so, gliel’ho detto”
Neal mi guardò incredulo.
“Mi ha chiesto cosa mi avevi detto, e eravamo appena tornati amici, perché non avrei dovuto dirglielo?”
“Sai, non devi mai credere a una persona quando dice che ‘ci è passata sopra’”
“Pensavo che avrebbe potuto farlo. E invece ho fatto un casino come al solito”
“Ehi, non dire così. Non è successo niente, ok?” tentò di rassicurarmi.
“Vuoi dire che non sei arrabbiato?”
“No, figurati” sorrise – “Che altro gli hai detto?” aggiunse dopo un attimo.
Riflettei, cercando di ricordare la conversazione. “Niente. Perché?”
“Bhè, lui era così arrabbiato perché pensava che noi..insomma..andassimo a letto insieme” disse.
“Cosa?” esclamai.
“Me l’ha detto mentre tu sei andata a chiamare quei due ragazzi..”
“E tu che gli hai detto?”
“Che non era vero. Ma ovviamente non ci ha creduto”
“Non so, io non gli ho detto nient..” mi interruppi per un istante. “Non ci credo. Io lo uccido, giuro che lo uccido.”
“ChI?”
“Billie. Billie. Figurati se poteva tenere la bocca chiusa una cazzo di volta”
“Ehi, dai, calmati, di chi stai parlando?”
“Billie è il mio migliore amico. Era con me quando sono tornata da Jack. Era lui che ci ha trovato..sai, qui da me l’altra sera. E l’avrà detto a Jack, perché non l’aveva già detto ad abbastanza persone”
Presi il telefono e composi il suo numero.
“Che fai?” mi chiese Neal, che era rimasto spiazzato dalla mia sfuriata contro Billie.
“Lo chiamo!” esclamai.
“Dai, lascia perdere”
“No, è colpa sua se è successa quella cosa ieri sera, se Jack ti ha preso a pugni..”
Neal mi prese il telefono, poi mi accarezzò il viso – “Lascia perdere, ok?”
“Non voglio lasciar perdere, dammi il telefono”
“Dai, in fondo il tuo amico non ha fatto niente, parlagli quando ti darai calmata un po’”
Piantai i miei occhi nei suoi, “Sono calma, dammi il telefono”
Neal rise – “Te l’ho già detto che si vede quando menti, vero?” – poi cercò di darmi un bacio, ma mi allontanai, “Vaffanculo, Neal, dammi il telefono!” esclamai.
Lui fece una smorfia quando lo mandai a quel paese e appoggiò il telefono fuori dalla mia portata.
“Abbiamo una giornata tutta per noi e tu vuoi passarla a discutere di questo?”
“Sì!” esclamai cercando di allungarmi sopra di lui per raggiungere il cellulare, ma Neal mi fermò e di mise sopra di me, impedendomi di muovermi. Mi diede un bacio – “Davvero?” chiese.
Questa volta non risposi. Neal mi baciò di nuovo.
“Ok, questo è decisamente meglio” ammisi.
“Lo so” sorrise.
 
