All was well? I would not say - The Great Tournament

di AutumnLeaves98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I - Sorprese e presentazioni 'rinnovate' (con annesse figure di merda) ***
Capitolo 3: *** Capitolo II - Corsette sfortunate (secondo i punti di vista, almeno) e pranzi mooolto lunghi ***
Capitolo 4: *** Capitolo III - Piani di distruzione e poesie d'amore (come far impazzire due Tassorosso in una sola giornata) ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV - Inizi tra tizi e pretendenti invadenti (come convincere le persone che le rime nei titoli sono fighe) ***
Capitolo 6: *** Capitolo V - Buone nuove e nuove pessime (ossia ciò che non vorresti sapere) ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI - Beauxbatons, Durmstrang, Mahoutokoro, Saharmisr, Salem, Sheepwool e Varinhaferoz (ovvero come ignorare i propri personaggi per un intero capitolo) ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII - Hogsmeade e i guai (ciò che Kate più teme) ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII - Selezioni (ahi ahi qui si fan guai) - I parte ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX - Selezioni (ahi ahi qui si fan guai) - II parte ***
Capitolo 11: *** Capitolo X - I 101 modi per evitare una persona ma trovarsi sempre la famiglia tra i piedi (il manuale) ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI - Tentativi di salvare (e, soprattutto, di salvarsi) ***
Capitolo 13: *** Capitolo XII - Potter & Weasley Agenzy (gli organizzatori di Quidditch, matrimoni e feste clandestine) ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIII - C'è chi fuma sigarette (e chi fuma di rabbia) ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo 'TGT'
Prologo

1° Settembre 2022 - 10:46

King's Cross, Londra
Binario 9 e
¾

Due genitori avanzavano stancamente tenendosi per mano, mentre i figli spingevano i propri carrelli del tutto distratti. Entrambi cercavano i propri amici tra la folla. Tutta la famiglia si preparò ai soliti e ripetitivi saluti pre-viaggio, sempre settati in modo che non si riuscisse a percepire che si sarebbero davvero mancati. Questi tipi di sentimentalismi erano superflui per loro. Il padre scompigliò i capelli di un alto quattordicenne augurandogli buon anno scolastico, mentre la madre si dilungava in raccomandazioni da chioccia. L'uomo stava dicendo affettuosamente alla figlia: «E tu... vedi di contribuire alla vittoria di Grifondoro anche quest'anno!». La madre invece le disse, esasperata: «Beh, tesoro mio, è inutile dirti di non farti male... Ma almeno non romperti troppe ossa!». Sua figlia scosse la testa e sbuffò fintamente scocciata, prima di abbracciare il padre di slancio e dare un bacio sulla guancia alla mamma. Poi, Hugo e Rose si inoltrarono nel fumo allontanandosi da Ron e Hermione Weasley.


Rose cercava di distinguere qualcosa tra le sagome sfocate nella nebbiolina provocata dalla locomotiva. Cercava soprattutto dei volti familiari, che non vedeva da davvero troppo tempo: una ragazza bruna e piuttosto bassa, una bionda e riccia, un moretto tanto dolce, un biondino che stava sempre appiccicato alla sua moretta preferita -ed un po' rotondetta- e quest'ultima. Aveva la certezza matematica che se trovava lui avrebbe trovato anche lei... Non che Don le fosse visceralmente antipatico -questo primato era detenuto da un altro biondo-, ma di certo lo sopportava a stento. Passava ogni secondo con Kate -Tassorosso del suo anno-, impedendole qualche discorso un po' più intimo con la sua presenza. Per un po' aveva anche pensato che Donald avesse una cotta per Katherine, ma quello che provava per lei era più come l'attaccamento morboso di certi bambini alla propria mamma. Rose sbuffò a quel pensiero, aguzzando la vista e portandosi una ciocca di capelli rossi e ribelli dietro l'orecchio; per parlare davvero con Kate doveva inventarsi le scuse più assurde, certe volte le veniva il forte desiderio di prendere la mazza da Battitrice e spaccare la testa di quel ragazzo... che in quel momento le stava sorridendo da un finestrino del treno facendole segno di raggiungerlo. La Tassorosso era l'unica con cui riuscisse a confidarsi sinceramente, perché sapeva che non avrebbe mai incontrato un suo giudizio ma comprensione accompagnata da un abbraccio. Certo, la ragazza sapeva anche essere intrattabile, ma ognuno ha i propri lati positivi e lati negativi.
Rose salì sul treno con il suo voluminoso baule e arrivò allo scompartimento designato. Alla vista dei suoi migliori amici (più un intruso) si sentì più leggera; si fiondò immediatamente al fianco di Katherine Page. Questo prima di accorgersi che quella ragazza non poteva assolutamente essere Kate... Osservò i capelli più corti ma comunque lunghi, il profilo più magro, l'assenza degli occhiali che la accompagnavano da sei anni e restò di stucco. Non la vedeva da una quantità indecente di mesi, ma la trasformazione era inaspettata. Katherine rispose con un'occhiata curiosa e perplessa, Rose fece finta di niente e dandosi un po' di contegno chiese: «Avete passato bene le vacanze, ragazzi?». Ci fu un assenso generale e ognuno raccontò la propria estate, tutte inesorabilmente piatte e ripetitive, mentre il treno incominciava il suo arduo viaggio. Chi aveva conosciuto un bel ragazzo a cui forse piaceva, chi era andato al mare, chi era andato fuori dalla Gran Bretagna e chi, come lei, era rimasto a casa propria e si era girato i pollici non appena aveva finito i compiti da fare.
All'improvviso la porta si aprì e Stuart Finnigan entrò con al seguito gli amici Ryan Thomas e Henry Coote, che erano solo venuti a fare un salutino. Ryan scappò dalla sua fidanzata, Samantha, e Henry filò nel vagone dei Prefetti. Rose sorrise mentre le sue orecchie si tinsero impercettibilmente di rosso. «Ehi, ragazzi!» salutò il moretto tanto dolce che Rose aveva cercato prima con lo sguardo. Poi il ragazzo posò gli occhi grigi su di lei e la salutò con un sorrisone felice. Non si vedevano dalla settimana prima, quando per la prima volta si erano baciati -evento ininfluente, se ci si ferma a riflettere a lungo termine.
«Ehm, Katie...» provò subito il moretto, tentennando visibilmente e temendo una rispostaccia.
Kate si alzò con uno scatto autonomo e indicò a Stuart il posto. «Siediti e sta' zitto» gli disse con sguardo malizioso. Stuart obbedì in silenzio e si infilò nello spazio tra Rose e Donald. Katherine si sedette da un'altra parte e Don, che era stato viziato fin da quando era un feto, sbuffò scontento. Stuart e Rose passarono il resto del viaggio mano nella mano a lanciarsi sguardi e a ridere con i propri amici. Venne sera e finalmente arrivarono a destinazione: la cara vecchia Hogwarts. Vedere il posto che aveva agognato per tutta l'estate le provocò un istintivo senso di sollievo e di pace e strinse ancora di più la mano del suo nuovissimo ragazzo.
«Muoviamoci, Rosie. Gli altri hanno già occupato una carrozza e non voglio stare con i Serpeverde...» disse Stuart con una smorfia di disappunto. Il suo cervello, a quella frase, fece un collegamento piuttosto ardito: Serpeverde - ingiustizie - cugino - estate senza il conforto dell'unica persona che avrebbe potuto capirla. Il risultato di questo flusso incessante fu un'istantanea sete di sangue secondo i cui istinti l'avrebbero portata a vendicarsi di quella maledetta Serpe di Albus Potter, fino a fargli chiedere pietà con quei suoi occhioni verdi da cucciolo. In quel momento decise che era vitale salire sulla carrozza dei Serpeverde... Trascinò il malcapitato fidanzato nella carrozza più vicina, in cui aveva visto salire due ragazzi che conosceva, preparandosi. Individuò i posti liberi vicino ad un ragazzo dai folti capelli neri, che alla sua vista assunse un'aria terrorizzata. «Albieee! Come stai, cuginetto adorato?» esclamò facendosi sentire da tutti e sedendosi rumorosamente. In pochi secondi l'attenzione era su di loro, mentre Albus aveva la faccia di uno che avrebbe pagato oro sonante per scomparire al più presto. Rose continuò sempre ad alta voce: «E come sta zia Ginny? Spero che abbia tolto dal tuo baule quelle imbarazzanti mutande con i boccini che ti ostini a portare a Hogwarts ogni anno... Sono le tue mutande portafortuna, no?». La ragazza sbatté le ciglia con fare angelico e dappertutto risuonarono risatine sommesse e frasi derisorie.
Mai far arrabbiare Rose Weasley! pensò la ragazza prima di tornare alla carica con aneddoti imbarazzanti circa l'infanzia di Albus, i calzini di Albus, le allergie di Albus, le stupidaggini di Albus, i capelli di Albus, gli urletti eccitati di Albus davanti a una ruota panoramica nel Natale dell'anno scorso... Il giovane Potter sapeva che non poteva zittirla, perché la rossa avrebbe potuto fare di peggio, come l'anno prima, in cui aveva distribuito foto di lui da neonato, nudo come mamma lo aveva fatto, in seguito ad una litigata sulla vittoria immeritata della squadra verde-argento in una partita di Quidditch. In queste cose Rose si dimostrava né più né meno come suo fratello James e ciò lo irritava a morte, perciò cercava di farla arrabbiare il meno possibile e di evitare che certe cose imbarazzanti su di lui arrivassero sulla bocca di tutti. In quel momento i suoi amici se la ridevano come non mai e sapeva che avrebbe dovuto sopportare il nomignolo 'Albie' per il resto dell'anno scolastico. Scorpius cercava di trattenersi dal scoppiargli a ridere in faccia per dargli sostegno morale. O forse per non farsi vedere mentre rideva ad una battuta di Rose Weasley. Albus gliene fu comunque grato. Intanto, Zacharias Zabini e Marcus Lake ridevano di gusto ad ogni parola, incuranti del visibile imbarazzo del figlio di mezzo dei Potter. Stuart restava in silenzio e si guardava intorno con disagio e una punta di disgusto. Al lo conosceva da quando erano piccoli e allora erano più o meno amici, ma da quando Hogwarts aveva diviso i corsi delle loro vite a malapena si scambiavano due parole in croce.
Dio mio, finirà mai questa tortura?
Albus si chiese perché la carrozza ci mettesse così tanto e cercò di non pensare alle parole di sua cugina che continuavano ad ingombrargli le orecchie. Finalmente si fermarono e Albus scappò con tutta la sua velocità e agilità da Cercatore-bravissimo-ma-non-in-squadra-per-colpa-del-sistema-corrotto, dirigendosi verso la calca di studenti che fremeva per entrare nella Sala Grande. Si scontrò con qualcuno e... ebbe una visione celestiale! Una ragazza carina - macché, era bella, stupenda, magnifica, una dea! Ok, questo è esagerare - dai capelli scuri e lisci, con due occhi marroni leggermente a mandorla e così dolci... la novella Venere gli stava chiedendo scusa per l'urto. Non riuscì neanche a dire una parola che la ragazza venne trascinata via da un ragazzo biondo che gli parve di avere già visto da qualche parte, ma gli aveva lanciato poco più di un'occhiata quindi non ne era sicuro. Strascicò i piedi fino al tavolo di Serpeverde e si sedette sulla panca con l'aria di un condannato a morte. Restò in silenzio mentre il professor Paciock - gli faceva ancora senso chiamare zio Nev in quel modo - conduceva gli spauriti primini verso il tavolo delle autorità, in cui notò i nuovi arrivi tra i dipendenti della scuola: sua cugina Victoire, Infermiera tirocinante, con il fidanzato Teddy Lupin, assistente di Hagrid nel trattare con gli animali. Ormai il vecchio guardiacaccia era appunto troppo vecchio ed aveva bisogno di una mano, ma l'assistente precedente, dopo essere stato ferito da uno dei suoi Schiopodi, si era rifiutato di continuare. Così, poiché Teddy era più bravo con la fauna che con le persone, fu assunto.
Neville prese uno sgabello e un logoro cappello, che iniziò a cantare la filastrocca dell'anno. Il giovane Vicepreside chiamò uno a uno i ragazzini per Smistarli. Lanciò uno sguardo distratto ad un bambino dall'aspetto dolce e dai capelli arancioni - non potevano essere definiti in nessun altro modo - sedersi sul piccolo sgabello di legno e infilarsi il Cappello Parlante sulla testa. Albus si mise la testa sul palmo della mano e si preparò ad uno scrosciare di applausi e di calici sbattuti sul tavolo da parte dei Tassi... Aveva l'aspetto troppo dolce per finire in qualunque altra Casa! E il Cappello urlò:  «SERPEVERDE!». Albus guardò stupito il ragazzino, che si sedette al suo fianco per carenza di posti. A vederlo meglio, non c'era niente di dolce nel suo sguardo: dei freddi occhi color ghiaccio lo osservarono sprezzanti.  «Ciao, io sono Dominic Tanner. E tu?» iniziò la conversazione il ragazzino. Aveva modi altezzosi ma garbati, che facevano sentire l'interlocutore la cosa più ributtante dell'intero universo. Albus conosceva quella sensazione dal primo anno, ma aveva imparato a conviverci.  «Mi chiamo Albus e, sì, è un nome orribile» rispose porgendogli la mano per stringergliela mentre una bambina dai boccoli color ebano veniva mandata a Corvonero, accompagnata da una cacofonia indistinta di suoni. Dominic Tanner gliela strinse e si guardò attorno con aria curiosa prima di chiedergli:  «Il primo anno è difficile? E secondo te qual è il professore a cui devo leccare i piedi?». Albus ridacchiò -i Serpeverde non sarebbero cambiati mai- e rispose:  «La difficoltà è soggettiva e, beh, ti consiglio di essere estremamente cortese con il professor Lumacorno, il Direttore di Serpeverde e insegnante di Pozioni. Ha anche un suo club privato ed è meglio per te se ci entri» e gli fece l'occhiolino.
Finito lo Smistamento e la cena, la preside McGranitt si alzò dal suo scranno e diede inizio al discorso d'inizio anno con tutte gli ammonimenti e le proibizioni. Albus, che ormai lo conosceva a memoria, non ci diede tanto peso, ma poi una frase catturò bruscamente la sua attenzione.
«Quest'anno, Hogwarts parteciperà a un evento esclusivo e di grande onore. Quest'anno, affronteremo le scuole più potenti di questo mondo in un Grande Torneo!».


Allora, che ve ne pare? È piuttosto corto però mi rifarò con il primo capitolo! Qui abbiamo incontrato, anche se alcuni di striscio, i personaggi più importanti che saranno presenti in ogni capitolo. Azzardate ogni possibile ipotesi sull'argomento del Torneo, mi raccomando, perché questo Gran Torneo non ha nulla a che fare con il Tremaghi (sì, è anche una scusa per farvi recensire! XD).
A domani (ma non ci fate l'abitudine! XD) con il primo capitolo, gente!

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Capitolo 2
*** Capitolo I - Sorprese e presentazioni 'rinnovate' (con annesse figure di merda) ***


Cap 1 'TGT'
Capitolo I - Sorprese e presentazioni 'rinnovate' (con annesse figure di merda)



«Quest'anno, Hogwarts parteciperà a un evento esclusivo e di grande onore. Quest'anno affronteremo le scuole più potenti di questo mondo in un Grande Torneo!».

Un mormorio leggero si diffuse nella Sala e la preside McGranitt, soddisfatta per averli incuriositi, continuò il discorso.
«Ad agosto ho ricevuto un invito ad un evento riguardante questo Grande Torneo: un Torneo di Quidditch. Vi parteciperanno altre sette scuole e partiremo tutti il primo novembre per l'Egitto, dove si trova la scuola di Magia di Saharmisr, la quale ci offre una sistemazione del tutto adeguata. Ci saranno delle selezioni a fine mese per scegliere i sette giocatori che rappresenteranno Hogwarts e che, spero, daranno lustro al nostro istituto. Per scegliere i giocatori e i capitani giudicheranno degli ex alunni che adesso guidano la nazionale o che comunque hanno avuto una carriera spettacolare.
Adesso, miei cari alunni, vi auguro buonanotte.» concluse e il mormorio leggero di prima si trasformò in un boato di esclamazioni eccitate. Albus non aveva più sonno, probabilmente non avrebbe neanche dormito quella notte. Doveva assolutamente entrare in squadra! Così avrebbe fatto vedere cosa era in grado di fare a quel demente di Flitt, che aveva osato rifiutarlo per quell'idiota di Darren Nott.
Infatti per colpa di Nott l'anno scorso abbiamo perso...
S'incamminò verso il sotterraneo con Dominic alle calcagna e quando se ne rese conto gli chiese: «Ehi, marmocchietto! Mi stai seguendo?». Il ragazzino storse la bocca per il nuovo nomignolo e rispose con una strana cadenza annoiata: «Non so dove siano i sotterranei e la Sala Comune, quindi sto seguendo l'unico Serpeverde che mi ispira un po' di fiducia». Aveva un linguaggio strano per un undicenne, e anche il suo sguardo... era più adulto, più maturo di quello di un semplice bambino. Perciò Al decise che gli stava simpatico e lo condusse verso l'alto muro di pietra che era l'entrata per la Sala Comune; disse la parola d'ordine che gli aveva comunicato Scorpius quel pomeriggio, salì le scale ed entrò nel suo dormitorio, lasciando Dominic al suo destino. Appena chiuse gli occhi sprofondò nel sonno più pesante riguardante la ragazza carina - macché, era bella, stupenda, magnifica, una dea! Ma non l'hai già detto? - con cui si era scontrato nella Sala d'Ingresso.

2 settembre 2022, 7:08
Hogwarts, riva occidentale del Lago Nero

Katherine Page stava correndo con uno strano aggeggio tra le mani e con addosso una tuta larga, decisamente troppo. Ormai tutto quello che indossava le andava largo: in parole povere questi erano gli effetti collaterali (ma ovviamente sperati) della dieta che aveva intrapreso a maggio. Aveva ancora due abbondanti orette prima dell'inizio delle lezioni e per allora avrebbe fatto tutti gli esercizi fisici possibili. Si fermò e si scrocchiò le dita una per una in un gesto automatico, si sedette a terra con uno sbuffo e scosse il telefonino che non voleva saperne di riprodurre decentemente una canzone presente nella sua memoria. Maledicendo con parole poco gentili ogni stramaledetto incantesimo protettivo del castello, spense il cellulare e se lo infilò nella tasca anteriore dei pantaloni della tuta. Sbuffò per l'ennesima volta e s'infilò una mano tra i capelli prima di legarli in una stretta coda di cavallo, esasperata dal fatto che non avrebbe sentito una canzone decente nell'arco di mesi. L'anno scorso si era rotta i timpani con la musica sparata a tutto volume nelle orecchie appena c'era stata una gita ad Hogsmeade, ma non sapeva cosa avrebbe potuto fare e cosa no a Saharmisr. Già il nome le trasmetteva qualcosa di estremamente rigido.
«Ehi, e tu che ci fai qui?»
Kate sobbalzò piuttosto violentemente e si girò avendo un tuffo al cuore. Un Albus Potter in tuta la guardava con espressione perplessa e stranamente trionfante.
La ragazza rispose piuttosto infastidita e con tono sarcastico: «Non mi sembra che questo posto sia tuo. Oppure lo hai comprato ieri e non lo sapevo? In tal caso ti chiedo scusa». Appena lo disse si sorprese della sua sfacciataggine nei confronti di un ragazzo con cui aveva parlato sì e no sei volte. E per cui era cotta, ma quella era solo un minuscolo dettaglio di effimera importanza. Albus sembrò divertito e scosse la testa prima di dire: «Siamo nervosette di prima mattina, eh? Comunque scusa, non volevo sembrarti scortese» si sedette vicino a lei, «È solo che non sono abituato a vedere altra gente qui a quest'ora». Si sentì le guance scottare atrocemente e tanto per fare qualcosa prese il cellulare dalla tasca e lo fissò.
«Non sai che qui non funzionano quegli affari?» le chiese Al.
«Sì, ma tentar non nuoce, no?» ribatté la moretta. Albus annuì e si stiracchiò con uno sbadiglio. Poi parve riscuotersi e rendersi conto che che era andato lì alle sette del mattino per tenersi in allenamento.
«Non dovremmo correre adesso?»
«Perché, la Piovra Gigante ci sta inseguendo?» disse Katherine sollevando il viso al cielo nuvoloso.
«Dai, alzati!» le rispose porgendole la mano e ridacchiando. Katherine allora scosse la testa con una smorfia esausta e Albus cedette facilmente risedendosi. Allora la mora si chiese perché Albus Potter le stesse seduto vicino aspettandola per fare una corsetta insieme, quando a stento si erano rivolti la parola negli anni passati. In quel momento Albus disse: «Ah, io sono Al Potter. Piacere».
«Eh?» esclamò, capendo poco a poco che il Serpeverde non l'aveva riconosciuta.
«Mi sono presentato. Sai, si usa fare così» disse lui con un sopracciglio alzato.
«Non quando due persone si conoscono già... Ma molto probabilmente tu non ti ricordi di me, vero?» disse allora la ragazza riprendendosi e avvertendo un vago senso di delusione.
«Sei quella che ieri ho urtato nella Sala d'Ingresso, no?».
«Sì, ma... Ecco, io ero anche alla Tana a Natale l'anno scorso, ero anche alla festa di compleanno di Rose il 27 marzo, ero anche nel tuo scompartimento l'anno scorso e l'anno precedente durante i viaggi a Hogwarts. Sai, com'è...».
Albus la guardò con occhi spalancati e chiuse e aprì la bocca così tante volte e così velocemente che a Kate venne una gran voglia di ridere.
«Tu sei, aspetta... Tu sei l'amica di Rose... La Tassorosso!».
«Risposta esatta, signor Potter. Vediamo se si ricorda anche il mio nome, adesso!» esclamò ridendo la ragazza. E il ragazzo si rese conto di aver fatto una figura di merda con una ragazza carina - macché, era bella, stupenda, magnif... Ok, Al, questo è essere ripetitivi-.

2 settembre 2022, 9:49
Hogwarts, Aula di Incantesimi

Rose Weasley stava prendendo appunti. Fin qui, niente di nuovo. Poi sbuffò mentre la professoressa Wilkinson continuava a spiegare gli Incantesimi Esplosivi e, udite udite, si distrasse. Cosa che mai, a memoria d'uomo, quella ragazza aveva fatto durante una lezione. Guardò fuori dalla finestra con un senso infinito di noia pensando all'estate precedente e ai divertimenti che invece l'estate appena passata non aveva portato. Per niente. Sentì qualcuno punzecchiarla con una piuma.
«Ehi, che fai, Rosie? Anche tu ti distrai? E poi chi me li passa gli appunti, eh? Fidanzata degenere!» sussurrò Stuart seduto al suo fianco.
«Beh, vai da Muse e chiediglieli, no?» rispose la rossa.
«Lo sai, insomma! Quella biondina Purosangue mi spaventa! Tu non te ne rendi conto... Lei è... è... non so neanche spiegartelo!» mugugnò sotto voce.
«Be', tu che non sai spiegare una cosa è all'ordine del giorno, tesoro» lo prese in giro Rose.
«Silenzio, là dietro!» ammonì la professoressa. La ragazza chinò il capo sui suoi appunti all'istante, dando uno schiaffetto sulla coscia a Stuart e lanciandogli un'occhiataccia. La lezione finì e ci fu quella successiva, poi l'intervallo e un'altra lezione prima di pranzo. Rose trovava la quotidianità di Hogwarts estremamente rilassante e distensiva, anche se alcuni la trovavano noiosa e ripetitiva. A pranzo si sedette al tavolo dei Grifondoro, come al solito, con i suoi amici, come al solito, e lanciando sguardi al tavolo dei Serpeverde e a quello dei Tassorosso, come al solito, con un gran sorriso sulle labbra, come al solito.
«Che abbiamo oggi pomeriggio, Rosie?» chiese Alice Paciock addentando un pezzo di pane.
«Difesa Contro le Arti Oscure e poi... basta. Abbiamo tutto il resto del pomeriggio libero» rispose lasciando vagare lo sguardo lì intorno. Non vedeva l'ora che finisse la settimana scolastica per andare nella Stanza delle Necessità (che non era andata distrutta come pensavano in molti) per la consueta riunione del clan Potter-Weasley, più una ristretta cerchia di conoscenti. Si stiracchiò e si alzò per andare al tavolo dei Tassorosso non appena vide che Donald Dursley era uscito dalla Sala Grande da solo. Si sedette al fianco di Kate che ostentava un sorrisone tutto denti.
«Ehi, Katie! Perché sorridi così?» le chiese dandole un pizzicotto sulla spalla per farsi notare.
«Oh, beh... Sono solo felice!» esclamò sognante e gongolante. «Sai, Donald ha detto che così mi verrà una paralisi facciale».
«Mi spieghi il motivo per cui hai un sorriso ebete e ti comporti come una drogata dopo una dose?» chiese inarcando le sopracciglia spazientita.
«Albus» disse l'altra e sembrò che il sorriso si ampliò ancora. Rose la guardò incuriosita e le ordinò: «Raccontami tutto, ora! Prima che arrivi Dursley, presto». E Katherine iniziò a parlare, parlare, parlare e parlare.


Alla fine della settimana, Rose s'incamminò verso il settimo piano, pensando alle riunioni precedenti, a come aveva preso forma l'idea di quelle riunioni familiari. Era tutto partito dalla necessità di avere un punto di ritrovo, dato che non tutti erano nella stessa Casa, così Louis aveva pensato alla Stanza delle Necessità. Molti avevano da ridire ma Louis li aveva messi a tacere e aveva poi confermato che una magia forte come quella della Stanza non era destinata a morire per un semplicissimo incendio. Pensò anche alla decisione di James (che aveva preso da solo, ovviamente) di farlo diventare accessibile anche ai suoi amici. Pensò a quando Albus era diventato Serpeverde e a James che non voleva neanche sentirlo nominare, dicendo che «ha tradito la famiglia ed è diventato un viscido Serpeverde!» e a quanto era stato infantile. Fortunatamente, adesso era tutto perfetto: James e Albus avevano fatto pace, tutti erano felici, lei aveva Stuart... Poi vide Scorpius Malfoy, seduto su un divanetto al fianco di suo cugino invece di starsene più lontano da lì, magari con una delle sue ochette sbavanti, e il palloncino piena di meravigliosa serenità presente fino ad allora esplose. E anche piuttosto violentemente.
Ormai non era più una riunione di famiglia, era una specie di club privato.
Dannato James... È sempre colpa sua! Doveva per forza avere nostalgia dei suoi quattro amici cretini! Adesso ci tocca avere Malfoy alle nostre riunioni! pensò Rose sbuffando e andandosi a sedere il più lontano dal platinato borioso, ossia vicino a Lily e Dominique, che si stavano limando le unghie.
Scorpius ghignò e disse: «Ehi, Weasley! Non si saluta?»
Rose lo ignorò e chiese a Dominique: «Chi manca, Domi?»
«Che maleducata che sei, Weasley...» borbottò e Rose ebbe il folle istinto di picchiarlo alla Babbana, ma continuò ad ignorarlo.
«Jamie, Jass, Frank, Fred, Molly e Lorcan... Probabilmente stanno combinando qualche cosa delle loro, e poi mancano anche il tuo ragazzo, Helena e la tua amica Tassorosso» rispose con tono strascicato, presa dall'operazione di rendere le sue unghie perfette.
«Forse Ellie sta aspettando Jam. O più probabilmente il mio fratellone ha lasciato agli altri lo scherzo per pomiciare con lei dietro una statua» s'inserì Lily guardando Rose con un ghigno malizioso, che la cugina ricambiò subito. Il tempo passò silenziosamente e arrivarono Jason Thomas, Fred, James, Frank, Molly e Lorcan Scamandro, che ridevano sguaiatamente, mentre Helena Dunn riservava loro uno sguardo severo. Avevano appena fatto uno scherzo ad un folto gruppetto di Serpeverde e a questa notizia Al e Scorpius storsero la bocca.
«Sai, James... Non dovresti parlare così davanti a due Prefetti di Serpeverde. Meriteresti che tolga qualche punto a Grifondoro...» minacciò Albus con sguardò incattivito.
«Ci ha già pensato Lumacorno, Albie» sbuffò James cascando su una poltrona.
«Non chiamarmi Albie, stupido caprone di un Grifondoro!» borbottò Al.
«Preferisci che ti chiami Sevvy?» ghignò allora il fratello. Albus finse di vomitare.
In quel momento, entrarono di gran carriera Stuart e Katherine. Albus arrossì e sorrise a quest'ultima.
«Comunque, visto che ci siamo tutti, parliamo del Gran Torneo di Quidditch. Chi vorrebbe entrare in squadra?» chiese Roxanne. Lorcan, Molly, Hugo, Rose, Scorpius, Albus, James, Stuart e Helena alzarono la mano e si guardarono.
«Bene, quindi, conoscendo il vostro buonsenso, dovrò curare parecchie lesioni quest'anno» commentò Victoire, l'infermiera tirocinante ad Hogwarts. Teddy, che le sedeva accanto, le posò una mano sulla spalla e parlò: «Non entrerete tutti, ovviamente. La squadra di Hogwarts non può essere composta da dieci elementi, e credo che al massimo quattro di voi verranno presi.». Rose era curiosa di sapere qualche altro particolare sul torneo e aprì la bocca per parlare, ma Malfoy la anticipò.
«Lupin, per caso puoi dirci qualche altra cosa su questo Gran Torneo?» chiese cortesemente il biondino. Chissà perché, era stato gentile con tutti tranne che con lei quella settimana.
«Beh, dovremo partire per il Sahara, luogo dove si trova la scuola ospitante, Saharmisr. La partenza sarà il giorno dopo Halloween e poi saremo raggiunti dalle altre scuole».
«Che scuole sono?» chiese Lucy.
«Durmstrang, Beauxbatons, Salem Witches' Institute, Sheepwool, Varinhaferoz e Mahoutokoro. Le prime due le conoscete di sicuro, almeno di nome, e le altre... beh, non so nulla di loro, solo dove si trovano.» concluse Ted, sollevato per aver finito di parlare e per il fatto che l'attenzione verso di lui sarebbe presto stata spostata. Tutto preferiva all'avere una platea di persone che lo ascoltava. Infatti, James iniziò un racconto dettagliato dello scherzo fatto prima e tutti, tranne Al e Scorpius, ridevano come pazzi.
Così la giornata finì. Naturalmente Rose aveva notato che Albus aveva lanciato molte occhiate in tralice a Katherine e non poté non esserne assurdamente soddisfatta. Quando poi, alla fine della riunione familiare, l'unico Potter ad aver ereditato gli occhi della Evans si avvicinò alla Tassorosso e si avviarono da soli verso cena, la rossa era euforica -le parve di aver sentito dire ad Albus qualcosa su Pozioni. Si incamminò anche lei verso la Sala Grande, mano nella mano con Stuart, guardando Malfoy strascicare i piedi davanti a loro, con una sigaretta in bocca.
Sentiva qualche cosa di diverso nell'aria, un'atmosfera elettrica che non aveva mai notato tra le mura di Hogwarts. C'era un vento nuovo, che avrebbe trasportato con sé eventi straordinari, eventi spaventosi, eventi dolorosi -ma di tutto questo non poteva ancora saperne nulla. Era solo all'inizio.

Allora, che ne dite: il capitolo è abbastanza lungo? A me sembra adeguato... E poi è il primo! *sguardo sognante* Sono fiera di me! Quiiiiindi, in questo capitolo vengono svelati due oscurissimi (?) misteri: di cosa tratta il Torneo e chi è la ragazza mora con cui si scontra Al. Se per caso vi sentite logorroici in questo momento, una recensionina piena di sfoghi sulla vostra vita e una sola frase tipo "Questa fic fa cagare" risolve seeempre tutto!
Alla prossima. ;-D

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Capitolo 3
*** Capitolo II - Corsette sfortunate (secondo i punti di vista, almeno) e pranzi mooolto lunghi ***


Cap. 2 'TGT'
Capitolo II - Corsette sfortunate (secondo i punti di vista, almeno) e pranzi mooolto lunghi

9 settembre 2022, 8:29
Hogwarts, Lago Nero

Albus Potter era molto irritato. Mooolto irritato, davvero. Per una serie di sfortunatissimi eventi, il bel Serpeverde non
era riuscito a passare neanche un minuto da solo con Kate, in quei sette giorni. Aveva sperato nelle corsette mattutine, ma Sebastian Baston, Cacciatore e Capitano del Grifondoro, settimo anno, e inoltre grande amico di Katherine, aveva deciso di negargli quell'ultima possibilità.
È in atto un complotto, lo so...
Il ragazzo era alto, abbastanza muscoloso per via di tutti i duri allenamenti che sosteneva volontariamente, aveva i capelli castani e anche gli occhi erano di quel colore; portava una tuta blu, la felpa era aperta e il cappuccio saltellava in continuazione, ad ogni suo passo. Il ragazzo, e anche gli altri due, ansimava leggermente per lo sforzo della corsa.
Albus accelerò un poco e sbuffò. Non riusciva a capacitarsi della sua sfortuna. Guardò Sebastian e Kate parlare davanti a lui ed ebbe la folle voglia di buttare un certo qualcuno nel lago. Cosa che mai aveva provato in una qualsiasi situazione. Tra Sebastian, Donald e Rose, la Tassorosso non riusciva neanche a parlarci con lui. Doveva assolutamente fare qualcosa. Subito.
«Ehm, ragazzi...» cercò di infilarsi nella loro conversazione e di captare qualche parola. Accelerò ancora.
«...ma tu non...» stava dicendo il Grifondoro.
«Io non ci penso nemmeno, Seb» ribattè Kate e Albus sentì con piacere la nota di profonda irritazione nella voce della ragazza.
«Mmm... Che succede?» chiese Al. Kate iniziò a rallentare e gli altri con lei.
«Niente che ti interessi, Potter» sbottò Sebastian, fermandosi del tutto. Kate gli mollò uno scappellotto particolarmente forte. Albus se la stava godendo un mondo.
«Niente, Albus. È solo che Sebastian ha un inutile ostinazione nel propormi idiozie» disse Katherine tranquilla, stiracchiandosi.
«Ah, ok...» disse Albus, guardando il diciassettenne con un sorrisetto strafottente che la moretta fortunatamente per lui non notò. Sebastian ricambiò con un'occhiata velenosa.
Se gli sguardi potessero uccidere, sarei morto già da un bel po'... pensò Al umettandosi le labbra.
«Ehi, Kate. Che ore sono?» le chiese, ignorando l'orologio che aveva al polso. Doveva parlarle, anche per qualche scemenza, altrimenti sarebbe sempre stato escluso.
E io non voglio questo, eh no!
Katherine gettò uno sguardo frettoloso all'orologio che le pendeva dal polso e borbottò: «Sono quasi le otto e mezza. È meglio se iniziamo a rientrare. Altrimenti facciamo tardi...». E tornarono al castello.
Albus rivide Kate a pranzo, seduta in mezzo a due fuochi, alias Donald e Rose.
Si decise a fare una cosa che non aveva mai fatto: andò, o meglio, sgattaiolò furtivo al tavolo dei Tassorosso. Si avvicinò a Rose e disse: «In quanto Prefetto di Serpeverde potrei toglierti dei punti, sai?».
«E per cosa, scusa? Solo perché sto per commettere un omicidio?» ringhiò la rossa, infuriata per qualcosa che Albus non aveva neanche voglia di sapere. Probabilmente era solo una delle loro abituali scaramucce. L'ultima volta che li aveva visti litigare era perché Donald sosteneva di dover stare lui seduto vicino a Katherine nello scompartimento del vagone e la moretta aveva sempre dovuto mediare. Ma certe volte la causa scatenante era così futile che Kate si esasperava e lasciava stare, per salvaguardare la propria salute mentale.
«No, per essere seduta ad un tavolo che non è quello della tua Casa» spiegò Albus a suo beneficio.
«Cosa?! Ma ti sei rimbecillito, Albie?» sbottò la ragazza sottolineando l'appellativo mostruoso. Il ragazzo la guardò serio e ingiunse: «Allontanati da questo tavolo, Rosie... Lo dico per te, eh!». Rose era incredula e lo guardava a bocca aperta per qualche secondo, poi, come una furia, la ragazza si allontanò indignata.
Mmmm, mi sa che devo prepararmi ad una vendetta in stile Rose Weasley... Ma al momento quel pensiero lo lasciava indifferente, infatti doveva mettere in atto una strategia d'attacco.
«Ehm, salve. Senti Donald...» tentò Al, con in mente un piano per liberarsi anche di Dursley, ignorando i legami di parentela esattamente come aveva fatto con Rose.
«Che c'è?».
«Uhm, sai che una ragazza molto carina mi ha detto che gli piaci?» disse Albus, sperando in qualcosa di quasi impossibile.
In un programma Babbano alla televisione ho sentito che essere ottimisti e ripetersi come un mantra "Ce la posso fare" in testa fa sì che le cose vadano per il verso giusto... Proviamo, va'. Ce la posso fare, ce la posso fare... Che cazzata! Era un tentativo disperato, ma forse ce l'avrebbe fatta.
«Davvero?». Donald non sembrava molto interessato.
«Sì. Mi sembra che si chiamava Susan Qualcosa...» disse in tono vago e disinteressato, ricordando una conversazione avuta con Kate riguardante il giovane Tassorosso. Agguantò un croissant e lo addentò. Donald alzò il capo dal piatto e lo guardò speranzoso.
«Susan Corner?» chiese con un luccichio felice negli occhi.
«Sì sì, esatto. Dovresti chiederle di uscire...» suggerì con fare altrettanto disinteressato.
«Tu credi?» chiese Don insicuro. Non era esattamente bravo con le ragazze, una volta lo aveva visto prendersi una granita in faccia perché aveva sbagliato i complimenti. Ricordava quella sera, era andato ad una festa a Ottery St. Catchpole a cui avevano partecipato tutti i paesani; c'erano un sacco di bancarelle, festoni colorati e c'erano suoi parenti e amici dappertutto.
«Sì, dovresti farlo adesso. Cogli l'attimo, no?» rispose con la certezza di aver ottenuto ciò che voleva.
Oh, sono un genio. E un attore nato... Mi amo, davvero! pensò mentre Dursley si alzava annuendo e dirigendosi al tavolo dei Corvonero.
Kate lo guardava stupita e Albus fece spallucce, per poi sedersi.
«Grazie, Al». Lui fece un sorrisone abbagliante e si sentì molto soddisfatto di sé.
E poi lei continuò: «Sei davvero molto utile... Mi hai liberato da ben due stalker oggi. Ti assumo come bodyguard, ti
va?» disse la ragazza e Albus colse la palla al balzo: «Certo. Sono il tuo salvatore. Felice? Oggi non ti suiciderai per merito mio!».
Katherine ridacchiò e annuì. Mangiarono in silenzio per un po' e poi Kate gli chiese: «Come mai sei venuto qui?».
«Boh... Avevo voglia di cambiare. Stare sempre con le stesse persone fa male» ironizzò «Dovresti provare anche tu a cambiare compagnia per un po'».
«Hai ragione. Cambiamo compagnia insieme?» propose con un sorriso. Albus lo ricambiò apertamente.


9 settembre 2022, ora di pranzo
Hogwarts, Sala Grande

«Che sta facendo Al? È al tavolo dei Tassorosso! Cazzo, io lo disconosco...» disse Zac Zabini scuotendo gravemente la testa.
Scorpius lo guardò allibito, con la forchetta a mezz'aria, e chiese: «Cosa? Stai scherzando, vero?».
Zacharias Zabini sbuffò e disse: «Non scherzerei mai su una cosa del genere. Guarda tu stesso!».
Scorpius allora si girò e scrutò da cima a fondo il tavolo dei tassi, dopo qualche secondo individuò il suo migliore amico seduto al fianco di una ragazza mora.
Ah, sì. La Tassorosso! Ecco perché è lì! Certo che poteva evitare di farsi vedere a quel tavolo, eh...
Nonostante i suoi pensieri contrariati a quella situazione, disse, cercando di rassicurare suo cugino che sembrava in preda a una crisi di nervi: «È lì solo per quella moretta, Zac. Sta' tranquillo, non è passato al lato oscuro solo perché si è seduto con loro!». Marcus non parlò, si limitò a scuotere la testa scocciato e anche un filino irritato, come se non gliene importasse nulla di dove si sedeva Albus -ed in fondo aveva ragione-; aveva una strana espressione pensierosa.
I due cugini, Scorpius e Zac, commentarono la situazione per un po', totalmente ignorati dall'altro loro amico Marcus, che al momento sembrava voler solo starsene in disparte, cosa alquanto strana per uno come lui. Marcus, capelli castani e bei occhi azzurri, era sempre felice di far sapere agli altri il suo punto di vista, inoltre non faceva altro che ammaliare la gente che gli stava intorno, sempre pronto a ritorcere il suo carisma e la sua perspicacia contro quelli che non gli andavano a genio.
Zacharias agguantò il primo vassoio che gli capitò tra le mani, si servì di porridge con uno sguardo truce puntato sulla schina del suo amico e iniziò a mangiare. Scorp, con un sopracciglio alzato, gli chiese: «Da quando ti piace il porridge?». Zac strabuzzò gli occhi e guardò quella cosa schifosa che non aveva neanche il diritto di essere chiamato cibo, tossendo convulsamente.
«Che schifo! Perché non me lo avete detto?» si lamentò il ragazzo.
«Io l'ho fatto...» disse Scorpius con un sorrisino alquanto irritante.
«Io, uno Zabini, nobile discendente di un'antica famiglia italiana di maghi, ho ingurgitato quella schifezza inglese!» sbottò solennemente.
Marcus e Scorpius si lanciarono uno sguardo scettico e interrogativo.
Da quando è così teatrale? pensò il biondo, davvero molto scettico.
«...»
«...»
«Indignatevi pure voi, plebaglia!» ordinò Zacharias con tono perentorio. Scorpius e Marcus si scambiarono un'occhiata e fecero due ghigni identici, prima di prendere un qualsiasi oggetto da lanciargli addosso. Zacharias restò impalato per un secondo, poi iniziò anche lui a lanciare tutto ciò che gli capitava per mano: libri, pancetta, cucchiai, fogli di pergamena...
«A chi hai detto plebaglia, eh?» urlò Marcus mentre tutti si giravano a guardare quello spettacolino.
«Basta, basta!» supplicò Zac quando restò a corto di cose da lanciare.
«Ehilà, ragazzi! Cosa succede?» chiese cortesemente il professor Lumacorno che si avvicinava furtivamente al loro tavolo. Il professore, invece di andarsene in pensione, aveva deciso alla fine delle vacanze estive di rimanere a rompere le Pluffe agli studenti ancora per un po'.
«Ehm, niente, professore. Solo un'innocua battaglia tra amici» rispose Marcus togliendosi una foglia di lattuga dai capelli.
«Ah, Marcus, mio caro giovane amico! Se fossi in voi mi starei avviando a lezione adesso. Sapete com'è, meglio in anticipo che in ritardo!» e detto questo fece loro l'occhiolino, con l'implicito ammonimento di non fare guai, perché lui di sicuro non voleva togliere punti a Serpeverde per colpa dei suoi pupilli. Sorrise facendo tremare gli argentei baffoni da tricheco e i tre amici ghignarono mettendo i libri nella borsa. Marcus sistemò il caos che avevano provocato con un solo sventolio della bacchetta e Scorpius si stiracchiò.
«Che ne dite, ci avviamo?» chiese il biondino.
«Naah!» fece Marcus, scuotendo la testa. Nel giro di un minuto era tornato ad avere l'aria pensierosa e Scorpius all'improvviso si ricordò una cosa.
«Ehi, ehm, Marcus...» tentennò, non sapendo se l'amico avrebbe interpretato la domanda come un invasione nella sua vita privata. L'altro rispose con un verso che gli comunicò che lo stava ascoltando. Scorpius abbassò la voce e gli si avvicinò un poco.
«Come vanno le cose a casa tua?» chiese allora. Era una cosa delicata per Marcus l'argomento famiglia, forse perché non si poteva nemmeno chiamare tale. Con un fratello drogato ed una mamma sempre mezza ubriaca, il ragazzo era sempre turbato. Non si poteva certo dire che era felice di tornarsene a casa, per questo passava più tempo possibile ad Hogwarts e i suoi tre amici gli avevano sempre tenuto compagnia.
«Come al solito» rispose a basso tono Marcus. La conversazione si chiuse lì e Zac, Scorpius e Marcus rimasero in silenzio, stavolta carico di preoccupazione.

Rose si sedette al tavolo di Grifondoro con un sbuffo indignato e prese la mano di Stuart per intrecciarla alla sua. Il ragazzo si sporse e le lasciò un bacio a fior di labbra, prima di chiedere sornione: «Come mai già qui?». E sorrise, anzi ghignò. Rose gli fece la linguaccia, in modo piuttosto infantile. Si comportava come una bambina quando la innervosivano; una volta, durante una partita a Quidditch alla Tana, aveva disarcionato dalla scopa suo cugino James perché lui aveva insultato il suo cantante preferito. E non si poteva dimenticare tutte le piccole, grandi e infantili vendette a atto di poveri sfortunati che avevano osato farle qualcosa. La sua vittima preferita era Albus, seguito poi da Stuart, Donald, Malfoy e infine da Emmeline Nott. Quest'ultima era un'alunna di Serpeverde del suo stesso anno, oca come poche, che faceva parte di un gruppetto di ragazze anch'esse di Serpeverde, Chloe Burke e Eleanor Harper; tutte e tre andavano in giro con le gonne accorciate a sputare sentenze su chiunque emettesse fiato dalla bocca. Rose si divertiva un mondo con quelle sue vendette; ricordava una volta in cui aveva fatto scoppiare in faccia a quelle tre, che poi erano scappate in lacrime, una Mimbulus Mimbletonia "presa in prestito" dall'ufficio di Neville (poi l'aveva riportata dallo zio-professore appena in tempo). Le tre Serpeverde puzzarono di Puzzalinfa per un bel po' e Rose ne era rimasta estremamente soddisfatta. Mentre pensava alle sue geniali bravate, spostò una ciocca di capelli rossi dal viso lentigginoso. I capelli tornarono a caderle davanti agli occhi. Successe ancora; e ancora. Non poteva fare un minimo movimento che i ribelli capelli rossi le coprivano gli occhi azzurri e le solleticavano il naso pieno di lentiggini. Alla sesta volta, Rose sbuffò e si posò la cartella sulle gambe, per poi infilarci la mano e cercare. Alla fine, riuscì ad estrarne un elastico per i capelli e li raccolse, attenta a non lasciarsi sfuggire nemmeno una ciocca e borbottando parole indistinte con le sopracciglia inarcata e il broncio. In più, al tavolo dei Serpeverde quell'idiota di Malfoy aveva allestito uno spettacolo vergognoso con i suoi compari. Quel biondo impomatato doveva sempre trovare un modo per essere al centro dell'attenzione, e questo la irritava a morte. Si sistemò la coda e lanciò uno sguardo di fuoco di fronte a lei. Stuart sorrise comprensivo e stava per dire qualcosa quando la rumorosa famiglia della rossa irruppe. «Ehi, Rosie, ho delle novità sulle selezioni!» esclamò una voce fra le tante. E la ragazza ebbe occhi solo per James.


