E se fossimo in un mondo 'normale'?

di Friedrike
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Stavolta, pranziamo in Italia, veh? ***
Capitolo 2: *** Prima che diventassero una coppia. (Parte I.) ***
Capitolo 3: *** La loro prima volta insieme. ***
Capitolo 4: *** La notizia di Gilbert. ***
Capitolo 5: *** La reazione dell'italiano. ***
Capitolo 6: *** Prima che diventassero una coppia. (Parte II.) ***
Capitolo 7: *** Lud da ubriaco è davvero divertente. ***
Capitolo 8: *** Svegliarsi con il mal di testa e trovarti con un estraneo poco dopo. ***
Capitolo 9: *** Speciale: Halloween! ***
Capitolo 10: *** L'incidente. ***
Capitolo 11: *** Gerani e Tulipani: piaceranno all'ungherese? ***
Capitolo 12: *** Più che altro, dovrebb'essere al contrario, ti pare? ***
Capitolo 13: *** 17 Maggio: giornata mondiale contro l'omofobia. ***
Capitolo 14: *** Il punto è che non ci riesco, a litigare con te. ***
Capitolo 15: *** Allora, viaggetto? ***



Capitolo 1
*** Stavolta, pranziamo in Italia, veh? ***


-Sei nerovso, per caso?- chiede ridacchiando l'italiano mentre le sue mani arrivano sul colletto della camicia bianca e la sistemano per bene, facendo poi lo stesso con la cravatta.
-N-nein..- risponde l'altro, poco convinto.
Ma lo sa: non sa mentire.
E questa è una cosa che Felì adora, la trova adorabile e sopratutto molto utile.
Finiscono di prepararsi, quindi scendono dall'hotel e salgono in 
macchina.
Almeno, può guidare il biondo. Almeno questo gli è consentito!
-Stai tranquillo, non sono così terribili!- cerca di rassicurarlo, accarezzandogli dolcemente i capelli dorati alla luce del sole di prima estate ed ottiene un piccolo sorriso incerto, come risposta.
Non ci mettono troppo ad arrivare, così Ludwig toglie la radio interrompendo così le note di 'Millionär' dei Die Prinzen. Peccato, quel gruppo gli piace proprio tanto.
La sta giusto canticchiando, a fior di labbra.

" Was soll ich tun? Was soll ich machen?
Bin von Kummer schon halb krank,
hab' mir schon ein paar Mal aberlegt,
vielleicht knackst du eine Bank.
Doch das ist leider sehr gefahrlich
bestimmt werd' ich gefasst,
und ausserdem bin ich doch ehrlich
und will nicht in den Knast! "

Mette lo stereo nell'apposita custodia e scende dalla macchina, lo stesso fa Felì e gli si avvicina prendendogli la mano sinistra, visto che con l'altra li avrebbe poi salutati, i genitori del moro.
Cielo. Ancora non ci crede. Sta per conoscerli! 
Che ansia! E suo fratello, poi.. sa di non essere molto apprezzato da lui.
Ma non gli ha mai fatto nulla, forse nemmeno si sono nemmeno mai visti. Ah, no, una volta, forse, ma di sfuggita. Dev'essere una sorta di gelosia fraterna o qualcosa del genere.
Feliciano ricorda ancora quanto sia stato complicato confessare che lui sì ha una persona che ama, ma che questa persona non è una ragazza, bensì un altro ragazzo.
Sapeva che non l'avrebbero presa bene, non subito almeno, poi per fortuna aveva trovato il coraggio e gliel'aveva detto.
I suoi genitori dapprima erano rimasti sconvolti e non sapevano che cosa dire ma col tempo hanno accettato la sua omosessualità con serenità ed adesso è arrivato il momento di conoscere il genero.
Romano non ha mai avuto pregiudizi, invece, ma non voleva né vuol tuttora accettare il tedesco.
Deve farlo, però.
Lud si avvicina ai genitori del suo fidanzato: è gente semplice. Lui è un uomo grassoccio, con dei bei baffoni, non molto alto. Lei una graziosa signora, con i capelli ricci scuri, legati in una crocchia alla base della nuca, con gli occhi chiari, con un gran sorriso, così simile a quello del figlio da fare quasi impressione.
E' una bella donna, sì, decisamente, ed il figlio minore se ne vanta spesso.
E, ovviamente, entrambi sono magnificamente vestiti - italiani!
Gli si avvicinano con fare allegro ma contenuto, lui porge la mano al giovane, in segno di saluto.
Il biondo ricambia la stretta, forte, deciso, senza esitazione ed accenna un sorriso cordiale.
-E' un piace conoscervi..-
Dice in italiano.
La lingua non è un problema, oramai l'ha imparata bene e non ha più alcuna difficoltà, per fortuna.
Poi si avvicina alla donna e la saluta con meno forza, ma stringendole ugualmente la mano e sorridendo in modo poco più dolce, facendo poi un cenno col capo.
Ecco. Ed ora come salutare Romano?
Non si crea questo problema, perché lui rimane in disparte con le braccia incrociate al petto, a scrutarlo in malo modo.
-F-fratellone, non vieni a salutarci?- chiede il fratello titubante ed un po' a disagio..
Non sa che fare, il tedesco, perciò rimane in silenzio. 
-Romà, vieni a salutare!- lo rimprovera il padre senza però alterarsi troppo. Non gli piace sgridare i figli, non in presenza d'altri, e poi sono grandi oramai.
Il più grande dei due fratelli vorrebbe mandarli tutti a quel paese, tuttavia si avvicina ed accenna un saluto, togliendosi il cappello dalla nuca e gli occhiali da sole.
-Ciao, Romano- saluta garbatamente Ludwig. 
La madre rivolge un'occhiata di rimprovero al figlio.
-Com'è andato il viaggio, ieri, caro? Ti sei riposato per bene? Spero non sia stato troppo stancante..- si affretta ad aggiungere, sinceramente preoccupata per la sua salute.
Aveva sempre sentito parlare bene di quel ragazzo venuto da un altro paese perciò lo ha 'preso a cuore.' Inoltre rende felice suo figlio e questa è la cosa più importante di tutte -da quando stanno insieme Feliciano è molto più sereno e non ha più incubi. 
E poi sa bene che lei è molto apprensiva, da come ne parla l'italiano, si capiscono molte cose di lei e delle donne italiane in genere.
-E' andato bene, non si preoccupi.- 
L'unica risposta accompagnata da un sorriso.
Dopodiché s'incamminano tutti verso il ristorante lì vicino.
Davanti i due genitori, che camminano a braccetto, dopo la neo-coppia che cammina stringendo la mano e dietro, da solo, l'ultimo Vargas.
Non che lo escludessero: suo fratello cerca di coinvolgerlo e così fa Ludwig ma trovano davanti un muro, entrambi, fatto di risposte brevi e monosillabe, perciò dopo essersi scambiati un'occhiata rinunciano entrambi. L'italiano sospira, il tedesco gli sorride, come per dirgli che non fa nulla, che va tutto bene.
Arrivati al tavolo, si accomodano tutti, l'asociale accanto la madre, il padre a capotavola, i due ragazzi seduti vicini.
E' un agriturismo quello, perciò il menù è già stabilito ed è a base di carne. 
Meglio, perché al tedesco il pesce non piace particolarmente. 
Mentre il suo compagno inizia a mangiare del pane che lui rifiuta per non rovinarsi l'appetito -e perché sa che gli saranno rivolte presto delle domande a cui dovrà per forza rispondere- lui dà un'occhiata intorno, senza però sbilanciarsi troppo.
-E' bello qui.. mi piace.- commenta quasi tra sé. 
Incontra gli occhi chiari della donna ed accenna un sorriso timido, lei sorride solare.
-Allora, raccontaci: ti piace l'Italia?- 
-J-ehm, sì, adoro l'Italia. Quand'ero bambino ho vissuto per circa sei anni al Nord, vicino Firenze, perciò conosco da molto la lingua e la cultura italiana mi è ormai familiare- spiega con calma, sentendosi un po' in ansia per tutti quegl'occhi puntati addosso, cerca solo di non pensarci.
Adesso, lui vive a Berlino, che è considerata uno dei centri della cultura giovanile europea, dove tanti ragazzi continuano a trasferirsi ogni anno. 
Ecco dove si sono conosciuti: Feliciano è un artista, lui dipinge, restaura, crea, studia tutto ciò riguardi l'arte all'Università tedesca. Si sono conosciuti lì, nella capitale.
Entrambi hanno partecipato ad un progetto che vede riuniti giovani da tutto il mondo, giapponesi, americani, inglesi, francesi, russi, cinesi e di tutte le altre nazionalità, iscritti ad una qualche università. 
Questo progetto è l'AIESEC.
Il biondo studia economia all'Università, ma già lavora in una ditta, per occuparsi della pubbliche amministrazioni. 
-Ti piacerebbe venire a vivere qui?-
Gli sa tanto di domanda trabocchetto, questa.
Della serie: 'verresti qui per far vivere nostro figlio vicino a noi?' 
Decide di dare una risposta che dovrebbe soddisfarli in pieno.
-In un periodo come questo, credo che sia giusto tenersi il proprio lavoro. A Berlino il lavoro, fortunatamente, non mi manca, per il momento. Ma se un giorno mi porterà qui o altrove, mi sposterò, non ho problemi nel farlo, mi piace viaggiare. 
Devo ammettere però che mi piacerebbe rimanere in Germania.. anche perché lì, le coppie omosessuali possono anche sposarsi.-
Porta il bicchiere riempito d'acqua alle labbra, detto ciò, notando che Felì, accanto a lui s'è appena affogato ed è arrossito.
-CHE COSA?! Brutto bastardo mangiapatate, non prov---
-Romano! Non ti permettere a chiamarlo così!- sbotta Feliciano contro il fratello. Si chiede come si permetta a definire così il suo fidanzato, visto che non ci sono mai stati scontri tra loro. E lo guarda male, cosa che non ha mai fatto in vita sua, probabilmente. Infatti l'altro si stupisce e lo guarda sorpreso.
-Abbassiamo tutti i toni, ché siamo in un luogo pubblico!- s'intromette la madre. -Cos'è questa storia del matrimonio, Feliciano?-
-Non abbiamo questa intenzione.
Stiamo insieme da poco e non abbiamo ancora fatto questo tipo di progetto. Non volevo farvi fraintendere, mi dispiace tanto- risponde Ludwig in tono pacato, facendo un cenno di scuse col capo.
Ha degnato solo di uno sguardo Romano durante quella sfuriata che, con classe, ha ignorato.
-Meglio cambiare argomento..- mormora Felì sospirando, appoggiando la guancia sulla mano.
Romano incrocia le braccia al petto e distoglie lo sguardo, ancora scosso, mentre il padre prende un'espressione imbronciata.
Portano la pasta e tutti sembrano concentrarsi sul quella, ma occorre fare andare avanti la conversazione.
Il più grande per età tra loro, l'uomo coi bei baffoni, dice rivolto a Ludwgi: -Posso farti una domanda, ragazzo?-
-Certo, dica pure.- accenna un piccolo sorriso, allontanando la forchetta dalle labbra mentre parla, per poi mangiare qualche spaghetto al sugo. 
-I tuoi genitori come.. come hanno preso questa cosa?-
-Prego?-
-Questa cosa che sei gay- sembra a disagio mentre lo chiede, chissà perché. La moglie lo guarda male, per niente contenta che abbia fatto una domanda tanto indiscreta. 
-Non mi sembra il caso,. Scusalo, Ludwig, non vogliamo metterti a disagio- dice lei cordiale, sbagliando la pronuncia del nome. Feliciano la corregge, cosa che la donna non ama.
Il tedesco, si pulisce le labbra col tovagliolo, son la massima educazione dopo aver allontanato la forchetta dalle labbra sottili ed averla riappoggiata al piatto.
Non è un argomento che ama quello.
La sua famiglia non l'ha presa per nulla beve. Suo nonno era un soldato delle SS. Suo padre, è cresciuto con quella mentalità. Sua madre no, invece, ed è riuscita a cambiare in parte il marito. In parte. Perché i pregiudizi sui gay li ha ancora. Così come alcuni altri -tipo quelli sui polacchi, poi odia i turchi. Insomma, ha ideali nazisti, per la maggior parte. E quando.. quando Ludwig è andato da lui -dopo moltissime esitazioni, a dire la verità- lui gli ha alzato le mani e lo ha buttato fuori di casa. Sua madre è rimasta indifferente. Suo fratello Gilbert, invece, ha cercato di difenderlo, ma con poco successo. A lui non importa cosa piace a Ludwig, è pur sempre il suo fratellino, potrebbe anche essere uno zoofilo per quanto gli riguarda. 
-Amore, se non vuoi parlarne, non importa..- gli dice Felì appoggiando la mano sulla sua e guardandolo. Lui sa, sa che ci soffre e che non è bello dire di avere familiari nazisti.
-Nein, non preoccuparti. I miei genitori, purtroppo, non hanno accettato la cosa e mi hanno buttato fuori casa.-
Lo dice tranquillo, come se non fosse niente, come se non lo facesse soffrire da matti da mesi, ormai; ha cercato di parlare almeno con sua madre, ma lei non vuole vederlo per non litigare con l'uomo di casa.
Lud lancia una mano sulla cicatrice che ha sul dorso della mano destra, di circa quattro centimetri. Probabilmente sarebbe scomparsa nel giro di qualche anno, ma per ora è lì a ricordarli le orribili parole che gli sono state dette.
-Oh, Santa Rita, qualche madre butta fuori di casa il proprio bambino?- commenta la donna scioccata, portando una mano sul viso, con fare sconsolato.
Lud riprende a mangiare, scrollando appena le spalle.
L'altro ragazzo lo guarda, poi sospira. Anche se lo detesta, forse un po' per lui gli dispiace, infondo.
Non passa in modo particolare, la giornata.
Semplicemente, continuano a mangiare e parlano di argomenti decisamente più leggeri. 
Dopo pranzo, Lud e Felì si allontanano per stare un po' per conto loro ed quella giornata termina così, con spensieratezza. 
Mentre sono in macchia e tornano in albergo, Felì chiede a Lud come si senta adesso. E quello risponde così: 
-E' andata bene, i tuoi genitori sono persone adorabili.-
Quasi l'hanno fatto sentire a casa. Quasi. Perché casa sua non sarebbe mai stata così. 
Ma questa, è un'altra storia.




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 Note. 

Dunque, primo appunto: Lud vive al Nord Italia per sei anni. 
Sei anni è durata la Seconda Guerra Mondale, e da essa sono passati quasi settant'anni, un periodo lontano, per questo ho scritto che vi stava 'da bambino.' Inoltre, doveva avere avuto dei contatti con l'Italia, prima di incontrare Feliciano, mi sembrava corretto. Ho scelto Firenze perché era una città ricca di Partigiani e lui, appunto, si estranea dagli ideali sbagliati del padre, perché quella città lo ha molto influenzato. Dovevo giustificare questo fatto, altrimenti non avrebbe potuto amare l'italiano.
Secondo appunto: Il padre nazista.
Ahimè, con Ludwig il nazismo c'entra abbastanza, quindi qualcosa che lo richiamasse, dovevo metterla. Questo mi è sembrata una buona soluzione (anche perché, la sottoscritta, ama l'angst.)
Facendo un rapido conto (ci ho messo una ventina di minuti buoni), doveva essere una parente che avesse almeno un'ottantina d'anni, quindi un nonno è la persona più indicata. Considerando che Roderich, ovvero, Austria, era un soldato delle SS, ed possiamo considerarlo un "parente" del tedesco, anche il nonno fa parte di questa "casta."
Anche il padre è cresciuto con questa mentalità. 
Terzo appunto: Feliciano vive a Berlino.
Lui è un artista -il Rinascimento è suo. L'arte è sua, così com'è di Berlino, lo stesso vale per la musica. E dunque ho pensato che potessa andare lì a fare l'Università, così come fanno tantissimi giovani ogni anno.
Quarto appunto: i genitori del sud.
Loro vengono da Napoli, così come Romano è la rappresentazione del Sud Italia. La cultura del sud mi è più familiare, perciò ho preferito lasciarli lì, piuttosto che a Venezia, dove comunque vivono al momento, per questioni di lavoro del padre. Classici stereotipi: Uomini semplici ma ben vestiti e molto superstizioni (questo si vedrà più avanti!). I colori, inoltre, sono quelli del sud. La pelle non troppo chiara, gli occhi scuri del padre, i capelli ricci scuri della madre. Le esclamazioni.. beh, anche. 'Santa Rita!' E lei, in quanto donna italiana, è apprensiva, infatti tende a preoccuparsi troppo che Felì prenda freddo ed appena può gli manda della pasta fatta in casa.

Ora che ho scritto più note che testo, concludo! 

Questa è la prima cosa che scrivo, perciò non siate troppo severi, per piacere!
L'ho ricontrollato venti volte circa, forse un po' di più, ma può essere che ho tralasciato degli errori; ditemelo. 
Uh-uh, devo fare la dedica, mi tocca, mi sa!
Dedico questa raccolta a due persona importanti: Carla che mi ha dato l'idea e Buch che ha sempre letto tutto e mi ha  dato fiducia. 
Grazie, ragazze, vi voglio bene. 

