All was well? I would not say - The Great Tournament di AutumnLeaves98 (/viewuser.php?uid=148570)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I - Sorprese e presentazioni 'rinnovate' (con annesse figure di merda) ***
Capitolo 3: *** Capitolo II - Corsette sfortunate (secondo i punti di vista, almeno) e pranzi mooolto lunghi ***
Capitolo 4: *** Capitolo III - Piani di distruzione e poesie d'amore (come far impazzire due Tassorosso in una sola giornata) ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV - Inizi tra tizi e pretendenti invadenti (come convincere le persone che le rime nei titoli sono fighe) ***
Capitolo 6: *** Capitolo V - Buone nuove e nuove pessime (ossia ciò che non vorresti sapere) ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI - Beauxbatons, Durmstrang, Mahoutokoro, Saharmisr, Salem, Sheepwool e Varinhaferoz (ovvero come ignorare i propri personaggi per un intero capitolo) ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII - Hogsmeade e i guai (ciò che Kate più teme) ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII - Selezioni (ahi ahi qui si fan guai) - I parte ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX - Selezioni (ahi ahi qui si fan guai) - II parte ***
Capitolo 11: *** Capitolo X - I 101 modi per evitare una persona ma trovarsi sempre la famiglia tra i piedi (il manuale) ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI - Tentativi di salvare (e, soprattutto, di salvarsi) ***
Capitolo 13: *** Capitolo XII - Potter & Weasley Agenzy (gli organizzatori di Quidditch, matrimoni e feste clandestine) ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIII - C'è chi fuma sigarette (e chi fuma di rabbia) ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo 'TGT'
Prologo
1° Settembre 2022 - 10:46
King's Cross, Londra
Binario 9 e ¾
Due genitori avanzavano
stancamente
tenendosi per mano, mentre i figli spingevano i propri carrelli del
tutto distratti. Entrambi cercavano i propri amici tra la folla. Tutta
la famiglia si preparò ai soliti e ripetitivi saluti
pre-viaggio, sempre settati in modo che non si riuscisse a percepire
che si sarebbero davvero
mancati. Questi tipi di sentimentalismi erano superflui per loro. Il
padre scompigliò i capelli di un alto
quattordicenne augurandogli buon anno
scolastico, mentre la madre si dilungava in raccomandazioni
da chioccia. L'uomo stava dicendo
affettuosamente alla figlia: «E tu... vedi di contribuire
alla vittoria
di
Grifondoro anche quest'anno!».
La madre invece le disse, esasperata: «Beh,
tesoro mio, è inutile dirti di non farti male... Ma almeno
non
romperti troppe ossa!».
Sua figlia scosse la testa e sbuffò fintamente scocciata,
prima
di abbracciare il padre di slancio e dare un bacio sulla guancia alla
mamma. Poi, Hugo e Rose si inoltrarono nel fumo allontanandosi da Ron e
Hermione Weasley.
Rose cercava di
distinguere qualcosa tra le sagome sfocate
nella nebbiolina provocata dalla locomotiva. Cercava
soprattutto dei volti familiari, che non vedeva da davvero troppo
tempo: una
ragazza bruna e piuttosto bassa, una bionda e riccia, un moretto tanto
dolce, un biondino che stava
sempre appiccicato alla sua moretta preferita -ed un po'
rotondetta- e
quest'ultima. Aveva la certezza matematica
che se trovava lui avrebbe trovato anche lei... Non che Don le fosse
visceralmente
antipatico -questo primato era detenuto da un altro
biondo-, ma di certo lo sopportava a stento. Passava ogni secondo con
Kate -Tassorosso del suo anno-, impedendole qualche discorso un po'
più intimo con la sua presenza. Per un
po'
aveva anche pensato che Donald avesse una cotta per Katherine, ma
quello che provava per lei era
più come l'attaccamento morboso di certi bambini alla
propria
mamma. Rose sbuffò a quel pensiero, aguzzando la vista e
portandosi una
ciocca di
capelli rossi e ribelli dietro l'orecchio; per parlare davvero
con Kate doveva inventarsi le scuse più assurde, certe
volte le veniva il forte desiderio di prendere la mazza da Battitrice e
spaccare la testa di quel ragazzo...
che in quel momento le stava sorridendo da un finestrino del treno
facendole segno di raggiungerlo. La Tassorosso era l'unica con cui
riuscisse a
confidarsi sinceramente, perché sapeva che non avrebbe mai
incontrato un suo giudizio ma comprensione accompagnata da un
abbraccio. Certo, la ragazza sapeva anche essere intrattabile, ma
ognuno ha i propri lati positivi e lati negativi.
Rose salì sul
treno con il suo voluminoso baule e arrivò allo
scompartimento
designato. Alla vista dei suoi migliori amici
(più un intruso)
si sentì più leggera; si fiondò
immediatamente al
fianco di
Katherine Page. Questo prima di accorgersi che quella ragazza non
poteva
assolutamente essere Kate... Osservò i capelli
più corti
ma comunque lunghi, il profilo più magro,
l'assenza
degli occhiali che la accompagnavano da sei anni e restò
di
stucco. Non la vedeva da una quantità indecente di mesi, ma
la
trasformazione era inaspettata. Katherine rispose con un'occhiata
curiosa e perplessa, Rose
fece finta di niente e dandosi un po' di contegno
chiese: «Avete
passato bene
le vacanze, ragazzi?».
Ci fu un assenso generale e ognuno
raccontò la propria estate, tutte inesorabilmente piatte e
ripetitive, mentre il treno incominciava il suo arduo viaggio. Chi
aveva conosciuto un bel ragazzo a cui forse piaceva,
chi era andato al
mare, chi era andato fuori dalla Gran Bretagna e chi, come lei, era
rimasto a casa propria e si era girato i pollici non appena aveva
finito i compiti da fare.
All'improvviso la porta
si
aprì e Stuart
Finnigan entrò con al seguito gli amici Ryan Thomas e Henry
Coote, che
erano solo venuti a fare un salutino. Ryan scappò dalla sua
fidanzata, Samantha, e Henry
filò
nel vagone dei Prefetti. Rose sorrise mentre le
sue
orecchie si tinsero impercettibilmente di
rosso. «Ehi, ragazzi!»
salutò
il moretto tanto dolce che Rose aveva cercato prima
con
lo sguardo. Poi il ragazzo posò gli occhi grigi su
di
lei e la salutò con un sorrisone felice. Non si vedevano
dalla
settimana prima, quando per la prima volta si erano baciati -evento
ininfluente, se ci si ferma a riflettere a lungo termine.
«Ehm, Katie...» provò subito il moretto,
tentennando visibilmente e temendo una rispostaccia.
Kate si
alzò con
uno scatto autonomo e indicò a Stuart
il posto. «Siediti e
sta'
zitto»
gli
disse con sguardo malizioso. Stuart
obbedì in silenzio e si infilò nello spazio tra
Rose e
Donald. Katherine si sedette da un'altra parte e Don, che
era stato
viziato fin da quando era un feto, sbuffò scontento. Stuart
e Rose
passarono il resto del viaggio mano nella mano a lanciarsi sguardi e a
ridere con i propri amici. Venne sera e finalmente
arrivarono a destinazione: la cara vecchia Hogwarts. Vedere il posto
che aveva agognato per tutta l'estate le provocò un
istintivo
senso di sollievo e di pace e strinse ancora di più la mano
del
suo nuovissimo ragazzo.
«Muoviamoci, Rosie. Gli altri hanno già
occupato
una carrozza e non voglio stare con i Serpeverde...»
disse
Stuart con una smorfia di disappunto. Il suo cervello, a quella frase,
fece un collegamento piuttosto ardito: Serpeverde - ingiustizie -
cugino - estate senza il conforto dell'unica persona che avrebbe potuto
capirla. Il risultato di questo flusso incessante
fu un'istantanea
sete di sangue secondo i cui istinti l'avrebbero portata a vendicarsi
di
quella maledetta Serpe di Albus Potter, fino a fargli chiedere
pietà con quei suoi occhioni verdi da cucciolo. In quel
momento
decise che era vitale salire sulla carrozza dei Serpeverde...
Trascinò il malcapitato fidanzato nella
carrozza
più vicina, in cui aveva visto salire due ragazzi
che conosceva, preparandosi.
Individuò i posti liberi vicino ad un ragazzo dai
folti capelli neri, che alla sua vista assunse
un'aria terrorizzata.
«Albieee! Come stai, cuginetto adorato?»
esclamò facendosi sentire da tutti e sedendosi
rumorosamente. In pochi secondi l'attenzione era su di loro,
mentre Albus aveva la faccia di
uno che avrebbe pagato oro sonante per scomparire al più
presto.
Rose continuò sempre ad alta voce:
«E come sta zia Ginny? Spero
che abbia tolto dal tuo baule quelle imbarazzanti mutande con i boccini
che ti ostini a portare a Hogwarts ogni anno... Sono le tue mutande
portafortuna, no?».
La ragazza sbatté le ciglia con fare
angelico e dappertutto risuonarono risatine sommesse e frasi derisorie.
Mai far arrabbiare Rose Weasley!
pensò la ragazza prima di tornare alla carica con aneddoti
imbarazzanti circa l'infanzia di Albus, i calzini di Albus, le allergie
di Albus, le stupidaggini di Albus, i capelli di Albus, gli urletti
eccitati di Albus davanti a una ruota panoramica nel Natale dell'anno
scorso... Il giovane Potter sapeva che non poteva zittirla,
perché la rossa avrebbe potuto fare di peggio,
come l'anno prima, in cui aveva
distribuito foto di lui da neonato, nudo come mamma lo aveva fatto, in
seguito ad una litigata sulla vittoria
immeritata
della squadra verde-argento in una partita di Quidditch. In queste cose
Rose si dimostrava né
più
né meno come suo fratello James e ciò lo irritava
a morte,
perciò cercava di farla arrabbiare il meno possibile e di
evitare che certe cose imbarazzanti su di lui arrivassero sulla bocca
di tutti. In quel momento i suoi amici se la ridevano come non mai e
sapeva che avrebbe
dovuto sopportare il nomignolo 'Albie' per il resto dell'anno
scolastico. Scorpius cercava di trattenersi dal scoppiargli a ridere in
faccia per dargli sostegno morale. O forse per non
farsi
vedere mentre rideva ad una battuta di Rose Weasley.
Albus gliene fu comunque grato. Intanto, Zacharias Zabini e Marcus Lake
ridevano di gusto ad ogni parola, incuranti del visibile
imbarazzo del figlio di mezzo dei Potter. Stuart restava in silenzio e
si guardava intorno con disagio
e una punta di disgusto. Al lo conosceva da quando
erano piccoli e allora erano più o meno amici, ma da quando
Hogwarts aveva diviso i corsi delle loro vite a malapena si scambiavano
due parole in croce.
Dio mio,
finirà mai questa tortura?
Albus si chiese
perché la
carrozza ci
mettesse
così tanto e cercò di non pensare alle parole di
sua
cugina che continuavano ad ingombrargli le orecchie. Finalmente si
fermarono e Albus scappò con tutta la sua
velocità e
agilità da
Cercatore-bravissimo-ma-non-in-squadra-per-colpa-del-sistema-corrotto,
dirigendosi verso la calca di studenti che fremeva per entrare nella
Sala Grande. Si scontrò con qualcuno e... ebbe una visione
celestiale! Una ragazza carina - macché, era bella,
stupenda,
magnifica,
una dea! Ok, questo è esagerare - dai
capelli scuri e lisci, con due occhi marroni leggermente a mandorla e
così dolci... la novella Venere gli stava
chiedendo scusa per l'urto. Non riuscì neanche a dire una
parola
che la ragazza venne trascinata via da un ragazzo biondo che gli parve
di avere
già visto da qualche parte, ma gli aveva lanciato poco
più di un'occhiata quindi non ne era sicuro.
Strascicò i
piedi
fino al
tavolo di Serpeverde e si sedette sulla panca con l'aria di un
condannato a morte. Restò in silenzio mentre il professor
Paciock - gli faceva ancora senso chiamare zio Nev in quel modo -
conduceva
gli spauriti primini verso il tavolo delle autorità, in cui
notò i nuovi arrivi tra i dipendenti della scuola: sua
cugina
Victoire, Infermiera tirocinante, con il fidanzato Teddy Lupin,
assistente di Hagrid nel trattare con gli animali. Ormai il vecchio
guardiacaccia era appunto troppo
vecchio ed aveva bisogno di una mano, ma l'assistente precedente, dopo
essere stato ferito da uno dei suoi Schiopodi, si era rifiutato di
continuare. Così, poiché Teddy era
più bravo
con la fauna che con le persone, fu assunto.
Neville
prese uno sgabello e un logoro cappello, che iniziò
a
cantare la filastrocca dell'anno. Il giovane Vicepreside
chiamò uno a uno i
ragazzini per Smistarli. Lanciò uno sguardo distratto ad un
bambino dall'aspetto dolce e dai capelli
arancioni - non potevano essere definiti in nessun altro modo - sedersi
sul piccolo sgabello di legno e infilarsi il Cappello Parlante sulla
testa. Albus si mise la testa sul palmo della mano e si
preparò
ad uno scrosciare di applausi e di calici sbattuti sul tavolo da parte
dei Tassi... Aveva l'aspetto troppo dolce per finire in qualunque altra
Casa! E il Cappello urlò:
«SERPEVERDE!».
Albus guardò
stupito il ragazzino, che si sedette al suo fianco per carenza di
posti. A vederlo meglio, non c'era niente di dolce nel suo sguardo: dei
freddi occhi color ghiaccio lo osservarono sprezzanti.
«Ciao, io sono
Dominic Tanner. E tu?»
iniziò la conversazione il ragazzino.
Aveva modi altezzosi ma garbati, che facevano sentire
l'interlocutore la cosa
più ributtante dell'intero universo. Albus conosceva quella
sensazione dal primo anno, ma aveva imparato a conviverci.
«Mi chiamo
Albus e, sì, è un nome orribile»
rispose porgendogli la mano per stringergliela mentre una
bambina dai boccoli color ebano veniva mandata a Corvonero,
accompagnata da
una cacofonia indistinta di suoni. Dominic Tanner gliela strinse e si
guardò attorno con aria curiosa prima di
chiedergli:
«Il primo
anno è difficile? E secondo te qual è il
professore a cui
devo leccare i piedi?».
Albus ridacchiò -i Serpeverde non sarebbero cambiati mai- e
rispose:
«La
difficoltà è soggettiva e, beh, ti consiglio di
essere estremamente
cortese con
il professor Lumacorno, il Direttore di Serpeverde e insegnante di
Pozioni. Ha anche un suo club privato ed è meglio per te se
ci
entri»
e gli fece l'occhiolino.
Finito lo Smistamento e la cena, la
preside McGranitt si alzò dal suo scranno e diede inizio al
discorso d'inizio anno con tutte gli ammonimenti e le proibizioni.
Albus, che ormai lo conosceva a memoria, non ci diede tanto peso, ma
poi
una frase catturò bruscamente la sua attenzione.
«Quest'anno, Hogwarts
parteciperà a un evento esclusivo e di grande onore.
Quest'anno,
affronteremo le scuole più potenti di questo mondo in un
Grande Torneo!».
Allora,
che ve ne pare? È piuttosto corto però mi
rifarò
con il primo capitolo! Qui abbiamo incontrato, anche se alcuni di
striscio, i
personaggi più importanti che saranno presenti in ogni
capitolo.
Azzardate ogni possibile
ipotesi sull'argomento del Torneo, mi raccomando, perché
questo
Gran Torneo non ha nulla a che fare con il Tremaghi (sì,
è anche una scusa per farvi recensire! XD).
A domani (ma non ci fate l'abitudine! XD) con il primo capitolo,
gente!
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Capitolo 2 *** Capitolo I - Sorprese e presentazioni 'rinnovate' (con annesse figure di merda) ***
Cap 1 'TGT'
Capitolo I -
Sorprese e presentazioni 'rinnovate' (con annesse figure
di merda)
«Quest'anno, Hogwarts
parteciperà a un evento esclusivo e di grande
onore. Quest'anno
affronteremo le scuole più potenti di questo mondo in un
Grande Torneo!».
Un mormorio leggero si diffuse nella Sala e la preside McGranitt,
soddisfatta per averli incuriositi, continuò il discorso.
«Ad agosto ho
ricevuto un
invito ad
un evento riguardante questo Grande
Torneo: un Torneo di Quidditch. Vi parteciperanno altre
sette scuole e partiremo tutti il primo novembre per
l'Egitto, dove si trova la scuola di Magia di Saharmisr, la quale ci
offre una sistemazione del tutto adeguata. Ci saranno delle selezioni
a fine
mese per scegliere i sette giocatori che rappresenteranno Hogwarts e
che, spero, daranno lustro al nostro istituto. Per scegliere i
giocatori
e i capitani giudicheranno degli ex alunni che adesso
guidano la
nazionale o che comunque hanno avuto una carriera spettacolare.
Adesso, miei cari alunni,
vi auguro buonanotte.» concluse e il mormorio
leggero di prima si trasformò in un boato di esclamazioni
eccitate. Albus non aveva più sonno, probabilmente non
avrebbe neanche
dormito quella notte. Doveva assolutamente entrare in squadra!
Così
avrebbe fatto vedere cosa era in grado di fare a quel demente di Flitt,
che aveva osato rifiutarlo per quell'idiota di Darren Nott.
Infatti per colpa di Nott l'anno
scorso abbiamo perso...
S'incamminò
verso il
sotterraneo con Dominic alle calcagna e quando se ne rese conto gli
chiese: «Ehi, marmocchietto! Mi stai seguendo?». Il
ragazzino
storse la
bocca per il nuovo nomignolo e rispose con una strana cadenza annoiata:
«Non so dove siano i sotterranei e la Sala Comune, quindi sto
seguendo
l'unico Serpeverde che mi ispira un po' di fiducia». Aveva un
linguaggio strano per un undicenne, e anche il suo sguardo...
era più adulto, più maturo di quello di un
semplice
bambino. Perciò Al decise che gli stava simpatico e lo
condusse
verso l'alto muro di pietra che era l'entrata per la Sala Comune; disse
la parola d'ordine che gli aveva comunicato Scorpius quel pomeriggio,
salì le scale ed entrò nel suo dormitorio,
lasciando
Dominic al suo destino. Appena chiuse gli occhi sprofondò
nel
sonno più pesante riguardante la ragazza carina -
macché, era bella, stupenda, magnifica, una dea! Ma non
l'hai
già detto? - con cui si era scontrato nella Sala
d'Ingresso.
2 settembre 2022, 7:08
Hogwarts, riva occidentale del
Lago Nero
Katherine Page stava
correndo con uno
strano aggeggio tra le mani e con addosso una tuta larga, decisamente
troppo. Ormai tutto quello che indossava le andava largo: in parole
povere questi erano gli effetti
collaterali (ma ovviamente sperati) della dieta che aveva intrapreso a
maggio. Aveva ancora due abbondanti orette prima dell'inizio delle
lezioni e per allora avrebbe fatto tutti gli esercizi fisici possibili.
Si fermò e si scrocchiò le dita una per una in un
gesto
automatico, si sedette a terra con uno sbuffo e scosse il telefonino
che non voleva saperne di riprodurre decentemente una canzone presente
nella sua memoria. Maledicendo con parole poco gentili ogni
stramaledetto incantesimo protettivo del castello, spense il cellulare
e se lo infilò nella tasca anteriore dei pantaloni della
tuta.
Sbuffò per l'ennesima volta e s'infilò una mano
tra i
capelli prima di legarli in una stretta coda di cavallo, esasperata dal
fatto che non avrebbe sentito una canzone decente nell'arco di mesi.
L'anno scorso si era rotta i timpani con la musica sparata a tutto
volume nelle orecchie appena c'era stata una gita ad Hogsmeade, ma non
sapeva cosa avrebbe potuto fare e cosa no a Saharmisr. Già
il
nome le trasmetteva qualcosa di estremamente rigido.
«Ehi, e tu che ci fai qui?»
Kate sobbalzò piuttosto violentemente e si girò
avendo un
tuffo al cuore. Un Albus Potter in tuta la guardava con
espressione perplessa e stranamente trionfante.
La ragazza rispose piuttosto infastidita e con tono sarcastico:
«Non mi
sembra che questo posto sia tuo. Oppure lo hai comprato ieri e non lo
sapevo? In tal caso ti chiedo scusa». Appena lo disse si
sorprese
della sua sfacciataggine nei confronti di un ragazzo con cui aveva
parlato sì e no sei volte. E per cui era cotta, ma quella
era
solo un minuscolo dettaglio di effimera importanza. Albus
sembrò
divertito e scosse la testa prima di dire: «Siamo nervosette
di prima
mattina, eh? Comunque scusa, non volevo sembrarti scortese»
si sedette
vicino a lei, «È solo che non sono abituato a
vedere altra
gente qui a
quest'ora». Si sentì le guance scottare
atrocemente e
tanto
per fare qualcosa prese il cellulare dalla tasca e lo fissò.
«Non sai che qui non funzionano quegli affari?» le
chiese Al.
«Sì, ma tentar non nuoce, no?»
ribatté
la
moretta. Albus
annuì e si stiracchiò con uno sbadiglio. Poi
parve
riscuotersi e rendersi conto che che era andato lì alle
sette
del mattino per tenersi in allenamento.
«Non dovremmo correre adesso?»
«Perché, la Piovra Gigante ci sta
inseguendo?»
disse
Katherine sollevando il viso al cielo nuvoloso.
«Dai, alzati!» le rispose porgendole la mano e
ridacchiando. Katherine allora scosse la testa con una smorfia
esausta e Albus cedette facilmente risedendosi. Allora la mora si
chiese perché Albus Potter le stesse seduto vicino
aspettandola
per fare una corsetta insieme, quando a stento si erano rivolti la
parola negli anni passati. In quel momento Albus disse: «Ah,
io
sono Al
Potter. Piacere».
«Eh?» esclamò, capendo poco a poco che
il Serpeverde non
l'aveva
riconosciuta.
«Mi sono presentato. Sai, si usa fare
così» disse lui con un
sopracciglio alzato.
«Non quando due persone si conoscono già... Ma
molto
probabilmente tu non ti ricordi di me, vero?» disse allora la
ragazza
riprendendosi e avvertendo un vago senso di delusione.
«Sei quella che ieri ho urtato nella Sala d'Ingresso,
no?».
«Sì, ma... Ecco, io ero anche alla Tana a Natale
l'anno
scorso,
ero anche alla festa di compleanno di Rose il 27 marzo, ero anche nel
tuo scompartimento l'anno scorso e l'anno precedente durante i viaggi a
Hogwarts. Sai, com'è...».
Albus la guardò con occhi spalancati e chiuse e
aprì
la bocca così tante volte e così velocemente che
a Kate
venne una gran voglia di ridere.
«Tu sei, aspetta... Tu sei l'amica di Rose... La
Tassorosso!».
«Risposta esatta, signor Potter. Vediamo se si ricorda anche
il mio
nome, adesso!»
esclamò ridendo la ragazza. E il ragazzo si rese conto di
aver
fatto una figura di merda con una ragazza carina
- macché, era bella, stupenda, magnif... Ok,
Al, questo
è essere ripetitivi-.
2 settembre 2022, 9:49
Hogwarts, Aula di
Incantesimi
Rose Weasley stava prendendo appunti. Fin qui, niente di nuovo. Poi
sbuffò mentre la professoressa Wilkinson continuava a
spiegare
gli Incantesimi Esplosivi e, udite udite, si distrasse. Cosa che mai, a
memoria d'uomo, quella ragazza aveva fatto durante una lezione.
Guardò fuori dalla finestra con un senso infinito di noia
pensando all'estate precedente e ai divertimenti che invece l'estate
appena passata non aveva portato. Per niente. Sentì qualcuno
punzecchiarla con una piuma.
«Ehi, che fai, Rosie? Anche tu ti distrai? E poi chi me li
passa
gli appunti, eh? Fidanzata degenere!» sussurrò
Stuart
seduto al suo fianco.
«Beh, vai da Muse e chiediglieli, no?» rispose la
rossa.
«Lo sai, insomma! Quella biondina Purosangue mi spaventa! Tu
non te ne
rendi conto... Lei è... è... non so neanche
spiegartelo!» mugugnò sotto voce.
«Be', tu che non sai spiegare una cosa è
all'ordine del giorno, tesoro» lo prese in giro Rose.
«Silenzio, là dietro!» ammonì
la
professoressa. La
ragazza chinò il capo sui suoi appunti all'istante, dando
uno
schiaffetto sulla coscia a Stuart e lanciandogli un'occhiataccia. La
lezione finì e ci fu quella successiva, poi l'intervallo e
un'altra lezione prima di pranzo. Rose trovava la
quotidianità
di Hogwarts estremamente rilassante e distensiva, anche se alcuni la
trovavano noiosa e ripetitiva. A pranzo si sedette al tavolo dei
Grifondoro, come al solito, con i suoi amici, come al solito, e
lanciando sguardi al tavolo dei Serpeverde e a quello dei Tassorosso,
come al solito, con un gran sorriso sulle labbra, come al solito.
«Che abbiamo oggi pomeriggio,
Rosie?» chiese Alice Paciock addentando un pezzo di
pane.
«Difesa Contro le Arti Oscure e poi... basta. Abbiamo tutto
il
resto del pomeriggio
libero» rispose lasciando vagare lo sguardo lì
intorno.
Non vedeva l'ora che finisse la settimana scolastica per andare nella
Stanza delle Necessità (che non era andata distrutta come
pensavano in molti) per la consueta riunione del clan Potter-Weasley,
più una ristretta cerchia di conoscenti. Si
stiracchiò e si alzò per andare al tavolo dei
Tassorosso non
appena vide che Donald Dursley era uscito dalla Sala Grande da solo. Si
sedette al fianco di Kate che ostentava un sorrisone tutto denti.
«Ehi, Katie! Perché sorridi
così?» le chiese dandole un pizzicotto sulla
spalla per farsi notare.
«Oh, beh... Sono solo felice!» esclamò
sognante e
gongolante. «Sai, Donald ha detto che così mi
verrà
una paralisi facciale».
«Mi spieghi il motivo per cui hai un sorriso ebete e ti
comporti
come una drogata dopo una dose?» chiese inarcando le
sopracciglia
spazientita.
«Albus» disse l'altra e sembrò che il
sorriso si
ampliò ancora. Rose la guardò incuriosita e le
ordinò: «Raccontami tutto, ora! Prima che arrivi
Dursley,
presto». E Katherine iniziò a parlare, parlare,
parlare e parlare.
Alla fine della settimana, Rose s'incamminò verso il settimo
piano, pensando alle riunioni precedenti, a come aveva preso forma
l'idea di quelle riunioni familiari. Era tutto partito dalla
necessità di avere un punto di ritrovo, dato che non tutti
erano nella stessa Casa, così Louis aveva pensato alla
Stanza delle Necessità. Molti avevano da ridire ma Louis li
aveva messi a tacere e aveva poi confermato che una magia forte come
quella della Stanza non era destinata a morire per un semplicissimo
incendio. Pensò anche alla decisione di James (che aveva
preso da solo, ovviamente) di farlo diventare accessibile anche ai suoi
amici. Pensò a quando Albus era diventato Serpeverde e a
James che non voleva neanche sentirlo nominare, dicendo che
«ha tradito la famiglia ed è diventato un viscido
Serpeverde!» e a quanto era stato infantile. Fortunatamente,
adesso era tutto perfetto: James e Albus avevano fatto pace, tutti
erano felici, lei aveva Stuart... Poi vide Scorpius Malfoy, seduto su
un divanetto al fianco di suo
cugino invece di starsene più lontano da lì,
magari con una delle sue ochette sbavanti, e il palloncino piena di
meravigliosa serenità presente fino ad allora
esplose. E anche piuttosto violentemente.
Ormai non era più una riunione di famiglia, era una specie
di club privato.
Dannato James...
È sempre colpa sua! Doveva per forza avere nostalgia dei
suoi quattro amici cretini! Adesso ci tocca avere Malfoy alle nostre riunioni!
pensò Rose sbuffando e andandosi a sedere il più
lontano dal platinato borioso, ossia vicino a Lily e Dominique, che si
stavano limando le unghie.
Scorpius ghignò e disse: «Ehi, Weasley! Non
si saluta?»
Rose lo ignorò e chiese a Dominique: «Chi manca,
Domi?»
«Che maleducata che sei, Weasley...»
borbottò e Rose ebbe il folle istinto di picchiarlo alla
Babbana, ma continuò ad ignorarlo.
«Jamie, Jass, Frank, Fred, Molly e Lorcan... Probabilmente
stanno
combinando qualche cosa delle loro, e poi mancano anche il tuo ragazzo,
Helena e la tua amica Tassorosso» rispose con tono
strascicato,
presa dall'operazione di rendere le sue unghie perfette.
«Forse Ellie sta aspettando Jam. O più
probabilmente il
mio fratellone ha lasciato agli altri lo scherzo per pomiciare con lei
dietro una statua» s'inserì Lily guardando Rose
con un
ghigno malizioso, che la cugina ricambiò subito. Il tempo
passò silenziosamente e arrivarono Jason Thomas, Fred,
James,
Frank, Molly e Lorcan Scamandro, che ridevano sguaiatamente, mentre
Helena Dunn
riservava loro uno sguardo severo. Avevano appena fatto uno scherzo ad
un folto gruppetto di Serpeverde e a questa notizia Al e Scorpius
storsero la bocca.
«Sai, James... Non dovresti parlare così davanti a
due
Prefetti di Serpeverde. Meriteresti che tolga qualche punto a
Grifondoro...» minacciò Albus con
sguardò incattivito.
«Ci ha già pensato Lumacorno, Albie»
sbuffò
James cascando su una poltrona.
«Non chiamarmi Albie, stupido caprone di un
Grifondoro!»
borbottò Al.
«Preferisci che ti chiami Sevvy?» ghignò
allora il fratello. Albus finse di vomitare.
In quel momento, entrarono di gran carriera Stuart
e Katherine. Albus arrossì e sorrise a quest'ultima.
«Comunque, visto che ci siamo tutti, parliamo del Gran Torneo
di
Quidditch. Chi vorrebbe entrare in squadra?» chiese Roxanne.
Lorcan, Molly, Hugo, Rose, Scorpius, Albus, James, Stuart e
Helena alzarono la mano e si guardarono.
«Bene, quindi, conoscendo il vostro buonsenso,
dovrò
curare parecchie lesioni quest'anno» commentò
Victoire,
l'infermiera tirocinante ad Hogwarts. Teddy, che le sedeva accanto, le
posò una mano sulla spalla e parlò:
«Non entrerete
tutti, ovviamente. La squadra di Hogwarts non può essere
composta da dieci elementi, e credo che al massimo quattro di voi
verranno presi.». Rose era curiosa di sapere qualche altro
particolare sul torneo e aprì la bocca per parlare, ma
Malfoy
la
anticipò.
«Lupin, per caso puoi dirci qualche altra cosa su questo Gran
Torneo?» chiese cortesemente il biondino. Chissà
perché, era stato gentile con tutti tranne che con lei
quella
settimana.
«Beh, dovremo partire per il Sahara, luogo dove si
trova la
scuola ospitante, Saharmisr. La partenza sarà il giorno
dopo Halloween e poi saremo raggiunti dalle altre scuole».
«Che scuole sono?» chiese Lucy.
«Durmstrang, Beauxbatons, Salem Witches' Institute,
Sheepwool,
Varinhaferoz e Mahoutokoro. Le prime due le conoscete di sicuro, almeno
di nome, e le altre... beh, non so nulla di loro, solo dove si
trovano.» concluse Ted, sollevato per aver finito di parlare
e
per il fatto che l'attenzione verso di lui sarebbe presto stata
spostata. Tutto preferiva all'avere una platea di persone che lo
ascoltava. Infatti, James iniziò un racconto dettagliato
dello
scherzo fatto prima e tutti, tranne Al e Scorpius, ridevano
come pazzi.
Così la giornata finì. Naturalmente Rose aveva
notato che Albus aveva lanciato molte occhiate in tralice a
Katherine e non poté non esserne assurdamente soddisfatta.
Quando
poi, alla fine della riunione familiare, l'unico Potter ad aver
ereditato gli occhi della Evans si avvicinò alla
Tassorosso
e si avviarono da soli verso cena, la rossa era euforica -le parve di
aver sentito dire ad Albus qualcosa su Pozioni. Si
incamminò anche lei verso la Sala Grande, mano nella mano
con
Stuart, guardando Malfoy strascicare i piedi davanti a loro,
con una sigaretta in bocca.
Sentiva qualche cosa di diverso nell'aria, un'atmosfera elettrica che
non aveva mai notato tra le mura di Hogwarts. C'era un vento nuovo, che
avrebbe trasportato con sé eventi straordinari, eventi
spaventosi, eventi dolorosi -ma di tutto questo non poteva ancora
saperne nulla. Era solo all'inizio.
Allora, che ne dite: il capitolo è abbastanza lungo? A me
sembra adeguato... E poi è il primo! *sguardo sognante*
Sono fiera di me! Quiiiiindi, in questo capitolo vengono svelati due oscurissimi
(?) misteri: di cosa tratta il Torneo e chi è la ragazza
mora
con cui si scontra Al. Se per caso vi sentite logorroici in questo
momento, una recensionina piena di
sfoghi sulla vostra vita e una sola frase tipo "Questa fic fa cagare"
risolve seeempre tutto!
Alla prossima. ;-D
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Capitolo 3 *** Capitolo II - Corsette sfortunate (secondo i punti di vista, almeno) e pranzi mooolto lunghi ***
Cap. 2 'TGT'
Capitolo II -
Corsette sfortunate (secondo i punti di vista, almeno)
e pranzi mooolto lunghi
9 settembre 2022, 8:29
Hogwarts, Lago Nero
Albus Potter era molto irritato. Mooolto irritato, davvero. Per una
serie di sfortunatissimi eventi, il bel Serpeverde non
era riuscito a passare neanche un minuto da solo con Kate, in quei
sette giorni. Aveva
sperato nelle corsette mattutine, ma Sebastian Baston, Cacciatore e
Capitano del Grifondoro, settimo anno, e inoltre grande amico di Katherine,
aveva deciso di negargli quell'ultima possibilità.
È in atto un
complotto, lo so...
Il ragazzo era alto, abbastanza muscoloso per via di tutti
i duri allenamenti che sosteneva volontariamente, aveva i capelli
castani e anche gli occhi erano di quel colore; portava una tuta blu,
la felpa era aperta e il cappuccio saltellava in continuazione, ad ogni
suo passo. Il ragazzo, e anche gli altri due, ansimava leggermente per
lo sforzo della corsa.
Albus accelerò un poco e sbuffò. Non riusciva a
capacitarsi
della sua sfortuna. Guardò Sebastian e Kate parlare davanti
a
lui
ed ebbe la folle voglia di buttare un certo qualcuno nel lago. Cosa che
mai aveva provato in una qualsiasi situazione. Tra
Sebastian, Donald e Rose, la Tassorosso non riusciva neanche a parlarci con lui.
Doveva assolutamente fare qualcosa. Subito.
«Ehm, ragazzi...» cercò di infilarsi
nella loro
conversazione e di captare qualche parola. Accelerò ancora.
«...ma tu non...»
stava dicendo il Grifondoro.
«Io non ci penso nemmeno, Seb» ribattè
Kate e Albus
sentì con piacere la nota di profonda irritazione nella voce
della ragazza.
«Mmm... Che succede?» chiese Al. Kate
iniziò a rallentare e gli altri con lei.
«Niente che ti interessi, Potter» sbottò
Sebastian, fermandosi del tutto.
Kate gli mollò uno scappellotto particolarmente forte. Albus
se
la stava godendo un mondo.
«Niente, Albus. È solo che Sebastian ha un inutile
ostinazione nel propormi idiozie» disse Katherine tranquilla,
stiracchiandosi.
«Ah, ok...» disse Albus, guardando il
diciassettenne
con un
sorrisetto strafottente che la moretta fortunatamente per lui non
notò.
Sebastian ricambiò con un'occhiata velenosa.
Se gli sguardi potessero
uccidere, sarei morto già da un bel po'...
pensò Al umettandosi le labbra.
«Ehi, Kate. Che ore sono?» le chiese, ignorando
l'orologio che aveva al polso. Doveva parlarle, anche per qualche
scemenza, altrimenti sarebbe sempre stato escluso.
E io non voglio questo,
eh no!
Katherine gettò uno sguardo frettoloso all'orologio che le
pendeva dal polso e
borbottò:
«Sono quasi le otto e mezza. È meglio se iniziamo
a
rientrare. Altrimenti facciamo tardi...». E tornarono al
castello.
Albus rivide Kate a pranzo, seduta in mezzo a due fuochi, alias Donald
e Rose.
Si decise a fare una cosa che non aveva mai fatto:
andò, o meglio, sgattaiolò furtivo al tavolo dei
Tassorosso. Si avvicinò a Rose e disse: «In quanto
Prefetto di Serpeverde potrei toglierti dei punti, sai?».
«E per cosa, scusa? Solo perché sto per commettere
un omicidio?» ringhiò la rossa, infuriata per
qualcosa che
Albus non aveva neanche voglia di sapere. Probabilmente era solo una
delle loro abituali scaramucce. L'ultima volta che li aveva visti
litigare era perché Donald sosteneva di dover stare lui
seduto
vicino a Katherine nello scompartimento del vagone e la moretta aveva
sempre dovuto mediare. Ma certe volte la causa scatenante era
così futile che Kate si esasperava e lasciava stare, per
salvaguardare la propria salute mentale.
«No, per essere seduta ad un tavolo che non è
quello della tua Casa» spiegò Albus a suo
beneficio.
«Cosa?! Ma ti sei rimbecillito, Albie?»
sbottò la ragazza sottolineando l'appellativo mostruoso. Il
ragazzo la guardò serio e ingiunse: «Allontanati
da
questo tavolo, Rosie... Lo dico per te, eh!». Rose
era incredula e lo guardava a bocca aperta per qualche secondo, poi,
come una furia, la ragazza si allontanò indignata.
Mmmm, mi sa che devo
prepararmi ad una vendetta in stile Rose Weasley... Ma al
momento quel pensiero lo lasciava indifferente, infatti doveva mettere
in atto una strategia d'attacco.
«Ehm, salve. Senti Donald...» tentò Al,
con in mente un piano per liberarsi anche di Dursley, ignorando i
legami di parentela esattamente come aveva fatto con Rose.
«Che c'è?».
«Uhm, sai che una ragazza molto carina mi ha detto che gli
piaci?» disse Albus, sperando in qualcosa di quasi
impossibile.
In un programma Babbano
alla
televisione ho sentito che essere ottimisti e ripetersi come un mantra
"Ce la posso fare" in testa fa sì che le cose vadano per il
verso giusto... Proviamo, va'. Ce la posso fare, ce la posso fare...
Che cazzata! Era un tentativo disperato, ma forse ce
l'avrebbe fatta.
«Davvero?». Donald non sembrava molto interessato.
«Sì. Mi sembra che si chiamava Susan
Qualcosa...»
disse in tono vago e disinteressato, ricordando una conversazione avuta
con Kate riguardante il giovane Tassorosso. Agguantò un
croissant e lo
addentò. Donald alzò il capo dal piatto e lo
guardò speranzoso.
«Susan Corner?» chiese con un luccichio felice
negli occhi.
«Sì sì, esatto. Dovresti chiederle di
uscire...» suggerì con fare altrettanto
disinteressato.
«Tu credi?» chiese Don insicuro. Non era
esattamente bravo
con le ragazze, una volta lo aveva visto prendersi una granita in
faccia perché aveva sbagliato i complimenti. Ricordava
quella
sera, era andato ad una festa a Ottery St. Catchpole a cui avevano
partecipato tutti i paesani; c'erano un sacco di bancarelle, festoni
colorati e c'erano suoi parenti e amici dappertutto.
«Sì, dovresti farlo adesso. Cogli l'attimo,
no?»
rispose con la certezza di aver ottenuto ciò che voleva.
Oh, sono un genio. E un
attore nato... Mi amo, davvero! pensò mentre
Dursley si alzava annuendo e dirigendosi al tavolo dei Corvonero.
