When lies and death embrace di La sposa di Ade (/viewuser.php?uid=152568)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Now you’re adrift in the sea of lies. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. A foolish villain in an endless chapter. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. The demons running behind your eyes. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. A simple shadow. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4. We can fight together. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5. I’ll never walk away. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6. Tear down! the walls that will surround ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7. Cry out! Above the burning sound. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8. Show me! How bleeding hearts still pound. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9. If we stand together, ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10. we will be unbroken. ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo: Now you’re adrift in the sea of lies. ***
Prologo:
Now you’re
adrift in the sea of lies.
la
musica era
assordante e in quell’ appartamento erano decisamente in
troppi per lei, e
nonostante fosse la festeggiata si guardava intorno ansiosamente
piuttosto che
godersi la festa.
Aveva detto che
sarebbe venuto, per lei, e stranamente c’era anche stato ma
adesso non riusciva
più a trovarlo da nessuna parte.
Iniziò a
preoccuparsi, così come accadeva tutte le sere, suo padre
era uscito di nuovo
senza che lei se ne accorgesse. Non poteva lasciarla così,
non in quel momento!
“Dana!” sentì la
voce maschile di un suo compagno di classe che si stava avvicinando con
in mano
due bicchieri pieni di alcolici.
“Hai visto mio
padre?” Chiese lei agitata al ragazzo ancora prima che lui
potesse aprire
bocca.
“Ehm… Mi è
sembrato di vederlo uscire poco fa.” Rispose confuso il
ragazzo, per poi
provare ad attaccare con un discorso diverso, inutilmente.
“Grazie Jay!” Dette
una pacca al braccio dell’ amico e corse verso l’
uscita d’ emergenza mentre
uno speaker annunciava la torta con tanto di candeline in arrivo.
Maledisse se
stessa e suo padre per il fatto di doversi perdere la torta mentre
andava a
sbattere contro l’ unica pianta dell’ appartamento,
ma l’ ascensore era ora
davanti a lei e si stava chiudendo. Accelerò il passo nella
speranza di
riuscire ad entrarci senza rimanere schiacciata tra le porte, ma non
fece in
tempo e per poco non prese una facciata.
Si precipitò
allora giù dalle scale, un piano e premette nervosamente il
tasto luminoso
inutilmente perché l’ ascensore era già
sceso, poi riprese a scendere le scale
e al piano inferiore al precedente fece lo stesso, restando
però questa volta
davanti alle porte chiuse che riflettevano la sua immagine distorta;
lunghi
capelli biondi e ondulati le incorniciavano il viso, un paio di occhi
grigi e
le labbra piene. Respirò un paio di volte e si
lisciò i capelli biondi, pronta
ad affrontare suo padre.
Le porte si
aprirono e la schiena di suo padre le apparve davanti agli occhi.
Sospirò
pesantemente e la ragazza russa entrò nello stretto vano
della cabina,
incrociando per un attimo lo sguardo azzurro del padre riflesso nello
specchio
davanti a lui.
Le porte si
chiusero dietro di lei, avrebbe avuto il tempo di tre piani prima di
giungere
al piano terra, doveva essere veloce e concisa. Si avvicinò
ancora e avvolse
con decisione le spalle del padre con le proprie braccia, rimasero
così fino a
che l’ ascensore non terminò la sua discesa, per
un attimo solo lei si chiese
se stesse facendo la cosa giusta, di tutte le cose che aveva provato
non era
ancora riuscita a staccare suo padre dalla bottiglia. La causa risaliva
a
quando lei era ancora piccola, a quando sua madre li aveva lasciati
soli,
quello già era stato un duro colpo, quando poi suo padre era
riuscito a trovare
una nuova compagna –una donna bellissima e umile, le aveva
sempre ricordato una
fata- tutto era precipitato con un disastroso incidente d’
auto, l’ ubriaco
alla giuda dell’ altra auto aveva tolto la vita a quella
donna felice e solare.
Da quel giorno suo padre aveva sempre finito per non definirsi degno di
niente,
era certo di non essere più degno della felicità,
eppure non si era mai accorto
di avere una stella luminosa e raggiante sempre al suo fianco pronta ad
accoglierlo tra le sue braccia.
Le porte del
piano terra si aprirono.
“Cerca di essere
felice, almeno per questa sera, fallo per me.” Le
implorò lei mentre il calore
si allargava dentro di lei. Suo padre annuii freneticamente per poi
affrettarsi
verso l’ uscita liberandosi dall’ abbraccio della
figlia che rimase bloccata in
quella piccola cabina a osservare la schiena di suo padre uscire nella
fredda
notte primaverile. Così neanche quello aveva funzionato.
Abbassò la testa,
scoraggiata, fissandosi i piedi con tristezza.
A ridestarla
lievemente furono le porte che le si chiusero in faccia. A spaventarla
fu
invece l’allarme antincendio.
Sapeva che
prendere l’ ascensore durante un incendio era una cosa
più che stupida, ma che
poteva farci? L’ allarme era scattato dopo che porte si erano
chiuse. Implorò
l’ ascensore perché si muovesse più
velocemente e perché non precipitasse.
Quando
finalmente le porte del piano si aprirono, rimase di nuovo bloccata,
dalla
porta in cui aveva appena dato la festa usciva del fumo nero e
soffocante,
mentre delle urla al suo interno superavano il volume della musica.
Ogni pensiero
dentro di lei si bloccò mentre l’ adrenalina e la
paura cancellavano ogni
pensiero logico e ogni minima idea. L’ unica cosa che fece fu
lanciarsi verso
la porta per aprirla e far uscire i suoi amici da lì dentro.
Strinse con
forza la maniglia e girò, stranamente non era rovente, o
forse non aveva
sentito il calore per via dell’ adrenalina che era entrata in
circolo. Il fumo
le accarezzò il viso mentre un’ ondata di calore
le toccava la pelle molto meno
dolcemente.
Si aspettava un’
altra scarica di adrenalina che avrebbe guidato il suo corpo, invece
rimase lì
davanti paralizzata da ciò che stava vedendo; tutti i
ragazzi erano ammassati
ai muri mentre una figura al centro della stanza si agitava e urlava
avvolta
dalle fiamme, accompagnata dalla pianta da ornamento che stava creando
un alone
di bruciato contro il muro altrimenti bianco. L’ impianto
antincendio si
attivò, troppo tardi perché il corpo del ragazzo
cadde a terra, mentre le
fiamme continuavano a bruciare la sua carne, l’ odore che
sprigionava era
nauseante e temette per un solo istante di vedere la sua cena sul
pavimento.
Quando quel
raccapricciante spettacolo si consumò un silenzio assordante
invase l’
appartamento, o forse di nuovo la sua mente si era rifiutata di sentire
e
vedere. Perché da quel momento non riuscì a
ricordare come era finita nel
parcheggio sotto l’ edificio.
Si trovava fuori
dal palazzo; una camionetta dei pompieri, due volanti della polizia e
un’
ambulanza illuminavano la facciata dell’ edificio con le loro
sirene. Inutile
dire che per il ragazzo mangiato dalle fiamme non c’era stato
niente da fare. Ma
quello che a malapena si poteva definire un incendio era stato spento.
Tremò,
infreddolita in mezzo al gelo della notte fissando i suoi occhi chiari
al quarto
piano; da fuori non si sarebbe mai immaginato ciò che era
successo all’
interno.
Una mano forte e
calda si strinse sul suo braccio scuotendola appena –per un
attimo pensò che
quella mano potesse appartenere a suo padre-, quando si
voltò incrociò il volto
pallido e tirato di un poliziotto.
“Lo conoscevi?”
Chiese lui con voce dura ma comunque calma. La ragazza lo
guardò spaesata; non
voleva sapere chi era stato mangiato dalle fiamme in quel modo, non
voleva
conoscerlo.
“Jay Mills?”
Chiese ancora il poliziotto. Ecco, il cuore della ragazza si strinse
fino a
farle provare vero e proprio dolore, lacrime calde le solcarono il
volto mentre
annuiva freneticamente. Non poteva essere, perché proprio
lui? Era sempre stato
gentile con lei, non aveva fatto niente per meritarsi una fine del
genere.
Una coperta
calda le venne appoggiata sulle spalle. “Cosa gli
è successo?” Chiese con voce
stridula la ragazza. Il poliziotto sospirò, con una faccia
desolata.
“Non troviamo
altra spiegazione.” Disse lui come se avesse già
rivelato di cosa si trattasse.
“Cosa? Che cosa
gli è successo?!” Questa volta fu il suo turno di
scuotere il poliziotto per
farlo parlare. Lui
sospirò ancora,
straziando ancora di più Dana.
“Non riusciamo a
trovare altre cause se non l’ autocombustione.” A
quella risposta la bocca di Dana
si spalancò rischiando di staccarsi e finire per terra.
Altre lacrime –questa
volta di rabbia- premettero contro i suoi occhi per uscire ma lei si
mise a
ridere.
“State
scherzando? Come posso credere a una cosa del genere?! L’
autocombustione non
esiste!” Si accorse a malapena di urlare disperatamente, ma
si rese bene conto
che urlare e piangere non sarebbe servito a riavere il suo amico
indietro.
Lasciò la stretta sulle braccia del giovane poliziotto e si
abbracciò tremando.
Parole di
consolazione le attraversavano le orecchie senza mai rimanere impresse
nella
sua mente. Voleva solo vedere suo padre, non le importava se in quel
momento
sarebbe stato ubriaco e puzzolente di fumo, aveva solo bisogno di
sentirsi tra
le sue braccia, come tanti anni prima quando gli abbracci non si
dovevano
chiedere.
Poco prima:
La
spiacevole
puzza del fumo di una sigaretta gli giunse al naso e staccando gli
occhi dal
binocolo guardò in cagnesco la ragazza che come se niente
fosse gli aveva
soffiato il fumo della sigaretta direttamente in faccia.
“Lili, per
favore…” Protestò debolmente tornando a
osservare il fumo che usciva da una
finestra lontana.
“È colpa del
vento. Quindi è colpa tua” Sostenne lei calandosi
meglio il cappuccio scuro sui
capelli mezzi rasati e portandosi alle labbra la sigaretta.
“Senti Alex, non è
che stiamo sprecando di nuovo tempo? È tardi e domani ho una
verifica.” Disse
lei sbuffando altro fumo. Il vento si alzò scompigliano i
suoi capelli scuri.
“Finiscila, a te
non importa minimamente della scuola.” Rispose lui
armeggiando con la rotella
centrale del binocolo senza toglierli dagli occhi.
“Beccata.”
“Già, beccata.”
Ripetè lui staccando finalmente gli occhi del colore del
ghiaccio dal binocolo.
“Non farmelo
pesare.” Sbuffò nervosamente altro fumo.
“No, intendo, beccata.”
Indicò il palazzo che stava
osservando fino a un attimo prima. Sorrise nel vedere l’
espressione
esterrefatta di Lili e lasciò il binocolo nelle sue mani che
si allungavano
avide. Lasciò cadere la sigaretta, e lui con un’
espressione ancora più
soddisfatta la schiacciò sotto il tallone per spegnerla.
“Cavolo.”
Borbottò la ragazza aggrottando le sopracciglia.
“È davvero lei. Non me lo
sarei mai aspettata. Dana Raluca, viene a scuola con te
vero?” Continuò lei
tastandosi le tasche in cerca di un’ altra sigaretta,
imprecando contro le
proprie dita e Alex.
“Si, viene a
scuola anche con te sai?” La ragazza rispose con un gesto
nervoso della mano,
come se stesse scacciando un insetto.
“Eppure sembra
così strano, non me ne ero mai accorta prima.”
Disse dubbiosa la ragazza.
“Non senti la
sua energia?” Chiese lui avvicinandosi.
“Si ti credo,
cavolo!” Esclamò lei staccandosi dal binocolo e
spingendolo verso il petto del
ragazzo, mentre lo guardava male. “Ma prova a spegnermi
un’ altra volta la mia
ultima sigaretta e giuro che ti congelo!” Il ragazzo rise di
gusto, anche se
sapeva che in quel momento Lili era del tutto seria.
“Colpa del
vento.” Rispose sarcastico lui.
“Quindi è colpa
tua” Inveì Lili, raccogliendo ciò che
restava della sigaretta.
“Dai, andiamo ad
aiutarla.” Disse lui ancora contento per la scoperta.
“Ti raggiungo
dopo, ora ho da fare.” Si alzò e senza aspettare
una risposta dal ragazzo aprì
la porta che portava fuori dal tetto.
†
Ok,
nuova long, che tanto long non sarà, si tratterà
solo di 11 capitoli.
In
questo prologo avete avuto solo un’ assaggio di quello che
accadrà prossimamente,
non credete che questa sarà una storia semplice u.u
La
verità è che non ho molto da dire, anche
perché appena ho pubblicato il prologo
mi è passato completamente di mente queste note qui alla
fine… spero
solo che questo esperimento (che a dire
il vero neanche io so come chiamare, né so il genere giusto
in cui inserirlo) possa
essere di vostro gusto magari facendomelo sapere con una recensione? :)
*Si
fa piccola piccola e fugge*
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 1. A foolish villain in an endless chapter. ***
Capitolo 1.
A foolish
villain in an endless chapter.
Uno
squillo, due
squilli, tre squilli.
Un brivido le
attraversò la schiena rischiando di farle cadere di mano il
cellulare.
Quattro, cinque,
sei squilli. Ancora niente.
“Avanti,
rispondi.” Le sue parole si trasformavano in nuvolette di
condensa.
Sette, otto,
nove. Non avrebbe risposto, lo sapeva. Schiacciò il tasto
rosso sullo schermo
del cellulare e rimase a guardare per un poco lo schermo fattosi nero.
Digitò di nuovo il numero, implorando perché suo
padre rispondesse e la riportasse a
casa.
C’è
stato un incidente a tre isolati da qui. Gracchiò una voce alla trasmittente
di uno dei
poliziotti.
“Ehi ragazzina,
hai un parente che ti possa portare a casa?” Chiese il
poliziotto più per
sicurezza che per cortesia.
“Si certo.” Le
si incastrò la voce in gola. “Mio padre sta
arrivando.” Mostrò il sorriso più
forzato che avesse mai fatto in vita sua e premendo ancora il tasto
rosso del
cellulare.
“Sarà meglio che
qualcuno resti qui fino a che non arrivi allora.”
Infilò le mani nelle tasche
pronto ad aspettare.
“No, non c’è
bisogno, davvero!” Esclamò lei, tentando di
suonare convincente. Pur sapendo
che non avrebbe rivisto suo padre prima dell’ alba.
“Dana!” Una voce
gentile richiamò la sua attenzione, si voltò e si
sorprese non poco di vedere
il suo compagno di classe Alex, che non fosse andato alla festa? Non
ricordava.
“E tu chi sei
ragazzino?” Chiese sospettoso il poliziotto.
“Sono suo
fratello, la posso portare a casa io.” Detto questo strinse
con forza il
braccio della ragazza attirando la sua attenzione e intimandole di
stare al
gioco. Dana si ritrovò ad annuire freneticamente,
ringraziando quella menzogna
che aveva tirato fuori il suo amico.
“Tuo padre eh?”
Disse il poliziotto poco convinto girandosi e salendo sull’
ultima vettura
rimasta nel parcheggio, i due ragazzi attesero che l’ auto
sparisse dopo la
prima curva per tirare un sospiro di sollievo.
“Grazie Alex, ti
devo un favore.” Disse Dana osservando il volto perfettamente
ovale del
ragazzo, ciocche di un biondo chiarissimo coprivano appena i suoi occhi
del
colore del cielo in una giornata di vento.
“Va tutto bene.
Ora ti porteremo al sicuro.” Disse lui lasciando la presa sul
suo braccio.
“Al sicuro?
Perché? Io sono al sicuro.” Aggrottò le
sopracciglia decisa a non muovere i
piedi da dove si trovava in quel momento. “Senti, ti
ringrazio davvero per
quello che hai fatto poco fa, ma adesso devo trovare mio
padre.” Alex la fissò
intensamente, come a voler cercare qualcosa nel profondo dei suoi occhi.
“Cavolo.” Si
lasciò sfuggire dalle labbra, per poi tastarsi le tasche in
cerca del
cellulare. Digitò velocemente il numero di Lili che
fortunatamente rispose al
secondo squillo.
“Cellulare di
Glacies, se vi ho risposto è perché odio la mia
suoneria, dica pure.” La
voce canzonatoria di Lili giunse alle sue
orecchie come se si trattasse di una consulente messa a forza dietro a
una
scrivania.
“Non è il
momento di scherzare, lei non lo sa.” Disse velocemente lui
scoccando un’
occhiata alla ragazza che lo guardava come se fosse impazzito.
“Che cosa non
so? Mi spieghi che sta succedendo?” Il tono della sua voce
prese una sfumatura
altamente nervosa, mentre si rigirava nervosamente tra le mani il
telefono.
Dall’ altra
parte del cellulare arrivò un sospiro e un breve silenzio.
“Strano, per noi
non è stato così. Sono a pochi isolati da voi,
finisco qui e sono da voi in
cinque minuti. Immagino tu sappia cosa fare, vero?” Il tono
della ragazza dall’
altra parte del telefono si era fatta estremamente seria.
“Certo.” Rispose
lui un po’ scoraggiato, allontanando il telefono e voltandosi
verso la ragazza
che lo guardava in attesa di una risposta.
“Allora;
ascoltami attentamente.” Prese ancora le braccia della
ragazza che continuava a
guardarlo confusa. L’ adrenalina ormai era svanita e la
stanchezza aveva preso
il suo posto. Vide un attimo un’ esitazione negli occhi del
ragazzo e poi il
suo viso che si avvicinava pericolosamente al suo; provò a
dire qualcosa, per
allontanarlo ma all’ improvviso sentì l’
aria dei suoi polmoni uscire come da una
tazza rotta, iniziò a boccheggiare senza riuscire a staccare
gli occhi dalle
labbra semiaperte di Alex che lentamente si colorarono di macchie nere
insieme
a tutto ciò che c’ era intorno.
“Ash!
Ash!” Una ragazza dai lunghi a candidi
capelli iniziò a correre per la casa buia, attraversando un
lungo corridoio.
“Ash!?” Girò su se stessa, cercandolo
nei cantucci bui di quel corridoio non
illuminato.
“Ashley è
uscito.” Non era una voce piatta, calda e lievemente nasale,
quella che sentì
era cupa e apatica, arrochita dal fumo di troppe sigarette, una voce
che mai si
sarebbe attribuita all’ aspetto da ventenne che aveva
quell’ ombra. Più
semplicemente era una voce diversa da quella che si era aspettata di
sentire.
La ragazza sospirò scoraggiata aspettando di vederlo uscire
dal buio.
La prima cosa a
delinearsi fu il viso macchiato di trucco scuro seguito dalle spalle
avvolte da
un una giacca di pelle nera, la figura uscì quasi
completamente dall’ ombra
gocciolando dai capelli tagliati in modo irregolare goccioline di scura
ombra
che andavano perdendosi fra le assi del pavimento. I suoi occhi
rilucevano di
luce azzurra, tendente all’ indaco, che anche in quel luogo
scuro spiccavano
come fari mettendo in risalto il pallore del viso. Fece un passo avanti
mentre
i suoi abiti di pelle scricchiolavano.
“Cosa succede
Ether?” Chiese lui abbassandosi -data la sua statura che
raggiungeva quasi il
metro e novanta- per guardare nei suoi occhi verdi, lei
sobbalzò, raramente lui
si permetteva di chiamarla per nome.
“L’ho sentito
Andy! Il potere di Ignis si è svegliato del
tutto.” Esclamò lei quasi
saltellando sul posto e congiungendo le mani sul petto all’
altezza del cuore.
Lì dove poco prima aveva sentito scoppiare una bolla di
calore rovente. Gli
occhi color cielo del ragazzo si fecero più tristi e si
chiusero un istante per
poi tornare esattamente come prima.
“Vado subito.”
Si voltò e mentre tornava nell’ ombra da cui era
sbucato una scintilla di una
sigaretta che si accendeva illuminò per un istante le labbra
del ragazzo,
facendo luccicare il piercing sulla parte sinistra del labbro, poi
sparì così
come era apparso, in un attimo, mentre nell’ aria ancora
alleggiava la sua
voce.
“I wish to god I'd known that I, I didn't stand
a
chance…*” La
ragazza abbassò la testa, ascoltando quella piccola
parte della sua canzone che si
perdeva nel buio, sfuggita alle sue labbra, impossibile da arrestare un
sorriso
si allargò sulle sue labbra in contrasto con un senso di
vuoto che si allargava
dentro di lei.
Non si avvertiva
più il freddo della notte, all’ ampio piano terra
del palazzo si respirava un’
aria umida con un lieve sentore di bruciato.
“Allora? Non le
hai detto niente?” La sua voce fredda lo portò a
distogliere lo sguardo dalla
ragazza sdraiata a terra puntarlo a quella in piedi affianco a lui;
lunghi
capelli scuri si muovevano come serpenti alla destra del suo viso
pallido.
“Detesto queste
cose.” Sospirò lui tornando ad osservare il volto
coperto da capelli biondi di
Dana, quindi si alzò. “Nn sarebbe meglio aspettare
un po’. Hai visto cosa è
successo.” Lili lo guardò male, come se avesse
spento di nuovo la sua ultima
sigaretta.
“Ho capito.
Spostati.” Con poca gentilezza e una spallata
spostò Alex che per poco non
cadde a terra. Dopodiché prese per le spalle la ragazza a
terra, e scuotendola
iniziò a urlare, l’ eco della sua voce rimbalzava
contro le pareti lisce.
“Sveglia
ragazzina! Tuo padre è morto!” La scosse ancora,
mentre sul volto di Dana
appariva una smorfia e gemeva. Una mano forte seppur leggera strinse la
sua
spalla intimandole di smetterla.
“Lili, ma che
stai dicendo?!” Lei si voltò, esasperata e fredda.
Il vento fuori si alzò,
sibilando e urlando, mentre l’ ambiente si raffreddava.
