When lies and death embrace

di La sposa di Ade
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Now you’re adrift in the sea of lies. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. A foolish villain in an endless chapter. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. The demons running behind your eyes. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. A simple shadow. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4. We can fight together. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5. I’ll never walk away. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6. Tear down! the walls that will surround ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7. Cry out! Above the burning sound. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8. Show me! How bleeding hearts still pound. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9. If we stand together, ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10. we will be unbroken. ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo: Now you’re adrift in the sea of lies. ***


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Prologo:
 
Now you’re adrift in the sea of lies.

la musica era assordante e in quell’ appartamento erano decisamente in troppi per lei, e nonostante fosse la festeggiata si guardava intorno ansiosamente piuttosto che godersi la festa.
Aveva detto che sarebbe venuto, per lei, e stranamente c’era anche stato ma adesso non riusciva più a trovarlo da nessuna parte.
Iniziò a preoccuparsi, così come accadeva tutte le sere, suo padre era uscito di nuovo senza che lei se ne accorgesse. Non poteva lasciarla così, non in quel momento!
“Dana!” sentì la voce maschile di un suo compagno di classe che si stava avvicinando con in mano due bicchieri pieni di alcolici.
“Hai visto mio padre?” Chiese lei agitata al ragazzo ancora prima che lui potesse aprire bocca.
“Ehm… Mi è sembrato di vederlo uscire poco fa.” Rispose confuso il ragazzo, per poi provare ad attaccare con un discorso diverso, inutilmente.
“Grazie Jay!” Dette una pacca al braccio dell’ amico e corse verso l’ uscita d’ emergenza mentre uno speaker annunciava la torta con tanto di candeline in arrivo. Maledisse se stessa e suo padre per il fatto di doversi perdere la torta mentre andava a sbattere contro l’ unica pianta dell’ appartamento, ma l’ ascensore era ora davanti a lei e si stava chiudendo. Accelerò il passo nella speranza di riuscire ad entrarci senza rimanere schiacciata tra le porte, ma non fece in tempo e per poco non prese una facciata.
Si precipitò allora giù dalle scale, un piano e premette nervosamente il tasto luminoso inutilmente perché l’ ascensore era già sceso, poi riprese a scendere le scale e al piano inferiore al precedente fece lo stesso, restando però questa volta davanti alle porte chiuse che riflettevano la sua immagine distorta; lunghi capelli biondi e ondulati le incorniciavano il viso, un paio di occhi grigi e le labbra piene. Respirò un paio di volte e si lisciò i capelli biondi, pronta ad affrontare suo padre.
Le porte si aprirono e la schiena di suo padre le apparve davanti agli occhi. Sospirò pesantemente e la ragazza russa entrò nello stretto vano della cabina, incrociando per un attimo lo sguardo azzurro del padre riflesso nello specchio davanti a lui. 
Le porte si chiusero dietro di lei, avrebbe avuto il tempo di tre piani prima di giungere al piano terra, doveva essere veloce e concisa. Si avvicinò ancora e avvolse con decisione le spalle del padre con le proprie braccia, rimasero così fino a che l’ ascensore non terminò la sua discesa, per un attimo solo lei si chiese se stesse facendo la cosa giusta, di tutte le cose che aveva provato non era ancora riuscita a staccare suo padre dalla bottiglia. La causa risaliva a quando lei era ancora piccola, a quando sua madre li aveva lasciati soli, quello già era stato un duro colpo, quando poi suo padre era riuscito a trovare una nuova compagna –una donna bellissima e umile, le aveva sempre ricordato una fata- tutto era precipitato con un disastroso incidente d’ auto, l’ ubriaco alla giuda dell’ altra auto aveva tolto la vita a quella donna felice e solare. Da quel giorno suo padre aveva sempre finito per non definirsi degno di niente, era certo di non essere più degno della felicità, eppure non si era mai accorto di avere una stella luminosa e raggiante sempre al suo fianco pronta ad accoglierlo tra le sue braccia.
Le porte del piano terra si aprirono.
“Cerca di essere felice, almeno per questa sera, fallo per me.” Le implorò lei mentre il calore si allargava dentro di lei. Suo padre annuii freneticamente per poi affrettarsi verso l’ uscita liberandosi dall’ abbraccio della figlia che rimase bloccata in quella piccola cabina a osservare la schiena di suo padre uscire nella fredda notte primaverile. Così neanche quello aveva funzionato. Abbassò la testa, scoraggiata, fissandosi i piedi con tristezza.
A ridestarla lievemente furono le porte che le si chiusero in faccia. A spaventarla fu invece l’allarme antincendio.
Sapeva che prendere l’ ascensore durante un incendio era una cosa più che stupida, ma che poteva farci? L’ allarme era scattato dopo che porte si erano chiuse. Implorò l’ ascensore perché si muovesse più velocemente e perché non precipitasse.
Quando finalmente le porte del piano si aprirono, rimase di nuovo bloccata, dalla porta in cui aveva appena dato la festa usciva del fumo nero e soffocante, mentre delle urla al suo interno superavano il volume della musica. Ogni pensiero dentro di lei si bloccò mentre l’ adrenalina e la paura cancellavano ogni pensiero logico e ogni minima idea. L’ unica cosa che fece fu lanciarsi verso la porta per aprirla e far uscire i suoi amici da lì dentro.
Strinse con forza la maniglia e girò, stranamente non era rovente, o forse non aveva sentito il calore per via dell’ adrenalina che era entrata in circolo. Il fumo le accarezzò il viso mentre un’ ondata di calore le toccava la pelle molto meno dolcemente.
Si aspettava un’ altra scarica di adrenalina che avrebbe guidato il suo corpo, invece rimase lì davanti paralizzata da ciò che stava vedendo; tutti i ragazzi erano ammassati ai muri mentre una figura al centro della stanza si agitava e urlava avvolta dalle fiamme, accompagnata dalla pianta da ornamento che stava creando un alone di bruciato contro il muro altrimenti bianco. L’ impianto antincendio si attivò, troppo tardi perché il corpo del ragazzo cadde a terra, mentre le fiamme continuavano a bruciare la sua carne, l’ odore che sprigionava era nauseante e temette per un solo istante di vedere la sua cena sul pavimento.
Quando quel raccapricciante spettacolo si consumò un silenzio assordante invase l’ appartamento, o forse di nuovo la sua mente si era rifiutata di sentire e vedere. Perché da quel momento non riuscì a ricordare come era finita nel parcheggio sotto l’ edificio.
 

Si trovava fuori dal palazzo; una camionetta dei pompieri, due volanti della polizia e un’ ambulanza illuminavano la facciata dell’ edificio con le loro sirene. Inutile dire che per il ragazzo mangiato dalle fiamme non c’era stato niente da fare. Ma quello che a malapena si poteva definire un incendio era stato spento.
Tremò, infreddolita in mezzo al gelo della notte fissando i suoi occhi chiari al quarto piano; da fuori non si sarebbe mai immaginato ciò che era successo all’ interno.
Una mano forte e calda si strinse sul suo braccio scuotendola appena –per un attimo pensò che quella mano potesse appartenere a suo padre-, quando si voltò incrociò il volto pallido e tirato di un poliziotto.
“Lo conoscevi?” Chiese lui con voce dura ma comunque calma. La ragazza lo guardò spaesata; non voleva sapere chi era stato mangiato dalle fiamme in quel modo, non voleva conoscerlo.
“Jay Mills?” Chiese ancora il poliziotto. Ecco, il cuore della ragazza si strinse fino a farle provare vero e proprio dolore, lacrime calde le solcarono il volto mentre annuiva freneticamente. Non poteva essere, perché proprio lui? Era sempre stato gentile con lei, non aveva fatto niente per meritarsi una fine del genere.
Una coperta calda le venne appoggiata sulle spalle. “Cosa gli è successo?” Chiese con voce stridula la ragazza. Il poliziotto sospirò, con una faccia desolata.
“Non troviamo altra spiegazione.” Disse lui come se avesse già rivelato di cosa si trattasse.
“Cosa? Che cosa gli è successo?!” Questa volta fu il suo turno di scuotere il poliziotto per farlo parlare.  Lui sospirò ancora, straziando ancora di più Dana.
“Non riusciamo a trovare altre cause se non l’ autocombustione.” A quella risposta la bocca di Dana si spalancò rischiando di staccarsi e finire per terra. Altre lacrime –questa volta di rabbia- premettero contro i suoi occhi per uscire ma lei si mise a ridere.
“State scherzando? Come posso credere a una cosa del genere?! L’ autocombustione non esiste!” Si accorse a malapena di urlare disperatamente, ma si rese bene conto che urlare e piangere non sarebbe servito a riavere il suo amico indietro. Lasciò la stretta sulle braccia del giovane poliziotto e si abbracciò tremando.
Parole di consolazione le attraversavano le orecchie senza mai rimanere impresse nella sua mente. Voleva solo vedere suo padre, non le importava se in quel momento sarebbe stato ubriaco e puzzolente di fumo, aveva solo bisogno di sentirsi tra le sue braccia, come tanti anni prima quando gli abbracci non si dovevano chiedere.

 
Poco prima:

La spiacevole puzza del fumo di una sigaretta gli giunse al naso e staccando gli occhi dal binocolo guardò in cagnesco la ragazza che come se niente fosse gli aveva soffiato il fumo della sigaretta direttamente in faccia.
“Lili, per favore…” Protestò debolmente tornando a osservare il fumo che usciva da una finestra lontana.
“È colpa del vento. Quindi è colpa tua” Sostenne lei calandosi meglio il cappuccio scuro sui capelli mezzi rasati e portandosi alle labbra la sigaretta. “Senti Alex, non è che stiamo sprecando di nuovo tempo? È tardi e domani ho una verifica.” Disse lei sbuffando altro fumo. Il vento si alzò scompigliano i suoi capelli scuri.
“Finiscila, a te non importa minimamente della scuola.” Rispose lui armeggiando con la rotella centrale del binocolo senza toglierli dagli occhi.
“Beccata.”
“Già, beccata.” Ripetè lui staccando finalmente gli occhi del colore del ghiaccio dal binocolo.
“Non farmelo pesare.” Sbuffò nervosamente altro fumo.
“No, intendo, beccata.” Indicò il palazzo che stava osservando fino a un attimo prima. Sorrise nel vedere l’ espressione esterrefatta di Lili e lasciò il binocolo nelle sue mani che si allungavano avide. Lasciò cadere la sigaretta, e lui con un’ espressione ancora più soddisfatta la schiacciò sotto il tallone per spegnerla.
“Cavolo.” Borbottò la ragazza aggrottando le sopracciglia. “È davvero lei. Non me lo sarei mai aspettata. Dana Raluca, viene a scuola con te vero?” Continuò lei tastandosi le tasche in cerca di un’ altra sigaretta, imprecando contro le proprie dita e Alex.
“Si, viene a scuola anche con te sai?” La ragazza rispose con un gesto nervoso della mano, come se stesse scacciando un insetto.
“Eppure sembra così strano, non me ne ero mai accorta prima.” Disse dubbiosa la ragazza.
“Non senti la sua energia?” Chiese lui avvicinandosi.
“Si ti credo, cavolo!” Esclamò lei staccandosi dal binocolo e spingendolo verso il petto del ragazzo, mentre lo guardava male. “Ma prova a spegnermi un’ altra volta la mia ultima sigaretta e giuro che ti congelo!” Il ragazzo rise di gusto, anche se sapeva che in quel momento Lili era del tutto seria.
“Colpa del vento.” Rispose sarcastico lui.
“Quindi è colpa tua” Inveì Lili, raccogliendo ciò che restava della sigaretta.
“Dai, andiamo ad aiutarla.” Disse lui ancora contento per la scoperta.
“Ti raggiungo dopo, ora ho da fare.” Si alzò e senza aspettare una risposta dal ragazzo aprì la porta che portava fuori dal tetto.



Ok, nuova long, che tanto long non sarà, si tratterà solo di 11 capitoli.
In questo prologo avete avuto solo un’ assaggio di quello che accadrà prossimamente, non credete che questa sarà una storia semplice u.u
La verità è che non ho molto da dire, anche perché appena ho pubblicato il prologo mi è passato completamente di mente queste note qui alla fine…  spero solo che questo esperimento (che a dire il vero neanche io so come chiamare, né so il genere giusto in cui inserirlo) possa essere di vostro gusto magari facendomelo sapere con una
recensione? :)
*Si fa piccola piccola e fugge*

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. A foolish villain in an endless chapter. ***


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Capitolo 1.
A foolish villain in an endless chapter.

 
Uno squillo, due squilli, tre squilli.
Un brivido le attraversò la schiena rischiando di farle cadere di mano il cellulare.
Quattro, cinque, sei squilli. Ancora niente.
“Avanti, rispondi.” Le sue parole si trasformavano in nuvolette di condensa.
Sette, otto, nove. Non avrebbe risposto, lo sapeva. Schiacciò il tasto rosso sullo schermo del cellulare e rimase a guardare per un poco lo schermo fattosi nero. Digitò di nuovo il numero, implorando perché suo padre rispondesse e la riportasse a casa.

C’è stato un incidente a tre isolati da qui.
Gracchiò una voce alla trasmittente di uno dei poliziotti.
“Ehi ragazzina, hai un parente che ti possa portare a casa?” Chiese il poliziotto più per sicurezza che per cortesia.
“Si certo.” Le si incastrò la voce in gola. “Mio padre sta arrivando.” Mostrò il sorriso più forzato che avesse mai fatto in vita sua e premendo ancora il tasto rosso del cellulare.
“Sarà meglio che qualcuno resti qui fino a che non arrivi allora.” Infilò le mani nelle tasche pronto ad aspettare.
“No, non c’è bisogno, davvero!” Esclamò lei, tentando di suonare convincente. Pur sapendo che non avrebbe rivisto suo padre prima dell’ alba.
“Dana!” Una voce gentile richiamò la sua attenzione, si voltò e si sorprese non poco di vedere il suo compagno di classe Alex, che non fosse andato alla festa? Non ricordava.
 “E tu chi sei ragazzino?” Chiese sospettoso il poliziotto.
“Sono suo fratello, la posso portare a casa io.” Detto questo strinse con forza il braccio della ragazza attirando la sua attenzione e intimandole di stare al gioco. Dana si ritrovò ad annuire freneticamente, ringraziando quella menzogna che aveva tirato fuori il suo amico.
“Tuo padre eh?” Disse il poliziotto poco convinto girandosi e salendo sull’ ultima vettura rimasta nel parcheggio, i due ragazzi attesero che l’ auto sparisse dopo la prima curva per tirare un sospiro di sollievo.
“Grazie Alex, ti devo un favore.” Disse Dana osservando il volto perfettamente ovale del ragazzo, ciocche di un biondo chiarissimo coprivano appena i suoi occhi del colore del cielo in una giornata di vento.
“Va tutto bene. Ora ti porteremo al sicuro.” Disse lui lasciando la presa sul suo braccio.
“Al sicuro? Perché? Io sono al sicuro.” Aggrottò le sopracciglia decisa a non muovere i piedi da dove si trovava in quel momento. “Senti, ti ringrazio davvero per quello che hai fatto poco fa, ma adesso devo trovare mio padre.” Alex la fissò intensamente, come a voler cercare qualcosa nel profondo dei suoi occhi.
“Cavolo.” Si lasciò sfuggire dalle labbra, per poi tastarsi le tasche in cerca del cellulare. Digitò velocemente il numero di Lili che fortunatamente rispose al secondo squillo.
“Cellulare di Glacies, se vi ho risposto è perché odio la mia suoneria, dica pure.”  La voce canzonatoria di Lili giunse alle sue orecchie come se si trattasse di una consulente messa a forza dietro a una scrivania.
“Non è il momento di scherzare, lei non lo sa.” Disse velocemente lui scoccando un’ occhiata alla ragazza che lo guardava come se fosse impazzito.
“Che cosa non so? Mi spieghi che sta succedendo?” Il tono della sua voce prese una sfumatura altamente nervosa, mentre si rigirava nervosamente tra le mani il telefono.
Dall’ altra parte del cellulare arrivò un sospiro e un breve silenzio.
“Strano, per noi non è stato così. Sono a pochi isolati da voi, finisco qui e sono da voi in cinque minuti. Immagino tu sappia cosa fare, vero?” Il tono della ragazza dall’ altra parte del telefono si era fatta estremamente seria.
“Certo.” Rispose lui un po’ scoraggiato, allontanando il telefono e voltandosi verso la ragazza che lo guardava in attesa di una risposta.
“Allora; ascoltami attentamente.” Prese ancora le braccia della ragazza che continuava a guardarlo confusa. L’ adrenalina ormai era svanita e la stanchezza aveva preso il suo posto. Vide un attimo un’ esitazione negli occhi del ragazzo e poi il suo viso che si avvicinava pericolosamente al suo; provò a dire qualcosa, per allontanarlo ma all’ improvviso sentì l’ aria dei suoi polmoni uscire come da una tazza rotta, iniziò a boccheggiare senza riuscire a staccare gli occhi dalle labbra semiaperte di Alex che lentamente si colorarono di macchie nere insieme a tutto ciò che c’ era intorno.
 

 “Ash! Ash!” Una ragazza dai lunghi a candidi capelli iniziò a correre per la casa buia, attraversando un lungo corridoio. “Ash!?” Girò su se stessa, cercandolo nei cantucci bui di quel corridoio non illuminato.
“Ashley è uscito.” Non era una voce piatta, calda e lievemente nasale, quella che sentì era cupa e apatica, arrochita dal fumo di troppe sigarette, una voce che mai si sarebbe attribuita all’ aspetto da ventenne che aveva quell’ ombra. Più semplicemente era una voce diversa da quella che si era aspettata di sentire. La ragazza sospirò scoraggiata aspettando di vederlo uscire dal buio.
La prima cosa a delinearsi fu il viso macchiato di trucco scuro seguito dalle spalle avvolte da un una giacca di pelle nera, la figura uscì quasi completamente dall’ ombra gocciolando dai capelli tagliati in modo irregolare goccioline di scura ombra che andavano perdendosi fra le assi del pavimento. I suoi occhi rilucevano di luce azzurra, tendente all’ indaco, che anche in quel luogo scuro spiccavano come fari mettendo in risalto il pallore del viso. Fece un passo avanti mentre i suoi abiti di pelle scricchiolavano.
“Cosa succede Ether?” Chiese lui abbassandosi -data la sua statura che raggiungeva quasi il metro e novanta- per guardare nei suoi occhi verdi, lei sobbalzò, raramente lui si permetteva di chiamarla per nome.
“L’ho sentito Andy! Il potere di Ignis si è svegliato del tutto.” Esclamò lei quasi saltellando sul posto e congiungendo le mani sul petto all’ altezza del cuore. Lì dove poco prima aveva sentito scoppiare una bolla di calore rovente. Gli occhi color cielo del ragazzo si fecero più tristi e si chiusero un istante per poi tornare esattamente come prima.
“Vado subito.” Si voltò e mentre tornava nell’ ombra da cui era sbucato una scintilla di una sigaretta che si accendeva illuminò per un istante le labbra del ragazzo, facendo luccicare il piercing sulla parte sinistra del labbro, poi sparì così come era apparso, in un attimo, mentre nell’ aria ancora alleggiava la sua voce.
I wish to god I'd known that I, I didn't stand a chance…*” La ragazza abbassò la testa, ascoltando quella piccola parte della sua canzone che si perdeva nel buio, sfuggita alle sue labbra, impossibile da arrestare un sorriso si allargò sulle sue labbra in contrasto con un senso di vuoto che si allargava dentro di lei.
 

