Sweet Prince

di Yuna90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Piccolo Romeo ***
Capitolo 2: *** Candeline Spente ***
Capitolo 3: *** Incontro ***
Capitolo 4: *** Alice ***
Capitolo 5: *** Una nuova luce ***
Capitolo 6: *** Violini e caramelle ***
Capitolo 7: *** Sogno o realtà? ***
Capitolo 8: *** Sotto un salice ***
Capitolo 9: *** La Rosa ***
Capitolo 10: *** Fratellanza ***
Capitolo 11: *** Lo stesso Sangue ***
Capitolo 12: *** Nascosti ***
Capitolo 13: *** Non lo vedi? ***
Capitolo 14: *** Il Filo della vita ***
Capitolo 15: *** Rinascita ***



Capitolo 1
*** Il Piccolo Romeo ***



Estratto da un sogno:
"Io sono il "Piccolo Romeo".
E' così che mi chiamavano.
Troppo romantico per questo pianeta.
Troppo sensibile per sorridere.
Sognavo favole di carta che prendessero fuoco nel finale.
Per poi guardarle bruciare velocemente..
Mentre Roma profumava d'estate..
Era arrivato finalmente il mio compleanno.
Il più importante.
"18 anni, un traguardo importante."
Non sapevo cosa pensare al riguardo.
Guardavo il cielo estivo cercando una risposta.
Una risposta che non arrivava.

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Capitolo 2
*** Candeline Spente ***



-Alex, Alex, svegliati!
Ho aperto gli occhi più lentamente che potevo.
Per rallentare lo stupore.
Rosa, mia sorella e tutta la mia famiglia aveva portato la torta di compleanno in camera.
Soltanto per me e Marco.
-Buon Compleanno Gemellini!
Sorrisi.
Anche mio padre sorrideva, mantenendo sempre un aria di compostezza.
Marco era gia' sul punto di fiondarsi a mangiare la torta alla panna.
Io rimanevo come paralizzato a osservare quei sorrisi.
Cercando un modo per manifestare quella felicità.
Quella strana emozione dentro.
Fuori l'aria soffocava, tanto era calda.
Avrei voluto catturarla in un barattolo e osservare i vortici di calore di cui era formata.
Quella sera siamo andati al mare.
Solo io e Marco.
Osservavamo, parlando di piccole-grandi cose, il riflesso del castello sull'acqua.
Il mare era tinto di bianco e blu.
E la tavolozza notturna splendeva di questi colori.
Marco diceva, quasi sussurrando, che sognava di trovare una ragazza come Jessy..
Marco singhiozziava, nominandola.
Non l'aveva ancora dimenticata.
Avrei voluto toccare il suo cuore per fermare il suo battito irregolare.
-Marco so bene a cosa stai pensando..L'amore non puo darti pene del genere. Non lasciare che ti porti via così il tuo sorriso!
Marco mi guardò un momento, e le mie parole lo calmarono, ma dentro di lui restava un enorme dolore.
Con questi 18 anni avvertivo la nostra crescente lontananza.
Non solo stavamo cambiando, ma diventavamo gradualmente due estranei.
Esitai di fronte a questo pensiero.
-Perchè sta succendendo?
Continuammo a chiacchierare, ma nella mia mente il pensiero era fisso.
Non avrei dimenticato quel momento, non volevo che ci separassimo.
Chiesi alla luna di aiutarmi!
Ma era inevitabile.


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Capitolo 3
*** Incontro ***



Pochi giorni dopo i miei genitori insieme a Michele e Rosa, presero il primo volo per tornare a Londra.
Il piccolo Michele mi salutava triste con la manina, e lo baciai sulla guancia sussurrandogli un leggero:
-Ci sentiamo presto..
Speravo che un giorno saremmo tornati una vera famiglia, uniti.
Avevo vissuto a Londra solo 1 anno.
Per qualche ragione, che non conoscevo, mi sentivo morire in quella città.
Un giorno ho sentito dire questa citazione: Quando un uomo è stanco di Londra, è stanco della vita, perché a Londra si trova tutto quanto la vita può offrire.
Forse è per questo che scappai via, tornando a Roma.
Marco, dopo che Jessy lo lasciò, mi raggiunse.
Persi un anno scolastico e mio nonno mi offrì, allo stesso tempo, un lavoro nella sua pizzeria.
Certo, non era il lavoro dei miei sogni, ma lo accettai.
Con la scusa lasciai la scuola, ne avevo abbastanza di quel tipo di ambiente.
Marco invece riuscì a riprendere gli studi, anche con molta naturalezza.
Oramai ero diventato "un adulto", ma dentro di me non ero cambiato affatto.
Dentro ero un bambino.
Agosto arrivò, e in un caldo pomeriggio domenicale decisi di andare a comprare una granita.
Certe volte facevo una passeggiata e tornavo a piedi, ma il sole era cosi' forte quel giorno che evitai quella lunga camminata.
Sotto la pensilina della fermata c'era, all'ombra, una ragazza.
Era la tipica ragazza dark, truccata pesantemente, e vestita interamente di vestiti scuri, ma non fu ciò che attiro la mia attenzione nei suoi confronti.
Guardava in basso, quasi contemplando la forma dei sampietrini.
Una striscia di trucco nero colava dai suoi occhi.
I suoi occhi..
Erano i più belli e tristi che avessi mai visto.
Il loro colore era cristallino come l'acqua, e all'interno c'era un leggero tono di verde; non potrei mai dimenticare quegli occhi.
Cercai comunque di non fissarli troppo, altrimenti l'avrei disturbata.
Singhiozzava continuamente, e i suoi occhi, come sotto un triste incantesimo, versavano lacrime senza interruzione.
Avrei voluto aiutarla ma non avevo idea di cosa fare o dirle.
Ma non volevo lasciarla così, non avrei mai potuto perdonarmelo.
Arrivò il suo autobus, numero 117, e con quella sua aria malinconica si alzò dalla panchina.
Senza che me ne accorgessi la fermai, lei si voltò, e ad alta voce, quasi urlando le dissi:
-L’amore è un fumo che nasce dalla nebbia dei sospiri; se purificato, è un fuoco, che guizza negli occhi degli amanti se agitato, è un mare che si nutre delle loro lacrime…ma che altro può essere? pazzia discreta, soffocante amarezza e dolcezza che alla fine ti salva.
Lei mi sorrise, guardandomi dritto negli occhi, e scappò in fretta..dopo pochi secondi, non riuscii più a scorgere il suo viso..sorridere.
Quei pochi secondi erano diventati eterni.

 

