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di Itilis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Sonno ***
Capitolo 3: *** Pensieri e Champagne ***
Capitolo 4: *** Occhi di vetro ***
Capitolo 5: *** Udienza sospesa ***
Capitolo 6: *** Un fiore nel deserto ***
Capitolo 7: *** Tecnologia ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

- Signor Walke, si rende conto che stiamo parlando di un minore si? Deve essere affidato a chi e' in grado di prendersi cura di lui-
- Signor giudice, io sono perfettamente in grado di...-
- Io non credo. Abbiamo a che fare con una situazione delicata... Il ragazzo e' un genio, e deve crescere in un ambiente adatto a lui-
-Appunto! Io ho il denaro e i mezzi per dargli tutto ciò che vuole, tutto ciò che lo può valorizzare!-
- Vede? E' questo suo atteggiamento che....-
- Quale atteggiamento?! Ma lei sa chi sono io!? Non ha il diritto di....-

La discussione in questione di stava svolgendo al ventesimo piano di un enorme palazzo in vetro, in una delle aule del Tribunale dei Minori di Chicago. Eveline Carter, 22 anni appena compiuti e tirocinante avvocato, guardo' scocciata l'ora sul suo cellulare di ultima generazione: erano li da tutta la mattina, era quasi ora di pranzo e non avevano concluso niente. Odiava la sezione minori, era sempre stata una frana con i bambini, ma era necessario acquisire esperienza anche in quel settore per poter passare all'esame successivo e fare quello che le piaceva davvero: avvocato divorzista, ecco quello per cui studiava. Non sapeva neppure lei il motivo di questa sua fissa, ma poco importava: era quello che voleva diventare. "Ovviamente non c'entra nulla il fatto che Neil ti abbia mollata sull'altare... Nessun rancore per gli uomini, assolutamente...." disse una vocina cattiva nella sua mente, ma la ragazza la scaccio' via subito. Si passo' una mano tra i lunghi capelli castani e mesciati di biondo, sbuffando: per fortuna il termine del tirocinio era fra tre settimane. Tra l'altro non ci aveva capito molto in quel caso per cui il suo capo si batteva tanto: loro erano gli avvocati del minore, in contatto con i servizi sociali, ma non aveva mai visto il suo cliente. Quanto a quel tizio, il signor Walke Gremt, era una persona odiosa: milionario diventato tale probabilmente in modo per nulla legale, altezzoso e dallo sguardo gelido.  Non era parente del ragazzo, ne conoscente: semplicemente lo aveva adocchiato per le sue incredibili capacita' intellettive e, una volta scoperto che era orfano aveva deciso che lo voleva per se.
Eveline sospiro', cosa che non sfuggi al suo capo:
- Signorina Carter, tutto bene?-
- Si, si... Solo...-
- Solo?-
La ragazza si protrasse in avanti per non farsi sentire dai curiosi e domando' - Solo che non capisco: perché si sta dando così da fare per questo caso? E' evidente che l'avrà vinta Walke; quelli come lui ottengono sempre quello che vogliono-
Il suo capo era avvocato da parecchi anni ormai, così inarco' un sopracciglio bianco e sorrise - Certo che se ragioni così e' ovvio che non vinceremo. Lo faccio per i soldi ovviamente-
Eveline per un momento ci credette, poi ribatte' - Non mi dica bugie, sono seria: lei non e' quel tipo di persona-. L'uomo, tale Dottor Roop, sorrise sotto i baffi ormai ingrigiti dai suoi 60 anni suonati - Per un attimo credevo di averti fregata. Vuoi sapere perché lo faccio? Secondo te?-
- Non saprei... Perché c'è di mezzo un bambino?-
- Eveline! Questo e' un tribunale minorile! Nei miei casi c'è sempre di mezzo un bambino... Qualcosa di un po più preciso?-
- Perché e' un genio?-
In quel momento il martello del giudice segno' l'inizio della pausa pranzo, rimandando l'udienza nel pomeriggio. Mentre raccoglievano le carte il dottor Roop rispose
 - Esatto. Perché e' un genio-
La ragazza rimase di sasso e non parlo' fino a quando non furono seduti al ristorante.
- Mi faccia capire dottor Roop- comincio' - Se e' un genio ci si fa in quattro mentre se e' un ragazzino normale chi se ne frega??-
- Ah Eveline, Eveline... Sei sempre così precipitosa... Non ho detto questo. Ogni cliente, ogni bambino e' importante. Per ciascuno io metto in gioco tutto me stesso, al contrario di qualcun altro...-.
Eveline ignoro' la frecciatina chiaramente riferita al suo scarso impegno in quel caso, e continuo' - E allora mi spieghi lei, perché io davvero non riesco a capire-. L'uomo finì tranquillamente di bere il bicchiere di vino, poi rispose - Ogni bambino e' speciale e merita il meglio, merita qualcuno che lo ami e che voglia solo il suo bene. Per i bambini come il nostro cliente la faccenda e' un po più complicata: bambini così rischiano di venire accerchiati da persone che guardano solo ai propri interessi. Avvoltoi, che mirano esclusivamente al tornaconto personale e che indirizzerebbero la sua genialità dalla parte sbagliata. Capisci che intendo?-. La ragazza annuì mentre l'uomo concludeva - E' fondamentale che questo bambino trovi qualcuno che lo ama davvero e non per la sua intelligenza: solo così potrà mettere a frutto le sue capacita'. Per questo Walke non deve per nessun motivo ottenere l'affidamento, ed e' compito nostro impedire che ciò accada-.
La giovane tirocinante era colpita
- Mi stupisce dottore, non la facevo così profondo-
- Non e' questione di essere profondi o meno: e' fare bene il proprio lavoro, e conoscere in primo luogo le persone per cui lavori. Dopo va' ai servizi sociali, la continuo da solo l'udienza: incontralo quel ragazzo, capirai il perché mi sta così a cuore questo lavoro-. La ragazza non era entusiasta all'idea di un faccia a faccia con il ragazzino, era davvero una frana coi bambini, ma era sempre meglio che altre ore seduta in aula. Così, volente o nolente, un'ora dopo era nel corridoio dei servizi sociali. Ad accoglierla, una donna molto robusta sulla quarantina - Buongiorno signorina, l'avvocato Roop aveva avvisato che sarebbe passata. Io sono Alice, mi occupo del dormitorio temporaneo. Prego, il ragazzo e' di la-. Titubante, mentre salivano al piano di sopra, Eveline domando' - Che tipo e'?-
- Mi scusi?-
- Il ragazzo... Che tipo e'?-
- E' una domanda strana, signorina. Perché lo vuole sapere se sta per incontrarlo?-
- Non sono molto brava con i bambini, figuriamoci con gli adolescenti... Volevo solo sapere-.
La donna si lascio' scappare una risata - Non si preoccupi, e' un bravo ragazzo. Solo e' un po stranino, ma come tutti i geni no? Eccoci siamo arrivati, questa e' camera sua. Sarò nei paraggi se avrà bisogno di me-
- La ringrazio- sospiro' la ragazza entrando.
La camera non era nulla di eccezionale, ma aveva una grande finestra,  e proprio li davanti vi era un ragazzo. Non poteva avere più di tredici anni, capelli spettinati e castani, come gli occhi. Era un bel ragazzo, ma aveva uno sguardo freddo e imperscrutabile, in modo quasi innaturale. Si volto' all'ingresso dell'estranea squadrandola da capo a piedi.
- Ehm, ciao...- azzardo' la ragazza senza ottenere reazione, così prosegui' - Io sono Eveline Carter-. Finalmente il ragazzo parlo' - Cosa vuole? E' una giornalista? Ne ho abbastanza di domande per oggi-
- Cosa? No... No no no... Io sono un avvocato, sono qui per conoscerti. Come ti chiami?-
- Avvocato? Cosa vuole un avvocato da me?-
- Be' in realtà non sono proprio avvocato... Sono una tirocinante... Nello studio del tuo avvocato... Cioè tecnicamente anche io sono il tuo avvocato-.
Con una risatina il ragazzo la rimprovero' - Sei il mio avvocato e non sai il mio nome? Sono messo bene...-. Calo' un silenzio imbarazzante, poi il giovane cliente le tese la mano - Comunque piacere Eveline, io sono Jeffrey-
- Piacere- restituì sorridendo l'avvocato. Rimase impressionata dagli occhi di quel ragazzo: anche se sorrideva rimaneva impassibile, la stava studiando ne era certa.
- Allora Jeffrey, come ti trovi qui?-
ma si fermo' vedendo il ragazzo ridere di gusto - Che c'e? -
- Come ti trovi qui? Mica e' una vacanza... Sto uno schifo se vuoi saperlo... Non fraintendermi, qui sono tutti gentilissimi con me, ma preferirei starmene nel mio letto con la certezza che quel... Il signor Walke non possa vincere, mi capisci?-
- Si, hai ragione scusa e' stata una domanda idiota... Dimmi tu lo conoscevi già Walke prima di questa storia? -
- Come tutti, in tv o in internet e' pieno di roba su di lui... Ma se intendi personalmente, no -
- E quando vi siete incontrati? -
- L'ho già detto un milione di volte- replico' scocciato Jeffrey
- Si, ma non a me - sorrise lei. Il ragazzo inarco' un sopracciglio squadrandola.
- Sei strana Eveline Carter. Non riesco a categorizzarti -
- Cosa e' che non riesci a fare?! -
- In genere le persone si suddividono in categorie: l'isterico, il razionale, il sincero , l'indeciso.... Ma tu... Tu sei difficile da collocare -
- Oh... Ed e'...  E' una cosa buona? -
- Dipende... Da quel poco che ho potuto vedere tu devi avere una personalità molto controversa... Del tipo una di quelle persone che sono indecise ma sanno quello che vogliono, che non si sentono all'altezza ma poi spaccano il mondo... Le tipiche persone che si ritrovano a parlare da sole facendo discorsi filosofici o che addirittura sentono voci nella testa che suggeriscono cose...-.
Eveline era immobile, in silenzio: era il suo ritratto. - Sciocchezze, non sono una pazza come mi hai descritto -
- Non ti ho mica detto che sei una pazza. Se lo eri te lo avrei detto: no, tu mi piaci. Sembri una brava persona, solo che non capisco una cosa-
- Cosa?-
- Come mai sei così diffidente nei rapporti con le persone? -
- E tu che ne sai? Non mi conosci, e finiscila di atteggiartela da uno che la sa lunga. Sono qui per lavoro, e se hai intenzione di continuare a analizzarmi me ne vado senza pensarci due volte-.
Jeffrey nascose un sorriso: come volevasi dimostrare. - Hai ragione, scusami. Non lo faro' più. Dunque, sei venuta per conoscermi e ora mi conosci. Quali sono le tue conclusioni? - .
Eveline decise di ripagarlo con la stessa moneta - Direi che sei un tipo strano. Non sei male, ma te la atteggi un po troppo. Questo ovviamente non vuol dire che tu non mi piaccia - concluse sperando di non avere esagerato: dopotutto era poco più di un bambino, anche se risultava difficile considerarlo tale visto il suo modo adulto di affrontare le cose. Jeffrey sorrise - Be' come inizio può andare. Almeno tu non mi consideri solo un "bimbo prodigio" come tutti -.
La ragazza si ricordo' immediatamente di ciò che le aveva detto il suo capo e scatto' in piedi
- Scusami Jeffrey ma adesso devo andare: ho una causa di affidamento da vincere -. Usci' di corsa dell'edificio: era tardi e l'udienza era certamente finita. Il giorno seguente si sarebbe svolta quella definitiva e voleva contribuire.
Non poteva certo immaginare quello che l'aspettava dall'altra parte del portone dello studio. Senti' un vociare concitato, e trovo' la porta spalancata. Entro' titubante: ci mise un po per rendersi conto di ciò che era successo.
- Uomo, una cinquantina d'anni. Motivo del decesso  i due colpi d'arma da fuoco in testa: chi lo ha colpito voleva essere certo che fosse morto. Il suo nome e'....- stava dicendo un uomo, ma una voce di donna lacero' il discorso.
- Dottor Roop!!! O mio dio no.... - urlo' Eveline terrorizzata alla vista del cadavere del suo capo, a terra in una pozza di sangue.
- Esatto. Mi scusi signorina, lei e'? - domando' schietto il poliziotto
- Cosa e' successo? Chi...-
- Desolato ma non posso dare queste informazioni se prima non so chi e' lei-.
La ragazza cerco' di ricomporsi con scarso successo - Mi... Mi scusi... Eveline Carter, tirocinante avvocato qui dal dottor Roop... Mio dio come e' potuto accadere?-
- Non lo sappiamo ancora. Oggi era in aula quindi devono averlo ucciso da un ora al massimo. Ci hanno avvertito quelli del piano di sotto insospettiti dagli spari. Lei ha qualche idea su chi potrebbe essere stato?- chiese l'uomo, il comandante Pier, aggiungendo
- Sta ascoltando agente Nefflet? E' così che si indaga-. Un poliziotto, avrà avuto 25 anni, si volto' - Ma certo che si signor comandante, signore...- sorrise falsamente per poi tramutare il sorriso in smorfia non appena il suo capo si volto'. Eveline sorrise: sembrava un tipo simpatico. Tuttavia i recenti avvenimenti  la riportarono imperterriti  alla triste realtà: il suo capo era stato assassinato, e oltretutto l'indomani doveva svolgersi l'udienza conclusiva. "Devi prendere in mano la situazione" le disse una vocina nella sua testa, ma Eveline era estremamente dubbiosa: non era in grado di sostenere un caso così... Si, meglio affidarlo a qualche altro avvocato più esperto. Peccato fosse ormai tardi, e avesse poco più di una decina di ore per trovare un altro avvocato in gamba e abbastanza sfrontato da tener testa a un milionario. Mentre era così persa nei suoi pensieri uno squillo di cellulare risuono' nello studio.
- Ehi signorina? E' il suo- disse l'uomo accanto a lei.
- Oh... Si, certamente... Pronto?- ribatte' prontamente la giovane donna rispondendo.
- Pronto? Signorina Carter?-
-Si sono io, chi parla?-
La risata lugubre dell'uomo dall'altra parte della cornetta la fece rabbrividire.
- Allora, Eveline... Ti e' piaciuta la piccola sorpresa in ufficio?-
-Chi parla? Pronto?- comincio' a balbettare affannosamente la ragazza.
-Si, vedo che ti e' piaciuta... E pensa che e' solo l'inizio... A proposito... Hai salutato il tuo amico Jeffrey? Dai, magari nella prossima telefonata te lo faccio salutare io...-
La comunicazione si tronco' li, ma Eveline rimase immobile per parecchi secondi, terrorizzata.
- Ehi signorina tutto bene? Chi era?- domando' il poliziotto. Anche l'inesperto agente Nefflet si fermo' di fotografare il cadavere fissando la donna.  Eveline alzo' lo sguardo scioccata:
-Credo... Fosse l'assassino-. 