«... POTTER! Questo è il tavolo dei Tassorosso, se non te ne fossi accorto. E dubito che tu possa essere ancora più stupido di quel che sei, quindi... Che ci fai qui?».
«Sai, Davies, i nostri tavoli sono così vicini e le persone poco sveglie potrebbero confondersi, quindi... Mia cara Caposcuola, che ne dici di tornartene al tuo di tavolo e smetterla di scocciare me?».
«Trenta punti in meno a Serpeverde».
«Merda...».

Sono tornataaaaaaa! Spero di non avervi fatto annoiare, ma mi sa che è una speranza vana... C'è una parte che non mi convince molto ma se l'avessi cambiata poi avrei dovuto riscrivere un bel pezzettone e, be', sinceramente, mi scoccio. XD
Nell'ultimo pezzo c'è la Davies, che non ha un nome per il momento, e che è la Caposcuola di Tassorosso. L'altro Caposcuola è Frank Paciock di Grifondoro, che non è molto Percyoso ma leggermente Malandrino.
Au revoir!

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Capitolo 4
*** Capitolo III - Piani di distruzione e poesie d'amore (come far impazzire due Tassorosso in una sola giornata) ***


CAP 3 'TGT'
Ed oggi, 22 ottobre 2012,
non potevo non dedicare questo capitolo
(il mio preferito, poi ;-D)
a te, cuginetto,
che compi gli anni!
Bacioni, Francesco.



Capitolo III - Piani di distruzione e poesie d'amore (come far impazzire due Tassorosso in una sola giornata)



18 settembre 2022, 7:07

Hogwarts, Sala Comune Tassorosso

«Pitman!».
Un ragazzo alto, capelli castani, occhi grandi e anch'essi castani ma di una sfumatura più scura, sbottò quel nome come un insulto e il ragazzo che gli stava accanto, biondo con occhi azzurri, gli posò una mano sul braccio per calmarlo.
 «Gliela faremo pagare, Martin. Però a tempo debito» gli promise il biondo e subito l'altro si rilassò. Nella Sala Comune dei Tassorosso c'era un gran tumulto, i ragazzi correvano qua e là cercando di fare ordine e alcuni scendevano dalle scale fissando l'orrendo scempio. La sala rotonda era stata messa a soqquadro e su tutte le pareti c'era scritto "Tassorosso Merda" con pittura verde. A terra c'erano migliaia di carta da gioco raffiguranti un cobra che se venivano toccate facevano comparire dei veri cobra in carne e ossa, perciò tutti facevano attenzione a non sfiorarle con il piede. I Prefetti le facevano sparire poco a poco con qualche sventolio della bacchetta, frustrati, e tutti gli altri cercavano di cancellare le scritte dai muri.
 «Sì, Ernie, gliela facciamo vedere noi a quei cretini! Chiederò aiuto a James Potter e i suoi amici...» e qui Martin Marshall ghignò «Faremo a quelle Serpi un bel regalino di inizio anno, con tanto di fiocco!». Poi si chinò a raccogliere uno dei cactus ballerini della stanza e lo posò sul tavolino color miele guardandolo con dispiacere. La bella stanza era diventata un porcile, dove il caos regnava sovrano e Martin e Ernest avrebbero vendicato quell'atto infame. Mai far arrabbiare un Tassorosso...
 Il dipinto di Tosca Tassorosso sospirò affranta dalla mensola del camino e ammonì il ragazzo, che non si era curato di tener bassa la voce: «Ah, Martin! La vendetta non serve a nulla, e tu non devi cacciarti nei guai. Lo dico per te, mio caro». Anche se era solo un quadro, era piuttosto materna con i ragazzi e cercava di essere per tutti una buona amica. Tosca dispensava buoni consigli a tutti e stava a loro seguirli o no. Martin ed Ernest si guardarono un po' a disagio e poi il secondo le disse: «Signora Tosca, se non reagiamo ci tratteranno sempre così. Per avere un po' di rispetto dobbiamo ripagarli con la stessa moneta».
 «Ma...» tentò ancora il quadro.
 «Niente ma, signora Tosca! Dobbiamo far vedere a quei 'Cobra Mezzosangue' di che pasta siamo fatti!» la interruppe Martin piuttosto bruscamente. La fondatrice di Tassorosso sospirò e scosse la testa rassegnata, vinta dalla testa dura di quei due. Cobra Mezzosangue era il nome della banda di Pitman, che era stata così stupido da dargliene uno. Ma insomma, chi da' nomi, addirittura idioti, alla propria banda di bulli? Pitman, a quanto pareva!
 Marshall masticò un: «Ho già in mente un bel piano di distruzione...» e Tosca scosse la testa mentre a Ernie brillarono gli occhi.
 Intanto, dalla porta circolare che conduceva al dormitorio femminile usciva Kate con in mano una lettera e sembrava preoccupata. Ma in fondo chi, in quella stanza, non lo era? Fissò con disgusto il caos nella sala e si diresse cauta verso Donald, toccando con i piedi solo i pezzi di pavimento scoperto. Prese la bacchetta dalla tasca e fece Evanescere una decina di carte in un colpo solo. Ripeté l'incantesimo un paio di volte e poi si distrasse da quel compito per ascoltare Donald che le parlava concitatamente dell'affronto subito, del caos e della stronzaggine dei Serpeverde. La ragazza tornò ad ignorarlo e a far sparire le carte da gioco dei Cobra Mezzosangue.



18 settembre 2022, 19:57

Hogwarts, Biblioteca

 Albus guardò la pergamena grattandosi la nuca. Era inutile pensarci troppo, ormai lo aveva capito: era un fottuto genio. Un sorriso gli spuntò sulle labbra inconsapevolmente; si scompigliò i capelli guardando le finte venature sul tavolo della biblioteca. Mordicchiò il tappo della penna Babbana che usava da sempre e che aveva intelligentemente incantato affinché si riempisse d'inchiostro autonomamente a sua ultimazione. Lumacorno aveva ragione a dire che era un dei più bravi. Certo, non era un secchione come sua cugina Lucy, ma era intelligente. Cacchio se era intelligente! 'Sono i geni Evans, mio caro ragazzo!' diceva Luma. Probabile, davvero probabile. E il vecchio Luma non poteva non gioire alla vista della sua cravatta verde-argento! Si stropicciò gli occhi e sbadigliò.
 «È ora di chiusura, signor Potter!» trillò Madama Scroll da dietro uno scaffale. La nuova bibliotecaria, al contrario della Pince, era molto gentile e simpatica e intorno ai sessanta. Era di altezza media per una donna, bionda, con gli occhi azzurri.
 «Allora ci vediamo domani, Madama» salutò cortesemente Albus, alzandosi e uscendo dalla vasta biblioteca scolastica dopo aver riposti i libri negli scaffali. Albus non era soltanto un 'fottuto genio', era anche un 'fottuto figo'. Con i suoi folti e ribelli capelli neri, gli occhi verde smeraldo da cucciolo, il fisico asciutto e l'altezza modesta era decisamente affascinante. Almeno così la pensava la maggior parte della popolazione femminile hogwartsiana. Non che a lui piacesse particolarmente sentire le ragazze sospirare al suo passaggio (quello era James), anche se da un lato era piuttosto appagante. Però certe volte quel comportamento superficiale lo infastidiva... Scorse una chioma scura sparire dietro l'angolo e sorrise accelerando il passo.
 «Ehi! Ehi, tu, con quel libro in mano! Fermati, dai!» urlò alla ragazza che camminava e contemporaneamente leggeva a qualche metro da lui. La brunetta si girò e lo guardò palesemente irritata. «Che c'è, Albus?» chiese tenendo il segno della pagina con l'indice. Al sbuffò e disse: «Al. Non Albus. Al! Capito? O devo chiamarti Katie?». Katherine inarcò le sopracciglia e si corresse: «Ok, ok! Che c'è, Al?».
 «Mi sento solo. Fammi compagnia»
 «È un ordine?»
 «No, una proposta. Sta a te se accettarla o meno»
 «Se vengo con te... che facciamo?» sorrise Katherine mordendosi l'interno della guancia.
 «Boh. Ti va di pensarci dopo?» rispose porgendole la mano con un sorriso ampio e malizioso. Kate la prese con un cenno d'assenso.
 «Non portarmi in posti sperduti, però!»
 Albus ghignò da vero Serpeverde e iniziò a trascinarla giù dalle scale. Dopo un po' avevano entrambi il fiatone e Kate temeva di avere un principio di infarto.
 «Maledizione, Albus! Dove mi stai portando?» ansimò la ragazza.
 «Te l'ho già detto: Al, non Albus!» ridacchiò il ragazzo.
 «Voi Potter-Weasley siete sempre così, eh? Maledetto il giorno in cui ho conosciuto una ragazzina dai capelli rossi in biblioteca!» disse Kate accennando al giorno in cui aveva conosciuto Rose. Era al secondo anno e stava facendo una ricerca sui vampiri in biblioteca, quando una ragazza si era seduta al suo tavolo, quello vicino alla finestra dove si vedeva una distesa di prato verde. Erano rimaste in silenzio per un po' e poi Rose aveva rotto il ghiaccio con una delle sue battute. Il giorno dopo la rossa si era seduta al suo fianco alla lezione di Erbologia che Grifondoro e Tassorosso avevano insieme.
 Albus si fermò all'improvviso nella Sala Ingresso, lasciandosi travolgere dalla ragazza. Rise sguaiatamente mentre Kate cercava di mantenersi in equilibrio, rossa in viso. «Le scale di Hogwarts sono veramente tante» sussurrò Katherine ansimando con una mano sul costato, mentre l'altra stringeva ancora quella di Albus.
 «Vero» assentì l'altro «Andiamo, dai. Stavolta si cammina». La ragazza sbuffò guardandolo male, ma si lasciò trascinare comunque.
 «Ti ho mai detto quanto la vostra famiglia sia ingombrante, invadente, chiassosa e assolutamente magnifica?» disse la brunetta guardando Hugo Weasley e Lily Potter guardarli insistentemente; li salutò con la mano mentre Albus li ignorò indolente.
 «E io ti ho mai detto che vorrei sapere qualcosa di più su di te?» ribatté Al «Tu sai molte cose di me, io invece...»
 «Perché, Potter? Ti interesso, per caso?» chiese Kate con sguardo malizioso.
 «Vuoi la verità? Tanto. Tu mi interessi veramente tanto, Katherine Page» mormorò Al guidandola verso il prato.
 «E tu mi stai prendendo in giro, Albus Potter» borbottò Katherine «Dai, Sevvy, dimmi la verità».
 «Sevvy?». Albus si bloccò inorridito. Kate fece un sorriso innocente e disse: «È così che ti chiama James, o sbaglio?»
 «Io vorrei scordarmelo... A proposito, hai un secondo nome?» chiese riprendendo a camminare. La ragazza fece un verso affermativo e rispose: «È Josefina».
 «Allora d'ora in poi ti chiamerò Giusy».
 «Cosa?!?». Al scoppiò a ridere mentre 'Giusy' gli dava uno scappellotto.
 «Che leggevi prima?» le chiese interessato.
 «Prévert» disse Kate distrattamente.
 «Ehm... Sarebbe?»
 «Poesie d'amore babbane. Roba melensa da diabete. Di sicuro non fa per te» rise Katherine. Albus tese la mano verso il libro e chiese: «Posso vedere?». Kate era scettica, ma glielo porse. Lui lo aprì a caso e recitò:
 «Tre fiammiferi un dopo l'altro accesi nella notte
Il primo per vedere intero il volto tuo
Il secondo per vedere gli occhi tuoi
L'ultimo per vedere la tua bocca
E l'oscurità completa per ricordarmi queste immagini
Mentre ti stringo a me tra le mie braccia.
Sdolcinato fino all'inverosimile, davvero! Incredibilmente romantico, direbbe Lily»
 Le restituì il libro con una smorfia e la portò verso un'alta quercia.
 «Lo sai che quella è la mia preferita? Tra tutte quelle che ci sono, hai letto proprio quella...» lo informò la ragazza mentre si sedevano. Al fece un sorrisone e Kate quasi si sciolse. Lui aveva un sorriso meraviglioso, il più bello che avesse mai visto. Era aperto e sincero, che al primo sguardo stendeva e al secondo ti faceva venire un infarto.
 «Sai volare?» le chiese poi, indicando il lontano campo di Quidditch. Kate annuì energicamente e disse: «Al primo anno ci sono sempre le lezioni, lo sai. Però io soffro di vertigini, quindi non prendo in mano un manico di scopa da allora». La ragazza posò la testa contro l'albero e si lasciò accarezzare il viso dall'aria fresca della sera, con gli occhi chiusi. Albus continuò a farle domande e lei gli diede le risposte. Compleanno, genitori, eventuali fratelli o sorelle, eccetera eccetera. Quando le chiese della sua prima cotta lei aprì gli occhi e lo guardò. Non se n'era accorta, ma si era avvicinato parecchio. Lui si passò la lingua sulle labbra e le pose di nuovo la domanda, avvicinandosi ancora un po'.
 «La mia... prima... cotta? Sicuro di volerlo sapere?» fece Kate a disagio. Al annuì e respirò pesantemente.
 La ragazza ridacchiò un po' e disse: «È leggermente imbarazzante, parlarne con...» "te, è molto difficile parlarne con te" pensò, ma cambiò parola appena in tempo «qualcuno, ecco. Avevo tipo dieci anni e nessuno mi ascoltava seriamente. Da piccola avevo sempre cose e cose di cui parlare e non la smettevo mai un minuto. Ma non c'era mai nessuno ad ascoltare e così parlavo da sola o in alternativa con le bambole, con i gatti, anche con i libri certe volte. E la Magia Involontaria che si ha da bambini non aiutava per niente. Così presero a chiamarmi 'svitata'. Nessuno voleva mai giocare con me e io mi tenevo in disparte, sedevo sempre da sola nel banco perché la fortuna ha voluto che fossimo dispari. C'erano due bambini veramente cattivi che adoravano alla follia umiliarmi e farmi piangere. Poi, un giorno si trasferì in paese un bambino che iniziò a venire a scuola con noi. Naturalmente dovette sedersi al mio fianco. Tutti volevano conoscerlo e magari diventare suo amico e i ragazzini erano completamente estasiati dal suo ottimo senso dell'umorismo e dagli sfottò che rivolgeva ai professori. Era davvero coraggioso e carino. A me diceva solo 'ciao' e poi passava il tempo a fare disegnini stupidi sul quadernino e io stavo lì a fissarlo di nascosto. Un giorno, nel cortile della scuola, quei due bambini di cui ti ho parlato prima ripreso a insultarmi, visto che nelle settimane precedenti avevano da fare con il mio nuovo compagno di banco. E allora lui mi difese, chiese loro perché ce l'avevano con me. Credo che li picchiò un po', ma io ero già scappata a gambe levate. Il giorno dopo capii che mi piaceva tanto, ma qualche settimana dopo sua madre fu trasferita in un altro distretto di polizia e io non feci in tempo a dirgli niente».
 Il silenziò che seguì quel racconto fu leggero e anche piuttosto corto, perché Albus disse: «Adesso sei qui e se ti va' di parlare a vuoto ci sono io, sappilo». Kate sorrise e il ragazzo la abbracciò con un sospiro, lasciandola basita. Restituì l'abbraccio con gli occhi lucidi e il cuore galoppante, aggrappandosi alla camicia di Al e assaporando il suo profumo. Passarono così vari minuti e infine...
 «E la tua ultima cotta?». La frase era uscita spontaneamente, senza che Albus potesse bloccarla.
 Maledizione! Ma sono veramente scemo. Come mi è venuto in mente?pensò il ragazzo mentre scioglieva appena l'abbraccio e la guardava negli occhi, decisamente un po' troppo vicino. I loro nasi si sfioravano, le bocche erano decisamente troppo vicine e Katherine sembrava a disagio.
 Ovvio che è a disagio! Sono un terribile impiccione e sto anche invadendo il suo spazio personale. E se poi non le interesso? pensò catastrofisticamente Albus. Oh, i drammi adolescenziali! Decisamente da prendere sul serio.
 Kate si morse il labbro inferiore e meditò seriamente di mentire, ma poi qualcuno venne a salvarla dalla frase che stava per pronunciare. Bisogna dare tempo al tempo e quello non era il momento giusto per le dichiarazioni.
 «Kate!» esclamò stupito Sebastian Baston da non più di tre metri da dov'era lei. La ragazza saltò su e guardò l'amico mentre si staccava definitivamente dal ragazzo imbarazzata.
 Oh, si prospetta una settimana di bronci irritanti! pensò la Tassorosso, rossa in viso.


 Lo sfortunato Serpeverde si lasciò sprofondare nel divano della Sala Comune con uno sbuffo, incurante di tutto.
 Tutto ciò che lo circondava, ma proprio tutto tutto, al momento per lui non aveva importanza. Ciò che voleva era una cosa che, da forte pacifista quale si professava, non aveva mai voluto: picchiare selvaggiamente una persona. E quella persona, che da quel momento in poi era davvero in pericolo, era ovviamente Sebastian Baston. Il Grifondoro aveva interrotto un momento importante, quello in cui avrebbe capito le intenzioni di Kate e...
 Dannazione, eravamo così vicini. Avrei potuto baciarla in qualsiasi momento. Forse avrei dovuto farlo. si disperò inutilmente.
 Ad un tratto si sentì osservato e si guardò intorno, prima di notare una zazzera arancione all'altro estremo del divano. Alzò un sopracciglio e Dominic lo fissò negli occhi, cercando di dissimulare la curiosità. Poi il ragazzino si avvicinò lentamente sempre guardandolo, l'indice della mano destra occupato in un libro a tenere il segno. Continuarono a squadrarsi l'un l'altro per qualche minuto prima che Dominic parlasse.
 «Potresti aiutarmi un attimo?» chiese con la fronte aggrottata agitando il libro a mo' di spiegazione. Albus, convinto che l'altro avesse capito e volesse dirgli cose filosofiche ed estremamente sagge sulla vita per consolarlo, restò un attimo impietrito.
 «A dir la verità, non è il momento» borbottò scocciato.
 Son depresso, io. Non posso sprecare il tempo ad aiutare un moccioso invece di impiegarlo a struggermi e a disperarmi come ogni adolescente degno di questo nome fa.
 «Appunto» controbatté l'undicenne cercando di trasmettergli un messaggio implicito che però l'altro, preso da pensieri struggenti, non capiva. Allora Albus, vinto e distrutto, gli mise una mano sul braccio mentre sporgeva l'altra per prendere il libro.
 «Cos'è che non hai capito, mocciosetto?»


 Rose era stesa sul proprio letto e guardava il baldacchino con aria assente, pensando a quello che le aveva detto James sul Gran Torneo. Prima delle selezioni vere e proprie i capitani delle squadre di Quidditch delle Case avrebbero scelto dei campioni, al massimo quattro, e poi, insieme a loro, avrebbero partecipato alle selezioni finali, dove si doveva scegliere chi sarebbe entrato in squadra e chi nelle riserve. Doveva assolutamente dare il meglio, migliorare la mira e la forza delle braccia. Era una Battitrice degna di suo zio George ma doveva comunque essere la più brava. Aveva saputo anche che alcuni coach delle migliori squadre del mondo in cerca di nuovi talenti avrebbero assistito alle partite a Saharmisr. Certo, fare la giocatrice di Quidditch professionista non era la massima aspirazione della sua vita, ma era brava e tanto bastava.
 Devo trovarmi un modo per campare, no? E allora, che sia giocatrice di Quidditch o Ministro della Magia, che cambia?
 Sbuffò e si tirò a sedere, pensando di come parlare a Baston e se fosse meglio corromperlo o no. Nel mentre, Alice
Paciock entrò nella stanza di fretta e le lanciò addosso un pacchetto morbido.
 «Sebastian Baston ti manda questo, Rosie. E faresti meglio ad andare a consolare Stuart. Sai, è depresso perché crede di non riuscire ad entrare in sq-» iniziò la ragazza.
 «Sì sì, lo so. Sono la sua ragazza ricordi?» disse Rose sorridendo e guardando il pacchetto e tastandolo. Sapeva perfettamente cos'era e questo la rendeva orgogliosa. Proprio a lei, dannazione! Come non esserne entusiasmata?
Intanto Alice continuava a blaterare cose insensate come suo solito e lei non le mostrava la minima attenzione. Alice, capelli castani e fantastici occhi blu incastonati in un visino lentigginoso, era una ragazza bassina piena di vita, per niente capace di restare in silenzio per più di un minuto e, anche se al primo acchito poteva sembrare stupida e superficiale, se la conoscevi era la simpatia fatta persona.
 Rose la cacciò malamente, ma Alice ci era abituata e quindi non fece una piega. Scartò il pacchetto morbido e restò estasiata davanti al portafortuna della squadra di Grifondoro: la maglia della prima divisa di Roderick Plumpton, trovata non so dove anni prima da suo cugino Fred. Ogni anno uno della squadra aveva l'onore di custodirla e se qualcuno la perdeva era morto. Per questo, la ripose con straordinaria cura nel suo baule e restò a fissarla come un'idiota per minuti e minuti. Era questo il costo di essere una fan del Quidditch, dopotutto!

Evvaii!!! Ce l'ho fatta! *balla la conga*
Ringrazio il mio fratellone per il suo essere un beta meraviglioso e ringrazio Angelight (ma quanto ti posso adorare per averla messa nelle seguite, pucci-puccioso!), BiBi96, Cerenyse, LalieDalton, lally88, Rose98, Sandyblack 94, Tonks 95, viperas e nimbus97 per aver messo la storia nelle seguite. Ringrazio doppiamente missmalfoy 97 per aver anche recensito. :-*
E adesso passiamo al capitolo. Non ho niente da dire sulla prima parte, ma sulla seconda qualcosina sì: era ovvio che quei due non si sarebbero baciati, è solo il terzo capitolo! Credo, però, di dovervi spiegare un paio di cose. Qui, il nostro Scorpietto non viene neanche nominato, ma quando me ne sono accorta per me inserirlo era una sorta di aggiunta superflua ad un capitolo già di per sé stupendo (che modestia, eh?), ma nel prossimo avrà parecchio spazio. Promesso (lo so perché tanto l'ho già scritto, eh eh)!  Riguardo Roderick Plumpton ecco la pagina sulla HP Wikia inglese, era un giocatore dei Tornados che nel 1921 fece il record inglese della cattura del Boccino.
Vi saluto. :-* 

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Capitolo 5
*** Capitolo IV - Inizi tra tizi e pretendenti invadenti (come convincere le persone che le rime nei titoli sono fighe) ***


Cap. 4 'TGT'
Capitolo IV - Inizi tra tizi e pretendenti invadenti
(come convincere le persone che le rime nei titoli sono fighe)




19 settembre 2022, 9:59

Hogwarts, corridoio del quarto piano

«Ehi, Weasley!» chiamò Scorpius, facendosi largo fra gli altri studenti. Rose lo ignorò appena si rese conto che aveva chiamato lei, tirando avanti e fregandosene mentre l'altro la raggiungeva.
«Weasley, senti, io...»
«Malfoy, mi stai parlando. E io non sono tua amica, quindi smettila» lo interruppe la rossa.
«Oh, certo, signorina Weasley! Ogni suo desiderio è un ordine per me» la prese in giro Scorpius, con tanto di inchino. Rose sbuffò sonoramente.
«Comunque... Hai visto Albus, per caso?» le chiese con gentilezza leggermente sospetta. Ma lei non ci fece molto caso.
«Ma come? Albie non passa tutto il suo tempo con il suo amichetto biondo? Stavolta Albie ha scaricato il povero Scorpy, mi sa» disse Rose scontrosa e Malfoy fece un sorrisino irritante che le provocò una voglia acuta di schiaffeggiarlo.
«Scorgo una punta di gelosia nella tua voce, Rosie. Non dirmi che ti dà fastidio che Albus preferisca me a te, vero?» la sbeffeggiò il Serpeverde. La rossa s'irrigidì e disse: «Tu non sai com'è essere legati ad una persona e poi vedersela portare via da un momento all'altro. Quest'estate, per colpa tua, sono rimasta sola. Sai cosa vuol dire?». Scorpius fece un'espressione contrita e con voce accalorata disse: «Sei tu che non sai cosa vuol dire, Weasley. Tu hai una famiglia enorme che ti ama e tutti quelli a cui vuoi bene stanno magnificamente. Non puoi essere sola!»
«Non tutti quelli che amo stanno bene, Malfoy. Cinque mesi fa mio nonno è morto, non so se lo sai. L'unica persona di cui avevo veramente bisogno, quest'estate, se ne stava con te a discutere di Quidditch» ribatté la rossa, che sentiva un orrendo magone in arrivo. Per un attimo l'espressione di Scorpius si incrinò -davvero non era a conoscenza-, poi tornò alla carica.
«Ma smettila di fare la tragica, Weasley! Non ti mettere a piangere, perché non sono un Grifondoro e quindi non m'incanti» le disse glaciale, prima di girarsi e sparire tra la folla.




19 settembre 2022, fine pomeriggio
Hogwarts

Martin aveva contattato James Potter la sera stessa dello scherzo ai Tassorosso. Il moro aveva subito accettato, nulla lo eccitava quanto la prospettiva di un nuovo scherzo, e gli aveva dato appuntamento nei dintorni dell'aula di Incantesimi. Martin pregustava con piacere la faccia inorridita di Peter Pitman e dei suoi stupidi compari. Non capiva perché Pitman avesse scelto come amici quei due babbei di Spungen e Spinks. Il primo era totalmente idiota, un ritardato cronico, mentre l'altro era troppo occupato a rimirarsi allo specchio e a vantarsi di quanto fosse figo (almeno così la pensava  Spinks) per accorgersi del mondo che lo circondava. Immerso nei suoi pensieri, ossia una serie di ingiurie contro i Cobra Mezzosangue, non si accorse di stare per sbattere con qualcuno. Comunque, quando si ritrovò con il culo per terra, lo capì. E rimase terrorizzato alla vista di chi gli stava davanti.
«Oh, Marshall! Sempre con la testa fra le nuvole, eh? Spero che tu stessi pensando a me, tesorino» ghignò il ragazzo moro facendogli l'occhiolino. Oh, quel ragazzo lo terrorizzava, davvero. Non perdeva mai l'occasione di provarci con lui, che, essendo molto etero, si spaventava come un idiota.
«Ehm, c-ciao Lake. Come te la passi?» chiese sempre quasi accasciato a terra.
«Una meraviglia, adesso che ci sei tu a rallegrarmi la giornata!» rispose con il suo miglior tono malizioso. O peggiore, a seconda dei punti di vista.
L'altro si stava alzando e gli porse la mano. Martin, pentendosene all'istante, la prese e Marcus lo alzò di terra con forza e se lo buttò praticamente addosso. Un gesto ovviamente premeditato, che stronzetto! Le loro facce erano maledettamente vicine e Martin si liberò e scappò più in fretta possibile. La risata di Marcus si sentì anche a distanza di due corridoi.
Lake non era una Serpe tipo Pitman, a confronto lo trovava addirittura simpatico, ma il suo perenne corteggiamento verso i suoi confronti lo inquietava non poco. Ok, tutta la scuola sapeva che Marcus Lake, sesto anno e grande amico di Scorpius Malfoy, fosse gay, quindi anche Martin lo sapeva. Il punto era che non capiva perché flirtasse continuamente con lui, che aveva la ragazza e tutto. Una volta glielo aveva chiesto e lui gli aveva risposto con un sorriso disarmante e uno sguardo che avrebbe suscitato invidia nei migliori seduttori del mondo.
«Oh, mi piace giocare a far cambiare sponda agli etero»
.
Inutile dire che anche quella volta era scappato con una scusa ben poco plausibile. Martin amava la sua ragazza, Muse, e adorava il modo in cui arricciava il naso quando era arrabbiata, il che accadeva spesso. Oh, era cotto perso, ma ormai se ne era fatto una ragione. Perdendosi nel pensare a quegli occhi stupendi non si accorse di essere arrivato a destinazione. Quando qualcuno lo afferrò per la maglia e lo portò in uno sgabuzzino, pensò a un assalto particolarmente intraprendente da parte di Marcus. Però poi si ritrovò nell'ufficio dei Malandrini, con tanto di scrivania, accuratamente rimpicciolita e nascosta dietro a un ammasso di scope. Lorcan Scamandro la riportò alle sue dimensioni originali e lo spazio là dentro diminuì in modo soffocante. I capi indiscussi, James e Jason, erano seduti su comode poltroncine mentre a lui fu concesso un secchio piccolissimo. Non commentando in modo acido come avrebbe voluto, li guardò mettere sulla scrivania una serie di fogli bianchi.
«Allora, cari Malandrini, il qui presente Martin Marshall ci ha presentato un caso piuttosto scandaloso. Noi tutti siamo qui per mettere in atto 'La Vendetta Dei Tassorosso', come ho deciso di chiamare il nostro piano. Quando parleremo ci rivolgeremo ad essa useremo l'acronimo 'L.V.D.T.', coi puntini, mi raccomando» disse James con tono solenne e decisamente idiota.
«Fa figo» aggiunse Jason con un cenno di consenso. Per lui ciò che 'fa figo' era d'obbligo, per questo aveva una barbetta assolutamente superflua e i capelli lunghi.
«Sì, certo. E, vediamo... qualcuno ha qualche idea? Se sì, scrivetela sui fogli che vi sta dando il nostro fidato assistente Frank Paciock. Poi io e Marshall decideremo quale idea metteremo in pratica» continuò l'avvenente e giovane Potter, facendo sentire Martin l'impiegato di un ufficio. Frank passò i fogli e delle penne e loro iniziarono a scrivere, in posizione scomoda e per nulla salutare alla loro schiena. Fred Weasley fece cadere varie volte la penna o il foglio e si dovette piegare dolorosamente per riuscire ad intercettarli tra piedi di proprietà ignota e scopettoni. Nel mentre commentava con un borbottio quasi impercettibile con voce acida: «Dovremmo cambiare ufficio. Quest'anno glielo dico a quell'idiota del mio cugino preferito».
Il Tassorosso era stupito di come sei ragazzi, una scrivania e un sacco di scope riuscissero a stare tutti ammassati in uno sgabuzzino. Già si sentiva mancare l'aria. Appena ebbero finito Frank riprese i fogli e li dispose ordinatamente davanti a James, che li prese alla rinfusa e si alzò dicendo: «Bene, adesso mi prenderò qualche giorno per leggerli e pensarci un po', poi li passerò a Marshall e ne discuteremo noi due la settimana prossima. Capito, Martin?».
«Sì sì» bofonchiò il ragazzo non vedendo l'ora di uscire da lì. I sei ragazzi si dispersero e Martin assaporò l'aria pulita al crepuscolo.





19 settembre 2022, qualche minuto prima

Hogwarts, Sala d'Ingresso

Sebastian era nervoso. Per questo si stava torcendo le mani. Sebastian stava aspettando. Per questo era seduto sul primo scalino delle scalinata nella Sala d'Ingresso. Sebastian stava pensando. Per questo aveva un cervello! Intanto gli altri studenti andavano avanti e indietro, chi gironzolando senza meta e chi con una ben precisa. Il Grifondoro aveva gli occhi puntati sull'enorme uscio del castello, pensando a cosa mai potesse dirle.
"Ehi, ciao! Che coincidenza incontrarci proprio qui!". Ma no! Viviamo nello stesso posto, è ovvio incontrarsi per caso. Uhm... "Ciao, Kate! Come stai? Senti, volevo chiederti se ti andrebbe di uscire con me. E non come amici, voglio un appuntamento. Uno vero! Con te.". Così va' meglio! E mentre i minuti passavano lui si proponeva discorsi su discorsi, cercando di decidersi e di parlare finalmente con lei. Quel che aveva visto gli aveva fatto capire che doveva muovere il culo e farsi avanti. Non poteva perderla; non poteva lasciarla a Potter. Quei due erano si erano quasi baciati e Sebastian non avrebbe potuto sopportare che si mettessero insieme.
Durante tutte le sue considerazioni,  la ragazza che aspettava passeggiava sulla riva del lago. Quando si decise a rientrare il sole stava tramontando e subito vide Sebastian seduto sullo scalino a girarsi i pollici. Il ragazzo si alzò in fretta, indolenzito, e le sorrise. Katherine lo salutò con la mano e fece per scappare subito, ma l'amico non era intenzionato a lasciarla in pace.
«Ehi, Kate! Hai saltato la cena?» le chiese, tanto per prendere tempo.
«Sì» rispose atona, cercando un modo di fuggire subito. Magari poteva inventarsi una scusa qualsiasi, tipo che doveva ancora fare un tema di Pozioni per il giorno dopo. Ma Sebastian era un osso duro.
«E perché?» chiese allora, così nervoso che sarebbe potuto svenire.
«Non avevo fame... Senti Sebastian, io devo-» cominciò la ragazza
«Ehm, Kate io volevo dirti una cosa importante. Insomma, io...» Sebastian si bloccò non sapendo assolutamente come continuare. Katherine sfruttò i suoi tentennamenti, non volendo ascoltare ciò che avrebbe compromesso la loro amicizia.
«Seb, ho da fare, davvero! Mi dirai questa cosa un'altra volta» disse.
O, meglio per me, mai! pensò scontrosamente, con un espressione tesa. Fece per andarsene ma Sebastian le prese il braccio e la trattene lì.
«VolevochiedertidivenireadHogsmeadeconme» sbottò tutto d'un colpo, senza pause tra le parole. La Tassorosso rimase impietrita con lo sguardo su un quadro che ritraeva una donna mentre suonava il violino.
Nella settimana seguente ci sarebbe stata una gita anticipata ad Hogsmeade, richiesta anche dai negozianti del posto che non volevano perdere l'occasione di svuotare le tasche agli studenti di Hogwarts e la preside McGranitt aveva acconsentito con piacere. Dopotutto adorava Hogsmeade.
«Voglio avere un appuntamento vero. Non passare il tempo ad ascoltare te mentre cerchi di non far litigare Rose e Donald» continuò Sebastian imperterrito.
«Kate? Hai...hai capito, no?» borbottò confuso il ragazzo. Lei chinò la testa e arrossì impietosamente, prima di annuire.
«A-allora? Vuoi?» insistette Sebastian.
No, no e poi no!
Kate non sapeva come dirglielo senza ferirlo o senza usare una frase fatta. Non poteva dirgli "Mi dispiace, Seb. Tu sei un ragazzo fantastico ma non mi piaci in quel senso. Potremmo sempre restare amici, no?". Inoltre aveva paura che le rispondesse di non voler più essere suo amico. Sarebbe stata troppo dura da sopportare. Aveva una sola opzione.
«Posso pensarci qualche giorno?» sussurrò prendendo una decisione. Ci avrebbe pensato sul serio, niente illusioni. Sebastian era raggiante, contento che la sua risposta non fosse stata 'no'.
«Grazie! Ci si vede, allora» disse il Grifondoro lasciandole un timido bacio sulla guancia prima di andarsene.
«Ci si vede» rispose in ritardo Katherine. Sospirò e vide Albus comparire da solo dalle scale che portavano ai sotterranei.
Le sorrise, rosso come un pomodoro. Sembrava che anche lui volesse parlarle da come la guardò e si avvicinò. La Tassorosso ricambiò il sorriso alla svelta e lo salutò con la mano, per poi scapparsene su per le scale quasi correndo.
Albus la guardò confuso.


Rose salì l'ultimo scalino ritrovandosi davanti le gradinate. Sentiva un rumore di passi, evidentemente qualcuno camminava avanti e indietro, e ad un tratto quel qualcuno borbottò: «Stupida...» non sapendo che aggiungere si fermò un attimo a pensarci «rossa Weasley, ecco!».
La ragazza in questione decise di non farsi vedere e, con molta attenzione, si girò, posò il piede sullo scalino per scendere... e inciampò, finendo fin troppo rumorosamente col sedere per terra.
Maledetta vestaglia!
Gemette mentre il qualcuno di prima sbucava fuori e chiedeva sbalordito: «Tu che ci fai qui?». Rose, alzandosi e aggiustandosi alla meglio il pigiama, gli rivolse uno sguardo colpevole e confessò: «Ti ho visto dalla finestra della Sala Comune e... ti ho seguito».
«E perché, di grazia?» le domandò più stupito di prima. Rose aveva già la risposta pronta: «Perché non si può uscire dopo il tramonto, Malfoy, e volevo togliere qualche punto a Serpeverde. Sai com'è».
Scorpius sbuffò e le disse: «E io, per te, dovrei crederci... Non sei un Prefetto! Sono stupito dalla bassa idea che hai di me».
«Ok ok. Non sono venuta qui per toglierti qualche punto. Ecco, tu... sei arrabbiato...»
«Oh, ma che intuizione geniale! Non l'avrei mai detto, davvero» la interruppe aspro e sarcastico e lei gli lanciò un'occhiataccia.
«E... ecco... In realtà non so nemmeno io cosa sono venuta a fare!» ammise la ragazza. Scorpius distolse lo sguardo per puntarlo sul castello e poi si sedette, tirandosi le ginocchia al petto. Rose si sedette poco distante.
«Andiamo bene, allora» sussurrò il ragazzo sarcastico, gli occhi che scrutavano ogni mattone, ogni tegola e ogni finestra del lato del castello visibile da lì.
«Perché... insomma. Ti ho sentito dire 'stupida rossa Weasley' e... Beh. Ci sono molte rosse Weasley, ultimamente, quindi...» tentennò Rose.
«Sì, mi riferivo a te, e allora?» sbottò guardando la luna, mentre una mano in tasca giocava nervosamente con l'accendino.
«Ecco. Non sono stupida» si lamentò infantilmente, arricciando il naso per il fastidio.
Scorpius non ce la fece più a tenersi dentro e con voce cauta disse: «Stamattina mi hai fatto sentire in colpa»
«Io? Io ho fatto sentire in colpa te?» ripeté la ragazza indignata e il biondo si affrettò a correggersi, le spalle incassate e lo sguardo sempre rivolto in alto.
«No, aspetta. Quello che ti ho detto. Quello che io ho fatto»
Rose lo fissò interdetta, senza dire una parola, così che venne a crearsi il primo vero silenzio senza astio tra i due.
«Ti andrebbe bene se ti chiedessi scusa?» quella domanda sbucò all'improvviso dalla bocca della ragazza, senza averla neanche pensata prima. «Per averti, sai, seguito». Malfoy si girò a guardarla basito prima di darle le spalle nuovamente e risponderle.
«Certo! Non è da tutti i giorni sentirti chiedere scusa a qualcuno»
«Ahah. Molto divertente» borbottò Rose. Rimasero in silenzio per parecchio, Scorpius nervoso e Rose non sapendo che fare.
«Ehi, Weasley, dove sono le mie scuse?» chiese con un sorrisetto strafottente, voltandosi per mostrarglielo. Stranamente quel sorriso non la infastidì come al solito e la domanda ricevette una risposta inaspettata.
«Ah, certo. Scusa, Malfoy. Sono un'idiota»
Scorpius si girò completamente a guardarla negli occhi, più stupito che mai; i due si studiarono per un po' e alla fine il Serpeverde sorrise, in modo genuino e assolutamente innocente. Rose si stupì quando si ritrovò a sorridere a sua volta, senza malizia, senza cattiveria, non era nient'altro che un sorriso.
«Quindi, tu, Rose, mi hai chiesto scusa per la prima volta in vita tua. Non credevo fosse tanto appagante!» disse il ragazzo dopo un po'.
«Non ti ci abituare» ribatté all'istante l'altra, per non dargliela vinta. Si strinse le braccia al petto e fece un finto sguardo altezzoso e Scorpius scoppiò a ridere. Si misero a parlare come se fossero amici da sempre e piano piano quei cinque anni e qualcosa di più di odio scomparirono come se qualcuno li avesse fatti Evanescere.
«Si può essere più stupidi?!» ridacchiò Rose, mentre Scorpius le raccontava un episodio divertente in cui centravano lui, Al e due ragazze spagnole su delle scope.
«Certo che sì» rispose con un attacco di ridarella il Serpeverde. Rose sbuffò e disse: «Era una domanda retorica, stupidotto!».
«Oh, lo so!» ribatté allora il ragazzo ridendo ancora di più. Passarono così il restò del tempo, fino a che Rose non guardò il castello e chiese ancora ridendo alla battuta dell'(ormai) amico: «Ma che diamine di ora è?».
«Ehm, non so, le quattro di mattina?» rispose Scorpius cercando di indovinare l'ora.
«Oh, merda» borbottò la Grifondoro e l'altro la guardò stralunato per poi chiederle: «Da quando Rose Santarellina Weasley dice parolacce?»
«Da ora» rispose spicciativa alzandosi e stiracchiandosi. «Dobbiamo tornare al castello, Scor... Ehm, Malfoy. È tardi e-»
«D'accordo» concordò il ragazzo alzandosi a sua volta. Camminando tranquillamente nell'ombra affinché non li scoprissero, i due tornarono al castello senza dirsi più una parola. Alla fine i due si salutarono atoni vicino alla scalinata per i sotterranei.

Il giorno dopo, a Pozioni, Rose, Albus e Scorpius lavorarono allo stesso tavolo. Con sgomento di Al, i suoi due migliori amici non si rivolsero le solite frecciatine velenose, anzi, non si parlarono neanche. Quando lui andò a sciacquare i mestoli, Scorpius colse la palla al volo per sporgersi verso la rossa e dirle: «Quello che è successo ieri non dovrà per forza diventare di dominio pubblico, ok?»
Rose si finse offesa e sussurrò scherzosamente: «Pensi davvero che potrei dire a qualcuno che ho passato metà notte a parlare con te sugli spalti dello stadio di Quidditch? Sono stupita dalla bassa idea che hai di me»
Scorpius si accorse che lei lo aveva citato, di proposito poi, e ridacchiò, prima di raddrizzarsi sulla sedia. Poi fu Rose a sporgersi verso l'altro per balbettare: «Malfoy... cioè, Scorpius... Mi fa senso chiamarti così, davvero... Insomma, volevo chiederti...». E si interruppe con le sopracciglia aggrottate.
Scorpius sorrise e mormorò: «Sì. Se mi stai chiedendo se adesso siamo amici, la mia risposta è sì, Rosie.»

*cantilena-mode: on!* Ce l'ho fatta, ce l'ho fatta! Sono qui, gente! :-*
In questo capitolo, come avrete certamente notato, Scorpy c'è! E avrete anche notato che non la smetto di finire le frasi con un bel punto esclamativo! Ok, la smetto... E poi... Quei due pazzerelli sono diventati amici! *conga* C'è Martin coi Malandrini e la scioccante rivelzione sull'orientamento sessuale del carissimo (e fighissimo) Marcus Lake. E c'è Sebastian che ha finalmente chiesto a Kate di uscire. Sinceramente, voi per chi tifate? Per Seb o Albie? (So che mi truciderà per averlo chiamato Albie, ma ho fatto testamento, quindi è tutto a posto! XD)
Alla prossima.

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Capitolo 6
*** Capitolo V - Buone nuove e nuove pessime (ossia ciò che non vorresti sapere) ***


Cap. 5 'TGT'
Capitolo V - Buone nuove e nuove pessime (ossia ciò che non vorresti sapere)




23 settembre 2022, 8:34
Hogwarts, Sala Grande

Tutta Hogwarts, professori e preside inclusi, era stupita dal rapporto di amicizia che era nato e che si stava sviluppando tra Rose Weasley e Scorpius Malfoy. Il più stupito, ma anche piuttosto compiaciuto, era Albus Potter. Il ragazzo non faceva altro che dire: "Sono anni che cerco di convincere quei due coglioni ad essere amici". Invece, Stuart parve molto contrariato a questa nuova svolta.
«Ma insomma! È Malfoy! Cioè la persona che hai sempre odiato perché è borioso, egocentrico e completamente ottuso!» sbottò il ragazzo durante la loro prima discussione in proposito.
Rose sbuffò e, prima che potesse rispondergli che si era sbagliata sul biondo, un aereoplanino di carta le sfrecciò tra i capelli. Se lo tolse dalla testa e lo lisciò guardandosi attorno. Lesse:

Riunione d'emergenza.
Stanza delle Necessità, ora
Teddy&Victoire.

P.S.: Solo i Potter-Weasley, nessun'altro!

Si alzò in piedi preoccupata e mollò lì Stuart senza una parola. Si diresse in fretta al settimo piano e appena entrò nella Stanza notò che era l'unica a mancare. 
«Ehi, che succede?» chiese la rossa con il fiatone. Restò sollevata a vedere tutti i suoi cugini e suo fratello bene, a ridere e scherzare. Però voleva delle spiegazioni.
«Roooose!» esclamò Dominique euforica come non mai. Chissà perché, poi. La bionda si alzò e la trascinò sul davanti al divano dove erano seduti Teddy e Vicky, quest'ultima sul bracciolo e l'altro che le stava il più vicino possibile, mano nella mano.
«Guarda cos'ha al dito mia sorella!» le ordinò con voce carica di entusiasmo, le mani sulle sue spalle. Victoire le sventolò davanti al naso la mano sinistra, al cui anulare faceva la sua bella presenza un anello di fidanzamento. Restò impalata per un momento ma in quello successivo saltellava e strillava euforica, abbracciando la cugina con tale foga che quasi caddero a terra tutte e due.
«Teeeeddy!» esclamò poi, buttandosi ad abbracciare lui, che ricambiò con un sorriso che era più esasperato che felice. Il che era tutto dire.
Restarono lì una mezz'oretta a parlare di date, luoghi, vestiti, regali, figli futuri e partite di Quidditch. Quando Lucy saltò su sbottando isterica di essere in ritardo ad Aritmanzia, tutti si agitarono e si volatilizzarono, mischiandosi tra i corridoi di Hogwarts.

