This is War

di Raven Callen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Conto alla rovescia verso la fine ***
Capitolo 2: *** Confidenze e promesse ***
Capitolo 3: *** Di voci e incontri passati ***
Capitolo 4: *** Occasione bruciata: tempo scaduto ***
Capitolo 5: *** Sto per morire? ***
Capitolo 6: *** Explosion ***
Capitolo 7: *** I caduti ***
Capitolo 8: *** Cuori di pietra e miracoli ***
Capitolo 9: *** Raccogliere i cocci ***
Capitolo 10: *** Capitolo Bonus: 20 anni dopo.. ***



Capitolo 1
*** Conto alla rovescia verso la fine ***


A warning to the people
The good and the evil
This is war.

 
Era giunto il momento.
Di li a pochi secondi la più grande battaglia della storia del mondo magico si sarebbe scatenata, di nuovo e per davvero, in tutta la sua furia.
Una battaglia decisiva per entrambe le parti: il Bene contro il Male.
Da quello scontro dipendeva l’esito dell’intera guerra.
Quella maledetta guerra che non faceva che seminare morte e distruzione.
Dawn era li, schierata insieme agli altri, piccola Corvonero che attendeva come tutti.
Internamente pregava che quella logorante attesa non finisse mai, che si dilatasse all’infinito, e al tempo stesso che cessasse.
Sentiva ogni secondo bruciato arderle sulla pelle come fosse cenere che andava man mano a ricoprirla, che la avvicinava a quella che, forse, sarebbe stata la sua ultima ora di vita.
Aveva paura, il cuore sembrava volerle uscire dal petto e interrompere quell’agonia.
Un visino piccolo in una folla di persone con la medesima espressione, gli stessi sentimenti che dilaniavano la carne e i polmoni.
Questo lei era.
Mancava dannatamente poco.
 
 

To the soldier
The civilian
The martyr
The victim
This is war

 
 
Avrebbero lottato, avrebbero utilizzato ogni goccia d’energia.
Combattevano per la vita, per la libertà. Per un futuro.
Erano tutti li.
Grifondoro, Corvonero, Tassorosso. Persino Serpeverde.
Una lunga fila di studenti, avvolti in tanti mantelli scuri.
Le cravatte colorate, chi ancora le indossava, erano come sbiadite.
Non avresti riconosciuto un Corvonero da un Serpeverde, ne da chiunque altro.
Anche i loro volti non indicavano più niente.
Non erano distinti per case, formavano un unico gruppo omogeneo.
Tutti uniti.
Dawn riusciva a scorgere, in prima linea, Courtney, Leshawna, Izzy, tutti Grifondoro, Jo, Duncan, Eva, Lightning, Serpeverde, Tyler, Cody, Tassorosso, Gwen e Trent, della sua Casa, Corvonero.
Erano gli studenti più determinati, si erano allenati duramente apposta per fronteggiare un probabile scontro.
Erano membri ormai noti dell’ES, erano quelli pronti, i migliori.
Ma che dire degli altri? Tutto il resto di loro non era pronto ad uno scontro, non ne avevano mai considerato la possibilità di dover lottare per sopravvivere, nemmeno lontanamente.
Che dire di Zoey, Cameron, Lindsay, Brigette, Justin, Dawn stessa e tutti gli altri?
Erano stati dei semplici ragazzi, neanche quarantott’ore prima.
Non erano dei soldati!
Non erano pronti!
Qua e la vedevi alcuni volti bruciare di una fiamma ardente, una luce brillante e al contempo triste.
La luce di chi è disposto a sacrificarsi per i compagni, di chi è disposto a dare la vita, se necessario.
Coloro che erano consapevoli che forse sarebbero caduti, ma lo avevano accettato con amara rassegnazione.
I martiri nello spirito.
Quelli disposti a qualsiasi cosa pur di proteggere le persone che amano.
Come Geoff, o Sierra o addirittura Alejandro.
Dawn vide quella determinazione illuminare gli occhi di onice di Gwen, sua amica e compagna, e cercò di non aggiungere quell’angoscia al suo animo già teso fino al limite.
Pregò solo che non si facesse uccidere.
Sapeva che non sarebbe mai riuscita a dissuaderla.
Poco più in la anche Courtney, la saccente Grifondoro era accesa da quello stato d’animo.
E questa forza accumunava quelle due ragazze, che mai prima di quel momento erano state amiche.
Ma, se si fosse presentata l’occasione, Dawn lo poteva prevedere, avrebbero combattuto fianco a fianco, come se fossero una cosa sola.
Erano legate da una decisione presa e dalla loro enorme forza di volontà.
In quel momento antipatie, astio e vecchi rancori non esistevano più.
Spazzati via dalla necessità di sopravvivere.
Qualche fila più indietro persino Heather, la Principessa delle Serpi, bruciava come un incendio.
Dawn riusciva a leggere la sua aura.
L’asiatica avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di proteggere la scuola, la sua unica casa, anche se si rifiutava di pensare alla prospettiva di morire.
No, lei era determinata a vincere e a sopravvivere.
Ce l’avrebbe fatta.
Tre destini legati senza che qualcuno se ne rendesse conto.
E, in quell’attesa, a Dawn sembrò di scorgere le Parche, divinità della mitologia greca che aveva studiano a Babbanologia, che stavano tessendo milioni di fili, intrecciandoli tra loro, annodandoli, creando una composizione intricata.
Dava l’impressione che, tagliando anche un solo filo, tutta la tela si sarebbe afflosciata sul pavimento, immobile.
Raggio di Luna spostò lo sguardo sugli occhioni blu di Lindsay e la sua aria spaurita, e quella angosciata di DJ, di Zoey, di Brigette, Brick e molti altri.
Loro erano le vittime di un destino maledetto, di una guerra insulsa guidata da un pazzo assetato di potere.
Loro non avevano fatto niente!
Avrebbe voluto urlare, Raggio di Luna, perché non era giusto.
Molte vite si sarebbero spezzate con la stessa facilità con cui si spegne una candela.
Non era giusto!
L’avrebbe ripetuto all’infinito, se solo fosse servito a qualcosa.
Ma quella era una guerra.
Non si guardava in faccia a nessuno.
Niente compassione, ne pietà.
Uccidi o sei ucciso, una legge crudele, animale, implacabile.
E intanto un’intera scuola si preparava per non farsi sterminare.



Angolo della pseudo-autrice:

Ave popolo! *si mostra al pubblico, armata di elmo e scudo*
Che ne dite di questa ff?
Mi è venuta un po' di getto mentre ascoltavo "This is War" dei 30 seconds to Mars e non ho saputo resistere.
Spero che vi piaccia.

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Capitolo 2
*** Confidenze e promesse ***


It’s the moment of truth
And the moment to lie
And the moment to live
And the moment to die
 

 
Ancora pochi secondi.
Era quasi il momento di uscire dal castello.
O, per meglio dire, dalle macerie di esso.
 



Heather, in prima fila, si stava dirigendo a passo deciso verso il portone, fiera e letale come un demone dell’inferno.
Sicura. Decisa.
Il mantello, logoro e sbrindellato, frustava l’aria dietro di lei.
I capelli, solitamente sciolti e liberi, erano legati in una crocchia da cui sfuggivano diverse ciocche.
Dal maglione verde oliva spuntava una camicia ingrigita da polvere e calcinacci, con qualche strappo qua e la.
La sua camminata era regale, impettita e determinata.
Nonostante fosse reduce da uno scontro piuttosto cruento aveva il fascino di una pantera.
Da un angolo buio una mano bronzea la prese per un braccio e la trascinò all’ombra di un angolo.
Facile per lei indovinare a chi appartenesse.
- Chica..-
Alejandro Burromuerto. Ovviamente. Solo a lui poteva appartenere quella pelle calda, forte, che profumava di inganni e secondi fini.
Ma c’era qualcosa di diverso stavolta. Paura? Ansia? Protezione?
Non sapeva dirlo.
- Lasciamo subito, Cascamuerto, ho una battaglia da vincere.- sibilò con un tono imperioso.
La presa di Alejandro si fece più salda.
- Heather, non giocare! Questa è la resa dei conti, potremmo non vivere abbastanza a lungo da vedere l’alba di domani.- la sgridò severo, come mai prima d’allora.
La Principessa delle Serpi sembrò perdere per un attimo tutta la sua aria di superiorità.
In fondo, anche lei aveva paura.
Ma non l’avrebbe mai ammesso…
- Lo so.. Ma non mi arrenderò senza combattere! Farò rimpiangere a quei maledetti di essere nati! Li torturerò finché non imploreranno pietà strisciando ai miei piedi, e ancora non sarà abbastanza..-
La risata tonante dell’ispanico rimbombò nell’aria.
- Non cambi proprio mai, chica, nemmeno in situazioni come questa. Sei sempre la solita strega senza cuore.-
Il ghigno dell’asiatica sembrò graffiare l’aria, come se avesse ricevuto un complimento.
- a te, invece, che succede? Dov’è l’Alejandro che fino a due giorni fa diceva di odiarmi, che era solo strategia e che mai avrebbe amato una calcolatrice come me? O forse hai detto “stronza”, ora non ricordo. – e si sfiorò le labbra, con finta espressione innocente.
Aveva colpito nel segno, come sempre.
Burromuerto imitò il ghigno di lei, per non darle soddisfazione.
Ingoiò il boccone amaro, perché sapeva di aver detto solo bugie prima di quel momento.
Lui stimava Heather, l’unica che era riuscita a tenergli testa.
L’unica capace di metterlo nel sacco. Era una sfida continua.
Di fargli provare cose che non aveva mai provato per nessun altra.
Si, quella era la donna giusta per lui.
- potrei non avere più occasioni dopo questa, quindi smetterò di mentire.- disse portandosi ad una spanna da lei. – solo per oggi, solo per ora.-
- che intenzioni hai, razza di spagnolo smielato?-
- secondo te?-
- Non azzardarti!-
- Altrimenti?-
La faccia dell’ispanico era di pura sfida.
- Ti mollo un ceffone e un calcio nei cosiddetti!- rispose lei, pronta, con aria bellicosa.
- Scommettiamo?-
Le labbra di Alejandro si scontrarono con quelle di Heather che, nonostante le minacce precedenti, non lo colpì, anzi, si aggrappò a quel contatto con una disperazione quasi selvaggia.
Nessuno sembrava badare a loro, nessuno si era accorto di quello che poteva essere il loro primo e ultimo bacio.
Non era passato neppure un minuto quando si staccarono, perché loro erano così.
Vivevano attimi assai brevi ma intensi.
Nessuno dei due si sarebbe dimenticato quei secondi, mai.
- ho vinto chica, adesso voglio il mio premio.-
- cosa vuoi da me?-
- strapparti una promessa.-
Con lo sguardo l’asiatica lo invitò a continuare.
- Prometti che sopravvivrai, a qualsiasi costo.-
Lei fece per rispondere con qualcosa di velenoso e acido. L’ennesima bugia. Ma non lo fece.
- vale lo stesso per te. –
In quella promessa reciproca trovarono il calore di un “ti amo” che l’orgoglio impediva loro di pronunciare.
Si scrutarono, potenti titani, poi la calcolatrice scivolò via e sparì.
 