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Capitolo 2
*** Sonno ***



Palpebre pesanti e gambe molli: questa era l'ultima cosa che Jeffrey ricordava. Si guardo' attorno strizzando gli occhi e cercando di capire qualcosa in tutto quel buio. Dove cavolo era?? Aveva un gran male alle spalle e cerco' di stiracchiarsi, ma qualcosa gli bloccava i polsi: manette?? All'improvviso si ricordo': quell'avvocato, Eveline se non si sbagliava, dopo che era andata via si era fermata a scambiare due parole con Alice. E poi? Cos'era successo? Quell'uomo... Era stato silenziosissimo... Quando era entrato nella stanza se fino a pochi minuti prima c'era la donna con Jeffrey? Non lo aveva visto in volto, non aveva fatto in tempo... Lo aveva addormentato, sicuramente usando una di quelle sostanze soporifere... Poi il buio.
"Ok Jeffrey niente panico... Ti hanno solo rapito... Probabilmente vogliono chiedere un riscatto a Gremt... Gli servi vivo, non ti faranno fuori..." penso' il tredicenne cercando di auto convincersi. Poi senti' una voce provenire dalla stanza accanto: uomo, a giudicare dall'accento sicuramente del nord Europa. Parlava al telefono probabilmente, perché non vi era una seconda voce a rispondere.
-... Allora, Eveline... Ti e' piaciuta la piccola sorpresa in ufficio?- stava ridacchiando malignamente il rapitore.
"Eveline? L'avvocato di oggi? Cosa c'entra lei?" penso' affannosamente Jeffrey.
-Si, vedo che ti e' piaciuta... E pensa che e' solo l'inizio... A proposito... Hai salutato il tuo amico Jeffrey? Dai, magari nella prossima telefonata te lo faccio salutare io...- concluse l'uomo chiudendo la chiamata.
"Accidenti... Non ci capisco un bel niente" si lamento' il ragazzino. Ora i suoi occhi ci vedevano decisamente meglio al buio: pareva si trovasse in una fabbrica abbandonata, o forse un vecchio magazzino. Un posto fatiscente comunque, e probabilmente vicino a una stazione ferroviaria: era già la seconda volta che sentiva quel suono stridente, ed era quasi certo di trattasse di un treno. L'importante era non perdere la calma, si ripete' il giovane genio, altrimenti non se la sarebbe cavata più; in casi come quello e' fondamentale mantenere il controllo.   E Jeffrey era un'esperto di situazioni critiche: non era la prima volta che si cacciava nei guai a causa del suo cervello... Erano passati solo cinque anni da quando lui e alcuni amici erano stati braccati da alcuni scienziati russi a quello che doveva essere un tranquillo campeggio estivo.
"Non c'e che dire... E' davvero pericoloso frequentarmi" sospiro' Jeffrey. Senti' dei passi avvicinarsi: probabilmente il rapitore veniva a controllare se era sveglio. Non appena la porta si apri', la troppa luce lo acceco' temporaneamente impedendogli nuovamente di vedere il volto dell'uomo.
- Vedo che il nostro piccolo genio si e' svegliato. Fatto un buon sonno?-. Non ottenendo alcuna risposta l'uomo si chino' leggermente in avanti, per guardare negli occhi il ragazzo legato al palo e permettendo a Jeffrey di vederne il volto finalmente. Come immaginava doveva venire dalla Polonia o quei posti li, volto scavato e pallido, sigaretta in bocca e pistola nella cintura.
- Oh giusto che maleducato! Non mi sono neppure presentato! Ma dove sono finite le buone maniere al giorno d'oggi dico io... Piacere, io sono Garret Sims- rispose l'uomo fumando proprio in faccia al ragazzo.
-Perché mi dici il tuo nome?- domando' tossendo Jeffrey.
- Buona educazione ovviamente-
-Non sono un esperto del mestiere, ma non e' rischioso rivelare il tuo nome? Ammesso che sia quello vero in effetti.. O che tu abbia intenzione di uccidermi e quindi non temi che possa rivelarlo-
- Sei simpatico ragazzo. Non ho intenzione di ucciderti, se collabori ovviamente. E si, quello e' uno dei miei veri nomi-
-E la fregatura quindi sta?-
- Nessuna fregatura. Io ho tanti nomi, e nessun vero nome. Io non esisto: la mia famiglia fa questo mestiere da secoli e io non sono mai stato registrato.  Per lo stato non sono mai nato e non ho neppure un vero nome: di solito me li invento al momento. Come avrai capito, sono abbastanza difficile da rintracciare- spiego' soddisfatto Sims.
-Senti, non so per chi lavori ma se pensate di chiedere un riscatto a Gremt avete fatto male i vostri conti. Quelli non sborserà un centesimo per me- rispose cupo il ragazzino. Con la stessa risata di poco prima, l'uomo disse
-Oh, li sborserà invece, e tanti. Ma non nel modo e per il motivo che credi tu ragazzino. E ora mi sono stufato di parlare: torno di la e tu fa il bravo o mi toccherà addormentarti di nuovo-. Si chiuse la porta alle spalle lasciando Jeffrey ancora al buio a pensare.
"Se non vogliono un riscatto cosa chiedono a Walke? Che c'entra quella Eveline in tutto questo? Cosa vogliono da me? Cavoli, mi sa che stavolta sono davvero nei guai...." deglutì il giovane genio, pensando che era il caso di trovare un modo per fuggire. E in fretta anche.