Scorpius era seduto su uno degli scalini alla Guferia, ben nascosto, e si rigirava una sigaretta tra le dita. Con un sospiro se la infilò in bocca e scavò nelle tasche per recuperare quel dannato accendino. Con un gemito di disapprovazione, concluse che lo aveva dimenticato nel dormitorio. Si alzò di controvoglia e salì piano le scale, con l'intenzione di andare a spedire a sua madre la lettera che aveva scritto con tanta cura e tanto tempo per rendere tranquilla colei che l'aveva amato dalla prima volta che l'ha avuto tra le braccia. Raggiunse il proprio gufo reale, Horus, con sguardo affranto e tirò fuori la busta e qualche biscottino per tenersi buono il suscettibile uccellaccio. Si erano sempre detestati cordialmente sin dal primo momento che si erano visti. Un odio viscerale che era costato a Scorpius un sacco di graffi e lividi dall'età di dodici anni. Gli mollò un biscottino che l'odioso essere divorò in un colpo prima di mordergli dolorosamente un dito a portata di becco. Scorpius saltò su e si portò a distanza di sicurezza con il dito sanguinante in bocca.
Stronzo di un pennuto!
Il Serpeverde sporse un po' la busta, stando attendo ad avere le dita sul bordo in modo che l'infame non potesse arrivare a lui. Horus L'Infame Pennuto la afferrò malamente e lanciandogli un'occhiataccia volò via. Scorpius borbottò qualcosa di sconnesso e volgare prima di girarsi e sparire in fretta da quel luogo pieno di cacche di stupidi volatili. Il ragazzo si diresse di corsa alla biblioteca e, quando si rese conto di essere in ritardo come suo solito, si preparò alla ramanzina da mammina in piena crisi da 'quei giorni del mese'. Oltrepassò l'uscio della biblioteca con faccia scocciata e si sedette con un tonfo da infarto. Albus gli mollò un ceffone sulla nuca e si rimise a studiare senza una parola.
E io che mi aspettavo una partaccia di quelle...
Zac lo ignorò e Marcus gli fece un cenno con la mano senza neanche alzare il viso.
«Che si studia?» chiese ancora più irritato di prima.
Mi ci vuole una sigaretta, dannazione.
Il suo migliore amico si limitò ad un'occhiataccia, suo cugino continuò ad ignorarlo mentre Marcus alzò appena il libro per fargli vedere il titolo. Aritmanzia. Stavano studiando Aritmanzia.
Oh merda.
Emise uno sbuffo ben poco elegante e sbatté la testa contro il tavolo. La bibliotecaria, Roll gli sembrava si chiamasse, gli lanciò un'occhiata inceneritrice prima di tornare a mettere in ordine alfabetico lo schedario dei prelievi. Appena fu sicuro che non lo guardasse sventolò il dito medio nella sua direzione.
«Smettila di fare il coglione e studia» sbottò Potterino a cui fu risparmiato lo sguardo incazzato della Roll (o era Sroll?).
Stupidi favoritismi e stupide vecchiaccie con la fissa dei libri!
Ignorando l'ordine ben preciso, gli fece il verso e continuò ad agitare il dito in modo parecchio infantile, facendogli anche la linguaccia.
«Bene. La prossima volta che vedrò Astoria, allora, le dirò che suo figlio è un ritardato...» sibilò Occhi-Da-Cebiatta-In-Calore. Lo ignorò e afferrò la pergamena per poi sporgersi verso Zac e tentare di copiare. Tentare, esatto, perché il cugino si scansò abilmente e nascose il compito con un braccio.
«Che cugino traditore! Scommetto che Is mi avrebbe fatto copiare» gli disse con tono falsamente ferito e Zacharias storse la bocca a sentir nominare il fratello gemello.
«Sì, ma soltanto perché gli avresti fatto pena. Oppure perché lo avresti appeso in testa in giù dal terzo piano come l'ultima volta...» ribatté allora con una smorfia il Serpeverde. Scorpius afferrò il primo libro che vide e si mise a sfogliarlo a caso, cercando di capire qualcosa in tutta quella sequela scomposta di numeri. Marcus arrotolò la propria pergamena dopo averla riletta attentamente e la passò all'amico biondo, che lo guardò stupito e poi sorrise prendendola.
«Ah, se solo fossi gay anch'io! Di certo mi innamorerei di te» scherzò e l'altro fece finta di arrossire rispondendo con un ghigno: «Così mi lusinghi».
Scorpius copiò in fretta e, non avendo capito nulla di quello che aveva scritto, decise che avrebbe lasciato Aritmanzia al più presto. Era passata circa un'oretta quando Al saltò su violentemente e guardò fuori dalla porta della biblioteca confuso, per poi alzarsi senza parlare o prendere nulla e correndo via.
«Ma... È impazzito?» borbottò Marcus.
Intanto Albus correva a perdifiato cercando di raggiungere una persona e quando inciampò rovinando a terra sentì qualcuno ridere. Almeno aveva finalmente attirato la sua attenzione.
Insensibiloni... Ridono quando un compagno è a terra!
«Al! Ma che... Stai bene?»
Il ragazzo sorrise e si sedette con una mano intorno alla caviglia, che gli faceva un male cane essendoci praticamente cascato sopra. Involontariamente fece una smorfia di dolore e la ragazza che lui aveva rincorso si inginocchiò al suo fianco con aria preoccupata.
«Ti sei fatto male? Sei completamente impazzito per caso? Perché correvi? Non sai che non si corre nei corridoi? Allora, ti sei fatto male sì o no?». Kate sparò le domande una dietro l'altra, senza curarsi che lui rispondesse, e sembrava isterica.
«Stai tranquilla, non è nulla...» la rassicurò senza sforzo, cercando di alzarsi e fallendo miseramente. Katherine sbuffò, si alzò e se ne andò lasciandolo lì con un espressione perplessa sul viso. Raccogliendo tutte le sue forze, si alzò su una gamba e la seguì zoppicando.
«Chi ti ha detto di seguirmi?» sbottò la ragazza non guardando dietro dov'era lui. Il Serpeverde la guardò stranito e le prese la mano cercando un equilibrio che non possedeva. Quasi le cadde addosso, infatti.
«Cosa vuoi, Albus?» chiese la ragazza ritirando la mano come se si fosse scottata. L'altro si poggiò contro il muro e la caviglia era più dolorante che mai.
«Sono giorni che mi eviti. E non abbiamo ancora parlato di quello che è successo nel parco!» rispose con rabbia Al, cercando di farle capire che dovevano assolutamente parlarne. Ne andava della sua salute mentale.
«Io non ti evito. E... Perché, cos'è successo nel parco? Niente. Non è successo assolutamente niente, no?» chiocciò Kate agitando le mani per aria, inutilmente intestardita a non voler dire niente di compromettente o a fare confessioni amorose proprio nel periodo in cui doveva prendere una decisione.
Sì, è decisamente isterica. pensò il Serpeverde guardando lo sguardo dell'altra vagare lì intorno cercando una via di fuga. Albus la prese per le spalle per assicurarsi che non scappasse e le puntò gli occhi addosso. Katherine arrossì e respirò pesantemente con il capo chino.
«Non ho niente da dirti. Non è successo nulla di importante al parco. E questo è tutto. Puoi anche lasciarmi andare» mormorò con gli occhi chiusi e quando sentì la presa di Al allentarsi e poi sparire provò solo un'immensa tristezza e una gran voglia di darsi della stupida. Katherine udì i passi affrettati del ragazzo e si sforzò di ingoiare il groppo che aveva in gola. Non doveva piangere.
Ci manca solo questo. Che mi metta a frignare come una povera idiota. pensò cercando di sviare l'ovvietà, cioè che lei era davvero una povera idiota.




24 settembre 2022, 19:11
Intorno alle cucine

Sebastian si stava per sedere accanto alle botti accatastate contro il muro quando la seconda dal basso si aprì per lasciar passare proprio la ragazza che voleva aspettare e che, appena lo vide, sbarrò gli occhi cercò di tornarsene nella botte. Però il ragazzo le chiuse l'accesso alla Sala Comune dei Tassorosso con una mano e con l'altra le alzò il viso per poterla guardare bene negli occhi.
«Allora? Ti ho dato cinque giorni di tempo. Adesso voglio una risposta» disse perentorio, con un malcelato senso di nausea. La ragazza si morse l'interno della guancia e si diede un paio di secondi prima di parlare.
«Puoi darmi ancora qualche minuto. Solo per ponderare al meglio la situazione» soffiò al limite della sopportazione. Era così stressata, con lo studio accumulato, i pensieri soffocanti e le scelte da prendere.
Non posso scegliere alla cieca. Devo calmarmi e pensare. Non sono affatto sotto torchio e non devo sentirmi oppressa. Va tutto bene. Sì, come no...
Sebastian rimase un attimo immobile e senza espressione, poi sospirò e le accarezzò una guancia. Quel gesto fece sobbalzare Katherine, che lo guardò rossa d'imbarazzo.
«Non devi sentirti obbligata» sussurrò il ragazzo cercando di farle capire che lui non voleva soltanto un semplice appuntamento ma un occasione. L'occasione.
«Io... Non è che... Insomma...» balbettò in modo sconnesso l'altra «D-d'accordo»
«Eh?» se ne uscì in modo piuttosto stupido il Grifondoro, spaesato. «Sei d'accordo che non sei obbligata o... l'altra cosa?»
«L-l'altra cosa» disse con una vocina piccola piccola. Sebastian boccheggiò e poi sorrise a tratti incerto.
Non... Non sta dicendo sul serio. Ho... Ho sentito male, sicuramente.
«Sto dicendo sul serio. Questo sabato andremo ad Hogsmeade insieme. Da soli. È una promessa» disse guardandosi le scarpe. Sebastian sentì il cuore scalpitare frenetico e stava per abbracciare Kate e baciarla e... e... e tutto, quando la ragazza guardò l'ora e sbuffò irritata.
«Devo andare. Rose ed Helena mi aspettano» lo informò la Tassorosso e lui non seppe cosa fare.
«Ok. Allora...» lasciò in sospeso cercando di connettere bocca e cervello.
«Ci vediamo» completò Katherine, sgusciando via imbarazzata. Aveva preso una scelta. E non poteva cambiarla. Camminò come in trance, pensando a ben altro che alla sua destinazione e così si ritrovò al settimo piano mentre invece doveva andare al parco.
Sono messa male. pensò, rendendosi conto che ormai non sapeva più nemmeno orientarsi nel castello che considerava una seconda casa. E tutto perché ho accettato di andare ad un appuntamento con uno dei miei migliori amici. Ah. Chissà che succederebbe se Albus mi chiedesse di uscire. Mi ritroverei come minimo in Giappone.
Arrivò a destinazione con un ritardo mostruoso ed infatti non si sorprese quando Rose iniziò una filippica contro i ritardatari. Intanto, Helena e Muse la guardavano stranite e lei s'incuriosì. Poi Helena prese a zittire la rossa e Kate sospirò con la fronte aggrottata, notando che Muse continuava a fissarla.
Che c'è? Ho qualcosa in faccia? si chiese e rivolse a Muse una timida domanda. Lei e la bionda non avevano un rapporto molto intimo però Katherine le voleva bene comunque. Muse sorrise cauta e le si avvicinò, parlando a bassa voce in modo educato e un po' formale.
«Per caso ti è successo qualcosa di brutto?»
Kate storse la bocca e sospirò, titubante. Non era in grado di dirlo ad alta voce, sarebbe stata difficile e imbarazzante; quindi restò qualche secondo di troppo in silenzio prima di rispondere così che Muse interpretò male e disse in fretta: «Se non vuoi, non dirmelo, eh. Non vorrei forzarti a fare ciò che non vuoi». Kate scosse la testa con un altro sospiro e parlò all'istante per non dar adito ad altri fraintendimenti.
«No, non è questo. È che...» si interruppe, non sapendo bene cosa dire.
«È difficile dirlo?» suggerì Helena, che sì, aveva origliato ponendo fine alla partaccia contro Rose. La Tassorosso annuì guardandola e poi pensò a come spiegarsi al meglio, con l'attenzione delle ragazze su di lei. Però, tra i tanti possibili discorsi che le affollavano la testa incasinata, scelse un'unica e risolutiva frase.
«Andrò ad Hogsmeade con Sebastian»
«Per un appuntamento?» chiese Rose con gli occhi che le brillavano. Sapendo doveva voleva andare a parare, Katherine le rispose in modo sarcastico e distaccato, in modo che l'altra capisse che non era il momento per certi discorsi.
«No, Rose. Andiamo ad Hogsmeade per rubare piume da Scrivenshaft». Poi, quasi ringhiando come un cane rabbioso, aggiunse aggressiva: «Guai a te se dici quello tre odiose paroline.»
«Io te l'avevo detto. E non accusarmi di niente perché sono quattro le paroline che ho detto» gongolò la rossa, che da parecchio tempo aveva la forte convinzione che Sebastian provasse qualcosa per la sua amica.
E non a torto, per sfortuna. Che cosa irritante!
Kate, che non a caso era finita a Tassorosso (in cui regnavano pazienza, lealtà e laboriosità), frenò la lingua e le mani, che volevano stringersi attorno al collo dell'amica. O perlomeno schiaffeggiarle un braccio.
«È talmente ovvio! Me ne sono resa conto subito. Perché io, al contrario di te, un cervello funzionante ce l'ho e-»
«Basta, Rose! Ci stai triturando le palle! Chiudi il becco» sbottò Helena guardando di sottecchi Katherine, che non sembrava stare troppo bene. Aveva uno strano sguardo, accompagnato con un innaturale colorito pallido e le mani che si torturavano a vicenda.
«Ditemelo, avanti...» bisbigliò la Tassorosso chinando il capo.
«C-cosa?» balbettò Rose confusa scambiando un'occhiata perplessa con Helena, che scosse la testa non sapendo a che si riferisse la loro amica.
«Che non la più minima idea di quello che sto facendo» grugnì a disagio, sempre con gli occhi rivolti al basso. Muse fece un espressione contrita e le avvolse le spalle con un braccio, per infonderle un po' di affetto. Non era molto brava nei contatti fisici, Muse, perché era sempre un poco rigida, ma Kate non si lamentò. Le rivolse uno sguardo grato e si lasciò abbracciare, anzi, stritolare anche da Helena e Rose. Quest'ultima, che era a corto di fiato perché l'ammucchiata che avevano fatto non le permetteva di rilasciare aria dai polmoni, ansimò ridacchiando: «Che belli gli abbracci di gruppo, eh?»
Passarono il pomeriggio a scherzare come solo un gruppo di adolescenti sa fare, prima che venisse l'ora di cena, che Katherine saltava da tre o quattro sere per motivi a loro oscuri. Quindi, la trascinarono in Sala Grande e la fecero sedere al tavolo dei Grifondoro per non perderla d'occhio. Rose continuò a spiattellare barzellette Babbane squallide e vecchie quanto il mondo per tutta la sera, facendo irritare Helena e provocando un leggero sorriso in Muse. Venne, però, il momento di separarsi, perché Kate doveva parlare a Donald di non si sa quale ragazza con cui lui aveva un appuntamento. Quindi, la Tassorosso sparì per la strada che porta alle cucine, mentre la rossa si diresse con passo di marcia verso un gruppetto di Serpeverde appostato vicino all'entrata per i sotterranei.
«Albus. Dobbiamo parlare, muovi il sederino» disse con un tono che non ammetteva repliche e il secondogenito Potter la guardò esasperato prima di salutare brevemente i suoi amici e seguirla. Si fermarono di fronte alle scale nella Sala d'Ingresso.
«Qualunque cosa sia successa, io non centr-» cominciò il ragazzo, interrotto subito da una gesto della mano di sua cugina. Alzò gli occhi al cielo e si preparò al discorso che ne seguì, sputato alla velocità della luce dalla bocca di Rose.
«So benissimo che Kate ti piace. Lei è la mia migliore amica e tu sei il mio cuginetto con gli occhi da cerbiatta, quindi è normale che vi conosca meglio di voi stessi. Ho un mucchio di esempi per confermare la veridicità di ciò che ho detto, ma non abbiamo tempo. Sono stanca e non voglio sprecare il mio preziosissimo fiato. Ci ho pensato tutto il pomeriggio e... beh, ho deciso che starò dalla tua parte. Non alla luce del giorno, però lo sarò lo stesso. Perciò, adesso ti darò un consiglio. Non lo ripeterò due volte, quindi stammi bene a sentire. O muovi le chiappe e fai qualcosa o te la lasci soffiare da sotto il naso. Non credo che dovrei essere io a dirtelo ma... Sebastian le ha chiesto di uscire. Indovina quale risposta gli ha dato? Ti consiglierei di non fare scenate e di rimanere il solito Serpeverde di ghiaccio. Fai qualcosa. Qualcosa che... Che non si noti e, per favore, che non sia un'azione estremamente stupida. Perché se lei soffre te la vedrai con me. Katherine sa prendere le decisioni sbagliate più di quanto sappia prendere quelle giuste, ma se vuole uscire con Baston, lo farà, e se vuole stare con lui -possibilità alquanto remota ed improbabile, ma pur sempre una possibilità- farà anche questo. Capita la manfrina?». Durante il tutto si era fermata solo per riprendere fiato, cosa che aveva sicuramente imparato da sua madre. Era stato uno spettacolo leggermente inquietante, come sempre quando Rose faceva qualcosa che l'associava inevitabilmente ad Hermione Granger in Weasley. Con un sospiro, la ragazza raddrizzò per bene le spalle e gli rivolse la schiena, iniziando a camminare verso la grande scalinata e lasciandolo lì a riflettere su quanto c'era da fare. Aveva bisogno di un amico, di uno di quelli che erano bravi con le parole. Le gambe gli si mossero come se fosse un automa e in cinque minuti era arrivato a passo di corsa al muro freddo e compatto che era l'entrata della sua Sala Comune. Entrò in fretta e si guardò intorno, notando il piccolo Dominic Tanner che leggeva rintanato nell'angolino più isolato della stanza. Non era di lui che aveva bisogno, però.
Ha solo undici anni. Che vuoi che ne capisca di ragazze!
Serrò la mascella pensando a Baston e Kate che andavano in giro per i corridoi mano nella mano lanciandosi sguardi languidi, poi, disgustato, scosse la testa come per scacciare quei pensieri molesti. Con uno strano verso arrabbiato, entrò nel dormitorio del sesto anno, pronto a prendere a testate il cuscino. Quando vide un ragazzo dalla pelle scura disteso sul proprio letto emise uno sbuffo sollevato, poi si sedette sul letto di fronte a quello dell'altro e rimase a guardarlo. Zacharias sollevò aristocraticamente un sopracciglio e con voce lenta gli chiese: «Perché mi fissi come l'ebete che sei?».
«Ho bisogno della tua maestria con le ragazze. E di un amico, ma questo dettaglio è irrilevante» borbottò Al, mangiandosi letteralmente il labbro inferiore e mettendosi comodo sul materasso. Zac disse soltanto: «Spiegati» e poi rimase disteso con le mani intrecciate dietro la nuca ad ascoltare il breve racconto di Albus.
«Allora?» gli chiese quest'ultimo quando ebbe finito.
«Allora... Beh, direi che allora ci serve un piano».


Buonsalve!
Vorrei ringraziare Raven_181 e lizzybanny per aver messo la storia nelle seguite, Giulia_Pizzol per averla messa nelle preferite e MoganoThestral7629 per averla seguita e recensita. Vi voglio bene, sappiatelo.
Ok, adesso passiamo alle note vere e proprie.
I nostri cari Teddy e Victoire si sposano, ma questa non è che è la notizia più importante, ma vabbeh. Subito dopo avete avuto un assaggio del quartetto di Serpeverde più amato al mondo.
E poi... *rullo di tamburi*
Ebbene sì, signori e signore, Zac Zabini ha un gemello. E se volete saperne di più, prima o poi avrete un capitolo con la famiglia Zabini completa. ;-D
Dopo ci sono Al, Kate, Sebastian e cose varie, con un approfondimento di Muse in uno degli ultimi paragrafi.
Sinceramente, ve lo ri-chiedo: con chi preferite stia Kate? Con Albus o con Sebastian?
Detto questo, vi saluto.

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Capitolo 7
*** Capitolo VI - Beauxbatons, Durmstrang, Mahoutokoro, Saharmisr, Salem, Sheepwool e Varinhaferoz (ovvero come ignorare i propri personaggi per un intero capitolo) ***


CAP 6 'TGT'
Capitolo VI -
Beauxbatons, Durmstrang, Mahoutokoro, Saharmisr, Salem, Sheepwool e Varinhaferoz (ovvero come ignorare i propri personaggi per un intero capitolo)




25 settembre 2022, 6:03
America, Salem Witches' Institute
Collina dei Dormienti

Joseph Monteleone era seduto sull'erba alla Collina dei Dormienti mangiando un sandwich al tonno e contemporaneamente scarabocchiando confusamente quella che lui chiamava grafia leggibile su un foglio. Stava valutando i pregi e i difetti di ogni candidato al ruolo di giocatore nella squadra americana. Aveva già deciso tutte le riserve ma c'erano ancora molti ragazzi da mettere in squadra. I giocatori di Quidditch erano rinomati e stimati, e Joseph non era da meno. Alcuni dicevano che era un grande leader.
Direi che la Snyder e Tipton sono in squadra a prescindere. Solo grazie a loro quegli schifosi dei Tigers hanno vinto, l'anno scorso.
Si grattò la punta del naso con la matita e appuntò altri due nomi. La sua grafia era davvero troppo illeggibile, ma vabbeh, ormai tutti i professori ci erano abituati. Sbuffò stiracchiandosi e sbadigliando. Anche quella notte non aveva dormito e non avendo niente da fare si era alzato, vestito e aveva deciso di fare una cosa che rimandava dal giorno in cui era stato eletto Capitano, ossia da tre o quattro giorni. Gli erano state fatte molte pressioni ma non aveva voluto farlo. Ci sarebbero stati comunque dei dispiaceri ma rischiava di farsi attorno parecchia terra bruciata. Continuò a trangugiare il suo ottimo sandwich al tonno, fatto accuratamente da sua madre, e cancellò furiosamente il nome Ryan Thompson dalla lista.
Odioso stronzetto dalla fattura facile.
Quel ragazzo, Thompson, oltre che odioso e malvoluto da tutti, era anche il bulletto idiota della scuola, che credeva che tutto gli fosse dovuto. Il giorno in cui sarebbe stata resa pubblica la squadra ufficiale di Salem, Thompson si sarebbe mangiato le mani e lui avrebbe riso alla faccia sua. Sempre immaginando la faccia schifata di Ryan Grande Pezzo Di Merda Thompson, decise che la ragazza più sfigata della scuola, Faith Thomas, era la Battitrice che faceva per lui.
Continuò così, facendo il democratico e dando a tutti una possibilità, come suo solito fare.




25 settembre 2022, 10:58
Giappone, Mahoutokoro
Sala di Meditazione

Daisuke Okada si scrocchiò le dita e scrollò la testa, piegandosi sulle ginocchia e facendo altri esercizi di stretching. Il ragazzo piegò la testa prima a destra e poi a sinistra, correndo sul posto. Per lui la forma fisica era vitale, sia per il suo ruolo di Capitano sia per la sua preziosissima salute.
Mens sana in corpore sono, dice quel detto latino... Mi sembra che significhi 'mente sana in corpo sano', ma non so il latino. E poi io sono giapponese, 'ste cose non dovrebbero toccarmi, no? pensò mentre continuava i suoi esercizi di ginnastica.
Non era un culturista, certo, ma ci teneva al fisico. 'Il mio corpo è un tempio' recitava sempre quando un suo moderno amico gli offriva cheeseburger con contorno di patatine fritte accompagnato da qualche bibita gassata.
Dopo un po' Daisuke si sedette sul pavimento sbadigliando; gli si prospettavano davanti ancora pesanti sfacchinate. Magari avrebbe potuto farsi un sonnellino...
Si distese sulla schiena, togliendosi la felpa e usandola a mo' di cuscino. Chiuse gli occhi con uno sbadiglio ed emise un verso non meglio definito. Si lasciò trasportare dal torpore e dopo due minuti e cinquantaquattro secondi era già bello che addormentato. Sognò un gruppo di persone... Avevano... sì, avevano una divisa bianca e rosa. Era la squadra di Mahoutokoro! E c'era un ragazzo... un ragazzo che venne issato sulle spalle dei compagni con gran tripudio. Ma... era lui! Festeggiato dai compagni per l'ottimo modo in cui aveva condotto la squadra di Mahoutokoro alla vittoria del torneo. Proprio mentre due mani gli allungarono il trofeo tanto ambito, nella realtà due mani lo scrollarono. Si svegliò di soprassalto, pronto ad avventarsi su chi aveva interrotto quel sogno tanto gradito. Poi notò che quel qualcuno aveva lunghi capelli neri e grandi occhi a mandorla contornati da lunghe ciglia.
«Che fai? Dormi?» domandò scortesemente la ragazza.
«Non sono affari tuoi. E non dovresti essere qui. Non è luogo per le ragazze, questo» ribatté acido Daisuke con una punta di maschilismo sempre presente.
«Non mi sembra che meditare sia una pratica esclusivamente per gli uomini» controbatté la sconosciuta aggrottando le sopracciglia. Adesso che ci pensava, la ragazza aveva uno strano accento.
«Non sei di qui, vero?» le domandò alzandosi.
«No. Ma non sono affari tuoi. E poi... non dovresti essere a lezione?» fece lei.
«Potrei farti la stessa domanda» borbottò Daisuke raccogliendo la felpa da terra.
«Oh, io le salto abitualmente» rispose lei facendo spallucce.
Daisuke sbuffò e con faccia incattivita uscì dalla stanza.
Ah... Che strane le ragazze.




25 settembre 2022, 16:49

Francia, Beauxbatons
Il Giardino delle Rose

Due ragazze erano sedute su una panchina nel Giardino delle Rose, con diversi documenti cartacei e una piccola tabella di gioco. Con un sospiro, la bella ragazza bionda fece vagare lo sguardo sui cespugli di rose che le circondavano, divagando con i pensieri. Apolline adorava il Quidditch e per fortuna c'era il suo inglesissimo zio che era l'unico in famiglia che condivideva con lei quella fissazione. Se fosse stato per sua madre la giovane ragazza sarebbe stata costretta a indossare vestiti floreali e a truccarsi per i ragazzi. Cose che non le erano mai interessate.
Tanto c'è il sangue Veela che mi fa essere sempre stupenda, quindi... Fanculo ad ombretti e lucidalabbra. Zio Bill saprebbe essere diplomatico e influente anche con una chimera.
Purtroppo, aveva dovuto accettare un compromesso. Era salva da trucchi e vestiti rosa ma non poteva adornarsi il corpo di piercing e tatuaggi o tagliarsi drasticamente i capelli. Alle feste ufficiali doveva comportarsi come si deve e niente jeans strappati ai ginocchi e maglie di gruppi rock babbani. Doveva essere ligia e perfetta ed evitare di grugnire mentre rideva.
Voglio un dannato piercing all'ombelico. pensò mentre Amaryllis al suo fianco si legava i lunghi capelli neri e sbuffava perché non riusciva a formulare un ottimo piano di gioco.
«Ammie, calmati. O ti verranno i capelli bianchi» ciarlò imitando il tono di suo madre quando la vedeva incazzata. La mora la guardò male e tornò a far svolazzare la piuma sul foglio.
«C'è un problema che non riesco a risolvere, LinLin. Leroux e Petit sarebbero perfette, ma... No, non fa niente. Butto fuori la Blanchard e Bonnet, così loro due entrano in squadra.» borbottò Amaryllis concitatamente.
«Quale Bonnet? Non dirmi Margot perché lei è una a posto» fece Apolline riferendosi alle gemelle Bonnet, due ottime giocatrici di Quidditch. Anche se la Gemella Cattiva, così Apolline aveva soprannominato Geraldine Bonnet, era la più brava a parare Pluffe non poteva entrare in squadra. Altrimenti avrebbe portato zizzania e tutto si sarebbe sfasciato.
«È ovvio che butto fuori Geraldine. Per quanto sia brava, la sua lingua è più velenosa di quella di un serpente. E non è questo quello di cui la squadra ha bisogno. Mentre Margot è un ottimo elemento. Come spara via lei i Bolidi non ci riesce nessuno» rispose la mora, corrugando le sopracciglia e definendo lo schema sulla tabella.
«Vedi se è tutto a posto, LinLin. Lo sai che non mi fido di me stessa, quando si tratta di schematizzare al meglio» disse porgendole il tutto faticosamente costruito in una giornata.
«I tuoi schemi sono sempre perfetti, Moreau. Sei un perfetto Capitano» la rassicurò l'altra dando una scorsa rapida alla tabella.
«Sì, certo, come no. Saresti dovuta diventare tu Capitano. Sei molto più brava di me» borbottò Amaryllis stringendosi le braccia al petto.
«Nah. Combino troppi casini» constatò la bionda, restituendole il cartaceo e spostando una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Come quello con Adonis?» domandò Amaryllis guardandola di sottecchi. Non era sicura di poterla chiamare amica, ma era una delle poche persone che si avvicinava a questo primato. Ma questo non voleva dire che dovesse anche essere la sua confidente.
Che si faccia un po' di affaracci suoi. pensò irrigidendosi.
«Che centra quel cazzone, adesso?» sbottò quindi Apolline, alzandosi per andarsene via. Amaryllis la afferrò per il polso e formulò una frase che per la bionda non aveva senso.
«Adonis centra sempre, LinLin. Solo...» qui sospirò «Non soffrire troppo, ok?»
«Soffrire io? Ma fammi il piacere, Moreau» tagliò corto la bionda divincolandosi e marciando verso il bel castello bianco ed elegante. Si legò i capelli con un elastico trovato nella tasca della tuta e si mise a correre, per bruciare la rabbia che le ribolliva dentro.
Doveva per forza nominare lui. Certo che qui nessuno sa farsi i cazzi propri. Io non le avrei mai chiesto niente se fosse successo a lei. E lui, beh... lui me lo devo dimenticare, facile.
Neanche fosse stato chiamato in causa, vide un ragazzo moro con gli occhi azzurri e piuttosto bassino che la salutò con cenno della mano a non meno di sei metri di distanza. Con uno sbuffo la ragazza fece dietrofront e non si girò quando il suddetto Adonis la chiamò ripetutamente. Non si sarebbe girata nemmeno sotto Imperio. Ma tra i suoi piani di fuga non aveva incluso l'opzione lui-è-più-veloce-di-te-nel-correre. Perciò, quando le afferrò il polso tirandola dietro, rimase un un po' sorpresa.
«Fraise, aspetta» sbottò infastidito Adonis. Nessuna ragazza doveva scappargli via.
«Aspettare? Lo faccio da mesi, ma tu sei un imbecille e non te ne rendi conto» ribatté Apolline, storcendo la bocca e stufandosi della gente che l'afferrava per il polso.
Cos'è, una mania?
«Guarda che se usi di nuovo col tono arrogante con me ti faccio espellere, Fraise» scherzò Adonis circondandole la vita con un braccio e attirandola a sé.
«E io vado dalla Preside e ti faccio licenziare...» minacciò la ragazza schiaffeggiandogli malamente la mano sprofondata nel suo fianco sinistro.
«Non lo faresti mai, Fraise. Ti piaccio troppo» rispose beffardo e anche un po' egocentrico.
«Ma guarda tu quanta arroganza. Mi fai ribrezzo, inserviente del cazzo» replicò Apolline calcando bene le ultime parole.
«Io non sono un inserviente del cazzo ma il guardiano di Beaubatons, ragazzina!» esclamò Adonis ai limiti della pazienza.
«Ah, ma non ero una ragazzina quando mi hai baciato. E neanche quando sono finita accidentalmente nel tuo letto» disse la bionda infervorata, ritorcendo contro di lui una sua vecchia frase detta solo per ferirla.
«Ammettilo: sei solo uno stronzo» continuò la ragazza pestandogli il piede e allontanandosi da lui. Lo avrebbe dimenticato. Era una promessa fatta a sé stessa, non poteva infrangerla.



25 settembre 2022, 17:00
Nuova Zelanda, Sheepwool
Sala degli Annunci

C'era un gran chiasso. Decine di voci che parlavano tutte insieme, confondendo il ragazzo che cercava di avanzare tra la folla schiacciata e compressa tutta di fronte alla bacheca dei grandi annunci. Sentiva borbottii scontenti e commenti maligni, ma a lui non interessavano. Ian aveva altro a cui pensare. Tra i corpi che premevano contro il suo, sentì qualcuno lasciargli pacche sulla spalla; lui però non sapeva se erano consolatori o di congratulazioni. Sperava tanto che i suoi sforzi fossero stati premiati. Si era allenato giorno e notte, sudando e piangendo, disperandosi quando una pluffa riusciva a penetrare le sue difese. Si era fatto il mazzo, per dirlo alla Craig Monk, suo amico nonché ottimo Cacciatore. Craig di sicuro era stato preso in squadra. Gli restava ancora un mucchio di strada da fare e le troppe persone non aiutavano; stava pestando molti piedi e molti li stavano pestando a lui. Con il respiro mozzo, si fermò un attimo ad ascoltare le molte voci e cercando di distinguere cosa dicevano.
«Non è possibile... Io ho fatto così tanto per Sheepwool-». Questo non gli interessava.
«Se lo merita, mi sembra un bravo ragazzo». Quindi il Capitano era un maschio.
«E poi è così carino». Irrilevante.
«Secondo me sarei dovuto essere almeno una delle prime riserve». Irritante.
Sospirò prima di continuare il percorso fino alla bacheca. Sembrava non finire mai, era una tortura. Gli tremavano le mani, lo sapeva, e stava per collassare al suolo per la tensione.
Contò dentro di se i secondi, dicendosi di calmarsi. 'Non è poi così vitale diventare Capitano, no?' gli avrebbe borbottato la sua sorellona, che sempre aveva odiato quello sport. Ian ricordava bene la prima volta che lei aveva provato a spiegare il motivo del suo odio. Non l'aveva mai capita fino in fondo, sua sorella per lui era un vero e proprio mistero, più complicata di una scatola cinese. Era bella, sì, ma dentro la testa aveva un intruglio di stranezze e filosofia. Perché sì, sua sorella era una filosofa nata. Sputava perle di saggezza dalla mattina alla sera, ma non era quello che la rendeva splendida. Amanda ormai era invischiata al Ministero americano fino al collo e voleva cambiare il mondo anche se sapeva che non ce l'avrebbe mai fatta da sola; quindi lottava con i pugni e con i denti per fare qualcosa di buono. E un motivo per cui odiava il Quidditch era per la sua brutalità. Ma Ian, invece, lo adorò fin dal primo istante. Il volo, l'adrenalina, il brivido che ti percorreva quando si vinceva una partita. Ed era quello che voleva, tutto ciò che desiderava era solo un posto in squadra, non importava se non era diventato Capitano. Se ne sarebbe fatto una ragione.
Riuscì finalmente ad arrivare di fronte alla bacheca, dove, a sorpresa, lo aspettava Craig con un sorriso a trentadue denti. Il ragazzo ammiccò e gli circondò le spalle con un braccio, guidandolo fino al quel dannato foglio, su cui si decideva il suo futuro.
«Allora, Dilsbury... Pronto?» fece Craig e lui annuì con un groppo in gola.
Ian fece scorrere lo sguardo su quel pezzo di carta, notando il nome del suo amico e di altre due persone che conosceva di nome. Poi, fissò gli occhi sul piccolo 'Capitano' scritto in bella grafia.
Ian Dilsbury.




25 settembre 2022, 18:32
Brasile, Brasilia

Un ragazzo e una ragazza passeggiavano mano nella mano. Niente di più banale per una coppia di adolescenti che si guardava languidamente e si affibbiava soprannomi mielosi. Il ragazzo, che si chiamava Américo Lima, stava parlando animatamente e nel mentre indicava oggetti e persone. Erano nella capitale a fare un giro e Ana Rosa Marone, che aveva sfruttato l'occasione per fare shopping, portava con una sola mano cinque grandi buste con sopra delle marche di abiti babbani. Si doveva preparare per essere al meglio della sua forma per Saharmisr.
«Noi maghi ci siamo integranti talmente bene nel mondo dei Babbani che ormai nessuno ci crede più. Lo sai che fanno anche delle serie televisive su noi maghi nel loro mondo, che per loro è quello normale. È inconcepibile come pensano che viviamo tra di loro! Insomma! E poi siamo molti, noi maghi, non una rara forma di vita» blaterava Américo mentre Ana Rosa sorrideva falsamente interessata. In realtà aveva visto un modello molto bello nel negozio che avevano appena oltrepassato, un lungo abito da sera blu notte senza spalline e tempestato di piccoli e scintillanti diamanti (finti, ovviamente). Era perfetto per il Ballo di Gala che si sarebbe tenuto la prima sera in Egitto per dare il benvenuto alle sette scuole ospiti.
«Amore, ci fermiamo a prender-» cominciò a dire la ragazza, mora e abbronzata e con un fisico slanciato e perfetto per il suo ruolo da Cacciatrice nella squadra di Varinhaferoz, capitanata dal suo ragazzo.
«In quale negozio, gattina mia?» la interruppe Américo con gran pazienza. Quindi entrarono nel suddetto negozio e indicarono alla commessa il vestito in vetrina, chiedendo quanto costasse. La donna, convinta che quei due sciagurati la stessero prendendo in giro, disse loro di andarsene subito se non volevano magagne. Con un sospiro esasperato, Ana Rosa tirò fuori gli ultimi soldi del budget fornitogli da suo padre, pezzo grosso del Ministero Magico Brasiliano. La commessa strabuzzò gli occhi e si scusò all'istante, andando a prendere un abito uguale a quello esposto e mandandola in un camerino a provarlo.
«Le piace, signorina? Dovrebbe comprarlo, perché le sta davvero d'incanto. Quel blu dona moltissimo alla sua carnagione» disse la giovane donna, con un tono da leccapiedi che non stonava con il resto dell'atteggiamento.
«Lo comprerei anche se non mi stesse bene, a dir la verità. È un vestito stupendo» ribatté Ana Rosa, lisciando il tessuto morbido dell'abito.
«Chiamo il suo fidanzato? Sono certo che resterà di stucco!» propose la commessa, girandosi e portando lì Américo, che sorrise e le diede un bacio in testa prima di dirle che era stupenda. Comprarono il vestito e se ne andarono a spasso per la città, senza poter comprare null'altro che due economici gelati.
«Non vedo l'ora di andare a Saharmisr. Sarà una cosa bellissima vincere un torneo internazionale. Vedrai che stracceremo ogni altra scuola che sia presente!» affermò Ana Rosa convinta e anche con una punta di arroganza.
«Ho sentito dire che Hogwarts, la scuola inglese, è eccellente nel Quidditch. E credo che anche Durmstrang e Salem Witches' Institute ci daranno filo da torcere» disse Américo e l'altra, che odiava che qualcuno la contradicesse, storse la bocca. Girarono per Brasilia per altre due ore, prima di tornare a Varinhaferoz, stabilita in un grosso edificio moderno dove abitavano circa settecentottantadue alunni. Ana Rosa e Américo si salutarono brevemente e si diedero un bacio frettoloso, prima di dividersi. Uno andò a destra, verso il lato dei dormitori maschili, e l'altra a sinistra. Quando si addormentarono quella notte tutti e due pensavano al 1° novembre, giorno in cui finalmente sarebbe iniziata la loro avventura.



25 settembre 2022, 19:45
Norvegia, Durmstrang

Faust e Sasha stavano parlando, mentre fuori dalla finestra infuriava una pioggia torrenziale. Erano nervosi, perché per via del maltempo era stata cancellata l'ultima prova delle selezioni, e allora se ne stavano lì a parlare invece di fare qualcosa di più costruttivo, tipo studiare. Sasha si torceva le mani e la gamba destra gli tremolava un po' e Faust si stava mangiando le unghie, cosa che rendeva le sue frasi difficili da tradurre in lingua parlata.
«Gna tu cche ffarrescti se ffosci io il Cafitagno? Nnon gni fforresti più bbegne?» chiese il ragazzo moro, con un ghignetto smorzato e sempre mangiucchiandosi famelicamente l'unghia.
Il biondo sospirò e gli lanciò un'occhiataccia, prima di dire: «Prima cosa: mangiarsi le unghie non è igienico ed è anche piuttosto rivoltante, quindi smettila. Seconda cosa: tu diventerai di sicuro il Capitano, hai più bravura tu che io nella strategia. Terza cosa: sei insopportabile, dico davvero e io comunque non ti voglio bene»
Faust sbuffò ridacchiando e smise finalmente di mangiarsi le unghie, dicendo in tono assolutamente scherzoso: «Ammettilo: mi ami alla follia. Sono o non sono il tuo migliore amico, poi?». Sasha, senza scomporsi più di tanto, si stiracchiò e poi tornò a torcersi le mani guardando fuori dalla finestra, ignorando totalmente il suo amico che borbottò a denti stretti 'antipatico'. Faust continuò a sparlottare ininterrottamente senza un filo logico, prima lamentandosi della pioggia e poi del fatto che frequentava una scuola maschile.
«Non vedo una ragazza da agosto. Agosto, Sasha, sai che vuol dire? E poi in questa scuola non ci è permesso di avere una dannata vita sociale. Coprifuoco, regole rigide e quant'altro rovinano la vita di un adolescente! Dovremmo essere liberi di fare quello che ci pare e...»
Sasha pensò che forse aveva fatto male a scegliere Faust come migliore amico.
Parla troppo e ascolta troppo poco. Ci sono un sacco di cose da ascoltare in questo momento: la pioggia che bagna le finestre, i passi di qualcuno, i nostri respiri. Non ascolta mai i rumori del mondo.
Sasha aveva paura, come tutti gli altri. Non era un tipo pauroso, certo, ma c'era una cosa, oltre ai ragni, che lo terrorizzava più di qualunque altra cosa.
Che qualcuno lo scoprisse.
C'era qualcosa che ancora non era riuscito bene ad identificare, ma una cosa era certa: a lui lei ragazze non interessavano minimamente. Nessuna ragazza era mai riuscita a smuovere qualcosa in lui, che fosse un sentimento romantico o desiderio. Niente, assolutamente nulla. E questo, quando se ne era accorto qualche anno prima, lo aveva disorientato in una maniera che lo aveva portato ad escludere il mondo per qualche settimana, prima di auto-convincersi che in lui non c'era niente che non andava. Era un normale ragazzino di quindici anni che cresceva tranquillamente tra le mura di una casa accogliente o di un maniero sulla costa della Norvegia, questo aveva pensato. Quell'anno, quando aveva varcato la soglia di Durmstrang da maggiorenne, si era accorto di aver sviluppato uno strano interesse per i pettorali. Ma non i suoi, quelli degli altri ragazzi. Dopo gli allenamenti di Quidditch aspettava che tutti fossero usciti per entrare nelle docce e lavarsi di dosso il sudore e la stanchezza. Gli erano già capitati incresciosi incidenti nelle docce, quell'anno. Scosse la testa per sviare i pensieri molesti e si concentrò sugli insensati sproloqui di Faust.



26 settembre 2022, 00:17
Egitto, Saharmisr
Ufficio del Preside

Il Preside, in vestaglia e con i capelli bianchi arruffati, guardò torvo la porta prima di aprire alle due persone che avevano interrotto il suo sonno. Sulla soglia del suo ufficio stanziavano un alto uomo elegante, le mani strette su un bastone d'avorio e fasciate da guanti di velluto nero su cui c'erano ricamati in oro vari ghirigori e altre forme fantasiose e vestito di un completo scuro di alta sartoria, e un ragazzo con indosso l'uniforme di Saharmisr, ovvero dei semplici pantaloni di colore grigio scuro ed una camicia bianca su cui riportato lo stemma della scuola.
«Che cosa vi porta nel mio ufficio a quest'ora della notte?» domandò il Preside leggermente scontroso, facendoli entrare con gentilezza. Pur essendo infastidito dal comportamento di quei due non poteva chiuder loro la porta in faccia. L'uomo che gli stava di fronte era un riccone che deteneva il possesso di alcune ditte che fabbricavano scope da corsa di ottima qualità e che andavano a ruba lì in Egitto. Il Preside capì la serietà dell'incontro dalla postura dritta e sicura di quel tale e fece per far accomodare i due sulle poltroncine scomode davanti alla sua scrivania. L'alto uomo però non aspettò che il preside aprisse bocca e andò lentamente e con passo un po' strascicato a sedersi sul glorioso scranno posizionato dall'altro lato della scrivania. Secondo la mentalità di quell'uomo, egli poteva stare dove credeva si meritasse e quello scranno era perfetto per la sua persona, ancora solo secondo la sua mentalità. Il Preside storse la bocca in una smorfia incattivita ma non disse nulla per non procurarsi guai; il tizio era ricco e quindi troppo potente per inimicarselo e non voleva che certe cose, tipo il suo posto da preside o la sua villetta sulla Costa Azzurra, andassero perdute dopo ingegnose prove costruite su di lui.
«Uhm... C'è una proposta che io e mio figlio vorremmo farvi, signor Asif, e mi sembrava inopportuno sottoporgliela alla luce del giorno» interloquì l'uomo, sempre cortesemente e ostentando la segretezza dell'incontro. Intrecciò le mani sulla scrivania e gli indicò la scomoda poltroncina. Con odio crescente nei confronti di quel tale, si sedette e si astenne dal strangolarlo con le sue stesse mani.
«Quale proposta vorrebbe farmi?» domandò curioso l'uomo ormai vecchio e rugoso. C'era la possibilità di un'altra villetta, magari in Toscana, se quell'incontro avesse dato gli esiti che si aspettava.
L'uomo sorrise debolmente mentre il ragazzo era rimasto in piedi e fissava il vuoto, sempre lasciandosi ignorare. Lui non voleva che suo padre fosse lì, a lui non interessava. Eppure suo padre era talmente cocciuto da fare comunque di testa sua. A dir la verità, si vergognava di avere un padre così, ma per lui era meglio acconsentire sempre a tutto se non voleva finire in ospedale come l'ultima volta.
Punizioni corporali... Le preferite del mio paparino.
Si chiamava Muhammad Ahmad e non aveva mai potuto scegliere; suo padre aveva organizzato la sua vita per filo e segno prima ancora che fosse concepito. Non si era rassegnato, voleva vivere la sua vita a modo suo, ma finché era minorenne non poteva ancora scappare. Si sarebbe solo messo ancora più nei guai, ma appena avesse compiuto gli anni sarebbe scappato, magari in Gran Bretagna. Aveva sempre voluto visitare Londra e viverci sarebbe stato magnifico. Sempre pensando ad una sua futura vita nella città che più amava, Muhammad non si accorse che suo padre aveva cominciato le sue spiegazioni.
«Lei sa, signor Asif, che mio figlio è un ottimo giocatore di Quidditch e vorrei, per continuare la tradizione di famiglia, che lui diventasse uno importante. Tipo... il Capitano. E se lei, ecco... lo aiutasse io saprei ringraziarla adeguatamente. E pensi alle utili donazioni che potrei fare alla scuola. In questa scuola ci sono cresciuto e saprei apprezzarla e renderla più efficiente, più... perfetta, ecco. E tutto se lei desse una spintarella ai giudici. Potrei 'ringraziare' anche loro, si ricordi di dirlo» disse, sempre marcando le parole importanti e accompagnandole con gesti eloquenti e sguardi significativi. A Muhammad saliva la nausea quando suo padre adottava i suoi metodi di persuasione.
Il preside Asif sorrise e si alzò, parlando con un tono untuoso. «Oooh, certo, signore. Farei di tutto per aiutare una giovane stella a brillare. Ma se lei mi assicura che-»
Il padre si Muhammad fece gesto con la mano di fermarsi e prese dalla tasca interna del costoso cappotto una busta rigonfia per poi porgergliela. «Lei è un uomo intelligente, signor Asif. Saprò farle avere il resto entro la prossima settimana. Muhammad, andiamo». Fece un gesto al figlio ed uscirono senza congedi o saluti.
Muhammad, che aveva visto il ghigno compiaciuto del Preside mentre afferrava famelicamente la busta, avrebbe voluto sprofondare nelle profondità degli Inferi, incastrato in una situazione che odiava.