“La verità,
ovvio.” Ed era vero, perché il ghiaccio
è trasparente e le menzogne non lo
possono intaccare. Sospirò, vedendo l’ espressione
sorpresa di Alex, lasciò la
presa sulle spalle della ragazza, che sembrava comunque più
lucida di prima, le
sue palpebre tremavano ancora, troppo pesanti per sollevarsi.
“C’è stato un
incidente a tre isolati da qui, sono andata a controllare per vedere se
Ether
aveva mandato qualcuno, ma…” La sua voce era
diventata un sussurro ed esitò,
non del tutto sicura di rivelare ciò che era successo
davvero.
“Lili.” Le
intimò di proseguire. La ragazza sdraiata a terra
riuscì finalmente ad aprire
gli occhi, battendo più volte le palpebre, la sua
espressione si fece
interrogativa, nel vedere il volto poco conosciuto di Lili.
“Che è
successo?” Si mise a sedere, guardandosi intorno e
riconoscendo il luogo. “Che
mi avete fatto?” Il suo sguardo si indurì
fissandosi su Alex, anche Lili si
voltò verso di lui.
“Perspicace la ragazza.”
Quest’ ultima continuava a non capire; anzi era certa che
quei due stessere
facendo di tutto per mandarla in confusione, come se non fosse
già abbastanza
sfinita a causa di quello che era successo quella sera stessa.
“Glielo spieghi
tu?” Continuò Lili alzandosi e guardando Dana,
indecisa se porgerle la mano o
meno.
“Spiegarmi cosa?
Non capisco!” Il suo volto era stanco ed esasperato.
“Spiegarti
che è
stata colpa tua.” I tre lì presenti si guardarono
intorno, senza riuscire a
capire da dove provenisse quella voce. Una voce da adulto, profonda e
rovinata
dalle sigarette. Lili sospirò alzando gli occhi al cielo e
prendendo per il
polso Dana che si era alzata, e mettendosi tra lei e l’
angolo meno illuminato
del piano terra; la luce della lampadina tremolò,
illuminando a malapena il
profilo da ragazzo dell’ individuo appoggiato al muro; i suoi
abiti scuri
sembravano essere un tutt’uno con l’ ombra intorno
a lui, una scintilla si fece
notare in quell’ alone di buio, per poi spegnersi di nuovo,
un sospiro di fumo
bianco uscì dalla sua bocca. Un ragazzo dall’
aspetto di un ventenne emerse
dall’ ombra, mentre l’ eco di gocce che cadevano a
terra si perdevano nell’
ampio spazio.
“Un Mors.” Si
lasciò sfuggire Lili dalle labbra contratte.
“Preferisco
Andy.” Le sopracciglia scure del ragazzo si aggrottarono e
subito dopo un
angolo delle sue labbra si tese. “Lilith.” La
ragazza in questione storse il
naso sentendosi chiamare per intero. Il vento al di fuori
dell’ edificio
sovrastava ogni cosa, mentre i respiri dei presenti si trasformavano in
nuvolette di condensa.
“Cosa sta
succedendo? Cosa è colpa mia?” Dana, seppur
confusa aveva avvertito il pericolo
e le sue mani erano tornate a tremare, mentre il sale premeva contro i
suoi
occhi. E nonostante la temperatura in quell’ ambiente si
fosse abbassata di
colpo continuava a sentire dentro di se un tepore più o meno
rassicurante.
Guardò meglio il ragazzo che era spuntato dal nulla,
provando una sorta di
avversione verso di lui; i suoi occhi azzurri cerchiati da trucco nero
la
fissavano spudoratamente, facendola innervosire ancora di
più. Alex e Lili
erano due presenze fredde e protettive davanti a lei.
“Non gli avete
detto niente?” I due si irrigidirono e Dana nel sentire la
sua voce le venne in
mente il suono di carta strappata e le sembrò che la sua
voce fosse rovinata
non a causa delle sigarette, bensì dalle urla, quelle che si
scappano alle
labbra quando si odia il mondo intero, quando non si desidera altro che
giacere
sfiniti dopo aver consumato tutto il fiato. La sua sigaretta si
illuminò di
nuovo e Dana si concentrò su quella luce evanescente per
scacciare tutto il
resto. Il suo cuore perse un battito quando vide la carta che fungeva
da
rivestimento al tabacco prendere fuoco e consumare in pochi istanti
ciò che
restava della sigaretta che lui prontamente lasciò cadere a
terra. il ragazzo puntò lo sguardo nei suoi occhi.
“Come ti chiami,
piccola scintilla?” Andy la guardò con gli occhi
di un predatore che sta osservando
con attenzione il buco nero della tana della preda, poi rapidamente
come la
sigaretta era caduta a terra un ampio sorriso si dipinse sul suo volto,
reso
ancora più spettrale dalla riga di trucco nero che
proseguiva dall’ angolo
sinistro delle labbra come una cicatrice con dei punti di sutura. In
quello
stesso istante i vetri della porta dietro di loro si infransero,
facendo
entrare il vento freddo della notte. Dana si sbilanciò in
avanti tanto erano
forti le raffiche
“Che vuoi fare
Aer? Farmi lacrimare gli occhi con questo venticello?”
Urlò sprezzante il
ragazzo per sovrastare il ruggito del vento.
“Vai via e
portatela dietro.” Intimò con decisione Lili ad
Alex che già si era voltato
verso Dana la cui espressione era a dir poco shoccata.
“Non puoi
farcela da sola!” Urlò lui prendendo comunque tra
le braccia Dana.
“Si invece, ora
va’ via.” Rispose lei mentre il vento portava
all’ interno schegge di vetro.
Alex imprecò,
sollevando di forza Dana e correndo via veloce come il vento stesso.
Andy non
distolse lo sguardo dal viso ovale della ragazza fino a che non fu
lontana,
spostò poi l’ attenzione sull’ unica
persona rimasta.
Lili si era
raddrizzata con le braccia incrociate al petto e sul volto
un’ espressione
molto più calma e serena rispetto a prima.
“Immagino non
sia la solita visita di cortesia vero, Andrew?” Il ragazzo si
avvicinò
chinandosi leggermente per poter essere all’ altezza dei suoi
occhi.
“È tutt’ altro
che una visita di cortesia, cara.”
[Non
è banalità, è pigrizia]
Bene,
vi informo che aggiornerò ogni cinque giorni (detesto
aspettare). Mai dato così poco tempo tra un capitolo e l'
altro, wow. Comunque il capitolo precedente oltre a fungere da prologo
mi ha dato un mucchio di problemi con l'HTML, perchè a
quanto pare i colori e i caratteri che uso io non piacciono a EFP u.u,
vabbè, vedremo come varrà fuori questo.
Ringrazio tutti i lettori, in particolare Homicidal Maniac per la
recensione e Andry_S,
che ha aggiunto alle seguite la storia ^^
chiama
e assomiglia al
cantante dei Black Veil Brides, è proprio lui! ._.
*
Dalla
canzone Carolyn dei Black Veil
Brides: “Prego Dio che
sapessi (in passato) che io, io non avevo
possibilità di successo.”
La canzone ovviamente non è realmente dedicata a una
ragazzina, bensì alla madre del chitarrista principale della
band che era molto
malata. Io mi sono permessa di prendere in prestito la canzone, ma mi
sembrava
il caso di specificare questo. Fine.
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Capitolo 3 *** Capitolo 2. The demons running behind your eyes. ***
Capitolo 2.
The demons
running behind your eyes.
“Li
preferivo
lunghi.” Disse lei debolmente resistendo all’
impulso di allungare una mano e
sfiorargli i capelli dal taglio asimmetrico.
“Anche lei li
preferiva lunghi.” Lili storse il naso.
“Per questo li
hai tagliati?” Chiese lei con un tono di voce tagliente,
ricevendo un’
occhiataccia letale.
Erano seduti
sugli scalini appena dopo il portone d’ ingresso
–il cui vetro era andato in
frantumi poco prima- a un paio di metri l’ uno
dall’ altra. Era stato lui il
primo a sedersi, sostenendo di non aver voglia di fare un lungo
discorso stando
in piedi, poi anche Lili si era seduta, comunque piuttosto riluttante;
mai si
era fidata davvero di qualcuno.
Andy tirò fuori
una sigaretta e un accendino, fingendo di non vedere lo sguardo
desideroso di
Lili, fece scattare la fiamma e aspirò una lunga boccata i
fumo, per poi alzare
il viso e soffiare il fumo bianco che si perse nel candore del soffitto.
Uno,
due, tre, quattro, cinque, sei secondi per
soffiare il fumo, nuovo record!
Commentò mentalmente Lili sospirando.
“Non dovresti
fumare qui dentro, sai, c’è già stato
un incendio.” Disse sarcastica lei; in
verità non voleva che lui fumasse solo perché non
poteva farlo anche lei.
“Una sigaretta
non può far prendere fuoco a una persona.” Disse
lui appoggiandola alle labbra.
“Comunque, non è di questo che voglio
parlarti.” Aspirò per poi sorridere
lievemente alla ragazza seduta lì affianco. “Non
credi che sia ora di muoversi,
piuttosto che stare nell’ ombra e far finta che Ether non sia
un problema?”
Mentre parlava nuvolette di fumo uscirono a intervalli quasi regolari
dalla sua
bocca.
“Proprio tu
parli.” Fece una pausa cercando le parole. “Ci
stavo pensando.” Si fermò di
nuovo, e congiunse le mani davanti al viso, incrociando
le dita. “Ma ho paura di sbagliare di
nuovo.”
Lui attese ancora perché si vedeva dalla sua espressione che
aveva altro da
dire. “Mi fa paura.” Ammise infine Lili riferendosi
a quella che ostentava un’
aspetto da ragazzina con i capelli tinti del colore sbagliato.
“Glacies.”
La
chiamò lui. “Non più Aqua. Sei cambiata
e puoi farcela.” Il nervosismo iniziò a
farsi vedere sul volto della ragazza. Un po’
perché non si sentiva pronta e un
po’ perché tutti quei nomi latini non le erano mai
piaciuti.
“Perché?” Chiese
lei voltandosi verso di lui. “Perché vuoi che
elimini Ether? Perché io? Una
tua, una vostra –si corresse- nemica. Tu dovresti stare dalla
sua parte, non
dalla nostra.” Andy fece uscire due strisce di fumo dalle
narici.
“Non iniziare a
parlare di parti. Neanche tu mi sembri tanto leale al
ragazzino.” Disse lui
eludendo le sue domande. Aveva le sopracciglia aggrottate e la mascella
contratta, i suoi occhi rilucevano di un azzurro glaciale.
“Io.” Tentennò.
“Voglio solo far finire tutto questo.”
Abbassò la testa, facendo in modo che i
capelli lunghi che teneva a destra le celassero il viso.
“Allora dobbiamo
muoverci, e in fretta.” Si ritrovò il suo fiato a
pochi centimetri dalla spalla
e per poco non sobbalzò dimenticandosi di quanto potesse
essere veloce un Mors
nella penombra. “Ho bisogno del tuo aiuto, da solo non posso
fare niente contro
di lei.” Fece una breve pausa “Infondo è
stata lei a farmi diventare quello che
sono.” Lili alzò la testa in tempo per riuscire a
vedere un sorriso sprezzante
sparire dalle sue labbra e un’ ombra nascondersi dietro le
sue pupille.
“Rispondi alla
mia domanda.” Disse lei. Il suo viso era pericolosamente
vicino, lei poteva
benissimo sentire l’ aroma di fumo e oscurità di
cui erano impregnati i suoi
abiti. La sua espressione non cambiò mentre si alzava con un
movimento fluido,
per l’ ennesima volta Lili si sorprese di quanto fossero
lunghe le sue gambe.
Poi si voltò dirigendosi verso l’ angolo scuro da
cui era apparso, lei dovette
contorcersi per voltarsi pur restando seduta e non perderlo di vista.
Si infilò
nell’ ombra e poco prima di svanire le sue parole raggiunsero
Lili.
“Ho sempre
odiato i segreti.”
“Va tutto bene
Dana, guardami, va tutto bene, ok?” La teneva per le braccia
e la scuoteva
leggermente cercando i suoi occhi grigi. Le loro figure erano
illuminate dalla
luce dei lampioni del parco, ampio e buio.
“Chi era quello?
Cos’è successo? derʹmo*,
non… io non…” La sua pelle si era
colorita di nuovo.
“Dana!” La richiamò lui alzando
lievemente la voce.
“Tu cosa sei?” Il suo sguardo era
sperduto e sfinito, il che era il minimo visto tutto quello che aveva
passato
quella notte. “Se stato veloce come il vento, come
è possibile?” Il tono della
sua voce si affievolì sempre di più mentre la sua
mente elaborava altre
domande; di cosa aveva la colpa lei? Cosa stava facendo Lili con quel
tizio?
Com’ era possibile che condizioni come quelle che aveva
appena vissuto
potessero manifestarsi uno spazio chiuso di cinquanta metri quadrati?
Ma
soprattutto, suo padre?
“Io
sono il
vento.” Disse lui abbassandosi per cercare ancora gli occhi
della ragazza confusa. “Ora ti spiegherò tutto,
con calma.” Continuò lui con il
tono più rassicurante che conosceva. “Quindi
chiedimi quello che vuoi sapere,
ti dirò tutto.” La strascinò su una
panchina riempita di scritte fatte a
pennarello nero e la fece sedere.
“Ok.” La ragazza fece un profondo
sospiro guardandosi le dita tremanti e affusolate. “Come
è stato possibile che
Jay…” Si bloccò, mentre un senso di
nausea
le attorcigliava lo stomaco, non riusciva ad andare avanti.
“Ho capito.” La rassicurò lui prima
di iniziare con le spiegazioni. “Lo hai toccato?”
Chiese lui per avere una
conferma ai suoi pensieri. Dana rammentò la pacca amichevole
sul braccio che
gli aveva dato lei prima di fuggire a cercare suo padre.
“Solo una pacca sul braccio, niente
di più.” Disse lei come se dovesse vergognarsene.
Alex annuì, cercando il punto
da cui cominciare il discorso.
“Ascoltami, tu dentro di te hai il
potere del fuoco, Ignis.” Aspettò che la ragazza
assorbisse quella notizia e
prima che potesse protestare lui le fece segno di lasciarlo finire.
“Nella
storia è successo più volte che nascessero
persone con questi poteri
particolari; Terra, Aqua, Aer –si indicò- e
Ignis.” Terminò indicando Dana che
con le sopracciglia aggrottate lo ascoltata attentamente.
“Lili è…” Iniziò
lei tentennante.
“Lili è Glacies, la figlia di Aqua.”
Terminò lui per lei, confondendola ancora di più.
“Raramente capita che uno degli
elementi nasca prima degli altri, e questo è quello che
è successo; Aqua si è
ritrovata praticamente da sola contro Ether e prima di essere sconfitta
ha
lasciato a questa generazione sua figlia Glacies, che conosciamo come
Lili.”
Sorrise appena “Anche se attorno alla figura di Aqua ci sono
parecchi punti
interrogativi.” L’ ultima frase fu un sussurro
appena udibile che se Dana non
avesse fatto attenzione si sarebbe perso nella brezza leggera.
“Cioè?” Nonostante le sembrasse
tutto estremamente innaturale non poté fare a meno che
interessarsi a quella
che sembrava l’ inizio di una trama di un libro fantasy poco
conosciuto.
“Aspetta, chi è Ether?”
“L’Etere, il quinto elemento che si
unisce agli altri quattro, e noi lo stiamo combattendo per non
farci…” Fece una
smorfia, che se non si fossero trovati in una situazione tanto assurda
avrebbe
fatto ridere Dana. “assoggettare.” Mimò
con le dita il segno delle virgolette.
“E questo cosa centra con quello
che è accaduto oggi?” Il ragazzo annuì,
segno ce finalmente avrebbe dato una
risposta più o meno semplice alla sua domanda.
“Questi poteri si manifestano in
situazioni particolari, spesso con emozioni forti.” La
guardò, aspettando di
avere una sua conferma.
“Ero preoccupata per mio padre.”
Disse lei notando le sue sopracciglia che si aggrottavano nervosamente.
“Ecco, deve essere stato in quel
momento che il potere di Ignis si è svegliato, hai parlato
con Jay e…” Nella
mente di Dana balenò l’ immagine della pianta
d’ appartamento vista all’ ultimo
momento e l’ impatto con essa, poi la stessa pianta che
andava a fuoco
accompagnata dal corpo di Jay che cadeva a terra.
“No, non può essere!” Esclamò
lei
tentando di alzarsi inutilmente perche una presa fredda sul suo polso
la
costrinse a restare seduta. “Io non volevo fargli del
male!” Lacrime
roventi le
solcarono il viso senza mai riuscire a
completare il loro percorso perché evaporavano poco dopo gli
zigomi. I
singhiozzi iniziarono a scuotere il suo corpo con violenza mentre un
calore
insopportabile si propagava dentro di lei. Un paio di braccia forti la
strinsero. “Non ti credo, non ti credo!”
“È
sempre difficile gestire questi
poteri, e a volte sono loro a prendere il controllo. Ma se stiamo tutti
uniti
possiamo aiutarci a vicenda.” Dana continuava a piangere e
Alex riusciva a
sentire il suo calore scaldare i suoi stessi abiti. Fece un respiro
profondo
affondando il viso nei capelli chiari della ragazza. Dana
sentì subito una
fredda corrente correrle sul collo e giù per la schiena e
l’ incendio che
sentiva dentro di lei lentamente si fece più modesto.
“Mio padre?” Il suo sussurrò si
perse nel collo di Alex, che sembrò non voler rispondere.
“Credo che sia meglio che tu lo
chieda a Lili.” Dana si staccò dalla freschezza
del suo corpo guardandolo negli
occhi verdi per cercarci la risposta, e per un attimo ebbe l’
impressione di
vedere profili di nuvole candide attraversare le sue iridi.
“Ma che scena romantica!” I due
ragazzi si voltarono; un paio di occhi scuri come la pece li fissavano
da sotto
un paio di sopracciglia perfette. Dana si staccò
completamente da Alex
alzandosi quasi in piedi.
“Stai bene?” Chiese Alex
preoccupato, Lili annuì lievemente.
“Dove è mio padre?” Lili, la
guardò
con un paio di gelidi occhi neri, senza parlare e logorare i nervi
della
ragazza, spostò solo un attimo lo sguardo sul viso
preoccupato di Alex per poi
tornare a guardare Dana.
“È morto.” Lo disse così come
se
niente fosse, con una freddezza impressionante che sbilanciò
indietro Dana, si
lasciò di nuovo cadere sulla panchina battendo i denti e
rischiando di farsi
saltare un pezzo di lingua. Sentì un vuoto allo stomaco e
per un attimo si
chiese se era quello che si provava quando il mondo che conoscevi ti
veniva
sfilato all’ improvviso da sotto il culo.
[Non è banalità, è pigrizia]
*Ricordiamoci
che la nostra ragazza
è russa; derʹmo
significa
‘merda’ (a meno che Google traduttore non
menta, non mi sono mai fidata di lui). Spero che questo capitolo vi
abbia fatto
venire in mente qualche bella domanda, ma spero anche di aver dato
qualche risposta. :3
Ho poco da dire, ringrazio Homicidal
Maniac per le recensioni e tutti i lettori silenziosi. Ah, giusto, il
titolo di
ogni capitolo è una strofa della colonna sonora di questa
breve long (non avrei
mai pensato di trovare una colonna sonora per questa storia che non ha
fatto
altro che distrarmi).
A presto :)
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Capitolo 4 *** Capitolo 3. A simple shadow. ***
Capitolo
3.
A
simple shadow.
“Net, net!” Alex
sospirò, cercando il viso di Dana nascosto dalle
mani. “Non ti credo, non può essere!” La
sua voce si affievolì smorzata dai
singhiozzi.
“Lili!” La rimproverò il ragazzo
che teneva per le spalle Dana, cercando di tranquillizzarla e di non
incendiare
il parco.
“Che vuoi? Prima o poi lo avrebbe
scoperto no?” Fece lei sollevando le spalle. Quella fu la
goccia che fece
traboccare il vaso; tutta quella freddezza nelle sue parole, come se si
trattasse di un giocattolo che si era accidentalmente rotto e che non
aveva più
importanza, che non aveva mai avuto
importanza. Dana si alzò mentre i capelli le si arricciavano
per il calore reso
umido dalle lacrime e con entrambe le mani colpì le spalle
di Lili.
Una nuvola di vapore si allargò
intorno a loro con un rumore troppo simile all’ acqua che
viene versata su una
piastra rovente. Lili cadde a terra, urlando di dolore mentre Dana
cadeva sulle
ginocchia, stremata e tremante. Alex imprecò con grande
fantasia avvicinandosi
a Lili che stava rannicchiata a terra stringendosi le spalle bruciate.
“Ora la congelo.” Sputò le parole
trattenendo i gemiti di dolore, Alex spostò il vapore
rimasto con un soffio e
staccò le mani della ragazza dalle spalle bruciate.
“Merda.” La bruciatura era più
estesa di quanto potesse sembrare, procedeva come una macchia
d’ acqua su un
foglio bianco lungo le sue braccia, mentre gocce trasparenti di
ghiaccio
sciolto bagnavano la ghiaia sotto di lei e la sua maglia chiara.
“Tieni gli
occhi aperti, Lili.” La sua testa ciondolava all’
indietro mentre lentamente l’
avanzare della bruciatura rallentava visibilmente , le sue palpebre
tremavano.
“Ehi, Lilith!” La pelle sana smise di essere
mangiata dal calore ma la sua
testa si abbandonò sulla mano di Alex.
La sedia era troppo alta e le sue
gambe non abbastanza lunghe; quindi i suoi piedi penzolavano nel vuoto,
avanti
e indietro, avanti e indietro, ancora e ancora.
La luce bianca dell’ alba entrava
dall’ ampia finestra illuminando il tavolo vuoto su cui
appoggiavano i suoi
gomiti, era tutta la notte che aspettava Andy; aspettava di sentirselo
spuntare
alle spalle, aspettava lo sgocciolio di un’ ombra.
Plic.
Plic.
