Ambizioni, desideri e rimpianti. di Rhaenyra17 (/viewuser.php?uid=191171)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** L'incontro. ***
Capitolo 3: *** Seriamente? ***
Capitolo 4: *** E' salva. ***
Capitolo 5: *** Epilogo. ***
Capitolo 1 *** Prologo. ***
Nickname: Giacopinzia17
Titolo: Ambizioni,
desideri e rimpianti.
Coppia: Rosalie/Bellatrix
più personaggio obbligatorio: Renesmee.
Raiting: giallo
Avvertimenti: crossover, What if?
Genere: comico,
introspettivo.
Eventuali
Nda: Questa storia partecipa al
contest “Quando Harry Potter e Twilight diventano
più o meno la stessa cosa”
indetto da Beth96.
Bene, ecco la mia
long, che non è poi così
long °-°.. però comunque per scriverne una
bella lunga avrei necessitato di
molto, molto più tempo :')
spero che non
dispiaccia, comunque.
L’ambientazione non coincide con entrambe le saghe: per
Rosalie tutto questo
succede dopo Breaking Dawn, mentre orientativamente ho fatto
sì che per
Bellatrix succedesse circa nel Principe Mezzosangue.
Ho deciso di scrivere il prologo e l’epilogo in terza
persona, mentre i
capitoli 1, 2 e 3 saranno dal punto di vista di Rosalie.
Spero sia gradita, la mia idea ^^
Enjoy it!
xx
Prologo.
Mai si sarebbero
aspettati una cosa del genere, tutti loro. Due
mondi che non si erano mai tenuti in contatto, persone diverse ma con
una cosa
in comune: il dover
mantenere un segreto
più grande di loro. Niente era nei loro piani, ovviamente:
le cose non vanno
mai come si spera o come si programma.
L’unica cosa che gli restava da fare, ormai, era
semplicemente accettare la
cosa e rimediare a quel disastro che avevano combinato i Mangiamorte,
coinvolgendo
una specie completamente diversa di vampiri. Avevano causato
l’intreccio di due
mondi che altro non potevano fare, se non scintille a non finire.
Due donne indipendenti, ribelli e forti, da due mondi che ormai non
erano più
separati, se non da quella sottile linea di confine che si limitavano a
chiamare, superficialmente, odio e disprezzo. Nonostante
ciò, dovettero
comunque collaborare per ristabilire quell’equilibrio che
temevano seriamente,
più che mai prima d’allora, si fosse perso per
sempre.
Il per sempre, poi, per i vampiri era davvero tanto, troppo tempo, e
non
potevano di certo accettare un affronto del genere.
La chioma bionda di Rosalie si
poteva riconoscere ovunque; l'unica ragione per la quale nessuno si
accorse di
lei, fu che passava per i boschi alla velocità della luce,
lontana da occhi e
orecchie indiscrete.
Suo fratello Edward era distrutto,
così come sua cognata Bella: ormai il disprezzo provato per
le scelte della
giovane era sepolto nel cimitero dell’essere umano di
quest’ultima. Inoltre,
con la nascita della bella Nessie, era come se le avesse perdonato
tutto.
‘Acqua passata’, quindi.
Ed era proprio dopo il rapimento di
Renesmee che aveva totalmente perso il controllo di se stessa, da una
parte,
mentre dall’altra era perfettamente lucida; sapeva alla
perfezione cosa doveva
fare e ne aveva tutte le intenzioni.
Non aveva avvertito nessuno,
nemmeno il suo amato Emmett: semplicemente si era messa in viaggio, con
la
scusa di voler stare da sola, dicendolo con i suoi soliti modi bruschi.
Aveva
approfittato del fatto che aveva bisogno di sangue animale per
avventurarsi nei
boschi, perciò la famiglia Cullen l’aveva lasciata
andare; inoltre, erano
piuttosto impegnati ad aiutare Edward e Bella a trovare una soluzione,
una
maniera per riprendersi la figlia.
I maghi avevano colpito proprio
dove non dovevano colpire, e Rose era parecchio incazzata.
Le
sarebbe bastato arrivare in fretta all’aeroporto e prenotare
un volo per
l’Inghilterra, dopo di che avrebbe cercato uno dei
Mangiamorte e l’avrebbe, in
qualche modo, obbligato a collaborare. Non le interessava minimamente
il
‘come’, semplicemente doveva averne uno dalla sua
parte che l’aiutasse ad
infiltrarsi e riprendersi la bambina.
All’aeroporto
non ebbe particolari problemi, l’unico inconveniente che le
si parò dinanzi fu
quello di dover attendere un paio d’ore prima di partire.
Sbuffando, si sedette
e attese quelle due ore, che sembravano non passare mai. Più
passavano
lentamente, più la bionda si inviperiva, e più
voglia aveva di staccare il
collo ad ogni singolo mago oscuro che avesse collaborato, o sapesse
solamente
della piccola Nessie.
Proprio
non riusciva a capacitarsi di quello che avevano fatto, anche
perché non
avevano ragioni per fare una cosa del genere; almeno secondo
ciò che sapeva. In
quel momento, però, l’unico pensiero che occupava
la sua mente era il viso
della bambina che, sorridente, le poggiava teneramente le mani sul
volto e le
mostrava il sogno che aveva fatto mentre dormiva. Di solito, sognava
sempre
un’immensa distesa verde, un prato pieno di fiori e con due
alberi in
lontananza, di fronte a lei un castello maestoso, una bandiera con uno
stemma,
contenente un serpente e contornato di verde e nero. La bimba correva
verso il
castello, attratta da esso, e la bandiera spiccava magicamente il volo:
aspettava che la bambina ci salisse sopra, poi partiva a
velocità moderata, e
riportava la bambina sul prato; solo allora riprendeva a giocare con i
fiori e
a guardare gli uccelli che svolazzavano di qua e di la.
Non
credeva, la bella bionda, che quel sogno potesse avere un qualche
significato
nascosto, per cui non ci diede peso la prima volta che glielo
mostrò; iniziò ad
avere un qualche dubbio quando la bambina prese a mostrarglielo
più volte col
susseguirsi dei giorni. Non lo reputava, comunque, un sogno premonitore.
Dall’altoparlante,
la voce di una donna, che pareva abbastanza giovane, avvertiva i
passeggeri del
volo per Londra di apprestarsi ad imbarcarsi; così Rose,
senza batter ciglio,
con la sua solita grazia che faceva scendere dal piedistallo anche la
persona
più sicura del mondo, si apprestò a entrare
nell’aereo.
Le
ore di volo furono noiose, più che stressanti; Rose sentiva
l’ansia aumentare
di secondo in secondo, ma sapeva di doversi dare una calmata,
altrimenti la
situazione sarebbe precipitata, sfuggendole di mano, e non poteva
proprio
permettere che accadesse una cosa del genere. Sospirò
sollevata, quando, di
notte inoltrata, l’aereo atterrò a Londra.
Scappò senza farsi notare da
nessuno, usando un’uscita diversa dell’aeroporto e
correndo velocemente;
nessuno parve notarla, tutti erano stanchi e scocciati. Invece a lei
piaceva la
notte, ed anche Londra, giacché era una città
prevalentemente piovosa e
raramente i londinesi potevano godersi il sole splendente in un cielo
azzurro
senza la minima traccia di nuvoloni plumbei.
Pensandoci
un po’ su, Rosalie si rese conto che non aveva la men che
minima idea di dove
si trovasse la piccola, né sapeva da dove cominciare.
Non
poté far altro che sfruttare le sue conoscenze del mondo dei
Maghi: fortuna sua
che era il 1° settembre! Fu un caso, probabilmente, ma lei non
poté far altro
che godere della sua sfacciata fortuna ed avviarsi piuttosto lentamente
verso
la stazione di King’s Cross. Avrebbe dovuto aspettare le
undici del mattino,
per quanto ne sapeva.
Arrivata
in stazione, si soffermò a guardare un orologio, sotto lo
sguardo stupefatto
dei pochi passanti delle quattro circa del mattino. Avrebbe dovuto
aspettare
parecchie ore, prima di poter salire su quel treno che
l’avrebbe condotta nel
mondo magico, più precisamente nella scuola di Hogwarts.
Lì,
era piuttosto certa, avrebbe trovato qualcuno che l’avrebbe
indirizzata sulla
strada dei Mangiamorte: un passo o due più vicina a Renesmee.
L’unica
cosa che le restava da fare, era semplicemente rimanere appoggiata
vicino al
muro tra i binari nove e dieci. Si appoggiò a quello del
binario nove, una
gamba alzata e il piede appoggiato vicino a quei mattoni, la testa
leggermente
china e gli occhi chiusi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** L'incontro. ***
Salve! Eccomi con
il primo capitolo della storia..
Vorrei chiedervi, questa volta, se vi andrebbe di recensire,
così tanto per farmi sapere se vi piace la storia D: (?)
Enjoy the chapter!
xx
Capitolo
1 – L’incontro.
Dalle
8 del mattino circa, la stazione si movimentò di colpo, e
dovetti dire addio
alla pace dei sensi, sbuffando sonoramente scocciata. Non appena
adocchiai,
però, dei bambini e degli adulti con enormi valigie e gabbie
con gufi, o dei
gatti o addirittura rospi e pipistrelli, mi concentrai e prestai
attenzione.
Li
vidi oltrepassare il muro di fronte a loro scomparendo al proprio
interno: non
avevo mai visto una cosa simile, ed ero terribilmente affascinata e
anche
leggermente sorpresa. Calcolando che era piuttosto difficile
sorprendermi, era
un gran passo avanti. Il mondo dei Maghi iniziò a intrigarmi
improvvisamente, e
sorridendo tra la divertita e la maligna, oltrepassai il muro senza
fare una
piega.
Non
appena mi trovai dall’altro lato, non potei fare a meno di
guardarmi attorno:
mura di mattoni come quelle della stazione, quella dall’altro
lato del muro, un
treno antico, nero, con un cartello rosso davanti che portava la
scritta
‘Hogwarts Express’ in bianco, e sotto il numero
5972.