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Capitolo 2
*** Prima che diventassero una coppia. (Parte I.) ***


All'associazione, era un po' che non si faceva vedere.
Nessuno sapeva dove fosse finito, né come contattarlo, perciò lo hanno semplicemente atteso.
Quando è arrivato, nessuno pensava che fosse davvero lui.
Insomma: Ludwig Beilschmidt coinvolto in una .. rissa?
Perché è entrato nella grande hall con u paio di punti sulla fonte, un grosso cerotto bianco all'altezza del gomito, un graffio sulla guancia, una cicatrice sulla mano destra, sul dorso, di un quattro di centimetri circa, per non parlare di tutti quei lividi.
Qualcuno ha spalancato gli occhi, lui ha fatto finta di non accorgersene, ha salutato come sempre, in inglese, ed adesso si dirige verso una piccola stanza piena di documenti.
C'è da spiegare, che la suddetta 'associazione', sarebbe un'organizzazione a livello mondiale. 
L' AIESEC, permette ai ragazzi di essere cittadini del mondo, è un'esperienza nuova che è aperta a tutti gli studenti universitari ed ai neolaureati.
Ed il tedesco ne fa parte, insieme ad italiani, giapponesi, francesi, cinesi, russi, americani, inglesi eccetera.
Ha un paio d'amici lì, che si riferiscono alle prime due nazionalità.
I loro nomi sono: Feliciano Vargas e Kiku Honda.
Comunque, nella stanza, prende un paio di fogli, poi esce, andando verso il giardino.
Lì incontra il primo, lo guarda, gli sorride solare. 
Però quando nota il suo stato, il sorriso si spegne.
Cosa può essere successo al suo amico? Gli corre incontro e lo guarda.
-Ludwig! Ludwig! Che cosa ti è successo?-
-Niente.-
Non lo fa per cattiveria, ma non vuole parlare liberamente della sua vita privata, anche se quello è un amico.
-Ma come niente? Sei pieno di graffi! Sei sicuro di stare bene?-
-Ja..-
Ma lui, non sa mentire.
E finisce per raccontargli tutta la storia.
Si ritrova mezz'ora dopo, seduto su una delle panchine della strutture, sotto l'ombra di un albero, con una bottiglietta d'acqua minerale in mano, con lo sguardo da tutt'altra parte rispetto la figura dell'italiano. 
Gli spiega tutto. Perché poi, non lo sa neppure lui.
Ma Felìciano è convincente, insomma, durante il racconto ha parlato poco, ma quelle poche parole lo hanno incentivato a continuare e, alla fine, ha spiegato cosa gli ha fatto suo padre e la motivazione. 
Suo padre. Perché, poi? Accidenti, Berlino adesso è così aperta!!
- M-mi dispiace, Luddy.. insomma, se posso aiutarti..- commenta in tono vago, chissà, forse leggermente imbarazzato? Forse perché sa quanto sia difficile per il tedesco sfogarsi e dev'essersi sentito 'onorato' che sia stato proprio lui a poterlo ascoltare. 
Gli sorride in modo estremamente dolce, tanto che gli strappa un sorriso.
- Hai dove stare per adesso? - 
- Ja, non preoccuparti. Comunque.. ehm, dankeschoen.. - mormkora sincero, guardandolo lievemente, le gote vagamente rossastre, poi si volta, distogliendo lo sguardo.
- Non devi ringraziarmi! Siamo amici, no? - chiede ridacchiando. Ride sempre, lui. 
- Amici.. mh, sì... amici - annuisce. 
Toglie il tappo blu alla bottiglietta e la porta alle labbra. 
Il moro dondola un po' le gambe con fare infantile guardando davanti a sé.
- Comunque, ti capisco, sai. -
- Mh? -
- Anch'io sono gay. - 
- Was?! - dice d'istinto. Che istinto idiota che ha, delle volte. - Ehm.. cioè, non l'avrei mai detto. Insomma, ogni volta che passa una bella ragazza, tu.. -
L'italiano fa spallucce e si alza in piedi, battendo le mani due volte sul sedere, rivolgendogli le spalle. 
Non vuole fargli vedere che s'è incupito un po'. Sorride, lievemente, adesso. 
- Ci vediamo, Lud - detto ciò, va via. 
- Sì.. ciao. - 
Ludwig non può fare a meno di notare quanto sia strano quell'atteggiamento, ma ci fa poco caso al momento, avrà tempo di pensarci.
Anche l'altro ci pensa.
Quando è nel suo letto, anzi, non è proprio suo.
Gli manca casa sua, in Italia, a Venezia, con i suoi genitori e suo fratello.
Quella notte non dorme. Nel buio della stanza, le lacrime gli rigano il viso, i singhiozzi lo percuotono e le coperte vengono strette dalle sue dita. 
Affonda il viso nel cuscino, a riparo dalle coperte.
Quelle parole gli fanno tornare alla mente brutti ricordi. 
Ad un certo punto, sente il cellulare squillare, così si tira su e con il dorso della mano si asciuga le lacrime, mettendosi seduto sul letto. Guarda nello schermo del cellulare (uno di quelli che si apre e chiude, grigio, vecchio modello) il nome del biondo: ' Luddi (: '
Il messaggio è il seguente (in inglese): 
" Hei, Fè, spero di non averti disturbato.
Volevo solo ringraziarti per oggi. Avevo bisogno di parlane. :) "
E Dio solo sa quante volte abbia riscritto il testo! 
Il ragazzo leggendolo sorride lievemente e per un attimo dimentica quei brutti ricordi. Si affretta a rispondergli: 
" Lud, ti andrebbe di venire qui da me? Non voglio stare da solo stasera.. "
Lui invece invia direttamente, facendosi pochi problemi.
Si tratta di ricambiare il favore, per il biod--- no, non è quello.
Ha capito, quel pomeriggio, che aveva qualcosa di strano, si è chiesto tutto il giorno di che si trattasse.
Forse neppure la sua famiglia ha apprezzato il suo "modo di essere" ? Comunque, molto probabilmente, l'avrebbe presto scoperto. 
" Dammi il tempo di vestirmi. "
S'infila dei jeans, una maglietta bianca, una felpa blu, di quelle con zip e cappuccio, con i laccetti bianchi, scarpe da tennis nere e cintura marrone, perché non trova quella nera e va da lui, a piedi, perché non abitano poi così lontano.
In un venti minuti, è davanti la sua porta. Si sistema i capelli con la mano -per 'ennesima volta- chiedendosi perché ci stia mettendo tutta quella attenzione. Infondo è solo un amico, no? Certo.
L'italiano intanto si è vestito (dorme nudo, lui), con pantaloni scuri ed una maglia larga e comoda bianca. 
Si è sistemato i capelli anche lui con una mano, prima di aprire la porta e concedergli un piccolo sorriso.
- Ciao.. - dice, in italiano, poi si corregge: - hello..-
- Hallo.. wie geht's dir? Qualcosa non va? - chiede rimanere sulla porta, finché l'altro annuisce e lo invita con un cenno ad entrare. 
In quella casa non c'è mai stato, ma sapeva dove abitava, lo ha visto andare lì un paio di volte e poi ognuno di loro ha una scheda e lui stesso le ha ordinate, una volta, soffermandosi sulla sua. Ma comunque.
- Mi dici cos'hai? - domanda, riportando l'attenzione su di lui. 
Feliciano apre la bocca, poi sente gli occhi pungergli, di nuovo, gli si avvicina e lo abbraccia forte, affondando il viso al suo petto, in lacrime. 
Il tedesco si trova spiazzato, non è abituato a certi gesti d'affetto. Dopo un attimo di esitazione, lo stringe e istintivamente gli accarezza un po' i capelli, prima di rendersene conto ed arrossire. 
- Cosa.. cosa succede? - 
- Io.. c'è una cosa che non ho mai detto a nessuno. 
Quand'ero piccolo.. -
- Quand'eri piccolo..? - ripete, per incitarlo a continuare. Poi adocchia il letto, perciò gli prende la mano e va a sedersi lì, trascinandolo con sé, l'altro non si lamenta di ciò, anzi. Si siede curvando la schiena e tenendosi strette le gambe al petto ed il cuscino colorato.
- E' successo quando ero un bambino. -
Stringe forte il tessuto del copriletto, con lo sguardo basso, i capelli castani a coprirlo, le lacrime che crollano fino alle ginocchia, bagnandole. 
- Andavo.. ad una scuola vicino casa mia. Andavo alle elementari a quei tempi.. c'erano due maestri. Loro... loro.. - porta le mani sul viso, coprendolo e scoppiando a piangere. 
Ludwig non sa che fare, gli si avvicina ed appoggia una mano sul suo ginocchio, dopo cerca con lo sguardo dei fazzoletti, ne trova un pacchetto, ne prende uno e glielo porge. 
- Che ti fecero? - domanda in poco più che un sussurro, anche se una mezza idea l'ha già, purtroppo. 
Vorrebbe accarezzargli i capelli, asciugargli le lacrime, rassicurarlo. Ma non ci riesce, non lo fa, qualcosa lo blocca. E così, si limita ad attenderlo, paziente, e guardarlo. 
Il suo interlocutore si asciuga le lacrime, dopo inizia a torturare il fazzolettino con le mani, mentre guarda alla sua sinistra, non riesce a sostenere il suo sguardo.
- .. Abusarono di me - dice in tono appena udibile. 
Ecco. Lo ha detto. 
Lud, adesso, non sa che dire. Spalanca gli occhi, poi distoglie lo sguardo, come se guardare altrove potesse aiutarlo a capire. 
- Ich.. mi dispiace tanto.. non immaginavo.. -
- Come avresti potuto? Non l'avevo mai detto a nessuno.. a parte la mia famiglia.. rimasi zitto per un po', poi lo dissi a mio fratello. Lui informò i miei genitori. Romano.. mi ha sempre difeso.. - torna ad chinare il capo guardandosi le mani, con un piccolo sorriso. 
Passa poi un dito sotto l'occhio destro, l'indice, per asciugare le lacrime. 
- Non lo dirò a nessuno, non preoccuparti. -
- Ti ringrazio.. - lo guarda, senza alzare la nuca, ma soltanto lo sguardo. E dopo, senza pensarci, lo abbraccia, facendolo arrossire di nuovo. 
- Ecco perché continuo a dire di essere vergine quando si parla di sesso con gli altri. Che stupido, eh? - mormora ridacchiando.
- Nein, non lo sai.. - accenna un sorriso anche lui. 
- Grazie per avermi ascoltato. -
- Tu lo hai fatto questo pomeriggio. -
- Non l'ho fatto perché ti sentissi in debito.. - si affretta a dire, guardandolo leggermente preoccupato, non vuole che capisca male. 
- Lo so, sta' tranquillo. -
Il suo sorriso diventa dolce -quando mai è stato dolce, lui?
Perché cambia tanto quando è con lui?
-Ah, comunque nero e marrone non si mette, sai?-
-Eh?-
-Sei proprio tedesco!- ridacchia l'italiano. 
Rimangono insieme fino a tarda notte, scherzando e ridacchiando, decisamente più rilassati, entrambi.


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 Note. 
 
Dunque. 
Prima cosa da spiegare: l'AIESEC.
L'AIESEC è un'associazione che esiste davvero e racchiude ragazzi di tutto il mondo. 
Mi sembrava giusto che potesse aver a che fare con gli altri e qualcosa dovevo inventarmela. Questa mi sembrava una buona idea -in un certo senso, riprende il Gakuen, dato che è in ambito universitario e, dunque, scolastico. 
Seconda spiegazione: gli abusi di Feliciano.
Ruolando la GerIta, ha capito di lui un bel po' di cose. Non so se è davvero così, forse non lo è, ma è probabile che le altre nazioni abbiano abusato di ChibiItalia e questo era l'unico modo per riportarlo.
Ho scritto che sono state due persone, perché non credo sia stata una sola nazione. Dopotutto, è stato /dominato/ da diversi paesi, no? 
Non credo che in questo caso debba fare altre appunti.
 
Grazie! 

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Capitolo 3
*** La loro prima volta insieme. ***


-Amore, così mi distraggo!- dice con un sospiro Ludwig, nella lingua dell'amato, chissà perché poi.
-Aber.. ich liebe dich, schatz- replica l'italiano, invece, in tedesco, con occhi dolci.
Gli si mette in braccio, prendendogli il volto tra le mani e baciandolo sulle labbra, a lungo.
L'altro il bacio lo ricambia, dopo  però lo guarda serio negli occhi.
-Dico seriamente. Ho l'esame tra una settimana.-
-Hai altri sei giorni per studiare, tanto- annuisce convinto il moro.
E va beh, la concentrazione se n'è andata del tutto, studiare adesso sarebbe impossibile, perciò tanto vale 'accontentarlo.'
Dopo qualcosa borbottata a mezza voce nella lingua madre, il biondo lo stringe a sé, togliendosi gli occhiali ed appoggiandoli sul libro, ormai chiuso.
-Sei più sexy con gli occhiali- sente al proprio orecchio, in un sussurro, così accenna un sorriso malizioso. Lo prende in braccio alzandosi in piedi, mentre lo bacia ancora e ancora.
Si lascia aiutare per aprire la porta della camera da letto ed arrivato lì lo adagia sul letto, con delicatezza.
Rimanendo in piedi, ma piegato verso di lui, appoggia le mani sulla coperta vicino al suo viso. Gli lascia un bacio a fior di labbra. 
-Sei sicuro?- 
-Perché non dovrei?- domanda Felì scrollando appena le spalle.
Ci sono mille motivi per cui non dovrebbe voler farlo, o almeno, il tedesco la vede così.
Inoltre, c'è la questione degli abusi.. 
Feliciano si mette seduto e con lo sguardo fisso sul fisico scolpito dell'altro, prende a sbottonargli la camicia, poi la sfila, lentamente, e la fa ricadere lentamente finché non tocca terra. Lo guarda negli occhi, accenna un sorriso sicuro e passa le mani tra i suoi capelli dorati.
Lud appoggia un ginocchio sul materasso, subito dopo vi poggia l'altro.
 
 
Quando l'italiano apre gli occhi, si ritrova sul letto disfatto,  da solo, nel buoi della stanza, con la coperta addosso. Si mette seduto ed istintivamente toglie in fretta la coperta. 
Sorride, notando una cosa che sembrerà stupida o banale a chiunque, ma non a lui.
Non c'è sangue sulle lenzuola bianche ed ancora candide ed intatte.
Scoprendosi ancora nudo, si alza e ri-infila i boxer grigi, poi mette la camicia dell'amato.
E' una cosa che ha sempre voluto fare: indossare qualcosa della persona che ama, un suo capo di abbigliamento, che lo tenesse caldo e lo facesse sentire al sicuro. 
Porta la mano sul colletto e lo avvicina al naso, assaporandole con cura l'odore.
Che buono.. davvero meraviglioso.
Apre la porta, lasciando che la camicia lo copra un po' e mentre ancora abbottona uno per uno i piccolo bottoncini bianchi si fa strada verso la cucina.
Nota il fidanzato studiare, con una tazza di qualcosa che sembra tè lì vicino.
-Sei di nuovo suoi libri?- gli domanda decisamente sorpreso. 
Gli si avvicina ancora un po' e gli lascia un bacio sulle labbra, che subito il tedesco ricambia.
-Hai idea di quanto hai dormito?- 
L'altro scuote la testa e appoggia i gomiti sulle sue spalle, in modo da stare dietro di lui ed abbracciarlo. 
-Un bel po'..- risponde Ludwig alzandosi in piedi ed appoggiando le mani sui suoi fianchi, poi gli accarezza il viso. -Tutto bene?- detto ciò gli bacia la guancia.
-Ja, Liebe..- il moro annuisce più volte con un sorriso dolcissimo. -E' stato meraviglioso..- commenta infine accarezzandogli la guancia e baciandolo su di essa.
-Tu sei meraviglioso.-
Felì arrossisce violentemente a quelle parole ed affonda il viso nel suo petto, mentre due braccia forti e muscolose gli circondano le spalle. 
Ludwig gli prende la mano, va di nuovo in camera proria. L'altro lo segue stupito, lento, con la mano libera appoggiata distrattamente sulle labbra e l'espressione piuttosto confusa. Cosa vuole fare? D'un tratto a paura che voglia farlo di nuovo. Insomma non.. non se la sente di certo, adesso. 
Eppure il tedesco apre l'armadio e ne prende una felpa grigia, che gli appoggia sulle spalle.
C'e piuttosto fresco e non vuole che si ammali, ecco perché gli da quella, che lo terrà ben al calduccio. Viene un po' grande persino a lui stesso, figuriamoci quanto possa stare comodo lì sentro l'amato!
Felì, sentendosi avvolgere da qualcosa di così caldo e morbido, alza la cerniera e si stringe lì dentro, con un largo sorriso dolce. Che sciocco, è stato, a temere di stare con lui, anche solo per un istante. Gli si avvicina e lo abbraccia forte.
-Magari, per stasera, potrei rinunciare a studiare.. e stare con te.-
-Magari.. mi faresti felice- sorride.
Così anche quella sera trascorre serena, la sera dell'otto dicembre, la sera della loro prima volta.
Cenano insieme, ovviamente cucina l'italiano qualcosa di tipico della sua terra, mentre Lud finisce il capitolo e poi apparecchia. 
E dormono abbracciati, stretti l'uno all'altro, sicuri, tranquilli.
Nessuno di loro fa brutti sogni e dormino sereni..
Poi, a mezzanotte circa, Ludwig sente il cellulare proprio squillare, all'arrivo di un messaggio.
Suo fratello Gilbert, scrive: "Hei, Bruder.. ho bisogno di parlarti. Ci vediamo domani? Ti va bene alle 15:00? Diciamo.. quartiere Mitte, solito posto. Gute Nacht!"
Chissà di cosa vuole parlare..
Da quando suo padre lo ha buttato fuori di casa, l'albino lo ha molto aiutato, ma si sono visti ben poco e si mancano, tantissimi, accidenti. 
Sarà arrivato il momento di ricambiare il favore..?