 
 




- Tranquilla, piccola, vedrai che andrà tutto bene.- disse Geoff, sorridendo alla sua ragazza, ora stretta al suo petto.
E piangeva, Brigette, costretta a combattere una guerra non sua.
Piangeva piano, gemiti appena udibili.
Era una cosina piccola piccola, lei, stretta contro il suo ragazzo.
Geoff la voleva proteggere da tutto il male che si stava rovesciando addosso alla loro placida esistenza.
Insomma, non avevano fatto niente per meritarsi quella sciagura.
- ne sei sicuro?- pigolò lei, stringendosi alla sua camicia.
- sicurissimo. Vedrai, finirà presto. Quando sarà tutto finito ti porto in quell’hotel sul mare dove abbiamo passato le vacanze l’anno scorso.-
E intanto le accarezzava i capelli spettinati.
- promesso?-
- promesso.-
E Brigette si lasciò rincuorare, finse di non sapere che non sarebbe finita presto, che non era certa di essere ancora viva, quando tutto sarebbe finito.
Non voleva pensarci, stava già abbastanza male, voleva illudersi ancora un poco.
Geoff sospirava, senza farsi udire.
Strinse un pochino la presa, per evitare che Brigette lo vedesse in viso.
Per evitare che capisse quanto era falsa quella promessa, quanto fragile fosse.
E stava male, perché stava mentendo alla sua ragazza, ma lo faceva per il suo bene.
- ti proteggerò, Brigette, a qualsiasi costo.-
La surfista, a quelle parole, ricominciò a piangere ancora più disperatamente.
Dalla realtà non si può sfuggire.
Non è possibile aggrapparsi in eterno ad  una bugia.
 





 
- nervosa, Principessa?-
Courtney lanciò un occhiata truce all’arrogante Serpeverde al suo fianco.
- Cosa vuoi Duncan?-
- niente, volevo solo stuzzicarti un po’.- rise, divertito e strafottente come al solito.
- Idiota.- sputò lei, tra i denti.
Per un po’ ci fu solo il ghigno di Duncan e la sua risata.
Poi tutto divenne intollerabilmente serio.
- sei pronto?- chiese Courtney, lo sguardo perso nel vuoto di fronte a se.
Lui finse di non aver capito.
- per cosa?-
Entrambi sapevano che stava mentendo, ma non ci badarono.
- a combattere. –
- tu lo sei?-
- no. -
 
Il teppista non si aspettava una risposta del genere, non da lei.
Cavoli, lei era l’orgogliosa, coraggiosa, inarrestabile Courtney! La saccente So-tutto-io che aveva i voti più alti di tutta Hogwarts.
La migliore in tutto, con uno spiccato talento per gli Schiantesimi e Fatture varie che Duncan aveva avuto modo di sperimentare sulla propria pelle.
Vedere che lei, la più determinata e imperturbabile della scuola, non era pronta metteva una certa paura addosso a Duncan.
Dava l’impressione che non ci fosse più speranza.
 
- no, non lo sono.-
Sospirò, abbandonando la testa fra le mani, le dita che si massaggiavano le tempie in cerchi concentrici e ripetitivi.
Qualcosa si era impossessato di lui, si ripeté Duncan nei minuti a venire, perché si era ritrovato ad abbracciarla senza neanche accorgersene.
Incredibile che l’avesse fatto. Incredibile che Courtney non si fosse scostata.
Incredibile che li, l’una tra le braccia dell’altro, si trovassero così maledettamente bene.
- andrà tutto bene.- e Courtney si ritrovò a fissarlo in quelle iridi di ghiaccio, sorpresa. – te la caverai alla grande.-
- lo dici come se fosse un esame. Chi ti dice che ne sia capace?-
- Me lo ha riferito l’occhio nero che mi hai causato due mesi fa, quando mi hai Schiantato contro quel libro di Divinazione. Sono i Mangiamorte, qui, che devono avere paura.-
E Duncan si sentì fiero di se quando la udì ridere.
- Non appena avremo preso a calci quegli idioti, ti va di cenare con me?-
La ragazza strabuzzò gli occhi, incerta se considerarlo uno scherzo o meno.
- Ma.. tu sei un Serpeverde e io una Grifondoro. Siamo diversi.-
- E allora?-
La ragazza aprì la bocca, ma la richiuse poco dopo.
Duncan aveva ragione.
- Tu devi prima uscirne vivo, e poi ne parliamo.-
- Magnifico, ti aspetto al Paiolo Magico alle sei.-
La risposta che ottenne fu una sberla in piena fronte.
Ma non c’era problema.
Andava bene così.
 
 





- tutto bene, Gwen?-
La gotica sorrise a quella voce.
- Si, tutto bene. -
- Non preoccuparti, tesoro. Se qualcuno si azzarda anche solo a sfiorarti ci pensa  Leshawna a cambiargli i connotati.-
Sorrisero entrambe, rincuorate.
- andrà tutto bene, tranquilla. Non devi temere niente.- si aggiunse un ragazzo alle sue spalle.
- Trent.. Grazie.-
Non sapeva cosa rispondergli, lei. Non sapeva cosa bisognava dire, per rincuorarlo, prima di una battaglia.
- cerca di non farti ammazzare.-
- Me la caverò.-
Il chitarrista prese a frugare nelle tasche del mantello.
- tieni.- disse poi, porgendole una collana con un ciondolo a forma di frullatore. – l’ho trovata sulle scale. Penso che tu voglia riaverla.-
- come fai a sapere che è mia?- non riusciva, Gwen, a nascondere la sorpresa nella voce.
Trent non disse nulla, le sorrise enigmatico.
- ci vediamo dopo, allora.-
E fece per andarsene.
- aspetta!-
Neanche se n’era accorta di averlo afferrato per un lembo della manica.
- voglio che la tenga tu. – sorrise, porgendogli il ciondolo.
Rimasero a fissarsi, lei che gli offriva la collana e lui con la mano protesa per afferrarla.
Si sentiva strana, Gwen, come se non fosse a pochi minuti da una sanguinosa battaglia, ma semplicemente in uno di quei parchi babbani in cui si rifugiava quando tornava per le vacanze estive, o nei corridoi della scuola.
Trent le dava un senso di normalità che non riusciva a spiegarsi.
- Vorrà dire che te la restituirò a combattimento concluso.- e rise, passandosi una mano tra i capelli.
Rise anche lei.
Era una promessa, quella.
Una promessa sincera. Una promessa di vita.





Angolo della pseudo-autrice:

Salve! Ecco a voi il secondo - sudato.- capitolo.
L'ho scritto e sistemato a tempo di record e ne sono molto soddisfatta (spero piaccia anche a voi)
Il pezzo del brano è della stessa canzone del capitolo precedente:
diciamo pure che tutta la storia (o quasi) ha come sottofondo codesta canzone.
Spero che vi piaccia a tal punto da spingervi a lasciare un commento, anche piccolo.
Per un'autrice in erba come la sottoscritta *indica se stessa con un sorrisone a 32 denti* i vostri commenti sono preziosi.

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Capitolo 3
*** Di voci e incontri passati ***


Dawn espulse l’aria che si agitava nei suoi polmoni mediante un lungo sospiro.
Sentiva la paura strisciarle vicino, fin quasi a lambirla, la paura di non farcela.
La paura di morire.                              
Si potevano contare i secondi, che rintoccavano in sincrono con il suo battito cardiaco.
Fece un grosso respiro, chiudendo gli occhi e mettendosi ad ascoltare le voci intorno a se.
 
 
- Cody! Io non permetterò a nessun lurido Mangiamorte di farti del male! Ci penserà Sierra a proteggerti!- strillo la ragazza, stritolandolo in un abbraccio.
- Sierra..- si lamentò il piccolo Cody, cercando di sfuggire a quella presa.
Ma sentì come una voce, una piccola vocina, che gli intimava di tacere.
- Zitto, zitto!- Diceva.
Non capiva se la voce era quella della sua coscienza o di quel tornado dai capelli viola.
Non disse niente.
- ti voglio bene Cody. -
- anche io, Sierra.-
 
 
- Io ho paura..-
- Sta calmo, omaccione. Vedrai che finirà bene.-
- il gamberetto ha ragione, vedranno di che pasta siamo fatti!-
- Si.. proprio così. -
 
 
- Non appena quei tipacci se ne andranno festeggeremo andando in Francia e ci dedicheremo allo shopping!-
- dici sul serio? E potrò venire con te?-
- Ma certo, noi siamo M.A.F. che sta per “Migliore Amica Francese”. -
- Si! E verrà anche Brady? -
- Certo, e anche Trevor.-
- … Tyler…-
- si, Tyson, e Dakota, Katie e Sadie, e Justin. Andremo tutti in Francia!-
- Che bello!-
 
 
- Perchè devo combattere anche io? Mi spazzeranno via in meno di due minuti..-
- Non è il momento di farsi prendere dal panico, sfilatino!-
- La signora ha ragione. Bisogna agire con coraggio, per difendere i propri compagni.-
- Non chiamarmi signora, Capitan Piscina! Vedremo chi dei due ne sconfiggerà di più.-
- Accetto la sfida!-
- Io non ho nulla di cui preoccuparmi. C’è il mio Vito che mi protegge.-
- Ehm..-
- Sciogliti da Mike, razza di piova verniciata d’arancione!-
 
 
- Wow, sarà come giocare a “Guerra dei Mondi: 3 Edizione limitata”!-
- Ho provato quel gioco al campo estivo di Steve per imparare a diventare un esperto con i computer. La grafica è eccellente!-
- vero?-
 
 
- Tsk, io li batterò tutti, quelle nullità. Sono il migliore!-
- Li schiaccerò come formiche nessuno può battere Eva. -
 
 
- Spero che tutto questo lottare e lanciare incantesimi non sfiguri troppo il mio viso..-
 
 
- La mia pro-pro-pro-pro-zia ha inventato le bacchette..-
 
 
- Mamma!!-
 
 
Dawn aprì lentamente gli occhi celesti.
- Ciao Scott…-
- Principessa delle fate. -
Il ragazzo non si sorprese neanche.
- Fammi indovinare, hai letto la mia aura?- ghignò, divertito.
Lui non credeva a tutte quelle sciocchezze come le aure e la lettura delle foglie di the.
- Devi dirmi qualcosa?-
L’espressione di scherno scomparve dal volto del rosso.
Dannazione a lei e al fatto che riuscisse a leggergli nel pensiero.
- Cosa ti fa pensare che abbia qualcosa da dirti?-
Raggio di Luna sbuffò, spostandosi un ciuffo biondo dagli occhi.
- Non hai ancora imparato che io so quando menti?-
Un bagliore di irritazione attraversò gli occhi color fumo del ragazzo.
Si scordava sempre di questa sua abilità.
Non che si dimenticasse che Dawn non era una qualunque:
Tutti sapevano che Dawn Lovegood non era una ragazza normale.
Era diversa, bastava incontrarla una volta sola per capirlo.
Tutto, nella sua figura, la discostava dalle altre ragazze di Hogwarts.
Era minuta tanto da sembrare fragile, con la pelle che pareva porcellana.
Aveva un’aria perennemente misteriosa e a tratti trasognata.
I capelli erano di un biondo chiarissimo, quasi bianco, che la facevano assomigliare ad un elfo.
O ad una fatina.
Diceva di vedere le aure delle persone, la potevi osservare mentre parlava per ore con i gufi della scuola e con le creature della Foresta, c’era chi diceva che potesse prevedere il futuro con precisione incredibile:
Non a caso era la prediletta di quella pazza della Cooman.
Era buona, schifosamente buona, e questo Scott non riusciva a tollerarlo.
Nessuno poteva essere così dannatamente puro.
Eppure lei lo era.
E Scott, la Iena, aveva paura ad avvicinarsi a lei:
in parte perché non riusciva a sopportare che quei due occhi buoni gli leggessero l’anima sporca, irrimediabilmente macchiata.
Non a caso era un Serpeverde, come tutta la sua famiglia.
Ma c’era dell’altro.
Qualcosa che non aveva ammesso nemmeno a se stesso.
 