Kate lo guardava stupita e Albus fece spallucce, per poi sedersi.
«Grazie, Al». Lui fece un sorrisone abbagliante e
si
sentì molto soddisfatto di sé.
E poi lei continuò: «Sei davvero molto utile... Mi
hai liberato da ben due
stalker oggi. Ti assumo come bodyguard, ti
va?»
disse la ragazza e Albus colse la palla al
balzo: «Certo. Sono il tuo salvatore. Felice? Oggi
non ti suiciderai per merito mio!».
Katherine ridacchiò e annuì. Mangiarono in
silenzio per un po' e poi Kate gli chiese: «Come mai sei
venuto qui?».
«Boh... Avevo voglia di cambiare. Stare sempre con le stesse
persone fa male» ironizzò «Dovresti
provare anche tu a cambiare compagnia per un po'».
«Hai ragione. Cambiamo compagnia insieme?»
propose
con un sorriso. Albus lo ricambiò apertamente.
9 settembre 2022, ora di
pranzo
Hogwarts, Sala Grande
«Che sta facendo Al? È al tavolo dei Tassorosso!
Cazzo, io lo disconosco...» disse Zac Zabini scuotendo
gravemente la
testa.
Scorpius lo guardò allibito, con la forchetta a mezz'aria, e
chiese: «Cosa? Stai scherzando, vero?».
Zacharias Zabini sbuffò e disse: «Non scherzerei
mai su una cosa del genere. Guarda tu stesso!».
Scorpius allora si girò e scrutò da cima a fondo
il
tavolo dei tassi, dopo qualche secondo individuò il suo
migliore
amico seduto al fianco di una ragazza mora.
Ah, sì. La
Tassorosso! Ecco
perché è lì! Certo che poteva evitare
di farsi
vedere a quel tavolo, eh...
Nonostante i suoi pensieri contrariati a quella situazione, disse,
cercando di rassicurare suo cugino che sembrava in preda a una crisi di
nervi: «È lì solo per quella moretta,
Zac. Sta' tranquillo, non è passato al lato oscuro solo
perché si è seduto con loro!». Marcus
non parlò, si limitò a scuotere la testa
scocciato e anche un filino irritato, come se non gliene importasse
nulla di dove si sedeva Albus -ed in fondo aveva ragione-; aveva una
strana espressione pensierosa.
I due cugini, Scorpius e Zac, commentarono la situazione per un po',
totalmente ignorati dall'altro loro amico Marcus, che al momento
sembrava voler solo starsene in disparte, cosa alquanto strana per uno
come lui. Marcus, capelli castani e bei occhi azzurri, era sempre
felice di far sapere agli altri il suo punto di vista, inoltre non
faceva altro che ammaliare la gente che gli stava intorno, sempre
pronto a ritorcere il suo carisma e la sua perspicacia contro quelli
che non gli andavano a genio.
Zacharias agguantò il primo vassoio che gli
capitò tra le
mani, si servì di porridge con uno sguardo truce
puntato
sulla schina del suo amico e iniziò a mangiare. Scorp, con
un
sopracciglio alzato, gli chiese: «Da quando ti piace il
porridge?». Zac strabuzzò gli occhi e
guardò quella cosa schifosa che non aveva neanche il diritto
di essere chiamato cibo,
tossendo convulsamente.
«Che schifo! Perché non me lo
avete detto?» si lamentò il ragazzo.
«Io l'ho fatto...» disse Scorpius con un sorrisino
alquanto irritante.
«Io, uno Zabini, nobile discendente di un'antica famiglia
italiana di maghi, ho ingurgitato quella schifezza inglese!»
sbottò solennemente.
Marcus e Scorpius si lanciarono uno sguardo scettico e interrogativo.
Da quando è
così teatrale? pensò il biondo,
davvero molto scettico.
«...»
«...»
«Indignatevi pure voi, plebaglia!»
ordinò
Zacharias con tono perentorio. Scorpius e Marcus si scambiarono
un'occhiata e fecero due ghigni identici, prima di prendere un
qualsiasi oggetto da lanciargli addosso. Zacharias restò
impalato
per un secondo, poi iniziò anche lui a lanciare tutto
ciò
che gli capitava per mano: libri, pancetta, cucchiai, fogli di
pergamena...
«A chi hai detto plebaglia, eh?» urlò
Marcus mentre tutti si giravano a guardare quello spettacolino.
«Basta, basta!» supplicò Zac quando
restò a corto di cose da lanciare.
«Ehilà, ragazzi! Cosa succede?» chiese
cortesemente
il professor Lumacorno che si avvicinava furtivamente al loro tavolo.
Il professore, invece di andarsene in pensione, aveva deciso alla fine
delle vacanze estive di rimanere a rompere le Pluffe agli studenti
ancora per un po'.
«Ehm, niente, professore. Solo un'innocua battaglia tra
amici» rispose Marcus togliendosi una foglia di lattuga dai
capelli.
«Ah, Marcus, mio caro giovane amico! Se fossi in voi mi
starei avviando a lezione adesso. Sapete com'è,
meglio in
anticipo che in ritardo!» e detto questo fece loro
l'occhiolino,
con l'implicito ammonimento di non fare guai, perché lui di
sicuro non voleva togliere punti a Serpeverde per colpa dei suoi
pupilli. Sorrise facendo tremare gli argentei baffoni da tricheco e i
tre amici
ghignarono mettendo i libri nella borsa. Marcus sistemò il
caos
che avevano provocato con un solo sventolio della bacchetta e Scorpius
si stiracchiò.
«Che ne dite, ci avviamo?» chiese il biondino.
«Naah!» fece Marcus, scuotendo la testa. Nel giro
di un minuto era
tornato ad
avere l'aria pensierosa e Scorpius all'improvviso si ricordò
una
cosa.
«Ehi, ehm, Marcus...» tentennò, non
sapendo se
l'amico avrebbe interpretato la domanda come un invasione nella sua
vita privata. L'altro rispose con un verso che gli comunicò
che
lo
stava
ascoltando. Scorpius abbassò la voce e gli si
avvicinò un
poco.
«Come vanno le cose a casa tua?» chiese allora. Era
una
cosa delicata per Marcus l'argomento famiglia, forse perché
non
si poteva nemmeno chiamare tale. Con un fratello drogato ed una mamma
sempre
mezza ubriaca, il ragazzo era sempre turbato. Non si poteva certo dire
che era felice di tornarsene a casa, per questo passava più
tempo possibile ad Hogwarts e i suoi tre amici gli avevano sempre
tenuto compagnia.
«Come al solito» rispose a basso tono Marcus. La
conversazione si chiuse lì e Zac, Scorpius e Marcus rimasero
in
silenzio, stavolta carico di preoccupazione.
Rose si sedette al tavolo di Grifondoro con un sbuffo
indignato e
prese
la mano di Stuart per intrecciarla alla sua. Il ragazzo si sporse e le
lasciò un bacio a fior di labbra, prima di chiedere
sornione:
«Come mai già qui?». E sorrise, anzi
ghignò.
Rose gli fece la linguaccia, in modo piuttosto infantile. Si comportava
come una bambina quando la innervosivano; una volta, durante una
partita a Quidditch alla Tana, aveva disarcionato dalla scopa suo
cugino James perché lui aveva insultato il suo cantante
preferito. E non si poteva dimenticare tutte le piccole, grandi e
infantili vendette a atto di poveri sfortunati che avevano osato farle
qualcosa. La sua vittima preferita era Albus, seguito poi da Stuart,
Donald, Malfoy e infine da Emmeline Nott. Quest'ultima era
un'alunna di Serpeverde del suo stesso anno, oca come poche, che faceva
parte di un gruppetto di ragazze anch'esse di Serpeverde, Chloe Burke e
Eleanor Harper; tutte e tre andavano in giro con le gonne accorciate a
sputare sentenze su chiunque emettesse fiato dalla bocca. Rose si
divertiva un mondo con quelle sue vendette; ricordava una volta in cui
aveva fatto scoppiare in faccia a quelle tre,
che poi erano scappate in lacrime, una Mimbulus Mimbletonia "presa in
prestito" dall'ufficio di Neville (poi l'aveva riportata
dallo zio-professore appena in tempo). Le tre Serpeverde
puzzarono
di Puzzalinfa per
un bel po' e Rose ne era rimasta estremamente soddisfatta. Mentre
pensava alle sue geniali bravate, spostò una ciocca di
capelli
rossi dal viso
lentigginoso. I capelli tornarono a caderle davanti agli occhi.
Successe ancora; e ancora. Non poteva fare un minimo movimento che i
ribelli capelli rossi le coprivano gli occhi azzurri e le solleticavano
il naso pieno di lentiggini. Alla sesta volta, Rose sbuffò e
si
posò la cartella sulle gambe, per poi infilarci la mano e
cercare. Alla fine, riuscì ad estrarne un elastico per i
capelli
e li raccolse, attenta a non lasciarsi sfuggire nemmeno una ciocca e
borbottando parole indistinte con le sopracciglia inarcata e il
broncio. In più, al tavolo dei Serpeverde quell'idiota di
Malfoy
aveva allestito uno spettacolo vergognoso con i suoi compari. Quel
biondo impomatato doveva sempre
trovare un modo per essere al centro dell'attenzione, e questo la
irritava a morte. Si sistemò la coda e lanciò uno
sguardo
di fuoco di fronte a lei. Stuart sorrise comprensivo e stava per dire
qualcosa
quando la rumorosa famiglia della rossa irruppe. «Ehi, Rosie,
ho
delle novità sulle selezioni!»
esclamò una voce fra le tante. E la ragazza ebbe occhi solo
per
James.
«... POTTER! Questo è il tavolo dei Tassorosso, se
non te
ne fossi accorto. E dubito che tu possa essere ancora più
stupido di quel che sei, quindi... Che ci fai qui?».
«Sai, Davies, i nostri tavoli sono così
vicini e le persone poco sveglie potrebbero confondersi, quindi... Mia
cara Caposcuola, che
ne dici di tornartene al tuo di tavolo e smetterla di scocciare
me?».
«Trenta punti in meno a Serpeverde».
«Merda...».
Sono
tornataaaaaaa! Spero di non avervi fatto annoiare, ma mi sa che
è una speranza vana... C'è una parte che non mi
convince
molto ma se l'avessi cambiata poi avrei dovuto riscrivere un bel
pezzettone e, be', sinceramente, mi scoccio. XD
Nell'ultimo pezzo c'è la Davies, che non ha un nome per il
momento, e che è la Caposcuola di Tassorosso. L'altro
Caposcuola
è Frank Paciock di Grifondoro, che non è molto
Percyoso
ma leggermente Malandrino.
Au revoir!
|
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Capitolo 4 *** Capitolo III - Piani di distruzione e poesie d'amore (come far impazzire due Tassorosso in una sola giornata) ***
CAP 3 'TGT'
Ed oggi, 22 ottobre 2012,
non potevo non dedicare
questo capitolo
(il mio preferito, poi
;-D)
a te, cuginetto,
che compi gli anni!
Bacioni, Francesco.
Capitolo III -
Piani di distruzione e poesie d'amore (come
far impazzire due Tassorosso in una sola giornata)
18 settembre 2022, 7:07
Hogwarts, Sala Comune
Tassorosso
«Pitman!».
Un ragazzo alto, capelli castani, occhi grandi e anch'essi castani ma
di una sfumatura più scura,
sbottò quel
nome come un insulto e il ragazzo che gli stava accanto, biondo con
occhi azzurri, gli posò una mano sul braccio per calmarlo.
«Gliela faremo pagare, Martin. Però a
tempo
debito»
gli promise il biondo e subito l'altro si rilassò. Nella
Sala
Comune dei Tassorosso c'era un gran tumulto, i ragazzi correvano qua e
là cercando di fare ordine e alcuni scendevano dalle scale
fissando l'orrendo scempio. La sala rotonda era stata messa a soqquadro
e su tutte le pareti c'era scritto "Tassorosso Merda" con pittura
verde. A terra c'erano migliaia di carta da gioco raffiguranti un cobra
che se venivano toccate facevano comparire dei veri cobra in carne e
ossa, perciò tutti facevano attenzione a non sfiorarle con
il
piede. I Prefetti le facevano sparire poco a poco con qualche sventolio
della bacchetta, frustrati, e tutti gli altri cercavano di cancellare
le scritte
dai muri.
«Sì, Ernie, gliela facciamo vedere noi a
quei
cretini!
Chiederò aiuto a James Potter e i suoi amici...» e
qui
Martin Marshall ghignò «Faremo a quelle Serpi un
bel
regalino di inizio anno, con tanto di fiocco!». Poi si
chinò a raccogliere uno dei cactus ballerini della stanza e
lo
posò sul tavolino color miele guardandolo con dispiacere. La
bella stanza era diventata un porcile, dove il caos regnava sovrano e
Martin e Ernest avrebbero vendicato quell'atto infame. Mai far
arrabbiare un Tassorosso...
Il dipinto di Tosca Tassorosso
sospirò affranta dalla mensola del camino e
ammonì il ragazzo, che non si
era
curato di tener bassa la voce: «Ah, Martin! La vendetta non
serve
a nulla, e tu non devi cacciarti nei guai. Lo dico per te, mio
caro». Anche se era solo un quadro, era piuttosto materna con
i
ragazzi e cercava di essere per tutti una buona amica. Tosca dispensava
buoni consigli a tutti e stava a loro seguirli o no. Martin ed Ernest
si guardarono un po' a disagio e poi il secondo le disse:
«Signora Tosca, se non reagiamo ci tratteranno sempre
così. Per avere un po' di rispetto dobbiamo ripagarli con la
stessa moneta».
«Ma...» tentò ancora il quadro.
«Niente ma, signora Tosca! Dobbiamo far vedere a
quei 'Cobra
Mezzosangue' di
che pasta siamo fatti!» la interruppe Martin piuttosto
bruscamente. La fondatrice di Tassorosso sospirò e scosse la
testa rassegnata, vinta dalla testa dura di quei due. Cobra Mezzosangue
era il nome della banda di Pitman, che era stata così
stupido da
dargliene uno. Ma insomma, chi
da' nomi, addirittura idioti, alla propria banda di bulli? Pitman, a
quanto pareva!
Marshall masticò un: «Ho già
in mente
un bel piano
di distruzione...» e Tosca scosse la testa mentre a Ernie
brillarono gli occhi.
Intanto, dalla porta circolare che conduceva al dormitorio
femminile
usciva Kate con in mano una lettera e sembrava preoccupata. Ma in fondo
chi, in quella stanza, non lo era? Fissò con disgusto il
caos nella sala e si diresse cauta verso Donald, toccando con
i
piedi solo i pezzi di pavimento scoperto. Prese la bacchetta dalla
tasca e fece Evanescere una decina di carte in un colpo solo.
Ripeté l'incantesimo un paio di volte e poi si distrasse da
quel
compito per ascoltare Donald che le parlava concitatamente
dell'affronto subito, del caos e della stronzaggine dei Serpeverde. La
ragazza tornò ad
ignorarlo e a far sparire le carte da gioco dei Cobra
Mezzosangue.
18 settembre 2022, 19:57
Hogwarts, Biblioteca
Albus guardò la pergamena grattandosi la nuca. Era
inutile
pensarci troppo, ormai lo aveva capito: era un fottuto genio. Un
sorriso gli spuntò sulle labbra inconsapevolmente; si
scompigliò i capelli guardando le finte venature
sul tavolo
della biblioteca. Mordicchiò il tappo della penna Babbana
che
usava da sempre e che aveva intelligentemente incantato
affinché
si riempisse d'inchiostro autonomamente a sua ultimazione. Lumacorno
aveva ragione a dire che era un dei più bravi. Certo, non
era un
secchione come sua cugina Lucy, ma era intelligente. Cacchio se era
intelligente! 'Sono i geni Evans, mio caro ragazzo!'
diceva Luma.
Probabile, davvero probabile. E il vecchio Luma non poteva non gioire
alla vista della sua cravatta verde-argento! Si stropicciò
gli
occhi e sbadigliò.
«È ora di chiusura, signor
Potter!»
trillò
Madama Scroll da dietro uno scaffale. La nuova bibliotecaria, al
contrario della Pince, era molto gentile e simpatica e intorno ai
sessanta. Era di altezza media per una donna, bionda, con gli occhi
azzurri.
«Allora ci vediamo domani, Madama»
salutò
cortesemente Albus, alzandosi e uscendo dalla vasta biblioteca
scolastica dopo aver riposti i libri negli scaffali. Albus non era
soltanto un 'fottuto
genio', era anche un 'fottuto figo'. Con i suoi folti e ribelli capelli
neri, gli occhi verde smeraldo da cucciolo, il fisico asciutto e
l'altezza modesta era decisamente affascinante. Almeno così
la
pensava la maggior parte della popolazione femminile hogwartsiana. Non
che a lui piacesse particolarmente sentire le ragazze sospirare al suo
passaggio (quello era James), anche se da un lato era piuttosto
appagante. Però certe volte quel comportamento superficiale
lo infastidiva...
Scorse una chioma scura sparire dietro l'angolo e sorrise accelerando
il passo.
«Ehi!
Ehi, tu, con quel libro in mano! Fermati, dai!»
urlò alla
ragazza che camminava e contemporaneamente leggeva a qualche metro da
lui. La brunetta si girò e lo guardò palesemente
irritata. «Che c'è, Albus?»
chiese tenendo il
segno della pagina con l'indice. Al sbuffò e disse:
«Al.
Non Albus. Al! Capito? O devo chiamarti Katie?». Katherine
inarcò le sopracciglia e si corresse: «Ok, ok! Che
c'è, Al?».
«Mi sento solo. Fammi compagnia»
«È un ordine?»
«No, una proposta. Sta a te se accettarla o
meno»
«Se vengo con te... che facciamo?»
sorrise
Katherine mordendosi l'interno della guancia.
«Boh. Ti va di pensarci dopo?» rispose
porgendole
la mano
con un sorriso ampio e malizioso. Kate la prese con un cenno d'assenso.
«Non portarmi in posti sperduti,
però!»
Albus ghignò da vero Serpeverde e
iniziò a
trascinarla
giù dalle scale. Dopo un po' avevano entrambi il fiatone e
Kate
temeva di avere un principio di infarto.
«Maledizione, Albus! Dove mi stai
portando?»
ansimò la ragazza.
«Te l'ho già detto: Al, non Albus!»
ridacchiò il ragazzo.
«Voi Potter-Weasley siete sempre così,
eh?
Maledetto il
giorno in cui ho conosciuto una ragazzina dai capelli rossi in
biblioteca!» disse Kate accennando al giorno in cui aveva
conosciuto Rose. Era al secondo anno e stava facendo una ricerca sui
vampiri in biblioteca, quando una ragazza si era seduta al suo tavolo,
quello vicino alla finestra dove si vedeva una distesa di prato verde.
Erano rimaste in silenzio per un po' e poi Rose aveva rotto il ghiaccio
con una delle sue battute. Il giorno dopo la rossa si era seduta al suo
fianco alla lezione di Erbologia che Grifondoro e Tassorosso avevano
insieme.
Albus si fermò all'improvviso nella Sala Ingresso,
lasciandosi
travolgere dalla ragazza. Rise sguaiatamente mentre Kate cercava di
mantenersi in equilibrio, rossa in viso. «Le scale di
Hogwarts
sono veramente tante» sussurrò Katherine ansimando
con una
mano sul costato, mentre l'altra stringeva ancora quella di Albus.
«Vero» assentì l'altro
«Andiamo, dai. Stavolta
si cammina». La ragazza sbuffò guardandolo male,
ma si lasciò trascinare comunque.
«Ti ho mai detto quanto la vostra famiglia sia
ingombrante,
invadente, chiassosa e assolutamente magnifica?» disse la
brunetta guardando Hugo Weasley e Lily Potter guardarli
insistentemente; li salutò con la mano mentre Albus li
ignorò indolente.
«E io ti ho mai detto che vorrei sapere qualcosa di
più su
di te?» ribatté Al «Tu sai molte cose di
me, io
invece...»
«Perché, Potter? Ti interesso, per
caso?» chiese Kate con sguardo malizioso.
«Vuoi la verità? Tanto.
Tu mi interessi veramente tanto, Katherine Page»
mormorò Al guidandola verso il prato.
«E tu mi stai prendendo in giro, Albus
Potter»
borbottò Katherine «Dai, Sevvy, dimmi la
verità».
«Sevvy?».
Albus si bloccò inorridito. Kate fece un sorriso innocente e
disse: «È così che ti chiama James, o
sbaglio?»
«Io vorrei scordarmelo... A proposito, hai un
secondo
nome?» chiese riprendendo a camminare. La ragazza fece un
verso
affermativo e rispose: «È Josefina».
«Allora d'ora in poi ti chiamerò
Giusy».
«Cosa?!?». Al scoppiò a ridere
mentre
'Giusy' gli dava uno scappellotto.
«Che leggevi prima?» le chiese
interessato.
«Prévert» disse Kate
distrattamente.
«Ehm... Sarebbe?»
«Poesie d'amore babbane. Roba melensa da diabete.
Di sicuro
non
fa per te» rise Katherine. Albus tese la mano verso il libro
e
chiese: «Posso vedere?». Kate era scettica, ma
glielo
porse. Lui lo aprì a caso e recitò:
«Tre
fiammiferi un dopo l'altro accesi nella notte
Il primo per vedere
intero il volto tuo
Il secondo per vedere
gli occhi tuoi
L'ultimo per vedere la
tua bocca
E l'oscurità
completa per ricordarmi queste immagini
Mentre ti stringo a me
tra le mie braccia.
Sdolcinato
fino all'inverosimile, davvero! Incredibilmente romantico, direbbe
Lily»
Le restituì il libro con una smorfia e la
portò
verso un'alta quercia.
«Lo sai che quella è la mia preferita?
Tra tutte
quelle
che ci sono, hai letto proprio quella...» lo
informò la ragazza mentre si sedevano.
Al fece un sorrisone e Kate quasi si sciolse. Lui aveva un sorriso
meraviglioso, il più bello che avesse mai visto. Era aperto
e
sincero, che al primo sguardo stendeva e al secondo ti faceva venire un
infarto.
«Sai volare?» le chiese poi, indicando il
lontano
campo di
Quidditch. Kate annuì energicamente e disse: «Al
primo
anno ci sono sempre le lezioni, lo sai. Però io
soffro di
vertigini, quindi non prendo in mano un manico di scopa da
allora». La ragazza posò la testa contro l'albero
e si
lasciò accarezzare il viso dall'aria fresca della sera, con
gli
occhi chiusi. Albus continuò a farle domande e lei gli diede
le risposte. Compleanno, genitori, eventuali fratelli o
sorelle, eccetera eccetera. Quando le chiese della sua prima cotta lei
aprì gli occhi e lo guardò. Non se n'era accorta,
ma si
era avvicinato parecchio. Lui si passò la lingua sulle
labbra e
le pose di nuovo la domanda, avvicinandosi ancora un po'.
«La mia... prima...
cotta? Sicuro di volerlo sapere?» fece Kate a disagio. Al
annuì e respirò pesantemente.
La ragazza ridacchiò un po' e disse:
«È
leggermente imbarazzante, parlarne con...»
"te, è molto
difficile parlarne con te"
pensò, ma cambiò parola appena in tempo
«qualcuno, ecco. Avevo tipo dieci anni e nessuno mi ascoltava
seriamente. Da piccola avevo sempre cose e cose di cui parlare e non la
smettevo mai un minuto. Ma non c'era mai nessuno ad ascoltare e
così parlavo da sola o in alternativa con le bambole, con i
gatti, anche con i libri certe volte. E la Magia Involontaria che si ha
da bambini non aiutava per niente. Così presero a chiamarmi
'svitata'. Nessuno voleva mai giocare con me e io mi tenevo in
disparte, sedevo sempre da sola nel banco perché la fortuna
ha
voluto che fossimo dispari. C'erano due bambini veramente
cattivi
che adoravano
alla
follia umiliarmi e farmi piangere. Poi, un giorno si
trasferì in paese un bambino che iniziò a venire
a scuola
con noi. Naturalmente dovette sedersi al mio fianco. Tutti volevano
conoscerlo e magari diventare suo amico e i ragazzini erano
completamente estasiati dal suo ottimo senso dell'umorismo e dagli
sfottò che rivolgeva ai professori. Era davvero coraggioso e
carino. A me diceva solo 'ciao' e poi passava il tempo a fare disegnini
stupidi sul quadernino e io stavo lì a fissarlo di nascosto.
Un
giorno, nel cortile della scuola, quei due bambini di cui ti ho parlato
prima ripreso a insultarmi, visto che nelle settimane precedenti
avevano da fare con il mio nuovo compagno di banco. E allora lui mi
difese, chiese loro perché ce l'avevano con me. Credo che li
picchiò un po', ma io ero già scappata a gambe
levate. Il
giorno dopo capii che mi piaceva tanto, ma qualche settimana dopo sua
madre fu trasferita in un altro distretto di polizia e io non feci in
tempo a dirgli niente».
Il silenziò che seguì quel
racconto fu leggero e anche piuttosto corto, perché
Albus
disse:
«Adesso sei qui e se ti va' di parlare a vuoto ci sono io,
sappilo». Kate sorrise e il ragazzo la abbracciò
con un
sospiro, lasciandola basita. Restituì l'abbraccio con gli
occhi
lucidi e il cuore galoppante, aggrappandosi alla camicia di Al e
assaporando il suo profumo. Passarono così vari minuti e
infine...
«E la tua ultima
cotta?». La frase era uscita spontaneamente, senza che Albus
potesse bloccarla.
Maledizione!
Ma sono
veramente scemo. Come mi è venuto in mente?pensò
il ragazzo mentre scioglieva appena l'abbraccio e la
guardava negli occhi, decisamente un po' troppo vicino. I loro nasi si
sfioravano, le bocche erano decisamente troppo vicine e Katherine
sembrava a disagio.
Ovvio che
è a
disagio! Sono un
terribile impiccione e sto anche invadendo il suo spazio personale. E
se poi non le interesso? pensò
catastrofisticamente Albus. Oh, i drammi adolescenziali! Decisamente da
prendere sul serio.
Kate si morse il labbro inferiore e meditò
seriamente di
mentire, ma poi qualcuno venne a salvarla dalla frase che stava per
pronunciare. Bisogna dare tempo al tempo e quello non era il momento
giusto per le dichiarazioni.
«Kate!» esclamò stupito
Sebastian Baston
da non
più di tre metri da dov'era lei. La ragazza saltò
su e
guardò
l'amico mentre si staccava definitivamente dal ragazzo imbarazzata.
Oh, si
prospetta una
settimana di bronci irritanti! pensò la
Tassorosso, rossa in viso.
Lo sfortunato Serpeverde si lasciò sprofondare nel
divano della
Sala Comune con uno sbuffo, incurante di tutto.
Tutto ciò che lo
circondava, ma proprio tutto tutto, al momento per lui non aveva
importanza. Ciò che voleva era una cosa che, da forte
pacifista
quale si professava, non aveva mai voluto: picchiare selvaggiamente una
persona. E quella persona, che da quel momento in poi era davvero in
pericolo, era ovviamente Sebastian Baston. Il Grifondoro aveva
interrotto un momento importante, quello in cui avrebbe capito le
intenzioni di Kate e...
Dannazione,
eravamo così vicini. Avrei potuto baciarla in qualsiasi
momento. Forse avrei dovuto farlo. si
disperò inutilmente.
Ad un tratto si sentì osservato e si
guardò intorno,
prima di notare una zazzera arancione all'altro estremo del divano.
Alzò un sopracciglio e Dominic lo fissò negli
occhi,
cercando di dissimulare la curiosità. Poi il ragazzino si
avvicinò lentamente sempre guardandolo, l'indice della mano
destra occupato in un libro a tenere il segno. Continuarono a
squadrarsi l'un l'altro per qualche minuto prima che Dominic parlasse.
«Potresti aiutarmi un attimo?» chiese con
la fronte
aggrottata agitando il libro a mo' di spiegazione. Albus, convinto che
l'altro avesse capito e volesse dirgli cose filosofiche ed estremamente
sagge sulla vita per consolarlo, restò un attimo impietrito.
«A dir la verità, non è il
momento» borbottò scocciato.
Son depresso,
io. Non posso sprecare
il tempo ad aiutare un moccioso invece di impiegarlo a struggermi e a
disperarmi come ogni adolescente degno di questo nome fa.
«Appunto» controbatté
l'undicenne cercando di
trasmettergli un messaggio implicito che però l'altro, preso
da
pensieri struggenti, non capiva. Allora Albus, vinto e distrutto, gli
mise una mano sul braccio mentre sporgeva l'altra per prendere il libro.
«Cos'è che non hai capito,
mocciosetto?»
Rose era stesa sul proprio letto e guardava il baldacchino
con aria
assente, pensando a quello che le aveva detto James sul Gran Torneo.
Prima delle selezioni vere e proprie i capitani delle squadre di
Quidditch delle Case avrebbero scelto dei campioni, al massimo quattro,
e poi, insieme a loro, avrebbero partecipato alle selezioni finali,
dove si doveva scegliere chi sarebbe entrato in squadra e chi nelle
riserve. Doveva assolutamente dare il meglio, migliorare la mira e la
forza delle braccia. Era una Battitrice degna di suo zio George ma
doveva comunque essere la più brava. Aveva saputo anche che
alcuni coach delle migliori squadre del mondo in cerca di nuovi talenti
avrebbero assistito alle partite a Saharmisr. Certo, fare la giocatrice
di Quidditch professionista non era la massima aspirazione della sua
vita, ma era brava e tanto bastava.
Devo trovarmi
un modo
per campare, no? E allora, che sia giocatrice di Quidditch o Ministro
della Magia, che cambia?
Sbuffò e si tirò a sedere, pensando di
come
parlare a Baston e se fosse meglio corromperlo o no. Nel mentre, Alice
Paciock entrò nella stanza di fretta e le lanciò
addosso un pacchetto morbido.
«Sebastian Baston ti manda questo, Rosie. E faresti
meglio ad
andare a consolare Stuart. Sai, è depresso perché
crede di non riuscire ad entrare in sq-» iniziò la
ragazza.
«Sì sì, lo so. Sono la sua
ragazza
ricordi?» disse Rose sorridendo e guardando il pacchetto e
tastandolo. Sapeva perfettamente cos'era e questo la rendeva
orgogliosa. Proprio a lei, dannazione! Come non esserne entusiasmata?
Intanto Alice continuava a blaterare cose insensate come suo solito e
lei non le mostrava la minima attenzione. Alice, capelli castani e
fantastici occhi blu incastonati in un visino lentigginoso, era una
ragazza bassina piena di vita, per niente capace di restare in silenzio
per più di un minuto e, anche se al primo acchito poteva
sembrare stupida e superficiale, se la conoscevi era la simpatia fatta
persona.
Rose la cacciò malamente, ma Alice ci era abituata
e quindi
non fece una piega. Scartò il pacchetto morbido e
restò estasiata davanti al portafortuna della squadra di
Grifondoro: la maglia della prima divisa di Roderick Plumpton, trovata
non so dove anni prima da suo cugino Fred. Ogni anno uno della squadra
aveva l'onore di custodirla e se qualcuno la perdeva era morto. Per
questo, la ripose con straordinaria cura nel suo baule e
restò a fissarla come un'idiota per minuti e minuti. Era
questo il costo di essere una fan del Quidditch, dopotutto!
Evvaii!!!
Ce l'ho fatta! *balla la conga*
Ringrazio
il mio fratellone per il suo essere un beta meraviglioso e
ringrazio Angelight (ma quanto ti posso adorare per averla
messa nelle seguite, pucci-puccioso!),
BiBi96, Cerenyse, LalieDalton, lally88, Rose98, Sandyblack 94, Tonks
95, viperas e nimbus97 per aver messo la storia nelle seguite.
Ringrazio
doppiamente missmalfoy 97 per aver anche recensito. :-*
E
adesso passiamo al capitolo. Non ho niente da dire
sulla prima parte, ma sulla seconda qualcosina
sì: era
ovvio che
quei due non si sarebbero baciati, è solo il terzo
capitolo! Credo, però, di dovervi spiegare un paio di cose.
Qui,
il nostro Scorpietto non viene neanche nominato, ma quando me ne sono
accorta per me inserirlo era una sorta di aggiunta superflua ad un
capitolo già di per sé stupendo (che modestia,
eh?), ma
nel prossimo avrà parecchio spazio. Promesso (lo so
perché tanto l'ho già scritto, eh eh)!
Riguardo
Roderick Plumpton ecco
la pagina sulla HP Wikia inglese, era un
giocatore dei Tornados che nel 1921 fece il record inglese della
cattura del Boccino.
Vi saluto. :-*
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Capitolo 5 *** Capitolo IV - Inizi tra tizi e pretendenti invadenti (come convincere le persone che le rime nei titoli sono fighe) ***
Cap. 4 'TGT'
Capitolo IV - Inizi tra tizi e pretendenti invadenti (come convincere le persone che
le rime nei titoli sono fighe)
19 settembre 2022, 9:59
Hogwarts, corridoio del quarto piano
«Ehi, Weasley!» chiamò Scorpius,
facendosi largo fra
gli altri studenti. Rose lo ignorò appena si rese conto che
aveva chiamato lei, tirando avanti e fregandosene mentre l'altro la
raggiungeva.
«Weasley, senti, io...»
«Malfoy, mi stai parlando.
E io non sono tua amica, quindi smettila» lo interruppe la
rossa.
«Oh, certo, signorina Weasley! Ogni suo desiderio
è un
ordine per me» la prese in giro Scorpius, con tanto di
inchino.
Rose sbuffò sonoramente.
«Comunque... Hai visto Albus, per caso?» le chiese
con
gentilezza leggermente sospetta. Ma lei non ci fece molto caso.
«Ma come? Albie non passa tutto il suo tempo con il suo
amichetto
biondo? Stavolta Albie ha scaricato il povero Scorpy, mi sa»
disse Rose scontrosa e Malfoy fece un sorrisino irritante che le
provocò una voglia acuta di schiaffeggiarlo.
«Scorgo una punta di gelosia nella tua voce, Rosie. Non dirmi
che ti dà fastidio che Albus
preferisca me a te,
vero?» la sbeffeggiò il Serpeverde. La rossa
s'irrigidì e disse: «Tu non sai com'è
essere legati
ad una persona e poi vedersela portare via da un momento all'altro.
Quest'estate, per colpa tua, sono rimasta sola. Sai cosa vuol
dire?». Scorpius fece un'espressione contrita e con voce
accalorata disse: «Sei tu che non sai cosa vuol dire,
Weasley. Tu
hai una famiglia enorme che ti ama e tutti quelli a cui vuoi bene
stanno magnificamente. Non puoi essere sola!»
«Non tutti quelli che amo stanno bene, Malfoy. Cinque mesi fa
mio
nonno è morto, non so se lo sai. L'unica persona di cui
avevo
veramente bisogno,
quest'estate, se ne stava con te a discutere di Quidditch»
ribatté la rossa, che sentiva un orrendo
magone in arrivo. Per un attimo l'espressione di Scorpius si
incrinò -davvero non era a conoscenza-, poi tornò
alla
carica.
«Ma smettila di fare la tragica, Weasley! Non ti
mettere a piangere, perché non sono un Grifondoro e quindi
non
m'incanti» le disse glaciale, prima di girarsi e sparire tra
la
folla.
19 settembre 2022, fine pomeriggio
Hogwarts
Martin aveva contattato James Potter la sera stessa dello
scherzo ai Tassorosso. Il moro aveva subito accettato, nulla lo
eccitava quanto la prospettiva di un nuovo scherzo, e gli aveva dato
appuntamento nei dintorni dell'aula di Incantesimi. Martin pregustava
con piacere la faccia inorridita di Peter Pitman e dei suoi stupidi
compari. Non capiva perché Pitman avesse scelto come amici
quei
due babbei di Spungen e Spinks. Il primo era totalmente idiota, un
ritardato cronico, mentre l'altro era troppo occupato a rimirarsi allo
specchio e a vantarsi di quanto fosse figo (almeno così la
pensava Spinks) per accorgersi del mondo che lo circondava.
Immerso nei suoi pensieri, ossia una serie di ingiurie contro i Cobra
Mezzosangue, non si accorse di stare per sbattere con qualcuno.
Comunque, quando si ritrovò con il culo per terra, lo
capì. E rimase terrorizzato alla vista di chi gli stava
davanti.
«Oh, Marshall! Sempre con la testa fra le nuvole, eh? Spero
che tu stessi pensando a me, tesorino»
ghignò il ragazzo moro facendogli l'occhiolino. Oh, quel
ragazzo
lo terrorizzava, davvero. Non perdeva mai l'occasione di provarci con
lui, che, essendo molto
etero, si spaventava come un idiota.
«Ehm, c-ciao Lake. Come te la passi?» chiese sempre
quasi accasciato a terra.
«Una meraviglia, adesso che ci sei tu a rallegrarmi la
giornata!» rispose con il suo miglior tono malizioso. O
peggiore,
a seconda dei punti di vista.
L'altro si stava alzando e gli porse la mano. Martin, pentendosene
all'istante, la prese e Marcus lo alzò di terra con forza e
se
lo buttò praticamente addosso. Un gesto ovviamente
premeditato,
che stronzetto! Le loro facce erano maledettamente vicine e
Martin
si liberò e scappò più in fretta
possibile. La
risata di Marcus si sentì anche a distanza di due corridoi.
Lake non era una Serpe tipo Pitman, a confronto lo trovava addirittura
simpatico, ma il suo perenne corteggiamento verso i suoi confronti lo
inquietava non poco. Ok, tutta la scuola sapeva che Marcus Lake, sesto
anno e grande amico di Scorpius Malfoy, fosse gay, quindi anche Martin
lo sapeva. Il punto era che non capiva perché flirtasse
continuamente con lui, che aveva la ragazza e tutto. Una volta glielo
aveva chiesto e lui gli aveva risposto con un sorriso disarmante e uno
sguardo che avrebbe suscitato invidia nei migliori seduttori del mondo.
«Oh, mi piace giocare a far cambiare sponda agli
etero».
Inutile dire che anche quella volta era scappato con una scusa ben poco
plausibile. Martin amava la sua ragazza, Muse, e adorava il modo in cui
arricciava il naso quando era arrabbiata, il che accadeva spesso. Oh,
era cotto perso, ma ormai se ne era fatto una ragione. Perdendosi nel
pensare a quegli occhi
stupendi
non si accorse di essere arrivato a destinazione. Quando qualcuno lo
afferrò per la maglia e lo portò in uno
sgabuzzino,
pensò a un assalto particolarmente intraprendente da parte
di
Marcus. Però poi si ritrovò nell'ufficio dei
Malandrini,
con tanto di scrivania, accuratamente rimpicciolita e nascosta dietro a
un ammasso di scope. Lorcan Scamandro la riportò alle sue
dimensioni originali e lo spazio là dentro
diminuì in modo
soffocante. I capi indiscussi, James e Jason, erano seduti su comode
poltroncine mentre a lui fu concesso un secchio piccolissimo. Non
commentando in modo acido come avrebbe voluto, li guardò
mettere
sulla scrivania una serie di fogli bianchi.
«Allora, cari Malandrini, il qui presente Martin Marshall ci
ha
presentato un caso piuttosto scandaloso. Noi tutti siamo qui per
mettere in atto 'La Vendetta Dei Tassorosso', come ho deciso di
chiamare il nostro piano. Quando parleremo ci rivolgeremo ad essa
useremo l'acronimo 'L.V.D.T.', coi puntini, mi raccomando»
disse
James con tono solenne e decisamente idiota.
«Fa figo» aggiunse Jason con un cenno di consenso.
Per lui
ciò che 'fa figo' era d'obbligo, per questo aveva una
barbetta
assolutamente superflua e i capelli lunghi.