Non si avvertiva più il freddo della notte, all’ ampio piano terra del palazzo si respirava un’ aria umida con un lieve sentore di bruciato.
“Allora? Non le hai detto niente?” La sua voce fredda lo portò a distogliere lo sguardo dalla ragazza sdraiata a terra puntarlo a quella in piedi affianco a lui; lunghi capelli scuri si muovevano come serpenti alla destra del suo viso pallido.
“Detesto queste cose.” Sospirò lui tornando ad osservare il volto coperto da capelli biondi di Dana, quindi si alzò. “Nn sarebbe meglio aspettare un po’. Hai visto cosa è successo.” Lili lo guardò male, come se avesse spento di nuovo la sua ultima sigaretta.
“Ho capito. Spostati.” Con poca gentilezza e una spallata spostò Alex che per poco non cadde a terra. Dopodiché prese per le spalle la ragazza a terra, e scuotendola iniziò a urlare, l’ eco della sua voce rimbalzava contro le pareti lisce.
“Sveglia ragazzina! Tuo padre è morto!” La scosse ancora, mentre sul volto di Dana appariva una smorfia e gemeva. Una mano forte seppur leggera strinse la sua spalla intimandole di smetterla.
“Lili, ma che stai dicendo?!” Lei si voltò, esasperata e fredda. Il vento fuori si alzò, sibilando e urlando, mentre l’ ambiente si raffreddava.
“La verità, ovvio.” Ed era vero, perché il ghiaccio è trasparente e le menzogne non lo possono intaccare. Sospirò, vedendo l’ espressione sorpresa di Alex, lasciò la presa sulle spalle della ragazza, che sembrava comunque più lucida di prima, le sue palpebre tremavano ancora, troppo pesanti per sollevarsi.
“C’è stato un incidente a tre isolati da qui, sono andata a controllare per vedere se Ether aveva mandato qualcuno, ma…” La sua voce era diventata un sussurro ed esitò, non del tutto sicura di rivelare ciò che era successo davvero.
“Lili.” Le intimò di proseguire. La ragazza sdraiata a terra riuscì finalmente ad aprire gli occhi, battendo più volte le palpebre, la sua espressione si fece interrogativa, nel vedere il volto poco conosciuto di Lili.
“Che è successo?” Si mise a sedere, guardandosi intorno e riconoscendo il luogo. “Che mi avete fatto?” Il suo sguardo si indurì fissandosi su Alex, anche Lili si voltò verso di lui.
“Perspicace la ragazza.” Quest’ ultima continuava a non capire; anzi era certa che quei due stessere facendo di tutto per mandarla in confusione, come se non fosse già abbastanza sfinita a causa di quello che era successo quella sera stessa. “Glielo spieghi tu?” Continuò Lili alzandosi e guardando Dana, indecisa se porgerle la mano o meno.
“Spiegarmi cosa? Non capisco!” Il suo volto era stanco ed esasperato.
 “Spiegarti che è stata colpa tua.” I tre lì presenti si guardarono intorno, senza riuscire a capire da dove provenisse quella voce. Una voce da adulto, profonda e rovinata dalle sigarette. Lili sospirò alzando gli occhi al cielo e prendendo per il polso Dana che si era alzata, e mettendosi tra lei e l’ angolo meno illuminato del piano terra; la luce della lampadina tremolò, illuminando a malapena il profilo da ragazzo dell’ individuo appoggiato al muro; i suoi abiti scuri sembravano essere un tutt’uno con l’ ombra intorno a lui, una scintilla si fece notare in quell’ alone di buio, per poi spegnersi di nuovo, un sospiro di fumo bianco uscì dalla sua bocca. Un ragazzo dall’ aspetto di un ventenne emerse dall’ ombra, mentre l’ eco di gocce che cadevano a terra si perdevano nell’ ampio spazio.
“Un Mors.” Si lasciò sfuggire Lili dalle labbra contratte.
“Preferisco Andy.” Le sopracciglia scure del ragazzo si aggrottarono e subito dopo un angolo delle sue labbra si tese. “Lilith.” La ragazza in questione storse il naso sentendosi chiamare per intero. Il vento al di fuori dell’ edificio sovrastava ogni cosa, mentre i respiri dei presenti si trasformavano in nuvolette di condensa.
“Cosa sta succedendo? Cosa è colpa mia?” Dana, seppur confusa aveva avvertito il pericolo e le sue mani erano tornate a tremare, mentre il sale premeva contro i suoi occhi. E nonostante la temperatura in quell’ ambiente si fosse abbassata di colpo continuava a sentire dentro di se un tepore più o meno rassicurante. Guardò meglio il ragazzo che era spuntato dal nulla, provando una sorta di avversione verso di lui; i suoi occhi azzurri cerchiati da trucco nero la fissavano spudoratamente, facendola innervosire ancora di più. Alex e Lili erano due presenze fredde e protettive davanti a lei.
“Non gli avete detto niente?” I due si irrigidirono e Dana nel sentire la sua voce le venne in mente il suono di carta strappata e le sembrò che la sua voce fosse rovinata non a causa delle sigarette, bensì dalle urla, quelle che si scappano alle labbra quando si odia il mondo intero, quando non si desidera altro che giacere sfiniti dopo aver consumato tutto il fiato. La sua sigaretta si illuminò di nuovo e Dana si concentrò su quella luce evanescente per scacciare tutto il resto. Il suo cuore perse un battito quando vide la carta che fungeva da rivestimento al tabacco prendere fuoco e consumare in pochi istanti ciò che restava della sigaretta che lui prontamente lasciò cadere a terra. il ragazzo puntò lo sguardo nei suoi occhi.
“Come ti chiami, piccola scintilla?” Andy la guardò con gli occhi di un predatore che sta osservando con attenzione il buco nero della tana della preda, poi rapidamente come la sigaretta era caduta a terra un ampio sorriso si dipinse sul suo volto, reso ancora più spettrale dalla riga di trucco nero che proseguiva dall’ angolo sinistro delle labbra come una cicatrice con dei punti di sutura. In quello stesso istante i vetri della porta dietro di loro si infransero, facendo entrare il vento freddo della notte. Dana si sbilanciò in avanti tanto erano forti le raffiche
“Che vuoi fare Aer? Farmi lacrimare gli occhi con questo venticello?” Urlò sprezzante il ragazzo per sovrastare il ruggito del vento.
“Vai via e portatela dietro.” Intimò con decisione Lili ad Alex che già si era voltato verso Dana la cui espressione era a dir poco shoccata.
“Non puoi farcela da sola!” Urlò lui prendendo comunque tra le braccia Dana.
“Si invece, ora va’ via.” Rispose lei mentre il vento portava all’ interno schegge di vetro.
Alex imprecò, sollevando di forza Dana e correndo via veloce come il vento stesso. Andy non distolse lo sguardo dal viso ovale della ragazza fino a che non fu lontana, spostò poi l’ attenzione sull’ unica persona rimasta.
Lili si era raddrizzata con le braccia incrociate al petto e sul volto un’ espressione molto più calma e serena rispetto a prima.
“Immagino non sia la solita visita di cortesia vero, Andrew?” Il ragazzo si avvicinò chinandosi leggermente per poter essere all’ altezza dei suoi occhi.
“È tutt’ altro che una visita di cortesia, cara.”

[Non è banalità, è pigrizia]

Bene, vi informo che aggiornerò ogni cinque giorni (detesto aspettare). Mai dato così poco tempo tra un capitolo e l' altro, wow. Comunque il capitolo precedente oltre a fungere da prologo mi ha dato un mucchio di problemi con l'HTML, perchè a quanto pare i colori e i caratteri che uso io non piacciono a EFP u.u, vabbè, vedremo come varrà fuori questo.
Ringrazio tutti i lettori, in particolare Homicidal Maniac per la recensione e Andry_S, che ha aggiunto alle seguite la storia ^^

chiama e assomiglia al cantante dei Black Veil Brides, è proprio lui! ._. 

* Dalla canzone Carolyn dei Black Veil Brides: Prego Dio che sapessi (in passato) che io, io non avevo possibilità di successo.”
La canzone ovviamente non è realmente dedicata a una ragazzina, bensì alla madre del chitarrista principale della band che era molto malata. Io mi sono permessa di prendere in prestito la canzone, ma mi sembrava il caso di specificare questo. Fine.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2. The demons running behind your eyes. ***


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Capitolo 2.

The demons running behind your eyes. 

“Li preferivo lunghi.” Disse lei debolmente resistendo all’ impulso di allungare una mano e sfiorargli i capelli dal taglio asimmetrico.
“Anche lei li preferiva lunghi.” Lili storse il naso.
“Per questo li hai tagliati?” Chiese lei con un tono di voce tagliente, ricevendo un’ occhiataccia letale.
Erano seduti sugli scalini appena dopo il portone d’ ingresso –il cui vetro era andato in frantumi poco prima- a un paio di metri l’ uno dall’ altra. Era stato lui il primo a sedersi, sostenendo di non aver voglia di fare un lungo discorso stando in piedi, poi anche Lili si era seduta, comunque piuttosto riluttante; mai si era fidata davvero di qualcuno.
Andy tirò fuori una sigaretta e un accendino, fingendo di non vedere lo sguardo desideroso di Lili, fece scattare la fiamma e aspirò una lunga boccata i fumo, per poi alzare il viso e soffiare il fumo bianco che si perse nel candore del soffitto.

Uno, due, tre, quattro, cinque, sei secondi per soffiare il fumo, nuovo record
! Commentò mentalmente Lili sospirando.
“Non dovresti fumare qui dentro, sai, c’è già stato un incendio.” Disse sarcastica lei; in verità non voleva che lui fumasse solo perché non poteva farlo anche lei.
“Una sigaretta non può far prendere fuoco a una persona.” Disse lui appoggiandola alle labbra. “Comunque, non è di questo che voglio parlarti.” Aspirò per poi sorridere lievemente alla ragazza seduta lì affianco. “Non credi che sia ora di muoversi, piuttosto che stare nell’ ombra e far finta che Ether non sia un problema?” Mentre parlava nuvolette di fumo uscirono a intervalli quasi regolari dalla sua bocca.
“Proprio tu parli.” Fece una pausa cercando le parole. “Ci stavo pensando.” Si fermò di nuovo, e congiunse le mani davanti al viso, incrociando  le dita. “Ma ho paura di sbagliare di nuovo.” Lui attese ancora perché si vedeva dalla sua espressione che aveva altro da dire. “Mi fa paura.” Ammise infine Lili riferendosi a quella che ostentava un’ aspetto da ragazzina con i capelli tinti del colore sbagliato.
Glacies.” La chiamò lui. “Non più Aqua. Sei cambiata e puoi farcela.” Il nervosismo iniziò a farsi vedere sul volto della ragazza. Un po’ perché non si sentiva pronta e un po’ perché tutti quei nomi latini non le erano mai piaciuti.
“Perché?” Chiese lei voltandosi verso di lui. “Perché vuoi che elimini Ether? Perché io? Una tua, una vostra –si corresse- nemica. Tu dovresti stare dalla sua parte, non dalla nostra.” Andy fece uscire due strisce di fumo dalle narici.
“Non iniziare a parlare di parti. Neanche tu mi sembri tanto leale al ragazzino.” Disse lui eludendo le sue domande. Aveva le sopracciglia aggrottate e la mascella contratta, i suoi occhi rilucevano di un azzurro glaciale.
“Io.” Tentennò. “Voglio solo far finire tutto questo.” Abbassò la testa, facendo in modo che i capelli lunghi che teneva a destra le celassero il viso.
“Allora dobbiamo muoverci, e in fretta.” Si ritrovò il suo fiato a pochi centimetri dalla spalla e per poco non sobbalzò dimenticandosi di quanto potesse essere veloce un Mors nella penombra. “Ho bisogno del tuo aiuto, da solo non posso fare niente contro di lei.” Fece una breve pausa “Infondo è stata lei a farmi diventare quello che sono.” Lili alzò la testa in tempo per riuscire a vedere un sorriso sprezzante sparire dalle sue labbra e un’ ombra nascondersi dietro le sue pupille.
“Rispondi alla mia domanda.” Disse lei. Il suo viso era pericolosamente vicino, lei poteva benissimo sentire l’ aroma di fumo e oscurità di cui erano impregnati i suoi abiti. La sua espressione non cambiò mentre si alzava con un movimento fluido, per l’ ennesima volta Lili si sorprese di quanto fossero lunghe le sue gambe. Poi si voltò dirigendosi verso l’ angolo scuro da cui era apparso, lei dovette contorcersi per voltarsi pur restando seduta e non perderlo di vista. Si infilò nell’ ombra e poco prima di svanire le sue parole raggiunsero Lili.
“Ho sempre odiato i segreti.”
 

“Va tutto bene Dana, guardami, va tutto bene, ok?” La teneva per le braccia e la scuoteva leggermente cercando i suoi occhi grigi. Le loro figure erano illuminate dalla luce dei lampioni del parco, ampio e buio.
“Chi era quello? Cos’è successo?
derʹmo*, non… io non…” La sua pelle si era colorita di nuovo.
“Dana!” La richiamò lui alzando lievemente la voce.
“Tu cosa sei?” Il suo sguardo era sperduto e sfinito, il che era il minimo visto tutto quello che aveva passato quella notte. “Se stato veloce come il vento, come è possibile?” Il tono della sua voce si affievolì sempre di più mentre la sua mente elaborava altre domande; di cosa aveva la colpa lei? Cosa stava facendo Lili con quel tizio? Com’ era possibile che condizioni come quelle che aveva appena vissuto potessero manifestarsi uno spazio chiuso di cinquanta metri quadrati? Ma soprattutto, suo padre?
 “Io sono il vento.” Disse lui abbassandosi per cercare ancora gli occhi della ragazza confusa. “Ora ti spiegherò tutto, con calma.” Continuò lui con il tono più rassicurante che conosceva. “Quindi chiedimi quello che vuoi sapere, ti dirò tutto.” La strascinò su una panchina riempita di scritte fatte a pennarello nero e la fece sedere.
“Ok.” La ragazza fece un profondo sospiro guardandosi le dita tremanti e affusolate. “Come è stato possibile che Jay…” Si bloccò, mentre un senso di nausea  le attorcigliava lo stomaco, non riusciva ad andare avanti.
“Ho capito.” La rassicurò lui prima di iniziare con le spiegazioni. “Lo hai toccato?” Chiese lui per avere una conferma ai suoi pensieri. Dana rammentò la pacca amichevole sul braccio che gli aveva dato lei prima di fuggire a cercare suo padre.
“Solo una pacca sul braccio, niente di più.” Disse lei come se dovesse vergognarsene. Alex annuì, cercando il punto da cui cominciare il discorso.
“Ascoltami, tu dentro di te hai il potere del fuoco, Ignis.” Aspettò che la ragazza assorbisse quella notizia e prima che potesse protestare lui le fece segno di lasciarlo finire. “Nella storia è successo più volte che nascessero persone con questi poteri particolari; Terra, Aqua, Aer –si indicò- e Ignis.” Terminò indicando Dana che con le sopracciglia aggrottate lo ascoltata attentamente.
“Lili è…” Iniziò lei tentennante.
“Lili è Glacies, la figlia di Aqua.” Terminò lui per lei, confondendola ancora di più. “Raramente capita che uno degli elementi nasca prima degli altri, e questo è quello che è successo; Aqua si è ritrovata praticamente da sola contro Ether e prima di essere sconfitta ha lasciato a questa generazione sua figlia Glacies, che conosciamo come Lili.” Sorrise appena “Anche se attorno alla figura di Aqua ci sono parecchi punti interrogativi.” L’ ultima frase fu un sussurro appena udibile che se Dana non avesse fatto attenzione si sarebbe perso nella brezza leggera.
“Cioè?” Nonostante le sembrasse tutto estremamente innaturale non poté fare a meno che interessarsi a quella che sembrava l’ inizio di una trama di un libro fantasy poco conosciuto. “Aspetta, chi è Ether?”
“L’Etere, il quinto elemento che si unisce agli altri quattro, e noi lo stiamo combattendo per non farci…” Fece una smorfia, che se non si fossero trovati in una situazione tanto assurda avrebbe fatto ridere Dana. “assoggettare.” Mimò con le dita il segno delle virgolette.
“E questo cosa centra con quello che è accaduto oggi?” Il ragazzo annuì, segno ce finalmente avrebbe dato una risposta più o meno semplice alla sua domanda.
“Questi poteri si manifestano in situazioni particolari, spesso con emozioni forti.” La guardò, aspettando di avere una sua conferma.
“Ero preoccupata per mio padre.” Disse lei notando le sue sopracciglia che si aggrottavano nervosamente.
“Ecco, deve essere stato in quel momento che il potere di Ignis si è svegliato, hai parlato con Jay e…” Nella mente di Dana balenò l’ immagine della pianta d’ appartamento vista all’ ultimo momento e l’ impatto con essa, poi la stessa pianta che andava a fuoco accompagnata dal corpo di Jay che cadeva a terra.
“No, non può essere!” Esclamò lei tentando di alzarsi inutilmente perche una presa fredda sul suo polso la costrinse a restare seduta. “Io non volevo fargli del male!”  Lacrime roventi  le solcarono il viso senza mai riuscire a completare il loro percorso perché evaporavano poco dopo gli zigomi. I singhiozzi iniziarono a scuotere il suo corpo con violenza mentre un calore insopportabile si propagava dentro di lei. Un paio di braccia forti la strinsero. “Non ti credo, non ti credo!”
 “È sempre difficile gestire questi poteri, e a volte sono loro a prendere il controllo. Ma se stiamo tutti uniti possiamo aiutarci a vicenda.” Dana continuava a piangere e Alex riusciva a sentire il suo calore scaldare i suoi stessi abiti. Fece un respiro profondo affondando il viso nei capelli chiari della ragazza. Dana sentì subito una fredda corrente correrle sul collo e giù per la schiena e l’ incendio che sentiva dentro di lei lentamente si fece più modesto.
“Mio padre?” Il suo sussurrò si perse nel collo di Alex, che sembrò non voler rispondere.
“Credo che sia meglio che tu lo chieda a Lili.” Dana si staccò dalla freschezza del suo corpo guardandolo negli occhi verdi per cercarci la risposta, e per un attimo ebbe l’ impressione di vedere profili di nuvole candide attraversare le sue iridi.
“Ma che scena romantica!” I due ragazzi si voltarono; un paio di occhi scuri come la pece li fissavano da sotto un paio di sopracciglia perfette. Dana si staccò completamente da Alex alzandosi quasi in piedi.
“Stai bene?” Chiese Alex preoccupato, Lili annuì lievemente.
“Dove è mio padre?” Lili, la guardò con un paio di gelidi occhi neri, senza parlare e logorare i nervi della ragazza, spostò solo un attimo lo sguardo sul viso preoccupato di Alex per poi tornare a guardare Dana.
“È morto.” Lo disse così come se niente fosse, con una freddezza impressionante che sbilanciò indietro Dana, si lasciò di nuovo cadere sulla panchina battendo i denti e rischiando di farsi saltare un pezzo di lingua. Sentì un vuoto allo stomaco e per un attimo si chiese se era quello che si provava quando il mondo che conoscevi ti veniva sfilato all’ improvviso da sotto il culo.

 
 

 
[Non è banalità, è pigrizia]

*Ricordiamoci che la nostra ragazza è russa;  derʹmo significa ‘merda’ (a meno che Google traduttore non menta, non mi sono mai fidata di lui). Spero che questo capitolo vi abbia fatto venire in mente qualche bella domanda, ma spero anche di aver dato qualche risposta. :3
Ho poco da dire, ringrazio Homicidal Maniac per le recensioni e tutti i lettori silenziosi. Ah, giusto, il titolo di ogni capitolo è una strofa della colonna sonora di questa breve long (non avrei mai pensato di trovare una colonna sonora per questa storia che non ha fatto altro che distrarmi).
A presto :)

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Capitolo 4
*** Capitolo 3. A simple shadow. ***


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Capitolo 3.
A simple shadow.

Net, net!” Alex sospirò, cercando il viso di Dana nascosto dalle mani. “Non ti credo, non può essere!” La sua voce si affievolì smorzata dai singhiozzi.
“Lili!” La rimproverò il ragazzo che teneva per le spalle Dana, cercando di tranquillizzarla e di non incendiare il parco.
“Che vuoi? Prima o poi lo avrebbe scoperto no?” Fece lei sollevando le spalle. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso; tutta quella freddezza nelle sue parole, come se si trattasse di un giocattolo che si era accidentalmente rotto e che non aveva più importanza, che non aveva mai avuto importanza. Dana si alzò mentre i capelli le si arricciavano per il calore reso umido dalle lacrime e con entrambe le mani colpì le spalle di Lili.
Una nuvola di vapore si allargò intorno a loro con un rumore troppo simile all’ acqua che viene versata su una piastra rovente. Lili cadde a terra, urlando di dolore mentre Dana cadeva sulle ginocchia, stremata e tremante. Alex imprecò con grande fantasia avvicinandosi a Lili che stava rannicchiata a terra stringendosi le spalle bruciate.
“Ora la congelo.” Sputò le parole trattenendo i gemiti di dolore, Alex spostò il vapore rimasto con un soffio e staccò le mani della ragazza dalle spalle bruciate.
“Merda.” La bruciatura era più estesa di quanto potesse sembrare, procedeva come una macchia d’ acqua su un foglio bianco lungo le sue braccia, mentre gocce trasparenti di ghiaccio sciolto bagnavano la ghiaia sotto di lei e la sua maglia chiara. “Tieni gli occhi aperti, Lili.” La sua testa ciondolava all’ indietro mentre lentamente l’ avanzare della bruciatura rallentava visibilmente , le sue palpebre tremavano. “Ehi, Lilith!” La pelle sana smise di essere mangiata dal calore ma la sua testa si abbandonò sulla mano di Alex.
 

La sedia era troppo alta e le sue gambe non abbastanza lunghe; quindi i suoi piedi penzolavano nel vuoto, avanti e indietro, avanti e indietro, ancora e ancora.
La luce bianca dell’ alba entrava dall’ ampia finestra illuminando il tavolo vuoto su cui appoggiavano i suoi gomiti, era tutta la notte che aspettava Andy; aspettava di sentirselo spuntare alle spalle, aspettava lo sgocciolio di un’ ombra.

Plic.
Plic.