                       

-Tutto bene? Se e' stanca possiamo sospendere...- chiese il poliziotto fermandosi di scrivere.
-No no, tutto bene. Solo, se fosse possibile abbassare un po la luce perché mi fanno un po male gli occhi-
-Così?-
-Si, perfetto grazie-
-D'accordo allora ricapitoliamo signorina Eveline. Lei nel pomeriggio si e' recata da Jeffrey ai servizi sociali, ha parlato con lui e ha lasciato l'edificio alle ore sei. Il ragazzo era in camera sua quando se ne e' andata, mi corregga se sbaglio-
- Tutto corretto finora- rispose Eveline massaggiandosi le tempie. Quella lampadina della stanza degli interrogatori era davvero fastidiosa.
Il comandante Pier continuo'
- Lei e' tornata in ufficio dove ha trovato noi e il suo capo, dottor Roop, che era stato assassinato nel pomeriggio. Poco dopo ha ricevuto una telefonata sul suo cellulare da un numero sconosciuto. Chi parlava sapeva dell'accaduto: che tipo le sembrava?-
- Poteva essere russo... Aveva un accento tipo quello li... Uomo, e sicuramente non molto vecchio-
-Non ha camuffato la voce?-
-Non mi pare proprio-
-Mossa azzardata. O questo e' un principiante, o e' un pazzo... O sa esattamente quel che fa-
-Speriamo sia un pazzo allora...- intervenne l'agente Nefflet, spuntando dal nulla - Perché se e' un principiante si farà prendere dal panico, se sa quel che fa mi sa che ci darà parecchio filo da torcere... I pazzi bene o male seguono un loro schema mentale.. Assurdo, certo,  ma facilmente individuabile da un esperto-.
Come ragionamento non faceva una piega, sorrise Eveline: doveva essere in gamba quel poliziotto, un po stranino, ma in gamba. Peccato che fosse l'unica a pensarla così.
-Matthew Nefflet, la finiamo di dire fesserie? Qui stiamo cercando di lavorare- borbotto' il comandante. Il ragazzo si zitti, ma non usci' dalla stanza, cosa che Eveline apprezzo' molto. Era una presenza decisamente più piacevole di quella del comandante Pier.
-Quindi, quest'uomo le ha parlato dell'omicidio e anche del rapimento-
-Esatto. Si capisce chiaramente che il ragazzo e' con lui, perché mi ha detto che me lo avrebbe fatto salutare la prossima volta-
-E sul luogo del rapimento nessuna traccia di lotta o effrazione... Ci sara' da lavorare parecchio- sospiro' il comandante concludendo - La ringrazio signorina, resti a disposizione. Agente Nefflet la accompagni fuori-
-Arrivederci comandante- rispose la ragazza. Mentre gli apriva la porta, il giovane poliziotto sorrise a Eveline
-Buona fortuna per l'udienza..-
-Grazie... Non e' che lei conosce un bravo avvocato che possa aiutarmi vero?- restituì il sorriso la ragazza
-Mmm... In effetti uno lo conosco... Che ore sono? Nove e mezza... Si, dovrebbere essere a casa... Se mi aspetta dieci minuti la porto da lui- esclamo' Matthew. Eveline non credeva alle sue orecchie, e annui'.
L'aria era davvero fredda quella sera, e Matthew ed Eveline erano praticamente gli unici che camminavano lungo la strada a quell'ora.
-La ringrazio agente...-
-Matt-
-Scusi?-
-Chiamami Matt, dammi pure del tu-
-Ah ok... Be', ti ringrazio Matt. Mi stai salvando la vita... Io sto ancora imparando questo mestiere e non sono in grado di vincere una causa così difficile... E poi... Nessuno mi darebbe ascolto-
-Ti capisco, capita sempre anche a me. Sono il più giovane del distretto, e difficilmente prendono seriamente le cose che dico. Eccoci siamo arrivati...-.
Si erano fermati davanti ad un grosso portone in legno massiccio, con intarsi e decorazioni molto elaborati: una grossa targa dorata recava la scritta "Avv. Dott. Robert Nefflet".
-Ma...-
-Si, e' mio padre. Vedrai e' in gamba: e' uno degli avvocati più importanti qui in città-  sorrise Matt. I due ragazzi varcarono la soglia e salirono le scale entrando nello studio: era arredato davvero con buon gusto.
-Papa'? Dove sei? C'è una persona che ha bisogno del tuo aiuto-. Nessuna risposta.
-Strano, lui a quest'ora non esce mai di casa... - mugugno' dubbioso il poliziotto. Eveline sbadiglio'
- E dove può essere andato?-
-Provo a chiamarlo...-.
Ma neppure al cellulare rispose. Matt sbadiglio' scocciato, poi si blocco'
-Eveline... Tu hai sbadigliato?-
-Si e allora? Mi e' venuto un gran sonno-. Secondo sbadiglio.
- Anche a me... Non e' strano? Così, di botto?-
-Matt mi stai spaventando-
-Cosa e' questo odore?-
-Sembra... Gas...-
- Oh cavoli... Eveline, corri!!!-.
 I due cercarono di correre via ma, neppure due secondi dopo il gas raggiunse i contatti elettrici. Lo studio esplose, scaraventando Matt ed Eveline fuori dalla finestra, mentre l'edificio veniva velocemente divorato dalle fiamme.

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Capitolo 3
*** Pensieri e Champagne ***


Ciao a tutti ^_^ mi scuso se questo capitolo è un po' corto rispetto ai precedenti, ma procedendo con la storia saranno più lunghi, promesso :) grazie mille a chi segue e recensisce la mia storia, ma grazie anche solo a chi le da una lettura veloce :) detto questo vi lascio al nuovo capitolo ^_^




La strada era deserta e silenziosa. L'uomo scappava disperato: non voleva lasciarci la pelle!! Ma il suo inseguitore era decisamente più veloce, tanto che non appena lo raggiunse non ebbe la minima pietà di lui. Carico' la pistola e...

-Odio questi film. Sono troppo scontati...- sbuffo' scocciato un uomo sulla quarantina spegnendo la tv e guardando fuori dall'enorme finestra della sua villa.
-Molier! Che fine hai fatto? Non ti pago per farti i fatti tuoi! Non vedi che lo champagne qui e' finito?!- sbraito' l'uomo gettando a terra la bottiglia ormai vuota e mandandola in frantumi.
-Si signor Gremt, signore. Ha ragione signore non succederà più mi spiace- parlo' tutto d'un fiato un ragazzo, che non doveva avere più di vent'anni, cercando di raccogliere i cocci.
-Oh puoi scommetterci che non accadrà più, infatti sei licenziato- sibilo' Walke Gremt, chiamando il capo cameriere -Dillon!! Porta via questo incompetente e dai una ripulita! Ed e' finito lo champagne! Possibile che qua devo fare tutto io?!-.
Il povero Molier se ne andò con le lacrime agli occhi, mentre Dillon eseguiva gli ordini.
-Ah, molto meglio... Fuori dai piedi Dillon, devo fare una chiamata privata-. Il milionario prese il cellulare, posando temporaneamente il calice di cristallo sul tavolo, e cominciando a camminare avanti e indietro nella stanza.
-Sono io. Ho visto la tua chiamata, cosa vuoi?- disse
-Non trattarmi così, ricordati che siamo soci- rispose un uomo dall'altra parte
-Scusami? Non sei mio socio. Al limite un collaboratore temporaneo. Hai intenzione di farmi perdere ancora molto tempo?-
-No no, volevo solo dirti che ho fatto sparire l'avvocato Nefflet. Non potrà darci fastidio-
-Eccellente. La ragazza da sola non riuscirà a tenermi testa, e io otterrò l'affidamento. Quel ragazzo mi serve davvero-
-Si... E qui arrivano le note dolenti-.
Il silenzio che segui' non piacque molto all'interlocutore.
-Walke? Ci sei ancora?-
-Note dolenti? Cosa stai cercando di dirmi?-
-Be', per nascondere le mie tracce ho fatto saltare lo studio...-
-Si..-
-Ma in quel momento... Giuro che non lo sapevo, non potevo immaginario...-
-Cosa hai combinato razza di idiota?-
-Nello studio c'erano un poliziotto e la ragazza avvocato... E sono.. Saltati in aria anche loro-
-Saltati in aria.... SALTATI IN ARIA????RAZZA DI IDIOTA INCOMPETENTE!!! Mi serviva quella ragazza!!!!- urlo' Walke prendendo a calci tutto quello che gli capitava a tiro e rompendo parecchi vasi e vetri.
-Non e' detto che siano morti...-
-Sara' meglio che non sia morta la ragazza, o tu farai la stessa fine-. La telefonata si concluse bruscamente, con il bicchiere pieno di champagne in frantumi e una nuova sfuriata contro il capo cameriere giunto a riordinare
-Sono attorniato da incompetenti! Dillon... Sei licenziato!!- sbraito' il milionario.