«Sì, certo. E, vediamo... qualcuno ha qualche
idea? Se
sì, scrivetela sui fogli che vi sta dando il nostro fidato
assistente Frank Paciock. Poi io e Marshall decideremo quale idea
metteremo in pratica» continuò l'avvenente e
giovane
Potter, facendo sentire Martin l'impiegato di un ufficio. Frank
passò i fogli e delle penne e loro iniziarono a scrivere, in
posizione scomoda e per nulla salutare alla loro schiena. Fred Weasley
fece cadere varie volte la penna o il foglio e si dovette piegare
dolorosamente per riuscire ad intercettarli tra piedi di
proprietà ignota e scopettoni. Nel mentre commentava con un
borbottio quasi impercettibile con voce
acida: «Dovremmo cambiare ufficio. Quest'anno glielo
dico a quell'idiota del mio cugino preferito».
Il Tassorosso
era stupito di come sei ragazzi, una scrivania e un sacco di scope
riuscissero a stare tutti ammassati in uno sgabuzzino. Già
si
sentiva mancare l'aria. Appena ebbero finito Frank riprese i fogli e li
dispose ordinatamente davanti a James, che li prese alla rinfusa e si
alzò dicendo: «Bene, adesso mi prenderò
qualche
giorno per leggerli e pensarci un po', poi li passerò a
Marshall
e ne discuteremo noi due la settimana prossima. Capito,
Martin?».
«Sì sì» bofonchiò
il ragazzo non
vedendo l'ora di uscire da lì. I sei ragazzi si dispersero e
Martin assaporò l'aria pulita al crepuscolo.
19 settembre 2022,
qualche minuto prima
Hogwarts, Sala d'Ingresso
Sebastian era nervoso. Per questo si stava torcendo le mani. Sebastian
stava aspettando. Per questo era seduto sul primo scalino delle
scalinata nella Sala d'Ingresso. Sebastian stava pensando. Per questo
aveva un cervello! Intanto gli altri studenti andavano avanti e
indietro, chi gironzolando senza meta e chi con una ben precisa. Il
Grifondoro aveva gli occhi puntati sull'enorme uscio del castello,
pensando a cosa mai potesse dirle.
"Ehi, ciao! Che
coincidenza incontrarci proprio qui!". Ma no! Viviamo nello stesso
posto, è ovvio
incontrarsi per caso. Uhm... "Ciao, Kate! Come stai? Senti, volevo
chiederti se ti andrebbe di uscire con me. E non come amici, voglio un
appuntamento. Uno vero! Con te.". Così va' meglio! E
mentre i minuti passavano lui si proponeva discorsi su discorsi,
cercando di decidersi e di parlare finalmente con lei. Quel che aveva
visto gli aveva fatto capire che doveva muovere il culo e farsi avanti.
Non poteva perderla; non poteva lasciarla a Potter. Quei due erano si
erano quasi baciati e Sebastian non avrebbe potuto sopportare che si
mettessero insieme.
Durante
tutte le sue considerazioni, la ragazza che aspettava
passeggiava sulla riva del lago. Quando si decise a rientrare il sole
stava tramontando e subito vide Sebastian seduto sullo scalino a
girarsi i pollici. Il ragazzo si alzò in fretta,
indolenzito, e
le sorrise. Katherine lo salutò con la mano e fece per
scappare subito, ma l'amico non era intenzionato a lasciarla in pace.
«Ehi, Kate! Hai saltato la cena?» le chiese, tanto
per prendere tempo.
«Sì» rispose atona, cercando un modo di
fuggire
subito. Magari poteva inventarsi una scusa qualsiasi, tipo che doveva
ancora fare un tema di Pozioni per il giorno dopo. Ma Sebastian era un
osso duro.
«E perché?» chiese allora,
così nervoso che sarebbe potuto svenire.
«Non avevo fame... Senti Sebastian, io devo-»
cominciò la ragazza
«Ehm, Kate io volevo dirti una cosa importante. Insomma,
io...» Sebastian si bloccò non sapendo
assolutamente come
continuare. Katherine sfruttò i suoi tentennamenti, non
volendo
ascoltare ciò che avrebbe compromesso la loro amicizia.
«Seb,
ho da fare, davvero! Mi dirai questa cosa un'altra volta»
disse.
O, meglio per me, mai!
pensò scontrosamente, con un espressione tesa. Fece per
andarsene ma Sebastian le prese il braccio e la trattene lì.
«VolevochiedertidivenireadHogsmeadeconme»
sbottò
tutto d'un colpo, senza pause tra le parole. La Tassorosso rimase
impietrita con lo sguardo su un quadro che ritraeva una donna mentre
suonava il violino.
Nella settimana seguente ci sarebbe stata una gita anticipata ad
Hogsmeade, richiesta anche dai negozianti del posto che non volevano
perdere l'occasione di svuotare le tasche agli studenti di Hogwarts e
la preside McGranitt aveva acconsentito con piacere. Dopotutto adorava Hogsmeade.
«Voglio avere un appuntamento vero. Non passare il tempo ad
ascoltare te mentre cerchi di non far litigare Rose e Donald»
continuò Sebastian imperterrito.
«Kate? Hai...hai capito, no?» borbottò
confuso il
ragazzo. Lei chinò la testa e arrossì
impietosamente,
prima di annuire.
«A-allora? Vuoi?» insistette Sebastian.
No, no e poi no!
Kate non sapeva come dirglielo senza ferirlo o senza usare una frase
fatta. Non poteva dirgli "Mi dispiace, Seb. Tu sei un ragazzo
fantastico ma non mi piaci in quel senso. Potremmo sempre restare
amici, no?".
Inoltre aveva paura che le rispondesse di non voler più
essere suo amico. Sarebbe stata troppo dura da sopportare. Aveva una
sola opzione.
«Posso pensarci qualche giorno?»
sussurrò prendendo
una decisione. Ci avrebbe pensato sul serio, niente illusioni.
Sebastian era raggiante, contento che la sua risposta non fosse stata
'no'.
«Grazie! Ci si vede, allora» disse il Grifondoro
lasciandole un timido bacio sulla guancia prima di andarsene.
«Ci si vede» rispose in ritardo Katherine.
Sospirò e vide Albus comparire da solo dalle scale che
portavano
ai sotterranei.
Le sorrise, rosso come un pomodoro. Sembrava che anche lui volesse
parlarle da come la guardò e si avvicinò. La
Tassorosso
ricambiò il sorriso alla svelta e lo salutò con
la mano,
per poi scapparsene su per le scale quasi correndo.
Albus la guardò confuso.
Rose salì l'ultimo scalino ritrovandosi davanti le
gradinate.
Sentiva un rumore di passi, evidentemente qualcuno camminava avanti e
indietro, e ad un tratto quel qualcuno borbottò:
«Stupida...» non sapendo che aggiungere si
fermò un
attimo a pensarci «rossa Weasley, ecco!».
La ragazza in questione decise di non farsi vedere e, con molta
attenzione, si girò, posò il piede sullo scalino
per
scendere... e inciampò, finendo fin troppo rumorosamente col
sedere per terra.
Maledetta vestaglia!
Gemette mentre il qualcuno di prima sbucava fuori e chiedeva
sbalordito: «Tu che ci fai qui?». Rose, alzandosi e
aggiustandosi alla meglio il pigiama, gli rivolse uno sguardo colpevole
e confessò: «Ti ho visto dalla finestra della Sala
Comune
e... ti ho seguito».
«E perché, di grazia?» le
domandò più
stupito di prima. Rose aveva già la risposta pronta:
«Perché
non si può uscire dopo il tramonto, Malfoy, e volevo
togliere
qualche punto a Serpeverde. Sai com'è».
Scorpius sbuffò e le disse: «E io, per te, dovrei
crederci... Non sei un Prefetto! Sono stupito dalla bassa idea
che
hai di me».
«Ok ok. Non sono venuta qui per toglierti qualche punto.
Ecco, tu... sei arrabbiato...»
«Oh, ma che intuizione geniale! Non l'avrei mai detto,
davvero» la interruppe aspro e sarcastico e lei gli
lanciò
un'occhiataccia.
«E... ecco... In realtà non so nemmeno io cosa
sono venuta
a fare!» ammise la ragazza. Scorpius distolse lo sguardo per
puntarlo sul castello e poi si sedette, tirandosi le ginocchia al
petto. Rose si sedette poco distante.
«Andiamo bene, allora» sussurrò il
ragazzo sarcastico, gli occhi
che scrutavano ogni mattone, ogni tegola e ogni finestra del lato del
castello visibile da lì.
«Perché... insomma. Ti ho sentito dire 'stupida
rossa
Weasley' e... Beh. Ci sono molte rosse Weasley, ultimamente,
quindi...» tentennò Rose.
«Sì, mi riferivo a te, e allora?»
sbottò
guardando la luna, mentre una mano in tasca giocava nervosamente con
l'accendino.
«Ecco. Non sono stupida» si lamentò
infantilmente, arricciando il naso per il fastidio.
Scorpius non ce la fece più a tenersi dentro e con voce
cauta disse: «Stamattina mi hai fatto sentire in
colpa»
«Io? Io ho fatto sentire in colpa te?»
ripeté la
ragazza indignata e il biondo si affrettò a correggersi, le
spalle incassate e lo sguardo sempre rivolto in alto.
«No, aspetta. Quello che ti ho detto. Quello che io ho
fatto»
Rose lo fissò interdetta, senza dire una parola,
così che
venne a crearsi il primo vero silenzio senza astio tra i due.
«Ti andrebbe bene se ti chiedessi scusa?» quella
domanda
sbucò all'improvviso dalla bocca della ragazza, senza averla
neanche pensata prima. «Per averti, sai,
seguito».
Malfoy
si girò a guardarla basito prima di darle le spalle
nuovamente e risponderle.
«Certo! Non è da tutti i giorni sentirti chiedere
scusa a qualcuno»
«Ahah. Molto divertente» borbottò Rose.
Rimasero in
silenzio per parecchio, Scorpius nervoso e Rose non sapendo che fare.
«Ehi, Weasley, dove sono le mie scuse?» chiese con
un
sorrisetto strafottente, voltandosi per mostrarglielo. Stranamente quel
sorriso non la infastidì come al solito e la domanda
ricevette
una risposta inaspettata.
«Ah, certo. Scusa, Malfoy. Sono un'idiota»
Scorpius si girò completamente a guardarla negli occhi,
più stupito che mai; i due si studiarono per un po' e alla
fine
il Serpeverde sorrise, in modo genuino e assolutamente innocente. Rose
si stupì quando si ritrovò a sorridere a sua
volta, senza
malizia, senza cattiveria, non era nient'altro che un sorriso.
«Quindi, tu, Rose, mi hai chiesto scusa per la prima volta in
vita tua. Non credevo fosse tanto appagante!» disse il
ragazzo
dopo un po'.
«Non ti ci abituare» ribatté all'istante
l'altra,
per non dargliela vinta. Si strinse le braccia al petto e fece un finto
sguardo altezzoso e Scorpius scoppiò a ridere. Si misero a
parlare come se fossero amici da sempre e piano piano quei cinque
anni e qualcosa di più di odio scomparirono come se
qualcuno li
avesse fatti Evanescere.
«Si può essere più stupidi?!»
ridacchiò Rose, mentre Scorpius le raccontava un episodio
divertente in cui centravano lui, Al e due ragazze spagnole su delle
scope.
«Certo che sì» rispose con un attacco di
ridarella
il Serpeverde. Rose sbuffò e disse: «Era una
domanda
retorica, stupidotto!».
«Oh, lo so!» ribatté allora il ragazzo
ridendo
ancora di più. Passarono così il restò
del tempo,
fino a che Rose non guardò il castello e chiese ancora
ridendo alla battuta dell'(ormai) amico: «Ma che diamine di
ora
è?».
«Ehm, non so, le quattro di mattina?» rispose
Scorpius
cercando di indovinare l'ora.
«Oh, merda» borbottò la Grifondoro e
l'altro la
guardò stralunato per poi chiederle: «Da quando
Rose Santarellina Weasley dice parolacce?»
«Da ora» rispose spicciativa alzandosi e
stiracchiandosi.
«Dobbiamo tornare al castello, Scor... Ehm, Malfoy.
È
tardi e-»
«D'accordo» concordò il ragazzo
alzandosi a sua
volta. Camminando tranquillamente nell'ombra affinché non li
scoprissero, i due tornarono al castello senza dirsi più una
parola. Alla fine i due si salutarono atoni vicino alla scalinata per i
sotterranei.
Il giorno dopo, a Pozioni, Rose, Albus e Scorpius lavorarono allo
stesso tavolo. Con sgomento di Al, i suoi due migliori amici non si
rivolsero le solite frecciatine velenose, anzi, non si parlarono
neanche. Quando lui andò a sciacquare i mestoli, Scorpius
colse
la palla al volo per sporgersi verso la rossa e
dirle: «Quello che è successo ieri non
dovrà
per forza diventare di dominio pubblico, ok?»
Rose si finse offesa e sussurrò scherzosamente:
«Pensi
davvero che potrei dire a qualcuno che ho passato metà notte
a
parlare con te sugli spalti dello stadio di Quidditch? Sono stupita
dalla bassa idea che hai di me»
Scorpius si accorse che lei lo aveva citato, di proposito poi, e
ridacchiò, prima di raddrizzarsi sulla sedia. Poi fu Rose a
sporgersi verso l'altro per balbettare: «Malfoy...
cioè,
Scorpius... Mi fa senso chiamarti così, davvero... Insomma,
volevo chiederti...». E si interruppe con le sopracciglia
aggrottate.
Scorpius sorrise e mormorò: «Sì. Se mi
stai
chiedendo se adesso siamo amici, la mia risposta
è sì, Rosie.»
*cantilena-mode:
on!* Ce l'ho fatta, ce l'ho fatta! Sono qui, gente! :-*
In questo capitolo, come avrete
certamente notato, Scorpy c'è!
E avrete anche notato che non la smetto di finire le frasi con un bel
punto esclamativo! Ok, la smetto... E poi... Quei due pazzerelli sono
diventati amici! *conga* C'è Martin coi Malandrini e la
scioccante rivelzione sull'orientamento sessuale del carissimo (e
fighissimo) Marcus Lake. E c'è Sebastian che ha finalmente
chiesto a Kate di uscire. Sinceramente, voi per chi tifate? Per Seb o
Albie? (So che mi truciderà per averlo chiamato Albie, ma ho
fatto testamento, quindi è tutto a posto! XD)
Alla
prossima.
|
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Capitolo 6 *** Capitolo V - Buone nuove e nuove pessime (ossia ciò che non vorresti sapere) ***
Cap. 5 'TGT'
Capitolo V - Buone nuove e nuove pessime
(ossia ciò che non vorresti sapere)
23 settembre 2022, 8:34
Hogwarts,
Sala Grande
Tutta Hogwarts, professori e preside inclusi, era stupita dal
rapporto di amicizia che era nato e che si stava sviluppando tra Rose
Weasley e Scorpius Malfoy. Il più stupito, ma anche
piuttosto
compiaciuto, era Albus Potter. Il ragazzo non faceva altro che dire:
"Sono anni che cerco di convincere quei due coglioni ad essere amici".
Invece, Stuart parve molto contrariato a questa nuova svolta.
«Ma insomma! È Malfoy! Cioè la persona
che hai
sempre odiato perché è borioso, egocentrico e
completamente ottuso!» sbottò il ragazzo durante
la loro
prima discussione in proposito.
Rose sbuffò e, prima che potesse rispondergli che si era
sbagliata sul biondo, un aereoplanino di carta le sfrecciò
tra i
capelli. Se lo tolse dalla testa e lo lisciò guardandosi
attorno. Lesse:
Riunione d'emergenza.
Stanza delle Necessità, ora
Teddy&Victoire.
P.S.: Solo i Potter-Weasley, nessun'altro!
Si alzò in piedi preoccupata e mollò
lì Stuart
senza una parola. Si diresse in fretta al settimo piano e appena
entrò nella Stanza notò che era l'unica a
mancare.
«Ehi, che succede?» chiese la rossa con il fiatone.
Restò sollevata a vedere tutti i suoi cugini e suo fratello
bene, a ridere e scherzare. Però voleva delle spiegazioni.
«Roooose!» esclamò Dominique euforica
come non mai.
Chissà perché, poi. La bionda si alzò
e la
trascinò sul davanti al divano dove erano seduti Teddy e
Vicky,
quest'ultima sul bracciolo e l'altro che le stava il più
vicino
possibile, mano nella mano.
«Guarda cos'ha al dito mia sorella!» le
ordinò con
voce carica di entusiasmo, le mani sulle sue spalle. Victoire le
sventolò davanti al naso la mano sinistra, al cui anulare
faceva
la sua bella presenza un anello di fidanzamento. Restò
impalata
per un momento ma in quello successivo saltellava e strillava euforica,
abbracciando la cugina con tale foga che quasi caddero a terra tutte e
due.
«Teeeeddy!» esclamò poi, buttandosi ad
abbracciare
lui, che ricambiò con un sorriso che era più
esasperato
che felice. Il che era tutto dire.
Restarono lì una mezz'oretta a parlare di date, luoghi,
vestiti,
regali, figli futuri e partite di Quidditch. Quando Lucy
saltò
su sbottando isterica di essere in ritardo ad Aritmanzia, tutti si
agitarono e si volatilizzarono, mischiandosi tra i corridoi di Hogwarts.
Scorpius era seduto su uno degli scalini alla Guferia, ben nascosto, e
si rigirava una sigaretta tra le dita. Con un sospiro se la
infilò in bocca e scavò nelle tasche per
recuperare quel
dannato accendino. Con un gemito di disapprovazione, concluse che lo
aveva dimenticato nel dormitorio. Si alzò di controvoglia e
salì piano le scale, con l'intenzione di andare a spedire a
sua
madre la lettera che aveva scritto con tanta cura e tanto tempo per
rendere tranquilla colei che l'aveva amato dalla prima volta che l'ha
avuto tra le braccia. Raggiunse il proprio gufo reale, Horus, con
sguardo affranto e tirò fuori la busta e qualche biscottino
per
tenersi buono il suscettibile uccellaccio. Si erano sempre detestati
cordialmente sin dal primo momento che si erano visti. Un odio
viscerale che era costato a Scorpius un sacco di graffi e lividi
dall'età di dodici anni. Gli mollò un biscottino
che
l'odioso essere divorò in un colpo prima di mordergli
dolorosamente un dito a portata di becco. Scorpius saltò su
e si
portò a distanza di sicurezza con il dito sanguinante in
bocca.
Stronzo di un pennuto!
Il Serpeverde sporse un po' la busta, stando attendo ad avere le dita
sul bordo in modo che l'infame non potesse arrivare a lui. Horus
L'Infame Pennuto la afferrò malamente e lanciandogli
un'occhiataccia volò via. Scorpius borbottò
qualcosa di
sconnesso e volgare prima di girarsi e sparire in fretta da quel luogo
pieno di cacche di stupidi volatili. Il ragazzo si diresse di corsa
alla biblioteca e, quando si rese conto di essere in ritardo come suo
solito, si preparò alla ramanzina da mammina in piena crisi
da
'quei giorni del mese'. Oltrepassò l'uscio della biblioteca
con
faccia scocciata e si sedette con un tonfo da infarto. Albus gli
mollò un ceffone sulla nuca e si rimise a studiare senza una
parola.
E io che mi aspettavo
una partaccia di quelle...
Zac lo ignorò e Marcus gli fece un cenno con la mano senza
neanche alzare il viso.
«Che si studia?» chiese ancora più
irritato di prima.
Mi ci vuole una
sigaretta, dannazione.
Il suo migliore amico si limitò ad un'occhiataccia, suo
cugino
continuò ad ignorarlo mentre Marcus alzò appena
il libro
per fargli vedere il titolo. Aritmanzia. Stavano studiando Aritmanzia.
Oh merda.
Emise uno sbuffo ben poco elegante e sbatté la testa contro
il
tavolo. La bibliotecaria, Roll gli sembrava si chiamasse, gli
lanciò un'occhiata inceneritrice prima di tornare a mettere
in
ordine alfabetico lo schedario dei prelievi. Appena fu sicuro che non
lo guardasse sventolò il dito medio nella sua direzione.
«Smettila di fare il coglione e studia»
sbottò
Potterino a cui fu risparmiato lo sguardo incazzato della Roll (o era
Sroll?).
Stupidi favoritismi e
stupide vecchiaccie con la fissa dei libri!
Ignorando l'ordine ben preciso, gli fece il verso e continuò
ad
agitare il dito in modo parecchio infantile, facendogli anche la
linguaccia.
«Bene. La prossima volta che vedrò Astoria,
allora, le
dirò che suo figlio è un ritardato...»
sibilò Occhi-Da-Cebiatta-In-Calore. Lo ignorò e
afferrò la pergamena per poi sporgersi verso Zac e tentare
di
copiare. Tentare, esatto, perché il cugino si
scansò
abilmente e nascose il compito con un braccio.
«Che cugino traditore! Scommetto che Is mi avrebbe fatto
copiare» gli disse con tono falsamente ferito e Zacharias
storse
la bocca a sentir nominare il fratello gemello.
«Sì, ma soltanto perché gli avresti
fatto pena.
Oppure perché lo avresti appeso in testa in giù
dal terzo piano come
l'ultima volta...» ribatté allora con una smorfia
il
Serpeverde. Scorpius afferrò il primo libro che vide e si
mise a
sfogliarlo a caso, cercando di capire qualcosa in tutta quella sequela
scomposta di numeri. Marcus arrotolò la propria pergamena
dopo
averla riletta attentamente e la passò all'amico biondo, che
lo
guardò stupito e poi sorrise prendendola.
«Ah, se solo fossi gay anch'io! Di certo mi innamorerei di
te» scherzò e l'altro fece finta di arrossire
rispondendo
con un ghigno: «Così mi lusinghi».
Scorpius copiò in fretta e, non avendo capito nulla di
quello
che aveva scritto, decise che avrebbe lasciato Aritmanzia al
più
presto. Era passata circa un'oretta quando Al saltò su
violentemente e guardò fuori dalla porta della biblioteca
confuso, per poi alzarsi senza parlare o prendere nulla e correndo via.
«Ma... È impazzito?» borbottò
Marcus.
Intanto Albus correva a perdifiato cercando di raggiungere una persona
e quando inciampò rovinando a terra sentì
qualcuno
ridere. Almeno aveva finalmente attirato la sua attenzione.
Insensibiloni... Ridono
quando un compagno è a terra!
«Al! Ma che... Stai bene?»
Il ragazzo sorrise e si sedette con una mano intorno alla caviglia, che
gli faceva un male cane essendoci praticamente cascato sopra.
Involontariamente fece una smorfia di dolore e la ragazza che lui aveva
rincorso si inginocchiò al suo fianco con aria preoccupata.
«Ti sei fatto male? Sei completamente impazzito per caso?
Perché correvi? Non sai che non si corre nei corridoi?
Allora,
ti sei fatto male sì o no?». Kate sparò
le domande
una dietro l'altra, senza curarsi che lui rispondesse, e sembrava
isterica.
«Stai tranquilla, non è nulla...» la
rassicurò senza sforzo, cercando di alzarsi e fallendo
miseramente. Katherine sbuffò, si alzò e se ne
andò lasciandolo lì con un espressione perplessa
sul
viso. Raccogliendo tutte le sue forze, si alzò su una gamba
e la
seguì zoppicando.
«Chi ti ha detto di seguirmi?» sbottò la
ragazza non
guardando dietro dov'era lui. Il Serpeverde la
guardò
stranito e le prese la mano cercando un equilibrio che non possedeva.
Quasi le cadde addosso, infatti.
«Cosa vuoi, Albus?» chiese la ragazza ritirando la
mano
come se si fosse scottata. L'altro si poggiò contro il muro
e la
caviglia era più dolorante che mai.
«Sono giorni che mi eviti. E non abbiamo ancora parlato di
quello
che è successo nel parco!» rispose con rabbia Al,
cercando
di farle capire che dovevano assolutamente parlarne. Ne andava della
sua salute mentale.
«Io non ti evito. E... Perché, cos'è
successo nel
parco? Niente. Non è successo assolutamente niente,
no?»
chiocciò Kate agitando le mani per aria, inutilmente
intestardita a non voler dire niente di compromettente o a fare
confessioni amorose proprio nel periodo in cui doveva prendere una
decisione.
Sì,
è decisamente isterica.
pensò il Serpeverde guardando lo sguardo dell'altra vagare
lì intorno cercando una via di fuga. Albus la prese per le
spalle per assicurarsi che non scappasse e le
puntò gli occhi addosso. Katherine arrossì e
respirò pesantemente con il capo chino.
«Non ho niente da dirti. Non è successo nulla di
importante al parco. E questo è tutto. Puoi anche lasciarmi
andare» mormorò con gli occhi chiusi e quando
sentì
la presa di Al allentarsi e poi sparire provò solo
un'immensa
tristezza e una gran voglia di darsi della stupida. Katherine
udì i passi affrettati del ragazzo e si
sforzò di ingoiare il groppo che aveva in gola. Non doveva
piangere.
Ci manca solo questo.
Che mi metta a frignare come una povera idiota.
pensò cercando di sviare l'ovvietà,
cioè che lei era davvero una povera idiota.
24 settembre 2022, 19:11
Intorno alle cucine
Sebastian si stava per sedere accanto alle botti accatastate contro il
muro quando la seconda dal basso si aprì per lasciar passare
proprio la ragazza che voleva aspettare e che, appena lo vide,
sbarrò gli occhi cercò di tornarsene nella botte.
Però il ragazzo le chiuse l'accesso alla Sala Comune dei
Tassorosso con una mano e con l'altra le alzò il viso per
poterla guardare bene negli occhi.
«Allora? Ti ho dato cinque giorni di tempo. Adesso voglio una
risposta» disse perentorio, con un malcelato senso di nausea.
La
ragazza si morse l'interno della guancia e si diede un paio di secondi
prima di parlare.
«Puoi darmi ancora qualche minuto. Solo per ponderare al
meglio
la situazione» soffiò al limite della
sopportazione. Era
così stressata, con lo studio accumulato, i pensieri
soffocanti
e le scelte da prendere.
Non posso scegliere alla
cieca. Devo
calmarmi e pensare. Non sono affatto sotto torchio e non devo sentirmi
oppressa. Va tutto bene. Sì, come no...
Sebastian rimase un attimo immobile e senza espressione, poi
sospirò e le accarezzò una guancia. Quel gesto
fece
sobbalzare Katherine, che lo guardò rossa d'imbarazzo.
«Non devi sentirti obbligata» sussurrò
il ragazzo
cercando di farle capire che lui non voleva soltanto un semplice
appuntamento ma un occasione. L'occasione.
«Io... Non è che... Insomma...»
balbettò in modo sconnesso l'altra «D-d'accordo»
«Eh?» se ne uscì in modo piuttosto
stupido il Grifondoro, spaesato. «Sei d'accordo che
non sei obbligata o... l'altra cosa?»
«L-l'altra cosa» disse con una vocina piccola
piccola. Sebastian boccheggiò e poi sorrise a tratti incerto.
Non... Non sta dicendo
sul serio. Ho... Ho sentito male, sicuramente.
«Sto dicendo sul serio. Questo sabato andremo ad Hogsmeade
insieme. Da soli. È una promessa»
disse guardandosi le scarpe. Sebastian sentì il cuore
scalpitare
frenetico e stava per abbracciare Kate e baciarla e... e... e tutto,
quando la ragazza guardò l'ora e sbuffò irritata.
«Devo andare. Rose ed Helena mi aspettano» lo
informò la Tassorosso e lui non seppe cosa fare.
«Ok. Allora...»
lasciò in sospeso cercando di connettere bocca e cervello.
«Ci
vediamo» completò Katherine, sgusciando via
imbarazzata.
Aveva preso una scelta. E non poteva cambiarla. Camminò come
in
trance, pensando a ben altro che alla sua destinazione e
così si
ritrovò al settimo piano mentre invece doveva andare al
parco.
Sono messa male.
pensò,
rendendosi conto che ormai non sapeva più nemmeno orientarsi
nel
castello che considerava una seconda casa. E
tutto perché ho accettato di andare ad un appuntamento con
uno
dei miei migliori amici. Ah. Chissà che succederebbe se
Albus mi
chiedesse di uscire. Mi ritroverei come minimo in Giappone.
Arrivò a destinazione con un ritardo mostruoso ed infatti
non si
sorprese quando Rose iniziò una filippica contro i
ritardatari.
Intanto, Helena e Muse la guardavano stranite e lei
s'incuriosì.
Poi Helena prese a zittire la rossa e Kate sospirò con la
fronte
aggrottata, notando che Muse continuava a fissarla.
Che c'è? Ho
qualcosa in faccia? si
chiese e rivolse a Muse una timida domanda. Lei e la bionda non avevano
un rapporto molto intimo però Katherine le voleva bene
comunque.
Muse sorrise cauta e le si avvicinò, parlando a
bassa voce
in modo educato e un po' formale.
«Per caso ti è successo qualcosa di brutto?»
Kate storse la bocca e sospirò, titubante. Non era in grado
di
dirlo ad alta voce, sarebbe stata difficile e imbarazzante; quindi
restò qualche secondo di troppo in silenzio prima di
rispondere
così che Muse interpretò male e disse in fretta:
«Se non vuoi, non dirmelo, eh. Non vorrei forzarti a fare
ciò che non vuoi».
Kate scosse la testa con un altro sospiro e parlò
all'istante per non dar adito ad altri fraintendimenti.
«No, non è questo. È che...» si
interruppe, non sapendo bene cosa dire.
«È
difficile dirlo?» suggerì Helena, che
sì, aveva
origliato ponendo fine alla partaccia contro Rose. La Tassorosso
annuì guardandola e poi pensò a come spiegarsi al
meglio,
con l'attenzione delle ragazze su di lei. Però, tra i tanti
possibili discorsi che le affollavano la testa incasinata, scelse
un'unica e risolutiva frase.
«Andrò ad Hogsmeade con Sebastian»
«Per
un appuntamento?» chiese Rose con gli occhi che le
brillavano.
Sapendo doveva voleva andare a parare, Katherine le rispose in modo
sarcastico e distaccato, in modo che l'altra capisse che non era il
momento per certi discorsi.
«No, Rose. Andiamo ad Hogsmeade per rubare piume da
Scrivenshaft».
Poi, quasi ringhiando come un cane rabbioso, aggiunse aggressiva:
«Guai a te se dici quello tre odiose paroline.»
«Io te l'avevo detto.
E non accusarmi di niente perché sono quattro le paroline
che ho
detto» gongolò la rossa, che da parecchio tempo
aveva la
forte convinzione che Sebastian provasse qualcosa per la sua amica.
E non a torto, per
sfortuna. Che cosa irritante!
Kate, che non a caso era finita a Tassorosso (in cui regnavano
pazienza,
lealtà e laboriosità), frenò la lingua
e le mani,
che volevano stringersi attorno al collo dell'amica. O perlomeno
schiaffeggiarle un braccio.
«È talmente ovvio! Me ne sono resa conto subito.
Perché io, al contrario di te, un cervello funzionante ce
l'ho e-»
«Basta, Rose! Ci stai triturando le palle! Chiudi il becco»
sbottò Helena guardando di sottecchi Katherine, che non
sembrava
stare troppo bene. Aveva uno strano sguardo, accompagnato con un
innaturale colorito pallido e le mani che si torturavano a vicenda.
«Ditemelo, avanti...» bisbigliò la
Tassorosso chinando il capo.
«C-cosa?» balbettò Rose confusa
scambiando
un'occhiata perplessa con Helena, che scosse la testa non sapendo a che
si riferisse la loro amica.
«Che non la più minima idea di quello che sto
facendo» grugnì a disagio, sempre con gli occhi
rivolti al
basso. Muse fece un espressione contrita e le avvolse le spalle con un
braccio, per infonderle un po' di affetto. Non era molto brava nei
contatti fisici, Muse, perché era sempre un poco rigida, ma
Kate
non si lamentò. Le rivolse uno sguardo grato e si
lasciò
abbracciare, anzi, stritolare
anche da Helena e Rose. Quest'ultima, che era a corto di fiato
perché l'ammucchiata che avevano fatto non le permetteva di
rilasciare aria dai polmoni, ansimò
ridacchiando: «Che belli gli abbracci di gruppo,
eh?»
Passarono il pomeriggio a scherzare come solo un gruppo di adolescenti
sa fare, prima che venisse l'ora di cena, che Katherine saltava da tre
o quattro sere per motivi a loro oscuri. Quindi, la trascinarono in
Sala Grande e la fecero sedere al tavolo dei Grifondoro per non
perderla d'occhio. Rose continuò a spiattellare barzellette
Babbane squallide e vecchie quanto il mondo per tutta la sera, facendo
irritare Helena e provocando un leggero sorriso in Muse. Venne,
però, il momento di separarsi, perché Kate doveva
parlare
a Donald di non si sa quale ragazza con cui lui aveva un appuntamento.
Quindi, la Tassorosso sparì per la strada che porta alle
cucine,
mentre la rossa si diresse con passo di marcia verso un gruppetto di
Serpeverde appostato vicino all'entrata per i sotterranei.
«Albus. Dobbiamo parlare, muovi il sederino» disse
con un
tono che non ammetteva repliche e il secondogenito Potter la
guardò esasperato prima di salutare brevemente i suoi amici
e
seguirla. Si fermarono di fronte alle scale nella Sala d'Ingresso.
«Qualunque cosa sia successa, io non centr-»
cominciò il ragazzo, interrotto subito da una gesto della
mano
di sua cugina. Alzò gli occhi al cielo e si
preparò al
discorso che ne seguì, sputato alla velocità
della luce
dalla bocca di Rose.
«So benissimo che Kate ti piace. Lei è la mia
migliore
amica e tu sei il mio cuginetto con gli occhi da cerbiatta, quindi
è normale che vi conosca meglio di voi stessi. Ho un mucchio
di
esempi per confermare la veridicità di ciò che ho
detto,
ma non abbiamo tempo. Sono stanca e non voglio sprecare il mio
preziosissimo fiato. Ci ho pensato tutto il pomeriggio e... beh, ho
deciso che starò dalla tua parte. Non alla luce del giorno,
però lo sarò lo stesso. Perciò, adesso
ti
darò un consiglio. Non lo ripeterò due volte,
quindi
stammi bene a sentire. O muovi le chiappe e fai qualcosa o te la lasci
soffiare da sotto il naso. Non credo che dovrei essere io a dirtelo
ma... Sebastian le ha chiesto di uscire. Indovina quale risposta gli ha
dato? Ti consiglierei di non fare scenate e di rimanere il solito
Serpeverde di ghiaccio. Fai qualcosa. Qualcosa che... Che non si noti
e, per favore, che non sia un'azione estremamente stupida.
Perché se lei soffre te la vedrai con me. Katherine sa
prendere
le decisioni sbagliate più di quanto sappia prendere quelle
giuste, ma se vuole uscire con Baston, lo farà, e se vuole
stare
con lui -possibilità alquanto remota ed improbabile, ma pur
sempre una possibilità- farà anche questo. Capita
la
manfrina?». Durante il tutto si era fermata solo per
riprendere
fiato, cosa che aveva sicuramente imparato da sua madre. Era
stato uno spettacolo leggermente inquietante, come sempre quando Rose
faceva qualcosa che l'associava inevitabilmente ad Hermione Granger in
Weasley. Con un sospiro, la ragazza raddrizzò per bene le
spalle
e gli rivolse la schiena, iniziando a camminare verso la grande
scalinata e lasciandolo lì a riflettere su quanto c'era da
fare.
Aveva bisogno di un amico, di uno di quelli che erano bravi con le
parole. Le gambe gli si mossero come se fosse un automa e in cinque
minuti era arrivato a passo di corsa al muro freddo e compatto che era
l'entrata della sua Sala Comune. Entrò in fretta e si
guardò intorno, notando il piccolo Dominic Tanner che
leggeva
rintanato nell'angolino più isolato della stanza. Non era di
lui
che aveva bisogno, però.
Ha solo undici anni. Che
vuoi che ne capisca di ragazze!
Serrò la mascella pensando a Baston e Kate che andavano in
giro
per i corridoi mano nella mano lanciandosi sguardi languidi, poi,
disgustato, scosse la testa come per scacciare quei pensieri molesti.
Con uno strano verso arrabbiato, entrò nel dormitorio del
sesto
anno, pronto a prendere a testate il cuscino. Quando vide un ragazzo
dalla pelle scura disteso sul proprio letto emise uno sbuffo sollevato,
poi si sedette sul letto di fronte a quello dell'altro e rimase a
guardarlo. Zacharias sollevò aristocraticamente un
sopracciglio
e con voce lenta gli chiese: «Perché mi fissi come
l'ebete
che sei?».
«Ho bisogno della tua maestria con le ragazze. E di un amico,
ma
questo dettaglio è irrilevante»
borbottò Al,
mangiandosi letteralmente il labbro inferiore e mettendosi comodo sul
materasso. Zac disse soltanto: «Spiegati» e poi
rimase
disteso con le mani intrecciate dietro la nuca ad ascoltare il breve
racconto di Albus.
«Allora?» gli chiese quest'ultimo quando ebbe
finito.
«Allora... Beh, direi che allora ci serve un piano».
Buonsalve!
Vorrei
ringraziare Raven_181 e lizzybanny per aver messo la storia nelle
seguite, Giulia_Pizzol per averla messa nelle preferite e
MoganoThestral7629 per averla seguita e recensita. Vi voglio bene,
sappiatelo.
Ok,
adesso passiamo alle note vere e proprie.
I
nostri cari
Teddy e Victoire si sposano, ma questa non è che
è la
notizia più importante, ma vabbeh. Subito dopo avete avuto
un assaggio
del quartetto di Serpeverde più amato al mondo.
E poi... *rullo di tamburi*
Ebbene sì, signori e signore, Zac Zabini ha un gemello. E se
volete saperne di più, prima o poi avrete un capitolo con la
famiglia Zabini completa. ;-D
Dopo ci sono Al, Kate, Sebastian e cose varie, con un approfondimento
di Muse in uno degli ultimi paragrafi.
Sinceramente, ve lo ri-chiedo: con chi
preferite stia Kate? Con Albus o con Sebastian?
Detto questo, vi saluto.
|
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Capitolo 7 *** Capitolo VI - Beauxbatons, Durmstrang, Mahoutokoro, Saharmisr, Salem, Sheepwool e Varinhaferoz (ovvero come ignorare i propri personaggi per un intero capitolo) ***
CAP 6 'TGT'
Capitolo VI - Beauxbatons,
Durmstrang, Mahoutokoro, Saharmisr,
Salem, Sheepwool e Varinhaferoz (ovvero come ignorare i
propri personaggi per un
intero capitolo)
25 settembre 2022, 6:03
America, Salem Witches' Institute
Collina dei Dormienti
Joseph Monteleone era seduto sull'erba alla Collina dei
Dormienti mangiando un sandwich al tonno e contemporaneamente
scarabocchiando confusamente quella che lui chiamava grafia leggibile
su un foglio. Stava valutando i pregi e i difetti di ogni candidato al
ruolo di giocatore nella squadra americana. Aveva già deciso
tutte le riserve ma c'erano ancora molti ragazzi da mettere in squadra.
I giocatori di Quidditch erano rinomati e stimati, e Joseph non era da
meno. Alcuni dicevano che era un
grande leader.
Direi che la Snyder e
Tipton sono
in squadra a prescindere. Solo grazie a loro quegli schifosi dei Tigers
hanno vinto, l'anno scorso.
Si grattò la punta del naso con la matita e
appuntò altri
due nomi. La sua grafia era davvero troppo illeggibile, ma vabbeh,
ormai tutti i
professori ci erano abituati. Sbuffò stiracchiandosi e
sbadigliando. Anche quella notte non aveva dormito e non avendo niente
da fare si era alzato, vestito e aveva deciso di fare una cosa che
rimandava dal giorno in cui era stato eletto Capitano, ossia da tre o
quattro giorni. Gli erano state fatte molte pressioni ma non aveva
voluto farlo. Ci sarebbero stati comunque dei dispiaceri ma rischiava
di farsi attorno parecchia terra bruciata. Continuò a
trangugiare il suo ottimo sandwich al tonno,
fatto accuratamente da sua madre, e cancellò furiosamente il
nome Ryan Thompson dalla lista.
Odioso stronzetto dalla
fattura facile.
