Un tesoro fra le spighe

di Non ho mai smesso
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I CAPITOLO ***
Capitolo 2: *** II CAPITOLO ***
Capitolo 3: *** III CAPITOLO ***
Capitolo 4: *** IV CAPITOLO ***
Capitolo 5: *** V CAPITOLO ***
Capitolo 6: *** VI CAPITOLO ***
Capitolo 7: *** VII CAPITOLO ***



Capitolo 1
*** I CAPITOLO ***


Sto sudando,la mia maglietta è fradicia e i raggi del sole vogliono ricordarmi che dopo aver finito gli esami di maturità,potrò finalmente dedicarmi alle onde del mare e alla loro schiuma:l’unico motivo per cui amo l’estate. E’ bene si,il mio percorso di studi finisce qua. Oggi 25 Luglio,compleanno di mia madre,ho l’ultima prova d’esame orale.
La finestra della mia camera è aperta,le lenzuola accartocciate sul parquet, il computer acceso aspettando che io scrivi qualcos’altro di insensato e la scrivania pieni di libri sovrapposti l’uno sull’altro (sembra il periodo della II guerra mondiale durante la deportazione degli ebrei) E’ ora di alzarsi e di affrontare una giornata noiosa come tutte le altre,solo un po’ più movimentata.
Scendo per le scale a chiocciola e ho paura di quello che ne sarà del mio futuro,mi tremano le gambe..ho paura di deludere il mio subconscio. Ma chi voglio prendere in giro?
Mi avvicino al tavolo della cucina e frugo nella dispensa trovando solo un muffin ai mirtilli,probabilmente ammuffito(questa casa non smette mai di sorprendermi) ma penso che mi accontenterò. Come inizio di giornata non è male...
 Mamma è stesa sul divano,sta leggendo il mio libro preferito che avrò letto come minimo quattromila e cinquecento volte(non capisco perché non voglia leggere i miei di testi!) e ha delle occhiaie mostruose (sembra quasi che stanotte il gallo abbia dormito con lei). Mi avvicino silenziosamente per non interrompere il momento di meditazione interpersonale e le sussurro all’orecchio ‘AUGURI’.
Sembra non ascoltarmi,sembra che la mia candida sorpresa non sia poi così tanto gradita ma le voglio bene e sono consapevole che questo è un giorno importante per lei,come non lo è per me.
< Auguri mamma >
< Buongiorno Giada,grazie. >
Sembra che io le abbia chiesto ‘ti andrebbe un pezzo di torta?’. Cazzo mamma,ti ho fatto gli auguri,dovresti essere contenta.
Aspetto che si riprenda dallo shock ma sembra una speranza vana. Aspetto anche che si ricordi del mio esame ma questa è la prima possibilità che escluderei visto che lei non è mai stata propensa a fin che io proseguissi questo tipo di studi,ma se voglio diventare una scrittrice cosa posso farci? Odio profondamente la matematica,il disegno tecnico e tutte le altre materie scientifiche che nella vita non portano a nulla di buono..e avrei dovuto frequentare un liceo scientifico? Fuori discussione. La prima impressione traumatizzante sul percorso di studi scientifico è la visione di film che dimostrano l’incapacità di alcuni esseri umani,geni matematici,di relazionarsi con il mondo esterno. Ecco il motivo per il quale è fuori discussione che io intraprenda una facoltà scientifica.
E’ vero sono molto insicura di me stessa,ho sempre paura che le cose vadano male (come stamattina), ma sul mio futuro sono abbastanza realista e “con i piedi piantati per terra”.
< Hai intenzione di accompagnarmi oggi? >
< E dove? >
Che avevo detto? La conosco da 19 anni, è vero sono più  le volte che litighiamo che quelle in cui andiamo d’amore e d’accordo ma non pensavo che si sarebbe del tutto dimenticata del mio esame,del giorno che più mi traumatizza.
Ecco che arriva il clown della famiglia: papà.
< Come Elisa?! Non ti ricordi che oggi è il giorno più importante per nostra figlia?! IL SUO ESAME ORALE,L’ULTIMA PROVA! >
< Oh amore della mamma,non me ne ero dimenticata… >
Sentir quelle parole ancora mi spaventa,penso di non poter mai crescere. Penso che una volta eliminata la scuola dal mio progetto di vita, sarò da sola in un mondo nel quale le carte si giocano solo essendo sicuri di se stessi. Sono poco entusiasta della vita per poter sorprendere gli altri con i racconti della mia breve e sdolcinata. Penso che l’unico modo per poter vivere al meglio sia farlo con un pizzico di egoismo amando se stessi,perché nessun altro lo farà mai al posto tuo. Ho sempre immaginato la vita come un grande treno nel quale è bene viaggiare da soli. La cristianità non prevede affatto questo ma è la vita.
Sento chiudere alle mie spalle la porta ed è questo il momento di un nuovo inizio,il momento in cui-nonostante la non fiducia in me stessa-voglio spaccare il mondo.
Eccola,ecco la mia scuola. Il liceo classico,il liceo nel quale ho vissuto le emozioni più improbabili di questo mondo (poche ma le ho vissute),il liceo nel quale ho capito quale era la mia strada e nel quale mi sono sentita capita. Ogni volta che varco la soglia è come se lo facessi per la prima volta. Mi ricordo che il cuore batteva all’impazzata, è uno di quei momenti della vita che non dimentichi. Hai paura di essere presa in giro dai ‘grandi’ perché tu sei solo una matricola,un numero che non vale neanche una virgola..fortunatamente quel momento è passato e adesso sono qui. IL MIO ESAME ORALE.
Entro.
D’estate è tutto diverso, ci sono ragazze che si aggirano in pantaloncini e canottiera,con le superga ai piedi ognuna di un colore diverso e sinceramente comprendo il vicepreside quando le rimprovera mostrandogli il suo sdegno! Per quanto io sia un’alunna di una generazione abbastanza all’avanguardia rimango dell’opinione che la scuola non è una spiaggia e qui si viene per studiare,il resto si fa fuori.
L’altro giorno,prima che facessi l’esame scritto di greco, ho visto anche dei ragazzi con cappello da rapper,catenella che arrivava quasi all’ombelico, pantaloni alla zuava e necessariamente nike,che dipingevano le mura esterne della scuola. Ma io dico,non avete una vita che dovete passare il tempo a pasticciare i muri dei luoghi pubblici? Se li avesse beccati la preside, studenti o non studenti della scuola avrebbero ugualmente passato i guai.
Ecco la porta da cui non uscirò viva. Bacio i miei genitori sulla fronte in segno di rispetto e infine entro. I professori e i commissari esterni sono seduti tutti li,di fronte a noi studenti pronti per decretare la nostra fine come fa un giudice nel momento in cui decide che una persona è colpevole. Credo che loro vogliano rovinarci la vita,ne sono sempre stata convita.
In un primo momento ho l’impressione di non essere abbastanza preparata e così nella speranza di poter ottenere qualche beneficio,incomincio a sfogliare la mia tesina. Mi ricordo tutto della mia tesina e se può rendermi felice,anche del programma fatto fino a poco tempo fa. Non faccio in tempo a godermi i miei pochi momenti di gloria che il mio turno arriva.
Guardo il commissario esterno in tutti i modi possibili di sfida,deve pagare per quello che sta facendo. Coglie il mio lato polemico ed ecco che arriva la domanda fatidica. La biografia di Giolitti.
E ora,chi cazzo se lo ricorda Giolitti?
Dai Giada,sforzati di ricordare qualcosa di quella ricerca che hai fatto su wikipedia..su che ce la fai. Ed ecco,bam, centrato nel segno. Era proprio quella la risposta che voleva.
< Per me può bastare,la sua esaminazione è stata più che buona >
Evvai,si,ma andiamo,ho conquistato il commissario.. il 100 è mio.
Esco salutando e vittoriosa del meraviglioso (secondo me) esame e aspetto di poter raccontare tutto ai miei genitori. Ad interrompere il momento critico è il suono della campanella che penso avrà sempre un ruolo importante nella vita dello studente. Lei ha il solo potere di poterti salvare da qualsiasi problematica,forse anche in campo amoroso.