Ehm, vado di fretta, ma due paroline ve le devo dire.
Prima cosa: ringrazio RoseScorpius4Ever e Pampi per aver messo la storia tra le seguite e la cara MoganoThestral7629 per aver recensito.
Alour, piaciuto il capitolo? Avete notato come ho ignorato stupendamente i personaggi principali per presentarvi la concorrenza, eh? Lo so, sono proprio odiosa. XD

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Capitolo 8
*** Capitolo VII - Hogsmeade e i guai (ciò che Kate più teme) ***


Cap. 7 'TGT'
Capitolo VII - Hogsmeade e i guai
(ciò che Kate più teme)




1° ottobre 2022, 9:14
Hogwarts, attorno alle cucine

«Sicuro che sia tutto pronto, Potter?» borbottò Martin scettico. Non aveva mai dubitato della bravura dei Malandrini nel scampare quasi sempre alle punizioni, ma quel giorno la cosa sarebbe stata diversa perché c'erano anche lui ed Ernie e tutti sapevano dell'incapacità di quest'ultimo di correre veloce, anche se fosse stato per la sua salvezza. Se si fosse disputata una gara di corsa tra Ernie ed una lumaca, avrebbe vinto la lumaca.
Martin si guardò intorno, riflettendo su quali fossero le migliori vie di fuga. Finalmente era il gran giorno! La Vendetta Dei Tassorosso stava per essere compiuta e Potter era esaltato quasi quanto lui ed Ernie.
Finalmente Pitman avrà la lezione che si merita!
Camminavano portando grosse scatole piene di innocenti prodotti dei Tiri Vispi che andavano testati. E chi meglio delle Serpi?
«Oh, Marshall, non preoccuparti! Andrà tutto a meraviglia. Parola di Malandrino!» lo rassicurò James, il cui incoraggiamento però non sortì l'effetto sperato. Ernest, avvertendo i dubbi dell'amico, gli sorrise solidale; tra di loro bastava uno sguardo per rendersi conto di avere davvero il miglior amico che ci potesse essere. Si aiutavano a vicenda, come ogni amico degno di questo nome deve fare, e si infondevano forza l'un l'altro, quando uno dei due cadeva c'era sempre l'altro a sorreggerlo. Un rapporto simile ce l'avevano James Potter e Jason Thomas, da come Ernest aveva potuto constatare, solo che quei due erano Malandrini, mica bruscolini. Spavalderia, testardaggine e orgoglio erano così radicati in James e Jason che era difficile notare il profondo rapporto tra loro e si doveva scrostare ben bene la superficie per rendersene conto. Con Martin ed Ernie, invece, bastava trascorrere con loro un minuto per capire quanto affetto intercorreva tra i due.
I Malandrini erano un gruppo compatto ed estremamente omogeneo e democratico anche se a prima vista poteva sembrare un gruppetto di stupidi ragazzini litigiosi con pochissime cose in comune. Fred, alto nella media, con capelli castani e occhi castani, pelle più scura che chiara, era logorroico, scherzoso, iperprotettivo e anche un playboy professionista; era un perenne scansafatiche, tranne quando si trattava di fare scherzi, odiava studiare e prendeva collateralmente brutti voti; adorava i draghi e voleva, un giorno, andare a studiarli da suo zio Charlie. Lorcan, abissalmente basso, con capelli biondo sporco, occhi marroni curiosi e vispi, pallido fino all'inverosimile, era il tipico simpaticone, più realista di madre e fratello, era coraggioso e bravo con le ragazze; la scuola, i compiti e i libri lo lasciavano indifferente ed era per il rotto della cuffia che negli anni seguenti non era stato bocciato; veniva spesso deriso per la sua bassa statura dagli amici, ma se ne fotteva allegramente ed era un Malandrino parecchio perverso negli scherzi. James, il leader indiscusso, con capelli neri e occhi marrone scuro, era permaloso, irascibile, fastidioso, leggermente narcisista, sapeva farsi rispettare, era un ottimo amico ed era molto legato alle sue origini. Jason, con capelli neri, occhi castani e un sorrisetto furbo sempre dipinto sulle labbra; adorava le moto e i giubbotti di pelle, i prodotti Tiri Vispi, fare scherzi e girare per la Londra babbana, lavorava ai Tiri Vispi a Diagon Alley in estate e odiava doversi applicare ma alla fine lo faceva sempre per non deludere i suoi. Erano una grande, unita famiglia, a cui si univa sporadicamente Frank, il Caposcuola ligio e profumato.
James in quel momento stava pensando alla possibilità di Disilludere le scatole prima di passare di fronte alla Sala Grande, mentre Martin e Ernest discutevano su chi avrebbe goduto di più alla faccia della persona più odiata dai Tassorosso. In fondo al corridoio i ragazzi intravidero Lorcan che correva e chiamava a gran voce: «Lizzie! Aspetta!».
James a quella vista sbuffò, si lasciò andare ad una risatina e commentò: «E siamo alla numero 17!». Ernie inarcò le sopracciglia bionde e chiese: «Perché numero 17?». A questa domanda James rise di gusto, prima di dire: «Quella ragazza è la diciassettesima con cui Lorcan prova ad avere una storia seria ed è la diciassettesima che si ritrova con le corna». Martin fece una smorfia, cambiando giudizio sul biondo.
Continuarono a camminare, trovando per la strada un Lorcan mezzo-Schiantato e un Frank che tentava di rianimarlo. James quasi si sganasciò dal ridere, piuttosto insensibilmente dato che quello era uno dei suoi migliori amici, e propose a Frank di portarlo in braccio fino ai sotterranei. Frank, con un sorriso davvero divertito, gli prese di mano la scatola senza un filo di preoccupazione e poi guardò il primogenito Potter afferrare il bavero di Lorcan e provando a metterselo in spalla. Ernest posò un attimo la sua scatola per aiutarlo e così si diressero verso lo sbocco per i sotterranei. Cercarono di non farsi vedere da nessuno e fecero alcune pause per scambiarsi Lorcan. Quando fu il turno di un contrariato Martin, il biondo Scamandro incominciò a mugugnare il nome di Lizzie, dandole della stronza per averlo Schiantato. Martin gli diede un pizzicotto sul polpaccio per farlo smettere e in compenso ricevette brontolii più pronunciati e arrabbiati. Il ragazzo si risvegliò solo in prossimità del muro della Sala Comune dei Serpeverde e fu quasi scaraventato a terra da James, che aveva la schiena indolenzita e il respiro corto.
«Ma quanto delicatezza!» notò il biondo facendo riecheggiare il suo brontolio tra le pareti.
«Non ti lamentare. Se non fossi stato tu, ti avrei lasciato lì a riflettere su quante cazzate fai al giorno» ringhiò James massaggiandosi distrattamente la base della schiena.
«Sempre raffinato ed estremamente gentile, eh, Potter?»
Il ragazzo ridacchiò al suono di quella voce e ribatté piuttosto contento.
«Sempre ad origliare, eh, Thomas?»
Jason era arrivato alle loro spalle ed era poggiato con nonchalance al muro gelido e leggermente viscido. Erano pur sempre nei sotterranei! Il ragazzo ghignò apertamente, prima di incamminarsi lentamente verso James e nel mentre schiaffeggiare sulla nuca Lorcan che strillò un 'Ahi!' vivo e indignato.
«Allora... Questa vendetta?» chiese con un sguardo leggermente malefico, mentre posava una mano sulla spalla del suo migliore amico.
«Oh, beh, questa vendetta... È tutto pronto e credimi sarà davvero leggen-» iniziò l'altro, con sopracciglia alzate in segno di complicità e con sguardo acceso.
«Daria!» completò Jason ridacchiando e togliendogli la battuta.*




1° ottobre 2022, 11:11
Hogwarts
Dormitorio femminile sesto anno Tassorosso

Katherine aprì gli occhi lentamente e sbadigliò, sistemandosi meglio il cuscino sotto la testa. Non sapeva che ore fossero e neanche voleva saperlo. Sperava solo che il mondo si dimenticasse della sua esistenza.
Voglio solo stare qui a poltrire tutto il giorno.
Gli altri anni aveva salutato le uscite ad Hogsmeade con gioia, accogliendo pienamente la possibilità di chiamare sua madre, che era refrattaria a lettere e gufi. Ma in quel momento l'unica cosa che riuscì a farla alzare dal letto fu la promessa fatta a sua mamma. Mandare ad Hogwarts la sua unica figlia era stato uno strazio per lei, una Babbana. Non sapeva a cosa la sua bambina andava incontro ed era restia, ma suo padre l'aveva convinta a farla andare spiegandole il mondo a cui Kate avrebbe fatto parte. Convivevano ognuna le differenze dell'altra e a loro andava bene così.
Quindi, Kate quella mattina si ordinò mentalmente di alzarsi. Andò in bagno e controllò che ci fosse acqua calda, poi si fermò davanti allo specchio e constatò che faceva pena. Guance smorte, sguardo vacuo, leggere occhiaie e pallore innaturale. Ci sarebbe voluta la mano di Dio per farle avere un aspetto decente entro qualche ora.
Lei e Sebastian si erano messi d'accordo per vedersi nel pomeriggio, per godersi la mattinata di sonno. Quindi, a lei restavano tre ore e mezzo per mangiare, lavarsi, decidere cosa indossare e truccarsi. Niente di che, insomma.
Con lo sguardo appannato per via dell'assenza degli occhiali o di lenti a contatto, prese per sbaglio lo spazzolino di una delle sue compagne ma poi lo posò subito per rimuginare. Poteva benissimo scapparsene a Hogsmeade da sola, fare la telefonata e tornarsene indisturbata al castello. Poi si accorse dei punti ciechi del suo piano e della faccia che avrebbe fatto Sebastian e pensò che doveva essere forte e affrontare di petto la situazione che lei aveva scelto. Non poteva fare la vigliacca e tirarsi indietro. Perciò si infilò sotto il getto caldo della doccia che riuscì a farla finalmente ragionare. Con addosso l'accappatoio e con i capelli umidi, andò a prendere bacchetta, trucco, vestiti e un pacchetto di patatine che si era portata per momenti di irritazione come quello. Si poggiò allo stipite della porta guardando le sue compagne dormire e mangiando voracemente un paio di patatine. Sospirò e si chiuse nel bagno sempre mangiando, poi si asciugò i capelli con uno sventolio della sua bacchetta d'ontano e indossò l'intimo. Guardò i jeans rovinati e larghi e la maglia stinta con orrore e capì che non era l'abbigliamento adatto ad un appuntamento. Non che lei sapesse come ci si dovesse vestire in occasioni del genere. Uscì dal bagno disperata e frugò nel baule alla ricerca di qualsiasi cosa che non fosse enorme o scolorito. Era inginocchiata sul pavimento con i pantaloni del pigiama e faceva un mucchio di casino, mettendo in disordine il baule tanto perfetto.
«Che stai facendo, Katherine?»
Sobbalzò violentemente al suono della voce assonnata di Becky che le arrivò alle orecchie. Si girò, constatando che era in reggiseno davanti ad una che a malapena conosceva, e arrossì.
Vabbeh, tanto siamo ragazze. Niente di proccupan... Oddio, ma... m-ma, ma... mi sta guardando le tette?!
Tanto per spezzare il suo momento di imbarazzo, Kate rispose alla domanda che le era stata posta poco prima: «Sto cercando qualcosa di decente da mettermi. Ma è una ricerca vana». Becky puntò lo sguardo mezzo addormentato leggermente più su, dove stavano gli occhi e si alzò a sedere scostandosi le coperte di dosso.
«Sai, Katherine, penso di avere qualcosa che ti possa andare bene» disse Becky stiracchiandosi e poggiando i piedi a terra, per poi mettersi anche lei in ginocchio a frugare nel baule.
«D-davvero? Io non... non serve e po-» tentò di protestare la ragazza ma la bionda la zittì prendendo dal baule un abito.
«Questo vestitino qui non lo metto da... vediamo... Ah, sì. Due anni e mezzo fa, alla festa delle Stewart» borbottò a mezza voce, quasi parlando a se stessa, poi le porse il vestito. Kate lo osservò titubante, prima di prenderlo e guardarlo meglio. Era bicolore, nero dalla vita in su e la gonna di grigio scuro, e non aveva maniche; le sarebbe di sicuro arrivato alle ginocchia e dopotutto le piaceva.
«Ehi, Katherine. Prendi» disse Becky lanciandole un cinturino con la fibbia color oro che Kate acchiappò al volo.
«Gran bei riflessi» commentò la biondina ammiccando.
«Ehm, io... Grazie» balbettò insicura la Tassorosso, stringendo piano tra le mani il cinturino. Non capì perché Becky fosse stata così gentile, visto che negli anni precedenti non si parlavano quasi mai. Interessi differenti, compagnie differenti; a dir la verità non avevano mai avuto occasione di conoscersi. Scappò rumorosamente in bagno, a disagio per le occhiate che Becky le lanciava (e in un punto in particolare del corpo), svegliando almeno altre due sue compagne. Posò il vestito sul ripiano del cassettone e si lavò i denti, poi sentì qualcuno bussare alla porta e, con lo spazzolino in bocca, aprì di poco la porta e chiedendo chi era.
«Katherine, mettiti queste sotto il vestito» consigliò Becky porgendo delle calze nere non troppo coprenti e ancora nella propria confezione. Kate, stupita, sillabò un altro ringraziamento e indossò lentamente l'abito. Non riusciva ad alzare completamente la zip e ad un tratto sbuffò, lasciando perdere. Si lisciò distrattamente i capelli guardando una parete e poi sentì delle mani chiuderle bene la zip.
«Ti aiuto a truccarti?» le chiese cortesemente e Katherine non riuscì ad astenersi dal parlare.
«Perché stai facendo tutto questo?».
Becky sospirò e la guardò male, cercando una bugia da rifilarle.
«Ci conosciamo da quanto? Sei anni? E tu... tu e io non siamo mai state amiche e adesso te ne esci con... con cose così» sbottò la mora indicando il vestito «Non ti ho mai chiesto niente e neanche tu lo hai fatto. Abbiamo passato sei anni a convivere e ignorandoci, cos'è cambiato adesso?». Becky restò un attimo sorpresa poi si schiarì la gola prima di abbassare lo sguardo e parlare.
«Io non ho mai detto di non voler essere tua amica, però».
Kate restò basita e boccheggiò un paio di volte, prima di sospirare e rendendosi conto che era nel torto.
Dopotutto, non sono solo io una ragazza timida. Anche se Becky mi ha fissato le tette in modo palese, non vuol dire che non può essere timida. O meglio, in quel momento non lo era ma... Oh, dannazione, se continuo così non la finisco più!
Perciò Katherine disse: «Neanche io l'ho fatto. Credo che adesso sarebbe il momento giusto, no?». Becky alzò lo sguardo, sorrise e annuì, quindi la bruna le pose la domanda fatale.
«Ti va di essere mia amica?».
«Certo, Katherine. E-» iniziò la bionda ma Kate le fece segno di fare silenzio.
«Prima cosa: chiamami Kate. Katherine mi fa senso, e anche Katie, quindi guai a te se mi chiami in uno di questi due modi. Seconda cosa: tra amiche ci si dice tutto, no? Quindi non raccontarmi frottole, perché non mi incanti. Allora, dimmi perché lo stai facendo» disse la ragazza leggermente infervorata con la sua nuova amica. Becky grugnì qualcosa di ben poco definito e cercò di essere più sincera possibile.
«Ho fatto una promessa ad un paio di persone. E poi tu hai un notevole bisogno di rifarti il guardaroba quindi il vestito lo puoi tenere. E... Ti servono le scarpe, certo!» disse cercando di svincolare verso la fine e di andarsene, ma Kate le afferrò il polso e inarcò le sopracciglia.
«A chi hai promesso cosa?» domandò impaziente dopo infiniti secondi di silenzio. Becky tentennò un attimo prima di farsi sfuggire una specie di ringhio irritato.
«Sei proprio dura, eh? Oh, va bene, te lo dico! Mio padre e il tuo si conoscono dai tempi della guerra, anche se non si vedono da un sacco di tempo. Beh, qualche mese fa si sono rincontrati e io ho conosciuto tua mamma, che, quando ha saputo che andiamo a scuola insieme e dormiamo persino nello stesso dormitorio, mi ha velatamente chiesto di tenerti d'occhio. E tua mamma è una tosta, si vede; mi ha subito ispirato simpatia e mi dispiacerebbe deluderla» disse tutto di seguito la bionda senza neanche riprendere fiato.
«Ah» rispose stupidamente Kate, che era rimasta un po' scioccata. «C-comunque mia mamma non aveva il diritto di fare una cosa del genere e-»
«Oh, le mamme possono fare tutto quando ci sono di mezzo le figlie, Kate. E anche se può essere frustrante, è una cosa giusta. Niente sa proteggere più dell'amore di una madre **» la interruppe Becky con un sorriso dolce, persa in chissà quali ricordi. Katherine boccheggiò, seriamente contrariata dalla sua prima frase, ma poi sospirò e accettò di farsi aiutare con il trucco. Un'ora e mezza dopo, Kate si stava mettendo un paio di scarpe con un tacco abbastanza basso e si era messa a camminarci per farle adattare un po' ai piedi. Poi, esausta dai frequenti viaggi mentali che intraprendeva la sua testa, chiese a Becky: «Come diavolo ci si comporta al primo appuntamento?». La bionda ridacchiò sinceramente divertita, e anche un po' intenerita, e le disse: «Devi divertirti, e poi esci con uno dei tuoi più vecchi amici, quindi dovrebbe essere più semplice. E se ti piace, bacialo». Le fece l'occhiolino e Katherine pensò come sarebbe stato baciare Sebastian, sentendo le guance andare in fiamme con poco preavviso.
Che situazione del cazzo.
Si sedette sul proprio letto, stringendosi le braccia al petto e aspettando che il calore affiorato diminuisse. Becky le si sistemò accanto, circondandole le spalle con un braccio con fare incoraggiante.
«Non penso che andrà tutto bene. So già che farò una delle mie solite cazzate rovinando tutto. Se lo bacio, cambierà ogni singola cosa e non penso di essere pronta ad una cosa del genere. A me, dopotutto, piacciono le abitudini, le cose sempre uguali che non cambiano mai.» sospirò «Non posso farlo davvero» sussurrò Kate.
«Fa' la cosa che più senti giusta. Di solito questo approccio porta a cose buone» le consigliò Becky, anch'essa sussurrando. Restarono così per molto tempo e quando Katherine si accorse che era meglio iniziare ad avviarsi, si alzarono entrambe e uscirono dal dormitorio vuoto. Becky, pronta anche lei per Hogsmeade, le strinse il braccio prima di ammiccare verso un ragazzo che scendeva la scala e andando via borbottando che l'avrebbe aspettata all'uscita della Sala Comune. Kate guardò in alto e vide un ragazzo biondo con un piede bloccato a mezz'aria e l'aria di chi ha appena visto Voldemort distribuire fiorellini e caramelle inneggiando 'Peace and Love'. La Tassorosso notò i capelli accuratamente pettinati e innaturalmente pieni di gel, i pantaloni di cotone color kaki e una maglia nera e bianca con sopra disegnato un papillon bianca. Nell'insieme era davvero carino.
«Don! Ti sei messo in tiro per Susan, eh?» commentò la ragazza e Donald si risvegliò da quel mondo parallelo formato da dei Voldemort gentili e profumati di rose.
«K-kate! S-sei fanatica! C-cioè, volevo dire fantastica» balbettò l'altro gesticolando e guardandola da cima a fondo. Katherine quasi si sentì arrossire ma Donald rincarò la dose.
«Sembri quasi una di quelle attrici supersexy che ci sono in televisione, sai. A Seb verrà un colpo, non sei mai stata così... così... bella, ecco» disse Don leggermente sconcertato e guardandola ancora «M-ma... Cioè, ti sei anche truccata!». Kate cercò di svincolare balbettando qualcosa incoerentemente e poi trovando un appiglio a cui aggrapparsi.
«Anche tu ti sei fatto bello per il tuo primo appuntamento, no? Quindi, adesso tocca a me» disse isterica e bombardandolo di complimenti mezzi-veri e mezzi-falsi.


1° ottobre 2022, 12:43 (quasi tre ore prima)
Hogwarts, Sala Grande

Albus stava per attuare il piano, doveva solo trovare una ragazza possibilmente bellissima e con poche aspettative sentimentali. Fece scorrere lo sguardo sulla tavolata dei Serpeverde - perché la ragazza doveva essere Serpeverde, altrimenti per lui la faccenda si poteva anche chiudere lì - e notò una ragazza del suo stesso anno che qualche giorno prima ci aveva provato spudoratamente con lui nella speranza di essere invitata ad Hogsmeade e che, se Al non ricordava male, faceva parte del gruppetto di ragazze Serpeverde che Rose odiava con tutto il cuore.
Mmmmm... Sì, è Chloe. Chloe Burke, un'amica della gemella di Nott, Emmeline. Mi sembra che con loro ci sia anche un'altra, com'è che si chiama? Ah, sì, Eleanor Harper. Oh, Rosie, non sai quanto mi dispiace, ma... beh, ho una missione da portare al termine.
Albus sospirò, alzandosi e avvicinandosi a Chloe proprio mentre un altro ragazzo le si sedette accanto circondandole la vita con un braccio e facendole gli occhi dolci.
Oh, no... È già prenotata, dannazione!
La ragazza, però, non fece molto caso al ragazzo che in quel momento le baciava il collo affettuosamente e Albus, ricordando la fama che la precedeva, pensò di provarci comunque. Quindi, si sedette alla sua sinistra e richiamò la sua attenzione. Chloe cacciò malamente il braccio del tizio, che era un Corvonero, e aprì bene le orecchie, mettendo in funzione i suoi metodi di seduzione, ossia sbattere le ciglia frivolamente e mulinare i capelli biondi, accavallando le gambe fasciate da una stretta minigonna e sporgendosi facendo un po' intravedere qualcosa sotto la maglia scandalosa che portava. Visto che non era per niente insensibile alle armi dell'altro sesso, Al deglutì a fatica e si costrinse a pensare a qualcosa di intelligente da dire. Tra le miliardi di opzioni che aveva, scelse la carta del ragazzo timido e impacciato che non sa come chiedere ad una ragazza di uscire.
«Ehm... Sai, Chloe, ci ho pensato e non sai quanto mi costi ma... B-beh, ti andrebbe di venire ad Hogsmeade con me? Insomma, lo so che così, all'ultimo secondo, potresti anche rifiutare e mi sembra anche che tu abbia a che fare con questo ragazzo, ma... ecco, potresti anche darmi una possibilità» disse e il Corvonero ridacchiò compassionevole dicendo che Chloe ormai stava con lui. Ma la splendida Serpeverde ammiccò con i suoi occhioni blu e si girò verso l'altro, dicendo gelida: «Smamma, idiota». Il ragazzo boccheggiò indignato e sparì inveendo e imprecando promettendogli una vendetta.
«Allora, Al, vogliamo andare?» disse la ragazza dolcemente e alzandosi. Albus la imitò e disse: «Devo prima avvertire i miei amici. Aspettami all'entrata». La ragazza gli sorrise e gli lasciò un leggero bacio sulla guancia, sporcandolo di rossetto.
Il ragazzo andò di corsa da Zac e Dominic, i soli a mangiare con sempre un libro in mano, e riferì loro le ultime notizie. Zac sorrise soddisfatto e alzò i pollici, complimentandosi per l'ottima preda, mentre Dominic si accigliò e sputò un'altra delle sue frasi intelligenti di qualcuno che nota tutto, insolite per un ragazzino di soli undici anni.
«Se vai ad Hogsmeade con un'altra invece che con la ragazza che ti piace davvero, sei proprio strano. E poi, quella Katherine mi sembrava più bella di quest'altra tizia qui» disse.
Zac strabuzzò gli occhi, cercando di capire se stesse scherzando e dicendo con tono di chi sta spiegando a una persona particolarmente stupida che due più due fa quattro: «Chloe è centinaia di volte più bella di quella Tassorosso, per prima cosa! E poi ha molto più potenzial-».
«Non è vero che è più bella di Kate! Lei è fantastica, e guai a te se ti sento dire di nuovo qualcosa del genere» ringhiò Albus irritato. Zacharias sbarrò gli occhi e lo guardò in modo strano sussurrando: «Oh, no. Oh, ti prego, no!». Al s'accigliò e stava per dire qualcosa quando Zac lo precedette.
«Non dirmi che ti sei innamorato di quella» mormorò.
Albus aprì la bocca per parlare ma la richiuse quasi subito, non sapendo come rispondere.



1° ottobre 2022, 14:32
Hogsmeade, High Street

Sebastian aspettava pazientemente quel momento da due anni e mezzo. E finalmente era arrivato. Dire che era euforico era poco e dovette calmare i tremolii frequenti della gamba. Alla fine, serrò le dita attorno al caffè fumante e cercò di controllare il respiro. Era seduto ad un tavolino fuori dalla locanda 'I Tre Manici di Scopa' e aspettava la comparsa di Kate, che era in ritardo di quasi tre minuti, occhieggiando nervosamente l'orologio. Nel frattempo aveva dovuto ordinare qualcosa, e anche se non lo aiutava con il nervosismo e l'iperattività, aveva optato per un caffè. La Tassorosso avrebbe potuto benissimo scegliere di dargli buca, lui la conosceva bene e sapeva che quella sarebbe stata la sua prima idea quando si fosse svegliata. Con questa paura ad attanagliargli il petto e rischiando di trascinarlo giù, non vide la figura che faceva il suo trionfale ingresso ad High Street con cui c'era un'altra persona a braccetto. Fu quando gli passarono accanto che li notò.
Albus Potter e una biondina sexy ma di sicuro senza cervello.
Si è subito messo alla ricerca di un'altra, eh? Che stronzo... E Kate ci sperava davvero...
Anche il Serpeverde aveva notato lui - da molto prima, però - e aveva ostentato un'allegria spudoratamente falsa. Non tentava nemmeno di mascherarla e di mentire da ottimo Serpeverde.
Vuol farmi capire quanto mi detesta... Ma non sa quanto io detesti lui.
«Ciao, Baston! E Kate dov'è? Non dovevate uscire insieme?» fece Potter malignamente, occhieggiando il posto vuoto. Stava per rispondere amabilmente che era in cammino, e che magari quando fosse arrivata sarebbero potuti andarli a salutare insieme, quando una voce si intromise.
«Sono qui, dietro di te»
L'espressione di Potter si fece strana, ma quando si girò sembrava perfettamente a suo agio. Quando sia Sebastian che Albus guardarono Katherine, rimasero un attimo basiti. Sebastian fu il primo a riprendersi e a parlare.
Tanto io già sapevo che è bellissima.
«Ehi, Katie»
Kate storse la bocca all'appellativo, ma rispose al saluto con un sorriso felice e si sedette sulla sedia libera, per poi stringergli la mano sotto il tavolo. Sebastian sentì un calore ghermirgli il cuore e le lanciò uno sguardo dolce. Potter sbuffò e brontolò contrito: «Beh, io e Chloe andiamo dentro. Ci si vede». Il Grifondoro lo guardò scappare con una sorta di gioia vendicativa, per poi girarsi quando Kate lo baciò sulla guancia.
«Io ho già chiamato mia madre, quindi... Che si fa?» gli chiese, e l'altro le baciò la mano che stringeva la sua. Notò con un sogghigno il rossore che si diffuse sulle guance della ragazza, che pensò che non era possibile arrossire così tante volte in un giorno solo. Intanto, Sebastian sperava ardentemente che Potter, da lì dentro, li stesse guardando.
«Beh, per prima cosa ce ne andiamo da questo nido di serpi, ok?» propose e osservò con entusiasmo l'istantanea risposta affermativa che gli diede lei. Perciò aspettarono un cameriere - Hannah Paciock aveva trasformato quel posto, rendendolo più ufficiale ed elegante e riuscendo nell'impossibile (ossia surclassare la precedente proprietaria) - e Sebastian si fece dare il conto per il caffè, poi pagò e si incamminarono ancora mano nella mano.
Dentro il locale, Albus stava guardando fuori da tutto il tempo e in quel momento propose a Chloe qualcosa di più intimo. La ragazza, pensando ad uno stanzino e a pochi vestiti addosso, annuì e si fece far trascinare via. Albus seguì da lontano la coppietta felice e sentiva che a momenti poteva vomitare.
Si tengono per mano. Stanno camminando mano nella mano come una coppietta felice. Dio, dimmi che non è vero. Quel Grifondoro sta tenendo per mano la ragazza che in un mese - un mese esatto - mi ha fatto innamorare.
Lo aveva finalmente ammesso a se stesso: si era innamorato come un povero imbecille, lasciandosi incantare da cose banali come un paio di occhi colmi di curiosità e una risata che risuona sempre forte nell'aria sovrastando ogni cosa.
In quel momento, però, Albus si sentì come se Kate lo avesse accoltellato e per questo decise che il suo piano doveva salire di un livello. Notando la direzione che avevano preso, domandò a Chloe: «Ti va di andare da Madama Piediburro?». La ragazza rispose che per lei andava bene tutto, ma stava iniziando a insospettirsi.
Nel frattempo, Sebastian e Kate erano lì a qualche metro di distanza, camminando e chiacchierando. Si fermarono davanti ad un locale e per la prima volta da quando l'aveva vista davanti a I Tre Manici, il ragazzo tentennò.
«E-entriamo? Delle mie amiche mi hanno detto che come posto per un-» si fermò prima di dire appuntamento «Beh, mi hanno detto che è un posto carino, ecco».
Katherine, che era curiosa di vedere se quel posto era orrendo come glielo aveva descritto Helena, annuì e gli sorrise incoraggiante, per poi farsi trascinare da Sebastian. Quando furono dentro e il campanello alla porta suonò una strana melodia melensa, si resero conto di essere all'inferno. Rosa e centrini di pizzo dappertutto. Sebastian era impietrito e sconvolto, e Kate dovette farsi coraggio per entrambi. Lo trascinò ad un tavolo per due e lo fece sedere, aspettando la proprietaria per ordinare qualcosa. Quando questa arrivò, il Grifondoro si era ripreso quasi del tutto e riuscì a balbettare un 'Lo stesso che prende lei'. In dieci minuti, c'erano Sebastian, Kate, Albus, Chloe, una coppietta sbaciucchiosa e il fumo del teh a riempire l'orrida saletta. Katherine era profondamente turbata dalla presenza di Potter e Sebastian lo aveva notato, sapendo leggere alla perfezione le sue espressioni. Allungò le mani e prese le sue, strette nervosamente al bordo del tavolo. Non potette fare a meno di notare il viso contrito e fortemente arrabbiato di Potter.
«Ehi, se vuoi ce ne andiamo» mormorò quindi, sperando che lei lo volesse quanto lo voleva lui.
«Finiamo prima il teh» sussurrò piano l'altra di rimando e afferrando un biscotto di pastafrolla con le scaglie di cioccolato. Il Grifondoro acconsentì e ne prese uno anche lui, mangiucchiandolo con aria tesa. Quando dissero alla proprietaria dell'inferno che avevano finito, Sebastian si offrì di pagare il conto e dopo qualche obiezione Kate cedette stancamente.
Fuori da quel posto, si sentirono entrambi meglio e respirarono l'aria a pieni polmoni. Dopo un po' ritrovarono l'allegria, spingendosi scherzosamente e prendendosi in giro a vicenda. Poi passarono alla saletta da teh di Madama Piediburro.
«È stato orribile, lì dentro! Hai visto quanto rosa? E quanti dannati centrini di pizzo!» disse Kate ridendo piano.
«Beh, almeno i biscotti erano buoni» commentò Sebastian e la ragazza scoppiò a ridere come se avesse detto la cosa più divertente del mondo.
È questo il bello delle sue risate... Sono tutte così quando si lascia andare.
«Sì, hai ragione. In compenso ci sono i biscottini!» disse lei, poi furono presi da un pensiero comune e lanciarono la stessa esclamazione.
«Consegnati al Lato Oscuro di Madama Piediburro! Ha i biscottini!».
Furono presi da un raptus di risate e si resero conto di essere vicini alla Stamberga Strillante. Katherine gli lanciò uno sguardo consapevole e divertito, prima di incamminarsi verso la struttura in decadimento. Sebastian la seguì e quando lei mise il piede in malo modo e rischiò di cadere, la prese al volo, riafferrandole la mano e baciandole la tempia, e commentò su quanto fosse disattenta. Kate sbuffò, poi si tolse le scarpe e lo trascinò alla pietra levigata su cui adorava sedersi quando erano ad Hogsmeade. Stava iniziando a fare freddo e lei non aveva addosso nient'altro che il vestito bicolore, quindi Sebastian la avvolse nel proprio mantello insieme a lui. Kate poggiò la testa sulla sua spalla e il ragazzo credette di essere finito dall'inferno dritto al paradiso in pochissimi minuti.
Intanto, Albus stava litigando con Chloe da Madama Piediburro.
«Ammettilo, idiota: sei perso per quella, vero?» stava dicendo la ragazza con tono accusatorio.
«Perché pensi una cosa del gen-» stava tentando di dire l'altro.
«Perché ogni volta che lei se ne va, tu vuoi seguirla. Mi hai invitata e poi non mi hai cagata di striscio. E se davvero ti piace così tanto quella lì, perché non vai a dirglielo?» sbottò Chloe alzandosi, afferrandogli il bordo dei pantaloni e versandogli il teh, ancora caldo per magia, lì dove non batte il sole. Dopo la sfuriata, la ragazza se ne andò sbattendo la porta e facendo azionare un'altra volta il campanello dell'orrenda canzoncina. Sinceramente provato da quell'esperienza, Al si alzò ancora dolorante e scappò da lì, cercando di riuscire a trovare Kate.
Maledetta Chloe! Stronza! pensò mentre camminava a fatica e faceva varie smorfie di dolore. Dopo un gran pezzo di cammino, sentì una risata, una sua risata, e cercò di localizzarla.
È alla Stamberga Strillante! capì dopo un po'. Si mosse alla svelta, ignorando il dolore lì sotto e poi soffocando un dolore all'altezza del cuore. Erano seduti su una roccia dall'apparenza tanto comoda, abbracciati con addosso il mantello di lui. Baston stava parlando e Kate rideva a causa delle sue parole. Ad un tratto, così, all'improvviso, Baston disse qualcosa che fece drizzare Katherine. Lo guardò confusa e poi capì che gliel'aveva detto sul serio.
«Ti amo».
Sebastian si stava avvicinando sempre di più e ormai ne sentiva il respiro sulle sue guance rosse. La sua mano le stava afferrando la nuca mentre l'altra le accarezzava una guancia. Katherine stava pensando alle parole di Becky - 'E se ti piace, bacialo.' - e capì cosa doveva fare. Posò le mani sul petto di Sebastian mentre lui le sussurrava ancora di amarla e quasi le sfiorò le labbra, poi lo allontanò piano, con le lacrime agli occhi.
«No» gli aveva mormorato e poi si sentì morire al dolore che lesse nel suo sguardo. Si districò dal mantello e dalle sue braccia, e si alzò con le lacrime a rigarle le guance e scappò come meglio sapeva fare. Non girandosi mai indietro.




Albus la stava guardando piangere seduta sull'erba dei prati di Hogwarts. L'aveva seguita fin lì dalla Stamberga, ma ancora non si era avvicinato. Aveva paura che potesse rifiutarlo, che potesse urlargli contro o qualcos'altro. E allora se ne stava lì a guardarla. Non sapeva neanche cosa provare. Felicità, soddisfazione? Di certo non si sentiva così.
Forse era dispiacere, quello che gli giaceva sul fondo del cuore. Non per Baston, di lui non gli interessava. Era guardare Kate piangere disperata, singhiozzando come non mai, che gli faceva male. Non poteva sopportarlo, però non poteva andare da lei.
Era un circolo vizioso. Doveva stare con lei. Sentiva ogni giorno il desiderio impellente di vederla. E finché non la vedeva, quel pensiero lo consumava. Si sentiva drogato vicino a lei. Però non l'aveva mai notato prima di quel momento. E sospirò, guardandola.
Non poteva fare altro.



1° ottobre 2022, 23:06
Hogwarts, sotterranei

Avevano aspettato tutto il giorno, preparando tutto alla perfezione. Avevano una spia all'interno (se così si poteva chiamare un terrorizzato primino minacciato a morte) ed erano sicuri che sarebbe andato liscio come l'olio. James e Martin avevano indossato il Mantello ed erano entrati, per visionare tutto dall'interno. 'E anche per farsi due risate!' aveva detto James calando il Mantello dell'Invisibilità su se stesso e sull'alleato Tassorosso.
Martin alla fine si era fatto rassicurare dalla palese e ostentata sicurezza del Malandrino nelle capacità del suo gruppo.
In quel momento erano accucciati nel punto più isolato della stanza, e quindi più sicuro, e James stava guardando male l'altro perché gli aveva pestato il piede. Il Grifondoro aveva fatto venire lui a malincuore e solo perché quella era 'La Vendetta Dei Tassorosso'. Quanto avrebbe voluto che al suo posto ci fosse Jason!
Almeno lui non è così rumoroso! pensò il ragazzo amareggiato.
Tra alcuni minuti si sarebbe messo tutto in moto e dopo l'iniziale apocalisse - che segnava la fine del mondo dei Serpeverde - sarebbero dovuti scappare alla svelta per salvarsi la pelle dal finale epico assicurato.
E il premio dello Scherzo dell'Anno va a... I Malandrini!
Il Grifondoro guardò l'orologio e diede di gomito a Martin. Iniziarono a muoversi lungo il muro lentamente con in mano i secchi traboccanti e poi James si scrocchiò le dita e prese la bacchetta. Nella Sala Comune erano presenti solo altri due ragazzi, per via dell'ora tarda, ma poi tutti sarebbero accorsi e... bye bye Serpi!
«Aguamenti» borbottò il ragazzo insieme a Martin e allagando piano la stanza. Uno dei due se n'era accorto e stava cercando terrorizzato la fonte. A missione compiuta, le due Serpi erano state bloccate su divani e avevano le caviglie zuppe, cominciando a chiamare aiuto da sopra.
James era asciuttissimo, merito dell'Incantesimo Impermeabile che intelligentemente si era fatto prima, mentre martin aveva i calzini bagnati. I due rovesciarono i secchi e decine e decine di granchi verdi fosforescenti, sui cui dorsi c'era scritto 'Siete merde', invasero la stanza mentre vari Serpeverde sciamavano per la stanza. I granchi si avvicinarono famelicamente alle loro vittime e intanto, le capsule posizionate strategicamente stavano cominciando a sciogliersi e i due dovettero scappare. Uscirono di corsa dalla Sala e, insieme agli altri che li stavano aspettando, arginarono l'acqua in modo che non fuoriuscisse e si godettero i fuochi d'artificio: le capsule esplosero ricoprendo ogni cosa di gomma da masticare rosa.
Proprio vicino alle scale, pieno di gomma e completamente sconvolto mentre veniva mordicchiato da un granchio, c'era Pitman con i suoi due amici. Martin li indicò ad Ernest ed iniziarono le risate. Che finirono ben presto.
«Che sta succedendo qui?»
Si girarono e, lì, proprio dinnanzi a loro, si ergeva la fiera figura di Minerva McGranitt. Quando Frank, il Caposcuola, cercò di parlare non riuscì ad emettere qualcosa che non fosse stato un pigolio spaventato.
«Il signor Pitman mi ha mandato un messaggio poco fa, dicendomi che c'era uno strano rumore nella sua Sala Comune. E adesso, signorini, voglio delle spiegazioni. E, per favore, che mi convincano a non espellervi seduta stante» disse la Preside glaciale, i cui occhi lampeggiavano furiosamente.
Martin era congelato dalla paura, ma non riuscì a non cogliere la piccola risata porcina di Peter Pitman.
Siamo morti.


* esatto, ho liberamente copiato Barney Stinson, solo che, a mia discolpa, quelli a parlare sono due. u.u
** e sì, questo è un riferimento a Lily Evans


Non ci posso credere: ce l'ho fatta davvero! Sappiate che ho scritto fino alle undici di ieri sera per finire la parte dell'appuntamento. Che, boh, è stato un parto. : /
Adesso passiamo ai ringraziamenti di rito: Bra_and_Goten per averla messa nelle seguite, Look at the stars per averla messa nelle preferite e MoganoThestral7629 per aver recensito.
Beh, non credo ci siano altra cose da dire, quindi, boh, lettori/lettrici!
Portate 'boh' ovunqueeee!

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII - Selezioni (ahi ahi qui si fan guai) - I parte ***


Cap. 8 'TGT' Capitolo VIII - Selezioni (ahi ahi, qui si fan guai!) - I parte



1° ottobre 2022, 23:31
Hogwarts, Ufficio della Preside

Ormai Jason se ne era fatto una ragione, così come tutti i suoi amici. Marshall e Ernest, però, erano ancora terrorizzati, probabilmente perché per loro era la prima volta. La preside, dall'alto del suo scranno, li guardava con occhi assottigliati e le labbra livide, aspettando l'arrivo dei Direttori delle due Case chiamate in causa. Frank tamburellava distrattamente con le dita sul bracciolo della sua sedia e rifletteva sulle possibilità della revocazione della sua nomina di Caposcuola. Jason sapeva che Neville gli avrebbe solo dato una strigliata ed una punizione, sia perché l'uomo era compiacente e sia perché alla loro età aveva fatto di peggio.
Anche se a diciassette anni aveva un motivo vero per fare casino. Non una faida tra Case. Non una piccola vendetta. Una guerra.
Ciò, però, non cancellava il grande, enorme, casino che avevano fatto loro. La Preside, con labbra tremanti dalla rabbia, era troppo piena di ira nera ed esplose, impaziente e ormai scocciatasi di aspettare con le mani in mano. Era uno degli spettacoli più terrificanti che Jason avesse mai visto.
«Come avete osato danneggiare gravemente una Sala Comune a voi del tutto estranea? Come avete fatto? A chi è venuta quest'idea? E per quale motivo? Siete forse impazziti? State certi che non ve la caverete con una normale punizione» riprese fiato per poi ricominciare a sbraitare «Per prima cosa pulirete voi il danno causato alla Sala Comune dei Serpeverde e poi-».
«Ma, mia cara Minerva, non spetta a noi scegliere le punizioni?».
Elizabeth Haldane, che in quel momento era una vera e propria manna dal cielo, incedette a piccoli e graziosi passi nella stanza. L'anziana donna era la professoressa di Babbanologia nonché Direttrice di Tassorosso, ed era assolutamente adorabile. Era piccolina ed in carne, con modi eleganti di altri tempi ed aveva una predilezione per i vestiti da nonnina e le collane di perle. Ma era così dolce e rispettabile che per tutti i Tassorosso era davvero una nonna, che vizia i propri nipotini fino all'inverosimile. Al suo fianco c'era uno spettinato e assonnato Neville Paciock con il mantello al contrario e la camicia fuori dai pantaloni da un lato, che esibiva la sua più grave espressione da ora-siete-nella-cacca.
Minerva McGranitt, al limite dell'esasperazione, sbuffò come una gallina inferocita e le fece gesto di fare ciò che voleva.
La professoressa le concesse un sorriso di ringraziamento e si rivolse ai due alunni che erano sotto la sua giurisdizione.
«Oh, cari, vi prego di darmi una motivazione. Anche se in questa situazione non c'è motivazione che regga» fece un piccolo sospiro addolorato «Spiegatevi, cari». L'ultima cosa che la donna voleva era punire due suoi alunni, che seguiva affettuosamente dal primo anno, cercando di inculcar loro il senso del giusto e del sbagliato. Mentre Martin e Ernest tentavano di spiegare tutta la faccenda, Neville approntò un approccio diverso con i cinque Grifondoro.
«Per iniziare tolgo cinquanta punti a Grifondoro, e non discutete. Voi cinque siete una fonte incessante di guai e scommetto che c'è la tipica motivazione del 'siamo nemici fino alla morte'. Guai a voi se la prossima volta vi fate beccare perché non vedrete più la luce del giorno. E naturalmente i vostri genitori verranno tutti avvisati. Non sapete quanto mi dispiaccia punire così i figli dei miei più cari amici» disse guardando dispiaciuto ma non meno arrabbiato James, Jason, Fred e Lorcan e poi rivolgendosi al figlio «E tu... spera che tua madre non ti obblighi a fare le pulizie dei Tre Manici l'estate prossima, perché altrimenti non ne uscirai più vivo. E naturalmente, io e Minerva troveremo un sostituto più che adatto per il ruolo di Caposcuola di Hogwarts». Frank aveva lo sguardo basso e tirò su con il naso due volte, mortificato di fronte alle parole del padre.
Jason sospirò e si grattò una guancia, conscio di aver trascinato l'amico in una faccenda che non avrebbe dovuto riguardarlo affatto, e guardò James, che sembrava stesse pensando la stessa cosa. L'unico a parlare tra di loro dopo il discorso di Neville fu Lorcan, che, con sguardo serio e voce mortifera, chiese: «Allora, qual è la nostra punizione?».
Il giovane uomo sospirò passandosi una mano sul volto e riflettendo accuratamente. Poi, cercando in Minerva un cenno d'assenso, iniziò ad esporre le proprie sadiche idee.
«Potreste, come ha suggerito la preside, pulire la Sala Comune dei Serpeverde, visto che mi sembra ingiusto che quei poveri elfi debbano subire anche le chele dei granchi oltre ai propri lavori quotidiani. In seguito potreste... Vediamo, mettere a posto l'archivio della biblioteca aggiungendo i nuovi testi scolastici vi sembra troppo poco?».
I ragazzi accusarono il colpo e scossero la testa, accettando la propria condanna a morte.
«Bene, e con questa è fatta. Scusatemi, Minerva e Elizabeth, ma domani devo alzarmi presto per poter piantare vari Gerani Zannuti per far esercitare quelli del quinto anno» detto questo, Neville si dileguò lanciando uno sguardo severo ai ragazzi. Intanto, la professoressa Haldane stava dicendo che per lei anche i suoi due alunni dovevano subire la stessa punizione per poi lasciare la stanza con i ragazzi e lanciare un saluto stanco alla Preside, che non aveva più parlato.
I ragazzi si divisero, senza un saluto, terrificati dal giorno che sarebbe venuto e persi in tristi pensieri.