Si voltò cercandolo con lo sguardo, ma era stanca e probabilmente la sua mente aveva solo deciso di accontentarla, i suoi occhi incontrarono solo il freddo bianco dei muri. Sospirò pesantemente e tornò a fissare i raggi chiari davanti a sé. Un’ aroma pungente invase la stanza mentre una scintilla cadeva a terra e veniva schiacciata da uno stivale scuro.
“Andy!” Ether saltò giù dalla sedia e si avvicinò alla figura nascosta nel buio, che si voltò parzialmente verso la finestra e strinse nella mano un lembo della tenda, con un movimento fluido poi la fece scivolare sui raggi chiari e la stanza cadde nella penombra.
Si chinò su di lei avvicinandosi al suo orecchio. “Scusa.” Disse poi sussurrando e tornando in posizione eretta. L’ espressione della ragazza si rattristò.
 “Che è successo?” Non lo avrebbe mai ammesso ma Ether aveva paura, paura per lui, paura che non tornasse più e cancellasse tutto quello che era accaduto prima di scoprire che l’ Etere risiedesse in lei, aveva paura che scomparisse. Di nuovo.
Trattenendo la sua afflizione fece un passo avanti abbassando la testa e nascondendo il viso con i capelli. Il contatto con la sua giacchetta di pelle scura sulla fronte e qualche borchia sulla guancia, poi le sue braccia intorno a lei e il suo mento sulla sua testa.
“È successo che non voglio farti preoccupare.” Stettero stretti così per un po’, in quella piacevole penombra ascoltando i propri respiri.
“Andy…” Iniziò lei, venendo però subito interrotta
“Ti manca mai,” Iniziò lui tentennando, Ether alzò lo sguardo vedendo però solo il nero dei suoi abiti. “La tua vecchia vita?” Terminò con un sospiro. Lei sette in silenzio a pensare a cosa aveva perso e cosa aveva ottenuto.
“Basta che tu mi stia vicino.” Lo strinse forte tra le braccia, sentendo lo scricchiolio della pelle dei suoi vestiti. Lui sorrise appena, sollevando un angolo delle labbra, non del tutto soddisfatto.
“Come puoi trovare piacevole la compagnia di una semplice ombra?” Nonostante provasse questa sorta di attaccamento e continuasse a preoccuparsi per lei, c’erano troppe cose nascoste dietro i suoi occhi, cose che non gli aveva mai detto e che non voleva dirgli. Il suo respiro si regolarizzò e si appoggiò sempre di più al petto di Andy mentre le sue gambe lentamente cedevano, vinte dalla stanchezza.
La prese fra le braccia come se non pesasse niente; il suo viso pallido era segnato da occhiaie scure e nuove lacrime. Andy pensò che non era giusto che lei si comportasse così, che continuasse a preoccuparsi inutilmente per lui, e nonostante lui desiderasse sapere cosa gli nascondeva credette per quel momento che non gli dicesse quelle cose solo per il suo bene.
“Cosa stai combinando Andy?”
Una voce piatta, calda e lievemente nasale di un ragazzo apparentemente più giovane di lui. Si voltò vedendo Ash nascosto nell’ ombra che con le braccia incrociate lo guardava da sotto le sue lunghe ciglia. Lunghi capelli scuri coprivano una parte del suo viso truccato. Un ampio cerchio nero intorno ad ogni occhio avrebbe potuto farlo sembrare una sorta di panda, ma a rendere il suo volto quasi innaturale era il modo in cui i muscoli sembravano non collaborare; sorrideva e i suoi zigomi sporgenti restavano immobili, strizzava gli occhi e sulla fronte non si formavano rughe d’ espressione.
“Lo porto in camera sua.” Rispose come se niente fosse, facendo spazientire l’ altro che alzò gli occhi al cielo.
“Andrew.” Ash si allungò afferrando il braccio del ragazzo che si stava dirigendo verso il corridoio.
“Perché me lo chiedi?” Si spostò leggermente all’ indietro facendo in modo che la testa di Ether si appoggiasse sulla sua spalla piuttosto che penzolare nel vuoto.
 “Non ci sei mai e non sei sempre stato così… distante, che succede?” Le sue dita strinsero sul suo braccio intenzionate a non lasciarlo andare. Lui stette in silenzio soppesando quello che avrebbe potuto dire senza farlo preoccupare troppo. “C’è qualcosa che non mi dici?”
“Le persone cambiano.” Voltò la testa incrociando gli occhi color cioccolato di Ash e lo guardò fino a che non lasciò la presa sul suo braccio. “Non preoccuparti per me Ashley, io sono solo un’ ombra. Prenditi cura di Ether piuttosto.” Si incamminò di nuovo.
“Tutti lo siamo, dannazione!” La voce spazientita di Ash non era più alle sue spalle, ora era davanti a lui, spuntava da un’ ombra lì vicino e a malapena riusciva a farci stare le spalle larghe, con un po’ di fatica uscì alla luce sbarrandogli la strada. “E tu,” Lo indicò. “non credere di dover fare tutto da solo, io sono dalla tua parte.” Abbassò il braccio sospirando. “Per qualsiasi cosa.” Le sopracciglia gli si aggrottarono, non del tutto sicuro di aver detto la cosa giusta. Ma infondo erano stati grandi amici, e forse lo erano ancora.
Lo lasciò passare, schiacciandosi contro il muro e senza staccare gli occhi dal volto stanco di Ether che dormiva tra le sue braccia, poi sparì nell’ ombra in silenzio così come era arrivato.

Entrò nella sua stanza con gli occhi a due fessure a causa della forte luce artificiale che entrava dall’ ampia finestra, la posò con delicatezza sulle lenzuola candide, la sua bocca si aprì sussurrando qualcosa di incomprensibile per poi richiudersi e distendere il viso in un’ espressione soddisfatta. Lui sorrise appena sollevando le sopracciglia che si piegarono come due larghe V capovolte. Si sedette lentamente sul bordo del letto attento a non svegliarla. Il suo viso ora era rilassato. Rimase a guardarla per un po’ con sguardo triste, il peso che si portava sulle spalle era tanto, in più tutto quello che aveva passato non alleggeriva il tutto, anzi.
“Through pain of heart or loss of mind, your burdens lifted. You aren't alone just know that I, can’t save our hearts tonight…*” Quelle parole gli sfuggirono fuori dalle labbra richiamate da vecchi ricordi.
Lui restava l’ perché non era certo di quello che stava per fare, la sicurezza di quella notte era scivolata via insieme alle lacrime di Ether, c’ era un forte legame tra di loro che a volte anche lui faticava a comprendere, forse per quella macchia nera nei suoi ricordi che sembrava permanente e bloccata a sei anni prima. E lui odiava i segreti.
Scostò dal viso della ragazza una ciocca candida di capelli, la sue pelle era tanto pallida da dare l’ impressione di rilucere, quando invece era solo la luce quasi diretta che entrava nella stanza. “Con tutta questa luce le ombre spariscono.”
Si alzò frugando nelle tasche in cerca dl suo pacchetto di Marlboro gold, dimenticandosi di aver fumato l’ ultima una decina di minuti prima. Il cartone sottile si accartocciò nella sua mano mentre si dirigeva verso la finestra. La luce gli ferì gli occhi chiari, i vetri opachi non lasciavano vedere ciò che c’era lì fuori e la luce prendeva in pieno, non riuscendo comunque a illuminare realmente i suoi abiti neri, la sua pelle si scaldava donandogli una sensazione fastidiosa mentre il suo braccio sinistro si allungava verso la tenda, pronto a sparire tra le ombre. Posò il suo sguardo su Ether, che ancora dormiva beata. “Questo potrebbe essere l’ ultima volta che vediamo come amici, piccola Carolyn.” E per un attimo si permise di tornare indietro, quando ancora non c’era bisogno do combattere contro la natura ma semplicemente contro la vita.
La sua mano si strinse sul tessuto ruvido e polveroso, poi tirò e la tenda scivolò dolcemente sulla luce, ora apparentemente mossa dal nulla.

 
Poco prima:

Di nuovo le luci dell’ ambulanza, di nuovo la puzza di bruciato che impregnava le sue narici. No, non poteva sopportarlo ancora, non ci riusciva.
Avevano preso Lili e l’ avevano caricata sulla barella in tutta fretta, mettendole sul viso la mascherina per l’ ossigeno, avevano poi chiesto ad Alex cosa fosse successo e lui aveva mentito con la bravura di un attore; passeggiava per il parco con sua sorella e quando avevano trovato casualmente una ragazza con delle ustioni a terra avevano chiamato immediatamente il 911, era stato davvero bravo perché per un attimo soltanto, e se non fosse stata lei stessa la colpevole di quell’ incidente aveva quasi creduto alle parole di quel ragazzo, che a scuola si rivelava essere sempre gentile con tutti. Poi si chiese se avesse mentito anche a lei in quel modo, e si sentì ancora peggio. Ma per quanto potesse sembrare assurda quella storia aveva attecchito perfettamente nella loro mente, senza porgergli ulteriori domande.
Non sapeva dire cosa fosse peggio, sentirsi sputare in faccia una gelida verità o farsi consolare da bugie agrodolci. Si sentiva uno schifo, quasi allo stesso livello degli insetti, se non anche peggio; anche se stentava a crederci un ragazzo era morto per colpa sua e un’ altra era in pericolo di vita. Poi una vocina crudele si fece sentire nella sua testa.

Non è morto per colpa tua, sei stata tu ad ucciderlo.
Allora si che si era sentita in colpa, tanto, troppo. Aveva pensato che la sua vita non valeva tanto quanto quella delle persone che aveva ferito, o ucciso, ormai quella parola aveva fatto presa nella sua mente. Il calore che sentiva dentro di lei era imploso su se stesso senza lasciare scintille lucenti in quel buco buio che avvertiva dentro di sé.
Ciò che accadeva davanti a lei scorreva oltre i suoi occhi come pellicole di vecchi film rovinati dall’ usura; immagini sfocate e sfuggenti, la panchina consunta sotto di lei aveva perso consistenza, l’ aria intorno a lei era irrespirabile. L’ urgenza le inondava le gambe, voleva correre via, scappare da quella realtà e così fece; con le lacrime che si impigliavano nei suoi capelli mossi nella foga della corsa e il cuore che premeva con forza inaudita contro le sue costole.
 

 Lo scheletro di una macchina, nastri della polizia a delimitare la carcassa annerita dal fuoco.
Un’ ombra di vernice era ancora evidente sotto lo strato nero di bruciato. Il cofano blu e le fiancate rosse; Dana l’ aveva sempre chiamata ‘La macchina di Superman’ con quei suoi colori di scarto delle officine che dubitavano della longevità di quella macchina, ma il modo il cui la chiamava lei era solo per tentare di far sorridere suo padre che quasi si vergognava ad andare in giro con quella macchina, ‘catorcio’ era definito da lui.
Quasi poteva vederlo; suo padre con le sopracciglia aggrottate e una mano sul volante mentre l’ altra restava fuori dal finestrino, a combattere contro il freddo di quell’ autunno arrivato in anticipo, poi di nuovo il fuoco che cancellava quell’ immagine e un’ altra vita a lei cara.
Era ancora colpa sua, ma non poteva capacitarsene, non voleva.
Ed eccolo ancora, il calore che tanto le faceva paura stava tornando a farle visita.
 

 Ancora il fuoco, lo vedeva tutt’ attorno a sé e stava divorando la sua vita, i suoi amici, le persone a cui teneva e qualsiasi altra cosa su cui posava gli occhi.
Sentì il pianto familiare di una ragazzina soffocato tra i cuscini caldi di lacrime e labbra tremanti. Girò su se stessa cercando quel suono tra il rosso di quelle fiamme che sembravano ghermirla ma non scottarla. Ed eccola lì, appoggiata con la schiena alla portiera annerita della macchina e la testa infilata tra le ginocchia, piangeva mentre lungi e mossi capelli biondi le scivolavano sulle braccia.
Dana cercò di chiamarla, di urlare e dire alla bambina di spostarsi da lì, era troppo pericoloso stare tra quelle fiamme, ma la sua voce si perdeva nel nulla, la gola bruciava e dalle labbra non usciva nessun suono, il vento ruggiva e le fiamme urlavano schiacciandole la testa con aste di gelido metallo.
Allora si mosse, tentando si avvicinarsi alla piccola che stava immobile seduta per terra, arrancando con fatica, combattendo contro le gambe che sembravano fuse con il terreno. Quando fu a circa due metri da lei la piccola alzò la testa e con le guance rigate di lacrime la fissò con uno sguardo accusatore. “Non voglio che papà sia di nuovo triste.” La sue voce acuta giunse alle sue orecchie stringendogli il cuore in una morsa rovente, conosceva quel viso, cavolo se lo conosceva; lo aveva visto per anni solo osservando la superficie liscia degli specchi. “Non voglio!” Urlò con tanta forza da sbilanciare indietro Dana. No, suo padre non avrebbe più sofferto, sarebbe stata lei ad alleggerire la sua tristezza e se solo avesse potuto se la sarebbe presa tutta, sarebbe stata lei a soffrire, non più suo padre. Ricordava benissimo la promessa che aveva fatto con se stessa.
Si accorse di stare piangendo solo quando una goccia salata non le si incastrò tra le labbra invadendo la sua bocca con quel gusto salato che tante volte aveva assaggiato.


Fatto sta che sono davvero di fretta, non ho neahce riletto tutto, ma se ci sono degli errori dovrei riuscire a corregerli per lunedì ._. Sorry!
Grazie e tutti quelli che seguono e che hanno messo la storia tra preferite/seguite/ricordate :)
*Di nuovo la canzone 'Carolyn' 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4. We can fight together. ***


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Capitolo 4.
We can fight together.

Le fiamme si alzavano feroci verso il cielo buio, volute di fumo grigio si alzavano sempre più, sarebbe passato poco tempo perché qualcuno non se ne accorgesse e allora… Non voleva neanche pensarci, quella notte era stata già abbastanza movimentata e affrontare un vero e proprio incendio gli faceva desiderare che l’ alba giungesse il più velocemente possibile.
“Dana!” Chiamò rivolgendosi al muro di fiamme che lo sovrastava, dovette coprirsi gli occhi che avevano iniziato a lacrimare per il calore per proteggersi da uno sbuffo di fumo diretto verso il suo volto. Imprecò e tornò a fissare i movimenti ipnotici delle fiamme. Non aveva altra scelta.
Si avviò a passo deciso verso le fiamme, mentre sentiva l’ aria riscaldarsi sempre di più contro la sua pelle. Sospirò con forza concentrandosi e il muro di fiamme sembrò ondeggiare all’ indietro per poi tornare rabbioso ad agitarsi in posizione eretta.
Un brivido corse sulla spina dorsale di Alex, mentre il vento intorno a lui si sollevava rabbioso e investiva le fiamme di fronte a lui; sprazzi d’ aria si aprivano tra le vampe roventi. Fissò il buco che si era creato, il vento lo avrebbe accompagnato, proteggendolo dalle fiamme e permettendogli di respirare nel fumo soffocante.
Avanzò a passo deciso strizzando più volte gli occhi per la forte luce che il fuoco emetteva nella notte buia. Non dovette avanzare molto per vedere una figura rannicchiata con la testa tra le ginocchia e circondata da una sfera di fiamme.
“Dana!” accelerò il passo, ma dovette rallentare di nuovo quando un’ ondata di calore lo prese in pieno, il caldo si stava facendo insopportabile, doveva muoversi altrimenti non avrebbe fatto in tempo a raggiungerla e sarebbe crollato lì.
Ogni passo era sempre più difficile del precedente, ma quando raggiunse la ragazza si lasciò cadere sulle ginocchia sul cemento rovente.
Lingue di fuoco serpeggiavano sulla su pelle, lasciando segni chiari che sparivano dopo pochi istanti, i capelli si sollevavano e si abbassavano da sbuffi di aria rovente. Avrebbe voluto prenderla per le braccia e scuoterla ma il calore saliva dalla sue pelle come vapore acqueo.
“Dana, apri gli occhi, guardami!” Le sue spalle erano scosse da singhiozzi. Alex aggrottò le sopracciglia per la fatica; sentì il vento sfiorargli le guance con delicatezza e lo vide sollevare i capelli di Dana che sembrò accorgersi della sua presenza. Sollevò la testa mentre i segni lasciati dalle lacrime evaporavano lo guardò spaventata, stringendosi nella stretta rassicurante delle sue stesse braccia, ora che sembrava aver riacquistato il contatto con la realtà il suo sguardo era confuso e spaesato; cosa ci faceva lì? Cos’ era successo? Si guardava intorno e non capiva perché tutto quelle stesse accadendo, si guardava intorno e non capiva perché lei fosse l’ unica a non soffrire.
“Dana,” Iniziò Alex avvicinando le mani al suo viso con cautela, non poteva sapere quanto calore fosse impregnato nella sua pelle ma non poteva stare lì e non fare niente, in fondo l’ aria e il fuoco si completavano a vicenda; il fuoco senza aria muore, per quello in quell’ esatto istante lei aveva bisogno di lui. Sospirando e ignorando il calore rovente che saliva dall’ asfalto  appoggiò le sue mani sul volto sfinito di Dana. Non era calda come sembrava ma la sue pelle fece comunque arrossare i palmi di Alex. Sollevò il suo viso e per la seconda volta durante quella sera avvicinò le loro fronti fino a farle toccare. Iniziò poi a respirare con forza, ad aspirare tutta l’ aria che stava intorno a loro. Così come un pezzo di cotone bagnato d’ alcol le cui fiamme vengono soffocate sotto un bicchiere di vetro trasparente, le alte fiamme intorno a loro si abbassarono sempre di più tremolando e gemendo, Dana boccheggiava mentre l’ aria le veniva sottratta dai polmoni , il suo viso si fece pallido mentre intorno a loro le fiamme svanivano e lasciavano solo scure cicatrici sul terreno. E fu così come quel pezzo di cotone le cui fiamme stano per estinguersi che all’ ultimo istante il bicchiere viene sollevando lasciando che il fuoco consumi le ultime tracce di alcol.
Dana si accasciò su di lui ansimante, mentre gli ultimi residui di calore svanivano, sostituiti dal freddo della notte.
“Va tutto bene, va tutto bene.” La cullò tra le sue braccia rassicurandola e accarezzandole i capelli ora crespi. Restarono un po’ così; lui a stringerla tra le braccia mentre l’ istinto gli urlava di andare via di lì il prima possibile, lei a regolarizzare il respiro e a sussurrare parole in russo per lui incomprensibili.
“Dobbiamo…” Cercò di farla alzare, ma lei lo interruppe.
“Perché?” Gli chiese alzando lo sguardo. “Perché lo ha detto con tanta leggerezza?” I suoi occhi supplicavano per un risposta. Lui sospirò.
“Lili è un’ orfana fin dalla nascita ha anche dovuto trovarsi un nome da sola per iniziare una vera vita, non sa quanto possa essere forte il legame con la famiglia. Dubito volesse ferirti in questo modo.” Si alzò in piedi sollevando anche Dana che sembrava stare per crollare per la stanchezza. “Mi dispiace per quello che è successo. Ma sai com’è, il ghiaccio è freddo.” Quando quelle parole le giunsero alle orecchie si infilarono come pugnali ghiacciati nel cervello, facendola sentire in colpa per quello che aveva fatto a Lili, quasi tutta la rabbia che aveva in corpo sembrò svaporare.
“E ora?” Chiese lei guardando il disastro che aveva appena combinato, la vocina nella sua testa le ricordò ancora una volta che tutto quello che era accaduto quella sera era colpa sua.
“Andiamo da Lili.” Prossima meta: Ospedale.
 