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Capitolo 2
*** II CAPITOLO ***


Tutti i miei compagni (ormai)della ex classe,vogliono andare a festeggiare per i voti ricevuti. Io ho avuto 100 e lode. Come volevasi dimostrare. Sono dell’opinione che il percorso di studi,scegliamo noi se continuarlo o meno e se siamo propensi a farlo non c’è bisogno di festeggiare,bisogna solo sentirsi orgogliosi di se stessi. Per non parlare di quelli che hanno preso 61 e si sentono i re d’Inghilterra. Adesso io non appartengo più a questo mondo,adesso voglio incominciare a lavorare e voglio evadere da questa cittadina insignificante. Qui fa sempre freddo – anche d’estate- e tutto ciò ti deprime e fa perdere la voglia di poterti godere il mare e il sole. Nelle ore pomeridiane per la cittadina non si aggira nessuno,neanche un cane. Sembra che da un momento all’altro avverrà un assassinio in una di quelle strade isolate. L’unico posto bello in cui vado volentieri è il parco del paese, è importantissimo per me perché affiorano i ricordi di quando ero un’ “adolescente” e trascorrevo i pomeriggi ad ascoltare la musica “in” con le mie amiche.. quante cose sono cambiate. Ormai tutta questa spensieratezza non ce l’ho più,non so se considerarlo un bene o un male. Mentre torno a casa con un frappè alla fragola tra le mani e un cappello all’americana in testa,cerco di programmare il monologo da proporre ai miei genitori circa il mio futuro. < Allora sarò breve concisa,genitori. Ho avuto 100 e lode e adesso voglio concentrarmi su quello che è il mio futuro. Non ho alcuna intenzione di rimanere qui perché non ho alcuna possibilità di lavoro. Le mie carte possono anche rimanere anonime ma per lo meno voglio provarci,voglio che il mio sogno, anche per 2 minuti diventi realtà. Vorrei trasferirmi in un’altra città,in Italia,così possiamo anche sentirci e vederci più spesso. Voi cosa ne pensate? > < Io penso,Gaia,che siano le tue solite sciocchezze da “adolescente”. In questo mondo non c’è posto per una ragazza di 19 anni che vuole essere una scrittrice..Se proprio credi in quello che potresti diventare,dovresti trasferirti in un’altra nazione! > Sbotta. Ed io subito controbatto < Se questo era il tuo incoraggiamento,me ne vado all’istante >. Tutto rimane in silenzio,sembra che un meteorite abbia colpito la nostra casa (da oggi la loro casa). Salgo frettolosamente le scale, apro l’armadio della mia camera in maniera brusca, prendo una valigia mal ridotta nella quale getto di tutto: iPod, computer con il suo rispettivo carica batterie,macchina fotografica,cellulare, i miei mille vestiti, le bozze nelle quali è narrata quasi tutta la mia vita e ovviamente guide di istruzione sulla città più bella,Parigi. Ebbene sì,me ne vado a Parigi. Non è una di quelle follie momentanee adolescenziali nelle quali si vuole scappare dai genitori per una marachella compiuta,è una scelta di vita. E’ lì che realizzerò quello che qui non ho mai avuto. Preparata la valigia,con una lacrima che accarezza la mia guancia, chiudo a chiave la porta della mia stanza tenendo la chiave nella tasca del giubbotto perché in fondo un pezzo della mia vita deve rimanere con me. < E’ stato bello condividere le mille gioie e i miei dolori con voi,ma adesso è meglio che io cambi aria..c’è troppo smog! > Mio padre mi guarda senza dire una parola,scioccato del mio gesto improvviso. Spero almeno che capiscano che io non sono più un bambina,sono una donna che vuole realizzare i suoi sogni. < Io vado a Parigi,quando arriverò vi informerò sul necessario. Ci si vede. > Sgattaiolo via da questa casa, chiudendo la porta è come se stessi chiudendo lì la mia vita. E’ la casa nella quale ho versato le migliori lacrime e ciò ha fatto sì che i muri si inumidissero così tanto da formare delle crepe. E’ una casa come quella descritta nella favola di Hansel e Grethel, ma a mio avviso si dovrebbero ristrutturare un po’ di cose.. anche gli affetti famigliari. Incomincio a correre come una dannata perché devo al più presto comprare il biglietto per Parigi di sola andata e mai di ritorno. Mi avvicino a passo svelto all’unica agenzia di viaggi che c’è e che odio allo stesso tempo. Appena entro sento suonare il sonaglio attaccato alla porta ed una donna di mezza età è lì seduta su uno sgabello leopardato chiedendosi perché una ragazza della mia età si rechi ad un’agenzia di viaggi. Sai,anch’io ho una vita. E’ una donna robusta,con i capelli rossi raccolti in un chignon,truccata come un pagliaccio ed indossa un vestito che sembra una camicia da notte. Si vede che detesta lavorare in un posto simile. Per camuffare l’ aspetto terrificante del locale l’hanno riempito di poster raffiguranti zone del mondo paradisiache e per indurre il cliente a non soffermarsi sull’odore l’hanno cosparso di candele alla lavanda. Orgogliosa di me e di quello che ho il coraggio di fare,mi siedo sullo sgabello. Guardo dritto negli occhi la signora e le dichiaro la mia volontà. < Vorrei un biglietto per Parigi,di sola andata > < Bene,sono 450 euro > E adesso dove li trovo tutti questi soldi..? Ma sì,li pagherà papà non appena gli arriverà una lettera di reclamo. < Io per il momento posso darle 350 euro,il resto dei soldi gli addebiti sulla carta di credito di mio padre..lo conosce! > Affermo,ridendo. < D’accordo,le auguro buon viaggio. > < E io le auguro una “buona” permanenza > dico,mimando le virgolette. Esco sbattendo la porta per la felicità e incomincio a saltellare come se lo stessi facendo con una corda. Il mio sogno sta per diventare realtà. La sola novità di essermi trasferita a Parigi,senza una casa,con pochi soldi a portata di mano mi rende giustizia e una ragazza autosufficiente. Prendo un autobus per andare all’aeroporto. Eccomi arrivata. Vedo le porte scorrevoli dell’aeroporto aprirsi. La gente sembra scombussolata da questa realtà, le hostess che indossano giacca,gonna e tacchi (non ho mai capito come facciano a lavorare ore e ore con i tacchi ai piedi)cercano di capire il gate nel quale devono dirigersi e finalmente vedo lampeggiare la scritta “ARRIVI” e “PARTENZE”. Necessariamente PARTENZE. Ragazzi io sto partendo e me ne vado a Parigi. Con poche ore di attesa mi inoltro per questo grande tubo che porta direttamente all’aereo. Non ho la possibilità di vederlo ma l’importante è esserci salita sopra. E’ un aereo di bell’aspetto,i sedili sono in pelle e credo che dopo un’oretta passata ad osservare le persone che vanno avanti e indietro, le hostess si affretteranno a portarci lo spuntino di metà mattina o pomeriggio (tanto non cambia mai). < Si prega i signori passeggeri di allacciare le loro cinture, l’aereo sta per decollare. > La tipica spiegazione nelle 40 lingue non può mancare e, adesso che ho lasciato finalmente questo paese e un pezzo della mia vita, si va.