Guardai
poi alla mia destra: tanti bambini che salutavano le proprie mamme,
ricambiando
calorosamente i loro docili abbracci, affettuosi, altri invece che
semplicemente salutavano i compagni e ridendo salivano in treno. Mi
sentivo
dannatamente disorientata, e non potevo fare a meno di essere sorpresa
alla
vista di quella parte del mondo dei Maghi. Era solamente
l’inizio.
Silenziosamente,
senza dar confidenza a nessuno, mi apprestai a salire in treno, senza
che
nessuno mi notasse. O perlomeno, sembrava che nessuno mi avesse notata,
ma la
mia chioma bionda e i miei occhi dorati, era impossibile non notarli;
come era
impossibile non esserne incontrollatamente affascinati.
Entrai
in uno degli scompartimenti e mi sedetti vicino al finestrino, chiusi
gli occhi
e attesi che il treno partisse. Lo fece dopo un bel po’ di
tempo, forse troppo
per i miei gusti.
Anche
il viaggio durò troppo: passai davvero tutta la giornata in
treno, e l’unica
cosa che potevo fare era battere a ripetizione il piede a terra,
facendo quasi
tremare tutto il treno; non che non tremasse già di suo quel
vecchio rottame!
Sospirai
di sollievo non appena quest’ultimo si fermò e fui
la prima a fiondarsi fuori.
A tutta velocità, mi avvicinai a un omone grasso e barbuto,
che aveva una
lanterna in mano e che assolutamente non poté fare a meno di
guardarmi tra il
sorpreso ed anche lo spaventato, in un certo senso. Tutti erano
comunque
affascinati da me; talmente affascinati da non riuscire a proferire
parola.
‘Ho
bisogno di parlare con il preside di questa scuola’
– dissi a quello che
classificai come il guardiano accompagna - studenti del castello di
Hogwarts.
Quest’ultimo fu in procinto di chiedermi perché,
ed ebbe addirittura l’istinto
di fare un qualche incantesimo alla “spaventosa e
affascinante biondina che si
trovava davanti”. Un istinto, però, che dovette
reprimere. Semplicemente annuì
e mi disse di seguirlo, così come avvertì i
bambini di tenere il passo per
andare alle barche.
Prima
di farlo, però, mi indicò una carrozza, trainata
da cavalli alati neri, con gli
occhi stranamente bianchi.. Sbattei più volte le palpebre,
per capire se avevo
iniziato inspiegabilmente a soffrire di allucinazioni, o quei cavalli
esistevano davvero. Mi ricordai poi in che mondo mi trovassi e
sospirai, annuii
e ringraziai freddamente quell’omone, che i bambini
chiamavano calorosamente
Hagrid. Mi avviai in fretta verso quelle strane carrozze, ci salii
sopra con
agilità e con una grazia che le ragazze lì
presenti non avrebbero mai avuto,
nemmeno nei loro sogni; nemmeno con la magia.
Quattro
degli studenti di Hogwarts salirono sulla mia stessa carrozza ma non ci
feci
caso; perlomeno, non ero assolutamente interessata a quei ragazzini. La
mia
priorità era raggiungere chi dirigeva la scuola e chiedere
aiuto. Dovevo
trovare la piccola Nessie, prima che fosse troppo tardi; se le fosse
successo
qualcosa, non me lo sarei mai perdonata. Eppure sapevo bene che non
avevo
alcuna colpa, ma ero troppo affezionata alla piccola per evitare di
pensarla in
quel modo.
Continuavo
a fissare i cavalli alati, e non potei proprio evitare di chiedere ai
presenti
cosa fossero e se qualcuno di loro riuscisse a vederli.
Una
di loro, capelli biondi e mossi che le arrivavano sul sedere, occhi
chiari,
anche se non mi applicai a distinguere bene il colore, e un sorriso non
timido,
ma nemmeno spavaldo, alzò la mano e pronunciò un
flebile ‘io’.
‘Si
chiamano Thestral, sono completamente pacifici se non vengono
disturbati, e
possono esser visti solo da chi ha visto la morte’
– sussurrò appena la
ragazza, che non pareva affatto spaventata da me, ma semplicemente
affascinata
– ‘ Come ti chiami?’ – chiese,
poi.
‘Rosalie’
– dissi distrattamente, continuando a guardare i Thestral,
anche se ormai la
mia mente era altrove; ricordai il momento della mia, di morte, e del
salvataggio disperato di Carlisle. Sospirai.
‘Io
sono Luna Lovegood’ – mi sorrise calorosamente ma
evitò di porgermi la mano,
sicura del fatto che non gliel’avrei stretta nemmeno morta.
In effetti, ero già
morta, ma Luna non poteva di certo saperlo..
Annuii
distratta, poi accavallai distrattamente le gambe e presi a guardarmi
le mie
mani ben curate, le unghie ricoperte di uno smalto color rosso fuoco, e
non
fiatai più.
Fortunatamente
quel viaggio in carrozza durò ben poco, e giungemmo ben
presto al castello. Lasciai
scendere prima gli altri, poi scesi io e li seguii, giusto per capire
dove
dovevo andare.
Non
appena varcai la soglia del castello, rimasi colpita da quelle statue
enormi di
soldati poste tutte intorno a me, le fiamme accese e le risa di tutti
gli
studenti. Non credevo potesse esistere qualcuno felice di andare a
scuola, ma i
maghetti e le streghette parevano esserlo. Non ci pensai oltre e li
seguii su
per delle scale, e arrivai in una specie di torre piena di scalinate,
ed alla
loro vista spalancai gli occhi ed aprii lievemente la bocca.
Non
mi ero, di certo, spaventata o sorpresa per le troppe scale che
c’erano,
semplicemente quelle non erano le solite scale cui ero abituata: si
muovevano.
Ero certa di non aver mai visto né sognato una cosa del
genere, e mai avrei
pensato di essere affascinata dalla magia. Eppure dovetti ricredermi.
Una
donna piuttosto anziana, gli occhi blu, i capelli legati grigi,
bacchetta alla
mano, mi si parò davanti, si presentò dichiarando
di chiamarsi Minerva
McGrannit e mi chiese chi fossi. Le dissi di aver necessità
di parlare col
preside per una questione delicata, e nonostante non ispirassi fiducia
a quella
professoressa, mi fece strada sino ad una sala immensa, con quattro
tavoli
marroni lunghi quanto tutta la sala, tantissime panche tutte vicine
dove molti
studenti sedevano e chiacchieravano animatamente.
La
professoressa fece cenno sia a me sia agli studenti del primo anno
dietro di
lei che avrebbero dovuto seguirla, e camminammo per tutta la sala sotto
lo
sguardo attento e curioso di tutti i presenti. Non ci feci molto caso,
ero
abituata agli sguardi di tutti puntati addosso a me, e poi mi piaceva
essere al
centro dell’attenzione, quando si trattava di sguardi curiosi
e non di sguardi
indiscreti.
‘Mettetevi
tutti qui, e attendete, per favore’ – disse la
professoressa McGrannit,
indicando quel poco di spazio libero dove i neo - maghetti si
disposero,
ponendosi l’uno di fianco all’altro. –
‘Prego, se vuole seguirmi. Albus, vieni
un momento per favore, la ragazza necessita di parlare con te, ed
è piuttosto
urgente, pare’ – annunciò
silenziosamente ad un uomo anziano, barba e capelli
bianchi e lunghi, sguardo fiero e sottile, nascosto da dei simpatici
occhiali a
mezzaluna. Quest’ultimo annuì sorridendo e si
alzò, seguendo me e la McGrannit.
Uscimmo da una porta vicino al tavolo dove c’erano tutti i
professori e il
preside, e ci trovammo in un corridoio buio; ma a questo
rimediò colui che la
professoressa aveva chiamato Albus che, con uno schiocco di dita, fece
accendere
i lumi tutt’attorno a noi.
Ero
sempre più affascinata, ma avevo una questione
più urgente a cui pensare e
distolsi immediatamente lo sguardo dalle fiammelle, riponendolo negli
occhi
chiari del preside.
‘Non
sono qui per far del male a qualcuno o robe del genere. Dei maghi
malvagi, che
voi sicuramente conoscete con il nome di
‘Mangiamorte’ hanno rapito mia nipote,
ed io sono venuta qui per riprendermela. Speravo poteste indirizzarmi
verso
questi’ – semplice, breve e conciso, fu il mio
discorso.
Il
preside annuì, poi sospirò e parve sinceramente
dispiaciuto per la situazione
in cui mi trovavo.
‘Sapevo
che i Mangiamorte stessero architettando qualcosa, ma francamente non
avevo
idea che sarebbero arrivati a tal punto. D’altro canto,
bisogna aspettarsi di
tutto da quelle persone, sono la peggior specie di maghi esistenti al
mondo.
Qui a Hogwarts non li troverà di certo, mi lady, ma sono
sicuro che se andrà in
questo posto ‘ – e magicamente, per
l’appunto, comparve sul palmo della sua
mano un bigliettino con sopra scritto un indirizzo –
‘Troverà qualcuno che, in
qualche modo, potrà darle una mano. Ma l’avverto:
non serviranno maniere buone
per convincere codeste persone ad aiutarla; due delle persone che
risiedono in
quell’abitazione sono Mangiamorte. Segua l’istinto,
sono certo che troverà
risposta alla domanda che sicuramente le starà balenando in
testa’ – e mi
sorrise, caldo.
Annuii,
poi puntai i miei occhi dorati in quelli del preside.
‘Non
sono una tipa da buone maniere, non c’è da
preoccuparsi. La ringrazio ‘ – dissi,
accennando un sorriso malefico.
‘Il
nostro guardiacaccia Rubeus Hagrid le procurerà un Thestral,
con il quale potrà
recarsi lì. Dubito che lei sappia usare una scopa, non
facendo parte di questo
mondo ‘ – annuii lievemente per fargli capire che
ci aveva azzeccato in pieno.
Il
preside entrò di nuovo in quell’enorme sala, e
chiamò quell’omone barbuto con
il quale avevo precedentemente parlato. Gli disse in fretta di
procurarmi un
Thestral, e quest’ultimo mi fece cenno di seguirlo.