Jeffrey fissava con diffidenza la nuova arrivata: chiaramente una complice del suo rapitore, era seduta  immobile su quella sedia di fronte a lui da parecchi minuti ormai. Particolare davvero strano? La sconosciuta doveva avere si e no la sua eta'. Fisico da modella e abbigliamento da star di Hollywood, tra trucco esagerato e vestiti sgargianti la di sarebbe vista anche al buio.  Era davvero una bellissima ragazza, e probabilmente in un'altra situazione Jeffrey avrebbe anche apprezzato ciò che madre natura le aveva gentilmente regalato, ma in quella situazione no.
"Decisamente uno spreco" penso' tristemente tra se. Finalmente la sconosciuta si decise a parlare
-Non hai la faccia tanto sveglia per essere un genio-
-Mi sa che hai sbagliato posto carina. Per la sfilata di moda i provini sono nel magazzino qui a fianco-
-Simpatico... Non ti conviene fare il figo, potrei sempre dirlo a mio zio Garret-
-Oh splendido... Riunione di famiglia?-
-No. Apprendistato: sto imparando il mestiere-
-Scusami se non sono entusiasta e non chiedo i particolari-
-Non importa. A proposito, io mi chiamo Laureen-
-Nome inventato al momento?-
-Indovinato. Allora... Sono curiosa di sapere in cosa sei così geniale Jeffrey-
-Non sono tenuto a risponderti-
-Mmm... Non farti pregare, altrimenti mi tocca chiamare lo zio-
-E chiamalo. Non ho paura di voi-
-Dovresti averne invece. Siamo professionisti noi, non abbiamo pietà per i mocciosi come te-
-Noi? Parli sempre al plurale?-
-Non farlo-
-Non fare cosa?-
-Vi conosco a voi geni... Psicanalizzate tutto e tutti-
-Non ti sto psicanalizzando. Semplicemente consideravo che tendi un po troppo a parlare di te, tuo zio e la tua famiglia come foste una cosa unica. Non ho dubbi sulla professionalità della famiglia o di tuo zio, ma il fatto che non parli mai solo di te in prima persona mi fa pensare che tutto sommato tu non sei così convinta di quel che fai come vuoi farmi credere-.
Passarono alcuni secondi di silenzio nei quali la ragazza lo fisso' prima stupita, poi con aria di sfida.
-D'accordo, starò al tuo stupido gioco. Avrai anche ragione su di me, ma anche io me la cavo con queste cose. Quelli come te analizzano tutti perché adorano mettere in soggezione la gente. Scommetto che non hai neanche un amico vero?-.
Il silenzio che segui' basto' come risposta. La ragazza sorrise
-Come dicevo, non e' così fico essere geni se poi nessuno ti sopporta-
-Tu non sai nulla di me- disse serio Jeffrey.
-E tu di me- replico' la ragazza alzandosi e avvicinandosi alla porta. Si fermo' come per dire qualcosa, ma non lo fece: non l'avrebbe data vinta a quel ragazzino. Lei era erede di una  importante famiglia di killer professionisti: non avrebbe fallito. Nell'altra stanza lo zio la accolse
-Come e' andata?-
-Bene. Se la atteggia un po troppo, ma lo sto mettendo sotto torchio-
-Brava la mia piccola. Ricorda, quelli come lui sono emotivamente molto sensibili: dobbiamo renderlo vulnerabile. Solo così riusciremo a gestirlo e portare avanti il piano-
-Si si lo so- taglio' corto la ragazzina. Non lo avrebbe mai ammesso, ma quel Jeffrey aveva indovinato: non era certa che quello che faceva fosse giusto. Ma Laureen non era l'unica immersa in pensieri profondi. Dall'altra parte della porta anche Jeffrey pensava alla discussione appena fatta. Certo, non aveva molti amici a causa del suo modo di fare un po da genietto, su questo la ragazzina ci aveva azzeccato. Tuttavia questo suo atteggiamento chiuso e analizzatore aveva un suo motivo di esistere: era un modo per anticipare le mosse degli altri ed evitare di soffrire. Non di nuovo, non lo avrebbe permesso.

L'uomo ripose  il cellulare in tasca.  Cavoli, il signor Gremt aveva preso davvero male la notizia che gli aveva appena dato.
"Stupida ragazza...  Cosa diavolo ci facevi in quello studio?!" penso' arrabbiato. Fisso' l'edificio in fiamme  di fronte a lui e sospiro'
-D'accordo Carter... Vediamo se sei ancora viva-.
Si avvicino' furtivamente al disastro, sperando sinceramente che l'avvocato fosse li nei paraggi, magari malridotta, ma ancora in questo mondo.

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Capitolo 4
*** Occhi di vetro ***


Ciaoooo ^_^ ecco qui il nuovo capitolo... Ringrazio tanto chi segue questa storia :) mi raccomando recensite se vi piace, recensite se fa schifo... Insomma fatemi sapere che ne pensate :) E ora... Come procederanno le cose per i nostri protagonisti? Matthew ed Eveline che fine hanno fatto? Non mi resta che augurarvi una buona lettura ;)


 