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Capitolo 3
*** III CAPITOLO ***


Parigi. Non mi sembra vero. Io sono a Parigi,nella città dei miei sogni,nella città che ho sempre rappresentato in qualsiasi disegno,la città che ho sempre amato,la città che mi ha sempre emozionato. Adesso la mia vita è qui. Sarà molto difficile,lo so,ma quando desideri una cosa a tutti i costi alla fine riesci ad ottenerla. Quando i ragazzi partono è perché le loro valigie contengono sogni immensi chiusi in un cassetto e speranze che un giorno potranno diventare realtà. Gli adulti,invece,partono con ricordi della loro vita o spesso con rimpianti per ciò che non hanno avuto il coraggio di affrontare. Non mi sembra vero di essere qui. Mi ricordo la cittadina in cui VIVEVO e mi sembra di essere in un mondo parallelo, un mondo che non ho neanche mai riscontrato in televisione. Di fronte a me c’è l’elemento più bello di tutto il mondo e che ha reso questa città quello che è: la Tour Eiffel. Ho sempre visto questa torre come il più grande ammasso di ferro presente nel mondo e penso che colui che l’ha progettata – Gustave- ,anche se involontariamente,abbia fatto bene a lasciare l’opera incompleta perché è proprio questo che la rende unica al mondo e spettacolare nella sua unicità. Aspetto di vederla di notte.. Dovrò visitare il Louvre,il più bel museo al mondo – penso di essere di parte-,museo d’Orsay, l’Arc du Triomphe, Notre Dame, il quartiere Montmartre, Basilique du Sacre Coeur –uno dei simboli di Parigi-, Place de Voges – la piazza perfettamente quadrata- , Centre d’art et de culture Pompidou, Bastille e per finire –al di fuori di Parigi- il meraviglioso Mont Saint Michelle. Mi aspetterà un bel giretto. Qui è tutto diverso, ogni persona è impegnata in qualcosa. Ci sono quelli che sono in giacca e cravatta correndo da una parte all’altra per poter prendere l’autobus, ci sono quelli che invece sono indifferenti alla vita e si piazzano nei bar senza un’ideale preciso, ci sono le mamme che passeggiano per i parchi dando la mano ai loro figli spaventati dalle statue-mobili presenti in quantità a Parigi,ci sono mille studentesse con il dizionario Boc tra le mani e probabilmente cercano di raggiungere la Sorbonne (vorrei essere nelle loro condizioni visto che amo il francese), ci sono tantissimi anziani che leggono libri altamente intellettuali rassegnati della loro fine. Ci sono uomini con l’auricolare posato sull’orecchio e con in mano le buste della spesa e una baguette sotto il braccio (le mogli gli avranno chiesto ‘mi andresti a fare la spesa?,sono indisposta!) e infine ci sono gli immancabili senza tetto di Parigi abbandonati a se stessi sotto i ponti o nelle stazioni con mille buste di plastica che circondano il loro sacco a pelo. Sinceramente? Sono spaventata. Ancora non mi capacito di come un essere indifeso come me possa farcela in una città tanto grande piena di fanatismo. Per quanto ami la Francia,la sua cultura e la sua lingua non riesco a socializzare con i francesi. Non ci sono mai riuscita. Penso che siano di antiche vedute e non siano aperti alla globalizzazione secondo la quale la lingua mondiale è l’inglese e il francese lo si può conoscere come potrebbe darsi di no. Voglio farcela. Ho sempre sognato di venire qua e adesso che sto vedendo per la prima volta la Tour Eiffel non posso scappare come una codarda. Quando ero piccola, avevo 8 anni, disegnavo –nonostante fossi una schiappa in disegno- io e il mio fidanzato (che non ho) mano nella mano sotto la Torre. C’erano tanti colori, dal giallo del sole al celeste del cielo.. quei colori che adesso non conosco neanche più. Nella mia vita tutto si è spento a partire dai colori. Tutti mi dicono che potrei essere una ragazza molto più solare e piena di vita ma io vorrei che loro sapessero che io quello che sono lo sono diventata perché prima non ero affatto così. La vita era la cosa più bella che potessi avere,adesso non mi accontento neanche più di quella. Adesso devo escogitare un modo per poter trovare un tetto dove dormire altrimenti finirò come quei senza tetto che dormono sotto i ponti. Incomincio ad incamminarmi per questa città che mi sembra sconosciuta e osservo attentamente ogni singolo movimento di ogni persona. Mi sembrano così.. non so neanche come definirli. Dopo un’oretta e mezza di cammino capito vicino ad un “new cottage” stile americano con un giardino immenso pieno di rose e tulipani colorati e la casa è ricoperta di mattoni color rosso rame. Queste case io le amo ma costano sempre un botto. Sulla porta oltre ad esserci scritto ‘benvenue’ c’è un cartello con scritto ‘alouér’. C’è scritto ‘affittasi’ e questa potrebbe essere la mia unica soluzione,non dovrò fare altro che telefonare al numero qui indicato. <> <> <> << J’ai lis le signe sur la maison et je suis interessée.>> << Oh,je suis onorée. Je pouvais venir dans cinq minutes>> <> Dopo cinque minuti esatti lei era lì. A quanto pare i francesi sono puntuali. E’ una donna molto compita,la tipica francese. Ha dei bellissimi capelli biondi stile Simona Ventura,occhi verdi e indossa un tailleur grigio e non potevano mancare i meravigliosi tacchi. <> <> <> << Je vends la maison à 750 euro>> <> <> Non sapendo cosa stesse facendo l’ho seguita. Sono arrivata da poche ore e ho già una ‘conoscente’. La mia vita qui prosegue a gonfie vele. Parigi mi sembra di conoscerla da una vita. Siamo arrivate. E’ un palazzo ben messo,molto moderno con delle finestre che danno sul centro di Parigi. Non so precisamente quale sia il luogo in cui potrei lavorare ma so solo che è tutto fantastico. Entriamo nel portone e chiamiamo l’ascensore. Ci guardiamo intensamente negli occhi ed è come se ci stessimo dicendo qualcosa. Io le sto dicendo ‘grazie di tutto’. Finita questa breve ma intensa pausa raggiungiamo il piano desiderato: 3. Ci incamminiamo ed io mi sento sempre più inopportuna. C’è un lungo corridoio che per i clienti è più che necessario ma per le precarie è solo un modo di trasmettere agitazione. Ci sono mille porte scorrevoli di colore bianco cocco ma in fondo alla stanza ce n’è solo una aperta. Quella in cui lavorerò io. Adesso,alla scrivania c’è seduto colui per cui lavorerò quindi è meglio far bella figura. Charlène prende la parola. <> E lui risponde <> Ecco il mio momento. <> <> <> <> << Oui,je vous comprende très bien parce que j’ai ètudiée français dans le college!>> << Je suis content pour toi! Arrivederci,à tout à l’heur!>> Con un impeto, abbraccio Charlène: se non fosse stato per lei adesso sarei qui a grattarmi i pollici. E’ una brava persona e credo molto in lei. Adesso sì che sono felice come una pasqua.