Lo
feci, e dopo aver camminato un po’, uscimmo dal castello e ci
avvicinammo ad
una foresta dagli alberi enormi, cupa non di certo come le foreste ed i
boschi
che avevamo noi a Forks. Quella si, che incuteva terrore; ma non
lasciai
trasparire emozioni, come mio solito.
‘Aspetta
qui’ – ordinò il guardiacaccia, e quasi
gli azzannai il collo per i modi usati;
non mi pareva proprio di avergli dato confidenza, e lui se la prese
comunque.
Era un uomo alquanto rozzo, quello, ma ero certa avesse un cuore
d’oro. Quella
fu la motivazione per la quale non lo uccisi senza pensarci. Lo vidi
arrivare
poco dopo con un Thestral.
‘Stai
attenta, tieniti forte’ – mi mise in guardia Hagrid.
Lo
guardai in cagnesco: non aveva proprio idea di chi avesse di fronte,
ovviamente, però mi dava fastidio essere sottovalutata anche
dagli sconosciuti,
solo perché ero una donna. La vedevo così, anche
se magari le intenzioni del
guardiacaccia erano tutte in buona fede.
Salii
in fretta sul Thestral, che aprì subito le ali e
spiccò il volo, mentre
semplicemente annunciai ad alta voce il posto in cui avrebbe dovuto
portarmi.
Non avevo idea di come funzionasse, non ebbi il tempo di chiedere,
dovetti
quindi affidarmi semplicemente al mio istinto.
Appena
arrivai fuori quella specie di castello, non potei far altro che
pensare una
cosa: i maghi che risiedevano in quella casa dovevano per forza essere
della
peggior specie. Ricordai la prima volta che Bella mise piede in casa
nostra, e
sbalordita disse ad Edward che credeva che si sarebbe trovata in una
casa cupa,
piena di bare, e non di certo così aperta e luminosa.
Chissà cos’avrebbe detto
vedendo la dimora di quei tipi, i Malfoy. Non mi fece di certo paura,
figuriamoci
se una tipa come me potesse temere la peggior specie di maghi oscuri
esistenti
in circolazione all’epoca. Il mio peggio l’avevo
già passato, ovvero la morte.
Cos’avevo da perderci?
‘Renesmee’
– mi rispose la coscienza, che, nonostante sembrasse non
funzionante per lo
stato di insolito shock in cui si trovava, era stranamente lucida,
tanto quanto
la mia mente che mi lasciava tranquillamente modo di pensare.
Sbuffai
più volte, da quando scesi dal cavallo alato fino a quando
non arrivai fuori al
cancello della dimora di quei tipi. La domanda che non potei proprio
fare a
meno di pormi, fu ‘come faccio ora ad entrare, o a
bussarli?’. Pensandoci, ero
pur sempre un vampiro, avrei potuto romperlo o scavalcarlo
tranquillamente, se
solo non avessi dovuto entrare nella dimora di maghi.
Tutto era
stregato, ogni mio sforzo sarebbe stato vano.
‘Bene,
ed ora come entro?!’ – ringhiai rabbiosa, e mi
trattenni a stento dallo
sferrare un calcio nel ferro.
‘Posso
aiutarla?’ – una voce mi giunse alle orecchie,
così spontaneamente guardai di
fronte a me e mi apparve dinanzi un uomo dai capelli tra il biondo ed
il
bianco, lisci, lunghi abbastanza da arrivare più
giù delle esili spalle che
l’uomo si ritrovava, coperte da un mantello nero che scendeva
giù sino alle
caviglie. Gli occhi tra l’azzurro cielo ed il grigio erano
impuntati nei miei
dorati, occhiaie abbastanza accennate spiccavano sotto i suoi occhi, le
labbra
sottili appena aperte per mostrarmi il suo ringhio alquanto silenzioso.
‘Lo
spero per voi’ – dissi, minacciosa. Desideravo
minacciarlo direttamente,
mostrandogli ciò che ero veramente e dandogli un assaggio di
ciò che potevo
fare, ma il fatto che avesse la magia dalla sua parte mi scoraggiava di
gran
lunga. Non potevo rischiare, per il bene di Renesmee, ovviamente.
‘Si
accomodi pure ‘ - disse l’uomo, ghignando
appena e voltandomi immediatamente le spalle; aprì il
cancello agitando
semplicemente la bacchetta, ed io feci finta di non essere sempre
più sorpresa
ed affascinata da quel mondo.
Lo seguii in silenzio.
Entrammo in quell’oscuro castello, e la prima stanza che
scorsi grazie alla
fioca luce che s’intravedeva fu quella da pranzo. Fu proprio
lì che quel
signore mi fece cenno di accomodarmi; grazie al mio caratteraccio,
incrociai le
braccia al petto e sbuffai sonoramente, mentre lo trafiggevo con lo
sguardo nel
tentativo di fargli capire che ero seria e non avevo intenzione di
perdere
tempo, né di fare stupidi giochetti.
L’uomo
scrollò le spalle e si mise a sedere, dandomi le spalle.
‘Allora,
cosa le serve?’ – iniziò col dire, ma
non risposi, notando sull’uscio della
porta una donna dai capelli lunghi, ricci, neri ed elettrizzati, i suoi
occhi
neri mi scrutavano attenti e per un attimo fui certa che le
passò per la mente
di puntarmi contro la sua bacchetta, che teneva ben stretta nella sua
mano
destra. Il suo vestito nero gli arrivava fin giù alle
caviglie, e da lì si
notavano gli stivali neri con tacchi alquanto bassi; almeno per i miei
standard.
‘Chi
è lei?’ – la sua voce da psicopatica mi
avrebbe fatta rabbrividire, se solo
avessi avuto paura di qualcosa. Il biondo si rivolse a lei e le fece
cenno di
accomodarsi, e a differenza mia la donna lo fece in silenzio,
continuando a
scrutarmi sospettosa. Mi dava un fastidio tremendo essere squadrata
dalla testa
ai piedi in quel modo, ma non potevo assolutamente permettermi di
perdere il
controllo. Lei non era Jacob, non potevo di certo dire quello che mi
passava
per la testa, perché non mi avrebbe risposto per il solo
sfizio di
controbattere; pensandoci, poi, mi resi conto del fatto che non avrebbe
proprio
risposto.
‘Ce
lo dirà lei stessa, perché ancora non si
è presentata nemmeno a me’ –
confessò,
tranquillo, l’uomo.
‘Lucius,
hai fatto entrare in casa una sconosciuta?’ –
ringhiò la donna.
‘Bellatrix,
sarà pure casa mia questa, no?’ – quel
Lucius rispose così, freddandola con un
semplice sguardo. Sbuffai sonoramente, mentre quella Bellatrix,
contrariata,
iniziò a battere ripetutamente il piede sul pavimento.
‘Mi
chiamo Rosalie, so che siete Mangiamorte e che i vostri amici hanno
qualcosa di
mio che non gli appartiene affatto ‘ – strinsi
più forte i pugni, evitando però
di trafiggermi i palmi con le unghie e di rovinarmi con
facilità estrema lo
smalto.
‘Dovrebbe
quindi importarci qualcosa?’ – chiese la
psicopatica, iniziando a ridere a
crepapelle, e Lucius rise di gusto assieme a lei. Non ci vidi
più dalla rabbia,
quella strega mi dava troppo fastidio: velocemente mi avvicinai a lei e
le
afferrai la chioma elettrizzata che si ritrovava, gli chinai il capo da
un lato
e feci per azzannarle il collo, ma mi fermai giusto in tempo.
‘Ci
metterei due secondi ad ucciderti, anzi, uccidervi ‘
– mi corressi – ‘Quindi
direi proprio che, si, deve importarvi qualcosa. E tu, strega
psicopatica che
non sei altro’ – le girai il viso facendola voltare
verso di me, trafiggendo i
suoi occhi cupi e scuri con i miei dorati e quasi luminosi –
‘mi aiuterai a
riprendermi ciò che è mio. Mi sono spiegata
bene?’ – notai che stava provando a
prendere la sua bacchetta, che aveva precedentemente posato sul tavolo
di legno
scuro.
La
spinsi lontano dal tavolo e la bloccai vicino al muro, mostrandole i
miei
canini piuttosto affilati ed il mio sguardo da psicopatica. Potevo
esserlo
anche io; che credeva, di essere per caso l’unica pazza in
circolazione?
‘Si
calmi, Rosalie’ – quel Lucius provò a
placare la mia ira e calmare gli animi,
anche se gli riusciva piuttosto male, siccome era il primo a cui
tremava la
voce – ‘V-vedrà che riavrà
ciò che le serve, l’aiuteremo, però si
calmi’ – era
letteralmente un cacasotto, quel Lucius. Lo guardai, senza calmarmi
affatto,
anche se apparentemente era tutto sistemato.
Non
lo sarebbe stato davvero, finché non avrei riavuto Renesmee
tra le mie braccia.
‘Non
ti aspettare che mi schiavizzerò ad un vampiro,
Lucius!’ – urlò Bellatrix
contro quell’uomo, che ero sicura non fosse suo marito,
né suo fratello, né suo
amico; d’altronde, non mi interessava davvero il loro legame
di parentela, fu
solo la curiosità del momento.
‘Non
credo tu abbia molta scelta, psicopatica’ – le
dissi, acida come mio solito,
trattenendomi a stento dal farle del male, sul serio però.
‘Cos’è
tutto questo chiasso?’ – un’altra chioma
mezza bionda, mezza nera, apparve
nella sala da pranzo, occhi sbarrati e visibilmente spaventata. Parve
ancor più
spaventata dopo aver incontrato i miei occhi, tuttavia si
avvicinò all’altro
biondo e gli poggiò un bacio sulle labbra. Mi trattenni a
stento dal vomitare:
come si poteva stare con un uomo che un altro po’ aveva
persino paura della sua
stessa ombra? Perché quel Lucius dava proprio
quell’impressione: l’impressione
di un cacasotto che si era sottomesso. A chi o cosa, non lo sapevo,
né mi
interessava.