2 ottobre 2022, 8:32
Hogwarts, Sala Grande

Due urli disumani e terribilmente simili squarciarono l'aria sonnolenta del mattino.
«Cosa hai combinato?!».
James Potter e Martin Marshall, seduti fianco a fianco, sprofondarono nella panca, cercando di non farsi vedere mentre le loro ragazze, furiose, facevano loro una sfuriata degna di questo nome. I due avevano deciso in tacito accordo di sostenersi l'un l'altro e riferirlo alle ragazze insieme.
Helena, alzatasi per il fervore della rabbia, prese James per un orecchio e lo fece alzare, facendo segno a Muse di seguirla. La bionda afferrò Martin per la maglia e si affrettò a camminarle dietro. James strillava come un maialino e la supplicava di lasciarlo perché gli faceva male, mentre Martin si faceva compatire con lo sguardo da Ernest. Li portarono fuori, distanti da occhi e orecchie indiscreti, e iniziarono a dar di matto. Helena, poi, schiaffeggiava ripetutamente il suo ragazzo sulla nuca, accompagnando i colpi con parole intrise di sconcerto e rabbia.
«Come» schiaffo «diavolo» schiaffo «ti» schiaffo «è» altro schiaffo «saltato-in-mente» altri tre schiaffi. James intanto si lasciava colpire, non senza grugniti di dolore ben poco raffinati.
«Helena, cazzo! Mi fai male!» sbottò il ragazzo dopo vari e dolorosi altri schiaffi. Helena inspirò rumorosamente e lo guardò male, dandogli un pizzicotto sul braccio e aprendo bocca per parlare. James, però, non gliene diede la possibilità e la baciò. La ragazza si lasciò andare con una specie di grugnito, chiudendo gli occhi conciliante e circondandogli il collo con le braccia.
Intanto, Muse continuava imperterrita la sua partaccia, aggiungendo varie frasi che riempirono Martin di sconforto.
«Come pensi che potrai piacere ai miei genitori? Guarda che mio padre appena saprà di te farà un indagine o una cosa così e poi, quando scoprirà il tuo stato di sangue non mi permetterà più neanche di respirare. E anche lui se è... no, fosse, dannazione! E anche se fosse Babbano non gli piaceresti, con tutte le scemenze che stai facendo. E sentirmi parlare, anzi no, urlare in questo modo, sembrando una pentola a pressione scoordinata e con un lessico penoso è umiliante. Quindi, pensa alla possibilità di restare con me fino a Natale, prima di combinare un altro disastro!».
Martin serrò la mascella, e, sentendo il bisogno di affetto, la tirò a se in un abbraccio, sprofondando il viso tra i ricci biondi. La ragazza sospirò e gli accarezzò i capelli con le lacrime agli occhi; era terrorizzata da ciò che suo padre avrebbe potuto fargli. Però, si disse, Apollo Graham non avrebbe osato rischiare di venire arrestato per un lurido Sanguesporco, come li chiamava lui.
Ormai, di questi tempi le torture e le persecuzioni sono fuori moda, oltre che illegali e severamente punibili.
«Scusa, io...» mormorò sconfitto e avvilito, non sapendo come continuare. Restò in silenzio, ben sapendo che in certi momenti il contatto fisico era più esplicito di mille parole.



3 ottobre 2022, 11:05
Hogwarts, corridoi

Un ragazzo stava cercando un suo amico da più di mezz'ora, ed in quel momento stava ringraziando le ore buche. Dire che si stava scocciando della situazione era poco. Perciò, quando girato l'angolo finalmente lo trovò seduto, e perennemente sconsolato, sul davanzale di una finestra contornato da una decina di ragazzi chiacchieroni e piuttosto irritanti, tirò un sospiro di sollievo.
«Seb!» lo chiamò dall'estremità del corridoio per poi mettersi a correre nella sua direzione. Il ragazzo gli fece a malapena un cenno della mano in segno di saluto e continuò a fissare un punto indefinito fuori dalla finestra. Il cielo era grigio e le nuvole cariche di pioggia, cosa non inusuale per Hogwarts. Il ragazzo, un Corvonero di nome Anton Daugherty, appena gli fu abbastanza vicino afferrò Sebastian per un braccio e portò la bocca al suo orecchio, facendolo quasi cadere. Sebastian non poté reprimere un sospiro esasperato. Quel giorno, inspiegabilmente, tutti volevano qualcosa da lui. Ci mancava solo che Anton si mettesse in testa di tirarlo su di morale con una delle sue pazze trovate.
«In bacheca c'è un avviso. Questo pomeriggio alle quattro inizieranno le selezioni» gli sussurrò Anton. Per la prima volta dopo qualche giorno, Anton scorse un lampo di vitalità negli occhi del suo migliore amico. Il Quidditch era l'unica che poteva farlo tornare allegro, volente o nolente. Il Grifondoro fece un sorrisino e si mise in piedi in un lampo, attraversato da una sorta di scarica di adrenalina. Non ne era molto certo, correndo e portandosi dietro Anton, ma sempre un qualcosa di nuovo gli scorreva nelle vene. Si era alzato urlando di non rompere le Pluffe ai ragazzi che fino ad un attimo prima gli stavano rompendo l'anima con proposte e suppliche e che adesso gli gridavano indignati per essere stati scaricati così brutalmente.
La corsa a rotta di collo che fecero durò tanto, così tanto che a Anton venne la voglia di spiaccicare Sebastian contro un muro e poi di mandare qualcuno a pulire il macello. Intanto, Sebastian non pensava ad altro che ai Grifondoro che avrebbe voluto portare. Nelle settimane precedenti non ci aveva pensato più di tanto, ma in quel momento doveva farlo. Altrimenti che avrebbe fatto, ci sarebbe andato solo? Ma neanche per idea!
Uhm... Potter di sicuro, e anche Dunn e Rose. Ah, anche Finnigan, certo!
Anton sorrise quando Sebastian iniziò a parlare delle sue teorie e delle sue decisioni, felice di vederlo distratto dopo due giorni di apatia totale e sconfortante.
Kate sarebbe stata contenta quando quella sera le avrebbe detto che ora Sebastian stava meglio.
Ma non grazie a lei, però... È il Quidditch che gli fa bene, non lei. È sempre stata un'inconscia fonte di guai per Sebastian, quella povera ed inconsapevole ragazza.


Zacharias Zabini stava camminando tranquillamente, noncurante di essere in ritardo per Aritmanzia.
Tanto la Garnet mi venera per il mio bel sederino...
La professoressa Eileen Garnet tra gli studenti aveva la fama di 'mangiatrice di fanciulli' per la sua predisposizione a flirtare spudoratamente con i giovani e bei ragazzi della scuola. La donna era sì sulla quarantina, ma molto probabilmente lo faceva per sentirsi giovane e desiderata, invece di sfruttare la sua bellezza e la sua notevole intelligenza per far ritornare il marito da lei, dopo che lo aveva lasciato perché 'la faceva sentire oppressa'.
Zac sbuffò e guardò l'orologio, affrettando il passo di poco. Non poteva fare troppo tardi, se no Albus iniziava a fare la mamma chioccia. Ad un tratto, Zacharias sentì qualcuno picchiettargli impazientemente sulla spalla. Si girò e vide un ragazzo di Serpeverde del settimo anno dalle origini indiane.
«Ehi, Kumar! Che vuoi?» fece sorpreso il ragazzo, mentre l'altro lo guardava male e raddrizzava la schiena con uno sguardo sprezzante che a Zac non fece né caldo né freddo poiché era abituato dalla nascita a sguardi del genere.
«Voglio sapere chi porterai con te per le selezioni di oggi» sputò fuori Amar Kumar con tono falsamente disinteressato.
L'unica cosa che gli importa è il Quidditch. Bah, per me è solo un gioco... E il fatto che io quest'anno sia il Capitano di Serpeverde non influisce particolarmente sulla mia vita.
Zac ci rifletté un attimo, poi sparò, all'istante per toglierselo dai piedi, i nomi di coloro che sapeva fossero i migliori tra i Serpeverde che aveva visto alle precedenti selezioni.
«Scorpius Malfoy, Albus Potter, Peter Pitman e... Tu, Kumar».
Zacharias, anche se gli stava pesantemente antipatico, doveva ammettere che quel tizio era davvero un diavolo di portiere; ma quando vide l'espressione tutta soddisfatta dell'altro avrebbe voluto portarci Marcus al posto suo.
Informazione di servizio: Marcus non sa giocare a Quidditch. Dio, ma chi me l'ha fatto fare?
Il ragazzo passò oltre, lasciandosi dietro un Amar Kumar tutto soddisfatto.


Wayne era profondamente felice che fossero finalmente arrivate le selezioni finali e non vedeva l'ora di vedere chi sarebbe stato il Capitano. In quel momento era nei sotterranei e fingeva di ascoltare le chiacchiere di Lumacorno su chissà quale suo protetto famoso.
Si passò distrattamente una mano tra i capelli e pensò a chi portare con sé quel pomeriggio, fingendo di annuire in modo non troppo accondiscendente al professore di Pozioni.
Mmmm... Gary, Molly Weasley e Fox. E magari anche Alex.
Fece vagare lo sguardo sulla stanza fredda e umida, sentendo il freddo pungerlo come tanti spilli. Si avvicinò un po' al calderone fumante e sentì i profumi prodotti dall'Amortentia solleticargli il naso. Catalogò svogliatamente gli odori: il profumo di rose di sua madre (custodito gelosamente da lui in uno scrigno d'argento, visto che sua madre era defunta), la resina delle scope da corsa, l'erba appena tagliata e il ciambellone della nonna.
Si sfregò le mani per darsi un po' di calore e sollievo e prese piuma e inchiostro, segnando sulla pergamena quei nomi e quei profumi che gli aleggiavano confusamente nella testa. Stava ancora scarabocchiando distrattamente sul foglio quando sentì distintamente la voce di Horace Lumacorno.
«Wolf, risponda, su».
Sobbalzò indietreggiando un po' con la sedia, notando che il professore si era avvicinato parecchio al suo tavolo da lavoro e lo stava guardando perplesso. Vide il suo compagno di banco indicargli di nascosto un passo del libro e si tranquillizzò, capendo quale fosse la domanda e già sapendo la risposta, prontamente imparata il giorno prima con pazienza e diligenza.
«Ehm, certo, professore!».


Prudence Goyle, Corvonero del settimo anno, stava tentando di sciogliersi i nodi dei capelli con le dita, assolutamente disinteressata alla lezione abitualmente noiosa di Storia della Magia. Dopo un po' si stiracchiò con uno sbadiglio, notando il solito mormorio dilagante proveniente dal fondo della stanza. C'era sempre un gruppetto di ragazze ciarliere che non perdeva l'occasione per parlottare a mezza voce e molto allegramente, qualunque fosse il momento. Sospirò, scrivendo una data che aveva colto in mezzo al discorso senza fine di Rüf. Ogni tanto, durante la lezione Prudence segnava qualcosa, tanto per far vedere che lei era una persona seria e ben disposta allo studio. E anche per niente cattiva, o robe così. Anche se non centrava niente con lo studio, in effetti. Però, la ragazza faceva di tutto per mostrarsi buona e gentile, anche se il suo cognome spesso era scomodo.
Tutti sanno chi è mio padre e da che parte stava durante la Seconda Guerra Magica. Tutti, nessuno escluso. E ciò potrebbe minare la mia persona. Anche se in effetti è già successo.
Quasi nessuno la considerava, perché era meglio non avere niente a che fare con i Goyle. Gente cattiva, come i Malfoy. Prudence conosceva Scorpius, erano amici d'infanzia in un certo senso; cosa che non si poteva dire quando si parlava di suo fratello e del giovane Malfoy. Benjamin Goyle e Scorpius si odiavano a morte e quando Ben era stato accettato piuttosto bene dai Grifondoro sei anni prima, Prue non poté non esserne contenta. Almeno il suo fratellino era visto come buono e non come razzista Purosangue. Alcuni lo associavano a Sirius Black (anche perché era straordinariamente bello) e pensavano a lui come 'la mela sana della famiglia Goyle'. Mentre lei era solo una perfida saputella.
Cercò di pensare ad una cosa che potesse invadere piacevolmente la sua testa e trovò il Quidditch. Quel giorno ci sarebbero state le selezioni con i giudici, che gli pareva fossero certi importanti figure che avevano a che fare col Quidditch passato e presente. Era eccitata ed essenzialmente nervosa, ma mandava tutto giù con lo studio.
Niente è meglio dell'Aritmanzia per scordarsi cose imminenti e potenzialmente pericolose per la tua salute psichica.
Comunque, in quel momento stava pensando a come avvertire Rupert e Charles che erano loro quelli che quel pomeriggio sarebbero andati alle selezioni con lei.


3 ottobre 2022, 16:02
Hogwarts, campo di Quidditch

Sebastian stava guardando il cielo pensieroso e contemporaneamente stava cercando di far stare zitte Helena e Rose che parlavano assiduamente. Stavano aspettando da un quarto d'ora, perché Sebastian aveva voluto che fossero lì in anticipo per chissà quali motivi (erano oscuri anche a lui). Aveva adocchiato gli altri partecipanti e aveva passato non meno di un minuto ad incenerire Albus Potter con lo sguardo, per poi passare in rassegna agli altri volti e alle caratteristiche fisiche.
Merlino, aiutami tu! Questi sembrano appena usciti da QuidditchMania! pensò guardando la corporatura del basso e agile Tassorosso che gli sembrava si chiamasse Hunter Fox e un Corvonero dalla stazza robusta e forte di nome Rupert Jinnah.
Aveva paura di non farcela, di non meritare di essere lì. Ma il momento passò quando vide delle persone arrivare sul prato ampio ed erboso. Inspirò rumorosamente quando dalle scope, tutte rigorosamente lucide e magnifiche, scesero i tre giudici.
Oliver Baston, suo padre. Gwenog Jones, ex Capitano delle Holyhead Harpies. Ed un tizio che in quel momento riuscì a memorizzare solo come grosso. Un enorme massa flaccida di carne.





Ringrazio Elizabeth_Lovegood e Asia Greenrose per averla messe tra le seguite e... IL VUOTO per aver recensito. Davvero, ragazze, siete molto attive. e.e

Mmmmbeh, il capitolo è piuttosto di passaggio - e anche mortalmente brutto : / - ma vedrete nel prossimo (cioè il continuo di questo). C'ho già tutta la testa che lavora febbrilmente per trovare qualcosa di decente da scrivere. ;-D
Ah, QuidditchMania è un giornale che mi sono inventata io. Sono molto brava, eh? XD
Per spoiler, immagini, ecc., ecco il mio nuovissimo e rampante (?) gruppo Facebook, capito, tizie? Quindi, almeno questo fatelo per me: aggiungetevi. ç.ç E vi preeeeego: recensite.
Altrimenti avrete al telegiornale la storia di un'autrice che si è suicidata. u.u

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Capitolo 10
*** Capitolo IX - Selezioni (ahi ahi qui si fan guai) - II parte ***


Cap. 9 'TGT' SE NON LEGGETE QUESTO VE NE PENTIRETE. Prima cosa: oggi pubblico solo perché è il compleanno del mio fratellone e dovevo dedicarglielo. u.u Seconda cosa: AGGIUNGETEVI QUI (il mio gruppo su Faccialibro), per spoiler, le immagini ecc.

Peppeeeeeeeeee!
Questo è per te, coglions. <3



Capitolo IX - Selezioni (ahi ahi, qui si fan guai!) - II parte



3 ottobre 2022, 17:51
Hogwarts, campo di Quidditch

Come Sebastian aveva scoperto poi, la massa flaccida di carne aveva un nome. Richard Chipper, direttore di QuidditchMania nonché precedente sponsor dei Tornados. Appena appresa la sua identità, a Sebastian prese un colpo, sapendo che bastava una sua raccomandazione per finire tra i titolari del Puddlemere United e ogni volta che Rose faceva un commento divertente ma anche offensivo sulla sua mole, Sebastian la riprendeva mostrando l'infinito rispetto che provava per quell'uomo. I giudici li avevano messi subito a faticare, senza neanche dar loro il tempo di replicare il saluto formale e rispettoso.
In quel momento, Sebastian stava correndo lungo tutto il perimetro del campo ed era il secondo in testa alla fila. Il primo, quello più veloce e quindi sicuro vincitore della prova di resistenza che stavano facendo, era Zacharias Zabini, il Serpeverde amico di Potter. Quest'ultimo si era accasciato a terra dopo il quarto giro e non accennava a rialzarsi e Sabastian ne era enormemente compiaciuto; oltre al secondogenito di Casa Potter, a terra c'erano anche Rose, Wayne Wolf e Gary Entwhistle. Gli altri facevano spesso pause, tutti tranne Zac, Sebastian e Rupert Jinnah. Il Grifondoro era al sesto giro e non ne poteva più, sentiva le gambe molli e la testa pesante, ma quando sentì suo padre urlargli di fermarsi per evitare un collasso lo ignorò, e portò a termine il sesto e anche il settimo giro di corsa. Poi si fece cadere su una panca e si fece mettere in mano una bottiglietta d'acqua mentre Zacharias gli si sedeva accanto.
«Ehi, Baston! Bella prova» commentò il Serpeverde. Sebastian lo guardò scettico e vide la mano che l'altro gli stava porgendo pacificamente. Il Grifondoro la strinse e gli sorrise, ricambiando i complimenti. Dall'altra parte del campo, Albus li guardava confuso mentre si alzava per dirigersi alle docce. Quella di resistenza era l'ultima prova della giornata e adesso i giudici stavano confabulando amabilmente e stavano confrontando le cartelle su cui avevano preso appunti. La cosa sembrava estremamente seria e Sebastian, scoprendo in Zabini un ottimo ascoltatore, gli confidò che non aveva mai avuto la minima idea che suo padre fosse uno dei giudici, altrimenti non avrebbe partecipato. E quando Zac gli chiese il perché, lui gli rispose col cuore: «Perché non saprò se sarò messo in squadra perché sono il figlio del giudice o perché me lo merito. E questo non mi va giù».
«Tuo padre lo sapeva, ci scommetto. Ma ha voluto che tu partecipassi comunque. Non voleva privarti di un'occasione così rara per far vedere di che pasta sei fatto» disse Zabini con l'aria di chi la sa lunga.
«Ognuno deve sfruttare le opportunità che ha» commentò ironico Sebastian, ripetendo quello che aveva sentito spesso dire al padre.
«E tu ne hai una enorme, Baston. Vedi di sfruttarla come si deve» sibilò di rimando Zac con un ghigno, battendogli una mano sulla spalla e allontanandosi verso il cugino. Sebastian rimase a guardare il cielo aranciato dal tramonto e andò alle docce, rendendosi conto di essere fradicio di sudore. Prima della prova di resistenza, c'era stata la valutazione delle varie specialità e il Grifondoro aveva segnato dieci gol su undici, mentre Amar Kumar cercava inutilmente di parare. Aveva seguito le altre prove e aveva notato le grosse potenzialità di Hunter Fox nel ruolo di Cercatore, che aveva acchiappato il Boccino dopo sessantanove secondi esatti. Purtroppo, Potter deteneva il record: tredici secondi netti. L'altro Potter aveva segnato otto gol su undici, con Wayne Wolf come portiere. Ma non fu colpa sua, perché se al posto di Wolf ci fosse stato un qualsiasi altro portiere avrebbe messo a segno tutti i gol. Quel Wayne era un ottimo portiere, il più bravo che c'era sulla piazza in quel momento. Riguardo ai Battitori, Rupert Jinnah era mostruosamente forte e rischiava seriamente di far male a qualcuno, ma la mira ne risentiva; la più brava era stata di sicuro Prue Goyle, che aveva centrato numerose volte il manichino al centro del campo, e Rose aveva fatto una delle sue migliori prestazioni. Stuart, però, non era andato molto bene e aveva passato la maggior parte del tempo a lanciare sguardi di fuoco a Scorpius Malfoy. Sebastian aveva sentito dire che al Grifondoro 'gli amici dell'anno' non andavano per niente giù, e non poteva dargli torto. C'era qualcosa di strano nel modo in cui portavano avanti quella cosiddetta amicizia. Sembrava che fossero improvvisamente spariti gli anni di odio e di insulti e la cosa era leggermente inquietante, era come se avessero subito il lavaggio del cervello. Un giorno si odiavano a bestia, non potevano guardarsi che potevano scannarsi, e il giorno dopo iniziarono ad andare d'amore e d'accordo. Era strano.
Ma a Sebastian non poteva interessare di meno, in quel momento. Kate era fuori dalla docce femminili, era poggiata al muro e aspettava con le mani in mano, guardandosi i piedi e Sebastian sospettava che fosse arrossita. Il ragazzo drizzò le spalle e si diresse verso le docce per i maschi, che era proprio accanto a destra, facendo di tutto per non guardarla o per non avere in faccia un espressione qualsiasi, che fosse felice o intrisa di dolore. Doveva regalarle indifferenza. Ad un tratto le fu così vicino che avrebbe potuto facilmente toccarla, ma aprì la porta ed entrò.
A Kate vennero i brividi quando Sebastian fu entrato, e sentì le lacrime minacciare di bagnarle ancora le guance; ma se lo fece passare. Aveva capito di aver perso il suo miglior amico il giorno dopo quel fatale appuntamento, quando era entrata in Sala Grande con Rose, che l'aveva convinta a sedersi con loro al tavolo dei Grifondoro. Lui non c'era ancora. Katherine pensava che magari avrebbero potuto parlare, chiarire la cosa, anche se aveva troppa paura. Quando si trattava di dire cosa pensava o di parlare a cuore aperto, Kate sentiva un groppo in gola e il battito cardiaco impazzire, perché aveva paura delle reazioni, che magari il suo interlocutore si mettesse a ridere per il suo essere troppo ridicola. Non voleva che gli altri ridessero di lei e così preferiva tenersi tutto dentro. Nel momento in cui Sebastian era entrato Helena glielo aveva sussurrato piano e lei si era girata per guardarlo. Aveva sempre saputo che Sebastian fosse bello, ma in quei giorni ci pensava un po' troppo spesso. Quando lui l'aveva vista, si era irrigidito un attimo per poi avvicinarsi al primo vassoio che vide, lanciarle uno sguardo sprezzante e uscire dalla Sala. Kate aveva sentito qualcosa dentro di lei rompersi e capì che tutto era finito.
Dio, i suoi occhi. Erano così... cattivi. Ma lì c'era anche dolore.
Katherine sentì la porta aprirsi e vide Rose uscire tutta contenta. Katherine era felice per lei, perché aveva visto che era andata bene e iniziò a fingersi felice anch'essa.
«Sei stata fantastica, Rosie. Ti prenderanno di sicuro» le disse schioccandole un bacio sulla guancia. La rossa le lanciò uno sguardo compiaciuto e la guidò verso il castello.
Kate non dormì neanche quella notte. Ogni volta che chiudeva gli occhi vedeva quei due pozzi scuriti da cattiveria e dolore.



12 ottobre 2022, 18:21
Hogwarts
Dormitorio femminile Tassorosso

«E quindi mi ha detto che non vuole più stare con me. Così, senza preavviso. L'attimo prima ci stavamo baciando e l'attimo dopo mi molla. Dio, quella ragazza è impossibile».
«Ma è-».
«No, Kate. Non è una cosa definitiva, perché lei fa sempre così. Fra qualche ora tornerà con la coda tra le gambe e tornerà tutto come prima. Almeno fino alla prossima settimana» sospirò «È inutile tentare di ragionare con lei. È completamente pazza».
«Ed è questo quello che ti piace di lei, no? Anche se... Becky, insomma lo sai cosa penso io! Ci soffri troppo e dovresti lasciarla perdere» tentò di consigliarle Kate ma Becky scosse la testa cocciuta.
«Io so come trattarla. Non è poi così difficile» borbottò intestardita la bionda, incrociando le braccia al petto.
Quando Kate fu messa a conoscenza della bisessualità di Becky non ne restò stupita e dopo un attimo aveva iniziato a parlarle tranquillamente di ciò che stavano dicendo prima. In quei giorni la loro amicizia era cambiata, diventando più seria e leggera insieme e Katherine ne era felice. Almeno qualcosa che andava bene c'era, in quel periodo.
Restarono a parlare ancora un po', tutte e due sedute sui propri letti, e la mora non tirò più fuori l'argomento 'ragazza difficile'. Becky, però, le aveva raccontato di essere innamorata di Angela, una loro compagna di dormitorio, e che anche l'altra provasse qualcosa per lei.
Dopo un po' scesero a cena e Kate aveva lo stomaco che brontolava incessantemente, in Sala Grande si sedettero fianco a fianco. Katherine guardava Becky ridere come una pazza ad una battuta di un certo Oscar Smith, quando lo sentì. Un rumore forte e stridulo, che catturò in poco l'attenzione di tutti. Erano dei fuochi d'artificio magici, che esplodevano da fuori la finestra. Il rumore però sembrava vicinissimo. Si alzò e come tutti uscì fuori nell'aria gelida della sera, guardando il magnifico spettacolo, probabilmente offerto dai Malandrini che avevano appena finito di scontare la loro punizione. Katherine sorrise guardando le strane forme che si disegnavano da sole nel cielo, riempendo quest'ultimo di colori sgargianti e suggestivi. Sentiva i fischi d'apprezzamento che lanciavano alcuni ragazzi e sentì le risate gioiose dei primini quando un drago arancione sputò scintille verdi verso le nuvole. Era un bel modo di finire la settimana scolastica, su questo non si poteva discutere. Quando lo spettacolo cessò, tornò dentro, accortasi del freddo cane che faceva all'aperto. Notò che Sebastian la stava guardando, ma non diede segni di essersene accorta, rigò dritta per la sua strada. Però sentiva ancora il sguardo attraversarla da capo a piedi e gli montò la rabbia.
Ma cosa diamine vuole?
Sbuffò irritata e lo guardò con la fronte aggrottata, poi decise di dargli addosso. Gli si avvicinò con passo marziale e notò compiaciuta lo sguardo impaurito e curioso che le lanciò.
Non puoi farmi impazzire e passarla liscia, signorino mio. Eh no.
Katherine lo afferrò per un braccio e lo trascinò via, ormai convinta che dirgliene quattro fosse l'unico modo per scaricare lo stress. Dopo un po', lo mollò e si girò a fronteggiarlo, sputandogli addosso tutto ciò che si era tenuta dentro per giorni.
«Non puoi fare così, tu. Non puoi non parlarmi per giorni e guardarmi come se fossi una cacca di Doxy sotto le scarpe. Quei cinque anni in cui ti ho voluto bene da morire, in cui sei stato il mio migliore amico, dove sono finiti? I tempi in cui ci sostenevamo a vicenda, in cui un giorno senza l'altro era noioso, te li sei dimenticati? La devi smettere. Dimmi, vuoi essere baciato? Perché se è così, avrai ciò che vuoi. Magari la finisci di fare lo stronzo!». Detto questo, lo afferrò per il bavero e si sporse per baciarlo sulla bocca.
Sebastian la guardò un attimo spaesato, ma prima che la ragazza potesse avvicinarsi troppo le afferrò i polsi e l'allontanò scuotendo la testa amareggiato. Kate sentì un singhiozzo scuoterle il petto; si accorse di star piangendo come un'idiota.
«E allora cos'è che vuoi? Io... io non ti capisco. Ti prego, smettila, ok?» disse la Tassorosso e notò quanto fosse orribile sentire la sua voce spezzarsi e tremolare. Le scostò una ciocca di capelli dalla fronte con le dita, guardandola con quello che suppose, a torto, fosse compatimento.
«Katie, io...» sussurrò, poi appoggiò la fronte alla sua e chiuse gli occhi. La ragazza sentì la sua indecisione e poi sentì le sue mani stringerla dolcemente e le sue labbra sfiorarle prima le guance, poi il naso e poi la fronte. Continuò a baciarla piano, poi sospirò e ridacchiò amareggiato.
«Potrei approfittarne, sai?» mormorò Sebastian e Kate capì che era difficile starle così vicino.
«Ma non lo farei mai. E vuoi sapere il perché, vero? Perché non è quello che vuoi tu».
Katherine boccheggiò e gli posò le mani sul petto, mentre un calore dolce la riscaldava dentro. «Come sei... idiota» gli sussurrò di rimando con affetto.
«Ti voglio bene».
«Ti amo da impazzire».
Parlarono contemporaneamente e Kate, sentendo la frase del ragazzo, arrossì impietosamente e gli si allontanò. Sebastian osservò per un po' le gote rosse dell'altra, ridacchiò e disse: «Ops. Non avrei dovuto dirlo, eh?».
«Senti, io devo andare» sbottò la ragazza che si era irrigidita e non lo guardava negli occhi. Sebastian provò a stringere il suo braccio ma gli sfuggì e la Tassorosso andò via senza dire niente.
E Sebastian stava lì, lo sguardo vacuo e la mano ancora tesa verso il vuoto.


Albus l'aveva visto tornare dentro subito dopo Kate e gli sembrò giusto andare ad intimargli una serie di cose che covava dentro da secoli. Katherine gli era sembrata sconvolta e sull'orlo delle lacrime.
«Ehi, Baston. Non ti sembra di averla fatta piangere abbastanza?» fece con rabbia e quando l'altro lo notò serrò la mascella e con sguardo di puro odio continuò a camminare; ma Albus non voleva cedere e gli afferrò un braccio.
«Devi lasciarla in pace. Mi sembra l'unica cosa buona che puoi fare, a questo punto» sputò Al, guardandolo fisso.
«Se tu non ti fossi messo a rompere le palle proprio quest'anno, lei starebbe benissimo. È colpa tua, non mia» ribatté il Grifondoro con l'amaro in bocca. Albus sollevò le sopracciglia e rise, non rendendosi conto degli sguardi straniti di alcuni studenti che si erano fermati ad osservare la scena e che ad un folle sguardo di Sebastian si volatilizzarono nel nulla.
«Quindi tu la fai piangere e la colpa è mia. Davvero molto intelligente, Baston, e...» disse maligno Albus con gli occhi che sprizzavano scintille, «lei è mia, fattene una ragione».
«Tua?! E allora dimmi... Cosa sai di lei? Lo sai che a quattordici anni si è rotta una gamba? Dov'eri tu? Allo stadio a guardare il Quidditch, immagino. Lo sai come l'ho conosciuta? L'ho trovato in un aula vuota a piangere, aveva undici anni e sembrava un cucciolo abbandonato che andava alla deriva. Lo sai che ha una cotta per te da quando ha tredici anni? E ho dovuto sentire un sacco di stronzate su quanto tu eri fantastico o bravo o veramente mervaviglioso, mentre tu te ne andavi in giro con i tuoi amici e stavi con una puttanella qualsiasi. E l'ho dovuta anche consolare. Perché è questo che faccio da sei anni: la consolo quando ha bisogno. E tu, dimmi dov'eri quando è morta sua zia e non voleva uscire più di casa? O quando si trovava brutta come la peste perché tu non la guardavi? No, avanti, dimmi quanto la ami. Riceverai un pugno in faccia» disse Sebastian aggressivo, mentre Albus gli mollava il braccio e lo guardava furibondo.
Sebastian, finalmente libero, se ne salì, sentendosi più leggero.



13 ottobre 2022, 8:47
Hogwarts, terzo piano

«Lucy» gridò euforica una ragazza dai folti capelli rossi saltando addosso ad una povera ragazzina mora con gli occhiali, che per poco non caddero a terra per l'impeto dell'abbraccio.
«Molly, cos-» provò a dire la mora, ma venne interrotta da un'altra ragazza dai capelli rossi, più bassa dell'altra.
«Senti, Lucy, non parlare, perché adesso ci siamo noi a festeggiarti. Capito, piccolina?». La ragazza mise su un cipiglio degno di suo padre e cercò di liberarsi dalle braccia soffocanti di sua sorella.
«Ma voi non avete niente di meglio da fare il giovedì mattina?» sbottò Lucy lottando furiosamente con la sorella per ricevere un po' d'aria ai polmoni.
«Ma è il tuo compleanno!» esclamò felice l'altra rossa saltellando con in mano un pacchetto ornato da un enorme fiocco dorato.
«Rose, chiudi il becco e aiutami!» strillò Molly, mollando un affettuoso calcio allo stomaco della sorella. Rose fece una smorfia e alzò gli occhi al cielo e infilò il pacchetto nella tasca interna del mantello invernale che indossava per poi buttarsi nella mischia ridendo come una pazza. Dopo circa tre minuti fece la sua entrata in scena il professor Whithe che si bloccò alla vista di quel vortice di schiaffi e risate.
«Che sta succedendo qui?» disse cercando di trattenere le risate e senza la minima intenzione di punire quelle tre Weasley. Era stato giovane pure lui, dopotutto. Le tre si districarono e Lucy arrossì, tentando di mantenere un po' di dignità.
«È il compleanno di mia sorella, professore» rispose Molly sistemandosi i capelli e sventolando un sorriso ampio e luminoso. Brian Whithe sorrise e diede dei composti auguri alla mora, per poi consigliare alle tre di sbrigarsi per le lezioni.
«Certo, professore, ci scusi» balbettò Lucy con le orecchie rosse e lo sguardo abbassato. Il professore di Difesa regalò loro un piccolo sorriso di circostanza e si avviò verso la sua aula, che era un corridoio più avanti.
Molly ridacchiò e poi sospirò con gli occhi a cuoricino.
«Certo che abbiamo proprio un professore figo, eh» commentò con un sopracciglio alzato in segno di malizia. Lucy la guardò scandalizzata e le mollò uno schiaffo sul braccio, convinta da sempre che i professori fossero quello di più sacro al mondo dopo i libri, e Rose le fece l'occhiolino, completamente d'accordo con la cugina rossa. Senza neanche accorgersene, avevano iniziato a camminare e a parlare di quello che avrebbero fatto quella sera, con lo scoppio di un altro mini-litigio.
«Guarda che io stasera me ne starò a letto con una cioccolata calda, i biscotti di nonna Molly e il libro di papà!» aveva detto Lucy, contrariata quando Rose propose una piccola festicciola di famiglia nella Sala Comune Grifondoro. Quindi Molly e Rose si erano scambiate uno sguardo e avevano riso, per poi bistrattarla in tutti i modi per convincerla a fare ciò che volevano loro. Ma Lucy aveva la testa dura, come un qualsiasi altro Weasley. Tranne Hugo, s'intende. Lui era l'apoteosi della concordia e della dolcezza.
In conclusione: niente festa. Che sorella rompiballe, però. pensò Molly, quando girò l'angolo da sola per andare alle serre. Oggi lezione doppia di Erbologia con i Grifondoro. Oh, Jamie, aspettami che arrivo!
Nel pomeriggio, Molly, Rose e James si rividero per la seconda sessione delle selezioni. Molly era lì solo per guardare, perché era stata messa fuori alla prova del 3 ottobre, ma non se l'era presa più di tanto; quindi si sedette sugli spalti vicino a Stuart, anch'esso buttato fuori alla prima prova. Al contrario di lei, il ragazzo aveva messo su il broncio da quando l'aveva saputo ed in quel momento stava guardando astioso Richard Chipper e Oliver Baston in rapida sequenza. Oltre a loro due era stato escluso anche Christopher Carpenter  e gli studenti che gareggiavano erano scesi a quattordici.
«Ah, StuStu, non te la prendere» gli disse con un grosso sorriso malandrino sulle labbra. Il moro la fulminò con lo sguardo e se ne stette a braccia conserte, mentre Molly sbuffava esasperata e si girava per guardare Katherine salire sugli spalti.
«Ehi, sorella Tassa! Qui!» le urlò sbracciandosi, poiché sua cugina l'aveva intimata piuttosto spassionatamente di non lasciare sola quella ragazza nemmeno per un attimo quel pomeriggio.
E poi quella ragazza mi sta simpatica! Al contrario di Lily, che, non si sa il perché, la odia. Bah, roba da matti...
Katherine le sorrise e si sedette in mezzo a lei e Stuart, e per questo Molly pensò che dovesse erigerle una statua. Quel giorno Stuart era troppo brontolone per i suoi gusti.
La seconda prova iniziò e consisteva in una piccola partitella, e dopo un po' Molly iniziò uno strano coro da stadio, incitando James, Rose o Helena, a seconda dei momenti di sconforto. Kate la guardava divertita e stupita dalla sua pazzia, cercando di non farsi distrarre da Albus o da Sebastian che svolazzavano per il campo incuranti. Si ricordava com'era scappata dal suo amico il giorno prima, quando si era resa conto che la cosa migliore per tutti era troncare le relazioni affettive con lei.
Io porto solo guai...
La squadra di James e Rose stava vincendo, e almeno una buona notizia c'era. Dopo una spettacolare azione di Helena, Molly convinse Katherine ad improvvisare una canzone per la sua finta e la bruna si ritrovò a ridere convulsamente mentre inventava le rime.
«Helena ha fatto gol? Hop, hop!
Helena ha fatto gol! Hop, hop, hop!
E adesso chi vincerà?
Ma ovviamente quella là!».
La partita finì, con la vittoria dell'altra squadra, salvata per un pelo da Al che afferrò il Boccino appena in tempo. Questa prova avrebbe deciso chi entrava come titolare e chi come riserva, tutto sarebbe stato messo in conto; perciò era ovvio che la tensione si sarebbe potuta tagliare con un coltellino da burro.
Richard Chipper si avvicinò a Oliver e gli sussurrò qualcosa all'orecchio, l'altro annuì e si rivolse ai ragazzi.
«Oggi si è deciso molto, ragazzi. Vi faremo sapere al più presto, tramite un messaggio in bacheca. In seguito si deciderà il Capitano. Chiameremo noi i candidati in separata sede e dopo un accurata ponderazione, la squadra sarà pronta!» esclamò e i ragazzi si dispersero.




Non ringrazio nessuno perché non ve lo meritate. :P
E sul capitolo non c'ho nulla da dire, ma il prossimo sarà meno depresso e ci saranno tuuuutte la famiglie, sarà una cosa festosa, finalmente (se ve lo meriterete, intendo, eh). Mmmm, mi sa che per l'arrivo a Saharmisr dovrete aspettare ancora un po', però.
Detto questo, vi lascio.

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Capitolo 11
*** Capitolo X - I 101 modi per evitare una persona ma trovarsi sempre la famiglia tra i piedi (il manuale) ***


Cap. 10 'TGT'
Capitolo X - I 101 modi per evitare una persona ma trovarsi sempre la famiglia tra i piedi (il manuale)



15 ottobre 2022, 12:12

Hogwarts, Sala Grande

Kate mangiucchiava distrattamente un pezzo di pane asciutto e pensava in modo altrettanto noncurante, guardando il piatto pieno di minestra che le stava di fronte. Le verdure galleggiavano lentamente nel liquido verdastro, inconsapevoli dell'assoluto disgusto con cui le guardava Donald dall'altro lato del tavolo. Quel giorno l'aria era stranamente tesa e irrespirabile e attraverso la Sala Grande serpeggiavano a malapena dei bisbigli fugaci; anche i professori sedevano in religioso silenzio. In tutte le tavolate c'erano visi colpiti da espressioni smarrite o leggermente terrorizzate, perché la notizia aveva raggiunto tutti. Non si poteva ignorare un evento così importante e significativo per lo Stato Magico Inglese. La sera precedente fu atto un attentato alla vita del Ministro Shacklebolt, in cui erano morti quattordici funzionari del Ministero più quattro Auror (che, come il Profeta aveva puntualizzato, avevano servito con onore la comunità magica fino alla fine) durante un incontro burocratico. Quando la scuola scozzese era venuta a conoscenza della terribile tragedia, si era paralizzata di fronte alle foto di quattro persone di età e sesso disparate che la Gazzetta del Profeta aveva pubblicato insieme al resoconto degli avvenimenti. Non si respirava quell'aria dai giorni della Seconda Guerra Magica, aveva commentato Harry Potter in una lettera frettolosa indirizzata ai propri figli. Perché, ebbene sì, l'attentato era stato accompagnato da una nube verde a forma di Marchio Nero e come se non bastasse era stato rivendicato non poche ore dopo.
Quella mattina a colazione ragazze e ragazzi erano impalliditi e scoppiati in lacrime, perché lì, in prima pagina, c'erano i volti della propria sorella, del proprio fratello o genitore. Una ragazza di Corvonero non era stata avvertita di nulla e quando aveva visto il viso ridente di suo padre su quella pagina di giornale, con una minuziosa descrizione della sua morte, era svenuta tra le braccia del suo ragazzo dopo aver pianto tutte le sue lacrime.
Intanto, al tavolo dei Grifondoro James e Lily si guardavano con facce da funerale, ormai consapevoli che il loro papà, il Salvatore, era in pericolo più di tanti altri. I Mangiamorte, si sapeva, erano particolamente vendicativi. Rose, dal canto suo, era certa che il caso sarebbe stato affidato a suo padre e voleva tanto che ci fosse Stuart a consolarla e ad abbracciarla, ma dopo tutto quel tempo era abituata all'ansia provocata dall'avere un genitore nelle forze speciali dell'ordine magico che rischiava la vita. A dir la verità, prima non l'aveva pressata più di tanto perché non c'era un così gran pericolo, però quel giorno aveva capito che per minare in modo talmente grave la sicurezza del Ministro della Magia c'era in mezzo un Mago Oscuro potente e spregiudicato.
Aveva bisogno di braccia calde che l'avvolgevano ma da qualche tempo lei e Stuart passavano pochissimo tempo insieme e la ragazza sotto sotto era consapevole che il suo ragazzo la stava evitando; perciò si accontentò di farsi abbracciare dal suo fratellino che le era appena seduto accanto. Hugo l'aveva stretta piano, come se avesse paura di romperla, e le aveva sussurrato all'orecchio una delle solite frasi che intendono essere confortanti ma che non lo sono affatto; però si lasciò cullare dal sapore di quella frase, di quel 'andrà tutto bene' che le era stato rivolto, ci sperò e per un attimo pensò di crederci davvero. L'ansia, poi, tornò a torturarla.
Quel pomeriggio si sarebbero riuniti nella Stanza delle Necessità e avrebbero cercato di portare un po' di spensieratezza in quel grigio e piovoso giorno di ottobre, magari parlando dei preparativi del matrimonio di Ted e Victoire o del trasferimento imminente in Egitto. Si sarebbero distratti a vicenda, si sarebbero sorretti, perché è quello che una famiglia fa. Ad un tratto, si sentì un tonfo, il rumore di qualcosa che era caduto sul tavolo. Rose disseppellì il viso dalla spalla di Hugo e guardò il vecchio gufo di casa Potter, comprato da sua zia Ginny durante il primo anno di matrimonio, che zampettava confuso e traballante verso James. Quest'ultimo lo guardò perplesso, prima di sfilare delicatamente la lettera dal suo becco. Il ragazzo guardò la firma vergata in inchiostro nero come la pece e aggrottò la fronte, per poi strappare la busta e farne scivolare il foglio di carta quattro per quattro. Era carta babbana e l'inchiostro proveniva da una di quelle strane penne molto facili da usare e che non procuravano sbavature indesiderate. Con gli occhi andò direttamente alla firma e per un attimo le sue sopracciglia si alzarono come non mai.
Emma Holmes.
Con un sospiro cominciò a leggere la lettera e in meno di un minuto passò da un colorito normale a uno verdastro. Deglutì un paio di volte e si passò una mano nei capelli, scansando la mano della sorella che, incuriosita, aveva allungato una mano per prendere il foglio, e si alzò con le mani nelle tasche e con passo pesante e espressione seria uscì dalla Sala. Rose diede un bacio sulla guancia al fratello, prima di prendere la borsa e dirigersi verso l'aula di Aritmanzia, nonostante all'inizio della lezione mancassero ancora venti minuti buoni. Katherine la vide e si affrettò a seguirla, sapendo che per lei era un brutto momento e aveva bisogno di una persona che la ascoltasse. Notò con la coda dell'occhio Albus dal tavolo dei Serpeverde che la salutava, ma toccò leggermente l'avambraccio dell'amica ignorandolo. La rossa le sorrise forzatamente e la portò fuori, su per le scale e poi verso l'ala Est del castello.
«Ma Kate, non devi andare anche tu a lezione?» le bisbigliò la Grifondoro sfregandosi le braccia alla ricerca di un po' di calore.
«È così presto che posso benissimo accompagnare te e poi andarci. E poi Hagrid non si arrabbierà più di tanto» ribatté Kate soffiandosi sulle mani.
«È davvero così presto, scusa?» le domandò Rose accigliata, sistemando la tracolla sulla spalla. Come risposta ricevette un leggero assenso con il capo. Rose la guardò meglio e vide un espressione che di certo non poteva appartenere alla piccola dolce Katie. Sembrava arrabbiata a morte e per questo si girò appena intercettata la direzione dello sguardo. Emmeline Nott ancheggiava verso di loro, accompagnata da Chloe e Eleanor Harper. La bruna stava fissando male - oddio, questo era un eufemismo - l'unica bionda del gruppo, che stava parlando a bassa voce facendo ridacchiare le altre due. Rose afferrò l'amica per un braccio e la trascinò al corridoio successivo, per evitare qualsiasi tipo di contatto. Non voleva altri drammi. Katherine si divincolò e la fissò sbalordita.
«Ma che ti prende?» sbottò la ragazza massaggiandosi il braccio dolorante. Rose la ignorò ed entrò nell'aula vuota sbattendo la porta. La Tassorosso rimase un attimo impietrita, poi scosse la testa e pensò che era meglio se le parlava solo nel pomeriggio, perché seguirla in classe avrebbe significato litigare ed era meglio di no. Serrando i pugni per il freddo, fece in fretta il percorso inverso per uscire all'aria aperta. Quando oltrepassò il portone nella Sala d'Ingresso, sbuffò aria gelida e si sistemò le maniche della divisa in modo che le tenessero la mani al caldo. Erano passati circa diciotto minuti da quando era uscita dalla Sala Grande con Rose e la lezione stava per cominciare, la ragazza aveva già avvistato il gruppetto di Corvonero con cui condivideva le lezioni di Cura delle Creature Magiche. Mentre si sedeva sullo steccato che Hagrid aveva costruito anni addietro, vide Becky e Donald avvicinarsi e Sebastian bloccare il biondino e parlargli velocemente con Becky che aspettava pazientemente. Kate era perplessa e si accorse che loro non avevano visto lei, quindi poteva perfettamente fare finta di nulla. Da qualche giorno a quella parte, la ragazza evitava spudoratamente sia Albus che Sebastian, convinta che fosse meglio per tutti.
Ogni cosa che faccio, sia pure qualcosa che credo giusta, finisco sempre per ferire uno dei due. E io finisco peggio di tutti e due messi insieme. Perché, sì, sto salvaguardando anche me stessa.
Si strofinò le guance e dette l'impressione di non averli notati. Come avrebbe voluto avere il super-udito... O perlomeno una di quelle Orecchie Oblunghe dei Tiri Vispi! La curiosità la stava divorando pian piano, ma continuò a fissarsi le scarpe all'apparenza noncurante. Quando sentì il braccio di Donald intorno alle spalle alzò finalmente lo sguardo per sorridergli. Dopo qualche minuto arrivò il professore accompagnato da Teddy e la lezione iniziò, un'alone di disagio persistente circondante l'assenza di ben due ragazzi.