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Capitolo 4
*** La notizia di Gilbert. ***


Quartiere Mitte solito posto, aveva detto il fratello, no? Alle.. quindici.  
Ludwig ha finito la lezione circa mezz'ora ed ora, alle quattordici e trentasei, si ritrova al punto prestabilito, con un panino preso al volo tra le mani quasi finito. Lo ha mangiato mentre camminava verso la meta. Ne da altri due morsi, poi getta la carte e beve un po' d'acqua. 
-West!- si ritrova un braccio intorno le spalle ed il suo ghigno vicino l'orecchio.
-Non mi sei mancato per niente.-
Bugia! Gli è mancato terribilmente! Il fastidio che gli dava, i suoi scherzi idioti, la sua risata. Insomma, suo fratello è suo fratello. Sempre e comunque.
-Ehh? Non ci credo! Komm, Bruder. Sediamoci e prendiamo qualcosa.-
-Ho già mangiato. E smettila di mangiare schifezze!-
-Non ci vediamo da tre settimane e non parliamo per più di dieci minuti da due mesi e tu ora mi rimproveri? Guarda che sono io, il maggiore!- gli fa notare, osservando il menù, poi il seno prosperoso della cameriera, ma al calcio del minore, riporta l'attenzione sulla carta ed ordina una cocolacola.
-Sei sempre il solito.-
Gilbert scrolla le spalle ed attende che arrivi la bevanda, prima di iniziare a parlare. Porta la cannuccia rossa come i suoi occhi alle labbra, prendendone qualche sorso, poi gli fa un cenno, come per invitarlo ad assaggiarne un po', ma il biondo rifiuta.
-Wie geht's dir?- gli chiede innanzitutto come sta.
-Sehr gut, und du?- 
-Gut, danke. Con Felì? Ho saputo che hai conosciuto i suoi.-
Il tedesco si stupisce e spalanca un poco gli occhi: -come fai a saperlo?!-
-Facebook. Me lo ha detto Fé da lì.-
-Was?! Tu hai il mio ragazzo tra gli amici di Facebook? Und.. parlate? Che vi dite?-
L'albino ridacchia e si passa una mano tra i capelli biancastri, allontanando poi la lattina. -Parliamo solo ogni tanto, gli scrivo io. Gisto per sapere come sta il mio fratellino, visto che non si fa mai sentire.-
-Lavoro, studio e vado all'università. Sono impegnato!- 
-Ma il tempo per il fidanzato lo trovi! E del tuo Magnifico fratello ti dimentichi!- gli lancia un'occhiataccia e lo nota incrociare le braccia al petto. Tipica sua risposta. -Also, non sono qui per parlare di questo.Ti ho trovato un lavoro.-
-Io ho già un lavoro- ribatte l'altro confuso. 
-Che ti paga così bene?- gli mostra un appunto scritto a matita su un pezzo di carta, con orari, stipendio e tutto ciò che serve, poi il bigliettino del locale. Gli spiega il lavoro che dovrà svolgere.
Lud osserva entrambi, con serietà, poi annuisce alle sue parole. Promette che ci penserà. 
-Comunque credo che vada bene. Non ti toglierebbe nemmeno troppo tempo allo studio. Certo.. devi avere un bel po' di pazienza.-
-Ja.. dankeschoen..- mugugna lentamente, pensieroso. 
-Allora, come sono i genitori di Felì? Ti hanno trattato bene?- domanda appoggiando le braccia incrociate sul tavolino di plastica e finendo la bevanda scura con un volgare risucchio. 
Il suo interlocutore mette da parte entrambi, riponendoli con cura nella tasca dei jeans ed annuisce.
-Sehr gut. Mi hanno fatto sentire a casa, in un certo senso.. sono delle bravissime persone.-
Gil sorride alle sue parole, è felice per lui, vorrebbe vivessero ancora sotto lo stesso tetto, ma lui ha un lavoro, vive da pochi mesi in un'altra casa e non ha molti rapporti con il padre, da quando ha osato fare quello al suo fratellino adorato.
-Ne sono felice, Lud. Davvero, sono felicissimo! Ora devo andare a lavoro, ci sentiamo! E pensa a quello che ti ho detto!- lascia i soldi della bevanda, anzi lascia quasi il triplo, e va via, dopo un cenno veloce di saluto. Ludwig sa perché lo fa, perché il resto lo tenga lui, ma non vuole che si comporti così. Prende i soldi -ovviamente lasciando il costo della Coca e la mancia- appuntandosi mentalmente che gli parlerà di ciò. 
Si volta e verso casa. 
Un messaggio. E' di Feliciano. E lui come prenderà la notizia del lavoro che pensa di accettare? Sicuramente non bene.
 
 
 
 
 
 
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Note
Beh, non c'è molto da dire, a dire la verità. Mi scuso per gli errori, ma ho molto sonno! Il perché Gilbert chiami 'West' Ludwig lo sappiamo tutti, ma ben presto metterò la motivazione della storia, prometto.  Non credo debba aggiungere altro che non sia scontato.. Grazie per l'attenzione! 

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Capitolo 5
*** La reazione dell'italiano. ***


Mentre Ludwig va a cercare una felpa di quelle con la zip da indossare perché sente fresco, Felì pensa bene di prendergli il cellulare, seduto sul divano, e leggere i messaggi. 
Farebbe bene a darci un taglio, perché se lo sa il tedesco, sono guai. 
Non che abbia cose da nascondere: semplicemente non gli va il fatto che debba controllarlo.
Quest'ultimo sta giusto sistemando il cappuccio per bene sulla schiena, alza la zipa per tre quarti e gli si avvicina. Nota subito il proprio cellulare tra le sue mani.
-Che stai combinando?- gli domanda corrugando la fronte. 
-Niente. Guardo le immagini- mente, lui, alzando appena lo sguardo su di lui, con un sorriso.
-Ho solo quelle campione, quelle del telefono. E quelle due nostre che mi hai mandato tu.-
Ora, spieghiamo una cosa.
 Il tedesco, fosse per lui, comprerebbe anche uno di quei bei telefoni come uno smartphone. Il Samsung Galaxy, ad esempio! Quello gli piace moltissimo. Però, non può. Costano molto e lui, per adesso, è in ristrettezze economiche. Deve vivere da solo, quindi lavorare, ma anche portare a termine gli studi all'Università. Per cui tiene il suo telefono, un Nokia senza fotocamera, vecchio modello. 
Passa dietro il divano e va a prendersi del succo di frutta; ne versa un po' in due bicchieri, uno glielo porta. 
-Chi è Hélèn La ragazza francese?-
-Warum?-
-Perché... vedo che parlate abbastanza per messaggi.-
Sentite queste parole, Lud si riprende il cellulare, innervosito. -Non provarci più.-
-Eh? A fare?-  chiede l'altro, tenendo con entrambe le mani il bicchiere che porta alle labbra. Ne beve un paio di sorsi, guardandolo. Per lui non c'è nulla di male, in ciò che ha appena fatto. Con un soffio scaccia via una ciocca scura di capelli che gli coprono la vista.
-A controllarmi il cellulare! Cos'è, non ti fidi? Hai paura che ti tradisca?- domanda il biondo, scettico, posando gli occhi sui suoi. Lo nota abbassare lo sguardo, così sospira. E' più o meno tutto il giorno che "litigano" o quantomeno discutono, ed ancora non gli ha parlato del nuovo lavoro, della proposta di Gilbert.
-Scusa..- appoggia il bicchiere in vetro ormai vuoto sul tavolino e abbraccia le proprie ginocchia.
-Felì.. ti devo parlare- esordisce dopo un po'.
Quelle parole non portano mai nulla di buono, in nessun contesto, specialmente tra due innamorati. L'italiano ha sempre paura che possa essere lasciato e dato che per loro quella non è stata una bella giornata teme la fine della loro storia, così si affretta a dire: -N-non ti controllo più il telefono, lo giuro!  E n-non ti disturbo più mentre studi... promesso.- 
-Nein, Lieber, non è questo..- scuote appena la testa. L'altro gli si avvicina ed appoggia le mani sulle sue ginocchia, entrambi seduti sul divano, vicino. 
-A-allora ho fatto qualcosa di male?-
-Nein, sta tranquillo- gli accarezza la guancia. -Il punto non è questo. Ieri.. ho visto Gilbert.-
-Tuo fratello?-
-Ja - lo guarda annuire e riprende: - mi ha parlato di un lavoro. E penso di accettarlo. Mi pagherebbero di più.-
-Ma è meraviglioso!- gli butta le braccia al collo e lo bacia sulla guancia. -Ed io che mi ero preoccupato!-
Il biondo sorride e ricambia la stretta. Poi gli mostra i due bigliettini che l'albino gli ha dato il pomeriggio prima. Felì quasi sbianca.
-Non se ne parla! Tu là non ci lavori!- sbotta, incrociando le braccia al petto ed allontanandosi. 
-Was? Und.. warum?!-
-E' un locale per gay! Sarà pieno di maschi in calore!-
-In calore?- trattiene una risata e lo guarda -ma non mi spoglio di certo.-
-Non voglio comunque!- ribatte, stizzito. E' estreamenrte geloso del suo uomo e non vuole che nessuno lo guardi né tantomeno gli rivolga la parola.
-Guarda che non ti sto chiedendo il permesso. Te lo sto dicendo solo per informarti. E comunque è solo per un breve periodo. Due settimane, sostituisco un altro ragazzo. Poi mi troverò qualcos'altro. Finché non mi laurereò ed entrerò nella.. Bunderswehr.- 
Feliciano lo guarda sorpreso. Si affretta a scuotere la testa: non può essere vero.
I suoi begl'occhi nocciola si riempono di lacrime, la sua mente è piena di orribili scenari.
-T-tu non puoi arruolarti..-- 
Ludwig porta l'indice sul suo viso, scacciando via le lacrime. -Ne riparleremo tra  un anno e mezzo, quando finirò la Bachelor.-
La Bachelor è l'Università che prevede tre anni di studio, come quella triennale italiana.
Lud è a metà del secondo annoanno, ancora ha molta strada davanti a sé. Ma alla fine, quando avrà la laurea, vuole entrare nella Difesa Federale Tedesca, servendo così il suo paese.
Lui ama la sua Nazione, vuole onorarla e difenderla, entrare nell'esercito, combattere per la patria. Ed ovviamente, Felì ha paura. E' naturale, potrebbe ferirsi, farsi seriamente del male o addirittura.. morire.
-No! Ne parliamo adesso! Tu non ti arruoli né vai in quel locale! Non voglio!- asciuga le lacrime con il dorso della mano.
Il biondo gli prende il volto tra le mani.
-Hei.. guarda che non guarderò nessuno. Non mi interessano gli altri- mormora, arrossendo leggermente sulle gote.
L'amato annuisce e lo abbraccia forte, piangendo poi sul suo petto.
Ludwig gli accarezza i capelli. -Non piangere.. Sai che.. ho bisogno di quei soldi. Non devo spogliarmi, perciò stai tranquillo. Non lo farei mai, mi conosci.-
Il tedesco ha infatti una grandissimo senso del pudore, si imbarazza facilmente ed arrossisce per un nonnulla.
Poco a poco anche l'italiano si calma, ascoltando il battito regolare del cuore dell'altro. Annuisce appena, non piange più. 
Stanno insieme solo da qualche mese, ma ha così paura di perderlo.. 
Ha paura di rimanere solo, non si è mai legato tanto a qualcuno, per quanto ci provasse.
Mai fino ad quando lo ha incontrato, all'università.
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Note:
Dunque, c'è da spiegare qualcosuccia. 
Punto primo: Ludwig vuole un cellulare costoso. I tedeschi amano questi gingilli tecnologici, invece credono sia completamente inutile acquistare vestiti firmati. 
L'unversità: c'è un programma universitario a cercano di attenersi molte università europee (come quella italiana e tedesca.) La laurea che vuole prendere Ludwig è di tipo triennale.
La Bunderswher: Al contrario di quanto disse Gilbert ( "Io sono un soldato" "No, West. Tu sei un Impero. /Io/ sono un soldato."), il tedesco è anche un soldato. Questo tedesco, s'intende. E siccome ha combattuto -e fatto esplodere- due guerre mondiali, gli toccano più o meno due missioni. Comunque, c'è la possibilità che entrerà lì  e prenderà il titolo di Capitano.
L'ultiissima cosa: il fatto del cellulare. Che Felì vuole controllarlo, intendo. 
Beh, io non so come funzionino al nord queste cose, a qui al sud è abbastanza frequente che questo accada. Personalmente, è una cosa che detesto e credo che neppure Luddy(?) la possa sopportare.

Grazie (:

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Capitolo 6
*** Prima che diventassero una coppia. (Parte II.) ***


Fuori sta piovendo a dirotto, dalla cucina si sente la televisione ad un volume decisamente troppo alto. 
Feliciano è seduto sul suo letto caldo, con la luce spenta. Sta abbracciando le proprie ginocchia, che ha portato al petto e su di esse ha appoggiato il suo viso. 
Non sta piangendo; probabilmente non ha più lacrime da versare. 
Sente i genitori conversare animatamente e ridere ascoltando la trasmissione televisiva. E' da un po' che non sente Romano, invece. 
Chiude gli occhi, ben strette, ma si sente costretto a riaprirli. D'un tratto, un tuono lo spaventa, così accoccola sul letto, controlla la spalliera, non accorgendosi di tremare. 
Si ferma solo quando sente bussare alla  porta. 
-A-avanti..- sussurra. 
Il fratello maggiore entra nella stanza. Lui ha dodici anni, mentre il Felì ne ha soltanto otto. 
Si avvicina al suo letto richiudendo la porta alle spalle, guardandosi poi intorno.
-Se n'è andata la luce- esordisce osservandolo. 
L'altro annuisce debolmente, fissandolo quasi impaurito.
-Che c'hai, Felicià?- gli si avvicina e si siede sul bordo del letto, guardandolo un po' confuso.
-N-niente- risponde il piccolo abbassando lo sguardo con gli occhi di nuovo pieni di lacrime.
Forse, dopotutto, può ancora piangere.
-Seh, va beh. Sei strano da un po'. Prima non ho detto niente alla mamma perché tu non vuoi dirmi che c'hai, però se continui così le vado a parlare.-
-No! Non chiamarla!- si affretta ad aggiungere, mettendosi seduto sul cuscino, provando un po' di dolore in tutto il corpo.
Romano spalanca gli occhi. Ma cos'ha? Perché si comporta così? Non ha mai alzato la voce, è un bravo bambino, lui. Mica come il maggiore che fa disperare sempre i genitori.
-Feliciano, che succede?- chiede ancora, serio, puntando gli occhi verdi sui suoi nocciola.
-I-io.. niente, scusa- chiude gli occhi ed appoggia la fronte sulle ginocchia, prendendosi il polso destro con la mano sinsitra, portando quella presa vicino le caviglie.
-Non è vero, stai male. Dimmi che hai!- si arrabbia quasi, ma è preoccupato, tanto tanto.
Gli si avvicina mettendosi a quattro zampe sul letto e gli fa alzare lo sguardo, gonfiando quasi le guance. 
-L-lasciami! Lasciami! Non mi toccare!- ribatte il minore, quasi isterico, singhiozzando.
-Fratellino...- lo guarda stupito, allontando le mani dal suo viso. Si mette seduto sul letto e lo scruta.
-Hai litigato con qualcuno?-
No, Feliciano scuote la testa.
-Hai preso un brutto voto?- 
Nemmeno questo.
-Ti ha sgridato qualcuno?-
No, acqua.
-Ti ha fatto male qualcuno?-
Centro. 
Il bambino annuisce debolmente e gli si avvicina, abbracciandolo forte e piangendo sulla sua spalla, spasmodicamente il suo corpo è scosso dai singhiozzi. Quello più grande lo stringe, non sapendo proprio che fare. Poi lancia uno sguardo sul punto in cui era seduto il fratellino: c'è sangue lì.
Lui non sa bene cosa significi, è ancora piccolo e non sa bene come vadano queste cose. 
Però ha sentito parlare la maestra di una classe di bambini più grandi con altre due donne, poi ha chiesto al papà e lui gli ha spiegato bene. Ma ha anche detto di non dire niente al più piccolo della famiglia, perché si sarebbe impressionato troppo, lui è molto più sensibile.
E pensare che queste cose, le ha subite. 
D'un tratto ricorda. Lo allontana un po', appoggiando le mani sulle sue spalle.
-Un uomo grande si è spogliato e ti ha costretto a fare delle cose brutte?!- chiede con innocenza e si porta una mano sulla bocca quando l'altro annuisce.
-Dio! Devi dirlo alla mamma e al papà!-
-No, no, Romano, non posso! Mi ha fatto promettere di non dirlo!- si asciuga le lacrime con la manina sporca di colore, quel giorno a scuola la maestra di arte li ha fatti disegnare e colorare, infatti. Lui è bravissimo in questo, mentre l'altro non riesce molto bene nemmeno a scrivere, è da poco guarito dalla Remautica Coreana (o Ballo di San Vito), quindi ha ancora un po' di problemi in questo.
-D-dobbiamo dirlo a qualcuno.. lo diciamo alla maestra? O al maestro Maurizio!- 
Feliciano vorrebbe dirgli che è stato lui a fargli del male, ma la voce gli muore in gola e d'un tratto non riesce a respirare molto bene. Dev'essere il nervosismo, lo stresso, l'ansia. 
-Felì.. ? Felì? Mamma! Mamma, vieni subito! Mamma!- la chiama a gran voce, cercando poi di aiutare il fratellino. 
 
 
E' da poco passata l'ora di cena. 
Il minore dei due fratellini, dopo quella crisi, si è subito addormentato. 
Romano ha appena raccontato quanto gli è stato rivelato, si trovano tutti al tavolo della cucina, lui ha le mani sulla sua superficie ed i piedini che penzolano dalla sedia. 
La madre singhiozza da dieci minuti circa, non riesce a smettere di piange e di dire: 'il mio bambino! Figlio di puttana! Il mio bambino!"  mentre il padre cerca di consolarla e di capire, a mente lucida dopo lo shock iniziale, il da farsi. Le dice anche di essere forte, ma è difficile.
Certo, devono denunciare quei due porci schif-- pedofili.
Il ragazzino sveglio ha molta fame, ma non gli sembra il caso di lamentarsi adesso, data la situazione.
-Fè!- esclama guardandolo entrare nella stanza. 
E' molto pallido, gli gira la testa.
La donna si asciuga le lacrime e sussurra: -Amore mio..- con un piccolo sorriso forzato.
Gli va vicino e lo prende in braccio stringendolo a sé. -Sei al sicuro, adesso, nessuno ti farà mai più del male. Nessuno, te lo giuro, bambino mio..- gli dice a bassa voce e gli da qualche bacino sulla guancia. Il padre gli si avvicina e lo accarezza, lui sembra dapprima non capire.
-Me lo avevi promesso, fratellone.. che non gliel'avresti mai detto..- mormora fissando il vuoto.
-I-io..- farfuglia l'altro. Accidenti, non solo rinuncia alla sua cena per lui e per farlo stare bene, pure si lamenta! Certo Romano non può capire come stia veramente il fratello, ma col tempo lo capirà. 
La donna intanto è scoppiata di nuovo il lacrime, che cerca di fermare portando una mano sul viso, poi scappa in bagno, affidando il figlio al marito.
-Tesoro, adesso facciamo una cosa che fanno solo i bimbi grandi e bravi, d'accordo?- gli dice con gli occhi lucidi. 
Il bimbo con l'ingenuità che solo lui può avere in quanto piccolo, si porta un dito sulle labbra. -Che cosa, papà?- domanda. 
-Adesso tu rimani con tuo fratello, perché noi, io e la mamma, dobbiamo andare in un posto, ok? Vi preparo la cena, poi filate a nanna.-
Lo mette giù, poi lancia un'occhiata al figlio maggior: lui ha già capito. Prende per la mano il fratellino e lo porta in camera propria, facendolo eccezionalmente giocare con i propri giochi. Feliciano non può fare altro che sorridere e per un momento dimenticare quel brutto periodo.
Intanto l'uomo prepara una buona cena ai piccoli: patatine fritte, wurst scaldati nel forno con Ketchup e Maionese.  Apparecchia loro la tavola che come ad ogni pasto è tutta colorata, per bicchieri, piatti, porta tovagliolo e tovaglia, ognuno di un colore diverso, ma che si abbinano bene tra loro, senza fare troppa confusione cromatica.
La madre intanto cambia le lenzuola nella cameretta buia del figlio, sistemandovi i peluches attorno. Di solito fa un bel lavoro, ma quella sera s'impegna molto di più. 
I genitori escono per andare al Commissariato di Polizia, i bambini rimangono a casa.
 