Temeva di sporcarla, anche solo pensando a lei.
Perché quella lettrice di anime lo tormentava anche nella sua mente, da un paio di mesi ormai.
Il suo viso era sempre davanti a lui, ogni volta che chiudeva gli occhi, le labbra delicate corrucciate in un adorabile broncio.
Non lo faceva apposta a pensarla, succedeva e basta.
E quando si sentiva i suoi occhi addosso, occhi che sondavano la sua essenza corrotta, aveva dei brividi lungo la schiena.
Non era paura, no di certo.
Scott non aveva mai paura.
Era solo che.. si sentiva nudo, inerme.
Per quella ragazzina minuta provava repulsione e attrazione.
Era un ossessione e il rosso rischiava di impazzire.
 
Dawn lo squadrò, le sopracciglia lievemente inarcate.
L’aura di Scott non faceva che mutare, percepiva la sua confusione, il suo disagio.
Ma non ne capiva la causa.
Quel ragazzo evidentemente sociopatico era entrato nella sua vita in maniera alquanto brusca e impertinente.
Dawn non si spiegava perché, tra tutte le ragazzine del terzo anno, la Iena avesse scelto di tormentare proprio lei.
Ancora si ricordava il giorno in cui aveva incrociato il rosso per la prima volta.
Si erano incontrati – o meglio, scontrati.- in uno dei tanti corridoi della scuola.
Lui l’aveva urtata e la pila di libri che la ragazza teneva in mano era crollata a terra.
 
- E guarda dove cammini, mocciosetta.-
 
Scott se lo ricordava bene, quel giorno.
L’inizio di tutto, sei mesi prima..
 
- il fatto che tu sia del sesto anno non ti autorizza a considerarti superiore agli altri, Scott.-
 
E la Iena che stava proseguendo il corridoio tranquillamente aveva sgranato gli occhi.
Nessuno gli aveva mai risposto così.
Con la voce pacata e serena ma con un velo di rimprovero marcato nell’ultima parola.
E poi come caspita faceva a sapere il suo nome?
Quando si era voltato per chiederglielo lei era scomparsa.
E nei mesi a venire Scott si era chiesto – sempre più frequentemente.- cosa sarebbe successo se non si fosse scontrato con una biondina misteriosa in un freddo pomeriggio di dicembre.







Angolo del Corvo:

Ecco il terzo capitolo, finalmente ^^
Sono particolarmente soddisfatta di questo capitolo perchè ho potuto muovere Scott e Dawn.
Spero di averli resi IC. (Ditemi la verità, Scott non è troppo smielato, vero? Altrimenti nel prossimo capitolo dovrò renderlo più bastardo e sociopatico.)
Per quanto riguarda agli altri "discorsi" che Dawn ascolta, vediamo se indovinate a chi appartengono le singole battute.
Mi pare di aver messo almeno una battuta per ogni personaggio (compresi quelli di TD: la Vendella dell'Isola ed esclusi Cheff, Chris, Blanely o altri esterni, le coppie descritte nel capitolo precendete: AxH, CxD, BxG, TxG) e, se non dicono nessuna battuta, sono citati almeno una volta.
E' stato un lavoro riuscire a metterli tutti, anche se alcune battute sono abbastanza banali.
Spero che abbiate gradito il pensiero.
Il Corvo se ne va a dormire. Buonanotte ^^

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Capitolo 4
*** Occasione bruciata: tempo scaduto ***







Dawn distolse l’attenzione dal ragazze e fissò l’ingresso della scuola.
Scott non ebbe neanche il tempo di chiedersi cosa stesse fissando che lei esalò:
- Stanno arrivando…- sussurrò, piano, il labbro superiore le tremava leggermente.
Non c’era bisogno di chiedere altro.
Adesso entrambi osservavano lo stesso punto.
Mancava poco tempo.
- Ho paura…- confessò lei, con il tono che, nonostante tutto, rimaneva pacato e calmo.
Il rosso sentì che era solo apparenza.
Lui era un po’ come un cane:
Sentiva la paura.
 
Uno sbuffo.
Scott non sapeva cosa Dawn volesse da lui.
Il ragazzo non le avrebbe risposto “anche io”, – Scott non aveva mai paura.- non l’avrebbe confortata con parole sdolcinate e inutili, non l’avrebbe abbracciata.
Prese ad osservarla, semplicemente, in quegl’occhi chiari, e fece intendere che non avrebbe fatto assolutamente nulla per farla stare meglio.
Dawn lo sapeva.
Non si era mai aspettata niente di diverso.
Non l’aveva mai fatto. Mai.
E per il Serpeverde questo era strano..
 
- vai a nasconderti.- le disse, invece.
Ed era una frase così inaspettata, un ordine troppo pieno di significati contrastanti, che li sorprese entrambi.
La Corvonero sbatté più volte le palpebre, leggermente perplessa, e lo scrutò con sguardo interrogativo.
- Vai a rifugiarti in qualche luogo sicuro.-
“Se ancora ce ne sono.” Pensava, ma non lo disse.
- Non dureresti due minuti nel casino che sta per scoppiare, non saresti di alcun aiuto. Vai via.-
E ghignò malevolo, Scott, credendo di averla convinta.
Illuso.
La biondina sorrise, infatti, senza mostrare segni di cedimento.
Possibile che non si scomponga proprio mai?
 
- Grazie.-
- E di cosa?-
- Di esserti preoccupato per me… -  
- Tsk, non mi sto preoccupando per te. -
Dawn fece roteare gli occhi, ma non disse niente.
Era inutile discutere.
Passato il momento di leggerezza, Scott tornò a incupirsi.
- Guarda che non stavo scherzando. Corri a metterti al sicuro finché sei in tempo, fatina.-
- Non ho intenzione di farlo.-
- Non fare la testarda!-
Lei si imbronciò.
- Io non me ne andrò abbandonando qui i miei compagni.- ribadì, decisa.
- Vattene, Dawn!- ringhiò il ragazzo, perdendo definitivamente la pazienza, stringendo i denti per non alzare la voce.
In un’altra occasione non si sarebbe fatto scrupoli a prenderla per un braccio e spingerla in qualche passaggio segreto del castello, il più vicino.
Ma non in quel momento.
Mancava poco tempo.
 
- Ma se anche me ne andassi, dove potrei nascondermi?- rispose Dawn, cercando di farlo ragionare.
- Ma che ne so! In un armadio, sotto un tavolo, nelle segrete del castello! Sei un’esperta nello scomparire, è il momento di usare questa tua seccante abilità!- e cominciò ad agitare le braccia, preda della frustrazione.
Dawn lo trovava tenero, con quel suo atteggiamento infantile.
 

- Scott..-
- Va’ via, Dawn! Adesso!-
Lei sobbalzò, apre la bocca per dire qualcosa ma non riusciva ad emettere alcun suono.
Per un secondo Scott pensò che l’avrebbe ascoltato, che sarebbe scappata via, in un luogo sicuro.
Si sbagliava.
La ragazza, assimilata la potenza della frase, tornò a scuotere piano il piccolo capo biondo.
- Non posso Scott, non posso abbandonare la mia casa e i miei amici.-
- Ma Chissenefrega! Al diavolo il patriottismo! Devi andare via. Io.. verrò con te! Scapperemo dalla scuola attraverso il passaggio a Nord. Non ci vedranno uscire, vedrai.-
“Saprò proteggerti.”
Ma che sto dicendo? Sono forse impazzito?
 
- Non ti importa di tutte le vite che stanno combattendo per la libertà?
Stanno combattendo anche per me, e per te.
Non ti importa di loro? -
 
“ Mi importa più di te…”
 
Bleah, da quando sono diventato così sdolcinato?
 
Si sarebbe tirato un ceffone da solo. Era forse sotto un incantesimo?
Lo sapeva, che prima o poi quella mocciosetta gli avrebbe fatto perdere la ragione.
Parlava pure da solo!
 
- Scott, per favore, lasciami…-
Il rosso si accorse con terrore di averle afferrato le spalle, in una presa salda e decisa.
“ Ma quando…?”
Il ragazzo si ritrasse di colpo, come scottato.
Le mani gli bruciavano.
 
- Io ti avevo avvertita, Lovegood… - sputò veleno, arretrando di un passo.
- Scott, aspetta…-
- Ci vediamo all’Inferno, Principessa delle fate. – ghignò, prima di darle le spalle e andarsene.
Dawn cercò di fermarlo, ma in quel momento un suono di passi, insistenti e martellanti, la distrasse.
Una moltitudine di visi si volta nella stessa direzione, come a rispondere ad un richiamo.
 
 
In quel momento l’ultimo granello di sabbia cadde sul fondo della clessidra.
 
 
Il tempo era scaduto.
E Dawn si sentiva mancare l’aria nei polmoni mentre la paura l’assalì.
 
No!
È troppo presto, serve altro tempo!
Ma altro tempo non ve n’era.
Bisognava mettere da parte la paura, il tremore delle mani, l’indecisione.
Ora era tempo di combattere.
 
 
 
Come un’entità sola tutti gli studenti e gli insegnanti si diressero all’esterno, senza fretta:
Chi scalpitava e voleva combattere il prima possibile, per far cessare tutto.
Chi si sentiva morire ad ogni secondo perso dopo ogni passo in avanti.
Chi non provava nessuna delle due cose, solo un profondo senso di rassegnata consapevolezza.
Gli istanti bruciavano come carta, velocemente. Troppo.
Quando la luce grigiastra dell’esterno illuminò le loro facce determinate e stravolte, una consapevolezza si fece strada nel petto di ognuno di loro, sgomitando per emergere.
Era il momento di combattere.
 
 

The moment to fight

The moment to fight

To fight
To fight
TO FIGHT!

 

 
 
Per Dawn la paura prese la forma di un esercito di uomini neri.
Guardando quegli assassini avvicinarsi, la giovane Lovegood non potè fare a meno di chiedersi se avesse fatto la scelta giusta…
 



Angolo del Corvo:

Ecco il quarto capitolo! (nato durante l'ora di fisica e postato con il raffreddore. x.x)
Spero vi piaccia.
Spero di non aver reso Scott troppo smielato e Dawn troppo ripetitiva.
Voi che dite, non sono troppo OOC?
Vorrei sapere da voi se volete una "What if..." di questo capitolo, uno dove Dawn accetta la proposta di Scott e scappa via con lui.
La parte pre-combattimento si è felicemente conclusa, diciamo che potrei anche considerare Completa la mia mini long.
Però avevo pensato di aggiungere un dopo-guerra. 
Devo pensarci su.
Sono indecisa se far sopravvivere tutti o meno.
Voi chi vorreste che salvassi e chi no?
Fatemi sapere.

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Capitolo 5
*** Sto per morire? ***


La battaglia era cominciata.
 
Nell’aria come nelle menti di tutti sembravano aleggiare queste parole.
 