15 ottobre 2022, 17:54
Hogwarts, Stanza delle Necessità

Stuart non c'era, era un dato di fatto. Le aveva detto che aveva da fare, o qualcosa del genere. Non che a lei interessasse; insomma, già sapeva che era praticamente finita ma non voleva rassegnarsi. Avrebbe dovuto fare qualcosa e invece rideva ad una battuta di Scorpius, lasciandosi distrarre. James si era volatilizzato da pranzo e nessuno sapeva dove fosse. Gli altri Malandrini erano lì, insieme al resto della famiglia e a tutti gli amici dei cugini.
All'improvviso la porta si aprì e ne entrò proprio James, tutto scarmigliato e rosso sulle guance.
«S-salve, ragazzi. Io, ehm... Tutto a posto?» balbettò James cercando di sembrare normale. Helena si alzò e gli prese una mano e lui le sorrise titubante. Sembrava scosso e tutti lo stavano guardando perplessi, per cui fu la sua ragazza a prendere in mano la situazione, come al solito.
«Stavamo parlando proprio di te, sai? Dov'è che eri finito, con una ragazza, eh?» gli disse maliziosa, tentando di allentare la tensione. James ridacchiò nervoso e le passò un braccio attorno alla vita, andandosi a sedere su un divanetto vicino a Jason.
«Ehi, c'è una cosa che ancora non ho capito... Com'è che voi avete finito la vostra punizione in biblioteca così in fretta?» chiese Molly ai ragazzi in questione. Albus fece un sorrisino tirato e riservò un'occhiataccia al fratello, che rispose esitante.
«Ah, beh...» si schiarì la gola e riprese un po' di colore e coraggio, tanto che ghignò «Ho chiesto un piccolo favore al mio adorato fratellino. E Albie è stato così gentile da fare come gli ho detto, cioè ha chiesto a quella vecchiaccia della Scroll una piccola supervisione. Il lavoro l'ha fatto praticamente lei e il merito è dell'arte di Sevvy nel sedurre le zitelle acide!». Al gli lanciò un cuscino della poltroncina su cui era seduto e che gli ritornò indietro dritto sulla faccia.
«Guarda che la Scroll è gentile e disponibile con tutti tranne che con te, perché tu sei uno di quelli che non porta rispetto per la biblioteca» ribatté scorbutico il Serpeverde, subito contraddetto da tutti tranne che da Lucy, Louis e il suo amico Corvonero, che gli sembrasse fosse Ishmael, il fratello gemello - ma neanche tanto - di Zac.
«La Scroll è simpatica solo con voi intelligentoni leccaculo» confermò Scorpius, guardando il cugino beffardo e ricevendo assensi in generale.
Era stato un bel pomeriggio, dopotutto. Si erano rintanati lì alla fine delle lezioni e nessuno aveva parlato degli eventi all'ordine del giorno, nonostante i loro sguardi a volte si facessero un po' spenti. Dominique e Lily avevano convinto Victoire a lasciare a loro la programmazione del matrimonio e Dominique aveva chiesto alla sorella se poteva disegnare e cucire lei il vestito da sposa. Rose si era divertita mentre vedeva suo fratello e Scorpius guardarsi male per tutto il tempo e aveva scherzato con tutti, ma era stata soprattutto con il biondino e Kate, che se ne stava lì seduta senza osare guardare altrove. Louis, Ishmael e Lucy avevano intavolato discorsi filosofici oppure riguardanti l'Aritmanzia, Rose non ne era certa ma lo era sul fatto che fossero tematiche alquanto noiose. Helena aveva scherzato tutto il tempo con Jason e Lorcan, mentre Fred e Frank giocavano a Sparaschiocco. Molly aveva partecipato attivamente alle discussioni sportive tra Roxanne ed il fratello che cercava contemporaneamente di giocare e di ascoltarle. Albus se ne era stato in disparte come Teddy, certe volte però aveva parlato con Scorpius o con uno dei cugini, ma la maggior parte del tempo l'aveva impiegata a guardarsi intorno in silenzio e cercando di riflettere. Ora che James era lì, l'attenzione si catalizzò su di lui, che però non sembrava averne tanta voglia. Qualche ora dopo, visto che nessuno voleva che finisse Rose decise che era il momento di fare una capatina alle cucine e ad accompagnarla fu Scorpius, che la seguì scontento ed obbligato dal suo migliore amico. Appena furono fuori dalla stanza si resero conto del calore che vi era all'interno, mentre tra i corridoi del castello vigeva un freddo che penetrava fino alle ossa. Rose rabbrividì e Scorpius ghignò mentre si stringeva addosso il mantello che lui non aveva dimenticato di portare. Camminava lento, mentre l'altra cercava di fare il più in fretta possibile. Dopo un po', Rose prese a spingerlo da dietro, ottenendo come unico risultato di stare fermi in mezzo ad un corridoio freddo ed inospitale.
«Malfoy, sei la persona più antipatica su questo mondo» sbuffò la ragazza esausta, lasciandolo e incamminandosi verso lo sbocco del corridoio.
«Oh, non lo pensi davvero, Rosie» ribatté il Serpeverde afferrandola per il polso ed accompagnandola così, aggrappato al suo braccio. Rose lo guardò divertito e finalmente vide il quadro che cercavano, anche se Scorpius non sapeva cosa fare perché non era mai andato alle cucine. Quindi la ragazza si fermò e si strinse le braccia al petto, indicandoglielo appena e ricevendo un'occhiata stranita.
«Che cosa dovrei fare, scusa?» le domandò perplesso fissando la pera ritratta. Rose ghignò e gli afferrò la mano, per poi alzarla verso la pera.
«Falle il solletico» ordinò la ragazza. Scorpius l'aveva guardata come se gli avesse chiesto di fare il solletico ad una per-. Ah, è quello che gli aveva chiesto davvero.
«Sei impazzita, eh Rossa Rosellina?» sbottò inarcando le sopracciglia. Rose sbuffò con le lacrime agli occhi per le risate e portò la mano dell'amico sulla tela, facendogli sfiorare la pera dipinta. La porta si aprì e Rose entrò saltellando allegra, mentre Scorpius rimase immobile con la bocca aperta. Rose sbuffò e, senza neanche uscire dalla stanza, lo afferrò e lo tirò dentro, chiudendo poi l'ingresso.
«Woh!» esclamò Scorpius mentre veniva trascinato e spinto su una sedia. Si guardò intorno e vide una marmaglia di elfi domestici che si affaccendava di qui e di lì, tutti puliti e vestiti con una lunga tunica bianca su cui disegnato lo stemma della scuola.
«Ma, Weasley...» borbottò sentendosi come un pesce fuor d'acqua.
«Adesso prendiamo più cose possibili e... Mixer! Mixer, aspetta!» urlò la rossa sbracciandosi verso un elfo un po' più alto degli altri che stava facendo levitare un vassoio pieno di pasticcini. L'elfo alzò il piccolo capo e sorrise, squittendo felice come una pasqua.
«Padroncina Rosie!» fece Mixer saltellando verso la loro direzione «Volete qualcosa, padroncina?». La ragazza sorrise dolcemente e si chinò verso di lui, sussurrando.
«Solo dei viveri di prima necessità per un enorme famiglia affamata» gli disse dolce e serena con le mani sulle gambe. Mixer si accese di gioia alla prospettiva di servire ed accontentare la sua alunna preferita e saltellò verso i quattro lunghi tavoli disposti nella stanza, prendendo vassoi e riempendoli di zuppe, roast beef, patate al forno e dolci.
Scorpius era rimasto lì seduto e intanto guardava il magro e sorridente profilo di Rose. Non si era mai accorto di quanto la ragazza fosse carina.
Vabbeh, mancanza di tette a parte...
E poi sapeva essere imprevedibile in ogni momento, e a Scorpius questo piaceva. Non era male come amica, dopotutto.
«E adesso, Scorpy, faremo levitare il cibo fino al settimo piano! Stai attento, mi raccomando: nessuno deve vederci» disse Rose prendendo la bacchetta e ringraziando accoratamente l'elfo domestico. Il ragazzo la imitò e si guardarono guardinghi uscendo dalle cucine.
«Ciao, Mixer! E salutami Woody!» esclamò la Grifondoro agitando la mano e chiudendo la porta. Quasi corsero per arrivare alla Stanza e appena furono dentro sentirono i cori sollevati della famiglia.
«Non ci speravamo più!» esclamò Molly afferrando subito un muffin al cioccolato e agitandole contro un dito con fare severo. Rose le fece la linguaccia e andò a sedersi davanti ad un caminetto in cui scoppiettava un fuoco brillante, continuando a far levitare i vassoi per la stanza per fare in modo che tutti si servissero.
È stato davvero un bel pomeriggio... pensò la ragazza lasciando andare la testa sullo schienale e chiuse docilmente gli occhi addentando un pezzo di pane e poi un pasticcino alla crema. Dopo qualche minuto si addormentò con il pasticcino ancora in mano e Katherine la coprì con una coperta per non farle prendere freddo, anche se non ce ne era bisogno.
«Ragazzi, io voglio dormire qui!» proclamò Lily stiracchiandosi e desiderando un soffice letto a due piazze, che si materializzò lì davanti a loro. Lily ghignò serafica e prese un cuscino con piume d'oca, adocchiando maligna i capelli immacolati di sua cugina Dominique, inconsapevole del suo piano. Gli lanciò il cuscino addosso e così cominciò una furiosa lotta a cuscinate, da cui si astennero Teddy, Ishmael e Lucy. Intanto Rose dormiva beatamente e sembrava che neanche quel terremoto che era la sua famiglia potesse svegliarla.


Stuart era rimasto in camera tutto il pomeriggio e poi era andato a cena, dove aveva notato l'assenza della famiglia che gli stava causando varie crisi di nervi, poi era tornato nel dormitorio e si era messo a letto. Era cocciuto e stupido, se ne rendeva conto, ma non poteva sopportare che Rose fosse passata e lui no. Stuart veniva sempre messo da parte, veniva sempre eclissato dalla sua ragazza col cognome famoso e si sentiva come se gli stesse privando qualcosa. Si sentiva arrabbiato con lei perché non lo aveva consolato, si era preoccupata soltanto di se stessa e non di lui, come se fosse meno importante di una gomma sotto la scarpa. Aveva deciso che evitarla fosse la cosa più giusta e si sentiva in dovere di rimuginarci un po' da solo.
Nonostante Rose, di fatto, aveva cercato in tutti i modi di convincere i giudici a riammetterlo. Fallendo.
E forse era stato quel fallimento a farlo arrabbiare, a deluderlo. Era convinto che non avesse fatto abbastanza, ecco. Perché qualcosa per lui l'aveva fatta, ma non era bastato, né a lui né ai giudici.
Ma non era vero, perché Rose, di fatto, aveva tentato il tutto per tutto: aveva supplicato, aveva minacciato. Per Stuart non era stato abbastanza, no, perché lei avrebbe dovuto riuscirci e basta. Era stupido e terribilmente cocciuto, lo sapeva benissimo, e sapeva anche che lei sue motivazioni fossero tutte cazzate.
Era invidioso, ecco tutto. E non gli piaceva il fatto che Malfoy girasse intorno alla sua ragazza, sembrava che ne fosse stato attirato come api col miele. Malfoy era un Serpeverde, figlio di Mangiamorte, era cattivo, eppure a lei piaceva tanto. Stuart invidiava tutto di quella famiglia. Avevano tutte le porte aperte, anzi spalancate, in attesa che loro le attraversassero. Mentre lui non aveva nulla.
E ciò non poteva tollerarlo.




15 ottobre 2022, 23:43
Hogwarts
Sotterranei, Sala Comune Serpeverde

Zacharias stava rannicchiato sul divano, guardando gli ultimi ciocchi consumarsi nel camino. Scorpius stava leggendo su una poltrona e ad un tratto l'entrata si aprì lasciando entrare due ragazzi dalla pelle scura, uno dei due con la divisa da Corvonero.
«Ehi, Zac!» salutò questo sedendosi al suo fianco e venendo completamente ignorato. Ma Ishmael non ci fece caso, era da tutta la vita che il fratello lo trattava così. L'altro ragazzo si inginocchiò ai piedi del divano, allungando le mani verso il fuoco ristoratore; si chiamava Lazarus Zabini.
«Mmmm. Voi Malfoy che fate a Natale, Scorp?» chiese Ishmael al cugino che distolse un attimo lo sguardo dal libro per puntarlo su di lui.
«Ah, beh. Penso che andremo dai nonni nella loro villetta sulle Alpi. Sai, amano quel posto e ormai si sono stabiliti lì. Ma a Capodanno papà vuole dare una festa per i pezzi grossi del Ministero. Quindi vorrà dire che dovrò sorbirmi chiacchiere noiose finché non arriveranno i Potter. E poi lui sta facendo di tutto da anni per ristabilirsi agli occhi della gente, come se fosse importante o che a quelli gliene possa fottere qualcosa. Per loro è solo un Mangiamorte, né più né meno» rispose il biondo amaramente, grattandosi il mento pensieroso, «Voi?». Lazarus alzò le spalle e Ishmael disse che non ne aveva la minima idea, mentre Zac gli diede una risposta abbastanza soddisfacente.
«Io cercherò di staccarmi di dosso quella piattola della mia sorellina e poi di andare a caccia di un ragazza carina. A proposito, mi sa che mi sei rimasto solo tu per farmi da spalla. Sai, Al è andato» fece il ragazzo, accennando appena a Charlotte, sua sorella di otto anni.
Scorpius sbuffò e, ghignando, disse: «Albus è troppo mollaccione per farti da spalla. Si innamora facilmente, quello lì».
«Sapete, non capisco perché Potter è vostro amico... Insomma è un Potter! E tu, Ishamel, che hai come amico quel Weasley biondo? Non vi capisco, sul serio! Sono pure Mezzosangue e quel Louis ha una mamma mezza Veela!» borbottò Lazarus ai fratelli e al cugino, perplesso e pieno di pregiudizi. Zac e Scorpius si guardarono scettici e risposero all'unisono in modo piuttosto inquietante.
«È uno a posto».
Ishamel scosse la testa e diede una sberla sulla nuca al fratello, dicendo: «Non fare il Purosangue razzista! E Fleur ha solo due ottavi di sangue Veela nelle vene, non un mezzo!».
«E tu smettila di fare il signorino sottuttoio e di parlare per frazioni!» sbottò Laz massaggiandosi il cranio.
«Bertram sta già a letto, eh?» notò Ishmael guardandosi intorno e ignorando il fratello minore. Zac sbuffò guardandolo per un istante e poi rispondendogli.
«A lui la Sala Comune fa paura, non lo sapevi?».
«Chissà perché è finito a Serpeverde, non ce lo vedevo proprio» disse un po' perplesso.
«Magari avrà chiesto un favore al Cappello Parlante. Sai, per non fare scontento papà» ribatté Lazarus, avvicinandosi ancora al fuoco.
«Beh, a me non è importato quando sono finito a Corvonero. E a quella peste di Charlotte gliene fregherà ancora di meno, quando finirà a Grifon-» disse Ishmael. O almeno ci provò.
«Non osare dire una cosa del genere!» lo interruppe Scorpius, «Una cugina a Grifondoro. Orrore». Il suo tono era scherzoso, ma tanto si sapeva che Charlotte sarebbe finita proprio nella Casa dei coraggiosi di cuore. Trascorsero la serata così, a parlare di famiglia e regali, tentando di non chiudere gli occhi per il sonno.



16 ottobre 2022, 7:12
Hogwarts, Lago Nero

Sebastian stava correndo per distendere i nervi, che in quei giorni avevano toccato picchi esorbitanti in quanto a stress. Il ragazzo poteva dirsi giustamente esausto, era il suo ultimo anno e la mole di compiti e impegni si dilungava a dismisura. Probabilmente se non fosse stato per il Quidditch in quel momento non avrebbe avuto così tanti compiti arretrati, ma per lui quello sport era importante, voleva rendere suo padre orgoglioso di lui; era sicuro di esserci riuscito quando era stato eletto Capitano del Grifondoro e quando la sua Casa aveva vinto la Coppa per due anni di fila grazie al suo perfetto lavoro di leader. Era consapevole di saperci fare, anche se non era sicuro se bastasse o no.
E poi c'era Kate, così... Lontana da lui. L'aveva fatto soffrire come un cane, e sperava che lei lo sapesse e se ne prendesse la colpa. No, non era vero. Non voleva che la ragazza si torturasse con i sensi di colpa, non se lo meritava, anche se Anton gli diceva il contrario. Non lo aveva deciso lei, stava solo cercando di capire qual era la cosa giusta da fare ed era completamente fuori strada. Era un cucciolo smarrito, come lo era sempre stata. Non sapeva mai che cosa fare, si faceva consigliare da gli altri e aveva sempre paura di venir rifiutata, ma lui le era sempre stato accanto, cercando di infonderle quel coraggio Grifondoro che lo riempiva d'orgoglio e di farla sentire bene e accettata. A dirla tutta, era il suo cucciolo smarrito. Perciò, riassumendo, le cause della sua stanchezza cronica erano tre: gli allenamenti faticosi, i compiti in vista dei M.A.G.O. e le pippe mentali su quanto Kate lo stesse facendo star male. Cose da niente, insomma. Le vacanze di Natale sarebbero state una manna dal cielo, ma ci mancavano ancora due mesi. Ancora due mesi di sfacchinate tra Quidditch e compiti, poi si sarebbe goduto il Natale in famiglia.
Sì, ma in seguito si torna a scuola. Cazzo, mai un momento di pace!
Si grattò il naso, fermandosi a riprendere un attimo fiato. Correva da un mucchio di tempo e puzzava come non mai. Ci sarebbe stata bene una doccia calda nel bagno dei Prefetti. Che non era autorizzato a usare, ma vabbeh. Si stiracchiò un attimo e riprese la sua corsa, fermandosi verso le otto del mattino, e decise che quella doccia era meglio andarla a fare subito. Appena attraversato l'uscio della Sala d'Ingresso, però, vide Zac Zabini fargli segno con la mano. Il Grifondoro gli si avvicinò e l'altro ghignò prima di dargli una busta.
«La preside mi ha detto di consegnartela. Io ne ho avuta una uguale e anche la Goyle. Congratulazioni, Baston» gli disse Zacharias battendogli amichevolmente una mano sulla spalla. Sebastian gli sorrise debolmente prima di andare verso il bagno dei Prefetti con il cuore di piombo per farsi quella meritatissima doccia. Con un sorriso stanco sulle labbra fece riempire l'enorme vasca con acqua e bollicine, poi si spogliò e vi si immerse. Dopo un po', afferrò la busta eccitato. Non ci poteva credere. La aprì e dispiegò il foglio di pergamena con le mani bagnate, ma per fortuna l'inchiostro non si rovinò. La lesse in fretta, ansioso di scoprire se Zabini si fosse soltanto beffato di lui; ma quella non era una lettera di rifiuto. Era un fottuto candidato al ruolo di Capitano!
Sì! Sì, sì, sì, sì, dannazione!
Non ci credeva che fosse reale, ma si lasciò scivolare sotto l'acqua calda felice come non mai. Finalmente una buona notizia, si disse. Era quello di cui aveva bisogno; di qualcosa che si inquadrava nella sua vita nel giusto piano. Adesso doveva sistemare la "faccenda-Kate" e tutto avrebbe preso la piega da lui desiderata. In quel momento, si disse con fermezza, l'unica cosa che doveva decidersi a fare era tornare a essere amico di Katherine. Il resto avrebbe potuto finalmente aspettare.




16 ottobre 2022, 14:47
Hogwarts, prati

Kate e Donald erano seduti all'ombra di un cipresso e la giornata era insolitamente adatta per starsene lì tranquilli a parlare. Erano secoli che non parlavano come si deve. Per questo si erano dati appuntamento lì, felici di poter finalmente starsene un po' insieme come due migliori amici normali. Niente Weasley, niente Susan Appiccicosa Corner, niente compiti. Solo loro due e la logorrea di Kate; nulla di speciale.
Dopo mezz'ora di silenzio, in cui Katherine stranamente se ne era stata buona buona con le labbra cucite, Don iniziò a raccontarle per bene come si era messo con Susan e quanto in quel momento volesse lasciarla. Dall'appuntamento ad Hogsmeade, Donald aveva capito di che pasta fosse fatta la ragazza per cui aveva inspiegabilmente lasciarla, e quello che aveva visto non gli era piaciuto affatto.
«È appiccicosa e terribilmente gelosa! Pensa che quando stamattina le ho detto che oggi dovevamo vederci si è messa a urlare che non la amo e che così rovino la nostra storia. Merlino, è insopportabile! E poi abbiamo solo sedici anni, che si aspetta? Pensa che una volta, mi sembra qualche giorno fa, le stavo dicendo che stavi male per Seb e si è messa e strillare che parlo sempre di te e che se ero così ossessionato mi sarei dovuto mettere con te e non con lei. Dannazione, a questo punto penso che avrei fatto meglio a lasciar perdere dall'inizio» commentò amaramente, passandosi una mano tra i capelli biondi e scompigliandoli. Kate lo guardò compassionevole e gli strinse piano il gomito per consolarlo, per fargli sapere che lei era lì per lui, con le orecchie aperte e la mente in macchinazioni diaboliche perenni.
«Dovresti lasciarla, sai?» gli consigliò ma Don saltò su scuotendo la testa come un pazzo.
«Già non so come ho trovato il coraggio per chiederle di uscire! Figuriamoci lasciarla. Lo sai che sono un fifone» mugugnò il biondo stringendosi le ginocchia al petto e scrollando le spalle.
«E allora facciamo in modo che sia lei a lasciare te!» suggerì Kate, alzando le spalle come a dire 'fregati, caro mio, il guaio l'hai fatto tu'. Donald alzò il capo e sorrise, come se avesse appena visto la Madonna e avuto un illuminazione.
«Questa sì che è un'idea, Katie! Ho sempre saputo che sei un vero e proprio genio!» disse alzandosi e lasciandole un bacio umido sulla testa.
«Ma... Donald! E il nostro pomeriggio insieme?» domandò Kate, lasciandosi afferrare per il polso e farsi alzare di peso.
«Ah, lo faremo dopo, non preoccuparti» la rassicurò trascinandola su per i prati e su per le scale. Tante scale; la ragazza non sapeva dove lui la stesse portando. Poi capì.
La stava portando alla torre di Corvonero.
«Ma... Mica vorrai proprio farti lasciare ora? E perché diavolo mi stai portando con te?» sbottò incredula la ragazza.
«Perché mi aiuterai, che ti piaccia o no!» le urlò, iniziando a correre.
Oh, merda, il mio migliore amico è pazzo.




16 ottobre 2022, 17: 22
Hogwarts
Sotterranei, Sala Comune Serpeverde

Albus stava cercando di non farsi notare da Dominic mentre usciva. Da qualche giorno cercava dannatamente di evitarlo, perché non voleva che il ragazzino si mettesse a parlare o a rimproverarlo per non aver fatto la cosa giusta. Sì, d'accordo, aveva avuto ragione lui il giorno della gita ad Hogsmeade, ma dannazione! Sentirsi sottolineare ogni santissima volta quanto fosse stato stupido a fare quello che aveva fatto invece di parlare cuore a cuore con Kate era stressante per il povero ragazzo. Inoltre, quello era solo un ragazzino, non un suo amico, ma un compagno di Casa, niente di più; quindi non aveva il diritto di mettere il becco nei suoi affari. Tanto Dominic si sarebbe fatto degli amici, era solo al suo primo anno, quindi: perché tormentare lui? Albus ce l'aveva già degli amici scassabiglie, e questo voleva dire che non poteva mettercisi pure quel nanetto dai capelli arancione e con l'aria da sottuttoio, che di irritante aveva tutto, a partire dall'atteggiamento e finendo con la sua attaccatura alla letteratura russa. Perché sì, quel ragazzino, totalmente pazzo, leggeva i romanzi di quei noiosoni di Kafka e Tolstoj e gli piacevano pure! Perciò rimaneva un'unica possibilità: non rivederlo per il resto della vita.
No, d'accordo, detta così la cosa risulta piuttosto melodrammatica. Ma vabbeh, io sono il re del melodramma!
Quindi, in quell'istante stava sgattaiolando verso l'uscita e verso la propria salvezza, ma, a quanto pare, Dominic aveva il dono dell'onniscienza e sapeva guardarsi alle spalle come Malocchio Moody, solo con la differenza che l'undicenne non aveva un occhio finto. E la cosa era alquanto inquietante... Perché se avesse avuto l'occhio di Moody la cosa gli sarebbe andata pure bene.
«Dove vai, Al?» gli chiese il rosso - se così lo si poteva chiamare, con quella folta selva di capelli arancioni. Albus maledì ogni singola cosa che esistesse nell'universo, cercando qualcosa a cui dare la colpa.
Sono state le scarpe, certo! L'aveva detto a mamma che queste sono più rumorose di un troll in uno sgabuzzino pieno di clave!
Al cercò di sembrare in qualche modo normale quando gli rispose (mentendo spudoratamente): «Oh, devo fare una ricerca noiosa in biblioteca». Il ragazzino si alzò, chiudendo il libro che stava leggendo e avvicinandosi all'altro con sguardo accusatorio. Senza capirne il motivo - anche se era tanto palese - Albus si sentì in colpa, si sentì un bambino trovato con le mani nel barattolo della marmellata.
«E perché sembrava che tu non volessi parlarmi? Anzi...» chiese Dom, con gli occhi chiari copriti da un'ombra di dispiacere vivo, «sembra che tu non voglia parlarmi da giorni. Che ti ho fatto, scusa?». Per un attimo, ad Albus quell'undicenne parve indifeso e straordinariamente solo, che passava il suo tempo a leggere cercando di non farsi notare da gli altri ma che credeva di aver finalmente trovato un amico. E capì che quella fosse la verità. Dominic voleva un amico e Albus gli era sembrato perfetto, finalmente qualcuno con cui poter parlare, con cui poter vivere; ma all'altro non era interessato, lo aveva deliberatamente ignorato e bistrattato.
È solo un ragazzino. Lo conosco appena! Eppure...
Eppure. Ecco la parola che lo perseguitava. C'era un 'eppure' dovunque, per cercare di bilanciare gli errori stupidi, per autoconvincersi che c'era sempre un lato buono in ogni situazione, disperata o assolutamente sbagliata che fosse. Ma in quel momento quell'eppure ci stava tutto.
«Sai, Dominic, penso che dopotutto tu possa venire con me. Sei irritante, eppure...» propose Al senza nemmeno rendersene conto - e senza rispondergli, ma quello lo aveva fatto apposta. C'era qualcosa nello sguardo sorpreso e felice di Dominic che Albus poté definire in un solo modo: giusto.
Giusta. Finalmente, Albus aveva fatto la cosa giusta.
Ed era ora.




16 ottobre 2022, 19:31
Hogwarts, corridoio del settimo piano
Nei pressi del ritratto di Barnaba il Babbeo

Martin aveva visto Pitman correre verso quel posto, dopo cena. Sapeva che passando tre volte desiderando intensamente qualcosa davanti a quel quadro si poteva accedere alla Stanza delle Necessità; lui c'era stato un sacco di volte. Non capiva, però, che cosa dovesse farci un tipo come Pitman. Voleva scoprirlo, la curiosità lo aveva macerato, perciò l'aveva seguito. Cercando di non farsi notare, si nascose dietro un'armatura in modo di avere una vista completa di ciò che il Serpeverde stava facendo. Pitman si stava guardando intorno, con un fogliettino stretto nel pugno e espressione ansiosa; sembrava che stesse aspettando qualcosa o qualcuno. Martin cercò di avvicinarsi un po', ma incappò nei suoi stessi piedi e finì sull'armatura, cadendo miseramente con un tonfo da infarto e cigolii di tutti i generi. Peter lo guardò stralunato e poi decisamente incazzato; andò verso di lui e lo afferrò per la collottola facendolo alzare.
«Cosa vuoi, gelatina?» gli chiese aggressivo, il naso a due centimetri dal suo. Martin gli mise le mani sulle spalle e se lo staccò di dosso, con una smorfia da wrestler incazzato dipinta sul viso. Si sarebbero presi a mazzate; un'altra volta.
«Io non voglio niente da te, Pitty» sbottò velenoso e sventolandosi con la mano destra la divisa scolastica, come se temesse che l'altro toccandogliela l'avesse sporcata. Peter lo strattonò con fare minaccioso e gli sbottò di andare via e di farsi i cazzi suoi.
«Fila, gelatina!» ripeté il Serpeverde, notando che Martin era fermo con i pugni stretti talmente tanto cche le nocche gli erano diventate bianche.
«Tu stai macchinando qualcosa!» insinuò il ragazzo, tremando per lo sforzo di non mollargli un pugno. Pitman, ormai scocciatosi di tutto quel tran-tran, gli diede un calcio urlandogli di non rompere. Martin si piegò in due dal dolore, tossendo convulsamente. Quel bastardo gli aveva fatto male!
«Capito, Marshall? La devi smettere di cacare sempre il cazzo, cretino di un Tassofesso!» disse, con la sua solita volgarità da scaricatore di porto. Fece per girarsi, ma Martin caricò e lo placcò, facendo cadere entrambi a terra. Continuarono a darsi pugni, prima sullo stomaco, poi sul naso, e Martin iniziò con i calci. Gliene assestò uno proprio sull'osso sacro, mentre l'altro cercava di alzarsi in un momento di pausa. Peter si accasciò dolorante per un secondo, poi Martin gli afferrò il braccio e iniziò a torcerlo, facendo digrignare i denti all'altro. Martin gli si poggiò sulla schiena, posizionando il ginocchio sul fondo della schiena, premendo forte; poi si avvicinò e gli sibilo all'orecchio: «Cos'hai in mente, Pitman? Voglio saperlo, ora».
«Cazzo, Marshall! Mi hai rotto il naso, stronzo» sputò l'altro con voce rotta dal dolore e cercando di non ingoiare il proprio sangue che defluiva dalle narici. Martin posò tutto il proprio peso sulla sua schiena e Pitman quasi urlò.
«Parla, altrimenti questo ti sembrerà niente...» minacciò il Tassorosso, che in quel momento sembrava tutto tranne che paziente e dolce.
«Vuoi sapere perché ero qui, bastardo? Okay, te lo dico: dovevo vedere la mia ragazza, imbecille!» gridò Peter, cercando di divincolarsi. Martin restò un attimo allibito e poi si lasciò cadere al suo fianco.
«Perché, hai la ragazza?» chiese un attimo spaesato e incredulo. Non che Peter fosse brutto o cose del genere, ma era il suo carattere a far credere al Tassorosso che a nessuna ragazza sarebbe interessato proprio lui.
Insomma, chi lo vuole un bruto cafone e volgare più tutta l'umanità messa intera?
Pitman sbuffò e si mise a sedere, asciugandosi il sangue colato con la manica della felpa.
«Certo, scemo. Non puoi avercela solo tu!» fece il Serpeverde col fiato corto e la mano sulla costola dolorante; il ragazzo temette che quell'imbecille gliele avesse incrinate.
«E chi sarebbe la pazza, scusa?» sbottò Martin, rosso dalla vergogna. Lo aveva picchiato senza alcun motivo, se ne rendeva conto benissimo, purtroppo, e cercò di non farsi attanagliare dai sensi di colpa; in fondo si odiavano, no?
«Ma non ti hanno mai insegnato a farti i cazzi tuoi?» chiese Peter alzandosi, o almeno tentando di farlo.
«Va' a farti fottere» borbottò Martin, grattandosi la nuca.
«Era quello che cercavo di fare, prima che arrivassi tu» ribatté Pitman con un ghigno.
«Oh, avete litigato per me? Che carini» disse sorniona una voce femminile che li fece sobbalzare, «Sai, Martin, sapevo che non mi avevi dimenticato. La storia con quella biondina è tutta una farsa per farmi ingelosire, eh? Cattivone...». Martin guardò verso la fine del corridoio e vide una figura slanciata e - beh, doveva ammetterlo - davvero stupenda poggiata al muro con le mani conserte.
«Alyssa, lascia perdere questo Tassofesso» sbottò Pitman, andando verso di lei e prendendola per il polso. Da dietro la spalla di Pitman, la ragazza rossa e più bella di Venere stessa fece l'occhiolino a Martin prima di ridere.




16 ottobre 2022, 21:56
Hogwarts, Torre dei Grifondoro
Dormitorio femminile sesto anno

Helena aveva notato come Kate evitava Albus e Sebastian e aveva pensato che fosse una buona cosa invitarla a dormire lì con loro, per riuscire a parlarle. Perciò, convinto con blandi complimenti le due ochette che condividevano con loro la stanza, Kate quella sera si era portata il pigiama e un cuscino dall'aria molto comoda e aveva fatto apparire con un colpo di bacchetta un sacco a pelo. In quel momento, le quattro ragazze erano sole e parlavano spensieratamente, dimentiche della tensione e della tristezza del giorno precedente.
«Qualcuno sa quando Eleanor e Abigail torneranno per guastarci la festa?» chiese ad un tratto Rose, riferendosi alle compagne di dormitorio. Helena fece spallucce e guardò Katherine, che in quel momento stava prendendo un libro e stava per mettersi a sfogliarlo.
«Che libro è?» le chiese la bruna, che se ne stava a gambe incrociate sul suo letto.
«Ah, niente... Scusate, ma» fece Kate posando il suddetto libro e alzandosi per andare in bagno, «devo andare a togliermi queste dannate lenti a contatto». Passando vicino al letto a baldacchino di Rose le scompigliò affettuosamente i capelli rossi e fuggì dritta in bagno.
«Quella dannata!» strillò Rose poco elegantemente, rischiando di cadere dal letto nel tentativo di rincorrerla. Helena scoppiò a ridere fragorosamente e si tenne la pancia dal ridere. Muse ridacchiò appena alla vista di una scarmigliata e pazza Rose che urlava agitando le braccia come un polipo. Quella sì che era stata una bella giornata per loro, anzi, lo era stata un po' per tutti. Nessuno però aveva dimenticato l'attentato e le morti; ma non ci si poteva disperare ventiquattro ore su ventiquattro, cinico che fosse il motivo.
Kate, in bagno, si era appoggiata al muro ridendo e pensando che aveva proprio degli amici pazzi, e poteva dirsi fortunata per non aver trovato Susan da nessuna parte quel pomeriggio. Chissà quale piano aveva escogitato la geniale mente di Don! La ragazza preferiva non saperlo...
Tolte le lenti a contatto, inforcò gli occhiali e lasciò riposare gli occhi leggermente irritati. Sobbalzò quando qualcuno bussò piano alla porta e andò ad aprire. Era Helena, che aveva uno strano cipiglio serio.
«Mmmm... Kate, io... Vabbeh, devo parlarti» le disse entrando nel piccolo bagno e sedendosi sul ripiano del cassettone bianco panna. Katherine stette lì con le mani in mano, aspettando che lei parlasse e non dovette farlo per troppo tempo.
«Sai, io so com'è» le disse dolce la bruna, torturandosi appena le dita. La Tassorosso inarcò le sopracciglia e la invitò a continuare con un gesto della mano. Per lei la gestualità era importante, perché dove le parole non erano abbastanza il corpo sapeva rimediare.
«So com'è non saper scegliere, trovarsi davanti due opzioni entrambe meravigliose e tentennare, sentendosi stupida. Ma non puoi fare così, non puoi ignorare la scelta andando avanti, perché ti ritroverai a pensare di aver fatto la cosa sbagliata» spiegò Helena sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Ma se scegliessi e fosse quella la cosa sbagliata? Una volta ho sentito dire a Rose che sono la perenne indecisa che sbaglia sempre e, credimi, non saprei descrivermi meglio» disse cercando di farsi forza, di non gridarle addosso di lasciarla stare e che tutti avevano rotto, ormai.
Basta con le richieste, basta con i 'io pretendo', basta comandarmi a bacchetta... Basta tutto!
Helena sorrise dolce e non poté fare a meno di trovarla strana e davvero troppo piccola per affrontare cose del genere. Era il tipo di ragazza acqua e sapone che si nasconde dietro un libro enorme per intimare silenziosamente a tutti di lasciarla in pace, non una che agisce senza ripensamenti o dubbi.
«Kate, se non prendi una decisione soffrono tutti. Se invece la prendi-» iniziò la Grifondoro piena di buone intenzioni.
«Sempre qualcuno soffrirà» la interruppe Katherine senza cedere.
«E non è meglio che soffra uno invece di tutti e tre?» chiese paziente la bruna, cercando di farle vedere il suo punto di vista. L'altra aprì la bocca un paio di volte come se volesse dire qualcosa, ma alla fine la richiuse, vinta.
«Katie» mormorò Helena quando notò la sguardo basso dell'altra, «lo sai che ci siamo noi, vero? Rose impazzisce per te, Muse ti vuole bene e io non sono di meno. Ma, ascoltami, è meglio che ti dai una mossa, e lo dico a voce sia di Sebastian che di Albus. Li conosco bene entrambi e so di cosa sono capaci. In fondo, poi, chi meglio di me per una paternale? Se uno dei due ti rompe, quando avrai preso la tua decisione, gliela farò io. È una delle poche cose che so fare, a detta di Jamie».
Kate sospirò e si strinse nelle spalle, prima di borbottare incoerentemente.
«Scusami, non- non ho capito» fece Helena confusa, accavallando le gambe. Katherine scrollò le spalle e le indicò la porta.
«Penso di aver bisogno di un minuto da sola...» spiegò la mora a bassa voce, cercando di moderarsi. Helena annuì, scese dal cassettone e le diede un piccolo bacio sulla guancia prima di uscire.
Kate, si poteva dire, ne aveva abbastanza per quell'anno e non vedeva l'ora che arrivassero le vacanze, anche se ci mancavano ancora due mesi. Il primo di settembre, quando si era ritrovato Sebastian che la stringeva come fosse un peluche perché gli era mancata, aveva deciso cosa fare con lui in quei pochi mesi prima delle volute, anzi bramate, settimane di ferie natalizie. Si erano organizzati per le gite, per i pomeriggi, per le partite. Poi era arrivato Albus e la ragazza non sapeva se definirsi felice di questa cosa. Certo, Al le era sempre piaciuto, ma non poteva stravolgerle così i piani, senza preavviso. Le si era infilato nel cuore anni addietro e adesso voleva che lo spazietto comodo che si era creato inconsapevolmente lì dentro desse i suoi frutti. Lei, però, se ne era fatta una ragione, quando lui non se la filava di striscio e forse avrebbe dovuto dimenticarlo. A lui ci erano voluti sei anni per accorgersi di lei, mentre Sebastian l'aveva fatto subito. Però, avrebbe potuto perdonargli quel ritardo; finalmente aveva la sua occasione, perché sprecarla?
Santo cielo, non so cosa fare!
Si districò piano i capelli con le dita, prima di tornare nell'altra stanza, dove le sue amiche e qualcun'altro stavano commentando apertamente il bel fisico di qualcuno.
«Dai, ammettilo, ha un sedere pazzesco e-. Ah, ciao, Katherine» fece Lily, la cui voce divenne gelida sulle ultime parole.
La Tassorosso aveva sempre saputo di starle antipatica, anche se non ne capiva il motivo. Era come se le avesse investito il gatto, o cose del genere. E da una settimana a quella parte, la cosa era inspiegabilmente peggiorata. La mora rispose al saluto atona e Lily non la degnò più di uno sguardo.
«Allora... Volevate fare un pigiama party senza di me, eh? Che persone crudeli» commentò la rossa con Helena e Rose. Si infilò nel sacco a pelo di Kate, che era stato messo vicino al letto di Rose, e disse: «Beh, non credete di liberarvi di me! Io resto qui».
Katherine invocò pazienza e si finse entusiasta a quella bellissima notizia. Fu Muse a porgere la domanda: «E Katie dove dorme?».
«Ah, può Evocare un altro sacco a pelo, no? E poi, non credo che possa interessare molto» rispose incurante, poggiando la testa sul palmo della mano. Ma Kate, sentendo la sua risposta glaciale e menefreghista, aveva deciso; prese il pigiama e lo mise nel borsone che quella notte aveva portato con sé, poi disse, con nota un po' amara: «Sapete, ragazze, credo che me ne tornerò nel mio dormitorio. In fondo, non dovrei essere qui».
«Ma, Kate, tu non-».
«No, sul serio. Va bene così. Ci si vede domani, Rosie. Ciao ragazze!» la interruppe malamente la ragazza, uscendo con la borsa in spalla senza dar loro modo di fare qualsiasi cosa. La Sala Comune era stranamente vuota, tranne per un ragazzo seduto sulla poltrona più vicina al fuoco e mezzo nascosto da una coperta, che mugugnò al rumore dei suoi passi pesanti. Kate cercò di fare meno rumore possibile, ma poi fece urtare per sbaglio il borsone contro un tavolino ricolmo di libri, che caddero dal primo all'ultimo. Il ragazzo sobbalzò svegliandosi e guardandosi intorno, poi quando vide Katherine impallidì di colpo.
«K-kate! Che- che ci fai tu qui?» balbettò stropicciandosi gli occhi.
La ragazza stette a guardarlo per un po', senza dire niente. Poi sospirò e lasciò cadere la borsa.
«Sono stanca, sai?» sussurrò.
Sebastian la guardò sorpreso, ma capì cosa stesse dicendo. Era lo stesso tipo di stanchezza che provava lui, quindi annuì piano e una volta sola.
Kate, a piccoli passi, andò verso la poltrona più vicina al ragazzo e la spinse per avvicinarglisi. La trascinò ancora un po' e quando fu soddisfatta vi si buttò e afferrò la sua coperta, facendo in modo che coprisse entrambi.
Sebastian la fissò ancora più sorpreso.
«Allora, Seb» prese a parlargli come se non fosse successo niente nei giorni precedenti, «è da un po' che non parliamo. Che mi racconti?». La ragazza posò il gomito sul bracciolo e la testa sul palmo, guardandolo carica di aspettative.
«Sono contento adesso» sussurrò in risposta, e ricevette un bel sorriso.
«E perché?» gli chiese l'altra.
«Perché posso finalmente dire 'Ciao, Katie'» rispose semplicemente Sebastian, con un'alzata di spalle. Katherine sorrise ancora di più, felice molto di più di prima, quando stava ridendo per le battute squallide della sua migliore amica.
«E allora dillo, no?» fece ridacchiando e aggrottando la fronte.
«Ciao, Katie».
Sebastian aveva ubbidito subito, come fosse un'automa, ma un'automa felice.
Tanto, tanto felice.
Incredibilmente, il sorriso di Kate si ingrandì, fino a diventare come quello dei bambini terribilmente pestiferi che ne avevano combinata una delle loro e sapevano che sarebbero stati perdonati. Kate stava per rispondere, e la risposta era semplice, esattamente come si aspettava.
Perché Kate non sarebbe mai stata una complicata o una troppo semplice, una che improvvisa, una che agisce e basta. Lei pensava sempre prima di fare una cosa, non era pazza e nevrotica, o lunatica fino all'esaurimento. Una che pensa e finalmente arriva al giusto finale, alla giusta inquadratura.
Ed è arrivata, adesso, a quello a cui sapevo sarebbe arrivata. La risposta è sempre stata lì nei suoi occhi, nel suo modo di parlarmi.
Non avrebbe scelto lui. Glielo si leggeva in faccia, ma in fondo Sebastian lo sapeva fin dall'inizio. Ma la sua risposta, quella semplice che non lo deluse nemmeno un po', lo riempì di quella che molti chiamano felicità, ma che lui chiamava effettoKate.
«Ciao, Seb».