Si
voltò cercandolo con lo sguardo,
ma era stanca e probabilmente la sua mente aveva solo deciso di
accontentarla,
i suoi occhi incontrarono solo il freddo bianco dei muri.
Sospirò pesantemente
e tornò a fissare i raggi chiari davanti a sé.
Un’ aroma pungente invase la
stanza mentre una scintilla cadeva a terra e veniva schiacciata da uno
stivale
scuro.
“Andy!” Ether saltò giù dalla
sedia
e si avvicinò alla figura nascosta nel buio, che si
voltò parzialmente verso la
finestra e strinse nella mano un lembo della tenda, con un movimento
fluido poi
la fece scivolare sui raggi chiari e la stanza cadde nella penombra.
Si chinò su di lei avvicinandosi al
suo orecchio. “Scusa.” Disse poi sussurrando e
tornando in posizione eretta. L’
espressione della ragazza si rattristò.
“Che
è successo?” Non lo avrebbe
mai ammesso ma Ether aveva paura, paura per lui, paura che non tornasse
più e
cancellasse tutto quello che era accaduto prima di scoprire che
l’ Etere
risiedesse in lei, aveva paura che scomparisse. Di nuovo.
Trattenendo la sua afflizione fece
un passo avanti abbassando la testa e nascondendo il viso con i
capelli. Il
contatto con la sua giacchetta di pelle scura sulla fronte e qualche
borchia
sulla guancia, poi le sue braccia intorno a lei e il suo mento sulla
sua testa.
“È successo che non voglio farti
preoccupare.” Stettero stretti così per un
po’, in quella piacevole penombra
ascoltando i propri respiri.
“Andy…” Iniziò lei, venendo
però
subito interrotta
“Ti manca mai,” Iniziò lui
tentennando, Ether alzò lo sguardo vedendo però
solo il nero dei suoi abiti.
“La tua vecchia vita?” Terminò con un
sospiro. Lei sette in silenzio a pensare
a cosa aveva perso e cosa aveva ottenuto.
“Basta che tu mi stia vicino.” Lo
strinse forte tra le braccia, sentendo lo scricchiolio della pelle dei
suoi
vestiti. Lui sorrise appena, sollevando un angolo delle labbra, non del
tutto
soddisfatto.
“Come puoi trovare piacevole la
compagnia di una semplice ombra?” Nonostante provasse questa
sorta di
attaccamento e continuasse a preoccuparsi per lei, c’erano
troppe cose nascoste
dietro i suoi occhi, cose che non gli aveva mai detto e che non voleva
dirgli.
Il suo respiro si regolarizzò e si appoggiò
sempre di più al petto di Andy
mentre le sue gambe lentamente cedevano, vinte dalla stanchezza.
La prese fra le braccia come se non
pesasse niente; il suo viso pallido era segnato da occhiaie scure e
nuove
lacrime. Andy pensò che non era giusto che lei si
comportasse così, che
continuasse a preoccuparsi inutilmente per lui, e nonostante lui
desiderasse
sapere cosa gli nascondeva credette per quel momento che non gli
dicesse quelle
cose solo per il suo bene.
“Cosa stai combinando Andy?” Una
voce piatta, calda e lievemente nasale di un
ragazzo apparentemente più giovane di lui. Si
voltò vedendo Ash nascosto nell’
ombra che con le braccia incrociate lo guardava da sotto le sue lunghe
ciglia.
Lunghi capelli scuri coprivano una parte del suo viso truccato. Un
ampio
cerchio nero intorno ad ogni occhio avrebbe potuto farlo sembrare una
sorta di
panda, ma a rendere il suo volto quasi innaturale era il modo in cui i
muscoli
sembravano non collaborare; sorrideva e i suoi zigomi sporgenti
restavano
immobili, strizzava gli occhi e sulla fronte non si formavano rughe
d’
espressione.
“Lo porto in
camera sua.” Rispose come se niente fosse, facendo
spazientire l’ altro che
alzò gli occhi al cielo.
“Andrew.” Ash si
allungò afferrando il braccio del ragazzo che si stava
dirigendo verso il
corridoio.
“Perché me lo
chiedi?” Si spostò leggermente all’
indietro facendo in modo che la testa di
Ether si appoggiasse sulla sua spalla piuttosto che penzolare nel vuoto.
“Non
ci sei mai
e non sei sempre stato così… distante, che
succede?” Le sue dita strinsero sul
suo braccio intenzionate a non lasciarlo andare. Lui stette in silenzio
soppesando quello che avrebbe potuto dire senza farlo preoccupare
troppo. “C’è
qualcosa che non mi dici?”
“Le persone
cambiano.” Voltò la testa incrociando gli occhi
color cioccolato di Ash e lo
guardò fino a che non lasciò la presa sul suo
braccio. “Non preoccuparti per me
Ashley, io sono solo un’ ombra. Prenditi cura di Ether
piuttosto.” Si incamminò
di nuovo.
“Tutti lo siamo,
dannazione!” La voce spazientita di Ash non era
più alle sue spalle, ora era
davanti a lui, spuntava da un’ ombra lì vicino e a
malapena riusciva a farci
stare le spalle larghe, con un po’ di fatica uscì
alla luce sbarrandogli la
strada. “E tu,” Lo indicò.
“non credere di dover fare tutto da solo, io sono
dalla tua parte.” Abbassò il braccio sospirando.
“Per qualsiasi cosa.” Le
sopracciglia gli si aggrottarono, non del tutto sicuro di aver detto la
cosa
giusta. Ma infondo erano stati grandi amici, e forse lo erano ancora.
Lo lasciò
passare, schiacciandosi contro il muro e senza staccare gli occhi dal
volto
stanco di Ether che dormiva tra le sue braccia, poi sparì
nell’ ombra in
silenzio così come era arrivato.
Entrò
nella sua stanza con gli occhi a due fessure
a causa della forte luce artificiale che entrava dall’ ampia
finestra, la posò
con delicatezza sulle lenzuola candide, la sua bocca si aprì
sussurrando
qualcosa di incomprensibile per poi richiudersi e distendere il viso in
un’
espressione soddisfatta. Lui sorrise appena sollevando le sopracciglia
che si
piegarono come due larghe V capovolte. Si sedette lentamente sul bordo
del
letto attento a non svegliarla. Il suo viso ora era rilassato. Rimase a
guardarla per un po’ con sguardo triste, il peso che si
portava sulle spalle
era tanto, in più tutto quello che aveva passato non
alleggeriva il tutto,
anzi.
“Through pain of heart or loss of
mind, your burdens lifted. You aren't
alone just know that I, can’t save our hearts
tonight…*” Quelle
parole gli sfuggirono
fuori dalle labbra richiamate da vecchi ricordi.
Lui restava l’ perché non era certo di quello che
stava per fare, la sicurezza di quella notte era scivolata via insieme
alle
lacrime di Ether, c’ era un forte legame tra di loro che a
volte anche lui
faticava a comprendere, forse per quella macchia nera nei suoi ricordi
che
sembrava permanente e bloccata a sei anni prima. E lui odiava i segreti.
Scostò dal viso della ragazza una ciocca candida di
capelli, la sue pelle era tanto pallida da dare l’
impressione di rilucere,
quando invece era solo la luce quasi diretta che entrava nella stanza.
“Con
tutta questa luce le ombre spariscono.”
Si alzò frugando nelle tasche in cerca dl suo
pacchetto di Marlboro gold, dimenticandosi di aver fumato l’
ultima una decina
di minuti prima. Il cartone sottile si accartocciò nella sua
mano mentre si dirigeva
verso la finestra. La luce gli ferì gli occhi chiari, i
vetri opachi non
lasciavano vedere ciò che c’era lì
fuori e la luce prendeva in pieno, non
riuscendo comunque a illuminare realmente i suoi abiti neri, la sua
pelle si
scaldava donandogli una sensazione fastidiosa mentre il suo braccio
sinistro si
allungava verso la tenda, pronto a sparire tra le ombre.
Posò il suo sguardo su
Ether, che ancora dormiva beata. “Questo potrebbe essere
l’ ultima volta che
vediamo come amici, piccola Carolyn.” E per un attimo si
permise di tornare
indietro, quando ancora non c’era bisogno do combattere
contro la natura ma
semplicemente contro la vita.
La sua mano si strinse sul tessuto ruvido e
polveroso, poi tirò e la tenda scivolò dolcemente
sulla luce, ora apparentemente
mossa dal nulla.
Poco prima:
Di
nuovo le luci dell’ ambulanza, di nuovo la puzza
di bruciato che impregnava le sue narici. No, non poteva sopportarlo
ancora,
non ci riusciva.
Avevano preso Lili e l’ avevano caricata sulla
barella in tutta fretta, mettendole sul viso la mascherina per
l’ ossigeno,
avevano poi chiesto ad Alex cosa fosse successo e lui aveva mentito con
la
bravura di un attore; passeggiava per il parco con sua sorella e quando
avevano
trovato casualmente una ragazza con delle ustioni a terra avevano
chiamato
immediatamente il 911, era stato davvero bravo perché per un
attimo soltanto, e
se non fosse stata lei stessa la colpevole di quell’
incidente aveva quasi
creduto alle parole di quel ragazzo, che a scuola si rivelava essere
sempre
gentile con tutti. Poi si chiese se avesse mentito anche a lei in quel
modo, e
si sentì ancora peggio. Ma per quanto potesse sembrare
assurda quella storia
aveva attecchito perfettamente nella loro mente, senza porgergli
ulteriori
domande.
Non sapeva dire cosa fosse peggio, sentirsi sputare
in faccia una gelida verità o farsi consolare da bugie
agrodolci. Si sentiva
uno schifo, quasi allo stesso livello degli insetti, se non anche
peggio; anche
se stentava a crederci un ragazzo era morto per colpa sua e
un’ altra era in
pericolo di vita. Poi una vocina crudele si fece sentire nella sua
testa.
Non
è morto per colpa tua, sei stata tu ad ucciderlo.
Allora
si che si era sentita in colpa, tanto,
troppo. Aveva pensato che la sua vita non valeva tanto quanto quella
delle
persone che aveva ferito, o ucciso, ormai quella parola aveva fatto
presa nella
sua mente. Il calore che sentiva dentro di lei era imploso su se stesso
senza
lasciare scintille lucenti in quel buco buio che avvertiva dentro di
sé.
Ciò che accadeva davanti a lei scorreva oltre i
suoi occhi come pellicole di vecchi film rovinati dall’
usura; immagini sfocate
e sfuggenti, la panchina consunta sotto di lei aveva perso consistenza,
l’ aria
intorno a lei era irrespirabile. L’ urgenza le inondava le
gambe, voleva
correre via, scappare da quella realtà e così
fece; con le lacrime che si
impigliavano nei suoi capelli mossi nella foga della corsa e il cuore
che
premeva con forza inaudita contro le sue costole.
Lo
scheletro di una macchina, nastri della polizia
a delimitare la carcassa annerita dal fuoco.
Un’ ombra di vernice era ancora evidente sotto lo
strato nero di bruciato. Il cofano blu e le fiancate rosse; Dana
l’ aveva
sempre chiamata ‘La macchina di Superman’ con quei
suoi colori di scarto delle
officine che dubitavano della longevità di quella macchina,
ma il modo il cui
la chiamava lei era solo per tentare di far sorridere suo padre che
quasi si
vergognava ad andare in giro con quella macchina,
‘catorcio’ era definito da
lui.
Quasi poteva vederlo; suo padre con le sopracciglia
aggrottate e una mano sul volante mentre l’ altra restava
fuori dal finestrino,
a combattere contro il freddo di quell’ autunno arrivato in
anticipo, poi di
nuovo il fuoco che cancellava quell’ immagine e un’
altra vita a lei cara.
Era ancora colpa sua, ma non poteva capacitarsene,
non voleva.
Ed eccolo ancora, il calore che tanto le faceva
paura stava tornando a farle visita.
Ancora
il fuoco, lo vedeva tutt’ attorno a sé e
stava divorando la sua vita, i suoi amici, le persone a cui teneva e
qualsiasi
altra cosa su cui posava gli occhi.
Sentì il pianto familiare di una ragazzina
soffocato tra i cuscini caldi di lacrime e labbra tremanti.
Girò su se stessa
cercando quel suono tra il rosso di quelle fiamme che sembravano
ghermirla ma
non scottarla. Ed eccola lì, appoggiata con la schiena alla
portiera annerita
della macchina e la testa infilata tra le ginocchia, piangeva mentre
lungi e
mossi capelli biondi le scivolavano sulle braccia.
Dana cercò di chiamarla, di urlare e dire alla
bambina di spostarsi da lì, era troppo pericoloso stare tra
quelle fiamme, ma
la sua voce si perdeva nel nulla, la gola bruciava e dalle labbra non
usciva
nessun suono, il vento ruggiva e le fiamme urlavano schiacciandole la
testa con
aste di gelido metallo.
Allora si mosse, tentando si avvicinarsi alla
piccola che stava immobile seduta per terra, arrancando con fatica,
combattendo
contro le gambe che sembravano fuse con il terreno. Quando fu a circa
due metri
da lei la piccola alzò la testa e con le guance rigate di
lacrime la fissò con
uno sguardo accusatore. “Non voglio che papà sia
di nuovo triste.” La sue voce
acuta giunse alle sue orecchie stringendogli il cuore in una morsa
rovente,
conosceva quel viso, cavolo se lo conosceva; lo aveva visto per anni
solo
osservando la superficie liscia degli specchi. “Non
voglio!” Urlò con tanta
forza da sbilanciare indietro Dana. No, suo padre non avrebbe
più sofferto,
sarebbe stata lei ad alleggerire la sua tristezza e se solo avesse
potuto se la
sarebbe presa tutta, sarebbe stata lei a soffrire, non più
suo padre. Ricordava
benissimo la promessa che aveva fatto con se stessa.
Si accorse di stare piangendo solo quando una
goccia salata non le si incastrò tra le labbra invadendo la
sua bocca con quel
gusto salato che tante volte aveva assaggiato.
Fatto sta che sono davvero di fretta, non ho neahce riletto tutto, ma
se ci sono degli errori dovrei riuscire a corregerli per
lunedì ._. Sorry!
Grazie e tutti quelli che seguono e che hanno messo la storia tra
preferite/seguite/ricordate :)
*Di nuovo la canzone 'Carolyn'
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 4. We can fight together. ***
Capitolo 4.
We can
fight together.
Le
fiamme si alzavano feroci verso il cielo buio, volute di fumo grigio
si alzavano sempre più, sarebbe passato poco tempo
perché qualcuno non se ne accorgesse e allora…
Non voleva neanche pensarci, quella notte era stata già
abbastanza movimentata e affrontare un vero e proprio incendio gli
faceva
desiderare che l’ alba giungesse il più
velocemente possibile.
“Dana!”
Chiamò rivolgendosi al muro di fiamme che
lo sovrastava, dovette coprirsi gli occhi che avevano iniziato a
lacrimare per
il calore per proteggersi da uno sbuffo di fumo diretto verso il suo
volto.
Imprecò e tornò a fissare i movimenti ipnotici
delle fiamme. Non aveva altra
scelta.
Si avviò a passo deciso verso le fiamme, mentre
sentiva l’ aria riscaldarsi sempre di più contro
la sua pelle. Sospirò con
forza concentrandosi e il muro di fiamme sembrò ondeggiare
all’ indietro per
poi tornare rabbioso ad agitarsi in posizione eretta.
Un brivido corse sulla spina dorsale di Alex,
mentre il vento intorno a lui si sollevava rabbioso e investiva le
fiamme di
fronte a lui; sprazzi d’ aria si aprivano tra le vampe
roventi. Fissò il buco
che si era creato, il vento lo avrebbe accompagnato, proteggendolo
dalle fiamme
e permettendogli di respirare nel fumo soffocante.
Avanzò a passo deciso strizzando più volte gli
occhi per la forte luce che il fuoco emetteva nella notte buia. Non
dovette
avanzare molto per vedere una figura rannicchiata con la testa tra le
ginocchia
e circondata da una sfera di fiamme.
“Dana!” accelerò il passo, ma dovette
rallentare di
nuovo quando un’ ondata di calore lo prese in pieno, il caldo
si stava facendo
insopportabile, doveva muoversi altrimenti non avrebbe fatto in tempo a
raggiungerla e sarebbe crollato lì.
Ogni passo era sempre più difficile del precedente,
ma quando raggiunse la ragazza si lasciò cadere sulle
ginocchia sul cemento
rovente.
Lingue di fuoco serpeggiavano sulla su pelle,
lasciando segni chiari che sparivano dopo pochi istanti, i capelli si
sollevavano e si abbassavano da sbuffi di aria rovente. Avrebbe voluto
prenderla per le braccia e scuoterla ma il calore saliva dalla sue
pelle come
vapore acqueo.
“Dana, apri gli occhi, guardami!” Le sue spalle
erano scosse da singhiozzi. Alex aggrottò le sopracciglia
per la fatica; sentì
il vento sfiorargli le guance con delicatezza e lo vide sollevare i
capelli di
Dana che sembrò accorgersi della sua presenza.
Sollevò la testa mentre i segni
lasciati dalle lacrime evaporavano lo guardò spaventata,
stringendosi nella
stretta rassicurante delle sue stesse braccia, ora che sembrava aver
riacquistato il contatto con la realtà il suo sguardo era
confuso e spaesato;
cosa ci faceva lì? Cos’ era successo? Si guardava
intorno e non capiva perché
tutto quelle stesse accadendo, si guardava intorno e non capiva
perché lei
fosse l’ unica a non soffrire.
“Dana,” Iniziò Alex avvicinando le mani
al suo viso
con cautela, non poteva sapere quanto calore fosse impregnato nella sua
pelle
ma non poteva stare lì e non fare niente, in fondo
l’ aria e il fuoco si
completavano a vicenda; il fuoco senza aria muore, per quello in
quell’ esatto
istante lei aveva bisogno di lui. Sospirando e ignorando il calore
rovente che
saliva dall’ asfalto appoggiò
le sue
mani sul volto sfinito di Dana. Non era calda come sembrava ma la sue
pelle
fece comunque arrossare i palmi di Alex. Sollevò il suo viso
e per la seconda
volta durante quella sera avvicinò le loro fronti fino a
farle toccare. Iniziò
poi a respirare con forza, ad aspirare tutta l’ aria che
stava intorno a loro.
Così come un pezzo di cotone bagnato d’ alcol le
cui fiamme vengono soffocate
sotto un bicchiere di vetro trasparente, le alte fiamme intorno a loro
si
abbassarono sempre di più tremolando e gemendo, Dana
boccheggiava mentre l’
aria le veniva sottratta dai polmoni , il suo viso si fece pallido
mentre
intorno a loro le fiamme svanivano e lasciavano solo scure cicatrici
sul
terreno. E fu così come quel pezzo di cotone le cui fiamme
stano per
estinguersi che all’ ultimo istante il bicchiere viene
sollevando lasciando che
il fuoco consumi le ultime tracce di alcol.
Dana si accasciò su di lui ansimante, mentre gli
ultimi residui di calore svanivano, sostituiti dal freddo della notte.
“Va tutto bene, va tutto bene.” La cullò
tra le sue
braccia rassicurandola e accarezzandole i capelli ora crespi. Restarono
un po’
così; lui a stringerla tra le braccia mentre l’
istinto gli urlava di andare
via di lì il prima possibile, lei a regolarizzare il respiro
e a sussurrare
parole in russo per lui incomprensibili.
“Dobbiamo…” Cercò di farla
alzare, ma lei lo
interruppe.
“Perché?” Gli chiese alzando lo sguardo.
“Perché lo
ha detto con tanta leggerezza?” I suoi occhi supplicavano per
un risposta. Lui
sospirò.
“Lili è un’ orfana fin dalla nascita ha
anche
dovuto trovarsi un nome da sola per iniziare una vera vita, non sa
quanto possa
essere forte il legame con la famiglia. Dubito volesse ferirti in
questo modo.”
Si alzò in piedi sollevando anche Dana che sembrava stare
per crollare per la
stanchezza. “Mi dispiace per quello che è
successo. Ma sai com’è, il ghiaccio è
freddo.” Quando quelle parole le giunsero alle orecchie si
infilarono come
pugnali ghiacciati nel cervello, facendola sentire in colpa per quello
che
aveva fatto a Lili, quasi tutta la rabbia che aveva in corpo
sembrò svaporare.
“E ora?” Chiese lei guardando il disastro che aveva
appena combinato, la vocina nella sua testa le ricordò
ancora una volta che tutto quello che era
accaduto quella sera
era colpa sua.
“Andiamo da Lili.” Prossima meta: Ospedale.
Il posto era ricoperto da uno spesso strato di
vernice bianca, dall’ odore di disinfettante e lenzuola
pulite. Attaccate al muro
stavano due file delle più scomode sedie mai inventate di un
orribile colore
verde acqua, infermiere in camice bianco zampettavano da una parte
all’ altra
fin troppo allegre per trovarsi un ospedale pieno di pazienti malati
nel bel
mezzo della notte, e nonostante l’ ora tarda stando dentro
l’ ospedale le luci al
neon erano tanto forti da illuminare a giorno l’ ambiente.
Dana teneva stretto
tra le mani un bicchiere di caffè doppio ristretto; era
quasi del tutto certa
che quella grossa dose di caffeina avrebbe potuta tenerla sveglia per
il resto
della notte. Si allontanò dalle macchinette guardando con
astio quella del
caffè per il fatto di averle rubato dieci centesimi. Si
diresse a passo fiacco
verso le sedie ed Alex impegnato ad ascoltare ciò che
un’ infermiera dai
capelli del colore del fuoco gli stava dicendo. La ragazza
rabbrividì
involontariamente e quando giunse in prossimità dei due fece
in tempo a sentire
i passi della tizia allontanarsi.
“Allora?” Chiese ad Alex che si stava strofinando
gli occhi stanchi.
“Buone notizie.” Rispose lui con un sorriso tirato.
“Lili ha riportato delle gravi bruciature di secondo grado,
comunque è fuori
pericolo.” Si sedette, ignorando il cigolio della sedia.
“Mi sembravi piuttosto tranquillo anche prima di
venirlo a sapere.” Lei fece lo stesso, bevendo un sorso del
caffè.