Lo avevano spostato in una stanza completamente bianca e luminosa, seduto ad un tavolo anch'esso bianco, e ammanettato alla sedia. Strani cavetti elettrici e ventose partivano dalla sua fronte, probabilmente collegate a un qualche apparecchio di misurazione: un elettroencefalogramma forse? Nelle stanza non c'erano finestre, ma una sola porta e una telecamera appesa al muro proprio di fronte a lui. Entro' un uomo, stringendo tra le mani una valigetta.
-Ciao Jeffrey, e' più comoda questa stanza del magazzino vero?-
-Garret... Si, leggermente-
-Mi fa piacere. Ora, se non ti dispiace devo farti un paio di test-
-A che scopo?-
-Non e' ovvio? Devo verificare se sei davvero il genio che tutti dicono, altrimenti non sei di alcuna utilità, ne a me ne alle persone per cui lavoro. E sai, tu mi stai simpatico: vorrei evitare di doverti uccidere-.
Jeffrey deglutì istintivamente, mentre il rapitore sorrideva sedendosi di fronte al ragazzo e aprendo la valigetta
-Immaginavo che saremmo andati d'accordo. Allora, vediamo un po... Con cosa preferisci cominciare?-
-Sta perdendo il suo tempo... Non ho intenzione di collaborare-
-Si, certo... Cominciamo con la scienza- prosegui' noncurante Sims montando rapidamente un microscopio -Spiegami cosa vedi-.
Jeffrey non fece una piega: non avrebbe collaborato a quella stupidaggine.
-Va bene, niente scienza per ora. Proseguiamo con la matematica?- continuo' porgendo una serie di calcoli molto complicati. Il ragazzo li fisso' ma non si mosse. Stessa scena per i test letterari, filosofici e artistici. Stranamente l'uomo non appariva scocciato nonostante il genietto non avesse risolto un solo test, e questo preoccupava Jeffrey. Ad un tratto nella stanza entro' Laurenn: portava un computer, e lo poso' sul tavolo di fronte a Garret che sorrise.
-Grazie cara... Allora, vediamo un po come reagisce il tuo cervello agli stimoli-
-Piuttosto impressionante zio devo dire: quando una sollecitazione esterna richiede una soluzione, anche con una sola occhiata il suo cervello si mette in moto-
-Interessante, ma nulla di speciale-
-Per ora.. Per esempio, vedi questa sequenza di immagini? Sono del test matematico. Qui e' quando hai detto "matematica" e la sua mente ha come aperto subito la sezione matematica. Qui e' quando lui ha dato un'occhiata veloce al foglio mentre lo estraevi:  il cervello ha catturato immediatamente le richieste. In pratica prima che tu posassi il foglio sul tavolo lui aveva già tutte le soluzioni- spiego' soddisfatta la ragazzina. Jeffrey la fisso' in malo modo: non sopportava la gente che studiava il suo cervello come fosse un fenomeno da baraccone.
-Impressionante. Dunque Jeffrey ricapitoliamo: hai una memoria istantanea e una capacita' praticamente simultanea di risoluzione. Notevole se consideriamo che le persone normali, anche le più intelligenti, hanno comunque un momento molto lungo tra il vedere una cosa e il trovare la soluzione. Poi, da quel che vedo qui hai anche un ottima memoria: pare che i tre brani che ti ho mostrato prima tu li abbia già registrati nella memoria a lungo termine: complimenti. -
-E' contento adesso?- borbotto' Jeffrey
-Ma certo che no. Queste non sono mica cose così eccezionali: so che c'è una cosa in particolare che ti riesce meglio delle altre vero?-
-Non so.. Di cosa...-
-Ma certo che lo sai. Sono curioso di  vederti all'opera- sorrise l'uomo estraendo un complicatissimo oggetto di misurazione termica
-Dimmi Jeffrey, hai mai visto uno di questi?-
-No-
-Ovviamente. E' un prototipo, non ancora in commercio, non puoi averlo visto- comincio' a smontarlo pezzo per pezzo, fino a ridurlo a un infinito mucchio di microscopici componenti.
Jeffrey spalanco' gli occhi: sapeva perfettamente cosa stava per succedere.
-Ora, voglio che tu me lo rimonti. Deve funzionare, e hai meno di 30 secondi- disse serio Garret.
Laureen lo fisso' sbigottita: era fisicamente impossibile, suo zio doveva essere impazzito.
-Lei sta scherzando? E' impossibile- replico' serio il ragazzo, tuttavia non sembrava molto sicuro di questa affermazione. Il rapitore scoppio' in una fragorosa risata, poi estrasse la pistola puntandola contro la nipote. Laureen si immobilizzo' terrorizzata
-Zio? Che stai..-
-Mi spiace piccola, ma nel nostro lavoro a volte si deve fare dei sacrifici. Non avercela con me. Allora Jeffrey, dall'alto della tua intelligenza vediamo se capisci che le sparerò sul serio se non lo fai o se sto mentendo-. La sicurezza di Jeffrey vacillo' mentre fissava gli occhi spietati del rapitore: le avrebbe sparato, non c'era dubbio. Cosa avevano offerto a quell'uomo per arrivare addirittura a uccidere la nipote tredicenne? C'era qualcosa di davvero serio in tutta quella faccenda, e Jeffrey sentiva di essere molto importante per queste persone, o perlomeno per quello che dovevano fare.
-Zio ma sei impazzito? Cosa vuoi che gliene importi a lui se tu mi fai fuori?? Hai sbagliato leva-
-Quando hai di fronte una persona di buon cuore, ogni leva.. E' quella giusta. Non e' vero Jeffrey? Scommetto quello che vuoi che non la farai morire-.
Il ragazzo cerco' di apparire insensibile alla faccenda, sperando che l'uomo abbassasse la pistola; al contrario, la carico'.
-Facciamo così, se davvero per te il non collaborare e' così importante e io finiro' per ucciderla, vorrà dire che nient'altro ti smuoverà: sarebbe inutile tenerti qui. Ti lascerò andare. Uno... Due.. - .
Laureen fisso' terrorizzata Jeffrey: che diritto aveva chiedergli aiuto? Lei lo aveva rapito: sarebbe morta, ne era certa.
-Tr...-
-E va bene, va bene... Collaborerò- esclamo' infine il ragazzo: lui non era un assassino. Largamente soddisfatto Sims abbasso' la pistola, tenendola pero' a portata di mano. Tolse le manette al prigioniero in modo che potesse lavorare e rimase immobile, in attesa. Jeffrey fece un respiro profondo, chiudendo gli occhi. Laureen, da quando suo zio aveva abbassato la pistola non si era mossa: perché quel ragazzino l'aveva salvata?? Non capiva. All'improvviso il giovane genio riapri' gli occhi, cominciando a rimontare in maniera così veloce che si faticava a seguirne i passaggi.
-Oh mio dio...- sussurro' la ragazza fissando il coetaneo. I suoi occhi erano opachi, quasi si fossero spenti.
-Eccezionale... Strabiliante...- sorrideva l'uomo. Nel tempo stabilito, il misuratore termico era completo e funzionante. Jeffrey si immobilizzo' chiudendo nuovamente gli occhi, per poi riaprirli poco dopo con un sussulto.
-Ma cosa diamine e' successo?- domando' turbata Laureen.
-La chiamano " Occhi di vetro". E' una rarissima e incredibile capacita' del cervello umano: in pratica esso e' in grado di ricordare ogni singolo istante che scorre davanti a lui. Tutto ciò che vede lo ricorda e lo impara. Ma la cosa più strabiliante e' che il cervello e' talmente sviluppato che l'essere umano che lo possiede riesce ad avere accesso a quelle informazioni quando, quanto, dove e come vuole. E annulla temporaneamente i sensi che non servono per velocizzare al meglio i sensi che servono davvero: e' come essere sotto ipnosi, controllati da se stessi- spiego' fregandosi le mani il rapitore - E' una capacita' incredibile! Pensa quante cose si possono fare avendo il totale controllo sul proprio cervello!-.
Jeffrey fissava preoccupato l'uomo: aveva una luce strana negli occhi, sembrava impazzito.
-Beh, direi che non ti faro' fuori ragazzo. I miei superiori avevano ragione: sei proprio quel che ci serve. Laureen, riportalo in magazzino-. Giunti nel magazzino, mentre la ragazza gli rimetteva le manette Jeffrey la fisso' e parlo'
-Perché non sono un assassino-
-Scusa?-
-Ti stavi chiedendo perché non ho permesso che ti sparasse. E io ti ho risposto-
-Non me lo stavo mica chiedendo... E poi non lo avrebbe fatto: era un bluff-
-Ne sei sicura?-
La ragazza inarco' un sopracciglio e Jeffrey sorrise
-Vedi? Lo sai anche tu che lo avrebbe fatto-
-Bugiardo- tronco' li lei, uscendo e sbattendo la porta. Il ragazzo rimase nuovamente solo: cominciava davvero ad averne abbastanza di quella famiglia di pazzi.


L'esplosione era stata avvertita a parecchi isolati di distanza, e ora mentre tutto l'edificio era avvolto dalle fiamme cominciavano ad avvicinarsi i primi curiosi. Matthew riapri' gli occhi guardandosi attorno confuso: l'ufficio era appena esploso! E suo padre dove era? Aveva un gran male al braccio ma non sembrava nulla di grave: per fortuna era atterrato su un cumulo di sacchi dell'immondizia quando era stato scaraventato fuori dalla finestra assieme a Eveline... Oh cavoli! Eveline! Che fine aveva fatto quella ragazza? Si alzo' ignorando la fitta al ginocchio e comincio' a cercarla: la trovo' poco più in la, sommersa nel cumulo dei sacchi. Sembrava viva, ma doveva aver urtato contro qualcosa di appuntito, perché sanguinava notevolmente dal fianco.
-Eveline? Ehi mi senti?!-
Nessuna risposta.
-Forza, andiamocene da qui- continuo' il poliziotto caricandosela in spalla e allontanandosi. Ma nel marasma lo vide: un uomo dai grossi occhiali blu che giocherellava col cellulare, curiosava nervosamente attorno all'edificio. Era diverso dagli altri presenti giunti li per vedere cosa stava accadendo: lui non fissava l'incendio, tuttavia ogni tanto gli dava un'occhiata, quasi compiaciuto. Deciso che tutto ciò era troppo sospetto, Matthew si nascose furtivamente assieme alla ragazza, protetto dal buio della notte. Pochi secondi dopo, senza accorgersi di essere spiato, l'uomo con gli occhiali blu fece una telefonata: pareva parecchio preoccupato.
-Giuro, ho guardato dappertutto. Non ci sono... Saranno bruciati dentro lo studio...- stava dicendo. Dall'altra parte della cornetta erano perfettamente udibili le urla e le imprecazioni di un uomo.
-Io... Non pensavo che... Lei e quel poliziotto... Non dovevano esserci.... Come? D'accordo... Si- concluse la chiamata l'uomo. Si allontano' rapidamente e svanì.
-Questo tipo... Cercava... Noi- si disse sconvolto Matthew. Ma al momento era più urgente aiutare Eveline, così rimando' i discorsi filosofici a più tardi.

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Capitolo 5
*** Udienza sospesa ***