Il posto era ricoperto da uno spesso strato di vernice bianca, dall’ odore di disinfettante e lenzuola pulite. Attaccate al muro stavano due file delle più scomode sedie mai inventate di un orribile colore verde acqua, infermiere in camice bianco zampettavano da una parte all’ altra fin troppo allegre per trovarsi un ospedale pieno di pazienti malati nel bel mezzo della notte, e nonostante l’ ora tarda stando dentro l’ ospedale le luci al neon erano tanto forti da illuminare a giorno l’ ambiente. Dana teneva stretto tra le mani un bicchiere di caffè doppio ristretto; era quasi del tutto certa che quella grossa dose di caffeina avrebbe potuta tenerla sveglia per il resto della notte. Si allontanò dalle macchinette guardando con astio quella del caffè per il fatto di averle rubato dieci centesimi. Si diresse a passo fiacco verso le sedie ed Alex impegnato ad ascoltare ciò che un’ infermiera dai capelli del colore del fuoco gli stava dicendo. La ragazza rabbrividì involontariamente e quando giunse in prossimità dei due fece in tempo a sentire i passi della tizia allontanarsi.
“Allora?” Chiese ad Alex che si stava strofinando gli occhi stanchi.
“Buone notizie.” Rispose lui con un sorriso tirato. “Lili ha riportato delle gravi bruciature di secondo grado, comunque è fuori pericolo.” Si sedette, ignorando il cigolio della sedia.
“Mi sembravi piuttosto tranquillo anche prima di venirlo a sapere.” Lei fece lo stesso, bevendo un sorso del caffè.
“Beh, diciamo il ghiaccio sa proteggersi dal fuoco. Quando si sveglia possiamo entrare.” Disse con un sorriso, che servì solo a confondere ancora di più Dana. Si sentiva in colpa e l’ idea di vedere Lili in quel momento non le piaceva. Quasi non le piaceva neanche il modo in cui Alex la guardava, sembrava troppo felice e quasi orgoglioso di lei, tante, troppe domande le frullavano in testa.
“Io non volevo ferirla in quel modo.” Fissò il nero dentro il suo misero bicchiere di plastica.
“Lo so.” Rispose lui sorridente, Dana si chiese che aveva che non andava, forse si sarebbe dovuto riposare. “Ci sono delle domande che vuoi farmi vero?” La ragazza annuì. “Beh, abbiamo tutta la notte.” Appoggiò la schiena contro il muro.
Dana riordinò le idee, non sapendo bene da cosa cominciare, aprì e richiuse più volte la bocca senza dire nulla fino a che qualcosa di più importante non le attraversò il cervello. “Credevo di sapere che gli elementi erano quattro, lo avevi detto anche tu ma…”
“Terra.” il ragazzo annuì fissando il soffitto chiaro come se racchiudesse il senso di quella vita. “Terra era molto legato ad Aqua, si sentivano sicuri e hanno deciso di affrontare Ether da soli.” Alzò le spalle smettendo di parlare, come se il resto potesse essere benissimo intuito, infatti.
“Ok.” Dana sospirò, desiderando non aver fatto una domanda del genere, non voleva più sentire parlare di morti.  “Parlami degli elementi.” Il ragazzo annuì.
“L’acqua si oppone al fuoco e il fuoco all’ acqua, l’ uno è caldo e leggero, l’ altra è fredda e pesante.” Guardò Dana per assicurarsi che stesse capendo. “Allo stesso modo si oppongono l’ aria –leggere e calda- e la terra –pesante e fredda-.” Fece una pausa e continuò solo quando vede Dana annuire. “Aria e fuoco sono quindi alleati perché hanno tutte le caratteristiche in comune. Infatti l’ aria ravviva il fuoco e il fuoco con il suo calore aiuta l’ aria a muoversi. Queste sono le basi.” Le sorrise mentre le sue sopracciglia si aggrottavano.
“Le basi?” Chiese confusa.
“Beh, l’aria può anche essere umida e fare condensa, l’ acqua si scalda ed evapora oppure si mescola con la terra e forma il fango, il fuoco può scaldare il fango e farlo tornare a essere solo terra. Questo e tanto altro.” Dana sospirò, era tutto così complicato, per ora quella lezione sulla natura e le relazioni tra gli elementi -neanche si trattassero di veri partner,  o forse si- l’ aveva confusa abbastanza.
“Perché  Ether ce l’ha con noi?”
“L’ Etere è il quinto elemento, ciò che può racchiudere gli altri quattro. Ether ci desidera, naturalmente, e noi, da buoni elementali, ambiamo alla libertà.” Si accostò a Dana sollevano le sopracciglia “Io più di tutti.” Ammise. Anche se la situazione era assai poco chiara Dana stava iniziando a collegare il tutto.
“E quel ragazzo.” Non sapeva bene come chiamare una persona che sapeva spuntare dall’ ombra, quindi non riuscì a terminare la frase.
“Era un Mors, stanno dalla parte di Ether, così come esistiamo noi elementali del fuoco dell’ aria eccetera, esistono anche gli elementali dell’ ombra,” Fece una piccola pausa “anche se è più complicato di quanto sembra, non sono affatto sicuro che questa definizione sia giusta. Quello che hai visto tu è, come dire” Ci pensò un attimo su cercando le parole, dopo poco il suo volto si illuminò. “il suo pupillo.” Terminò la frase con una smorfia. I suoi occhi volarono per un istante al corridoio, dove si poteva scorgere la porta della stanza di Lili.
“Avevi detto cha attorno alla figura di Aqua c’erano parecchi punti interrogativi, cosa intendevi?”
“Intendevo semplicemente che non si sa quasi nulla di lei, ho conosciuto Terra che era nato poco dopo Aqua, era un po’ come un fratello maggiore per me, ma lei non l’ ho mai vista. Il poco che so su di lei potrebbe anche essere una bugia.”
“Cioè?”
“Cioè che Terra sosteneva che Aqua si fosse unita a Ether, che poi fosse morta e che per fortuna gli avesse lasciato una bambina con un potere molto simile al suo, poi però non ho ricevuto più nessuna notizia neanche da Terra.” Indicò con la testa nella direzione della stanza di Lili. Dana decise che per il momento potesse bastare, certo aveva altre cosa di chiedere ma era certa che avrebbe rischiato di confondersi ancora di più, ciò che la spaventava ora era se stessa.
“Cos’è successo?” Dana sperò che Alex capisse a cosa si stesse riferendo.
“Te l’ ho già detto, le emozioni forti scatenano i nostri elementi, il fuoco più degli altri, il ghiaccio meno. Con il tempo basterà la concentrazione per gestirli.” Guardò Dana che si stava mordendo il labbro inferiore neanche si trattasse della più invitante caramella gommosa. Lo sguardo della ragazza si spostò su di lui con un’ altra domanda malcelata. Lui sorrise. “Senza aria il fuoco soffoca, ho solo fatto in modo che il fuoco di troppo morisse, mettiamola così.” Un lieve sorriso increspò le sue labbra. Lei sospirò alzandosi e chiedendosi se il suo fondoschiena in quel momento fosse diventato quadrato per via della sedia.
“Sei troppo volubile.” Ricordava la durezza della sua espressione mentre parlava con i poliziotti, mentre affrontava Andy. Lui rispose facendo spallucce.
“Sai com’è, il vento. Ehi, dove vai?”
“A prendere un altro caffè.”
 

Aspettava fuori in corridoio da dieci minuti buoni, sentendo il litigio che proveniva da dentro la stanza; uno alla volta aveva detto un’ infermiera ed Alex era stato il primo ad entrare, ma appena si era chiuso la porta alle spalle la voce di Lili aveva sovrastato il suono dei macchinari e della voce di Alex, a quanto pare Lili stava meglio di quanto sembrasse. Ricordò la precedente conversazione che aveva avuto con il ragazzo e provò a pensare a loro come degli elementi stessi; un blocco di ghiaccio in balia del vento, restava immobile e immutato, il vento invece si raffreddava appena. Che fosse giusto così? O c’ era dell’ altro che le sfuggiva?
“Lili, non puoi uscire così!” Sentì la sua voce esasperata.
“Chi dice che non posso uscire? Una semplice brezza?” Eppure Dana continuava a far fatica a comprendere le battute di Lili su Alex. Anzi era certa che non avessero alcun senso.
“Torna a letto! C’ è Dana fuori che vuole parlarti.” Sembrò riuscire a bloccarla, invece Lili si era solo soffermata a riflettere.
“Esci che mi cambio, così esco e parliamo come si deve, poi andiamo a spaccare il culo a Ether.”
“Stai scherzando?”
“Mi hai mai visto scherzare su queste cose?” Una pausa. “Su, ora esci e vatti a sedere con la tua nuova amichetta che vi raggiungo subito. Sciò, sciò!” E lo cacciò fuori a forza.

Quando Alex fu finalmente uscito, si sedette di nuovo sul letto bitorzoluto su cui aveva riposato poco prima, le spalle le bruciavano e le prudevano, ma stavano guarendo davvero in fretta, era come ghiaccio sciolto che tornava alla sua forma originale. Sospirò, avvertendo il solito senso di pesantezza al petto, angoscia, si sentiva fuori posto, non si sentiva più a suo agio nella propria pelle.
Un fruscio, poi uno sbuffo. Si voltò vedendo ciuffi di capelli del colore della pece spuntare da sotto il letto mentre un paio di mani dalle unghie smaltate di nero si aggrappavano al letto, nel tentativo di far uscire il resto del corpo –per la prima volta notò che non tutte avevano lo smalto nero, l’ anulare destro era colorato di rosso ma evitò di chiedergli il perché, visto che conosceva fin troppo bene le sue risposte confuse.
Si sporse dall’ altra parte del letto dandogli le spalle. Fece per guardare sotto il letto quando la sua voce lo bloccò.
“Non lo farei se fossi in te.” La sua voce roca le arrivò alle orecchie bloccandola dove era, infondo aveva ragione, quale cosa assurda avrebbe potuto vedere? “Certo che se ci fosse un po’ più d’ ombra eviterei di fare la figura del maniaco.” Sbuffò uscendo completamente da sotto il letto. Lei si sistemò meglio senza staccare gli occhi da quelli di Andy che nel frattempo si era avvicinato alla misera finestra socchiusa.
“Dobbiamo fare in fretta, altrimenti il tuo amichetto si accorgerà di me.”Chiuse la finestra, mentre l’ ultimo spiffero si insinuava nella piccola stanza bianca, riferendosi ad Alex.
Lili si morse le labbra, fissando lo sguardo sulla parete chiara.
“Ok, è il momento di far sciogliere il ghiaccio.” Sentì gli occhi di Andy puntati sul suo viso, ma tentò di ignorarli. Ma ormai aveva deciso, ormai non si sentiva più se stessa, il suo animo chiedeva di tornare come una volta perchè in fondo la pelle che stava indossando non aveva mai fatto per lei.
“Quindi tornerai a invecchiare, ti dispiace?” Un mezzo sorriso si fece strada sul suo volto giovane.
“Sono giovane, non parlare di invecchiare.” Lei fece una smorfia. “Comunque no, mi sono stufata di restare così, bloccata, congelata –si corresse- a quest’ età.” Si guardò le mani fresche e giovani, non sarebbero dovute essere così.
“Sei sicura di volerlo fare?”
“Ma come, l’ ultima volta eri tu quello che insisteva.” Si voltò verso di lui con le sopracciglia aggrottate “Prima lo facciamo meglio è. Sono stufa di tutto questo.” Il suo sguardo era determinato, non si sarebbe fermata, non si sarebbe lasciata sconfiggere come l’ ultima volta.
“A me lo dici? Io ero preoccupato per te, sei sicura di voler riprovare come l’ ultima volta?” Lei lo guardò stranita, non credendo di aver sentito bene. Preoccupato? Aveva proprio detto ‘preoccupato’?
“L’ ultima volta ce l’ avevo quasi fatta.” Sussurrò. “Ora so cosa fare, e il ghiaccio non potrebbe mai funzionare.” Raccolse i vestiti. “E ora siamo insieme, così siamo più forti no?” Chiese tranquilla lei.
“Perché allora hai rinnegato quello che eri, nascondendo il tuo vero potere?”
“Sono successe troppe brutte cose.” Le sue labbra si allungarono in un sorriso amaro.
 

“Cosa c’è Alex?” Chiese preoccupata Dana al ragazzo che si era voltato indietro.
“Merda!” Esclamò, mettendosi a correre lungo il corridoio verso la stanza di Lili. Dana lo seguì senza capire, quando giunsero davanti alla porta Alex la spalancò, giusto in tempo per vedere degli abiti di pelle nera sparire nell’ ombra, portandosi dietro la figura di Lili.

Perchè ho sempre così poco da dire? 
Ehm... quindi, oltre a ringraziare tutti quelli che leggono non credo di avere appunti particolari da spiegare. Spero solo che le spegazioni di Alex siano state chiare (dovrebbe fare il professore, o no?) ^^
Alla prossima!

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Capitolo 6
*** Capitolo 5. I’ll never walk away. ***


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Capitolo 5.
I’ll never walk away

In verità non aspettava altro, viaggiare nelle ombre con una persona come lei, voleva sapere la verità che Ether gli teneva nascosta, e Lili l’ avrebbe vista, ne era certo.
 

“Andrew, tu sai cosa sono le ombre?” La sua voce tremava, come mossa dal vento.
Nessuna risposta.
“Sono segreti, paure, l’ ombra è fatta di rancore e rabbia.”
Ancora nessuna risposta. Solo un risolino nervoso e spezzato della stessa persona che stava parlando.
“E la tua è così nera…” La voce si affievolì, svanendo completamente poco a poco.
 

Inciampò in qualcosa di invisibile e riaprì gli occhi che non si era accorta di chiudere, intorno a lei il buio, ed era sola.
“Andy?” Chiamò debolmente, la sua voce si perse nel nulla più buio. “Andy?” Lo chiamò di nuovo ma alla fine esitò vedendo un varco luminoso aprirsi poco più avanti, anche se avanti era relativo, nel luogo che si trovava non esisteva sopra o sotto, non esistevano direzioni. Si accorse di avere freddo solo nel momento in cui vide il suo fiato trasformarsi in una nuvoletta di condensa, stringendosi tra le braccia e rabbrividendo appena per il dolore constante delle bruciature sulle spalle e si avviò verso quell’ apertura, all’ improvviso vi si ritrovò dentro, non riusciva però a capire se le sue gambe si stessero muovendo, inciampò di nuovo e questa volta si ritrovò sdraiata a terra, con ciuffi d’ erba umida che tentavano di infilarsi nel suo naso. Si alzò di scatto, temendo di avere fatto una figuraccia, ma il piccolo cortile in cui trovava era praticamente vuoto, fino a che una campanella non suonò con insistenza.
Un’ orda di ragazzini di diverse età si riversò fuori, e la cosa che più la colpì era l’ assenza di ogni colore, una patina di vernice bianca e nera aveva coperto ogni cosa, cancellando il verde vivace dell’ erba e i colori accesi dei maglioni invernali degli studenti che si stavano sparpagliando nel cortile.
Lili rimase ferma a contemplare quello strano scenario in cui si era ritrovata, non sapeva spiegarsi ciò che stava succedendo, quindi ancora con le mani premute sulle spalle si diresse a passo incerto verso i vari gruppi di alunni che si erano creati; poteva quasi distinguerli, c’erano i bulli, i secchioni, gli sportivi, ognuno di loro aveva preso possesso di uno dei tavolini di legno nel cortile, solo uno era praticamente vuoto. Vi sedeva un ragazzino con capelli neri che gli arrivavano alle spalle e abbigliamento scuro, ciò che attirò l’ attenzione della ragazza era il fatto che lui sembrava essere l’ unico a possedere ancora il colore, non che i suoi abiti fossero molto colorati, ma la sua pelle era rosea al contrario del grigiore che avevano assunto tutti gli altri, in più una bandana verde militare legata alla vita come cintura penzolava un po’ come una coda oltre il bordo della panchina su cui era seduto.
Aumentò il passo dirigendosi verso quel ragazzino girato di spalle. Questo sollevò la testa di scatto per poi voltarsi alla sua destra, il suo sguardo incrociò un gruppo di ragazzi più grandi di lui che si avvicinavano con espressioni poco rassicuranti dipinte sul volto. Il ragazzo si alzò in piedi, pronto ad andarsene da lì.
“Ehi emo, porta via le palle, questa è proprietà privata.” Il ragazzino scivolò via dalla panchina mentre il gruppetto dietro al ragazzo che aveva appena parlato ridacchiava, senza un apparente motivo.
“È quello che stavo facendo.” Borbottò il ragazzino raccogliendo lo zaino e facendo un altro passo indietro. Uno del gruppetto gli diede una spallata, rischiando di farlo cadere a terra, gli altri risero ancora, e continuarono a ridere, anche quando il ragazzino era sparito dalla loro vista.
Lili lo seguiva non da troppo vicino per non farsi notare, desiderava comunque poter scorgere più chiaramente il volto del ragazzo che ora era giunto davanti al suo armadietto verde, tappezzato di fogli di carta su cui erano scritti stupidi insulti e un consiglio a suicidarsi. Li strappò, quasi senza darci più peso, quella ormai era la routine.
Inserì la combinazione e posò i libri, deciso a tornarsene a casa e saltare le seguenti ore di lezione. Lili si avvicinò, non accorgendosi di un altro corridoio che sbucava poco più avanti, fece un salto indietro quando uno studente altro e ben vestito le tagliò la strada, ma questo sembrò non accorgersi minimamente di lei.
 “Ehi!” Lili imprecò, senza attirare l’ attenzione di nessuno, sventolò velocemente la mano davanti al viso dell’ ultimo arrivato che si era fermato una attimo a contemplare la scena del ragazzo vestito di nero, ma ancora non si accorse di lei. Sospirò, pensando che molto probabilmente nessuno si sarebbe accorto di lei in quella strana dimensione.
Sentì sbattere l’ armadietto e subito si voltò vedendo di nuovo il ragazzo riprendere a camminare, allora si mise a correre, con tutta l’ intenzione di passargli avanti e fare qualcosa, qualsiasi cosa, magari provare a farsi notare sarebbe servito a qualcosa, forse.
Lo superò e rallentando scrutò sotto le ciocche di capelli scuri, aveva un viso tondo, ma gli zigomi sembravano voler tagliare la pelle pallida, il naso dritto e un paio di grossi occhi blu. Era così familiare il suo volto che quasi fece fatica, non a riconoscerlo bensì a credere che potesse trattarsi di…
“Andy!” Una voce da bambina fece voltare il ragazzo che incrociò gli occhi scuri di una ragazzina dai lunghi capelli color platino e dall’ abbigliamento stravagante. Lili batté più volte le palpebre per visualizzare meglio l’ immagine che le si era presentata davanti, non poteva credere di trovarsi di fronte a Ether, di nuovo.
Istintivamente tutti i suoi muscoli si irrigidirono.
“Ciao Carolyn.” Cosa, Carolyn? Non ci capiva più niente, da cove era venuto fuori quel nome? Lei era Ether e basta. La ragazzina si affiancò a lui, per poi riprendere a camminare. Come era finita in quel posto?
Le balenò in mente che però Ether non sarebbe dovuto essere per forza il suo vero nome, perché nonostante ‘Ether’ fosse l’ equivalente di etere in latino –così come lo era Aer, Ignis, Glacies, Aqua- era anche un nome esistente e usato.
Continuò a seguirli, senza sapere che altro fare visto che anche l’ ultima arrivata sembrava non essere avvolta dalla patina in bianco e nero, data la sua maglia lunga e gialla e un paio di Dr. Martens di pelle bianca macchiati di terra. Era inquieta, nonostante si era accorta che nessuno dei due potesse accorgersi di lei.
“Non dovresti fare sega, Andy.” Gli disse lei preoccupata.
“Questa scuola di merda mi ha stufato, li odio tutti, voglio andarmene da qui, il prima possibile.” Seguì il silenzio interrotto solo dal rumore dei loro passi.
“Anche a me piacerebbe andarmene.” Sussurrò dopo un po’ la ragazzina che gli camminava affianco, e quando lui si voltò per guardarla i suoi occhi incontrarono un ampio sorriso. “Hai scritto qualcosa di nuovo?” Chiese lei entusiasta cambiano repentinamente discorso. Andy rimase un attimo interdetto ma dopo pochi istanti il suo viso pallido arrossì e le sue labbra si serrarono. Lili rimase bloccata, sorpresa di vederlo così, a parte la somiglianza impressionante con l’ Andy ventenne che conosceva, nient’ altro avrebbe potuto farle credere che il ragazzino che ora camminava a testa bassa si trattasse davvero di Andrew.
Erano giunti nel giardino dietro la scuola, da lì attraversando una piccola porzione del boschetto si potevano raggiungere una paio di piccole case.
 “Si…” Iniziò lui, venendo però subito interrotto da un’ altra voce.
“Ehi, voi due!” Si voltarono entrambi e incrociarono lo sguardo freddo e derisorio di un gruppo di ragazzi alti e grossi, in mano ognuno di loro aveva una pietra grossa come il palmo della mano. La mente di Andy venne attraversata da un orribile presentimento.
“Cosa volete?” Il ragazzino si mise davanti a Carolyn, tentando di mascherare il tremito della voce, il gruppetto di ragazzi non rispose, si limitarono guardarsi a vicenda e a scuotere le spalle, per poi spostare di nuovo lo sguardo sui due.
“Ci stavamo annoiando, e mi chiedevo se vi va di giocare con noi.” Risposero semplicemente ridendo ancora. Lili era confusa, ma soprattutto la rabbia dentro di sé aumentava a dismisura e stava iniziando a percepire l’ umidità sulla pelle.
Una pietra volò in aria, diretta verso il viso della ragazzina che spuntava da sopra la spalla di Andy che prontamente sollevò la mano per fermarla, la pietra toccò le sue dita e la traiettoria venne modificata, non abbastanza però per evitare la fronte di Ether, sulla quale si formò un segno rosso.
“Tutto bene?” Chiese lui voltando la testa, mentre un’ altra pietra si dirigeva questa volta verso il suo viso. Lili si lanciò in avanti per bloccarla ma la sua mano venne attraversata dalla pietra grigia e andò a colpire la guancia del ragazzo, sulla quale si formò un lungo taglio rosso. Si piegò su se stesso portandosi la mano al taglio che correva da metà della sua guancia fino alle labbra.
“Andy!” Esclamò la ragazzina dai capelli color platino, preoccupata e spaventata. Lili era sconcertata, perché lo stavano facendo? Non capiva. I suoi capelli ora erano bagnati e gocciolanti, sul suo viso colavano gocce di rabbia che si insinuavano tra i suoi vestiti.
“Basta!” Esclamò stranamente all’ unisono con Carolyn che aveva avvolto le sue braccia intorno alle spalle di Andy, i suoi occhi erano lucidi.
Ogni suono svanì, così come erano svaniti i colori, il rumore delle pietre che tagliavano l’ aria era un sibilo inesistente, i gemiti di dolore e le risate si incastravano tra le loro labbra.
Il gruppo di ragazzi ora sovrastava i due, continuando a lanciare pietre con forza. Il cuore di Lili si raggomitolò su se stesso in un misto di rabbia e disgusto, e si sentiva impotente, perché lo sapeva che non avrebbe potuto fare nulla, il passato non si può cambiare.
Uno strillo lacerò l’ aria immobile, lungo e acuto, ricordava lo stridio del treno sulle rotaie. Poi con grande sorpresa di Lili i ragazzi attorno a loro fecero un passo indietro per poi crollare subito a terra. di nuovo non vi era nessun suono ma questa volta era diverso, perché il silenzio ero ora semplicemente interrotto da un respiro affannoso, solo uno.
Per un attimo si chiese a quanto tempo prima risalissero quei ricordi, cinque, forse sei anni. Ed era possibile che il potere dell’ etere si fosse già risvegliato? Era possibile che fosse già in grado di uccidere e usarlo come meglio credeva?
 Con le gambe deboli e il cuore che batteva con forza, il viso contratto e i pugni stretti, tanto da conficcarsi le unghie nel palmo si avvicinò lentamente alla ragazza ora quasi sdraiata su Andy che giaceva sdraiato con i capelli incrostati di sangue, piangeva e tremava.
Lentamente si calmò, respirando profondamente e alzò lo sguardo, per una attimo Lili credette che stesse fissando lei ma il suo sguardo lucido le passava attraverso puntandosi sull’ orda di ragazzini che uscivano felici da scuola, pronti per tornare a casa, ignari di ciò che era appena successo. Strinse con più forza il suo corpo, mentre Lili era costretta a restare solo una spettatrice.
“Possiamo affrontare tutto questo insieme, possiamo combattere.” La sua voce era rotta e altre lacrime silenti colarono sul suo viso macchiato di rosso creando cerchi perfetti sulle guance pallide del giovane sotto di lei.
Un senso di urgenza la fece avanzare verso la coppia, le sue ginocchia sull’ erba umida e il volto vicino a quello di Andy; dalle labbra socchiuse non usciva nessun respiro. Rimase per un attimo così, come ad attendere che lui riprendesse a respirare per poi sedersi sui talloni, sconfitta. Come era possibile?
Osservò poi Ether che aveva appoggiato le sue mani sulle guance fredde di Andy.
“L’ etere è in tutti noi e io…” Sulle sue labbra si allungò un sorriso triste. “posso cancellare tutto questo.” Le sue mani tremanti gli accarezzavano il volto. Ecco la risposta alla sue precedente domanda; si, Ether poteva già controllare quel potere, avrebbe potuto soggiogare le menti delle persone e decidere di privarli della loro anima, del frammento di etere che risiede in ognuno.
“Andrew, tu sai cosa sono le ombre?” La sua voce tremava, come mossa dal vento.
Nessuna risposta.
“Sono segreti, paure, l’ ombra è fatta di rancore e rabbia.”
Ancora nessuna risposta. Solo un risolino nervoso e spezzato della stessa persona che stava parlando.
“E la tua è così nera…” La voce si affievolì, svanendo completamente poco a poco. Tutto intorno a loro sembrò svanire, ogni suono e ogni colore, le sensazione della terra contro le ginocchia di Lili svanì sostituito dal vuoto allo stomaco della caduta, mentre si sentiva tirare indietro per le spalle.