“Beh, diciamo il ghiaccio sa proteggersi dal fuoco.
Quando si sveglia possiamo entrare.” Disse con un sorriso,
che servì solo a
confondere ancora di più Dana. Si sentiva in colpa e
l’ idea di vedere Lili in
quel momento non le piaceva. Quasi non le piaceva neanche il modo in
cui Alex
la guardava, sembrava troppo felice e quasi orgoglioso di lei, tante,
troppe
domande le frullavano in testa.
“Io non volevo ferirla in quel modo.”
Fissò il nero
dentro il suo misero bicchiere di plastica.
“Lo so.” Rispose lui sorridente, Dana si chiese che
aveva che non andava, forse si sarebbe dovuto riposare. “Ci
sono delle domande
che vuoi farmi vero?” La ragazza annuì.
“Beh, abbiamo tutta la notte.” Appoggiò
la schiena contro il muro.
Dana riordinò le idee, non sapendo bene da cosa
cominciare, aprì e richiuse più volte la bocca
senza dire nulla fino a che
qualcosa di più importante non le attraversò il
cervello. “Credevo di sapere
che gli elementi erano quattro, lo avevi detto anche tu
ma…”
“Terra.” il ragazzo annuì fissando il
soffitto
chiaro come se racchiudesse il senso di quella vita. “Terra
era molto legato ad
Aqua, si sentivano sicuri e hanno deciso di affrontare Ether da
soli.” Alzò le
spalle smettendo di parlare, come se il resto potesse essere benissimo
intuito,
infatti.
“Ok.” Dana sospirò, desiderando non aver
fatto una
domanda del genere, non voleva più sentire parlare di morti.
“Parlami
degli elementi.” Il ragazzo annuì.
“L’acqua si oppone al fuoco e il fuoco
all’ acqua,
l’ uno è caldo e leggero, l’ altra
è fredda e pesante.” Guardò Dana per
assicurarsi che stesse capendo. “Allo stesso modo si
oppongono l’ aria –leggere
e calda- e la terra –pesante e fredda-.” Fece una
pausa e continuò solo quando
vede Dana annuire. “Aria e fuoco sono quindi alleati
perché hanno tutte le
caratteristiche in comune. Infatti l’ aria ravviva il fuoco e
il fuoco con il
suo calore aiuta l’ aria a muoversi. Queste sono le
basi.” Le sorrise mentre le
sue sopracciglia si aggrottavano.
“Le basi?” Chiese confusa.
“Beh, l’aria può anche essere umida e
fare
condensa, l’ acqua si scalda ed evapora oppure si mescola con
la terra e forma
il fango, il fuoco può scaldare il fango e farlo tornare a
essere solo terra.
Questo e tanto altro.” Dana sospirò, era tutto
così complicato, per ora quella
lezione sulla natura e le relazioni tra gli elementi -neanche si
trattassero di
veri partner, o
forse si- l’ aveva
confusa abbastanza.
“Perché
Ether ce l’ha con noi?”
“L’ Etere è il quinto elemento,
ciò che può
racchiudere gli altri quattro. Ether ci desidera, naturalmente, e noi,
da buoni
elementali, ambiamo alla libertà.” Si
accostò a Dana sollevano le sopracciglia
“Io più di tutti.” Ammise. Anche se la
situazione era assai poco chiara Dana
stava iniziando a collegare il tutto.
“E quel ragazzo.” Non sapeva bene come chiamare una
persona che sapeva spuntare dall’ ombra, quindi non
riuscì a terminare la
frase.
“Era un Mors, stanno dalla parte di Ether, così
come esistiamo noi elementali del fuoco dell’ aria eccetera,
esistono anche gli
elementali dell’ ombra,” Fece una piccola pausa
“anche se è più complicato di
quanto sembra, non sono affatto sicuro che questa definizione sia
giusta.
Quello che hai visto tu è, come dire” Ci
pensò un attimo su cercando le parole,
dopo poco il suo volto si illuminò. “il suo
pupillo.” Terminò la frase con una
smorfia. I suoi occhi volarono per un istante al corridoio, dove si
poteva
scorgere la porta della stanza di Lili.
“Avevi detto cha attorno alla figura di Aqua
c’erano parecchi punti interrogativi, cosa
intendevi?”
“Intendevo semplicemente che non si sa quasi nulla
di lei, ho conosciuto Terra che era nato poco dopo Aqua, era un
po’ come un
fratello maggiore per me, ma lei non l’ ho mai vista. Il poco
che so su di lei
potrebbe anche essere una bugia.”
“Cioè?”
“Cioè che Terra sosteneva che Aqua si fosse unita
a
Ether, che poi fosse morta e che per fortuna gli avesse lasciato una
bambina
con un potere molto simile al suo, poi però non ho ricevuto
più nessuna notizia
neanche da Terra.” Indicò con la testa nella
direzione della stanza di Lili.
Dana decise che per il momento potesse bastare, certo aveva altre cosa
di
chiedere ma era certa che avrebbe rischiato di confondersi ancora di
più, ciò
che la spaventava ora era se stessa.
“Cos’è successo?” Dana
sperò che Alex capisse a
cosa si stesse riferendo.
“Te l’ ho già detto, le emozioni forti
scatenano i
nostri elementi, il fuoco più degli altri, il ghiaccio meno.
Con il tempo
basterà la concentrazione per gestirli.”
Guardò Dana che si stava mordendo il
labbro inferiore neanche si trattasse della più invitante
caramella gommosa. Lo
sguardo della ragazza si spostò su di lui con un’
altra domanda malcelata. Lui
sorrise. “Senza aria il fuoco soffoca, ho solo fatto in modo
che il fuoco di
troppo morisse, mettiamola così.” Un lieve sorriso
increspò le sue labbra. Lei
sospirò alzandosi e chiedendosi se il suo fondoschiena in
quel momento fosse
diventato quadrato per via della sedia.
“Sei troppo volubile.” Ricordava la durezza della
sua espressione mentre parlava con i poliziotti, mentre affrontava
Andy. Lui
rispose facendo spallucce.
“Sai com’è, il vento. Ehi, dove
vai?”
“A prendere un altro caffè.”
Aspettava fuori in corridoio da dieci minuti buoni,
sentendo il litigio che proveniva da dentro la stanza; uno alla volta
aveva
detto un’ infermiera ed Alex era stato il primo ad entrare,
ma appena si era
chiuso la porta alle spalle la voce di Lili aveva sovrastato il suono
dei
macchinari e della voce di Alex, a quanto pare Lili stava meglio di
quanto
sembrasse. Ricordò la precedente conversazione che aveva
avuto con il ragazzo e
provò a pensare a loro come degli elementi stessi; un blocco
di ghiaccio in
balia del vento, restava immobile e immutato, il vento invece si
raffreddava
appena. Che fosse giusto così? O c’ era
dell’ altro che le sfuggiva?
“Lili, non puoi uscire così!”
Sentì la sua voce
esasperata.
“Chi dice che non posso uscire? Una semplice
brezza?” Eppure Dana continuava a far fatica a comprendere le
battute di Lili
su Alex. Anzi era certa che non avessero alcun senso.
“Torna a letto! C’ è Dana fuori che
vuole
parlarti.” Sembrò riuscire a bloccarla, invece
Lili si era solo soffermata a
riflettere.
“Esci che mi cambio, così esco e parliamo come si
deve, poi andiamo a spaccare il culo a Ether.”
“Stai scherzando?”
“Mi hai mai visto scherzare su queste cose?” Una
pausa. “Su, ora esci e vatti a sedere con la tua nuova
amichetta che vi
raggiungo subito. Sciò, sciò!” E lo
cacciò fuori a forza.
Quando Alex fu finalmente uscito, si sedette di
nuovo sul letto bitorzoluto su cui aveva riposato poco prima, le spalle
le
bruciavano e le prudevano, ma stavano guarendo davvero in fretta, era
come
ghiaccio sciolto che tornava alla sua forma originale.
Sospirò, avvertendo il
solito senso di pesantezza al petto, angoscia, si sentiva fuori posto,
non si
sentiva più a suo agio nella propria pelle.
Un fruscio, poi uno sbuffo. Si voltò vedendo ciuffi
di capelli del colore della pece spuntare da sotto il letto mentre un
paio di
mani dalle unghie smaltate di nero si aggrappavano al letto, nel
tentativo di
far uscire il resto del corpo –per la prima volta
notò che non tutte avevano lo
smalto nero, l’ anulare destro era colorato di rosso ma
evitò di chiedergli il
perché, visto che conosceva fin troppo bene le sue risposte
confuse.
Si sporse dall’ altra parte del letto dandogli le
spalle. Fece per guardare sotto il letto quando la sua voce lo
bloccò.
“Non lo farei se fossi in te.” La sua voce roca le
arrivò alle orecchie bloccandola dove era, infondo aveva
ragione, quale cosa
assurda avrebbe potuto vedere? “Certo che se ci fosse un
po’ più d’ ombra
eviterei di fare la figura del maniaco.” Sbuffò
uscendo completamente da sotto
il letto. Lei si sistemò meglio senza staccare gli occhi da
quelli di Andy che
nel frattempo si era avvicinato alla misera finestra socchiusa.
“Dobbiamo fare in fretta, altrimenti il tuo
amichetto si accorgerà di me.”Chiuse la finestra,
mentre l’ ultimo spiffero si
insinuava nella piccola stanza bianca, riferendosi ad Alex.
Lili si morse le labbra, fissando lo sguardo sulla
parete chiara.
“Ok, è il momento di far sciogliere il
ghiaccio.”
Sentì gli occhi di Andy puntati sul suo viso, ma
tentò di ignorarli. Ma ormai aveva deciso, ormai non si
sentiva più se stessa, il suo animo chiedeva di tornare come
una volta perchè in fondo la pelle che stava indossando non
aveva mai fatto per lei.
“Quindi tornerai a invecchiare, ti dispiace?” Un
mezzo sorriso si fece strada sul suo volto giovane.
“Sono giovane, non parlare di invecchiare.” Lei
fece una smorfia. “Comunque no, mi sono stufata di restare
così, bloccata,
congelata –si corresse- a quest’
età.” Si guardò le mani fresche e
giovani, non
sarebbero dovute essere così.
“Sei sicura di volerlo fare?”
“Ma come, l’ ultima volta eri tu quello che
insisteva.” Si voltò verso di lui con le
sopracciglia aggrottate “Prima lo
facciamo meglio è. Sono stufa di tutto questo.” Il
suo sguardo era determinato,
non si sarebbe fermata, non si sarebbe lasciata sconfiggere come
l’ ultima
volta.
“A me lo dici? Io ero preoccupato per te, sei
sicura di voler riprovare come l’ ultima volta?”
Lei lo guardò stranita, non
credendo di aver sentito bene. Preoccupato? Aveva proprio detto
‘preoccupato’?
“L’
ultima
volta ce l’ avevo quasi fatta.”
Sussurrò. “Ora so cosa fare, e il ghiaccio non
potrebbe mai funzionare.” Raccolse i vestiti. “E
ora siamo insieme, così siamo
più forti no?” Chiese tranquilla lei.
“Perché allora hai rinnegato quello che eri,
nascondendo il tuo vero potere?”
“Sono successe troppe brutte cose.” Le sue labbra
si allungarono in un sorriso amaro.
“Cosa c’è Alex?” Chiese
preoccupata Dana al ragazzo
che si era voltato indietro.
“Merda!” Esclamò, mettendosi a correre
lungo il
corridoio verso la stanza di Lili. Dana lo seguì senza
capire, quando giunsero
davanti alla porta Alex la spalancò, giusto in tempo per
vedere degli abiti di
pelle nera sparire nell’ ombra, portandosi dietro la figura
di Lili.
Perchè ho sempre
così poco da dire?
Ehm... quindi, oltre a ringraziare tutti quelli che leggono non credo
di avere appunti particolari da spiegare. Spero solo che le spegazioni
di Alex siano state chiare (dovrebbe fare il professore, o no?) ^^
Alla prossima!
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Capitolo 6 *** Capitolo 5. I’ll never walk away. ***
Capitolo
5.
I’ll
never walk away
In
verità non aspettava altro, viaggiare nelle
ombre con una persona come lei, voleva sapere la verità che
Ether gli teneva
nascosta, e Lili l’ avrebbe vista, ne era certo.
“Andrew,
tu sai cosa sono le ombre?” La sua voce tremava, come mossa
dal
vento.
Nessuna risposta.
“Sono segreti, paure, l’ ombra è fatta
di rancore e rabbia.”
Ancora nessuna risposta. Solo un risolino nervoso e spezzato della
stessa persona che stava parlando.
“E la tua è così
nera…” La voce si affievolì, svanendo
completamente
poco a poco.
Inciampò
in qualcosa di invisibile e riaprì gli
occhi che non si era accorta di chiudere, intorno a lei il buio, ed era
sola.
“Andy?” Chiamò debolmente, la sua voce
si perse nel
nulla più buio. “Andy?” Lo
chiamò di nuovo ma alla fine esitò vedendo un
varco
luminoso aprirsi poco più avanti, anche se avanti era
relativo, nel luogo che
si trovava non esisteva sopra o sotto, non esistevano direzioni. Si
accorse di
avere freddo solo nel momento in cui vide il suo fiato trasformarsi in
una
nuvoletta di condensa, stringendosi tra le braccia e rabbrividendo
appena per
il dolore constante delle bruciature sulle spalle e si avviò
verso quell’
apertura, all’ improvviso vi si ritrovò dentro,
non riusciva però a capire se
le sue gambe si stessero muovendo, inciampò di nuovo e
questa volta si ritrovò
sdraiata a terra, con ciuffi d’ erba umida che tentavano di
infilarsi nel suo
naso. Si alzò di scatto, temendo di avere fatto una
figuraccia, ma il piccolo
cortile in cui trovava era praticamente vuoto, fino a che una
campanella non
suonò con insistenza.
Un’ orda di ragazzini di diverse età si
riversò
fuori, e la cosa che più la colpì era
l’ assenza di ogni colore, una patina di
vernice bianca e nera aveva coperto ogni cosa, cancellando il verde
vivace dell’
erba e i colori accesi dei maglioni invernali degli studenti che si
stavano
sparpagliando nel cortile.
Lili rimase ferma a contemplare quello strano
scenario in cui si era ritrovata, non sapeva spiegarsi ciò
che stava
succedendo, quindi ancora con le mani premute sulle spalle si diresse a
passo
incerto verso i vari gruppi di alunni che si erano creati; poteva quasi
distinguerli, c’erano i bulli, i secchioni, gli sportivi,
ognuno di loro aveva
preso possesso di uno dei tavolini di legno nel cortile, solo uno era
praticamente vuoto. Vi sedeva un ragazzino con capelli neri che gli
arrivavano
alle spalle e abbigliamento scuro, ciò che attirò
l’ attenzione della ragazza
era il fatto che lui sembrava essere l’ unico a possedere
ancora il colore, non
che i suoi abiti fossero molto colorati, ma la sua pelle era rosea al
contrario
del grigiore che avevano assunto tutti gli altri, in più una
bandana verde
militare legata alla vita come cintura penzolava un po’ come
una coda oltre il
bordo della panchina su cui era seduto.
Aumentò il passo dirigendosi verso quel ragazzino
girato di spalle. Questo sollevò la testa di scatto per poi
voltarsi alla sua
destra, il suo sguardo incrociò un gruppo di ragazzi
più grandi di lui che si
avvicinavano con espressioni poco rassicuranti dipinte sul volto. Il
ragazzo si
alzò in piedi, pronto ad andarsene da lì.
“Ehi emo, porta via le palle, questa è
proprietà
privata.” Il ragazzino scivolò via dalla panchina
mentre il gruppetto dietro al
ragazzo che aveva appena parlato ridacchiava, senza un apparente motivo.
“È quello che stavo facendo.”
Borbottò il ragazzino
raccogliendo lo zaino e facendo un altro passo indietro. Uno del
gruppetto gli
diede una spallata, rischiando di farlo cadere a terra, gli altri
risero
ancora, e continuarono a ridere, anche quando il ragazzino era sparito
dalla
loro vista.
Lili lo seguiva non da troppo vicino per non farsi
notare, desiderava comunque poter scorgere più chiaramente
il volto del ragazzo
che ora era giunto davanti al suo armadietto verde, tappezzato di fogli
di
carta su cui erano scritti stupidi insulti e un consiglio a suicidarsi.
Li
strappò, quasi senza darci più peso, quella ormai
era la routine.
Inserì la combinazione e posò i libri, deciso a
tornarsene a casa e saltare le seguenti ore di lezione. Lili si
avvicinò, non
accorgendosi di un altro corridoio che sbucava poco più
avanti, fece un salto
indietro quando uno studente altro e ben vestito le tagliò
la strada, ma questo
sembrò non accorgersi minimamente di lei.
“Ehi!”
Lili imprecò, senza attirare
l’ attenzione
di nessuno, sventolò velocemente la mano davanti al viso
dell’ ultimo arrivato
che si era fermato una attimo a contemplare la scena del ragazzo
vestito di
nero, ma ancora non si accorse di lei. Sospirò, pensando che
molto
probabilmente nessuno si sarebbe accorto di lei in quella strana
dimensione.
Sentì sbattere l’ armadietto e subito si
voltò
vedendo di nuovo il ragazzo riprendere a camminare, allora si mise a
correre,
con tutta l’ intenzione di passargli avanti e fare qualcosa,
qualsiasi cosa,
magari provare a farsi notare sarebbe servito a qualcosa, forse.
Lo superò e rallentando scrutò sotto le ciocche
di
capelli scuri, aveva un viso tondo, ma gli zigomi sembravano voler
tagliare la
pelle pallida, il naso dritto e un paio di grossi occhi blu. Era
così familiare
il suo volto che quasi fece fatica, non a riconoscerlo bensì
a credere che
potesse trattarsi di…
“Andy!” Una voce da bambina fece voltare il ragazzo
che incrociò gli occhi scuri di una ragazzina dai lunghi
capelli color platino
e dall’ abbigliamento stravagante. Lili batté
più volte le palpebre per
visualizzare meglio l’ immagine che le si era presentata
davanti, non poteva
credere di trovarsi di fronte a Ether, di nuovo.
Istintivamente tutti i suoi muscoli si
irrigidirono.
“Ciao Carolyn.” Cosa, Carolyn? Non ci capiva
più
niente, da cove era venuto fuori quel nome? Lei era Ether e basta. La
ragazzina
si affiancò a lui, per poi riprendere a camminare. Come era
finita in quel
posto?
Le balenò in mente che però Ether non sarebbe
dovuto essere per forza il suo vero nome, perché nonostante
‘Ether’ fosse l’
equivalente di etere in latino –così come lo era
Aer, Ignis, Glacies, Aqua- era
anche un nome esistente e usato.
Continuò a seguirli, senza sapere che altro fare
visto che anche l’ ultima arrivata sembrava non essere
avvolta dalla patina in
bianco e nero, data la sua maglia lunga e gialla e un paio di Dr.
Martens di
pelle bianca macchiati di terra. Era inquieta, nonostante si era
accorta che
nessuno dei due potesse accorgersi di lei.
“Non dovresti fare sega, Andy.” Gli disse lei
preoccupata.
“Questa scuola di merda mi ha stufato, li odio
tutti, voglio andarmene da qui, il prima possibile.”
Seguì il silenzio
interrotto solo dal rumore dei loro passi.
“Anche a me piacerebbe andarmene.”
Sussurrò dopo un
po’ la ragazzina che gli camminava affianco, e quando lui si
voltò per
guardarla i suoi occhi incontrarono un ampio sorriso. “Hai
scritto qualcosa di
nuovo?” Chiese lei entusiasta cambiano repentinamente
discorso. Andy rimase un
attimo interdetto ma dopo pochi istanti il suo viso pallido
arrossì e le sue
labbra si serrarono. Lili rimase bloccata, sorpresa di vederlo
così, a parte la
somiglianza impressionante con l’ Andy ventenne che
conosceva, nient’ altro
avrebbe potuto farle credere che il ragazzino che ora camminava a testa
bassa
si trattasse davvero di Andrew.
Erano giunti nel giardino dietro la scuola, da lì
attraversando una piccola porzione del boschetto si potevano
raggiungere una
paio di piccole case.
“Si…”
Iniziò lui, venendo
però subito interrotto da
un’ altra voce.
“Ehi, voi due!” Si voltarono entrambi e
incrociarono lo sguardo freddo e derisorio di un gruppo di ragazzi alti
e
grossi, in mano ognuno di loro aveva una pietra grossa come il palmo
della mano.
La mente di Andy venne attraversata da un orribile presentimento.
“Cosa volete?” Il ragazzino si mise davanti a
Carolyn, tentando di mascherare il tremito della voce, il gruppetto di
ragazzi
non rispose, si limitarono guardarsi a vicenda e a scuotere le spalle,
per poi
spostare di nuovo lo sguardo sui due.
“Ci stavamo annoiando, e mi chiedevo se vi va di
giocare con noi.” Risposero semplicemente ridendo ancora.
Lili era confusa, ma
soprattutto la rabbia dentro di sé aumentava a dismisura e
stava iniziando a
percepire l’ umidità sulla pelle.
Una pietra volò in aria, diretta verso il viso
della ragazzina che spuntava da sopra la spalla di Andy che prontamente
sollevò
la mano per fermarla, la pietra toccò le sue dita e la
traiettoria venne
modificata, non abbastanza però per evitare la fronte di
Ether, sulla quale si
formò un segno rosso.
“Tutto bene?” Chiese lui voltando la testa, mentre
un’ altra pietra si dirigeva questa volta verso il suo viso.
Lili si lanciò in
avanti per bloccarla ma la sua mano venne attraversata dalla pietra
grigia e
andò a colpire la guancia del ragazzo, sulla quale si
formò un lungo taglio
rosso. Si piegò su se stesso portandosi la mano al taglio
che correva da metà
della sua guancia fino alle labbra.
“Andy!” Esclamò la ragazzina dai capelli
color
platino, preoccupata e spaventata. Lili era sconcertata,
perché lo stavano
facendo? Non capiva. I suoi capelli ora erano bagnati e gocciolanti,
sul suo
viso colavano gocce di rabbia che si insinuavano tra i suoi vestiti.