In questo capitolo: TAAAAANTA viulenza, TAAAAANTA famiglia e TAAAANTO ammmore. (?) No, vabbeh, l'ultima cosa non centra molto ma suona bene... XD Ma non ve lo meritate, va'. u.u Non vi meritate nemmeno che sia talmente mastodontico, ma m'è venuto così, mi dispiace. :P
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Capitolo 12
*** Capitolo XI - Tentativi di salvare (e, soprattutto, di salvarsi) ***


Cap. 11 'TGT'
Capitolo XI - Tentativi di salvare (e, soprattutto, di salvarsi)




17 ottobre 2022, 11:12
Hogwarts
Aula di Storia della Magia


James da un paio di giorni sembrava sempre con la testa fra le nuvole, assente. Il suo sguardo si perdeva sempre, vagava senza precisa meta e spesso si soffermava sulle solide pareti di pietra. Quel giorno sembrava ancora più perso del solito, con lo sguardo fisso fuori dalla finestra. Jason aveva provato un paio di volte a riscuoterlo, ma senza alcun successo, e allora aveva lasciato perdere. Intanto, James si sentiva in attesa, sulle spine, e ci si sentiva messo a forza. Aspettava pazientemente ma la pazienza non era fatta per lui, quindi si lasciava andare a grugniti e bronci riottosi, consumandosi dentro e rifiutandosi di parlarne a qualcuno. Ciò che era successo per lui significava uno stravolgimento assurdo e voleva delle conferme prima di perdere completamente la testa. Anche se pensava di esserci notevolmente vicino.
  Mentre la voce incolore del fantasma insegnante continuava a elencare date e avvenimenti senza essere minimamente ascoltata, James si grattava il naso con la piuma, pensando che magari poteva anche ignorare i fatti e lasciarsi alle spalle quella lontana notte estiva... Ma no! Non poteva fare il vigliacco; doveva prendersi le sue responsabilità, fare l'uomo! Emma era stata sua amica per tanto tempo, non poteva lasciarla nei guai. Doveva aiutarla, si disse con fermezza, e doveva farlo nel migliore dei modi.
  Fosse facile... pensò scoraggiato, terrorizzato al pensiero che qualcuno venisse a sapere della sua colossale cazzata. Era sicuro, però, che almeno la sua ragazza e il suo migliore amico sarebbero stati comprensivi con lui, che magari avrebbero capito e perdonato. In fondo, quella sera era stato completamente obnubilato dall'alcol e dalla depressione per aver litigato ancora con Helena e non si era reso conto delle sue azioni; sarebbe potuto accadere a chiunque! Lei lo aveva mollato per una questione futile, di cui non recava nemmeno memoria, che cosa avrebbe dovuto fare? Si era semplicemente lasciato consolare dal dolce oblio di una sbronza. Mordicchiò appena la penna d'oca con aria pensierosa, immaginandosi vari scenari di spiegazioni borbottate che andavano sempre nella stessa direzione: lui che veniva schiaffeggiato, lui che veniva sgridato da una madre furiosa, lui che veniva buttato fuori senza troppi complimenti, tutti che si rifiutavano di aiutarlo o di sostenerlo... Forse era la sua immaginazione fin troppo galoppante che gli suggeriva scene dipinte di pessimismo e di abbandono, ma al momento quelle gli servivano a non correre da Helena per sputare fuori una verità che magari non era tale. Non poteva lasciarsi trascinare dalla disperazione del momento, doveva restare lucido e in guardia.
  Si ridestò solo quando la campanella suonò quasi un'ora dopo e tutti iniziarono a riporre libri, piume, pergamene e inchiostro nelle borse. James si alzò all'istante, acchiappando la borsa e la propria boccetta d'inchiostro nero, mentre in una mano teneva stretta la piuma, e meditò profondamente sull'opzione di ciondolare per il castello invece di andare a pranzo, ma alla fine prese la strada per la Sala Grande. Infilò distrattamente la piuma in una tasca della veste da mago, si sistemò la tracolla in spalla e fece sparire in fretta l'inchiostro nella borsa mezza aperta. Rimuginò per quasi tutto il tragitto sulle varie possibilità che gli si presentavano davanti, soffermandosi a scegliere la meno disastrosa. Solo che per lui erano una peggio dell'altra, anche se una gli sembrava un po' meno catastrofica. Ancora meditabondo, varcò la soglia della Sala Grande e si incamminò verso il tavolo più lontano dall'entrata. James si sedette con un tonfo sulla panca, guardandosi intorno e lodandosi per aver scelto un posto tanto isolato alla lontana estremità della tavolata, e afferrò una coscia di pollo da un vassoio e un pezzo di pane da una cesta infilata malamente tra una brocca di succo di zucca e un bicchiere di cristallo. Fece sparire in un sol boccone il pezzo di pane e addentò la coscia, rendendosi conto solo allora di quanta fame avesse, e si riempì il piatto di roast beef e piselli. Fece un versaccio da orco quando una ragazza di forse tredici anni si sedette di fronte a lui e cominciò a mangiare esitante e che quando udì quel suono strano ridacchiò con un sopracciglio alzato, guadagnandosi un'occhiataccia che le intimava di sloggiare. Ma la ragazza lo ignorò, mangiando tranquillamente, e allora James si decise a lasciar perdere. Ovviamente la sua silenziosa richiesta di solitudine non fu chiara a nessuno dei suoi parenti, perché Hugo e Fred si sedettero ai suoi lati e il rosso spostò addirittura la borsa che aveva messo lì apposta per non far sedere nessuno. Ignorarono entrambi la tredicenne bruna che aveva preso un grosso tomo e si era messa a leggere indisturbata.
  « Allora, cugino, vorresti spiegarmi perché non ci hai aspettato alla fine della lezione e poi vieni qui e ti siedi solo soletto, quando ci sono Helena e Rose che ti aspettano? » chiese il mulatto, battendogli amichevolmente una mano sulla spalla. James si riempì la bocca di roast beef per non rispondere e guardò Hugo allentarsi un poco la cravatta e scompigliarsi i capelli per sembrare più affascinante. Aveva notato che la ragazza seduta lì di fronte era carina e allora si era messo all'opera. Dopo un po' iniziò a parlarle, con un mezzo sorriso e un luccichio negli occhi. James ridacchiò, masticando voracemente la carne e pensando che tutto quello che stava mettendo in atto l'aveva imparato dalle lunghe osservazioni di lui che ci provava con le ragazze. La ragazza balzò in piedi infastidita dalla stupida iniziativa del rosso e se ne andò dall'altro capo della tavolo per mangiare in santa pace. James e Fred scoppiarono a ridere, anche se il mulatto teneva d'occhio l'altro con cipiglio un po' preoccupato. Hugo arrossì e borbottò incoerente, mettendosi a posto la cravatta. A quella vista, James rise più forte. Suo cugino era uno spasso in momenti come quello! Continuarono a mangiare tranquilli finché Fred non cominciò a fare l'imitazione di uno Hugo tutto impettito che cercava di sembrare disinvolto mentre muoveva avance a una ragazza. Hugo diventò rosso in zona orecchie e mandò giù un po' di succo di zucca, deciso a ignorare la voce potente del cugino. James, decisamente rincuorato, dimenticò momentaneamente i problemi e si divertì tanto che decise di fare un salto da Helena prima di andare a lezione di Difesa. Le diede un bacio umido sulla guancia per farle notare la sua presenza e si scusò facendo gli occhi dolci e una battuta particolarmente stupida, poi la salutò con un bacetto a stampo prima di salire al terzo piano accompagnato dai Malandrini dell'epoca nuova.
  Durante la lezione prestò più attenzione al professore e riuscì addirittura a prendere degli appunti, cosa che non aveva mai fatto in vita sua. Intanto il professore sembrava deciso a far ripassare ai suoi allievi del settimo anno tutti gli incantesimi che avevano imparato nei due anni precedenti. Come fece notare piuttosto insistentemente, quello era l'anno dei M.AG.O. e dovevano essere pronti ad ogni evenienza. I Serpeverde dal loro angolo borbottavano scontenti; a loro il professor Whithe non era mai piaciuto e ritenevano vitale ostentarlo ad ogni sua lezione. Ma a Brian Whithe non importava più di tanto. In quel momento stava spiegando euforico il concetto di pensiero felice per un Patronus gesticolando come non mai. Certo, a loro non avrebbero chiesto di produrre un Patrono, però potevano benissimo incontrare una domanda teorica nello scritto. Quell'anno, James dovette ammetterlo, gli argomenti erano complessi e piuttosto ostici, ma il suo sogno era quello di diventare un Auror ed era deciso a raggiungere quella meta a pieni voti per dare il benservito a chiunque dicesse che era un raccomandato bell'e buono. Alla fine della lezione, il professor Whithe era più che soddisfatto e aveva assegnato cinque punti ai Grifondoro e ai Tassorosso che avevano risposto correttamente alle sue domande e assegnando loro un tema di almeno trenta centimetri.
  Uscirono tutti dall'aula ridendo o chiacchierando allegri, mentre il giovane uomo sorrideva cordiale grattandosi una guancia sbarbata e mettendo a posto le sue cose con un colpo di bacchetta. James, Jason e Fred ad un tratto si ritrovarono soli nella Sala Comune a parlare mentre tutti intorno a loro (persino Lorcan) si dedicavano a compiti o letture propedeutiche. Rose provò un paio di volte a zittirli e a spiegare che aveva un tema di cinquanta tediosi centimetri sugli Inferi, ma poi sparì dal buco del ritratto sbattendoselo dietro, irritata, con pergamene e libri fra le braccia. Dopo una ventina di minuti, Jason diede un'occhiata all'orologio sulla mensola del caminetto e annunciò che erano le cinque e ventidue. James si stiracchiò sulla poltrona, sempre deciso a non pensare ai guai prima di quella sera, e dichiarò: « Voglio fare qualcosa di speciale per il tuo compleanno, Jass ». Jason sollevò le sopracciglia e disse: « Mi raccomando, deve essere qualcosa di epico ».
« Il fatto che tu sia nato ad Halloween aiuta » ghignò Fred, grattandosi la nuca. A queste parole James ebbe un lampo d'ispirazione.
« Ma certo! » esclamò a bassa voce, per non farsi sentire, « Faremo una festa, una festa enorme! E... e tutti dovranno essere in costume! Jass, una festa! Nella... Nella Stanza delle Necessità, sì! E- ».
Fred lo interruppe bruscamente, con voce divertita: « Fantasia portami via! ». James lo ignorò, esaltato. Si alzò in piedi e misurò a gran passi la stanza, il cervello in fibrillazione. Nella sua mente si stava delineando l'immagine di una vasta stanza con il soffitto alto, con tavoli ricolmi di cibo e alcolici, adornata con i pipistrelli vivi di Hogwarts e ragnatele e dove l'acustica sarebbe stata perfetta. Purtroppo, Fred lo rubò dalle sue fantasie scrollandolo e dicendo: « C'è un gufo fuori dalla finestra ».  James si guardò attorno, spaesato, e aprì, facendo entrare il gufetto scosso dal forte vento. Il ragazzo lo prese e vide il proprio nome scritto in bella grafia sul retro della busta. Con il fiato corto e grandi aspettative, la sfilò piano dal becco del gufo e la aprì. Quando notò che non era Emma colui che gli scriveva, si sgonfiò avvilito e lesse ad alta voce:

Caro signor Potter,
   saremmo lieti di averLa questa sera alle cinque e mezza al campo di Quidditch per importanti notizie circa i giocatori della squadra della Sua scuola. Noi giudici abbiamo preso una decisione riguardo la formazione della suddetta e saremmo felici se Lei si unisse a noi per apprenderla.
   Le assicuriamo che non Le saranno necessarie scope o quant'altro.
Cordialmente,        
Richard Chipper
Oliver Baston     
Gwenog Jones    


James restò un attimo allibito, poi lanciò un'occhiata furtiva all'orologio sul camino e si affrettò a correre fuori dal buco del ritratto. Visto che era al settimo e ultimo piano del castello e aveva circa dieci minuti per arrivare al campo di Quidditch, corse più veloce che poté, maledicendo mentalmente il così poco preavviso e i tre giudici.





17 ottobre 2022, 17:31

Hogwarts
Campo di Quidditch

 
Richard Chipper, Oliver e la Jones erano lì in piedi e aspettavano che ci fossero tutti i quattordici aspiranti giocatori per parlare. Appena constatarono che potevano iniziare, a parlare fu Gwenog, con la solita voce ferma e inconsapevolmente intimidatoria.
  « Io e i miei colleghi » guardò di sbieco Chipper, palesemente scettica sul chiamarlo in quel modo « abbiamo deciso, come avrete letto nel biglietto che abbiamo mandato ad ognuno di voi, e- ».
  « Ah, ci scusiamo per il preavviso scarso e inadeguato ma eravamo finalmente tutti d'accordo e non vedevamo l'ora di annunciarvi i componenti della neonata squadra di Quidditch della scuola di Hogwarts! » la interruppe Oliver, cordiale e baldanzoso. La Jones continuò come se nessuno avesse aperto bocca.
  « -e, sempre come avete letto sul biglietto, siamo qui per elencarvi i nomi dei giocatori di Hogwarts. Gli altri resteranno come riserve, e ognuno di esse avrà un ruolo specifico che dipenderà da chi si infortunerà o ammalerà, e ci auguriamo che voi siate felici almeno quanto noi per le nostre scelte, che abbiamo ponderato a lungo per essere certi che la squadra non abbia buchi. Ho calcolato ogni cosa e sono certa di aver fatto un ottimo lavoro, come al solito » usò il singolare per un attimo, con aria superba e compiaciuta,  « e dovete sapere che non abbiamo compreso nei pro e contro di ognuno di voi solo il potenziale e la forza fisica, ma anche il rapporto con gli altri compagni di squadra e i possibili problemi che si potrebbero creare tra di voi. Noi di certo non vogliamo che una squadra si rovini per stupidi motivi personali ed è vostro preciso dovere non lamentarvi e non litigare tra di voi... ».
  La ascoltavano tutti con crescente impazienza e alcuni scalpitavano furibondi per quell'inutile discorso noioso e incredibilmente prolisso. Gwenog continuava a parlare, aggiungendo sporadicamente qualche lode alla magnifica se stessa che non si smentiva mai. Ad un tratto, Chipper decise di averne abbastanza e la interruppe bonario con la sua voce tonante e profonda, posandole una mano sulla spalla.
  « Oh, cara Gwenog, sono certo che questi giovani abbiano capito e, credimi, è ora di leggere i nomi e dileguarci lasciando spazio ai festeggiamenti per le nuove cariche! Sono sicuro questi studenti non vedono l'ora di divertirsi per sfogare la dolce euforia di una così bella notizia » disse rivolgendo ai ragazzi uno sguardo comprensivo e divertito. Ad un cenno di Richard, Oliver estrasse una pergamena, chiaramente sollevato dalla fine del comizio della Jones, e la srotolò, eccitato. Mentre tutti si agitavano inquieti davanti a loro, Oliver cominciò a leggere. Rose e James si guardarono impazienti e leggermente impauriti di fronte alla possibilità di non essere scelti. L'atmosfera gelida che era calata si sarebbe potuta tagliere con un coltellino del burro.
  « Prudence Goyle, Battitrice » pronunciò il primo nome a voce alta e chiara, e dagli spalti si udì un urlo trionfante ("Vai così, sorellona!"). Oliver continuò con un leggero sorriso a increspargli la bocca. « Wayne Wolf, Portiere » un basso ragazzo bruno che saltellava sul posto per sporgersi dalla spalla di Rupert Jinnah alzò un pugno in aria, festoso, « Zacharias Zabini, Cacciatore » Zac sorrise, mentre suo cugino ghignò contento, « Sebastian Baston, Cacciatore » qui la voce di Oliver si fece orgogliosa e Sebastian si fece stringere la spalla da un supportivo Anton, « James Potter, Cacciatore » il sorriso di Scorpius vacillò, visto che era certo che sarebbe stato preso lui, e James cinse Helena in un abbraccio mentre tentava di fare un balletto vittorioso, « Rose Weasley, Battitrice » Rose sospirò sollevata e il suo cuore si calmò, prima di essere travolta dalla massa del corpo di James, che voleva abbracciare anche lei, « ...e infine, Albus Potter, Cercatore. Riguardo il Capitano abbiamo ancora dei tentennamenti e vi contatteremo al più presto, sperando di aver preso una decisione soddisfacente ».
  Al, che era rimasto in silenzio per tutto il tempo soffocato dall'ansia, rise quando sentì nominare il suo nome e si fece stritolare in un abbraccio di gruppo da Rose e James, mentre dagli spalti i cugini, avvisati dell'incontro e accorsi lì in massa, strillarono di gioia e fluirono giù fino ad aggiungersi al mega abbraccio familiare.
  Dietro di loro, Scorpius Malfoy sputò a terra rancoroso e si voltò di scatto per andarsene, le mani che cercavano impazienti le sigarette nelle tasche. Già sentiva le urla di suo padre, deluso per l'ennesima volta.





17 ottobre 2022, 21:43
Hogwarts, sotterranei
Sala Comune Serpeverde


Zac era ancora un po' perso tra i suoi pensieri, mentre Dominic al suo fianco sembrava indifferente a qualsiasi cosa gli accadesse attorno, catturato piacevolmente dal romanzo che aveva sulle gambe. Quel ragazzo non riusciva a stare due minuti senza fare nulla o senza leggere e questo a Zac piaceva, perché voleva dire stare comunque in compagnia senza dover per forza parlare o avere troppi contatti. Aveva scoperto che Dominic era perfetto per questo genere di rapporti e ne aveva usufruito; e poi, anche se era solo un undicenne, Dom aveva carattere. E non voleva essere chiamato Dom, e ciò aveva significato che Zac lo chiamava sempre così.
  Dominic era totalmente perso nella Londra Babbana del XIX secolo, ammaliato dalle frasi delicate e eleganti di Oscar Wilde. Dom amava la letteratura non-magica, appunto perché era tale. Quell'undicenne pensava che nella loro ignoranza ne sapessero molto più dei maghi sulla magia delle parole e sull'attrazione sottile e stupefacente che può esercitare una frase ben congegnata. Preso dal desiderio di sapere quale sarebbe stata la sorte di Dorian Gray, i suoi occhi guizzavano veloci sulla pagina, registrando e assaporando ogni parola. Zacharias iniziò a osservarlo, visto che non aveva niente da fare, e decise di rompergli un po' le scatole per ravvivare la serata. Mentre allungava la mano per tirargli una ciocca di quei capelli arancioni, ad un tratto Dominic sobbalzò e chiuse il libro, come timoroso che un enorme mostro potesse balzarne fuori. Zac era perplesso e gliene fece atto con voce divertita. L'undicenne posò il libro sul tavolino davanti al caminetto e tornò indifferente quando spostò lo sguardo sul ragazzo seduto al suo fianco.
  « Ti va di parlare un po'? Quel libro mi ha leggermente annoiato » mentì fluido e con voce strascicata, cercando una Cioccorana nelle tasche della veste. Zac, che non si era lasciato incantare, annuì condiscendente, fingendo di non aver visto o sentito nulla.
  « Vuoi parlare di argomenti conosciuti dai comuni mortali o...? » ghignò il ragazzo, agitando la mano con fare elegante e lasciando la frase sospesa a metà ad arte. Dominic sbuffò e si fece venire in fretta un argomento in mente.
  « Allora... Ehm, Quidditch! Dimmi cosa ci trovi in un gioco così stupido e barbaro » fece, la mente altrove.
  « A dir la verità, non lo so. So solo che mi piace l'adrenalina che mi scorre nelle vene quando sorvolo il campo, quando un Bolide rischia di colpirmi o quando mando la Pluffa negli anelli. È inebriante » cercò di spiegare Zac, anche se da un po' quella sensazione era svanita, lasciando posto all'abitualità e alla routine. Stava iniziando a trovarlo noioso, se ne rese conto solo in quel momento. Dominic, intanto, lo guardava con aria di superiorità; evidentemente pensava che fosse un motivo stupido quanto quel gioco pazzo e pericoloso.
  Non mi diverte più volare e rischiare il collo per fare gol. In effetti, probabilmente è stupido.
  Era la prima volta che ci pensava sul serio, in quel periodo. Era sempre occupato, tra valanghe di compiti, allenamenti e sforzi per avere una vita sociale, quindi non aveva molto tempo per riflettere su qualcosa che non fossero incantesimi, ragazze o Pluffe. Tra il turbinio costante della sua vita a Hogwarts, Zac si era lasciato convincere dalla routine che tutto era normale e andava bene.
  Ma a pensarci meglio, non va bene niente. Il Quidditch mi prosciuga anima e corpo e neanche mi diverto. E poi ne risente praticamente ogni cosa. Forse dovrei lasciar perdere, rilassarmi un po'...
  Adesso che Dominic aveva gettato il seme del dubbio, quello stava germogliando a velocità incredibile, come se fosse stato coltivato con un concime molto potente. Il desiderio di avere un po' più di tempo per cose come fissare il soffito senza aver niente da fare era forte, gli cresceva nel petto ancor più velocemente dei dubbi. Si sentiva quasi obbligato a fare quello che faceva, perché suo padre voleva che fosse il prototipo dell'adolescente felice e perfetto, un grande sportivo con mille ragazze dietro e voti astronomici. Un grande sportivo alla fin fine non lo era poi molto e i suoi voti erano appena accettabili; riguardo alle ragazze era tutto come voleva Zabini senior.
  Zacharias spesso se ne fregava dei desideri degli altri, era principalmente incentrato sulla propria vita per non fare errori clamorosi, ma suo padre era l'unica persona a cui prestava ascolto. E, se ne rese conto con un lampo d'intuizione, era sbagliato farlo; la vita era sua, no? Blaise Zabini se ne sarebbe fatto una ragione.
  Esatto. Lascerò il Quidditch, che gli piaccia o no.
  Intanto, Dominic continuava a guardarlo, come se si aspettasse che dicesse qualcos'altro. Il ragazzino si era accorto che Zacharias si era perso in pensieri più grandi di lui, uno studentello di undici anni, quindi non si mise a ficcanasare, perché sarebbe stato inadeguato e anche scortese. Perciò, Dom se ne stette zitto, aspettando che l'altro tornasse nel mondo dei vivi; cosa che non tardò ad accadere.
  « Sai, Dom, » Dominic storse la bocca, come ogni volta,  « sei davvero un ragazzino simpatico ».
  Zac si alzò e si stiracchiò con uno sbadiglio; se ne andò su per le scale verso il dormitorio, agitando appena la mano in segno di saluto.
  Aveva preso la sua decisione e non avrebbe esitato.





19 ottobre 2022, 12:56
Hogwarts, Sala Grande


Rose si era stufata (ma questo è un eufemismo bello e buono). Stuart la evitava, spariva circa cinque minuti dopo il suo arrivo, ed in quei cinque minuti a malapena la guardava, e se lo faceva la Grifondoro leggeva nei suoi occhi quella rabbia immotivata che il suo ragazzo aveva nei suoi confronti. Che cosa aveva fatto di male? Aveva ammazzato qualcuno, per caso? La ragazza, però, faceva finta di nulla e gli faceva credere di non essersi accorta di nulla. Magari dopo un po' di tempo si sarebbe calmato e tutto sarebbe tornato com'era prima e loro due sarebbero di nuovo stati felici insieme. Per lei era importante che tutto andasse per il verso giusto e anche se con Stuart non parlava della situazione in cui si erano ficcati, non voleva dire che doveva tacerla con tutti. Perciò, quella mattina aveva deciso di parlare con una persona da cui poteva aspettarsi solo un'opinione distaccata e veritiera.
  Scorpius Malfoy.
  Dopo il pranzo, Rose sapeva che Al, Scorpius e gli altri due scendevano nei sotterranei perché avevano tutti un'ora buca, quindi si fermò sulla soglia della Sala Grande, aspettandoli con le mani in mano. Rose portò una ciocca dei suoi capelli rossi dietro l'orecchio, facendo vagare lo sguardo su molte altre teste rosse sparse per la Sala. Appena vide che i quattro ragazzi si stavano alzando, sorrise e si drizzò contro lo stipite. Quando i Serpeverde si avvicinarono, Al aprì la bocca per parlare, ma sua cugina lo anticipò.
  « Ehm, Scorpius... Vorrei parlarti, ti va? » chiese con un sorriso a trentadue denti. Albus sbuffò e li oltrepassò in fretta, divertito, e Marcus e Zac si affrettarono a seguirlo con un cenno del capo. I due, rimasti soli, iniziarono ad avviarsi verso la Sala d'Ingresso. Scorpius mise le mani nelle tasche, sollevando appena il volto verso il soffito, e camminò lentamente, aspettando che Rose parlasse.
  « Non ce la faccio più » sbottò lei, infine, « Stuart è.. è un imbecille! ».
  « Questo lo sapevano già tutti, Weasley » ghignò Scorpius, chiamandola col cognome per pura stronzaggine. Rose sospirò e gli scompigliò i capelli, cosa che entrambi odiavano. Avevano scoperto di avere parecchie cose in comune oltre Albus Potter.
  « Il fatto è che lui mi tratta come se fossi un'appestata e io non ne posso più! » spiegò spazientita. Scorpius la guardò di sottecchi e sbuffò, grattandosi una guancia. Era un po' infastidito da quel discorso, ma mai quanto lo era da Stuart Finnigan. Da bravi Grifondoro e Serpeverde colmi di pregiudizi verso l'altro, si detestavano cordialmente ma non troppo rumorosamente. Mica erano come lui e Rose prima di diventare amici!
  « Dovresti parlarne con lui non co- » provò a dire, ma Rose lo interruppe bruscamente.
  « Non ci penso nemmeno a parlargli! Non voglio litigare, potremmo non parlarci per settimane e a me mancherebbe troppo. E io ho un orgoglio, se non lo sai ».
  Scorpius si preparò a una domanda apparentemente e assolutamente sgradevole. Odiava parlare di sentimenti.
  « Tu lo ami? ».
  Il Serpeverde aveva posto la domanda con cautela, come se stesse sfilando un fagiano dalle fauci di un Ungaro Spinato addormentato. Rose soppesò la domanda, arrossendo. Era difficile parlarne con chiunque.
  « Il silenzio mi sembra una risposta eloquente » borbottò Scorpius, a disagio. Rose scosse la testa, cercando di darsi un tono mentre esclamava: « Una risposta eloquente un accidenti! Certo che lo amo! ». Scorpius le sorrise, di nuovo cauto, e disse: « Se ne sei certa, parlagliene. Oppure passa un po' di tempo con lui per fare pace ».
  « In effetti, una serata romantica potrebbe tornarmi utile. Per salvare il salvabile » grugnì più a se stessa che all'amico.
  « Perfetto, allora! Una cena rimediata nelle cucine al lume delle candele della Stanza delle Necessità, no? ».





19 ottobre 2022, 20:00
Hogwarts
Stanza delle Necessità


Stuart aveva ricevuto un misterioso biglietto quel pomeriggio, in cui gli si intimava di essere lì a quell'ora e il ragazzo, colpito da curiosità e malcelato orgoglio, aveva fatto di tutto per esserci. Ed infatti c'era, perché quando voleva fare davvero una cosa la faceva, cascasse il mondo. Quando invece c'era qualcosa che non voleva fare, era tutta un'altra storia e si comportava come un ragazzino viziato, testardo, infantile e idiota.
  Non era entrato in squadra, mentre Rose sì, e questo di certo non poteva perdonarglielo. Il suo orgoglio era stato colpito duramente e aveva preferito tenerle il broncio e ignorarla piuttosto che accettare pacificamente la scelta dei tre giudici. Che, secondo lui, erano davvero tre incompetenti. Era ingiusto, perché lui era bravissimo nel Quidditch e invece era stato buttato fuori al primo turno. Era come se qualcosa gli si fosse impigliata in gola e non riuscisse a mandarla giù e quella bruciasse più dell'inferno.
  Era insopportabile, come la certezza che Rose lo aveva superato e tradito in quel modo. Non riusciva a capacitarsi del perché lei ce l'aveva fatta e lui no.
  Probabilmente per il suo illustre e famoso cognome. La figlia di due dei Salvatori del Mondo Magico, la figlia del vice-direttore dell'ufficio Auror, la figlia di Hermione Miss-Perfettina Weasley! Per lei basta schioccare le dita per avere quel che vuole.
  Stuart si rese subito conto che quelli erano pensieri infondati e maligni, ma preferì lasciare che essi germogliassero in fretta, invadendogli la mente. In fondo, era meglio ingiurare contro di lei che accettare il fatto che non fosse abbastanza bravo, che non avesse i requisiti necessari.
  Mentre nella sua testa continuava a infuriare una tempesta di 'è colpa di Rose', il suo corpo stava oltrepassando la porta appena comparsa della Stanza delle Necessità. Per un attimo credette di essere impazzito, poi guardò meglio la stanza. Era ampia e ariosa, con grandi finestre che davano la vista di un bel panorama di prati verdi e di un cielo buio e pieno di stelle, c'era, poggiato alla parete dirimpettaia all'ingresso, un enorme divano con accanto una poltrona dall'aria comoda e nel bel mezzo della stanza c'era un tavolo rotondo come quello nei ristoranti. Sul tavolo c'era un vaso di rose rosse, un paio di candele ancora spente e dei vassoi di cibo e seduta su una delle due sedie accostate al tavolo c'era la sua ragazza, sorridente e bella come non l'aveva mai vista. Per un istante la sua mente si annebbiò per la gioia, poi si ricordò quello che (non) gli aveva fatto e le lanciò un'occhiata di sufficienza. Rose si alzò e gli venne incontro, poi gli diede un bacio sulla guancia e gli strinse la mano tra le sue. Quando parlò, lo fece incatenando i suoi occhi azzurri a quelli grigi di Stuart e sorridendogli dolcemente.
  « Ho pensato che magari potevamo concederci una bella serata. Sai, non vedevo l'ora di starmene un po' sola con te ». Detto questo, lo baciò e Stuart quasi si dimenticò il proprio nome. La strinse a sè con cautela e scordò ogni ingiuria e ogni falso torto subito. Dopo quello che sembrò un attimo, si staccarono e andarono a sedersi sulle sedie accostate al tavolo. Fu come se il Quidditch nemmeno esistesse quella sera, tutto era di seconda importanza, perché in primo piano c'erano solo loro due, i loro baci. Dopo che ebbero mangiato, andarono sul divano e Stuart fece sedere Rose sulle sue ginocchia, per cingerle la vita e baciarle il collo in tutta tranquillità. Era una bellissima sensazione, starsene lì a parlare e a baciarsi come se il resto del mondo non fosse reale. Era tutto perfetto, si disse Rose, e non poteva esserne più felice.
  Intanto, Stuart capì di essere stato stupido e che nulla al mondo avrebbe più dovuto avere il potere di separarli, perché non ne valeva la pena. Quella sera pensò più spesso che in tutta la sua vita che Rose era perfetta per lui e lui era perfetto per Rose. Aveva sempre pensato che la ragazza fosse sua e di nessun altro. Niente e nessuno li avrebbe mai separati.
  Ma allora non mise in conto un fattore di rilevante importanza.
  Rose non era destinata a lui.




AAAAAAAh! Scusate, scusate, scusate, scusate! Sono in ritardo di un mucchio di tempo, non vi ho fatto gli auguri di Natale e di buon anno e ho anche la presunzione di andare di fretta! ç.ç

Mi dispiace, ma devo scappare. T-T

P.S.: Stuart sta cominciando a starmi meno simpatico, e a voi? XD Scommetto che voi ambasciatrici delle ScoRose mi state insultando in ogni lingua esistente, anche quella elfica, e che contemporaneamente mi adorate per quel 'non era destinata a lui'. XD

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Capitolo 13
*** Capitolo XII - Potter & Weasley Agenzy (gli organizzatori di Quidditch, matrimoni e feste clandestine) ***


Cap. 12 'TGT'
Capitolo XII - Potter & Weasley Agenzy (gli organizzatori di Quidditch, matrimoni e feste clandestine)





20 ottobre 2022, 12:03
Hogwarts, Sala Grande


Tra Rose e Stuart era tutto tornato normale ed entrambi ritennero di vitale importanza farlo notare a tutti, mettendo in atto una sorta di wrestling verticale in giro per il castello. Lily aveva commentato con un sorrisetto malandrino che non aveva mai promesso nulla di buono: « Non avevo mai visto qualcuno trattenere il respiro per così tanto tempo! ». La conseguenza diretta fu il lancio di uno dei vecchi tomi della biblioteca, mancato per un soffio dalla non tanto innocente rossa. In quel momento, quei due stavano mostrando gli esiti della loro riappacificazione all'intera Sala Grande durante il pranzo. Non che il sorriso entusiastico che Rose sventolava da giorni non fosse abbastanza indicativo, ma una sottolineatura era sempre d'obbligo.
   Lily adorava fare imbestialire Rose insinuando cose sulla sua ritrovata vita sotto le lenzuola, poiché traeva un piacere perverso nel mettere in imbarazzo gli altri esseri viventi, soprattutto quando essi erano lentigginosi, rossi e irrimediabilmente Weasley, il che significava un alto tasso di permalosità.
   E Rose non si smentisce mai. Ergo, piatto ricco mi ci ficco.
   Lily era sempre stata dispettosa ed essenzialmente una piaga e sapeva essere davvero pestifera. Quello però era solo un lato del suo carattere -e ci teneva a sottolineare tra se e se quanto fosse brava a nasconderlo alla massa- e le notizie che giravano su di lei a Hogwarts erano confusionarie e contraddittorie. Alcune voci di corridoio dicevano che era una brava ragazza, un po' troppo superficiale, ma sostanzialmente carina, e altre che poteva diventare un diavoletto malefico. Voci sostanzialmente vere entrambe. Altri dicevano che era una puttanella senza ambizioni che si faceva strada col suo cognome, ma quelle erano le cosiddette malignità.
   Tra Lily e Rose c'era un bel rapporto, anche se erano diverse tra di loro. Rose in sostanza era una ragazza semplice, forte e sicura di sè, che non si nascondeva dietro una maschera di cera per piacere a tutti, ma semplicemente si sceglieva un angoletto di mondo tutto suo, con i suoi amici, la sua famiglia, e se a qualcuno lei non andava bene non ne faceva un dramma. Lily, invece, era d'indole superficiale, ed era molto attaccata alla cosiddetta popolarità e ci teneva a mantenere un'alta immagine pubblica, doveva farsi amare da chiunque. Non era tutto il suo ego abnorme, che era comunque presente e pulsante, ma per un bisogno morboso di attenzioni. Era la più piccola della famiglia ed era sempre stata autosufficiente, ciò aveva significato una minor considerazione rispetto a James-il-combinaguai e a Al-lo-sfortunato-patentato. Ma anche se voleva attenzione da parte dell'universo mondo, voleva anche che le persone false stessero alla larga dalle persone che amava; aveva una sorta di radar -quegli aggeggi Babbani di cui suo nonno Arthur una volta le aveva parlato- e sapeva riconoscere la falsità a colpo d'occhio. Sapeva quanto una persona del genere potesse far soffrire, per cui aveva sempre la guardia alzata, ma nascondendolo furbamente. Era per quel motivo che Kate non le piaceva; oltre al fatto che la trovava insulsa, era palesemente falsa e anche goffa nel cercare di dimostrare il contrario.
   Ma a quanto pare sono l'unica a rendermene conto. Quella vuole solo mettere le mani su Al, sulla mia famiglia. In fondo, che ne sappiamo di lei?
   Lily era sempre stata diffidente nei confronti delle persone che non facevano parte della sua famiglia e certe volte aveva ragione. Nessuno doveva ferire un membro della sua famiglia e se qualcuno ne aveva intenzione se la doveva vedere con lei. E non per niente si diceva che poteva diventare un diavoletto malefico.






20 ottobre 2022,
Hogwarts, prati


Era una bella giornata, una di quelle rare, e allora avevano deciso di vedersi fuori, sotto quel sole mite che brillava nel cielo. Erano quindi loro i dominatori del parco di Hogwarts, perché non sia mai che qualcuno fosse in giro quando quei pazzi dei Potter-Wealey si riunivano in un unico luogo pubblico. James si divertiva un mondo, quando tutti giravano al largo come se temessero un contagio. In fondo, erano sempre deliranti e chiassosi, quasi una piaga per chi voleva una vita tranquilla. Quel giorno la pseudo-riunione familiare era più pazza che mai e il succitato Potter ne era più che fiero. Gli piaceva quella confusione, piena di voci e risate, piena di vita. Le persone che amava erano tutte lì, più Malfoy. Santo cielo, non poteva ancora capire come Albus e Rose, sangue del suo sangue, potessero parlargli senza schifarsi della sua eccessiva purosanguosità -non che una parola del genere esistesse, ma al momento era la prima parola che gli veniva in mente. L'unica cosa che aveva trattenuto dal picchiare sua cugina come quando erano piccoli e lei gli rubava il gelato, impenitente, era la santa e martire Helena. La ragazza aveva ottime arme di persuasione, ed era uno dei tanti motivi per cui James stravedeva per lei.
   Intorno a lui c'erano Molly e Rose che confabulavano incessantemente lanciando occhiate in direzione di Katherine e poi di Albus, Stuart giocherellava con i capelli della sua ragazza; Dominique e Alice avevano in mano dei metri a nastro e si stringevano attorno a dei fogli sparpagliati, gesticolando; sua sorella Lily e Victoire erano sedute a gambe incrociate davanti a una specie di modellino come quello del Quidditch di Baston, con Teddy che sorvegliava silenziosamente la sua fidanzata; Al e Malfoy che giocherellavano con un accendino Babbano e sussurravano pacati; Jason e Fred che progettavano una scherzo ai danni di un Corvonero scorbutico e immensamente stronzo; Roxanne e la sua amica Sam che giocavano a Sparaschiocco il più rumorosamente possibile e Lucy si scatenava -cosa molto, ma molto strana- facendo il tifo per Sam; Louis che se ne stava in religioso silenzio al fianco di Ishmael Zabini; Hugo che lanciava sguardi ansiosi ad Augusta, la sorellina di Alice, carina e dolce col suo viso rotondo e roseo; Katherine e Donald che parlavano con Helena lì al suo fianco. Era stato un po' sorpreso, sei anni prima, quando aveva saputo della presenza di un suo altro cugino, Donald Dursley, che non aveva mai incontrato prima. Allora, il James Potter dodicenne aveva chiesto spiegazioni, dopo che quel ragazzino gli si era presentato in modo coraggioso ma goffo, e suo padre era stato piuttosto misterioso, come per la faccenda di Voldemort. Suo padre fu restio ma gli raccontò dei suoi zii e di suo cugino, lo fece con delicatezza, quasi si stesse togliendo un molare. Lo capì solo allora: Harry Potter era un eroe; anzi, un grand'uomo -per dirlo alla Hagrid.
   James passò un braccio attorno alla vita di Helena e le baciò una tempia, lasciando che Lorcan continuasse a scrivere su un foglio nomi e date. Quando James gli aveva parlato della sua idea per Halloween, Lorcan ne era subito rimasto entusiasta e si era incaricato della maggior parte delle cose, come la lista degli invitati e i fornitori di bevande e roba da mangiare. Ad un tratto, il biondino gli tirò una manica e James si sporse per sentire i suoi sussurri a mezza bocca.
   « C'è un problemino con gli alcolici ». James alzò gli occhi al cielo e chiese: « Quale? ».
   « Ecco, non so chi può procurarmeli in tutta sicurezza. C'è Bennett, di Tassorosso, che mi ha detto che può averli al massimo in una settimana, però non mi fido. È già stato beccato l'anno scorso quando ha fatto ubriacare i Thestral il primo settembre, ti ricordi? Il viaggio verso Hogwarts più bello che io abbia mai fatto » ridacchiò, « C'è anche Roberts, quel tipo di Grifondoro del quarto anno che si è appena inserito nel mercato, però è un lattante, si farebbe prendere da Gazza dopo un secondo. Ci sono un paio di altre persone, però mi hanno detto che possiamo ricevere la roba solo dopo tre settimane, e non mi sembra il massimo ».
   « E non ci sono altre persone? Cazzo, siamo in una scuola, siamo almeno tre centinaia di persone! Com'è possibile?! » esclamò sbalordito, e Lorcan gli fece cenno di abbassare la voce.
   « Un tipo c'è » ammise a malavoglia, « Tutti i suoi ordini arrivano a destinazione in un paio di giorni e ho sentito un mucchio di voci, sembra affidabile e difficilmente potrebbero scoprirci ». Sembrava però che avesse ingoiato un limone.
   « E allora che problema c'è? » fece James con gli occhi spalancati.
   « È di Serpeverde » sussurrò l'altro.
   « Allora non se ne fa niente » proclamò subito James, deciso.
   « E la festa? È il compleanno di Jass, è Halloween! L'alcol dovrebbe scorrere a fiumi » contestò Lorcan un po' più infervorato, con il tono che saliva parola per parola. Poi, resosi conto del pericolo, si guardò intorno, ma nessuno aveva sentito, tutti troppo presi a guardare Lucy che veniva buttata nel Lago Nero da Roxanne con minacce urlate a squarciagola -o almeno così era sembrato a lui. Qualcuno ad ascoltare c'era.
   Lorcan lo strattonò per il braccio e gli avvicinò la bocca all'orecchio: « È l'unico tizio che ci può far avere anche birra, whiskey, gin, qualche coctail. Insomma... quella roba Babbana! E poi ho sentito che fa anche il barista, sarebbe perfetto! ».
   « Ma è un Serpeverde. Non voglio avere troppo a che fare con quelli » sbottò James, che sentendosi al sicuro da orecchie indiscrete aveva parlato a voce alta.
   « Ma... è la festa di Jason, non potresti fare un eccezione? » lo pregò Lorcan allo stesso volume di voce.
   « E se volesse invitare qualcuno dei suoi viscidi amici? » chiese, disgustato alla prospettiva di avere Serpeverde alla festa del suo migliore amico.
   « Ce ne faremo una ragione. Dai...» lo pressò il biondo, stringendogli il braccio. Con un sospiro, lo guardò scornato e gli disse: « Ci penserò, davvero ». Lorcan gli fece un sorriso di ringraziamento e si lasciò andare ad una risata guardando una bagnata Lucy che estraeva la bacchetta, inviperita e pronta ad attaccare.
   « Di che si parla, fratello? Di un altro scherzo ai Serpeverde? O, mi è sembrato di capire, di una festa? ».
   James s'irrigidì e alzò lo sguardo. Su di lui torreggiava il suo fratello minore, con le mani sui fianchi e un cipiglio alla nonna Molly.
   Merda. Merda, merda, merda, merda. Fanculo, Lucy, non potevi fare più casino?
   « Non hai nessuna prova per minacciarci alla McGranitt, cucciolotto. Quindi zitto e siediti » disse cercando di essere spavaldo come al solito e riuscendoci a meraviglia. Ma Al ghignò, un tipico ghigno Serpeverde, furbo e sprezzante.
   « Ma io non voglio dirlo alla McGranitt. Che gusto ci sarebbe? Io voglio venirci, a questa festa. E suppongo anche il resto della mia Casata » disse occhi-da-cerbiatta e James sentì come se gli avesse dato un pugno allo stomaco. Si alzò a fronteggiarlo, con un ghigno aperto quasi quanto il suo.
   « Altrimenti che cosa fai? » disse in tono di sfida, « Lo dici a qualche tuo grosso, viscido, amico, così che ci picchi? ». Era divertito e sarcastico, deciso a vincerla.
   « No. Lo dico a mamma ».
   James sbiancò e boccheggiò in modo piuttosto comico.
   « Oh, no, non lo faresti. Ti picchierei, finiresti in infermeria per almeno una settimana » ringhiò minaccioso, puntandogli un dito contro il petto. Ma Al sorrise, minimamente scalfito.
   « So che lo faresti. Ma non farebbe dimenticare a mamma la lettera che le manderei... E finiresti anche in punizione, perché ovviamente ti denuncerei » disse il Serpeverde, infilando le mani nelle tasche. James aprì la bocca, indeciso tra il picchiarlo o urlargli semplicemente contro. Al aveva calcolato dentro di se tutte le ipotesi in quei pochi minuti e sapeva che ci mancava poco dall'essere quasi ammazzato, ma confidava nella propria capacità di giudizio. Infatti, James si sgonfiò, vinto, e borbottò qualcosa che assomigliava a 'fanculo, stronzo di una serpe'. Si buttò a terra avvilito e Albus subito tornò baldanzoso al proprio posto accanto a Scorpius.
   « Ad Halloween mio fratello fa una festa » gli comunicò ghignando compiaciuto, « e i Serpeverde sono invitati. Tutti ».
   Scorpius sorrise e si poggiò meglio contro il tronco dell'albero dietro di lui. « Bene, perché le mie idee per rimorchiare quel giorno scarseggiavano » dichiarò sorridendo. Al ricambiò, stringendosi le ginocchia al petto e guardando in direzione di Kate.
   « Anch'io ho un piano sul fronte ragazze, amico » disse e si scambiarono uno sguardo.
   Scorpius approvò e disse: « Alleluia! E vedi di fare qualcosa di significativo ».
   « Significativo come? » fece Albus distratto dalle proprie scarpe. Scorp si strinse nelle spalle e gli consigliò di parlarle e di mettere le cose in chiaro.
   « Per 'mettere le cose in chiaro' intendi- » cominciò il corvino, passandosi una mano tra i capelli con un gesto allenato.
   « Dirle che sei cotto perso » lo interruppe Scorpius, sibillino, e lo spintonò facendolo cadere disteso in un mucchietto di foglie messo lì apposta. Rise, mentre il suo migliore amico riemerse tutto rosso dalla coperta di foglie variopinte. Albus lo guardò male, e si alzò indignato, poi si lisciò le pieghe dei pantoloni con tutta la dignità che possedeva e si incamminò alla ricerca di qualcuno di meno idiota con cui passare il tempo sarebbe stato meno gravoso, non degnandolo nemmeno di un'occhiata. Si sedette rumorosamente alla destra di Rose e le disse, come se non avesse notato il fatto che appena l'aveva visto, Rose si era zittita: « Penso che stare lontano da Scorpius potrà solo giovargli, dato che così non lo picchio, quindi me ne sto con te, cugina ». Rose non gli rispose ma era evidentemente infastidita. Doveva ordire un piano ai suoi danni, lo aveva capito benissimo, e per questo aveva istantaneamente deciso di starle appiccicato. Ma Rose era abile e orchestrò i suoi movimenti in modo ottimo nei successivi dieci minuti e in un attimo si ritrovò seduto al fianco del suo migliore amico, pallido e sconvolto.
  « Quella ragazza è inquietante » borbottò, mentre sua cugina tornava a chinarsi verso Molly e a parlottare fitto fitto.
  « Dobbiamo escogitare qualcosa di più efficace di uno sgabuzzino, Molly! » stava esclamando lei con voce sottile.
  « Per me rimane l'idea migliore! » rispose l'altra, « Nei film Babbani funziona sempre! ». Rose si batté la fronte con il palmo, esausta.
   « È stupida come idea! Potrebbero anche non parlarsi e lei farebbe saltare in aria prima la porta e poi me » contestò debolmente. « Io direi che dobbiamo convincerli a parlarsi, magari facciamo pressione su Kate, lei può essere facile da convincere ». Ma Molly non si arrese e continuò a dar battaglia in merito alla sua idea, mentre Dominique e Alice si avvicinarono a loro di soppiatto con il metro a nastro. La bionda picchiettò sulla spalla di Molly facendola sobbalzare ed imprecare vistosamente. Tra le varie, 'biondastra snaturata' fu l'unica cosa non volgare che uscì dalla sua bocca. Dom, imperturbabile, le spiegò che doveva prendere le sue misure per il suo vestito da damigella.
   « Damigella? » rantolò come se la parola le fosse sconosciuta. Dominique alzò gli occhi al cielo, mentre Alice prendeva un appunto guardando Molly.
   « Sì, damigella. E anche Rose lo è, » la ragazza citata, che fino ad un attimo prima ghignava impudente, fece largo ad un espressione indispettita « lo siamo tutte noi cugine » disse la bionda. Le due rosse si scambiarono uno sguardo d'intesa. Dopo un immaginario countdown, Rose e Molly la mandarono al diavolo, dicendo che mai e poi mai si sarebbero abbassate a indossare abiti più elaborati di un paio di jeans. Un secondo più tardi erano entrambe in piedi e con le braccia allargate, subendo il nastro di cuoio e le domande di Dominique e Alice su colori e forme. Appresero inoltre che Lily stava macchinando sulla disposizione di tavoli e dei posti con quello strano modellino.
   « Perché, non ci possiamo sedere dove ci pare? » chiese Molly piccata, storcendo il naso. Dominique parve sconvolta.
   « Certo che no! Immagina che caos! » chiocciò agitando le mani, frenetica. Rose e Molly si zittirono, preferendo non dar adito a ciò che pensavano.
   Era una bella giornata, sì.