Quel ragazzo, Thompson, oltre che odioso e malvoluto da
tutti, era anche il bulletto idiota della scuola, che credeva che tutto
gli fosse dovuto. Il giorno in cui sarebbe stata resa pubblica la
squadra ufficiale di Salem, Thompson si sarebbe mangiato le mani e lui
avrebbe riso alla faccia sua. Sempre immaginando la faccia schifata di
Ryan Grande Pezzo Di Merda Thompson, decise che la ragazza
più sfigata della scuola, Faith Thomas, era la Battitrice
che faceva per lui.
Continuò così, facendo il democratico e dando a
tutti una possibilità, come suo solito fare.
25 settembre 2022, 10:58
Giappone, Mahoutokoro
Sala di Meditazione
Daisuke Okada si scrocchiò le dita e scrollò la
testa,
piegandosi sulle ginocchia e facendo altri esercizi di stretching. Il
ragazzo piegò la testa prima a destra e poi a sinistra,
correndo
sul posto. Per lui la forma fisica era vitale, sia per il suo ruolo di
Capitano sia per la sua preziosissima salute.
Mens sana in corpore
sono, dice quel
detto latino... Mi sembra che significhi 'mente sana in corpo sano', ma
non so il latino. E poi io sono giapponese, 'ste cose non dovrebbero
toccarmi, no? pensò mentre continuava i suoi
esercizi di ginnastica.
Non era un culturista, certo, ma ci teneva al fisico. 'Il mio corpo
è un tempio' recitava sempre quando un suo moderno amico gli
offriva cheeseburger con contorno di patatine fritte accompagnato da
qualche bibita gassata.
Dopo un po' Daisuke si sedette sul pavimento sbadigliando; gli si
prospettavano davanti ancora pesanti sfacchinate. Magari avrebbe potuto
farsi un sonnellino...
Si distese sulla schiena, togliendosi la felpa e usandola a mo' di
cuscino. Chiuse gli occhi con uno sbadiglio ed emise un verso non
meglio
definito. Si lasciò trasportare dal torpore e dopo due
minuti
e
cinquantaquattro secondi era già bello che addormentato.
Sognò un gruppo di persone... Avevano... sì,
avevano una
divisa bianca e rosa. Era la squadra di Mahoutokoro! E c'era un
ragazzo... un ragazzo che venne issato sulle spalle dei compagni con
gran tripudio. Ma... era lui! Festeggiato dai compagni per l'ottimo
modo in cui aveva condotto la squadra di Mahoutokoro alla vittoria del
torneo. Proprio mentre due mani gli allungarono il trofeo tanto ambito,
nella realtà due mani lo scrollarono. Si svegliò
di
soprassalto, pronto ad avventarsi su chi aveva interrotto quel sogno
tanto gradito. Poi notò che quel qualcuno aveva lunghi
capelli
neri e grandi occhi a mandorla contornati da lunghe ciglia.
«Che fai? Dormi?» domandò scortesemente
la ragazza.
«Non sono affari tuoi. E non dovresti essere qui. Non
è
luogo per le ragazze, questo» ribatté acido
Daisuke con
una punta di maschilismo sempre presente.
«Non mi sembra che meditare sia una pratica esclusivamente
per
gli uomini» controbatté la sconosciuta aggrottando
le
sopracciglia. Adesso che ci pensava, la ragazza aveva uno strano
accento.
«Non sei di qui, vero?» le domandò
alzandosi.
«No. Ma non sono affari tuoi. E poi... non dovresti essere a
lezione?» fece lei.
«Potrei farti la stessa domanda»
borbottò Daisuke raccogliendo la felpa da terra.
«Oh, io le salto abitualmente» rispose lei facendo
spallucce.
Daisuke sbuffò e con faccia incattivita uscì
dalla stanza.
Ah... Che strane le
ragazze.
25 settembre 2022, 16:49
Francia, Beauxbatons
Il Giardino delle Rose
Due ragazze erano sedute su una panchina nel Giardino delle Rose, con
diversi documenti cartacei e una piccola tabella di gioco. Con un
sospiro, la bella ragazza bionda fece vagare lo sguardo sui cespugli di
rose che le circondavano, divagando con i pensieri. Apolline adorava
il Quidditch e per fortuna c'era il suo inglesissimo zio che era
l'unico in famiglia che condivideva con lei quella fissazione. Se fosse
stato per sua madre la giovane ragazza sarebbe stata costretta a
indossare vestiti floreali e a truccarsi per i ragazzi. Cose che non le
erano mai interessate.
Tanto c'è il
sangue Veela che
mi fa essere sempre stupenda, quindi... Fanculo ad ombretti e
lucidalabbra. Zio Bill saprebbe essere diplomatico e influente anche
con una chimera.
Purtroppo, aveva dovuto accettare un compromesso. Era salva da trucchi
e vestiti rosa ma non poteva adornarsi il corpo di piercing e tatuaggi
o tagliarsi drasticamente i capelli. Alle feste ufficiali doveva
comportarsi come si deve e niente jeans strappati ai ginocchi e maglie
di gruppi rock babbani. Doveva essere ligia e perfetta ed evitare di
grugnire mentre rideva.
Voglio un dannato
piercing all'ombelico.
pensò mentre Amaryllis al suo fianco si legava i lunghi
capelli
neri e sbuffava perché non riusciva a formulare un ottimo
piano
di gioco.
«Ammie, calmati. O ti verranno i capelli bianchi»
ciarlò imitando il tono di suo madre quando la
vedeva incazzata. La mora la guardò male e
tornò a
far svolazzare la piuma sul foglio.
«C'è un problema che non riesco a risolvere,
LinLin.
Leroux e Petit sarebbero perfette, ma... No, non fa niente. Butto fuori
la Blanchard e Bonnet, così loro due entrano in
squadra.»
borbottò Amaryllis concitatamente.
«Quale Bonnet? Non dirmi Margot perché lei
è una a
posto» fece Apolline riferendosi alle gemelle Bonnet, due
ottime
giocatrici di Quidditch. Anche se la Gemella
Cattiva, così
Apolline aveva soprannominato Geraldine Bonnet, era la più
brava
a parare Pluffe non poteva entrare in squadra. Altrimenti
avrebbe
portato zizzania e tutto si sarebbe sfasciato.
«È ovvio che butto fuori Geraldine. Per quanto sia
brava,
la sua lingua è più velenosa di quella di un
serpente. E
non è questo quello di cui la squadra ha bisogno. Mentre
Margot
è un ottimo elemento. Come spara via lei i Bolidi non ci
riesce
nessuno» rispose la mora, corrugando le sopracciglia e
definendo
lo schema sulla tabella.
«Vedi se è tutto a posto, LinLin. Lo sai che non
mi fido
di me stessa, quando si tratta di schematizzare al meglio»
disse
porgendole il tutto faticosamente costruito in una giornata.
«I tuoi schemi sono sempre perfetti, Moreau. Sei un perfetto
Capitano» la rassicurò l'altra dando una scorsa
rapida
alla tabella.
«Sì, certo, come no. Saresti dovuta diventare tu
Capitano.
Sei molto più brava di me» borbottò
Amaryllis
stringendosi le braccia al petto.
«Nah. Combino troppi casini» constatò la
bionda,
restituendole il cartaceo e spostando una ciocca di capelli dietro
l'orecchio.
«Come quello con Adonis?» domandò
Amaryllis
guardandola di sottecchi. Non era sicura di poterla chiamare amica, ma
era una delle poche persone che si avvicinava a questo primato. Ma
questo non voleva dire che dovesse anche essere la sua confidente.
Che si faccia un po' di
affaracci suoi. pensò irrigidendosi.
«Che centra quel cazzone, adesso?»
sbottò quindi
Apolline, alzandosi per andarsene via. Amaryllis la afferrò
per
il polso e formulò una frase che per la bionda non aveva
senso.
«Adonis centra sempre, LinLin. Solo...» qui
sospirò «Non soffrire troppo, ok?»
«Soffrire io? Ma fammi il piacere, Moreau»
tagliò
corto la bionda divincolandosi e marciando verso il bel castello bianco
ed elegante. Si legò i capelli con un elastico trovato nella
tasca della tuta e si mise a correre, per bruciare la rabbia che le
ribolliva dentro.
Doveva per forza nominare
lui. Certo che qui
nessuno sa farsi i cazzi propri. Io non le avrei mai chiesto niente se
fosse successo a lei. E lui, beh... lui me lo devo dimenticare, facile.
Neanche fosse stato chiamato in causa, vide un ragazzo moro con gli
occhi azzurri e piuttosto bassino che la salutò con cenno
della
mano a non meno di sei metri di distanza. Con uno sbuffo la ragazza
fece dietrofront e non si girò quando il suddetto Adonis la
chiamò ripetutamente. Non si sarebbe girata nemmeno sotto
Imperio. Ma tra i suoi piani di fuga non aveva incluso l'opzione
lui-è-più-veloce-di-te-nel-correre.
Perciò, quando
le afferrò il polso tirandola dietro, rimase un un po'
sorpresa.
«Fraise, aspetta» sbottò infastidito
Adonis. Nessuna ragazza doveva scappargli via.
«Aspettare? Lo faccio da mesi, ma tu sei un imbecille e non
te ne
rendi conto» ribatté Apolline, storcendo la bocca
e
stufandosi della gente che l'afferrava per il polso.
Cos'è, una
mania?
«Guarda che se usi di nuovo col tono arrogante con me ti
faccio
espellere, Fraise» scherzò Adonis circondandole la
vita con
un braccio e attirandola a sé.
«E io vado dalla Preside e ti faccio licenziare...»
minacciò la ragazza schiaffeggiandogli malamente la mano
sprofondata nel suo fianco sinistro.
«Non lo faresti mai, Fraise. Ti piaccio troppo»
rispose beffardo e anche un po' egocentrico.
«Ma guarda tu quanta arroganza. Mi fai ribrezzo, inserviente del cazzo»
replicò Apolline calcando bene le ultime parole.
«Io non sono un inserviente del cazzo ma il
guardiano di
Beaubatons, ragazzina!» esclamò Adonis ai limiti
della
pazienza.
«Ah, ma non ero una ragazzina quando mi hai baciato. E
neanche quando sono finita accidentalmente
nel tuo letto» disse la bionda infervorata, ritorcendo contro
di lui una sua vecchia frase detta solo per ferirla.
«Ammettilo: sei solo uno stronzo»
continuò la
ragazza pestandogli il piede e allontanandosi da lui. Lo avrebbe
dimenticato. Era una promessa fatta a sé stessa, non poteva
infrangerla.
25 settembre 2022, 17:00
Nuova Zelanda, Sheepwool
Sala degli Annunci
C'era un gran chiasso. Decine di voci che parlavano tutte insieme,
confondendo il ragazzo che cercava di avanzare tra la folla schiacciata
e compressa tutta di fronte alla bacheca dei grandi annunci. Sentiva
borbottii scontenti e commenti maligni, ma a lui non interessavano. Ian
aveva altro a cui pensare. Tra i corpi che premevano contro il suo,
sentì qualcuno lasciargli pacche sulla spalla; lui
però
non sapeva se erano consolatori o di congratulazioni. Sperava tanto che
i suoi sforzi fossero stati premiati. Si era allenato giorno e notte,
sudando e piangendo, disperandosi quando una pluffa riusciva a
penetrare le sue difese. Si era fatto il mazzo, per dirlo alla Craig
Monk, suo amico nonché ottimo Cacciatore. Craig di sicuro
era
stato preso in squadra. Gli restava ancora un mucchio di strada da fare
e le troppe persone non aiutavano; stava pestando molti piedi e molti
li stavano pestando a lui. Con il respiro mozzo, si fermò un
attimo ad ascoltare le molte voci e cercando di distinguere cosa
dicevano.
«Non è possibile... Io ho fatto così
tanto per Sheepwool-». Questo non gli interessava.
«Se lo merita, mi sembra un bravo ragazzo». Quindi
il Capitano era un maschio.
«E poi è così
carino». Irrilevante.
«Secondo me sarei dovuto essere almeno una delle prime
riserve». Irritante.
Sospirò prima di continuare il percorso fino alla bacheca.
Sembrava non finire mai, era una tortura. Gli tremavano le mani, lo
sapeva, e stava per collassare al suolo per la tensione.
Contò dentro di se i secondi, dicendosi di calmarsi. 'Non
è poi così vitale diventare Capitano, no?' gli
avrebbe
borbottato la sua sorellona, che sempre aveva odiato quello sport. Ian
ricordava bene la prima volta che lei aveva provato a spiegare il
motivo del suo odio. Non l'aveva mai capita fino in fondo, sua sorella
per lui era un vero e proprio mistero, più complicata di una
scatola cinese. Era bella, sì, ma dentro la testa aveva un
intruglio di stranezze e filosofia. Perché sì,
sua
sorella era una filosofa nata. Sputava perle di saggezza dalla mattina
alla sera, ma non era quello che la rendeva splendida. Amanda ormai era
invischiata al Ministero americano fino al collo e voleva cambiare il
mondo anche se sapeva che non ce l'avrebbe mai fatta da sola; quindi
lottava con i pugni e con i denti per fare qualcosa di buono. E un
motivo per cui odiava il Quidditch era per la sua brutalità.
Ma
Ian, invece, lo adorò fin dal primo istante. Il volo,
l'adrenalina, il brivido che ti percorreva quando si vinceva una
partita. Ed era quello che voleva, tutto ciò che desiderava
era
solo un posto in squadra, non importava se non era diventato Capitano.
Se ne sarebbe fatto una ragione.
Riuscì finalmente ad arrivare di fronte alla bacheca, dove,
a
sorpresa, lo aspettava Craig con un sorriso a trentadue denti. Il
ragazzo ammiccò e gli circondò le spalle con un
braccio,
guidandolo fino al quel dannato foglio, su cui si decideva il suo
futuro.
«Allora, Dilsbury... Pronto?» fece Craig e lui
annuì con un groppo in gola.
Ian fece scorrere lo sguardo su quel pezzo di carta, notando il nome
del suo amico e di altre due persone che conosceva di nome. Poi,
fissò gli occhi sul piccolo 'Capitano' scritto
in bella grafia.
Ian Dilsbury.
25 settembre 2022, 18:32
Brasile, Brasilia
Un ragazzo e una ragazza passeggiavano mano nella mano. Niente di
più banale per una coppia di adolescenti che si guardava
languidamente e si affibbiava soprannomi mielosi. Il ragazzo, che si
chiamava Américo Lima, stava parlando animatamente e nel
mentre
indicava oggetti e persone. Erano nella capitale a fare un giro e Ana
Rosa Marone, che aveva sfruttato l'occasione per fare shopping, portava
con una sola mano cinque grandi buste con sopra delle marche di abiti
babbani. Si doveva preparare per essere al meglio della sua forma per
Saharmisr.
«Noi maghi ci siamo integranti talmente bene nel mondo dei
Babbani che ormai nessuno ci crede più. Lo sai che fanno
anche
delle serie televisive su noi maghi nel loro mondo, che per loro
è quello normale. È inconcepibile come pensano
che
viviamo tra di loro! Insomma! E poi siamo molti, noi maghi, non una
rara forma di vita» blaterava Américo mentre Ana
Rosa
sorrideva falsamente interessata. In realtà aveva visto un
modello molto bello nel negozio che avevano appena oltrepassato, un
lungo abito da sera blu notte senza spalline e tempestato di piccoli e
scintillanti diamanti (finti, ovviamente). Era perfetto per il Ballo di
Gala che si sarebbe tenuto la prima sera in Egitto per dare il
benvenuto alle sette scuole ospiti.
«Amore, ci fermiamo a prender-» cominciò
a dire la
ragazza, mora e abbronzata e con un fisico slanciato e perfetto per il
suo ruolo da Cacciatrice nella squadra di Varinhaferoz, capitanata dal
suo ragazzo.
«In quale negozio, gattina mia?» la interruppe
Américo con gran pazienza. Quindi entrarono nel suddetto
negozio
e indicarono alla commessa il vestito in vetrina, chiedendo quanto
costasse. La donna, convinta che quei due sciagurati la stessero
prendendo in giro, disse loro di andarsene subito se non volevano
magagne. Con un sospiro esasperato, Ana Rosa tirò fuori gli
ultimi soldi del budget fornitogli da suo padre, pezzo grosso del
Ministero Magico Brasiliano. La commessa strabuzzò gli occhi
e
si scusò all'istante, andando a prendere un abito uguale a
quello esposto e mandandola in un camerino a provarlo.
«Le piace, signorina? Dovrebbe comprarlo, perché
le sta davvero d'incanto. Quel blu dona moltissimo alla sua
carnagione» disse la giovane donna, con un tono da leccapiedi
che non stonava con il resto dell'atteggiamento.
«Lo comprerei anche se non mi stesse bene, a dir la
verità. È un vestito stupendo»
ribatté Ana
Rosa, lisciando il tessuto morbido dell'abito.
«Chiamo il suo fidanzato? Sono certo che resterà
di
stucco!» propose la commessa, girandosi e portando
lì
Américo, che sorrise e le diede un bacio in testa prima di
dirle
che era stupenda. Comprarono il vestito e se ne andarono a spasso per
la città, senza poter comprare null'altro che due economici
gelati.
«Non vedo l'ora di andare a Saharmisr. Sarà una
cosa
bellissima vincere un torneo internazionale. Vedrai che stracceremo
ogni altra scuola che sia presente!» affermò Ana
Rosa
convinta e anche con una punta di arroganza.
«Ho sentito dire che Hogwarts, la scuola inglese,
è
eccellente nel Quidditch. E credo che anche Durmstrang e Salem Witches'
Institute ci daranno filo da torcere» disse
Américo e
l'altra, che odiava che qualcuno la contradicesse, storse la bocca.
Girarono per Brasilia per altre due ore, prima di tornare a
Varinhaferoz, stabilita in un grosso edificio moderno dove abitavano
circa settecentottantadue alunni. Ana Rosa e Américo si
salutarono
brevemente e si diedero un bacio frettoloso, prima di dividersi. Uno
andò a destra, verso il lato dei dormitori maschili, e
l'altra a
sinistra. Quando si addormentarono quella notte tutti e due pensavano
al 1° novembre, giorno in cui finalmente sarebbe iniziata la
loro
avventura.
25 settembre 2022, 19:45
Norvegia, Durmstrang
Faust e Sasha stavano parlando, mentre fuori dalla finestra infuriava
una pioggia torrenziale. Erano nervosi, perché per via del
maltempo era stata cancellata l'ultima prova delle selezioni, e allora
se ne stavano lì a parlare invece di fare qualcosa di
più
costruttivo, tipo studiare. Sasha si torceva le mani e la gamba destra
gli tremolava un po' e Faust si stava mangiando le unghie,
cosa
che rendeva le sue frasi difficili da tradurre in lingua parlata.
«Gna tu cche ffarrescti se ffosci io il Cafitagno? Nnon gni
fforresti più bbegne?» chiese il ragazzo moro, con
un ghignetto smorzato e sempre
mangiucchiandosi famelicamente l'unghia.
Il biondo sospirò e gli lanciò un'occhiataccia,
prima di
dire: «Prima cosa: mangiarsi le unghie non è
igienico ed
è anche piuttosto rivoltante, quindi smettila. Seconda cosa:
tu
diventerai di sicuro il Capitano, hai più bravura tu che io
nella
strategia. Terza cosa: sei insopportabile, dico davvero e io comunque
non ti voglio bene»
Faust sbuffò ridacchiando e smise finalmente di mangiarsi le
unghie, dicendo in tono assolutamente scherzoso: «Ammettilo:
mi
ami alla follia. Sono o non sono il tuo migliore amico,
poi?».
Sasha, senza scomporsi più di tanto, si
stiracchiò e poi
tornò a torcersi le mani guardando fuori dalla finestra,
ignorando totalmente il suo amico che borbottò a denti
stretti
'antipatico'. Faust continuò a sparlottare ininterrottamente
senza un filo logico, prima lamentandosi della pioggia e poi del fatto
che frequentava una scuola maschile.
«Non vedo una ragazza da agosto.
Agosto, Sasha, sai che vuol dire? E poi in questa scuola non ci
è permesso di avere una dannata vita sociale. Coprifuoco,
regole
rigide e quant'altro rovinano la vita di un adolescente! Dovremmo
essere liberi di fare quello che ci pare e...»
Sasha pensò che forse aveva fatto male a scegliere Faust
come migliore amico.
Parla troppo e ascolta
troppo poco.
Ci sono un sacco di cose da ascoltare in questo momento: la pioggia che
bagna le finestre, i passi di qualcuno, i nostri respiri. Non ascolta
mai i rumori del mondo.
Sasha aveva paura, come tutti gli altri. Non era un tipo pauroso,
certo, ma c'era una cosa, oltre ai ragni, che lo terrorizzava
più di qualunque altra cosa.
Che qualcuno lo scoprisse.
C'era qualcosa che ancora non era riuscito bene ad identificare, ma una
cosa era certa: a lui lei ragazze non interessavano minimamente.
Nessuna ragazza era mai riuscita a smuovere qualcosa in lui, che fosse
un sentimento romantico o desiderio. Niente, assolutamente nulla. E
questo, quando se ne era accorto qualche anno prima, lo aveva
disorientato in una maniera che lo aveva portato ad escludere il mondo
per qualche settimana, prima di auto-convincersi che in lui non c'era niente che non
andava.
Era un normale ragazzino di quindici anni che cresceva tranquillamente
tra le mura di una casa accogliente o di un maniero sulla costa della
Norvegia, questo aveva pensato. Quell'anno, quando aveva varcato la
soglia di Durmstrang da maggiorenne, si era accorto di aver sviluppato
uno strano interesse per i pettorali. Ma non i suoi, quelli
degli altri ragazzi. Dopo gli allenamenti di Quidditch aspettava che
tutti fossero usciti per entrare nelle docce e lavarsi di dosso il
sudore e la stanchezza. Gli erano già capitati incresciosi
incidenti nelle docce, quell'anno. Scosse la testa per sviare i
pensieri molesti e si concentrò sugli insensati sproloqui di
Faust.
26 settembre 2022, 00:17
Egitto, Saharmisr
Ufficio del Preside
Il Preside, in vestaglia e con i capelli bianchi arruffati,
guardò torvo la porta prima di aprire alle due persone che
avevano interrotto il suo sonno. Sulla soglia del suo ufficio
stanziavano un alto uomo elegante, le mani strette su un bastone
d'avorio e fasciate da guanti di velluto nero su cui
c'erano ricamati in oro vari ghirigori e altre forme fantasiose e
vestito di un
completo scuro di alta sartoria, e un ragazzo con indosso l'uniforme
di Saharmisr, ovvero dei semplici pantaloni di colore grigio scuro ed
una camicia bianca su cui riportato lo stemma della scuola.
«Che cosa vi porta nel mio ufficio a quest'ora della
notte?» domandò il Preside leggermente scontroso,
facendoli entrare con gentilezza. Pur essendo infastidito dal
comportamento di quei due non poteva chiuder loro la porta in faccia.
L'uomo che gli stava di fronte era un riccone che
deteneva il possesso di alcune ditte che fabbricavano scope da corsa di
ottima qualità e che andavano a ruba lì in
Egitto. Il
Preside capì la serietà dell'incontro dalla
postura
dritta e sicura di quel tale e fece
per far accomodare i due sulle poltroncine scomode davanti alla sua
scrivania. L'alto uomo però non aspettò che il
preside
aprisse bocca e andò lentamente e con passo un po'
strascicato a
sedersi sul glorioso scranno posizionato dall'altro lato della
scrivania. Secondo la mentalità di quell'uomo, egli poteva
stare
dove credeva si meritasse e quello scranno era perfetto per la sua
persona, ancora solo secondo la sua mentalità. Il Preside
storse
la bocca in una smorfia incattivita ma non disse nulla per non
procurarsi guai; il tizio era ricco e quindi troppo potente per
inimicarselo e non voleva che certe cose, tipo il suo posto da preside
o la sua villetta sulla Costa Azzurra, andassero perdute dopo ingegnose
prove costruite su di lui.
«Uhm... C'è una proposta che io e mio figlio
vorremmo
farvi, signor Asif, e mi sembrava inopportuno sottoporgliela alla luce
del giorno» interloquì l'uomo, sempre cortesemente
e
ostentando la segretezza dell'incontro. Intrecciò le mani
sulla
scrivania e gli indicò la scomoda poltroncina. Con odio
crescente nei confronti di quel tale, si sedette e si astenne dal
strangolarlo con le sue stesse mani.
«Quale proposta vorrebbe farmi?» domandò
curioso
l'uomo ormai vecchio e rugoso. C'era la possibilità di
un'altra
villetta, magari in Toscana, se quell'incontro avesse dato gli esiti
che si aspettava.
L'uomo sorrise debolmente mentre il ragazzo era
rimasto in piedi e fissava il vuoto, sempre lasciandosi ignorare. Lui
non voleva che suo padre fosse lì, a lui non interessava.
Eppure suo padre era talmente cocciuto da fare comunque di testa sua. A
dir la verità, si vergognava di avere un padre
così, ma
per lui era meglio acconsentire sempre a tutto se non voleva finire in
ospedale come l'ultima volta.
Punizioni corporali...
Le preferite del mio paparino.
Si chiamava Muhammad Ahmad e non aveva mai potuto scegliere; suo padre aveva
organizzato la sua vita per filo e segno prima ancora che fosse
concepito. Non si era rassegnato, voleva vivere la sua vita a modo suo,
ma finché era minorenne non poteva ancora scappare. Si
sarebbe solo messo ancora più nei guai, ma appena avesse
compiuto gli anni sarebbe scappato, magari in Gran Bretagna. Aveva
sempre voluto visitare Londra e viverci sarebbe stato magnifico. Sempre
pensando ad una sua futura vita nella città che
più amava, Muhammad non si accorse che suo padre aveva
cominciato le sue spiegazioni.
«Lei sa, signor Asif, che mio figlio è un ottimo
giocatore di Quidditch e vorrei, per continuare la tradizione di
famiglia, che lui diventasse uno importante. Tipo... il Capitano. E se
lei, ecco... lo aiutasse
io saprei ringraziarla adeguatamente. E pensi alle utili donazioni che
potrei fare alla scuola. In questa scuola ci sono cresciuto e saprei
apprezzarla e renderla più efficiente, più...
perfetta, ecco. E tutto se lei desse una spintarella ai
giudici. Potrei 'ringraziare' anche loro, si ricordi di
dirlo» disse, sempre marcando le parole importanti e
accompagnandole con gesti eloquenti e sguardi significativi. A Muhammad
saliva la nausea quando suo padre adottava i suoi metodi di persuasione.
Il preside Asif sorrise e si alzò, parlando con un tono
untuoso. «Oooh, certo, signore. Farei di tutto per aiutare
una giovane stella a brillare. Ma se lei mi assicura che-»
Il padre si Muhammad fece gesto con la mano di fermarsi e prese dalla
tasca interna del costoso cappotto una busta rigonfia per poi
porgergliela. «Lei è un uomo intelligente, signor
Asif. Saprò farle avere il resto entro la prossima
settimana. Muhammad, andiamo». Fece un gesto al figlio ed
uscirono senza congedi o saluti.
Muhammad, che aveva visto il ghigno compiaciuto del Preside mentre
afferrava famelicamente la busta, avrebbe voluto sprofondare nelle
profondità degli Inferi, incastrato in una situazione che
odiava.
Ehm,
vado di fretta, ma due paroline ve le devo dire.
Prima
cosa: ringrazio RoseScorpius4Ever e Pampi per aver messo la storia tra
le seguite e la cara MoganoThestral7629 per aver recensito.
Alour,
piaciuto il capitolo? Avete notato come ho ignorato stupendamente i
personaggi principali per presentarvi la concorrenza, eh? Lo
so, sono proprio odiosa. XD
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Capitolo 8 *** Capitolo VII - Hogsmeade e i guai (ciò che Kate più teme) ***
Cap. 7 'TGT'
Capitolo VII - Hogsmeade e i guai (ciò che Kate
più teme)
1° ottobre
2022, 9:14
Hogwarts, attorno alle
cucine
«Sicuro che sia tutto pronto, Potter?»
borbottò Martin scettico. Non aveva mai dubitato della
bravura dei Malandrini nel scampare quasi sempre alle punizioni, ma
quel giorno la cosa sarebbe stata diversa perché c'erano
anche lui ed Ernie e tutti sapevano dell'incapacità di
quest'ultimo di correre veloce, anche se fosse stato per la sua
salvezza. Se si fosse disputata una gara di corsa tra Ernie ed una
lumaca, avrebbe vinto la lumaca.
Martin si guardò intorno, riflettendo su quali fossero le
migliori vie di fuga. Finalmente era il gran giorno! La Vendetta Dei
Tassorosso stava per essere compiuta e Potter era esaltato quasi quanto
lui ed Ernie.
Finalmente Pitman
avrà la lezione che si merita!
Camminavano portando grosse scatole piene di innocenti prodotti
dei Tiri Vispi che andavano testati. E chi meglio delle Serpi?
«Oh, Marshall, non preoccuparti! Andrà tutto a
meraviglia.
Parola di Malandrino!» lo rassicurò James, il cui
incoraggiamento però
non sortì l'effetto sperato. Ernest, avvertendo i dubbi
dell'amico, gli sorrise solidale; tra di loro bastava uno sguardo per
rendersi conto di avere davvero il miglior amico che ci potesse essere.
Si aiutavano a vicenda, come ogni amico degno di questo nome deve fare,
e si infondevano forza l'un l'altro, quando uno dei due cadeva c'era
sempre l'altro a sorreggerlo. Un rapporto simile ce l'avevano James
Potter e Jason Thomas, da come Ernest aveva potuto constatare, solo che
quei due erano Malandrini, mica bruscolini. Spavalderia, testardaggine
e orgoglio erano così radicati in James e Jason che era
difficile notare il profondo rapporto tra loro e si doveva scrostare
ben bene la superficie per rendersene conto. Con Martin ed Ernie,
invece, bastava trascorrere con loro un minuto per capire quanto
affetto intercorreva tra i due.
I Malandrini erano un gruppo compatto ed estremamente omogeneo e
democratico anche se a prima vista poteva sembrare un gruppetto di
stupidi ragazzini litigiosi con pochissime cose in comune. Fred, alto
nella media, con capelli castani e occhi castani, pelle più
scura che chiara, era logorroico, scherzoso, iperprotettivo e anche un
playboy professionista; era un perenne scansafatiche, tranne quando si
trattava
di
fare scherzi, odiava studiare e prendeva collateralmente brutti voti;
adorava
i draghi e voleva, un giorno, andare a studiarli da suo zio Charlie.
Lorcan, abissalmente basso, con capelli biondo sporco, occhi marroni
curiosi e vispi, pallido fino all'inverosimile, era il tipico
simpaticone, più
realista di
madre e
fratello, era coraggioso e bravo con le ragazze; la scuola, i
compiti e i libri lo lasciavano indifferente ed era per il rotto della
cuffia che negli anni seguenti non era stato bocciato; veniva
spesso deriso per la sua bassa statura dagli amici, ma se ne fotteva
allegramente ed
era un Malandrino parecchio perverso negli scherzi. James, il leader
indiscusso, con capelli neri e occhi marrone scuro, era permaloso,
irascibile, fastidioso, leggermente narcisista, sapeva farsi
rispettare, era un ottimo amico ed era molto legato
alle sue
origini. Jason, con capelli neri, occhi castani e un sorrisetto furbo
sempre dipinto sulle labbra; adorava le moto e i giubbotti di pelle,
i
prodotti Tiri Vispi, fare scherzi e girare per la Londra babbana,
lavorava ai Tiri Vispi a Diagon Alley in estate e odiava doversi
applicare ma alla fine lo faceva sempre per non deludere i suoi.
Erano una grande, unita famiglia, a cui si univa sporadicamente Frank,
il Caposcuola ligio e profumato.
James in quel momento stava pensando alla possibilità di
Disilludere le scatole prima di passare di fronte alla Sala Grande,
mentre Martin e Ernest discutevano su chi avrebbe goduto di
più
alla faccia della persona più odiata dai Tassorosso. In
fondo al
corridoio i ragazzi intravidero Lorcan che correva e chiamava a gran
voce: «Lizzie! Aspetta!».
James a quella vista sbuffò, si lasciò andare ad
una
risatina e commentò: «E siamo alla numero
17!».
Ernie inarcò le sopracciglia bionde e chiese:
«Perché numero 17?». A questa domanda
James rise di
gusto, prima di dire: «Quella ragazza è la
diciassettesima
con cui Lorcan prova ad avere una storia seria ed è la
diciassettesima che si ritrova con le corna». Martin fece una
smorfia, cambiando giudizio sul biondo.
Continuarono a camminare, trovando per la strada un Lorcan
mezzo-Schiantato e un Frank che tentava di rianimarlo. James quasi si
sganasciò dal ridere, piuttosto insensibilmente dato che
quello
era uno dei suoi migliori amici, e propose a Frank di portarlo in
braccio fino ai sotterranei. Frank, con un sorriso davvero divertito,
gli prese di mano la scatola senza un filo di preoccupazione e poi
guardò il primogenito Potter afferrare il bavero di Lorcan e
provando a metterselo in spalla. Ernest posò un attimo la
sua
scatola per aiutarlo e così si diressero verso lo sbocco per
i
sotterranei. Cercarono di non farsi vedere da nessuno e fecero alcune
pause per scambiarsi Lorcan. Quando fu il turno di un contrariato
Martin, il biondo Scamandro incominciò a mugugnare il nome
di
Lizzie, dandole della stronza per averlo Schiantato. Martin gli diede
un pizzicotto sul polpaccio per farlo smettere e in compenso ricevette
brontolii più pronunciati e arrabbiati. Il ragazzo si
risvegliò solo in prossimità del muro della Sala
Comune
dei Serpeverde e fu quasi scaraventato a terra da James, che aveva la
schiena indolenzita e il respiro corto.
«Ma quanto delicatezza!» notò il biondo
facendo riecheggiare il suo brontolio tra le pareti.
«Non ti lamentare. Se non fossi stato tu, ti avrei lasciato
lì a riflettere su quante cazzate fai al giorno»
ringhiò James massaggiandosi distrattamente la base della
schiena.
«Sempre raffinato ed estremamente gentile, eh,
Potter?»
Il ragazzo ridacchiò al suono di quella voce e
ribatté piuttosto contento.
«Sempre ad origliare, eh, Thomas?»
Jason era arrivato alle loro spalle ed era poggiato con nonchalance al
muro gelido e leggermente viscido. Erano pur sempre nei sotterranei! Il
ragazzo ghignò apertamente, prima di incamminarsi lentamente
verso James e nel mentre schiaffeggiare sulla nuca Lorcan che
strillò un 'Ahi!' vivo e indignato.
«Allora... Questa vendetta?» chiese con un sguardo
leggermente malefico, mentre posava una mano sulla spalla del suo
migliore amico.
«Oh, beh, questa vendetta... È tutto pronto e
credimi
sarà davvero leggen-» iniziò l'altro,
con
sopracciglia alzate in segno di complicità e con sguardo
acceso.
«Daria!» completò Jason ridacchiando e
togliendogli la battuta.*
1° ottobre 2022,
11:11
Hogwarts
Dormitorio femminile
sesto anno Tassorosso
Katherine aprì gli occhi lentamente e sbadigliò,
sistemandosi meglio il cuscino sotto la testa. Non sapeva che ore
fossero e neanche voleva saperlo. Sperava solo che il mondo si
dimenticasse della sua esistenza.
Voglio solo stare qui a poltrire tutto il giorno.
Gli altri anni aveva salutato le uscite ad Hogsmeade con gioia,
accogliendo pienamente la possibilità di chiamare sua madre,
che
era refrattaria a lettere e gufi. Ma in quel momento l'unica cosa che
riuscì a farla alzare dal letto fu la promessa fatta a sua
mamma. Mandare ad Hogwarts la sua unica figlia era stato uno strazio
per lei, una Babbana. Non sapeva a cosa la sua bambina andava incontro
ed era restia, ma suo padre l'aveva convinta a farla andare spiegandole
il mondo a cui Kate avrebbe fatto parte. Convivevano ognuna le
differenze dell'altra e a loro andava bene così.
Quindi, Kate quella mattina si ordinò mentalmente di
alzarsi.
Andò in bagno e controllò che ci fosse acqua
calda, poi
si fermò davanti allo specchio e constatò che
faceva
pena. Guance smorte, sguardo vacuo, leggere occhiaie e pallore
innaturale. Ci sarebbe voluta la mano di Dio per farle avere un aspetto
decente entro qualche ora.
Lei e Sebastian si erano messi d'accordo per vedersi nel pomeriggio,
per godersi la mattinata di sonno. Quindi, a lei restavano tre ore e
mezzo per mangiare, lavarsi, decidere cosa indossare e truccarsi.
Niente di che, insomma.
Con lo sguardo appannato per via dell'assenza degli occhiali o di lenti
a contatto, prese per sbaglio lo spazzolino di una delle sue compagne
ma poi lo posò subito per rimuginare. Poteva benissimo
scapparsene a Hogsmeade da sola, fare la telefonata e tornarsene
indisturbata al castello. Poi si accorse dei punti ciechi del suo piano
e della faccia che avrebbe fatto Sebastian e pensò che
doveva
essere forte e affrontare di petto la situazione che lei aveva scelto.
Non poteva fare la vigliacca e tirarsi indietro. Perciò si
infilò sotto il getto caldo della doccia che
riuscì a
farla finalmente ragionare. Con addosso l'accappatoio e con i capelli
umidi, andò a prendere bacchetta, trucco, vestiti e un
pacchetto
di patatine che si era portata per momenti di irritazione come quello.
Si poggiò allo stipite della porta guardando le sue compagne
dormire e mangiando voracemente un paio di patatine. Sospirò
e
si chiuse nel bagno sempre mangiando, poi si asciugò i
capelli
con uno sventolio della sua bacchetta d'ontano e indossò
l'intimo. Guardò i jeans rovinati e larghi e la maglia
stinta
con orrore e capì che non era l'abbigliamento adatto ad un
appuntamento. Non che lei sapesse come ci si dovesse vestire in
occasioni del genere. Uscì dal bagno disperata e
frugò
nel baule alla ricerca di qualsiasi cosa che non fosse enorme o
scolorito. Era inginocchiata sul pavimento con i pantaloni del pigiama
e faceva un mucchio di casino, mettendo in disordine il baule tanto
perfetto.
«Che stai facendo, Katherine?»
Sobbalzò violentemente al suono della voce assonnata di
Becky
che le arrivò alle orecchie. Si girò, constatando
che era
in reggiseno davanti ad una che a malapena conosceva, e
arrossì.
Vabbeh, tanto siamo
ragazze. Niente di proccupan... Oddio, ma... m-ma, ma... mi sta
guardando le tette?!
Tanto per spezzare il suo momento di imbarazzo, Kate rispose alla
domanda che le era stata posta poco prima: «Sto cercando
qualcosa
di decente da mettermi. Ma è una ricerca vana».
Becky
puntò lo sguardo mezzo addormentato leggermente
più su,
dove stavano gli occhi e si alzò a sedere scostandosi le
coperte
di dosso.
«Sai, Katherine, penso di avere qualcosa che ti possa andare
bene» disse Becky stiracchiandosi e poggiando i piedi a
terra,
per poi mettersi anche lei in ginocchio a frugare nel baule.
«D-davvero? Io non... non serve e po-»
tentò di
protestare la ragazza ma la bionda la zittì prendendo dal
baule
un abito.
«Questo vestitino qui non lo metto da... vediamo... Ah,
sì. Due anni e mezzo fa, alla festa delle Stewart»
borbottò a mezza voce, quasi parlando a se stessa, poi le
porse
il vestito. Kate lo osservò titubante, prima di prenderlo e
guardarlo meglio. Era bicolore, nero dalla vita in su e la gonna di
grigio scuro, e non aveva maniche; le sarebbe di sicuro arrivato alle
ginocchia e dopotutto le piaceva.
«Ehi, Katherine. Prendi» disse Becky lanciandole
un cinturino con la fibbia color oro che Kate
acchiappò al
volo.
«Gran bei riflessi» commentò la biondina
ammiccando.