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Capitolo 4
*** IV CAPITOLO ***


Respiro già l’aria di Parigi, un’aria mista alla felicità,allo smog e al fanatismo. Cammino a passo svelto sul rigo del marciapiede come se stessi gareggiando con qualcuno e mi stessi immedesimando in un’equilibrista. Per il mio primo giorno di lavoro indosso un tailleur beige e l’impeccabile decolté. Salgo le scale frettolosamente perché voglio risultare perfetta e puntuale. Suono alla porta e la mia,ormai,collega mi accoglie freddamente...Spero che i rapporti si evolvano nel tempo! Attraverso quell’interminabile corridoio illuminato da un lampadario a neon e finalmente vengo condotta nella stanza dove lavorerò fino alle tre del pomeriggio (senza escludere la pausa pranzo). Passo una mattinata intera a rispondere alle mille telefonate che l’avvocato riceve giornalmente ma spesso non vuole parlare con nessuno dei suoi clienti. E’ un uomo molto compito e altezzoso,sa di essere una persona importante e ritiene che il suo aspetto sia più che affascinante. Il suo solito look è abito da matrimonio unito ad una cravatta che debba perfettamente combaciare con il resto del completo. Quando mi dirigo verso la sua stanza per consegnarli delle pratiche,lo trovo sempre lì. Impassibile. E’ sempre indaffarato tuttavia ha quell’aria rilassata che tutti invidierebbero (persino io), ha le gambe divaricate e il volto scocciato da quanto accade giornalmente. Molte volte credo che il suo lavoro non gli interessi più di tanto e sinceramente,neanche il mio. Rispondere al telefono e farmi carico di tutte le problematiche dello studio non conoscendone le cause è una vera tortura. Finalmente il mio turno di lavoro è terminato e adesso posso godermi il mio primo giorno a Parigi. E’ tardi e se facessi quella fila immensa per visitare la Tour Eiffel ne uscirei viva solo entro le nove di sera. Ho deciso,quindi, di dedicarmi allo shopping. Non mi riferisco allo shopping sfrenato (anche perché non ho i soldi per permettermelo) ma qualche lusso è plausibile. Ho sempre sognato di indossare uno di quei baschi che usano le francesi doc per riconoscersi tra tanti,uno di quei cappelli che usavano i pittori come Giotto. Pittori tutti sporchi di vernice che colorava i loro abiti a macchie. Volevo essere anch’io una pittrice,ma di Parigi. Entro in un negozio a cui non avrei attribuito neanche una lira. E’ un negozio di quelli che “svendono tutto”,con vestiti ammucchiati,completi intimi gettati a terra e prezzi attaccati ad alcune camicette. Ma io mi accontento di poco! Incomincio ad osservare i vari articoli quando ad un certo punto una ragazzina (che pensavo fosse una turista) mi si avvicina e mi chiede con un accento francese molto delicato “Le posso essere d’aiuto?” Molto imbarazzata le dico che avrei voluto acquistare un cappello che utilizzavano i pittori,più comunemente chiamato basco. Lei capisce subito di cosa io stia parlando e me ne porge quattro tutti di colore diverso, lo stesso modello ma l’unica cosa che cambia è la tonalità. Ce ne sono di tutti i tipi, dal rosso magenta al verde mela. Io ho scelto il blu. Il blu è sempre stato un bel colore per me,un colore raffinato e poi quando conosci dei ragazzi e gli vuoi chiedere qual è il loro colore preferito rispondono sempre “blu”,ecco perché in un modo o nell’altro ho imparato a farmelo piacere e alla fine ho incominciato ad amarlo. E’ un colore che più del rosso,secondo me,trasmette passione perché attraverso il silenzio comunica molte sensazioni. Una volta pagato il mio bel cappello pensavo già di utilizzarlo ma non è la cosa migliore da fare visto che l’estate regna sovrana! Un colpo di fulmine attraversa la mia mente.. A casa mia non ci sono provviste di cibo e stasera sarebbe dovuta venire anche Charlène per poter discutere del nuovo lavoro e per potermi illustrare i vari funzionamenti della casa. Vado subito in uno di quei supermercati a cui le anziane signore sono tanto affezionate poiché vi hanno trascorso quasi tutta la loro vita parlando con le cassiere. E’ un supermercato abbastanza pulito ma l’aspetto lascia un po’ desiderare visto che ci sono mattonelle rotte in un angolo,il frigorifero che emana un’aria tiepida piuttosto che ghiacciata e i cartellini che indicano il prezzo delle merci sono “appesi ad un filo”. Compro tutto quello che si possa trovare nella casa di una tipica italiana. Patatine confezionate, noccioline, taralli di piccola forma, spaghetti, pancetta, cipolla,uova, entrècote (carne tipica francese), patate da poter fare al forno,insalata, i vari salumi,frutta, burro, zucchero, farina,latte,pane e infine il caffè (anche se io non ne bevo può sempre essere utile). Mentre torno a casa medito su cosa posso cucinare di buono e ho subito pensato alla tipica cena italiana: ‘‘Bucati a’matriciana’’ “Entrècote” “Contorni di patate al forno e insalata ricoperta da fesa di tacchino con glassa” “Macedonia” “Crème Brulé” Non sarà un’impresa cucinare tutto questo anche perché è quello che più mi riesce meglio e soprattutto è roba abbastanza facile da preparare. Entro in casa. E’ sempre più bella. Un lungo corridoio al cui lato c’è uno studio ben curato con una libreria fornita di testi antichi (sono adatti per me che conosco tutte le frasi commemorative di Oscar Wilde), una scrivania in legno ben lavorato e infine una lampada vecchio stile. Proseguendo per la casa, il salone e la cucina che costituiscono un’unica stanza separati da un’unica porta. Il salone è molto luminoso e si affaccia sul centro di Parigi. Ci sono divani in pelle nera, una televisione di cui non ci si può lamentare,copie di quadri raffiguranti varie opere di Vangogue e infine un lume. La cucina, il bagno ben fornito,la mia camera provvista di un letto matrimoniale e di un armadio che nella mia vecchia dimora potevo scordarmi e infine una lavanderia per poter stendere e mettere a lavare i vari capi d’abbigliamento. Sono davvero felice. Devo preparare tutta la cena e ce la farò perché amo cucinare. E’ una cosa che amo fare da quando sono piccola. Con nostalgia ricordo che all’età di sette anni, verso l’ora di cena, amavo indossare il grembiulino,il cappello da chèf, il cucchiaio di legno e preparare con la mia mamma il ‘ciambellone della casa’. E’ una cosa di cui sento moltissimo la mancanza ma nella vita si cresce e se tutti dovessimo rimanere incatenati al passato non vivremmo più o per lo meno lo faremmo ma con rimorsi,rimpianti e ricordi. Nella vita bisogna andare avanti e mai retrocedere.. Adesso non sarò qui con mamma (anche perché è da tanto che non cucinavamo insieme) ma sarò una buona donna di casa tanto da preparare una cena degna del mio nome. Ho finito di preparare la cena e sono soddisfatta dell’elaborato(detto in termini scolastici). Ho un po’ di tempo da dedicare a me stessa e così ho deciso di mettermi lo smalto e leggere la posta. Accendere il computer- è una sensazione molto strana visto che non lo faccio da quando sono partita-, vedo le cartelle che contengono foto del mio ultimo anno di scuola, foto del matrimonio di mia zia, foto della nascita di mio cugino.. lì ci sono ancorati tutti i miei ricordi ma presto affiorerà anche il futuro. Apro la posta e trovo una serie di mail. La prima è di papà e dice: “Ciao piccolina, pensi che io sia uno stupido a scriverti dopo quello che ci hai fatto ma lo faccio lo stesso perché anche se non siamo stati capaci di dimostrartelo,io e la mamma ti vogliamo davvero bene! Da quando te ne sei andata la tua mamma non sorride più come una volta (probabilmente perché non sa chi sfottere),non vuole più cucinare perché le ricorda troppo te e una volta,nel sonno, farfugliava sul tuo conto dicendo ‘ti voglio bene’. Hai ragione,non siamo stati i genitori migliori di questo mondo ma a modo nostro abbiamo cercato di darti amore e soprattutto una buona educazione e cultura. Ci manchi tanto ma spero che per lo meno lì a Parigi stia cercando in tutti i modi di realizzare il tuo sogno per il quale qui nessuno avrebbe provato interesse. Ti mandiamo un bacio, il tuo papy e la tua mamy! P.S. Ho pagato la restante parte del biglietto, non è stata una bella sorpresa, ma per te questo ed altro.” Sono commossa. Mi manca la mia famiglia. La prossima e-mail è dell’agenzia di viaggi: “ Salve signorina volevo avvisarla del fatto che suo padre è venuto a pagare la restante parte del biglietto. E’ stato un piacere,arrivederci!” L’ultima mail è di zia Marilena: “Ciao Gaietta,come stai? Ho saputo da tua madre che hai deciso di partire per Parigi. Sono felice che tu abbia fatto per la prima volta quello di cui vai fiera,sono certa che diventerai una meravigliosa scrittrice o per lo meno una giornalista. Fidati,vanno bene tutti e due! Il tuo cuginetto cresce alla grande, adesso ha sei anni e a differenza tua viene considerato dalla classe ‘il genio della matematica’ e l ‘asino dell’italiano’.. questa è la vita! Mi manchi tanto,appena hai tempo rispondimi e sarei contenta di venirti a trovare nella tua nuova CASA. Un bacione zia Marilena.” Sono davvero soddisfatta di tutto quello che le mail mi hanno riferito ma ad interrompere questo momento di gloria è il campanello. Charlène è arrivata! <> Con un accento francese subito risponde <> <> Un momento di silenzio e subito riprendo. << Sei migliorata in italiano!>> <> <> Ci sediamo a tavola e Charlène sembra gustare tutto ciò che ho preparato ma prima di assaporare la meravigliosa crème brulé decidiamo di concederci una breve pausa sui divani in pelle. <> <> <> PER NIENTE,penso. <> <> <> Charlène mi saluta calorosamente, è dispiaciuta di non aver potuto assaggiare il tipico dolce francese ma deve scappare ad una riunione di lavoro (se le scrittrici fanno le riunioni di lavoro anche la sera non voglio più esserlo!). Voglio godermi la notte estiva di Parigi e così mi distendo sul divanetto di vimini e sulle mie ginocchia poso il computer per poter rispondere a tutti i miei famigliari ma proprio mentre una lacrima di nostalgia riga il mio viso roseo avverto la palpebra degli occhi chiudersi come un guscio che ha paura di esser visto.