Non ricordava di aver mai fatto una caduta così brutta come quella: essere scaraventati fuori dalla finestra di un edificio in fiamme non e' proprio il genere di cose che uno mette in conto la mattina quando esce di casa. Eveline si era svegliata da pochi minuti e si guardava attorno preoccupata: non conosceva il posto in cui si trovava, ma in ogni caso qualcuno l'aveva medicata e messa sul divano.
-Ti fa male?- domando' Matthew facendo capolino da dietro l'angolo
-Non molto..-
-Sto preparando un po di the, lo vuoi anche tu?-
-Come?.. Ah si... Si grazie... Dove siamo?-
- E' l'appartamento di un mio amico, lui e' fuori città-
-Forse e' meglio che vada a casa-
-Sarebbe meglio di no, anche io ho dovuto venire qui invece che a casa mia-
-Motivo scusa?-.
Il giovane poliziotto le racconto' dell'uomo dagli occhiali blu e della telefonata.
-Probabilmente non volevano ucciderci, ma comunque ci cercavano. Non e' saggio tornare nelle nostre case. Di positivo c'è che ci credono morti-.
Eveline spalanco' gli occhi terrorizzata
-Positivo?! Come può essere positivo il farsi credere morti?! No, no questa faccenda non mi piace... Devo andarmene da qui- esclamo' alzandosi a fatica e raccogliendo le sue cose.
-Ehi ehi Eveline!! Non puoi farlo! E' pericoloso!- la fermo' Matthew, mettendosi tra la porta e lei.
-Lasciami passare-
-No-
-Senti, io non voglio lasciarci la pelle ok?! Non volevo neppure farlo questo tirocinio del cavolo! Come diavolo ci sono finita in questo casino?!- comincio' a sbraitare la ragazza
-Perfetto così, bravissima... Sfogati, dicono faccia bene alla salute- annui' il poliziotto
-Non scherzare! Sono seria!!-
-Si si, anche io...-.
Per un paio di secondi, Eveline cerco' di superare il poliziotto, inutilmente. Infine, sfinita e dolorante, si sedette sul divano: non sapeva se piangere o ridere.
-Tutto questo e' assurdo-
-Lo so, Eveline, lo e' anche per me. Dobbiamo cercare di fare luce su queste ultime ore, ma nel frattempo e' meglio restare al sicuro. Tieni, il the e' pronto- concluse Matthew porgendo la tazzina, con un gran sorriso. La ragazza fisso' il fumo che usciva dalla tazza e la strinse tra le mani, avvertendone il gran calore. Il poliziotto invece, ne bevve subito una gran sorsata. L'appartamento rimase silenzioso per parecchi minuti, poi Matt parlo':
-Meglio?-
-Si... Grazie...- rispose lei sorseggiando lentamente il the.
-Bene, mi fa piacere. Allora adesso possiamo affrontare la cosa con più calma-
-Sono d'accordo. Questo tizio con gli occhiali blu, aveva qualche accento particolare? Poteva essere il tipo che mi ha telefonato?-
-Nessun accento, parlava perfettamente. Litigava con qualcuno, probabilmente un suo capo, al quale evidentemente non andava a genio il fatto che noi fossimo morti. Anche se devo ammettere che mi sembrava molto più preoccupato per te che per me-
-Grandioso... Credi che questo possa avere qualcosa a che fare con Gremt? Prima il dottor Roop, poi Jeffrey, adesso questo... Sembra tutto collegato no?-
-Collegato e' collegato, ma bisogna ammettere che e' strano... L'omicidio di Roop potrebbe avere senso visto che dava del filo da torcere  al signor Gremt. Gia' il rapimento suona più strano: che bisogno aveva di rapirlo? Aveva grandi possibilità di successo nell'affidamento, soprattutto senza Roop. Mentre  far saltare l'ufficio di mio padre o il non ucciderti assolutamente... Proprio non ne vedo il senso- penso' il poliziotto
-A proposito... Come la mettiamo domani? C'è l'udienza definitiva...-
-Se non si presenta un avvocato per il minore che succede?-
-Viene rinviata o sospesa-
-E allora lasciamo che venga sospesa-
-Gia'... Ricordati che pero' questo conterà poi come punto a sfavore della parte del minore. E vista la situazione, sarebbe la fine-
-Ma se ti presenti tu da sola sarai in grado di tenergli testa?-
-Non lo so... Ma ci devo provare-
-D'accordo. Ti accompagnerò io pero'. E tanto per aggiungere un tassello a questo facilissimo puzzle.. E' sparito anche mio padre-
- Cavoli... L'unico che poteva aiutarmi -.
Ad un tratto a Matthew si illuminarono gli occhi
-Aspetta... E se avessero preso mio padre perché sapevano che ti avrei portata da lui a chedere aiuto? Con il suo aiuto, per Walke Gremt sarebbe stato più difficile averla vinta... Mentre solo contro di te e' più facile...-
-Ti ringrazio per la fiducia-
-Sul serio, pensaci un attimo. Ecco perché gli servi viva: se tu ti presenti e per disgrazia perdi lui otterrà l'affidamento molto facilmente. Lui vuole che tu ti presenti domani all'udienza! Non ci devi assolutamente andare! Dobbiamo farla rimandare-
-Ok... E poi? Una volta che l'avranno rimandata?-
-Non lo so, ma intanto prenderemo tempo. In più ci crederanno morti: potremo indagare inosservati-.
Eveline sospiro' preoccupata
-Senti, capisco che per te e' una figata tutto questo visto che finalmente puoi stare nell'azione... Ma io non voglio morire, e' chiaro?-
-Tranquilla. Credo che ora sia meglio riposare, sono le tre di notte ormai... Domani cominceremo a indagare, e a mente fresca sono certo che andrà meglio, che ne dici?-
-Va bene... -
-Prendi pure il letto, starò io sul divano-
-No, tranquillo, io sto bene qui in soggiorno-
-Non fare storie, ricordati che hai una brutta ferita. Meglio che ti riposi in un letto vero-
-Cone vuoi...- sorrise la ragazza trascinandosi in camera.
-Buonanotte allora- disse prima di chiudere la porta a chiave: non voleva sembrare sgarbata, ma dopotutto quel ragazzo lo conosceva da poco più di un paio d'ore.
"Non si e' mai troppo prudenti" le ripeteva spesso sua mamma, ripenso'  Eveline sdraiandosi. Era troppo in ansia, sicuramente non avrebbe chiuso occhio.
-Buonanotte Eveline- rispose il poliziotto sdraiandosi sul divano e spegnendo la luce. Era accaduto tutto troppo in fretta: aveva sempre desiderato essere nel mezzo dell'azione, ma chissà perché si era sempre immaginato che questa cosa accadesse per gradi. Quanti pensieri, non sarebbe riuscito a dormire ne era certo.
Ma a dispetto di entrambi, il dio Morfeo li accolse dolcemente tra le sue braccia nel tempo di un battito di ciglia.


-Buongiorno- sorrise Matthew alla ragazza, appena questa usci' dalla stanza: erano già le nove e mezza.
-Buongiorno- sbadiglio' lei, poi si accorse che il televisore era acceso.
-Matthew, puoi alzare per favore? Credo parlino dell'udienza...- domando' Eveline. Il poliziotto alzo' il volume della televisione, preparando il caffè.
-.... Grande sorpresa al Tribunale dei Minori di Chicago, dove stamattina si e' tenuta l'udienza definitiva di affidamento che in questi mesi ha interessato il magnate Walke Gremt e il giovane genio Jeffrey - spiegava al microfono una donnina dalla voce stridula e i capelli rossi, in collegamento dal tribunale - Ad essere precisi, l'udienza si e' svolta certo, ma nessuno si e' presentato per la parte del minore. L'udienza e' dunque stata sospesa e rimandata ma.... Ecco che sta uscendo il signor Gremt! Signor Gremt! Signor Gremt! Vuole rilasciare una dichiarazione?- urlo' isterica l'inviata porgendo il microfono. Il milionario fisso' dritto in camera: era visibilmente scocciato.
-Cosa vuole che le dica? Sono successe tante disgrazie in questi giorni... Non pretendevo chissà cosa, ma perlomeno correttezza da parte dello studio degli avvocati del minore. Avrei accettato anche una richiesta formale di spostare l'udienza... Ma non presentarsi, non mandare nessuno... Davvero poco corretto-
-Ricordiamo che ieri sera il giovane Jeffrey e' stato rapito, mentre il dottor Roop, avvocato del minore e' stato assassinato. Cosa ne dice signor Gremt? Crede che i responsabili le vogliano chiedere un riscatto?-
-Non ne ho idea. E' possibile... E ora scusatemi, ma sono argomenti sensibili... Grazie- concluse l'uomo allontanandosi.
-Come vedete il signor Gremt non ama fare spettacolo dei suoi problemi. Speriamo quindi che le cose si risolvano al meglio per tutti. Dal Tribunale per ora e' tutto, a voi in studio- concluse la donna.
Il presentatore del telegiornale prese la parola
-Grazie Sharon. Una grossa esplosione, si crede causata da una perdita di gas, ha fatto esplodere questa notte lo studio di un avvocato, fuori città. Per fortuna non ci sono feriti, il proprietario dell'ufficio e' ancora irreperibile ma non si trovava li al momento dell'esplosione. Sembra davvero un brutto periodo per gli avvocati, la polizia avanza l'ipotesi di un killer seriale, ma le indagini sono tutt'ora in corso. Passiamo allo sport. Tre a uno per...- il volume venne riabbassato, mentre Matthew ed Eveline avevano finito il loro caffè.
-Assurdo.. Lo fanno passare per un santo... Allora, agente, qual'e la nostra prima mossa da detective morti?- disse la ragazza con un po di disappunto.
-Beh, ci ho pensato a lungo, e credo che la cosa più urgente sia ritrovare il ragazzino. Com'è che si chiama?-
-Jeffrey. Chissà dov'è...-
-Secondo me se cominciamo a trovarlo, riusciamo a capirci un po di più. Che ne pensi?-
-Ci sto... -
-Ho pensato anche un'altra cosa. Come facevano quei tipi a sapere che io ti avrei portato da mio padre? Non e' che io e te ci conosciamo da molto-
-Hai ragione. Qualcuno deve averci visto e aver fatto la spia-
-Sai cosa significa questo vero?-
-Cosa?-
-Significa che non possiamo fidarci di nessuno. Da questo momento dovremo considerare chiunque... Un nemico-.

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Capitolo 6
*** Un fiore nel deserto ***


Ciao a tutti ^_^ ecco qui un nuovo capitolo fresco fresco di battitura! Ma per prima cosa ci tengo a ringraziare di cuore tutti coloro che hanno inserito la mia storia tra le preferite e chi mi segue e recensisce! Un grazie speciale a Tatika che ha usato il suo tempo per recensire addirittura ogni singolo capitolo! Che piacevole sorpresa è stata =) ed ora bando alle ciance e buona lettura!!!


Mentre Eveline e Matthew si preparavano per cominciare le indagini.
Mentre Jeffrey cercava un'idea geniale per fuggire da quel magazzino.
Mentre Garret Sims metteva a punto i suoi piani.
Mentre Walke Gremt licenziava camerieri e sbraitava contro l'uomo con gli occhiali blu.