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Capitolo 4
*** Alice ***



Non riuscivo a dimenticarla.
Com'è strana quella sensazione adrenalinica che provocano le ossessioni.
Dopo quel weekend Marco l'ha vista.
In una situazione che io, stranamente, non mi aspettavo.
-Ale! Non crederai mai a cosa mi è successo stamattina!
Posai il libro che stavo leggendo per guardarlo bene negli occhi.
-Cosa?
Dissi incuriosito.
-Una ragazza sconosciuta mi ha abbracciato per strada!"
Capì immediatamente che si trattava di lei.
-E cosa ti ha detto?
-Mi ha ringraziato e mi ha sorriso..
Si! Era lei, in quel momento ne ero sicuro.
-Penso di sapere chi fosse..
-E' una tua amica?
-No..non proprio.
Sorrisi.
Come se quell'abbraccio lo avesse concesso a me.
Dopo questo gesto ero sicuro, si, volevo rivederla.
L'ho fatto.
Sono tornato a quella fermata..
Non so nemmeno perchè.
Sono uscito e senza pensare mi sono ritrovato li'.
Ma lei non c'era.
Quando ho raggiunto la fermata e non l'ho vista è sorta in me una grande tristezza.
Ero li' per lei, e lei non c'era.
Ma in fondo cosa dovevo aspettarmi?
Sperai di rivederla restandoci almeno un altro un po', perchè Marco l'aveva incontrata pochi giorni prima sempre a quella fermata.
Perchè non poteva succedere anche a me?
Le 16:00.
Aspettai per mezz'ora.
Stringevo i pugni.
Avrei pagato per parlarle ancora..
E magari per dirle qualcosa di sensato invece di una frase uscita fuori da chissà quale reminescenza shakespeariana.
Ai miei occhi avevo compiuto un gesto semplice..ma lei lo aveva apprezzato.
Oh quanto mi sarebbe piaciuto poterla sentire tra le mie braccia, e vederla sorridere.
Io e Marco siamo sempre stati troppo simili.
Troppo identici, almeno nell'aspetto.
Il tempo passava, anche troppo veloce, e più passava più mi sentivo impaziente.
Impaziente?
Di cosa impaziente? Non ci eravamo dati un appuntamento.
Improvvisamente mi guardai intorno, forse viveva in uno di quei edifici o frequentava quei posti, per chissà quale motivo.
Ero venuto li' dopo una settimana alla stessa ora.
Lo avevo fatto apposta forse, ma non ricordo.
Un ora.
Forse aspettare un'altra sarebbe stato assurdo..
Decisi di andarmene, via nazionale era anche troppo affollata.
Camminai senza alzare lo sguardo per un paio di metri.
Quando lo alzai vidi solo la custodia blu di un violino.
E a portarla era lei.
Penso di essere rimasto paralizzato per quasi un minuto.
E lei sorrideva, finalmente sorrideva. 
Ero ridicolo, con quell'espressione, ma lei non era imbarazzata.
-Passi spesso di qui?
Non pensavo mi avrebbe parlato, ma se non l'avesse fatto lei non so per quanto tempo sarei rimasto cosi' immobile a guardarla.
-Qualche volta..e tu?
Fece finta di pensarci.
-Lezioni di violino, una tortura, credimi!
Un angelo che suonava il violino.
Niente di più magnifico al mondo.
Non credevo che l'avrei incontrata veramente.
Ma lei era davvero di fronte a me, come se uno strano destino avesse voluto unire le nostre strade.
Ancora una volta.
-Non so come ti chiami..
Come faceva ad essere cosi' dolce nel parlare?
-Alex..io sono Alex.
-Alice.
Mi regalò un sorriso.
-Allora, Alex..dove abiti?

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Capitolo 5
*** Una nuova luce ***



Alice..
Improvvisamente quel nome assunse la veste di una dolce melodia.
Abbiamo parlato molto quel pomeriggio.
Aveva solo 15 anni.
Sembrava cosi' indifesa e forte.
Cosi' piccola e adulta.
Era una ragazza di famiglia ricca.
Suo padre era un medico di fama mondiale e la madre era una violinista.
I suoi l'avevano costretta a viaggare senza sosta dalla nascita, tenendola lontana dall'Italia.
Non seppi mai perchè, entrambi i genitori erano italiani.
Per il suo 15°esimo compleanno tornarono in Italia, per esaudire il suo desiderio.
Lei ne era tremendamente attratta.
Quella lontananza l'aveva solo legata di piu' all'Italia.
Probabilmente..
Era figlia unica percio' era meravigliata dalla mia famiglia.
Non era abituata alle famiglie numerose.
Non abitava molto lontano da me, a quanto pare, ma la sua casa in confronto al mio piccolo appartamento doveva essere un castello.
Era cosi' affascinante guardarla parlare.
-Spero di non disturbarti con tutti questi discorsi sul passato..
-No!
Esclamò.
-Il tuo passato è molto interessante quanto triste..
Eravamo uguali, cosi' simili, temevo fosse solo una mia stupida sensazione.
Ma quel giorno, il pomeriggio volo' dolcemente..
-Oh sono gia' le sette..penso che dovro' tornare a casa.
Non volevo sentirmi perso senza di lei, ma senza rendermene conto desiderai tenerla con me ancora un po..
-No! Gia' vai? Quando posso rivederti?!
Improvvisamente Alice abbassò gli occhi.
Per un attimo pensai che non volessere rivedermi affatto.
-..Scusa..non volevo recarti pensiero....
Stavo per voltarmi quando mi afferrò il braccio come avevo fatto quella domenica che l'incontrai alla fermata.
-Puoi venirmi a trovare quando vuoi, ora che sai dove abito, temo che i miei genitori non mi lasceranno uscire un' altra volta..
Ero cosi' entusiasta al pensiero di rivederla!
-Ok, allora a presto Alice!
-A presto Alex..
Mi voltai ma solo per poco.
-Aspetta!
-Si?
-Quando desideri che venga?
-Domani, se ti va.
-A domani allora.
-A domani!
-Grazie del pomeriggio e della passeggiata.
Dissi poco dopo.
-Sono stata bene..non ringraziarmi!
Ancora quel sorriso.. ..CHE COLPO!
Ero cosi' felice...anche se forse voleva solo mostrarsi gentile.
-E' una pena cosi' dolce salutarci che ti saluterei fino a domani..
-Allora sei Shakespeare in persona!
-Si..modestamente..ma la citazione era tutt'altro che casuale.
Quanto avrei voluto baciarla, devo confessarlo, per immortalare cosi' il mio cuore..
Pieno, già pieno di lei.
Stupido Alex.
Avventato come sempre..
Non la baciai.
L'ultima cosa che desideravo era ferirla.
-Si credo che mi mancherai..a domani.
Sussuro' timidamente un momento prima di mostrarmi le spalle.
Piccola Alice.
Roma si illuminava, e il sole calava su quel dolce calore nato dentro di me.

 

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Capitolo 6
*** Violini e caramelle ***