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Capitolo 5
*** V CAPITOLO ***


Sono un po’ destabilizzata da quanto questi francesi lavorino poco,infatti il mio capo ha detto che oggi sarebbe stato il mio giorno libero; non che questo non mi faccia piacere ma è solo da un giorno che mi sento una vera lavoratrice francese e sembra che il mio sogno si infranga sempre più. Ne approfitterò per godermi la giornata. Esco di casa,mi dirigo verso una palestra molto frequentata dai francesi consigliatami da Charlène, spero solo non sia molto costosa. Attraverso le enormi strade di Parigi ma come primo giorno era necessario perdersi e così ho seguito la tradizione. Mi sono persa e mi ritrovo sempre nei pressi della Tour Eiffel; sembra che mi perseguiti. Intravedo un ragazzo sui trent’ anni, bello e limpido, capelli castano chiaro e occhi grigio-verdi. E’ un ragazzo molto pacato,lo si intravede dai movimenti delicati. E’ vestito in modo impeccabile,sembra uno di quei partecipanti ai talent show di cui ti innamori al primo colpo. Lo fermo. <> Con un accento francese confuso a quello americano borbotta <> <> <> Una cosa avevo appreso su di lui: era americano e si chiamava William- che bel nome William-. Com’è strano pensare che io sia “attratta” da un ragazzo che si è dimostrato disponibile.. lo trovo quasi assurdo. Un ragazzo alto,castano,con occhi verdi, vestito da imprenditore che mi da retta. Ok,più che irreale. Era troppo bello ma anche troppo grande per una 19enne e se sapesse mia madre che sono interessata ad un uomo che su per giù ha 30 anni mi sparerebbe a vista. Ma adesso cosa c’entra? Qui,ci sono io e nessun’altro e decido io cosa farne della mia vita. Ok, mi sono innamorata ma adesso è meglio non pensarci. Dopo poco tempo arrivo in palestra. E’ un luogo molto accogliente, colorato di rosso e blu (il famoso color blu..ah,chissà se a William piace il blu?! Ma tanto non lo rivedrò più…), profuma di cloro ma allo stesso tempo si intravedono aloni di sudore che circondano le persone. Mi dirigo verso la reception e l’uomo sulla quarantina seduto dietro il bancone incomincia ad illustrarmi il programma. Dal nuoto, ai pesi, all’aerobica fino ad arrivare all’acqua gym. Un programma più che completo ma c’è solo una cosa che mi interessa: il nuoto libero. Ho deciso di fare questo perché odio le imposizioni e il più delle volte i miei istruttori di nuoto amano darmi filo da torcere. Ricordo quando ero piccola, tanto per cambiare, mia madre mi iscrisse ad un corso di nuoto nonostante io avessi l’otite (voleva che diventassi importante). Ogni pomeriggio diventava atroce per me visto che dovevo recarmi in piscina e affrontare la 30 vasche giornaliere. Il mio istruttore era il problema, io non avevo niente contro di lui, era simpatico ed anche “carino” ma era troppo severo e se avesse saputo il vero motivo per cui ero lì –dimagrire- forse non mi avrebbe distrutto come faceva. Ogni volta che entravo in acqua sentivo quell’acqua gelida di cloro che mi accarezzava la pelle e dopo 250 metri consecutivi (dieci vasche) avevo il fiato corto e gli occhialini,appannati, che si staccavano dagli occhi facendo entrare tutta l’acqua che puntualmente non mi permetteva di vedere chi avevo di fronte. Quando uscivo mi sentivo le gambe di marmo,non riuscivo neanche a camminare ma il momento più brutto era farsi la doccia in quegli spogliatoi. Gli spogliatoi della piscina. Avrei preferito uscire sporca come un maiale da lì piuttosto che lavarmi in quelle docce. C’èra scritto da per tutto “GUASTO,NON UTILIZZARE”, sui phone, sulle porte delle docce, sugli armadietti.. per poco non cadeva a pezzi. Prima di farmi la doccia la guardavo e vedevo il tombino otturato e pieno di capelli con alcuni residui di sapone sul muro. Spettacolo raccapricciante. Quando uscivo mi guardavo intensamente in uno specchio ricoperto da vapore acqueo e da macchie torbide ma per lo meno lo strazio era terminato. Mi reco negli spogliatoi (che questa volta sembrano essere in regola..e sì,siamo a Parigi) e utilizzo la mia tenuta da piscina. Attraverso il corridoio e finalmente trovo davanti a me una di quelle piscine che ti danno un senso di libertà, una di quelle piscine nelle quali le campionesse di nuoto trascorrono la maggior parte del loro tempo. Vedo il famoso separa corsie a rolli colorato di celeste-rosso-giallo, le docce, i cartelloni pubblicitari e molti istruttori (ma questa volta non avranno a che fare con me). Incomincio a nuotare e tutte quelle sensazioni che provavo quando ero solo una creatura ritornano a galla ma questa volta sono molto più rilassata e abbandonata al mio destino e a ciò che sarà del mio futuro. L’acqua è gelida ma considerando che è estate tutto ciò è accettabile visto che l’acqua fredda riattiva la circolazione ma d’inverno..?! Sono fuori dalla piscina e adesso penso di andare a casa e lavorare un po’ sulle mie bozze. Fogli volanti sui quali cerco di scrivere storie,racconti che in realtà sono più autobiografici che fantastici,ecco perché devo assolutamente narrare di William,rappresentarlo nel mondo migliore e trovargli un nome che possa rispecchiare la sua bellezza e la sua delicatezza. Voi ci pensate se avessi un uomo al mio fianco così?! Le mie giornate sarebbero piene di gioia e di amore. La mattina mi verserebbe del latte e me lo porterebbe a letto insieme a coccole, durante la giornata mi chiamerebbe cinque o sei volte, il pomeriggio saremmo stati distesi sul divano a vedere “Love bugs”, mangeremmo e faremo il bagno insieme con mille paperelle,candele che circondano la vasca e tanto amore. Troppo bello per essere vero! Un uomo così,però,si può sempre trovare aggiungendo sempre un pizzico di mal umore e di liti! Quello è il primo ragazzo di cui mi innamoro veramente. E’ un vero colpo di fulmine. Un uomo che riesce a farmi sentire bella (se così mi si può definire). E’ come se,senza neanche aver detto una parola,mi avesse aiutato a capire quanto è importante amare se stessi per poter amare nel migliore dei modi le persone che ti circondano. C’è un solo problema :non lo rivedrò più. Non so niente di lui. Non so qual è il suo cognome, che lavoro faccia,se preferisce il mare o la montagna, se ama il blu, se ama leggere (come me), se ama le ragazze robuste e con i capelli rossi. Non so se vivrebbe mai con una 19enne in piena crisi d’identità perché tra pochi mesi compie venti anni. Forse, ho capito che è bene aspettare perché dopotutto.. il principe azzurro esiste!