La battaglia era cominciata…

Dawn non aveva focalizzato bene il momento esatto, ne come fosse iniziata.
Sapeva solo che, in un istante, tutti avevano levato alte le bacchette e poi erano volati lampi di tutti i colori.
Verdi, rossi, argentei, dorati.
Erano colori così forti da fare male agli occhi
Lei si era ritrovata a indietreggiare verso l’interno del castello, a parare e schivare come meglio poteva.
Se ne stava li, in piedi, con l’aria di chi si era appena svegliato da un sogno orrendo per trovarsi in una realtà peggiore.
Non sapeva bene cosa fare.
Non voleva morire.
Attorno a lei il combattimento si faceva feroce:
 
Muri che esplodevano.
Pareti che crollavano.
Magie che volavano.
 
Compagni che cadevano a terra. Che cadevano per non rialzarsi più…
 
E Dawn urlò, urlò forte, quando una fattura nemica esplose a poca distanza da lei.
Non sapeva che fare, non riusciva a reagire.
Dalle sue labbra sgorgavano, come un fiotto d’acqua, solo incantesimi di difesa.
Non erano sufficienti per spegnere l’incendio che le divampava attorno.
 
Non aveva mai avuto tanta paura come in quel momento.
Se lo sarebbe ricordata per sempre.
 
Un Mangiamorte si piazzò proprio davanti a lei.
Era alto, spaventosamente alto.

E lei così piccina.

Il volto deformato dalla brama di uccidere.

Il suo viso era corroso dal terrore.

 
Raggio di Luna vorrebbe urlare di nuovo, ma non aveva fiato da sprecare.
Non poteva permetterselo.
 
- Avada Kedabra!-
- Protego!-
 
L’incantesimo di scudo non avrebbe retto, lei se ne rendeva conto.
Infatti corse via.
La maledizione si abbatté nel punto in cui, pochi secondi prima, si trovava lei.
Era illesa, ma non abbastanza lontana.
L’impatto la scagliò via, insieme a schegge di pietra staccatesi dal pavimento, e la fece schiantare contro un muro mezzo distrutto.
 
Dawn sentì la schiena cozzare contro la parete gelida, ma che il dolore rese incandescente, e irregolare...
La testa pulsare per la botta ricevuta..
I detriti che le piovevano addosso, graffiandola..
Il tonfo sordo del suo corpo che si accasciava al suolo.
 
 
 
 
Tutto il mondo intorno a lei si fece confuso.
La vista era annebbiata da un velo spesso, le figure le apparivano sgranate e tremolanti.
I suoni erano ovattati, diluiti, quasi inesistenti, le sue piccole orecchie sembravano non funzionare più a dovere.
Dawn pensò che forse sarebbe morte.
Sarebbe morta per un trauma cranico.
O per la troppa paura.
 

Adesso tutto era calmo, tranquillo.
Sentiva solo un brusio intorno a lei, un brusio e qualcosa di denso e vischioso che si faceva strada tra i suoi capelli:
I suoi capelli chiari, di un biondo così delicato e puro, si macchiarono di rosso.
Rosso che scivolava sul viso, che le colava sul naso e sugli occhi..
L’odore ferroso le pizzicava le narici.
Sangue.
 
Si, quella era la sua fine.
Caduta per i compagni, per la scuola.
Caduta facendo ciò che era giusto.
Così doveva essere.
L’unico suo rimpianto era di non aver salutato un certo ragazzo irriverente dai capelli rossi..
 
Stava affondando.
Sempre più giù, nel niente.
Giù.
Sempre più giù…
 
 
 
 
 
 






Si sentì afferrare sull’orlo del baratro in cui si trovava da due mani sconosciute e poi sbattuta contro il muro.
Non riusciva a sentire niente che non fosse un rinnovato dolore alla testa, era tutto confuso.
Quello stesso qualcuno che l’aveva sollevata di peso la sbatté contro la parete una seconda volta.
E poi una terza.
Chiunque fosse la stava scrollando, e scrollare non era il termine adatto, senza un minimo di riguardo.
Dawn sentì che stava per riemergere da quella sensazione di torpore e pace.
Gli scossoni si fecero via via più forte e insistenti finché, con quello che a lei parve uno schiocco sonoro seguito da un risucchio d'aria, riacquistò tutta la sensibilità in una volta sola.
Spalancò gli occhi e la bocca in una O perfetta.
Era come riemergere da una lunga apnea.
Fastidioso.
Doloroso, senza dubbio.
- Allora, piccola stupida, ti sei decisa a svegliarti.-
Finalmente Raggio di Luna riuscì a scorgere chi aveva parlato.
Era lo stesso uomo che le aveva lanciato la maledizione poco prima.
Erano passati davvero solamente pochi secondi?
 
- Cosa vuoi da me…Mordecai..-
Mordecai. Era il nome di quel giovane uomo dai capelli rosso fuoco che la teneva sospesa in aria.
Dawn poteva leggerlo dalla sua aura, così scura da farle paura.
- Quindi sei tu la piccola sensitiva. Ho sentito parlare di te. -
- Cosa...?! - squittì, con il poco fiato che le rimaneva.
Come faceva quel tipo a conoscerla?
- Sei veramente graziosa, con quel sangue tra i capelli. È un vero peccato che debba ucciderti.-
 
Raggio di Luna chiuse gli occhi, attendendo la fine.
Non aveva più forze e stava perdendo troppo sangue, che continuava a fluire.
E poi aveva dolori in tutto il corpo.
Tremiti violenti la percorrevano.
Voleva che cessasse, tutto quel dolore.
 
I secondi passarono.
Ma quanto la stavano facendo aspettare? Quanto ci mettevano ad ucciderla?
 
Riaprì gli occhi nel momento in cui il Mangiamorte mollò la presa, facendola cadere al suolo.
Fece in tempo a vedere qualcuno stendere il suo aggressore con un violento pugno.
Poi scivolò bruscamente nell’incoscienza..







Angolo del Corvo:


Salve a tutti, scusate se ci ho messo tanto a pubblicare questo capitolo.
Sapete, la scuola, lo studio, l'ispirazione che si era presa una vacanza.
Chiedo scusa di nuovo a chi mi segue.
Allora, che ne dite?
Capitolo nato durante i venti minuti di tram che devo fare per arrivare a scuola e messo su carta durante l'interrogazione di psicologia.
Che dire, lo scampato pericolo ha messo le ali all'immaginazione.
C'è anche qualche mistero qui:
Chi è questo Mordecai? (non vedevo l'ora di usare quel nome, lo adoro ^^)
Vediamo che ipotesi tirate fuori.
Ripeto: nei prossimo capitoli metterò la descrizione di alcuni caduti di guerra.
Se c'è qualche personaggio che volete assolutamente "salvare" o che invece volete fuori dai piedi, fatemelo sapere.
Terrò in considerazione il vostro consiglio.
Arrivederci. 
*scompare*

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Capitolo 6
*** Explosion ***








- Dawn! Dawn! Dannazione, Fatina, svegliati!-
 
La ragazza si sentì scuotere energicamente.
Di nuovo, registrò il suo cervello non del tutto cosciente.
Possibile che li tutti si divertissero a scrollarla senza un minimo di delicatezza?
Cos’era, una bambola di pezza?
Aprì con fatica gli occhi, ignorando il dolore.
 
Una chioma rosso carota, sbarazzina, e due paia di occhi grigi.
Fu questa la prima cosa che riuscì a focalizzare.
- Cosa.. come…?-
Non riusciva a comporre un pensiero coerente, figuriamoci esprimerlo a parole.
I muscoli delle labbra non li sentiva, quasi.
C’era solo una gran confusione.
Strano, di solito lei aveva sempre un quadro chiaro di ciò che la circondava.
Se non fosse stata così stordita, avrebbe avuto paura.
Doveva aver preso proprio una bella botta..
 
- Dai riprenditi! Avanti! Sei una sciocca, Raggio di Luna. Una stupida incosciente! Dovevi scappare quando ne avevi la possibilità…-
Il tono del ragazzo davanti a lei era rabbioso, di rimprovero, ma che lasciava trapelare una nota di panico.
Quando la nebbia che la circondava si fu diradata e il dolore alle ferite si fece abbastanza tenue da non farle perdere i sensi, Dawn ebbe chiara la scena che si presentava ai suoi occhi.
Scott era inginocchiato al suo fianco e le tamponava la testa con un lembo del suo mantello.
- Ma che ci fai qui, Scott?-
Per risposta ricevette un mezzo sogghigno.
Il rosso cambiò discorso, mesto.
- Ho sempre pensato che fossi pazza, ora ho le prove! Mettersi contro un Mangiamorte come quello…
E io così idiota da aiutarti! Non so cosa mi sia preso.
Forse sto impazzendo anche io..-
 
- Tu lo conosci?-
Sembrava quasi un’affermazione…
 
Il rosso alzò un sopracciglio.
- Quell’uomo, intendo. Lo conosci?-
Gli occhi di Dawn cercarono quelli dell’altro.
Non li trovarono.
 
- No. Non lo conosco.-
 
Ci aveva messo troppo tempo, per rispondere.
Bugia.
 
“ Scott, ancora non hai imparato che so quando menti?”
 
- Lui mi conosceva, o almeno conosceva il mio nome. Non capisco…-
Scott si morse la lingua, il rimorso negli occhi.
“ È colpa mia.” Sembravano dire.
“ Perdonami..” Sembravano implorare.
Ma Scott non chiedeva mai perdono, lo sapevano entrambi.
 
L’esplosione di un pezzo di castello, l’ennesimo, li colse di sorpresa.
Si erano dimenticati di essere nel pieno di una guerra.
- Andiamo via.-
Il ragazzo sollevò la biondina e se la strinse al petto:
la camicia che si imbrattava con il sangue della ferita che continuava a fluire lentamente.
Percorsero la Sala Grande per imboccare uno dei corridoi laterali.
Era come camminare su un campo minato.
Solo che le mine non erano interrate e questo rendeva tutto più pericoloso.
Scott non sapeva che fare con lei, doveva metterla al sicuro.
Non poteva difendersi a proteggerla al tempo stesso.
No, non poteva.
Rischiava di distrarsi e, in quel pandemonio, il minino errore poteva essergli fatale.
 

Se gli avessero chiesto perché non avesse lasciato quella ragazzina dov’era e non fosse scappato via, lui avrebbe risposto che, anche se era un Serpeverde, non voleva diventare un assassino.
Ma questa sarebbe stata una bugia.
Lui era disposto anche ad uccidere, pur di salvarsi la pelle.
Non si era mai fatto scrupoli in vita sua.
Allora perché salvare lei?
Non lo sapeva…

 
Quando intravide un gruppo di ragazzi del terzo anno barricati in un angolo, sotto una delle scale di pietra che portavano ai piani superiori, quasi esultò.
Tra di loro riconobbe Anne Maria, una della sua casa, e quel secchione Corvonero di Cameron, da cui aveva copiato i compiti di Babbanologia e altre materie ostiche una volta o due.
Dawn sarebbe stata al sicuro con loro.
Corse nella loro direzione, schiantando un Mangiamorte che gli si stava avvicinando troppo.
Ghignò al suono di un corpo sbattuto al suolo.
 
- Prenditi cura di lei.- sbottò, consegnando Dawn tra le braccia della mora.
- la Lovegood? Scott, ma sei impazzi…- provò a protestare quella.
- Fallo e basta!- ringhiò il rosso, mettendo a tacere qualsiasi protesta.
Gli altri ragazzi barricati li annuivano, tremanti.
Con Scott non c’era da scherzare.
Il ragazzo represse un commento velenoso, per poi buttarsi nella mischia.
 