"Stupido".
Si, non c'era miglior aggettivo per descrivermi.
Davanti a un cancello quattro volte piu' alto di me, e di fronte ad un giardino che poteva competere con l'Eden.
Per quanto riguarda me non ero degno di presentarmi, in quello stato.
Disordinato e sudato dopo aver corso per non perdere l'autobus, con sacchetto di bulbi di tulipano in mano.
Era inutile pensarci su.
"Coraggio!"
I cognomi mi erano familiari, ma non ne ricordavo la ragione.
Suonai al campanello, impaziente quanto nervoso.
Avevo aspettato un giorno per presentarmi, sperando di non aver atteso invano.
Senza neanche il bisogno di rispondere mi resi conto che mi stavano spiando con una telecamera.
Temetti, per un momento, che non mi avrebbero lasciato entrare ma ebbi una certa fortuna.
-Alex! Sei tu! Entra pure!
Era lei, Alice.
Entrando godetti un momento del giardino, perfettamente curato, e inebriato dal suo profumo trovai Alice alla porta.
Aspettava, e aspettava proprio me.
-Sai pensavo che non saresti venuto.
-Perchè mai?
Mi rispose con un certo imbrazzo.
-In fondo per te sono una sconosciuta.
Questa definizione mi suono' veramente buffa all'orecchie.
-Ma entra entra..
Le porsi il sacchetto, contenente i bulbi, sperando di non fare una figuraccia.
-Spero ti piacciano!
Lo apri' con curiosità, con l'aria di gradire quel gesto.
-Tulipani!! Li adoro..come facevi a saperlo?
Risi compiaciuto.
-Lo sapevo e basta.
Iniziai a guardarmi intorno, era sicuramente una delle case piu' belle che avessi visto.
-Daiii! Non guardarti in giro cosi'..in fondo non è un granchè.
Rimasi senza parole.
Forse lei non ci fece davvero caso, ma l'arredamento era cosi' elegante che per un momento mi intimori'.
Ma lo stupore non fini' neanche vista la sua stanza.
-Eccoci qui, soli, io e te.
Sembrava molto piu' a suo agio rispetto al nostro primo incontro.
Anche la sua camera era meravigliosa, pizzi e mobili in legno con un tocco estremamente femminile.
Ma è difficile descrivere accuratamente la stanza quando ero cosi' abbagliato dalla sua bellezza, in quel momento.
-Senti, ora che ci siamo conosciuti, mi devi togliere una curiosità.
Non esitai ad ascoltarla, sedendomi su una delle poltrone accanto alla finestra.
-Perchè hai voluto fermarmi per citarmi quei versi..alla fermata?
Sorrisi, perchè non mi pentivo affatto di quell'azione cosi' avventata.
-Mi sentivo in dovere di farlo, avevi un aria molto molto triste, e sicuramente il tuo pianto senza pace giustificava i miei sospetti.
-Ops, penso tu abbia ragione..
Accesi una sigaretta, chiedendo il suo permesso, ma rispose mantendendo l'imbarazzo per la mia risposta.
Sembrava respirasse anche a fatica.
-Dove sono i tuoi?
Probabilmente fu la domanda peggiore che potessi farle.
-Non ci sono mai..se non il fine settimana.
-Ah..capisco..e ne soffri vero?
Odio la mia tendenza a mettere a nudo le persone, ma a volte non posso farne a meno.
Non mi rispose, e cambio' argomento come se nulla fosse, in fondo era meglio così.
Alice, sola, nel suo piccolo universo di violini e caramelle.
Cosi' la ricordo, ancora.
Mi raccontava dei suoi viaggi malinconici per l'Europa.
Nostalgica quanto sollevata che si trattasse solo del passato.
Ad un certo punto si soffermo' sul ricordo di un bosco francese.
-Nell'oscurità sembrava una chiesa gotica ma naturale..che spettacolo straordinario..
-Avrei voluto vederlo con te.
Non si aspettava questa affermazione..
E ci fu uno scambio di sguardi, dolce..
Ancora ne sento il sapore al palato.
.Grazie
-Di cosa?
-Di stare accanto a me, ora.
-Sono grato di stare con te..perchè non dovrei?
-Forse non lo sai..ma è difficile non sentirsi soli, in questo deserto.

 

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Capitolo 7
*** Sogno o realtà? ***



Un'angelo di luce che mi illuminava il cammino.
La strada per la felicità.
Cosi' mi appariva quella dolce ragazza illuminata dalla luce esterna.
Il mondo mi sembrava diverso.
Mi sentivo forte e pronto a tutto!
Avrei potuto osare....
"Lei cosa penserà di me?"
Questo dubbio era come uno scoglio piu' alto della mia vela.
Quanti sguardi rubati e celati ci concedevamo.
Quante parole dolci o forse timide.
Il solo ricordo mi riscalda il cuore.
Cedetti e l'abbracciai..piu' teneramente possibile.
Non so cosa accadde poi..
Alice rimase in silenzio, a guardarmi.
Quante cose riuscivo a vedere nei suoi occhi..
Un'universo intero, una malinconia infinita..
Era come una statua di ghiaccio trasparente.
Il suo sguardo perso muto' poco dopo in terrore.
Inizio' ad urlare, all'inizio sembrava quasi un sussurro..finchè la sua voce disperata invase l'intera stanza.
-Aliceeee! Alice che cos'hai?! Rispondimi!!!
Inizio' a volteggiare, era quasi innaturale il suo movimento..e le sue grida quasi impercettibili per quanto forti.
In quel momento non capii il perchè della sua reazione..
E quei pochi minuti di delirio furono eterni per me.
La strinsi, ancora piu' forte, quasi involontariamente..
E da quel momento inizio' a piangere..
-Alice..cos'e' è successo?
Singhiozzava con dolore crescente..e quei suoni mi dolevano cosi' tanto che riuscivo a sentirne l'eco nella mia anima.
-Alex...tu sei reale?
La guardai un po perplesso.
-No...è che a volte ho una visione distorta della realtà..è un po difficile da spiegare..ma per un attimo ho dubitato che tu fossi reale.
Non riuscivo a capire ma l'ascoltavo attento.
-E' nata in me un emozione cosi' forte e meravigliosa che non riuscivo a prendere coscienza dell'accaduto.."
Le accarezzai il viso per tranquillizarla. Non ce l'hai con me vero?
-Va tutto bene..non devi giustificarti.
Smise di piangere..e anche se soffrivo per cio' che le avevo provocato, capii immediatamente che Alice dentro di se..aveva sentito dopo tanto tempo la felicità.

 

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Capitolo 8
*** Sotto un salice ***



Dopo quell'indimenticabile visita non ebbi modo di rivedere Alice..
I giorni passavano e l'estate cresceva..
L'avvertivo come l'arrivo dell'alta marea..che avrebbe inghiottito tutto.
I sensi hanno sempre avuto completo controllo sulla mia vita.
Ero impulsivo, ma non avevo intenzione di cambiare.
Trascorse una settimana..
Aspettavo ansioso la sua telefonata..come lei mi aveva detto.
La sua immagine non lasciava mai la mia mente.
Non riuscivo a stare tranquillo.
Giravo per le stanze controllando ossessionatamente il cellulare.
Marco mi guardava da un angolo della camera e rideva divertito.
Cosi' uscivo, mi mischiavo alla folla, costituta sopratutto da turisti.
Sperando di vederla.
Come il fato ci aveva unito in quell' afosa gionata..perchè non ora?
Arrivo' ferragosto..
Senza sue notizie.
Non posso negarlo, ero preoccupato per lei.
Durante quelle poche ore a casa sua avevo conosciuto la sua fragile sensibilità.
"L'aiutero' io..si! Con me al suo fianco non soffrirà più.."
Forse lei non voleva questo per sè..
Eppure le nostre anime si erano incontrate, sfiorate..
Lo sentivo in fondo al cuore, in ogni cosa bella, nella bonaccia estiva..
E l'aspettavo con una strana pazienza.
Passai un altra settimana sotto l'ombra di un albero con quel cellulare come compagnia..
Mi interrogavo continuamente su che cosa potesse essere successo.
Aspettai ancora..
Dopo un mese esatto dal nostro incontro, verso sera, mi presentai davanti al suo cancello.
Ero determinato a parlarle, almeno ad accertarmi che stava bene.
Suonai al campanello ma senza risposta.
Le luci in casa erano accese.
Cercai di ricordare quale fosse la finestra di Alice e anche quella stanza era illuminata sebbene da una lieve luce.
Feci per andarmene ma spinto da una forza improvvisa mi aggrappai al cancello per scavalcarlo.
Non ero agile come un tempo ma non riuscivo piu' a sopportare quell'assenza.
Dentro di me sapevo che forse era semplicemente disinteressata..
Sentivo che c'era qualcosa che non andava.
Qualcosa che la tormentava ed ero pronto ad aiutarla con ogni mezzo!
La chiamai rischiando di essere scoperto.
Apparve alla finestra dapprima spaventata e dopo sorpresa.
Mi vide sotto la finestra e apri' frettolosamente le ante.
-Alex!! Ma come...cosa fai qui?!
Sembrava fosse irritata.
-Volevo solo sapere come stavi e non avedo tue notizie ho pensato...
-Mi dispiace..ma non credo di poterne parlare..e almeno non in questa situazione.
-Posso salire?
-No! Ci sono i miei genitori..sono qui a Roma tutto il mese..e mi stanno tenendo d'occhio; per questo mi hanno vietato di uscire..
Tentai di escogitare un modo per entrare o farla uscire in giardino.
-Forse c'e' un modo per parlare..aspetta un secondo..arrivo!
Dopo un paio di minuti la vidi arrivare da una porta di servizio..
I suoi capelli erano piu' lunghi e quasi ricci..e indossava un vestito bianco che le risaltava il gracile corpo.
-Ali...
Non mi lascio' neanche pronunciare il suo nome che mi spinse sotto i rami di un salice li' accanto.
-I miei genitori saranno qui a Roma fino al prossimo fine settimana..ecco perchè non ho potuto vederti..
Ero confuso ma rincuorato dalle sue parole.
-Per quale motivo? E le lezioni di violino?
Dicono che mi stressa troppo..che devo esercitarmi da sola finchè non starò meglio.
-Ma cos'hai?
Non voleva rispondermi, e solo oggi so il perchè.
-Ho solo una salute molto cagionevole..niente di preoccupante..sono solo un pò troppo premurosi..
La sua voce tremava..e mi prese la mano, guardandomi come se sperasse intensamente di distrarmi da quell'argomento.
-Devi andare subito?
-Dovrei ma non voglio..e ho chiesto alla donna delle pulizie di chiamarmi quando iniziano a cercarmi..
Annui', ero veramente felice di rivederla..
-Alice..voglio che tu sappia una cosa, puoi sempre contare su di me..
Non rispondeva e continuava a fissarmi come incantata.
-So che potrà sembrarti assurdo o avventato ma voglio esserti vicino il piu' possibile..se vorrai darmi l'occasione di farlo..
-Grazie..
Pronuncio' con voce fiebile..
La donna di servizio la chiamo dalla finestra a bassa voce per non farsi sentire.
Alice lascio' la mia mano..
-Domenica! Ci vediamo domenica alla fermata..
Era quasi commossa..e corse via fino alla porta, ma prima che andasse, aprii un varco tra le foglie dell'albero e dissi:
-A domenica..mio angelo..