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Capitolo 6
*** VI CAPITOLO ***


Sono un po’ destabilizzata da quanto questi francesi lavorino poco,infatti il mio capo ha detto che oggi sarebbe stato il mio giorno libero; non che questo non mi faccia piacere ma è solo da un giorno che mi sento una vera lavoratrice francese e sembra che il mio sogno si infranga sempre più. Ne approfitterò per godermi la giornata. Esco di casa,mi dirigo verso una palestra molto frequentata dai francesi consigliatami da Charlène, spero solo non sia molto costosa. Attraverso le enormi strade di Parigi ma come primo giorno era necessario perdersi e così ho seguito la tradizione. Mi sono persa e mi ritrovo sempre nei pressi della Tour Eiffel; sembra che mi perseguiti. Intravedo un ragazzo sui trent’ anni, bello e limpido, capelli castano chiaro e occhi grigio-verdi. E’ un ragazzo molto pacato,lo si intravede dai movimenti delicati. E’ vestito in modo impeccabile,sembra uno di quei partecipanti ai talent show di cui ti innamori al primo colpo. Lo fermo. < Scusi,saprebbe dirmi dov’è la palestra ‘On vote pour la santé’? Mi sono persa.. > Con un accento francese confuso a quello americano borbotta < Oh certo, deve andare sempre dritto,girare a destra e dopo un isolato girare a sinistra e la troverà! Comunque piacere,William! > < Piacere Gaia. > < Devo proprio andare,ci si vede! Bye! > Una cosa avevo appreso su di lui: era americano e si chiamava William- che bel nome William-. Com’è strano pensare che io sia “attratta” da un ragazzo che si è dimostrato disponibile.. lo trovo quasi assurdo. Un ragazzo alto,castano,con occhi verdi, vestito da imprenditore che mi da retta. Ok,più che irreale. Era troppo bello ma anche troppo grande per una 19enne e se sapesse mia madre che sono interessata ad un uomo che su per giù ha 30 anni mi sparerebbe a vista. Ma adesso cosa c’entra? Qui,ci sono io e nessun’altro e decido io cosa farne della mia vita. Ok, mi sono innamorata ma adesso è meglio non pensarci. Dopo poco tempo arrivo in palestra. E’ un luogo molto accogliente, colorato di rosso e blu (il famoso color blu..ah,chissà se a William piace il blu?! Ma tanto non lo rivedrò più…), profuma di cloro ma allo stesso tempo si intravedono aloni di sudore che circondano le persone. Mi dirigo verso la reception e l’uomo sulla quarantina seduto dietro il bancone incomincia ad illustrarmi il programma. Dal nuoto, ai pesi, all’aerobica fino ad arrivare all’acqua gym. Un programma più che completo ma c’è solo una cosa che mi interessa: il nuoto libero. Ho deciso di fare questo perché odio le imposizioni e il più delle volte i miei istruttori di nuoto amano darmi filo da torcere. Ricordo quando ero piccola, tanto per cambiare, mia madre mi iscrisse ad un corso di nuoto nonostante io avessi l’otite (voleva che diventassi importante). Ogni pomeriggio diventava atroce per me visto che dovevo recarmi in piscina e affrontare la 30 vasche giornaliere. Il mio istruttore era il problema, io non avevo niente contro di lui, era simpatico ed anche “carino” ma era troppo severo e se avesse saputo il vero motivo per cui ero lì –dimagrire- forse non mi avrebbe distrutto come faceva. Ogni volta che entravo in acqua sentivo quell’acqua gelida di cloro che mi accarezzava la pelle e dopo 250 metri consecutivi (dieci vasche) avevo il fiato corto e gli occhialini,appannati, che si staccavano dagli occhi facendo entrare tutta l’acqua che puntualmente non mi permetteva di vedere chi avevo di fronte. Quando uscivo mi sentivo le gambe di marmo,non riuscivo neanche a camminare ma il momento più brutto era farsi la doccia in quegli spogliatoi. Gli spogliatoi della piscina. Avrei preferito uscire sporca come un maiale da lì piuttosto che lavarmi in quelle docce. C’èra scritto da per tutto “ GUASTO,NON UTILIZZARE ”, sui phone, sulle porte delle docce, sugli armadietti.. per poco non cadeva a pezzi. Prima di farmi la doccia la guardavo e vedevo il tombino otturato e pieno di capelli con alcuni residui di sapone sul muro. Spettacolo raccapricciante. Quando uscivo mi guardavo intensamente in uno specchio ricoperto da vapore acqueo e da macchie torbide ma per lo meno lo strazio era terminato. Mi reco negli spogliatoi (che questa volta sembrano essere in regola..e sì,siamo a Parigi) e utilizzo la mia tenuta da piscina. Attraverso il corridoio e finalmente trovo davanti a me una di quelle piscine che ti danno un senso di libertà, una di quelle piscine nelle quali le campionesse di nuoto trascorrono la maggior parte del loro tempo. Vedo il famoso separa corsie a rolli colorato di celeste-rosso-giallo, le docce, i cartelloni pubblicitari e molti istruttori (ma questa volta non avranno a che fare con me). Incomincio a nuotare e tutte quelle sensazioni che provavo quando ero solo una creatura ritornano a galla ma questa volta sono molto più rilassata e abbandonata al mio destino e a ciò che sarà del mio futuro. L’acqua è gelida ma considerando che è estate tutto ciò è accettabile visto che l’acqua fredda riattiva la circolazione ma d’inverno..?! Sono fuori dalla piscina e adesso penso di andare a casa e lavorare un po’ sulle mie bozze. Fogli volanti sui quali cerco di scrivere storie,racconti che in realtà sono più autobiografici che fantastici,ecco perché devo assolutamente narrare di William,rappresentarlo nel mondo migliore e trovargli un nome che possa rispecchiare la sua bellezza e la sua delicatezza. Voi ci pensate se avessi un uomo al mio fianco così?! Le mie giornate sarebbero piene di gioia e di amore. La mattina mi verserebbe del latte e me lo porterebbe a letto insieme a coccole, durante la giornata mi chiamerebbe cinque o sei volte, il pomeriggio saremmo stati distesi sul divano a vedere “Love bugs”, mangeremmo e faremo il bagno insieme con mille paperelle,candele che circondano la vasca e tanto amore. Troppo bello per essere vero! Un uomo così,però,si può sempre trovare aggiungendo sempre un pizzico di mal umore e di liti! Quello è il primo ragazzo di cui mi innamoro veramente. E’ un vero colpo di fulmine. Un uomo che riesce a farmi sentire bella (se così mi si può definire). E’ come se,senza neanche aver detto una parola,mi avesse aiutato a capire quanto è importante amare se stessi per poter amare nel migliore dei modi le persone che ti circondano. C’è un solo problema :non lo rivedrò più. Non so niente di lui. Non so qual è il suo cognome, che lavoro faccia,se preferisce il mare o la montagna, se ama il blu, se ama leggere (come me), se ama le ragazze robuste e con i capelli rossi. Non so se vivrebbe mai con una 19enne in piena crisi d’identità perché tra pochi mesi compie venti anni. Forse, ho capito che è bene aspettare perché dopotutto.. il principe azzurro esiste!