Le
fu spiegata la situazione da un’agitata Bellatrix, che
continuava imperterrita
a guardarmi schifata, ed io ricambiavo volentieri le sue occhiate,
disgustata e
divertita dalla sua inconfondibile agitazione.
‘E
se non collaborate, ci metterò meno di un minuto ad
uccidervi tutti. Nessuno
escluso’ -
minacciai, per rendere l’idea
di ciò che avrei potuto fare, di ciò che ero
assolutamente disposta a fare nel
caso non avessi ritrovato mia nipote.
‘Lo
faremo, non rischieremo mai fino a questo punto ‘ –
disse in fretta la donna,
che mi pareva si chiamasse Narcissa.
‘Perché
parli al plurale, sorella? Parla per te!’ – le
sbraitò contro la psicopatica,
incrociando le braccia al petto e guardando altrove.
‘Non
fare la stupida, Bella! Non vorrei succedesse qualcosa a te, o a
Lucius.. o a
Draco ‘ – Bellatrix la guardò torva.
‘Il
Signore Oscuro potrebbe trovare tranquillamente un altro giovane
Mangiamorte ad
Hogwarts’ – scrollò le spalle e si
avvicinò alla sua bacchetta, così corsi a
prenderla e tenerla tra le mie mani, finché non si sarebbe
arresa alle mie
volontà. E lo avrebbe fatto, prima o poi, non aveva scelta.
‘Dammi
la bacchetta!’ – mi urlò, digrignando i
denti.
‘Fammi
arrivare a mia nipote, e la riavrai. Sino ad allora non avrai la tua
bacchetta’
– le dissi, convinta ed intenzionata più che mai a
non ridarle la bacchetta
prima del limite stabilito. Dovevano capire che facevo sul serio, non
mi sarei
tirata indietro.
‘Nipote?’
– domandò, con un filo di voce, Narcissa.
‘Si,
nipote. I vostri cari amici hanno rapito mia nipote, e vi giuro che
ucciderò
tutti i maghi necessari per giungere a lei. Ma visto che rischierebbe
Renesmee,
non posso fare un passo del genere. Quindi..’ – ed
indicai Bellatrix – ‘Visto
che mi sembri più cazzuta di questi due qui’
- feci un cenno col capo per indicare il maritino e la
moglie che si
tenevano infantilmente per mano – ‘Mi condurrai tu
stessa da lei, che ti
piaccia o no’.
‘E
cos’otterrò, in cambio?’ – non
sapevo se stesse semplicemente prendendo tempo
per pensare ad un modo per riprendersi la bacchetta, che non le avrei
mollato
per nulla al mondo, oppure volesse sul serio qualcosa in cambio.
‘La
tua incolumità, e quella dei tuoi cari’
– dubitavo seriamente che potesse
tenere a qualcuno, ma non sapevo dove giocarmela.
‘Pensaci
bene, Bellatrix.. Il Signore Oscuro ci ucciderebbe senza pensarci, se
lasciassimo che Draco venga coinvolto in questa faccenda. Lei non si
fermerà’ –
tentò di sussurrare, in modo che la sentisse solo la
sorella. Forse aveva
rimosso troppo in fretta la parte in cui il marito le aveva detto che
ero un
vampiro.
‘Fai
uno sbaglio e sei morta’ – mi minacciò
Bellatrix.
‘Prima
o dopo che ti avrò uccisa?’ – ghignai
malefica.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Seriamente? ***
Capitolo
2 – Seriamente?
Bellatrix
si lamentò parecchio, non ne voleva sapere di partire
subito, diceva che
necessitava di riposo, dopo quella giornata passata a servire il suo
signore.
Le urlai un po’ in testa, ma fu inutile, si
impuntò e sembrava proprio fosse
peggio di ogni bambino capriccioso. Infantile come molte persone al
mondo,
immatura e soprattutto una psicopatica di prima categoria. Gliene avrei
volentieri consigliato uno buono, ma appena provai a dirglielo mi
urlò contro
che non avrebbe mai e poi mai voluto avere a che fare con i
‘babbani’. Shockata
le chiesi che cosa significasse, visto che mai prima d’allora
avevo sentito
quella parola, e lei altrettanto sorpresa, con tono da schizzopatica mi
spiegò
che i babbani erano i comuni esseri umani, ciò che ero
anch’io tempo addietro, che
non avevano poteri magici.
Avrei
voluto chiedere quale storia ci fosse dietro la magia, ma evitai, anche
perché
ero piuttosto certa che lei prima di tutto non la sapesse; secondo, era
inevitabile sentirla gridare istericamente di nuovo, mentre mi diceva
che non
me la voleva raccontare. Senza la prima non ci sarebbe potuta essere la
seconda, quindi tanto di guadagnato per me!
Dovetti,
alla fine, lasciarla riposare per un paio d’ore, ma non la
persi di vista
nemmeno un secondo, così come tenni d’occhio anche
Lucius e Narcissa. Non si
dovevano nemmeno azzardare a fare una qualche stronzata,
perché se la sarebbero
vista davvero brutta, soprattutto con me.
Allo
scoccare delle due ore, la svegliai, e piuttosto bruscamente.
Con
un calcio la spinsi giù dal letto, e lei rotolò
per terra gemendo per il
dolore; ed io, da stronza quale ero, ridevo come una matta alla vista
di quella
scena. Avevo la sensazione che avrei potuto seriamente metterla in
croce e
divertirmi a sue spese, in un modo o nell’altro, senza
però fare in modo che mi
mandasse a fanculo e provasse a fare una qualche cazzata. Non
perché mi sarebbe
dispiaciuto togliermi davanti quella montata, quanto per il fatto che
sua
sorella Narcissa parve davvero spaventata all’idea che
potessi ferirli ed
ucciderli tutti senza batter ciglio; sentivo che a lei importava
davvero delle
persone che la circondavano, e francamente anche a Lucius. Il problema
presumevo fosse che si erano chinati ad obbedire a questo
‘signore oscuro ‘, di
cui non vollero darmi informazioni, se non quella evasiva del
‘è il mago oscuro
più potente del mondo ‘. Non ebbero nemmeno il
coraggio di pronunziare il suo
nome.
La
cosa mi sembrava alquanto strana e sospetta, come potevano temere quel
mago
sino a quel punto? Era davvero così terrificante,
così carismatico e così
potente da non poter fare nulla per fermare la sua sete di potere? Ci
pensai un
po’ su, poi mi resi conto che non era affatto affar mio,
anche perché mi
servivano i Mangiamorte soltanto per riavere Nessie. Fine della storia,
avrei
poi abbandonato il mondo magico e sarei ritornata a casa, con la
piccolina, ed
avrei finalmente potuto rivedere il sorriso di Edward ed anche quello
di Bella.
Ah, per non parlare di quello del cagnolino domestico che Esme non
faceva altro
che accudire di continuo, mentre io la fissavo contrariata. Non
sapevamo più
come sedarlo, quel cane randagio che non era altro! Fummo costretti a
sorbirci
la sua asfissiante puzza, anche se gli altri bene o male lo
sopportavano, io
però proprio non potevo! Era insopportabile! Poi
piagnucolava di continuo, che
rivoleva la ‘sua’ Renesmee: maledetto lui ed il suo
cavolo di imprinting! Ma
proprio con mia nipote doveva avercelo? Ho sempre cercato di vedere il
lato
positivo della cosa: nonostante quel cane rognoso non mi fosse
chissà quanto
simpatico, dovevo ammettere che sarebbe stata una forte spalla sulla
quale la
bambina avrebbe potuto appoggiarsi o piangere, e l’avrebbe
difesa a qualunque
costo. Lo ammiravo, per questo, avrebbe avuto il coraggio di perdere
persino la
propria vita per salvare quella di Nessie. Ah, beh, sicuramente la vita
della
piccola era più importante e significativa della sua
ignobile esistenza!
No,
proprio non potevo smettere di odiare il fatto che fosse un lupo, e che
i suoi
amici avevano provato a far del male al mio Emmett.
Emmett.
Dio, come mi mancava. Avrei voluto dirgli due paroline, sapevo che mi
avrebbe
accompagnata in quel viaggio; lui era la mia di spalla, la
più forte e robusta
dell’intero pianeta. Mi vantavo sempre di averlo al mio
fianco, di sapere che
apparteneva solo e soltanto a me, per sempre. Lui era l’unica
ragione per la
quale non avevo provato, in qualche modo, a farmi ammazzare dai
Volturi, così
come ci aveva provato Edward dopo che gli dissi che Bella era morta.
Proprio non
sapevo tenere la bocca chiusa, col tempo fortunatamente avevo imparato.
Il
bello dell’eternità è che si ha tutto
il tempo che si vuole a propria
disposizione, perché tanto anche se passa, non ti corre di
certo dietro; sei
immune ad esso. La parte peggiore è, ovviamente, la
sensazione del rimanere
immutabile, sempre uguale, senza mai invecchiare nemmeno di una virgola.
‘Ma
sei impazzita!’ – mi ringhiò contro
Bellatrix, cercando invano la sua
bacchetta. Questo non fece altro che farmi ridere malefica
più che mai, sempre
di più, mentre lei mi fissava offesa ed arrabbiata come
probabilmente non era
mai stata prima d’allora.
‘Muoviti, dobbiamo andarcene ‘ – dissi,
smettendo di ridere ma non di sorridere
soddisfatta; ormai ero sicura del fatto che avrei potuto torturarla
come mi
pareva, e che mi sarei divertita parecchio nell’osservare le
sue reazioni.
‘Io
ti ucciderò, prima o poi ‘ –
sussurrò tra sé, ma io la sentii comunque grazie
al mio udito; mi girai e la guardai, visibilmente incuriosita.
‘Prima
ancora di riuscire a trovare una maniera per farmi fuori, sarai
già morta e
sepolta, Bellatrix. Evita, è meglio per tutti, ed ora
sbrigati, ho una nipote
da riprendermi’ – la incoraggiai a camminare e
farmi strada, siccome non mi
avevano di certo portata a fare il giro di perlustrazione della casa. A
parte
il fatto che era grande, poi non ero interessata a vedere quella cupa
ed oscura
casa; più la guardavo, più pensavo alle parole di
Bella e sorridevo
automaticamente. La stupidità umana non aveva di certo
limiti; eppure anch’io,
una volta, ero umana, e se avessi dovuto pensare ai vampiri avrei
immaginato
una casa del genere, buia e piena di bare, dove avrebbero dormito o
sepolto le
ragazze delle quali si erano nutriti.