“Basta!” Esclamò stranamente
all’ unisono con
Carolyn che aveva avvolto le sue braccia intorno alle spalle di Andy, i
suoi
occhi erano lucidi.
Ogni suono svanì, così come erano svaniti i
colori,
il rumore delle pietre che tagliavano l’ aria era un sibilo
inesistente, i
gemiti di dolore e le risate si incastravano tra le loro labbra.
Il gruppo di ragazzi ora sovrastava i due,
continuando a lanciare pietre con forza. Il cuore di Lili si
raggomitolò su se
stesso in un misto di rabbia e disgusto, e si sentiva impotente,
perché lo
sapeva che non avrebbe potuto fare nulla, il passato non si
può cambiare.
Uno strillo lacerò l’ aria immobile, lungo e
acuto,
ricordava lo stridio del treno sulle rotaie. Poi con grande sorpresa di
Lili i
ragazzi attorno a loro fecero un passo indietro per poi crollare subito
a
terra. di nuovo non vi era nessun suono ma questa volta era diverso,
perché il
silenzio ero ora semplicemente interrotto da un respiro affannoso, solo
uno.
Per un attimo si chiese a quanto tempo prima
risalissero quei ricordi, cinque, forse sei anni. Ed era possibile che
il
potere dell’ etere si fosse già risvegliato? Era
possibile che fosse già in
grado di uccidere e usarlo come meglio credeva?
Con
le gambe deboli e il cuore che batteva con
forza, il viso contratto e i pugni stretti, tanto da conficcarsi le
unghie nel
palmo si avvicinò lentamente alla ragazza ora quasi sdraiata
su Andy che
giaceva sdraiato con i capelli incrostati di sangue, piangeva e
tremava.
Lentamente si calmò, respirando profondamente e
alzò lo sguardo, per una attimo Lili credette che stesse
fissando lei ma il suo
sguardo lucido le passava attraverso puntandosi sull’ orda di
ragazzini che
uscivano felici da scuola, pronti per tornare a casa, ignari di
ciò che era appena
successo. Strinse con più forza il suo corpo, mentre Lili
era costretta a
restare solo una spettatrice.
“Possiamo affrontare tutto questo insieme, possiamo
combattere.” La sua voce era rotta e altre lacrime silenti
colarono sul suo
viso macchiato di rosso creando cerchi perfetti sulle guance pallide
del
giovane sotto di lei.
Un senso di urgenza la fece avanzare verso la
coppia, le sue ginocchia sull’ erba umida e il volto vicino a
quello di Andy;
dalle labbra socchiuse non usciva nessun respiro. Rimase per un attimo
così,
come ad attendere che lui riprendesse a respirare per poi sedersi sui
talloni,
sconfitta. Come era possibile?
Osservò poi Ether che aveva appoggiato le sue mani
sulle guance fredde di Andy.
“L’ etere è in tutti noi e
io…” Sulle sue labbra si
allungò un sorriso triste. “posso cancellare tutto
questo.” Le sue mani
tremanti gli accarezzavano il volto. Ecco la risposta alla sue
precedente
domanda; si, Ether poteva già controllare quel potere,
avrebbe potuto
soggiogare le menti delle persone e decidere di privarli della loro
anima, del
frammento di etere che risiede in ognuno.
“Andrew, tu sai cosa sono le ombre?” La sua voce
tremava, come mossa dal vento.
Nessuna risposta.
“Sono segreti, paure, l’ ombra è fatta
di rancore e
rabbia.”
Ancora nessuna risposta. Solo un risolino nervoso e
spezzato della stessa persona che stava parlando.
“E la tua è così
nera…” La voce si affievolì,
svanendo completamente poco a poco. Tutto intorno a loro
sembrò svanire, ogni
suono e ogni colore, le sensazione della terra contro le ginocchia di
Lili
svanì sostituito dal vuoto allo stomaco della caduta, mentre
si sentiva tirare
indietro per le spalle.
Giornata strapiena e
per poco non mi dimenticavo di aggiornare ^^
Vorrei tanto avere qualcosa di furbo o intelligente da dire, ma mi
ritrovo sempre qui con un mucchio di cose stupide in testa.
1) Scusate ma non poseggo un' immagine di Andy da giovane né
di Ether/Carolyn
2) Ecco il collegamento con il suo nome (Carolyn) e il titolo della
canzone che nei precedenti capitoli è stata canticchiata
(Carolyn, di nuovo)
3) Il bullismo è una brutta cosa, ma non sono del tutto
sicura che si riesca a uccidere con tanta facilità una
persona in una situazione del genere.
Fine delle autocritiche, grazie per chi legge e chi recensisce ecc.
ecc. Grazie! :D a presto
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 6. Tear down! the walls that will surround ***
Capitolo 6.
Tear down!
the walls that will surround
“Non
posso farlo!” Esclamò lei senza distogliere lo
sguardo dall’ angolo un ombra della stanza.
“Si invece, nei sei perfettamente in grado, solo
che non te ne rendi conto.” Mise le mani sulle sue spalle.
“Sono generazioni
che noi elementali ci esercitiamo in questo.”
“Appunto, generazioni! Non posso imparare in dieci
minuti.” Sentì Alex sospirare alle sue spalle, gli
girò attorno e si mise
davanti a lei.
Dana distolse l’ attenzione da quella porzione d’
ombra che ora sembrava così minacciosa e la portò
negli occhi di Alex che
tentava di rassicurarla.
“Il fuoco è forte, e tu lo sei.” Il
ragazzo annuì
brevemente. “Nascondi la tua mano nell’ ombra e
concentrati, abbatti ciò che ti
blocca.” Detto questo si spostò di lato spingendo
lievemente Dana verso l’
angolo, lei timorosa allungò la mano, le venne quasi da
ridere pensando al
fatto di non aver mai avuto paura del buio, e invece ora si ritrovava a
tremare
per via di un semplice angolo in ombra.
“A cosa devo pensare?” Chiuse gli occhi,
sospirando.
“Lili.” Disse semplicemente lui, lei
sobbalzò e le
sue palpebre tremarono mentre i suoi occhi tentavano di sfuggire alle
orribili
immagini delle bruciature sulle spalle di Lili che a loro volta le
ricordarono
i resti di una vecchia auto carbonizzata e la puzza di carne bruciata
di un corpo
che si agitava in mezzo a una stanza.
Calde e roventi, lacrime silenziose le colarono
lungo il viso, evaporando per l’ ennesima volta
all’ altezza degli zigomi
mentre sentiva l’ aria attorno a sé scaldarsi
lievemente.
La sua mano urtò contro qualcosa di liscio,
istintivamente vi si aggrappò, accorgendosi che la forma che
aveva stretto si
adattava perfettamente alla forma della sua mano.
“Of learning how and when we'll die,
but we
can't listen.” Nello
stesso istante, o forse poco prima, in quell’
ombra che si era rifiutata di vedere aveva sentito seppur deboli parole
canticchiate
a fior di labbra.
“Preso!” Esclamò istintivamente lei,
coprendo un’
esclamazione di sorpresa. Aprì gli occhi entusiasta di
esserci riuscita, ma
quando vide la sua mano inghiottita dal muro in ombra fece per
ritirarla,
avendo però la prontezza di non lasciare al presa.
Ciò che vide la impressionò e non poco, un paio
di
ampie spalle si delineò nell’ ombra, interrotte da
un lungo manico nero di
quello che Dana riconobbe come una chitarra, o forse era un basso, per
un
attimo fu certa di aver preso –chissà come- la
stessa persona che si era
presentata dopo aver ripreso conoscenza nel piano terra del suo
palazzo, ma i
capelli corvini e gocciolanti d’ ombra che vide erano troppo
lunghi per
trattarsi dello stesso ragazzo che aveva visto quella stessa notte. Ed
era
impressionante che tutto fosse accaduto così velocemente,
della velocità con la
quale il mondo che conosceva le era stato sfilato da sotto i piedi.
Il suo braccio incontrò resistenza mentre quella
persona che non conosceva tentava di tornare nella sua ombra.
Un paio di mani si strinsero sul suo polso
aiutandola a tirare.
Emerse dall’ ombra il profilo dai tratti delicati
di un ragazzo dall’ espressione sorpresa e lievemente
spaventata.
“Ma che cazzo…?” Si sbilanciò
all’ indietro uscendo
completamente dall’ ombra, i suoi abiti erano in pelle scura
proprio come
quelli di Andy, anche i suoi cosparsi di borchie più o meno
appuntite,
nonostante i suoi lineamenti non fossero difficili da riconoscere
spesse linee
di trucco nero contornavano gli occhi color cioccolato, mentre una
porzione di
capelli sopra la tempia destra era rasata, proprio come quelli di Lili.
Lasciò
la presa sul manico del basso che scivolò
tra le sue scapole e la tracolla raschiò contro il collo, si
chiese da quando
in qua degli strumenti così si portassero senza custodia.
Il ragazzo, che dimostrava meno dell’ età che
realmente aveva li osservò esterrefatto per poi voltarsi di
nuovo verso il muro
chiedendosi come fosse stato possibile. Si girò poi del
tutto dando le spalle
all’ ombra dalla quale era uscito passandosi le mani sulle
maniche del chiodo
nero come per togliere della polvere, scrutando per bene i sue
adolescenti che
si era ritrovato davanti.
“Ho sbagliato.” Disse la bionda portandosi le mani
sulla bocca e arretrando insieme ad Alex; spiazzata dalla situazione in
cui si
era ritrovata.
“No, no. Al contrario, ci sei riuscita
perfettamente.” Una voce calda e lievemente nasale, da
ragazzino, giunse alle
loro orecchie. “Solo gli elementali e noi Mors riescono a
fare quello che hai
appena fatto, immagino quindi che tu sia, fammi pensare” Si
portò una mano al
mento, storcendo lievemente le labbra in modo quasi beffardo.
“Ignis! E tu sei
Aer vero? Sei difficile da trovare, al contrario della tua amichetta,
che
luccica come una scintilla.” Esclamò poi con
l’ entusiasmo di un bambino. Alla
ragazza venne in mente per un istante la frase che aveva detto Andy: “Come ti chiami, piccola
scintilla?” e
brevi brividi le attraversarono la schiena.
Dana sentì Alex imprecare dietro di lei mentre un
brivido le correva per la spina dorsale, poteva a malapena immaginare
la
situazione in cui si erano cacciati, perché non avrebbero
mai potuto prevedere
una cosa del genere.
“Così rendete il tutto troppo semplice.”
Disse lui
intonando le parole in modo strano, un po’ come se stesse
cantando. In quello
stesso istante le piccole finestre si spalancarono e i cardini
gemettero,
mentre nella stanza si riversava il vento gelido della notte.
“Oh, andiamo.” Alex si mise davanti a Dana.
“Cosa
credi che possa fare del vento contro un’ ombra?”
Ancora quel tono. La ragazza
strinse i pugni, mentre un’ ondata di coraggio –o
stupidità, decidete voi- la
invadeva, afferrò il braccio di Alex e lo tirò
appena un po’ indietro mentre
faceva dei passi avanti. Il volto truccato del ragazzo si fece
più serio e
lievemente preoccupato.
Un sorriso nervoso si disegnò sulle sue labbra.
“Il
fuoco fa luce, no?” Le sue mani tremavano, mentre il poco
calore che sentiva in
lei l’ abbandonava e il vento le sferzava il viso. Il ragazzo
vestito di nero
fece un passo indietro, con la rabbia dipinta negli occhi color
cioccolato. Ma
non gli ci volle molto per capire che lei non sarebbe riuscita a fare
nulla, un
sorriso sghembo si allungò sul suo volto, rivelando appena
una dentatura bianca
e perfetta, si portò avanti muovendo appena le spalle per
far scivolare meglio
il basso che portava a tracolla tra le scapole.
“Alex,” Portò una mano indietro fino a
sfiorare la
sua, che prontamente strinse le sue dita in una stretta fresca e
rassicurante.
“non ce la faccio da sola.” Tentò di non
farsi sentire dal ragazzo che stava
davanti a loro, ma il sorriso sul suo volto si allungò
ancora di più, e i suoi
anfibi scivolarono in avanti sul linoleum, emettendo un suono
spiacevole.
Poi fu come respirare di nuovo, era come uscire da
sotto le coperte pesanti e respirare l’ aria umida della
notte dopo troppo
tempo. Sentì il calore propagarsi di nuovo in lei e i
capelli alla base del
collo arricciarsi lievemente, mentre il pallore della pelle svaniva
sostituito
da un lieve rossore.
“Insieme.” Alex premette la sue mano tra le sue
scapole e la spinse fino a farle fare un passo avanti, mentre il
ragazzo
davanti a loro arretrava un’ altra volta. Strinse con forza
la sua mano mentre
riportava a dolorosamente a galla i ricordi di un vecchio incendio, del
fumo
che con lente e pigre volute si innalzava verso il cielo.
Una scintilla, il rumore di uno zippo che si apre,
un movimento al limite del suo campo visivo, lentamente quasi con
timore spostò
il suo sguardo verso il letto alla loro sinistra, le coperte stavano
bruciando
e pezzi di cenere cadevano a terra, lasciando scuri aloni sul linoleum.
Una altro colpo di vento sferzò i loro visi
alimentando il fuoco, mentre gli occhi faticavano per restare aperti un
guizzo
di nero e il volto truccato del ragazzo venne coperto per un istante
dai suoi
lunghi capelli, muovendosi velocemente si era voltato e ora stava di
nuovo
sparendo nell’ ombra.
Il suo corpo si mosse da solo spinto da una volontà
che non sapeva di avere, probabilmente fu di nuovo un momento di
stupidità ma
si lanciò in avanti e riuscì ad afferrare di
nuovo il manico del basso che
stava sparendo nell’ ombra rimasta nella piccola stanza, con
l’ intenzione di
tirarlo di nuovo fuori, ma prima che potesse accorgersene una forza
più grande
della sua la tirò, trascinando lei ed Alex nella stessa
ombra da cui avevano
visto uscire il ragazzo senza neanche dare loro il tempo di imprecare.
Sangue. Se lo sentiva addosso, si sentiva
soffocare, sentiva la pelle lacerarsi e sanguinare, sentiva brividi
gelidi che
con zampe d’ insetto le correvano per tutto il corpo, si
sentiva immobilizzata,
rigida e congelata, il dolore la colpiva e lei non riusciva a fare
niente, non
riusciva ad urlare e per un momento credette che quella sorta di incubo
non
dovesse mai avere fine, fino a che un paio di mani forti non
l’ afferrarono di
nuovo per le spalle, tirandola via da quel buco di dolore e sangue nero.
Riprese a respirare con affanno mentre i suoi occhi
tentavano di abituarsi alla luce improvvisa dell’ alba, un
altro brivido le
percorse la schiena facendola fremere, e finalmente si rese conto del
luogo in
cui si trovasse, più o meno; si trattava di una strada
vuota, piena di polvere
e case abbandonate che troneggiavano ai lati della strada sui muri
abbattuti,
dov’ era quel posto? Qualcosa al limite del suo campo visivo
si mosse
lievemente attirando la sua attenzione, ed ecco Andy che stava
accucciato e in
equilibrio sulla parte davanti degli stivali mentre le ginocchia
formavano una
‘V’ sulla quale erano appoggiati gli avambracci, e
la osservava con quei occhi
di un colore impossibile che contrastava con il pallore del viso
aspettando che
lei dicesse o facesse qualcosa. A malapena Lili riuscì a
resistere alla
tentazione di allungare una mano e passarla sulla guancia segnata dal
trucco
scuro che delineava una lunga cicatrice e punti di sutura, per
assicurarsi che
lì ci fosse davvero solo del trucco nero e nient’
altro.
“Si è sciolto il ghiaccio?” Lei
sobbalzò appena,
passandosi le mani sulle braccia come a voler togliere quel che restava
di
quelle orribile sensazioni.
“Cosa è successo?” Chiese lei con la
voce mossa da
un altro brivido. “Comunque si sto bene , grazie per averlo
chiesto.” Disse
subito dopo con voce bassa.
“Quello che succede quando si esce dall’ ombra di
qualcuno,” Fece un sospiro cercando per un momento le parole
giuste. “l’ uscita
da un’ ombra è il passaggio peggiore, sono le
sensazioni più forti che ha
provato la persona a cui appartiene l’ ombra.” La
sua voce rimbombava roca e
bassa in quel posto dimenticato.
“E tu senti questo tutte le volte?” Le sue spalle
si sollevarono appena e l’ angolo della sua bocca si
sollevò appena, mettendo
in risalto il segno nero che nasceva sulle sue labbra. Era impaziente,
eppure
infondo sentiva una sorta di timore, come se la verità
potesse rivelarsi la
scelta sbagliata. “È il prezzo da pagare? Rivivere
ciò che si ha provato
durante la propria morte per continuare questa vita?” Il tono
di Lili si alzò
mentre portava le gambe al petto per alzarsi da terra, ma qualcosa
nello
sguardo di Andy la bloccò, la sua mascella era contratta, i
suoi occhi fissi e
quasi inespressivi mentre le sue palpebre si chiudevano sugli occhi per
poi
svelarli di nuovo di un colore tanto intenso da tendere quasi
all’ indaco,
lentamente.
I muri era caduti, le barriere che bloccavano i
ricordi erano crollati, scuotendo tutto il resto.
Lui non ricordava.
Ha-ha, le cose iniziano a mettersi
male un po' per tutti! (non fetevi ingnnare questo è il mio
ennesimo tentativo di tentare di dire qualcosa di intelligente).
Si, le ragazze in questa storia combinano un mucchio di casini,
al contrario dei ragazzi...
Ecco, ho finito, grazie a chi legge in silenzio e chi recensisce,
grazie davvero!
A presto ;)
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 7. Cry out! Above the burning sound. ***
Capitolo 7.
Cry out! Above
the burning sound.
“Ehi,
Ashley!” Una locanda in stile far west si
delineò davanti ai loro occhi, tavoli e sedie in legno, un
barista grosso
dietro al bancone e tante giovani donne dagli abiti succini si
aggiravano tra i
tavoli, con tanto di decorazioni di pellicce di animali e cappelli da
cow-boy.
Si guardarono intorno non riuscendo a distinguere i colori di quel
posto su cui
era colata una patina di bianco e nero. Una persona in particolare
attirò la
loro attenzione, era girato di spalle e in mano teneva un bicchiere di
vino
rosso, sulle sua gambe stava seduta una donna dal seno florido e la
scollatura
esagerata, ma la sua pelle era rosea, seppur pallida, al contrario del
grigiore
che avevano assunto il resto dei clienti e questo si voltò
cercando la persona
che l’ aveva appena chiamato. “Guarda che Amelia
è pericolosa.” Scherzò lo
stesso amico che lo aveva chiamato prima indicando la donna
apparentemente
bionda seduta sulle sue gambe.
“Oh,
bene, mi piacciono le donne pericolose.”
Commentò lui accarezzando il fianco di Amelia che gli si
spalmò addosso il più
possibile, la sua voce era la solita, piatta ma calda e lievemente
nasale,
ancora da ragazzino nonostante non avesse più l’
età per comportarsi da tale, o
almeno, questo era quello che dicevano gli altri. Lo riconobbero a
malapena
senza lo strato di trucco con cui l’ avevano visto prima, gli
zigomi erano
comunque sporgenti, il taglio di capelli era lo stesso, ma
così era più facile
intuire la sua età, la sua pelle non era molto pallida, le
sopracciglia sottili
e gli occhi lievemente allungati, non sembrava più il
ragazzino che Dana aveva
tirato fuori dall’ ombra; era un uomo, un donnaiolo.
“Dove siamo finiti?” Chiese Dana sottovoce timorosa
di attirare l’ attenzione, Alex affianco a lei si
guardò intorno.
“Credo.” Fece una pausa, poco sicuro di quello che
stava per dire, le sue parole rimasero bloccate nell’ aria.
“Che ci troviamo
nei ricordi del nostro nuovo amico.” Indicò la
persona in questione che in quel
momento si stava alzando, tenendo per mano la donna e nell’
altra il bicchiere
mezzo vuoto.
“Andiamo di sopra.” Era quasi una domanda, che
indusse istintivamente la donna ad annuire muovendo le labbra carnose.
I due ragazzi restarono immobili quando si videro i
due passare davanti, ma con loro grande sorpresa nessuno dei due
sembrò
accorgersi di loro. Iniziarono a salire le scale, quando Dana si rese
conto di
non voler vedere ciò che avrebbero fatto i due di sopra, ma
tutti intorno a
loro divenne più sfocato, i volti divennero macchie scure e
la porta della
locanda si aprì per l’ ultima volta mostrando una
ragazzina dalla bizzarra
tinta alla quale per un momento Ash aveva prestato attenzione, prima di
sparire
su per le scale.
“Dobbiamo salire.” Disse Alex afferrando il suo
polso e iniziando a seguire i due.
“Non voglio!” Esclamò Dana, decisa. Ma
il ragazzo
le fece cambiare idea quando indicò le persone che si
trovavano sedute in un
angolo e le fece notare un cambiamento, i loro volti sparivano, e i
loro corpi
diventavano informi.
“Dana, questo è un ricordo di Ash, non possiamo
stare in luoghi che lui non ha nei ricordi, verremo cancellati anche
noi.” A
quanto pare, le persone lì sedute non erano un ricordo
importante, a parte l’
ultima arrivata, che era rimasta bloccata sulla soglia della porta,i
suoi
tratti restavano invariati perché gli occhi di Ashley non
avevano più potuto
seguire i suoi movimenti.
“Va bene.” Rispose sconsolata Dana, al massimo si
sarebbe coperta gli occhi, non le interessava vedere una danza tra le
lenzuola.
Con una punta di timore si chiese come e quando sarebbero usciti da
quel
ricordo, ma la preoccupava il ‘se’,
sarebbero davvero usciti da lì? “Ma giuro che
appena iniziano a spogliarsi
smetto di guardare.” E in quel momento avrebbe quasi voluto
strozzare Alex che
stava tentando di trattenere una risata.
