Ambizioni, desideri e rimpianti.

di Rhaenyra17
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** L'incontro. ***
Capitolo 3: *** Seriamente? ***
Capitolo 4: *** E' salva. ***
Capitolo 5: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Nickname: Giacopinzia17


Titolo: Ambizioni, desideri e rimpianti.


Coppia: Rosalie/Bellatrix più personaggio obbligatorio: Renesmee.


Raiting: giallo


Avvertimenti: crossover, What if?


Genere: comico, introspettivo.


Eventuali Nda: Questa storia partecipa al contest “Quando Harry Potter e Twilight diventano più o meno la stessa cosa” indetto da Beth96.
Bene, ecco la mia long, che non è poi così long °-°.. però comunque per scriverne una bella lunga avrei necessitato di molto, molto più tempo
:') spero che non dispiaccia, comunque.
L’ambientazione non coincide con entrambe le saghe: per Rosalie tutto questo succede dopo Breaking Dawn, mentre orientativamente ho fatto sì che per Bellatrix succedesse circa nel Principe Mezzosangue.  
Ho deciso di scrivere il prologo e l’epilogo in terza persona, mentre i capitoli 1, 2 e 3 saranno dal punto di vista di Rosalie.
Spero sia gradita, la mia idea ^^
Enjoy it!
xx



 

Prologo.

Mai si sarebbero aspettati una cosa del genere, tutti loro. Due mondi che non si erano mai tenuti in contatto, persone diverse ma con una cosa in comune:  il dover mantenere un segreto più grande di loro. Niente era nei loro piani, ovviamente: le cose non vanno mai come si spera o come si programma.
L’unica cosa che gli restava da fare, ormai, era semplicemente accettare la cosa e rimediare a quel disastro che avevano combinato i Mangiamorte, coinvolgendo una specie completamente diversa di vampiri. Avevano causato l’intreccio di due mondi che altro non potevano fare, se non scintille a non finire.
Due donne indipendenti, ribelli e forti, da due mondi che ormai non erano più separati, se non da quella sottile linea di confine che si limitavano a chiamare, superficialmente, odio e disprezzo. Nonostante ciò, dovettero comunque collaborare per ristabilire quell’equilibrio che temevano seriamente, più che mai prima d’allora, si fosse perso per sempre.
Il per sempre, poi, per i vampiri era davvero tanto, troppo tempo, e non potevano di certo accettare un affronto del genere.

 

 

La chioma bionda di Rosalie si poteva riconoscere ovunque; l'unica ragione per la quale nessuno si accorse di lei, fu che passava per i boschi alla velocità della luce, lontana da occhi e orecchie indiscrete.
Suo fratello Edward era distrutto, così come sua cognata Bella: ormai il disprezzo provato per le scelte della giovane era sepolto nel cimitero dell’essere umano di quest’ultima. Inoltre, con la nascita della bella Nessie, era come se le avesse perdonato tutto. ‘Acqua passata’, quindi.
Ed era proprio dopo il rapimento di Renesmee che aveva totalmente perso il controllo di se stessa, da una parte, mentre dall’altra era perfettamente lucida; sapeva alla perfezione cosa doveva fare e ne aveva tutte le intenzioni.
Non aveva avvertito nessuno, nemmeno il suo amato Emmett: semplicemente si era messa in viaggio, con la scusa di voler stare da sola, dicendolo con i suoi soliti modi bruschi. Aveva approfittato del fatto che aveva bisogno di sangue animale per avventurarsi nei boschi, perciò la famiglia Cullen l’aveva lasciata andare; inoltre, erano piuttosto impegnati ad aiutare Edward e Bella a trovare una soluzione, una maniera per riprendersi la figlia.
I maghi avevano colpito proprio dove non dovevano colpire, e Rose era parecchio incazzata.
Le sarebbe bastato arrivare in fretta all’aeroporto e prenotare un volo per l’Inghilterra, dopo di che avrebbe cercato uno dei Mangiamorte e l’avrebbe, in qualche modo, obbligato a collaborare. Non le interessava minimamente il ‘come’, semplicemente doveva averne uno dalla sua parte che l’aiutasse ad infiltrarsi e riprendersi la bambina.

All’aeroporto non ebbe particolari problemi, l’unico inconveniente che le si parò dinanzi fu quello di dover attendere un paio d’ore prima di partire. Sbuffando, si sedette e attese quelle due ore, che sembravano non passare mai. Più passavano lentamente, più la bionda si inviperiva, e più voglia aveva di staccare il collo ad ogni singolo mago oscuro che avesse collaborato, o sapesse solamente della piccola Nessie.
Proprio non riusciva a capacitarsi di quello che avevano fatto, anche perché non avevano ragioni per fare una cosa del genere; almeno secondo ciò che sapeva. In quel momento, però, l’unico pensiero che occupava la sua mente era il viso della bambina che, sorridente, le poggiava teneramente le mani sul volto e le mostrava il sogno che aveva fatto mentre dormiva. Di solito, sognava sempre un’immensa distesa verde, un prato pieno di fiori e con due alberi in lontananza, di fronte a lei un castello maestoso, una bandiera con uno stemma, contenente un serpente e contornato di verde e nero. La bimba correva verso il castello, attratta da esso, e la bandiera spiccava magicamente il volo: aspettava che la bambina ci salisse sopra, poi partiva a velocità moderata, e riportava la bambina sul prato; solo allora riprendeva a giocare con i fiori e a guardare gli uccelli che svolazzavano di qua e di la.
Non credeva, la bella bionda, che quel sogno potesse avere un qualche significato nascosto, per cui non ci diede peso la prima volta che glielo mostrò; iniziò ad avere un qualche dubbio quando la bambina prese a mostrarglielo più volte col susseguirsi dei giorni. Non lo reputava, comunque, un sogno premonitore.
Dall’altoparlante, la voce di una donna, che pareva abbastanza giovane, avvertiva i passeggeri del volo per Londra di apprestarsi ad imbarcarsi; così Rose, senza batter ciglio, con la sua solita grazia che faceva scendere dal piedistallo anche la persona più sicura del mondo, si apprestò a entrare nell’aereo.

 

Le ore di volo furono noiose, più che stressanti; Rose sentiva l’ansia aumentare di secondo in secondo, ma sapeva di doversi dare una calmata, altrimenti la situazione sarebbe precipitata, sfuggendole di mano, e non poteva proprio permettere che accadesse una cosa del genere. Sospirò sollevata, quando, di notte inoltrata, l’aereo atterrò a Londra. Scappò senza farsi notare da nessuno, usando un’uscita diversa dell’aeroporto e correndo velocemente; nessuno parve notarla, tutti erano stanchi e scocciati. Invece a lei piaceva la notte, ed anche Londra, giacché era una città prevalentemente piovosa e raramente i londinesi potevano godersi il sole splendente in un cielo azzurro senza la minima traccia di nuvoloni plumbei.
Pensandoci un po’ su, Rosalie si rese conto che non aveva la men che minima idea di dove si trovasse la piccola, né sapeva da dove cominciare.
Non poté far altro che sfruttare le sue conoscenze del mondo dei Maghi: fortuna sua che era il 1° settembre! Fu un caso, probabilmente, ma lei non poté far altro che godere della sua sfacciata fortuna ed avviarsi piuttosto lentamente verso la stazione di King’s Cross. Avrebbe dovuto aspettare le undici del mattino, per quanto ne sapeva.
Arrivata in stazione, si soffermò a guardare un orologio, sotto lo sguardo stupefatto dei pochi passanti delle quattro circa del mattino. Avrebbe dovuto aspettare parecchie ore, prima di poter salire su quel treno che l’avrebbe condotta nel mondo magico, più precisamente nella scuola di Hogwarts.
Lì, era piuttosto certa, avrebbe trovato qualcuno che l’avrebbe indirizzata sulla strada dei Mangiamorte: un passo o due più vicina a Renesmee.
L’unica cosa che le restava da fare, era semplicemente rimanere appoggiata vicino al muro tra i binari nove e dieci. Si appoggiò a quello del binario nove, una gamba alzata e il piede appoggiato vicino a quei mattoni, la testa leggermente china e gli occhi chiusi.
 


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Capitolo 2
*** L'incontro. ***


Salve! Eccomi con il primo capitolo della storia.. 
Vorrei chiedervi, questa volta, se vi andrebbe di recensire, così tanto per farmi sapere se vi piace la storia D: (?)
Enjoy the chapter!
xx






Capitolo 1 – L’incontro.