Ogni
giorno che passava, ero sempre più fiera di aver scelto di
essere ‘vegetariana’
con i Cullen; Carlisle mi aveva rovinato la vita, ma allo stesso tempo
mi aveva
salvata. Io la vedevo così, nonostante il suo unico scopo
era quello di
salvarmi e di non farmi morire così, ero giovane, bella e
piena di sogni. Dopo
la trasformazione i miei sogni cambiarono, e devo dire che non mi ci
volle
molto a realizzarli.
Scendemmo
le scale di casa Malfoy, poi uscimmo in fretta e vidi Bellatrix
agganciare a
volo una scopa, che sicuramente era volante.
‘Dovrei
farti salire sulla mia scopa? Nah, non se ne parla’
– domandò la psicopatica, e
si rispose anche. Prima che potesse dire altro, la precedetti.
‘Ho
il mio Thestral, non ti preoccupare proprio, psico’
– le affibbiai quel
diminutivo, constatando il fatto che avrei dovuto chiamarla sempre
psicopatica
e quasi mai Bellatrix, era meglio psico. Lei mi guardò in
cagnesco, poi scrollò
le spalle e montò sulla scopa, mentre piuttosto in fretta mi
avvicinai al mio
cavallo alato e ci montai sopra; quest’ultimo volò
ed io gli ordinai di seguire
quella pazza sulla scopa volante. Sicuramente il cavallo avrebbe riso a
crepapelle, se solo avesse capito sul serio i miei rimandi alla pazzia
di
Bellatrix, ma dovetti accontentarmi di ghignare da sola.
Anche
sulla scopa mostrava di essere senza ritegno: volava a tutta
velocità, quasi
nemmeno sapesse che esisteva il pericolo e che avrebbe potuto
tranquillamente
cadere o andare a sbattere contro qualcosa, semplicemente volava in
fretta e
rideva, rideva e rideva ancora. Sbuffai, stanca di sentire
quell’isterica
risata.
‘Puoi
smetterla di fare la gallina e chiudi quel becco che ti ritrovi,
psico?’ – le
urlai, nel tentativo di farmi sentire; un tentativo che,
fortunatamente, andò
in porto subito. Lei mi guardò irritata e, per dispetto,
continuò a ridere per
un bel po’. Sospirai, capendo che le buone maniere che
Carlisle ed Esme mi
avevano insegnato, mi sarebbero servite a ben poco con lei, nonostante
fosse
costretta a sorbirmi e a portarmi da quegli stronzi che avevano Nessie,
così dissi
al cavallo di andare più veloce e raggiungerla. Non appena
lo feci, non potei
evitare di darle uno scappellotto, facendola ringhiare, incazzata come
una
belva.
‘Ti
ho già detto di smetterla, e non mi piace
ripetermi’ – le stavo praticamente
svelando e mostrando, senza farmi alcun problema, tutti i lati peggiori
di me,
e lei non faceva altro che adeguarsi perché, alla fin fine,
nonostante
appartenesse ad una specie ben peggiore di me, aveva lo stesso
carattere
ribelle. Ma era decisamente cento volte più psicopatica e
schizzata di me;
soprattutto, però, era cattiva.
Di
nuovo fece per prendere la bacchetta, come di consuetudine, ma non
trovandola
si innervosì ulteriormente e spinse sia me sia il cavallo.
Offesa ed irritata
dal suo gesto, presi la sua bacchetta e feci per spezzargliela: non che
volessi
farlo davvero, ma lei doveva credere che l’avrei fatto senza
pentirmene
affatto. Doveva starsene buona, i maghi oscuri mi avevano creato
già abbastanza
guai e non ne volevo altri. Mi serviva soltanto sistemare la pessima
situazione
che avevano creato, cercando di far uscire vivi tutti, così
pace e amore ai
nostri due mondi, che sarebbero tornati ad essere ben distinti e
separati.
‘NO!’
– urlò lei, tentando di afferrarla, ovviamente
invano.
‘Smettila
di provocarmi in tal modo, Bellatrix,
non gioverebbe a me e nemmeno a te ‘ – anche io ero
testarda e volevo sempre
vincere, prevalere sugli altri, essere la migliore, eppure lei mi
batteva di
gran lunga sulla testardaggine. Era persino più ribelle di
me, non voleva proprio
sentir ragioni, mentre io rimanevo ad ascoltare, seppur controvoglia.
Lei
mi ringhiò contro, e sicuramente seguirono delle mentali
imprecazioni che si
astenne dal pronunziare ad alta voce; non era così stupida,
allora, un minimo
di intelligenza ce l’aveva. Forse. Avevo ancora parecchi
dubbi a riguardo, però
non mi interrogai oltre, quella volta.
Volammo
per circa un’ora, prima di scendere in uno strano posto, nel
bel mezzo di una
foresta che somigliava vagamente a quella che avevo precedentemente
visto ad
Hogwarts, quando il guardiacaccia, Hagrid, era andato a procurarmi il
Thestral.
Scendemmo
in mezzo agli alberi; Bellatrix lasciò cadere la scopa al
suolo, poi mi guardò
contrariata e mi porse la mano.
‘Mi
serve la bacchetta’ – disse semplicemente.
‘Perché
dovrei dartela?’ – chiesi, allora. Se non mi avesse
dato spiegazioni, non
gliel’avrei data, non ci avrei nemmeno pensato.
‘Vuoi
rivedere quella bambina si o no?!’ – mi
sbraitò contro, stufa dei miei
atteggiamenti. Almeno eravamo in due a non sopportarci, eppure
rimanevamo lì.
‘Spiegami
perché ti serve la bacchetta’ – mi
sembrava impossibile arrivarci, proprio non
capivo a cosa le servisse e non mi fidavo abbastanza da donargliela.
Avrebbe
potuto fare qualunque cosa, ed io avrei dovuto stare
sull’attenti, pronta a
balzarle sul collo ed ucciderla. Ma avrei, poi, perso
l’opportunità di rivedere
mia nipote.
‘E’
incantato, il luogo in cui dobbiamo andare. Devo farmi
riconoscere’ – mi
rispose, sbuffando e cercando di tenere la calma. Aveva smesso di
ringhiarmi
contro, ed apprezzai leggermente la cosa; potendo la cosa essere
effettivamente
possibile, decisi di darle la bacchetta, ma non prima di averle fatto
una
piuttosto ovvia raccomandazione.
‘Non
appena hai finito me la ridai, o magari me la riprendo con la
forza’ –
l’informai, scrollando le spalle e guardando attentamente
ogni suo singolo
movimento. Lei sbuffò, mentre si alzava la manica di quello
strano giubbotto di
pelle che indossava sopra quello strano abito nero. Era tutta vestita
di nero;
ma un po’ di colori no, eh? Non avrebbero fatto male a questi
maghi i colori..
potevo capire che erano ‘oscuri’, però
non credevo che manifestassero con il
nero ovunque la propria oscurità! Era una cosa strana,
contorta, così ovvia e
semplice, eppure non la capivo, non me ne capacitavo affatto.
Notai
uno strano tatuaggio (di che colore? Nero, ovviamente!) :
c’era un teschio
sopra, un serpente sotto. Ero tentata dal chiedere cosa fosse, ma
preferii
farmi una mia idea; pensai quindi che fosse una specie di marchio che
ogni
Mangiamorte possedeva, il problema era che non capivo a cosa servisse.
Il
semplice riconoscersi era troppo scontato e banale.. forse era un
tributo al
loro signore, o chissà cosa.
Bellatrix
puntò la bacchetta sopra di esso, chiudendo gli occhi ed
alzando il capo,
rivolgendolo verso un albero situato di fronte ad essa, poi
pronunciò ad alta
voce una strana parola, che classificai in seguito come un incantesimo.
Dal
nulla, si aprì un varco, e mentre il varco si apriva
l’albero si spostò,
facendo tremare la terra sotto i nostri piedi; approfittai degli attimi
di
concentrazione di Bellatrix, non rivolta ovviamente a me, per sfilarle
rapidamente la bacchetta dalle mani. Ormai aveva smesso di puntarla, il
varco
si era aperto, non le serviva più, decisamente. Lei mi
guardò in cagnesco.
‘Seguimi
senza fiatare’ – disse – ‘Mi
metterai nei guai, altrimenti, e sarà peggio per
te e tua nipote’.
Annuii senza fare
polemiche, e mi
limitai a seguirla.
Non
potei fare a meno di spalancare la bocca e guardarmi attorno, dopo
essere
entrata in quel varco: mi si parò dinanzi un castello grande
quasi quanto
quello di Hogwarts, delle bandiere con i teschi. Ma non fu di certo
quello a
sorprendermi e lasciarmi senza fiato, tanto quanto tutte le stelle che
c’erano
in cielo. Prima, volando, non ne avevo vista nemmeno una, ma
lì ce n’erano a
migliaia. Ammirandolo, notai pure uno strano dettaglio: un teschio
grande e
verde, dal quale usciva un serpente che strisciava, imponente e che
decisamente
risaltava all’occhio, si muoveva. Era fumo verde, alla fine,
niente di
particolare, niente di concreto, eppure nonostante fosse spaventoso,
era uno
spettacolo non indifferente. Mai in vita mia avevo visto una cosa del
genere, e
mai più l’avrei rivista dopo aver lasciato quel
mondo. Se non fossi stata una
vampira, se non fosse stato il mio destino quello di vivere con i
Cullen e
nascere da un padre che mi viziò in ogni modo possibile e mi
promise come sposa
al peggior uomo del mondo, mi sarebbe davvero piaciuto nascere qui.