Riuscirono infine ad infilarsi nella loro stanza
poco prima che la porta gli si chiudesse in faccia, l’aria
nella stretta stanza
di quella locanda era fresca per via della finestra lasciata aperta e
alleggiava nell’ aria, accompagnato dal dolce odore
dell’ umidità, un delicato
profumo di lavanda.
A quanto pare Amelia non voleva perdere tempo
perché si era già liberata dei vestiti restando
solo con l’ intimo addosso, i
suoi lunghi capelli biondi le ricadevano morbidi sulle spalle e sul
seno, messo
in evidenza dal reggiseno dai colori sgargianti. Ash era seduto sul
letto a
mostrare il petto nudo e tatuato mentre con i piedi si ingegnava per
togliere
gli stivali senza doversi abbassare, con tutta probabilità
non voleva
distogliere lo sguardo da quella donna così provocante che
impaziente si era
già seduta su di lui passando le lunghe unghie smaltate
sulla sua pelle,
lasciava segni invisibili mentre tentava di farlo sdraiare sul letto,
sotto di
lei.
Le
sue mani corsero al suo viso e lo accarezzarono
un paio di volte scostando i capelli corvini, le sue dita si
soffermarono poi
sulle mascelle e da lì riprese a graffiarlo, le sue unghie
corsero giù segnando
il suo viso e il suo collo con tre segni rossi e paralleli, provando
piacere
nel sentirlo gemere di dolore. Lui gli bloccò le mani,
stringendole i polsi e
facendola finire sotto di lui, iniziò ad accarezzarle la
pelle e a coprirle il
collo di baci e morsi mentre lei continuava a passare i suoi artigli su
di lui.
Amelia lasciò cadere un braccio accanto al suo capo,
la mano scivolò sotto il cuscino, sul suo volto si
allargò un orribile sorriso.
Sentirono Ash gemere e lo videro portarsi una mano
al fianco, abbassò lo sguardo e un’ espressione
sorpresa e disperata colorò il
suo viso, tra le costole un coltello si stava macchiando velocemente di
rosso
mentre piccole gocce di sangue creavano cerchi perfetti sulle lenzuola.
Il
corpo di Amelia scivolò via mentre quello di Ash crollava su
un fianco, la mano
attorno alla ferita letale e la bocca che cercava l’ aria
sottratta dal polmone
bucato.
I due non avevano fatto in tempo a fare niente, ma
comunque il loro intervento sarebbe stato nullo, il passato non poteva
essere
cambiato.
La donna raccolse i vestiti e uscì velocemente regalando
un ultimo sorriso all’ amante agonizzante. Una macchia rossa
si stava
allargando sul suo petto tatuato e ora impregnava le lenzuola candide.
Dana si voltò parzialmente affondando il viso nella
camicia blu scura di Alex che la avvolse con le braccia, senza
però distogliere
lo sguardo, lei però non voleva guardare, non poteva
guardare, quella notte
aveva già visto troppe persone morire o sparire, quelle le
sarebbero bastate
per una vita intera, non voleva veder altra sofferenza, si sentiva
ancora scioccata
per ciò che aveva fatto a Lili. I sensi di colpa ripresero a
bruciarla, se solo
fosse riuscita a trattenerla ora nessuno di loro si sarebbe trovato in
una
situazione simile, se avesse fermato davvero suo padre, se,
se…
Passi nel corridoio, sempre più vicini e veloci,
una testa sbuca dalla porta lasciata socchiusa, ha la chioma color
platino,
occhi di un intenso blu che subito vanno a puntarsi in quelli spenti
del colore
del cioccolato di Ash, apre la porta ed entra nella stanza, Alex scuote
Dana
intimandola a guardare l’ ultima scena di quel ricordo. La
ragazza dal corpo
magro si mette in ginocchio sul letto, sporgendosi su di lui, le sue
ginocchia
vennero raggiunte dalla macchia rossa.
Il dolore lo soffocava, annebbiandogli la vista e
intorpidendo tutti i suoi muscoli, non trovava neanche la forza per
chiedere
aiuto, ora non desiderava altro che morire, solo per far cessare quella
sofferenza.
“Vuoi vivere vero?” Scandì lentamente la
parole,
osservando i suoi occhi farsi lucidi, quello per lei era ciò
che contava di
più; dagli occhi si può leggere tutto
ciò che prova, si legge l’ umanità di
una
persona, ed è sempre dagli occhi che scivola via. I suoi
videro un altro
sorriso, questa volta dolce e rassicurante, e il dolore
sembrò quasi alleviarsi
mentre intorno a loro tutto acquistava una tonalità
più scura di grigio.
“Lei è Ether?” Chiese timorosa la bionda
che si era
aggrappata alla manica di Alex, quasi avvertiva il suo dolore e anche
lei
desiderava che quell’ esperienza terminasse il prima
possibile. Sentì un forte
calore propagarsi dentro di lei, lievi scintille colorate cadevano a
terra,
sparendo tra le assi di quel ricordo.
“Deve essere per forza lei.” Sussurrò
Alex,
sospirando pesantemente così da rinfrescare ulteriormente
l’ aria e rassicurare
Dana, naturalmente un ricordo non può prendere fuoco, ma
cosa sarebbe successo
fuori da lì era un mistero.
Il tutto sbiadiva, comprimendosi attorno agli unici
colori al centro di quella stanza, l’ ultima immagine che
videro fu Ether
chinarsi ancora di più su di lui e le sue labbra sfiorare la
sua guancia
pallida.
Poi il buio li avvolse e la sensazione della caduta
fece accartocciare i loro cuori, cadevano e il dolore li invadeva, poi
qualcosa
di appiccicoso e soffocante, teli macchiati di liquido rosso sembravano
avvolgersi su di loro, sottraendo l’ aria direttamente dai
loro polmoni.
Lei era gelosa e lui un donnaiolo (lo è anche nella
realtà, ma è solo un piccolo dettaglio). Lei
sarà solo una piccola comparsa,
non preoccupatevi, non la vedrete più, ci sono
già abbastanza donne casiniste.
Ringrazio chi recensisce e tutti quelli che hanno
aggiunto questa strana storia tra le seguite/preferite/ricordate e a
chi legge
in silenzio.
Ah, stavo per dimenticarlo di nuovo; la canzone
(quella dei titoli dei capitoli) è questa: https://www.youtube.com/watch?v=JOAj3M2abog
A presto :)
|
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Capitolo 9 *** Capitolo 8. Show me! How bleeding hearts still pound. ***
Capitolo 8.
Show me!
How bleeding hearts still pound.
All’
improvviso l’ aria riprese a popolare i loro
polmoni e il buio dal quale erano circondati svanì lasciando
spazio a una luce
dapprima accecante, poi sempre più debole, fino a permettere
loro di
distinguere ciò che li circondava. Inciamparono spingendosi
a vicenda fino a
finire spalmati sull’ asfalto polveroso, sentirono subito dei
passi irregolari
dietro di loro seguiti da un’ imprecazione alquanto
fantasiosa, poi qualcuno li
saltò entrambi facendo un balzo esageratamente lungo il
quale atterraggio fu
pessimo perché il ragazzo vestito di nero si
sbilanciò in avanti rischiando
anche lui di finire a terra, il basso che aveva ancora a tracolla
rimbalzò in
modo buffo sulla sua schiena, e chissà come lo
aiutò a recuperare l’
equilibrio.
E Dana si sarebbe messa a ridere, se solo non lo avesse
appena visto agonizzante in una macchia di sangue. Sentì un
gemito alla sua
sinistra e voltandosi vide Alex sdraiato a pancia in su con
faccia sofferente
mentre le sue che mani massaggiavano la zona bassa della schiena, fece
leva
sulle mani per sollevarsi con il torso, per poi mettersi in ginocchio e
infine
in piedi, eppure sentiva ancora lungo le braccia e tutto il resto del
corpo la
spiacevole sensazione dei teli resi appiccicosi dal sangue, le venne
istintivo
passarsi le mani sugli avambracci per tentare di scacciare quella
spiacevole
sensazione, poi una breve immagine attraversò la sua mente e
alzò lo sguardo
mentre Ash li guardava con occhi pieni d’ odio, era la stessa
cosa che aveva
fatto la prima volta che lo avevano visto; anche lui si stava sfregando
le
braccia. La ragazza si chiese se ogni volta che quei bizzarri
viaggiatori
uscivano dalle ombre provassero la stessa sensazione, ma ciò
che avevano
sentito in quel momento era qualcosa di particolarmente legato ad Ash,
qualcosa
che per chiunque altro molto probabilmente non avrebbe avuto alcun
senso.
Dana provò ad aprire bocca, per dire cosa, non lo
sapeva neanche lei, me venne prontamente interrotta da Ash.
“Siete pazzi!?” Le sue parole avevano solo il
retrogusto di una domanda, i suoi occhi erano furiosi seppur di un
colore così
invitante.
“Tu sei morto.” Disse lei a bassa voce, non
abbastanza però da non essere sentita. Nel frattempo Alex si
era alzato e in
silenzio stava ad osservare quella scena, attento. Ashley inizialmente
venne
spiazzato da quell’ affermazione poi subito dopo le sue
labbra si tesero in un
sorriso a malapena trattenuto.
“No.” Lo disse ancora con quel suo sorriso tirato.
“Quello morto non sono io.” Intonò di
nuovo in quel modo strano le parole, come
se stesse cantando.
“Ma ho visto la ferita,” I suoi occhi si strinsero
appena e il suo volto si tirò perdendo il sorriso,
ovviamente non era piacevole
sapere che due ragazzini avevano sbirciato nella sua memoria e che lo
avessero
visto nel momento in cui era stato più fragile. “e
anche…” Ma non riuscì a
terminare la frase, perché si ricordò di aver
visto anche quella ragazzina dai
capelli color platino chinarsi su di lui. Ma lui sembrava aver capito e
il suo
sguardo volò alla lunga strada che proseguiva davanti a
loro, i suoi occhi
sembravano in cerca di qualcosa, perché qualcosa dentro di
lui si era mosso,
proprio in quel momento. E due nomi profondamente legati vorticavano
nella sua
mente quasi urlandogli di muoversi e non perdere tempo.
“Il mio cuore è qui, e batte. Ma sappiate che
anche
il cuore di una persona morta può ancora pulsare.”
Fece dei passi indietro,
spostando l’ attenzione su Alex che lo fissava con le
sopracciglia aggrottate,
in silenzio, quasi in ascolto. Ash fece una smorfia continuando ad
arretrare,
fino a raggiungere la parete in ombra della casa dall’ altra
parte della
stretta strada. Dana avrebbe voluto inseguirlo ancora, un po’
perché il gusto
agrodolce dei suoi ricordi la intimidiva quanto la attirava e un
po’ perché
quel posto deserto, seppur illuminato dalla tenue luce dell’
alba sembrava
opprimerla e renderla irrequieta. Ma una mano stretta sul suo braccio
le
impediva di avanzare e correre dietro quell’ ombra che si
allungava e spariva
alla luce del sole che stava lentamente sorgendo. Ma aveva paura, e non
faceva
altro che chiedersi perché si trovassero lì, ma
soprattutto, dov’era ‘lì’?
“Non andare.” Le sue parole giunsero alle sue
orecchie accompagnate dal lieve venticello che si era alzato.
“Perché?” La sua voce tremava, scossa
dalla lieve
brezza, come la tenue fiamma di una candela che combatte contro una
debole
corrente.
“Siamo già arrivati dove dovevamo
arrivare.” Dana
storse la bocca sentendo quell’ affermazione contorta di cui
non era riuscita
ad apprendere il significato. La presa sul suo braccio svanì.
“Cioè?” Chiese, temendo si passare per
stupida.
“Ether.” Rispose semplicemente, aspettando che Dana
si voltasse per guardarlo negli occhi, in cerca di spiegazioni.
“Il vento
trasporta i suoni, come il pulsare del cuore ed è facile
capire ciò che prova
una persona ascoltando il suo battito, soprattutto quando si ha una
certa
esperienza.” Una goccia di orgoglio e soddisfazione
attraversò i suoi occhi
chiari. Ed era ciò che aveva percepito ascoltando il suo
battito irregolare,
era preoccupato e ansioso di andarsene, tanto da compiere la stupidata
di
lasciarli lì, così vicini a lei, vicini ad Ether
che in quel momento si trovava
da sola, nella su grande casa fatiscente.
“Andiamo.”
La incitò lui, ma lei non si
mosse.
“E Lili?” Chiese con un fil di voce, mentre il
solito e ormai conosciuto senso di colpa tornava a farle visita. Alex
si fermò,
meditando un attimo.
“Non sappiamo dove sia, quindi cercarla sarebbe una
perdita di tempo, cosa che già ci manca, possiamo solo
sperare per il meglio.”
Concluse riprendendo a camminare seguito da una sempre più
esausta Dana.
Ho
sbagliato, ho sbagliato di nuovo, per l’ ennesima volta ho
ferito la
persona a cui tengo di più in questo momento.
Non
faceva altro che incolparsi, rannicchiata a
terra con le
ginocchia al petto e la
testa nascosta in quel buco scuro e accogliente.
Poco prima aveva visto Andy alzarsi, mentre i suoi
lineamenti sembravano farsi sempre più duri e freddi,
talmente tanto da
ricordarle la prima volta che aveva visto i suoi occhi di ghiaccio.
“Il passato può essere
odiato quanto si
vuole, ma non può essere cambiato.” Le
sue parole le avevano perforato la
mente, perché ne era fin troppo consapevole che non si
potesse riavere indietro
una persona morta. Ma provò rabbia per il fatto che invece qualcun’ altro era morto,
seppur quel qualcuno continuasse a
camminare accanto a lei, nascosto nella sua ombra.
E lei non era ghiaccio,
lei era solo acqua, era sempre stata solo acqua, niente di diverso,
niente di
più forte né bello, ma ci aveva provato, aveva
provato a cancellare quel
passato che la tormentava e le faceva sanguinare il cuore tutte le
volte.
Eppure non voleva dimenticare ciò che era stato Jeremy per
lei, del sostegno
che le aveva dato, e di come se ne era andato. Ma aveva fatto in modo
che il
suo ricordo restasse solo a lei, perché lui era stato Terra,
ed era così, solo
così che dovevano conoscerlo gli
altri, neanche Alex lo aveva conosciuto bene come credeva. E ora il
tutto
sembrava stare per ripetersi, perché lei aveva sbagliato di
nuovo e di nuovo
stava perdendo la persona su cui aveva fatto affidamento.
“Si Andy, il ghiaccio si è sciolto.” Il
suo lieve
sussurro si perse nel buio che aveva creato. Alzò lo sguardo
puntandolo sulla
strada polverosa che si srotolava sotto i suoi occhi, poi
fissò una casa
fatiscente, quella sulla quale Andy aveva regalato l’ ultimo
sguardo prima di
sparire nella sua rassicurante ombra, al riparo dal sole. Si
alzò, con le gambe
doloranti per l’ essere rimasta immobile nella stessa
posizione per troppo.
Non
sono mai stata di ghiaccio, non sono in grado di essere così
fredda.
E ho sbagliato di nuovo.
I
bassi raggi del sole estivo le ferirono gli
occhi.
E
cavolo, quanto mi angoscia tutto questo.
Era
triste e sconsolata come non mai, ora che
sembrava che il ghiaccio si fosse sciolto del tutto
–comprimendosi nello
sguardo di Andy- le emozioni iniziavano a penetrare in lei come sassi
buttati
in una pozzanghera, perché non era più la lastra
di ghiaccio che si ammaccava
appena, ci aveva provato ma non aveva fatto altro che mentire a se
stessa,
nascondendo le onde generate dall’ impatto con quei sassi.
E
il senso di colpa
serpeggiava dentro di lei, mentre la mente continuava a riproporle il
volto di
Dana dopo che lei stessa le aveva detto con tanta freddezza che suo
padre era
morto, le dispiaceva per lei e per la sua vita distrutta, le dispiaceva
perché
ancora non si era resa conto di quanto la sua vita fosse radicalmente
cambiata.
Passi trascinati e in lontananza attirarono la sua
attenzione, ridestandola dal fiume di pensieri. L’ agitazione
lentamente si
impossessò di lei mentre l’ ansia di muoversi le
bloccava le gambe.
“Glacies. Non più Aqua. Sei
cambiata e puoi
farcela.”
Ci credeva
davvero alle sue parole? Credeva ai suoi impenetrabili occhi di
ghiaccio?
Credeva al legame che aveva con Ether, quello era certo. Ma non era
questione
di fiducia, non lo era mai stato, neanche all’ inizio. No,
lui si sbagliava,
lei era Aqua, lo era sempre stato e così sarebbe stato per
sempre.
“Anche
la terra può non cambiare sai?”
Quel
tono beffardo e quel sorriso perso rimbalzarono nella sua mente
proponendole di
andare avanti da soli, solo loro due.
Non voleva nessuno, conosciuto o sconosciuto, non
voleva vedere nessuno, solo Andy, solo Jeremy che nella sua mente
sembravano
mescolarsi e sovrapporsi in continuazione, continuando a farla soffrire.
I suoi piedi batterono contro il cemento mentre si
accorgeva di stare correndo verso quella casa fatiscente. Non sapeva
ciò che l’
aspettava ma non si sarebbe più tirata indietro, non sarebbe
più fuggita.
Ok,
capitolo particolare, un po’ di introspezione di
Lili è scritta così per tirare fuori qualcosa del
suo passato, qualche
flashback necessario, che ovviamente non verrà trascurato, e
poi qualche
spiegazione sulla ragazza che tutti voi sembrate adorare (evviva, ho
creato un
personaggio figo *-*). Grazie a tutti per le
recensioni/seguite/ricordate/preferite
:D
Nient’ altro da dire credo… come al solito.
P.S. La foto do Jeremy comparirà dal prossimo
banner ^^
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Capitolo 10 *** Capitolo 9. If we stand together, ***
Capitolo 9.
If we stand
together,
“Sai
che possiamo fare?” Una leggera voluta di fumo bianco
uscì dalla
sua bocca.
“Cosa?”
“Restiamo così come siamo e fingiamo la nostra
morte.” Nonostante l’
argomento fosse piuttosto macabro il suo tono era divertito.
“poi cominciamo da
capo. Però restando in zona.”
“Jeremy, io voglio andarmene da qui.” Altro fumo
uscì dalle loro labbra
chiudendo la discussione che sembrava non trovare una conclusione.
Una lieve pressione sulla sua spalla, aprì gli
occhi lentamente contemplando per un momento la stampa monotona del
cuscino e
dei suoi capelli candidi sparsi su di esso. Prese lentamente coscienza
del suo
corpo e di quello apparentemente seduto accanto a lei.
“Ether.” Una voce delicata la ridestò
del tutto, si
voltò e vide il volto un poco preoccupato di Ashley, piegato
su di lei.
“Che succede?” Chiese ancora con la voce impastata
dal sonno, si strofinò gli occhi per vedere meglio in quella
penombra.
Osservandosi velocemente intorno notò le tende spesse tirate
e coraggiosi raggi
del sole mattutino spuntare da sotto di essa, illuminando un’
esigua parte del
parquet bianco su cui era accartocciato un pacchetto di sigarette
vuoto, non
ebbe bisogno di leggere il nome per sapere che si trattassero delle
Marlboro di
Andy.
Ash attirò la sua attenzione facendole spostare lo
sguardo sul muro di fronte a loro; la macchia scura d’ ombra
era interrotta
dalla scintilla di una sigaretta, che a tratti si faceva poco
più forte. Il suo
nome gli sfiorò le labbra ma la scintilla della sigaretta
sembrò intimarla di
stare in silenzio; fumava con rabbia e la sigaretta si consumava in
fretta,
mentre il fumo usciva veloce dalla sua bocca. Un presentimento si
insinuò in
lei quando riuscì a scorgere i suoi occhi gelidi contornato
da tanto trucco
nero, più del solito; anche le sue labbra erano macchiate.
Si chiese quanto
tempo avesse passato nelle ombre per ridursi così, e temette
che i ricordi, in
un modo o nell’ altro, fossero tornati a galla.
“Andy,” Le parole ribollivano dentro di lei, le
labbra si muovevano da sole, tremando. “puoi cantare per
me?” Le parole
sembrarono incastrarsi nella sua gola.
“Carolyn.” Sentire il suo vero nome sulle sue
labbra la fece sobbalzare, mentre la sua mente correva e pensava a ogni possibile
soluzione, non lo
avrebbe perso di nuovo. “Chi è morto?”
Lo disse con voce dura spostando gli
occhi sull’ amico, che proprio in quel momento si era alzato.
La ragazza rimase
senza parole, anche se lo sapeva, anche se ormai lo sapevano tutti
temeva che
dirlo avrebbe solo reso il tutto più doloroso e troppo
concreto.
La debole scintilla della sigaretta cadde a terra,
per poi sparire subito sotto la suola del suo stivale.
“Carolyn,” Ancora il suo
nome, ancora un colpo al cuore. “che cosa hai
fatto?” Era stato così veloce che
ora lui era accanto a lei, seduto sul letto accanto alle sue gambe,
appoggiato
con il palmo della mano accanto alle sue gambe, in modo da averle tra
il corpo
e il braccio, così da non perderla, qualsiasi cosa avrebbe
deciso di fare. Per
la prima volta Ether provò quasi paura, era intimorita e il
desiderio di tirare
le tende per permettere al sole di invadere la stanza era fortissimo.
Una mano
pallida si appoggiò sulla sua spalla del ragazzo, fasciata
dalla giacca di
pelle nera, attirando la sua attenzione. Si voltò e vide
l’ espressione dura di
Ash.
“Posso dirti tutto io.” La sua mascella era
contratta e il suo sguardo oscillava tra il volto dell’ amico
e delle gambe
semidistese di Ether che si trovavano sotto di lui. Teneva a lei, ora
più di
Andy che sembrava quasi pronto ad uccidere. Le sue labbra si
allungarono in un
sorriso spiacevole.
“No.” La voce di Ether tremava e si mordeva le
labbra mentre le sue mani si posavano leggere sul braccio di Andy, che
invece
lo scostò con sguardo duro.