 
 

Dalle 8 del mattino circa, la stazione si movimentò di colpo, e dovetti dire addio alla pace dei sensi, sbuffando sonoramente scocciata. Non appena adocchiai, però, dei bambini e degli adulti con enormi valigie e gabbie con gufi, o dei gatti o addirittura rospi e pipistrelli, mi concentrai e prestai attenzione.
Li vidi oltrepassare il muro di fronte a loro scomparendo al proprio interno: non avevo mai visto una cosa simile, ed ero terribilmente affascinata e anche leggermente sorpresa. Calcolando che era piuttosto difficile sorprendermi, era un gran passo avanti. Il mondo dei Maghi iniziò a intrigarmi improvvisamente, e sorridendo tra la divertita e la maligna, oltrepassai il muro senza fare una piega.
Non appena mi trovai dall’altro lato, non potei fare a meno di guardarmi attorno: mura di mattoni come quelle della stazione, quella dall’altro lato del muro, un treno antico, nero, con un cartello rosso davanti che portava la scritta ‘Hogwarts Express’ in bianco, e sotto il numero 5972.
Guardai poi alla mia destra: tanti bambini che salutavano le proprie mamme, ricambiando calorosamente i loro docili abbracci, affettuosi, altri invece che semplicemente salutavano i compagni e ridendo salivano in treno. Mi sentivo dannatamente disorientata, e non potevo fare a meno di essere sorpresa alla vista di quella parte del mondo dei Maghi. Era solamente l’inizio.
Silenziosamente, senza dar confidenza a nessuno, mi apprestai a salire in treno, senza che nessuno mi notasse. O perlomeno, sembrava che nessuno mi avesse notata, ma la mia chioma bionda e i miei occhi dorati, era impossibile non notarli; come era impossibile non esserne incontrollatamente affascinati.
Entrai in uno degli scompartimenti e mi sedetti vicino al finestrino, chiusi gli occhi e attesi che il treno partisse. Lo fece dopo un bel po’ di tempo, forse troppo per i miei gusti.
Anche il viaggio durò troppo: passai davvero tutta la giornata in treno, e l’unica cosa che potevo fare era battere a ripetizione il piede a terra, facendo quasi tremare tutto il treno; non che non tremasse già di suo quel vecchio rottame!
Sospirai di sollievo non appena quest’ultimo si fermò e fui la prima a fiondarsi fuori. A tutta velocità, mi avvicinai a un omone grasso e barbuto, che aveva una lanterna in mano e che assolutamente non poté fare a meno di guardarmi tra il sorpreso ed anche lo spaventato, in un certo senso. Tutti erano comunque affascinati da me; talmente affascinati da non riuscire a proferire parola.
‘Ho bisogno di parlare con il preside di questa scuola’ – dissi a quello che classificai come il guardiano accompagna - studenti del castello di Hogwarts. Quest’ultimo fu in procinto di chiedermi perché, ed ebbe addirittura l’istinto di fare un qualche incantesimo alla “spaventosa e affascinante biondina che si trovava davanti”. Un istinto, però, che dovette reprimere. Semplicemente annuì e mi disse di seguirlo, così come avvertì i bambini di tenere il passo per andare alle barche.
Prima di farlo, però, mi indicò una carrozza, trainata da cavalli alati neri, con gli occhi stranamente bianchi.. Sbattei più volte le palpebre, per capire se avevo iniziato inspiegabilmente a soffrire di allucinazioni, o quei cavalli esistevano davvero. Mi ricordai poi in che mondo mi trovassi e sospirai, annuii e ringraziai freddamente quell’omone, che i bambini chiamavano calorosamente Hagrid. Mi avviai in fretta verso quelle strane carrozze, ci salii sopra con agilità e con una grazia che le ragazze lì presenti non avrebbero mai avuto, nemmeno nei loro sogni; nemmeno con la magia.
Quattro degli studenti di Hogwarts salirono sulla mia stessa carrozza ma non ci feci caso; perlomeno, non ero assolutamente interessata a quei ragazzini. La mia priorità era raggiungere chi dirigeva la scuola e chiedere aiuto. Dovevo trovare la piccola Nessie, prima che fosse troppo tardi; se le fosse successo qualcosa, non me lo sarei mai perdonata. Eppure sapevo bene che non avevo alcuna colpa, ma ero troppo affezionata alla piccola per evitare di pensarla in quel modo.
Continuavo a fissare i cavalli alati, e non potei proprio evitare di chiedere ai presenti cosa fossero e se qualcuno di loro riuscisse a vederli.
Una di loro, capelli biondi e mossi che le arrivavano sul sedere, occhi chiari, anche se non mi applicai a distinguere bene il colore, e un sorriso non timido, ma nemmeno spavaldo, alzò la mano e pronunciò un flebile ‘io’.
‘Si chiamano Thestral, sono completamente pacifici se non vengono disturbati, e possono esser visti solo da chi ha visto la morte’ – sussurrò appena la ragazza, che non pareva affatto spaventata da me, ma semplicemente affascinata – ‘ Come ti chiami?’ – chiese, poi.
‘Rosalie’ – dissi distrattamente, continuando a guardare i Thestral, anche se ormai la mia mente era altrove; ricordai il momento della mia, di morte, e del salvataggio disperato di Carlisle. Sospirai.
‘Io sono Luna Lovegood’ – mi sorrise calorosamente ma evitò di porgermi la mano, sicura del fatto che non gliel’avrei stretta nemmeno morta. In effetti, ero già morta, ma Luna non poteva di certo saperlo..
Annuii distratta, poi accavallai distrattamente le gambe e presi a guardarmi le mie mani ben curate, le unghie ricoperte di uno smalto color rosso fuoco, e non fiatai più.

Fortunatamente quel viaggio in carrozza durò ben poco, e giungemmo ben presto al castello. Lasciai scendere prima gli altri, poi scesi io e li seguii, giusto per capire dove dovevo andare.
Non appena varcai la soglia del castello, rimasi colpita da quelle statue enormi di soldati poste tutte intorno a me, le fiamme accese e le risa di tutti gli studenti. Non credevo potesse esistere qualcuno felice di andare a scuola, ma i maghetti e le streghette parevano esserlo. Non ci pensai oltre e li seguii su per delle scale, e arrivai in una specie di torre piena di scalinate, ed alla loro vista spalancai gli occhi ed aprii lievemente la bocca.
Non mi ero, di certo, spaventata o sorpresa per le troppe scale che c’erano, semplicemente quelle non erano le solite scale cui ero abituata: si muovevano. Ero certa di non aver mai visto né sognato una cosa del genere, e mai avrei pensato di essere affascinata dalla magia. Eppure dovetti ricredermi.
Una donna piuttosto anziana, gli occhi blu, i capelli legati grigi, bacchetta alla mano, mi si parò davanti, si presentò dichiarando di chiamarsi Minerva McGrannit e mi chiese chi fossi. Le dissi di aver necessità di parlare col preside per una questione delicata, e nonostante non ispirassi fiducia a quella professoressa, mi fece strada sino ad una sala immensa, con quattro tavoli marroni lunghi quanto tutta la sala, tantissime panche tutte vicine dove molti studenti sedevano e chiacchieravano animatamente.
La professoressa fece cenno sia a me sia agli studenti del primo anno dietro di lei che avrebbero dovuto seguirla, e camminammo per tutta la sala sotto lo sguardo attento e curioso di tutti i presenti. Non ci feci molto caso, ero abituata agli sguardi di tutti puntati addosso a me, e poi mi piaceva essere al centro dell’attenzione, quando si trattava di sguardi curiosi e non di sguardi indiscreti.
‘Mettetevi tutti qui, e attendete, per favore’ – disse la professoressa McGrannit, indicando quel poco di spazio libero dove i neo - maghetti si disposero, ponendosi l’uno di fianco all’altro. – ‘Prego, se vuole seguirmi. Albus, vieni un momento per favore, la ragazza necessita di parlare con te, ed è piuttosto urgente, pare’ – annunciò silenziosamente ad un uomo anziano, barba e capelli bianchi e lunghi, sguardo fiero e sottile, nascosto da dei simpatici occhiali a mezzaluna. Quest’ultimo annuì sorridendo e si alzò, seguendo me e la McGrannit. Uscimmo da una porta vicino al tavolo dove c’erano tutti i professori e il preside, e ci trovammo in un corridoio buio; ma a questo rimediò colui che la professoressa aveva chiamato Albus che, con uno schiocco di dita, fece accendere i lumi tutt’attorno a noi.
Ero sempre più affascinata, ma avevo una questione più urgente a cui pensare e distolsi immediatamente lo sguardo dalle fiammelle, riponendolo negli occhi chiari del preside.
‘Non sono qui per far del male a qualcuno o robe del genere. Dei maghi malvagi, che voi sicuramente conoscete con il nome di ‘Mangiamorte’ hanno rapito mia nipote, ed io sono venuta qui per riprendermela. Speravo poteste indirizzarmi verso questi’ – semplice, breve e conciso, fu il mio discorso.
Il preside annuì, poi sospirò e parve sinceramente dispiaciuto per la situazione in cui mi trovavo.
‘Sapevo che i Mangiamorte stessero architettando qualcosa, ma francamente non avevo idea che sarebbero arrivati a tal punto. D’altro canto, bisogna aspettarsi di tutto da quelle persone, sono la peggior specie di maghi esistenti al mondo. Qui a Hogwarts non li troverà di certo, mi lady, ma sono sicuro che se andrà in questo posto ‘ – e magicamente, per l’appunto, comparve sul palmo della sua mano un bigliettino con sopra scritto un indirizzo – ‘Troverà qualcuno che, in qualche modo, potrà darle una mano. Ma l’avverto: non serviranno maniere buone per convincere codeste persone ad aiutarla; due delle persone che risiedono in quell’abitazione sono Mangiamorte. Segua l’istinto, sono certo che troverà risposta alla domanda che sicuramente le starà balenando in testa’ – e mi sorrise, caldo.
Annuii, poi puntai i miei occhi dorati in quelli del preside.
‘Non sono una tipa da buone maniere, non c’è da preoccuparsi. La ringrazio ‘ – dissi, accennando un sorriso malefico.
‘Il nostro guardiacaccia Rubeus Hagrid le procurerà un Thestral, con il quale potrà recarsi lì. Dubito che lei sappia usare una scopa, non facendo parte di questo mondo ‘ – annuii lievemente per fargli capire che ci aveva azzeccato in pieno.
Il preside entrò di nuovo in quell’enorme sala, e chiamò quell’omone barbuto con il quale avevo precedentemente parlato. Gli disse in fretta di procurarmi un Thestral, e quest’ultimo mi fece cenno di seguirlo.
Lo feci, e dopo aver camminato un po’, uscimmo dal castello e ci avvicinammo ad una foresta dagli alberi enormi, cupa non di certo come le foreste ed i boschi che avevamo noi a Forks. Quella si, che incuteva terrore; ma non lasciai trasparire emozioni, come mio solito.
‘Aspetta qui’ – ordinò il guardiacaccia, e quasi gli azzannai il collo per i modi usati; non mi pareva proprio di avergli dato confidenza, e lui se la prese comunque. Era un uomo alquanto rozzo, quello, ma ero certa avesse un cuore d’oro. Quella fu la motivazione per la quale non lo uccisi senza pensarci. Lo vidi arrivare poco dopo con un Thestral.
‘Stai attenta, tieniti forte’ – mi mise in guardia Hagrid.
Lo guardai in cagnesco: non aveva proprio idea di chi avesse di fronte, ovviamente, però mi dava fastidio essere sottovalutata anche dagli sconosciuti, solo perché ero una donna. La vedevo così, anche se magari le intenzioni del guardiacaccia erano tutte in buona fede.
Salii in fretta sul Thestral, che aprì subito le ali e spiccò il volo, mentre semplicemente annunciai ad alta voce il posto in cui avrebbe dovuto portarmi. Non avevo idea di come funzionasse, non ebbi il tempo di chiedere, dovetti quindi affidarmi semplicemente al mio istinto.
 