Mentre tutti facevano qualcosa, giusta o sbagliata che fosse, c'era qualcuno che semplicemente si guardava allo specchio cercando di sistemare quei capelli ribelli. Per quanto se la atteggiasse da killer professionista, Laureen era comunque solo una tredicenne: le piaceva la moda, avrebbe voluto delle amiche con cui fare dei pigiama party o andare al centro commerciale il pomeriggio, le sarebbe piaciuto uscire una sera con un ragazzo... Ma queste cose lei non le poteva fare, perché il suo destino era altro: era diversa dalle altre persone. Non aveva neppure un nome vero, pero' Laureen non le dispiaceva. Ma non importava neppure quello, tanto nel suo futuro non era contemplata la possibilità di scegliere. Le avevano insegnato che nel mondo non esistono buoni o cattivi, ma solo differenti punti di vista della stessa situazione: diventare un killer, nella sua famiglia, indicava non solo maturità, ma anche la capacita' di essere al di sopra delle parti. Uccidere, rapire, rubare non era sbagliato: era solo uno dei tanti modi di vivere. Eppure, in cuor suo, non riusciva a smettere di sperare che un giorno magari sarebbe riuscita a realizzare i suoi sogni. Guardo' fuori dalla camera d'albergo in cui alloggiava, poco lontano dal magazzino in cui si trovava Jeffrey, e non poté fare a meno di ammirare il sole riflesso in quel laghetto con i cigni neri proprio di fronte all'hotel. Torno' allo specchio dove comincio' a provare i vestiti per il giorno dopo, ma proprio mentre si specchiava con una magliettina fucsia molto graziosa, qualcuno entro' nella stanza.
-Ancora con questa mania dei vestiti colorati? Lo sai che un killer veste il nero-
-Ciao anche a te papa'. E comunque il nero non mi dona: non da risalto ai miei capelli-
-Fesserie- borbotto' l'uomo posando i suoi grossi occhiali blu sul tavolino e massaggiandosi le tempie.
-Giornata pesante?- domando' la figlia, continuando ad aggiungere colori stravaganti al suo già molto variopinto abbigliamento.
-Abbastanza... Due persone sono morte, ma non dovevano morire... Il capo si e' arrabbiato un sacco e ha fatto una gran scenata...-
-Certo che anche il capo pero' non e' che abbia capito molto della vita eh...-
-Che intendi?-
-Be', ha assoldato un assassino per mantenere in vita delle persone? Ma dai, non ha alcun senso!-
L'uomo dagli occhiali blu scoppio' a ridere
- Ah ah ah, mi sa che hai ragione... Va beh, ordino la cena- concluse ancora ridacchiando e componendo il numero del servizio in camera.
Laureen era felice di essere riuscita a tirar su il morale del padre: in fondo, a modo suo, le voleva bene. Sicuramente non era il padre modello, ma almeno ci provava, non come sua madre che li aveva abbandonati entrambi quando Laureen aveva a malapena sei anni... Ma basta pensare a cose brutte: voleva godersi quella rara cena con suo padre. Pizza! Ne andava matta!
-Allora papa'... Quand'e' che mi spiegherete il piano completo?-
-Laureen...sai che non va bene parlare di lavoro mentre si mangia-
-Hai ragione scusa... Allora voglio chiederti un'altra cosa... Stephan, il ragazzo della stanza accanto... Mi ha invitato al cinema domani sera... Posso?-
-E quanti anni avrebbe questo Stephan?-
-15...-
-Mmm... Non sono molto contento... Sai che non e' il caso di creare rapporti durante una missione... Distrae-
-Ma dai papa'... Si tratta solo di un film al cinema...-
-Non so sai.. Forse...- venne interrotto dal suono di un cellulare. L'uomo rispose, parlo' alcuni minuti poi lo richiuse e si volto' verso la figlia.
-Era tuo zio. Domani sera deve andare via un paio d'ore e ha bisogno che tu curi il ragazzo in magazzino. Mi spiace-
-Non fa niente... Non importa... In fondo... Non ci tenevo più di tanto- rispose sorridendo la ragazza.
-Oh beh, meglio così allora- ricambio' il sorriso l'uomo, tornando a mangiare.
Così facendo però, non si accorse degli occhi lucidi della figlia.

Ok, era un'idea idiota: meglio lasciar perdere, si disse tra se Jeffrey smettendo di cercare di sfilare le mani dalle manette. Non sapeva davvero cosa fare per andarsene da li! Non solo gli oggetti che erano attorno a lui non potevano essergli praticamente di nessun utilizzo, ma c'era anche il problema della sorveglianza. Il suo rapitore sembrava non muoversi mai da li, e ciò rendeva ancora più difficoltosa la fuga: non essendo un tipo molto atletico il giovane genio avrebbe perso in qualunque inseguimento o superamento di finestre e muri. No, doveva pensare a qualcos'altro, qualcosa che non richiedesse forza fisica. Tuttavia cominciava ad avere fame e freddo sul serio e il pensare lucidamente si stava rivelando una sfida. Quasi come se gli avessero letto nel pensiero la porta del magazzino si aprì.
-Tieni ragazzino, ti ho portato la cena. Spero la pizza ti aggradi, e' la cosa più vicina qua- disse il rapitore quasi in maniera ironica, slegando le manette e porgendo il piatto. Affamato, Jeffrey non se lo fece ripetere due volte e divorò la sua cena. Adorava la pizza..
-Per stanotte fatti piacere questa stanza e questa coperta.. Tra due giorni ti assicuro una sistemazione migliore se ti comporti bene. Vengono a prenderti.. Buonanotte moccioso- concluse l'uomo legandogli una mano sola ad una tubatura e uscendo. Jeffrey non disse una parola: a stomaco pieno il suo cervello si era rimesso in moto.
"Dunque.. Mi ha portato una pizza dicendomi che e' la cosa più vicina qua... E c'è una stazione ferroviaria.. Se sono ancora a chicago dove posso trovarmi?..." cominciò cercando nella mappa mentale della città. La conosceva tutta a memoria: individuò una decina di pizzerie da asporto nei paraggi della stazione. Tuttavia sbuffò
-Uff.. No, non va.. Troppe variabili.. Non e' detto neppure che io sia ancora a Chicago.. Mi servono più informazioni- disse sconsolato preparandosi a passare la sua prima notte consapevole di prigionia. In realtà era già la seconda ma la notte del rapimento lo avevano addormentato quindi... Rannicchiandosi sotto la coperta e cercando inutilmente una posizione comoda rimase a fissare la minuscola e unica finestrella che dava su un cortile in cemento privo di qualunque indizio. Lentamente il buio si fece prepotente e il ragazzo decise di provare a dormire: inutile. "Due giorni e vengono a prendermi.." si ripetè mentalmente. Detestava sentirsi così indifeso e alla mercè di sconosciuti! Si sentì solo, come d'altronde era stato per tutta la vita: anche ora che era rinchiuso in uno sperduto magazzino non c'era nessuno che lo aspettasse a casa preoccupato o che lo stesse cercando con tutte le sue forze. Persino i suoi genitori non lo avevano voluto, nove anni prima. Aveva appena quattro anni quando lo avevano portato in orfanotrofio abbandonandolo li con una lettera in cui si "scusavano per non essere in grado di gestirlo": maledetto il suo cervello che ricordava fin troppo distintamente quell'episodio.. Un suono di ambulanza in lontananza lo distolse momentaneamente dai suoi tristi pensieri.
-Dopotutto c'è chi sta peggio di me- si disse per farsi forza. E con questo pensiero il giovane genio chiuse gli occhi sul mondo, desiderando oltre ogni cosa che la fuori qualcuno stesse pensando a lui.

Eveline e Matthew avevano passato la giornata a cercare di capirci qualcosa in tutta quella dubbia faccenda in cui si erano ritrovati.
La ragazza, seduta sul divano tra miriadi di fogli, sbuffò portandosi una mano sulla ferita al fianco.
-Ti fa male?- domandò il poliziotto senza staccare gli occhi dal pc e continuando a fare ricerche in internet.
-Non più tanto.. Hai trovato qualcosa di interessante?- rispose Eveline alzandosi e avvicinandosi.
-Qualcosina... In internet e' pieno di roba su Gremt. Guarda qui: su questo sito lo accusano un paio di anni fa di aver collaborato con degli scienziati russi di dubbia moralità ad un progetto per la manipolazione delle cellule cerebrali...-
La giovane avvocato inarcò un sopracciglio leggendo ad alta voce il nome del sito da cui stavano prendendo informazioni
-"www.glialienisonotranoi.com"? Stai dicendo sul serio?-
-Beh perché? Non dirmi che tu non credi agli alieni..-
-Non e' questo il punto... Credevo avessimo fonti un po' più... Ehm.. Affidabili..-
-Fidati di me..-
-Scusa ma per deformazione professionale tendo a non fidarmi molto degli uomini.. In ogni caso, propongo di mangiare qualcosa.. A stomaco pieno si ragiona meglio non trovi?- disse la ragazza cominciando a frugare per casa alla ricerca di qualcosa di commestibile. Matt si alzò per aiutarla
-Comunque non siamo tutti uguali-
-Scusa?- domandò Eveline
-Dico, noi uomini non siamo tutti uguali-
-Si si.. Ne sono convinta. Senti non mi va di parlarne-
-Perché sei così fredda? Mi sembra di averti dato parecchi motivi per dimostrarti che puoi fidarti di me-
-Ma che avete tutti? In due giorni due persone che non mi conoscono si mettono a fare i filosofi su come mi rapporto con le persone...-
Matt rise
-Uno sono io... E chi e' l'altro?-
-Jeffrey, il ragazzino che stiamo cercando-
-Ih ih, credo andremo d'accordo io e lui.. Sbrighiamoci a trovarlo-
Senza riuscire a trattenere una risatina Eveline rispose con un
-Ma smettila...-.
Tutto sommato quel poliziotto non era male, ma di certo ci voleva ben altro per smuoverla dall'opinione che ormai aveva dell'universo maschile. "Dopotutto per quanto un fiore possa essere forte, e' difficile che sopravviva in un deserto..." diceva spesso suo padre, pensò Eveline sedendosi a tavola. Non aveva mai capito però se suo padre si riferiva a lei come fiore.. o come deserto.