 
 
Dopo pochi passi si trovò di fronte un giovane uomo dai capelli rosso sangue.
- Da quanto tempo, Scotty..-
Il ragazzo emise un ringhio gutturale.
Una belva feroce che si preparava ad azzannare.
- Non ti è bastato il pugno che ti ho dato, Mordecai? Dillo, che vuoi essere pestato.-
L’uomo fece un passo avanti, nonostante l’atteggiamento di Scott – la postura, lo sguardo, la bacchetta pronta a colpire…- lanciasse un segnale di pericolo.
- Suvvia, cuginetto, vorresti picchiare chi ha il tuo stesso sangue nelle vene?-
- Io intendo suonarle a chiunque sia alleato con quello psicopatico che tu chiami “Signore Oscuro”.-
 
Una risata, così simile a quella della Iena, riecheggiò.
- Non ti facevo così pieno di nobili principi, sai?-
- Infatti non lo sono. Voi mi avete fatto arrabbiare, e ora io ve la faccio pagare.-
La logica di un predatore che viene attaccato nel suo territorio.
Semplice.
 
- Sei uno stupido, Scotty.-
- Meglio stupido che pazzo. Come credi che finirà? Non ci sarà una conclusione felice per te. Farò in modo che tu non ne abbia una.- sputò Scott, il suono delle nocche che si scrocchiavano.
 
Mordecai ghigna, un ghigno così simile al cugino ma più spietato.
- Credi forse che tu avrai una sorte differente?- rise, con scherno.
Scott lo osservò, disorientato e guardingo.
- Che vuoi dire?-
- Ti illudi che, a battaglia finita con una vostra improbabile vittoria, avrai una vita felice. Ma ti sbagli. Magari pensi di vivere felice e contento con la tua biondina..-
Gli occhi grigio fumo di Scott si assottigliarono pericolosamente.
- È proprio un bel bocconcino, quella piccola veggente.
Sarà meraviglioso vedere il suo corpo senza vita, gli occhi vuoti e una smorfia di terrore su quel bel visino…-
A quel punto Mordecai si piegò in due, il pugno di suo cugino ancora nello stomaco.
- Non vivrai abbastanza per sfiorarla di nuovo.- soffiò, una smorfia quasi bestiale che gli contraeva i lineamenti.
- Tsk, illuso, il tuo patetico atto di eroismo non basterà…-
Le labbra dell’uomo si protesero verso l’orecchio di Scott.
- Non ci sarà nessun lieto fine, per te..- gli sussurrò piano, con tono gioviale.
 
Scott non fece in tempo a chiedersi cosa volesse dire che avvertì una violenta esplosione dietro di sé.
Il suono del fuoco che divampa, di pareti che si sbriciolano, di urla umane, gli invase le orecchie.
Il calore ustionante gli lambì la schiena, ustionandolo appena.
 
Con uno scatto fulmineo si voltò, gli occhi sgranati, le pupille dilatate.
Le labbra aperte per urlare, da cui tuttavia non usciva alcun suono.
Comprese.
 
- DAWN!!-
 
 





Angolo del Corvo:


Salve a tutti ^^
*viene sommersa da una valanga di pomodori.*
Aiuto!
Scott: tsk, te la sei cercata..
Me: lo so, forse far morire Dawn è stato un po' drastico.
S: ma non è mor...
M: Ssssh! Zitto! così mi rovini la sorpresa!
*tappa la bocca a Scott, soffocandolo con una tovaglia*
Ehm.. si, insomma, vi è piaciuto questo capitolo?
Ho fatto l'impossibile per scriverlo (colpa della scuola e del troppo poco tempo libero a mia disposizione.)
S: per questa schifezza forse è meglio se non scrivevi niente...
M: zitto tu!
D: guarda che ha ragione, non compaio neanche una volta..
M: Duncan, anche tu no!
Oh, vabbè, a parte questi due antipatici, me lo lasciate un commentino?
Sono curiosa di sapere il vostro parere.
S&D: non riceverai neanche una recensione v.v
M: sparite, o vi soffoco con le mutande di Owen!
*Duncan e Scott se la danno a gambe*
Oh, finalmente un po' di pace..
Dopo questo siparietto vi saluto.
Bye 

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Capitolo 7
*** I caduti ***








Vento, che soffiava leggero a raccogliere cenere e detriti più leggeri.
Passi, delicati, che risuonavano di tanto in tanto.
Silenzio.
C’era odore di morte, nell’aria.
 



 
Harold osservava sconsolato le macerie della scuola.
La sua casa, l’unico posto in cui si sentiva accettato, era distrutta..
Qua e là si levavano pianti e lamenti.
L’aria bruciava come sale, come le lacrime che rigavano le guance di chi aveva perso qualcuno.
Lui non poteva lamentarsi, no.
Era vivo. Quasi illeso, ce l’aveva fatta.
Sam no, però.
Il suo amico, con cui poteva parlare di computer e videogiochi senza essere giudicato, non c’era più.
Il suo corpo vuoto era a pochi passi da quello di Dakota, la ragazza di cui era perdutamente innamorato.
La sua mano che stringeva quella della bionda.
Sorrideva, Sam.
Nell’ultimo minuto della sua vita aveva realizzato il suo sogno segreto:
Si era dichiarato e, a sorpresa, Dakota ricambiava.
Solo un minuto.
Avevano avuto solo un minuto.
Il destino sapeva essere crudele, a volte..




 
 
Un gruppo di studenti era accalcato in un unico punto, formando un cerchio intorno ad alcuni corpi.
Dj…
Sierra… 
Cody…

Bridgette singhiozzava disperatamente, mentre sorreggeva un Geoff pieno di tagli e ferite.
Non aveva avuto neanche il tempo per rallegrarsi di essere sopravvissuta.
La bionda fissava il viso di Dj, gli occhi chiusi, senza riuscire a fare altro.
Ricordava tutto con dolorosa precisione..
 
 
 
 
 
Bridgette non sapeva cosa le fosse successo.
La paura di morire l’aveva invasa, il suo corpo si muoveva da solo.
Le sue labbra lanciavano incantesimi fino a consumarle la voce, le corde vocali.
Lanciare. Difendersi. Scansare.
Una danza mortale, il minimo errore era pagato con la vita.
 
Aveva intravisto Geoff, ad un tratto:
Lottava con energia, uno sguardo concentrato che non aveva mai avuto.
Non sembrava nemmeno lui.
Era forte, forte abbastanza per poter mantenere la promessa.
Questo lo credeva, la ragazza, prima di vedere delle macerie cadergli addosso.
Bridgette non si ricordava di aver pensato a niente che non fosse la promessa che il fidanzato le aveva fatto poco prima.
Una promessa pericolosamente fragile.
Promessa appesa ad un filo.
Pensava questo, mentre correva.
 
 
 

“Dobbiamo salvarci, dobbiamo sopravvivere!”

 
 

 

“Andrà tutto bene, te lo prometto..”

                                                     
 
 
L’ha promesso.
L’ha promesso!
 
Quando l’aveva raggiunto, il suo Geoff era svenuto.
Un po’ ammaccato, ma vivo.
Bridgette si era gettata in ginocchio, le rotule che gemettero, e aveva cercato di estrarlo a forza dai detriti.
Era faticoso.
Ci stava riuscendo, pian piano, nonostante Geoff pesasse più di lei.
 
 
- Ahhh! Aiuto, Bridgette!!-
 
Una voce, lamentosa e impaurita, invocava soccorso.
Era Dj, bloccato a poca distanza da lei da due Mangiamorte.
Era in trappola.
- Bridgette, presto!-
- Arrivo! Resisti, coraggio!-
La dolce Grifondoro aveva cercato di affrettarsi, tirando il fidanzato con maggiore forza.
Finalmente estratto dalle macerie, si era lanciata verso il tenero Tassorosso con tutta la forza che le era rimasta.
Ma non era bastato..
 
Le gambe doloranti non avevano retto alla corsa, non erano state sufficientemente veloci.
Non era riuscita a lanciare alcuna magia.
Non aveva potuto fare niente..
 

 

- Dj!-
- Ahhh!-
- Avada Kedabra..-

 
 
Non c’era stato altro, dopo quel lampo di luce verde.
Silenzio.
Il doloroso nulla della perdita che esplodeva.
Un senso di impotenza che si impadroniva di lei.
Neanche si era accorta, Bridgette, di aver schiantato contro il muro quei due assassini..
 
 
 
 
- Mi mancherà quel tenero marshmallow..- sospirò Leshawna, strofinandosi gli occhi.
Black Mama non piangeva mai.
Quel giorno fece un’eccezione..
 
 
Gwen si teneva una mano sulla bocca, per trattenersi.
Da cosa non lo sapeva nemmeno lei.
A pochi passi da lei stava Trent, che salutava il piccolo Cody e la pazza Sierra.
I corpi di quei due vicini.
Il volto di Sierra che sorrideva.
Lei e il suo Cody.


 

Per sempre insieme..
Come una favole, una di quelle come le principesse..
Una favola dal macabro finale..

 
 
 
- Ci mancherete ragazzi..-

 
La mano della gotica che stringeva il mantello del chitarrista, quasi volesse strapparlo, tanta era l’intensità della sua presa.
Trent non si stupì quando, poco dopo, si trovò Gwen stretta al petto.
- Non sentirti in colpa, Gwen. Non è stata colpa tua..- le disse.
Parole vuote, parole al vento.
Esisteva qualche frase capace di consolare un dolore come quello?
Probabilmente no.
- io non sto piangendo, ok?- precisò lei, premendo la faccia contro la camicia del chitarrista.
Non voleva farsi vedere debole, lei.
Tipico di Gwen.
- Certo che no. Sei una ragazza forte…- la consolò, accarezzandole i capelli bicromatici.

 
 
 

 

Duncan stava lì, in piedi, davanti a quella scena.
Non riusciva a crederci..
Cosa ci faceva lui lì?!
Drake
No..
Era tutto così sbagliato!

 

Una mano si posò sulla sua spalla.
- Mi dispiace..-

 

Tutto quello che il punk provava esplose all’esterno.
- Cosa ci faceva qui? Doveva rimanere con gli altri del primo anno!
Stupido, stupido Drake!
Perché non hai obbedito a..-
La consapevolezza di parlare al passato lo stese.
La voce si faceva meno irosa e sempre più sofferente.
Tutto questo era così terribilmente ingiusto.

 
 

Drake gli era stato affidato dal professor Piton.
Con quale coraggio, che non possedeva, avrebbe riferito che non era riuscito a proteggerlo?
Era solo un ragazzino..
Non era riuscito a salvarlo.
 
Courtney si trovò, non sapeva come, ad abbracciare Duncan, come se fosse un’azione che faceva quotidianamente.
Con una familiarità che la sorprese.
Come aveva detto lui, Serpeverde o Grifondoro, non aveva più importanza oramai..

 

- Mi dispiace, Duncan…- ripeté.
Ma lui non sentiva. I sensi di colpa lo stavano schiacciando.
Era sempre stato bravo a ignorarli.
Perché ora non ci riusciva più?!
 
- Come farò a dirlo a sua sorella…?-

 

Il Serpeverde si stringe a Courtney, come per ancorarsi a lei e non affondare.
Non emise un suono, non pianse.
Strinse i denti e i pugni.
All’ispanica sembrò di vedere una sola lacrima sporgere da un occhio.
Non disse niente.
Davanti a quel genere di sofferenza non c’era niente da dire..

 


 
 

 

Heather se ne stava seduta li.
Si sentiva una stupida, una smidollata.
Dove era finita la sua indipendenza, il suo menefreghismo?
Però non si alzava. 