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Capitolo 7
*** VII CAPITOLO ***


Oggi è una di quelle giornate in cui vorresti raccontare a tutti di come tu sia entusiasta della vita, ma non penso sia opportuno disturbare Charlène, la zia, William (ah..non ho il suo numero) o la mia “fittizia” collega alle otto del mattino di una domenica tanto radiosa. Non sembra di essere a Parigi. Questa è come se fosse la “New York europea”, è così che la interpreto. Mi preparo la colazione e con la tazza colma di latte e caffè mi dirigo verso la grande terrazza! Osservo i tetti pieni di parabole che cercano di captare l’atmosfera della Terra e le sue notizie, il vociare delle coinquiline che la domenica mattina devono necessariamente discutere su quanto sia inutile andare a fare jogging (solo perché loro sono costrette in casa per artrosi o osteoporosi!), le bambine che montano una bicicletta nella speranza di potersi per la prima volta sentire libere e indipendenti dai loro genitori, le risate di adolescenti nel pieno delle loro incertezze,delle loro insicurezze e delle loro paure e per finire gli immancabili turisti che, pur di ritornare a casa ricchi di notizie su Parigi e sulle sue abitudini, fotografano anche i cani che depongono i loro escrementi (perché probabilmente i cani francesi hanno un modo particolare di farlo ed è necessario documentarsi!). Vedendo tutte queste persone ho capito che la vita è un’altra da quella che io ho sempre vissuto. La vita è un sistema che ti accoglie in qualunque momento(l’importante è ritenerlo necessario),un insieme di persone che ti sono vicine nei momenti più critici,un abbraccio così grande da poter accogliere anche il mondo intero.. la vita è qualcosa che non si può descrivere ma che ti inonda. Solo quando hai paura di sbagliare stai incominciando a vivere la tua vita perché non sei tu a costruirla ma è la vita che costruisce te e probabilmente essa manda avanti il suo circolo vizioso anche senza che tu te ne accorga. Mi lavo frettolosamente e indosso la prima cosa che trovo nell’armadio ma devo dire che,guardandomi allo specchio,sono davvero carina (è la prima volta che mi faccio un complimento e..bisogna festeggiare!). Con i piedi per terra Parigi è ancora più bella. Guardando le sue ansie e le sue gioie ho capito di come sia bello scoprire altri posti che ti distolgono dalla realtà facendoti vivere in un mondo parallelo. Grazie a tutte queste persone ho incominciato a ricordare i momenti trascorsi con la mia famiglia,che oramai non vedo più come un ostacolo ma come un modo per poter conoscere il vero sapore della vita. A diciannove anni non lo avevo mai assaggiato. Con una cartina in mano che rappresenta tutte i vicoli e le strade intrecciate di Parigi e con la mia macchina fotografica appesa al collo mi dirigo verso il centro di quella città a me ancora sconosciuta con paure a me già note. Scorgo la Tour Eiffel ma noto la fila interminabile al di sotto di quell’ammasso di ferro e capisco che da qualunque parte ci sarebbe stata quella folla pronta ad acclamare i monumenti della capitale europea. Quindi,mi sono messa in fila. Fa caldo e adesso ho finalmente compreso il motivo per cui tutti questi cinesi si muniscano di cappellino e di ombrellino come quelli utilizzati nei cocktail! Una voce alle mie spalle mi distoglie da tutto quel caos: << Bonjour madmoiselle Gaià, che ci fa di domenica mattina alla Tour Eiffel? >> Vedo quel viso d’angelo che il giorno precedente avevo visto accompagnato da una ninfa marina. << Mi comporto come una normale turista! La visito. >> << Ma adesso c’è una fila interminabile! >> << E quindi? >> << Quindi segui me. >> << Perché dovrei? >> Non so perché ma ero molto acida (come un latte scaduto) nei suoi confronti. << ..Perchè a volte è bello fidarsi di qualcuno! >> << Dovrei fidarmi di uno che incontro sempre per strada e che in realtà è fidanzato?! >> E’ impossibile che io fossi muta come una tomba. Devo sempre polemizzare su tutto. << Intendi la ragazza che era con me a Mc Donald’s? >> Titubante rispondo << Ehm..si >> << Oh dear girl, she is my sister! >> << Oh.. scusa William! >> << Ci sono abituato! Tutte le ragazze che mi circondano, anche solo mie amiche, si ingelosiscono di mia sorella pensando sia la mia ragazza! >> << Eh beh.. tua sorella è molto bella! >> << Dai Gaià, vieni con me. >> Adesso mi sento in una campana di vetro dove nessuno può toccarmi o dove può distruggere tutta la felicità venutasi a creare. Lo seguirò come se fosse per sempre perché adesso,in questo momento, il mio posto è con lui. Camminiamo per un po’ di tempo finchè non arriviamo al museo del Louvre. Aspettiamo due ore prima di poter varcare la soglia del Louvre( uno dei più famosi musei al mondo) ma la fila non supererà mai quella della Tour Eiffel. Vediamo gente di ogni genere, coppie innamorate che si tengono per mano, anziani impazienti di entrare, mamme esauste nel tenere i loro figli urlanti in braccio e infine ci siamo io e William, una coppia che nonostante le poche parole trasmette tanto delle proprie emozioni. Non si sa se siamo amici o qualcosa in più ma so solo che lui è la persona con cui più desidero visitare ogni angolo di mondo. Al di là del mio interesse nei suoi confronti, lo vedo come un angelo custode che mi è sempre vicino, che in tutti modi cerca di sostenermi con le sue forze ed in ogni momento so dove trovarlo. Diamo il biglietto al controllore e finalmente entriamo in quel mondo a me prima sconosciuto. E’ vero, ho fatto il classico, ma quelle opere le ho soltanto viste e ristudiate un milione di volte senza mai provare la sensazione di vedere le loro sfumature di colori o di sentire l’odore che emanano dopo i loro tanti anni di persistenza nei musei. Costeggiamo le pareti e vediamo quelle opere intatte e integre con imperfezioni solo nella loro bellezza. C’è la Gioconda e La vergine delle rocce di Leonardo da Vinci, La buona ventura e La morte della Madonna di Caravaggio, Nike e Samotracia e mille altre opere che attraverso la loro arte, a quei tempi, incompresa, trasmettono mille sensazioni. Trascorriamo più di un’ora all’interno del museo ma la mia guida turistica personalizzata ha in serbo per me mille altre esperienze. Andiamo al museo d’Orsay. Anche qui la fila non manca ma vedo come William sia più rassegnato di me. Il museo d’Orsay è un museo davvero importante e la sua struttura è una delle più imponenti. Si affaccia sulla Senna e precedentemente era una stazione dedicata al trasporto Parigi-Orléans. Sulle opere