Quella stessa notte, i due fratelli dormono insieme. 
Romano dorme nella cameretta del più piccolo, ma entrambi nella tenda da giardino che hanno montato con l'aiuto degli adulti. Sono più tranquilli entrambi -decisamente più tranquilli- mentre giocano prima di andare a letto. Secondo loro, i genitori li credono già a letto da un pezzo, ma tutti in quella casa sanno che sono svegli, eppure per una volta non vengono rimproverati.
Quando oramai è passata la mezzanotte, Felì si accoccola tra tutti quei cuscini e coperte.
-Fratellone?- gli tira la manica del pigiamino verde con dei bei pomodori rossi stampati sopra, lui si volta e lo guarda. 
-Sì?-
-Dormiamo?- domanda strofinandosi gli occhietti stanchi.
-Sì-  accoccolandosi vicino a lui, gli sistema la coperta e lo guarda chiudere gli occhi e sorridere appena.
-...Romano?-
-Cosa c'è?- ma quando prenderà sonno? Si chiede il bambino.
-Mi.. mi abbracci?- chiede timido il più piccolo, avvicinandosi un po' a lui, spaventato dai fulmini e dai lampi.
Romano sospira appena, però lo accontenta.
E si addormentano in breve, entrambi.

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Note.
*Tira in su sul nasino* Allora.. Voglio solo spiegare una cosa, che ho dimenticato di dire prima. 
Il titolo del capitolo "Prima che Diventassero una Coppia (Parte II)" indica appunto un periodo di tempo che va prima del 27 Novembre, ovvero quando Lud bacia Felì per la prima volta e così si mettono insieme.
Questo capitolo tratta degli abusi di Feliciano, in particolare. 
Grazie (:

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Capitolo 7
*** Lud da ubriaco è davvero divertente. ***


-Gesù, amore, ma quanto cavolo hai bevuto?- mormora Felì con uno sbuffo, incrociando le braccia al petto.
E lo guarda un attimo.  Ma facciamo un passo indietro, per capire com'è che Ludwig si è quasi ridotto a ballare musiche da discoteca davanti estranei, lui così timido ed impacciato nei rapporti sociali.
 
E' sabato pomeriggio, Feliciano è passato da lui, come previsto, ed è salito al secondo piano dell'abitazione dell'amato.
Come al solito, alla soglia di casa, baci ed abbracci -come se non si vedessero da mesi! Eppure sono solo passati un paio di giorni.
Comunque, Lud ricambia tutto e lo fa entrare in casa, tenendolo per mano, dopo aver richiuso la porta alle loro spalle.
-Sai che giorno è oggi?- gli domanda cingendogli la vita con le braccia forti e muscolose.
L'italiano porta le sue intorno al suo collo, stringendolo in un abbraccio, mettendosi poi sulle punte per baciargli la punta del naso, facendolo così sorridere.
Scuote la testa, dopo aver alzato gli occhi verso destra per pensarci. 
L'altro sorride: -E' il ventisette.-
-Eh? Ma come?! Credevo fosse il venticinque oggi! Me ne sono dimenticato.. mi dispiace tanto..- mugugna abbassando lo sguardo.
L'amato glielo fa alzare ed appoggia le labbra alle sue, lasciandovi un piccolo bacio. -Non importa- gli dice e gli ripete, più dolcemente.
Non è loro abitudine farsi dei regali per il loro anniversario -mesiversario, più che altro; semplicemente stanno insieme tutto il giorno e festeggiano a loro modo. Qualcosa di semplice, dopotutto il loro amore non è nulla di complicato. Più o meno.
-Usciamo?-
Felì gli rivolge uno sguardo critico. -Dove hai intenzione di andare vestito così?- alza le sopracciglia perplesso.
-...Gott- alza gli occhi al cielo e si lascia trascinare per il braccio dall'altro in camera da letto, davanti l'armadio.
L'amato lo fa rimanere in boxer e si adopera per vestirlo al meglio.
Gli fa indossare una camicia bianca con scollo a V bianca, una camicia a jeans (abbottonata) chiara, e dei jeans scuri, con scarpe e pantaloni beige.
Evitiamo di dire com'era combinato prima che si cambiasse, perché proprio i tedeschi di moda non capiscono nulla! Solo look pratici, senza fronzoli e senza tacchi. 
-Sai che non siamo in Italia, sì?-
In tutta risposta, Feliciano gli esce la lingua, poi lo trascina via, giusto il tempo che il biondo prenda portafogli, chiavi e telefonino.
Le cose vanno un pochino meglio, sul piano economico.
Ludwig non ha più necessità di fare quel lavoro al locale per gay -per sollievo italiano- così non ci sono state più discussioni tra loro.
E forse, ha trovato un altro lavoro, da un meccanico, ma non sa ancora se lo prenderanno. Comunque, continua a cercare qualcosa che gli faccia guadagnare di più rispetto l'impiego di adesso.
Si ritrovano al centro di Berlino, camminano vicino, ogni tanto si danno un bacio, spesso si sorridono.
Comprano qualcosa da mangiare, Felì divora subito la sua parte, Lud mangia lentamente, perciò ci mette decisamente di più.
Si siedono ad un parco ed osservano i bambini giocare fantasticando ognuno per conto proprio su un loro ipotetico figlio, ma nessuno ne fa parola, sanno che non potranno averne e ripensandoci entrambi si fanno un po' tristi: loro amano i bambini. 
Ma a differenza dell'immaginario comune e sciocco, diciamo pure bigotto, loro non hanno alcuna malizia o morbosità per essi. Semplicemente, vorrebbero un figlio, una bambina magari, andrebbe bene sia con gli occhi belli  azzurri del tedesco, che con quelli dolci da cerbiatto dell'italiano. Darebbero ad un figlio tutto quello di cui ha bisogno, amore, affetto, una bella casa, dei giochi, un'istruzione, una vita serena.  E non gli farebbero mancare niente, davvero. Ma questo, è solo condizionale.
Il moro si ritrova a sorridere guardando due fratellini che giocano insieme, forse gli ricorda un po' il suo, di fratello, Romano. Gli manca, davvero tanto, così come Gilbert manca a Ludwig, che guarda con la coda dell'occhio l'amato e si alza. -Torniamo a casa- dice, con un piccolo accenno di sorriso.
E mano nella mano fanno per tornare a casa.
Cioè.. loro vorrebbero tornare a casa. Ma s'imbattono in un paio d'amici dell'AIESEC, l'inglese e la francese.
Lei, Hélèn, saluta subito l'italiano con la mano. -Salut! Alors, tu ne dit pas bonjour à Ludwig et Feliciano, Arthur?- lo ammonisce, portando le mani sui fianchi e scoccandogli un'occhiata. Poi bacia la guancia di Felì che già ridacchia e dice: -Non importa, Hél! Che ci fate da queste parti?-
Arthur sbuffa, le braccia incrociate al petto, li guarda con aria di sufficienza e sta per rispondere sgarbatamente, quando la ragazza interrompe le sue parole sul nascere. -Facevamo un giro!- fa l'occhiolino, sistemandosi una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio. -Andiamo a bere qualcosa, venite con noi?-
Chissà perché i due, che sembrano odiarsi, sono finiti insieme.
Comunque non importa al tedesco e l'italiano avrà modo di pensarci dopo. Quest'ultimo prega il primo di accettare, e lui si lascia convincere troppo facilmente -che può farci? Lo ama troppo.
E così si ritrovano in un pub, a bere.  Tanto.
Ora, c'è da dire, che inglese e tedesco, si ubriacano poche volte all'anno ma quando lo fanno.. sono davvero, ehm, buffi? Strani? Divertenti? Tutte queste cose insieme, forse.
Comunque: i due sobri trascinano via i rispettivi partner e li riportano a casa, ma usciti dal posto, continuano a bere per un po', almeno i due fidanzati ufficiali -degli altri non si è ancora capito se stiano insieme o no. 
 
Per tutto il tragitto, il biondo non ha fatto altro che ridere e sghignazzare ad alta voce, rumoroso, fastidioso, tanto che Felì, stanco, quasi non c'è la fa più.
Ignora la domanda fatta con voce decisamente troppo stupida, quando mette le mani nelle tasche dei suoi pantaloni sul pianerottolo di casa, non senza arrossire, prende le chiavi e lo trascina dentro, chiudendo poi la porta alle spalle.
Felì porta le braccia al petto, e borbotta: -Gesù, amore, ma quanto cavolo hai bevuto?- 
Passa una macchina con la musica a tutto volume, o forse non è una macchina, forse è il palazzo di fronte, non troppo lontano, dove c'è una festa.
Comunque, è musica da discoteca. Che Lud si mette a ballare. Gli si struscia addosso, dicendo cose davvero idiote-. Alza le mani, la birra ancora in mano, il compagno gliela toglie.
Così Felì si mette a ridere e porta una mano sulla fronte. Lo prende per mano e lo porta in camera. Nel tragitto, il biondo sbatte contro una mensola la fronte e l'altro deve trattenersi portando una mano sulle labbra per non scoppiare a ridere. Lo fa distendere sul suo bel letto fresco, dopo aver spostato le lenzuola. Gli sbottona la camicia, sbarrando gli occhi ai commenti poco casti dell'altro, che comunque ignora, rosso in viso. Quando tornerà in sé, anche Lud arrossirà molto, vedrete.
Gli sbottona i pantaloni, e lo fa rimanere con la maglietta a mezze maniche bianca, poi gli rimbocca le coperte. Sorride, vedendolo già addormentato. Gli bacia la fronte, spegne la luce. Gli lascia un bigliettino sul comodino e va via, tornando a casa anche lui.
 
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Note.
Salve! 
Devo dire che è stato molto divertente immaginare Luddi ballare queste cose, ho riso molto. 
Comunque, non c'è molto da spiegare: solo volevo farvi sorridere un po', dopo il capitolo drammatico dell'altro giorno! Spero che questo vi sia piaciuto! 
Piccolo appunto: ho scritto di Fem!France perché non voglio fare tutti i personaggi gay, insomma, è molto improbabile che lo siano proprio tutti, volevo poi cambiare un po' e.. scusatemi, ma non so ruolare bene francesi ed inglesi!
 
Grazie (:

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Capitolo 8
*** Svegliarsi con il mal di testa e trovarti con un estraneo poco dopo. ***


I raggi che entrano dalla finestra gli baciano il viso, costringendolo a stringere gli occhi per nascondersi da essi, e si volta, rivolgendo al sole le spalla. 
Ma un forte mal di testa lo attacca d'improvviso e lui, adesso, non sa nemmeno per te. 
Si mette seduto sul letto caldo, lasciando che le lenzuola gli scivolino di dosso e si passa una mano tra i capelli dorati, un po' sporchi, e suo malgrado si alza andando poi ad abbassare la serranda in modo che la luce entri appena dalla finestra. Voltandosi per tornare a letto, nota un bigliettino sul comodino. Niente da fare, è inutile riprendere sonno; così si risiede con le gambe semi incrociate nel letto, le spalle muscolose appoggiate alla spalliera del letto, e le mani che subito vanno a prendere quel pezzetto di carta perfettamente ripiegato. Sopra, vi è scritto: "Amore mio, domani non vengo, ti lascio riposare. Appena i svegli chiamami! Felì." 
Sorride notando un piccolo cuore accanto alla firma e trattiene tra le mani la carta. Socchiude gli occhi, poi fa una smorfia sentendo il male alla test- oh, no. Adesso ricorda! 
Si passa una mano sul volto e la trattiene lì, vergognoso, due minuti buoni, giusto il tempo di ricordare tutta la serata. 
Apre il primo cassetto, vi lascia il biglietto, insieme agli altri, più o meno piccoli, più meno colorati, e lo richiude con un colpo netto. Dopo prende un cambio e va a farsi una doccia calda. Esce dal box doccia e si asciuga alla bell'e meglio, rimanendo poi un attimo davanti allo specchio a guardarsi, con dei boxer blu scuro. Sistema i capelli biondi, ancora bagnati, poi si toglie quella rada barba che ha, bionda, quasi invisibile, si passa una crema sul viso (ok, la rubata tempo prima al fratello albino) e infila dei pantaloni comodi ed una maglietta grigia aderente che gli mette in risalto il fisico scolpito.
Va in cucina, i capelli poco più lunghi del solito -ma che gli danno un gran da fare, infatti non vede l'ora di tagliarli- sono ancora umidi. Si avvicina al frigo e prende la bottiglia di succo di frutta, poi un bicchiere in vetro e lo riempe di quel liquido rosso-arancio, portandolo poi alle labbra. Intanto ha riposato la confezione in cartone e si è voltato. 
Quasi si affoga. Si ritrova addosso due occhi viola, nascosti da un paio di lenti. Un ragazzo, un po' più grande di lui, ha un sopracciglio alzato e lo sta fissando, con uno scatolo in mano, molto piccolo a dire la verità, ci andranno davvero poche cosa lì dentro.
-Du.. was..?- 
Non sembra cattivo. Sembra più che altro pigro, già stanco della giornata sebbene sia mattina, le dieci circa, e terribilmente annoiato. 
Ludwig non se ne preoccupa, dunque. Sembra che.. stia stabilendosi lì'
-Ich bin Roderich- si sistemandosi poi gli occhiali sul naso. Appoggia la scatola sul tavolo; il biondo annuisce e dice, ovviamente in tedesco: -piacere di conoscerti. Il mio nome è Ludwig..- fa un cenno del capo. -Vuoi aiuto?- domanda infine, accennando alle scatole.
-Ja, dankeschoen. Traslocare è sempre piuttosto faticoso- mormora non scomponendosi minimamente.
Annuisce alle sue parole, mette via il bicchiere, ma prima lo lava; si volta e lo segue, prendendo subito la scatola posta sul tavola e portandola nella sua stanza.
E fa così con le altre scatole, trasportandole dalla portineria, dall'ingresso, da una stanza all'altra, insomma, lavora proprio tanto.
Parlano poco, durante quelle cinque ore di lavoro. Sì, cinque ore, tante, perché l'austriaco -sì, la sua città natale è appunto la bella Vienna- è maledettamente pigro, fa tutto con calma, ma vuole sia perfetto. E fosse per lui, lascerebbe anche a metà il lavoro, le cose in disordine, ma no: il biondo questa cosa non la concepisce, così insiste per sistemare per bene le cose.
Già sa che ci sarà da lavorare molto per quella convivenza, cercare un punto d'incontro, perché lui è ossessionato dall'ordine, l'altro sembra lasciare tutto al caso.
Capisce subito un paio d'altre cose, del ragazzo, più grande di lui forse di un paio d'anni.
Capisce che è molto tirchio; eppure non lo capisce dalla quantità di oggetti, ma dal fatto che essi siano vecchi e siano regali, da ogni parte del mondo, molti riferimenti all'arte e alla musica viennese, statuette, soprammobili, quadretti, roba antica. Non trova praticamente nulla che abbia meno di cinque anni! Forse quella camic-- no, la ditta di produzione è fallita sei anni prima. Ed i suoi vestiti.. i suoi vestiti! Solo giacche, pantaloni, camicie, tutte e tre categorie appartenenti a vecchi modelli. 
Di certo, Lud non ha vestiti firmati nel suo guardaroba. I tedeschi in genere non approvano avere vestiti di marca, preferiscono di gran lunga avere un cellulare più nuovo, un computer più nuovo; queste cose tecnologiche sono molto adorate dal popolo tedesco, non come i vestiti, che invece devono essere pratici, perché loro hanno un gran da fare tutto il giorno, infatti le donne non portano quasi mai i tacchi.
Eppure, il biondo qui presente ha vestiti nuovi e ben sistemati, sempre. 
Gli viene in mente l'italiano. Lui si, che ha tutti i vestiti firmati! Tutti, ma proprio tutti! E' raro che abbia qualcosa senza una marca precisa e famosa.
Si dimentica di chiamarlo, così non lo fa né prima di iniziare questo lavoro per il nuovo coinquilino, né quando ha terminato.
Feliciano rimane seduto sul letto a studiare le opere d'arte di una mostra che avrebbe dovuto visitare il giorno dopo, controllando ad intervalli sempre più frequenti il cellulare. Niente; non riceve nessuna chiamata né massaggi, così, un po' preoccupato lo chiama qualche ora dopo pranzo.
Sono le due circa, Ludwig sta finendo di sistemare le ultime cose nella propria camera, quando risponde.
-Hallo?-
-Perché non mi hai chiamato?- dice subito, appoggiando l'evidenziatore sulle labbra, la fronte aggrottata in un'espressione preoccupata.
-L'ho dimenticato- risponde semplicemente l'altro.
Felì è una persona che a volta sa essere estremamente insicura, quindi inizia ad avere forti dubbi, del tipo: Si dimentica di me? Non mi ama più? Non mi vuole? Lo annoio?.
Dubbi che che continuano in una serie infinita. Abbassa lo sguardo, decisamente rattristato.
Siccome rimane in silenzio, il tedesco si stupisce un po', così richiama la sua attenzione: -Lieber?-
-Sì, scusa..- passa un dito, l'indice, sotto l'occhio sinistro, poi si rigira un ciuffetto di capelli tra le mani. -Che.. che hai fatto?-
-Niente.. è arrivato il nuovo inquilino. L'ho aiutato a sistemare le cose nella sua camera.-
Sorride sentendo quelle parole. Allora ha avuto qualcos'altro da fare, non si è dimenticato di lui! -Com'è? Simpatico? Alto? Dolce? Bello? Oh no.. non dirmi che è bello!- subito si preoccupa, rimanendo seduto lì sul letto.
Ludwig accenna una mezza risata, che cerca comunque di trattenere. -Niente di tutto questo. O almeno, non mi è sembrato- mormora a bassa voce. -Poi ti racconto tutto per bene, però, di presenza. D'accordo?-
-Sì! Amore, ho letto su un sito internet, che per il 17 Maggio ci sono un sacco di manifestazioni carine.. ci andiamo?-
-Che succede il diciassette?-
-E' la giornata mondiale contro l'omofobia...- borbotta confuso.
Il biondo va a prendere una pillola per il mal di testa,  che manda giù con un bicchiere d'acqua pieno.
-Ah sì.. certo, andiamo. Ma mancano quasi due mesi, già ci pensi?-
-Certo! E' che ero annoiato e non volevo studiare..- ridacchia allegro.
Continuano a parlare per un bel po', per un'oretta circa, dopo il tedesco decide di chiudere per mangiare qualcosa, andare a riposarsi un altro po' per poi iniziare la settimana al meglio.
 