Sulle sue gambe vi era appoggiata la testa di Alejandro, semi-cosciente.
La fronte del latino era imperlata di sudore, i lineamenti del volto contratti in una smorfia.
- Sei un idiota, Cascamuerto.- sputò la ragazza. – un cretino titanico.-
Alejandro sorrise, soddisfatto, mentre l’asiatica finiva di medicargli il busto.
Per fortuna la sua ferita non era niente di grave:
Un taglio che gli attraversava il fianco destro, non troppo profondo.
Però vedere la Principessa delle Serpi così preoccupata per lui era stato davvero appagante.
Il latino considerò di essere stato molto fortunato..

 

- Hai avuto paura che non ce la facessi, chica?- la schernì.
- Tsk, quei magucoli da circo hanno fatto male i loro conti se speravano di abbatterti.
L’unica che può ucciderti sono io!-
Quella era la dimostrazione d’affetto più strana del secolo.
Ma da Heather non c’era da aspettarsi niente di diverso.

 

- Ma come, non mi ringrazi neanche? Dopo quello che ho fatto per te..- si finse risentito.
- Non pensavo che fossi così delicato, Cretinandro.…-
A quell’affermazione l’orgoglio del latino ruggì.
- Infatti non mi sono fatto niente!- provò a ribattere, nonostante le fitte.
- Oh si, certo. Come no. Stai benone.-
- E’ una gioia per me vedere quanto tieni alla mia salute fisica.- ribadì Alejandro, sarcastico.
La risata di Heather lo acquietò.
Era tutto a posto.
- Non te la caverai così a buon mercato..- esordì la calcolatrice, avvicinandosi bruscamente ad Alejandro.
- Se ti azzardi a incassare un colpo destinato a me, un’altra volta, te la farò pagare cara, Cavalier Servente da due soldi..-

 
 
 
 

 

- Dawn! Dawn!-
Scott correva, veloce.
No.
Non poteva essere vero!
Non era possibile!
Mordecai stava bleffando.
Quell’esplosione non poteva aver colpito proprio lei.
Quante probabilità c’erano…?

 

Uscito all’esterno riuscì a scorgere una testa bionda stesa a terra.
- Dawn…-









Angolo del Corvo:



Salve a tutti ^^
*suono di grilli*
Ehm.. si vabbè.
Comunque, ecco qui il settimo capitolo.
Ci ho messo un po' ad aggiornare, chiedo scusa.
Che dire..?
Spero vi piaccia, e spero anche in un vostro parere.
(nel capitolo scorso non mi avete lasciato neanche una recensione T.T)
A presto 

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Capitolo 8
*** Cuori di pietra e miracoli ***






Alla vista di quella testa bionda, Scott si sentì morire.
Capelli chiari, pelle diafana, corpicino esile.
Occhi chiusi.
Non poteva essere lei! No! No!


 
Corse, con la paura che lo stava divorando a morsi e pensieri che presagivano il peggio.
Dopotutto non era nel suo stile riempirsi di stucchevoli illusioni, non lo era mai stato.
Essere un cinico pessimista era nel suo DNA.
E poi no, non pessimista. Realista.
Questa sua caratteristica gli era sempre tornata utile, per rendere il suo cuore duro come la pietra.
E soprattutto a prova di illusioni.
Aveva sempre funzionato, perché adesso no?!
Questo si chiedeva, mentre sentiva un dolore pungente al petto.
Come se il suo cuore, quell’insulso organo che pompava sangue, fosse infilzato da dei piccoli spilli.
E dire che lui odiava sentirsi come una stupida bambola voodoo.
E anche agli angoli degli occhi sentiva la stessa sensazione.
Cenere. Era cenere, che gli aveva annebbiato la vista.
Solo cenere.
Ma porca miseria, se bruciava!
E corse Scott, gli spilli nel cuore e la cenere negli occhi.
Corse fino a che non udì un pianto.
 
 
Non riuscì a focalizzarlo subito, ma c’era qualcosa di incredibilmente familiare in quei singhiozzi.
Era un suono leggero, appena udibile, ma chiaro e tagliente come un pezzo di vetro.
Vetro nei polmoni, spilli nel cuore, cenere negli occhi.
Non appena quel suono gli ferì le orecchie, aumentando la paura, Scott corse più forte.
Ma quanto ci voleva?!
La strada si era forse allungata, lo spazio dilatato?
O era una sua immaginazione?
Alla Iena sembrava di correre la Maratona, anche se non sapeva cosa fosse.
 
Non appena fu abbastanza vicino accanto al corpo vide un’altra testa bionda, con delle bende strette attorno al capo.
Una ragazzina delicata, piena di tagli, con i vestiti rovinati.
Gli occhi socchiusi, che versavano dolore distillato, lasciavano intravedere le palpebre color lavanda.
Le labbra livide ripetevano un nome.
- Drake.. Drake..-
 
Scott capì, sgranando gli occhi.
 
 
 

- Qual è il tuo nome, matricola?-
- Drake.-
- solo Drake?-
- il mio cognome non è affar tuo!-

 
 
 
 

- Ehi Principessa delle fate. -
Un sospiro.
- Cosa vuoi, Scott?-
- Non posso neanche fermarmi a fare due chiacchiere?-
- Mi spiace, ho molto da fare..-
Uno sbuffo, il viso del Serpeverde si imbronciava.
- Eddai..-

 

Sentiva, il rosso, come una sorta di fastidio sul collo.
Come qualcosa che lo perforasse.
Si era girato e li c’era Drake, quel marmocchio del secondo anno.
- Beh, tu che vuoi?-
Nessuna risposta.
Solo uno sguardo accusatorio che gli sembrava così familiare.
E così fastidioso.
- Lasciala in pace..- aveva detto, il ragazzino.
E Scott non aveva detto niente.
Era andato via, ubbidendo a quel ragazzino del secondo anno.
Non aveva mai capito perché.

 
 
- Dawn..-
 
La ragazza non rispose al richiamo, continuò a pettinare con una mano i capelli pallidi del ragazzo steso a terra.
Fratelli..
Troppo simili per non esserlo.
Troppe lacrime per essere qualcosa di diverso.
 
 
- Mi dispiace, Dawn..-
Scott si voltò verso Duncan, che aveva appena parlato, sorretto da Courtney.
- Non…è sta-ta…colpa.. tua..- singhiozzò la veggente, cercando di sorridere.
Non ci riusciva molto bene..
Quelle parole fecero impallidire il punk.
Il rosso poteva capirlo perfettamente.
Raggio di Luna consolava chi le stava intorno, sempre, a prescindere dal come, cosa, chi o perché.
Consolava anche quando era lei che soffriva.
Quella era una scena che faceva male al cuore.
Persino al suo..
Ecco perché Scott desiderava odiarla, quando faceva così.
La odiava, perché le faceva male.
E lui non poteva sentire dolore, lui aveva un cuore di pietra.
Anche la pietra si sgretola..
 
 
Ad un cenno di assenso della Grifondoro li presente, la Iena scattò in avanti.
Prese il corpicino di Dawn e lo strinse contro il proprio, prendendola in braccio.
Non era bravo con le parole, non lo era mai stato.
In ogni caso, non avrebbe potuto consolarla.
La portò via, lontano da li.
In ogni caso, lei non oppose resistenza.
 

Passando per quel campo di battaglia scorse Anne Maria e una ragazza dai capelli rossi, Tassorosso sicuramente, che si sorreggevano l’un l’altra.
Li vicino Cameron stava prendendo il necessario per medicarle.
Sorrise.
Stavano bene dunque:
vite che non sarebbero andate a gravare sulla sua coscienza, recentemente acquisita.
 
 
 
 


 
- Ahia! Fai più piano, sfilatino!-
- Scusa Anne Maria, mi dispiace.-
Zoey sorrideva, mentre prendeva un paio di cerotti.
Non poteva ancora credere a quello che era successo:
lei e Anne Maria erano diventate amiche!
Si, beh, una specie..
 
 


- Mike! Mike! Dov’è Mike?!- urlava la rossa, spaventata.
L’aveva perso di vista nel furore della battaglia.
Aveva paura..
- Sta zitta rossa! E dammi una mano, piuttosto!- sbottò Anne Maria, scagliando qualche magia offensiva.
Erano sotto attacco, incastrati in un sottoscala e la situazione si faceva critica ogni secondo di più.
Poteva andare peggio?
 

- Devo andare a cercare Mike!-

Si. Poteva andare peggio. Eccome, se poteva!
Lo diceva sempre, la nonna di Anne Maria:



 

- Se qualcosa può andar peggio, stai sicura che ci andrà.-

 



- Ferma mozzarella, sei impazzita?!-
Anne Maria non pensava che quella Zoey fosse così stupida da mettersi a correre nel mezzo del campo di battaglia.
Si dovette ricredere.
E non pensava neppure che si sarebbe alzata per correrle dietro.
Si dovette ricredere per la seconda volta.
Non poteva essere così idiota, quella ragazzina!
Per le mutande di Merlino, anche Anne Maria era in pensiero per il suo bel Vito.
Ma, a differenza della rossa, sapeva che lui sapeva difendersi.
Quindi la sua prima necessità era salvarsi la pelle.
 


La Serpeverdeaveva ormai raggiunto la rossa e, afferrandola per le braccia, l’aveva riportata nel loro angolino.
Al sicuro.
Le aveva poi tirato un sonoro ceffone, lasciando l’impronta della mano sulla guancia dell’altra.
- Senti stupida, non è questo il momento di perdere la testa!
Vito se la caverà, non ha certo bisogno di una mozzarellina per sconfiggere questi idioti!
Adesso io ho bisogno che ti rimani qui e mi aiuti a salvarci le chiappe, intesi?!
Altrimenti ben presto non dovrai occuparti neppure della tua, di vita. -
 


Dopo quello sfogo Zoey l’aveva guardata come si guardano i pazzi.
Poi aveva capito.
Finalmente.
Aveva preso la bacchetta ed furono in due, a combattere.
Spalla a spalla, fianco a fianco.
La necessità appiana qualsiasi attrito.
 
 
 


 
- Sei stata in gamba, sai, per essere una mozzarella. -
- Grazie. Anche tu sei stata brava, per essere una Serpe.-
Le due ragazze si guardarono con aria complice.
Infondo potevano anche diventare amiche, loro due..









Angolo del Corvo:



Ecco l'ottavo capitolo , gente.
Spero sia di vostro gradimento.
C'era, tra coloro che leggono questa long, qualcuno che voleva sapere (oltre alla fine che aveva fatto Dawn) che fine avessero fatto Anne Maria, Cameron e soci.
Beh, la seconda parte del capitolo è dedicata a loro, spero che vi sia piaciuta.
Una precisazione:
Personaggi come Drake, Mordecai (e,si, la nonna di Anne Maria ^^) sono miei OC, puramente inventati da me medesima.
Quindi, per chi volesse usarli (ne dubito) deve specificarne la provenienza.
Mi affido alla vostra coscienza.
Arrivederci a tutti.
P.s. La Long sta volgendo al termine, il finale è ormai prossimo.
Però non sono sicura di come concludere. Se avete qualche suggerimenti, qualche preferenza, magari posso aggiungere parti o modificarne altre.
Se non ci sono preferenze concluderò a mio piacimento.
E, ancora una cosa (NdTutti: non hai ancora finito?!):
1) ci potrà essere un seguito di questa "raccolta", con il dopo guerra (e con "dopo" intendo di parecchi anni), se voi lo richiederete.
Altrimenti pazienza, concluderò qui.
2) una volta finita questa long pubblicherò il capitolo "What if.." che mi avevate richiesto. (quello dove Dawn scappa insieme a Scott invece di rimanere a combattere) chi è interessato potrà darci un occhiatina.
Ecco, ho finito.
Baci a tutti.
Raven

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Capitolo 9
*** Raccogliere i cocci ***


I do believe in the light
raise your hand into the sky
the fight is done
the war is won
lift your hands toward the sun






Eccola li, la grande armata di Hogwarts.
Tutti i sopravvissuti, che erano molti, emergevano dalle macerie.
Come un fiore che spunta dalla neve, dopo aver sconfitto il gelo dell’inverno.
Dietro di loro detriti, distruzione, morte.
Una scuola sventrata, compagni caduti, incubi che li accompagneranno per sempre.
Sopra di loro il sole pallido, livido, anche lui sofferente per tutto quel sangue che è stato versato.
Davanti a loro il futuro.
 