Magari non
con i maghi oscuri, ma con gli altri maghi: essere una bambina come
quelli che
avevo visto salire gioiosamente in treno e mangiare assieme ai compagni
alla
mensa, in quell’enorme sale della scuola di magia. Mi sarebbe
davvero piaciuto
vivere una vita così, ma cercai di rimuovere quei pensieri,
quelle voglie e
soprattutto mi convinsi che, una volta finita la mia missione
lì, avrei dovuto
dimenticare tutto. Tutto. Fare come se questo mondo non fosse mai
esistito, e
come se non ci avessi mai messo piede. Sarebbe sicuramente stato
difficile, ma,
avendo superato addirittura la mia morte, avrei potuto fare di tutto.
Bellatrix
notò che mi ero persa a guardare il cielo, così
mi scrollò con leggerezza: ero
certa, però, che l’avesse fatto per la sua poca
voglia di entrare in contatto
con me, quindi sospirai, rivolgendole lo sguardo e facendole cenno di
farmi
strada. Lei annuì, distratta, e continuò a
camminare con me al suo seguito.
Entrammo
finalmente dentro quell’immenso castello, un po’
meno buio di casa Malfoy, dato
che c’erano a circa ogni due metri di distanza, delle
lanterne accese.
Sentimmo
delle risate. Ah, quindi i Mangiamorte, i maghi oscuri e cupi, sapevano
anche
cosa fosse ridere? Sicuramente Bellatrix aveva riso prima, ma era
malefica, non
era sinceramente divertita. Le risate che sentivo sembravano sincere,
spontanee, di persone che avevano la mente libera da ogni pensiero.
Ci
avvicinammo a loro, i tacchi della psico che facevano un rumore
pazzesco, e
avrei voluto seriamente spezzare, i miei si sentivano invece poco e
niente.
Girammo l’angolo e la visione che mi si parò
avanti fu la più strana e
sconvolgente che avessi mai visto in vita mia, e che mai mi sarei
aspettata di
vedere.
I
due Mangiamorte erano divertiti, sembravano quasi ubriachi, come se
avessero
bevuto quantità di alcolici tutti insieme, pronti a passare
la notte insonni,
per poi addormentarsi per qualche ora e risvegliarsi con lancinanti mal
di
testa e i postumi della sbornia che s’erano presi.
Ma
non avevano bevuto, erano lucidi, perfettamente concentrati,
dannatamente
divertiti, eppure io mi ero preoccupata così tanto.
Mi
mancava la forza di muovermi, di respirare, di proferire parola. In
parte non
mi importava, perché non necessitavo di muovermi, potevo
anche non respirare,
ma avrei dovuto parlare per attirare l’attenzione di mia
nipote.
Avrei voluto farlo sul
serio, per rassicurarla e dirle che era tutto finito,
che presto saremmo andate via da quel lugubre ed oscuro luogo in cui ci
trovavamo, che non avrebbe mai più rivisto quegli uomini,
pronti a farle del
male ed ucciderla senza ripensamenti e senza provare nemmeno un minimo
di
dispiacere.
Non leggevo i loro
pensieri come avrebbe potuto fare Edward, non sentivo né
potevo dominare le loro emozioni e i loro stati d’animo come
Jasper, non potevo
prevedere il futuro come faceva Alice: tutto quello che mi serviva, era
sapere
che mia nipote sarebbe stata al sicuro tra le mie braccia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** E' salva. ***
Capitolo
3 – E’ salva.
‘Posso capire cosa
state combinando?’ – aveva
chiesto irritata la psicopatica, avvicinandosi selvaggiamente ai due
Mangiamorte, battendo forte i bassi tacchi sul pavimento di pietra, ed
attirando inevitabilmente l’attenzione dei due, uno con mia
nipote in braccio,
che gli toccava sorridente il viso barbuto, mentre l’altro se
la rideva,
spaparanzato sulla sedia con le braccia conserte.
‘Bellatrix!’
– scattarono immediatamente sull’attenti dopo aver
notato l’espressione
corrucciata e psicotica della psicopatica.
Anche
Nessie si voltò, incuriosita e sorpresa delle espressioni
piuttosto spaventate
dei due, ed incrociò i miei occhi con i suoi color
cioccolato. Non potevo fare
a meno di pensare, ogni qualvolta li guardavo, che erano bellissimi; ad
essere
onesti, ogni volta che guardavo quella bambina, mi innamoravo sempre
più. Ma
no, non nel senso che avrei voluto starci insieme, non quel tipo di
amore! Era
più l’amore che si provava verso un figlio.. e,
calcolando il fatto che io mai
avrei avuto miei figli da poter crescere, accudire, amare con tutta me
stessa,
era piuttosto ovvio che mi affezionassi così tanto a mia
nipote. Edward aveva
avuto la fortuna sfacciata di avere una figlia da crescere e amare
assieme alla
persona che amava, che lo ricambiava ed aveva rinunciato alla sua vita
pur di
stare con lui; io, invece, avevo vissuto la cosa molto diversamente,
avevo
vissuto la mia quasi morte in maniera piuttosto diversa,
così come era stato
traumatico sapere i contro della trasformazione, che erano molti di
più dei
lati positivi. Ma comunque, col tempo, avevo cercato di imparare ad
apprezzare
i miei nuovi pregi ed a non fare troppo caso agli evidenti difetti, che
tendevano
sempre a mostrarsi e spiccare sui pregi. Ed io continuavo a sentirmi
sempre
peggio.
Brutto
periodo, quello, fortuna che trovai Emmett e le cose migliorarono.
‘Zia
Rose!’ – mi chiamò la piccola Nessie,
riportando la mia attenzione a quel
momento, e specialmente a lei.
‘Piccola’
– sussurrai appena, e dovetti combattere purtroppo
l’istinto di andarle
incontro, prenderla in braccio e stringerla forte a me; era ancora
seduta sulle
gambe esili del Mangiamorte barbuto, ed io non potevo di certo
trattenermi
dallo sgozzarlo nonostante non le avessero fatto del male. Ero comunque
incazzata, perché chi cavolo gli aveva dato la grandiosa
idea di rapirla?!
Vedevo
la piccola sbracciarsi, mentre il Mangiamorte continuava a tenerla
sulle sue
gambe; guardava Bellatrix, che si mordeva irritata il labbro inferiore
e continuava
a penetrare i suoi occhi neri con il suo solito sguardo da
psicopatica..
l’unica differenza dal solito, era proprio che era incazzata
di brutto. Offesa,
quasi, oserei dire.
‘Lascia
andare immediatamente la marmocchia, Dolohov ‘ –
disse Bellatrix, la voce roca
che tremava quasi quanto le corde vocali nel produrre quei suoi quasi
gutturali, mentre un ringhio si faceva spazio nel suo petto.
L’uomo
si morse il labbro, e lentamente lasciò la bambina scendere
dalla sua gamba;
Nessie, però, gli sorrise dolcemente e delicata gli
posò una mano sul volto,
toccando quella barba che sicuramente pungeva, mostrandogli qualcosa
che solo
quell’uomo, Dolohov, poteva vedere. Lo vedemmo sorridere
intenerito, mentre
questo atteggiamento non fece altro che spazientire ulteriormente
Bellatrix.
‘ANTONIN
LASCIA ANDARE IMMEDIATAMENTE LA BAMBINA’ – quasi
urlò la psicopatica, cercando
da qualche parte nella sua lunga giacca nera la sua fidata bacchetta;
peccato
che l’avessi io e non lei. Morivo dalla voglia di riderle in
faccia, di
ghignare malefica e sembrare addirittura più cattiva e
psicopatica di lei,
godere nel vedere la sua espressione corrucciata e la voglia di
uccidermi nello
sguardo. Ma evitai, visto che la mia cara nipotina mi si avvicinava
sempre più,
con passo felpato e lento, per dimostrare che non aveva nessuna fretta
di andar
via e che, alla fin fine, non era stata poi così male in
compagnia di quei due
omoni.
‘Ciao
zia’ – disse, una volta arrivata di fronte a me.
‘Ciao
Nessie’ – sospirai di sollievo
nell’averla tra le mie braccia, nel poterla
abbracciare nuovamente ed inebriarmi le narici con il profumo di
fragola che
emanavano i suoi morbidi, quasi setosi capelli color bronzo, i ricci
che le
scendevano per tutta la schiena sino al sedere. I suoi occhi
incrociarono
immediatamente i miei dorati, non appena sciogliemmo quel caloroso e
tanto
desiderato abbraccio. Mi era mancata da morire, non sapevo proprio come
ringraziare il cielo che stesse bene, che fosse sana e salva e che non
avesse
passato delle ore, dei giorni pessimi in compagnia di questa brutta
gente.
Posò
una mano sul mio volto, leggera come suo solito, sfiorandomi appena la
gota
destra, mentre con l’altra mano mi accarezzò i
biondi capelli, portandomi una
ciocca appena dietro l’orecchio. La vide ricadere e mi
mostrò i suoi denti
bianchi e perfetti, i due canini appena accennati che rendevano persino
la sua
dentatura a dir poco mozzafiato!
Guardai
dritto dinanzi a me e vidi ciò che lei decise di mostrarmi:
si era appena
svegliata in una stanza piuttosto buia, le pareti di pietra ed alcune
addirittura leggermente appuntite, lenzuola bianche ed il letto che
cigolava
anche al minimo movimento, anche se appena accennato; l’uomo
barbuto che
Bellatrix chiamò Dolohov, entrò in quella stanza
con una bacchetta puntata
contro Nessie, che si strofinava ripetutamente gli occhi nel tentativo
di
vedere come si deve e non avere la vista offuscata. Sospirò,
poi si alzò in
piedi e si avvicinò senza alcun timore a Dolohov, che la
guardava sorpreso più
che mai, la bacchetta ancora puntata contro di lei.
La
manina di Renesmee si posò sulla grossa mano
dell’uomo, che tremò appena e
tentò di scostarsi, ma Nessie era più forte di
lui e glielo impedì, lasciandolo
letteralmente di stucco. Lui deglutì a fatica, poi
aprì la bocca stupito di
quello che vedeva dinanzi ai suoi occhi: Renesmee gli stava mostrando
il sogno
appena fatto, poi gli domandò cortesemente e con la sua
solita dolcezza chi
fosse e cosa ci facesse lei lì, in un posto così
lugubre e poco accogliente.