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Note.
Beh.. non ho recensioni da un bel po'.
Non so se vado male o bene, mi piacerebbe averne una, anche pochi righi! Giusto per capire se sto sbagliando qualcosa! Non so se andare più sull'angst o sulle parti sdolcinate. Fosse per me, farei tutte cose angst, ma mi trattengo, lo ammetto! Però aspettatevi presto qualcosa di drammatico. Buahah(?).
Comunque, beh, il fatto che i tedeschi non abbiano vestiti particolari, ma piuttosto semplici è verissimo! Infatti ben presto scriverò anche la marca del cellulare di Lud, deve averne uno fighissimo! E Felì, naturalmente, deve vestirsi bene. Ci provo, a ruolare Roderich, ma non mi viene molto facile, migliorerò, promesso! 
Che dire?
Grazie di aver letto (;

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Capitolo 9
*** Speciale: Halloween! ***


No.
Non è Halloween. Però Gilbert a volte ha idee un po' strane e chissà come, chissà perché, il fratello ed il cognato hanno accettato di seguirlo.
Con loro c'è anche una quarta persona, una cara amica di Felì, Elizabeta.
Lei è ungherese, ma conosce Felì già da molto tempo. Durante un soggiorno in Austria, si erano incontrati e conosciuti, scambiati le mail e rimasti in contatto.
Così, ritrovatisi a Berlino, sono stati felici di uscire insieme un paio di volte e lui è stato gentile a chiederle se le andasse di venire.
L'italiano sta torturando la mano dell'amato ed ancora sono solo davanti l'ingresso di quel vecchio manicomio abbandonato.
L'albino, per primo, sale sul muretto e poi scavalca, atterrando vicino al cancello in ferro battuto arrugginito. Potrebbero aprirlo, non è per nulla resistente, ma loro non vogliono fare danni, soltanto dare un'occhiata in giro per "fare qualcosa di diverso" come ha detto lui stesso. Fa una riverenza all'unica ragazza del gruppo, atteggiandosi come sempre.
-Signorina, vuole un aiuto a scavalcare?-
In tutta risposta, l'ungherese lo guarda male, assottigliando lo sguardo, promettendo a sé stessa di vendicarsi per quella presa in giro. In modo un po' meno agile ma comunque molto efficiente, scavalca il cancello, ma perde l'equilibrio per via di un sasso che intralcia subito i suoi passi. L'altro la prende al volo, lei se lo scrolla di dosso ed aspetta che gli altri due scavalchino incrociando al petto le braccia, sotto il seno. Gil, sogghigna, come al suo solito.
Ludwig scavalca e si ferma seduto sul muretto -menomale che soltanto il cancello in sé ha degli "spuntoni" sopra, lì ci sono solo mura lisce. Porge una mano al fidanzato e lo aiuta.
Adesso, sono tutti e quattro vicini. Felì, è a ridosso del biondo, attaccato al suo braccio, guardandosi terrorizzato intorno.
-Stai tranquillo, sono qui con te- gli sorride rassicurante ed incrocia le dita alle sue, dando poi un bacio al dorso della sua mano.
L’altro annuisce e mantiene ferrea quella presa, facendo passi solo dietro di lui, non si sposta molto per il resto.
-Muoviamoci!- mormora l’albino tutto entusiasta.
Si guarda attorno con quel sorriso stampato sulla faccia, le mani nella felpa rubata al minore, che appunto gli viene un po’ grande, fischietta;  Liz, invece, lo segue, le mani lungo i fianchi, curiosa ed eccitata dalla nuova avventura.
D’un tratto, il moro, fa subito tre passi indietro, terrorizzato, perché ha sentito uno scricchiolio.
-Kesesese! Vargas, guarda che è solo un ramo!- sghignazza, ridacchiando e prendendolo in giro fino a quando Lud non lo guarda male, così si volta e riprende il cammino. Felì abbassa lo sguardo imbarazzato, poi li segue.
Ed eccoli davanti all’ingresso del manicomio.
Il più basso tra loro, l’italiano, ha un brivido che gli percorre la schiena.
Non se la sente di entrare, ma gli altri sembrano così coraggiosi! E così, il più grande d’età tra i quattro, apre la porta ed entra per primo guardandosi subito attorno.
-C’è nessuno?-
-Ja, te lo vengono a dire, anche quando, vero?- scherza il fratello minore.
-Che simpatia,  West.-
-Ludwig?- lo chiama l’ungherese affiancandolo ed ottenuta la sua attenzione, domanda: -perché ti chiama così?-
-Perché è un idiota. Quand’eravamo piccoli, dormivamo nella stessa enorme stanza. I nostri genitori la divisero in due, facendo un muro, io rimasi nella parte “ovest”, da quel giorno si diverte a chiamarmi così.-
-Ah…-  la ragazza fa una faccia abbastanza perplessa e confusa, poi fa qualche passo veloce portandosi in testa al gruppo..
Percorrono un lungo corridoio, le porte delle stanze sono per la maggior parte spalancate, tutti osano guardare dentro esse, ma  non Feliciano che tiene lo sguardo basso.
Sentono un rumore, come di qualcosa che viene spostato così tutti e quattro si voltano di scatto.
Non c’è niente dietro di loro, ma il rumore si fa più vicino.
-L-Lud.-
-Shh- il biondo lascia la sua mano e si torna sui suoi passi. E’ buio, si vede poco e quel poco che si vede entra dalle rare finestre, che ormai hanno perduto il vetro. Continua a camminare; il rumore viene da dietro una porta chiusa. Appoggia la mano alla maniglia e dopo un attimo di esitazione l’apre, senza pensarci più di tanto.
Un gatto nero. Sospira, sollevato.
-E’ solo un gattino..- ,mormora, il micio gli passa in mezzo alla gambe.
L’amato gli corre vicino, gli prende la mano, poi si ri-avvicina ai due. –Non ti allontanare più..- lo guarda, provando a farsi promettere questa cosa. L’altro annuisce.
Ogni tanto le torce si spengono, però una accesa c’è sempre, e questa è una consolazione per tutti e quattro anche se nessuno ha il coraggio di dirlo.
Passa un’ora e non vedono niente.
Ne passa un’altra e più di qualche rumore del quale possono facilmente individuare la causa non c’è.
Così fanno strada per tornare a casa, i due fidanzati piuttosto tranquilli e sollevati, gli altri due delusi ed imbronciati.
Poi, succede una cosa che nessuno si aspetta.
Un rumore metallico, preannuncia qualcosa di brutto.
Gilbert fa per aprire la porta ma.. –Non si apre.-
-Non scherzare, Bruder.-
-Non sto scherzando! Siamo chiusi dentro!-
-Was?! Spostati- si avvicina e prova a d aprire. Niente.
-C-che facciamo, amore?- domanda l’italiano quasi tremando.
-Rimaniamo calmi. Dev’esserci un’altra uscita.-
-Chi può aver chiuso la porta?-  chiede invece la ragazza, tranquilla.
-Dev’essere stato il custode.. cerchiamo l’altra entrata. Dividiamoci- propone l’albino.
Ma Felì scuote vigorosamente la testa: -Nein! Rimaniamo uniti.. per favore..-
Accettano tutti la sua proposta, così si sente un po’ meglio.
Le cercano le altre entrate, ma le trovano sbarrate con assi di legno, peggio della prima porta.
Che guai.. e adesso?
Si siedono nella vecchia mensa, per terra, mettendo gli zaini al centro. Menomale che lui ha preparato il buon cibo della Penisola, così mangeranno qualcosa di buono.
Mangiucchiano qualcosa due ore più tardi, o poco più, del loro ingresso nel manicomio, sono le nove e mezza circa. Felìciano appoggia il capo al petto del biondo,  e tra le sue braccia si addormenta, disteso accanto a lui, lui che gli accarezza dolcemente i capelli.
Eliza ha le ginocchia al petto, la schiena contro una parete. Sospira.
Gilbert le si avvicina. –Posso?- fa cenno di sedersi vicino a lei, che annuisce. Sono un po’ lontani da Lud e Felì, ed entrambi li guardando.
-Che belli che sono insieme..- mormora la ragazza con un sorriso.
-Già, sono magnifici, kesesese!-
Lei trattiene una risata, mostrandosi piuttosto scostante, anche se il suo sguardo un po’ la tradisce. –Perché fai sempre quel verso?-
-Ach, cara, non è ancora il momento che tu sappia, sai?- ridacchia, allegro come sempre. Poi la guarda. –Aspetta, hai un po’ dì..- nota una microscopia macchia di salsa vicino le sue labbra. Avvicina il pollice lì, la trova incredibilmente vicina, così socchiudono gli occhi entrambi, quasi si baciano.
Quasi.
Felì scoppia a ridere per qualcosa, così fa anche Lud.
L’ungherese e l’albino, distolgono lo sguardo, lei rossa, lui con un sorriso.

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Note.
Non c'entrava tipo niente, però domani è Halloween, e mi sembrava carino mettere qualcosa che c'entrasse con la festa!
Premessa: è la prima votla che (de)scrivo Elizabeta, quindi non vogliatemene se non sono ancora molto brava. Farò meglio, giurin giuretto! 
Mmh.. la storia della camera. 
Dovevo infilarci il Muro di Berlino e il soprannome 'West', no? Ecco, ho fatto così. 
Spero vi sia piaciuto! 
Grazie! ^^

P.S. spero di non aver fatto errori, ero un po' distratta stasera. 

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Capitolo 10
*** L'incidente. ***


Una delle prima cose che ha cercato quando ha saputo di doversi trasferire in un’altra città e in un altro paese, è stata una Chiesa.
Feliciano è estremamente religioso, davvero, ci tiene proprio tanto ad andare a messa tutte le domeniche, a seguire i sacramenti. Però non è proprio dalla parte delle Chiesa in quanto istituzione, alcune cose non gli piacciono molto. Come il fatto che la Chiesta di Roma dica così male sui gay. Come il fatto che il Papa sia così ricco e predichi l’elemosina, quando molti bambini, nel mondo, muoiono di fame.
Però,  andare in una struttura cattolica cristiana almeno una volta per settimana ed aiutare gli altri, sono due cose a cui non può assolutamente rinunciare. 
Così quel giorno, quel venerdì, non avendo  lezioni all’università, si è dedicato al volontariato. 
Fino a quando non gli è arrivata una chiamata proveniente dal cellulare dell’amato. 
Spalanca gli occhi, portandosi poi una mano sulla bocca.
-Che ospedale?! Arrivo subito!- farfuglia in tedesco. In certi momenti perde la capacità di saper formulare una frase di senso compiuto in quella lingua a lui ancora un po' estranea.
Avvisa qualcuno che sta andando via, prende velocemente le sue cose e prende il primo autobus che trova, facendo con esso più della metà della strada. 
L'ultimo pezzo lo fa a piedi, di corsa, non ha quei due minuti che servono per l'arrivo dell'altro bus.
Arriva davanti l’Ospedale, appoggia la mano sul muro per riprendere fiato, il giubbotto in mano. Entra nella struttura e domanda alla reception la stanza in cui deve andare.
Sale il primo piano, poi il secondo ed infine il terzo; percorre un lungo corridoio, che gli pare infinito, e finalmente arriva lì davanti. 
Appoggia entrambe le mani sulla finestra piccola e quadrata che vi è sulla porta. Gli occhi gli si riempiono di lacrime –in effetti non è difficile vederlo piangere. Neanche pensa a sistemare la maglietta stropicciata, lui, fissato per com'è con la moda. 
Bussa delicatamente, sente qualcosa vicino al suo cuore che gli impedisce di fare passi avanti ed entrare nella stanza, eppure lo sa. E quello stesso suo cuore, si ferma per un attimo quando il medico gli fa cenno di entrare.
-E’ un parente?-
-Sono il suo fidanzato..- mormora sottovoce, dopo aver scosso la testa per riprendersi un attimo da quella visione. Non riesce a parlare, la voce gli è morta in gola. Dopo aver tenuto lo sguardo fisso per un po’ –nemmeno lui sa quanto- sul corpo dell’amato, disteso su un letto bianco privo di sensi (o forse semplicemente addormentato),  guarda il medico, un uomo sulla quarantina circa, capelli brizzolati, pelle scura. 
-Cos’è successo?- gli domanda, spostando veloce lo sguardo sui due.
-Un incidente stradale. Non conosciamo bene la dinamica,  però. Quando si risveglierà, vediamo di capire cos’è successo di preciso- mormora in tono professionale, guardando una cartella clinica, quella del paziente che ha alla destra.
L’italiano annuisce e con l’indice si asciuga delle lacrima. Il dottore lo osserva.
-Si rimetterà, non è nulla di grave. Ha una gamba, la destra, rotta, una slogatura al polso sinistro, ed un paio di ematomi ed escoriazioni ma starà bene in poco tempo- accenna un sorriso ed esce dalla stanza, dopo averlo visto annuire.
Felì rimane lì. 
Si prende una sedia e si siede vicino a lui, facendo per prendergli la mano sinistra, ma evita, per non causargli dolore. Così carezza dolcemente i suoi capelli dorati e la sua guancia, vicino la quale, più sull’occhio in realtà, vi è un taglio.
Il corpo del tedesco è pieno di graffi e lividi violacei, ma la cosa fondamentale è che si rimetterà.
-Non provare più a spaventarmi così, capito?- mormora con la voce rotta per le lacrime, continuando ad accarezzarlo. 
 
 
Quando il tedesco si sveglia, è mattino presto.
L’amore suo, è rimasto accanto a lui tutta la notte, e adesso –stranamente, dato l’orario- è già in piedi. Vicino il letto d’ospedale ha lasciato la sedia, con il giubbotto e la borsa. Si è assentato un attimo per andare a prendersi un succo di frutta, era così stanco e spaventato che lui stesso ha avuto un calo di zuccheri, ed è diventato pallido, molto pallido.
Rientra nella stanza, con due di quei piccoli succhi brick, in uno è già stata infilata una cannuccia, che ha sulle labbra. 
L’altro lo lascia sul comodino, appena lo fa, sente lo sguardo dell’altro addosso.
-Felì…- non riesce a trattenere una smorfia per tutti quei dolori vari e quel mal di testa.
-Amore mio! Come ti senti?- gli dice subito, preoccupato, appoggiando anche il proprio succo vicino all’altro. 
Si avvicina ancora di più a lui e lo guarda negli occhi.
-Che è successo? Ah, sì.. quella macchina..- borbotta cercando di mettersi seduto, ma l’amato lo ferma.
-Non ti sforzare.. raccontami: che macchina?- 
Ubbidisce, il biondo, ma sospira; non avrebbe retto a lungo così, fermo su un letto per chissà quanto.
-Non lo so, stavo attraversando e mi hanno investito.. che giorno è oggi?-
-Hai dormito per un po’, da ieri pomeriggio..- gli bacia la fronte. –Mi hai fatto preoccupare così tanto..- sospira.
-Mi dispiace. Quando posso uscire?- domanda godendosi quell'attenzione, puntando gli occhi sui suoi. 
-Ancora per un po'- dice, dolcemente. Gli prende il succo e glielo porge, la cannuccia già inserita. Lud lo prende e lo beve, insistendo dopo sulla sua precedente domanda.
L'italiano non sa quanto dovrò stare lì, forse due settimane, forse più, forse meno.
Ma a sentire di dover passare tutto quel tempo in quella camera d'ospedale, il biondo protesta.
E continua a protestare per un quarto d'ora circa. 
Dopo si lascia visitare, suo malgrado, dal medico, Felì rimane lì, paziente, dopo aver alzato gli occhi al cielo un paio di volte per le sue affermazioni di poco prima. 
Dice ad uno dei poliziotti che stanno in ospedale cos'è successo di preciso, o meglio, quello che ricorda. 
La mattinata passa più o meno velocemente, per fortuna, a pranzo si sforza di mangiare il cibo dell'ospedale. Vorrebbe che l'italiano vada a mangiare qualcosa anche lui, però quest'ultimo non vuole allontanarsi. 
Il moro si allontana solo per pochi minuti, con il cellulare in mano, poi torna da lui. E dopo mezz'ora circa, riceve una prima visita.
Gilbert.
Ma non è solo!  C'è Elizabeta con lui. 
L'albino ha in mano il suo casco nero e le chiavi della Kawasaki Ninja nera, giubbotto di pelle dello stesso colore. Anche la ragazza ha in mano un casco nero ed indossa un giubbotto di pelle, ma marrone scuro. 
Esuberante come sempre, Gil spalanca la porta della camera, avvicinandosi a lui velocemente.
-West! Che è successo?! Come ti senti?!- dice, preoccupato e nervoso, tempestandolo di domande. Il minore deglutisce e manda giù un po' di quel riso in bianco che ha, poi appoggia il piatto sul comodino e lo guarda.
-Sto bene- gli dice, infine gli racconta tutta la storia. 
Lui ed Eliza rimangono ancora per qualche ora, poi il maggiore dei due dice di diverla accompagnare a casa e passandosi una mano tra i capelli bianchi, lo saluta, promettendo di andare da lui il giorno dopo, così lo saluta e va via.
 