«Ehm, io... Grazie» balbettò insicura la
Tassorosso,
stringendo piano tra le mani il cinturino. Non capì
perché Becky fosse stata così gentile, visto che
negli
anni precedenti non si parlavano quasi mai. Interessi differenti,
compagnie differenti; a dir la verità non avevano mai avuto
occasione di conoscersi. Scappò rumorosamente in bagno, a
disagio per le occhiate che Becky le lanciava (e in un punto in
particolare del corpo), svegliando almeno altre due sue compagne.
Posò il vestito sul ripiano del cassettone e si
lavò i
denti, poi sentì qualcuno bussare alla porta e, con lo
spazzolino in bocca, aprì di poco la porta e chiedendo chi
era.
«Katherine, mettiti queste sotto il vestito»
consigliò Becky porgendo delle calze nere non troppo
coprenti e
ancora nella propria confezione. Kate, stupita, sillabò un
altro
ringraziamento e indossò lentamente l'abito. Non riusciva ad
alzare completamente la zip e ad un tratto sbuffò, lasciando
perdere. Si lisciò distrattamente i capelli guardando una
parete
e poi sentì delle mani chiuderle bene la zip.
«Ti aiuto a truccarti?» le chiese cortesemente e
Katherine non riuscì ad astenersi dal parlare.
«Perché stai facendo tutto questo?».
Becky sospirò e la guardò male, cercando una
bugia da rifilarle.
«Ci conosciamo da quanto? Sei anni? E tu... tu e io non siamo
mai
state amiche e adesso te ne esci con... con cose
così»
sbottò la mora indicando il vestito «Non ti ho mai
chiesto
niente e neanche tu lo hai fatto. Abbiamo passato sei anni a convivere
e ignorandoci, cos'è cambiato adesso?». Becky
restò
un attimo sorpresa poi si schiarì la gola prima di abbassare
lo
sguardo e parlare.
«Io non ho mai detto di non voler essere tua amica,
però».
Kate restò basita e boccheggiò un paio di volte,
prima di sospirare e rendendosi conto che era nel torto.
Dopotutto, non sono
solo io una ragazza timida. Anche se Becky mi ha fissato le
tette in modo palese, non vuol dire che non
può essere timida. O meglio, in quel momento non lo era
ma...
Oh, dannazione, se continuo così non la finisco
più!
Perciò Katherine disse: «Neanche io l'ho fatto.
Credo che
adesso sarebbe il momento giusto, no?». Becky alzò
lo
sguardo, sorrise e annuì, quindi la bruna le pose la domanda fatale.
«Ti va di essere mia amica?».
«Certo, Katherine. E-» iniziò la bionda
ma Kate le fece segno di fare silenzio.
«Prima cosa: chiamami Kate. Katherine mi fa senso, e anche
Katie,
quindi guai a te se mi chiami in uno di questi due modi. Seconda cosa:
tra amiche ci si dice tutto, no? Quindi non raccontarmi frottole,
perché non mi incanti. Allora, dimmi perché lo
stai
facendo» disse la ragazza leggermente infervorata con la sua
nuova amica. Becky grugnì qualcosa di ben poco definito e
cercò di essere più sincera possibile.
«Ho fatto una promessa ad un paio di persone. E poi tu hai un
notevole
bisogno di rifarti il guardaroba quindi il vestito lo puoi tenere. E...
Ti servono le scarpe, certo!» disse cercando di svincolare
verso
la fine e di andarsene, ma Kate le afferrò il polso e
inarcò le sopracciglia.
«A chi hai promesso cosa?» domandò
impaziente dopo
infiniti secondi di silenzio. Becky tentennò un attimo prima
di
farsi sfuggire una specie di ringhio irritato.
«Sei proprio dura, eh? Oh, va bene, te lo dico! Mio padre e
il
tuo si conoscono dai tempi della guerra, anche se non si vedono da un
sacco di tempo. Beh, qualche mese fa si sono rincontrati e io ho
conosciuto tua mamma, che, quando ha saputo che andiamo a scuola
insieme e dormiamo persino nello stesso dormitorio, mi ha velatamente
chiesto di tenerti d'occhio. E tua mamma è una tosta, si
vede;
mi ha subito ispirato simpatia e mi dispiacerebbe deluderla»
disse tutto di seguito la bionda senza neanche riprendere fiato.
«Ah» rispose stupidamente Kate, che era rimasta un
po'
scioccata. «C-comunque mia mamma non aveva il diritto di fare
una
cosa del genere e-»
«Oh, le mamme possono fare tutto quando ci sono di mezzo le
figlie, Kate. E anche se può essere frustrante, è
una
cosa giusta. Niente sa proteggere più dell'amore di una
madre **» la interruppe Becky con un sorriso dolce,
persa in
chissà quali ricordi. Katherine boccheggiò,
seriamente
contrariata dalla sua prima frase, ma poi sospirò e
accettò di farsi aiutare con il trucco. Un'ora e mezza dopo,
Kate si stava mettendo un paio di scarpe con un tacco abbastanza basso
e si era messa a camminarci per farle adattare un po' ai piedi. Poi,
esausta dai frequenti viaggi mentali che intraprendeva la sua testa,
chiese a Becky: «Come diavolo ci si comporta al primo
appuntamento?». La bionda ridacchiò sinceramente
divertita, e anche un po' intenerita, e le disse: «Devi
divertirti, e poi esci con uno dei tuoi più vecchi
amici,
quindi dovrebbe essere più semplice. E se ti piace,
bacialo». Le fece l'occhiolino e Katherine pensò
come
sarebbe stato baciare Sebastian, sentendo le guance andare in fiamme
con poco preavviso.
Che situazione del cazzo.
Si sedette sul proprio letto, stringendosi le braccia al petto e
aspettando che il calore affiorato diminuisse. Becky le si
sistemò accanto, circondandole le spalle con un braccio con
fare
incoraggiante.
«Non penso che andrà tutto bene. So
già che
farò una delle mie solite cazzate rovinando tutto. Se lo
bacio,
cambierà ogni singola cosa e non penso di essere pronta ad
una
cosa del genere. A me, dopotutto, piacciono le abitudini, le cose
sempre uguali che non cambiano mai.» sospirò
«Non
posso farlo davvero» sussurrò Kate.
«Fa' la cosa che più senti giusta. Di solito
questo
approccio porta a cose buone» le consigliò Becky,
anch'essa sussurrando. Restarono così per molto tempo e
quando
Katherine si accorse che era meglio iniziare ad avviarsi, si alzarono
entrambe e uscirono dal dormitorio vuoto. Becky, pronta anche lei per
Hogsmeade, le strinse il braccio prima di ammiccare verso un ragazzo
che
scendeva la scala e andando via borbottando che l'avrebbe aspettata
all'uscita della Sala Comune. Kate guardò in alto e vide un
ragazzo biondo con un piede bloccato a mezz'aria e l'aria di chi ha
appena visto Voldemort distribuire fiorellini e caramelle inneggiando
'Peace and Love'. La Tassorosso notò i capelli accuratamente
pettinati e innaturalmente pieni di gel, i pantaloni di cotone
color kaki e una maglia nera e bianca con sopra disegnato un papillon
bianca. Nell'insieme era davvero carino.
«Don! Ti sei messo in tiro per Susan, eh?»
commentò
la ragazza e Donald si risvegliò da quel mondo parallelo
formato
da dei Voldemort gentili e profumati di rose.
«K-kate! S-sei fanatica! C-cioè, volevo dire
fantastica» balbettò l'altro gesticolando e
guardandola da
cima a fondo. Katherine quasi si sentì arrossire ma Donald
rincarò la dose.
«Sembri quasi una di quelle attrici supersexy che ci sono in
televisione, sai. A Seb verrà un colpo, non sei mai stata
così... così... bella, ecco» disse Don
leggermente
sconcertato e guardandola ancora «M-ma... Cioè, ti
sei
anche truccata!». Kate cercò di svincolare
balbettando
qualcosa incoerentemente e poi trovando un appiglio a cui aggrapparsi.
«Anche tu ti sei fatto bello per il tuo primo appuntamento,
no?
Quindi, adesso tocca a me» disse isterica e bombardandolo di
complimenti mezzi-veri e mezzi-falsi.
1° ottobre 2022,
12:43 (quasi tre ore prima)
Hogwarts, Sala Grande
Albus stava per attuare il piano, doveva solo trovare una ragazza
possibilmente bellissima e con poche aspettative sentimentali. Fece
scorrere lo sguardo sulla tavolata dei Serpeverde - perché
la
ragazza doveva essere
Serpeverde,
altrimenti per lui la faccenda si poteva anche chiudere lì -
e
notò una ragazza del suo stesso anno che qualche giorno
prima ci
aveva provato spudoratamente con lui nella speranza di essere invitata
ad Hogsmeade e che, se Al non ricordava male, faceva parte del
gruppetto di ragazze Serpeverde che Rose odiava con tutto il cuore.
Mmmmm... Sì,
è Chloe.
Chloe Burke, un'amica della gemella di Nott, Emmeline. Mi sembra che
con loro ci sia anche un'altra, com'è che si chiama? Ah,
sì, Eleanor Harper. Oh, Rosie, non sai quanto mi dispiace,
ma...
beh, ho una missione da portare al termine.
Albus sospirò, alzandosi e avvicinandosi a Chloe proprio
mentre
un altro ragazzo le si sedette accanto circondandole la vita con un
braccio e facendole gli occhi dolci.
Oh, no... È
già prenotata, dannazione!
La ragazza, però, non fece molto caso al ragazzo che in quel
momento le baciava il collo affettuosamente e Albus, ricordando la fama
che la precedeva, pensò di provarci comunque. Quindi, si
sedette
alla sua sinistra e richiamò la sua attenzione. Chloe
cacciò malamente il braccio del tizio, che era un Corvonero,
e
aprì bene le orecchie, mettendo in funzione i suoi metodi di
seduzione, ossia sbattere le ciglia frivolamente e mulinare i capelli
biondi, accavallando le gambe fasciate da una stretta minigonna e
sporgendosi facendo un po' intravedere qualcosa sotto la maglia
scandalosa che portava. Visto che non era per niente insensibile alle
armi dell'altro sesso, Al deglutì a fatica e si costrinse a
pensare a qualcosa di intelligente da dire. Tra le miliardi di opzioni
che aveva, scelse la carta del ragazzo timido e impacciato che non sa
come chiedere ad una ragazza di uscire.
«Ehm... Sai, Chloe, ci ho pensato e non sai quanto mi costi
ma...
B-beh, ti andrebbe di venire ad Hogsmeade con me? Insomma, lo so che
così, all'ultimo secondo, potresti anche rifiutare e mi
sembra
anche che tu abbia a che fare con questo ragazzo, ma... ecco, potresti
anche darmi una possibilità» disse e il Corvonero
ridacchiò compassionevole dicendo che Chloe ormai stava con
lui.
Ma la splendida Serpeverde ammiccò con i suoi occhioni blu e
si
girò verso l'altro, dicendo gelida: «Smamma,
idiota». Il ragazzo boccheggiò indignato e
sparì
inveendo e imprecando promettendogli una vendetta.
«Allora, Al, vogliamo andare?» disse la ragazza
dolcemente
e alzandosi. Albus la imitò e disse: «Devo prima
avvertire
i miei amici. Aspettami all'entrata». La ragazza gli sorrise
e
gli lasciò un leggero bacio sulla guancia, sporcandolo di
rossetto.
Il ragazzo andò di corsa da Zac e Dominic, i soli a mangiare
con
sempre un libro in mano, e riferì loro le ultime notizie.
Zac
sorrise soddisfatto e alzò i pollici, complimentandosi per
l'ottima preda, mentre Dominic si accigliò e
sputò
un'altra delle sue frasi intelligenti di qualcuno che nota tutto,
insolite per un ragazzino di soli undici anni.
«Se vai ad Hogsmeade con un'altra invece che con la ragazza
che
ti piace davvero, sei proprio strano. E poi, quella Katherine mi
sembrava più bella di quest'altra tizia qui»
disse.
Zac strabuzzò gli occhi, cercando di capire se stesse
scherzando
e dicendo con tono di chi sta spiegando a una persona particolarmente
stupida che due più due fa quattro:
«Chloe è centinaia di volte più bella
di quella
Tassorosso, per prima cosa! E poi ha molto più
potenzial-».
«Non è vero che è più bella
di Kate! Lei
è fantastica, e guai a te se ti sento dire di nuovo qualcosa
del
genere» ringhiò Albus irritato. Zacharias
sbarrò
gli occhi e lo guardò in modo strano sussurrando:
«Oh, no.
Oh, ti prego, no!». Al s'accigliò e stava per dire
qualcosa quando Zac lo precedette.
«Non dirmi che ti sei innamorato di quella»
mormorò.
Albus aprì la bocca per parlare ma la richiuse
quasi subito, non sapendo come rispondere.
1° ottobre 2022,
14:32
Hogsmeade, High Street
Sebastian aspettava pazientemente quel momento da due anni e mezzo. E
finalmente era arrivato. Dire che era euforico era poco e dovette
calmare i tremolii frequenti della gamba. Alla fine, serrò
le
dita attorno al caffè fumante e cercò di
controllare il
respiro. Era seduto ad un tavolino fuori dalla locanda 'I Tre Manici di
Scopa' e aspettava la comparsa di Kate, che era in ritardo di quasi tre
minuti, occhieggiando nervosamente l'orologio. Nel frattempo aveva
dovuto ordinare qualcosa, e anche se non lo aiutava con il nervosismo e
l'iperattività, aveva optato per un caffè. La
Tassorosso
avrebbe potuto benissimo scegliere di dargli buca, lui la conosceva
bene e sapeva che quella sarebbe stata la sua prima idea quando si
fosse svegliata. Con questa paura ad attanagliargli il petto e
rischiando di trascinarlo giù, non vide la figura che faceva
il
suo trionfale ingresso ad High Street con cui c'era un'altra persona a
braccetto. Fu quando gli passarono accanto che li notò.
Albus Potter e una biondina sexy ma di sicuro senza cervello.
Si è subito
messo alla ricerca di un'altra, eh? Che stronzo... E Kate ci sperava
davvero...
Anche il Serpeverde aveva notato lui - da molto prima, però
- e
aveva ostentato un'allegria spudoratamente falsa. Non tentava nemmeno
di mascherarla e di mentire da ottimo Serpeverde.
Vuol farmi capire quanto
mi detesta... Ma non sa quanto io detesti lui.
«Ciao, Baston! E Kate dov'è? Non dovevate uscire
insieme?» fece Potter malignamente, occhieggiando il posto
vuoto.
Stava per rispondere amabilmente che era in cammino, e che magari
quando fosse arrivata sarebbero potuti andarli a salutare insieme,
quando una voce si intromise.
«Sono qui, dietro di te»
L'espressione di Potter si fece strana, ma quando si girò
sembrava perfettamente a suo agio. Quando sia Sebastian che Albus
guardarono Katherine, rimasero un attimo basiti. Sebastian fu il primo
a riprendersi e a parlare.
Tanto io già
sapevo che è bellissima.
«Ehi, Katie»
Kate storse la bocca all'appellativo, ma rispose al saluto con un
sorriso felice e si sedette sulla sedia libera, per poi stringergli la
mano sotto il tavolo. Sebastian sentì un calore ghermirgli
il
cuore e le lanciò uno sguardo dolce. Potter
sbuffò e
brontolò contrito: «Beh, io e Chloe andiamo
dentro. Ci si
vede». Il Grifondoro lo guardò scappare con una
sorta di
gioia vendicativa, per poi girarsi quando Kate lo baciò
sulla
guancia.
«Io ho già chiamato mia madre, quindi... Che si
fa?»
gli chiese, e l'altro le baciò la mano che
stringeva la
sua. Notò con un sogghigno il rossore che si diffuse sulle
guance della ragazza, che pensò che non era possibile
arrossire
così tante volte in un giorno solo. Intanto, Sebastian
sperava
ardentemente che Potter, da lì dentro, li stesse guardando.
«Beh, per prima cosa ce ne andiamo da questo nido di serpi,
ok?» propose e osservò con entusiasmo l'istantanea
risposta affermativa che gli diede lei. Perciò aspettarono
un
cameriere - Hannah Paciock aveva trasformato quel posto, rendendolo
più ufficiale ed elegante e riuscendo nell'impossibile
(ossia
surclassare la precedente proprietaria) - e Sebastian si fece dare il
conto per il caffè, poi pagò e si incamminarono
ancora mano nella mano.
Dentro il locale, Albus stava guardando fuori da tutto il tempo e in
quel momento propose a Chloe qualcosa di più intimo. La
ragazza,
pensando ad uno stanzino e a pochi vestiti addosso, annuì e
si
fece far trascinare via. Albus seguì da lontano la coppietta felice e
sentiva che a momenti poteva vomitare.
Si tengono per mano.
Stanno
camminando mano nella mano come una coppietta felice. Dio, dimmi che
non è vero. Quel Grifondoro sta tenendo per mano la ragazza
che
in un mese - un
mese esatto
- mi ha
fatto innamorare.
Lo aveva finalmente ammesso a se stesso: si era innamorato come un
povero imbecille, lasciandosi incantare da cose banali come un paio di
occhi colmi di curiosità e una risata che risuona sempre
forte
nell'aria sovrastando ogni cosa.
In quel momento, però, Albus si sentì come se
Kate lo
avesse accoltellato e per questo decise che il suo piano doveva salire
di un livello. Notando la direzione che avevano preso,
domandò a
Chloe: «Ti va di andare da Madama Piediburro?». La
ragazza
rispose che per lei andava bene tutto, ma stava iniziando a
insospettirsi.
Nel frattempo, Sebastian e Kate erano lì a qualche metro di
distanza, camminando e chiacchierando. Si fermarono davanti ad un
locale e per la prima volta da quando l'aveva vista davanti a I Tre
Manici, il ragazzo tentennò.
«E-entriamo? Delle mie amiche mi hanno detto che come posto
per un-» si fermò prima di dire appuntamento
«Beh, mi hanno detto che è un posto carino,
ecco».
Katherine, che era curiosa di vedere se quel posto era orrendo come
glielo aveva descritto Helena, annuì e gli sorrise
incoraggiante, per poi farsi trascinare da Sebastian. Quando furono
dentro e il campanello alla porta suonò una strana melodia
melensa, si resero conto di essere all'inferno. Rosa e centrini di
pizzo dappertutto. Sebastian era impietrito e sconvolto, e Kate dovette
farsi coraggio per entrambi. Lo trascinò ad un tavolo per
due e
lo fece sedere, aspettando la proprietaria per ordinare qualcosa.
Quando questa arrivò, il Grifondoro si era ripreso quasi del
tutto e riuscì a balbettare un 'Lo stesso che prende lei'.
In
dieci minuti, c'erano Sebastian, Kate, Albus, Chloe, una coppietta
sbaciucchiosa e il fumo del teh a riempire l'orrida saletta. Katherine
era profondamente turbata dalla presenza di Potter e Sebastian lo aveva
notato, sapendo leggere alla perfezione le sue espressioni.
Allungò le mani e prese le sue, strette nervosamente al
bordo
del tavolo. Non potette fare a meno di notare il viso contrito e
fortemente arrabbiato di Potter.
«Ehi, se vuoi ce ne andiamo» mormorò
quindi, sperando che lei lo volesse quanto lo voleva lui.
«Finiamo prima il teh» sussurrò piano
l'altra di
rimando e afferrando un biscotto di pastafrolla con le scaglie di
cioccolato. Il Grifondoro acconsentì e ne prese uno anche
lui,
mangiucchiandolo con aria tesa. Quando dissero alla proprietaria
dell'inferno che avevano finito, Sebastian si offrì di
pagare il
conto e dopo qualche obiezione Kate cedette stancamente.
Fuori da quel posto, si sentirono entrambi meglio e respirarono l'aria
a pieni polmoni. Dopo un po' ritrovarono l'allegria, spingendosi
scherzosamente e prendendosi in giro a vicenda. Poi passarono alla
saletta da teh di Madama Piediburro.
«È stato orribile, lì dentro! Hai visto
quanto
rosa? E quanti dannati centrini di pizzo!» disse Kate ridendo
piano.
«Beh, almeno i biscotti erano buoni»
commentò
Sebastian e la ragazza scoppiò a ridere come se avesse detto
la
cosa più divertente del mondo.
È questo il
bello delle sue risate... Sono tutte così quando si lascia
andare.
«Sì, hai ragione. In compenso ci sono i
biscottini!»
disse lei, poi furono presi da un pensiero comune e lanciarono la
stessa esclamazione.
«Consegnati al Lato Oscuro di Madama Piediburro! Ha i
biscottini!».
Furono presi da un raptus di risate e si resero conto di essere vicini
alla Stamberga Strillante. Katherine gli lanciò uno sguardo
consapevole e divertito, prima di incamminarsi verso la struttura in
decadimento. Sebastian la seguì e quando lei mise il piede
in
malo modo e rischiò di cadere, la prese al volo,
riafferrandole
la mano e baciandole la tempia, e commentò su quanto fosse
disattenta. Kate sbuffò, poi si tolse le scarpe e lo
trascinò alla pietra levigata su cui adorava sedersi quando
erano ad Hogsmeade. Stava iniziando a fare freddo e lei non aveva
addosso nient'altro che il vestito bicolore, quindi Sebastian la
avvolse nel proprio mantello insieme a lui. Kate poggiò la
testa
sulla sua spalla e il ragazzo credette di essere finito dall'inferno
dritto al paradiso in pochissimi minuti.
Intanto, Albus stava litigando con Chloe da Madama Piediburro.
«Ammettilo, idiota: sei perso per quella, vero?»
stava dicendo la ragazza con tono accusatorio.
«Perché pensi una cosa del gen-» stava
tentando di dire l'altro.
«Perché ogni volta che lei se ne va, tu vuoi
seguirla. Mi
hai invitata e poi non mi hai cagata di striscio. E se davvero ti piace
così tanto quella
lì,
perché non vai a dirglielo?» sbottò
Chloe
alzandosi, afferrandogli il bordo dei pantaloni e versandogli il teh,
ancora caldo per magia, lì dove non batte il sole. Dopo la
sfuriata, la ragazza se ne andò sbattendo la porta e facendo
azionare un'altra volta il campanello dell'orrenda canzoncina.
Sinceramente provato da quell'esperienza, Al si alzò ancora
dolorante e scappò da lì, cercando di riuscire a
trovare
Kate.
Maledetta Chloe! Stronza!
pensò mentre camminava a fatica e faceva varie smorfie di
dolore. Dopo un gran pezzo di cammino, sentì una risata, una
sua risata,
e cercò di localizzarla.
È alla
Stamberga Strillante! capì dopo un po'. Si
mosse alla svelta, ignorando il dolore lì sotto
e poi soffocando un dolore all'altezza del cuore. Erano seduti su una
roccia dall'apparenza tanto comoda, abbracciati con addosso il mantello
di lui. Baston stava parlando e Kate rideva a causa delle sue parole.
Ad un tratto, così,
all'improvviso, Baston disse qualcosa che fece drizzare Katherine. Lo
guardò confusa e poi capì che gliel'aveva detto
sul serio.
«Ti amo».
Sebastian si stava avvicinando sempre di più e ormai ne
sentiva
il respiro sulle sue guance rosse. La sua mano le stava afferrando la
nuca mentre l'altra le accarezzava una guancia. Katherine stava
pensando alle parole di Becky - 'E
se ti piace, bacialo.'
- e capì cosa doveva fare. Posò le mani sul petto
di
Sebastian mentre lui le sussurrava ancora di amarla e quasi le
sfiorò le labbra, poi lo allontanò piano, con le
lacrime
agli occhi.
«No»
gli aveva
mormorato e poi si sentì morire al dolore che lesse nel suo
sguardo. Si districò dal mantello e dalle sue braccia, e si
alzò con le lacrime a rigarle le guance e scappò
come
meglio sapeva fare. Non girandosi mai indietro.
Albus la stava guardando piangere seduta sull'erba dei prati di
Hogwarts. L'aveva seguita fin lì dalla Stamberga, ma ancora
non
si era avvicinato. Aveva paura che potesse rifiutarlo, che potesse
urlargli contro o qualcos'altro. E allora se ne stava lì a
guardarla. Non sapeva neanche cosa provare. Felicità,
soddisfazione? Di certo non si sentiva così.
Forse era dispiacere, quello che gli giaceva sul fondo del cuore. Non
per Baston, di lui non gli interessava. Era guardare Kate piangere
disperata, singhiozzando come non mai, che gli faceva male. Non poteva
sopportarlo, però non poteva andare da lei.
Era un circolo vizioso. Doveva
stare con lei. Sentiva ogni giorno il desiderio impellente di vederla.
E finché non la vedeva, quel pensiero lo consumava. Si
sentiva
drogato vicino a lei. Però non l'aveva mai notato prima di
quel
momento. E sospirò, guardandola.
Non poteva fare altro.
1° ottobre 2022,
23:06
Hogwarts, sotterranei
Avevano aspettato tutto il giorno, preparando tutto alla perfezione.
Avevano una spia all'interno (se così si poteva chiamare un
terrorizzato primino minacciato a morte) ed erano sicuri che sarebbe
andato liscio come l'olio. James e Martin avevano indossato il Mantello
ed erano entrati, per visionare tutto dall'interno. 'E anche per farsi
due risate!' aveva detto James calando il Mantello
dell'Invisibilità su se stesso e sull'alleato Tassorosso.
Martin alla fine si era fatto rassicurare dalla palese e ostentata
sicurezza del Malandrino nelle capacità del suo gruppo.
In quel momento erano accucciati nel punto più isolato della
stanza, e quindi più sicuro, e James stava guardando male
l'altro perché gli aveva pestato il piede. Il Grifondoro
aveva
fatto venire lui a malincuore e solo perché quella era 'La
Vendetta Dei Tassorosso'.
Quanto avrebbe voluto che al suo posto ci fosse Jason!
Almeno lui non
è così rumoroso! pensò il
ragazzo amareggiato.
Tra alcuni minuti si sarebbe messo tutto in moto e dopo l'iniziale
apocalisse - che segnava la fine del mondo dei Serpeverde - sarebbero
dovuti scappare alla svelta per salvarsi la pelle dal finale epico
assicurato.
E il premio dello
Scherzo dell'Anno va a... I Malandrini!
Il Grifondoro guardò l'orologio e diede di gomito a Martin.
Iniziarono a muoversi lungo il muro lentamente con in mano i secchi
traboccanti e poi James si scrocchiò le dita e prese la
bacchetta. Nella Sala Comune erano presenti solo altri due ragazzi, per
via dell'ora tarda, ma poi tutti sarebbero accorsi e... bye bye Serpi!
«Aguamenti» borbottò il ragazzo insieme
a Martin e
allagando piano la stanza. Uno dei due se n'era accorto e stava
cercando terrorizzato la fonte. A missione compiuta, le due Serpi erano
state bloccate su divani e avevano le caviglie zuppe, cominciando a
chiamare aiuto da sopra.
James era asciuttissimo, merito dell'Incantesimo Impermeabile che
intelligentemente si era fatto prima, mentre martin aveva i calzini
bagnati. I due rovesciarono i secchi e decine e decine di granchi verdi
fosforescenti, sui cui dorsi c'era scritto 'Siete merde', invasero la
stanza mentre vari Serpeverde sciamavano per la stanza. I granchi si
avvicinarono famelicamente alle loro vittime e intanto, le capsule
posizionate strategicamente stavano cominciando a sciogliersi e i due
dovettero scappare. Uscirono di corsa dalla Sala e, insieme agli altri
che li stavano aspettando, arginarono l'acqua in modo che non
fuoriuscisse e si godettero i fuochi d'artificio: le capsule esplosero
ricoprendo ogni cosa di gomma da masticare rosa.
Proprio vicino alle scale, pieno di gomma e completamente sconvolto
mentre veniva mordicchiato da un granchio, c'era Pitman con i suoi due
amici. Martin li indicò ad Ernest ed iniziarono le risate.
Che
finirono ben presto.
«Che sta succedendo qui?»
Si girarono e, lì, proprio dinnanzi a loro, si ergeva la
fiera
figura di Minerva McGranitt. Quando Frank, il Caposcuola,
cercò
di parlare non riuscì ad emettere qualcosa che non fosse
stato
un pigolio spaventato.
«Il signor Pitman mi ha mandato un messaggio poco fa,
dicendomi
che c'era uno strano rumore nella sua Sala Comune. E adesso, signorini,
voglio delle spiegazioni. E, per favore, che mi convincano a non
espellervi seduta stante» disse la Preside glaciale, i cui
occhi
lampeggiavano furiosamente.
Martin era congelato dalla paura, ma non riuscì a non
cogliere la piccola risata porcina di Peter Pitman.
Siamo morti.
* esatto, ho liberamente copiato Barney Stinson, solo che, a mia
discolpa, quelli a parlare sono due. u.u
** e sì, questo è un riferimento a Lily Evans
Non
ci posso
credere: ce l'ho fatta davvero! Sappiate che ho scritto fino alle
undici di ieri sera per finire la parte dell'appuntamento. Che, boh,
è stato un parto. : /
Adesso
passiamo ai ringraziamenti di rito: Bra_and_Goten per averla messa
nelle seguite, Look at the stars per averla messa nelle preferite e
MoganoThestral7629
per aver recensito.
Beh, non credo ci siano altra cose da dire, quindi, boh,
lettori/lettrici!
Portate 'boh' ovunqueeee!
|
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Capitolo 9 *** Capitolo VIII - Selezioni (ahi ahi qui si fan guai) - I parte ***
Cap. 8 'TGT'
Capitolo VIII - Selezioni (ahi ahi, qui si fan
guai!) - I parte
1° ottobre 2022,
23:31
Hogwarts, Ufficio della
Preside
Ormai Jason se ne era fatto una ragione, così come tutti i
suoi
amici. Marshall e Ernest, però, erano ancora terrorizzati,
probabilmente perché per loro era la prima volta. La
preside,
dall'alto del suo scranno, li guardava con occhi assottigliati e le
labbra livide, aspettando l'arrivo dei Direttori delle due Case
chiamate in causa. Frank tamburellava distrattamente con le dita sul
bracciolo della sua sedia e rifletteva sulle possibilità
della
revocazione della sua nomina di Caposcuola. Jason sapeva che Neville
gli
avrebbe solo dato una strigliata ed una punizione, sia
perché
l'uomo era compiacente e sia perché alla loro età
aveva
fatto di peggio.
Anche se a diciassette
anni aveva un motivo vero per fare casino. Non una faida tra Case. Non
una piccola vendetta. Una guerra.
Ciò, però, non cancellava il grande, enorme,
casino che avevano fatto loro. La Preside, con labbra tremanti dalla
rabbia, era troppo piena di ira nera ed esplose, impaziente e
ormai scocciatasi di aspettare con le mani in mano. Era uno degli
spettacoli più terrificanti che Jason avesse mai visto.
«Come avete osato danneggiare gravemente una Sala Comune a
voi
del tutto estranea? Come avete fatto? A chi è venuta
quest'idea?
E per quale motivo? Siete forse impazziti? State certi che non ve la
caverete con una normale punizione» riprese fiato per poi
ricominciare a sbraitare «Per prima cosa pulirete voi il
danno
causato alla Sala Comune dei Serpeverde e poi-».
«Ma, mia cara Minerva, non spetta a noi scegliere le
punizioni?».
Elizabeth Haldane, che in quel momento era una vera e propria manna dal
cielo, incedette a piccoli e graziosi passi nella stanza. L'anziana
donna era la professoressa di Babbanologia nonché Direttrice
di
Tassorosso, ed era assolutamente adorabile. Era piccolina ed in carne,
con modi eleganti di altri tempi ed aveva una predilezione per i
vestiti da nonnina e le collane di perle. Ma era così dolce
e
rispettabile che per tutti i Tassorosso era davvero una nonna, che
vizia i propri nipotini fino all'inverosimile. Al suo fianco c'era uno
spettinato e assonnato Neville Paciock con il mantello al contrario e
la camicia fuori dai pantaloni da un lato, che esibiva la sua
più grave espressione da ora-siete-nella-cacca.
Minerva McGranitt, al limite dell'esasperazione, sbuffò come
una
gallina inferocita e le fece gesto di fare ciò che voleva.
La professoressa le concesse un sorriso di ringraziamento e si rivolse
ai due alunni che erano sotto la sua giurisdizione.
«Oh, cari, vi prego di darmi una motivazione. Anche se in
questa
situazione non c'è motivazione che regga» fece un
piccolo
sospiro addolorato «Spiegatevi, cari». L'ultima
cosa che la
donna voleva era punire due suoi alunni, che seguiva affettuosamente
dal primo anno, cercando di inculcar loro il senso del giusto e del
sbagliato. Mentre Martin e Ernest tentavano di spiegare tutta la
faccenda, Neville approntò un approccio diverso con i cinque
Grifondoro.
«Per iniziare tolgo cinquanta punti a Grifondoro, e non
discutete. Voi cinque siete una fonte incessante di guai e scommetto
che c'è la tipica motivazione del 'siamo nemici fino alla
morte'. Guai a voi se la prossima volta vi fate beccare
perché
non vedrete più la luce del giorno. E naturalmente i vostri
genitori verranno tutti avvisati. Non sapete quanto mi dispiaccia
punire così i figli dei miei più cari
amici» disse
guardando dispiaciuto ma non meno arrabbiato James, Jason, Fred e
Lorcan e poi rivolgendosi al figlio «E tu... spera che tua
madre
non ti obblighi a fare le pulizie dei Tre Manici l'estate prossima,
perché altrimenti non ne uscirai più vivo. E
naturalmente, io e Minerva troveremo un sostituto più che
adatto
per il ruolo di Caposcuola di Hogwarts». Frank aveva lo
sguardo
basso e tirò su con il naso due volte, mortificato di fronte
alle parole del padre.
Jason sospirò e si grattò una guancia, conscio di
aver
trascinato l'amico in una faccenda che non avrebbe dovuto riguardarlo
affatto, e guardò James, che sembrava stesse pensando la
stessa
cosa. L'unico a parlare tra di loro dopo il discorso di Neville fu
Lorcan, che, con sguardo serio e voce mortifera, chiese:
«Allora,
qual è la nostra punizione?».
Il giovane uomo sospirò passandosi una mano sul volto e
riflettendo accuratamente. Poi, cercando in Minerva un cenno d'assenso,
iniziò ad esporre le proprie sadiche idee.
«Potreste, come ha suggerito la preside, pulire la Sala
Comune
dei Serpeverde, visto che mi sembra ingiusto che quei poveri elfi
debbano subire anche le chele dei granchi oltre ai propri lavori
quotidiani. In seguito potreste... Vediamo, mettere a posto l'archivio
della biblioteca aggiungendo i nuovi testi scolastici vi sembra troppo
poco?».
I ragazzi accusarono il colpo e scossero la testa, accettando la
propria condanna a morte.
«Bene, e con questa è fatta. Scusatemi, Minerva e
Elizabeth, ma domani devo alzarmi presto per poter piantare vari Gerani
Zannuti per far esercitare quelli del quinto anno» detto
questo,
Neville si dileguò lanciando uno sguardo severo ai ragazzi.
Intanto, la professoressa Haldane stava dicendo che per lei anche i
suoi due alunni dovevano subire la stessa punizione per poi lasciare la
stanza con i ragazzi e lanciare un saluto stanco alla Preside, che non
aveva più parlato.
I ragazzi si divisero, senza un saluto, terrificati dal giorno che
sarebbe venuto e persi in tristi pensieri.
2 ottobre 2022,
8:32
Hogwarts, Sala Grande
Due urli disumani e terribilmente simili squarciarono l'aria sonnolenta
del mattino.
«Cosa hai combinato?!».
James Potter e Martin Marshall, seduti fianco a fianco, sprofondarono
nella panca, cercando di non farsi vedere mentre le loro ragazze,
furiose, facevano loro una sfuriata degna di questo nome. I due avevano
deciso in tacito accordo di sostenersi l'un l'altro e riferirlo alle
ragazze insieme.
Helena, alzatasi per il fervore della rabbia, prese James per un
orecchio e lo fece alzare, facendo segno a Muse di seguirla. La bionda
afferrò Martin per la maglia e si affrettò a
camminarle
dietro. James strillava come un maialino e la supplicava di lasciarlo
perché gli faceva male, mentre Martin si faceva compatire
con lo
sguardo da Ernest. Li portarono fuori, distanti da occhi e
orecchie indiscreti, e iniziarono a dar di matto. Helena, poi,
schiaffeggiava ripetutamente il suo ragazzo sulla nuca, accompagnando i
colpi con parole intrise di sconcerto e rabbia.
«Come» schiaffo «diavolo»
schiaffo
«ti» schiaffo «è»
altro schiaffo
«saltato-in-mente» altri tre schiaffi. James
intanto si
lasciava colpire, non senza grugniti di dolore ben poco raffinati.
«Helena, cazzo! Mi fai male!» sbottò il
ragazzo dopo
vari e dolorosi altri schiaffi. Helena inspirò rumorosamente
e
lo guardò male, dandogli un pizzicotto sul braccio e aprendo
bocca per parlare. James, però, non gliene diede la
possibilità e la baciò. La ragazza si
lasciò
andare con una specie di grugnito, chiudendo gli occhi conciliante e
circondandogli il collo con le braccia.
Intanto, Muse continuava imperterrita la sua partaccia, aggiungendo
varie frasi che riempirono Martin di sconforto.
«Come pensi che potrai piacere ai miei genitori? Guarda che
mio
padre appena saprà di te farà un indagine o una
cosa
così e poi, quando scoprirà il tuo stato di
sangue non mi
permetterà più neanche di respirare. E anche lui
se
è... no, fosse, dannazione! E anche se fosse Babbano non gli
piaceresti, con tutte le scemenze che stai facendo. E sentirmi parlare,
anzi no, urlare
in questo
modo, sembrando una pentola a pressione scoordinata e con un lessico
penoso è umiliante. Quindi, pensa alla
possibilità di
restare con me fino a Natale, prima di combinare un altro
disastro!».
Martin serrò la mascella, e, sentendo il bisogno di affetto,
la
tirò a se in un abbraccio, sprofondando il viso tra i ricci
biondi. La ragazza sospirò e gli accarezzò i
capelli con
le lacrime agli occhi; era terrorizzata da ciò che suo padre
avrebbe potuto fargli. Però, si disse, Apollo Graham non
avrebbe
osato rischiare di venire arrestato per un lurido Sanguesporco,
come li chiamava lui.
Ormai, di questi tempi
le torture e le persecuzioni sono fuori moda, oltre che illegali e
severamente punibili.
«Scusa, io...» mormorò sconfitto e
avvilito, non
sapendo come continuare. Restò in silenzio, ben sapendo che
in
certi momenti il contatto fisico era più esplicito di mille
parole.
3 ottobre 2022,
11:05
Hogwarts, corridoi
Un ragazzo stava cercando un suo amico da più di mezz'ora,
ed in
quel momento stava ringraziando le ore buche. Dire che si stava
scocciando della situazione era poco. Perciò, quando girato
l'angolo finalmente lo
trovò seduto, e perennemente sconsolato, sul davanzale di
una finestra
contornato
da una decina di ragazzi chiacchieroni e piuttosto irritanti,
tirò un sospiro di sollievo.
«Seb!» lo chiamò
dall'estremità del corridoio
per poi mettersi a correre nella sua direzione. Il ragazzo gli fece a
malapena un cenno della mano in segno di saluto e continuò a
fissare un punto indefinito fuori dalla finestra. Il cielo era grigio e
le nuvole cariche di pioggia, cosa non inusuale per Hogwarts. Il
ragazzo, un Corvonero di nome Anton Daugherty, appena gli fu abbastanza
vicino afferrò Sebastian per un braccio e portò
la bocca
al suo orecchio, facendolo quasi cadere. Sebastian non poté
reprimere un sospiro esasperato. Quel giorno, inspiegabilmente, tutti
volevano qualcosa da lui. Ci mancava solo che Anton si mettesse in
testa di tirarlo su di morale con una delle sue pazze trovate.