Giornata strapiena e per poco non mi dimenticavo di aggiornare ^^
Vorrei tanto avere qualcosa di furbo o intelligente da dire, ma mi ritrovo sempre qui con un mucchio di cose stupide in testa.
1) Scusate ma non poseggo un' immagine di Andy da giovane né di Ether/Carolyn 
2) Ecco il collegamento con il suo nome (Carolyn) e il titolo della canzone che nei precedenti capitoli è stata canticchiata (Carolyn, di nuovo)
3) Il bullismo è una brutta cosa, ma non sono del tutto sicura che si riesca a uccidere con tanta facilità una persona in una situazione del genere. 
Fine delle autocritiche, grazie per chi legge e chi recensisce ecc. ecc. Grazie! :D a presto

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Capitolo 7
*** Capitolo 6. Tear down! the walls that will surround ***


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Capitolo 6.
Tear down! the walls that will surround

“Non posso farlo!” Esclamò lei senza distogliere lo sguardo dall’ angolo un ombra della stanza.
“Si invece, nei sei perfettamente in grado, solo che non te ne rendi conto.” Mise le mani sulle sue spalle. “Sono generazioni che noi elementali ci esercitiamo in questo.”
“Appunto, generazioni! Non posso imparare in dieci minuti.” Sentì Alex sospirare alle sue spalle, gli girò attorno e si mise davanti a lei.
Dana distolse l’ attenzione da quella porzione d’ ombra che ora sembrava così minacciosa e la portò negli occhi di Alex che tentava di rassicurarla.
“Il fuoco è forte, e tu lo sei.” Il ragazzo annuì brevemente. “Nascondi la tua mano nell’ ombra e concentrati, abbatti ciò che ti blocca.” Detto questo si spostò di lato spingendo lievemente Dana verso l’ angolo, lei timorosa allungò la mano, le venne quasi da ridere pensando al fatto di non aver mai avuto paura del buio, e invece ora si ritrovava a tremare per via di un semplice angolo in ombra.
“A cosa devo pensare?” Chiuse gli occhi, sospirando.
“Lili.” Disse semplicemente lui, lei sobbalzò e le sue palpebre tremarono mentre i suoi occhi tentavano di sfuggire alle orribili immagini delle bruciature sulle spalle di Lili che a loro volta le ricordarono i resti di una vecchia auto carbonizzata e la puzza di carne bruciata di un corpo che si agitava in mezzo a una stanza.
Calde e roventi, lacrime silenziose le colarono lungo il viso, evaporando per l’ ennesima volta all’ altezza degli zigomi mentre sentiva l’ aria attorno a sé scaldarsi lievemente.
La sua mano urtò contro qualcosa di liscio, istintivamente vi si aggrappò, accorgendosi che la forma che aveva stretto si adattava perfettamente alla forma della sua mano.

“Of learning how and when we'll die, but we can't listen.” Nello stesso istante, o forse poco prima, in quell’ ombra che si era rifiutata di vedere aveva sentito seppur deboli parole canticchiate a fior di labbra.
“Preso!” Esclamò istintivamente lei, coprendo un’ esclamazione di sorpresa. Aprì gli occhi entusiasta di esserci riuscita, ma quando vide la sua mano inghiottita dal muro in ombra fece per ritirarla, avendo però la prontezza di non lasciare al presa.
Ciò che vide la impressionò e non poco, un paio di ampie spalle si delineò nell’ ombra, interrotte da un lungo manico nero di quello che Dana riconobbe come una chitarra, o forse era un basso, per un attimo fu certa di aver preso –chissà come- la stessa persona che si era presentata dopo aver ripreso conoscenza nel piano terra del suo palazzo, ma i capelli corvini e gocciolanti d’ ombra che vide erano troppo lunghi per trattarsi dello stesso ragazzo che aveva visto quella stessa notte. Ed era impressionante che tutto fosse accaduto così velocemente, della velocità con la quale il mondo che conosceva le era stato sfilato da sotto i piedi.
Il suo braccio incontrò resistenza mentre quella persona che non conosceva tentava di tornare nella sua ombra.
Un paio di mani si strinsero sul suo polso aiutandola a tirare.
Emerse dall’ ombra il profilo dai tratti delicati di un ragazzo dall’ espressione sorpresa e lievemente spaventata.
“Ma che cazzo…?” Si sbilanciò all’ indietro uscendo completamente dall’ ombra, i suoi abiti erano in pelle scura proprio come quelli di Andy, anche i suoi cosparsi di borchie più o meno appuntite, nonostante i suoi lineamenti non fossero difficili da riconoscere spesse linee di trucco nero contornavano gli occhi color cioccolato, mentre una porzione di capelli sopra la tempia destra era rasata, proprio come quelli di Lili.
 Lasciò la presa sul manico del basso che scivolò tra le sue scapole e la tracolla raschiò contro il collo, si chiese da quando in qua degli strumenti così si portassero senza custodia.
Il ragazzo, che dimostrava meno dell’ età che realmente aveva li osservò esterrefatto per poi voltarsi di nuovo verso il muro chiedendosi come fosse stato possibile. Si girò poi del tutto dando le spalle all’ ombra dalla quale era uscito passandosi le mani sulle maniche del chiodo nero come per togliere della polvere, scrutando per bene i sue adolescenti che si era ritrovato davanti.
“Ho sbagliato.” Disse la bionda portandosi le mani sulla bocca e arretrando insieme ad Alex; spiazzata dalla situazione in cui si era ritrovata.
“No, no. Al contrario, ci sei riuscita perfettamente.” Una voce calda e lievemente nasale, da ragazzino, giunse alle loro orecchie. “Solo gli elementali e noi Mors riescono a fare quello che hai appena fatto, immagino quindi che tu sia, fammi pensare” Si portò una mano al mento, storcendo lievemente le labbra in modo quasi beffardo. “Ignis! E tu sei Aer vero? Sei difficile da trovare, al contrario della tua amichetta, che luccica come una scintilla.” Esclamò poi con l’ entusiasmo di un bambino. Alla ragazza venne in mente per un istante la frase che aveva detto Andy: “Come ti chiami, piccola scintilla?” e brevi brividi le attraversarono la schiena.
Dana sentì Alex imprecare dietro di lei mentre un brivido le correva per la spina dorsale, poteva a malapena immaginare la situazione in cui si erano cacciati, perché non avrebbero mai potuto prevedere una cosa del genere.
“Così rendete il tutto troppo semplice.” Disse lui intonando le parole in modo strano, un po’ come se stesse cantando. In quello stesso istante le piccole finestre si spalancarono e i cardini gemettero, mentre nella stanza si riversava il vento gelido della notte.
“Oh, andiamo.” Alex si mise davanti a Dana. “Cosa credi che possa fare del vento contro un’ ombra?” Ancora quel tono. La ragazza strinse i pugni, mentre un’ ondata di coraggio –o stupidità, decidete voi- la invadeva, afferrò il braccio di Alex e lo tirò appena un po’ indietro mentre faceva dei passi avanti. Il volto truccato del ragazzo si fece più serio e lievemente preoccupato.
Un sorriso nervoso si disegnò sulle sue labbra. “Il fuoco fa luce, no?” Le sue mani tremavano, mentre il poco calore che sentiva in lei l’ abbandonava e il vento le sferzava il viso. Il ragazzo vestito di nero fece un passo indietro, con la rabbia dipinta negli occhi color cioccolato. Ma non gli ci volle molto per capire che lei non sarebbe riuscita a fare nulla, un sorriso sghembo si allungò sul suo volto, rivelando appena una dentatura bianca e perfetta, si portò avanti muovendo appena le spalle per far scivolare meglio il basso che portava a tracolla tra le scapole.
“Alex,” Portò una mano indietro fino a sfiorare la sua, che prontamente strinse le sue dita in una stretta fresca e rassicurante. “non ce la faccio da sola.” Tentò di non farsi sentire dal ragazzo che stava davanti a loro, ma il sorriso sul suo volto si allungò ancora di più, e i suoi anfibi scivolarono in avanti sul linoleum, emettendo un suono spiacevole.
Poi fu come respirare di nuovo, era come uscire da sotto le coperte pesanti e respirare l’ aria umida della notte dopo troppo tempo. Sentì il calore propagarsi di nuovo in lei e i capelli alla base del collo arricciarsi lievemente, mentre il pallore della pelle svaniva sostituito da un lieve rossore.
“Insieme.” Alex premette la sue mano tra le sue scapole e la spinse fino a farle fare un passo avanti, mentre il ragazzo davanti a loro arretrava un’ altra volta. Strinse con forza la sua mano mentre riportava a dolorosamente a galla i ricordi di un vecchio incendio, del fumo che con lente e pigre volute si innalzava verso il cielo.
Una scintilla, il rumore di uno zippo che si apre, un movimento al limite del suo campo visivo, lentamente quasi con timore spostò il suo sguardo verso il letto alla loro sinistra, le coperte stavano bruciando e pezzi di cenere cadevano a terra, lasciando scuri aloni sul linoleum.
Una altro colpo di vento sferzò i loro visi alimentando il fuoco, mentre gli occhi faticavano per restare aperti un guizzo di nero e il volto truccato del ragazzo venne coperto per un istante dai suoi lunghi capelli, muovendosi velocemente si era voltato e ora stava di nuovo sparendo nell’ ombra.
Il suo corpo si mosse da solo spinto da una volontà che non sapeva di avere, probabilmente fu di nuovo un momento di stupidità ma si lanciò in avanti e riuscì ad afferrare di nuovo il manico del basso che stava sparendo nell’ ombra rimasta nella piccola stanza, con l’ intenzione di tirarlo di nuovo fuori, ma prima che potesse accorgersene una forza più grande della sua la tirò, trascinando lei ed Alex nella stessa ombra da cui avevano visto uscire il ragazzo senza neanche dare loro il tempo di imprecare.
 

Sangue. Se lo sentiva addosso, si sentiva soffocare, sentiva la pelle lacerarsi e sanguinare, sentiva brividi gelidi che con zampe d’ insetto le correvano per tutto il corpo, si sentiva immobilizzata, rigida e congelata, il dolore la colpiva e lei non riusciva a fare niente, non riusciva ad urlare e per un momento credette che quella sorta di incubo non dovesse mai avere fine, fino a che un paio di mani forti non l’ afferrarono di nuovo per le spalle, tirandola via da quel buco di dolore e sangue nero.
Riprese a respirare con affanno mentre i suoi occhi tentavano di abituarsi alla luce improvvisa dell’ alba, un altro brivido le percorse la schiena facendola fremere, e finalmente si rese conto del luogo in cui si trovasse, più o meno; si trattava di una strada vuota, piena di polvere e case abbandonate che troneggiavano ai lati della strada sui muri abbattuti, dov’ era quel posto? Qualcosa al limite del suo campo visivo si mosse lievemente attirando la sua attenzione, ed ecco Andy che stava accucciato e in equilibrio sulla parte davanti degli stivali mentre le ginocchia formavano una ‘V’ sulla quale erano appoggiati gli avambracci, e la osservava con quei occhi di un colore impossibile che contrastava con il pallore del viso aspettando che lei dicesse o facesse qualcosa. A malapena Lili riuscì a resistere alla tentazione di allungare una mano e passarla sulla guancia segnata dal trucco scuro che delineava una lunga cicatrice e punti di sutura, per assicurarsi che lì ci fosse davvero solo del trucco nero e nient’ altro.
“Si è sciolto il ghiaccio?” Lei sobbalzò appena, passandosi le mani sulle braccia come a voler togliere quel che restava di quelle orribile sensazioni.
“Cosa è successo?” Chiese lei con la voce mossa da un altro brivido. “Comunque si sto bene , grazie per averlo chiesto.” Disse subito dopo con voce bassa.
“Quello che succede quando si esce dall’ ombra di qualcuno,” Fece un sospiro cercando per un momento le parole giuste. “l’ uscita da un’ ombra è il passaggio peggiore, sono le sensazioni più forti che ha provato la persona a cui appartiene l’ ombra.” La sua voce rimbombava roca e bassa in quel posto dimenticato.
“E tu senti questo tutte le volte?” Le sue spalle si sollevarono appena e l’ angolo della sua bocca si sollevò appena, mettendo in risalto il segno nero che nasceva sulle sue labbra. Era impaziente, eppure infondo sentiva una sorta di timore, come se la verità potesse rivelarsi la scelta sbagliata. “È il prezzo da pagare? Rivivere ciò che si ha provato durante la propria morte per continuare questa vita?” Il tono di Lili si alzò mentre portava le gambe al petto per alzarsi da terra, ma qualcosa nello sguardo di Andy la bloccò, la sua mascella era contratta, i suoi occhi fissi e quasi inespressivi mentre le sue palpebre si chiudevano sugli occhi per poi svelarli di nuovo di un colore tanto intenso da tendere quasi all’ indaco, lentamente.
I muri era caduti, le barriere che bloccavano i ricordi erano crollati, scuotendo tutto il resto.
Lui non ricordava.

Ha-ha, le cose iniziano a mettersi male un po' per tutti! (non fetevi ingnnare questo è il mio ennesimo tentativo di tentare di dire qualcosa di intelligente).
Si, le ragazze in questa storia combinano un mucchio di casini,  al contrario dei ragazzi...
Ecco, ho finito, grazie a chi legge in silenzio e chi recensisce, grazie davvero!
A presto ;)

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Capitolo 8
*** Capitolo 7. Cry out! Above the burning sound. ***


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Capitolo 7.
Cry out! Above the burning sound.