-------------------
Note.
Dunque... spieghiamo due cosette.
La prima: Felì che va in chiesa. 
Beh, si sa: lui è estremamente religioso, così mi sembrava giusto insierire questa cosa. E il volontariato.. non so, ma io me lo immagino con facilità in mezzo ad altre persone ad aiutare i bisognosi!
In secondo luogo: Gilbert con la Kawasaki. Anche lui.. me lo immagino così! E poi tutte le persone fighe hanno una moto bella e tirata a lucido, no? Ecco la sua! 
Spero vi sia piaciuto il capitolo, presto arriverà l'altro (: 
 

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Capitolo 11
*** Gerani e Tulipani: piaceranno all'ungherese? ***


Gilbert  è lì, seduto accanto al fratello, ancora in ospedale.
Per fortuna sta molto meglio, il tedesco, e finalmente Felì si è deciso ad andarsene per un po’.
Non che Ludwig non lo voglia, eh. Ma era preoccupato! Non si allontanava mai, adesso invece è andato a farsi una bella doccia calda ed mangiare qualcosa di sostanzioso, invece che un panino, uno di quei pasti pronti e merendine. Un bel piatto di pasta, ecco cosa gli mancava da morire.
Sul comodino ci sono ancora un paio di libri di arte che l’italiano ha lasciato lì.
Quindi è l’albino lì per ‘controllarlo’.
Sta zitto per un paio di minuti –finalmente! E’ tutto il giorno che parla.
Poi, all’improvviso, lo guarda, quasi serio.
-Bruder.-
-Mh?- Lud lo guarda, un po’ perplesso dalla sua serietà.
Diciamo che lui non è tipo da starsene tranquillo, senza rompere e dire qualche parola, a sproposito e di troppo.
-Sai qual è il fiore preferito di Elizabeta?-
Il biondo alza un sopracciglio. E perché vuole saperlo? Da lui, poi?
Perché dovrebbe saperlo? Comunque, lo sa, chissà perché, chissà come.
-Geranio e Tulipano, credo- gli dice, osservando quasi divertito la sua espressione esterrefatta.
-E come diavolo fai a saperlo?-
-Lo so e basta- scrolla appena le spalle, girando la pagina del libro di economia, con la mano sinistra, facendosi abbastanza male per questo, ma cerca di non pensarci.
Gil annuisce, si passa una mano sul viso, poi controlla l’orologio.
-Quand’è che viene Vargas?-
-Vai a comprarle quei fiori, Gilbert- gli risponde l’altro con gli occhi sul libro.
Tanto deve studiare e la presenza del fratello solo lo distrae.
Quest’ultimo si alza sistemandosi il giubbotto. –Ti voglio bene, lo sai, vero, West?- dice uscendo dalla stanza, dopo aver visto il suo cenno, prima ancora di incrociare il suo sguardo e sentire il suo –Vattene, Bruder.-
Uscito dall’ospedale, s’infila il casco e sale sulla moto, nera, tirata a lucido.
Diciamo pure l’unica cosa che gli sta a cuore, dopo il fratello; l’unica cosa di cui si occupa e che pulisce. Non come casa sua, che è piccola e disordinatissima!
Con la moto guida velocemente verso un fioraio che vende dei fiori davvero bellissimi in composizioni stupende.
Sì ferma arrivato lì, scende, ed dà un’occhiata in giro. Di fiori non capisce niente. Non sa quali siano i tulipani ed i gerani, così chiede al proprietario del chiosco, che gli consigli i gerani (che costano anche di meno) e a parer suo sono anche più belli. Gli fa una bella composizione, che lega con un bel fiocco rosa.
Gil paga e ringrazia dell’aiuto, poi sistema i fiori nel bauletto del motore. Una pessima idea, sì.
Ri-infila il casco e guida velocemente verso l’appartamento dell’ungherese.
E’ un palazzo, nella periferia di Berlino –quindi non troppo lontano da casa sua- dove vive con altre due ragazze, una bielorussa ed una belga. Sono entrambe un po’ matte, la seconda in senso buono, è una brava ragazza, l’altra… è ossessionata da un certo russo, con il quale ha un lontano grado di parentela.
Sale le scale arrivando al sesto piano, durate il tragitto  cerca di sistemare la composizione che si è un po’ distrutta, ma per fortuna il suo aspetto non è così pessimo.
Sistema i capelli, specchiandosi nella targhetta della porta, che riporta il nome del padrone dell’appartamento. Dopo, bussa alla porta.
Apre la bielorussa, che lo scruta male, con le braccia incrociate, per un attimo.
-Liz- dice dopo un attimo, si volta e va a chiamarla.
Lei ha un vestito leggero, che le rimette in risalto le gambe lunghe ed il seno, che però è coperto dai lunghi capelli castani.
-Che ci fai qui?- mormora appoggiando la mano sullo stipite della porta.
In realtà l’albino è un po’ nervoso, ma per mitigare la cosa,  si mostra spavaldo come sempre.
-Non sei contenta di vedere la mia Magnifica presenza?-
Lei lo guarda scettica, alzando un sopracciglio, poi sospirando. –Che vuoi, Gilbert?-
Così lui le porge i fiori. Lei li osserva, dapprima stupita, poi seria.
-Carini. Ma dovresti saperlo che detesto il rosa- così, dopo averli guardati per bene, anche se un po’ controvoglia, glieli riporge.
-Mi concedi almeno un appuntamento?- mormora tenendo i fiori con la mano destra, il gomito sinistro lo appoggia invece sullo stipite della porta, dove vi era la mano della ragazza, che ora è con l’altra sulla porta, pronta a chiuderla.
-Cosa ti fa pensare che possa accettarlo se non ho neppure voluto dei semplici fiori?- lo guarda con aria di sfira.
-Perché so che in realtà ti hanno fato piacere- la guarda negli occhi.
Centro!
Lei si trova in leggera difficoltà, così sta per un momento in silenzio, dopo sospira ed annuisce.
-Venerdì alle sette- gli concede.
-Sabato alle otto- lui invece la guarda con il solito ghigno sul volto pallido per via dell’albinismo.
-Venerdì.-
Gil le fa un cenno e si scosta dalla porta. –Ti passo a prendere, alle sette in punto.-
Puntualità? Cosa assai difficile, per lui, ma ce l’avrebbe fatta.
-Ah, ragazzo?- dice, trattenendo una risata.
-Sì?-
-Pagherai tu, ovviamente- annuisce.
Le fa un cenno, poi guarda i fiori. –Devo riportarmeli?-
Eliza scrolla appena le spalle e gli chiude la porta in faccia. Poi si appoggia alla porta e socchiude gli occhi, però con un piccolo sorriso.
E lui dal canto suo ghigna, lasciando i fiori sulla porta, poi va via.
Infine, manda un messaggio al fratello: “Tu mi devi aiutare.”
E Ludwig, che sta mangiando una mela che Felì gli sta sbucciando –ma quando è iperprotettivo?!- gli risponde: “…Elizabeta ti ha tirato i fiori addosso?”
“Più o meno.” 

--------------------
Note.
Salve! 
Mi ha divertito abbastanza scrivere questo capitolo. 
Mmh.. un appunto: i Gerani ed i Tupilani sono i fiori nazionali ungheresi, per questo ho scritto che sono i fiori preferiti della ragazza, la quale, detesta il rosa perché, beh, è un po' un maschiaccio, lei. 
Non credo ci sia bisogno di spiegare altro.
Ho solo un dubbio per il prossimo capitolo: preferite una parte dell'infanzia di uno dei due protagonisti oppure la cenetta tra Liz e Gil? Prima o poi scriverò entrambe, ma non saprei cosa mettere prima. 
Che mi consigliata? ç__ç 

Grazie (:

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Capitolo 12
*** Più che altro, dovrebb'essere al contrario, ti pare? ***


"So' frocio, embè?, perché sciai da ridi'? 
Non vedo che problema c'è, mettiamola così; 
So' frocio, embè?, perchè sei meglio te? 
Se ne sei tanto convinto almeno spiegami perchè!
Non rubo, non sporco, non uccido nessuno, 
Non inganno, non molesto, amo con sincerità.
Quindi per favore che mi spieghi qualcuno 
la colpa dove sta? 
Non è un vizio, non è una vergogna,
Non è un difetto,  non è una malattia, 
Non è un delitto da mettere alla gogna. 
Nessuno sa dire esattamente cosa sia.
Secondo me è un istinto del tutto naturale 
e infatti lo si osserva anche nel mondo animale, 
ma un vile pregiudizio produce una follia 
chiamata 'omofobia'."
 
 
Questo canticchia Felì a fior di labbra, mentre ruba una caramella dalla propria riserva, ovvero la tasca della felpa e si siede comodamente sul divano. 
E continua a farlo, assaporandola e facendola sciogliere sulla lingua. 
Affonda le mani nelle tasche, decisamente annoiato, poi appoggia la nuca alla spalliera, sul un cuscino, e sbuffa.  
Sente il fidanzato passare alle sue spalle proprio in quel momento, così si volta e lo guarda. 
-Riesci a stare fermo dieci minuti?- gli domanda, non riuscendo a trattenere un'occhiata scocciata.
-Nein- dice l'altro per risposta. 
E' da pochi giorni uscito dall'ospedale, è  venerdì, e quel giorno Gilbert e Liza sarebbero usciti a cena fuori.  L'albino è un po' in crisi, strano, si direbbe, visto che di solito con le ragazze non ha mai intenzioni serie. Eppure stavolta vuole impegnarsi un po' di più, chissà perché. Comunque, non si sforzerà più di tanto, perché non ha intenzione di cambiare per qualcuno, lui è così e basta. Se le andrà bene, ok, altrimenti, tanti saluti. 
Il giorno prima ha chiamato il fratellino e gli ha chiesto un consiglio perché non sa proprio che cosa indossare, ma Lud non fa proprio caso ai vestiti, così gli ha detto di venire a casa, dove ci sarebbe stato anche l'italiano, lui è bravo in fatto di moda, li avrebbe certamente aiutati.
Però è un po' nervoso, ultimamente, perché non riesce ad avere due minuti di tranquillità tra studio, ricerche, e quant'altro, per passarli con il tedesco. In più, sono quasi tre settimane che più di un bacio non si danno. E.. beh, gli manca essere 'suo.' 
Si alza, svogliato al massimo, e va a prendere un po' d'acqua, stretto com'è nella felpa dell'amato, calda, con il suo profumo. Beve appoggiandosi al ripiano cucina, in silenzio.
Lud si avvicina e lo guarda. -Che c'hai?- 
-Niente..- lascia lì il bicchiere e fa per tornarsene sul divano, ma il biondo lo trattiene per il polso e lo avvicina a sé. Gli bacia un paio di volte la guancia, accarezzandogli delicato la schiena. -Ti amo.- 
Felì gli sorride dolce e lo abbraccia, portando le braccia al suo collo. Si mette sulle punte per dargli un bacio sul naso. -Anch'io- sussurra sentendosi subito meglio, le braccia del biondo strette intorno ai suoi fianchi.
Le labbra scendono su quelle dell'altro, le mordicchia leggermente, poi lo bacia, con passione, socchiudendo gli occhi. 
E proprio mentre i due si baciano, dolci e passionali, stringendosi l'uno all'altro, suona la porta. 
A questo punto, il moro si allontana bruscamente e se ne ritorna sul divano, l'altro sospira e va ad aprire. 
Eccolo, il suo Bruder. 
-Guten Tag!- dice tutto allegro, entrando in casa come fosse la sua. -Dov'è Vargas?- chiede guardandosi attorno. Quando lo vede gli fa un cenno, che l'italiano ricambia appena. -Cià..- 
-Che c'ha?- domanda il maggiore al fratello minore. 
Quest'ultimo scuote appena la testa, si avvicina al fidanzato e gli bisbiglia una cosa all'orecchio. Feliciano a quel punto ridacchia allegro e gli bacia la guancia, per poi alzarsi ed abbracciare brevemente Gilbert, batte una volta le mani, scrutandolo infine. -C'è un problema- esordisce annuendo convinto.
-Was?- dice quello con gli occhi vermigli.
-Non so cos'hai nell'armadio.-
-Ach.. vero. Come facciamo?- domanda facendo una smorfia, le mani in tasca. 
-Sei in moto, vero?- 
Gil annuisce.
L'italiano s'infila le scarpe velocemente e mette il giubbotto.
-Andiamo, scegliamo cosa mettere, poi mi riporti qui- e non accetta repliche, sebbene il suo tono sia dolce ed allegro, quello di sempre. -Amore mio, ti rubo la felpa per un po'- dice, gli da un bacio veloce, stringendo appena la sua maglietta per avvicinarlo a sé. Scende le scale, s'infila il casco, e sale in moto.  Se deve fare qualcosa, s'impegna al massimo e adesso sente che il buon proseguimento di serata dipenda, seppur in minima parte, anche da lui.
Si stringe al cognato sulla Kawasaki Ninja nera, sentendo un po' di freddo per via del tempo, e pensa già a cosa gli ha visto addosso, cercando qualche abbinamento adatto all'occasione. 
Deve però sapere, per prima cosa, quanto lui voglia essere elegnate da uno a dieci. 
Quando arrivano nell'appartamento del ragazzo, si toglie il giubbotto, il casco lo appoggia invece ad un angolo. Subito va nella camera da letto, apre l'armadio e lo studia, con aria assolutamente  critica. Gil si gratta la nuca, osservandolo con fare perplesso. 
L'italiano apre i cassetti, poi si siede un attimo sul letto, i gomiti sulle ginocchia, gli occhi che guardano il vuoto. 
-Ehm.. Vargas?-
-Sto pensando- borbotta chiudendo un attimo gli occhi nocciola. -Vuoi essere elegante?-
-Non sarebbe da me.. tu che ne pensi?-
-Devi essere te stesso. Liz apprezza chi è sincero- si alza e torna dai vestiti, 'sfogliando' i vari pantaloni. Prende un paio di jeans scuri e glielo porge. Poi ci ripensa e li rimette in ordine. 
E' albino, quindi pallido, non può vestirlo con toni troppo scuri o sembrerà un cadavere. 
Prende dei jeans chiari, una camicia, un gilet e glieli porge. Quello storce il naso. 
-Il gilet sulla camicia?-
-Dove hai intenzione di metterlo, scusa?-
La risposta azzardata del suo interlocutore, lo mette quasi in crisi. E' meglio non ripetere a cosa lo abbinerebbe!
L'italiano, in quanto tale, non può fare altro che portarsi una mano sul viso con fare sconsolato. Si riprende dopo qualche secondo e toglie il gilet lasciandogli la camicia bianca. 
Prende delle cravatte, ce n'è di rosse, di verdi, di blu. 
-Questa ti concedo di sceglierla tu- dice, serio. Perché per lui, è davvero una concezione, non uno scherzo né un gioco. 
Circa un'ora dopo, verso le sette e ventidue, Gilbert è pronto. 
Si è fatto la doccia, asciugato alla bell'e meglio i capelli, perché per quanto voglia essere in ordine, non è sua abitudine esserlo, infine si è vestito. 
Il prodotto finale è bel ragazzo con dei jeans scuri -cambi dell'ultimo momento- camicia bianca, cravatta non allacciata perfettamente, lasciata più morbida, di colore verde scuro, una bella tonalità. Le maniche della camicia sono alzate ordinatamente poco sotto il gomito, al polso c'è un polsino nero, così come le scarpe da tennis. 
Felì non voleva le mettesse, ma ha presto rinunciato a fargli cambiare idea. E' pronto. Lui guarda il risultato finale con un sorriso soddisfatto, il viso appoggiato tra le mani. 
Ed intanto l'albino si osserva allo specchio ghignando e definendosi magnifico da solo. 
Dopo un ultimo tocco di profumo, ritornano a casa del tedesco. 
 
A casa di quest'ultimo, mentre Gilbert è in moto verso la casa dell'ungherese, giubbotto di pelle nero, bella moto e portafogli pieno, Feliciano si distende sul letto del biondo, che è andato  a comprare del pane, nel negozio sotto casa. Si è messo lì a leggere, con un lecca-lecca in bocca, senza maglietta né pantaloni. Indosso ha soltanto la felpa grigia, rubata all'amato ed i boxer blu scuro.
Quando lo sente rientrare, sorride tra sé e rimane lì, attendendolo. Non risponde quando sente il proprio nome pronunciato da un paio di labbra sottili, ma appena lo sente sulla porta si volta a guardarlo. 
-Ci hai messo tanto, lo sai?-
-Che ci fai mezzo nudo nel mio letto?- mormora, lasciando pure la cena ad attendere. Gli si avvicina e sale sulle lenzuola.  Prendendogli il volto con una mano, lo avvicina a sé e lo bacia, poi gli lecca le labbra, che sanno di ciliegia. -Avresti dovuto chiedermi il permesso, sai?- sussurra, con tono sensuale.
-E tu dovresti punirmi, sai?- lo guarda negli occhi, tra il divertito e il malizioso, poi mette da parte il libro che cade inevitabilmente sul pavimento insieme al bastoncino della caramella, ormai terminata. 
Il tedesco avvicina le labbra al collo dell'amato, che mordicchia un po', poi fa lo stesso con la spalla e le labbra. 
L'altro lo lascia fare, alzando il viso per lasciargli più libertà, poi scoprendo la spalla. 
-Pensavo volessi uscire anche tu..- 
-Ti prego, è roba per neo coppie- sussurra l'italiano, mordicchiandogli il lobo dell'orecchio, poi ridacchia e lo fa distendere su di sè. Non lo pensa davvero, a lui piace uscire, ma per quella sera ha in mente programmi diversi. 
 
Ed intanto, dall'altra parte della città, il ragazzo aspetta sbuffando la ragazza.
"Giuro che se non viene tra dieci minuti, me ne vado" borbotta tra sé scocciato. Il fatto è che è arrivato in anticipo e lei, quando arriva, dodici minuti dopo, è perfettamente in orario. 
Ha indosso un vestitino verde, a fascia, che le arriva sopra il ginocchio. Il fiore che ha tra i capelli rosso, la borsa e le scarpe col tacco beige, invece, così come il braccialetto che ha sul polso destro, sul quale c'è una gemma verde. I capelli lunghi e lisci, un filo di trucco, il giubbotto sulle spalle. Appena lo vede, fa un respiro per calmarsi, infatti è un po' nervosa. 
Gli sorride cordiale come sempre. -Ciao..- 
-Signorina- fa una specie d'inchino e sogghigna. Sì, però poco prima si è incantato un attimo a guardarla. E' davvero bellissima lei, e figo lui. 
-Andiamo, ho prenotato in un posto fantastico!- le passa il casco e salta sulla moto. 
La ragazza, che ama profondamente le moto, infila l'altro casco con gli occhi fissi su di essa, poi si siede dietro di lui, abbracciandolo un minimo, giusto per reggersi e non cadere. 
 