 

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Capitolo 9
*** La Rosa ***



Potrei..
Si, potrei parlare di quella Domenica.
La solita Domenica della capitale..
Tantissime macchine, tantissime persone..
"Tutto va, e viene.."
Questo pensavo, a quella panchina..
Tutto quell'andare e venire, quel caldo, mi ricordava il nostro primo incontro.
Ancora una volta.
Avevo paura, era già un ora che aspettavo.
Controllavo l'orologio, impaziente.
Eppoi..
La vidi arrivare, da lontano..
I capelli ricci al vento caldo di fine Agosto.
Un libro in mano, dall'aspetto antico.
Non riuscivo a muovermi.
Non credo di essermi mai innamorato prima di quell'Estate.
Non c'era mai stata un "Alice" nel mio cuore..
Piu' maestosa di quella principessa.
-Ale scusa il ritardo è tanto che aspetti?
Leggermente imbarazzato le rispondo di no.
Ci guido' il vento, per le solite vie romane, che quel giorno sembravano cosi' sconosciute ai miei occhi.
Per un attimo mi sembro' di osservarle con occhi diversi, con i suoi.
Non riuscivo a ritrovarmi, guardavo nel mio cuore, in ogni angolo di me stesso, e non mi trovavo.
Dov'ero?
Cosa, chi, a aveva preso il mio controllo..?
E sopratutto chi era quell'intruso?
O forse ospite, che abitava le stanze delle mie paure.. ma allo stesso tempo delle mie gioie..
Che senso aveva guardarla?
Non era abbastanza per cancellare i miei dubbi, non era la chiave del suo cuore.
Perchè, perchè avevo dimenticato che quell'organo batte.
Poi, la luce la colpi' ancora..
Invidiavo quell'accecante pallone del sole!
Ogni carezza mi rubava un po di pace..e un po di guerra.
Ma perchè esitavo?
Perchè il silenzio la copriva come un velo che offuscava il passo?
-Io...voglio sapere..stai bene?
Lei rise delle mie parole, ma la sua espressione tradi' l'ironia, con un segreto.
-Se ti baciassi..?
-Perchè vorresti?
-Perchè quando vedo una rosa desidero sentirne il profumo.
Ma lei non rispondeva, lei era altrove, dove la notte è eterna i fiori sono solo germogli..
-Sono perso Alice, sono perso in un giardino, dove ti ho dato una promessa, che ora è tua, ma no..non andartene adesso...fallo soltanto se non sai leggermi le labbra, mentre ti bacio.
Fu allora, che Alice si fece più piccola, e che sbricio' furtiva nelle tracce, che la genesi mi ha lasciato.
Come potrei dire, allora, in questa illusione che è la scrittura, come l'amai.
Non fu una caduta dolce, nell'abbisso del dolore..
Perchè il dolore aveva mutato forma, e come una farfalla si posava sulle ferite, senza rumore.
E fu eterno, si perchè l'eterno dura un attimo e nei secoli, sempre vivo.
Ed infine, fu pazzia, perchè non c'e' azione piu' bella che quella di impazzire.
Perchè fu Alice, me, e quel tutto, che nel vortice dell'infinito, trascina con sè i sogni e gli innamorati

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Capitolo 10
*** Fratellanza ***



Alex...
Quando saremo dall'altra parte del mondo,
Uniti da un unico pensiero.
Ricordati..
Ricordati delle mie parole.

"At the end of the world
Or the last thing I see
You are
Never coming home
Never coming home
Could I? Should I?
And all the things that you never ever told me
And all the smiles that are ever ever...
Ever
..."

Forse..
Nella notte, quando una farfalla si accinge a diventare stella, morendo.
Nel fumo dei ricordi rivedrò il tuo viso.
IL MIO VISO