Appena arrivai fuori quella specie di castello, non potei far altro che pensare una cosa: i maghi che risiedevano in quella casa dovevano per forza essere della peggior specie. Ricordai la prima volta che Bella mise piede in casa nostra, e sbalordita disse ad Edward che credeva che si sarebbe trovata in una casa cupa, piena di bare, e non di certo così aperta e luminosa. Chissà cos’avrebbe detto vedendo la dimora di quei tipi, i Malfoy. Non mi fece di certo paura, figuriamoci se una tipa come me potesse temere la peggior specie di maghi oscuri esistenti in circolazione all’epoca. Il mio peggio l’avevo già passato, ovvero la morte. Cos’avevo da perderci?
‘Renesmee’ – mi rispose la coscienza, che, nonostante sembrasse non funzionante per lo stato di insolito shock in cui si trovava, era stranamente lucida, tanto quanto la mia mente che mi lasciava tranquillamente modo di pensare.
Sbuffai più volte, da quando scesi dal cavallo alato fino a quando non arrivai fuori al cancello della dimora di quei tipi. La domanda che non potei proprio fare a meno di pormi, fu ‘come faccio ora ad entrare, o a bussarli?’. Pensandoci, ero pur sempre un vampiro, avrei potuto romperlo o scavalcarlo tranquillamente, se solo non avessi dovuto entrare nella dimora di maghi. Tutto era stregato, ogni mio sforzo sarebbe stato vano.
‘Bene, ed ora come entro?!’ – ringhiai rabbiosa, e mi trattenni a stento dallo sferrare un calcio nel ferro.
‘Posso aiutarla?’ – una voce mi giunse alle orecchie, così spontaneamente guardai di fronte a me e mi apparve dinanzi un uomo dai capelli tra il biondo ed il bianco, lisci, lunghi abbastanza da arrivare più giù delle esili spalle che l’uomo si ritrovava, coperte da un mantello nero che scendeva giù sino alle caviglie. Gli occhi tra l’azzurro cielo ed il grigio erano impuntati nei miei dorati, occhiaie abbastanza accennate spiccavano sotto i suoi occhi, le labbra sottili appena aperte per mostrarmi il suo ringhio alquanto silenzioso.
‘Lo spero per voi’ – dissi, minacciosa. Desideravo minacciarlo direttamente, mostrandogli ciò che ero veramente e dandogli un assaggio di ciò che potevo fare, ma il fatto che avesse la magia dalla sua parte mi scoraggiava di gran lunga. Non potevo rischiare, per il bene di Renesmee, ovviamente.
 ‘Si accomodi pure ‘ - disse l’uomo, ghignando appena e voltandomi immediatamente le spalle; aprì il cancello agitando semplicemente la bacchetta, ed io feci finta di non essere sempre più sorpresa ed affascinata da quel mondo.
Lo seguii in silenzio.
Entrammo in quell’oscuro castello, e la prima stanza che scorsi grazie alla fioca luce che s’intravedeva fu quella da pranzo. Fu proprio lì che quel signore mi fece cenno di accomodarmi; grazie al mio caratteraccio, incrociai le braccia al petto e sbuffai sonoramente, mentre lo trafiggevo con lo sguardo nel tentativo di fargli capire che ero seria e non avevo intenzione di perdere tempo, né di fare stupidi giochetti.
L’uomo scrollò le spalle e si mise a sedere, dandomi le spalle.
‘Allora, cosa le serve?’ – iniziò col dire, ma non risposi, notando sull’uscio della porta una donna dai capelli lunghi, ricci, neri ed elettrizzati, i suoi occhi neri mi scrutavano attenti e per un attimo fui certa che le passò per la mente di puntarmi contro la sua bacchetta, che teneva ben stretta nella sua mano destra. Il suo vestito nero gli arrivava fin giù alle caviglie, e da lì si notavano gli stivali neri con tacchi alquanto bassi; almeno per i miei standard.
‘Chi è lei?’ – la sua voce da psicopatica mi avrebbe fatta rabbrividire, se solo avessi avuto paura di qualcosa. Il biondo si rivolse a lei e le fece cenno di accomodarsi, e a differenza mia la donna lo fece in silenzio, continuando a scrutarmi sospettosa. Mi dava un fastidio tremendo essere squadrata dalla testa ai piedi in quel modo, ma non potevo assolutamente permettermi di perdere il controllo. Lei non era Jacob, non potevo di certo dire quello che mi passava per la testa, perché non mi avrebbe risposto per il solo sfizio di controbattere; pensandoci, poi, mi resi conto del fatto che non avrebbe proprio risposto.
‘Ce lo dirà lei stessa, perché ancora non si è presentata nemmeno a me’ – confessò, tranquillo, l’uomo.
‘Lucius, hai fatto entrare in casa una sconosciuta?’ – ringhiò la donna.
‘Bellatrix, sarà pure casa mia questa, no?’ – quel Lucius rispose così, freddandola con un semplice sguardo. Sbuffai sonoramente, mentre quella Bellatrix, contrariata, iniziò a battere ripetutamente il piede sul pavimento.
‘Mi chiamo Rosalie, so che siete Mangiamorte e che i vostri amici hanno qualcosa di mio che non gli appartiene affatto ‘ – strinsi più forte i pugni, evitando però di trafiggermi i palmi con le unghie e di rovinarmi con facilità estrema lo smalto.
‘Dovrebbe quindi importarci qualcosa?’ – chiese la psicopatica, iniziando a ridere a crepapelle, e Lucius rise di gusto assieme a lei. Non ci vidi più dalla rabbia, quella strega mi dava troppo fastidio: velocemente mi avvicinai a lei e le afferrai la chioma elettrizzata che si ritrovava, gli chinai il capo da un lato e feci per azzannarle il collo, ma mi fermai giusto in tempo.
‘Ci metterei due secondi ad ucciderti, anzi, uccidervi ‘ – mi corressi – ‘Quindi direi proprio che, si, deve importarvi qualcosa. E tu, strega psicopatica che non sei altro’ – le girai il viso facendola voltare verso di me, trafiggendo i suoi occhi cupi e scuri con i miei dorati e quasi luminosi – ‘mi aiuterai a riprendermi ciò che è mio. Mi sono spiegata bene?’ – notai che stava provando a prendere la sua bacchetta, che aveva precedentemente posato sul tavolo di legno scuro.
La spinsi lontano dal tavolo e la bloccai vicino al muro, mostrandole i miei canini piuttosto affilati ed il mio sguardo da psicopatica. Potevo esserlo anche io; che credeva, di essere per caso l’unica pazza in circolazione?
‘Si calmi, Rosalie’ – quel Lucius provò a placare la mia ira e calmare gli animi, anche se gli riusciva piuttosto male, siccome era il primo a cui tremava la voce – ‘V-vedrà che riavrà ciò che le serve, l’aiuteremo, però si calmi’ – era letteralmente un cacasotto, quel Lucius. Lo guardai, senza calmarmi affatto, anche se apparentemente era tutto sistemato.
Non lo sarebbe stato davvero, finché non avrei riavuto Renesmee tra le mie braccia.
‘Non ti aspettare che mi schiavizzerò ad un vampiro, Lucius!’ – urlò Bellatrix contro quell’uomo, che ero sicura non fosse suo marito, né suo fratello, né suo amico; d’altronde, non mi interessava davvero il loro legame di parentela, fu solo la curiosità del momento.
‘Non credo tu abbia molta scelta, psicopatica’ – le dissi, acida come mio solito, trattenendomi a stento dal farle del male, sul serio però.
‘Cos’è tutto questo chiasso?’ – un’altra chioma mezza bionda, mezza nera, apparve nella sala da pranzo, occhi sbarrati e visibilmente spaventata. Parve ancor più spaventata dopo aver incontrato i miei occhi, tuttavia si avvicinò all’altro biondo e gli poggiò un bacio sulle labbra. Mi trattenni a stento dal vomitare: come si poteva stare con un uomo che un altro po’ aveva persino paura della sua stessa ombra? Perché quel Lucius dava proprio quell’impressione: l’impressione di un cacasotto che si era sottomesso. A chi o cosa, non lo sapevo, né mi interessava.
Le fu spiegata la situazione da un’agitata Bellatrix, che continuava imperterrita a guardarmi schifata, ed io ricambiavo volentieri le sue occhiate, disgustata e divertita dalla sua inconfondibile agitazione.
‘E se non collaborate, ci metterò meno di un minuto ad uccidervi tutti. Nessuno escluso’  - minacciai, per rendere l’idea di ciò che avrei potuto fare, di ciò che ero assolutamente disposta a fare nel caso non avessi ritrovato mia nipote.
‘Lo faremo, non rischieremo mai fino a questo punto ‘ – disse in fretta la donna, che mi pareva si chiamasse Narcissa.
‘Perché parli al plurale, sorella? Parla per te!’ – le sbraitò contro la psicopatica, incrociando le braccia al petto e guardando altrove.
‘Non fare la stupida, Bella! Non vorrei succedesse qualcosa a te, o a Lucius.. o a Draco ‘ – Bellatrix la guardò torva.
‘Il Signore Oscuro potrebbe trovare tranquillamente un altro giovane Mangiamorte ad Hogwarts’ – scrollò le spalle e si avvicinò alla sua bacchetta, così corsi a prenderla e tenerla tra le mie mani, finché non si sarebbe arresa alle mie volontà. E lo avrebbe fatto, prima o poi, non aveva scelta.
‘Dammi la bacchetta!’ – mi urlò, digrignando i denti.
‘Fammi arrivare a mia nipote, e la riavrai. Sino ad allora non avrai la tua bacchetta’ – le dissi, convinta ed intenzionata più che mai a non ridarle la bacchetta prima del limite stabilito. Dovevano capire che facevo sul serio, non mi sarei tirata indietro.
‘Nipote?’ – domandò, con un filo di voce, Narcissa.
‘Si, nipote. I vostri cari amici hanno rapito mia nipote, e vi giuro che ucciderò tutti i maghi necessari per giungere a lei. Ma visto che rischierebbe Renesmee, non posso fare un passo del genere. Quindi..’ – ed indicai Bellatrix – ‘Visto che mi sembri più cazzuta di questi due qui’  - feci un cenno col capo per indicare il maritino e la moglie che si tenevano infantilmente per mano – ‘Mi condurrai tu stessa da lei, che ti piaccia o no’.
‘E cos’otterrò, in cambio?’ – non sapevo se stesse semplicemente prendendo tempo per pensare ad un modo per riprendersi la bacchetta, che non le avrei mollato per nulla al mondo, oppure volesse sul serio qualcosa in cambio.
‘La tua incolumità, e quella dei tuoi cari’ – dubitavo seriamente che potesse tenere a qualcuno, ma non sapevo dove giocarmela.
‘Pensaci bene, Bellatrix.. Il Signore Oscuro ci ucciderebbe senza pensarci, se lasciassimo che Draco venga coinvolto in questa faccenda. Lei non si fermerà’ – tentò di sussurrare, in modo che la sentisse solo la sorella. Forse aveva rimosso troppo in fretta la parte in cui il marito le aveva detto che ero un vampiro.
‘Fai uno sbaglio e sei morta’ – mi minacciò Bellatrix.
‘Prima o dopo che ti avrò uccisa?’ – ghignai malefica.