del museo non conosco molto ed ecco che lui è pronto a spiegarmi ogni cosa dato che è il museo che più lo appassiona. Trascorriamo una meravigliosa mattinata cercando di trovare soddisfazione e sicurezza grazie a queste opere d’arte progettate molto tempo prima della nostra nascita ma che rappresentano problematiche della vita odierna e della società moderna. E’ ora di pranzo e non ho alcuna intenzione di ritornare a casa e di prepararmi da mangiare. Il tempo insieme a William è così dannatamente bello quasi come se non fossi io a trascorrerlo ma fosse un’altra Gaia ed io fossi proiettata in un mondo sconosciuto. Così lui mi chiede: << Hai intenzione di andare a casa? >> << Sinceramente,no. Mi diverte stare con te! >> << Perfetto. Andiamo. >> Prende la mia mano in maniera discreta, quasi non volesse che mi faccia male e subito mi tira a sé per poterlo seguire in quelle sue idee folli. Ci fermiamo per poco tempo ad una roulette che vende baguette farcite al tonno e ai pomodori. Ne compriamo due, enormi e oliose, e subito ci dirigiamo verso Starbucks per poter prendere uno di quei frappé alla nutella che ti fanno sentire un’americana assetata di shopping mentre passeggia sulla battigia di Miami Beach con un cappello adagiato sul capo e la cannuccia insalivata. Penso che la camminata sia finita e mi adagio ad una delle sedie verdi di Starbucks ma William,con un cenno del capo, mi dice di seguirlo. Durante il tragitto ci scambiamo molte parole e ridiamo, ridiamo come adolescenti, come se per la prima volta incontrassimo la persona che ci fa star bene con la quale comprare panini al tonno, frappé, visitare musei facendo file immense e potersi divertire. Davanti a noi c’è un parco immenso, uno di quelli che non ho mai visto in vita mia, un parco nel quale tutti si divertono,si rilassano. Con i suoi cespugli, gli alberi, l’acqua e l’aria trasmette serenità ed un senso di pace che solo stando con se stessi o con la persona che si ama si riesce a captare. Ci sono i giardini all’inglese, mille fontane nelle quali i bambini si divertono a gettare gli spiccioli, panchine color verde bosco, asciugamani adagiati sull’erba, ragazzini accovacciati sotto gli alberi con chitarre e spartiti musicali e anziani che si tengono la mano ma con l’altra sorreggono il giornale Le Figaro. William prende la mia mano e mi trasporta con tutta la sua felicità in uno spiazzo pieno di verde. Dalla sua borsa estrae un grande telo da poter ospitare anche due persone. Ci distendiamo su questo, indossiamo gli occhiali ed iniziamo a mangiare. Il profumo della baguette oleata si disperde per tutta quella zona del parco e molte persone si girano a fissarci (si vede tanto che Parigi non è la nostra città natale?) come fossimo alieni. William è incurante di tutti quei visi rivolti su di noi ma io non posso fare a meno di fissare tutta quella gente. Prendendomi il viso tra le sue dita mi dice: << Non pensare a loro, pensa a tutto questo! >> << William è davvero stupendo. Quando hai progettato di fare tutto questo? >> << Quando oggi ci siamo incontrati. Tu mi ispiri a fare le cose più strane. >> IO LO ISPIRO. Io ispiro un uomo a fare cose assurde tuttavia piuttosto romantiche. Tutto questo non mi sembra vero ma anche se fosse un sogno voglio godermelo fino al risveglio. Ridiamo e mangiamo. << Sei tutta sporca di nutella liquefatta! >> << Anche tu! >> Osserviamo un palloncino che vola in cielo. Rimaniamo affascinati da quel volo. Il palloncino non ha paura di allontanarsi dalla terra ferma, non ha paura di infrangere le regole, non ha paura di fuggire dal mondo. Lì, nel cielo, è libero di sentirsi libero. Anche io,lì in quel parco immenso, posso sentirmi libera di essere libera ma solo avendo lui al mio fianco. Il mondo all’esterno non esiste, ci siamo io lui e la baguette al tonno. << William,che lavoro fai? >> << Lavoro in una libreria come commesso. >> << Perfetto,d’ora in poi potrò venire a comprare i libri da te. Sai,amo leggere! >> << Oh,anch’io >> Si fa un po’ titubante. << Cosa ti piace leggere? >> << Le cose che pochi riescono a leggere. >> << Non capisco! >> << Leggo le cose che a pochi interessano, perché mi danno possibilità di sognare con i piedi per terra. Non tutti condividono la mia scelta.. >> il suo volto diventa a poco a poco malinconico. << Anch’io amo viaggiare nei libri, immaginando con in piedi piantati nella realtà. >> Silenzio. Lo vedo alzarsi di scatto e mi chiedo dove voglia andare, il motivo per cui mi voglia abbandonare. Non lo riesco più a vedere. Ha lasciato tutta la sua roba qui,anche la sua simpatia e la sua libertà. Eccolo,però,che riappare questa volta in compagnia di un lecca-lecca gigante, alto su per giù quanto lui. Incominciamo a ridere come bambini nel passeggino. << E adesso cosa intendi fare con un chupa-chups? >> << Mangiarlo,no?! >> << Non ne sono proprio convinta! >> dico con un sorriso a trentadue denti. << Hai mai pensato che i lecca-lecca posso ritrarre le persone come sono nella realtà? >> << Cosa intendi dire per “ritrarre le persone come sono nella realtà”? >> dico incuriosita. << Guarda questo lecca-lecca! E’ formato da un vortice di colori e può essere interpretato con un arcobaleno. Sai perché l’ho preso? >> << L’hai detto prima..per mangiarlo! >> dico stranita. << No! L’ho preso per te. Tu sei come questo lecca-lecca. Sei un arcobaleno. Con la tua spontaneità e la tua sincerità trasmetti agli altri tutti questi colori. Colori capaci di farti sognare o di farti volare come fanno i palloncini o le farfalle. Se ci pensi anche i palloncini e le farfalle sono di tanti colori. >> William ha ragione. I colori sono l’elemento chiave per poter evadere dalla realtà e per capire che tutto ciò che ti circonda lo si è costruito da solo,con le proprie forze,con il proprio entusiasmo. << Grazie William, grazie davvero. >> << Io dico sempre e solo la verità. >> Ci sorridiamo. << Dove abitavi in Italia? >> << In un paesino vicino Roma. >> << Bellissima Roma! >> << E’ vero. E tu invece? >> << California >> << Dici davvero? >> subito mi sono corretta << Si! Tu dici sempre la verità! >> << Apprendi in fretta,vedo. >> Senza esitare un attimo prende l’asciugamano, getta le carte unte e i contenitori di plastica, e mi trascina verso una grande fontana. Ci sono tanti bambini, mamme con i loro passeggini e poi ci siamo noi. Ci mettiamo in ginocchio come se volessimo pregare e ci fossilizziamo sullo scivolare dell’acqua lungo le raffigurazioni di pietra.

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