**
 
Rimanemmo insieme tutta la mattina.
Eravamo in cucina verso le undici quando suonò il campanello.
“Aspettavi qualcuno?” chiese Neal.
“No, decisamente no” risposi. Perché avrei dovuto aspettare qualcuno alle undici di mattina quando avrei dovuto essere a scuola? – “I miei genitori non sono di sicuro, i miei amici sono tutti a scuola..”riflettei ad alta voce mentre andavo a guardare dallo spioncino.
“No, non sono tutti a scuola” mi corressi, e aprii la porta ad Alice.
“Perché non rispondevi alle chiamate mie e di Julia..?” chiese entrando, ma si interruppe vedendo Neal. “Oh.” disse.
Seguì un silenzio imbarazzato, durante il quale Alice spostava lo sguardo da me a Neal, chiaramente indecisa su cosa fare.
“Ehm, sì, lei è Alice..” accennai a Neal, che mi guardava perplesso.
“Oh, piacere!” esclamò Neal prendendo in mano la situazione e avvicinandosi a Alice per stringerle la mano.
“Ehm, ciao, Alice” si presentò e ricambiò la stretta – “Sono un’amica di Liz”
“Ah, sì, io sono Neal. Non so se Liz ti ha detto..?” disse gettandomi un’occhiata interrogativa, evidentemente indeciso su come definire il nostro rapporto.
“Oh, sì, lo sa” gli assicurai.
“Bhè, io andrei, mi dispiace se vi ho interrotto..” disse Alice cercando di evitare che quella situazione imbarazzante procedesse oltre, e intanto passava ancora lo sguardo da me, in pigiama, e Neal, a cui avevo dato un paio di pantaloni della tuta di mio padre e una maglietta.
“Se dovete parlare io posso andare” propose Neal.
“No, assolutamente, non c’è problema. Liz, ti avevo chiamato sul cellulare ma non hai risposto, se l’avessi saputo non sarei venuta” disse Alice.
“Eh sì, qualcuno mi ha sequestrato il telefono” dissi in direzione di Neal, che si limitò a fare uno dei suoi soliti sorrisi.
“Bene, vado”
“Ti chiamo in giornata, ciao” la salutai chiudendo la porta, dopodiché scoppiai a ridere come un idiota.
Anche Neal rise.
“E’ stata una delle figure di merda più grandi della mia vita” decretai.
“Non è stata un gran che, in effetti” concordò Neal.
“Dai, andiamo a vestirci che poi usciamo per pranzo” dissi.
“Senti, ma da voi a scuola non ci va nessuno?” chiese Neal, divertito.
“Mmm” storsi la bocca “quando abbiamo voglia” risi.
“Si deve ancora portare una giustificazione per le assenze?”
“Sì”
“Ah, che bei tempi. Mi divertivo troppo a falsificare le firme dei miei genitori”
“Immagino” risi.
“E tu come fai?”
“La so fare la firma dei miei genitori, non c’è bisogno di essere Neal Caffrey per questo”
Lui ammiccò, sorridendo.
 
Uscimmo a mangiare, al nostro solito ristorante a Midtown.
Durante il pranzo a Neal suonò il telefono. Guardò il display. “E’ Peter” disse prima di rispondere.
“Ehi, Peter, dimmi” – “Ehm, sì, probabilmente ero solo un po’ stanco, sono uscito a pranzo, sarei venuto in ufficio tra poco” – “Ok, tra mezz’ora, ciao” chiuse la chiamata.
“Che è successo?” chiesi.
“E’ passato a casa mia e ha visto che non c’ero” disse Neal con disappunto – “Devo andare in ufficio”
“Ah, va bene”
“Mi dispiace, abbiamo proprio scelto il giorno sbagliato. Te l’avevo detto che c’era quel caso che ci tiene occupati da un po’, no? Bhè, lo stiamo chiudendo”
“Oh, bene! Non ti preoccupare, vai pure”
“Comunque non mi sono dimenticato di quel week end che ti avevo promesso” sorrise.
“Va bene, aspetterò quel week end” sorrisi a mia volta.
“Che cosa farai oggi?” chiese.
“Mmm, vado a prendere a pugni Jack, torno indietro, prendo a pugni Billie e intanto cerco di evitare le chiamate delle mie amiche, che inizieranno tra massimo un paio d’ore” elencai.
Neal rise, “Magari limitati solo all’ultima”.
“Non crederai davvero che lasci cadere questa storia, vero?”
“Non devi prenderla troppo sul serio. Jack è solo un ragazzino geloso, lascialo perdere”
“Sì, ma quel ragazzino ti ha preso a pugni, e questo non mi sta bene”
“Liz. Guardami. Sto bene. Sto bene, ok? Non possiamo semplicemente..passare sopra a questa storia? Continuare come se due sere, due sere, da quando ci conosciamo, non ci siano mai state?”
Riflettei un istante.
“E’ davvero questo che vuoi?” chiesi.
“Sì” rispose con decisione.
“Va bene, allora. Non andrò da Jack” accettai.
“Ok” sorrise – “Adesso devo andare, ci sentiamo presto”
“Ok..”
Mi baciò e lo guardai allontanarsi. Forse potevo davvero dimenticarmi di tutto ciò che era successo.
 
 
Nota dell’autrice: Salve a tutti :) forse dovrei nominare questo capitolo “Noia del secolo”, visto che non succede quasi niente, ma vi prometto che il prossimo sarà migliore  :D *occhi supplicanti di perdono*
Come sempre ringrazio recensori e lettori e, bhè, alla prossima! 

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