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Capitolo 3
*** Seriamente? ***


Capitolo 2 – Seriamente?

 

 

Bellatrix si lamentò parecchio, non ne voleva sapere di partire subito, diceva che necessitava di riposo, dopo quella giornata passata a servire il suo signore. Le urlai un po’ in testa, ma fu inutile, si impuntò e sembrava proprio fosse peggio di ogni bambino capriccioso. Infantile come molte persone al mondo, immatura e soprattutto una psicopatica di prima categoria. Gliene avrei volentieri consigliato uno buono, ma appena provai a dirglielo mi urlò contro che non avrebbe mai e poi mai voluto avere a che fare con i ‘babbani’. Shockata le chiesi che cosa significasse, visto che mai prima d’allora avevo sentito quella parola, e lei altrettanto sorpresa, con tono da schizzopatica mi spiegò che i babbani erano i comuni esseri umani, ciò che ero anch’io tempo addietro, che non avevano poteri magici.
Avrei voluto chiedere quale storia ci fosse dietro la magia, ma evitai, anche perché ero piuttosto certa che lei prima di tutto non la sapesse; secondo, era inevitabile sentirla gridare istericamente di nuovo, mentre mi diceva che non me la voleva raccontare. Senza la prima non ci sarebbe potuta essere la seconda, quindi tanto di guadagnato per me!
Dovetti, alla fine, lasciarla riposare per un paio d’ore, ma non la persi di vista nemmeno un secondo, così come tenni d’occhio anche Lucius e Narcissa. Non si dovevano nemmeno azzardare a fare una qualche stronzata, perché se la sarebbero vista davvero brutta, soprattutto con me.
Allo scoccare delle due ore, la svegliai, e piuttosto bruscamente.
Con un calcio la spinsi giù dal letto, e lei rotolò per terra gemendo per il dolore; ed io, da stronza quale ero, ridevo come una matta alla vista di quella scena. Avevo la sensazione che avrei potuto seriamente metterla in croce e divertirmi a sue spese, in un modo o nell’altro, senza però fare in modo che mi mandasse a fanculo e provasse a fare una qualche cazzata. Non perché mi sarebbe dispiaciuto togliermi davanti quella montata, quanto per il fatto che sua sorella Narcissa parve davvero spaventata all’idea che potessi ferirli ed ucciderli tutti senza batter ciglio; sentivo che a lei importava davvero delle persone che la circondavano, e francamente anche a Lucius. Il problema presumevo fosse che si erano chinati ad obbedire a questo ‘signore oscuro ‘, di cui non vollero darmi informazioni, se non quella evasiva del ‘è il mago oscuro più potente del mondo ‘. Non ebbero nemmeno il coraggio di pronunziare il suo nome.
La cosa mi sembrava alquanto strana e sospetta, come potevano temere quel mago sino a quel punto? Era davvero così terrificante, così carismatico e così potente da non poter fare nulla per fermare la sua sete di potere? Ci pensai un po’ su, poi mi resi conto che non era affatto affar mio, anche perché mi servivano i Mangiamorte soltanto per riavere Nessie. Fine della storia, avrei poi abbandonato il mondo magico e sarei ritornata a casa, con la piccolina, ed avrei finalmente potuto rivedere il sorriso di Edward ed anche quello di Bella. Ah, per non parlare di quello del cagnolino domestico che Esme non faceva altro che accudire di continuo, mentre io la fissavo contrariata. Non sapevamo più come sedarlo, quel cane randagio che non era altro! Fummo costretti a sorbirci la sua asfissiante puzza, anche se gli altri bene o male lo sopportavano, io però proprio non potevo! Era insopportabile! Poi piagnucolava di continuo, che rivoleva la ‘sua’ Renesmee: maledetto lui ed il suo cavolo di imprinting! Ma proprio con mia nipote doveva avercelo? Ho sempre cercato di vedere il lato positivo della cosa: nonostante quel cane rognoso non mi fosse chissà quanto simpatico, dovevo ammettere che sarebbe stata una forte spalla sulla quale la bambina avrebbe potuto appoggiarsi o piangere, e l’avrebbe difesa a qualunque costo. Lo ammiravo, per questo, avrebbe avuto il coraggio di perdere persino la propria vita per salvare quella di Nessie. Ah, beh, sicuramente la vita della piccola era più importante e significativa della sua ignobile esistenza!
No, proprio non potevo smettere di odiare il fatto che fosse un lupo, e che i suoi amici avevano provato a far del male al mio Emmett.
Emmett. Dio, come mi mancava. Avrei voluto dirgli due paroline, sapevo che mi avrebbe accompagnata in quel viaggio; lui era la mia di spalla, la più forte e robusta dell’intero pianeta. Mi vantavo sempre di averlo al mio fianco, di sapere che apparteneva solo e soltanto a me, per sempre. Lui era l’unica ragione per la quale non avevo provato, in qualche modo, a farmi ammazzare dai Volturi, così come ci aveva provato Edward dopo che gli dissi che Bella era morta. Proprio non sapevo tenere la bocca chiusa, col tempo fortunatamente avevo imparato. Il bello dell’eternità è che si ha tutto il tempo che si vuole a propria disposizione, perché tanto anche se passa, non ti corre di certo dietro; sei immune ad esso. La parte peggiore è, ovviamente, la sensazione del rimanere immutabile, sempre uguale, senza mai invecchiare nemmeno di una virgola.
‘Ma sei impazzita!’ – mi ringhiò contro Bellatrix, cercando invano la sua bacchetta. Questo non fece altro che farmi ridere malefica più che mai, sempre di più, mentre lei mi fissava offesa ed arrabbiata come probabilmente non era mai stata prima d’allora.
‘Muoviti, dobbiamo andarcene ‘ – dissi, smettendo di ridere ma non di sorridere soddisfatta; ormai ero sicura del fatto che avrei potuto torturarla come mi pareva, e che mi sarei divertita parecchio nell’osservare le sue reazioni.
‘Io ti ucciderò, prima o poi ‘ – sussurrò tra sé, ma io la sentii comunque grazie al mio udito; mi girai e la guardai, visibilmente incuriosita.
‘Prima ancora di riuscire a trovare una maniera per farmi fuori, sarai già morta e sepolta, Bellatrix. Evita, è meglio per tutti, ed ora sbrigati, ho una nipote da riprendermi’ – la incoraggiai a camminare e farmi strada, siccome non mi avevano di certo portata a fare il giro di perlustrazione della casa. A parte il fatto che era grande, poi non ero interessata a vedere quella cupa ed oscura casa; più la guardavo, più pensavo alle parole di Bella e sorridevo automaticamente. La stupidità umana non aveva di certo limiti; eppure anch’io, una volta, ero umana, e se avessi dovuto pensare ai vampiri avrei immaginato una casa del genere, buia e piena di bare, dove avrebbero dormito o sepolto le ragazze delle quali si erano nutriti.
Ogni giorno che passava, ero sempre più fiera di aver scelto di essere ‘vegetariana’ con i Cullen; Carlisle mi aveva rovinato la vita, ma allo stesso tempo mi aveva salvata. Io la vedevo così, nonostante il suo unico scopo era quello di salvarmi e di non farmi morire così, ero giovane, bella e piena di sogni. Dopo la trasformazione i miei sogni cambiarono, e devo dire che non mi ci volle molto a realizzarli.
Scendemmo le scale di casa Malfoy, poi uscimmo in fretta e vidi Bellatrix agganciare a volo una scopa, che sicuramente era volante.
‘Dovrei farti salire sulla mia scopa? Nah, non se ne parla’ – domandò la psicopatica, e si rispose anche. Prima che potesse dire altro, la precedetti.
‘Ho il mio Thestral, non ti preoccupare proprio, psico’ – le affibbiai quel diminutivo, constatando il fatto che avrei dovuto chiamarla sempre psicopatica e quasi mai Bellatrix, era meglio psico. Lei mi guardò in cagnesco, poi scrollò le spalle e montò sulla scopa, mentre piuttosto in fretta mi avvicinai al mio cavallo alato e ci montai sopra; quest’ultimo volò ed io gli ordinai di seguire quella pazza sulla scopa volante. Sicuramente il cavallo avrebbe riso a crepapelle, se solo avesse capito sul serio i miei rimandi alla pazzia di Bellatrix, ma dovetti accontentarmi di ghignare da sola.
Anche sulla scopa mostrava di essere senza ritegno: volava a tutta velocità, quasi nemmeno sapesse che esisteva il pericolo e che avrebbe potuto tranquillamente cadere o andare a sbattere contro qualcosa, semplicemente volava in fretta e rideva, rideva e rideva ancora. Sbuffai, stanca di sentire quell’isterica risata.
‘Puoi smetterla di fare la gallina e chiudi quel becco che ti ritrovi, psico?’ – le urlai, nel tentativo di farmi sentire; un tentativo che, fortunatamente, andò in porto subito. Lei mi guardò irritata e, per dispetto, continuò a ridere per un bel po’. Sospirai, capendo che le buone maniere che Carlisle ed Esme mi avevano insegnato, mi sarebbero servite a ben poco con lei, nonostante fosse costretta a sorbirmi e a portarmi da quegli stronzi che avevano Nessie, così dissi al cavallo di andare più veloce e raggiungerla. Non appena lo feci, non potei evitare di darle uno scappellotto, facendola ringhiare, incazzata come una belva.