“Non toccarmi.” Il suo sussurro si disperse nella
penombra facendo tremare gli occhi della ragazza. Nessuno avrebbe mai
potuto
immaginarlo, tranne che lei, lei che sapeva di cosa era capace, avrebbe
potuto
soggiogarlo di nuovo, cancellare il sangue della sua morte, il dolore,
qualsiasi cosa; avrebbe potuto manipolarlo di nuovo, ma sentiva che
quella
volta non ci sarebbe riuscita. Ma la verità era che non
voleva, era davvero
stufa delle bugie, ma la realtà la spaventava, la spaventava
lo sguardo di
ghiaccio di Andy.
“Dimmi perché?” Solo in quel momento,
quando le
parole avevano trovato spazio tra le sue labbra, a Ether era sembrato
di vedere
il suo ghiaccio cedere e farsi più vulnerabile.
“Io,”
Tentennò, mentre un brivido le
correva su per
la schiena. “volevo solo stare con te.” La voce
tremava mentre i suoi occhi blu
la trapassavano scavandole dentro in cerca della verità.
Ash, che era rimasto
accanto a loro, ad ascoltare e ad accumulare rabbia, strinse i pugni,
riconoscendo un tale bugia, ma rimase comunque in silenzio.
“Bugiarda.” Vedeva il buio del suo cuore
riflettersi nei suoi occhi da ragazzina, sapeva che non avrebbe mai
fatto una
cosa del genere per motivi così frivoli. I suoi occhi si
scurirono, mentre un
lieve strato di rabbia li copriva, perché c’ era
stato un tempo in cui teneva
davvero al loro legame, poi però quella sorta di desiderio
era svanito
portandola a essere più scostante con il nuovo Andy che
sospettava di lei.
Abbassò lo sguardo, raccogliendo il coraggio che aveva, le
faceva paura la
verità.
“Vendetta.” Sussurrò, causando un lieve
sorriso
sulle labbra del ragazzo seduto accanto a lei. Le rispose il silenzio.
“Io
odio.” Era come un altro nome quello, l’ odio,
l’ odio verso le persone che si
fermavano alle apparenze, verso chi non capiva, verso le persone che la
giudicavano un mostro osservandola giocare con le menti altrui. Ed
eccola, una
altra verità, lei era un mostro, lei piegava le menti
altrui. Ed era ciò che
aveva fatto a lui, lui che ormai lo aveva capito, e aveva tentato di
non
odiarla per questo sperando che lo avesse fatto per un buon motivo, non
per una
semplice e futile vendetta.
Andy si alzò, attirando su di sé l’
attenzione di
Ash che aveva ascoltato tutto per l’ ennesima volta. Ether
sussurrò il suo nome
allungandosi verso di lui, senza però riuscire a
raggiungerlo.
“Tranquilla Carolyn, anche io faccio tutto questo
per vendetta.” Il suo vero nome faceva male ora, non era
più quel lieve colpo
al cuore, caldo e rassicurante, che provava le rare volte che lui
pronunciava
il suo vero nome, bensì era un brivido di disagio. Lo vide
voltarsi e dirigersi
tranquillamente verso l’ ombra da cui era arrivato, anche Ash
fece un passo
avanti ma venne bloccato da lei.
“Ashley, aspetta.” Si allungò sul letto
lasciando
che le coperte le scivolarono via dalla gambe.
Lui strinse i pugni con rabbia, perché non era
riuscito a gestire quella situazione che prima o poi, di certo si
sarebbe
creata dividendoli.
“Va tutto bene.” La verità era
che non sapeva cosa dire, per un attimo gli sembrò di avere
di nuovo un
coltello conficcato tra le costole, gli mancava il fiato e le parole
erano
deboli, ma la rabbia era forte, così come lo era la
necessità di muoversi e
infilarsi nell’ ombra di Andy, per la prima e probabilmente
per l’ ultima
volta. Si sfilò la tracolla del basso da sopra la testa,
lasciandolo cadere a
terra con noncuranza, incontrò il pavimento con un tonfo
sordo che lo crepò
appena, poi crollò da un lato incrinando anche il manico. La
lasciò indietro,
compiendo passi lunghi per raggiungere l’ amico i quali abiti
si erano già
mescolati con l’ ombra. Vi si buttò dentro
avvertendo uno spiacevole senso di
vuoto allo stomaco, poi il buio e subito dopo il passato gli si
presentò
davanti.
Correre, dovevano correre e raggiungere quel posto
il prima possibile, prima che… prima che, cosa? Non sapevano
da cosa stavano
correndo né tantomeno a cosa stavano andando incontro. Solo
un senso di urgenza
li spingeva ad aumentare il passo e sforzare i polmoni, mentre una
sensazione
di gelo serpeggiava dentro di loro.
“Lili?” Si chiese quasi istintivamente Dana, che
ricordava bene il gelo che poteva generare lei semplicemente
osservandosi poco
più intensamente.
“No, Ether.” Rispose sicuro il ragazzo. Ma Dana
diede segno di non aver capito. “Ether è
l’ etere” ripetè per l’
ennesima
volta. “e l’ etere è in ognuno di
noi,” Prese fiato. “e a volte capita che
ciò
che è dentro di noi reagisca con ciò che provi
lei.”
“Quindi.” Non volle concludere la frase, per paura
della verità.
“Sta succedendo qualcosa di brutto.”
Aveva la mascella contratta e le lacrime di rabbia
spingevano per uscire dagli occhi, la sua mano era stretta sul manico
di un
coltello da cucina tanto forte da rendere bianche le nocche. Scese le
scale
lentamente, immergendosi nell’ ombra alla fine dello stretto
corridoio che le
seguiva, accese la luce all’ interno della stanza che si
trovava al di là della
porta blindata. Poi entrò mentre la rabbia si placava e un
senso di apatia la
invadeva.
Bloccò la corsa, osservando distrattamente i lunghi
ciuffi di capelli scuri che le volteggiarono per un attimo davanti al
viso.
Portò una mano al petto sospirando per calmarsi un attimo ed
analizzare per
bene ciò che sentiva in quel momento, l’ altra la
allungò per reggersi al
polveroso muro lì vicino, sospirò di nuovo,
mentre dentro di lei qualsiasi cosa
sembrava agitarsi con la violenza di un terremoto e il terreno sotto i
suoi
piedi sembrava fatto di sabbia piuttosto che di cemento. Chiuse per un
istante
gli occhi, e quello bastò, bastò per ricordarle
ciò che non sapeva. Una
striscia di fumo bianco, un’ esuberante tinta rossa per i
capelli, e la sua
pelle che sembrava scolpita dal marmo. Poi il volto di Ether,
impassibile.
Malinconia e urgenza la invasero facendola fremere,
e nonostante non sapesse esattamente ciò che stesse per
accadere realmente
sapeva che doveva muoversi.
Il nervosismo si impadronì di lui, quella era già
la seconda volta, in vita sua e in quella giornata che qualcuno violava
il suo
passato.
“Io lo sapevo già.” La sua voce tremava,
mentre il
buio attorno a loro si dilatava.
“Perché allora non hai detto niente?” La
sua voce
era debole, come se non gli interessasse davvero sapere la risposta.
Iniziò a
camminare, sperando per un istante di poterlo lasciare indietro.
“Cosa dovevo dire? ‘ehi ma lo sai che sei morto
qualche anno fa?’ ti sembra?” La voce di Ash
rimbombò il quell’ immenso spazio
vuoto.
Poi silenzio.
“Non avevo idea di come fosse accaduto. Mi
dispiace.” Abbassò il tono di voce, come per
scusarsi.
“Lo scoprirai tra poco, immagino. Comunque non sei
tu a doverti scusare.” Era una risposta che lo faceva sentire
in colpa, davvero
lui non c’ entrava nulla, ma lo infastidiva vedere un caro
amico così.
Si fermarono quando videro un’ interruzione in quel
nero informe. Andy fece cenno ad Ash di proseguire, non potevano fare
altro.
“Non
ci sei mai e non sei sempre stato così…
distante, che succede? C’è qualcosa che non ci
dici?”
“Le persone cambiano.”
Non è il miglior banner
che io abbia mai creato, lo so, però ho dovuto far stringere
tutta quella gente per farcela stare.
Ma tralasciando, ecco (un poco di) Jeremy, che vi farò
vedere per intero al prossimo capitolo :D
Ether che dice la sua e si avvia con un' aura minacciosa verso il
prossimo capitolo cosa portà mai combinare? Anche
perchè siamo quasi alla fine della storia, strano
vero?
"Le persone cambiano" e io odio quando succede... >.<
A presto :)
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 10. we will be unbroken. ***
Capitolo 10.
we will be
unbroken.
Dalle
sua labbra uscirono poche parole cantate
debolmente, che andarono a trasformarsi in semplice melodia. Un passo
per
volta, piano, mentre canticchiava e la luce della lampadina tremava. Un
ragazzo
era rannicchiato contro l’ angolo più distante
dalla porta, aveva il respiro
regolare e gli occhi chiusi, ciuffi di capelli rossi sfioravano la sua
pelle
pallida e perfetta. Camminava piano, per non destarlo dal sonno leggero
in cui
era caduto, un passo alla volta fino a essere abbastanza vicino da
potersi accucciare
e osservare i minimi dettagli del suo volto; i suoi polsi legati in
grembo e la
pelle pallida come il marmo. Si accucciò di fronte a lui
soddisfatta di essere
riuscita a non svegliarlo.
“Ehi.” Con la punta del coltello sfiorò
il braccio
scoperto del ragazzo, che fremette nel sonno; gli occhi si socchiusero
e misero
molto lentamente a fuoco ciò che aveva di fronte, un volto
da ragazzina, occhi
chiari e capelli candidi. Batté velocemente le palpebre nel
tentativo di
cancellare quell’ immagine che si rivelò essere
reale, il suo primo istinto fu
di arretrare ma trovandosi già con le spalle al muro non
poté fare altro che
schiacciarsi ancora di più in quello spazio scomodo.
Inspirò
tranquillizzandosi, immaginando che quella
fosse la solita visita per controllare che lui fosse ancora vivo.
Invece
restava lì a fissarlo, a osservare i suoi occhi scuri
fissarla a sua volta con
astio e stanchezza. Rimasero qualche istante così, mentre
Ether tentava di
scavare nella sua mente impenetrabile come la più dura delle
pietre. “Jeremy.”
Il suo tono era tanto strano; giungeva alle sue orecchie allungando il
suo nome
e mettendo l’ accento sulla vocale sbagliata. Rabbia repressa
sgorgava dai suoi
occhi chiari, mentre la mano si stringeva convulsamente sul manico del
coltello. Tutti l’ avevano lasciata sola, prima Andy, poi
Ash, poi… poi nessun’
altro, perché lei non aveva nessun’ altro su cui
contare. Jeremy chiuse gli
occhi, appoggiando la testa contro il muro trattenendo a stento un
sospiro
rassegnato. Altra rabbia si riversò dentro di lei, chi era
lui per rivolgerle
appena uno sguardo duro e poi ignorarla? Anche lui, che avrebbe dovuto
ricoprirla di insulti la stava lasciando perdere. Si sentì
umiliata.
Con il volto contratto di rabbia sollevò il
coltello sopra la testa, ma non andava bene così, lui doveva
guardarla, lei voleva
vedere la sua paura.
“Mi chiedo se la tua amichetta si accorgerà di
questo.” Flebili parole uscirono dalle sue labbra stirate in
un mezzo sorriso,
raggiungendo il ragazzo che ne venne ferito più di quanto
avrebbe mai potuto
fare un coltello.
“Lilith.” Il suo nome gli si incastrò in
gola
mentre la voglia di reagire lo invadeva come un fiume in piena, come
lei.
La forza che aveva in corpo era poca, ma riuscì a
raccogliere tutta quella che gli era rimasta per buttarsi contro Ether,
che
sorpresa cadde indietro perdendo la presa sulla lama, l’
impatto contro il
pavimento la lasciò senza fiato per un attimo e quello
bastò perché Jeremy si
staccasse da lei e si allungasse verso il coltello, poco distante da
loro.
Le sue mani tremavano, deboli, mentre tentava di
tagliare le corde, e doveva fare in fretta perché aveva il
presentimento che
Ether potesse spingerlo da dietro per fare in modo che si pugnalasse da
solo.
Le corde cedettero e nello stesso istante sentì la ragazza
imprecare e
riprendere fiato mettendosi in piedi, lui torse il busto per
osservarla. I
polsi erano liberi e il coltello gli scivolò dalle mani
sempre più deboli.
“Vi ammazzerò entrambi.” Lacrime di
rabbia si
accumularono ai lati dei suoi occhi. “Anzi, sarai tu ad
ucciderla!” La sua voce
si alzò e questa volta fu lei a buttarsi si Jeremy.
“E lei non riuscirà a
reagire.”
Gemette mentre il peso di Ether premeva su di lui,
le sue mani si avvolsero sul suo collo togliendoli il fiato che con
tanta
fatica era riuscito e recuperare, ma tentò comunque di
reagire più volte e
nonostante la forte debolezza che si stava velocemente impadronendo di
lui
riuscì a malapena a girare su se stesso facendo finire a
terra la ragazza. Boccheggiò
con i polmoni avidi di ossigeno e la faccia schiacciata contro il
freddo della
pietra.
Era stato un errore, perché ora Ether aveva
recuperato il coltello senza che Jeremy se ne accorgesse e con uno
scatto si
era avventata sulla sua schiena che ancora si alzava e si abbassava
freneticamente. La lama affondò più volte nella
carne e il sangue tinse il duro
cemento di un rosso tanto simile ai suoi capelli, urla di dolore
rimbombarono a
lungo in quella piccola stanza, dopo poco non ebbe più la
forza per reagire e
sentì le forze tradirlo per l’ ennesima e ultima
volta, ondate di dolore si
spargevano lungo la sua spina dorsale, mentre perdeva la
sensibilità alle gambe
mille spine pungenti si insinuarono nella sua testa. Lei
continuò a inferire
sulla sua schiena anche quando il silenzio si impadronì del
luogo.
Le gambe dolevano, i polmoni bruciavano e una
grossa casa bianca e fatiscente si stagliava davanti a lei, il senso di
vuoto
che strasmetteva non riusciva però a sovrastare quello che
sentiva dentro di
lei, qualcosa in lei si era rotto e i pezzi rimasti erano spariti.
Ma c’era qualcosa lì dentro, qualcosa che si
agitava e si muoveva, e se ne sentiva attratta, nonostante i brividi le
corressero su per la schiena.
Non si degnò di bussare, semplicemente si
appoggiò
alla porta pregando perché fosse aperta e per fortuna il
legno cedette sotto la
sua spinta, si infilò nell’ abitazione, silenziosa
come l’ acqua delle
infiltrazioni.
Il
tutto sembrava esageratamente tranquillo, anche
se un senso di inquietudine e urgenza le premeva contro il cuore,
appena il
tempo di fare un passo e alle sue orecchie giunsero delle urla di
dolore
attutite dai muri di chiaro cemento, era una voce che conosceva fin
troppo bene
e si sarebbe sentita estremamente felice nel constatare che lui fosse
ancora
vivo, a dispetto di ciò che sapeva, se solo quelle urla non
fossero state così
agghiaccianti.
Si mosse istintivamente, senza sapere la strada da
prendere, seguendo solo quella voce che le dava speranza e al tempo
stesso le
faceva salire le lacrime agli occhi per la paura di perderlo prima
ancora di
averlo ritrovato.
Rampe di scale e un lungo corridoio, quando la sua
mano si posò sulla maniglia ogni rumore cessò,
spezzandole il cuore. I suoi stessi
pensieri si oscurarono lasciandola per un istante in una situazione di
vuoto,
non voleva aprire quella porta, la verità le faceva paura.
Non capì quanto tempo passò ma quando dei lievi
gemiti di dolore gli giunsero alle orecchie la speranza si riaccese in
lei,
mentre un lieve tepore la invadeva, lentamente, molto lentamente.
Sospirò,
facendosi forza e spingendo quella maniglia che ora sembrava
ghiacciata, i
cardini furono silenziosi e non tradirono la sua presenza. Ma
ciò che vide le
si stampò a fuoco in mente.
Una grossa macchia di sangue, un coltello da cucina
abbandonato a terra cosparso di sangue e due figure, una che teneva
stretta l’
altra, in mezzo a tutto quel rosso, una zazzera di capelli dello stesso
colore
spuntava da sopra la palla di Ether che le dava le spalle.
“Jeremy.” Le sue labbra si mossero da sole svelando
la sua presenza, non che le importasse più ormai. Ether si
voltò verso di lei,
lasciando scivolare la testa del ragazzo in grembo e le sue labbra
sporche di
sangue si stirarono in un sorriso che a Lili diede l’orribile
impressione di un
verme che si fa strada tra la carne, uscendo finalmente alla luce.
L’odore del
sangue impregnava quel posto e Lili lo sentì insinuarsi
nelle narici e
marchiarle la pelle. Sentiva gocce gelide colarle lungo il viso, dal
collo fino
a insinuarsi tra i suoi abiti e dalle braccia fino a gocciolare per
terra. Voleva
buttarsi su di lei e stringerle il collo fino a romperglielo, voleva
vedere i
suoi occhi chiari spegnersi, voleva non udire più i colpi di
tosse che non
appartenevano a lei, ché il sangue a terra era troppo
perché lui potesse essere
ancora vivo.
Lei si voltò di nuovo, senza perdere quel sorriso e
approfittandone Lili fece qualche passo in avanti con le gambe che
cedevano e
l’ acqua che le colava lungo il corpo. Jeremy si mosse
alzando il busto ed
Ether si mise in piedi, liberando la visuale a Lili, che si
bloccò. Il suo
sguardo rimase impigliato sulla sua schiena; la maglia lacerata e la
pelle
piena di buchi che andavano a rimarginarsi piuttosto velocemente, nella
sua
pallida mano stringeva il coltello sporco e viscido che aveva violato
la sua stessa
carne, sulla sua guancia una macchia di sangue colorava lo zigomo
sinistro
richiamando i colore dei suoi capelli. Si mise in piedi e si
voltò verso di lei
che non era riuscita più a muoversi dopo aver visto le sue
condizioni. Il suo
sguardo era inespressivo e la pelle come marmo.
La lama del coltello sembrò catturare per un
istante la luce della stanza prima di venire sollevato sopra la sua
testa e
venire lanciato verso di lei.
Fu veloce e lei quasi non se ne accorse, ma si
portò una mano alla spalla quando avvertì il
dolore colarle rapido lungo il
braccio già dolorante.
“Jeremy.” L’ acqua lavò via il
rosso. Fece un passo
in avanti e lui fece lo stesso, battendo con forza il piede per terra,
Lili
avvertì il terreno cambiare sotto di lei e si
sbilanciò all’ indietro colpendo
con la schiena il terreno, l’ aria e le parole che avrebbe
voluto pronunciare
uscrono dai suoi polmoni con uno sbuffo. Nel poco tempo che le serviva
per
recuperare l’ aria bastò perché il
ragazzo si avvicinasse a lei e le stringesse
il collo in una morsa sporca di sangue.
Aveva una forza impressionante, dure e fredde come
la pietra le sue mani continuavano a stringere senza pietà,
sul volto di Lili
colò dell’ altra acqua, lacrime di dolore e
tristezza mentre i polmoni
iniziavano a bruciare. Tentò di chiamarlo di nuovo,
tentò di dirgli ciò che in
tutto quel tempo non era mai riuscita a dire, ma non aveva abbastanza
aria né
determinazione per provare a lottare e a malapena riuscì a
stringere le proprie
mani sui polsi di Jeremy. Immerse per l’ ultima volta il suo
sguardo nelle sue
pupille fredde come non mai, una sguardo apatico ed inespressivo
copriva una
grande tristezza e un forte dolore.
L’
aria iniziava a non arrivare più ai polmoni e
la
prospettiva di venire uccisa da lui in quel modo così intimo
non le faceva
rimpiangere praticamente nulla. Chiuse gli occhi, pregando solo che
facesse in
fretta. Ma inaspettatamente la presa si indebolì fino a
lasciarle libero il
collo. Aprì gli occhi mentre boccheggiava e altra paura si
impossessava di lei,
ora che non aveva più certezze su cosa fosse accaduto da
lì a poco l’
agitazione la invadeva urlandole che avrebbe dovuto fare qualcosa,
qualsiasi
cosa piuttosto che stare lì, inerme.
Vide Jeremy portarsi le mani sporche al viso e
tremare, sussurrando parole che non riusciva a sentire. Ether, dietro
di loro,
che fino a quel momento si era goduta lo spettacolo in
tranquillità, si agitò perdendo il controllo
della mente ora meno debole del ragazzo.
“Eri così vicino.” Sussurrò
con rabbia la ragazza
avvicinandosi ai due. Lili, ancora a terra spostò lo sguardo
su di lei tentando
di far lavorare il più velocemente possibile la mente. Come
poteva lei, che era
della semplice acqua anche solo pensare di poter contrastare
ciò che poteva
controllare la mente e l’ animo di una persona? Si morse le
labbra con forza
fino a sentire il sapore del sangue sulla lingua, poi sentendo il cuore
liberarsi di un grosso peso si sollevò avvolgendo con le sue
braccia Jeremy che
ancora tremava, una fitta di dolore attraversò la sua spalla
ma non ci diede
peso. Ora poteva sentirlo, poteva sentire ciò che stava
dicendo. Le si
accartocciò il cuore e le sue labbra si allungarono in un
lieve sorriso, gli
era così mancato, tutto di lui; i suoi occhi del colore
della terra, le tinte
bizzarre e la sua voce così inaspettatamente calda.
“Certo che ti scuso.” Le rispose lei sentendo la
sua testa che si abbandonava sulla sua spalla e le sue braccia che si
avvolgevano attorno alla sua vita.
“No!” Ether urlò fissando con astio i
due, di
nuovo, si trovava da sola, l’ unica persona su cui contava la
stava tradendo di
nuovo. La scarna lampadina sul soffitto tremolò mentre la
luce sembrava
deformarsi nella stanza.