-Svegliati...svegliati dai!
-No..non ho voglia...di..
La testa, pesava come metallo...
-Devi parlarmi...di lei! Sto morendo della curiosità...!
Aprii solo un occhio per guardare che faccia avesse in quel momento.
-Cosa vorresti sapere alle 6 di mattina?
Marco non seppe giustificarsi, ed abbasso' gli occhi.
-Sei tornato ieri sera senza dire una parola, ti sei messo al letto e ti sei addormentato...mi hai fatto preoccupare...
Era bello sapere che c'era qualcuno a preoccuparsi per me...ma in quel caso ero troppo felice per avere il minimo rinsentimento.
-Marco...hai presente il sogno più bello che si possa avverare...bhè questo lo supera!
Il sorriso di Marco era la risposta che mi aspettavo.
A quel punto decisi di alzarmi, e prepararmi un caffè.
Con una tazza di caffè in mano osservavo la città dalla mia piccola finestra, come un rituale, come un mantra che ripetevo ogni giorno.
Mi incuriosiva la rinascita quotidiana di quel piccolo mondo chiamato città.
Ed io ero una fenice che spiegava le sua ali profumate nel fuoco del mio nido.
Una nuova settimana iniziava, Settembre con essa si affacciava sul tempo.
Avrei ricominciato a lavorare.
E lei?
Cosa avrebbe fatto?
C'erano cosi' tante cose di lei che non conoscevo.
Mi ero innamorato di una sconosciuta..
Tanto da accendere una fiamma nell'oceano.
La razza umana è così abile a fondere i sogni con la realtà..ed io...così mi perdo.
COSI' MI PERDO!
Sentivo di poter andare dovunque, tenendola solo per mano, ed io non la reputerei una semplice sensazione..
Pieno di queste emozioni, qualche giorno dopo tornai a lavorare, e Marco mi accompagnò.
Mio nonno non perse tempo, accogliendomi come al suo solito..
-Sono le 9, sei in ritardo..corri in cucina."
Marco mi diede una pacca sulla schiena, dicendomi:
-Non ci fare caso..ci vediamo dopo."
Il tempo passò velocemente, cosa che mi stupii.
Io, ovviamente non feci altro che lavorare e pensare a lei..
Solo una cosa mi turbava, ed il suo pensiero era un tormento, come qualcosa che più si cerca di affondare in acqua piu' questa torna a galla.
Perchè Alice non poteva mai uscire?
Alla domanda, apparentemente semplice, si intrecciavano nella mia testa mille risposte, dentro un insormontabile oblio.
Forse era per problemi di salute..forse per i genitori che erano troppo severi, ma c'era un pezzo in quel puzzle che alimentava il mio dubbio.
Da cosa..nasceva...quella tristezza, che dal primo momento, vidi nei suoi occhi?
Gli occhi di Alice erano gemme sotto la coltre delle lacrime.
Poteva essere solo...Malinconia.
Mentre prendevo le ordinazioni..servivo..eseguivo gli ordini di mio nonno, in me si ergeva una tempesta che non riuscivo a placare.
Alle 9 e mezzo di sera, uscii dal locale e li' c'era Marco ad aspettarmi.
-Ti ho comprato le sigarette..
Ringraziandolo ne accesi una, forse mi avrebbe scaldato un po da quel freddo irreale.
-Stasera fa freddino, eh?
Io e Marco ci avviammo verso la metro, dapprima in silenzio..poi Marco disse:
-A volte mi chiedo cosa ci faccio qui.
-Cosa intendi?
Marco si fermò proprio davanti ai scalini della metro.
-Riflettendoci non so ancora se sono tornato a Roma per te o per scappare da Jennifer..la vita che faccio qui è molto diversa da..
-Allora perchè non torni a Londra? Tra un anno avrai finito gli studi, sarebbe il momento migliore..
-Ale..
Occhi che guardano all'interno degli stessi occhi, come uno specchio.
-Non voglio partire senza di te..tu mi hai salvato.
Le sue parole avevano un sapore troppo amaro.
-Marco tu avresti fatto lo stesso, sei mio fratello..siamo gemelli, si, ma non devi costruire la tua vita sulla base della mia, abbiamo lo stesso sangue, lo stesso aspetto, un legame fortissimo ma questa è un altra storia..
-Se fossi morto..
-NON SARESTI COMUNQUE MORTO!
-Ma se fosse successo..cosa avresti fatto?
Gli afferrai le spalle, stava delirando.
-Marco ora sei qui, sei guarito, hai deciso di seguirmi e questo ti ha aiutato a dimenticare..perchè ti ostini a voler ricordare? Cosa stai cercando? COSA C'E' CHE NON VA?!
Avevo alzato la voce, senza rendermene conto, ed in quel momento mi allontanai, iniziando a scendere le scale.
-Se tu non ci fossi Ale...non saprei come vivere..

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Capitolo 11
*** Lo stesso Sangue ***



Era tanto..
Troppo tempo, che non pensavo al mio ultimo periodo a Londra.
Che non pensavo a quel giorno.
Mi sconvolge, ancora, pensarci.
Non potrò mai dimenticare la lama di quel coltello e i rubini...
Che lenti scendevano sull'erba bagnata di pioggia.
Sembrava neve sporca...
Tutto avvenne cosi' rapidamente, assieme alle grida di Marco..soffocate dalle voci dei ragazzi, dalle loro risate.
Ripensandoci, in quel momento mi chiesi come potessero nascondere le sue grida disperate, mentre lui e i tre ragazzi dell'ultimo anno stavano dietro la grande quercia del cortile.
In momenti come questi, quando la mente di un uomo si focalizza su una scena simile, la mente perde controllo assoluto su di lui.
Entra in gioco..un meccanismo sconosciuto, che ti copre di adrenalina le vene, e la testa..
E la sosanza repentina..si impossessa di te.
Infatti,
Fu dopo...
Dopo aver pestato due dei ragazzi, dopo aver detto a Marco di scappare, dopo aver acoltellato in petto il ragazzo più grande, quando il sangue inizio' a macchiarmi le mani..
Allora mi resi conto che stavo per ucciderlo.
Aveva un anno più di me..i capelli biondi, gli occhi vuoti, e un sorriso che mi ricordava quello del diavolo.
Era li', a terra, steso come una persona stanca dopo una lunga corsa, ma con la camicia zuppa di sangue.
Gli altri ragazzi intanto avevano iniziato a gridarmi contro.
-Sei un assassino! Siete tutti assassini voi italiani!
Eppure non osavano toccarmi, ed io li guardavo come uno spettatore a teatro.
Fuori dalla scena del crimine.
Posai il coltello a terra e mi voltai verso Marco, anche lui sanguinava molto, e rimaneva a fissare la terra, piangeva.
Uno dei ragazzi aveva chiamato l'ambulanza e la polizia, ma io non scappai.
Rimasi li' con Marco, lo abbracciai, mentre sembrava singhiozzare e tremare sempre di più.
Io invece ero molto calmo..non so perchè.
Premetti più forte il mio petto sulle sue ferite e asciugavo prontamente ogni lacrima che nasceva dai suoi occhi.
Forse prima di quel giorno non avevo mai compreso il legame che ci unisce come gemelli.
Ed ogni dolore che lo affliggeva feriva anche il mio petto, ora che il suo sangue sporcava i miei vestiti, e le sue lacrime lavavano via la colpa di cui mi ero macchiato.

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Capitolo 12
*** Nascosti ***