 
 
 
Alejandro si trascinava verso l’esterno, sorretto da Heather.
Nessuno si stupì di quella coppietta, solo qualcuno azzardava un sorrisetto divertito.
Anche perché Heather si premurava di lanciare occhiate al vetriolo a tutti quelli che osavano fissarla troppo intensamente.
Sbuffava e sibilava, terribilmente contrariata.
La propria reputazione buttata al vento.
 

- Ti vedo scontenta, chica.-
- Sta zitto, idiota, e ringrazia che non ti abbia ancora piantato in asso!-
- Già stanca di farmi da infermiera premurosa, Heather?-
- Non penso che premurosa sia l’aggettivo che più mi si addica.- ghignò quella, mollando la presa.
Non appena venne a mancare il suo “permaloso” appiglio, Alejandro cadde a terra con un tonfo sordo.
- Maldita!-
Ne seguirono alcuni insulti in spagnolo.
- Ben ti sta, Cascamuerto. Ricordati chi è che comanda.-
Il sorrisino divertito dell’asiatica urtava i nervi e l’orgoglio dell’ispanico, che non rispose alla frecciatina solo perché era ancora con la faccia nella polvere.
Si sarebbe dovuto arrendere e soffocare il proprio orgoglio per far contenta la sua chica?
Un ghigno prese forma sulle labbra di Burromuerto.
Non contarci, querida.
 
 




 
Da lontano una Grifondoro osservava la scena, scuotendo il capo.
- Spero che tu non voglia seguire l’esempio della Regina delle Serpi, Principessa..-
Courtney lanciò un’occhiataccia al ragazzo, stringendo maggiormente la presa.
- Non tentarmi.-
Il punk rise, zoppicando un po’.
- Non dirmi che saresti capace di comportanti da bambina cattiva.-
- Se continui a infastidirmi lo scoprirai presto..-
- Uhuu, che paura. Che cosa vuoi farmi?-
Di certo non si aspettava di essere baciato.
Lui, Duncan Nelson, era stato colto di sorpresa da una ragazza.
Se gliene fosse importato qualcosa, in quel momento, il suo ego avrebbe ricevuto un duro colpo.
Ma al momento aveva altro a cui pensare..
 
- Wow, Principessa! Io..tu.. wow. -
- Se hai finito di balbettare come uno del primo anno, direi che possiamo andare.-
- Ai suoi ordini!- la prese in giro il punk, scattando sull’attenti.
- Sta zitto, Duncan.-
-…-
- E levati quel sorrisetto compiaciuto dalla faccia!-
Una risata strafottente concluse l’allegro siparietto.
 
 




 
- Come sono carini! Non è vero, Tyler?-
- Si, ma..-
- Che coppietta tenera! Non me lo sarei mai aspettato.-
- Lindsay..-
- Quell’antipatica di Courtney ha trovato il vero amore!-
- Lindsay!-
- Si, Tyler?-
- Io sono Noah..-
- Gamberetto, hai cambiato nome?-
- Izzy? Taci.-
Caleido, ignorando l’occhiataccia del castano, cominciò a ridere e ripetere quell’irritante soprannome.
Noah proprio non sopportava di essere associato ad un crostaceo.
 
 
 




 
- Sono davvero…- proruppe la gotica.
- Svampiti? Teneri? Comici?-
- Ridicoli.- sbuffò.
- Oh suvvia, lasciali stare. Infondo non fanno male a nessuno.-
Il chitarrista rise all’espressione corrucciata, e imbronciata, di Gwen.
- Mi trovi tanto divertente?-
- Un po’.-
Gwen allora si finse offesa, dandogli le spalle.
- Bene, allora arrivederci.-
- Mi piaci un sacco quando fai l’offesa..-
Questo commento fece arrossire entrambi come peperoni.
- Anche tu mi piaci.- sussurrò piano, la ragazza.
 
 
 





- Sono davvero carini, quei due.- gioì Zoey, parlando tra se.
Non si era accorta della figura dietro di lei.
- Tu credi?-
- Mike! Stai bene!-
La rossa strinse Alter Ego in un abbraccio travolgente.
- Ho temuto il peggio! Ma Anne Maria aveva ragione, non c’era da preoccuparsi.-
- Anne Maria? Da quando siete diventate amiche?- non può fare a meno di commentare il ragazzo.
E la sua incredulità è giustificata:
per quanto ne sapeva, le due ragazze si odiavano.
Si, insomma, più o meno.
Ma cosa ne sapeva lui, di amicizie tra ragazze?
- Beh, si, una specie..-
I loro sguardi, uno sconcertato l’altro complice, si soffermarono sulla ragazza dalla chioma marmorea.
Stava discutendo animatamente con Lightning, ma le sue guance erano stranamente arrossate.
- è incredibile come, dopo ore di morte, stiano sbocciando tanti piccoli miracoli..-
- Già. Forse il lieto fine esiste anche per noi.-
Alter Ego strinse a se Bella Gioia, contento che a loro fosse stato concesso, un lieto fine.
 









 
- Che teatrino disgustosamente melenso.-
- “disse il ragazzo che stringeva la sua bella tra le braccia.”-
Scott si lasciò sfuggire un grugnito.
- Vedo che ti sei ripresa, Raggio di Luna. – commentò, con una punta di sarcasmo.
- Io temo, Scott, che non riuscirò mai a riprendermi completamente.-
Il rosso recepì il messaggio.
Già. Suo fratello. E tutto il resto.
- Ora che farai?-
- Non lo so, Scott. Penso che tornerò da mio padre. Mi è rimasto solo lui, ormai..-
Non è vero voleva urlare il lato umano del ragazzo. Non è vero.
Non disse niente.
- E tu? Che farai? Hai un posto dove tornare?- chiese Dawn.
La famiglia del rosso era stata arrestata e portata ad Askaban.
Era solo.
- Non preoccuparti per me. Me la caverò, in qualche modo..-
- Potresti venire con me. -
Silenzio.
Scott, in quei secondi, cercò di formulare una risposta acuta e pungente per rifiutare.
Perché la proposta di Dawn era assurda, ridicolmente assurda, e lo sapevano entrambi.
- Prima di dirmi di no. – lo precedette lei. – perché non ci pensi seriamente?
Non deve per forza andare a finire così. Perché non trovi il coraggio di cambiare, per una volta?-
- Il coraggio non è la mia qualità migliore..-
- Neanche la mia.-
- Bugiarda.-
La biondina sembrò accigliarsi.
- Ma non dici sempre che non so mentire?-
Un sospiro.
- Touchè.-
- Allora?-
- Allora cosa?-
Come se non lo sapesse.
- Ci hai pensato?-
- Uffa, quanto sei petulante.-
Raggio di Luna rise di cuore, per poi tornare al suo sorriso triste.
Era troppo presto per dimenticare..
Rimase in silenzio, a osservare i suoi compagni che raccoglievano i cocci di quella grande pazzia e li assemblavano per ricostruire la loro precedente vita.
Tranquilla e irrimediabilmente perduta.
Anche lei avrebbe dovuto iniziare a ricomporsi, ma voleva attendere ancora un po’.
Attendere, guardare il cielo come se non ci fosse niente da ricostruire, come se tutto fosse intatto.
Aspettare a ricordare di aver perso il suo amato fratello, i suoi valori, alcuni dei suoi amici e compagni, la scuola..
Di aver perso se stessa tra la cenere e le anime che volavano al cielo.
Non ne aveva il coraggio.
Mai avrebbe creduto di scoprirsi così maledettamente fragile.
 
 
- Andiamo.- la riscosse il rosso.
Era sorprendente come quel ragazzo le fosse rimasto accanto.
Se non l’avesse visto non ci avrebbe mai creduto.
Lui l’aveva raccolta quando era in pericolo, quando non c’era nessuno a salvarla.
Il burbero e solitario lupo aveva salvato la bambola di porcellana.
Che favola bislacca, la loro.
- Dove?-
- Ti porto a casa. -
- E ti ci fermerai?-
Scott sbuffò sonoramente, voltando il capo per nascondere il suo fastidio.
O l’imbarazzo.
Dawn tornò a ridacchiare, mentre si dirigevano verso il treno per andare a casa.
Suonava tanto come un “si”.
 







Angolo del Corvo:

Ok, scusatemi per l'enorme ritardo!
*viene inseguita da una folla inferocita*
Mi dispiace, il mio ritardo è inperdonabile.
Chiedo scusa a tutti quelli che mi seguono, e spero che questo capitolo li ripaghi dell'attesa.
Voglio ricordare che ho pubblicato, come storia a parte, la What if. del capitolo 4 che mi avevate chiesto.
Per chi volesse leggerla (e magari lasciare una recensione...)
Ok, questo sarebbe il capitolo conclusivo della ff.
Avevo detto, tempo fa, che, se lo aveste voluto, avrei pubblicato anche un capitolo dove si vede uno squarcio della vita dei protagonisti anni dopo la grande battaglia.
Quindi vi chiedo:
Volete che lo aggiunga, come capitolo bonus, o no?
Mi affido al vostro giudizio.
Facciamo un bel saluto alla canzone "This is War" dei 30 Second to Mars, che ha accompagnato i capitoli (e la mia ispirazione) per tutta la long.
A presto, spero :)

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Capitolo 10
*** Capitolo Bonus: 20 anni dopo.. ***


20 anni dopo... 







 
- Scott! Vieni subito!-
Tempo tre secondi e un uomo dai capelli rossi spalanca la porta della cantina, trafelato.
Ha spalle ampie, lineamenti più maturi e squadrati, portamento superbo.
Ha una leggera barba, accuratamente tagliata, che gli cresce sulle gote.
La canottiera e i jeans scuri che era solito portare da ragazzo sono sempre lì.
Non è cambiato per niente:
solito sguardo di fumo, solito sorriso maligno, soliti capelli scompigliati.
- Che succede? Va a fuoco la casa?!-
Il suo sguardo vaga frenetico per il salotto della casa, fino a trovare la fonte del rumore.
Una giovane donna dai capelli biondo cenere sta scendendo le scale del primo piano.
Sul viso la solita espressione dolce di sempre, arricchita da qualche ruga d’espressione e da una piena maturità.
I tratti sono dolci, materni quasi.
È un po’ più alta, ma rimane sempre così simile ad una bambola di finissima porcellana..
Il suo passo è goffo:
a rallentarle i movimenti ci pensa una pancia esageratamente gonfia.
Sotto gli occhi si vedono ombre scure, segni di una notte in bianco.
Non la prima, non l’ultima.
- Dawn! Quante volte ti ho detto di non alzarti dal letto?!- sbraita l’uomo, accorrendo a sorreggere la donna.
- Scusa, Scott. Volevo bere una tazza di the. - dice lei, semplicemente.
Il rosso sopprime un “Ancora?!” e fa adagiare Raggio di Luna sul divano.
- Tu rimani qui, vado a prenderti il tuo stra-maledetto the!- soffia, in modo sgraziato, per poi sparire oltre la porta della cucina.
Dawn ride, un po’ colpevole, e si sistema meglio sui cuscini:
Negli ultimi sette mesi Scott ha preparato un numero imprecisato di tazze di the e infusi vari.
È comprensibile che sia irritato.
Anzi, è strano che abbia retto tanto a lungo senza perdere la calma.
Beh, forse è perché non vuole farsi vedere arrabbiato da una certa testolina rosso carota che, proprio in quel momento, fa il suo ingresso nel salotto.
 