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Capitolo 7
*** Tecnologia ***


Ciao a tutti ^_^ chiedo umilmente perdono per l'infinità di tempo che è passata dall'utima volta che ho aggiornato :) Ergo non vi trattengo oltre!! Buona lettura ^_^


- Ev guarda qui! Ho trovato qualcosa! - esclamò Matthew facendo sobbalzare la ragazza che si era appisolata sul divano
"Ev?! Neanche a mia madre permetto di darmi soprannomi figuriamoci a lui!" pensò Eveline avvicinandosi borbottando al ragazzo.
- Mi hai chiamato Ev?! -
- Si. E' carino, corto e fa scena quando si esclama - rispose sorridendo sornione il poliziotto.
La giovane rimase senza parole, a metà tra il divertito e l'incavolato, così si limitò a domandare
- Cosa hai trovato? -
- Questo fisico, professor Nathaniel, sostiene di aver lavorato anni fa per Gremt sui prototipi di un nuovo tipo di armi basate su vecchi schizzi di Einstein, progetto poi fallito in quanto illegale. E qui arriva la parte interessante: Nathaniel dice, testuali parole, che "le armi erano progettate in maniera perfetta ma troppo complessa per una persona comune. Nessuno era stato in grado di decifrare completamente i progetti ma, cosa più importante, di assemblare, smontare e riassemblare perfettamente i vari componenti perché troppo difficile. Solo un genio poteva venirne a capo"-
- Mi stai dicendo che Gremt ha rapito Jeffrey per continuare il progetto? Ma perché? Perché non aspettare di averlo in affido? -
- Forse temeva che in quanto famoso, le telecamere gli sarebbero state addosso per informarsi della storia del "genio adottato" e non aveva tutti i torti. Ci sono ancora troppe incognite però -
- Già.. Per prima cosa perché rapirlo se poteva averlo in affido,e secondo perché averlo in affido se poteva rapirlo! Sono due cose assurde..-
- Si. Ipotizziamo che volesse creare la storia dell'affido per deviare l'attenzione dei media su di lui e non sui suoi piani. Perché uccidere il tuo capo? -
Eveline fissò il vuoto dubbiosa poi azzardò
- Forse non si aspettava di trovare un avvocato così in gamba, alla fine gli avvocati ai minori orfani vengono dati d'ufficio quindi e' stato il caso-
-Ok, quindi capisce che subentreresti tu in caso di incidente e vedendoti inesperta decide di far fuori il tuo capo per poter vincere facilmente, alla fine l'adozione e' solo una copertura -
-D'accordo.. Mi fa chiamare dai rapitori mentre la polizia e' presente e il giorno dopo in tv si presenta all'udienza regolarmente -
-Esatto. Ma succede un altro imprevisto: io ti propongo di venire da mio padre. Qualcuno deve averlo avvisato e lui ordina al tizio con gli occhiali blu di far sparire mio padre e me così che nessuno ti possa aiutare-
- Ma in casa entro anche io, evidentemente credevano che non trovando nessuno non sarei salita da un estraneo.. In effetti perché l'ho fatto?! In ogni caso tutto esplode facendogli credere che siamo morti -
- Ora... La sentenza di affido e' rimandata lasciando tutto in sospeso. Perché rapirlo prima che avvenisse tutto ciò?-
- Forse aveva fretta e si e' portato avanti, tanto nessuno lo può collegare al rapimento. Alla fine e' lo stesso ragionamento nostro: perché rapirlo se lo vuole in affido? Resta ancora una cosa -
- Ora e' tutto fermo e sarà nervoso quindi cercherà di concludere tutto in fretta. Se riusciamo a trovare Jeffrey e seguirlo sono sicuro che potremo dimostrare che sotto al rapimento c'e Gremt -
- E magari anche scoprire per cosa gli serve il ragazzo - concluse Eveline.
I due ragazzi rimasero a fissarsi in silenzio: forse cominciavano a capirci qualcosa.
Eveline sorrise, non era stato così male lavorare in coppia con il ragazzo.
- Beh direi che io e te facciamo una bella squadra - sorrise il poliziotto
- Si ma non farci troppo l'abitudine "Matt" - rispose Eveline
Il ragazzo la guardò sorpreso
- Matt?! -
- Si. E' carino, corto e fa scena quando si esclama- disse facendogli il verso la giovane avvocato. Senza tanto ritegno i due scoppiarono a ridere: si, dopo tutto il casino di quei giorni una risata non poteva che fargli bene.

Laureen si sistemò i ricci ribelli e aprì la porta del magazzino: era in perfetto orario, come richiesto dallo zio.
- Carissima, ben arrivata. Starò via solo un paio d'ore, li c'e il telefono che uso per lavoro se chiama qualcuno non rispondere. Il ragazzo e' calmo di la, mi raccomando. Se tutto va bene domani sera il moccioso sarà fuori dai piedi e noi a casa con i nostri soldi - sorrise l'uomo dando le ultime istruzioni alla nipote. Pochi minuti dopo la ragazzina era seduta sconsolata nel silenzioso magazzino.
Era nervosa, a quest'ora poteva essere al cinema con Stephan.. Voleva sfogarsi con qualcuno! Afferrò il telefono dello zio e si diresse verso la stanza di Jeffrey.

Il giovane genio aveva dormito malissimo: era quasi contento che tra due giorni lo portassero via da li. Tuttavia non sapendo esattamente la sua destinazione non poteva non rabbrividire per la paura. Che ore erano? Doveva essere sera.. Era passato ancora un altro giorno senza che avesse capito dove fosse. Snervante. Sentì una voce femminile parlare con il suo carceriere e poi quest'ultimo che si allontanava: dunque quella sera aveva la ragazzina-killer come baby sitter...
Ad un tratto dei passi decisi e la porta che si apriva con uno scatto: femmina incavolata=problemi, sospirò Jeffrey.

- Microcefalo e stupido genio a cui devo fare da baby sitter - borbottò la ragazzina entrando
- Buonasera anche a te Laureen. Ti vedo allegra - sospirò Jeffrey
- Che simpatico... E' colpa tua e della gente come te se non ho una vita sociale!!-
- Scusa?-
- Potevo essere al cinema con Stephan a quest'ora!!-
- E chi diavolo e' Stephan?!-
- Non ti interessa -
- Sei tu che lo hai nominato! -
- Non rigirare la frittata! E' colpa tua, stupido ostaggio che non sei altro -
- Oh scusami se vi ho chiesto di rapirmi e tenermi sorvegliato a vista giorno e notte -
- Tu non capisci -
- E' ovvio che non capisco: stai straparlando -
Laureen era arrabbiata da far paura e senza rendersene conto gli lanciò il telefono in faccia urlando
- Taci!!-
Jeffrey gemette mentre compariva un livido sulla fronte e il nuovissimo cellulare di ultima generazione cadeva a terra.
Dopo pochi secondi di silenzio Laureen si calmò accasciandosi a terra
- Ti ho fatto male? -
- No, solitamente quando mi spuntano i lividi e' perché sto bene -
- Scusa, non e' colpa tua se sono arrabbiata. Mi sento una pazza con questi scatti che ho -
- Beh su una cosa siamo d'accordo almeno. Si può sapere perché fai tutto questo se non vuoi? - domandò Jeffrey notando che il cellulare era a portata di mano e nascondendolo tra le gambe mentre la ragazzina si asciugava le lacrime che ormai da un po facevano capolino dagli occhi.
- Non e' facile... La mia famiglia fa questo da sempre... Se me ne vado cosa faccio? Sono da sola -
- Ci sono tante persone da sole al mondo, e molte vivono meglio così -
- Che ne sai tu -
- Tu non sai nulla di me vero? -
- Non mi e' stato spiegato nulla oltre a quello che mi serviva - rispose Laureen riacquistando per un attimo la sua fierezza.
- Io sono orfano e mai nessuno si e' preoccupato di riservarmi trattamenti di favore per questo ne perché sono un genio. Al contrario fanno a gara per avermi: come credi ci si senta ad essere considerato un oggetto? -
- Non mi fai pena se e' questo a cui punti -
- No, ragazzina. Sto solo cercando di farti capire che i tuoi problemi non sono i più gravi o gli unici al mondo, e che per risolverli forse e' ora che ti dai una mossa da sola e provi qualcosa che senti tuo -
Laureen era colpita: non ricordava nessuno che si fosse mai interessato così tanto alla sua vita e alle sue opinioni, e il fatto che il primo a farlo fosse un estraneo che tra l'altro teneva in ostaggio la metteva a disagio. Si alzò pensierosa andandosene.

"Ok Jeffrey niente panico: hai un cellulare ma non sai chi chiamare. E soprattutto non sai dove sei" pensò il ragazzo.
Per prima cosa attivò il servizio di localizzazione del cellulare e in un attimo seppe dove si trovava: era a Chicago, a un paio di isolati dal centro città. Perfetto.
"Tecnologia ti adoro" sorrise, cercando nell'elenco delle chiamate effettuate: se quello era il cellulare con cui il rapitore aveva chiamato Eveline, doveva esserci il suo numero tra quelli. Solo due numeri: uno di quelli doveva essere quello giusto! Il cuore gli batteva a mille, Laureen poteva accorgersi da un momento all'altro di aver lasciato li il cellulare e tornare. Chiamò a caso uno dei numeri invocando la dea della fortuna: sperava di potersi fidare di quella giovane avvocato ma soprattutto che quello fosse il suo numero.

Eveline e Matthew cercarono di ricomporsi dopo la sonora risata
- Allora, come troviamo il ragazzo secondo te Ev? -
- Non ne ho idea... -
All'improvviso squillò il cellulare della ragazza
- Non rispondere, in teoria siamo morti - fece notare il poliziotto
- Potrebbero essere i rapitori di Jeffrey!-
- Non possiamo farci scoprire!!-
- Sempre meglio che stare qui ad aspettare un miracolo. Io rispondo-
- No Eveline!!-
- Pronto?-

Il telefono squillava da parecchio ormai, e Jeffrey temeva di aver sbagliato numero. Lo sconforto si impadronì di lui, mentre stava per riattaccare. E poi eccolo
- Pronto?-
- Eveline?-
-Si. Chi parla?-
E senza che potesse farci niente le lacrime silenziose di sollievo cominciarono a scendere sul volto del giovane genio.
Bastò un nome per far sussultare dall'altra parte della cornetta la ragazza ed una seconda voce che non conosceva

- Jeffrey... Sono Jeffrey -

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