Cosi' e successo..
Anche a me.
Ancora.
Sono caduto in una rete splendente..
Ma pur sempre una rete..
Come un assetato nel deserto, mi è venuta a mancare la linfa vitale.
Tornai da lei pochi giorni dopo, e non c'era..
No, non c'era Alice ma non solo..
Non c'era nulla, la casa era stata letteralmente rasa al suolo, e un enorme cartello davanti a dove una volta c'era la costruzione diceva "vendesi terreno".
...Mi manco' il respiro..
Per un lungo.. interminabile minuto.
Cosa poteva essere accaduto?
Insieme a lei sembravo destinato ad un lungo interminabile silenzio..statico, immobile, mentre lei affondava in un mare troppo scuro da non poterla nemmeno vedere.
Esattamente così mi sentivo in quel momento.
Per un attimo pensai di essermi sognato tutto, di non aver mai incontrato nessuna Alice, e di essermi immaginato solo un bel sogno quasi reale, poi ripensai a Marco.
"Anche lui l'ha incontrata..quindi non può essere.."
E allora lei dov'era..?
Stava bene?
Non sapevo dare pace a queste domande.
Era troppo tempo che le portavo con me.
Poi mi resi conto che non ero solo, sentendo un ragazzo che fischiava proprio accanto a me.
Conoscevo quella melodia.. era moonlight sonata di Bheetoven.
Stava guardando nello stesso punto, quel maledetto cartello.
-Saresti interessato..a..?
Mi girai verso di lui, e mi colpi' subito il suo volto.
La sua pelle sembrava ghiaccio candido, e i suoi occhi erano leggermente più scuri di essa..i capelli biondi e fino alle spalle, ed era anche qualche centimetro più alto di me.
Poi le sue labbra sembravano scolpite nel marmo; e con questo aspetto che non poteva passare inosservato si presento cosi' sfacciatamente tra me ed Alice.
-No..è che..qui una volta ci abitava una ragazza."
-Alice Armandi?
Il sangue mi raggelò un momento..
-Si lei..perchè? La conosci? Sai dove si è trasferita?
Il suo viso si fece più serio, prese fiato e rispose.
-Mi chiamo Claudio Buonacorte, la mia famiglia è amica da tempo degli Armandi..stavano per trasferirsi in Germania, poi all'areoporto l'hanno persa un attimo di vista e lei è scappata, sara' un giorno che le forze dell'ordine la stanno cercando..
-Cosa?
Ero più sconvolto che mai.
Perchè non era venuta da me?
Forse ero troppo egocentrico a farmi una domanda simile.
Poi mi ricordai di quando Alice mi disse che amava andare alla basilica di San Giovanni quando pensava di fuggire..ma poi non riusciva a passarci più di un paio d'ore e tornava verso casa.
Claudio probabilmente mi vide sovrappensiero e mi chiese se sapevo dove potesse essere andata.
-Si.. forse nella basilica di San Giovanni.
-Davvero? Bhe allora se la vedi, cerca di riportarla dai suoi..
-Per lasciarla in carcere a vita?
Le mie parole non dovevano essergli piaciute perchè mi guardo' torvo.
-Tu non sai nulla degli Armandi..digli che te ne ho parlato io..scusami ma ora devo andare.
Svolto' dalla strada senza che io avessi il tempo di rispondere, erano solo pochi minuti che lo conoscevo e già avevo una brutta sensazione su di lui.
Mi avviai verso la fermata, ed una volta lì aspettai mezz'ora per l'autobus.
Chiesi anche ad una signora se per caso avevano indetto uno sciopero ma lei disse di aver sentito niente del genere.
Dopo mezz'ora finalmente arrivò, e dopo un altra mezz'ora ero arrivato di fronte alla basilica.
Entrai di corsa in chiesa, aprendo le porte rumorosamente, ma al primo sguardo notai che non c'era nessuno, se non un paio di vecchietti proprio nelle file di fronte all'altare.
Ero seriamente preoccupato per lei, ma sapevo che non potevo setacciare Roma in sua ricerca.
Alice si era nascosta nella tana del bian coniglio, e per quanto profonda sapevo che lei poteva uscirne..
Tornai a casa che scese la sera, Marco ed Elisa, mia sorella stavano cucinando.
Salutandoli, Marco noto' subito che c'era qualcosa che non andava.
-L'hai trovata?
-No! E' scappata di casa..anzi è scappata e basta visto che oramai non ha neanche più una casa..
-Che cosa intendi?
-E' scappata mentre partivano per la Germania, ero sicuro di trovarla dentro la basilica di San Giovanni.. sapevo che era l'unico posto dove avrebbe mai pensato di andare se avesse esitato a venire qui da me..eppure..non c'era...
-Forse l'hanno già trovata.
Disse Elisa, apparecchiando con cura la tavola.
-Ipotesi..solo un ipotesi.
Ero nervoso, troppo nervoso, ed Elisa insieme a Marco cercarono in tutti i modi di calmarmi, di farmi ragionare.
Impresa impossibile quando si trattava di Alice.
Riusci' ad addormentarmi solo alle 3 di notte, e la mattina seguente fui svegliato da una telefonata insolita.
Erano le 8 di mattina, e Marco riuscì a buttarmi giù dal letto solo con una frase:
-Alice al telefono! SVEGLIATI!!!
-Alice???!
Nel giro di 5 secondi ero in piedi di fronte al como' con il telefono.
-Alice?! Stai bene?! Dove sei?!
Dall'altra parte della cornetta riuscivo solo a sentire singhiozzi, poi con voce rotta mi rispose:
-Sono da un mio amico..abita in via *** ..ti prego vieni! I suoi genitori hanno chiamato i miei e veranno a riprendermi..Io..non so come..ti spieghero' tutto ti prego perdonami..vieni.
Non mi feci pregare oltre ed annotato il numero civico e la via di quella casa, usci' prima che potevo per raggiungerla.
Non ero per niente sorpreso di ritrovarmi di fronte ad un altra villa, e non aveva neanche il cognome sul citofono, così suonai.
-Chi è?
Timorosamente risposi..
-Sono Alex.. un amico di..
-Entra.
Il cancello si aprì e all'ingresso fui sorpreso di vedere lui....Claudio.
Avrei dovuto immaginarlo si, ma ero troppo concentrato su Alice per pensarci.
-Ciao! allora ci rincontriamo..
Solo guardandolo capì tutto, e mi resi conto in un solo secondo del motivo per cui Alice si trovava lì.
-Tu..l'hai...
Non riusci' a finire la frase che Alice venne alla porta e mi abbraccio' stretta.
-Grazie..
Sussurro' commossa.
Claudio ci chiuse la porte alle spalle.
-Non volevo partire Alex! Non volevo farlo mi hanno costretta, nel giro di 3 giorni mi hanno preparato le valigie e tutto..io non sapevo cosa fare! Ho cercato di venire da te ma un carabiniere mi ha visto sotto casa tua..non sapevo più dove andare!"
Continuava a piangere, ed io mi limitavo a stringerla ed accarezzarle i capelli.
-Poi..Claudio mi ha trovato alla basilica, che strano si trovava lì per parlare con un prete per conto del padre, e sono venuta qui ma non siamo riusciti a convincere i genitori a farmi rimanere almeno un giorno in più prima di farmi partire..abbiamo solo pochi minuti..non voglio andare, non voglio.."
Alice non poteva vederlo, con il viso coperto dal mio petto ma dalle sue ultime parole io e Claudio avevamo iniziato a guardarci sempre più fissi negli occhi.
-Che fortuna che ti abbia trovato, non preoccuparti, parlero' io con i tuoi genitori.
Alice alzo' lo sguardo, mentre Claudio reagì ridendo.
-Cosa credi di fare? Convincerli che loro figlia stia bene e che..
-Claudio perfavore! Non sarà necessario..
-Sai come la penso Alice, ci tengo a te e' proprio per questo che sono in pena ..vado a controllare se sono arrivati dal garage.. con permesso..
Era molto bravo a giocare con le parole, ma il suo interesse non era apprezzato..almeno da me.
Allora mi resi conto di qual'era la cosa giusta da fare.
-Verrai con me, forse abbiamo ancora tempo per..
-Scappare? Ma ci vedranno!
La presi per mano per accompagnarla alla porta ma senti' che opponeva resistenza.
-Fidati di me, non ti lascero' mai più loro prigioniera..è questo che vuoi..no..?
-Si..volare via..con te.
Annui, sorridendo con quel sorriso che da solo sapeva aprirmi il paradiso.
Tenendola, corsi piu' che potevo verso il cancello che per sicurezza avevo lasciato leggermente aperto.
Appena fuori, notai che una macchina scura stava avanzando verso di noi..
-Di qua!!
Gridai mentre già io ed Alice avevamo imboccato un vicolo piuttosto nascosto, proprio accanto alla villa.
E in quella fuga frenetica, sentivo i nostri cuori battere all'unisono.