‘Ti ho già detto di smetterla, e non mi piace ripetermi’ – le stavo praticamente svelando e mostrando, senza farmi alcun problema, tutti i lati peggiori di me, e lei non faceva altro che adeguarsi perché, alla fin fine, nonostante appartenesse ad una specie ben peggiore di me, aveva lo stesso carattere ribelle. Ma era decisamente cento volte più psicopatica e schizzata di me; soprattutto, però, era cattiva.
Di nuovo fece per prendere la bacchetta, come di consuetudine, ma non trovandola si innervosì ulteriormente e spinse sia me sia il cavallo. Offesa ed irritata dal suo gesto, presi la sua bacchetta e feci per spezzargliela: non che volessi farlo davvero, ma lei doveva credere che l’avrei fatto senza pentirmene affatto. Doveva starsene buona, i maghi oscuri mi avevano creato già abbastanza guai e non ne volevo altri. Mi serviva soltanto sistemare la pessima situazione che avevano creato, cercando di far uscire vivi tutti, così pace e amore ai nostri due mondi, che sarebbero tornati ad essere ben distinti e separati.
‘NO!’ – urlò lei, tentando di afferrarla, ovviamente invano.
‘Smettila di provocarmi in tal modo,  Bellatrix, non gioverebbe a me e nemmeno a te ‘ – anche io ero testarda e volevo sempre vincere, prevalere sugli altri, essere la migliore, eppure lei mi batteva di gran lunga sulla testardaggine. Era persino più ribelle di me, non voleva proprio sentir ragioni, mentre io rimanevo ad ascoltare, seppur controvoglia.
Lei mi ringhiò contro, e sicuramente seguirono delle mentali imprecazioni che si astenne dal pronunziare ad alta voce; non era così stupida, allora, un minimo di intelligenza ce l’aveva. Forse. Avevo ancora parecchi dubbi a riguardo, però non mi interrogai oltre, quella volta.
Volammo per circa un’ora, prima di scendere in uno strano posto, nel bel mezzo di una foresta che somigliava vagamente a quella che avevo precedentemente visto ad Hogwarts, quando il guardiacaccia, Hagrid, era andato a procurarmi il Thestral.
Scendemmo in mezzo agli alberi; Bellatrix lasciò cadere la scopa al suolo, poi mi guardò contrariata e mi porse la mano.
‘Mi serve la bacchetta’ – disse semplicemente.
‘Perché dovrei dartela?’ – chiesi, allora. Se non mi avesse dato spiegazioni, non gliel’avrei data, non ci avrei nemmeno pensato.
‘Vuoi rivedere quella bambina si o no?!’ – mi sbraitò contro, stufa dei miei atteggiamenti. Almeno eravamo in due a non sopportarci, eppure rimanevamo lì.
‘Spiegami perché ti serve la bacchetta’ – mi sembrava impossibile arrivarci, proprio non capivo a cosa le servisse e non mi fidavo abbastanza da donargliela. Avrebbe potuto fare qualunque cosa, ed io avrei dovuto stare sull’attenti, pronta a balzarle sul collo ed ucciderla. Ma avrei, poi, perso l’opportunità di rivedere mia nipote.
‘E’ incantato, il luogo in cui dobbiamo andare. Devo farmi riconoscere’ – mi rispose, sbuffando e cercando di tenere la calma. Aveva smesso di ringhiarmi contro, ed apprezzai leggermente la cosa; potendo la cosa essere effettivamente possibile, decisi di darle la bacchetta, ma non prima di averle fatto una piuttosto ovvia raccomandazione.
‘Non appena hai finito me la ridai, o magari me la riprendo con la forza’ – l’informai, scrollando le spalle e guardando attentamente ogni suo singolo movimento. Lei sbuffò, mentre si alzava la manica di quello strano giubbotto di pelle che indossava sopra quello strano abito nero. Era tutta vestita di nero; ma un po’ di colori no, eh? Non avrebbero fatto male a questi maghi i colori.. potevo capire che erano ‘oscuri’, però non credevo che manifestassero con il nero ovunque la propria oscurità! Era una cosa strana, contorta, così ovvia e semplice, eppure non la capivo, non me ne capacitavo affatto.
Notai uno strano tatuaggio (di che colore? Nero, ovviamente!) : c’era un teschio sopra, un serpente sotto. Ero tentata dal chiedere cosa fosse, ma preferii farmi una mia idea; pensai quindi che fosse una specie di marchio che ogni Mangiamorte possedeva, il problema era che non capivo a cosa servisse. Il semplice riconoscersi era troppo scontato e banale.. forse era un tributo al loro signore, o chissà cosa.
Bellatrix puntò la bacchetta sopra di esso, chiudendo gli occhi ed alzando il capo, rivolgendolo verso un albero situato di fronte ad essa, poi pronunciò ad alta voce una strana parola, che classificai in seguito come un incantesimo.
Dal nulla, si aprì un varco, e mentre il varco si apriva l’albero si spostò, facendo tremare la terra sotto i nostri piedi; approfittai degli attimi di concentrazione di Bellatrix, non rivolta ovviamente a me, per sfilarle rapidamente la bacchetta dalle mani. Ormai aveva smesso di puntarla, il varco si era aperto, non le serviva più, decisamente. Lei mi guardò in cagnesco.
‘Seguimi senza fiatare’ – disse – ‘Mi metterai nei guai, altrimenti, e sarà peggio per te e tua nipote’.
 Annuii senza fare polemiche, e mi limitai a seguirla.
Non potei fare a meno di spalancare la bocca e guardarmi attorno, dopo essere entrata in quel varco: mi si parò dinanzi un castello grande quasi quanto quello di Hogwarts, delle bandiere con i teschi. Ma non fu di certo quello a sorprendermi e lasciarmi senza fiato, tanto quanto tutte le stelle che c’erano in cielo. Prima, volando, non ne avevo vista nemmeno una, ma lì ce n’erano a migliaia. Ammirandolo, notai pure uno strano dettaglio: un teschio grande e verde, dal quale usciva un serpente che strisciava, imponente e che decisamente risaltava all’occhio, si muoveva. Era fumo verde, alla fine, niente di particolare, niente di concreto, eppure nonostante fosse spaventoso, era uno spettacolo non indifferente. Mai in vita mia avevo visto una cosa del genere, e mai più l’avrei rivista dopo aver lasciato quel mondo. Se non fossi stata una vampira, se non fosse stato il mio destino quello di vivere con i Cullen e nascere da un padre che mi viziò in ogni modo possibile e mi promise come sposa al peggior uomo del mondo, mi sarebbe davvero piaciuto nascere qui. Magari non con i maghi oscuri, ma con gli altri maghi: essere una bambina come quelli che avevo visto salire gioiosamente in treno e mangiare assieme ai compagni alla mensa, in quell’enorme sale della scuola di magia. Mi sarebbe davvero piaciuto vivere una vita così, ma cercai di rimuovere quei pensieri, quelle voglie e soprattutto mi convinsi che, una volta finita la mia missione lì, avrei dovuto dimenticare tutto. Tutto. Fare come se questo mondo non fosse mai esistito, e come se non ci avessi mai messo piede. Sarebbe sicuramente stato difficile, ma, avendo superato addirittura la mia morte, avrei potuto fare di tutto.
Bellatrix notò che mi ero persa a guardare il cielo, così mi scrollò con leggerezza: ero certa, però, che l’avesse fatto per la sua poca voglia di entrare in contatto con me, quindi sospirai, rivolgendole lo sguardo e facendole cenno di farmi strada. Lei annuì, distratta, e continuò a camminare con me al suo seguito.
Entrammo finalmente dentro quell’immenso castello, un po’ meno buio di casa Malfoy, dato che c’erano a circa ogni due metri di distanza, delle lanterne accese.
Sentimmo delle risate. Ah, quindi i Mangiamorte, i maghi oscuri e cupi, sapevano anche cosa fosse ridere? Sicuramente Bellatrix aveva riso prima, ma era malefica, non era sinceramente divertita. Le risate che sentivo sembravano sincere, spontanee, di persone che avevano la mente libera da ogni pensiero.
Ci avvicinammo a loro, i tacchi della psico che facevano un rumore pazzesco, e avrei voluto seriamente spezzare, i miei si sentivano invece poco e niente. Girammo l’angolo e la visione che mi si parò avanti fu la più strana e sconvolgente che avessi mai visto in vita mia, e che mai mi sarei aspettata di vedere.
I due Mangiamorte erano divertiti, sembravano quasi ubriachi, come se avessero bevuto quantità di alcolici tutti insieme, pronti a passare la notte insonni, per poi addormentarsi per qualche ora e risvegliarsi con lancinanti mal di testa e i postumi della sbornia che s’erano presi.
Ma non avevano bevuto, erano lucidi, perfettamente concentrati, dannatamente divertiti, eppure io mi ero preoccupata così tanto.