“Ehi, Ashley!” Una locanda in stile far west si delineò davanti ai loro occhi, tavoli e sedie in legno, un barista grosso dietro al bancone e tante giovani donne dagli abiti succini si aggiravano tra i tavoli, con tanto di decorazioni di pellicce di animali e cappelli da cow-boy. Si guardarono intorno non riuscendo a distinguere i colori di quel posto su cui era colata una patina di bianco e nero. Una persona in particolare attirò la loro attenzione, era girato di spalle e in mano teneva un bicchiere di vino rosso, sulle sua gambe stava seduta una donna dal seno florido e la scollatura esagerata, ma la sua pelle era rosea, seppur pallida, al contrario del grigiore che avevano assunto il resto dei clienti e questo si voltò cercando la persona che l’ aveva appena chiamato. “Guarda che Amelia è pericolosa.” Scherzò lo stesso amico che lo aveva chiamato prima indicando la donna apparentemente bionda seduta sulle sue gambe.
 “Oh, bene, mi piacciono le donne pericolose.” Commentò lui accarezzando il fianco di Amelia che gli si spalmò addosso il più possibile, la sua voce era la solita, piatta ma calda e lievemente nasale, ancora da ragazzino nonostante non avesse più l’ età per comportarsi da tale, o almeno, questo era quello che dicevano gli altri. Lo riconobbero a malapena senza lo strato di trucco con cui l’ avevano visto prima, gli zigomi erano comunque sporgenti, il taglio di capelli era lo stesso, ma così era più facile intuire la sua età, la sua pelle non era molto pallida, le sopracciglia sottili e gli occhi lievemente allungati, non sembrava più il ragazzino che Dana aveva tirato fuori dall’ ombra; era un uomo, un donnaiolo.
“Dove siamo finiti?” Chiese Dana sottovoce timorosa di attirare l’ attenzione, Alex affianco a lei si guardò intorno.
“Credo.” Fece una pausa, poco sicuro di quello che stava per dire, le sue parole rimasero bloccate nell’ aria. “Che ci troviamo nei ricordi del nostro nuovo amico.” Indicò la persona in questione che in quel momento si stava alzando, tenendo per mano la donna e nell’ altra il bicchiere mezzo vuoto.
“Andiamo di sopra.” Era quasi una domanda, che indusse istintivamente la donna ad annuire muovendo le labbra carnose.
I due ragazzi restarono immobili quando si videro i due passare davanti, ma con loro grande sorpresa nessuno dei due sembrò accorgersi di loro. Iniziarono a salire le scale, quando Dana si rese conto di non voler vedere ciò che avrebbero fatto i due di sopra, ma tutti intorno a loro divenne più sfocato, i volti divennero macchie scure e la porta della locanda si aprì per l’ ultima volta mostrando una ragazzina dalla bizzarra tinta alla quale per un momento Ash aveva prestato attenzione, prima di sparire su per le scale.
“Dobbiamo salire.” Disse Alex afferrando il suo polso e iniziando a seguire i due.
“Non voglio!” Esclamò Dana, decisa. Ma il ragazzo le fece cambiare idea quando indicò le persone che si trovavano sedute in un angolo e le fece notare un cambiamento, i loro volti sparivano, e i loro corpi diventavano informi.
“Dana, questo è un ricordo di Ash, non possiamo stare in luoghi che lui non ha nei ricordi, verremo cancellati anche noi.” A quanto pare, le persone lì sedute non erano un ricordo importante, a parte l’ ultima arrivata, che era rimasta bloccata sulla soglia della porta,i suoi tratti restavano invariati perché gli occhi di Ashley non avevano più potuto seguire i suoi movimenti.
“Va bene.” Rispose sconsolata Dana, al massimo si sarebbe coperta gli occhi, non le interessava vedere una danza tra le lenzuola. Con una punta di timore si chiese come e quando sarebbero usciti da quel ricordo, ma la preoccupava il ‘se’, sarebbero davvero usciti da lì? “Ma giuro che appena iniziano a spogliarsi smetto di guardare.” E in quel momento avrebbe quasi voluto strozzare Alex che stava tentando di trattenere una risata.
Riuscirono infine ad infilarsi nella loro stanza poco prima che la porta gli si chiudesse in faccia, l’aria nella stretta stanza di quella locanda era fresca per via della finestra lasciata aperta e alleggiava nell’ aria, accompagnato dal dolce odore dell’ umidità, un delicato profumo di lavanda.
A quanto pare Amelia non voleva perdere tempo perché si era già liberata dei vestiti restando solo con l’ intimo addosso, i suoi lunghi capelli biondi le ricadevano morbidi sulle spalle e sul seno, messo in evidenza dal reggiseno dai colori sgargianti. Ash era seduto sul letto a mostrare il petto nudo e tatuato mentre con i piedi si ingegnava per togliere gli stivali senza doversi abbassare, con tutta probabilità non voleva distogliere lo sguardo da quella donna così provocante che impaziente si era già seduta su di lui passando le lunghe unghie smaltate sulla sua pelle, lasciava segni invisibili mentre tentava di farlo sdraiare sul letto, sotto di lei.
 Le sue mani corsero al suo viso e lo accarezzarono un paio di volte scostando i capelli corvini, le sue dita si soffermarono poi sulle mascelle e da lì riprese a graffiarlo, le sue unghie corsero giù segnando il suo viso e il suo collo con tre segni rossi e paralleli, provando piacere nel sentirlo gemere di dolore. Lui gli bloccò le mani, stringendole i polsi e facendola finire sotto di lui, iniziò ad accarezzarle la pelle e a coprirle il collo di baci e morsi mentre lei continuava a passare i suoi artigli su di lui.
Amelia lasciò cadere un braccio accanto al suo capo, la mano scivolò sotto il cuscino, sul suo volto si allargò un orribile sorriso.
Sentirono Ash gemere e lo videro portarsi una mano al fianco, abbassò lo sguardo e un’ espressione sorpresa e disperata colorò il suo viso, tra le costole un coltello si stava macchiando velocemente di rosso mentre piccole gocce di sangue creavano cerchi perfetti sulle lenzuola. Il corpo di Amelia scivolò via mentre quello di Ash crollava su un fianco, la mano attorno alla ferita letale e la bocca che cercava l’ aria sottratta dal polmone bucato.
I due non avevano fatto in tempo a fare niente, ma comunque il loro intervento sarebbe stato nullo, il passato non poteva essere cambiato.
La donna raccolse i vestiti e uscì velocemente regalando un ultimo sorriso all’ amante agonizzante. Una macchia rossa si stava allargando sul suo petto tatuato e ora impregnava le lenzuola candide.
Dana si voltò parzialmente affondando il viso nella camicia blu scura di Alex che la avvolse con le braccia, senza però distogliere lo sguardo, lei però non voleva guardare, non poteva guardare, quella notte aveva già visto troppe persone morire o sparire, quelle le sarebbero bastate per una vita intera, non voleva veder altra sofferenza, si sentiva ancora scioccata per ciò che aveva fatto a Lili. I sensi di colpa ripresero a bruciarla, se solo fosse riuscita a trattenerla ora nessuno di loro si sarebbe trovato in una situazione simile, se avesse fermato davvero suo padre, se, se…
Passi nel corridoio, sempre più vicini e veloci, una testa sbuca dalla porta lasciata socchiusa, ha la chioma color platino, occhi di un intenso blu che subito vanno a puntarsi in quelli spenti del colore del cioccolato di Ash, apre la porta ed entra nella stanza, Alex scuote Dana intimandola a guardare l’ ultima scena di quel ricordo. La ragazza dal corpo magro si mette in ginocchio sul letto, sporgendosi su di lui, le sue ginocchia vennero raggiunte dalla macchia rossa.
Il dolore lo soffocava, annebbiandogli la vista e intorpidendo tutti i suoi muscoli, non trovava neanche la forza per chiedere aiuto, ora non desiderava altro che morire, solo per far cessare quella sofferenza.
“Vuoi vivere vero?” Scandì lentamente la parole, osservando i suoi occhi farsi lucidi, quello per lei era ciò che contava di più; dagli occhi si può leggere tutto ciò che prova, si legge l’ umanità di una persona, ed è sempre dagli occhi che scivola via. I suoi videro un altro sorriso, questa volta dolce e rassicurante, e il dolore sembrò quasi alleviarsi mentre intorno a loro tutto acquistava una tonalità più scura di grigio.
“Lei è Ether?” Chiese timorosa la bionda che si era aggrappata alla manica di Alex, quasi avvertiva il suo dolore e anche lei desiderava che quell’ esperienza terminasse il prima possibile. Sentì un forte calore propagarsi dentro di lei, lievi scintille colorate cadevano a terra, sparendo tra le assi di quel ricordo.
“Deve essere per forza lei.” Sussurrò Alex, sospirando pesantemente così da rinfrescare ulteriormente l’ aria e rassicurare Dana, naturalmente un ricordo non può prendere fuoco, ma cosa sarebbe successo fuori da lì era un mistero.
Il tutto sbiadiva, comprimendosi attorno agli unici colori al centro di quella stanza, l’ ultima immagine che videro fu Ether chinarsi ancora di più su di lui e le sue labbra sfiorare la sua guancia pallida.
Poi il buio li avvolse e la sensazione della caduta fece accartocciare i loro cuori, cadevano e il dolore li invadeva, poi qualcosa di appiccicoso e soffocante, teli macchiati di liquido rosso sembravano avvolgersi su di loro, sottraendo l’ aria direttamente dai loro polmoni.

 
 

Lei era gelosa e lui un donnaiolo (lo è anche nella realtà, ma è solo un piccolo dettaglio). Lei sarà solo una piccola comparsa, non preoccupatevi, non la vedrete più, ci sono già abbastanza donne casiniste.
Ringrazio chi recensisce e tutti quelli che hanno aggiunto questa strana storia tra le seguite/preferite/ricordate e a chi legge in silenzio.
Ah, stavo per dimenticarlo di nuovo; la canzone (quella dei titoli dei capitoli) è questa: https://www.youtube.com/watch?v=JOAj3M2abog
A presto :)

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Capitolo 9
*** Capitolo 8. Show me! How bleeding hearts still pound. ***


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Capitolo 8.
Show me! How bleeding hearts still pound.

All’ improvviso l’ aria riprese a popolare i loro polmoni e il buio dal quale erano circondati svanì lasciando spazio a una luce dapprima accecante, poi sempre più debole, fino a permettere loro di distinguere ciò che li circondava. Inciamparono spingendosi a vicenda fino a finire spalmati sull’ asfalto polveroso, sentirono subito dei passi irregolari dietro di loro seguiti da un’ imprecazione alquanto fantasiosa, poi qualcuno li saltò entrambi facendo un balzo esageratamente lungo il quale atterraggio fu pessimo perché il ragazzo vestito di nero si sbilanciò in avanti rischiando anche lui di finire a terra, il basso che aveva ancora a tracolla rimbalzò in modo buffo sulla sua schiena, e chissà come lo aiutò a recuperare l’ equilibrio.
E Dana si sarebbe messa a ridere, se solo non lo avesse appena visto agonizzante in una macchia di sangue. Sentì un gemito alla sua sinistra e voltandosi vide Alex sdraiato a pancia in su con faccia 
sofferente mentre le sue che mani massaggiavano la zona bassa della schiena, fece leva sulle mani per sollevarsi con il torso, per poi mettersi in ginocchio e infine in piedi, eppure sentiva ancora lungo le braccia e tutto il resto del corpo la spiacevole sensazione dei teli resi appiccicosi dal sangue, le venne istintivo passarsi le mani sugli avambracci per tentare di scacciare quella spiacevole sensazione, poi una breve immagine attraversò la sua mente e alzò lo sguardo mentre Ash li guardava con occhi pieni d’ odio, era la stessa cosa che aveva fatto la prima volta che lo avevano visto; anche lui si stava sfregando le braccia. La ragazza si chiese se ogni volta che quei bizzarri viaggiatori uscivano dalle ombre provassero la stessa sensazione, ma ciò che avevano sentito in quel momento era qualcosa di particolarmente legato ad Ash, qualcosa che per chiunque altro molto probabilmente non avrebbe avuto alcun senso.
Dana provò ad aprire bocca, per dire cosa, non lo sapeva neanche lei, me venne prontamente interrotta da Ash.
“Siete pazzi!?” Le sue parole avevano solo il retrogusto di una domanda, i suoi occhi erano furiosi seppur di un colore così invitante.
“Tu sei morto.” Disse lei a bassa voce, non abbastanza però da non essere sentita. Nel frattempo Alex si era alzato e in silenzio stava ad osservare quella scena, attento. Ashley inizialmente venne spiazzato da quell’ affermazione poi subito dopo le sue labbra si tesero in un sorriso a malapena trattenuto.
“No.” Lo disse ancora con quel suo sorriso tirato. “Quello morto non sono io.” Intonò di nuovo in quel modo strano le parole, come se stesse cantando.
“Ma ho visto la ferita,” I suoi occhi si strinsero appena e il suo volto si tirò perdendo il sorriso, ovviamente non era piacevole sapere che due ragazzini avevano sbirciato nella sua memoria e che lo avessero visto nel momento in cui era stato più fragile. “e anche…” Ma non riuscì a terminare la frase, perché si ricordò di aver visto anche quella ragazzina dai capelli color platino chinarsi su di lui. Ma lui sembrava aver capito e il suo sguardo volò alla lunga strada che proseguiva davanti a loro, i suoi occhi sembravano in cerca di qualcosa, perché qualcosa dentro di lui si era mosso, proprio in quel momento. E due nomi profondamente legati vorticavano nella sua mente quasi urlandogli di muoversi e non perdere tempo.
“Il mio cuore è qui, e batte. Ma sappiate che anche il cuore di una persona morta può ancora pulsare.” Fece dei passi indietro, spostando l’ attenzione su Alex che lo fissava con le sopracciglia aggrottate, in silenzio, quasi in ascolto. Ash fece una smorfia continuando ad arretrare, fino a raggiungere la parete in ombra della casa dall’ altra parte della stretta strada. Dana avrebbe voluto inseguirlo ancora, un po’ perché il gusto agrodolce dei suoi ricordi la intimidiva quanto la attirava e un po’ perché quel posto deserto, seppur illuminato dalla tenue luce dell’ alba sembrava opprimerla e renderla irrequieta. Ma una mano stretta sul suo braccio le impediva di avanzare e correre dietro quell’ ombra che si allungava e spariva alla luce del sole che stava lentamente sorgendo. Ma aveva paura, e non faceva altro che chiedersi perché si trovassero lì, ma soprattutto, dov’era ‘’?
“Non andare.” Le sue parole giunsero alle sue orecchie accompagnate dal lieve venticello che si era alzato.
“Perché?” La sua voce tremava, scossa dalla lieve brezza, come la tenue fiamma di una candela che combatte contro una debole corrente.
“Siamo già arrivati dove dovevamo arrivare.” Dana storse la bocca sentendo quell’ affermazione contorta di cui non era riuscita ad apprendere il significato. La presa sul suo braccio svanì.
“Cioè?” Chiese, temendo si passare per stupida.
“Ether.” Rispose semplicemente, aspettando che Dana si voltasse per guardarlo negli occhi, in cerca di spiegazioni. “Il vento trasporta i suoni, come il pulsare del cuore ed è facile capire ciò che prova una persona ascoltando il suo battito, soprattutto quando si ha una certa esperienza.” Una goccia di orgoglio e soddisfazione attraversò i suoi occhi chiari. Ed era ciò che aveva percepito ascoltando il suo battito irregolare, era preoccupato e ansioso di andarsene, tanto da compiere la stupidata di lasciarli lì, così vicini a lei, vicini ad Ether che in quel momento si trovava da sola, nella su grande casa fatiscente.
 “Andiamo.” La incitò lui, ma lei non si mosse.
“E Lili?” Chiese con un fil di voce, mentre il solito e ormai conosciuto senso di colpa tornava a farle visita. Alex si fermò, meditando un attimo.
“Non sappiamo dove sia, quindi cercarla sarebbe una perdita di tempo, cosa che già ci manca, possiamo solo sperare per il meglio.” Concluse riprendendo a camminare seguito da una sempre più esausta Dana.
 

Ho sbagliato, ho sbagliato di nuovo, per l’ ennesima volta ho ferito la persona a cui tengo di più in questo momento.
Non faceva altro che incolparsi, rannicchiata a terra  con le ginocchia al petto e la testa nascosta in quel buco scuro e accogliente.
Poco prima aveva visto Andy alzarsi, mentre i suoi lineamenti sembravano farsi sempre più duri e freddi, talmente tanto da ricordarle la prima volta che aveva visto i suoi occhi di ghiaccio. “Il passato può essere odiato quanto si vuole, ma non può essere cambiato.” Le sue parole le avevano perforato la mente, perché ne era fin troppo consapevole che non si potesse riavere indietro una persona morta. Ma provò rabbia per il fatto che invece qualcun’ altro era morto, seppur quel qualcuno continuasse a camminare accanto a lei, nascosto nella sua ombra.
E lei non era ghiaccio, lei era solo acqua, era sempre stata solo acqua, niente di diverso, niente di più forte né bello, ma ci aveva provato, aveva provato a cancellare quel passato che la tormentava e le faceva sanguinare il cuore tutte le volte. Eppure non voleva dimenticare ciò che era stato Jeremy per lei, del sostegno che le aveva dato, e di come se ne era andato. Ma aveva fatto in modo che il suo ricordo restasse solo a lei, perché lui era stato Terra, ed era così, solo così che dovevano conoscerlo gli altri, neanche Alex lo aveva conosciuto bene come credeva. E ora il tutto sembrava stare per ripetersi, perché lei aveva sbagliato di nuovo e di nuovo stava perdendo la persona su cui aveva fatto affidamento.
“Si Andy, il ghiaccio si è sciolto.” Il suo lieve sussurro si perse nel buio che aveva creato. Alzò lo sguardo puntandolo sulla strada polverosa che si srotolava sotto i suoi occhi, poi fissò una casa fatiscente, quella sulla quale Andy aveva regalato l’ ultimo sguardo prima di sparire nella sua rassicurante ombra, al riparo dal sole. Si alzò, con le gambe doloranti per l’ essere rimasta immobile nella stessa posizione per troppo.

Non sono mai stata di ghiaccio, non sono in grado di essere così fredda.
E ho sbagliato di nuovo.

I bassi raggi del sole estivo le ferirono gli occhi.
E cavolo, quanto mi angoscia tutto questo.
Era triste e sconsolata come non mai, ora che sembrava che il ghiaccio si fosse sciolto del tutto –comprimendosi nello sguardo di Andy- le emozioni iniziavano a penetrare in lei come sassi buttati in una pozzanghera, perché non era più la lastra di ghiaccio che si ammaccava appena, ci aveva provato ma non aveva fatto altro che mentire a se stessa, nascondendo le onde generate dall’ impatto con quei sassi. E il senso di colpa serpeggiava dentro di lei, mentre la mente continuava a riproporle il volto di Dana dopo che lei stessa le aveva detto con tanta freddezza che suo padre era morto, le dispiaceva per lei e per la sua vita distrutta, le dispiaceva perché ancora non si era resa conto di quanto la sua vita fosse radicalmente cambiata.
Passi trascinati e in lontananza attirarono la sua attenzione, ridestandola dal fiume di pensieri. L’ agitazione lentamente si impossessò di lei mentre l’ ansia di muoversi le bloccava le gambe.

Glacies. Non più Aqua. Sei cambiata e puoi farcela.” Ci credeva davvero alle sue parole? Credeva ai suoi impenetrabili occhi di ghiaccio? Credeva al legame che aveva con Ether, quello era certo. Ma non era questione di fiducia, non lo era mai stato, neanche all’ inizio. No, lui si sbagliava, lei era Aqua, lo era sempre stato e così sarebbe stato per sempre.
“Anche la terra può non cambiare sai?” Quel tono beffardo e quel sorriso perso rimbalzarono nella sua mente proponendole di andare avanti da soli, solo loro due.
Non voleva nessuno, conosciuto o sconosciuto, non voleva vedere nessuno, solo Andy, solo Jeremy che nella sua mente sembravano mescolarsi e sovrapporsi in continuazione, continuando a farla soffrire.
I suoi piedi batterono contro il cemento mentre si accorgeva di stare correndo verso quella casa fatiscente. Non sapeva ciò che l’ aspettava ma non si sarebbe più tirata indietro, non sarebbe più fuggita.

 

Ok, capitolo particolare, un po’ di introspezione di Lili è scritta così per tirare fuori qualcosa del suo passato, qualche flashback necessario, che ovviamente non verrà trascurato, e poi qualche spiegazione sulla ragazza che tutti voi sembrate adorare (evviva, ho creato un personaggio figo *-*). Grazie a tutti per le recensioni/seguite/ricordate/preferite  :D
Nient’ altro da dire credo… come al solito.
P.S. La foto do Jeremy comparirà dal prossimo banner ^^


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Capitolo 10
*** Capitolo 9. If we stand together, ***


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Capitolo 9.

If we stand together,

“Sai che possiamo fare?” Una leggera voluta di fumo bianco uscì dalla sua bocca.
“Cosa?”
“Restiamo così come siamo e fingiamo la nostra morte.” Nonostante l’ argomento fosse piuttosto macabro il suo tono era divertito. “poi cominciamo da capo. Però restando in zona.”
“Jeremy, io voglio andarmene da qui.” Altro fumo uscì dalle loro labbra chiudendo la discussione che sembrava non trovare una conclusione.