«In bacheca c'è un avviso. Questo pomeriggio alle
quattro
inizieranno le selezioni» gli sussurrò Anton. Per
la prima
volta dopo qualche giorno, Anton scorse un lampo di vitalità
negli occhi del suo migliore amico. Il Quidditch era l'unica che poteva
farlo
tornare allegro, volente o nolente. Il Grifondoro fece un sorrisino e
si mise in piedi in
un lampo, attraversato da una sorta di scarica di adrenalina. Non ne
era molto certo, correndo e portandosi dietro Anton, ma sempre un
qualcosa di nuovo gli scorreva nelle vene. Si era alzato urlando di non
rompere le Pluffe ai ragazzi che fino
ad un attimo prima gli stavano rompendo l'anima con proposte e
suppliche e che adesso gli gridavano indignati per essere stati
scaricati così brutalmente.
La corsa a rotta di collo che fecero durò tanto,
così tanto che a Anton venne la voglia di spiaccicare
Sebastian
contro un muro e poi di mandare qualcuno a pulire il macello. Intanto,
Sebastian non pensava ad altro che ai
Grifondoro che avrebbe voluto portare. Nelle settimane precedenti non
ci aveva pensato più di tanto, ma in quel momento doveva
farlo. Altrimenti che avrebbe fatto, ci sarebbe andato solo? Ma neanche
per idea!
Uhm... Potter di sicuro,
e anche Dunn e Rose. Ah, anche Finnigan, certo!
Anton sorrise quando Sebastian iniziò a parlare
delle sue teorie e delle sue decisioni, felice di vederlo distratto
dopo due giorni di apatia totale e sconfortante.
Kate sarebbe stata contenta quando quella sera le avrebbe
detto che ora Sebastian stava meglio.
Ma non grazie a lei,
però...
È il Quidditch che gli fa bene, non lei. È sempre
stata
un'inconscia fonte di guai per Sebastian, quella povera ed
inconsapevole ragazza.
Zacharias Zabini stava camminando tranquillamente, noncurante di essere
in ritardo per Aritmanzia.
Tanto la Garnet mi
venera per il
mio bel
sederino...
La professoressa Eileen Garnet tra gli studenti aveva la
fama di
'mangiatrice di fanciulli' per la sua predisposizione a flirtare
spudoratamente con i giovani e bei ragazzi della scuola. La donna era
sì sulla quarantina, ma molto probabilmente lo faceva per
sentirsi giovane e desiderata, invece di sfruttare la sua bellezza e la
sua notevole intelligenza per far ritornare il marito da lei, dopo che
lo aveva lasciato perché 'la faceva sentire oppressa'.
Zac sbuffò e guardò l'orologio, affrettando il
passo di
poco. Non poteva fare troppo tardi, se no Albus iniziava a fare la
mamma chioccia. Ad un tratto, Zacharias sentì qualcuno
picchiettargli impazientemente
sulla
spalla. Si girò e vide un ragazzo di Serpeverde del settimo
anno
dalle origini indiane.
«Ehi, Kumar! Che vuoi?» fece sorpreso il ragazzo,
mentre
l'altro lo guardava male e raddrizzava la schiena con uno sguardo
sprezzante che a Zac non fece né caldo né freddo
poiché era abituato dalla nascita a sguardi del genere.
«Voglio sapere chi porterai con te per le selezioni di
oggi» sputò fuori Amar Kumar con tono falsamente
disinteressato.
L'unica cosa che gli
importa è
il Quidditch. Bah, per me è solo un gioco... E il fatto che
io
quest'anno sia il Capitano di Serpeverde non influisce particolarmente
sulla mia vita.
Zac ci rifletté un attimo, poi sparò, all'istante
per toglierselo dai piedi, i nomi di
coloro che
sapeva fossero i migliori tra i Serpeverde che aveva visto alle
precedenti selezioni.
«Scorpius Malfoy, Albus Potter, Peter Pitman e... Tu,
Kumar».
Zacharias, anche se gli stava pesantemente antipatico, doveva ammettere
che quel tizio era davvero un diavolo di portiere; ma quando vide
l'espressione tutta soddisfatta dell'altro avrebbe voluto portarci
Marcus al posto suo.
Informazione di
servizio: Marcus non sa giocare a Quidditch. Dio, ma chi me l'ha fatto
fare?
Il ragazzo passò oltre, lasciandosi dietro un Amar Kumar
tutto soddisfatto.
Wayne era profondamente felice che fossero finalmente arrivate le
selezioni finali e non vedeva l'ora di vedere chi sarebbe stato il
Capitano. In quel momento era nei sotterranei e fingeva di ascoltare le
chiacchiere di Lumacorno su chissà quale suo protetto famoso.
Si passò distrattamente una mano tra i capelli e
pensò a chi
portare con sé quel pomeriggio, fingendo di annuire in modo
non troppo accondiscendente al professore di Pozioni.
Mmmm... Gary, Molly
Weasley e Fox. E magari anche Alex.
Fece vagare lo sguardo sulla stanza fredda e umida,
sentendo il
freddo pungerlo come tanti spilli. Si avvicinò un po' al
calderone fumante e sentì i profumi prodotti dall'Amortentia
solleticargli il naso. Catalogò svogliatamente gli odori: il
profumo di rose di sua madre (custodito gelosamente da lui in uno
scrigno d'argento, visto che sua madre era defunta), la resina delle
scope da corsa, l'erba appena tagliata e il ciambellone della nonna.
Si sfregò le mani per darsi un po' di calore e sollievo e
prese
piuma e inchiostro, segnando sulla pergamena quei nomi e quei profumi
che gli aleggiavano confusamente nella testa. Stava ancora
scarabocchiando distrattamente sul foglio quando sentì
distintamente la voce di Horace Lumacorno.
«Wolf, risponda, su».
Sobbalzò indietreggiando un po' con la sedia, notando che il
professore si era avvicinato parecchio al suo tavolo da lavoro e lo
stava guardando perplesso. Vide il suo compagno di banco indicargli di
nascosto un passo del libro e si tranquillizzò, capendo
quale
fosse la domanda e già sapendo la risposta, prontamente
imparata
il giorno prima con pazienza e diligenza.
«Ehm, certo, professore!».
Prudence Goyle, Corvonero del settimo anno, stava tentando di
sciogliersi i nodi dei capelli con le
dita, assolutamente disinteressata alla lezione abitualmente noiosa di
Storia della Magia. Dopo un po' si stiracchiò con uno
sbadiglio,
notando il solito mormorio dilagante proveniente dal fondo della
stanza. C'era sempre un
gruppetto di ragazze ciarliere che non perdeva l'occasione
per parlottare a mezza voce e molto allegramente, qualunque
fosse
il
momento. Sospirò, scrivendo una data che aveva colto in
mezzo al
discorso senza fine di Rüf. Ogni tanto, durante la lezione
Prudence segnava qualcosa, tanto per far vedere che lei era una persona
seria e ben disposta allo studio. E anche per niente cattiva,
o robe così. Anche se non centrava niente con lo studio, in
effetti. Però, la ragazza faceva di tutto per mostrarsi
buona e
gentile, anche se il suo cognome spesso era scomodo.
Tutti sanno chi
è mio padre e
da che parte stava durante la Seconda Guerra Magica. Tutti, nessuno
escluso. E ciò potrebbe minare la mia persona.
Anche se in
effetti è già successo.
Quasi nessuno la considerava, perché era meglio non avere
niente
a che fare con i Goyle. Gente cattiva, come i Malfoy. Prudence
conosceva Scorpius, erano amici d'infanzia in un certo senso; cosa che
non si poteva dire quando si parlava di suo fratello e del giovane
Malfoy. Benjamin Goyle e Scorpius si odiavano a morte e quando Ben era
stato accettato piuttosto bene dai Grifondoro sei anni prima, Prue non
poté non esserne contenta. Almeno il suo fratellino era
visto
come buono e non come razzista Purosangue. Alcuni lo associavano a
Sirius Black (anche perché era straordinariamente bello) e
pensavano a lui come 'la mela sana della famiglia Goyle'. Mentre lei
era solo una perfida saputella.
Cercò di pensare ad una cosa che potesse invadere
piacevolmente la sua testa e trovò il Quidditch. Quel giorno
ci sarebbero state le selezioni con i giudici, che gli pareva fossero
certi importanti figure che avevano a che fare col Quidditch passato e
presente. Era eccitata
ed essenzialmente nervosa, ma mandava tutto giù con lo
studio.
Niente è
meglio dell'Aritmanzia per scordarsi cose imminenti
e potenzialmente pericolose per la tua salute psichica.
Comunque, in quel momento stava pensando a come avvertire Rupert e
Charles che erano loro quelli che quel pomeriggio sarebbero andati alle
selezioni con lei.
3 ottobre 2022, 16:02
Hogwarts, campo di
Quidditch
Sebastian stava guardando il cielo pensieroso e contemporaneamente
stava cercando di far stare zitte Helena e Rose che parlavano
assiduamente. Stavano aspettando da un quarto d'ora, perché
Sebastian aveva voluto che fossero lì in anticipo per
chissà quali motivi (erano oscuri anche a lui). Aveva
adocchiato gli altri partecipanti
e aveva passato non meno di un minuto ad incenerire Albus Potter con lo
sguardo, per poi passare in rassegna agli altri volti e alle
caratteristiche fisiche.
Merlino, aiutami tu!
Questi sembrano appena usciti da QuidditchMania!
pensò guardando la corporatura del basso e agile Tassorosso
che gli sembrava si chiamasse Hunter Fox e un Corvonero dalla stazza
robusta e forte di nome Rupert Jinnah.
Aveva paura di non farcela, di non meritare di essere lì. Ma
il momento passò quando vide delle persone arrivare sul
prato ampio ed erboso. Inspirò rumorosamente quando dalle
scope, tutte rigorosamente lucide e magnifiche, scesero i tre giudici.
Oliver Baston, suo padre. Gwenog Jones, ex Capitano delle Holyhead
Harpies. Ed un tizio che in quel momento riuscì a
memorizzare solo come grosso.
Un enorme massa flaccida di carne.
Ringrazio
Elizabeth_Lovegood e Asia Greenrose per averla messe tra le
seguite e... IL VUOTO per aver recensito. Davvero, ragazze, siete molto
attive. e.e
Mmmmbeh, il capitolo
è piuttosto di passaggio - e anche mortalmente brutto :
/ - ma vedrete nel
prossimo (cioè il continuo di questo). C'ho già
tutta la testa che lavora febbrilmente
per trovare qualcosa di decente da scrivere. ;-D
Ah, QuidditchMania è un giornale che mi sono inventata io.
Sono molto brava, eh? XD
Per
spoiler, immagini,
ecc., ecco il mio nuovissimo e rampante (?) gruppo
Facebook,
capito, tizie? Quindi, almeno questo fatelo per me: aggiungetevi.
ç.ç E vi preeeeego: recensite.
Altrimenti avrete al
telegiornale la storia di un'autrice che si è suicidata. u.u
|
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Capitolo 10 *** Capitolo IX - Selezioni (ahi ahi qui si fan guai) - II parte ***
Cap. 9 'TGT'
SE
NON LEGGETE QUESTO VE NE PENTIRETE. Prima cosa: oggi pubblico solo
perché è il compleanno del mio fratellone e dovevo
dedicarglielo. u.u Seconda cosa: AGGIUNGETEVI QUI
(il mio gruppo su Faccialibro), per spoiler, le immagini ecc.
Peppeeeeeeeeee!
Questo
è per te, coglions. <3
Capitolo
IX - Selezioni (ahi ahi, qui si fan guai!) -
II parte
3 ottobre 2022, 17:51
Hogwarts, campo di
Quidditch
Come Sebastian aveva scoperto poi, la massa flaccida di carne aveva un
nome. Richard Chipper, direttore di QuidditchMania
nonché precedente sponsor dei Tornados. Appena appresa la
sua
identità, a Sebastian prese un colpo, sapendo che bastava
una
sua raccomandazione per finire tra i titolari del Puddlemere United e
ogni volta che Rose faceva un commento divertente ma anche offensivo
sulla sua mole, Sebastian la riprendeva mostrando l'infinito rispetto
che provava per quell'uomo. I giudici li avevano messi subito a
faticare, senza neanche dar loro il tempo di replicare il saluto
formale e rispettoso.
In quel momento, Sebastian stava correndo lungo tutto il perimetro del
campo ed era il secondo in testa alla fila. Il primo, quello
più
veloce e quindi sicuro vincitore della prova di resistenza che stavano
facendo, era Zacharias Zabini, il Serpeverde amico di Potter.
Quest'ultimo si era accasciato a terra dopo il quarto giro e non
accennava a rialzarsi e Sabastian ne era enormemente compiaciuto; oltre
al secondogenito di Casa Potter, a terra c'erano anche Rose, Wayne Wolf
e Gary Entwhistle. Gli altri facevano spesso pause, tutti tranne Zac,
Sebastian e Rupert Jinnah. Il Grifondoro era al sesto giro e non ne
poteva più, sentiva le gambe molli e la testa pesante, ma
quando
sentì suo padre urlargli di fermarsi per evitare un collasso
lo
ignorò, e portò a termine il sesto e anche il
settimo giro
di corsa. Poi si fece cadere su una panca e si fece mettere in mano una
bottiglietta d'acqua mentre Zacharias gli si sedeva accanto.
«Ehi, Baston! Bella prova» commentò il
Serpeverde.
Sebastian lo guardò scettico e vide la mano che l'altro gli
stava porgendo pacificamente. Il Grifondoro la strinse e gli sorrise,
ricambiando i complimenti. Dall'altra parte del campo, Albus li
guardava confuso mentre si alzava per dirigersi alle docce. Quella di
resistenza era l'ultima prova della giornata e adesso i giudici stavano
confabulando amabilmente e stavano confrontando le cartelle su cui
avevano preso appunti. La cosa sembrava estremamente seria e Sebastian,
scoprendo in Zabini un ottimo ascoltatore, gli confidò che
non
aveva mai avuto la minima idea che suo padre fosse uno dei giudici,
altrimenti non avrebbe partecipato. E quando Zac gli chiese il
perché, lui gli rispose col cuore:
«Perché non
saprò se sarò messo in squadra perché
sono il
figlio del
giudice o perché me lo merito. E questo non mi va
giù».
«Tuo padre lo sapeva, ci scommetto. Ma ha voluto che tu
partecipassi comunque. Non voleva privarti di un'occasione
così
rara per far vedere di che pasta sei fatto» disse Zabini con
l'aria di chi la sa lunga.
«Ognuno deve sfruttare le opportunità che
ha»
commentò ironico Sebastian, ripetendo quello che aveva
sentito
spesso dire al padre.
«E tu ne hai una enorme, Baston. Vedi di sfruttarla come si
deve» sibilò di rimando Zac con un ghigno,
battendogli una
mano sulla
spalla e allontanandosi verso il cugino. Sebastian rimase a guardare il
cielo aranciato dal tramonto e andò alle docce, rendendosi
conto
di essere fradicio di sudore. Prima della prova di resistenza, c'era
stata la valutazione delle varie specialità e il Grifondoro
aveva segnato dieci gol su undici, mentre Amar Kumar cercava
inutilmente di parare. Aveva seguito le altre prove e aveva notato le
grosse potenzialità di Hunter Fox nel ruolo di Cercatore,
che
aveva acchiappato il Boccino dopo sessantanove secondi esatti.
Purtroppo, Potter deteneva il record: tredici secondi netti. L'altro
Potter aveva segnato otto gol su undici, con Wayne Wolf come portiere.
Ma non fu colpa sua, perché se al posto di Wolf ci fosse
stato
un qualsiasi altro portiere avrebbe messo a segno tutti i gol. Quel
Wayne era un ottimo portiere, il più bravo che c'era sulla
piazza in quel momento. Riguardo ai Battitori, Rupert Jinnah era
mostruosamente forte e rischiava seriamente di far male a qualcuno, ma
la mira ne risentiva; la più brava era stata di sicuro Prue
Goyle, che aveva centrato numerose volte il manichino al centro del
campo, e Rose aveva fatto una delle sue migliori prestazioni. Stuart,
però, non era andato molto bene e aveva passato la maggior
parte
del tempo a lanciare sguardi di fuoco a Scorpius Malfoy. Sebastian
aveva sentito dire che al Grifondoro 'gli amici dell'anno' non andavano
per niente giù, e non poteva dargli torto. C'era qualcosa di
strano nel modo in cui portavano avanti quella cosiddetta amicizia.
Sembrava che fossero improvvisamente spariti gli anni di odio e di
insulti e la cosa era leggermente inquietante, era come se avessero
subito il lavaggio del cervello. Un giorno si odiavano a bestia, non
potevano guardarsi che potevano scannarsi, e il giorno dopo iniziarono
ad andare d'amore e d'accordo. Era strano.
Ma a Sebastian non poteva interessare di meno, in quel momento. Kate
era fuori dalla docce femminili, era poggiata al muro e aspettava con
le mani in mano, guardandosi i piedi e Sebastian sospettava che fosse
arrossita. Il ragazzo drizzò le spalle e si diresse verso le
docce per i maschi, che era proprio accanto a destra, facendo di tutto
per non guardarla o per non avere in faccia un espressione qualsiasi,
che fosse felice o intrisa di dolore. Doveva regalarle indifferenza. Ad
un tratto le fu così vicino che avrebbe potuto facilmente
toccarla, ma aprì la porta ed entrò.
A Kate vennero i brividi quando Sebastian fu entrato, e
sentì le
lacrime minacciare di bagnarle ancora le guance; ma se lo fece passare.
Aveva capito di aver perso il suo miglior amico il giorno dopo quel
fatale appuntamento, quando era entrata in Sala Grande con Rose, che
l'aveva convinta a sedersi con loro al tavolo dei Grifondoro. Lui non
c'era ancora. Katherine pensava che magari avrebbero potuto parlare,
chiarire la cosa, anche se aveva troppa paura. Quando si trattava di
dire cosa pensava o di parlare a cuore aperto, Kate sentiva un groppo
in gola e il battito cardiaco impazzire, perché aveva paura
delle reazioni, che magari il suo interlocutore si mettesse a ridere
per il suo essere troppo ridicola. Non voleva che gli altri ridessero
di lei e così preferiva tenersi tutto dentro. Nel momento in
cui
Sebastian era entrato Helena glielo aveva sussurrato piano e lei si era
girata per guardarlo. Aveva sempre saputo che Sebastian fosse bello, ma
in quei giorni ci pensava un po' troppo spesso. Quando lui l'aveva
vista, si era irrigidito un attimo per poi avvicinarsi al primo vassoio
che vide, lanciarle uno sguardo sprezzante e uscire dalla Sala. Kate
aveva sentito qualcosa dentro di lei rompersi e capì che
tutto
era finito.
Dio, i suoi occhi. Erano
così... cattivi. Ma lì c'era anche dolore.
Katherine sentì la porta aprirsi e vide Rose uscire tutta
contenta. Katherine era felice per lei, perché aveva visto
che
era andata bene e iniziò a fingersi felice anch'essa.
«Sei stata fantastica, Rosie. Ti prenderanno di
sicuro» le
disse schioccandole un bacio sulla guancia. La rossa le
lanciò
uno sguardo compiaciuto e la guidò verso il castello.
Kate non dormì neanche quella notte. Ogni volta che
chiudeva gli occhi vedeva quei due pozzi scuriti da cattiveria
e
dolore.
12 ottobre 2022, 18:21
Hogwarts
Dormitorio femminile
Tassorosso
«E quindi mi ha detto che non vuole più stare con
me.
Così, senza preavviso. L'attimo prima ci stavamo baciando e
l'attimo dopo mi molla. Dio, quella ragazza è
impossibile».
«Ma è-».
«No, Kate. Non è una cosa definitiva,
perché lei fa
sempre così. Fra qualche ora tornerà con la coda
tra le
gambe e tornerà tutto come prima. Almeno fino alla prossima
settimana» sospirò «È inutile
tentare di
ragionare con lei. È completamente pazza».
«Ed è questo quello che ti piace di lei, no? Anche
se...
Becky, insomma lo sai cosa penso io! Ci soffri troppo e dovresti
lasciarla perdere» tentò di consigliarle Kate ma
Becky
scosse la testa cocciuta.
«Io so come trattarla. Non è poi così
difficile» borbottò intestardita la bionda,
incrociando le
braccia al petto.
Quando Kate fu messa a conoscenza della bisessualità di
Becky
non ne restò stupita e dopo un attimo aveva iniziato a
parlarle
tranquillamente di ciò che stavano dicendo prima. In quei
giorni
la loro amicizia era cambiata, diventando più seria e
leggera
insieme e Katherine ne era felice. Almeno qualcosa che andava
bene
c'era, in quel periodo.
Restarono a parlare ancora un po', tutte e due sedute sui propri letti,
e la mora non tirò più fuori l'argomento 'ragazza
difficile'. Becky, però, le aveva raccontato di essere
innamorata di Angela, una loro compagna di dormitorio, e che anche
l'altra provasse qualcosa per lei.
Dopo un po' scesero a cena e Kate aveva lo stomaco che brontolava
incessantemente, in Sala Grande si sedettero fianco a fianco.
Katherine guardava Becky ridere come una pazza ad una battuta di un
certo Oscar Smith, quando lo sentì. Un rumore forte e
stridulo,
che catturò in poco l'attenzione di tutti. Erano dei fuochi
d'artificio magici, che esplodevano da fuori la finestra. Il rumore
però sembrava vicinissimo. Si alzò e come tutti
uscì fuori nell'aria gelida della sera, guardando il
magnifico
spettacolo, probabilmente offerto dai Malandrini che avevano appena
finito di scontare la loro punizione. Katherine sorrise guardando le
strane forme che si disegnavano da sole nel cielo, riempendo
quest'ultimo di colori sgargianti e suggestivi. Sentiva i fischi
d'apprezzamento che lanciavano alcuni ragazzi e sentì le
risate
gioiose dei primini quando un drago arancione sputò
scintille
verdi verso le nuvole. Era un bel modo di finire la settimana
scolastica, su questo non si poteva discutere. Quando lo spettacolo
cessò, tornò dentro, accortasi del freddo cane
che faceva
all'aperto. Notò che Sebastian la stava guardando, ma non
diede
segni di essersene accorta, rigò dritta per la sua strada.
Però sentiva ancora il sguardo attraversarla da capo a piedi
e
gli montò la rabbia.
Ma cosa diamine vuole?
Sbuffò irritata e lo guardò con la fronte
aggrottata, poi
decise di dargli addosso. Gli si avvicinò con passo marziale
e
notò compiaciuta lo sguardo impaurito e curioso che le
lanciò.
Non puoi farmi impazzire
e passarla liscia, signorino mio. Eh no.
Katherine lo afferrò per un braccio e lo trascinò
via,
ormai convinta che dirgliene quattro fosse l'unico modo per scaricare
lo stress. Dopo un po', lo mollò e si girò a
fronteggiarlo, sputandogli addosso tutto ciò che si era
tenuta
dentro per giorni.
«Non puoi fare così, tu. Non puoi non parlarmi per
giorni
e guardarmi come se fossi una cacca di Doxy sotto le scarpe. Quei
cinque anni in cui ti ho voluto bene da morire, in cui sei stato il mio
migliore amico, dove sono finiti? I tempi in cui ci sostenevamo a
vicenda, in cui un giorno senza l'altro era noioso, te li sei
dimenticati? La devi
smettere.
Dimmi, vuoi essere baciato? Perché se è
così,
avrai ciò che vuoi. Magari la finisci di fare lo
stronzo!». Detto questo, lo afferrò per il bavero
e si
sporse per baciarlo sulla bocca.
Sebastian la guardò un attimo spaesato, ma prima che la
ragazza
potesse avvicinarsi troppo le afferrò i polsi e
l'allontanò scuotendo la testa amareggiato. Kate
sentì un
singhiozzo scuoterle il petto; si accorse di star piangendo come
un'idiota.
«E allora cos'è che vuoi? Io... io non ti capisco.
Ti
prego, smettila, ok?» disse la Tassorosso e notò
quanto
fosse orribile sentire la sua voce spezzarsi e tremolare. Le
scostò una ciocca di capelli dalla fronte con le dita,
guardandola con quello che suppose, a torto, fosse compatimento.
«Katie, io...» sussurrò, poi
appoggiò la
fronte alla sua e chiuse gli occhi. La ragazza sentì la sua
indecisione e poi sentì le sue mani stringerla dolcemente e
le
sue labbra sfiorarle prima le guance, poi il naso e poi la fronte.
Continuò a baciarla piano, poi sospirò e
ridacchiò amareggiato.
«Potrei approfittarne, sai?» mormorò
Sebastian e
Kate capì che era difficile starle così vicino.
«Ma non lo farei mai. E vuoi sapere il perché,
vero? Perché non è quello che vuoi tu».
Katherine boccheggiò e gli posò le mani sul
petto, mentre
un calore dolce la riscaldava dentro. «Come sei... idiota»
gli sussurrò di rimando con affetto.
«Ti voglio bene».
«Ti amo da impazzire».
Parlarono contemporaneamente e Kate, sentendo la frase del ragazzo,
arrossì impietosamente e gli si allontanò.
Sebastian
osservò per un po' le gote rosse dell'altra,
ridacchiò e
disse: «Ops. Non avrei dovuto dirlo, eh?».
«Senti, io devo andare» sbottò la
ragazza che si era
irrigidita e non lo guardava negli occhi. Sebastian provò a
stringere il suo braccio ma gli sfuggì e la Tassorosso
andò via senza dire niente.
E Sebastian stava lì, lo sguardo vacuo e la mano ancora tesa
verso il vuoto.
Albus l'aveva visto tornare dentro subito dopo Kate e gli
sembrò
giusto andare ad intimargli una serie di cose che covava dentro da
secoli. Katherine gli era sembrata sconvolta e sull'orlo delle lacrime.
«Ehi, Baston. Non ti sembra di averla fatta piangere
abbastanza?» fece con rabbia e quando l'altro lo
notò
serrò la mascella e con sguardo di puro odio
continuò a
camminare; ma Albus non voleva cedere e gli afferrò un
braccio.
«Devi lasciarla in pace. Mi sembra l'unica cosa buona che
puoi
fare, a questo punto» sputò Al, guardandolo fisso.
«Se tu non ti fossi messo a rompere le palle proprio
quest'anno,
lei starebbe benissimo. È colpa tua, non mia»
ribatté il Grifondoro con l'amaro in bocca. Albus
sollevò
le sopracciglia e rise, non rendendosi conto degli sguardi straniti di
alcuni studenti che si erano fermati ad osservare la scena e che ad un
folle sguardo di Sebastian si volatilizzarono nel nulla.
«Quindi tu la fai piangere e la colpa è mia.
Davvero molto
intelligente, Baston, e...» disse maligno Albus con gli occhi
che
sprizzavano scintille, «lei è mia, fattene una
ragione».
«Tua?! E allora dimmi... Cosa sai di lei? Lo sai che a
quattordici anni si è rotta una gamba? Dov'eri tu? Allo
stadio a
guardare il Quidditch, immagino. Lo sai come l'ho conosciuta? L'ho
trovato in un aula vuota a piangere, aveva undici anni e sembrava un
cucciolo abbandonato che andava alla deriva. Lo sai che ha una cotta
per te da quando ha tredici anni? E ho dovuto sentire un sacco di stronzate su quanto
tu eri fantastico o bravo o veramente
mervaviglioso,
mentre tu te ne andavi in giro con i tuoi amici e stavi con una
puttanella qualsiasi. E l'ho dovuta anche consolare. Perché
è questo che faccio da sei anni: la consolo quando ha
bisogno. E
tu, dimmi dov'eri quando è morta sua zia e non voleva uscire
più di casa? O quando si trovava brutta come la peste perché tu non la
guardavi?
No, avanti, dimmi quanto la ami. Riceverai un pugno in
faccia»
disse Sebastian aggressivo, mentre Albus gli mollava il braccio e lo
guardava furibondo.
Sebastian, finalmente libero, se ne salì, sentendosi
più leggero.
13 ottobre 2022, 8:47
Hogwarts, terzo piano
«Lucy» gridò euforica una ragazza dai
folti capelli
rossi saltando addosso ad una povera ragazzina mora con gli occhiali,
che per poco non caddero a terra per l'impeto dell'abbraccio.
«Molly, cos-» provò a dire la mora, ma
venne
interrotta da un'altra ragazza dai capelli rossi, più bassa
dell'altra.
«Senti, Lucy, non parlare, perché adesso ci siamo
noi a
festeggiarti. Capito, piccolina?». La ragazza mise su un
cipiglio
degno di suo padre e cercò di liberarsi dalle braccia
soffocanti
di sua sorella.
«Ma voi non avete niente di meglio da fare il
giovedì
mattina?» sbottò Lucy lottando furiosamente con la
sorella
per ricevere un po' d'aria ai polmoni.
«Ma è il tuo compleanno!»
esclamò felice
l'altra rossa saltellando con in mano un pacchetto ornato da un enorme
fiocco dorato.
«Rose, chiudi il becco e aiutami!»
strillò Molly, mollando un affettuoso
calcio allo stomaco della sorella. Rose fece una smorfia e
alzò
gli occhi al cielo e infilò il pacchetto nella tasca interna
del
mantello invernale che indossava per poi buttarsi nella mischia ridendo
come una pazza. Dopo circa tre minuti fece la sua entrata in scena il
professor Whithe che si bloccò alla vista di quel vortice di
schiaffi e risate.
«Che sta succedendo qui?» disse cercando di
trattenere le
risate e senza la minima intenzione di punire quelle tre Weasley. Era
stato giovane pure lui, dopotutto. Le tre si districarono e Lucy
arrossì, tentando di mantenere un po' di dignità.
«È il compleanno di mia sorella,
professore» rispose
Molly sistemandosi i capelli e sventolando un sorriso ampio e luminoso.
Brian Whithe sorrise e diede dei composti auguri alla mora, per poi
consigliare alle tre di sbrigarsi per le lezioni.
«Certo, professore, ci scusi» balbettò
Lucy con le
orecchie rosse e lo sguardo abbassato. Il professore di Difesa
regalò loro un piccolo sorriso di circostanza e si
avviò
verso la sua aula, che era un corridoio più avanti.
Molly ridacchiò e poi sospirò con gli occhi a
cuoricino.
«Certo che abbiamo proprio un professore figo, eh»
commentò con un sopracciglio alzato in segno di malizia.
Lucy la
guardò scandalizzata e le mollò uno schiaffo sul
braccio,
convinta da sempre che i professori fossero quello di più
sacro
al mondo dopo i libri, e Rose le fece l'occhiolino, completamente
d'accordo con la cugina rossa. Senza neanche accorgersene, avevano
iniziato a camminare e a parlare di quello che avrebbero fatto quella
sera, con lo scoppio di un altro mini-litigio.
«Guarda che io stasera me ne starò a letto con una
cioccolata calda, i biscotti di nonna Molly e il libro di
papà!» aveva detto Lucy, contrariata quando Rose
propose
una piccola festicciola di famiglia nella Sala Comune Grifondoro.
Quindi Molly e Rose si erano scambiate uno sguardo e avevano riso, per
poi bistrattarla in tutti i modi per convincerla a fare ciò
che
volevano loro. Ma Lucy aveva la testa dura, come un qualsiasi altro
Weasley. Tranne Hugo, s'intende. Lui era l'apoteosi della concordia e
della dolcezza.
In conclusione: niente
festa. Che sorella rompiballe, però.
pensò Molly, quando girò l'angolo da sola per
andare alle serre. Oggi
lezione doppia di Erbologia con i Grifondoro. Oh, Jamie, aspettami che
arrivo!
Nel pomeriggio, Molly, Rose e James si rividero per la seconda sessione
delle selezioni. Molly era lì solo per guardare,
perché
era stata messa fuori alla prova del 3 ottobre, ma non se l'era presa
più di tanto; quindi si sedette sugli spalti vicino a
Stuart,
anch'esso buttato fuori alla prima prova. Al contrario di lei, il
ragazzo aveva messo su il broncio da quando l'aveva saputo ed in quel
momento stava guardando astioso Richard Chipper e Oliver Baston in
rapida sequenza. Oltre a loro due era stato escluso anche Christopher
Carpenter
e gli studenti che gareggiavano erano scesi a quattordici.
«Ah, StuStu, non te la prendere» gli disse con un
grosso
sorriso malandrino sulle labbra. Il moro la fulminò con lo
sguardo e se ne stette a braccia conserte, mentre Molly sbuffava
esasperata e si girava per guardare Katherine salire sugli spalti.
«Ehi, sorella Tassa! Qui!» le urlò
sbracciandosi,
poiché sua cugina l'aveva intimata piuttosto
spassionatamente di
non lasciare sola quella ragazza nemmeno per un attimo quel pomeriggio.
E poi quella ragazza mi
sta simpatica! Al contrario di Lily, che, non si sa il
perché, la odia. Bah, roba da matti...
Katherine le sorrise e si sedette in mezzo a lei e Stuart, e per questo
Molly pensò che dovesse erigerle una statua. Quel giorno
Stuart
era troppo brontolone per i suoi gusti.
La seconda prova iniziò e consisteva in una piccola
partitella,
e dopo un po' Molly iniziò uno strano coro da stadio,
incitando
James, Rose o Helena, a seconda dei momenti di sconforto. Kate la
guardava divertita e stupita dalla sua pazzia, cercando di non farsi
distrarre da Albus o da Sebastian che svolazzavano per il campo
incuranti. Si ricordava com'era scappata dal suo amico il giorno prima,
quando si era resa conto che la cosa migliore per tutti era troncare le
relazioni affettive con lei.
Io porto solo guai...
La squadra di James e Rose stava vincendo, e almeno una
buona notizia c'era. Dopo una spettacolare azione di Helena, Molly
convinse Katherine ad improvvisare una canzone per la sua finta e la
bruna si ritrovò a ridere convulsamente mentre inventava le
rime.
«Helena ha fatto gol? Hop, hop!
Helena ha fatto gol! Hop, hop, hop!
E adesso chi vincerà?
Ma ovviamente quella là!».
La partita finì, con la vittoria dell'altra squadra, salvata
per
un pelo da Al che afferrò il Boccino appena in tempo. Questa
prova avrebbe deciso chi entrava come titolare e chi come riserva,
tutto sarebbe stato messo in conto; perciò era ovvio che la
tensione si sarebbe potuta tagliare con un coltellino da burro.
Richard Chipper si avvicinò a Oliver e gli
sussurrò
qualcosa all'orecchio, l'altro annuì e si rivolse ai ragazzi.
«Oggi si è deciso molto, ragazzi. Vi faremo sapere
al
più presto, tramite un messaggio in bacheca. In seguito si
deciderà il Capitano. Chiameremo noi i candidati in separata
sede e dopo un accurata ponderazione, la squadra sarà
pronta!» esclamò e i ragazzi si dispersero.
Non
ringrazio nessuno perché non ve lo meritate. :P
E
sul capitolo
non c'ho nulla da dire, ma il prossimo sarà meno depresso e
ci
saranno tuuuutte la famiglie, sarà una cosa festosa,
finalmente
(se ve lo meriterete, intendo, eh). Mmmm, mi sa che per l'arrivo a
Saharmisr dovrete aspettare ancora un po', però.
Detto
questo, vi lascio.
|
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Capitolo 11 *** Capitolo X - I 101 modi per evitare una persona ma trovarsi sempre la famiglia tra i piedi (il manuale) ***
Cap. 10 'TGT'
Capitolo
X - I 101 modi per evitare una persona ma trovarsi sempre la famiglia
tra i piedi (il manuale)
15 ottobre 2022, 12:12
Hogwarts, Sala Grande
Kate mangiucchiava distrattamente un pezzo di pane asciutto e pensava
in modo
altrettanto noncurante, guardando il piatto pieno di minestra che le
stava di fronte. Le verdure galleggiavano lentamente nel liquido
verdastro, inconsapevoli dell'assoluto disgusto con cui le guardava
Donald dall'altro lato del tavolo. Quel giorno l'aria era stranamente
tesa e irrespirabile e attraverso la Sala Grande serpeggiavano a
malapena dei
bisbigli fugaci; anche i professori sedevano in religioso silenzio. In
tutte le tavolate c'erano visi colpiti da espressioni smarrite o
leggermente terrorizzate, perché la notizia aveva raggiunto
tutti. Non si poteva ignorare un evento così importante e
significativo per lo Stato Magico Inglese. La sera precedente fu atto
un attentato alla vita del Ministro Shacklebolt, in cui erano morti
quattordici funzionari del Ministero più quattro Auror (che,
come il
Profeta aveva puntualizzato, avevano servito con onore la
comunità magica fino alla fine) durante un incontro
burocratico. Quando la scuola scozzese era
venuta a conoscenza della terribile tragedia, si era paralizzata di
fronte alle foto di quattro persone di età e sesso disparate
che
la Gazzetta del Profeta aveva pubblicato insieme al resoconto degli
avvenimenti. Non si respirava quell'aria dai giorni della Seconda
Guerra Magica, aveva commentato Harry Potter in una lettera frettolosa
indirizzata ai propri figli. Perché, ebbene sì,
l'attentato era stato accompagnato da una nube verde a forma di Marchio
Nero e come se non bastasse era stato rivendicato non poche ore dopo.
Quella mattina a colazione ragazze e ragazzi
erano impalliditi e scoppiati in lacrime, perché
lì, in prima pagina, c'erano i volti della propria sorella,
del
proprio fratello o genitore. Una ragazza di Corvonero non era stata
avvertita di nulla e quando aveva visto il viso ridente di suo padre su
quella pagina di giornale, con una minuziosa descrizione della sua
morte, era svenuta tra le braccia del suo ragazzo dopo aver pianto
tutte le sue lacrime.
Intanto, al tavolo
dei Grifondoro James e Lily si guardavano con facce da funerale, ormai
consapevoli che il loro papà, il Salvatore, era in pericolo
più di tanti altri. I Mangiamorte, si sapeva, erano
particolamente vendicativi. Rose, dal canto suo,
era certa che il caso sarebbe stato affidato a suo padre e voleva tanto
che ci fosse Stuart a consolarla e ad abbracciarla, ma dopo tutto quel
tempo era abituata all'ansia provocata dall'avere un genitore nelle
forze
speciali dell'ordine magico che rischiava la vita. A dir la
verità, prima non l'aveva pressata più di tanto
perché non c'era un così gran pericolo,
però quel
giorno aveva capito che per minare in modo talmente grave la sicurezza
del Ministro della Magia c'era in mezzo un Mago Oscuro potente e
spregiudicato.
Aveva bisogno di braccia calde che l'avvolgevano ma da qualche tempo
lei e Stuart passavano pochissimo tempo insieme e la ragazza sotto
sotto era consapevole che il suo ragazzo la stava evitando;
perciò si accontentò di farsi abbracciare dal suo
fratellino che le era appena seduto accanto. Hugo l'aveva stretta
piano, come se avesse paura di romperla, e le aveva sussurrato
all'orecchio una delle solite frasi che intendono essere confortanti
ma che non lo sono affatto; però si lasciò
cullare dal
sapore di quella frase, di quel 'andrà tutto bene' che le
era
stato rivolto, ci sperò e per un attimo pensò di
crederci
davvero. L'ansia, poi, tornò a torturarla.
Quel pomeriggio si sarebbero riuniti nella Stanza delle
Necessità e avrebbero cercato di portare un po' di
spensieratezza in quel grigio e piovoso giorno di ottobre, magari
parlando dei preparativi del matrimonio di Ted e Victoire o del
trasferimento imminente in Egitto. Si sarebbero distratti a vicenda, si
sarebbero sorretti, perché è quello che una
famiglia fa.
Ad un tratto, si sentì un tonfo, il rumore di qualcosa che
era
caduto sul tavolo. Rose disseppellì il viso dalla spalla di
Hugo
e guardò il vecchio gufo di casa Potter, comprato da sua zia
Ginny durante il primo anno di matrimonio, che zampettava confuso e
traballante verso James. Quest'ultimo lo guardò perplesso,
prima
di sfilare delicatamente la lettera dal suo becco. Il ragazzo
guardò la firma vergata in inchiostro nero come la pece e
aggrottò la fronte, per poi strappare la busta e farne
scivolare
il foglio di carta quattro per quattro. Era carta babbana e
l'inchiostro proveniva da una di quelle strane penne molto facili da
usare e che non procuravano sbavature indesiderate. Con gli occhi
andò direttamente alla firma e per un attimo le sue
sopracciglia
si alzarono come non mai.