Non ricevette risposta, se non uno sguardo confuso da parte del
Mangiamorte ed
un sorriso appena accennato non appena Renesmee gli disse che non gli
interessava più la risposta, solo voleva continuare a
mostrargli i sogni più
belli che avesse fatto sino ad allora. Gli chiese se voleva vederli e
il
Mangiamorte accennò appena un si con il capo,
sbatté più volte le palpebre per
riabituarsi all’oscurità della stanza, per poi
avviarsi fuori di lì con
Renesmee che proprio non si decideva a mollargli la mano.
‘E’
tutto ok, ora che sai che le cose sono andate in questo
modo?’ – chiese
Renesmee, come sempre senza proferire nemmeno una parola. Annuii
guardando i
suoi occhioni, perdendomi nella loro infinita profondità,
nel loro colore
mozzafiato, poi mi godetti uno dei suoi sorrisi più sinceri,
che mi donò
continuando a carezzarmi i capelli.
La
pace dei sensi finì ben presto, ed il mio udito fu sul punto
di essere
distrutto, così come quello di Renesmee e degli altri
presenti, non appena
Bellatrix urlò con la sua voce roca e stridula
tutt’assieme.
‘CHI
HA AVUTO LA BRILLANTE IDEA DI RAPIRE QUELLA BAMBINA?! DIMMELO, STUPIDO
DI UN DOLOHOV!’
– si voltò poi verso di me, altrettanto
arrabbiata, ed io feci per allontanare
Renesmee da me, pronta a balzarle addosso se fosse stato necessario
– ‘E TU,
BRUTTA BASTARDA, RIDAMMI LA MIA BACCHETTA, IMMEDIATAMENTE!’
– forse avrebbe
potuto evitare di spifferare ai quattro venti che al momento non
possedeva
alcuna bacchetta, per potersi difendere egregiamente dagli attacchi che
Dolohov
fece intendere di volerle lanciare.
‘Ah,
bene, un punto di vantaggio per me: sei già
disarmata’ – rise malefico, prendendo
la sua bacchetta con la massima tranquillità e chinandosi
prima di mettersi in
posizione e concentrarsi – ‘Vediamo un
po’, che incantesimo posso usare per
divertirmi giusto un po’? Non fai più la
sbruffona, Bella?’ – ghignò il
barbuto, trionfante. Si vedeva proprio che temeva Bellatrix.
Scrollai
le spalle e, con noncuranza, mi avvicinai con un sorriso appena
accennato alla
psicopatica, porgendole la sua bacchetta e mordendomi lievemente il
labbro
inferiore.
‘Grazie’
– apprezzavo sul serio quello che aveva fatto per me, anche
se controvoglia,
anche se sotto minaccia, anche se l’avevo costretta a vagare
per il mondo
magico senza bacchetta. Non era di certo una tipa che si sottometteva
agli
altri, però in un certo senso si era sottomessa a me.
‘Bene
bene, cos’abbiamo qui?’ – una voce roca e
bassa, che trafiggeva l’anima al solo
udirla, senza nemmeno vedere da chi provenisse, giunse alle orecchie di
tutti i
presenti. Dolohov rimase pietrificato, così come
l’altro Mangiamorte che ancora
era seduto, a guardare la scena dapprima divertito, poi spaventato come
non
mai; Bellatrix si voltò immediatamente e guardò
alle sue spalle, afferrando in
fretta la bacchetta che le porgevo ed inchinandosi all’uomo
che aveva appena
parlato. Incuriosita, mi voltai verso colui che aveva parlato e rimasi
shockata
non appena vidi il suo aspetto, così terrificante,
così.. viscido: non aveva il
naso come ogni persona normale, come ogni essere umano, aveva tipo il
muso di
un serpente, la pelle completamente bianca e nonostante sembrasse
liscia anche
se abbastanza in avanti con l’età, mi pareva
così viscida che mi fece schifo il
solo pensiero di poter toccare quella pelle.. figurarsi avercela!
‘Mio
signore.. ‘ – iniziò Bellatrix, ma non
continuò; evidentemente non aveva la più
pallida idea di dove cominciare con il racconto, o con le
giustificazioni, o
con qualunque cosa si sentisse in dovere di dire al suo
‘signore’. Forse era
quel signore di cui aveva accennato qualche parola la sorella pacata
della
psicopatica, quella Narcissa, quando cercava di motivare sua sorella a
condurmi
qui, da mia nipote.
L’uomo,
se così poteva essere chiamato, ignorò
completamente il saluto di Bellatrix, e
posò la sua attenzione alle mie spalle: Renesmee attirava in
continuazione
attenzione su di sé, e poi mi chiedevo anche
perché l’avessero rapita!
Istintivamente
indietreggiai, così da arrivare proprio dinanzi a Nessie, e
coprirla con il mio
corpo decisamente più robusto del suo e, minacciosa come mio
solito, penetrai
gli occhi chiari che si ritrovava, che stonavano decisamente con il suo
aspetto
disgustante. Lui, sorpreso della mia reazione e probabilmente anche del
mio
coraggio nell’affrontarlo in tal maniera, mi sorrise
lievemente e assunse una
posizione totalmente eretta, le braccia dietro la schiena e la lunga
veste
nera, le cui estremità svolazzavano in continuazione
nonostante l’assenza di
vento o qualunque movimento.
‘E
lei sarebbe?’ – mi chiese, visibilmente incuriosito.
Bellatrix
fece per rispondere, ed aprì la bocca, ma prima che potesse
proferire parola e
sparare tutte le giustificazioni che si era preparata e tenuta dentro
sino a
quel momento, l’anticipai, parlando con la mia voce roca ma
squillante.
‘Mi
chiamo Rosalie’ – avrei voluto mostrargli le mie
zanne e mordergli il collo, e
se non fosse stato per il fatto che avrei preferito seriamente morire
di nuovo
piuttosto che azzannare il suo viscido e bianco corpo, non mi sarei di
certo
tirata indietro. Non lo avevo mai fatto prima d’allora, ma in
quel momento lo
schifo prevalse su ogni cosa.
‘Rosalie..
E cosa ti ha condotto qui, e soprattutto chi?’
– questa volta, però, non riuscii a rispondere,
perché Bellatrix mi anticipò;
temeva seriamente che potessi dare qualche risposta che avrebbe, forse,
irritato il padrone.
‘Mio
signore, sono stata io’ – sospirò, e
nella sua voce tremante si poteva
tranquillamente scorgere quel velo di terrore che provava in quegli
istanti. Mi
dispiacque vagamente il poter udire la paura che incuteva quella
creatura, ma
era pur sempre Bellatrix, quindi mi sorpresi più che
rimanerci male.
Quell’essere
la guardò spalancando gli occhietti sottili che si
ritrovava, sorpreso,
amareggiato, magari anche un po’ deluso, nonostante credessi
che un tipo del
genere non potesse conoscere emozioni, specialmente la delusione. Un
tipo del
genere non credevo assolutamente potesse farlo.
‘C’è
una buona ragione?’ – si morse il labbro inferiore,
per evitare di fare del
male seduta stante a Bellatrix, che era sul punto di piangere, urlare,
strepitare dinanzi gli occhi del suo padrone; decisi che era meglio
starmene
zitta e farmi da parte, e soprattutto che Nessie non avrebbe dovuto
assistere a
quelle scene. Mi aspettavo che arrivasse, ed anche piuttosto in fretta,
il
peggio; solo, non volevo capitasse qualcosa a mia nipote. Di me non
m’importava
poi così tanto, giunta a quel punto.
‘Si!
Si che c’è, mio signore!’ – la
voce rianimata della psicopatica distrusse il
mio nascente flusso di pensieri, ed in parte la ringraziai, in parte la
maledissi perchè mi ero lievemente spaventata –
‘Qualcuno ha rapito la bambina’
– indicò Nessie, che guardò a stento
l’essere dal muso di serpente con i suoi
occhi verdi – ‘Non vi so dire, purtroppo, chi sia
stato, ma..’ – si zittì di
colpo, non appena il padrone alzò l’indice dinanzi
al suo volto e le fece cenno
di tacere. Lei, da buona serva o fedele Mangiamorte o qualunque cosa
fosse,
quale era, lo fece e chinò il capo.
‘Voi
due, immagino, ne sappiate qualcosa’ –
indicò i due uomini spaventati, che sino
ad allora si erano tenuti in disparte, nella vana speranza di non
essere
notati, né tanto meno calcolati, e soprattutto di evitare di
affrontare il
proprio tenebroso, spaventoso, viscido padrone.
‘I-io..’
– iniziò Dolohov, ma poi la voce si
bloccò in gola e le parole gli morirono
sulla lingua ancor prima di poter nascere – ‘Mio
s-signore..’ – balbettò, ma il
‘suo signore’ non gli diede di certo ascolto,
né l’opportunità di spiegarsi,
che prese la bacchetta e la puntò contro di essi, che
indietreggiarono
spaventati. Gli occhietti minacciosi del padrone fecero,
però, cambiare idea ai
due, che si pietrificarono nuovamente.
‘Cos’abbiamo
qui, allora? La piccola è al sicuro, vedo,
Rosalie..’ – una voce stranamente
familiare risuonò nelle mie orecchie, attirando la mia
attenzione; avevo
bisogno di sapere chi fosse, visto che nessuno sapeva dove mi trovassi
né
nulla.
‘Aro?’-
chiesi, sorpresa più di quanto lo fossi mai stata in tutta
la mia esistenza –
‘Cosa.. cosa ci fanno i Volturi qui?’ –
guardai la piccoletta bionda – ‘Jane’
–
ringhiai appena. Cosa potevo farci, in fondo, se non mi era poi
così simpatica,
specialmente dopo quello che aveva fatto a mio fratello e che voleva
farci
quando vennero a farci visita per conoscere Renesmee, e verificare se
effettivamente Bella si era ormai trasformata in vampiro? Ovviamente,
grazie
allo scudo mentale di mia cognata, tutto finì bene e non
poté nuocere a
nessuno. Con mia immensa soddisfazione.