20 ottobre 2022,
Hogwarts, Campo di Quidditch


Sugli spalti c'era un gran tumulto. In seguito alla notizia che Zacharias Zabini aveva mollato il Quidditch, nessuno aveva fiatato, men che meno Scorpius, che si ritrovò a fare da Cacciatore. Sapeva di essere egoista e anche insensibile, Zac era pur sempre suo cugino, ma la notizia che fosse stato preso in squadra al suo posto gli aveva rallegrato non di poco la giornata. A suo padre, poi, era andata più che bene.
  E poi, a Zac non è dispiaciuto tanto, sembrava addirittura felice! pensò il biondo cercando di scacciare i flebili ma presenti sensi di colpa.
   Divagazioni a parte, quel giorno c'erano le selezioni del suo -Scorp trovava che fosse una parola fantastica- Capitano. I tre giudici non avevano ancora spiegato prova e derivati, anzi, si erano seduti calmi e si parlavano, ignorando i due ragazzi con la scopa in spalla in piedi di fronte a loro. Sebastian era ovviamente irritato, lo si capiva dalla linea dura della mascella e dallo sguardo semi-neutro. Prudence, invece, era rilassata e guardava il cielo come se niente fosse. Il ragazzo avrebbe tanto voluto essere un po' più calmo, come lei, ma proprio non riusciva a non guardare male suo padre di tanto in tanto. Ma di che cosa diamine stavano parlando? Sebastian ebbe il forte desiderio di avvicinarsi e origliare, ma non lo fece, deciso a preservare la sua dignità -e il suo posto in squadra. Dopo vari minuti di sguardi e mormorii tra il pubblico indesiderato, Gwenog Jones si passò una mano nei capelli e gli rivolse un'occhiata, continuando a parlare.
   Come se sapesse fare altro pensò Seb inacidito. Ormai tutti erano a conoscenza della parlantina inarrestabile di quella donna, una cosa davvero snervante.
   All'improvviso, mentre i pensieri del Grifondoro si concentravano su torture dolorose inflitte alla ex campionessa delle Harpies, Chipper si alzò e li pregò di salire in sella alla scopa. Prudence obbedì subito, diligente, mentre Sebastian sbuffava e lo guardava male. Dopo che si furono alzati in volo, Chipper disse loro di volare per un po', perché nel frattempo gli altri componenti della squadra e le riserve si dovevano cambiare d'abito. Sebastian si irritò ancora di più e urlò ai ragazzi che si stavano dirigendo verso gli spogliatoi l'ordine di muoversi al più presto.
   Fanculo alla compostezza, voglio fare in fretta!
   Chipper spiegò che si dovevano formare due squadre e chi dei due avrebbe gestito meglio la propria squadra sarebbe diventato il nuovo Capitano della squadra di Hogwarts. Ricordando come l'anno prima la Goyle non era riuscita a calmare due suoi giocatori che litigavano per una ragazza nel bel mezzo della partita, Seb sorrise, sentendo di avere la vittoria in pugno. Era così semplice immaginarsi circondato dai suoi compagni, mentre lo festeggiavano e gli dicevano della sua alta prestazione di Capitano e Cacciatore. Era bello sentirsi apprezzato ed in quel momento era l'unica cosa che davvero gli teneva alto il morale, visto che non si era ancora ripreso del tutto dalla faccenda di Kate. Di sotto, intanto, Chipper aveva chiamato James e Malfoy e iniziò a parlargli, guardandosi attorno come se la sua fosse una cospirazione. I due annuirono, gentili, e si mise in sella alla scopa.
    Sebastian sentì uno scalpiccio di sotto e vide dodici persone decollare dolcemente. Un fremito lo pervase; chissà cosa sarebbe accaduto. Chipper spedì i titolari con Prudence, mentre le riserve toccarono a lui.
    Cattivo segno...
    Sebastian si affiancò ad Helena e guardò mentre Pitman veniva mandato nella squadra di Prudence; lanciò un sorriso a Hunter Fox e si rallegrò di non avere Potter come Cercatore. Sarebbe stato uno strazio, lui sarebbe stato combattuto tra il desiderio di vincere e la voglia di vederlo umiliato e perdente. Osservò i suoi compagni di squadra e ne restò comunque soddisfatto, avrebbe potuto sfruttare al meglio la forza di Jinnah nelle braccia, magari mandando a schiantare Potter contro il suolo, e Amar Kumar aveva dei buoni riflessi; non come quelli di Wolf, ma erano comunque ottimi. Chipper lanciò la Pluffa e la partita iniziò.
    Sebastian si piegò contro il manico della scopa e filò in linea dritta, acchiappando la palla e facendo cenno ad Helena di seguirlo. Appena Peter Pitman si avvicinò lanciò la Pluffa a Helena e fecero questo giochetto per altri due minuti, passandosi la palla nel momento più inaspettato. Era una tecnica che avevano approntato l'anno scorso durante gli allenamenti ma che non avevano ancora sperimentato come si deve. Quando Helena riuscì a far passare la Pluffa oltre l'anello più basso, Sebastian si disse che vincere sarebbe stato facile, dopotutto.
    Neanche lo pensò, che la Pluffa gli fu rubata da sotto il naso da Malfoy, e si diede mentalmente dello stupido. Gli si tenne alle calcagna con convinzione, notando che James e Rose facevano niente e poco. Sterzò un attimo con la scopa, pensando che stessero battendo la fiacca per fargli vincere la partita, per farlo diventare Capitano. Dopo qualche secondo di meditazione tra se e se, si rese conto che era come diviso in due: da una parte voleva arrabbiarsi e da una parte voleva esser loro grato. Qualche attimo di tentennamento dopo, decise di guardarli male e di scattare avanti in accelerazione. Seb voleva vincere perché era bravo, non perché loro volevano perdere apposta. Sorvolò tutta la lunghezza del campo alle spalle di Scorpius, che segnò un goal prima che Gary prendesse la palla con scioltezza e vago avvilimento. Sebastian si convinse, anche dopo cinque goal subiti e zero goal segnati, che potevano risalire. Nulla era perduto. Quando Helena urtò la spalla contro uno dei pali dopo un'azione sperticolata per prendere la Pluffa e lanciò un urlo di dolore, Sebastian le si avvicinò preoccupato e le fece mille domande, ma Helena continuò a giocare, intestardita e anche infastidita dalle sue continue domande.
   « Sicura di voler giocare? Posso aiutarti, dai. No, aspetta, ti faccio sostituire, sono sicuro che Finnigan sarà più che contento e- ».
   « Sebastian! Zitto! » sbottò Helena, allontanandosi velocemente. Sebastian sbuffò contrariato, convinto che dopo quel piccolo incidente lei non dovesse giocare.
    « Ma si tratta della tua salute! ». Helena lo ignorò.
    Malfoy in quel momento aveva la Pluffa e stava volando verso le porte avversarie, finché James quasi non gli cadde addosso, sterzando bruscamente e facendo cozzare i loro manici. Sebastian li affiancò, notando che la Pluffa era caduta sul prato lì sotto. Ma prima che potesse fare qualunque cosa, Scorpius spintonò James e gli urlò contro.
    « Ma guarda dove vai, idiota! ». La conseguenza immediata fu che James si fece rosso in faccia, urlando a più non posso.
   « A chi hai detto idiota? ». Gli altri giocatori si erano immobilizzati sulle loro scope, guardando la scena chi spaventato e chi esasperato. Sebastian fu tentato di ridere, ma poi sospirò e cercò di fare da mediatore. Quando sembrava che stessero arrivando alle mani, Seb li allontanò alla svelta. Intanto, Prudence Goyle si stava avvicinando.
    « James, smettila e chiedigli scusa » ordinò perentorio. Il ragazzo lo fissò sbalordito e tentò di protestare, ma l'altro non cambiò linea d'attacco. Prudence li guardò indecisa, poi si mise in mezzo.
    « Gli sei quasi caduto addosso. So che non è stata colpa tua, ma resta il fatto che gli sei quasi caduto addosso. Hai capito o devo ripeterlo lentamente? » disse la ragazza bruscamente e con espressione da non-discutere-o-sei-morto. James, testardo, cercò di superare Sebastian per picchiare il biondino. Ma Sebastian era deciso a farlo calmare. « Sono già stanco di sentirti urlare, Potter. Devo ricordarti che cosa successe l'anno scorso, dopo che piacchiasti il Corvonero che usciva con Lily alla fine della partita? Non giocasti per due partite. Dimmi, vuoi giocarti questa possibilita? Perché è una possibilità bella grossa, amico ». James lo guardò scornato -era la seconda volta quel giorno che lo mettevano al posto suo, anche se questa volta era pianificato- e annuì.
   Scorpius sorrise compiaciuto quando James gli borbottò 'scusa, testa platinata' prima di allontanarsi di gran carriera. Sebastian sospirò sollevato e disse a gli altri, che erano rimasti tutti a guardare: « Ora la partita può riprendere ». Ma Pru  intervenne, furibonda.
    « Quei due fanno parte della mia squadra, Baston. E poi ci stavo già pensando io. Non puoi fare così minando alla mia aut- » cominciò veemente, ma Seb non voleva altre liti, così la interruppe.
    « Volevo semplicemente che non si prendessero a botte nel bel mezzo di una partita! E il mio intervento è stato più efficace del tuo, non credi? ».
    Prudence si infuriò ancora di più, anche se Sebastian aveva cercato di parlare gentilmente.
    « Non parlarmi in quel modo, pseudo-bambolina di pezza » sibilò minacciosa con un dito puntato contro il suo petto. La tensione era alle stelle, molto di più che durante la lite tra James e Scorpius, perché quella poteva essere una cosa all'ordine del giorno.
    « Pseudo-bambolina di pezza? » esclamò, un attimo sconcertato, poi decise di non voler litigare con una ragazza, perché non gli avrebbe fatto onore, « Scusami, Prudence, ma adesso credo che dovremmo smettere di fare pagliacciate e dovremmo giocare questa partita » ribatté, calmo e conciso.
   Helena lo guardò preoccupata e allo stesso tempo felice di come stava gestendo la situazione, anche se con le ragazze era sempre stato più che cavalleresco. Teneva aperte le porte, era gentile e fin troppo premuroso, non lo aveva mai visto urlare contro una ragazza o rispondere a tono. Prudence fece la faccia di una che era stata appena schiaffeggiata senza motivo. Sebastian le voltò le spalle, deciso a continuare il gioco. Ma Pru lo afferrò per una spalla, decisa a continuare quel discorso.
   « Senti, coso, non mi trattare come una bambina facile da maneggiare, perché sinceramente ti rovo un grosso imbecille » e così attaccò una specie di filippica su quanto Sebastian fosse stupido e continuò a parlare per parecchio, prima che Richard Chipper la fermasse, alzandosi in volo su una vecchia Nimbus Duemila. Era uno spettacolo singolare e anche piuttosto strano da vedere, molti si chiedevano se la scopa avrebbe retto. Chipper si infilò tra i due litiganti e li spedì a terra. Aveva comunicato loro di aver preso una decisione. L'aria era talmente densa che si poteva tagliare con un coltellino per il burro; Sebastian aveva pensato con scoramento che il punteggio era molto a suo sfavore e che molto difficilmente avrebbe avuto quel roulo, sarebbe rimasto in squadra come un semplice Cacciatore. Chipper scambiò una parola con i suoi colleghi e tornò a rivolgersi a loro.
   « Sono molto soddisfatto di questa prova, che ha detto degli esiti positivi e assolutamente magnifici, » tutti lo guardarono increduli, perché aveva appena detto un'idiozia, « e credo che sia ora di dirvi che la squadra di Hogwarts ha finalmente un Capitano, che credo sia una scelta eccellente. Ha condotto bene la sua squadra, ha grinta, ma sa anche detenere le redini di una disputa, sia tra due suoi compagni e amici, sia tra il proprio avversario. Uno dei più importanti requisiti di un Capitano è essere sempre pacato e ragionevole, un perfetto Capitano deve saper vincere, ma anche perdere. E deve saper incassare insulti o critiche o qualunque cosa gli venga rivolta. Un buon Capitano per Hogwarts sarà certamente » fece una pausa per creare suspense, « il nostro amico Sebastian Baston. Forza, un applauso, gente! »
   Gran movimento diviso tra gioia e delusione si mosse tra gli spalti.





21 ottobre 2022, 17:07
Hogwarts

Albus stava giocherellando con il gufo di famiglia, indeciso se incorniciare la lettera appena ricevuta o semplicemente dare da mangiare al piccolo gufetto come ringraziamento. Infilò una mano in tasca e ne estrasse un cracker malconcio e probabilmente ammuffito. Con uno sbuffo, guardò il gufo volare via indignato, ovviamente certo che volesse avvelenarlo. Al ridacchiò grattandosi la nuca. Era solo, seduto lontano dalle cacche dei gufi della Guferia. Dopo un po' si alzò e iniziò a scendere la moltitudine di scalini, poi udì dei passi affrettati raggiungerlo. Una ragazza sbucò all'improvviso dallo scalino su cui stava per posare un piede e quasi caddero entrambi. Sarebbe stato un gran bel volo se non avessero avuto un buon equilibrio. Al si guardò confusamente intorno, la ragazza era praticamente sparita. Sentì una specie di gemito e guardò in basso. Kate era inginocchiata sullo scalino e tastava nervosamente tutto ciò che poteva.
   « K-kate, cosa stai facendo? » chiese Al, sentendo che da un momento all'altro sarebbe scoppiato in una grassa risata e anche che sarebbe stato davvero poco carino, così frenò lingua, respiro e tutto ciò che riusciva a controllare.
   « Sto cercando una dannata lenta a contatto! Forza, aiutami! » sbottò la Tassorosso, gesticolando e mettendo in evidenza la sua irritabilità.
   Beh, farla irritare è semplice come bere un bicchier d'acqua. pensò Al con un ghigno, inginocchiandosi accanto a lei e fingendo di cercare. In realtà la stava guardando ed era uno spettacolo esilarante. Kate si stava mordicchiando il labbro inferiore ed aveva le narici dilatate e lo sguardo da disperata. Era anche terribilmente tenera.
   « Se non la trovi cosa succede? » le chiese, con una punta di divertimento acuto nella voce che lei però non colse, fortunatamente per lui. Farla irritare ancora di più non avrebbe avuto esiti positivi.
   « Mi butto nel Lago Nero sperando di affogare il meno dolorosamente possibile » ribatté velocemente Kate, cercando su gli altri scalini più in basso.
   « Oh, certo » disse stupito, mettendosi a cercare sul serio. Nel mentre, Kate si passò una mano nei capelli e infilò la mano nella borsa, afferrando il paio di occhiali che andavano alla deriva tra libri e piume (sì, non aveva gran cura delle sue cose in giornate storte come quella) e liberandosi dell'altra lentina prima di indossarli. Albus notò che gli donavano, ma l'attimo dopo entrambi cercavano con particolare attenzione. Un silenzio tutt'altro che spiacevole s'interpose tra loro mentre le mani scandagliavano ogni centimetro cubo delle scale della Guferia. Katherine sembrava che stesse per avere una crisi di nervi, Al, invece, si divertiva un mondo a guardare le espressioni buffe che si dipingevano a intervalli regolari sul volto dell'altra, così che lui sapeva sempre quando guardare. Faceva sempre attenzione a non farsi beccare, anche se spesso capiva che pure lei lo osservava per qualche secondo e ogni volta sentiva di doversi attribuire un piccolo trionfo. Intanto, sembrava che sulle scale ci fosse solo polvere.
   Sporca. Odiosa. Polvere.
   Dopo quasi un quarto d'ora, Al avrebbe voluto tanto trovare quella stupida lentina alla svelta, perché non ne poteva più. Un paio di volte, pensò che magari se ne sarebbe potuto andare; poi gli veniva in mente l'immagine di Kate, tutta sola, ancora alla ricerca, e allora scansionava le scale, deciso. Altri cinque minuti dopo, il ragazzo emise un urletto di gioia.
   « Trovata, trovata! ».
   Kate scattò in avanti, salendo i gradini due alla volta, sospirò di sollievo, per poi togliergliela subito dalle mani. Dopo essersi assicurata che la lente fosse nel suo apposito contenitore insieme all'altra, si lasciò ricadere sullo scalino e guardò il cielo con aria depressa. L'altro le si affiancò e non le staccò gli occhi di dosso.
   « Sai, esiste una certa parolina, una piccola piccola, che dentro di sé ha molto. Ed è grazie, ma se tu non vuoi usarla, fa' come ti pare » borbottò Albus, ma lei lo stava inconsciamente ignorando. E sì, lui si stava indignando a morte. Si sporse leggermente e agitò una mano davanti agli occhi di Katherine, che sobbalzò e si voltò verso di lui con un cipiglio che la diceva lunga. Al ghignò e le rivolse un'occhiata canzonatoria, con una faccia che lei giudicò da schiaffi.
   « Sei proprio una ragazza ingrata, eh? Oh, non preoccuparti, non ti serberò rancore per tanto. Solo un annetto o due » disse, completamente delirante, mentre pensava velocemente. Era la sua prima occasione per parlarle a quattr'occhi dopo tanto tempo, doveva assolutamente sfruttarla e non fare l'idiota. Che era ciò che stava facendo, ma son dettagli. Rifletté velocemente, mentre Kate lo guardava come se fosse impazzito. Si mordicchiò l'unghia del pollice e passò a raccontarle la sua giornata con voce trepidante e fin troppo veloce, e lei si disse che sì, quel ragazzo era davvero uscito di testa. Parlava così veloce che Katherine si perse un paio di volte e, a quella che capì fosse solo la metà di quel discorso insensato, lo interruppe.
   « Sembri un pazzo assatanato, te lo hanno mai detto? » disse, il mento sul palmo della mano e le sopracciglia inarcate in un espressione che voleva dire 'mi stai sfinendo'. Albus boccheggiò e mise su uno dei suoi adorabili bronci, la mente che non riusciva ad escogitare nulla che potesse sembrargli sensato. Era decisamente andato in tilt. Kate sospirò, felice che avesse finalmente chiuso la bocca, e si lasciò andare ad un sorrisetto. Era stata una giornata strana e più volte aveva avuto voglia di ammazzare qualcuno, ma starsene lì seduta al fianco di Albus le sembrava la cosa più semplice del mondo. Finalmente, dopo una gran brutta mattinata e l'inizio di un pomeriggio che non prometteva d'esser migliore, era seduta e calma, come se niente fosse. Al che, il Serpeverde si decise finalmente a parlare di nuovo.
   « Senti, se passiamo un altro minuto in silenzio mi scoppierà la testa. Forza, raccontami cosa, oltre me, ti ha rallegrato la giornata » disse Albus.
   « Veramente, oggi niente mi ha rallegrato la giornata. Tantomeno tu. Anzi, tu proprio no » rispose Kate, scocciata e anche leggermente isterica. Al inarcò le sopracciglia, offeso e anche incuriosito, e le chiese: « E perché, di grazia? ». La ragazza arrossì vagamente e tentennò; chiaramente non voleva dare risposta alla domanda e lui cercò di cavargliela in tutti i modi, ma alla fine riuscì solo ad ottenere che lei si alzasse dichiarando di avere quaranta quesiti di Aritmanzia da fare, benché fosse consapevole che Albus sapesse benissimo che lei non seguiva Aritmanzia. Ma Albus, testardo, propose di accompagnarla e a lei non restò altro che accettare. Si incamminarono in silenzio, poi il Serpeverde tornò a farle quell'unica domanda. Kate si esasperò a tal punto che decise di rispondere alla domanda, ma omettendo un piccolo particolare (che ovviamente riguardava proprio lui).
   « Beh, Rose e Molly volevano per forza farmi fare una cosa che io assolutamente non volevo, e non voglio tutt'ora, fare. Sono proprio testarde, mi hanno tormentato finché non me ne sono andata via. Anzi, neanche allora: mi hanno anche mandato gufi per tutto il pranzo » disse Kate, irritata ancora al ricordo.
   « Davvero? Ma... E che diavolo volevano farti fare? Uccidere qualcuno? » fece Albus sghignazzando e immaginando le cugine punzecchiare la povera Kate fino a farla impazzire.
   « Magari... » borbottò Katherine, grattandosi la nuca distrattamente.
   « Dai, dimmi cosa ti hanno chiesto » la supplicò l'altro e lei gli lanciò un'occhiataccia.
   « Hai usato il loro stesso tono di voce. Ecco perché adesso ti mollo, qui, tutto solo. Ciao, eh » ribatté scontrosamente la ragazza, accelerando il passo con la tracolla ben posizionata sulla spalla e la schiena dritta. Albus alzò gli occhi al cielo e la raggiunse, chiedendole scusa, ma Kate era talmente orgogliosa che lo ignorò. Sbuffò e le chiese gentilmente di fermarsi.
   « Kate, dai, non fare la permalosa » disse poi « Ti ho solo fatto una domanda, dannazione ».
   La Tassorosso si fermò e lo guardò mordendosi il labbro inferiore, poi confessò di botto: « Volevano costringermi a parlare con te. Per... Insoma... Per chiarire, ecco ». Al si irrigidì e confermò la sua sensazione del pomeriggio del giorno precedente, cioè che Rose e Molly stessero complottando alle sue spalle. In quel caso, anche alle spalle di Kate.
   « Oh. Beh, credo che non siano affari loro, no? » sbottò e lei annuì, abbassando lo sguardo. Al iniziò a sentirsi a disagio e, non sapendo cosa fare, si passò semplicemente una mano tra i capelli.
   « Kate? ».
   « Sì? ».
   « Io... Mi piaci, non penso che- » iniziò il ragazzo, preso da un'improvvisa ventata di coraggio, ma lei non lo lasciò continuare. Si alzò sulla punta di piedi e lo abbracciò. Albus, preso alla sprovvista, affondò le mani nella sua schiena e sprofondò il volto tra i suoi capelli.
   « Kate... » ricominciò, ma lo interruppe ancora.
   « Sta' zitto » gli ordinò, stringendogli le braccia al collo e sentendosi decisamente accaldata.
   « Zitto zitto o...? ».
   « Zitto e basta ».
   Rimasero abbracciati a lungo e Al si chiese se potesse restare così per il resto dei suoi giorni. All'improvviso, sentì una certa impazienza e si scostò un po', poi le accarezzò la guancia e la baciò.




Salve... Sono tornata, sì. Starete pensando 'era ora'.
Forse starete morendo, o forse vorreste uccidermi, io starei dalla vostra parte in quest'ultimo caso. E... il finale del capitolo. Beh, per me è perfetto, muahahahaha. Me ne vado, perché sono distrutta (colpa di un intenso pomeriggio di studio T-T).

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Capitolo 14
*** Capitolo XIII - C'è chi fuma sigarette (e chi fuma di rabbia) ***


Cap. 13 'TGT' È passato più di un mese *schiva i pomodori* quindi è inevitabile:
Riassunto delle puntate precedenti (che figo, ho sempre sognato di scrivere una cosa del gen- *un pomodoro si spiaccica sulla sua faccia, accompagnato da un limone e un'insalata russa*):
Rose e Scorpius sono amici, tra Stuart e Rose c'è stato un periodo di crisi dovuto soprattutto alla squadra di Hogwarts per il Gran Torneo di Quidditch. Sebastian è diventato Capitano della suddetta squadra *applausi* e ha deciso di lasciar perdere Kate. Al e Kate si sono baciati *scrosci di applausi gioiosi*. Dominic, l'undicenne dai capelli arancioni (Rossi! NdDominicCheNonSiRendeContoDell'EvidenzaDeiFatti) di cui voi tutti vi ricordete, è diventato amico dei nostri quattro Serpeverde preferiti. James sta organizzando una festa di Halloween, anche conosciuto come il diciassettesimo compleanno del suo migliore amico Jason.
Il 14 ottobre c'è stato un attentato al nostro caro Ministro Kingsley (sì, era importante, non per niente tra le caratteristiche di questa storia c'è scritto Avventura u.u) in cui sono morti quattro agenti che si occupavano della sua protezione.
Adesso vi lascio al capitolo, decisamente più divertente di alcuni (che ho scritto quando ero una depressa cronica) e più incentrato su quelle quattro canaglie verde-argento.



Capitolo XIII - C'è chi fuma sigarette (e chi fuma di rabbia)




24 ottobre 2022, 10:32
Hogwarts, orto delle zucche


Marcus sapeva bene che in quelle circostanze sarebbe stato meglio a qualche chilometro di distanza e spesso rifletteva sulla possibilità di comprare una maschera antigas, ma non sapeva quali sarebbero state le sue capacità di esternare il suo disappunto con la degna fiumana di parole che la situazione bisognava con quel coso sulla faccia, perciò l'idea era bocciata. Magari avrebbe potuto provare l'Incantesimo Testabolla, ma la durata era un'incognita. In quella mezz'ora aveva già tossito tre volte e nell'aria ristagnava un gran brutto odore, che se gli si infilava su per le narici gli faceva storcere il naso e aumentare la distanza dai suoi due amici. Marcus doveva farli smettere, era per quello che non si dileguava non appena vedeva una sigaretta. Odiava quei cilindretti riempiti di infingarde foglie di tabacco, e il loro odore gli ricordava perennemente casa sua, però mancava quella punta di whiskey che invece in quel arrabattato appartamento era perenne. Ma quello non era il momento per pensare a un odore lontano miglia e miglia, ma piuttosto alle due sottili colonnine di fumo a pochi metri da lui.
  « Certo che voi due siete proprio di compagnia! » osservò il ragazzo rivolto agli altri due, grattandosi il naso con un cipiglio sfatto. Non era nelle sue corde fare l'offeso troppo a lungo e l'espressione truce che era sul suo volto da quando Scorpius lo aveva portato lì stava svanendo fin troppo velocemente. La cosa peggiore di quella circostanza non era esattamente l'odore sgradevole o l'attentato alla sua salute, ma il silenzio profondo che si creava quando quei due rimanevano lì a bearsi di quella schifezza come gli emeriti idioti che erano. Se ne avesse parlato con la signora Potter avrebbe avuto dalla sua una valida alleata. C'era anche la possibilità che Ginny Potter non si limitasse a fare una ramanzina a suo figlio o a togliergli la paghetta, ma che avrebbe dato sfogo al peggio di se stessa. Possibilità che magari non era del tutto da scartare, riflettendoci meglio.
  « Sapete che il fumo invecchia precocemente la pelle? E fa male alle vostre vie respiratorie, e anche a quelle circolatorie. Siete degli incoscienti » proruppe ancora dopo un paio di minuti in cui Al e Scorp lo avevano ignorato e neanche questa volta ci furono esiti positivi. Solo piatto e noioso silenzio e Marcus si sentiva sempre atterrito di fronte all'assenza di rumori.
   Perché diamine non sono rimasto con Zac? Lui almeno qualche cosa anche se acida la dice. pensò con profondo scorno il Serpeverde, tornando a grattarsi il naso.
   « Ehi, la festa di Halloween sarà una gran cosa, non trovate? » chiese annoiato con voce leggermente strascicata, cercando di cavare qualche cosa di più consistente di un grugnito o di una sguardo di sufficienza da quei due. Non ebbe esattamente l'effetto desiderato, perché Scorpius grugnì e Al gli rivolse il suo miglior sguardo di sufficienza velato da un po' di divertimento. Certe volte Marcus sospettava che lo facessero apposta e stavolta ne ebbe la forte certezza, ma conservò il suo famoso e dignitoso ritegno. Si sedette su una zucca particolarmente grossa e fece finta di guardare il cielo, mentre in realtà osservava i suoi amici di sottecchi. Albus e Scorpius si lanciarono uno sguardo consapevole e straordinariamente colpevole, ma non dissero nulla, continuando a fumare. Quando Hagrid non c'era, l'orto delle zucche era il posto perfetto per fumare nella più completa tranquillità, e tutti e tre sapevano che il mezzo-gigante avrebbe consacrato la giornata ai boccali di idromele di Madama Hannah al Tre Manici. Quale occasione migliore? Perciò erano lì, e Al e Scorpius fumavano ancora, mentre Marcus se ne usciva con parate antifumo lunghe e decisamente soporifere, che non sortivano per niente l'effetto voluto. Conscio che continuare sarebbe stato inutile, Marcus arrestò la sua attuale filippica per passarsi una mano tra i capelli e cercare di colmare un silenzio decisamente troppo presente.
   « Ehi, Al, alla festa ci vai con la Tassorosso, per caso? » gli chiese all'improvviso, colto da un lampo di genio: Scorpius non si sarebbe lasciato sfuggire l'occasione di sfottere Al e da lì sarebbe finalmente nata una conversazione. Albus lo guardò stranito e si chiese che cosa avesse in mente e se non fosse meglio che Marcus continuasse a blaterare su quanto le sigarette facessero male alla salute, però decise di rispondere con indifferenza e un semplice 'sì'.
   « È la sua ragazza, con chi altri dovrebbe andarci? » sogghignò Scorpius, meritandosi un'occhiataccia da Al, più per il tono usato che per altro.
    « Lo dici come se avere una ragazza fosse un crimine, e non lo è neanche un po' » rimbeccò Albus, schiacciando la sigaretta sotto il tallone e infilando le mani nelle tasche con nonchalance. Da quando si erano baciati la prima volta quasi non si scollavano più e quella era la prima volta in tre giorni che Al passava un po' del suo prezioso tempo con loro. Scorpius gli fece la linguaccia e si rigirò tra le dita la sigaretta accesa, d'un tratto sovrappensiero.
   « Sarà una festa in costume, come diavolo ci dovremmo vestire? » chiese poi storcendo il naso e infilando la sigaretta tra le labbra prima di prenderne una generosa boccata. La storia dei costumi, appresa il giorno prima a colazione da Albus che portava notizie fresche, non gli era ancora andata giù e non pensava che sarebbe successo presto. Marcus alzò le spalle e poi disse: « Credo che debba essere qualcosa di spaventoso, visto che sarà una festa di Halloween. La tua risposta è nella tua domanda, Scorp. 'Diavolo' » spiegò poi quando il biondo aggrottò la fronte in un'espressione interrogativa. Scorpius si illuminò e si allungò per dargli una pacca sulla spalla.
   « Bella idea, amico! E... Come si veste il diavolo? » chiese, interessato. Marcus boccheggiò, poi si diede in un'alzata di spalle e ribatté: « Problema tuo, non mio ».
   « Mettiti qualcosa di rosso e le corna! » suggerì Albus accendendosi un'altra sigaretta.
   « Corna? » proruppe l'amico, scettico, « E che me ne faccio delle corna? ».
   « Zitto e esegui, sembra una cosa intelligente » contrattaccò Marcus, aggiungendo poi: « Ti ci vorranno anche una coda e un tridente. Rossi, ovviamente ».
    « Ho ancora qualche dubbio sulle corna, però » disse il biondino storcendo la bocca in modo comico. Marcus sospirò e si strinse nelle spalle, in una posa alla 'e a me dovrebbe fregarmene qualcosa?'.
   « Tu con chi ci vai, comunque? » chiese distrattamente Albus, dando un'occhiata al cielo cupo di ottobre.
   Scorpius osservò il suo amico per un attimo, poi disse: « Non lo so ancora, ma penso che inviterò una qualsiasi e poi mi dedicherò alla caccia. Magari invito Emmeline, lei non ha mai troppe pretese, le basterà avermi a braccetto per una mezz'oretta. Se tu fossi stato libero, Al, noi due insieme a Zac ci saremmo beccati tutta la banda di Emmeline, solo che poi Zac avrebbe dato di matto perché gli avremmo affibbiato quella svampita di Eleanor ». Al ridacchiò, ma non aggiunse niente, fumando la sua sigaretta in silenzio.
   « E nessuno si interessa di me? » chiese Marcus con fare offeso, « Anch'io vengo alla festa, eppure nessuno mi ha ancora chiesto con chi vado o che costume indosserò. Forza, fate un po' gli stalker, le attenzioni mi piacciono! ».
   Scorpius disse, ridendo: « Oh, ma noi già sappiamo che alla festa ci andrai da solo, vestito come al solito! ». Marcus scosse la testa, esasperato.
   « E chi ha mai detto che non indosserò costumi? » sbuffò sibillino. Al strabuzzò gli occhi e in attimo era scoppiato a ridere, prendendosi la pancia e asciugandosi gli occhi. L'amico si offese e gli chiese: « Che cazzo ti prende, idiota? ».
   « Tu... T-tu ti travestirai? Tu? Marcus SonoTroppoMiticoPerFareQuelloCheFannoIComuniMortali Lake? » rispose, ancora ridendo come un pazzo e facendo cadere per sbaglio la sigaretta. Marcus gli intrappolò testa con un braccio, sfregandogli la testa con le nocche della mano sinistra.
  « Fatti gli affari tuoi, Potter » urlò strofinando forte e ridendo, « E poi mi hai dato un nome troppo lungo, bastava solo Marcus SonoMitico Lake » aggiunse liberandolo e bacchettandolo con la punta del piede. Albus aveva la faccia rossa e accaldata e un espressione parzialmente omicida, mentre con le mani cercava goffamente di rimettersi a posto i capelli disastrati.
  « E comunque, sì, indosserò un cavolo di costume, perché ho sentito dire che se sei senza costume non ti fanno entrare. Intelligente, tuo fratello, eh? Probabilmente vuole solo fare una foto a una manica di dementi in costume e la festa è una montatura » continuò Marcus cominciando a delirare come suo solito. Amava vedere diabolici complotti dietro ogni cosa e soprattutto amava esternarli ai suoi amici. Ma le sue teorie complottistiche quel giorno non avevano particolare importanza ed erano deliberatamente campate per aria, visto che tutti conoscevano l'attitudine di James Potter a far feste scatenate. Scorpius si accese un'altra sigaretta e il silenzio calò di nuovo sui tre, anche se un paio di volte Marcus cercò di redarguirli ancora sul fumo e 'tutte quelle menate lì' -come disse brevemente al suo terzo tentativo di dissuaderli da quell'insano vizio. Quando il cielo iniziò a inscurirsi e gli argomenti di conversazioni più interessanti erano già stati spremuti (anzi, dissanguati), i tre Serpeverde tornarono al castello, abbastanza soddisfatti dal loro pomeriggio.




27 ottobre 2022, 01:02
Egitto, deserto


Un'alta figura incappucciata si Materializzò a circa un chilometro dalla sua reale meta, nel pieno del deserto che circondava l'isolata Scuola di Magia e Stregoneria di Saharmisr. Imprecando, maledisse mentalmente quell'imbecille che a quanto pare gli aveva dato le coordinate sbagliate.
   Non si può ardire un complotto in pace. Ci deve sempre essere qualche intoppo! pensò alacremente, sfilando la bacchetta dal fodero per accenderla con un flebile 'Lumos' e pensando a quale maledizione infliggergli appena tornato a casa del Capo per fare rapporto. Iniziò a camminare con irritazione, sfregandosi le mani sulle braccia per infondersi calore. A quell'ora nei deserti si gelava, e questo non era da meno. L'aria fredda gli penetrava le ossa, facendogli sbattere i denti. Imprecando ancor più volgarmente, strinse la bacchetta e continuò a farsi luce. L'uomo col cappuccio intravedeva appena lo strabiliante edificio nel buio della notte e, con tutta l'acidità di cui disponeva, sputò qualche insulto pesante a quel coglione che se ne stava al calduccio e al sicuro. Almeno finché l'uomo col cappuccio, in quel momento incazzato nero, non sarebbe tornato. Lì ci sarebbero stati dolori. Quando finalmente raggiunse l'enorme porta a due ante delle alte mure di cinta, emise uno sbuffo di sollievo, poi strofinò la mano sul mantello per riscaldarla un po'. Doveva fare in fretta, non poteva perdere altro tempo. Scommetteva qualsiasi cosa che il Capo in quel momento già scalpitava. Come promesso, il portone era aperto. Entrò di gran carriera, per nulla stupito dall'erba che stava calpestando o degli alberi da frutto che spuntavano qua e là nonostante fosse nel bel mezzo del Sahara. La porta dell'edificio era anch'essa aperta ed egli entrò con cautela. Avendo ben memorizzato la planimetria della scuola, si mosse con sicurezza e in silenzio verso una rampa laterale. Di corsa, salì a due a due i gradini. Svoltò a destra, percorse ancora un paio di corridoi sempre cercando di essere il meno rumoroso possibile e poi si fermò di fronte a una grandiosa porta istoriata e di colore scuro, con un bel pomello d'oro. Con un ghigno, la spalancò.
   Quel maledetto preside doveva essere messo sotto Imperius, era quella la sua missione, e se non l'avesse messa a termine per lui ci sarebbero stati solo guai, come quelli che aveva avuto quel deficiente di Morgan dopo aver fallito l'attentato al Ministro della Magia Inglese. Guai niente affatto piacevoli.




27 ottobre 2022, 19:07
Hogwarts
Sala Comune Serpeverde


« Non ci posso credere! È... è... disgustoso, accidenti! ».
« Meraviglioso! ».
« Spettacolare, mai visto niente del genere. Dovresti metterlo, ti starebbe bene! ».
« Non sapevo ti piacesse violento, Scorp! ».
« Oh, dannazione! » esclamò solamente Scorpius dopo aver scartato il pacco che gli era arrivato proprio quella mattina, « Quei coglioni della Stratchy&Sons mi hanno mandato l'abito sbagliato » aggiunse osservando, completamente allibito, un body da donna rosso fuoco adorno di pizzi neri. Guardando nel pacco, notò altri oggetti piuttosto... imbarazzanti. Al si sporse con un ghigno larghissimo e prese un piccolo frustino.
   « Questo ti servirà, decisamente » sogghignò agitandolo appena. Scorpius lo afferrò e lo nascose subito, rosso in viso, e controllò che nessuno avesse visto.
   « Non sapevo che da Stratchy&Sons si vendessero certi articoli» commentò Zac divertito, prendendo un lembo del rosso e decisamente poco coprente body. Dominic si era dileguato subito, borbottando: « Certe cose uno di undici anni non dovrebbe né vederle né sentirle e nemmeno conoscerle ». Marcus si era piegato in due in una risata silenziosa, indicando prima Scorpius poi l'abitino succinto e poi scuotendo la mano come se si fosse fatto male. Scorpius, inorridito, afferrò un foglio di pergamena e cominciò a scriverci furiosamente sopra, mentre Al sogghignava spudoratamente e Marcus continuava a ridere in silenzio.
   « Sarebbe più efficace una Strillettera... » commentò suo cugino sporgendosi per leggere ciò che suo cugino stava scrivendo, « Non se la dimenticherebbero di certo ».
   Scorpius sbuffò e disse irritato: « Sì, così mi prendono per un ragazzino facile da scandalizzare ».
   « E te ne dovrebbe interessare? Quello che pensano non ha poi tanto peso » ribatté Zac agitando una mano per aria come per scacciare una mosca e scoccando a Marcus un'occhiataccia per la velocità in cui si era spalmato sul pavimento dal ridere. Probabilmente stava immaginando Scorpius con quel coso addosso... Gli scappò una risatina e diede una spallata al cugino, facendogli versare un po' d'inchiostro sul foglio. Poi mimò la tipica voce da Strillettera, più profonda di un'ottava e inevitabilmente comica: « Ma per chi mi avete preso? Per un pervertito? A proposito, ce l'avete un frustino più grande e con più frange, che questo non mi soddisfa? E magari un paio di manette pelose, e rosa, anche. E una mazza ferrata, magari! ». Scorpius gli lanciò un'occhiata di fuoco e sparì nei dormitori portando via baracca e burattini.
   « Si può sapere cos'ha? » indagò Dominic, ricomparso appena l'imbarazzante capo di vestiario era svanito, riferendosi al ragazzo moro disteso sul pavimento a ridere come un matto.
   « Scorpius... vestito... oddio » biascicò a fatica quest'ultimo prima di ricominciare a sganasciarsi, stavolta in modo più rumoroso. Allora Dominic capì e fece un versetto disgustato. Non per niente era un ragazzino intelligente.
   « Io non trovo divertente l'immagine di Scorpius vestito- anzi, no, svestito, visto che quella cosa tutto fa meno che coprire la gente... » borbottò, cominciando poi a divagare per lo shock a cui avevano sottoposto la sua povera anima pura, « E non penso che gli starebbe bene, da quel che ho visto è anche piuttosto piccolo e- Santo cielo, perché sto parlando di certe cose? ». Con un sogghigno, Zac aiutava Marcus a rialzarsi. Quest'ultimo aveva ancora degli attacchi di rideralla che erano più spasmi incontrollati che altro.
   « E non hai visto il frustino, amico » ghignò Al, sprofondando nella poltrona e staccando a morsi la testa alla sua Cioccorana.
   « F-frustino? » esalò, spalancando la bocca in una perfetta 'o', « Ok, me ne vado ». Si alzò, ancora scosso, e uscì dalla Sala Comune con passo pesante e un espressione da martire dipinta sul viso. Alla parola frustino, Marcus aveva immaginato uno Scorpius con il body e una parrucca bionda, in una posa ridicola, mentre agitava un paio di manette rosa in una mano e il frustino nell'altra con espressione provocante, e ricominciò a ridere, stavolta pestando i piedi per terra e scuotendo la testa. Zacharias, intanto, stava iniziando a compatire quel povero ragazzino che aveva avuto la sfortuna di incappare in dei pazzi come loro. Si chiese, poi, perché non stesse con i ragazzini della sua età invece che con quattro adolescenti fatti e finiti, e la risposta gli arrivò quasi subito. Un gruppetto di primini che si stava scambiando le figurine delle Cioccorane iniziò a litigare sul valore della figurina di Severus Piton, e addirittura uno di loro tirò la treccina a una bambina bionda e minuscola, che cominciò a piangere. A parte chiedersi cosa ci facesse una dalla lacrima facile in Serpeverde, si rese subito conto che quelli erano comportamenti troppo infantili, che Dominic non apprezzava affatto. Come se lui non avesse mai sperimentato un litigio per una figurina o non avesse mai giocato a nascondino o robe così. Come se non avesse avuto un'infanzia, a dirla tutta, come se fosse cresciuto troppo in fretta. O come se fosse stato costretto a crescere troppo in fretta. A distoglierlo da questi pensieri infelici fu Marcus, che lo afferrò per il polso e lo tirò a terra con sé, dove iniziò a ululare dal ridere, ancora con la testa su body e parrucche bionde. Albus intanto aveva preso libri e fogli e aveva iniziato a scrivere il finale del tema di Storia della Magia per il giorno dopo, ignorandoli bellamente, anche quando uno Zac furioso aveva cominciato a tirare calci giocosi al suo migliore amico, attirando una piccola folla di primini curiosi e senza minimo buon senso.
   Di certo quei ragazzini sono stati messi qui per sbaglio... Io non mi sarei mai avvicinato tanto a dei sedicenni che si tirano calci. pensò Al guardandoli di sfuggita e poi aprendo il libro e scorrendo il dito sull'indice alla ricerca della Battaglia di Stonehenge del 1870. Picchiettò sulle cifre della pagina e iniziò a sfogliare le pagine.
   172... 185...394... Ecco, pagina 402. Mmmmm... Chissà se Kate ha già fatto questo tema. Magari potrei chiederle come l'ha finito. pensò Albus svogliatamente, lasciandosi poi distrarre dal pensiero della ragazza. In quel periodo si distraeva facilmente, era sempre euforico e in vena di scherzare e non vedeva l'ora di trovarsi con Kate nella Sala d'Ingresso la mattina e andare a correre, fare colazione con lei, accompagnarla alle lezioni e...
   Sì, si è capito: sono cotto marcio.
   Il ragazzo sospirò, poi sorrise beato al ricordo di quell'ora felice all'ombra di un faggio con la Tassorosso. Era talmente preso che non notò neppure il suo migliore amico percorrere la Sala Comune come un fulmine, scavalcando Zac e Marcus aggrovigliati sul pavimento, e sparire dietro la parete.

(5 minuti prima)

Scorpius si era sbattuto la porta del dormitorio vuoto alle spalle e si era buttato sul primo letto a baldacchino sulla destra, riposandosi un po' e buttando le sue cose a terra per non avere impicci. Sbadigliò e intrecciò le dita dietro la nuca, lasciando distendere i muscoli e sonnecchiando un po'. Poi si grattò la testa e si tirò su a sedere, stracciò la lettera macchiata al proprietario del negozio di vestiti e decise semplicemente di rimandar loro la scatola con un bigliettino. Nulla di appariscente e che gli sarebbe costato molto meno tempo.
   Quando ebbe assicurato il biglietto alla scatola con il Magiscotch, uscì nel corridoio con un sacchetto di biscotti gufici e andò velocemente via dalla Sala Comune, scavalcando due ragazzi che assomigliavano terribilmente a suo cugino e il suo amico. Ma non chiese e non controllò, giusto per salvaguardare la sua già precaria salute mentale.
   Camminò per lungo tempo, visto che la sua meta era la torre ovest del castello, lì dov'era la Guferia, e quasi maledisse Hogwarts e tutte le sue scale. Prese un paio di scorciatoie e finalmente ci arrivò. Ispezionò con lo sguardo la stanza circolare fino ad individuare il suo gufo scuro appollaiato su un trespolo vicino alla finestra senza alcun vetro, da cui entrava una brezza gelata. Fischiò ed Horus L'Infame Pennuto planò gentilmente verso di lui, posandosi sulla sua spalla e piantandogli gli artigli nella carne con luccichio sadico negli occhi. Scorpius lo guardò male, poi gli indicò il pacco e disse: « Devi portarlo a quelli della Stratchy&Sons. E non fare storie » aggiunse quando il gufo emise uno stridio contrariato « Vedi di dimostrarti utile, una volta ogni tanto. È colpa loro, non mia, quindi ti do il permesso di morderli e punzecchiarli quanto vuoi ». Horus gli rivolse uno sguardo d'apprezzamento che significava che aveva accettato, e volò via con il pacco. Scorpius sospirò e si massaggiò la spalla dolorante, prima di avvicinarsi alla finestra e guardare il gufo allontanarsi goffamente. Poggiò i gomiti alla base di pietra della finestra e prese una boccata d'aria. Il cielo era cupo anche quella sera e le nuvole promettevano pioggia a catinelle. Rimpianse come non mai di aver rifiutato di andare a vivere in Italia dai nonni, dove di sicuro non avrebbe patito il freddo e non sarebbe stato costretto a guardare come pioveva da una finestra chiusa e appannata. Chiuse gli occhi e inspirò dal naso l'aria umida e gli arrivò una goccia sulla fronte, poi una sul naso e una sulla guancia. Si ritrasse sospirando esasperato.
   Odiava la Scozia. Forse.


Salve. :-)
Mi odiate, lo so, lo so. Ce l'ho fatta, però, alla fine l'importante è questo. Ah, d'ora in poi nelle note chiamerò l'uomo dal cappuccio nel secondo paragrafo Cappuccio-Man, ve l'ho detto così nelle prossime volte non avrete il rischio di confondervi. Le cose iniziano a farsi interessanti, eh? Complotti, di quelli che piacciono a Marcus. :-D Sì, Cappuccio-Man è legato all'attentato a Kingsley, ma abbiate pazienza, tra una ventina di capitoli vi sarà svelato tutto. *me sadica*
Ecco un approfondimento sulle guerre dei Giganti, da cui ho preso quel particolare non importante della Battaglia di Stonehenge. Se vi va, leggetelo, è davvero interessante. :3
Avete notato, tra i pensieri di Al, quel 394 mentre cerca la pagina sulla Battaglia? Bene, è un palese omaggio a Piton. u.u

Notizia ininfluente: cambio nick, i trattini bassi mi stavano sulle palle. Sarò AutumnLeaves98. ^-^
Cià cià.

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