La serata passa davvero in modo piacevole, il posto è carino, accogliente non troppo economico ma nemmeno costoso, lei è dolcissima, lui divertente.
Si divertono davvero insieme, ridono per tutto il tempo. Ma, purtroppo, verso mezza notte devono tornare a casa.
L'albino riaccompagna la ragazza al suo appartamento, rimangono per poco a parlare davanti la porta, infine lei fa un cenno verso dentro. 
-Credo sia meglio che tu vada adesso..-  mormora osservandolo negli occhi. 
-Ja..- sussurra lui. Poi quegl'occhi li socchiude ed avvicina le labbra alle sue. La bacia dolcemente, appoggiando una mano sulla sua nuca, infine riapre gli occhi e li punta sui suoi.
 
 

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Capitolo 13
*** 17 Maggio: giornata mondiale contro l'omofobia. ***


-Che razza di coppia sono? Non escono mai da soli, le loro conversazioni si limitano a 'che fai? come stai?' e dopo un anno e mezzo si danno solo baci a stampo..-
A quel punto l'italiano ha appoggiato i gomiti sulle sue spalle, avvicinandolo un po' a sé, sebbene sia seduto sulle sue gambe incrociate, i piedi sulle lenzuola colorate del proprio letto.
-Lei dice di aver paura per quello che è capitato alla sua amica- mormora l'altro scostandogli una ciocca castana dal viso.
-E allora io che dovrei dire? Non mi dovrei nemmeno fare abbracciare- gli bacia la guancia.
-Lo so, amore, però non tutti reagiscono bene come te. Tu sei bravissimo- gli sorride dolcemente e gli accarezza la nuca. 
-Stasera ti ho chiamato perché ho fatto un sogno tremendo e mi dici che sono bravo? Non è così..- mormora abbassando lo sguardo. -Mi dispiace..- appoggia la guancia alla sua spalla. 
Il biondo si distende e lo fa distendere su di sé, coprendolo con la coperta per bene, poi passa accanto a lui, alla sua sinistra, ma lo tiene ancora stretto al proprio petto. Gli bacia la fronte. 
-Dormi, amore, sono qui con te, promesso. Non me ne vado, d'accordo?- gli sorride lievemente.
-Grazie.. avevo bisogno di distrarmi un po' e fare gossip- ridacchia stringendosi a lui, poi gli bacia il petto -prometto che non ti sveglierò più all'una di notte piangendo. Non avevo incubi del genere da anni.. da quando stiamo insieme, non faccio quasi più brutti sogni, sai?- dice sorridendo in modo molto dolce. 
-Ah, sì? Ti faccio sentire protetto?- lo vede annuire, così continua: -devi chiamarmi ogni volta che hai bisogno, intesi? Adesso dormi.. domani abbiamo molto da fare.-
Rimane ad accarezzarlo finché non si addormenta, poco a poco prende sonno anche lui.
 
Felì avvicina l'indice alle labbra del tedesco, ripulendolo da una piccola macchietta di cioccolato, ma vedendo che essa rimane ancora lì, la toglie con la lingua, poi lo bacia, con un sorriso -il solito- stampato sul volto. Il tedesco arrossisce lievemente.
-Ma che fai?- mormora.
E' mattino presto, sono da poco scesi di casa, sistemati di tutto punto, e stanno giusto facendo colazione nel bar praticamente sotto casa.
-Non posso? Sei il mio ragazzo. Stiamo insieme da due anni,  no? Anzi, un po' di più- mormora sereno, addentando poi la propria colazione.
-Ja, aber.. siamo per strada- gli spiega, per poi aggiungere: -Non mi piace fare queste cose in pubblico.-
-E quando mai ti va bene fare come ti dico io?- dice acido, incrociando le braccia al petto, fermandosi imbronciato. Ludwig gli circonda la vita e lo stringe a sé, baciandolo. L'italiano in un primo istante non ricambia il bacio, poi lo fa dolcemente, portando le mani una sulla sua nuca, l'altra sulla guancia. 
-Scusami- sussurra al suo orecchio.
-Scemo, non devi scusarti- dice il più alto, poi pagano alla cassa ed escono.
Si dirigono al centro della città, dove avranno luogo molte manifestazioni importanti. 
E' infatti il 17 Maggio, la giornata mondiale contro l'omofobia e sebbene al biondo manifestazioni non piacciano particolarmente -troppa gente, troppo caos- per farlo contento ancora una volta si è lasciato trascinare (e vestire, aggiungerei) da lui.
Sono, beh, entrambi bellissimi, onestamente. Felì ha indosso dei pantaloni chiari, una maglietta sui toni del verde acqua ed una giacchetta nera. Luddi, invece, una camicia bianca e dei jeans. 
Quando giungono a destinazione, notano moltissima gente, donne che si tengono per mano, uomini che si abbracciano tranquillamente, senza alcun timore. Non che ce ne siano molti in realtà, perché la capitale tedesca è una delle più aperte al mondo, oramai. 
C'è un piccolo palchetto, ma ancora nessuno che parla; ci sono stand ma poche persone si sono avvicinate per vedere di che si tratti. 
Il moro trascina l'amato tra di essi, guardando tutto con gli occhioni nocciola spalancati. 
-Amore, amore, guarda!- continua a dire per qualsiasi cosa, l'altro paziente lo asseconda. 
Ogni tanto lo ferma per dargli un bacio, a volte a stampo, a volte sulla guancia, poche di quelli veri. Le effusioni in pubblico non gli sono mai piaciute. 
Si distrae solo un attimo, il biondo, osservando chi è appena salito sul palco, attento. 
Riporta l'attenzione sul fidanzato solo quando questo gli mette al polso qualcosa. E' un braccialetto in cuoio con sopra la bandiera arcobaleno della pace. Al centro c'è una piccola scritta: "NO H8", in nero e rosso. Gli sorride dolcemente per poi stringerlo a sé perché gli circonda le spalle. Anche lui ne ha uno al polso. Sorridono entrambi.
Passano un bel po' di tempo tra bancarelle e stand vari, osservandosi attorno tranquilli, ridendo ogni tanto per le battute di qualcuno. 
La folla a tarda sera poco a poco diminuisce, però loro sono sempre lì e per adesso non intendono andarsene. Anche Ludwig si sta rilassando e divertendo e non ha voglia di tornare a casa adesso, non vuole lasciarlo di nuovo, perché domani non potranno vedersi e nemmeno il giorno dopo, Felì ha da studiare, lui da lavorare. 
Ha da poco cambiato lavoro, non sarà l'ultimo, ma la ditta per la quale lavorava è fallita, così lui ha dovuto trovarsi qualcos'altro. E ha trovato lavoro presso un meccanico. Ha il tempo di studiare, di lavorare e di stare con lui, per cui è felice e non ha problemi al momento, anche se punta a qualcosa di meglio, visto che non ha di certo studiato per questo, sebbene le macchina gli piacciano e sa molto a riguardo. 
-Cucciolo, andiamo a mangiare qualcosa? Ho famina..- mormora Fè, anche perché di certo il tedesco non avrebbe mai usato un vezzeggiativo o un soprannome del genere.
E difatti ride annuendo: -Se la smetti di chiamarmi così, sì.-
L'italiano gli fa una linguaccia e decidono insieme di mangiare in un posto lì vicino. 
Ad un tavolo fuori sono sedute due donne giovani, non esattamente belle, però graziose, ma con due bambini, un maschietto ed una femminuccia, davvero stupendi.  Al piccolo cade il giocattolo ai piedi del tedesco che si china per raccoglierlo e glieli porge.
-Tieni- gli dice con un sorriso dolce. 
-Che carino!! Ma sei bellissimo, lo sai?- esclama allegro l'altro piegando le ginocchia per arrivare al suo livello e gli sorride tenerissimo. Il bimbo ridacchia e gli fa 'ciao' con la manina, poi si sente chiamare da una delle sue mamme, americane, venute lì per vacanza, e si volta verso di lei, che in inglese gli dice di non disturbare nessuno, senza tuttavia alzare la voce.
-Non ci stava disturbando!- annuisce convinto l'italiano avvicinandosi di un paio di passi a loro, ovviamente risponde in inglese. L'amato al suo seguito, più serio. 
-E' un bambino vivace..- spiega la donna, con un sorriso. L'altra ha in braccio una signorina di sei anni circa, invece.
-Sono.. i vostri bambini?- domanda con gli occhi che gli si illuminano quasi.
-Sì, li abbiamo adottati da un annetto circa- spiega una delle due.
-Quanto mi piacerebbe avere un bambino..- dice senza neppure pensarci, facendosi un po' triste perché sa che non potrà averne. Ludwig gli mette una mano sulla spalla, incitandolo così ad alzarsi.
Non sanno nemmeno come, eppure finiscono al tavolo con quelle due donne ed i loro bambini a chiacchierare per un bel po' di tempo. Le americane raccontano della loro esperienza, di come hanno fatto coming-out, di quando si sono sposate e di come hanno adottato quei due bei marmocchietti che s'infilano sempre nel discorso. 
L'italiano ascolta tutto, avido di informazioni ed invidioso, ma senza perdere la sua dolcezza, nemmeno per un istante.
Ludwig invece non dice molto però ridacchia con loro ogni tanto. Quando Felì gli si mette in braccio dice soltanto: -Rompiamo la sedia così, siediti bene- in tedesco. Così il moro imbronciato si rimette a sedere vicino a lui, ma gli tiene stretta la mano. Il gesto viene ricambiato.
-And what about you?- domanda una, quella castana di capelli.
I due si scambiano un'occhiata d'intesa, ma il biondo lascia sia l'altro a parlare.
-Ci siamo conosciuti all'AIESEC, un'associazione che unisce le varie università, di tutto il mondo. Ci siamo messi insieme il 27 Novembre di due anni fa, precisamente. E... beh, non so che altro aggiungere!-
-Sei un disastro, schatz- ridacchia il biondo, appena appena. -Also, io sono di qui, lui del sud Italia, ma ha vissuto molto al nord, a Venezia. Qui frequenta l'Università, come me, ma siamo iscritti a facoltà diverse -lui arte, io economia. Ci siamo conosciuti grazie all'AIESEC, come ha detto lui, circa tre anni fa, e stiamo insieme da due. Und..-
-And- lo corregge l'amato.
Per lui è ancora difficile parlare in un'altra lingua, sebbene sappia molto bene l'inglese, così come l'italiano, non sa scindere completamente le lingua straniere dalla propria, così capita che inserisca delle parole della lingua madre quando ne parla un'altra.
-And..- riprende -i suoi genitori sanno di noi, i miei no. Non che io non glielo voglia dire, ma non ho rapporti con loro da diverso tempo, ormai. Non conviviamo, non possiamo sposarci qui, ma solo avere un'unione civile. -
Perché gli stia spiegando tutto, poi, non lo sa nemmeno lui. Non è solito parlare di sé con gli estranei, eppure quel giorno sente di poterlo fare, con quelle due donne. 
-E la volete?- 
Ma perché queste domande inopportune, scusa?
-Ehm...- 
Entrambi si guardano. Sì, lo vorrebbero.  No, non ne hanno ancora parlato. 
Con qualche difficoltà, aggirano la questione con una frase veloce, sviando da questo argomento l'attenzione. Le ragazze si guardano con la coda dell'occhio con una certa e dolce complicità, dopo un po' tornano in albergo ed i ragazzi prendono la via di casa.
 
La casa dell'italiano è più vicina, così vanno prima da lui. 
Sotto casa, Lud gli cinge i fianchi e stringendolo a sé lo bacia dolcemente, nel buoi della sera. 
-Amore mio..- Felì gli accarezza i capelli dorati. -Ma tu vorresti sposarmi un giorno?-
-Non possiamo farlo né qui né in Italia..-
-Tu rispondimi- lo guarda dritto negli occhi, con quelli suoi nocciola.
-Ich..- 
Ecco. Non sa che rispondere. Sì, vorrebbe sposarlo. Però non si sente pronto, non adesso. Non senza uno stipendio fisso, non prima di aver finito l'università, non prima di aver idee certe per il futuro. 
-Ja, mein schatz- gli risponde dopo un po' accennando un sorriso. Perché se potesse, dopotutto, lo farebbe. E prima o poi sarà completamente pronto per iniziare a pensarci seriamente.

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Note.
Salve! 
Scusate il ritardo, ma la mia scuola è occupata, io sono spesso lì e non hotempo per scrivere. E tra l'altro, l'occupazione mi ha dato degli spunti interessanti. Forse presto aggiungerò un'altra storia. Chi lo sà! Non ho nota particolari da fare, soltanto che le due donne sono 'non belle ma graziose' non perché io voglia andare incontro a stereotipi o voglia essere cattiva, semplicemente perché così le ho immaginate mentre scrivevo! Tutto qui (:
Spero solo di ricevere una recensione, anche di due righi.. non ne ricevo da un po' e sinceramente mi scoccia pubblicare i capitoli se nessuno mi giudica/da consigli ç.ç Avevo scritto Napoli, ma ho cambiato.. so che non dovrei farlo, perdonatemi!
Grazie! (:

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Capitolo 14
*** Il punto è che non ci riesco, a litigare con te. ***


‎"Sono stato anche normale, 
in una vita precedente
m'hanno chiesto 'che sai fare?'
'So far ridere la gente', 
menomale che non ho fatto il militare."