La braccia attorno a lei si strinsero, togliendole
il respiro, ricambiò la stretta tentando di rassicurarlo in
qualche modo, ma
ben presto le sue braccia divennero troppo rigide, troppo forti; si
serrarono
sulle sue costole e il respiro di entrambi si fece affannoso.
“Che ti ha fatto Jeremy?” La stretta sulle sue
costole si fece ancora più forte, strappandole un gemito di
dolore che andò a
mescolarsi con una risatina di Ether. “Non lasciarti
controllare.” Gli mise le
mani sulle spalle tentando di allontanarlo, ma era troppo forte e le
unghie che
tentava di infilargli nella pelle per farlo rinvenire si spezzavano
come legno
sulla pietra. “Ti prego.” Un dolore lancinante le
attraversò la mente mentre
una certezza dolorosa si insinuava in lei, quante erano le costole
rotte?
Quanto ancora avrebbe dovuto stringere prima che una di quelle le
bucasse un
polmone? Non era come prima, ora aveva paura, il senso di vuoto che
l’ aveva
riempita negli istanti in cui era entrata in quella stanza e si era
ritrovata
le sue mani al collo era svanito. Si sentiva paralizzata mentre lacrime
di
dolore e paura le rigavano il viso offuscandole la vista, che pian
piano si
annebbiava sempre di più portando via il dolore e la
coscienza.
Così mentre si sentiva sempre più debole uno
sgocciolio attirò la sua attenzione, che fosse acqua o altro
sangue?
Poi improvvisamente Ether strillò e la stretta
sulle costole ormai rotte di Lili si alleviò causandole
più dolore di quanto
avesse mai pensato. Il suo sguardo vagò per la stanza, il
dolore le annebbiava
i pensieri e i suoi occhi si bloccarono su una macchia d’
ombra sul muro che
andava dissolversi velocemente. Ora a terra c’era Ash supino,
il cui petto si
alzava e abbassava con un ritmo irregolare, come se tentasse di tornare
a
respirare normalmente dopo una botta troppo forte alla schiena, poi
c’era Andy,
che la fissava con uno sguardo sofferente e triste mentre stringeva una
mano
sul collo di Ether costringendola contro il muro. Nell’
istante in cui i loro
occhi si incrociarono Lili si chiese chi effettivamente dei due fosse
messo
peggio, non l’ aveva mai visto così, i suoi occhi
erano così spenti.
Era fragile.
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Capitolo 12 *** Epilogo ***
Capitolo
11.
Epilogo.
Le
sue braccia la abbandonarono e si sentì cadere,
troppo presto arrivò l’ impatto con il terreno,
perché non aveva neanche più la
forza di stare eretta, il dolore le invase il busto con mille aghi
roventi che
penetrarono nella sua mente cancellando qualsiasi cosa che non fosse
quella
frustata di puro dolore, per un istante si dimenticò come
vedere e come
respirare, poi quando l’ aria tornò a circolare
nei suoi polmoni un colpo di
tosse accentuò ancora di più il dolore
già forte alle costole. Si morse le
labbra, senza sentire davvero quel dolore che in confronto al resto non
era
niente, non ce la faceva più, voleva chiudere gli occhi e
abbandonarsi al nero
ma il dolore le impediva di mettere a fuoco tutto ciò che
non era quella
sofferenza costante.
“Andy, che cosa…?” Nei suoi occhi chiari
lo stupore
aveva cancellato la rabbia e l’ odio.
“Ora basta Carolyn.” Il suo tono era duro eppure
sembrava così stanco. Rimasero un poco in silenzio; Ether ad
assorbire il significato
di quelle poche parole, Andy a forzare la sua stessa mano . Poi
inaspettatamente sul volto della ragazza si allungò un
sorriso.
“Così hai deciso di stare dalla loro
parte.” Le sue parole suonavano
come insulti e nel sentire quella parole Andy fece una smorfia.
“Basta Carolyn.” Più di prima, le sue
parole
suonavano come il buio assoluto della notte senza luna.
“Vuoi farla davvero finita Andrew?” Un angolo delle
sue labbra si sollevò ulteriormente. “Ma come
puoi, se non riesci neanche a
stringere la presa sul mio collo?” Una risatina le
sfuggì dalle labbra mentre
il ragazzo aggrottava le sopracciglia nel tentativo di forzare le sue
dita a
serrarsi sulla sua gola. Inclinò la testa verso di lui,
insinuandosi ancora di
più nella sua mente, sorrise ancora quando vide il suo corpo
fremere e sentì la
presa sul suo collo alleviarsi.
“No.” Abbassò la testa, lasciando che i
capelli
corvini gli coprissero il viso e gli occhi, non l’ avrebbe
fatta entrare
ancora.
“Tu sei già morto Andy, non puoi
resistermi.” Disse
lei con rabbia.
Nel frattempo Ash si era girato mettendosi in
ginocchio per riprendere a respirare normalmente, il passaggio fuori
dall’
ombra lo aveva distrutto. Qualsiasi cosa avrebbe voluto dire gli si
bloccò in
gola vedendo un rivolo rosso di sangue colare dal naso di Andy mentre
la sua
carnagione si faceva sempre più pallida. Vide Ether gemere
quando la presa sul
suo collo si fece più forte. Per la prima volta era
bloccato, cosa avrebbe
potuto fare? Chi doveva aiutare, un caro amico a cui
–sbagliando- aveva
nascosto una dolorosa verità, oppure la persona che gli
aveva salvato la vita e
che ora non aveva più niente dell’ amabile e
insicura ragazzina che aveva
conosciuto? Scostò lo sguardo e vide Jeremy che, di nuovo
libero dal controllo
di Ether, si era chinato sulla ragazza agonizzante prendendole il volto
tra le
mani accarezzandola nervosamente. Si alzò in piedi
barcollante udendo dei passi
che si avvicinavano velocemente, ci mancava anche quello, e non era
giusto, non
era giusto che dei ragazzini soffrissero in quel modo, si diresse a
passo
svelto verso la porta e praticamente nessuno si accorse di lui, neanche
quando,
una volta nel corridoio si chiuse la porta alle spalle. Spense la luce
e attese.
Non ci volle molto perché due figure giunsero davanti
a lui, senza vederlo.
“Fermi.” I due sobbalzarono non vedendo chi aveva
parlato a causa della luce spenta. “Non andate.”
“Cosa…” Iniziò la ragazza
mentre la sua voce di
riempiva di un lieve panico.
“Ash?” Era astuto il ragazzo, sveglio, anche se la
sua voce era difficile da dimenticare.
“Bravo hai indovinato, ora tornatevene a casa, da
bravi bambini.” Il suo tono era pungente e agitato.
“Non possiamo, siamo arrivati fin qui
per…”
“Per farvi ammazzare” La interruppe Ash con un tono
così duro e convinto che fece correre i brividi sulle loro
schiene.
“Non me ne voglio andare proprio ora che so di
poter fare qualcosa per aiutare qualcuno a me caro.” Strinse
i pugni ignorando
il lieve dolore delle unghie sul palmo delle mani.
Ci
fu un istante di silenzio, in cui Alex inspirò
profondamente e Ash li studiò per bene, riuscendo a
osservarli anche con quel
buio. Le sue labbra si allargarono in un lieve sorriso.
“Scommetto che lo senti, l’ odore del sangue
trasportato dal vento, mi chiedo se tu riesca a capire anche la
quantità.” Vide
la smorfia sul viso del ragazzo ripensando per un istante alla grossa
macchia a
terra appena dietro di loro, alle profonde ferite non ancora del tutto
rimarginate sulla schiena del ragazzo dai capelli rossi. In silenzio si
avvicinò
a loro e al contempo spostandosi sulla destra, fino ad appoggiarsi al
muro.
“Alex.” Chiese la ragazza supplicandolo.
Ash scattò in avanti, colpendoli entrambi e
spingendoli contro il muro opposto, percepì l’
impatto, ma fu lieve perché una
grossa porzione di ombra dietro di loro si era appena aperta,
sentì appena l’
urlo della ragazza e l’ imprecazione dell’ altro.
Poi nel corridoio rimase solo
lui.
“E sono stato anche bravo.” Sussurrò,
sperando di
aver fatto una buona cosa, almeno per questa volta.
“Ti ricordi come lavoravamo insieme?” La sua voce
era debole e tentava in tutti i modi di muovere il busto il meno
possibile, ma
un live sorriso ebbe comunque la forza di increspare le sue labbra.
Così un
altro sorriso si rifletté sulle sue labbra.
Il senso di colpa lo invadeva combattendo e
distruggendo qualsiasi altro sentimento che tentasse di entrare in lui,
perché
era stato lui a ridurla in quello stato, e tutto quello che poteva fare
ora era
semplicemente starle vicina e aspettare. Aspettare cosa?
Un gemito e Andy cadde in ginocchio con il sangue
che colava copioso dal naso, Ether non distoglieva lo sguardo da lui,
stava
cedendo, lo sapevano entrambi che non sarebbe durato a lungo, le
sarebbe
bastato così poco…
Un calcio si abbatté sul suo volto facendolo finire
a terra, agonizzante, con la testa nascosta nell’ incavo del
gomito mentre
altro dolore si insinuava nella sua mente.
Lili annuì, spostando lo sguardo preoccupata su
Ether che si stava avvicinando. Si staccò quindi da lei
voltando lo sguardo su
Ether, stremato richiamò il poco di energia che gli rimaneva
in corpo,
stringendo con forza la mano di Lili che gli dava forza si
concentrò e il
terreno sotto i piedi di Ether mutò, creando una piccola
fossa appena sotto il
piede che stava per appoggiare per terra. lei si bilanciò in
avanti e tentò di
rimettersi dritta quando l’ altro piede urtò
contro un blocco di dura pietra
più alto del normale. Finì lunga distesa e subito
dopo che si girò sulla
schiena per riprendere aria radici di pietra si attorcigliarono sulle
sue
caviglie e sui polsi.
Ether urlò frustrata agitandosi, mentre Jeremy
crollava sulla schiena, con la debolezza che si impossessava delle sue
membra.
Gemendo Lili si avvicinò a Ether che tentava in
tutti i modi di liberarsi, inutilmente, provò allora a
riprendere il controllo
della mente del ragazzo, trovandola una porta aperta, vi si
insinuò ma non
riuscì a fare nulla perché il corpo del ragazzo
era talmente tanto stremato da
impedirle di controllarlo.
“Merda.” Disse a denti stretti mentre il volto
pallido e sofferente di Lili entrava nella sua visuale. Il suo sguardo
scuro la
fece sentire patetica, perché la sua espressione era
così derisoria, ora che
poteva prendersi la sua vendetta.
Faticava a respirare ma si sforzò per compiere un
ultimo sforzo; chinò il suo viso sul quello di Ether
lanciando un ultimo
sguardo ai due ragazzi ancora a terra, quindi erano rimaste solo loro
due.
Appoggiò il suo volto al suo e con forza premette le sue
labbra contro le sue,
mentre contraeva i muscoli dell’ addome -tentando di ignorare
le fitte di
dolore lancinante- e l’ acqua si insinuava nella su
bocca, riempiendole
i
polmoni e impedendole di respirare.
Mentre annegava le venne quasi da ridere, chi
avrebbe perso? Lei, che aveva perso gli affetti e gli alleati, oppure lei, che li avrebbe persi da
lì a poco?
Della vita ormai non le importava più molto,
perché
quella che aveva vissuto negli ultimi anni non era degna di essere
chiamata
vita, le uniche persone che vedeva erano ombre, nient’ altro
che le ombre di
un’ esistenza passata.
“No!” Una voce che Lili non conosceva, al contrario
di Ether che per un momento provò un forte dispiacere per
loro, le ferite dei
due ragazzi che le erano stati vicini fino alla fine si sarebbero
riaperte, si
chiese se almeno Ash sarebbe riuscito a sopravvivere. Un gemito, poi il
silenzio.
Aveva sempre pensato che affogare fosse una morte
orribile, restare senza aria e sapere di non poter fare nulla per
evitarlo
mentre lo sconforto ti uccide più dell’ acqua che
ti sta riempiendo i polmoni.
I muscoli che lavorano per non farti respirare acqua, inutilmente.
Poi l’ ultimo istante, quello in cui il corpo
ricerca l’ aria e si lascia libero passaggio alla morte, un
ultimo spasimo scosse
il suo corpo mentre un rivolo d’ acqua lievemente rosata
colò giù dalle labbra
fino a mescolarsi con quello già presente sotto di loro.
Si staccò da lei, sorvolando sui suoi occhi ora
vacui, annaspando e trattenendo i colpi di tosse che minacciavano di
farle
provare altro nuovo dolore.
Respirare, doveva respirare, ma ormai anche
quello si rivelava un’ impresa.
“Jeremy, ci siamo riusciti.” Alza lo sguardo dal
pavimento grigio, trovando il ragazzo nella stessa posizione; una
macchia di
liquido cremisi si allargava velocemente sotto la sua schiena, tanto
sangue,
che si andava a unire a quello già presente per terra, i
suoi occhi del colore
della terra sono puntati su di lei, inespressivi, e quello le fa male,
più
delle costole rotte e della ferita sulla spalla bruciata.
“Jeremy!” Urlò debolmente, senza
ottenere nessuna
risposta se non una fitta al busto che le annebbiò la vista.
Le braccia non riuscirono più a reggerla e si
ritrovò con il
busto contro il freddo pavimento, un dolore continuo si irradiava sul
suo torace,
togliendole l’ aria e facendole colare dalle labbra altro
sangue, rosso e
denso. Tentò di respirare ancora ma il dolore la
paralizzava, aste di metallo
si serravano sulle sue tempie mentre il sangue invadeva il polmone ora
bucato,
le mancava l’ aria e ogni respiro le costava una fatica
terribile, nonostante
ora anche respirare le provoca dolore. Tentò di guardarsi
un’ ultima volta intorno;
c’era Ether, c’era Jeremy ed Ash, anche lui a terra
con una macchia di sangue
che si allarga sul fianco, anche il suo respiro è affannoso
e anche lui si
sente soffocare sempre di più a ogni respiro.
Ether li aveva aiutati ma ora l’ etere che era in
loro stava morendo con lei, riportando indietro le ferite e i ricordi.
Non c’è nessun altro lì dentro, solo
loro quattro.
Lili si chiese se scivolare nell’ ombra basti per salvarsi la
vita, lo spera,
almeno per lui, per Andy che per un breve periodo aveva riempito il
vuoto che
si era creato
in lei.
La testa è pesante e lei è stanca, stanca di
combattere contro se stessa, non contrasta la pesantezza delle palpebre
e
lascia che gli occhi si chiudano e che un ultimo respiro le sfiori le
labbra.
Caddero in un’ ampio spazio di cemento polveroso.
Alex si rialza, aiutandosi con il muro lì vicino, si guarda
intorno
riconoscendo la casa fatiscente in cui erano entrati un attimo prima,
si
trovano sul retro e delle finestre rettangolari a pochi centimetri dal
terreno
danno sullo scantinato, quello in cui sarebbero entrati se solo Ash non
li
avesse fatti cadere nella sua ombra.
Dana si alza, tentando di raggiungere quelle basse
finestre ma una stretta forte si avvolge sul suo busto, braccia fredde.
“No, Dana.” Il suo fiato le sfiora i capelli.
“Non
possiamo più fare niente.” La sua voce
è triste, come il vento che gli ha
portato il silenzio e l’ odore del sangue. A Dana cedono le
gambe e non prova
neanche più a trattenere le lacrime.
“Basta, basta.” Non voleva un’ altra
morte, che sia
per colpa sua o per qualsiasi altra cosa, non vuole più
perdere le persone a
cui tiene. Nessun calore, solo il gelo della morte la invade. Si ente a
pezzi,
rotta.
“Dana, andrà tutto bene.”
Tentò di rassicurarla lui con voce tremante, mentre i
battiti del suo cuore si facevanoo sempre più pesanti.
Un
anno dopo:
8.01
Dana:
Ehi, ma gg nn vieni?
Alex: No, sto male :(
8.18
Dana:
Ma nn raccontarmi palle, lo so che hai fatto sega!
Alex: … :D
Dana
rimise il cellulare in tasca insultando
mentalmente Alex e il posto vuoto alla sua destra.
La lezione teorica di discipline geometriche era
già iniziata da venti minuti buoni e già si
sentiva il solito chiacchiericcio
alzarsi, non dalle ultime file, bensì da tutta la classe.
Erano ore in cui non
era necessario seguire la lezione anche perché la
professoressa la maggior
parte delle volte era fuori dall’ aula.
Dana
osservò fuori dalla finestra, fissando con
grande interesse le gocce di pioggia che colavano lungo il vetro,
prestando
però attenzione ai gossip che volano per l’ aula.
“Ehi, lo sai che dovrebbe arrivare un nuovo
alunno?”
“Davvero?”
“Si, ho sentito dire dal preside che lo inseriranno
nella nostra sezione.”
Dana si voltò attirata dalle voci dietro di lei,
finalmente qualcosa di diverso.
“Come fai a essere sempre così
informata?” Chiese
la russa alla ‘ragazza dei gossip’ che le rispose
con una semplice alzata di
spalle mentre controllava la perfezione delle sue unghie. Capendo di
non poter
avere una conversazione anche vagamente interessante con le due ragazze
si
mette a fissare la porta, in attesa di veder spuntare il nuovo arrivato.
Ma chi vide spuntare fu semplicemente la schiena
della sua professoressa, quella che si vantava di avere undici decimi
di vista,
e si mise a osservarla tutta impegnata a parlare, ma più che
altro ad annuire
ad una presenza che Dana non riusciva a vedere perché
nascosta dalla porta.
Sbuffò annoiata e recupera dall’ astuccio gli
auricolari attaccandoli al cellulare e infilandoseli nelle orecchie.
Cerca in
rubrica il numero di Alex e, pregando che i pochi soldi rimasti le
bastino per
la chiamata, schiaccia il tasto verde. Abbassa il volto, nascondendosi
dietro
ai lunghi capelli biondi, il rumore degli squilli l’
angoscia, come ormai le
succede da un anno quella parte.
“Pronto!” La sua voce le arriva dritta alle
orecchie, distendendole le labbra in un sorriso.
“Non sai che ti stai perdendo.”
“Cosa?”
“Ci sono una Barbie e un Ken incollati alla lavagna
con delle foglie di fico nei punti strategici.”
“Mi prendi in giro.”
“No sono del tutto seria, e non ti immagini
com’è
la prof che ci sta facendo la lezione!” Si sentiva offesa,
sapeva bene che il
posto libero accanto a lei sarebbe rimasto libero, anzi, sarebbe
rimasto vuoto. Un chiacchiericcio
si alzò
intorno a lei che si schiacciò le cuffiette in
profondità per sentire meglio le
lamentele e le imprecazioni di Alex. probabilmente la prof stava
presentando il
nuovo arrivato, ma in quel momento era troppo concentrata sulla voce
arrabbiata
di Alex per prestare realmente attenzione a ciò che stava
accadendo intorno a
lei.
“Vabbè, senti, abbiamo un compagno nuovo, questa
è
l’ unica news.”
“E chi sarebbe?”
“Non lo so, non è ancora arrivato. Oh, sta per
ricominciare la lezione. Ti
saluto.” Calcò in maniera
esagerata su quella parola, buttando poi giù il telefono
senza aspettare una
sua risposta con grande soddisfazione. Respirò pesantemente
sfilando dalle
orecchie gli auricolari e attorcigliandoli meticolosamente attorno al
telefono, quando
alzò lo sguardo una macchia scura alla sua destra
attirò la sua attenzione
mentre l’ odore di pioggia e fumo di sigaretta si insinuava
nel suo naso.
Capelli corvini tagliati in modo che un ciuffo coprisse la sinistra del
suo
viso, un paio di sopracciglia piegate al’ insù
sotto le quali un paio di occhi
tendenti all’ indaco la osservavano divertiti, un angolo
della bocca rivolta
verso l’ alto metteva in risalto il piercing sotto il labbro
sinistro e un
segno chiaro che si vedeva a malapena contro la carnagione pallida che
tagliava
a metà la sua guancia raggiungendo quasi il labbro. Il
ragazzo sembrava
divertito dall’ espressione sconcertata di Dana
allungò quindi la sua mano per
presentarsi.
“Come
ti chiami?” Chiese lui con voce profonda e
roca.
“Dana.” Rispose lei senza stringere la sua mano.
“Tu?” Chiese con una punta di malcelato timore e
sconcerto.
“Andy.”
Finis.
Dopo aver creato il banner più bello che io abbia mai fatto
sono anche abbastanza soddisfatta di questa breve long :)
Ero certa che avrei avuto un po' di tempo per rileggere pe bene questio
ultimo capitolo e per pensare a cosa scriere qui, il fatto è
che mi sono ritrovata alle 23:45 con niente di fatto, quindi
ho fatto tutto di fretta, sperando di rispettare la scadenza
che mi sono imposta dell' aggiornamento ogni 5 giorni, ma non ci sono
riuscita, peccato.
Non ho mai fatto finire in questo modo una storia (ma essendo questa
una sorta di esperimento ho provato a fare delle cose diverse dal
solito; prima di tutto le persone che si salvano sono più
del solito, secondo non sono solita a lasciare una storia incompiuta),
solitamente muoiono tutti, così non mi viene voglia di
mettermi a scrivere un seguito che molto probabilmente mi ucciderebbe.
Comunque, lo so che è assurdo, non credo neanche di poter
rispondere a eventuali domande riguardo questo finale, inventate voi,
ecco!
Ringrazio chi ha recensito fino a qui (Homicidal Maniac, Pendragon of
the Elves, Alex Bright Skies (il cui nome mi ricorda tanto il nome di
una band *-*)) e tutti i lettori silenzionsi, a proposito, voi!
Perchè non recensite dicemdomi che questo
è il peggior finale che io potessi scrivere
cosa ne pensate in generale? (oppure odiandomi per aver fatto morire il
vostro personaggio preferito? -Lo so che è Lili- ma avreste
dovuto aspettarvelo ^^"). Mi bastano due paroline in croce, grazie a
tutti.
*legge sopra e si rende conto di non aver mai scritto delle note d'
autore così lunghe :,)*
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