‘Rosalie’
– mi sorrise malefica come suo solito.
‘Bene
bene, è la serata degli ospiti, questa’
– puntò la bacchetta proprio contro
Felix, che ringhiò rabbioso, ma fu fermato dalla voce pacata
e sicura di Aro.
‘Calma,
calma, non vogliamo nuocere a nessuno: siamo qui su richiesta.
E’ stata
sottratta alla famiglia Cullen una cosa preziosa’ –
e accennò con capo alla
bambina che non decideva proprio a muoversi dalle mie braccia,
né che io volevo
si staccasse da me – ‘Siamo qui per riprenderla, ma
vedo che la bella Rosalie
ci ha anticipati, cogliendoci non poco di sorpresa.. di
nuovo. Voi della famiglia Cullen, siete decisamente
sorprendenti, infinitamente sorprendenti!’ –
accennò ad una risata cristallina
che sfociò lentamente in un amabile sorriso, uno dei suoi
caldi che rivelavano
la sua sicurezza, accumulata nel corso degli anni.
‘Io
sono Lord Voldemort’ – si presentò il
padrone dei Mangiamorte, senza nemmeno
chinarsi dinanzi al capo dei vampiri – ‘E
rimedierò subito all’errore dei miei
uomini. Con permesso’ – Aro accennò un
si con il capo, mentre Caius, Marcus,
Felix, Jane, suo fratello Alec e Demetri se ne restavano immobili ad
osservare
attentamente tutto, pronti ad intervenire in caso di
necessità. Come me,
d’altronde, anche se con i Volturi dalla mia parte non ce ne
sarebbe stato
alcun bisogno.
Voldemort
puntò la bacchetta contro quel Dolohov, e con uno sforzo
immane riuscì a
pronunciare, supposi, la formula dell’incantesimo che
scagliò contro
quest’ultimo. Un lampo di luce verde partì dalla
punta della sua bacchetta e
con una rapidità sorprendente raggiunse il corpo
dell’altro, scagliandosi
contro e facendolo accasciare al suolo, ormai privo di vita, dato che
non potei
più udire il suo battito cardiaco.
Coprii
gli occhi di Renesmee, facendoglieli dapprima chiudere e poi
appoggiando il
viso contro il mio petto, mentre la stringevo sempre più
forte a me e lei
faceva lo stesso.
Poi
un messaggio: “ho paura”.
‘Non
devi averne’ – sussurrai – ‘Non
ti succederà niente. Solo, non aprire gli
occhi, finché non te lo dirò io, ci siamo
intese?’ – chiesi. Lei annuì.
Bellatrix
sussultò appena, poi Voldemort di nuovo pronunciò
quella strana formula, ed un
altro lampo di luce verde partì dalla sua bacchetta fino a
raggiungere l’altro
uomo, che si accasciò privo di vita al suolo, come Dolohov,
d’altronde.
Il
padrone dei Mangiamorte si voltò verso Aro che, impassibile,
aveva osservato la
scena.
‘Problema
risolto’ – annunciò fiero, il Lord
viscido.
‘Bene,
spero non se ne creino degli altri’ –
affermò Aro, guardandomi – ‘Che ne dici,
Rose, andiamo?’ – chiese.
Annuii
senza fare troppe storie.
Rivolsi
un ultimo sguardo a Bellatrix.
‘Grazie’
– sussurrai, nonostante sapessi che a lei non avrebbe fatto
piacere né mi
avrebbe degnata di una risposta – ‘A mai
più rivederci, psicopatica’ – le diedi
le spalle e, con Nessie ancora avvinghiata alla vita, mi avviai al
seguito dei
Volturi.
Per
l’ultima volta osservai il cielo stellato: una visuale
così non mi sarebbe mai
più ricapitata. Probabilmente il cielo era stato anche
incantato, ormai potevo
aspettarmi di tutto dai maghi, nonostante avessi passato in quel mondo
solo una
notte, che parve infinita. Non rivolsi nemmeno uno sguardo ai corpi che
giacevano sul suolo pietroso, né tanto meno lo rivolsi a
quel Voldemort.
Lasciai
quel mondo, con la sola speranza che quella creatura, prima o poi,
avesse ciò
che gli spettava, ciò che meritava davvero: la morte.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Epilogo. ***
Epilogo.
La
bionda vide Edward rianimarsi non appena rivide Renesmee che gli
sorrideva e,
felice, gli correva in contro a braccia aperte, pronta ad accoglierlo
in uno
dei suoi calorosissimi abbracci. Rosalie sorrise e se ne stette da
parte, a
godersi quella scena e sorridere con malinconia, specialmente quando
Bella, in
lacrime, rivide sua figlia e l’abbracciò come solo
una madre era in grado di
fare.
Le
venne la pelle d’oca, ed ebbe voglia di piangere dopo tanto
tempo in tutta la
sua vita. Fortuna che Emmett si avvicinò a lei, facendola
sussultare appena e
rabbrividire allo stesso tempo: la sua mano stringeva saldamente, ma
nello stesso
tempo con delicatezza, la sua spalla abbastanza carnosa, mentre il suo
sguardo
era rivolto verso la famigliola felice. Sia Edward che Bella si
voltarono verso
Rosalie e le sorrisero, forse erano pronti ad accoglierla in un
abbraccio
caloroso di ringraziamento, ma non si avvicinò di certo a
loro, piuttosto
accennò un saluto con la mano ed un sorriso, poi si
voltò verso l’amore della
sua esistenza.
‘Mi
hai fatto preoccupare parecchio, lo sai vero?’ – la
rimproverò con lo sguardo,
mentre la sua mano scese sul suo fianco, e l’altra la
raggiunse pochi secondi
dopo; la bionda abbassò lo guardo e si sistemò
infantilmente una ciocca di
capelli dietro l’orecchio, proprio come li aveva sistemati la
notte precedente
Renesmee. Sospirò, poi si decise a concedergli i suoi occhi
dorati come i suoi.
‘Lo
so’ – ammise, accennando appena ad un sorriso.
‘Ah,
bene’ – lui sorrise come suo solito.
Portò
le sue mani sulle sue spalle larghe ed imponenti di Emmett, per poi
scendere
lentamente per le sue robuste braccia carezzandogliele lievemente;
arrivò alle
mani e gliele tolse dai suoi fianchi, incrociando poi le loro dita e
porgendogli gentilmente le labbra,
vogliose
come non mai delle sue.
Lui
le agganciò istantaneamente, leccando la sua lingua e
graffiandole leggermente
le labbra carnose
con i suoi denti ed i
canini piuttosto affilati; ma tutto ciò non fece altro che
farla sorridere
lievemente, e provare l’irrefrenabile voglia di ricambiare il
favore, cosa che
fece non appena smise lui stesso di mordicchiarle il labbro inferiore.
Si
staccò da lui quando sentì che la voglia di
andare oltre iniziava a farsi
spazio in lei, la voglia di lui che da sempre, sin dal primo istante in
cui lo
vide, si impossessava di lei senza che lo volesse, senza che ci
pensasse, senza
che lo pensasse.
‘Sarà
meglio andare’ – disse lui, spiazzandola.
‘Dove?’
– chiese Rosalie.
‘Un
premio per aver riportato Nessie sana e salva a casa te lo
meriti’ – ghignò lui,
fiondandosi di nuovo sulle sue labbra. Ancora non capiva,
però, così si staccò
da lui prima che potesse lasciarsi andare e continuò a porre
domande.
‘Dove,
Emmett?’ – non poteva evitare di risponderle.
‘Beh..’
– iniziò – ‘Bella ed Edward ci
lasciano un po’ la loro casetta.. così io e te
passiamo del tempo.. da soli..’ –
sussurrò il ‘da soli’
nell’orecchio, con la
sua solita voce roca, bassa e sensuale che usava ogni volta che
facevano
l’amore. Le faceva perdere il controllo, e lui lo sapeva
bene, così ne
approfitta quando più gli aggradava.
Rose
sorrise lievemente, gustandosi di nuovo ogni minimo contatto che
potesse
esserci tra loro.
‘Non
abbiamo potuto fare a meno di sentire che ve ne andrete subito, ma non
posso
lasciarti andare, Rosalie, senza ringraziarti ‘ –
s’intromise Edward,
catturando la sua attenzione ed anche quella di Emmett, che, a
differenza della
bionda, si era sicuramente accorto che stavano origliando e si stavano
avvicinando.
‘Di
nulla’ – tagliò corto, sorridendogli. Ma
più in fretta voleva fare, meno in
fretta la lasciavano andare. Bella la strinse in un abbraccio
totalmente in
aspettato, che ricambiò lievemente e con un sorriso appena
accennato.
‘Grazie,
Rose ‘ – sussurrò.
‘E’
un piacere, d’altronde è anche mia nipote. Grazie
per aver mandato i Volturi,
comunque, ma avrei potuto farcela anche senza di loro’
– affermò, convinta.
‘L’importante
ora è che siate tornate entrambe a casa, sane e
salve’ – disse Emmett, e
Bella ed Edward concordarono con un cenno del
capo, un istante prima che la piccola Nessie allacciasse le sue manine
a quelle
dei genitori.
‘Mi
portate da Jacob, papà e mamma?’ –
chiese la bambina.
Già,
c’era anche il cane rognoso, Rosalie se n’era quasi
dimenticata.
Edward
lesse i suoi pensieri e rise, ma Rosalie si trattenne, comunque, dal
dirgli di
non sbirciare; sapeva che, alla fine, l’avrebbe fatto
ugualmente.
‘Andiamo?’
– suggerì Emmett.
‘Si’
–affermò Rose, porgendogli la mano che
legò alla sua, prendendo a correre
assieme a lui per i boschi, pronta ed emozionata come sempre al
pensiero che a
breve sarebbe stato di nuovo suo.. in tutto e per tutto.
____________________________________________________________________________________________________________________________________
Ed eccoci alla fine di tutto
D: spero sia stato di vostro gradimento, nonostante sia una cosa
piuttosto insolita! (?)
Arrivederci!
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=1290161
|