Mi mancava la forza di muovermi, di respirare, di proferire parola. In parte non mi importava, perché non necessitavo di muovermi, potevo anche non respirare, ma avrei dovuto parlare per attirare l’attenzione di mia nipote.
Avrei voluto farlo sul serio, per rassicurarla e dirle che era tutto finito, che presto saremmo andate via da quel lugubre ed oscuro luogo in cui ci trovavamo, che non avrebbe mai più rivisto quegli uomini, pronti a farle del male ed ucciderla senza ripensamenti e senza provare nemmeno un minimo di dispiacere.
Non leggevo i loro pensieri come avrebbe potuto fare Edward, non sentivo né potevo dominare le loro emozioni e i loro stati d’animo come Jasper, non potevo prevedere il futuro come faceva Alice: tutto quello che mi serviva, era sapere che mia nipote sarebbe stata al sicuro tra le mie braccia.

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Capitolo 4
*** E' salva. ***


Capitolo 3 – E’ salva.

 

 

 ‘Posso capire cosa state combinando?’ – aveva chiesto irritata la psicopatica, avvicinandosi selvaggiamente ai due Mangiamorte, battendo forte i bassi tacchi sul pavimento di pietra, ed attirando inevitabilmente l’attenzione dei due, uno con mia nipote in braccio, che gli toccava sorridente il viso barbuto, mentre l’altro se la rideva, spaparanzato sulla sedia con le braccia conserte.
‘Bellatrix!’ – scattarono immediatamente sull’attenti dopo aver notato l’espressione corrucciata e psicotica della psicopatica.
Anche Nessie si voltò, incuriosita e sorpresa delle espressioni piuttosto spaventate dei due, ed incrociò i miei occhi con i suoi color cioccolato. Non potevo fare a meno di pensare, ogni qualvolta li guardavo, che erano bellissimi; ad essere onesti, ogni volta che guardavo quella bambina, mi innamoravo sempre più. Ma no, non nel senso che avrei voluto starci insieme, non quel tipo di amore! Era più l’amore che si provava verso un figlio.. e, calcolando il fatto che io mai avrei avuto miei figli da poter crescere, accudire, amare con tutta me stessa, era piuttosto ovvio che mi affezionassi così tanto a mia nipote. Edward aveva avuto la fortuna sfacciata di avere una figlia da crescere e amare assieme alla persona che amava, che lo ricambiava ed aveva rinunciato alla sua vita pur di stare con lui; io, invece, avevo vissuto la cosa molto diversamente, avevo vissuto la mia quasi morte in maniera piuttosto diversa, così come era stato traumatico sapere i contro della trasformazione, che erano molti di più dei lati positivi. Ma comunque, col tempo, avevo cercato di imparare ad apprezzare i miei nuovi pregi ed a non fare troppo caso agli evidenti difetti, che tendevano sempre a mostrarsi e spiccare sui pregi. Ed io continuavo a sentirmi sempre peggio.
Brutto periodo, quello, fortuna che trovai Emmett e le cose migliorarono.
‘Zia Rose!’ – mi chiamò la piccola Nessie, riportando la mia attenzione a quel momento, e specialmente a lei.
‘Piccola’ – sussurrai appena, e dovetti combattere purtroppo l’istinto di andarle incontro, prenderla in braccio e stringerla forte a me; era ancora seduta sulle gambe esili del Mangiamorte barbuto, ed io non potevo di certo trattenermi dallo sgozzarlo nonostante non le avessero fatto del male. Ero comunque incazzata, perché chi cavolo gli aveva dato la grandiosa idea di rapirla?!
Vedevo la piccola sbracciarsi, mentre il Mangiamorte continuava a tenerla sulle sue gambe; guardava Bellatrix, che si mordeva irritata il labbro inferiore e continuava a penetrare i suoi occhi neri con il suo solito sguardo da psicopatica.. l’unica differenza dal solito, era proprio che era incazzata di brutto. Offesa, quasi, oserei dire.
‘Lascia andare immediatamente la marmocchia, Dolohov ‘ – disse Bellatrix, la voce roca che tremava quasi quanto le corde vocali nel produrre quei suoi quasi gutturali, mentre un ringhio si faceva spazio nel suo petto.
L’uomo si morse il labbro, e lentamente lasciò la bambina scendere dalla sua gamba; Nessie, però, gli sorrise dolcemente e delicata gli posò una mano sul volto, toccando quella barba che sicuramente pungeva, mostrandogli qualcosa che solo quell’uomo, Dolohov, poteva vedere. Lo vedemmo sorridere intenerito, mentre questo atteggiamento non fece altro che spazientire ulteriormente Bellatrix.
‘ANTONIN LASCIA ANDARE IMMEDIATAMENTE LA BAMBINA’ – quasi urlò la psicopatica, cercando da qualche parte nella sua lunga giacca nera la sua fidata bacchetta; peccato che l’avessi io e non lei. Morivo dalla voglia di riderle in faccia, di ghignare malefica e sembrare addirittura più cattiva e psicopatica di lei, godere nel vedere la sua espressione corrucciata e la voglia di uccidermi nello sguardo. Ma evitai, visto che la mia cara nipotina mi si avvicinava sempre più, con passo felpato e lento, per dimostrare che non aveva nessuna fretta di andar via e che, alla fin fine, non era stata poi così male in compagnia di quei due omoni.
‘Ciao zia’ – disse, una volta arrivata di fronte a me.
‘Ciao Nessie’ – sospirai di sollievo nell’averla tra le mie braccia, nel poterla abbracciare nuovamente ed inebriarmi le narici con il profumo di fragola che emanavano i suoi morbidi, quasi setosi capelli color bronzo, i ricci che le scendevano per tutta la schiena sino al sedere. I suoi occhi incrociarono immediatamente i miei dorati, non appena sciogliemmo quel caloroso e tanto desiderato abbraccio. Mi era mancata da morire, non sapevo proprio come ringraziare il cielo che stesse bene, che fosse sana e salva e che non avesse passato delle ore, dei giorni pessimi in compagnia di questa brutta gente.
Posò una mano sul mio volto, leggera come suo solito, sfiorandomi appena la gota destra, mentre con l’altra mano mi accarezzò i biondi capelli, portandomi una ciocca appena dietro l’orecchio. La vide ricadere e mi mostrò i suoi denti bianchi e perfetti, i due canini appena accennati che rendevano persino la sua dentatura a dir poco mozzafiato!
Guardai dritto dinanzi a me e vidi ciò che lei decise di mostrarmi: si era appena svegliata in una stanza piuttosto buia, le pareti di pietra ed alcune addirittura leggermente appuntite, lenzuola bianche ed il letto che cigolava anche al minimo movimento, anche se appena accennato; l’uomo barbuto che Bellatrix chiamò Dolohov, entrò in quella stanza con una bacchetta puntata contro Nessie, che si strofinava ripetutamente gli occhi nel tentativo di vedere come si deve e non avere la vista offuscata. Sospirò, poi si alzò in piedi e si avvicinò senza alcun timore a Dolohov, che la guardava sorpreso più che mai, la bacchetta ancora puntata contro di lei.
La manina di Renesmee si posò sulla grossa mano dell’uomo, che tremò appena e tentò di scostarsi, ma Nessie era più forte di lui e glielo impedì, lasciandolo letteralmente di stucco. Lui deglutì a fatica, poi aprì la bocca stupito di quello che vedeva dinanzi ai suoi occhi: Renesmee gli stava mostrando il sogno appena fatto, poi gli domandò cortesemente e con la sua solita dolcezza chi fosse e cosa ci facesse lei lì, in un posto così lugubre e poco accogliente. Non ricevette risposta, se non uno sguardo confuso da parte del Mangiamorte ed un sorriso appena accennato non appena Renesmee gli disse che non gli interessava più la risposta, solo voleva continuare a mostrargli i sogni più belli che avesse fatto sino ad allora. Gli chiese se voleva vederli e il Mangiamorte accennò appena un si con il capo, sbatté più volte le palpebre per riabituarsi all’oscurità della stanza, per poi avviarsi fuori di lì con Renesmee che proprio non si decideva a mollargli la mano.
‘E’ tutto ok, ora che sai che le cose sono andate in questo modo?’ – chiese Renesmee, come sempre senza proferire nemmeno una parola. Annuii guardando i suoi occhioni, perdendomi nella loro infinita profondità, nel loro colore mozzafiato, poi mi godetti uno dei suoi sorrisi più sinceri, che mi donò continuando a carezzarmi i capelli.
La pace dei sensi finì ben presto, ed il mio udito fu sul punto di essere distrutto, così come quello di Renesmee e degli altri presenti, non appena Bellatrix urlò con la sua voce roca e stridula tutt’assieme.
‘CHI HA AVUTO LA BRILLANTE IDEA DI RAPIRE QUELLA BAMBINA?! DIMMELO, STUPIDO DI UN DOLOHOV!’ – si voltò poi verso di me, altrettanto arrabbiata, ed io feci per allontanare Renesmee da me, pronta a balzarle addosso se fosse stato necessario – ‘E TU, BRUTTA BASTARDA, RIDAMMI LA MIA BACCHETTA, IMMEDIATAMENTE!’ – forse avrebbe potuto evitare di spifferare ai quattro venti che al momento non possedeva alcuna bacchetta, per potersi difendere egregiamente dagli attacchi che Dolohov fece intendere di volerle lanciare.
‘Ah, bene, un punto di vantaggio per me: sei già disarmata’ – rise malefico, prendendo la sua bacchetta con la massima tranquillità e chinandosi prima di mettersi in posizione e concentrarsi – ‘Vediamo un po’, che incantesimo posso usare per divertirmi giusto un po’? Non fai più la sbruffona, Bella?’ – ghignò il barbuto, trionfante. Si vedeva proprio che temeva Bellatrix.
Scrollai le spalle e, con noncuranza, mi avvicinai con un sorriso appena accennato alla psicopatica, porgendole la sua bacchetta e mordendomi lievemente il labbro inferiore.
‘Grazie’ – apprezzavo sul serio quello che aveva fatto per me, anche se controvoglia, anche se sotto minaccia, anche se l’avevo costretta a vagare per il mondo magico senza bacchetta. Non era di certo una tipa che si sottometteva agli altri, però in un certo senso si era sottomessa a me.