Il tempo per fortuna è molto migliorato dai mesi invernali. 
Felì sta facendo volontariato con dei bambini molto piccoli, li sta facendo giocare con i colori. Si stanno colorando la faccia di rosso, di blu, di verde e di marrone scuro. Ridacchia dolcemente continuando a canticchiare la canzone italiana, tutti lo guardano un po' straniti, lui disegna degli occhiali con il celeste ad un bambino di colore, con tanto di minuziosi particolari. Lui è molto bravo a disegnare, così tutti i piccoli si mettono in fila per farsi scarabocchiare da lui, che ha la faccia macchiata come un soldato, anche con un po' di rosso e di arancione. Ad un altro bambino disegna dei ghirigori sulle guance e colora il nasino, ad un bimbetta di circa cinque anni dei bei cuori sulla fronte, ad un altro ancora i baffi da gattino. 
Sorride a tutti, poi qualcuno gli si avvicina e gli mette una mano sulla spalla. 
-Felì, c'è il tuo ragazzo, mi ha chiesto di venirti a chiamare- dice una ragazza sorridendogli.
L'italiano annuisce sorridendo spontaneo a sua volta, finisce il suo lavoro con un piccino di tre anni con dei boccoli castano scuro, poi esce dalla grande stanca e lo vede lì a metà corridoio. Accelera il passo e gli si avvicina, mettendosi in punta ed appoggiando le mani sulle sue guancia, baciandolo. -Hei..- sussurra sistemandogli una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
-Ti ho lasciato studente e ti ritrovo soldato?- mormora ridacchiando il tedesco. 
L'altro ride annuendo. -Stavo giocando con i bambini..-
-E adesso, invece, ti rapisco io- risponde Ludwig cingendogli la vita e stringendolo a sé, dondolandosi un poco a destra e sinistra: -che caldo che c'è qui dentro..- 
-Ehm..- si lascia stringere abbassando un poco il capo. -Non posso venire con te. Ho da far qui con i bambini..-
-Amore, è più di una settimana che non stiamo dieci minuti insieme- dice serio guardandolo.
-Lo so, ma hanno bisogno di me..-
-Già, e non sono i soli- molla la presa. Si sistema la maglietta nera aderente e la camicia aperta, verde, che tiene sopra. Il fatto è che Lud non ha nessuno, ha solo suo fratello ma lavora fuori città, così non può vederlo spesso. I suoi genitori non vogliono ancora vederlo e di amici non ne ha poi molti, quindi l'amato è l'unica persona con la quale passa il suo tempo. 
-Dai, non ti arrabbiare..- l'italiano gli mette una mano sul braccio e lo guarda negli occhi, facendo un passo verso di lui. Detesta litigare col tedesco, eppure a volte capita anche a loro. Raramente, ma capita.
-No, lascia perdere. Rimani con loro- si allontana tirandosi su gli occhiali sul naso. Lui è miope, perciò mette gli occhiali quando deve leggere, studiare, o semplicemente stare al pc. Quel giorno ha dimenticato di toglierli, ecco perché li ha indosso. -Torno a studiare.-
Detto ciò va via, senza neppure salutarlo. 
Accidenti, Feliciano non voleva farlo arrabbiare. Dopotutto è vero che non stanno insieme da circa dieci giorni, ma hanno avuto da fare, gli esami, le ultime lezioni prima dell'estate.
Sospira pesantemente, passandosi una mano tra i capelli castani, poi con la stessa li sistema. Torna dai piccoli e sorride loro, accarezzando i capelli di uno e toccando il nasino ad un altro.
Dopo un po' decide di mandargli un messaggio, sarà passata un'ora al massimo. Riscrive più volte il testo ed infine opta per: "Amore mi dispiace.. dimmi quando posso chiamarti."
Ma a questo messaggio il biondo non risponde. Tornato a casa, infatti, si è rimesso chino sui libri e ha letto di sfuggita il messaggio, deciso a non rispondere. E' arrabbiato perché si sente trascurato. 
E dall'altra parte della città, il moro è triste perché vuole al più presto fare pace.
Scende la sera, quasi tutti i bambini sono rientrati a casa. La ragazzi di prima, Else, gli si avvicina mentre entrambi si preparano andare. -Hei?-
Lui accenna un piccolo sorriso con una nota triste: -Sì?-
-Farete pace, d'accordo?- gli sorride lievemente, togliendosi una ciocca della frangia bionda tinta dagli occhi. 
-Sì..- sospira lievemente e si lascia andare ad uno piccolo sfogo. -Odio litigare con lui. Non mi parla, non mi risponde ai messaggi né tanto meno alle chiamate.. detesto questo suo comportamento.-
-Forse ha solo bisogno di stare un po' da solo- azzarda. 
Prima le aveva chiesto di controllare se avesse qualche messaggio, ma niente, e la diciannovenne ha osservato a lungo lo sfondo. E' davvero una bella foto quella, scattata assolutamente per sbaglio: erano in macchina con Gilbert, il fratello minore seduto davanti, l'italiano esattamente dietro l'albino. La foto prende tutti e tre, assorti nei loro pensieri. E' davvero artistica, sì. il maggiore guarda davanti a sé, Felì alla propria sinistra, Lud alla destra.
-Speriamo sia questo..-
-Chiamalo! Vedi se ti risponde, altrimenti provi più tardi o citofoni direttamente a casa sua. Io farei così!-
Lei è esuberante ed un po' pazza, si mette a cantare qualcosa a squarciagola di punto in bianco, poi balla, poi ride, poi tira le guanciotte di qualcuno. E ride ancora, sempre, ma proprio sempre! Non sembra essere mai triste. Beh, buon per lei! 
Canticchia qualcosa cercando il cellulare che ha perduto, tanto per cambiare: è molto disordinata infatti. Lo trova il ragazzo, che prende anche il proprio e compone il numero. Nella rubrica del suo cellulare ha salvato il fidanzato con una loro foto di uno dei loro tanti dolci e lunghi baci. Questo in particolare, se lo sono dati sotto la pioggia, cosa che lui ritiene molto romantica. Lo chiama, ma niente, a cinque squilli ancora non risponde.
Lud, nella propria camera, appoggiato alla spalliera del letto con il libro dell'università tra le gambe. Osserva il Galaxy, il nome 'Schatz.' sullo sfondo. Ignora la chiamata e gli manda un messaggio: "Non posso rispondere ora. Che c'è?"
"Ho bisogno di parlarti.." risponde l'italiano inviando a 'Lieber ♥' "quando posso farlo? Quando ti posso chiamare?" gli scrive ancora. 
"Chiama."
Di solito quando il moro dice di volerlo chiamare, riceve dopo circa due secondi la sua chiamata, perché il biondo lo anticipa. E se non lo fa, vuol dire che è davvero arrabbiato. Ma così tanto nervoso per così poco? 
Il ragazzo lo chiama salutando gli altri con un cenno della mano, seguendo Else dato che di solito fanno strada insieme, abitando vicini.
Dopo un paio di squilli, risponde: -Che c'è?-
-Credo che dovremmo vederci- sussurra.
-Ah, tu lo credi? Gut, vediamoci. Io sto studiando, non posso perdere tanto tempo.-
-Vengo io a casa tua, allora? Ti va bene così?- domanda incerto.
-Ja..- e anche lui sospira, sente di stare esagerando. 
Così i due volontari, ancora davanti l'associazione, si congedano, perché lui deve prendere stavolta la direzione opposta.
Prende qualche scorciatoia per fare prima per cui non ci mette troppo ad arrivare. Per tutto il tragitto, pensa a cosa dirgli, preparandosi un discorso mentale, gli occhi fissi sui propri piedi, eccetto quando deve attraversare la strada. 
Intanto, qualche metro più in là, il tedesco e l'austriaco stanno parlando. 
Mentre Ludwig si rigira l'evidenziatore vicino le labbra, con gli occhi fissi nel vuoto, pensieroso, l'austriaco lo osserva con fare critico.
-Avete litigato, per caso?-
Il più giovane annuisce.
-Posso conoscere il motivo?-
Così il biondo porta l'attenzione su di lui. -Ultimamente stiamo poco insieme... aspetta, ma perché vuoi saperlo?- 
-Chiamala curiosità. Dovreste, comunque, cercare di chiarire al più presto- risponde l'altro preparandosi un tè.
-Sta venendo qui..- mugugna.
Ed ecco il citofono; gli apre il portone e lo lascia salire le scale, abbandonando pure il libro accanto al tè dell'austriaco, sul al tavolino.
L'italiano ci mette poco a giungere sull'uscio di casa, quando l'amato gli apre la porta lo osserva un attimo negli occhi. -Ciao..- 
-Entra.. togliti il giubbotto.-
Se glielo fa sfilare, vuol dire che non lo manderà via subito, no? Con questa speranza, il moro annuisce ubbidendo e aspettando che dica qualcos'altro.
-Andiamo in camera mia- recupera il libro fotocopiato e l'evidenziatore verde, intanto Felì saluta con un cenno ed un piccolo sorriso Rod, che risponde con un altro cenno e socchiudendo appena gli occhi.
Giunti nella camera da letto del tedesco, lui richiude la porta alle sue spalle ed osserva il biondo sedersi ala scrivania. Gli si avvicina e gli accarezza la guancia. 
-Mi dispiace di averti trascurato..-
-Non stiamo mai insieme, ti passo a prendere e tu mi mandi via. Ci sono rimasto male, Felì- risponde l'altro guardandolo negli occhi. Lo fa sedere sulle proprie ginocchia. 
Questi gesti da parte di entrambi vogliono già dire che hanno fatto pace. 
-Non ti ho mandato via..- sospira annuendo alla sua occhiata scettica -va bene, scusami. Facciamo pace, non riesco a stare così con te.. odio che non mi tocchi, che non mi parli o baci.. ho bisogno di te.-
-Ed io di te. Non ti voglio sottrarre a quei bambini, però... sono stato un po' egoista, è vero, ma è così tanto che non.. beh, adesso è tutto risolto, comunque- appoggia la mano destra alla sua guancia -con l'altra lo regge- e lo bacia dolce.
-Pace fatta!- mormora l'italiano ridacchiando, dopo aver ricambiato il bacio. Si accoccola al suo petto, non volendo più andare via. 
-Rimani a dormire con me?- sussurra il più alto.
-Mh-mh!- gli bacia la punta del naso annuendo. -Però devo prendere lo spazzolino, il pigiama, il cambio per domani..-
-Mmh, nein..- borbotta il primo strofinando la guancia al suo petto. -Non te ne andare. Il pigiama te lo do io, lo spazzolino anche. Ne ho uno di riserva, ancora nella confezione.-
-E va bene, mi vedo costretto ad accettare- ridacchia dolcemente muovendosi un po' nella sedia girevole, poi lo bacia. Si alza e si butta sul letto. -Mmh, comodo!- socchiude un attimo gli occhi.

Ludwig sta cucinando qualcosa, l'amato mette il broncio perché vorrebbe cucinare lui.
-Lo sanno tutti che sono più bravo di te!- annuisce convinto un paio di volte.
Dopo, ci rinuncia ed apparecchia. -Devo fare anche per Rod?- 
-Non credo, lui mangia presto. Penso abbia già cenato- spiega girando qualcosa che bolle in pentola. 
-Glielo chiedo?- si avvicina a lui e lo abbraccia da dietro, lasciandogli un bacio sulla spalla.
-Come vuoi.- 
Il ragazzo va dall'altro inquilino e bussa alla sua porta. -Roderich? Ti disturbo?- 
-No, entra pure.-
In realtà sì che lo disturba, perché sta componendo, ma si trattiene dall'essere scortese, dopotutto quel ragazzo non gli ha fatto niente. Lo osserva tirando in su gli occhiali sul naso.
-Volevo sapere se ti unisci a noi per la cena.. ti va?-
-Ti ringrazio, ma ho già cenato alle diciotto e trenta- fa un cenno del capo per ringraziarlo.
-D'accordo.. allora, ehm, buon proseguimento.. immagino.-
E torna dal fidanzato, iniziando a cenare con lui. Passano la notte insieme, senza però fare nulla di particolare, semplicemente stretti l'uno all'altro, nel letto del biondo.

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Capitolo 15
*** Allora, viaggetto? ***


Finalmente! Finalmente! 
Le lezioni all'Università sono da poco terminate, Felì sta giusto dando l'ultimo esame della sessione. In realtà lui non ha fretta di laurearsi, quindi avrebbe fatto a meno di trattenersi a Berlino per i mesi estivi, però Ludwig ha invece voglia di spedire il curriculum al più presto possibile, inserendo anche la laurea, quindi ha voluto dare quell'esame di Luglio, giusto un paio di giorni prima. Ha preso 30 e lode, lui, adesso attende il risultato dell'amato.
Esce dopo una mezzo abbondante e gli si avvicina tutto contento.
-Allora?-
-Ventisette!- mormora entusiasta. A lui non importa di avere tutti 30, fa le cose con calma, dove arriva arriva. Se lo prende, tanto meglio.
-Bravissimo- lo bacia velocemente.
-Adesso mi concedi di andare a casa?- ridacchia il moro prendendolo per mano ed iniziando a camminare per uscire dal complesso universitario.
-Non ti ho trattenuto io, sei tu che sei rimasto. E poi adesso che te ne andrai io rimarrò comunque qui, quindi non vero perché tu abbia aspettato tanto.-
L'italiano si mette a fischiettare senza rispondere. Il biondo capisce e guardandolo con la coda dell'occhio dice: -No.- 
-Eeeh? Ma come?- fa gli occhioni rimanendo attaccato al suo braccio. 
-Nein. -
-Perché no? Non devi lavorare fino a settembre, non hai da studiare, che devi fare tutta l'estate qui da solo? Vieni con me, dai, dai!!-  lo prega con lo sguardo.
-Assolutamente no- dice netto, serio, senza però guardarlo, perché quegl'occhi tendono a convincerlo un po' troppo spesso.
-Speravo potessimo stare insieme.. noi due da soli, nella villa dei miei.. e invece mi toccherà passare un mese e mezzo attorniato da altri ragazzi ed andare a mare con loro- scrolla le spalle socchiudendo un attimo gli occhi.
-Così non vale- borbotta l'altro incrociando le braccia al petto. 
-Non sto facendo niente! E' la verità. Che devo fare? Ci sono un sacco di ragazzi carini sulla spiaggia, poi- si sistema gli occhiali da sole firmati sul viso.
Il ragazzo biondo scioglie la presa della sua mano e si allontana un po'. -Vattene, divertiti- mormora un po' nervoso. 
L'italiano trattiene a stento una risata. -Cos'è, sei geloso, amore mio?-
-Nein.-
-Dai, lo sai che non posso stare così tanto senza di te..- gli dice dolce, riprendendo la sua mano e mettendosi in punta per baciargli la guancia.
-E tu sai che non posso venire da te, in Italia..- risponde l'altro cingendogli la vita e guardandolo negli occhi, fermo, appoggiato al tronco di un albero, nel giardinetto dell'Universität der Künste, l'università delle belle arti, di Berlino. Ludwig, invece, frequenta la Hochschule für Technik und Wirtschaft. (Università per Tecnologia ed Economia.)
-Ma perché?- appoggia le mani al suo petto stringendosi a lui.
-Perché non ho il biglietto, perché non ho prenotato il posto dove dormire, perché ci vuole organizzazione per fare le cose, Felì.-
-Il biglietto l'ho preso io, poi puoi dormire da noi, me lo ha detto mamma. Ne abbiamo parlato insieme- gli sorride dolcissimo.
Però Ludwig s'incavola un po' e scioglie la presa, di nuovo, brusco.
-Gradirei che la prossima volta me lo dicessi, prima di fare le cose.-
-Io.. l'ho fatto per te..cioè, per noi..- dice a voce più bassa. 
-No, Feliciano. Lo hai fatto per te stesso. Avresti potuto anche chiedermi se volevo stare con la tua famiglia.-
Ecco. Litigano di nuovo. Ma che ha il biondo per adesso? Si arrabbia continuamente, per qualsiasi cosa..  
L'italiano, con lo sguardo basso, si sposta un po' da lui, farfugliando: -Mi dispiace, io.. non volevo farti arrabbiare.. pensavo ti facesse piacere.. non pensavo che la mia famiglia ti desse così fastidio.. Ti hanno fatto qualcosa?- alza lo sguardo ma non il capo e punta gli occhi sui suoi.
-Nein, Lieber..- sospira -però lo sai che.. beh, mi imbarazzano le situazioni del genere..-
Felì sorride dolcemente ed appoggia le mani sulle sue guance: -Lo so, ma i miei ti vogliono così bene! Gli parlo sempre di te e loro vorrebbero così tanto conoscerti meglio.. per favore..- gli rivolge di nuovo gli occhioni.
-Però soltanto un paio di giorni. Non un mese e mezzo..- mette in chiaro.
-Due settimane- gli concede. Non scenderà ad altre condizioni.
Ed il tedesco sospira annuendo: -Due settimane. Però il biglietto lasciamelo pagare.-
-Affare fatto!- gli fa l'occhiolino, poi lo bacia e  dopo aver trovato risposta in quel gesto, gli prende la mano e riprendono a camminare. 
-Pensi di cambiare di nuovo lavoro?- gli chiede dopo un po'. 
Fa un conto veloce. Il tedesco ha lavorato per un'azienda come contabile, poi ha fatto vari lavoretti di qualsiasi tipo, adesso è stabile presso un meccanico. 
Scrolla appena le spalle, quest'ultimo.
-Non lo so, il lavoro lì mi piace. Se trovo di meglio, ovviamente valuto se cambiare o no- risponde conciso.
Certo, i soldi gli servono e lui prima di comprare qualcosa ci pensa bene. In quei tre anni in cui ha iniziato ad essere indipendente, si è comprato solo una cosa, per togliersi un capriccio: il cellulare. Il Samsung Galaxy SIII. E' vero, è costato moltissimo, però risparmiava da un bel po' per comprarsi un telefono nuovo e quindi si è concesso questo regalo. In effetti si è poi sentito un po' in colpa per i soldi spesi, tuttavia è giusto anche concedersi qualcosa una volta ogni tanto: no? 
Rimangono in silenzio e prima di tornare a casa passano dal supermercato, dopo andranno a casa dell'italiano e ceneranno lì. 
Si avvicinano al reparto latticini, Felì deve prendere il latte. Prende due cartoni e li confronta, per poi esclamare: -Sai? Romano forse va a vivere in Spagna.- 
-Spanien? Warum?- domanda sorpreso l'altro, seguendo il fidanzato nella corsia accanto, per prendere il caffé e lo zucchero. 
-Lavoro. Vuole andare a lavorare lì e sta.. pensando di entrare in polizia.- 
-Tuo fratello in polizia- ridacchia.
-Perché ridi?- assottiglia lo sguardo e punta gli occhi sui suoi. -Per adesso è solo un pensiero. Ha studiato spagnolo al liceo.- 
-Nein, nulla- gli porge lo zucchero. -Se continui a mettere tutto questo zucchero nel caffé, nel tè e in tutto ci che fai, non ti durerà una settimana questo pacco.- 
-Infatti non prendo questo di solito!- lo riposa e ne prende un altro, che costa un po' di meno. -E comunque ha sempre desiderato entrare in polizia. Solo che.. è stato parecchio rivoluzionario nella sua adolescenza- soffoca una risatina, andando al suo reparto preferito: quello dei biscotti e delle merendine. 
-In che senso?- 
-Nel senso che al liceo si faceva odiare dai prof, infatti è stato bocciato un anno. Sai, rispondeva a tono, non si faceva mettere i piedi in testa, diciamo. L'anno dopo si è fatto elegere rappresentante d'istituto. Ha rischiato di nuovo l'anno, perché ha occupato la scuola.- 
-Che intendi per occupato?-
Lui non ha mai occupato, autogestito, cogestito e la sua scuola non è nemmeno mai andata in assemblea permanente, perciò non ha idea di ciò che comporti una cosa del genere.
-Nel senso che non gli stava bene com'era organizzata la scuola pubblica, né a lui né alle altre scuola. Anche il mio liceo occupò, ai tempi. Così, lui in quanto rappresentante d'istituto con un'altra ragazza, Alice, andarono in assemblea e a votazione decisoro come comportarsi. La maggioranza dei ragazzi votò occupazione nera, quindi lui rimase più di un mese a scuola, giorno e notte, tornava a casa solo per lavarsi, cambiarsi e mangiare qualcosa. Per il resto andava avanti a panini.- 
Romano era ed è una testa calda, nessuno deve permettersi di dire che lui non è in grado di fare le cose, non devono prenderlo in giro, non devono insultarlo né disturbarlo. 
E così quell'anno andò in aula magna, salì su un tavolo e con un megafono incitò tutti gli studenti, convincendoli, ad occupare l'istituto classico. Anche nella scuola del fratellino si prese la stessa decisione, tuttavia Feliciano non era affatto d'accordo.
Sono sempre stati gli opposti. 
Romano usciva continuamente, Felì stava quasi sempre a casa.
Romano cercava la sua indipendenza, Felì cercava sempre l'appoggio dei genitori, specialmente della madre.
Romano rispondeva male ed attaccava briga con tutti, Felì sorrideva sempre. 
Romano ha sempre amato la storia delle guerre, Felì preferiva più studiare la storia dell'arte.
Romano fumava di nascosto, Felì faceva tutto alla luce del giorno, con innocenza ed ingenuità, mentre il maggior coglieva in tutti cattive intenzioni.
E mentre il primo tornava a casa con un paio di rapporti a settimana, sospensioni e via dicendo, il piccolo aveva 10 in comportamento e voti altissimi.
Gli opposti, esatto. E lo sono tutt'ora.
Ludwig annuisce appena, facendogli intendere d'aver capito. 
Non se lo aspettava, dal 'cognato.' -E quindi.. vuole fare il poliziotto, adesso?- 
-E' cresciuto e forse è un po' cambiato. Ma è sempre stato maturo e non ha mai amato le ingiustizie. E' da quando ha capito cos'ho passato, che vuole diventarlo, per aiutare gli altri bambini.-
Il biondo  accenna un sorriso e osservandolo mettere un pacco di Kinder Brioss al cioccolato nel carrello. -Quindi, per te.-
-Non so, immagino la cosa lo abbia influenzato. E tuo fratello?-
-Gilbert? Beh, lui ha sempre voluto entrare nell'Arma.-
-Anche tu lo vuoi, no?- si mette in coda alla cassa.
-Ja, aber.. Diciamo di sì.-
E' stato proprio l'albino, infatti, a dirgli le seguenti parole: "Tu non sei un soldato, Ludwig. Io sono un soldato."
E lo ha guardato negli occhi, serio. Il minore voleva entrare nell'esercito solo per seguirlo. Voleva solo stare con lui. Ma deve iniziare a staccarsi dal fratello, prima o poi, anche lui.

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