- Mamma, dov’è papà?- domanda un bambino di sei anni dalla pelle pallida e uno spruzzo di lentiggini sul viso.
Due occhi celesti, quasi uguali a quelli della Lovegood ma con venature grigie, fissano Dawn, in paziente attesa di una risposta.
- Papà è in cucina a preparare il the. - risponde la bionda, con tono affettuoso.
- Ne voglio una tazza anche io, papà!- strilla il piccolo Max, rivolto verso la cucina.
All’udire il ringhio sommesso di Scott madre e figlio si lasciano sfuggire una risatina discreta.
Quel figlio degenere sarà la mia rovina, pensa il rosso, comparendo nel salotto con un vassoio contenente una grossa teiera fumante, un paio di tazzine e dei biscotti.
Anche se fisicamente mi somiglia, caratterialmente è identico a Dawn, compreso il dono della lettura delle aure.
 



- Grazie, tesoro.- ringrazia dolcemente la donna, portandosi alla tazzina le labbra.
- Umpf. - sbotta il diretto interessato, sedendosi sul divano.
- Papà fa il the più buonissimo del mondo!- esclama il piccolo Max, tutto contento.
- Beh, per ora è il più buono della città, ma se continua a fare pratica potrebbe aspirare al titolo mondiale.- ridacchia Dawn.
Il rosso (adulto) incrocia le braccia al petto.
Una volta terminata la gravidanza aveva giurato a se stesso che non avrebbe preparato mai più una sola tazzina di the.
Lui odia il the!
E odia essere preso in giro.
Odia non poter rispondere “alla maniera di Scott”.
Ma c’era un motivo se si trattiene.
Se l’è meritato..
 



 
- Papà, posso andare a trovare gli zii?-
- Ma certo, pulce. Vai pure.-
Scott osserva la piccola peste che corre verso la casa degli “zietti acquisiti”, in fondo al viale.
La Iena doveva riconoscere che la Grande Guerra aveva reso uniti tutti i legami già esistendo, e ne aveva creati di nuovo. Già.
Non riusciva a vedere una gran fortuna, in tutto questo, però.
Dopo un paio di anni di tranquillità - troppo pochi..- Geoff aveva deciso di trasferirsi nella stessa via in cui abitavano i Lovegood.
E non era certo venuto da solo. Oh no.
Aveva sentito lo strano e inspiegabile bisogno di trascinare in quella folle idea anche gran parte dei loro amici.
E con “loro amici” era inteso “amici di Dawn”.
Perché Scott, a parte Duncan e sua moglie Courtney, non aveva mai avuto a che fare con il resto della banda. E avrebbe continuato a ignorare la loro esistenza se non fosse successo tutto quel casino.
Stupido Grifondoro festaiolo!
L’unico lato positivo era la presenza costante del suo vecchio compagno di casa:
Si, il tempo ad architettare scherzi con Duncan gli era decisamente mancato.
 



Scott reprime un brivido al ricordo dei primi mesi di convivenza e di buon vicinato.
I suoi pensieri fluiscono di nuovo verso Max, che è sparito oltre la porta di casa McCord.
Zia Gwen sarà contenta di rivederlo.
E magari lo difenderà dal troppo affetto del suo consorte e degli altri esuberanti “parenti”:
Quello sciroccato di Trent si è messo in testa di insegnargli a suonare la chitarra.
Courtney non fa che regalargli dei libri di diritto civico.
Duncan tenta di convincerlo a rovinare il giardino di Zia Courtney, corrompendolo con un mazzo di tarocchi per leggere il futuro.
Geoff vuole insegnargli a surfare.
Povero figlio mio!
Ogni tanto, quando non sono troppo occupati a litigare, Alejandro e Heather Burromuerto cercano di traviare Max con i loro discorsi manipolatori.
Ma è una causa persa, anche se quei due non si arrendono:
Nonostante l’età, Max è troppo simile a sua madre per farsi incantare così facilmente.
 



Scott scuote il capo, rientrando in casa.
- Dawn, amore mio, luce dei miei occhi, quanto ancora mi farai pesare la mia piccola debolezza?- domanda poi, cercando di usare il tono più persuasivo e dolce del suo repertorio.
Peccato che le sue frasi romantiche - o i tentativi di esse.- suonano costantemente come una presa per i fondelli.
Raggio di Luna sfodera un sorrisino compiaciuto.
Scott la trova decisamente inquietante.
- Fino alla maggiore età dei miei figli. È meglio se ti dai da fare, ragazzo del the. -
 
 

Dawn si era svegliata inquieta, quella mattina.
Eppure non ne aveva motivo. Era a casa, nel suo letto. Al sicuro.
La guerra era ormai finita e lei aveva tutto il tempo per costruirsi una nuova vita con..
- Scott.-
Nessuna risposta.
Raggio di Luna corse per il corridoio, rischiando di inciampare una volta o due.
Quando spalancò la porta della camera degli ospiti la trovò vuota.
Il letto disfatto, tutte le cose del rosso.. sparite.
C’era solo un biglietto.

 

“ Mi spiace, Principessa delle fate.
Non posso restare.”

 

Poche parole che aveva faticato a decifrare a causa delle lacrime.
Si era accasciata sul pavimento e aveva pianto a lungo.
Era la prima volta che piangeva lacrime di rabbia..

 
 


- Ma poi sono tornato!- protesta Scott, cercando di difendersi.
 


 

Si era ripresentato a casa Lovegood un anno dopo.
Si era pentito.
Si era preparato di tutto, persino un discorso di scuse nonostante non fosse nel suo stile.
Certo, non si sarebbe mai aspettato di vedere il signor Lovegood che gli veniva incontro in vestaglia e armato di bacchetta.
Tantomeno di essere inseguito da lui per tutta la via.
Non sarebbe stato facile avvicinarsi a Dawn.

 
 
 

Era riuscito a raggiungerla, arrampicandosi fino alla finestra della sua camera.
Proprio come il principe azzurro di qualche film.
Puah.
Dawn era rimasta sconvolta di vederlo.
Aveva tanto l’aria di volergli mollare uno schiaffo.
Ma non lo fece. Scoppiò a piangere tra le braccia del rosso.
La favola sembrava aver trovato un lieto fine.

 


 
- Era il minimo che ti potesse capitare, Scott. Di solito mio padre usa un fucile babbano per scacciare gli inopportuni. -
- Ah, fantastico. Adesso si che mi sento rincuorato.-
- Sei impossibile.-
- Però ti mancavo.-
- Per niente.-
- Non mi pareva che la pensassi così…- ammicca maliziosamente l’uomo.
Dawn risponde tirandogli un cuscino in faccia, senza riuscire ad impedirsi di arrossire.
Oh be, finché Dawn si limitava ai cuscini..
 


 

Se ne era andato. Di nuovo!
Dawn fissa sconvolta il treno partire.
Non è possibile. Doveva essere tutto uno scherzo. Uno scherzo di cattivo gusto.
Si porta una mano al ventre.
Quel ragazzo non poteva essere davvero così irresponsabile da lasciarla in una situazione simile.
Strinse forte gli occhi, mentre una lacrima le graffiava la guancia.
Scott le aveva promesso che non l’avrebbe più fatta piangere.
Aveva mentito, evidentemente.
Sorriso innocente, dita incrociate dietro la schiena.
Promessa falsata.
La biondina strinse i pugni attorno alla stoffa del suo vestito.
Era davvero troppo…

 


 
- Quella volta l’hai combinata proprio grossa.-
- Oh andiamo, lo sai che le promesse non sono mai state il mio forte.-
- Ciò non toglie che tu sia stato un vero idiota.-
Scott sbuffa, cercando di nascondere i sensi di colpa che ancora lo tormentano, a distanza di anni.
- Però alla fine ho sistemato tutto!-
- Si, alla fine hai sistemato tutto.-
 
 

 

Scott stava lottando contro la resistenza della biondina.
Questa volta, al suo ritorno, ad accoglierlo c’era stato un vaso di fiori e qualche schiantesimo che la sua amata gli scagliava addosso.
Non sembrava, ma la piccoletta recalcitrante aveva parecchia aria, nei polmoni.
E una mira più che ottima.
- Vattene via! Vattene!-
- Dawn, calmati.-
- Calmarmi? Io devo calmarmi?! Mi hai abbandonato non una ma due volte e stai dicendo che devo calmarmi?! Ma tu credi che io sia stupida?!-

- Ma fatina, avresti dovuto saperlo che io..-
- Eh no, adesso basta!-
Il rosso si era sentito afferrare per il colletto della maglia che portava e si era trovato davanti un visetto irritato.
No, irritato non rendeva l’idea. Dawn era proprio incazzata nera.
- Non mi importa cosa avrei dovuto sapere o cosa avrei dovuto non fare!- sputò la biondina, con le lacrime agli occhi. - La verità è che sei un vigliacco, che non è capace di rispettare i propri impegni! Sei un…-
Scott pensò che non ci fosse momento migliore per baciarla.
Mentre univa le labbra livide di Dawn alle proprie, il rosso si ripromise di non renderla mai più così infelice..

 
 

 
- Beh, questa volta sono stato bravo, però. Ho mantenuto la promessa.-
- Si, questa te la concedo.-

 
 
Scott sorride alla donna, prima di baciarla con trasporto.
Bacia sua moglie a lungo, fino a farla arrossire.
- Scott!- si imbroncia quella, cercando di nascondere il rossore.
La Iena ghigna, contento di essersi preso una rivincita.
Certe cose non sarebbero cambiate mai..
 
 
 
 
 


 
 
 
Angolo del Corvo:
 
 
Salve a tutti ^^
Ecco finalmente, l’ultimo capitolo della mia ff.
In questo ultimo capitolo avete visto i retroscena di un finale che non è rosa e fiori ma che finisce comunque bene.
Abbiamo una Dawn incattivita e uno Scott addomesticato. Sono un po' OOC ma pazienza.

Ora la mia prima Long è finalmente conclusa.
*si asciuga una lacrima* sono quasi commossa.
Innanzitutto mi scuso per l’abominevole ritardo con cui ho pubblicato questa.. cosa.
Non è neppure un gran che.
Poi volevo ringraziare tutti quelli che hanno recensito i capitoli precedenti, e che hanno messo la storia nelle Seguite, nelle Preferite e nelle Ricordate.
E anche a chi legge nell’ombra.
Grazie a tutti, siete fantastici!
*stappa lo spumante.*
Offro io. ^^
Arrivederci…

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