 
Una lieve pressione sulla sua spalla, aprì gli occhi lentamente contemplando per un momento la stampa monotona del cuscino e dei suoi capelli candidi sparsi su di esso. Prese lentamente coscienza del suo corpo e di quello apparentemente seduto accanto a lei.
“Ether.” Una voce delicata la ridestò del tutto, si voltò e vide il volto un poco preoccupato di Ashley, piegato su di lei.
“Che succede?” Chiese ancora con la voce impastata dal sonno, si strofinò gli occhi per vedere meglio in quella penombra. Osservandosi velocemente intorno notò le tende spesse tirate e coraggiosi raggi del sole mattutino spuntare da sotto di essa, illuminando un’ esigua parte del parquet bianco su cui era accartocciato un pacchetto di sigarette vuoto, non ebbe bisogno di leggere il nome per sapere che si trattassero delle Marlboro di Andy.
Ash attirò la sua attenzione facendole spostare lo sguardo sul muro di fronte a loro; la macchia scura d’ ombra era interrotta dalla scintilla di una sigaretta, che a tratti si faceva poco più forte. Il suo nome gli sfiorò le labbra ma la scintilla della sigaretta sembrò intimarla di stare in silenzio; fumava con rabbia e la sigaretta si consumava in fretta, mentre il fumo usciva veloce dalla sua bocca. Un presentimento si insinuò in lei quando riuscì a scorgere i suoi occhi gelidi contornato da tanto trucco nero, più del solito; anche le sue labbra erano macchiate. Si chiese quanto tempo avesse passato nelle ombre per ridursi così, e temette che i ricordi, in un modo o nell’ altro, fossero tornati a galla.
“Andy,” Le parole ribollivano dentro di lei, le labbra si muovevano da sole, tremando. “puoi cantare per me?” Le parole sembrarono incastrarsi nella sua gola.
“Carolyn.” Sentire il suo vero nome sulle sue labbra la fece sobbalzare, mentre la sua mente correva e  pensava a ogni possibile soluzione, non lo avrebbe perso di nuovo. “Chi è morto?” Lo disse con voce dura spostando gli occhi sull’ amico, che proprio in quel momento si era alzato. La ragazza rimase senza parole, anche se lo sapeva, anche se ormai lo sapevano tutti temeva che dirlo avrebbe solo reso il tutto più doloroso e troppo concreto.
La debole scintilla della sigaretta cadde a terra, per poi sparire subito sotto la suola del suo stivale. “Carolyn,” Ancora il suo nome, ancora un colpo al cuore. “che cosa hai fatto?” Era stato così veloce che ora lui era accanto a lei, seduto sul letto accanto alle sue gambe, appoggiato con il palmo della mano accanto alle sue gambe, in modo da averle tra il corpo e il braccio, così da non perderla, qualsiasi cosa avrebbe deciso di fare. Per la prima volta Ether provò quasi paura, era intimorita e il desiderio di tirare le tende per permettere al sole di invadere la stanza era fortissimo. Una mano pallida si appoggiò sulla sua spalla del ragazzo, fasciata dalla giacca di pelle nera, attirando la sua attenzione. Si voltò e vide l’ espressione dura di Ash.
“Posso dirti tutto io.” La sua mascella era contratta e il suo sguardo oscillava tra il volto dell’ amico e delle gambe semidistese di Ether che si trovavano sotto di lui. Teneva a lei, ora più di Andy che sembrava quasi pronto ad uccidere. Le sue labbra si allungarono in un sorriso spiacevole.
“No.” La voce di Ether tremava e si mordeva le labbra mentre le sue mani si posavano leggere sul braccio di Andy, che invece lo scostò con sguardo duro.
“Non toccarmi.” Il suo sussurro si disperse nella penombra facendo tremare gli occhi della ragazza. Nessuno avrebbe mai potuto immaginarlo, tranne che lei, lei che sapeva di cosa era capace, avrebbe potuto soggiogarlo di nuovo, cancellare il sangue della sua morte, il dolore, qualsiasi cosa; avrebbe potuto manipolarlo di nuovo, ma sentiva che quella volta non ci sarebbe riuscita. Ma la verità era che non voleva, era davvero stufa delle bugie, ma la realtà la spaventava, la spaventava lo sguardo di ghiaccio di Andy.
“Dimmi perché?” Solo in quel momento, quando le parole avevano trovato spazio tra le sue labbra, a Ether era sembrato di vedere il suo ghiaccio cedere e farsi più vulnerabile.
 “Io,” Tentennò, mentre un brivido le correva su per la schiena. “volevo solo stare con te.” La voce tremava mentre i suoi occhi blu la trapassavano scavandole dentro in cerca della verità. Ash, che era rimasto accanto a loro, ad ascoltare e ad accumulare rabbia, strinse i pugni, riconoscendo un tale bugia, ma rimase comunque in silenzio.
“Bugiarda.” Vedeva il buio del suo cuore riflettersi nei suoi occhi da ragazzina, sapeva che non avrebbe mai fatto una cosa del genere per motivi così frivoli. I suoi occhi si scurirono, mentre un lieve strato di rabbia li copriva, perché c’ era stato un tempo in cui teneva davvero al loro legame, poi però quella sorta di desiderio era svanito portandola a essere più scostante con il nuovo Andy che sospettava di lei. Abbassò lo sguardo, raccogliendo il coraggio che aveva, le faceva paura la verità.
“Vendetta.” Sussurrò, causando un lieve sorriso sulle labbra del ragazzo seduto accanto a lei. Le rispose il silenzio. “Io odio.” Era come un altro nome quello, l’ odio, l’ odio verso le persone che si fermavano alle apparenze, verso chi non capiva, verso le persone che la giudicavano un mostro osservandola giocare con le menti altrui. Ed eccola, una altra verità, lei era un mostro, lei piegava le menti altrui. Ed era ciò che aveva fatto a lui, lui che ormai lo aveva capito, e aveva tentato di non odiarla per questo sperando che lo avesse fatto per un buon motivo, non per una semplice e futile vendetta.
Andy si alzò, attirando su di sé l’ attenzione di Ash che aveva ascoltato tutto per l’ ennesima volta. Ether sussurrò il suo nome allungandosi verso di lui, senza però riuscire a raggiungerlo.
“Tranquilla Carolyn, anche io faccio tutto questo per vendetta.” Il suo vero nome faceva male ora, non era più quel lieve colpo al cuore, caldo e rassicurante, che provava le rare volte che lui pronunciava il suo vero nome, bensì era un brivido di disagio. Lo vide voltarsi e dirigersi tranquillamente verso l’ ombra da cui era arrivato, anche Ash fece un passo avanti ma venne bloccato da lei.
“Ashley, aspetta.” Si allungò sul letto lasciando che le coperte le scivolarono via dalla gambe.
Lui strinse i pugni con rabbia, perché non era riuscito a gestire quella situazione che prima o poi, di certo si sarebbe creata dividendoli.
“Va tutto bene.” La verità era che non sapeva cosa dire, per un attimo gli sembrò di avere di nuovo un coltello conficcato tra le costole, gli mancava il fiato e le parole erano deboli, ma la rabbia era forte, così come lo era la necessità di muoversi e infilarsi nell’ ombra di Andy, per la prima e probabilmente per l’ ultima volta. Si sfilò la tracolla del basso da sopra la testa, lasciandolo cadere a terra con noncuranza, incontrò il pavimento con un tonfo sordo che lo crepò appena, poi crollò da un lato incrinando anche il manico. La lasciò indietro, compiendo passi lunghi per raggiungere l’ amico i quali abiti si erano già mescolati con l’ ombra. Vi si buttò dentro avvertendo uno spiacevole senso di vuoto allo stomaco, poi il buio e subito dopo il passato gli si presentò davanti.
 

Correre, dovevano correre e raggiungere quel posto il prima possibile, prima che… prima che, cosa? Non sapevano da cosa stavano correndo né tantomeno a cosa stavano andando incontro. Solo un senso di urgenza li spingeva ad aumentare il passo e sforzare i polmoni, mentre una sensazione di gelo serpeggiava dentro di loro.
“Lili?” Si chiese quasi istintivamente Dana, che ricordava bene il gelo che poteva generare lei semplicemente osservandosi poco più intensamente.
“No, Ether.” Rispose sicuro il ragazzo. Ma Dana diede segno di non aver capito. “Ether è l’ etere” ripetè per l’ ennesima volta. “e l’ etere è in ognuno di noi,” Prese fiato. “e a volte capita che ciò che è dentro di noi reagisca con ciò che provi lei.”
“Quindi.” Non volle concludere la frase, per paura della verità.
“Sta succedendo qualcosa di brutto.”
 

Aveva la mascella contratta e le lacrime di rabbia spingevano per uscire dagli occhi, la sua mano era stretta sul manico di un coltello da cucina tanto forte da rendere bianche le nocche. Scese le scale lentamente, immergendosi nell’ ombra alla fine dello stretto corridoio che le seguiva, accese la luce all’ interno della stanza che si trovava al di là della porta blindata. Poi entrò mentre la rabbia si placava e un senso di apatia la invadeva.
 

Bloccò la corsa, osservando distrattamente i lunghi ciuffi di capelli scuri che le volteggiarono per un attimo davanti al viso. Portò una mano al petto sospirando per calmarsi un attimo ed analizzare per bene ciò che sentiva in quel momento, l’ altra la allungò per reggersi al polveroso muro lì vicino, sospirò di nuovo, mentre dentro di lei qualsiasi cosa sembrava agitarsi con la violenza di un terremoto e il terreno sotto i suoi piedi sembrava fatto di sabbia piuttosto che di cemento. Chiuse per un istante gli occhi, e quello bastò, bastò per ricordarle ciò che non sapeva. Una striscia di fumo bianco, un’ esuberante tinta rossa per i capelli, e la sua pelle che sembrava scolpita dal marmo. Poi il volto di Ether, impassibile.
Malinconia e urgenza la invasero facendola fremere, e nonostante non sapesse esattamente ciò che stesse per accadere realmente sapeva che doveva muoversi.
 

Il nervosismo si impadronì di lui, quella era già la seconda volta, in vita sua e in quella giornata che qualcuno violava il suo passato.
“Io lo sapevo già.” La sua voce tremava, mentre il buio attorno a loro si dilatava.
“Perché allora non hai detto niente?” La sua voce era debole, come se non gli interessasse davvero sapere la risposta. Iniziò a camminare, sperando per un istante di poterlo lasciare indietro.
“Cosa dovevo dire? ‘ehi ma lo sai che sei morto qualche anno fa?’ ti sembra?” La voce di Ash rimbombò il quell’ immenso spazio vuoto.
Poi silenzio.
“Non avevo idea di come fosse accaduto. Mi dispiace.” Abbassò il tono di voce, come per scusarsi.
“Lo scoprirai tra poco, immagino. Comunque non sei tu a doverti scusare.” Era una risposta che lo faceva sentire in colpa, davvero lui non c’ entrava nulla, ma lo infastidiva vedere un caro amico così.
Si fermarono quando videro un’ interruzione in quel nero informe. Andy fece cenno ad Ash di proseguire, non potevano fare altro.

“Non ci sei mai e non sei sempre stato così… distante, che succede? C’è qualcosa che non ci dici?”
“Le persone cambiano.”

Non è il miglior banner che io abbia mai creato, lo so, però ho dovuto far stringere tutta quella gente per farcela stare.
Ma tralasciando, ecco (un poco di) Jeremy, che vi farò vedere per intero al prossimo capitolo :D
Ether che dice la sua e si avvia con un' aura minacciosa verso il prossimo capitolo cosa portà mai combinare? Anche perchè siamo quasi alla fine della storia, strano vero? 
"Le persone cambiano" e io odio quando succede... >.<
A presto :)

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Capitolo 11
*** Capitolo 10. we will be unbroken. ***


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Capitolo 10.
we will be unbroken.

Dalle sua labbra uscirono poche parole cantate debolmente, che andarono a trasformarsi in semplice melodia. Un passo per volta, piano, mentre canticchiava e la luce della lampadina tremava. Un ragazzo era rannicchiato contro l’ angolo più distante dalla porta, aveva il respiro regolare e gli occhi chiusi, ciuffi di capelli rossi sfioravano la sua pelle pallida e perfetta. Camminava piano, per non destarlo dal sonno leggero in cui era caduto, un passo alla volta fino a essere abbastanza vicino da potersi accucciare e osservare i minimi dettagli del suo volto; i suoi polsi legati in grembo e la pelle pallida come il marmo. Si accucciò di fronte a lui soddisfatta di essere riuscita a non svegliarlo.
“Ehi.” Con la punta del coltello sfiorò il braccio scoperto del ragazzo, che fremette nel sonno; gli occhi si socchiusero e misero molto lentamente a fuoco ciò che aveva di fronte, un volto da ragazzina, occhi chiari e capelli candidi. Batté velocemente le palpebre nel tentativo di cancellare quell’ immagine che si rivelò essere reale, il suo primo istinto fu di arretrare ma trovandosi già con le spalle al muro non poté fare altro che schiacciarsi ancora di più in quello spazio scomodo.
 Inspirò tranquillizzandosi, immaginando che quella fosse la solita visita per controllare che lui fosse ancora vivo. Invece restava lì a fissarlo, a osservare i suoi occhi scuri fissarla a sua volta con astio e stanchezza. Rimasero qualche istante così, mentre Ether tentava di scavare nella sua mente impenetrabile come la più dura delle pietre. “Jeremy.” Il suo tono era tanto strano; giungeva alle sue orecchie allungando il suo nome e mettendo l’ accento sulla vocale sbagliata. Rabbia repressa sgorgava dai suoi occhi chiari, mentre la mano si stringeva convulsamente sul manico del coltello. Tutti l’ avevano lasciata sola, prima Andy, poi Ash, poi… poi nessun’ altro, perché lei non aveva nessun’ altro su cui contare. Jeremy chiuse gli occhi, appoggiando la testa contro il muro trattenendo a stento un sospiro rassegnato. Altra rabbia si riversò dentro di lei, chi era lui per rivolgerle appena uno sguardo duro e poi ignorarla? Anche lui, che avrebbe dovuto ricoprirla di insulti la stava lasciando perdere. Si sentì umiliata.
Con il volto contratto di rabbia sollevò il coltello sopra la testa, ma non andava bene così, lui doveva guardarla, lei voleva vedere la sua paura.
“Mi chiedo se la tua amichetta si accorgerà di questo.” Flebili parole uscirono dalle sue labbra stirate in un mezzo sorriso, raggiungendo il ragazzo che ne venne ferito più di quanto avrebbe mai potuto fare un coltello.
“Lilith.” Il suo nome gli si incastrò in gola mentre la voglia di reagire lo invadeva come un fiume in piena, come lei.
La forza che aveva in corpo era poca, ma riuscì a raccogliere tutta quella che gli era rimasta per buttarsi contro Ether, che sorpresa cadde indietro perdendo la presa sulla lama, l’ impatto contro il pavimento la lasciò senza fiato per un attimo e quello bastò perché Jeremy si staccasse da lei e si allungasse verso il coltello, poco distante da loro.
Le sue mani tremavano, deboli, mentre tentava di tagliare le corde, e doveva fare in fretta perché aveva il presentimento che Ether potesse spingerlo da dietro per fare in modo che si pugnalasse da solo. Le corde cedettero e nello stesso istante sentì la ragazza imprecare e riprendere fiato mettendosi in piedi, lui torse il busto per osservarla. I polsi erano liberi e il coltello gli scivolò dalle mani sempre più deboli.
“Vi ammazzerò entrambi.” Lacrime di rabbia si accumularono ai lati dei suoi occhi. “Anzi, sarai tu ad ucciderla!” La sua voce si alzò e questa volta fu lei a buttarsi si Jeremy. “E lei non riuscirà a reagire.”
Gemette mentre il peso di Ether premeva su di lui, le sue mani si avvolsero sul suo collo togliendoli il fiato che con tanta fatica era riuscito e recuperare, ma tentò comunque di reagire più volte e nonostante la forte debolezza che si stava velocemente impadronendo di lui riuscì a malapena a girare su se stesso facendo finire a terra la ragazza. Boccheggiò con i polmoni avidi di ossigeno e la faccia schiacciata contro il freddo della pietra.
Era stato un errore, perché ora Ether aveva recuperato il coltello senza che Jeremy se ne accorgesse e con uno scatto si era avventata sulla sua schiena che ancora si alzava e si abbassava freneticamente. La lama affondò più volte nella carne e il sangue tinse il duro cemento di un rosso tanto simile ai suoi capelli, urla di dolore rimbombarono a lungo in quella piccola stanza, dopo poco non ebbe più la forza per reagire e sentì le forze tradirlo per l’ ennesima e ultima volta, ondate di dolore si spargevano lungo la sua spina dorsale, mentre perdeva la sensibilità alle gambe mille spine pungenti si insinuarono nella sua testa. Lei continuò a inferire sulla sua schiena anche quando il silenzio si impadronì del luogo.
 

Le gambe dolevano, i polmoni bruciavano e una grossa casa bianca e fatiscente si stagliava davanti a lei, il senso di vuoto che strasmetteva non riusciva però a sovrastare quello che sentiva dentro di lei, qualcosa in lei si era rotto e i pezzi rimasti erano spariti.
Ma c’era qualcosa lì dentro, qualcosa che si agitava e si muoveva, e se ne sentiva attratta, nonostante i brividi le corressero su per la schiena.
Non si degnò di bussare, semplicemente si appoggiò alla porta pregando perché fosse aperta e per fortuna il legno cedette sotto la sua spinta, si infilò nell’ abitazione, silenziosa come l’ acqua delle infiltrazioni.
 Il tutto sembrava esageratamente tranquillo, anche se un senso di inquietudine e urgenza le premeva contro il cuore, appena il tempo di fare un passo e alle sue orecchie giunsero delle urla di dolore attutite dai muri di chiaro cemento, era una voce che conosceva fin troppo bene e si sarebbe sentita estremamente felice nel constatare che lui fosse ancora vivo, a dispetto di ciò che sapeva, se solo quelle urla non fossero state così agghiaccianti.
Si mosse istintivamente, senza sapere la strada da prendere, seguendo solo quella voce che le dava speranza e al tempo stesso le faceva salire le lacrime agli occhi per la paura di perderlo prima ancora di averlo ritrovato.
Rampe di scale e un lungo corridoio, quando la sua mano si posò sulla maniglia ogni rumore cessò, spezzandole il cuore. I suoi stessi pensieri si oscurarono lasciandola per un istante in una situazione di vuoto, non voleva aprire quella porta, la verità le faceva paura.
Non capì quanto tempo passò ma quando dei lievi gemiti di dolore gli giunsero alle orecchie la speranza si riaccese in lei, mentre un lieve tepore la invadeva, lentamente, molto lentamente. Sospirò, facendosi forza e spingendo quella maniglia che ora sembrava ghiacciata, i cardini furono silenziosi e non tradirono la sua presenza. Ma ciò che vide le si stampò a fuoco in mente.
Una grossa macchia di sangue, un coltello da cucina abbandonato a terra cosparso di sangue e due figure, una che teneva stretta l’ altra, in mezzo a tutto quel rosso, una zazzera di capelli dello stesso colore spuntava da sopra la palla di Ether che le dava le spalle.
“Jeremy.” Le sue labbra si mossero da sole svelando la sua presenza, non che le importasse più ormai. Ether si voltò verso di lei, lasciando scivolare la testa del ragazzo in grembo e le sue labbra sporche di sangue si stirarono in un sorriso che a Lili diede l’orribile impressione di un verme che si fa strada tra la carne, uscendo finalmente alla luce. L’odore del sangue impregnava quel posto e Lili lo sentì insinuarsi nelle narici e marchiarle la pelle. Sentiva gocce gelide colarle lungo il viso, dal collo fino a insinuarsi tra i suoi abiti e dalle braccia fino a gocciolare per terra. Voleva buttarsi su di lei e stringerle il collo fino a romperglielo, voleva vedere i suoi occhi chiari spegnersi, voleva non udire più i colpi di tosse che non appartenevano a lei, ché il sangue a terra era troppo perché lui potesse essere ancora vivo.
Lei si voltò di nuovo, senza perdere quel sorriso e approfittandone Lili fece qualche passo in avanti con le gambe che cedevano e l’ acqua che le colava lungo il corpo. Jeremy si mosse alzando il busto ed Ether si mise in piedi, liberando la visuale a Lili, che si bloccò. Il suo sguardo rimase impigliato sulla sua schiena; la maglia lacerata e la pelle piena di buchi che andavano a rimarginarsi piuttosto velocemente, nella sua pallida mano stringeva il coltello sporco e viscido che aveva violato la sua stessa carne, sulla sua guancia una macchia di sangue colorava lo zigomo sinistro richiamando i colore dei suoi capelli. Si mise in piedi e si voltò verso di lei che non era riuscita più a muoversi dopo aver visto le sue condizioni. Il suo sguardo era inespressivo e la pelle come marmo.
La lama del coltello sembrò catturare per un istante la luce della stanza prima di venire sollevato sopra la sua testa e venire lanciato verso di lei.
Fu veloce e lei quasi non se ne accorse, ma si portò una mano alla spalla quando avvertì il dolore colarle rapido lungo il braccio già dolorante.
“Jeremy.” L’ acqua lavò via il rosso. Fece un passo in avanti e lui fece lo stesso, battendo con forza il piede per terra, Lili avvertì il terreno cambiare sotto di lei e si sbilanciò all’ indietro colpendo con la schiena il terreno, l’ aria e le parole che avrebbe voluto pronunciare uscrono dai suoi polmoni con uno sbuffo. Nel poco tempo che le serviva per recuperare l’ aria bastò perché il ragazzo si avvicinasse a lei e le stringesse il collo in una morsa sporca di sangue.
Aveva una forza impressionante, dure e fredde come la pietra le sue mani continuavano a stringere senza pietà, sul volto di Lili colò dell’ altra acqua, lacrime di dolore e tristezza mentre i polmoni iniziavano a bruciare. Tentò di chiamarlo di nuovo, tentò di dirgli ciò che in tutto quel tempo non era mai riuscita a dire, ma non aveva abbastanza aria né determinazione per provare a lottare e a malapena riuscì a stringere le proprie mani sui polsi di Jeremy. Immerse per l’ ultima volta il suo sguardo nelle sue pupille fredde come non mai, una sguardo apatico ed inespressivo copriva una grande tristezza e un forte dolore.
 L’ aria iniziava a non arrivare più ai polmoni e la prospettiva di venire uccisa da lui in quel modo così intimo non le faceva rimpiangere praticamente nulla. Chiuse gli occhi, pregando solo che facesse in fretta. Ma inaspettatamente la presa si indebolì fino a lasciarle libero il collo. Aprì gli occhi mentre boccheggiava e altra paura si impossessava di lei, ora che non aveva più certezze su cosa fosse accaduto da lì a poco l’ agitazione la invadeva urlandole che avrebbe dovuto fare qualcosa, qualsiasi cosa piuttosto che stare lì, inerme.
Vide Jeremy portarsi le mani sporche al viso e tremare, sussurrando parole che non riusciva a sentire. Ether, dietro di loro, che fino a quel momento si era goduta lo spettacolo in tranquillità, si agitò perdendo il controllo della mente ora meno debole del ragazzo.
“Eri così vicino.” Sussurrò con rabbia la ragazza avvicinandosi ai due. Lili, ancora a terra spostò lo sguardo su di lei tentando di far lavorare il più velocemente possibile la mente. Come poteva lei, che era della semplice acqua anche solo pensare di poter contrastare ciò che poteva controllare la mente e l’ animo di una persona? Si morse le labbra con forza fino a sentire il sapore del sangue sulla lingua, poi sentendo il cuore liberarsi di un grosso peso si sollevò avvolgendo con le sue braccia Jeremy che ancora tremava, una fitta di dolore attraversò la sua spalla ma non ci diede peso. Ora poteva sentirlo, poteva sentire ciò che stava dicendo. Le si accartocciò il cuore e le sue labbra si allungarono in un lieve sorriso, gli era così mancato, tutto di lui; i suoi occhi del colore della terra, le tinte bizzarre e la sua voce così inaspettatamente calda.
“Certo che ti scuso.” Le rispose lei sentendo la sua testa che si abbandonava sulla sua spalla e le sue braccia che si avvolgevano attorno alla sua vita.
“No!” Ether urlò fissando con astio i due, di nuovo, si trovava da sola, l’ unica persona su cui contava la stava tradendo di nuovo. La scarna lampadina sul soffitto tremolò mentre la luce sembrava deformarsi nella stanza.
La braccia attorno a lei si strinsero, togliendole il respiro, ricambiò la stretta tentando di rassicurarlo in qualche modo, ma ben presto le sue braccia divennero troppo rigide, troppo forti; si serrarono sulle sue costole e il respiro di entrambi si fece affannoso.
“Che ti ha fatto Jeremy?” La stretta sulle sue costole si fece ancora più forte, strappandole un gemito di dolore che andò a mescolarsi con una risatina di Ether. “Non lasciarti controllare.” Gli mise le mani sulle spalle tentando di allontanarlo, ma era troppo forte e le unghie che tentava di infilargli nella pelle per farlo rinvenire si spezzavano come legno sulla pietra. “Ti prego.” Un dolore lancinante le attraversò la mente mentre una certezza dolorosa si insinuava in lei, quante erano le costole rotte? Quanto ancora avrebbe dovuto stringere prima che una di quelle le bucasse un polmone? Non era come prima, ora aveva paura, il senso di vuoto che l’ aveva riempita negli istanti in cui era entrata in quella stanza e si era ritrovata le sue mani al collo era svanito. Si sentiva paralizzata mentre lacrime di dolore e paura le rigavano il viso offuscandole la vista, che pian piano si annebbiava sempre di più portando via il dolore e la coscienza.
Così mentre si sentiva sempre più debole uno sgocciolio attirò la sua attenzione, che fosse acqua o altro sangue?
Poi improvvisamente Ether strillò e la stretta sulle costole ormai rotte di Lili si alleviò causandole più dolore di quanto avesse mai pensato. Il suo sguardo vagò per la stanza, il dolore le annebbiava i pensieri e i suoi occhi si bloccarono su una macchia d’ ombra sul muro che andava dissolversi velocemente. Ora a terra c’era Ash supino, il cui petto si alzava e abbassava con un ritmo irregolare, come se tentasse di tornare a respirare normalmente dopo una botta troppo forte alla schiena, poi c’era Andy, che la fissava con uno sguardo sofferente e triste mentre stringeva una mano sul collo di Ether costringendola contro il muro. Nell’ istante in cui i loro occhi si incrociarono Lili si chiese chi effettivamente dei due fosse messo peggio, non l’ aveva mai visto così, i suoi occhi erano così spenti.
Era fragile.