‘Bene bene, cos’abbiamo qui?’ – una voce roca e bassa, che trafiggeva l’anima al solo udirla, senza nemmeno vedere da chi provenisse, giunse alle orecchie di tutti i presenti. Dolohov rimase pietrificato, così come l’altro Mangiamorte che ancora era seduto, a guardare la scena dapprima divertito, poi spaventato come non mai; Bellatrix si voltò immediatamente e guardò alle sue spalle, afferrando in fretta la bacchetta che le porgevo ed inchinandosi all’uomo che aveva appena parlato. Incuriosita, mi voltai verso colui che aveva parlato e rimasi shockata non appena vidi il suo aspetto, così terrificante, così.. viscido: non aveva il naso come ogni persona normale, come ogni essere umano, aveva tipo il muso di un serpente, la pelle completamente bianca e nonostante sembrasse liscia anche se abbastanza in avanti con l’età, mi pareva così viscida che mi fece schifo il solo pensiero di poter toccare quella pelle.. figurarsi avercela!
‘Mio signore.. ‘ – iniziò Bellatrix, ma non continuò; evidentemente non aveva la più pallida idea di dove cominciare con il racconto, o con le giustificazioni, o con qualunque cosa si sentisse in dovere di dire al suo ‘signore’. Forse era quel signore di cui aveva accennato qualche parola la sorella pacata della psicopatica, quella Narcissa, quando cercava di motivare sua sorella a condurmi qui, da mia nipote.
L’uomo, se così poteva essere chiamato, ignorò completamente il saluto di Bellatrix, e posò la sua attenzione alle mie spalle: Renesmee attirava in continuazione attenzione su di sé, e poi mi chiedevo anche perché l’avessero rapita!
Istintivamente indietreggiai, così da arrivare proprio dinanzi a Nessie, e coprirla con il mio corpo decisamente più robusto del suo e, minacciosa come mio solito, penetrai gli occhi chiari che si ritrovava, che stonavano decisamente con il suo aspetto disgustante. Lui, sorpreso della mia reazione e probabilmente anche del mio coraggio nell’affrontarlo in tal maniera, mi sorrise lievemente e assunse una posizione totalmente eretta, le braccia dietro la schiena e la lunga veste nera, le cui estremità svolazzavano in continuazione nonostante l’assenza di vento o qualunque movimento.
‘E lei sarebbe?’ – mi chiese, visibilmente incuriosito.
Bellatrix fece per rispondere, ed aprì la bocca, ma prima che potesse proferire parola e sparare tutte le giustificazioni che si era preparata e tenuta dentro sino a quel momento, l’anticipai, parlando con la mia voce roca ma squillante.
‘Mi chiamo Rosalie’ – avrei voluto mostrargli le mie zanne e mordergli il collo, e se non fosse stato per il fatto che avrei preferito seriamente morire di nuovo piuttosto che azzannare il suo viscido e bianco corpo, non mi sarei di certo tirata indietro. Non lo avevo mai fatto prima d’allora, ma in quel momento lo schifo prevalse su ogni cosa.
‘Rosalie.. E cosa ti ha condotto qui, e soprattutto chi?’ – questa volta, però, non riuscii a rispondere, perché Bellatrix mi anticipò; temeva seriamente che potessi dare qualche risposta che avrebbe, forse, irritato il padrone.
‘Mio signore, sono stata io’ – sospirò, e nella sua voce tremante si poteva tranquillamente scorgere quel velo di terrore che provava in quegli istanti. Mi dispiacque vagamente il poter udire la paura che incuteva quella creatura, ma era pur sempre Bellatrix, quindi mi sorpresi più che rimanerci male.
Quell’essere la guardò spalancando gli occhietti sottili che si ritrovava, sorpreso, amareggiato, magari anche un po’ deluso, nonostante credessi che un tipo del genere non potesse conoscere emozioni, specialmente la delusione. Un tipo del genere non credevo assolutamente potesse farlo.
‘C’è una buona ragione?’ – si morse il labbro inferiore, per evitare di fare del male seduta stante a Bellatrix, che era sul punto di piangere, urlare, strepitare dinanzi gli occhi del suo padrone; decisi che era meglio starmene zitta e farmi da parte, e soprattutto che Nessie non avrebbe dovuto assistere a quelle scene. Mi aspettavo che arrivasse, ed anche piuttosto in fretta, il peggio; solo, non volevo capitasse qualcosa a mia nipote. Di me non m’importava poi così tanto, giunta a quel punto.
‘Si! Si che c’è, mio signore!’ – la voce rianimata della psicopatica distrusse il mio nascente flusso di pensieri, ed in parte la ringraziai, in parte la maledissi perchè mi ero lievemente spaventata – ‘Qualcuno ha rapito la bambina’ – indicò Nessie, che guardò a stento l’essere dal muso di serpente con i suoi occhi verdi – ‘Non vi so dire, purtroppo, chi sia stato, ma..’ – si zittì di colpo, non appena il padrone alzò l’indice dinanzi al suo volto e le fece cenno di tacere. Lei, da buona serva o fedele Mangiamorte o qualunque cosa fosse, quale era, lo fece e chinò il capo.
‘Voi due, immagino, ne sappiate qualcosa’ – indicò i due uomini spaventati, che sino ad allora si erano tenuti in disparte, nella vana speranza di non essere notati, né tanto meno calcolati, e soprattutto di evitare di affrontare il proprio tenebroso, spaventoso, viscido padrone.
‘I-io..’ – iniziò Dolohov, ma poi la voce si bloccò in gola e le parole gli morirono sulla lingua ancor prima di poter nascere – ‘Mio s-signore..’ – balbettò, ma il ‘suo signore’ non gli diede di certo ascolto, né l’opportunità di spiegarsi, che prese la bacchetta e la puntò contro di essi, che indietreggiarono spaventati. Gli occhietti minacciosi del padrone fecero, però, cambiare idea ai due, che si pietrificarono nuovamente.
‘Cos’abbiamo qui, allora? La piccola è al sicuro, vedo, Rosalie..’ – una voce stranamente familiare risuonò nelle mie orecchie, attirando la mia attenzione; avevo bisogno di sapere chi fosse, visto che nessuno sapeva dove mi trovassi né nulla.
‘Aro?’- chiesi, sorpresa più di quanto lo fossi mai stata in tutta la mia esistenza – ‘Cosa.. cosa ci fanno i Volturi qui?’ – guardai la piccoletta bionda – ‘Jane’ – ringhiai appena. Cosa potevo farci, in fondo, se non mi era poi così simpatica, specialmente dopo quello che aveva fatto a mio fratello e che voleva farci quando vennero a farci visita per conoscere Renesmee, e verificare se effettivamente Bella si era ormai trasformata in vampiro? Ovviamente, grazie allo scudo mentale di mia cognata, tutto finì bene e non poté nuocere a nessuno. Con mia immensa soddisfazione.
‘Rosalie’ – mi sorrise malefica come suo solito.
‘Bene bene, è la serata degli ospiti, questa’ – puntò la bacchetta proprio contro Felix, che ringhiò rabbioso, ma fu fermato dalla voce pacata e sicura di Aro.
‘Calma, calma, non vogliamo nuocere a nessuno: siamo qui su richiesta. E’ stata sottratta alla famiglia Cullen una cosa preziosa’ – e accennò con capo alla bambina che non decideva proprio a muoversi dalle mie braccia, né che io volevo si staccasse da me – ‘Siamo qui per riprenderla, ma vedo che la bella Rosalie ci ha anticipati, cogliendoci non poco di sorpresa.. di nuovo. Voi della famiglia Cullen, siete decisamente sorprendenti, infinitamente sorprendenti!’ – accennò ad una risata cristallina che sfociò lentamente in un amabile sorriso, uno dei suoi caldi che rivelavano la sua sicurezza, accumulata nel corso degli anni.
‘Io sono Lord Voldemort’ – si presentò il padrone dei Mangiamorte, senza nemmeno chinarsi dinanzi al capo dei vampiri – ‘E rimedierò subito all’errore dei miei uomini. Con permesso’ – Aro accennò un si con il capo, mentre Caius, Marcus, Felix, Jane, suo fratello Alec e Demetri se ne restavano immobili ad osservare attentamente tutto, pronti ad intervenire in caso di necessità. Come me, d’altronde, anche se con i Volturi dalla mia parte non ce ne sarebbe stato alcun bisogno.
Voldemort puntò la bacchetta contro quel Dolohov, e con uno sforzo immane riuscì a pronunciare, supposi, la formula dell’incantesimo che scagliò contro quest’ultimo. Un lampo di luce verde partì dalla punta della sua bacchetta e con una rapidità sorprendente raggiunse il corpo dell’altro, scagliandosi contro e facendolo accasciare al suolo, ormai privo di vita, dato che non potei più udire il suo battito cardiaco.
Coprii gli occhi di Renesmee, facendoglieli dapprima chiudere e poi appoggiando il viso contro il mio petto, mentre la stringevo sempre più forte a me e lei faceva lo stesso.
Poi un messaggio: “ho paura”.
‘Non devi averne’ – sussurrai – ‘Non ti succederà niente. Solo, non aprire gli occhi, finché non te lo dirò io, ci siamo intese?’ – chiesi. Lei annuì.
Bellatrix sussultò appena, poi Voldemort di nuovo pronunciò quella strana formula, ed un altro lampo di luce verde partì dalla sua bacchetta fino a raggiungere l’altro uomo, che si accasciò privo di vita al suolo, come Dolohov, d’altronde.
Il padrone dei Mangiamorte si voltò verso Aro che, impassibile, aveva osservato la scena.
‘Problema risolto’ – annunciò fiero, il Lord viscido.
‘Bene, spero non se ne creino degli altri’ – affermò Aro, guardandomi – ‘Che ne dici, Rose, andiamo?’ – chiese.
Annuii senza fare troppe storie.
Rivolsi un ultimo sguardo a Bellatrix.
‘Grazie’ – sussurrai, nonostante sapessi che a lei non avrebbe fatto piacere né mi avrebbe degnata di una risposta – ‘A mai più rivederci, psicopatica’ – le diedi le spalle e, con Nessie ancora avvinghiata alla vita, mi avviai al seguito dei Volturi.
Per l’ultima volta osservai il cielo stellato: una visuale così non mi sarebbe mai più ricapitata. Probabilmente il cielo era stato anche incantato, ormai potevo aspettarmi di tutto dai maghi, nonostante avessi passato in quel mondo solo una notte, che parve infinita. Non rivolsi nemmeno uno sguardo ai corpi che giacevano sul suolo pietroso, né tanto meno lo rivolsi a quel Voldemort.
Lasciai quel mondo, con la sola speranza che quella creatura, prima o poi, avesse ciò che gli spettava, ciò che meritava davvero: la morte.