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Capitolo 13
*** Non lo vedi? ***



Dopo dieci minuti che correvamo, salimmo sul primo autobus.
Non riuscivamo neanche a parlare, tanto respiravamo con affanno.
Alice aveva gli occhi sconvolti, ma la sua espressione era certamente felice.
Ce l'abbiamo fatta..
Disse proprio quando eravamo prossimi alla metro e cosi' scendemmo.
Prendi la mia felpa e copriti la testa con il cappuccio.
Per dargli la felpa rimasi in maglietta a maniche corte ma non m’interessava, la pioggia autunnale ancora non aveva rinfrescato l'aria.
Forse ero un tantino possessivo, ma non potevo lasciarla sola, proprio quando aveva più bisogno di essere salvata.
Da me.
-Ma..
-Vuoi che ti riconoscano?"
-No, certo che no.
-Allora mettila..
Alice indossò l felpa e sempre per mano procedemmo verso la metro.
Una volta a casa trovammo Marco ad aspettarci.
-Ale allora..
Ovviamente dopo un secondo preciso vide Alice e non esito' ad appracciarla.
-Alice stai bene!
Era pietrificata, forse il fatto che avessi un gemello era slittato tra i suoi ultimi pensieri in quella circostanza.
-Rimani da noi?
Alice era notevolmente imbarazzata e guardava le nostre facce alla ricerca di una differenza fra tutte quelle somiglianze.
-Almeno per ora..
Marco sembrava confuso dalla mia risposta, ma non ci penso' su molto ed invito' Alice ad accomodarsi.
-Piu' tardi conoscerai anche Elisa, sai eravamo preoccupatissimi per te!
I due iniziarono a chiacchierare, e nonostante allora fosse al sicuro non riuscivo a smettere di chiedermi se avevo fatto o no la cosa migliore per lei.
Le parole di Claudio continuavano a riecheggiare nella mia mente, e il suo sguardo sembrava sempre sopra di noi.
Che stupidia sensazione già, proprio ora che eravamo scappati da casa sua.
Che cosa voleva da Alice?
Avevo la mente altrove ed Alice lo notò.
-Che cos'hai?
Non risposi, non riuscivo a farlo, la voce mi mancava, forse troppo occupata a concedersi ai miei pensieri, e mi sedetti accanto a lei sul divano, sfiorandogli le guancie.
-Credo di sapere a cosa stia pensando..non sa che conoscenguenze avranno la vostra fuga..
Alice si voltò verso di lui, aggrottando le ciglia.
-Ma allora è vero che i gemelli sono telepatici!
Nonostante la situazione fosse molto seria scoppiai a ridere.
Piccola Alice, non poteva sapere cosa si prova ad avere accanto un essere umano con il tuo stesso aspetto fisico.
-No..c'e' solo una forte empatia tra me e Marco.
-Ah capisco.
Sembrava delusa dalla mia risposta, ed abbassò per un attimo lo sguardo.
-Ma tu non preoccuparti, non mi interessa di cosa pensa Claudio, voglio parlare con i tuoi genitori e mostrargli che vuoi vivere qui, e devono almeno sentire le tue ragioni.
Alice mi fermò, toccando la mia mano con le sue piccole dita.
-Alex, ne hanno il diritto..oltretutto sono minorenne..vorrei che..
Inizio' a tremare, e il con il tremore sentivo la sua paura palpitare.
-Io non sono libera, non lo sono mai stata.
Marco si' alzo', probabilmente si sentiva di troppo in quella discussione, e fece per andaresene ma prima sorrise ad Alice e disse:
Alice fidati di mio fratello, io ora devo andare, non preoccuparti di niente e fai come se fossi a casa tua..sono felice di averti rivista.
Alice gli sorrise, e insieme accennammo ad un saluto.
Rimanemmo soli, ed un silenzio angosciante scese nella stanza.
Fuori di essa non c'era luogo che potesse tenerla lontana abbastanza.
Mi alzai ed appoggiandomi alla porta principale, con la sensazione che potesse sorreggere il mio umore le chiesi:
-Perchè proprio lì?
Si, gle lo chiesi perchè volevo sapere la verità.
-In Germania? Abbiamo una casa lì..
Avevo sempre la sensazione che mi stesse nascondendo qualcosa.
-Ne ha una anche Claudio?
Mi apparve sorpresa, e in parte indispettita a quella domanda.
-Credi che ti abbia nascosto volutamene della sua esistenza? Ti sbagli, è solo il figlio dei Buonacorte che sono amici dei miei da almeno due generazioni, e così ci siamo trovati spesso a vivere vicini, tutto qui.
Stavolta senti' che non mentiva, ma il fatto che avesse iniziato a guardarmi in quel modo strano non mi calmava affatto.
-Gli piaci lo sai vero?
-Lo so, ma per lui sono solo una specie di sorella minore..
Alice era troppo ingenua per rendersi conto del modo in cui Claudio la desiderava.
-Cosi' quanto ti ha ospitata non hai pensato a niente di..?
-Alex mi stai facendo male! Claudio è l'ultima persona che oserebbe ferirmi, perfavore non parliamone!
Smisi di fare domande, perchè non volevo certo innervosirla, bastavo io in quello stato.
Dunque mi promisi che non gli avrei permesso di toccarla.
-Scusami mi sono lasciato prendere dalla gelosia..
Dovevo aver gettato molto del mio orgoglio per dire una cosa del genere, ma ancora adesso non me ne pento.
Alice infatti si alzò e camminò verso di me..lentamente.
-Geloso?
Rise sotto i baffi e continuò,
-Sei cosi' sveglio Alex ma non ti sei reso conto di una cosa.
Rideva si, ma era così pallida, e questo contrasto mi blocco terrorizzato alla porta.
-Non vedi quanto ti amo?
Nascose il viso, chiusa tra le mie braccia, ed ancora una volta ero lì a fermare i suoi spasimi.
-Lo vedo, si.
La strinsi a me, e quella stretta sembrava la cosa più vicina alla perfezione.
Poi smisi di sentire il suo respiro, e Alice svenne.
-Alice?!
In quel momento compresi perchè era così pallida, e senti' la sua fronte.
-Ma tu...scotti!

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Capitolo 14
*** Il Filo della vita ***


Oggi ho ricordato il mio nome.

La guardavo, nel suo gelido pallore.
Aveva la febbre alta, 39°.
Non sapevo neanche se chiamare un dottore.
Non si svegliava.
Le 16, la luce le illuminava ancora il viso.
Allora suonarono alla porta, e mi ritrovai davanti a Claudio.
La sua espressione non era mutata affatto dal nostro ultimo incontro, e quell'espressione rigida mi disse:
-Ho bisogno di parlarti, ma non qui.
-Io non ho nulla da dirti invece, sopratutto se vogliamo discutere riguardo Alice.
-Sta male vero?
Il cuore si dice molto più forte di molte difficoltà, ma come poteva ignorare il fatto che Alice fosse in un pericolo più grande di quello che conoscevo?
-Cos' ha?
Il mio atteggiameno verso di lui cambio' repentinamente.
Non mi rispose ed indietreggio' fino alla scale, senza proferire altre parole lo segui' prima alla sua macchina, poi fino a casa sua.
Come potrei mai riportare tutti i pensieri che mi attraversavano la mente?
Con quali mezzi avrei potuto aiutarla questa volta?
Non ero di certo un dottore.
Erano le 16 e 30, ed Elisa stava tornando dal lavoro, sapevo che almeno non sarebbe stata sola.
Poco dopo ero sempre lì dentro 4 mura che valevano una fortuna, e che rappresentavano tutto cio' che io non potevo dare ad Alice.
La sola che abbia mai amato.
Lui ancora non parlava, e lì in piedi, davanti alla finestra continuava a guardare fuori.
-Alice..
Quel nome rimase sospeso per due minuti nella stanza, poi arrivo' il verdetto.
-Ha un tumore.
Malata?
Tumore?
Non avevo mai considerato molto una malattia che non fosse la mia, quella stupida malattia che affligge tutti i sognatori.
Questa di cui soffriva Alice era decisamente diversa.
Era arrivata la sentenza del mio cuore, e lo ascoltavo mentre iniziava a spezzarsi.
-Ha un tumore ai polmoni, gle l'hanno diagnosticato proprio qui in Italia, circa due mesi fa..
Ad un tratto esitai, perchè avrei dovuto fidarmi di lui?
Proprio dopo avermi ingannato neanche 24 ore prima.
-Bella storia, e come mai non si trova in ospedale?
-Perchè ha scelto di morire, ed ha ostacolato i suoi genitori in ogni modo pur di non recarcisi.
Un altra crepa nel cuore.
La voce mi tremava, mentre cercavo di dare un senso a quell'assurdità.
-Ma..come..perchè...?
Claudio inizio' a girare per la stanza e si fermo' a pochi centimetri da me.
-Credevi di essere così importante per lei? Credevi che volesse vivere con te?
Digrignai i denti, come osava solo parlare per bocca sua?!
-Tu non hai neanche la minima idea di quanto ci amiamo!
-T' ama addirittura?
Rideva, come di fronte ad una battuta spassosissima, e solo a sentirlo avevo voglia di farlo a pezzi, come un mostro che non ha diritto di tormentare la gente.
-Allora perchè non ti ha detto nulla?
Ci pensai un attimo, e chiedendomelo iniziai a guardarmi involontariamente intorno, come se la risposta fosse proprio lì, da quelle parti.
-Forse..perchè non voleva farmi preoccupare!
Claudio scosse la testa, e sempre sorridendo disse:
-No Alex, non parlavo della malattia, io e lei siamo promessi.
L' osservai con molta attenzione, e tentai con tutte le mie forze di immaginare come Alice riuscisse a guardarlo e considerarlo solo un amico di fronte al fatto che erano promessi.
-Lei...prova qualcosa per te...
Avrei dovuto porla come una domanda, ma dalla mia bocca usci' solo quell'affermazione soffocata.
-Sono l'unica persona fuori dalla sua famiglia che si sia mai occupata di lei, credo sia naturale.
-Io..non so più...cosa..
Ero così furioso verso quel ragazzo davanti a me, ma non riuscivo neanche a sfiorarlo.
-Alex, passerò sopra alla storia della fuga se mi prometti che d'ora in poi lascierai per sempre Alice.
-Lasciarla?! Ma cosa credi che se avessi saputo tutto questo l'avrei lasciata morire?
-Credo solo che tu abbia sbagliato a seguirla.
Questo era troppo.
Io sapevo che mi amava, sapevo tutto del nostro Amore.
Era come un figlio che avevo visto partorire, a cui avevo dato vita io stesso.
Era come un piccolo gioiello che portavo sempre in tasca, e mi bastava guardarlo brillare per non dubitare della sua esistenza.
Era il sole che illuminava le mie giornate.
E lui...veniva a definirlo:
"Un errore."
Non avrei tollerato oltre le sue parole, e gli diedi un pugno dritto sul naso.