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Capitolo 12
*** Epilogo ***


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Capitolo 11.
Epilogo.

Le sue braccia la abbandonarono e si sentì cadere, troppo presto arrivò l’ impatto con il terreno, perché non aveva neanche più la forza di stare eretta, il dolore le invase il busto con mille aghi roventi che penetrarono nella sua mente cancellando qualsiasi cosa che non fosse quella frustata di puro dolore, per un istante si dimenticò come vedere e come respirare, poi quando l’ aria tornò a circolare nei suoi polmoni un colpo di tosse accentuò ancora di più il dolore già forte alle costole. Si morse le labbra, senza sentire davvero quel dolore che in confronto al resto non era niente, non ce la faceva più, voleva chiudere gli occhi e abbandonarsi al nero ma il dolore le impediva di mettere a fuoco tutto ciò che non era quella sofferenza costante.
“Andy, che cosa…?” Nei suoi occhi chiari lo stupore aveva cancellato la rabbia e l’ odio.
“Ora basta Carolyn.” Il suo tono era duro eppure sembrava così stanco. Rimasero un poco in silenzio; Ether ad assorbire il significato di quelle poche parole, Andy a forzare la sua stessa mano . Poi inaspettatamente sul volto della ragazza si allungò un sorriso.
“Così hai deciso di stare dalla loro parte.” Le sue parole suonavano come insulti e nel sentire quella parole Andy fece una smorfia.
“Basta Carolyn.” Più di prima, le sue parole suonavano come il buio assoluto della notte senza luna.
“Vuoi farla davvero finita Andrew?” Un angolo delle sue labbra si sollevò ulteriormente. “Ma come puoi, se non riesci neanche a stringere la presa sul mio collo?” Una risatina le sfuggì dalle labbra mentre il ragazzo aggrottava le sopracciglia nel tentativo di forzare le sue dita a serrarsi sulla sua gola. Inclinò la testa verso di lui, insinuandosi ancora di più nella sua mente, sorrise ancora quando vide il suo corpo fremere e sentì la presa sul suo collo alleviarsi.
“No.” Abbassò la testa, lasciando che i capelli corvini gli coprissero il viso e gli occhi, non l’ avrebbe fatta entrare ancora.
“Tu sei già morto Andy, non puoi resistermi.” Disse lei con rabbia.
Nel frattempo Ash si era girato mettendosi in ginocchio per riprendere a respirare normalmente, il passaggio fuori dall’ ombra lo aveva distrutto. Qualsiasi cosa avrebbe voluto dire gli si bloccò in gola vedendo un rivolo rosso di sangue colare dal naso di Andy mentre la sua carnagione si faceva sempre più pallida. Vide Ether gemere quando la presa sul suo collo si fece più forte. Per la prima volta era bloccato, cosa avrebbe potuto fare? Chi doveva aiutare, un caro amico a cui –sbagliando- aveva nascosto una dolorosa verità, oppure la persona che gli aveva salvato la vita e che ora non aveva più niente dell’ amabile e insicura ragazzina che aveva conosciuto? Scostò lo sguardo e vide Jeremy che, di nuovo libero dal controllo di Ether, si era chinato sulla ragazza agonizzante prendendole il volto tra le mani accarezzandola nervosamente. Si alzò in piedi barcollante udendo dei passi che si avvicinavano velocemente, ci mancava anche quello, e non era giusto, non era giusto che dei ragazzini soffrissero in quel modo, si diresse a passo svelto verso la porta e praticamente nessuno si accorse di lui, neanche quando, una volta nel corridoio si chiuse la porta alle spalle. Spense la luce e attese.
Non ci volle molto perché due figure giunsero davanti a lui, senza vederlo.
“Fermi.” I due sobbalzarono non vedendo chi aveva parlato a causa della luce spenta. “Non andate.”
“Cosa…” Iniziò la ragazza mentre la sua voce di riempiva di un lieve panico.
“Ash?” Era astuto il ragazzo, sveglio, anche se la sua voce era difficile da dimenticare.
“Bravo hai indovinato, ora tornatevene a casa, da bravi bambini.” Il suo tono era pungente e agitato.
“Non possiamo, siamo arrivati fin qui per…”
“Per farvi ammazzare” La interruppe Ash con un tono così duro e convinto che fece correre i brividi sulle loro schiene.
“Non me ne voglio andare proprio ora che so di poter fare qualcosa per aiutare qualcuno a me caro.” Strinse i pugni ignorando il lieve dolore delle unghie sul palmo delle mani.
 Ci fu un istante di silenzio, in cui Alex inspirò profondamente e Ash li studiò per bene, riuscendo a osservarli anche con quel buio. Le sue labbra si allargarono in un lieve sorriso.
“Scommetto che lo senti, l’ odore del sangue trasportato dal vento, mi chiedo se tu riesca a capire anche la quantità.” Vide la smorfia sul viso del ragazzo ripensando per un istante alla grossa macchia a terra appena dietro di loro, alle profonde ferite non ancora del tutto rimarginate sulla schiena del ragazzo dai capelli rossi. In silenzio si avvicinò a loro e al contempo spostandosi sulla destra, fino ad appoggiarsi al muro.
“Alex.” Chiese la ragazza supplicandolo.
Ash scattò in avanti, colpendoli entrambi e spingendoli contro il muro opposto, percepì l’ impatto, ma fu lieve perché una grossa porzione di ombra dietro di loro si era appena aperta, sentì appena l’ urlo della ragazza e l’ imprecazione dell’ altro. Poi nel corridoio rimase solo lui.
“E sono stato anche bravo.” Sussurrò, sperando di aver fatto una buona cosa, almeno per questa volta.
 

“Ti ricordi come lavoravamo insieme?” La sua voce era debole e tentava in tutti i modi di muovere il busto il meno possibile, ma un live sorriso ebbe comunque la forza di increspare le sue labbra. Così un altro sorriso si rifletté sulle sue labbra.
Il senso di colpa lo invadeva combattendo e distruggendo qualsiasi altro sentimento che tentasse di entrare in lui, perché era stato lui a ridurla in quello stato, e tutto quello che poteva fare ora era semplicemente starle vicina e aspettare. Aspettare cosa?
Un gemito e Andy cadde in ginocchio con il sangue che colava copioso dal naso, Ether non distoglieva lo sguardo da lui, stava cedendo, lo sapevano entrambi che non sarebbe durato a lungo, le sarebbe bastato così poco…
Un calcio si abbatté sul suo volto facendolo finire a terra, agonizzante, con la testa nascosta nell’ incavo del gomito mentre altro dolore si insinuava nella sua mente.
Lili annuì, spostando lo sguardo preoccupata su Ether che si stava avvicinando. Si staccò quindi da lei voltando lo sguardo su Ether, stremato richiamò il poco di energia che gli rimaneva in corpo, stringendo con forza la mano di Lili che gli dava forza si concentrò e il terreno sotto i piedi di Ether mutò, creando una piccola fossa appena sotto il piede che stava per appoggiare per terra. lei si bilanciò in avanti e tentò di rimettersi dritta quando l’ altro piede urtò contro un blocco di dura pietra più alto del normale. Finì lunga distesa e subito dopo che si girò sulla schiena per riprendere aria radici di pietra si attorcigliarono sulle sue caviglie e sui polsi.
Ether urlò frustrata agitandosi, mentre Jeremy crollava sulla schiena, con la debolezza che si impossessava delle sue membra.
Gemendo Lili si avvicinò a Ether che tentava in tutti i modi di liberarsi, inutilmente, provò allora a riprendere il controllo della mente del ragazzo, trovandola una porta aperta, vi si insinuò ma non riuscì a fare nulla perché il corpo del ragazzo era talmente tanto stremato da impedirle di controllarlo.
“Merda.” Disse a denti stretti mentre il volto pallido e sofferente di Lili entrava nella sua visuale. Il suo sguardo scuro la fece sentire patetica, perché la sua espressione era così derisoria, ora che poteva prendersi la sua vendetta.
Faticava a respirare ma si sforzò per compiere un ultimo sforzo; chinò il suo viso sul quello di Ether lanciando un ultimo sguardo ai due ragazzi ancora a terra, quindi erano rimaste solo loro due. Appoggiò il suo volto al suo e con forza premette le sue labbra contro le sue, mentre contraeva i muscoli dell’ addome -tentando di ignorare le fitte di dolore lancinante- e l’ acqua si insinuava nella su bocca, 
riempiendole i polmoni e impedendole di respirare.
Mentre annegava le venne quasi da ridere, chi avrebbe perso? Lei, che aveva perso gli affetti e gli alleati, oppure lei, che li avrebbe persi da lì a poco?
Della vita ormai non le importava più molto, perché quella che aveva vissuto negli ultimi anni non era degna di essere chiamata vita, le uniche persone che vedeva erano ombre, nient’ altro che le ombre di un’ esistenza passata.
“No!” Una voce che Lili non conosceva, al contrario di Ether che per un momento provò un forte dispiacere per loro, le ferite dei due ragazzi che le erano stati vicini fino alla fine si sarebbero riaperte, si chiese se almeno Ash sarebbe riuscito a sopravvivere. Un gemito, poi il silenzio.
Aveva sempre pensato che affogare fosse una morte orribile, restare senza aria e sapere di non poter fare nulla per evitarlo mentre lo sconforto ti uccide più dell’ acqua che ti sta riempiendo i polmoni. I muscoli che lavorano per non farti respirare acqua, inutilmente.
Poi l’ ultimo istante, quello in cui il corpo ricerca l’ aria e si lascia libero passaggio alla morte, un ultimo spasimo scosse il suo corpo mentre un rivolo d’ acqua lievemente rosata colò giù dalle labbra fino a mescolarsi con quello già presente sotto di loro.
Si staccò da lei, sorvolando sui suoi occhi ora vacui, annaspando e trattenendo i colpi di tosse che minacciavano di farle provare altro nuovo dolore.
Respirare, doveva respirare, ma ormai anche quello si rivelava un’ impresa.
“Jeremy, ci siamo riusciti.” Alza lo sguardo dal pavimento grigio, trovando il ragazzo nella stessa posizione; una macchia di liquido cremisi si allargava velocemente sotto la sua schiena, tanto sangue, che si andava a unire a quello già presente per terra, i suoi occhi del colore della terra sono puntati su di lei, inespressivi, e quello le fa male, più delle costole rotte e della ferita sulla spalla bruciata.
“Jeremy!” Urlò debolmente, senza ottenere nessuna risposta se non una fitta al busto che le annebbiò la vista.
Le braccia non riuscirono più a reggerla e si ritrovò con il busto contro il freddo pavimento, un dolore continuo si irradiava sul suo torace, togliendole l’ aria e facendole colare dalle labbra altro sangue, rosso e denso. Tentò di respirare ancora ma il dolore la paralizzava, aste di metallo si serravano sulle sue tempie mentre il sangue invadeva il polmone ora bucato, le mancava l’ aria e ogni respiro le costava una fatica terribile, nonostante ora anche respirare le provoca dolore. Tentò di guardarsi un’ ultima volta intorno; c’era Ether, c’era Jeremy ed Ash, anche lui a terra con una macchia di sangue che si allarga sul fianco, anche il suo respiro è affannoso e anche lui si sente soffocare sempre di più a ogni respiro.
Ether li aveva aiutati ma ora l’ etere che era in loro stava morendo con lei, riportando indietro le ferite e i ricordi.
Non c’è nessun altro lì dentro, solo loro quattro. Lili si chiese se scivolare nell’ ombra basti per salvarsi la vita, lo spera, almeno per lui, per Andy che per un breve periodo aveva riempito il vuoto che si era 
creato in lei.
La testa è pesante e lei è stanca, stanca di combattere contro se stessa, non contrasta la pesantezza delle palpebre e lascia che gli occhi si chiudano e che un ultimo respiro le sfiori le labbra.
 

Caddero in un’ ampio spazio di cemento polveroso. Alex si rialza, aiutandosi con il muro lì vicino, si guarda intorno riconoscendo la casa fatiscente in cui erano entrati un attimo prima, si trovano sul retro e delle finestre rettangolari a pochi centimetri dal terreno danno sullo scantinato, quello in cui sarebbero entrati se solo Ash non li avesse fatti cadere nella sua ombra.
Dana si alza, tentando di raggiungere quelle basse finestre ma una stretta forte si avvolge sul suo busto, braccia fredde.
“No, Dana.” Il suo fiato le sfiora i capelli. “Non possiamo più fare niente.” La sua voce è triste, come il vento che gli ha portato il silenzio e l’ odore del sangue. A Dana cedono le gambe e non prova neanche più a trattenere le lacrime.
“Basta, basta.” Non voleva un’ altra morte, che sia per colpa sua o per qualsiasi altra cosa, non vuole più perdere le persone a cui tiene. Nessun calore, solo il gelo della morte la invade. Si ente a pezzi, rotta.
“Dana, andrà tutto bene.” Tentò di rassicurarla lui con voce tremante, mentre i battiti del suo cuore si facevanoo sempre più pesanti.
 

Un anno dopo:

8.01
Dana: Ehi, ma gg nn vieni?
Alex: No, sto male :(

8.18
Dana: Ma nn raccontarmi palle, lo so che hai fatto sega!
Alex: … :D

Dana rimise il cellulare in tasca insultando mentalmente Alex e il posto vuoto alla sua destra.
La lezione teorica di discipline geometriche era già iniziata da venti minuti buoni e già si sentiva il solito chiacchiericcio alzarsi, non dalle ultime file, bensì da tutta la classe. Erano ore in cui non era necessario seguire la lezione anche perché la professoressa la maggior parte delle volte era fuori dall’ aula.
 Dana osservò fuori dalla finestra, fissando con grande interesse le gocce di pioggia che colavano lungo il vetro, prestando però attenzione ai gossip che volano per l’ aula.
“Ehi, lo sai che dovrebbe arrivare un nuovo alunno?”
“Davvero?”
“Si, ho sentito dire dal preside che lo inseriranno nella nostra sezione.”
Dana si voltò attirata dalle voci dietro di lei, finalmente qualcosa di diverso.
“Come fai a essere sempre così informata?” Chiese la russa alla ‘ragazza dei gossip’ che le rispose con una semplice alzata di spalle mentre controllava la perfezione delle sue unghie. Capendo di non poter avere una conversazione anche vagamente interessante con le due ragazze si mette a fissare la porta, in attesa di veder spuntare il nuovo arrivato.
Ma chi vide spuntare fu semplicemente la schiena della sua professoressa, quella che si vantava di avere undici decimi di vista, e si mise a osservarla tutta impegnata a parlare, ma più che altro ad annuire ad una presenza che Dana non riusciva a vedere perché nascosta dalla porta.
Sbuffò annoiata e recupera dall’ astuccio gli auricolari attaccandoli al cellulare e infilandoseli nelle orecchie. Cerca in rubrica il numero di Alex e, pregando che i pochi soldi rimasti le bastino per la chiamata, schiaccia il tasto verde. Abbassa il volto, nascondendosi dietro ai lunghi capelli biondi, il rumore degli squilli l’ angoscia, come ormai le succede da un anno quella parte.
“Pronto!” La sua voce le arriva dritta alle orecchie, distendendole le labbra in un sorriso.
“Non sai che ti stai perdendo.”
“Cosa?”
“Ci sono una Barbie e un Ken incollati alla lavagna con delle foglie di fico nei punti strategici.”
“Mi prendi in giro.”
“No sono del tutto seria, e non ti immagini com’è la prof che ci sta facendo la lezione!” Si sentiva offesa, sapeva bene che il posto libero accanto a lei sarebbe rimasto libero, anzi, sarebbe rimasto vuoto. Un chiacchiericcio si alzò intorno a lei che si schiacciò le cuffiette in profondità per sentire meglio le lamentele e le imprecazioni di Alex. probabilmente la prof stava presentando il nuovo arrivato, ma in quel momento era troppo concentrata sulla voce arrabbiata di Alex per prestare realmente attenzione a ciò che stava accadendo intorno a lei.
“Vabbè, senti, abbiamo un compagno nuovo, questa è l’ unica news.”
“E chi sarebbe?”
“Non lo so, non è ancora arrivato. Oh, sta per ricominciare la lezione. Ti saluto.” Calcò in maniera esagerata su quella parola, buttando poi giù il telefono senza aspettare una sua risposta con grande soddisfazione. Respirò pesantemente sfilando dalle orecchie gli auricolari e attorcigliandoli meticolosamente attorno al telefono, quando alzò lo sguardo una macchia scura alla sua destra attirò la sua attenzione mentre l’ odore di pioggia e fumo di sigaretta si insinuava nel suo naso. Capelli corvini tagliati in modo che un ciuffo coprisse la sinistra del suo viso, un paio di sopracciglia piegate al’ insù sotto le quali un paio di occhi tendenti all’ indaco la osservavano divertiti, un angolo della bocca rivolta verso l’ alto metteva in risalto il piercing sotto il labbro sinistro e un segno chiaro che si vedeva a malapena contro la carnagione pallida che tagliava a metà la sua guancia raggiungendo quasi il labbro. Il ragazzo sembrava divertito dall’ espressione sconcertata di Dana allungò quindi la sua mano per presentarsi.
 “Come ti chiami?” Chiese lui con voce profonda e roca.
“Dana.” Rispose lei senza stringere la sua mano. “Tu?” Chiese con una punta di malcelato timore e sconcerto.
“Andy.” 

 

Finis.

Dopo aver creato il banner più bello che io abbia mai fatto sono anche abbastanza soddisfatta di questa breve long :)
Ero certa che avrei avuto un po' di tempo per rileggere pe bene questio ultimo capitolo e per pensare a cosa scriere qui, il fatto è che mi sono ritrovata alle 23:45 con niente di fatto, quindi  ho fatto tutto di fretta, sperando di rispettare la scadenza che mi sono imposta dell' aggiornamento ogni 5 giorni, ma non ci sono riuscita, peccato.
Non ho mai fatto finire in questo modo una storia (ma essendo questa una sorta di esperimento ho provato a fare delle cose diverse dal solito; prima di tutto le persone che si salvano sono più del solito, secondo non sono solita a lasciare una storia incompiuta), solitamente muoiono tutti, così non mi viene voglia di mettermi a scrivere un seguito che molto probabilmente mi ucciderebbe. Comunque, lo so che è assurdo, non credo neanche di poter rispondere a eventuali domande riguardo questo finale, inventate voi, ecco!
Ringrazio chi ha recensito fino a qui (Homicidal Maniac, Pendragon of the Elves, Alex Bright Skies (il cui nome mi ricorda tanto il nome di una band *-*)) e tutti i lettori silenzionsi, a proposito, voi! Perchè non recensite dicemdomi che questo è il peggior finale che io potessi scrivere cosa ne pensate in generale? (oppure odiandomi per aver fatto morire il vostro personaggio preferito? -Lo so che è Lili- ma avreste dovuto aspettarvelo ^^"). Mi bastano due paroline in croce, grazie a tutti.
*legge sopra e si rende conto di non aver mai scritto delle note d' autore così lunghe :,)* 

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