Emma Holmes.
Con un sospiro cominciò a leggere la lettera e in
meno di
un minuto passò da un colorito normale a uno verdastro.
Deglutì un paio di volte e si passò una mano nei
capelli,
scansando la mano della sorella che, incuriosita, aveva allungato una
mano per prendere il foglio, e si alzò con le mani nelle
tasche
e con passo pesante e espressione seria uscì dalla Sala.
Rose diede un bacio sulla guancia al fratello, prima di
prendere la borsa e dirigersi verso l'aula di Aritmanzia, nonostante
all'inizio della lezione mancassero ancora venti minuti buoni.
Katherine la vide e si affrettò a seguirla, sapendo che per
lei
era un brutto momento e aveva bisogno di una
persona che la ascoltasse. Notò con la coda dell'occhio
Albus
dal tavolo dei Serpeverde che la salutava, ma
toccò leggermente l'avambraccio dell'amica
ignorandolo. La
rossa le sorrise forzatamente e la portò fuori, su per le
scale
e poi verso l'ala Est del castello.
«Ma Kate, non devi andare anche tu a lezione?» le
bisbigliò la Grifondoro sfregandosi le braccia alla ricerca
di
un po' di calore.
«È così presto che posso benissimo
accompagnare te
e poi andarci. E poi Hagrid non si arrabbierà più
di
tanto» ribatté Kate soffiandosi sulle mani.
«È davvero così presto,
scusa?» le
domandò Rose accigliata, sistemando la tracolla sulla
spalla.
Come risposta ricevette un leggero assenso con il capo. Rose la
guardò meglio e vide un espressione che di certo non poteva
appartenere alla piccola dolce Katie. Sembrava arrabbiata a morte e per
questo si girò appena intercettata la direzione dello
sguardo.
Emmeline Nott ancheggiava verso di loro, accompagnata da Chloe e
Eleanor Harper. La bruna stava fissando male - oddio, questo era un
eufemismo - l'unica bionda del gruppo, che stava parlando a bassa voce
facendo ridacchiare le altre due. Rose afferrò
l'amica per
un braccio e la trascinò al corridoio successivo, per
evitare
qualsiasi tipo di contatto. Non voleva altri drammi. Katherine si
divincolò e la
fissò sbalordita.
«Ma che ti prende?» sbottò la ragazza
massaggiandosi
il braccio dolorante. Rose la ignorò ed entrò
nell'aula
vuota sbattendo la porta. La Tassorosso rimase un attimo impietrita,
poi scosse la testa e pensò che era meglio se le parlava
solo
nel pomeriggio, perché seguirla in classe avrebbe
significato
litigare ed era meglio di no. Serrando i pugni per il freddo, fece in
fretta il percorso inverso per uscire all'aria aperta. Quando
oltrepassò il portone nella Sala d'Ingresso,
sbuffò aria
gelida e si sistemò le maniche della divisa in modo che le
tenessero la mani al caldo. Erano passati circa diciotto minuti da
quando era uscita dalla Sala Grande con Rose e la lezione stava per
cominciare, la ragazza aveva già avvistato il gruppetto di
Corvonero con cui condivideva le lezioni di Cura delle Creature
Magiche. Mentre si sedeva sullo steccato che Hagrid aveva costruito
anni
addietro, vide Becky e Donald avvicinarsi e Sebastian bloccare il
biondino e parlargli velocemente con Becky che aspettava pazientemente.
Kate era perplessa e si accorse che loro non avevano visto lei, quindi
poteva perfettamente fare finta di nulla. Da qualche giorno a quella
parte, la ragazza evitava spudoratamente sia Albus che Sebastian,
convinta che fosse meglio per tutti.
Ogni cosa che faccio,
sia pure
qualcosa che credo giusta, finisco sempre per ferire uno dei due. E io
finisco peggio di tutti e due messi insieme. Perché,
sì,
sto salvaguardando anche me stessa.
Si strofinò le guance e dette l'impressione di non averli
notati. Come avrebbe voluto avere il super-udito... O perlomeno una di
quelle Orecchie Oblunghe dei Tiri Vispi! La curiosità la
stava
divorando pian piano, ma continuò a fissarsi le scarpe
all'apparenza noncurante. Quando sentì il braccio di Donald
intorno alle
spalle alzò finalmente lo sguardo per sorridergli. Dopo
qualche
minuto arrivò il professore accompagnato da Teddy e la
lezione
iniziò, un'alone di disagio persistente circondante
l'assenza di ben due ragazzi.
15 ottobre 2022, 17:54
Hogwarts, Stanza delle
Necessità
Stuart non c'era, era un dato di fatto. Le aveva detto che aveva da
fare, o qualcosa del genere. Non che a lei interessasse; insomma,
già sapeva che era praticamente finita ma non voleva
rassegnarsi. Avrebbe dovuto fare qualcosa e invece rideva ad una
battuta di Scorpius, lasciandosi distrarre. James si era volatilizzato
da pranzo e nessuno sapeva dove fosse. Gli altri Malandrini erano
lì, insieme al resto della famiglia e a tutti gli amici dei
cugini.
All'improvviso la porta si aprì e ne entrò
proprio James, tutto scarmigliato e rosso sulle guance.
«S-salve, ragazzi. Io, ehm... Tutto a posto?»
balbettò James cercando di sembrare normale. Helena si
alzò e gli prese una mano e lui le sorrise titubante.
Sembrava
scosso e tutti lo stavano guardando perplessi, per cui fu la sua
ragazza a prendere in mano la situazione, come al solito.
«Stavamo parlando proprio di te, sai? Dov'è che
eri
finito, con una ragazza, eh?» gli disse maliziosa, tentando
di
allentare la tensione. James ridacchiò nervoso e le
passò un
braccio attorno alla vita, andandosi a sedere su un divanetto vicino a
Jason.
«Ehi, c'è una cosa che ancora non ho capito...
Com'è che voi avete finito la vostra punizione in biblioteca
così in fretta?» chiese Molly ai ragazzi in
questione.
Albus fece un sorrisino tirato e riservò un'occhiataccia al
fratello, che rispose esitante.
«Ah, beh...» si schiarì la gola e
riprese un po' di
colore e coraggio, tanto che ghignò «Ho chiesto un
piccolo
favore al mio adorato fratellino. E Albie è stato
così
gentile da fare come gli ho detto, cioè ha chiesto a quella
vecchiaccia della Scroll una piccola supervisione. Il lavoro l'ha fatto
praticamente lei e il merito è dell'arte di Sevvy nel
sedurre le
zitelle acide!». Al gli lanciò un cuscino della
poltroncina
su cui era seduto e che gli ritornò indietro dritto sulla
faccia.
«Guarda che la Scroll è gentile e disponibile con
tutti
tranne che con te, perché tu sei uno di quelli che non porta
rispetto per la biblioteca» ribatté scorbutico il
Serpeverde, subito contraddetto da tutti tranne che da Lucy, Louis e il
suo amico Corvonero, che gli sembrasse fosse Ishmael, il fratello
gemello - ma neanche tanto - di Zac.
«La Scroll è simpatica solo con voi intelligentoni
leccaculo» confermò Scorpius, guardando il cugino
beffardo
e ricevendo assensi in generale.
Era stato un bel pomeriggio, dopotutto. Si erano rintanati
lì
alla fine delle lezioni e nessuno aveva parlato degli eventi all'ordine
del giorno, nonostante i loro sguardi a volte si facessero un po' spenti.
Dominique e Lily avevano convinto Victoire a lasciare a loro la
programmazione del matrimonio e Dominique aveva chiesto alla sorella se
poteva disegnare e cucire lei il vestito da sposa. Rose si era
divertita mentre vedeva suo fratello e Scorpius guardarsi male per
tutto il tempo e aveva scherzato con tutti, ma era stata soprattutto
con il biondino e Kate, che se ne stava lì seduta senza
osare
guardare altrove. Louis, Ishmael e Lucy avevano intavolato discorsi
filosofici oppure riguardanti l'Aritmanzia, Rose non ne era certa ma lo
era sul fatto che fossero tematiche alquanto noiose. Helena aveva
scherzato tutto il tempo con Jason e Lorcan, mentre Fred e Frank
giocavano a Sparaschiocco. Molly aveva partecipato attivamente alle
discussioni sportive tra Roxanne ed il fratello che cercava
contemporaneamente di giocare e di ascoltarle. Albus se ne era stato in
disparte come Teddy, certe volte però aveva parlato con
Scorpius
o con uno dei cugini, ma la maggior parte del tempo l'aveva impiegata a
guardarsi intorno in silenzio e cercando di riflettere. Ora che James
era lì, l'attenzione si catalizzò su di lui, che
però non sembrava averne tanta voglia. Qualche ora dopo,
visto
che nessuno voleva che finisse Rose decise che era il momento di fare
una capatina alle cucine e ad accompagnarla fu Scorpius, che la
seguì scontento ed obbligato dal suo migliore amico. Appena
furono fuori dalla stanza si resero conto del calore che vi era
all'interno, mentre tra i corridoi del castello vigeva un freddo che
penetrava fino alle ossa. Rose rabbrividì e Scorpius
ghignò mentre si stringeva addosso il mantello che lui non aveva dimenticato
di portare. Camminava lento, mentre l'altra cercava di fare il
più in fretta possibile. Dopo un po', Rose prese a spingerlo
da
dietro, ottenendo come unico risultato di stare fermi in mezzo ad un
corridoio freddo ed inospitale.
«Malfoy, sei la persona più antipatica su questo
mondo» sbuffò la ragazza esausta, lasciandolo e
incamminandosi verso lo sbocco del corridoio.
«Oh, non lo pensi davvero, Rosie»
ribatté il
Serpeverde afferrandola per il polso ed accompagnandola
così,
aggrappato al suo braccio. Rose lo guardò divertito e
finalmente
vide il quadro che cercavano, anche se Scorpius non sapeva cosa fare
perché non era mai andato alle cucine. Quindi la ragazza si
fermò e si strinse le braccia al petto, indicandoglielo
appena e
ricevendo un'occhiata stranita.
«Che cosa dovrei fare, scusa?» le
domandò perplesso
fissando la pera ritratta. Rose ghignò e gli
afferrò la
mano, per poi alzarla verso la pera.
«Falle il solletico» ordinò la ragazza.
Scorpius
l'aveva guardata come se gli avesse chiesto di fare il solletico ad una
per-. Ah, è quello che gli aveva chiesto davvero.
«Sei impazzita, eh Rossa Rosellina?»
sbottò
inarcando le sopracciglia. Rose sbuffò con le lacrime agli
occhi
per le risate e portò la mano dell'amico sulla tela,
facendogli
sfiorare la pera dipinta. La porta si aprì e Rose
entrò
saltellando allegra, mentre Scorpius rimase immobile con la bocca
aperta. Rose sbuffò e, senza neanche uscire dalla stanza, lo
afferrò e lo tirò dentro, chiudendo poi
l'ingresso.
«Woh!» esclamò Scorpius mentre veniva
trascinato e
spinto su una sedia. Si guardò intorno e vide una marmaglia
di
elfi domestici che si affaccendava di qui e di lì, tutti
puliti e vestiti con una lunga tunica bianca su cui disegnato lo stemma
della scuola.
«Ma, Weasley...» borbottò sentendosi
come un pesce fuor d'acqua.
«Adesso prendiamo più cose possibili e... Mixer!
Mixer,
aspetta!» urlò la rossa sbracciandosi verso un
elfo un po'
più alto degli altri che stava facendo levitare un vassoio
pieno
di pasticcini. L'elfo alzò il piccolo capo e sorrise,
squittendo
felice come una pasqua.
«Padroncina Rosie!» fece Mixer saltellando verso la
loro
direzione «Volete qualcosa, padroncina?». La
ragazza
sorrise dolcemente e si chinò verso di lui, sussurrando.
«Solo dei viveri di prima necessità per un enorme
famiglia
affamata» gli disse dolce e serena con le mani sulle gambe.
Mixer
si accese di gioia alla prospettiva di servire ed accontentare la sua
alunna preferita e saltellò verso i quattro lunghi tavoli
disposti nella stanza, prendendo vassoi e riempendoli di zuppe, roast
beef, patate al forno e dolci.
Scorpius era rimasto lì seduto e intanto guardava il magro e
sorridente profilo di Rose. Non si era mai accorto di quanto la ragazza
fosse carina.
Vabbeh, mancanza di
tette a parte...
E poi sapeva essere imprevedibile in ogni momento, e a Scorpius questo
piaceva. Non era male come amica, dopotutto.
«E adesso, Scorpy, faremo levitare il cibo fino al settimo
piano!
Stai attento, mi raccomando: nessuno deve vederci» disse Rose
prendendo la bacchetta e ringraziando accoratamente l'elfo domestico.
Il ragazzo la imitò e si guardarono guardinghi uscendo dalle
cucine.
«Ciao, Mixer! E salutami Woody!» esclamò
la
Grifondoro agitando la mano e chiudendo la porta. Quasi corsero per
arrivare alla Stanza e appena furono dentro sentirono i cori sollevati
della famiglia.
«Non ci speravamo più!»
esclamò Molly
afferrando subito un muffin al cioccolato e agitandole contro un dito
con fare severo. Rose le fece la linguaccia e andò a sedersi
davanti ad un caminetto in cui scoppiettava un fuoco brillante,
continuando a far levitare i vassoi per la stanza per fare in modo che
tutti si servissero.
È stato
davvero un bel pomeriggio...
pensò la ragazza lasciando andare la testa sullo schienale e
chiuse docilmente gli occhi addentando un pezzo di pane e poi un
pasticcino alla crema. Dopo qualche minuto si addormentò con
il
pasticcino ancora in mano e Katherine la coprì con una
coperta
per non farle prendere freddo, anche se non ce ne era bisogno.
«Ragazzi, io voglio dormire qui!»
proclamò Lily
stiracchiandosi e desiderando un soffice letto a due piazze, che si
materializzò lì davanti a loro. Lily
ghignò
serafica e prese un cuscino con piume d'oca, adocchiando maligna i
capelli immacolati di sua cugina Dominique, inconsapevole del suo
piano. Gli lanciò il cuscino addosso e così
cominciò una furiosa lotta a cuscinate, da cui si astennero
Teddy, Ishmael e Lucy. Intanto Rose dormiva beatamente e sembrava che
neanche quel terremoto che era la sua famiglia potesse svegliarla.
Stuart era rimasto in camera tutto il pomeriggio e poi era andato a
cena, dove aveva notato l'assenza della famiglia che gli stava causando
varie crisi di nervi, poi era tornato nel dormitorio e si era messo a
letto. Era cocciuto e stupido, se ne rendeva conto, ma non poteva
sopportare che Rose fosse passata e lui no. Stuart veniva sempre messo
da parte, veniva sempre eclissato dalla sua ragazza col cognome famoso
e si sentiva come se gli stesse privando qualcosa. Si sentiva
arrabbiato con lei perché non lo aveva consolato, si era
preoccupata soltanto di se stessa e non di lui, come se fosse meno
importante di una gomma sotto la scarpa. Aveva deciso che evitarla
fosse la cosa più giusta e si sentiva in dovere di
rimuginarci
un po' da solo.
Nonostante Rose, di fatto, aveva
cercato in tutti i modi di convincere i giudici a riammetterlo.
Fallendo.
E forse era stato quel fallimento a farlo arrabbiare, a deluderlo. Era
convinto che non avesse fatto abbastanza, ecco. Perché
qualcosa
per lui l'aveva fatta, ma non era bastato, né a lui
né ai
giudici.
Ma non era vero, perché Rose, di fatto, aveva tentato il
tutto
per tutto: aveva supplicato, aveva minacciato. Per Stuart non era stato
abbastanza, no, perché lei avrebbe dovuto riuscirci e basta. Era stupido
e terribilmente cocciuto, lo sapeva benissimo, e sapeva anche che lei
sue motivazioni fossero tutte cazzate.
Era invidioso,
ecco tutto. E
non gli piaceva il fatto che Malfoy girasse intorno alla sua ragazza,
sembrava che ne fosse stato attirato come api col miele. Malfoy era un
Serpeverde, figlio di Mangiamorte, era cattivo, eppure a lei piaceva
tanto. Stuart invidiava tutto di quella famiglia. Avevano tutte le
porte aperte, anzi spalancate,
in attesa che loro le attraversassero. Mentre lui non aveva nulla.
E ciò non poteva tollerarlo.
15 ottobre 2022, 23:43
Hogwarts
Sotterranei, Sala Comune
Serpeverde
Zacharias stava rannicchiato sul divano, guardando gli ultimi ciocchi
consumarsi nel camino. Scorpius stava leggendo su una poltrona e ad un
tratto l'entrata si aprì lasciando entrare due ragazzi dalla
pelle scura, uno dei due con la divisa da Corvonero.
«Ehi, Zac!» salutò questo sedendosi al
suo fianco e
venendo completamente ignorato. Ma Ishmael non ci fece caso, era da
tutta la vita che il fratello lo trattava così. L'altro
ragazzo
si inginocchiò ai piedi del divano, allungando le mani verso
il
fuoco ristoratore; si chiamava Lazarus Zabini.
«Mmmm. Voi Malfoy che fate a Natale, Scorp?» chiese
Ishmael
al cugino che distolse un attimo lo sguardo dal libro per puntarlo su
di lui.
«Ah, beh. Penso che andremo dai nonni nella loro villetta
sulle
Alpi. Sai, amano quel posto e ormai si sono stabiliti lì. Ma
a
Capodanno papà vuole dare una festa per i pezzi grossi del
Ministero. Quindi vorrà dire che dovrò sorbirmi
chiacchiere noiose finché non arriveranno i Potter. E poi
lui
sta facendo di tutto da anni per ristabilirsi agli occhi della gente,
come se fosse importante o che a quelli gliene possa fottere qualcosa.
Per loro è solo un Mangiamorte, né più
né
meno» rispose il biondo amaramente, grattandosi il mento
pensieroso, «Voi?». Lazarus alzò le
spalle e Ishmael
disse che non ne aveva la minima idea, mentre Zac gli diede una
risposta abbastanza soddisfacente.
«Io cercherò di staccarmi di dosso quella piattola
della
mia sorellina e poi di andare a caccia di un ragazza carina. A
proposito, mi sa che mi sei rimasto solo tu per farmi da spalla. Sai,
Al è andato» fece il ragazzo, accennando appena a
Charlotte, sua sorella di otto anni.
Scorpius sbuffò e, ghignando, disse: «Albus
è
troppo mollaccione per farti da spalla. Si innamora facilmente, quello
lì».
«Sapete, non capisco perché Potter è
vostro
amico... Insomma è un Potter! E tu, Ishamel, che hai come
amico
quel Weasley biondo? Non vi capisco, sul serio! Sono pure Mezzosangue e
quel Louis ha una mamma mezza Veela!» borbottò
Lazarus ai
fratelli e al cugino, perplesso e pieno di pregiudizi. Zac e Scorpius
si guardarono scettici e risposero all'unisono in modo piuttosto
inquietante.
«È uno a posto».
Ishamel scosse la testa e diede una sberla sulla nuca al fratello,
dicendo: «Non fare il Purosangue razzista! E Fleur ha solo
due
ottavi di sangue Veela nelle vene, non un mezzo!».
«E tu smettila di fare il signorino sottuttoio e di parlare
per
frazioni!» sbottò Laz massaggiandosi il cranio.
«Bertram sta già a letto, eh?»
notò Ishmael
guardandosi intorno e ignorando il fratello minore. Zac
sbuffò
guardandolo per un istante e poi rispondendogli.
«A lui la Sala Comune fa paura, non lo sapevi?».
«Chissà perché è finito a
Serpeverde, non ce lo vedevo proprio» disse un po' perplesso.
«Magari avrà chiesto un favore al Cappello
Parlante. Sai,
per non fare scontento papà» ribatté
Lazarus,
avvicinandosi ancora al fuoco.
«Beh, a me non è importato quando sono finito a
Corvonero.
E a quella peste di Charlotte gliene fregherà ancora di
meno,
quando finirà a Grifon-» disse Ishmael. O almeno
ci
provò.
«Non osare dire una cosa del genere!» lo
interruppe
Scorpius, «Una cugina a Grifondoro. Orrore». Il suo
tono
era scherzoso, ma tanto si sapeva che Charlotte sarebbe finita proprio
nella Casa dei coraggiosi di cuore. Trascorsero la serata
così,
a parlare di famiglia e regali, tentando di non chiudere gli occhi per
il sonno.
16 ottobre 2022, 7:12
Hogwarts, Lago Nero
Sebastian stava correndo per distendere i nervi, che in quei giorni
avevano toccato picchi esorbitanti in quanto a stress. Il ragazzo
poteva dirsi giustamente esausto, era il suo ultimo anno e la mole di
compiti e impegni si dilungava a dismisura. Probabilmente se non fosse
stato per il Quidditch in quel momento non avrebbe avuto
così
tanti compiti arretrati, ma per lui quello sport era importante, voleva
rendere suo padre orgoglioso di lui; era sicuro di esserci riuscito
quando era stato eletto Capitano del Grifondoro e quando la sua Casa
aveva vinto la Coppa per due anni di fila grazie al suo perfetto lavoro
di leader. Era consapevole di saperci fare, anche se non era sicuro se
bastasse o no.
E poi c'era Kate, così... Lontana da lui.
L'aveva fatto soffrire come un cane, e sperava che lei lo sapesse e se
ne prendesse la colpa. No, non era vero. Non voleva che la ragazza si
torturasse con i sensi di colpa, non se lo meritava, anche se Anton gli
diceva il contrario. Non lo aveva deciso lei, stava solo cercando di
capire qual era la cosa giusta da fare ed era completamente fuori
strada. Era un cucciolo smarrito, come lo era sempre stata. Non sapeva
mai che cosa fare, si faceva consigliare da gli altri e aveva sempre
paura di venir rifiutata, ma lui le era sempre stato accanto, cercando
di infonderle quel coraggio Grifondoro che lo riempiva d'orgoglio e di
farla sentire bene e accettata. A dirla tutta, era il suo
cucciolo smarrito. Perciò, riassumendo, le cause della sua
stanchezza cronica erano tre: gli allenamenti faticosi, i compiti in
vista dei M.A.G.O. e le pippe mentali su quanto Kate lo stesse facendo
star male. Cose da niente, insomma. Le vacanze di Natale sarebbero
state una manna dal cielo, ma ci mancavano ancora due mesi. Ancora due
mesi di sfacchinate tra Quidditch e compiti, poi si sarebbe goduto il
Natale in famiglia.
Sì, ma in
seguito si torna a scuola. Cazzo, mai un momento di pace!
Si grattò il naso, fermandosi a riprendere un attimo fiato.
Correva da un mucchio di tempo e puzzava come non mai. Ci sarebbe stata
bene una doccia calda nel bagno dei Prefetti. Che non era autorizzato a
usare, ma vabbeh. Si stiracchiò un attimo e riprese la sua
corsa, fermandosi verso le otto del mattino, e decise che quella doccia
era meglio andarla a fare subito. Appena attraversato l'uscio della
Sala d'Ingresso, però, vide Zac Zabini fargli segno con la
mano.
Il Grifondoro gli si avvicinò e l'altro ghignò
prima di
dargli una busta.
«La preside mi ha detto di consegnartela. Io ne ho avuta una
uguale e anche la Goyle. Congratulazioni, Baston» gli disse
Zacharias battendogli amichevolmente una mano sulla spalla. Sebastian
gli sorrise debolmente prima di andare verso il bagno dei Prefetti con
il cuore di piombo per farsi quella meritatissima doccia. Con un
sorriso stanco sulle labbra fece riempire l'enorme vasca con acqua e
bollicine, poi si spogliò e vi si immerse. Dopo un po',
afferrò la busta eccitato. Non ci poteva credere. La
aprì
e dispiegò il foglio di pergamena con le mani bagnate, ma
per
fortuna l'inchiostro non si rovinò. La lesse in fretta,
ansioso
di scoprire se Zabini si fosse soltanto beffato di lui; ma quella non
era una lettera di rifiuto. Era un fottuto candidato al ruolo di
Capitano!
Sì!
Sì, sì, sì, sì, dannazione!
Non ci credeva che fosse reale, ma si lasciò scivolare sotto
l'acqua calda felice come non mai. Finalmente una buona notizia, si
disse. Era quello di cui aveva bisogno; di qualcosa che si inquadrava
nella sua vita nel giusto piano. Adesso doveva sistemare la
"faccenda-Kate" e tutto avrebbe preso la piega da lui desiderata. In
quel momento, si disse con fermezza, l'unica cosa che doveva decidersi
a fare era tornare a essere amico di Katherine. Il resto avrebbe potuto
finalmente aspettare.
16 ottobre 2022, 14:47
Hogwarts, prati
Kate e Donald erano seduti all'ombra di un cipresso e la giornata era
insolitamente adatta per starsene lì tranquilli a parlare.
Erano
secoli che non parlavano come si deve. Per questo si erano dati
appuntamento lì, felici di poter finalmente starsene un po'
insieme come due migliori amici normali.
Niente Weasley, niente Susan Appiccicosa Corner, niente compiti. Solo
loro due e la logorrea di Kate; nulla di speciale.
Dopo mezz'ora di silenzio, in cui Katherine stranamente se ne era stata
buona buona con le labbra cucite, Don iniziò a raccontarle
per
bene come
si era messo con Susan e quanto in quel momento volesse lasciarla.
Dall'appuntamento ad Hogsmeade, Donald aveva capito di che pasta fosse
fatta la ragazza per cui aveva inspiegabilmente lasciarla, e quello che
aveva visto non gli era piaciuto affatto.
«È appiccicosa e terribilmente gelosa! Pensa che
quando
stamattina le ho detto che oggi dovevamo vederci si è messa
a
urlare che non la amo e che così rovino la nostra storia.
Merlino, è insopportabile! E poi abbiamo solo sedici anni,
che
si aspetta? Pensa che una volta, mi sembra qualche giorno fa, le stavo
dicendo che stavi male per Seb e si è messa e strillare che
parlo sempre di te e che se ero così ossessionato mi sarei
dovuto mettere con te e non con lei. Dannazione, a questo punto penso
che avrei fatto meglio a lasciar perdere dall'inizio»
commentò
amaramente, passandosi una mano tra i capelli biondi e scompigliandoli.
Kate lo guardò compassionevole e gli strinse piano il gomito
per
consolarlo, per fargli sapere che lei era lì per lui, con le
orecchie aperte e la mente in macchinazioni diaboliche perenni.
«Dovresti lasciarla, sai?» gli consigliò
ma Don saltò su scuotendo la testa come un pazzo.
«Già non so come ho trovato il coraggio per
chiederle di
uscire! Figuriamoci lasciarla. Lo sai che sono un fifone»
mugugnò il biondo stringendosi le ginocchia al petto e
scrollando le spalle.
«E allora facciamo in modo che sia lei a lasciare
te!»
suggerì Kate, alzando le spalle come a dire 'fregati, caro
mio, il guaio
l'hai fatto tu'. Donald alzò il capo e sorrise, come se
avesse appena visto la Madonna e avuto un illuminazione.
«Questa sì che è un'idea, Katie! Ho
sempre saputo
che sei un vero e proprio genio!» disse alzandosi e
lasciandole
un bacio umido sulla testa.
«Ma... Donald! E il nostro pomeriggio insieme?»
domandò Kate, lasciandosi afferrare per il polso e farsi
alzare
di peso.
«Ah, lo faremo dopo, non preoccuparti» la
rassicurò trascinandola su per i prati e su per le scale. Tante scale; la
ragazza non sapeva dove lui la stesse portando. Poi capì.
La stava portando alla torre di Corvonero.
«Ma... Mica vorrai proprio farti lasciare ora? E
perché
diavolo mi stai portando con te?» sbottò incredula
la
ragazza.
«Perché mi aiuterai, che ti piaccia o
no!» le urlò, iniziando a correre.
Oh, merda, il mio
migliore amico è pazzo.
16 ottobre 2022, 17: 22
Hogwarts
Sotterranei, Sala Comune Serpeverde
Albus stava cercando di non farsi notare da Dominic mentre usciva. Da
qualche giorno cercava dannatamente di evitarlo, perché non
voleva che il ragazzino si mettesse a parlare o a rimproverarlo per non
aver fatto la cosa giusta. Sì, d'accordo, aveva avuto
ragione
lui il giorno della gita ad Hogsmeade, ma dannazione! Sentirsi
sottolineare ogni santissima volta quanto fosse stato stupido a fare
quello che aveva fatto invece di parlare cuore a cuore con Kate era
stressante per il povero ragazzo. Inoltre, quello era solo un
ragazzino, non un suo amico, ma un compagno di Casa, niente di
più; quindi non aveva il diritto di mettere il becco nei
suoi
affari. Tanto Dominic si sarebbe fatto degli amici, era solo al suo
primo anno, quindi: perché tormentare lui? Albus ce l'aveva
già degli amici scassabiglie, e questo voleva dire che non
poteva mettercisi pure quel nanetto dai capelli arancione e con l'aria
da sottuttoio, che di irritante aveva tutto, a partire
dall'atteggiamento e finendo con la sua attaccatura alla letteratura
russa. Perché sì, quel ragazzino, totalmente
pazzo,
leggeva i romanzi di quei noiosoni di Kafka e Tolstoj e gli piacevano
pure! Perciò
rimaneva un'unica possibilità: non rivederlo per il resto
della
vita.
No, d'accordo, detta
così la cosa risulta piuttosto melodrammatica. Ma vabbeh, io
sono il re del melodramma!
Quindi, in quell'istante stava sgattaiolando verso l'uscita e verso la
propria
salvezza, ma, a quanto pare, Dominic aveva il dono dell'onniscienza e
sapeva guardarsi alle spalle come Malocchio Moody, solo con la
differenza che l'undicenne non aveva un occhio finto. E la cosa era
alquanto inquietante... Perché se avesse avuto l'occhio di
Moody la cosa gli sarebbe andata pure bene.
«Dove vai, Al?» gli chiese il rosso - se
così lo si
poteva chiamare, con quella folta selva di capelli arancioni. Albus
maledì ogni singola cosa che esistesse
nell'universo, cercando qualcosa a cui dare la colpa.
Sono state le scarpe,
certo! L'aveva
detto a mamma che queste sono più rumorose di un troll in
uno
sgabuzzino pieno di clave!
Al cercò di sembrare in qualche modo normale quando gli
rispose
(mentendo spudoratamente): «Oh, devo fare una ricerca noiosa
in
biblioteca». Il ragazzino si alzò, chiudendo il
libro che
stava leggendo e avvicinandosi all'altro con sguardo accusatorio. Senza
capirne il motivo - anche se era tanto palese - Albus si
sentì
in colpa, si sentì un bambino trovato con le mani nel
barattolo
della marmellata.
«E perché sembrava che tu non volessi parlarmi?
Anzi...» chiese Dom, con gli occhi chiari copriti da un'ombra
di
dispiacere vivo, «sembra che tu non voglia parlarmi da
giorni. Che ti ho fatto, scusa?». Per un attimo, ad Albus
quell'undicenne parve indifeso e straordinariamente solo, che passava
il suo tempo a leggere cercando di non farsi notare da gli altri ma che
credeva di aver finalmente trovato un amico. E capì che
quella
fosse la verità. Dominic voleva un amico e Albus gli era
sembrato perfetto, finalmente qualcuno con cui poter parlare, con cui
poter vivere; ma
all'altro non era interessato, lo aveva
deliberatamente ignorato e bistrattato.
È solo un
ragazzino. Lo conosco appena! Eppure...
Eppure. Ecco la parola che lo perseguitava. C'era un 'eppure' dovunque,
per cercare di bilanciare gli errori stupidi, per autoconvincersi che
c'era sempre un lato buono in ogni situazione, disperata o
assolutamente sbagliata che fosse.
Ma in quel momento quell'eppure ci stava tutto.
«Sai, Dominic, penso che dopotutto tu possa venire con me.
Sei
irritante, eppure...» propose Al senza nemmeno rendersene
conto -
e senza rispondergli, ma quello lo aveva fatto apposta. C'era qualcosa
nello sguardo sorpreso e felice di Dominic che Albus poté
definire in un solo modo: giusto.
Giusta.
Finalmente, Albus aveva fatto la cosa giusta.
Ed era ora.
16 ottobre 2022, 19:31
Hogwarts, corridoio del settimo piano
Nei pressi del ritratto di Barnaba il Babbeo
Martin aveva visto Pitman correre verso quel posto, dopo cena. Sapeva
che passando tre volte desiderando intensamente qualcosa davanti a quel
quadro si poteva accedere alla Stanza delle Necessità; lui
c'era
stato un sacco di volte. Non capiva, però, che cosa dovesse
farci un tipo come Pitman. Voleva scoprirlo, la curiosità lo
aveva macerato, perciò l'aveva seguito. Cercando di non
farsi
notare, si nascose dietro un'armatura in modo di avere una vista
completa di ciò che il Serpeverde stava facendo. Pitman si
stava
guardando intorno, con un fogliettino stretto nel pugno e espressione
ansiosa; sembrava che stesse aspettando qualcosa o qualcuno. Martin
cercò di avvicinarsi un po', ma incappò nei suoi
stessi
piedi e finì sull'armatura, cadendo miseramente con un tonfo
da
infarto e cigolii di tutti i generi. Peter lo guardò
stralunato
e poi decisamente incazzato; andò verso di lui e lo
afferrò per la collottola facendolo alzare.
«Cosa vuoi, gelatina?» gli chiese aggressivo, il
naso a due
centimetri dal suo. Martin gli mise le mani sulle spalle e se lo
staccò di dosso, con una smorfia da wrestler incazzato
dipinta
sul viso. Si sarebbero presi a mazzate; un'altra volta.
«Io non voglio niente da te, Pitty»
sbottò velenoso
e
sventolandosi con la mano destra la divisa scolastica, come se temesse
che l'altro toccandogliela l'avesse sporcata. Peter lo
strattonò
con fare minaccioso e gli sbottò di andare via e di farsi i
cazzi suoi.
«Fila, gelatina!» ripeté il Serpeverde,
notando che
Martin era fermo con i pugni stretti talmente tanto cche le nocche gli
erano diventate bianche.
«Tu stai macchinando qualcosa!» insinuò
il ragazzo,
tremando per lo sforzo di non mollargli un pugno. Pitman, ormai
scocciatosi di tutto quel tran-tran, gli diede un calcio urlandogli di
non rompere. Martin si piegò in due dal dolore, tossendo
convulsamente. Quel bastardo gli aveva fatto male!
«Capito, Marshall? La devi smettere di cacare sempre il
cazzo,
cretino di un Tassofesso!» disse, con la sua solita
volgarità da scaricatore di porto. Fece per girarsi, ma
Martin
caricò e lo placcò, facendo cadere entrambi a
terra.
Continuarono a darsi pugni, prima sullo stomaco, poi sul naso, e Martin
iniziò con i calci. Gliene assestò uno proprio
sull'osso
sacro, mentre l'altro cercava di alzarsi in un momento di pausa. Peter
si accasciò dolorante per un secondo, poi Martin gli
afferrò il braccio e iniziò a torcerlo, facendo
digrignare i denti all'altro. Martin gli si poggiò sulla
schiena, posizionando il ginocchio sul fondo della schiena, premendo
forte; poi si avvicinò e gli sibilo all'orecchio:
«Cos'hai
in mente, Pitman? Voglio saperlo, ora».
«Cazzo, Marshall! Mi hai rotto il naso, stronzo»
sputò l'altro con voce rotta dal dolore e cercando di non
ingoiare il proprio sangue che defluiva dalle narici. Martin
posò tutto il proprio peso sulla sua schiena e Pitman quasi
urlò.
«Parla, altrimenti questo ti sembrerà
niente...»
minacciò il Tassorosso, che in quel momento sembrava tutto
tranne che paziente e dolce.
«Vuoi sapere perché ero qui, bastardo? Okay, te lo
dico:
dovevo vedere la mia ragazza, imbecille!» gridò
Peter,
cercando di divincolarsi. Martin restò un attimo allibito e
poi
si lasciò cadere al suo fianco.
«Perché, hai la ragazza?» chiese un
attimo spaesato
e incredulo. Non che Peter fosse brutto o cose del genere, ma era il
suo carattere a far credere al Tassorosso che a nessuna ragazza sarebbe
interessato proprio lui.
Insomma, chi lo vuole un
bruto cafone e volgare più tutta l'umanità messa
intera?
Pitman sbuffò e si mise a sedere, asciugandosi il sangue
colato con la manica della felpa.
«Certo, scemo. Non puoi avercela solo tu!» fece il
Serpeverde col fiato corto e la mano sulla costola dolorante; il
ragazzo temette che quell'imbecille gliele avesse incrinate.
«E chi sarebbe la pazza, scusa?» sbottò
Martin,
rosso dalla vergogna. Lo aveva picchiato senza alcun motivo, se ne
rendeva conto benissimo, purtroppo, e cercò di non
farsi
attanagliare dai sensi di colpa; in fondo si odiavano, no?
«Ma non ti hanno mai insegnato a farti i cazzi
tuoi?» chiese Peter alzandosi, o almeno tentando di farlo.
«Va' a farti fottere» borbottò Martin,
grattandosi la nuca.
«Era quello che cercavo di fare, prima che arrivassi
tu» ribatté Pitman con un ghigno.
«Oh, avete litigato per me? Che carini» disse
sorniona una
voce femminile che li fece sobbalzare, «Sai, Martin, sapevo
che
non mi avevi dimenticato. La storia con quella biondina è
tutta
una farsa per farmi ingelosire, eh? Cattivone...». Martin
guardò verso la fine del corridoio e vide una figura
slanciata e
- beh, doveva ammetterlo - davvero stupenda poggiata al muro con le
mani conserte.
«Alyssa, lascia perdere questo Tassofesso»
sbottò
Pitman, andando verso di lei e prendendola per il polso. Da dietro la
spalla di Pitman, la ragazza rossa e più bella di Venere
stessa
fece l'occhiolino a Martin prima di ridere.
16 ottobre 2022, 21:56
Hogwarts, Torre dei Grifondoro
Dormitorio femminile sesto anno
Helena aveva notato come Kate evitava Albus e Sebastian e aveva pensato
che fosse una buona cosa invitarla a dormire lì con loro,
per
riuscire a parlarle. Perciò, convinto con blandi complimenti
le
due ochette che condividevano con loro la stanza, Kate quella sera si
era portata il pigiama e un cuscino dall'aria molto comoda e aveva
fatto apparire con un colpo di bacchetta un sacco a pelo. In quel
momento, le quattro ragazze erano sole e parlavano spensieratamente,
dimentiche della tensione e della tristezza del giorno precedente.
«Qualcuno sa quando Eleanor e Abigail torneranno per
guastarci la
festa?» chiese ad un tratto Rose, riferendosi alle compagne
di
dormitorio. Helena fece spallucce e guardò Katherine, che in
quel momento stava prendendo un libro e stava per mettersi a sfogliarlo.
«Che libro è?» le chiese la bruna, che
se ne stava a gambe incrociate sul suo letto.
«Ah, niente... Scusate, ma» fece Kate posando il
suddetto
libro e alzandosi per andare in bagno, «devo andare a
togliermi
queste dannate lenti a contatto». Passando vicino al letto a
baldacchino di Rose le scompigliò affettuosamente i capelli
rossi e fuggì dritta in bagno.
«Quella dannata!» strillò Rose poco
elegantemente,
rischiando di cadere dal letto nel tentativo di rincorrerla. Helena
scoppiò a ridere fragorosamente e si tenne la pancia dal
ridere.
Muse ridacchiò appena alla vista di una scarmigliata e pazza
Rose che urlava agitando le braccia come un polipo. Quella
sì
che era stata una bella giornata per loro, anzi, lo era stata un po'
per tutti. Nessuno però aveva dimenticato l'attentato e le
morti; ma non ci si poteva disperare ventiquattro ore su ventiquattro,
cinico che fosse il motivo.
Kate, in bagno, si era appoggiata al muro ridendo e pensando che aveva
proprio degli amici pazzi, e poteva dirsi fortunata per non aver
trovato Susan da nessuna parte quel pomeriggio. Chissà quale
piano aveva escogitato la geniale
mente di Don! La ragazza preferiva non saperlo...