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Capitolo 5
*** Epilogo. ***


Epilogo.

 

La bionda vide Edward rianimarsi non appena rivide Renesmee che gli sorrideva e, felice, gli correva in contro a braccia aperte, pronta ad accoglierlo in uno dei suoi calorosissimi abbracci. Rosalie sorrise e se ne stette da parte, a godersi quella scena e sorridere con malinconia, specialmente quando Bella, in lacrime, rivide sua figlia e l’abbracciò come solo una madre era in grado di fare.
Le venne la pelle d’oca, ed ebbe voglia di piangere dopo tanto tempo in tutta la sua vita. Fortuna che Emmett si avvicinò a lei, facendola sussultare appena e rabbrividire allo stesso tempo: la sua mano stringeva saldamente, ma nello stesso tempo con delicatezza, la sua spalla abbastanza carnosa, mentre il suo sguardo era rivolto verso la famigliola felice. Sia Edward che Bella si voltarono verso Rosalie e le sorrisero, forse erano pronti ad accoglierla in un abbraccio caloroso di ringraziamento, ma non si avvicinò di certo a loro, piuttosto accennò un saluto con la mano ed un sorriso, poi si voltò verso l’amore della sua esistenza.
‘Mi hai fatto preoccupare parecchio, lo sai vero?’ – la rimproverò con lo sguardo, mentre la sua mano scese sul suo fianco, e l’altra la raggiunse pochi secondi dopo; la bionda abbassò lo guardo e si sistemò infantilmente una ciocca di capelli dietro l’orecchio, proprio come li aveva sistemati la notte precedente Renesmee. Sospirò, poi si decise a concedergli i suoi occhi dorati come i suoi.
‘Lo so’ – ammise, accennando appena ad un sorriso.
‘Ah, bene’ – lui sorrise come suo solito.
Portò le sue mani sulle sue spalle larghe ed imponenti di Emmett, per poi scendere lentamente per le sue robuste braccia carezzandogliele lievemente; arrivò alle mani e gliele tolse dai suoi fianchi, incrociando poi le loro dita e porgendogli gentilmente le  labbra, vogliose come non mai delle sue.
Lui le agganciò istantaneamente, leccando la sua lingua e graffiandole leggermente le  labbra carnose con i suoi denti ed i canini piuttosto affilati; ma tutto ciò non fece altro che farla sorridere lievemente, e provare l’irrefrenabile voglia di ricambiare il favore, cosa che fece non appena smise lui stesso di mordicchiarle il labbro inferiore.
Si staccò da lui quando sentì che la voglia di andare oltre iniziava a farsi spazio in lei, la voglia di lui che da sempre, sin dal primo istante in cui lo vide, si impossessava di lei senza che lo volesse, senza che ci pensasse, senza che lo pensasse.
‘Sarà meglio andare’ – disse lui, spiazzandola.
‘Dove?’ – chiese Rosalie.
‘Un premio per aver riportato Nessie sana e salva a casa te lo meriti’ – ghignò lui, fiondandosi di nuovo sulle sue labbra. Ancora non capiva, però, così si staccò da lui prima che potesse lasciarsi andare e continuò a porre domande.
‘Dove, Emmett?’ – non poteva evitare di risponderle.
‘Beh..’ – iniziò – ‘Bella ed Edward ci lasciano un po’ la loro casetta.. così io e te passiamo del tempo.. da soli..’ – sussurrò il ‘da soli’ nell’orecchio, con la sua solita voce roca, bassa e sensuale che usava ogni volta che facevano l’amore. Le faceva perdere il controllo, e lui lo sapeva bene, così ne approfitta quando più gli aggradava.
Rose sorrise lievemente, gustandosi di nuovo ogni minimo contatto che potesse esserci tra loro.
‘Non abbiamo potuto fare a meno di sentire che ve ne andrete subito, ma non posso lasciarti andare, Rosalie, senza ringraziarti ‘ – s’intromise Edward, catturando la sua attenzione ed anche quella di Emmett, che, a differenza della bionda, si era sicuramente accorto che stavano origliando e si stavano avvicinando.
‘Di nulla’ – tagliò corto, sorridendogli. Ma più in fretta voleva fare, meno in fretta la lasciavano andare. Bella la strinse in un abbraccio totalmente in aspettato, che ricambiò lievemente e con un sorriso appena accennato.
‘Grazie, Rose ‘ – sussurrò.
‘E’ un piacere, d’altronde è anche mia nipote. Grazie per aver mandato i Volturi, comunque, ma avrei potuto farcela anche senza di loro’ – affermò, convinta.
‘L’importante ora è che siate tornate entrambe a casa, sane e salve’ – disse Emmett, e  Bella ed Edward concordarono con un cenno del capo, un istante prima che la piccola Nessie allacciasse le sue manine a quelle dei genitori.
‘Mi portate da Jacob, papà e mamma?’ – chiese la bambina.
Già, c’era anche il cane rognoso, Rosalie se n’era quasi dimenticata.
Edward lesse i suoi pensieri e rise, ma Rosalie si trattenne, comunque, dal dirgli di non sbirciare; sapeva che, alla fine, l’avrebbe fatto ugualmente.
‘Andiamo?’ – suggerì Emmett.
‘Si’ –affermò Rose, porgendogli la mano che legò alla sua, prendendo a correre assieme a lui per i boschi, pronta ed emozionata come sempre al pensiero che a breve sarebbe stato di nuovo suo.. in tutto e per tutto.

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Ed eccoci alla fine di tutto D: spero sia stato di vostro gradimento, nonostante sia una cosa piuttosto insolita! (?)
Arrivederci! 

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