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Capitolo 15
*** Rinascita ***


Ci guardammo, allo stesso modo dei leoni nell'arena.
Il naso gli sanguinava, e la vista di quel sangue mi disturbava come se non fossi stato io a colpirlo.
Non io..no..ma la mia coscienza.
"Perchè?"
Bella domanda, perchè?
Non mi sono mai interessato ai miei desideri, prima di incontrarla; ho sempre preferito sorridere ed aiutare.
Aiutare..qualcun'altro.
L'amore è così potente?
Non disse una parola, ma continuò a fissarmi, probabilmente perchè conosceva i miei pensieri.
La testa sembrava impazzita, ed io non riuscivo a respirare in quella stanza.
Corsi via, e quell'atto mi ricordò il pomerggio precedente.
Il rimorso era forte si ma maggiore la rabbia per aver perso, di nuovo, contro di lui.
Cosa avrei dovuto fare, e pensare dopo quelle rivelazioni?
Avrei sopportato quel dolore, quella rabbia, quella disperazione, ancora una volta.
Che essere inutile.
Inutile..
Senza di lei.
Le nuvole sopra di me sembravano burattini senza alcun senso..
Le strade piene di gente vuota.
Le case involucri di cemento, senza vita.
Assenza di certezze, tutto cancellato, caduto sotto la follia.
Volevo cadere nel vuoto, sentire la terra sotto di me e rialzarmi e scoprire un mondo più chiaro, più bello..migliore di questo; ma conoscevo i miei limiti.
Alex tu sei per strada.
Alex tu stai correndo troppo forte.
Alex tu non sai dove stai andando!
Mi piacerebbe rivedermi di fronte a lei, con il cuore lontano chilometri; abbandonato corpo senz'anima.
Lei, che si svegliava come un fiore libero dalla rugiada mattutina.
Mi ha guardato con tutta la dolcezza possibile, ma non la percepivo.
Apriva la bocca, parlava..ma non la sentivo, non usciva voce alcuna dalle sue labbra.
-Stai morendo?
Lei rabbrividì, e smise di guardarmi.
Sentivo la sua forza farsi sempre più debole.
Il suo respiro svanire..
Scese una lacrima dal suo viso, e lentamente fece cenno di si con la testa.
-Andiamo in un posto, aspettami qui, vado a prendere le chiavi della macchina.
Alice si calmò un secondo, ed iniziai a cercare le chiavi nei cassetti dell'ingresso.
Trovate le osservai per un attimo, e una carellata di ricordi mi infittì la mente.
L'estate della mia rinascita si era consumata con quelle chiavi.
Allora presi la cornetta del telefono per fare la telefonata più importante di tutte.
Per fare la mia scelta, per consegnare il mio cuore nelle mani del destino.
Non fu merito mio probabilmente..ma del coraggio di amare, volando con ali prese in prestito, che non mi appartenevano veramente.
Poco dopo ero di nuovo lì, davanti al mio letto ad asciugare le sue lacrime.
La strinsi a me, prendendola in braccio, e vidi nel suo sguardo che era confusa.
-Fidati di me.
Il suo viso accennò un fiebile sorriso, e la portai fino alla macchina.
-Chiudi gli occhi.
Li chiuse, e iniziai a guidare, anche con una certa velocità ma non avevo molto tempo per portarla a destinazione prima del tramonto.
30 minuti dopo ci fermammo, parcheggiai, e la ripresi in braccio.
-Ora puoi aprirli.
Alice apri' gli occhi proprio quando la stavo poggiando sulla sabbia ed essi brillarono al rosso chiaro del tramonto.
-...M...a....re.
L'abbracciai, sforzandomi di non piangere.
-Alice guardami...
Piego' la testa non comprendendo cosa volessi dirle.
-I nostri destini si stanno dividendo, sempre più nettamente ma io sento che c'e' qualcosa oltre queste contingenze, sento... che anche se morirai, o io morissi con te.. resterà il nostro amore, come una traccia indelebile nel tempo; questa è la cosa più bella che io avrei potuto trovare nel mondo, tu sei la cosa più preziosa che io avrei potuto vedere, ed io voglio prometterti che farò di tutto per proteggere il nostro amore..che per quanto sfortunato è, e sarà sempre meraviglioso..
Sincroni piangemmo sopra il dolce fragore delle onde, e la baciai ancora, con la purezza di un momento irripetibile, come quando si respira per la prima volta, vivendo in quel bacio.
-To...rne...remo....come..ora...uniti...
Alice svenne tra le mie braccia per l'ultima volta, mentre sentivo farsi sempre più vicino il rumore delle sirene dell'ambulanza e dei carabinieri.
Subito controllai il battito di Alice, e nel mio pianto si unì una goccia di gioia sentendo il suo cuore ancora in vita. 
Dalla strada vidi arrivare gli infermieri e la madre di Alice.
Mi manco' il fiato vedendola correre da lei.
-E' ancora viva..
Lasciai la sua mano, per darla a lei, e mi sentì ribollire di felicità nonostante sapessi che non avrei mai provato dolore più grande nel lasciarla andare.
Dietro c'era Claudio e il padre di Alice, anche lui piangeva con gli stessi occhi che fino a pochi momenti prima avevo osservato con tanto amore..
Sembravo uno spettatore alla fine di una storia struggente, un passante curioso.
Claudio venne verso di me alzando con sè anche la sabbia.
-Si salverà.
-Lo so...
Affidai la mia anima, anzi.. la nostra anima nelle mani di quel ragazzo.
Mi voltai per guardare il cielo, e sotto di lui...io ero appena nato.

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