Tolte le lenti a contatto, inforcò gli occhiali e
lasciò
riposare gli occhi leggermente irritati. Sobbalzò quando
qualcuno bussò piano alla porta e andò ad aprire.
Era
Helena, che aveva uno strano cipiglio serio.
«Mmmm... Kate, io... Vabbeh, devo parlarti» le
disse
entrando nel piccolo bagno e sedendosi sul ripiano del cassettone
bianco panna. Katherine stette lì con le mani in mano,
aspettando che lei parlasse e non dovette farlo per troppo tempo.
«Sai, io so com'è» le disse dolce la
bruna,
torturandosi appena le dita. La Tassorosso inarcò le
sopracciglia e la invitò a continuare con un gesto della
mano.
Per lei la gestualità era importante, perché dove
le
parole non erano abbastanza il corpo sapeva rimediare.
«So com'è non saper scegliere, trovarsi davanti
due
opzioni entrambe meravigliose e tentennare, sentendosi stupida. Ma non
puoi fare così, non puoi ignorare la scelta andando avanti,
perché ti ritroverai a pensare di aver fatto la cosa
sbagliata» spiegò Helena sistemandosi una ciocca
di
capelli dietro l'orecchio.
«Ma se scegliessi e fosse quella la cosa sbagliata? Una volta
ho
sentito dire a Rose che sono la perenne indecisa che sbaglia sempre e,
credimi, non saprei descrivermi meglio» disse cercando di
farsi
forza, di non gridarle addosso di lasciarla stare e che tutti avevano
rotto, ormai.
Basta con le richieste,
basta con i 'io pretendo', basta comandarmi a bacchetta... Basta tutto!
Helena sorrise dolce e non poté fare a meno di trovarla
strana e
davvero troppo piccola per affrontare cose del genere. Era il tipo di
ragazza acqua e sapone che si nasconde dietro un libro enorme per
intimare silenziosamente a tutti di lasciarla in pace, non una che
agisce senza ripensamenti o dubbi.
«Kate, se non prendi una decisione soffrono tutti. Se invece
la
prendi-» iniziò la Grifondoro piena di buone
intenzioni.
«Sempre qualcuno soffrirà» la interruppe
Katherine senza cedere.
«E non è meglio che soffra uno invece di tutti e
tre?» chiese paziente la bruna, cercando di farle vedere il
suo
punto di vista. L'altra aprì la bocca un paio di volte come
se
volesse dire qualcosa, ma alla fine la richiuse, vinta.
«Katie» mormorò Helena quando
notò la sguardo
basso dell'altra, «lo sai che ci siamo noi, vero? Rose
impazzisce
per te, Muse ti vuole bene e io non sono di meno. Ma, ascoltami,
è meglio che ti dai una mossa, e lo dico a voce sia di
Sebastian
che di Albus. Li conosco bene entrambi e so di cosa sono capaci. In
fondo, poi, chi meglio di me per una paternale? Se uno dei due ti
rompe, quando avrai preso la tua decisione, gliela farò io.
È una delle poche cose che so fare, a detta di
Jamie».
Kate sospirò e si strinse nelle spalle, prima di borbottare
incoerentemente.
«Scusami, non- non ho capito» fece Helena confusa,
accavallando le gambe. Katherine scrollò le spalle e le
indicò la porta.
«Penso di aver bisogno di un minuto da sola...»
spiegò la mora a bassa voce, cercando di moderarsi. Helena
annuì, scese dal cassettone e le diede un piccolo bacio
sulla
guancia prima di uscire.
Kate, si poteva dire, ne aveva abbastanza per quell'anno e non vedeva
l'ora che arrivassero le vacanze, anche se ci mancavano ancora due
mesi. Il primo di settembre, quando si era ritrovato Sebastian che la
stringeva come fosse un peluche perché gli era mancata,
aveva
deciso cosa fare con lui in quei pochi mesi prima delle volute, anzi bramate,
settimane di ferie natalizie. Si erano organizzati per le gite, per i
pomeriggi, per le partite. Poi era arrivato Albus e la ragazza non
sapeva se definirsi felice di questa cosa. Certo, Al le era sempre
piaciuto, ma non poteva stravolgerle così i piani, senza
preavviso. Le si era infilato nel cuore anni addietro e adesso voleva
che lo spazietto comodo che si era creato inconsapevolmente
lì
dentro desse i suoi frutti. Lei, però, se ne era fatta una
ragione, quando lui non se la filava di striscio e forse avrebbe dovuto
dimenticarlo. A lui ci erano voluti sei anni per accorgersi di lei,
mentre Sebastian l'aveva fatto subito. Però, avrebbe potuto
perdonargli quel ritardo; finalmente aveva la sua occasione,
perché sprecarla?
Santo cielo, non so cosa
fare!
Si districò piano i capelli con le dita, prima di tornare
nell'altra stanza, dove le sue amiche e qualcun'altro stavano
commentando apertamente il bel fisico di qualcuno.
«Dai, ammettilo, ha un sedere pazzesco e-. Ah,
ciao, Katherine» fece Lily, la cui voce divenne gelida sulle
ultime parole.
La Tassorosso aveva sempre saputo di starle antipatica, anche se non ne
capiva il motivo. Era come se le avesse investito il gatto, o cose del
genere. E da una settimana a quella parte, la cosa era inspiegabilmente
peggiorata. La mora rispose al saluto atona e Lily non la
degnò
più di uno sguardo.
«Allora... Volevate fare un pigiama party senza di me, eh?
Che
persone crudeli» commentò la rossa con Helena e
Rose. Si
infilò nel sacco a pelo di Kate, che era stato messo vicino
al
letto di Rose, e disse: «Beh, non credete di liberarvi di me!
Io
resto qui».
Katherine invocò pazienza e si finse entusiasta a quella bellissima notizia.
Fu Muse a porgere la domanda: «E Katie dove dorme?».
«Ah, può Evocare un altro sacco a pelo, no? E poi,
non
credo che possa interessare molto» rispose incurante,
poggiando
la testa sul palmo della mano. Ma Kate, sentendo la sua risposta
glaciale e menefreghista, aveva deciso; prese il pigiama e lo mise nel
borsone che quella notte aveva portato con sé, poi disse,
con
nota un po' amara: «Sapete, ragazze, credo che me ne
tornerò nel mio dormitorio. In fondo, non dovrei essere
qui».
«Ma, Kate, tu non-».
«No, sul serio. Va bene così. Ci si vede domani,
Rosie.
Ciao ragazze!» la interruppe malamente la ragazza, uscendo
con la
borsa in spalla senza dar loro modo di fare qualsiasi cosa. La Sala
Comune era stranamente vuota, tranne per un ragazzo seduto sulla
poltrona più vicina al fuoco e mezzo nascosto da una
coperta,
che mugugnò al rumore dei suoi passi pesanti. Kate
cercò
di fare meno rumore possibile, ma poi fece urtare per sbaglio il
borsone contro un tavolino ricolmo di libri, che caddero dal primo
all'ultimo. Il ragazzo sobbalzò svegliandosi e guardandosi
intorno, poi quando vide Katherine impallidì di colpo.
«K-kate! Che- che ci fai tu qui?»
balbettò stropicciandosi gli occhi.
La ragazza stette a guardarlo per un po', senza dire niente. Poi
sospirò e lasciò cadere la borsa.
«Sono stanca, sai?» sussurrò.
Sebastian la guardò sorpreso, ma capì cosa stesse
dicendo. Era lo stesso tipo di stanchezza che provava lui, quindi
annuì piano e una volta sola.
Kate, a piccoli passi, andò verso la poltrona più
vicina
al ragazzo e la spinse per avvicinarglisi. La trascinò
ancora un
po' e quando fu soddisfatta vi si buttò e afferrò
la sua
coperta, facendo in modo che coprisse entrambi.
Sebastian la fissò ancora più sorpreso.
«Allora, Seb» prese a parlargli come se non fosse
successo
niente nei giorni precedenti, «è da un po' che non
parliamo. Che mi racconti?». La ragazza posò il
gomito sul
bracciolo e la testa sul palmo, guardandolo carica di aspettative.
«Sono contento adesso» sussurrò in
risposta, e ricevette un bel sorriso.
«E perché?» gli chiese l'altra.
«Perché posso finalmente dire 'Ciao,
Katie'» rispose
semplicemente Sebastian, con un'alzata di spalle. Katherine sorrise
ancora di più, felice molto di più di prima,
quando stava
ridendo per le battute squallide della sua migliore amica.
«E allora dillo, no?» fece ridacchiando e
aggrottando la fronte.
«Ciao, Katie».
Sebastian aveva ubbidito subito, come fosse un'automa, ma un'automa
felice.
Tanto, tanto felice.
Incredibilmente, il sorriso di Kate si ingrandì, fino a
diventare come quello dei bambini terribilmente pestiferi che ne
avevano combinata una delle loro e sapevano che sarebbero stati
perdonati. Kate stava per rispondere, e la risposta era semplice,
esattamente come si aspettava.
Perché Kate non sarebbe mai stata una complicata o una
troppo
semplice, una che improvvisa, una che agisce e basta. Lei pensava
sempre prima di fare una cosa, non era pazza e nevrotica, o lunatica
fino all'esaurimento. Una che pensa e finalmente arriva al giusto
finale, alla giusta inquadratura.
Ed è
arrivata, adesso, a
quello a cui sapevo sarebbe arrivata. La risposta è sempre
stata
lì nei suoi occhi, nel suo modo di parlarmi.
Non avrebbe scelto lui. Glielo si leggeva in faccia, ma in fondo
Sebastian lo sapeva fin dall'inizio. Ma la sua risposta, quella
semplice che non lo deluse nemmeno un po', lo riempì di
quella
che molti chiamano felicità,
ma che lui chiamava effettoKate.
«Ciao, Seb».
In
questo
capitolo: TAAAAANTA viulenza, TAAAAANTA famiglia e TAAAANTO ammmore.
(?) No, vabbeh, l'ultima cosa non centra molto ma suona bene... XD Ma
non ve lo meritate, va'. u.u Non vi meritate nemmeno che sia talmente
mastodontico, ma m'è venuto così, mi dispiace. :P
>.<
|
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Capitolo 12 *** Capitolo XI - Tentativi di salvare (e, soprattutto, di salvarsi) ***
Cap. 11 'TGT'
Capitolo
XI - Tentativi di salvare (e, soprattutto, di salvarsi)
17 ottobre 2022, 11:12
Hogwarts
Aula di Storia della Magia
James da un paio di giorni sembrava sempre con la testa fra
le nuvole,
assente. Il suo sguardo si perdeva sempre, vagava senza precisa meta e
spesso si soffermava sulle solide pareti di pietra. Quel giorno
sembrava ancora più perso del solito, con lo sguardo fisso
fuori
dalla finestra. Jason aveva provato un paio di volte a riscuoterlo, ma
senza alcun successo, e allora aveva lasciato perdere. Intanto, James
si sentiva in attesa, sulle spine, e ci si sentiva messo a forza.
Aspettava pazientemente ma la pazienza non era fatta per lui, quindi si
lasciava andare a grugniti e bronci riottosi, consumandosi dentro e
rifiutandosi di parlarne a qualcuno. Ciò che era successo
per
lui significava uno stravolgimento assurdo e voleva delle conferme
prima di perdere completamente la testa. Anche se pensava di esserci
notevolmente vicino.
Mentre la voce incolore del fantasma insegnante continuava a
elencare
date e avvenimenti senza essere minimamente ascoltata, James si
grattava il naso con la piuma, pensando che magari poteva anche
ignorare i fatti e lasciarsi alle spalle quella lontana notte estiva...
Ma no! Non poteva fare il vigliacco; doveva prendersi le sue
responsabilità, fare l'uomo! Emma era stata sua amica per
tanto
tempo, non poteva lasciarla nei guai. Doveva aiutarla, si disse con
fermezza, e doveva farlo nel migliore dei modi.
Fosse
facile...
pensò
scoraggiato, terrorizzato al pensiero che qualcuno venisse a sapere
della sua colossale cazzata. Era sicuro, però, che almeno la
sua
ragazza e il suo migliore amico sarebbero stati comprensivi con lui,
che magari avrebbero capito e perdonato. In fondo, quella sera era
stato
completamente obnubilato dall'alcol e dalla depressione per aver
litigato ancora con Helena e non si era reso conto delle sue azioni;
sarebbe potuto accadere a chiunque! Lei lo aveva mollato per una
questione futile, di cui non recava nemmeno memoria, che cosa avrebbe
dovuto fare? Si era semplicemente lasciato consolare dal dolce oblio di
una
sbronza. Mordicchiò appena la penna d'oca con aria
pensierosa,
immaginandosi vari scenari di spiegazioni borbottate che andavano
sempre nella stessa direzione: lui che veniva schiaffeggiato, lui che
veniva sgridato da una madre furiosa, lui che veniva buttato fuori
senza troppi complimenti, tutti che si rifiutavano di aiutarlo o di
sostenerlo... Forse era la sua immaginazione fin troppo galoppante che
gli suggeriva scene dipinte di pessimismo e di abbandono, ma al momento
quelle gli servivano a non correre da Helena per sputare fuori una
verità che magari non era tale. Non poteva lasciarsi
trascinare
dalla disperazione del momento, doveva restare lucido e in guardia.
Si ridestò solo quando la campanella
suonò quasi
un'ora dopo e tutti iniziarono a riporre libri, piume, pergamene e
inchiostro nelle borse. James si alzò all'istante,
acchiappando
la borsa e la propria boccetta d'inchiostro nero, mentre in una mano
teneva stretta la piuma, e meditò profondamente sull'opzione
di
ciondolare per il castello invece di andare a pranzo, ma alla fine
prese la strada per la Sala Grande. Infilò distrattamente la
piuma in una tasca della veste da mago, si sistemò la
tracolla
in spalla e fece sparire in fretta l'inchiostro nella borsa mezza
aperta. Rimuginò per quasi tutto il tragitto sulle varie
possibilità che gli si presentavano davanti, soffermandosi a
scegliere la meno disastrosa. Solo che per lui erano una peggio
dell'altra, anche se una gli sembrava un po' meno catastrofica. Ancora
meditabondo, varcò la soglia della Sala Grande e si
incamminò verso il tavolo più lontano
dall'entrata. James
si sedette con un tonfo sulla panca, guardandosi intorno e lodandosi
per aver scelto un posto tanto isolato alla lontana
estremità
della tavolata, e afferrò una coscia di pollo da un vassoio
e un
pezzo di pane da una cesta infilata malamente tra una brocca di succo
di zucca e un bicchiere di cristallo. Fece sparire in un sol boccone il
pezzo di pane e addentò la coscia, rendendosi conto solo
allora
di quanta fame avesse, e si riempì il piatto di roast beef e
piselli. Fece un versaccio da orco quando una ragazza di forse tredici
anni si sedette di fronte a lui e cominciò a mangiare
esitante e
che quando udì quel suono strano ridacchiò con un
sopracciglio alzato, guadagnandosi un'occhiataccia che le intimava di
sloggiare. Ma la ragazza lo ignorò, mangiando
tranquillamente, e
allora James si decise a lasciar perdere. Ovviamente la sua silenziosa
richiesta di solitudine non fu chiara a nessuno dei suoi parenti,
perché Hugo e Fred si sedettero ai suoi lati e il rosso
spostò addirittura la borsa che aveva messo lì
apposta
per non far sedere nessuno. Ignorarono entrambi la tredicenne bruna che
aveva preso un grosso tomo e si era messa a leggere indisturbata.
« Allora, cugino, vorresti spiegarmi
perché non ci
hai aspettato alla fine della lezione e poi vieni qui e ti siedi solo
soletto, quando ci sono Helena e Rose che ti aspettano? »
chiese
il mulatto, battendogli amichevolmente una mano sulla spalla. James si
riempì la bocca di roast beef per non rispondere e
guardò
Hugo allentarsi un poco la cravatta e scompigliarsi i capelli per
sembrare più affascinante. Aveva notato che la ragazza
seduta
lì di fronte era carina e allora si era messo all'opera.
Dopo un
po' iniziò a parlarle, con un mezzo sorriso e un luccichio
negli
occhi. James ridacchiò, masticando voracemente la carne e
pensando che tutto quello che stava mettendo in atto l'aveva
imparato dalle lunghe osservazioni di lui che ci provava con le
ragazze. La ragazza balzò in piedi infastidita dalla stupida
iniziativa del rosso e se ne andò dall'altro capo della
tavolo
per mangiare in santa pace. James e Fred scoppiarono a ridere, anche se
il mulatto teneva d'occhio l'altro con cipiglio un po' preoccupato.
Hugo arrossì e borbottò incoerente, mettendosi a
posto la
cravatta. A quella vista, James rise più forte. Suo cugino
era
uno spasso in momenti come quello! Continuarono a mangiare tranquilli
finché Fred non cominciò a fare l'imitazione di
uno Hugo
tutto impettito che cercava di sembrare disinvolto mentre muoveva
avance a una ragazza. Hugo diventò rosso in zona orecchie e
mandò giù un po' di succo di zucca, deciso a
ignorare la
voce potente del cugino. James, decisamente rincuorato,
dimenticò momentaneamente i problemi e si divertì
tanto
che decise di fare un salto da Helena prima di andare a lezione di
Difesa. Le diede un bacio umido sulla guancia per farle notare la sua
presenza e si scusò facendo gli occhi dolci e una battuta
particolarmente stupida, poi la salutò con un bacetto a
stampo
prima di salire al terzo piano accompagnato dai Malandrini dell'epoca
nuova.
Durante la lezione prestò più
attenzione al
professore e riuscì addirittura a prendere degli appunti,
cosa
che non aveva mai fatto in vita sua. Intanto il professore sembrava
deciso a far ripassare ai suoi allievi del settimo anno tutti gli
incantesimi che avevano imparato nei due anni precedenti. Come fece
notare piuttosto insistentemente, quello era l'anno dei M.AG.O. e
dovevano essere pronti ad ogni evenienza. I Serpeverde dal loro angolo
borbottavano scontenti; a loro il professor Whithe non era mai piaciuto
e ritenevano vitale ostentarlo ad ogni sua lezione. Ma a Brian Whithe
non importava più di tanto. In quel momento stava spiegando
euforico il concetto di pensiero felice per un Patronus gesticolando
come non mai. Certo, a loro non avrebbero chiesto di produrre
un
Patrono, però potevano benissimo incontrare una domanda
teorica
nello scritto. Quell'anno, James dovette ammetterlo, gli argomenti
erano complessi e piuttosto ostici, ma il suo sogno era quello di
diventare un Auror ed era deciso a raggiungere quella meta a pieni voti
per dare il benservito a chiunque dicesse che era un raccomandato
bell'e buono. Alla fine della lezione, il professor Whithe era
più che soddisfatto e aveva assegnato cinque punti ai
Grifondoro
e ai Tassorosso che avevano risposto correttamente alle sue domande e
assegnando loro un tema di almeno trenta centimetri.
Uscirono tutti dall'aula ridendo o chiacchierando
allegri,
mentre
il giovane uomo sorrideva cordiale grattandosi una guancia sbarbata e
mettendo a posto le sue cose con un colpo di bacchetta. James, Jason e
Fred
ad un tratto si ritrovarono soli nella Sala Comune a parlare mentre
tutti intorno a loro (persino Lorcan) si dedicavano a compiti o letture
propedeutiche.
Rose provò un paio di volte a zittirli e a spiegare che
aveva un
tema di cinquanta tediosi centimetri sugli Inferi, ma poi
sparì
dal buco del ritratto sbattendoselo dietro, irritata, con pergamene e
libri fra le braccia. Dopo una ventina di minuti, Jason diede
un'occhiata all'orologio sulla mensola del caminetto e
annunciò
che erano le cinque e ventidue. James si stiracchiò sulla
poltrona, sempre deciso a non pensare ai guai prima di quella sera, e
dichiarò: « Voglio fare qualcosa di speciale per
il tuo
compleanno, Jass ». Jason sollevò le sopracciglia
e disse:
« Mi raccomando, deve essere qualcosa di epico ».
« Il fatto che tu sia nato ad Halloween aiuta »
ghignò Fred, grattandosi la nuca. A queste parole James ebbe
un
lampo d'ispirazione.
« Ma certo! » esclamò a bassa voce, per
non farsi
sentire, « Faremo una festa, una festa enorme! E... e tutti
dovranno essere in costume! Jass, una festa! Nella... Nella Stanza
delle Necessità, sì! E- ».
Fred lo interruppe bruscamente, con voce divertita: «
Fantasia
portami via! ». James lo ignorò, esaltato. Si
alzò
in piedi e misurò a gran passi la stanza, il cervello in
fibrillazione. Nella sua mente si stava delineando l'immagine di una
vasta stanza con il soffitto alto, con tavoli ricolmi di cibo e
alcolici, adornata con i pipistrelli vivi di Hogwarts e ragnatele e
dove l'acustica sarebbe stata perfetta. Purtroppo, Fred lo
rubò
dalle sue fantasie scrollandolo e dicendo: « C'è
un gufo
fuori dalla finestra ». James si guardò
attorno,
spaesato, e aprì, facendo entrare il gufetto scosso dal
forte vento. Il ragazzo lo prese e vide il proprio nome scritto in
bella grafia
sul retro della busta. Con il fiato corto e grandi aspettative, la
sfilò piano dal becco del gufo e la aprì. Quando
notò che non era Emma colui che gli scriveva, si
sgonfiò
avvilito e lesse
ad alta voce:
Caro signor Potter,
saremmo lieti di averLa
questa sera alle cinque e mezza al campo di
Quidditch per importanti notizie circa i giocatori della
squadra della Sua scuola. Noi giudici abbiamo preso una decisione
riguardo la formazione della suddetta e saremmo felici se Lei si unisse
a noi per apprenderla.
Le assicuriamo che non Le saranno necessarie scope
o quant'altro.
Cordialmente,
Richard Chipper
Oliver Baston
Gwenog Jones
James restò un attimo allibito, poi lanciò
un'occhiata
furtiva all'orologio sul camino e si affrettò a correre
fuori
dal buco del ritratto. Visto che era
al settimo e ultimo piano del castello e aveva circa dieci minuti per
arrivare al campo di Quidditch, corse più veloce che
poté,
maledicendo mentalmente il così poco preavviso e i tre
giudici.
17 ottobre 2022, 17:31
Hogwarts
Campo di Quidditch
Richard Chipper, Oliver e la Jones erano lì in
piedi e
aspettavano che ci fossero tutti i quattordici aspiranti giocatori per
parlare. Appena constatarono che potevano iniziare, a parlare fu
Gwenog, con la solita voce ferma e inconsapevolmente intimidatoria.
« Io e i miei colleghi »
guardò di sbieco
Chipper, palesemente scettica sul chiamarlo in quel modo «
abbiamo deciso, come avrete letto nel biglietto che abbiamo mandato ad
ognuno di voi, e- ».
« Ah, ci scusiamo per il preavviso scarso e
inadeguato ma
eravamo finalmente tutti d'accordo e non vedevamo l'ora di annunciarvi
i componenti della neonata squadra di Quidditch della scuola di
Hogwarts! » la interruppe Oliver, cordiale e baldanzoso. La
Jones
continuò come se nessuno avesse aperto bocca.
« -e, sempre come avete letto sul biglietto, siamo
qui per
elencarvi i nomi dei giocatori di Hogwarts. Gli altri resteranno come
riserve, e ognuno di esse avrà un ruolo specifico che
dipenderà da chi si infortunerà o
ammalerà, e ci
auguriamo che voi siate felici almeno quanto noi per le nostre scelte,
che abbiamo ponderato a lungo per essere certi che la squadra non abbia
buchi. Ho calcolato ogni cosa e sono certa di aver fatto un ottimo
lavoro, come al solito » usò il singolare per un
attimo,
con aria superba e compiaciuta,
« e dovete sapere che non abbiamo compreso nei pro e
contro di
ognuno di voi solo il potenziale e la forza fisica, ma anche il
rapporto con gli altri compagni di squadra e i possibili problemi che
si potrebbero creare tra di voi. Noi di certo non vogliamo che una
squadra si rovini per stupidi motivi personali ed è vostro
preciso dovere non lamentarvi e non litigare tra di voi... ».
La ascoltavano tutti con crescente impazienza e alcuni
scalpitavano furibondi per quell'inutile discorso noioso e
incredibilmente prolisso. Gwenog continuava a parlare, aggiungendo
sporadicamente qualche lode alla magnifica se stessa che non si
smentiva mai. Ad un tratto, Chipper decise di averne abbastanza e la
interruppe bonario con la sua voce tonante e profonda, posandole una
mano sulla spalla.
« Oh, cara Gwenog, sono certo che questi giovani
abbiano
capito e, credimi, è ora di leggere i nomi e dileguarci
lasciando spazio ai festeggiamenti per le nuove cariche! Sono sicuro
questi studenti non vedono l'ora di divertirsi per sfogare la dolce
euforia di una così bella notizia » disse
rivolgendo ai
ragazzi uno sguardo comprensivo e divertito. Ad un cenno di Richard,
Oliver estrasse una pergamena, chiaramente sollevato dalla fine del
comizio della Jones, e la srotolò, eccitato. Mentre tutti si
agitavano inquieti davanti a loro, Oliver cominciò a
leggere.
Rose e James si guardarono impazienti e leggermente impauriti di fronte
alla possibilità di non essere scelti. L'atmosfera gelida
che
era calata si sarebbe potuta tagliere con un coltellino del burro.
« Prudence Goyle, Battitrice »
pronunciò il
primo
nome a voce alta e chiara, e dagli spalti si udì un urlo
trionfante ("Vai così, sorellona!"). Oliver
continuò con
un leggero sorriso a increspargli la bocca. « Wayne Wolf,
Portiere » un basso ragazzo bruno che saltellava sul posto
per
sporgersi dalla spalla di Rupert Jinnah alzò un pugno in
aria,
festoso, « Zacharias Zabini, Cacciatore » Zac
sorrise,
mentre suo cugino ghignò contento, « Sebastian
Baston,
Cacciatore » qui la voce di Oliver si fece orgogliosa e
Sebastian
si fece stringere la spalla da un supportivo Anton, « James
Potter, Cacciatore » il sorriso di Scorpius
vacillò, visto
che era certo che sarebbe stato preso lui, e James cinse Helena in un
abbraccio mentre tentava di fare un balletto vittorioso, «
Rose
Weasley, Battitrice » Rose sospirò sollevata e il
suo
cuore si calmò, prima di essere travolta dalla massa del
corpo
di James, che voleva abbracciare anche lei, « ...e infine,
Albus
Potter, Cercatore. Riguardo il Capitano abbiamo ancora dei
tentennamenti e vi contatteremo al più presto, sperando di
aver
preso una decisione soddisfacente ».
Al, che era rimasto in silenzio per tutto il tempo soffocato
dall'ansia, rise quando sentì nominare il suo nome e si fece
stritolare in un abbraccio di gruppo da Rose e James, mentre dagli
spalti i cugini, avvisati dell'incontro e accorsi lì in
massa,
strillarono di gioia e fluirono giù fino ad aggiungersi al
mega
abbraccio familiare.
Dietro di loro, Scorpius Malfoy sputò a terra
rancoroso e
si voltò di scatto per andarsene, le mani che cercavano
impazienti le sigarette nelle tasche. Già sentiva le urla di
suo padre, deluso per l'ennesima volta.
17 ottobre 2022, 21:43
Hogwarts, sotterranei
Sala Comune Serpeverde
Zac era ancora un po' perso tra i suoi pensieri, mentre
Dominic
al suo
fianco sembrava indifferente a qualsiasi cosa gli accadesse attorno,
catturato piacevolmente dal romanzo che aveva sulle gambe. Quel ragazzo
non riusciva a stare due minuti senza fare nulla o senza leggere e
questo a Zac piaceva, perché voleva dire stare comunque in
compagnia senza dover per forza parlare o avere troppi contatti. Aveva
scoperto che Dominic era perfetto per questo genere di rapporti e ne
aveva usufruito; e poi, anche se era solo un undicenne, Dom aveva
carattere. E non voleva essere chiamato Dom, e
ciò aveva
significato che Zac lo chiamava sempre così.
Dominic era totalmente perso nella Londra Babbana del XIX
secolo, ammaliato dalle frasi delicate e eleganti di Oscar Wilde. Dom
amava la letteratura non-magica, appunto perché era tale.
Quell'undicenne pensava che nella loro ignoranza ne sapessero molto
più dei maghi sulla magia delle parole e sull'attrazione
sottile
e stupefacente che può esercitare una frase ben congegnata.
Preso dal desiderio di sapere quale sarebbe stata la sorte di Dorian
Gray, i suoi occhi guizzavano veloci sulla pagina, registrando e
assaporando ogni parola. Zacharias iniziò a osservarlo,
visto
che non aveva niente da fare, e decise di rompergli un po' le scatole
per ravvivare la serata. Mentre allungava la mano per tirargli una
ciocca di quei capelli arancioni, ad un tratto Dominic
sobbalzò
e chiuse il libro, come timoroso che un enorme mostro potesse balzarne
fuori. Zac era perplesso e gliene fece atto con voce divertita.
L'undicenne posò il libro sul tavolino davanti al caminetto
e
tornò indifferente quando spostò lo sguardo sul
ragazzo
seduto al suo fianco.
« Ti va di parlare un po'? Quel libro mi ha
leggermente
annoiato » mentì fluido e con voce strascicata,
cercando
una Cioccorana nelle tasche della veste. Zac, che non si era lasciato
incantare, annuì condiscendente, fingendo di non aver visto
o
sentito nulla.
« Vuoi parlare di argomenti conosciuti dai comuni
mortali
o...? » ghignò il ragazzo, agitando la mano con
fare
elegante e lasciando la frase sospesa a metà ad arte.
Dominic
sbuffò e si fece venire in fretta un argomento in mente.
« Allora... Ehm, Quidditch! Dimmi cosa ci trovi in
un
gioco così stupido e barbaro » fece, la mente
altrove.
« A dir la verità, non lo so. So solo
che mi piace
l'adrenalina che mi scorre nelle vene quando sorvolo il campo, quando
un Bolide rischia di colpirmi o quando mando la Pluffa negli anelli.
È inebriante » cercò di spiegare Zac,
anche se da
un po' quella sensazione era svanita, lasciando posto
all'abitualità e alla routine. Stava iniziando a trovarlo
noioso, se ne rese conto solo in quel momento. Dominic, intanto, lo
guardava con aria di superiorità; evidentemente pensava che
fosse un motivo stupido quanto quel gioco pazzo e pericoloso.
Non mi diverte più volare e rischiare il collo
per fare gol. In effetti, probabilmente è stupido.
Era la prima volta che ci pensava sul serio, in quel
periodo.
Era sempre occupato, tra valanghe di compiti, allenamenti e sforzi per
avere una vita sociale, quindi non aveva molto tempo per riflettere su
qualcosa che non fossero incantesimi, ragazze o Pluffe. Tra il turbinio
costante della sua vita a Hogwarts, Zac si era lasciato convincere
dalla routine che tutto era normale e andava bene.
Ma a
pensarci meglio, non va
bene niente. Il Quidditch mi prosciuga anima e corpo e neanche mi
diverto. E poi ne risente praticamente ogni cosa. Forse dovrei lasciar
perdere, rilassarmi un po'...
Adesso che Dominic aveva gettato il seme del dubbio, quello
stava germogliando a velocità incredibile, come se fosse
stato
coltivato con un concime molto potente. Il desiderio di avere un po'
più di tempo per cose come fissare il soffito senza aver
niente
da fare era forte, gli cresceva nel petto ancor più
velocemente
dei dubbi. Si sentiva quasi obbligato a fare quello che faceva,
perché suo padre voleva che fosse il prototipo
dell'adolescente
felice e perfetto, un grande sportivo con mille ragazze dietro e voti
astronomici. Un grande sportivo alla fin fine non lo era poi molto e i
suoi voti erano appena accettabili; riguardo alle ragazze era tutto
come voleva Zabini senior.
Zacharias spesso se ne fregava dei desideri degli altri, era
principalmente incentrato sulla propria vita per non fare errori
clamorosi, ma suo padre era l'unica persona a cui prestava ascolto. E,
se ne rese conto con un lampo d'intuizione, era sbagliato farlo; la
vita era sua, no? Blaise Zabini se ne sarebbe fatto una ragione.
Esatto.
Lascerò il Quidditch, che gli piaccia o no.
Intanto, Dominic continuava a guardarlo, come se si
aspettasse
che dicesse qualcos'altro. Il ragazzino si era accorto che Zacharias si
era
perso in pensieri più grandi di lui, uno studentello di
undici
anni, quindi non si mise a ficcanasare, perché sarebbe stato
inadeguato e anche scortese. Perciò, Dom se ne stette zitto,
aspettando che l'altro tornasse nel mondo dei vivi; cosa che non
tardò ad accadere.
« Sai, Dom, » Dominic storse la bocca,
come ogni
volta, « sei davvero un ragazzino simpatico
».
Zac si alzò e si stiracchiò con uno
sbadiglio; se
ne andò su per le scale verso il dormitorio, agitando appena
la
mano in segno di saluto.
Aveva preso la sua decisione e non avrebbe esitato.
19 ottobre 2022, 12:56
Hogwarts, Sala Grande
Rose si era stufata (ma questo è un eufemismo
bello e
buono).
Stuart la evitava, spariva circa cinque minuti dopo il suo arrivo, ed
in quei cinque minuti a malapena la guardava, e se lo faceva la
Grifondoro leggeva nei suoi occhi quella rabbia immotivata che
il suo ragazzo aveva nei suoi confronti. Che cosa aveva fatto di male?
Aveva ammazzato qualcuno, per caso? La ragazza, però, faceva
finta di nulla e gli faceva credere di non essersi accorta di nulla.
Magari dopo un po' di tempo si sarebbe calmato e tutto sarebbe tornato
com'era prima e loro due sarebbero di nuovo stati felici insieme. Per
lei era importante che tutto andasse per il verso giusto e anche se con
Stuart non parlava della situazione in cui si erano ficcati, non voleva
dire che doveva tacerla con tutti. Perciò, quella mattina
aveva
deciso di parlare con una persona da cui poteva aspettarsi solo
un'opinione distaccata e veritiera.
Scorpius
Malfoy.
Dopo il pranzo, Rose sapeva che Al, Scorpius e gli altri due
scendevano nei sotterranei perché avevano tutti un'ora buca,
quindi si fermò sulla soglia della Sala Grande, aspettandoli
con
le mani in mano. Rose portò una ciocca dei suoi capelli
rossi
dietro l'orecchio, facendo vagare lo sguardo su molte altre teste rosse
sparse per la Sala. Appena vide che i quattro ragazzi si stavano
alzando, sorrise e si drizzò contro lo stipite. Quando i
Serpeverde si avvicinarono, Al aprì la bocca per parlare, ma
sua
cugina lo anticipò.
«
Ehm, Scorpius... Vorrei parlarti, ti va? » chiese con un
sorriso
a trentadue denti. Albus sbuffò e li oltrepassò
in
fretta, divertito, e Marcus e Zac si affrettarono a seguirlo con un
cenno del capo. I due, rimasti soli, iniziarono ad avviarsi verso la
Sala d'Ingresso. Scorpius mise le mani nelle tasche, sollevando appena
il volto verso il soffito, e camminò lentamente, aspettando
che
Rose parlasse.
« Non ce la faccio più »
sbottò lei,
infine, « Stuart è.. è un imbecille!
».
« Questo lo sapevano già tutti, Weasley
»
ghignò Scorpius, chiamandola col cognome per pura
stronzaggine.
Rose sospirò e gli scompigliò i capelli, cosa che
entrambi odiavano. Avevano scoperto di avere parecchie cose in comune
oltre Albus Potter.
« Il fatto è che lui mi tratta come se
fossi
un'appestata e io non ne posso più! »
spiegò
spazientita. Scorpius la guardò di sottecchi e
sbuffò,
grattandosi una guancia. Era un po' infastidito da quel discorso, ma
mai quanto lo era da Stuart Finnigan. Da bravi Grifondoro e Serpeverde
colmi di pregiudizi verso l'altro, si detestavano cordialmente ma non
troppo rumorosamente. Mica erano come lui e Rose prima di diventare
amici!
« Dovresti parlarne con lui non co- »
provò a dire, ma Rose lo interruppe bruscamente.
« Non ci penso nemmeno a parlargli! Non voglio
litigare,
potremmo non parlarci per settimane e a me mancherebbe troppo. E io ho
un orgoglio, se non lo sai ».
Scorpius si preparò a una domanda apparentemente
e assolutamente sgradevole. Odiava parlare di sentimenti.
« Tu lo ami? ».
Il Serpeverde aveva posto la domanda con cautela, come se
stesse
sfilando un fagiano dalle fauci di un Ungaro Spinato addormentato. Rose
soppesò la domanda, arrossendo. Era difficile parlarne con
chiunque.
« Il silenzio mi sembra una risposta eloquente
»
borbottò Scorpius, a disagio. Rose scosse la testa, cercando
di
darsi un tono mentre esclamava: « Una risposta eloquente un
accidenti! Certo che lo amo! ». Scorpius le sorrise, di nuovo
cauto, e disse: « Se ne sei certa, parlagliene. Oppure passa
un
po' di tempo con lui per fare pace ».
« In effetti, una serata romantica potrebbe
tornarmi
utile. Per salvare il salvabile » grugnì
più a se
stessa che all'amico.
« Perfetto, allora! Una cena rimediata nelle
cucine al
lume delle candele della Stanza delle Necessità, no?
».
19 ottobre 2022, 20:00
Hogwarts
Stanza delle
Necessità
Stuart aveva ricevuto un misterioso biglietto quel
pomeriggio,
in cui
gli si intimava di essere lì a quell'ora e il ragazzo,
colpito
da curiosità e malcelato orgoglio, aveva fatto di tutto per
esserci. Ed infatti c'era, perché quando voleva fare davvero
una
cosa la faceva, cascasse il mondo. Quando invece c'era qualcosa che non
voleva fare, era tutta un'altra storia e si comportava come un
ragazzino viziato, testardo, infantile e idiota.
Non era entrato in squadra, mentre Rose sì, e
questo di
certo non poteva perdonarglielo. Il suo orgoglio era stato colpito
duramente e aveva preferito tenerle il broncio e ignorarla piuttosto
che accettare pacificamente la scelta dei tre giudici. Che, secondo
lui, erano davvero tre incompetenti. Era ingiusto, perché
lui
era bravissimo nel Quidditch e invece era stato buttato fuori al primo
turno. Era come se qualcosa gli si fosse impigliata in gola e non
riuscisse a mandarla giù e quella bruciasse
più
dell'inferno.
Era insopportabile, come la certezza che Rose lo aveva
superato
e tradito in quel modo. Non riusciva a capacitarsi del
perché
lei ce l'aveva fatta e lui no.
Probabilmente
per il suo illustre e
famoso
cognome.
La figlia di due dei Salvatori del Mondo Magico, la figlia del
vice-direttore dell'ufficio Auror, la figlia di Hermione
Miss-Perfettina Weasley! Per lei basta schioccare le dita per avere
quel che vuole.
Stuart si rese subito conto che quelli erano pensieri
infondati
e maligni, ma preferì lasciare che essi germogliassero in
fretta, invadendogli la mente. In fondo, era meglio ingiurare contro di
lei che accettare il fatto che non fosse abbastanza bravo, che non
avesse i requisiti necessari.
Mentre nella sua testa continuava a infuriare una tempesta
di
'è colpa di Rose', il suo corpo stava oltrepassando la porta
appena comparsa della Stanza delle Necessità. Per un attimo
credette di essere impazzito, poi guardò meglio la stanza.
Era
ampia e ariosa, con grandi finestre che davano la vista di un bel
panorama di prati verdi e di un cielo buio e pieno di stelle, c'era,
poggiato alla parete dirimpettaia all'ingresso, un enorme divano con
accanto una poltrona dall'aria comoda e nel bel mezzo della stanza
c'era un tavolo rotondo come quello nei ristoranti. Sul tavolo c'era un
vaso di rose rosse, un paio di candele ancora spente e dei vassoi di
cibo e seduta su una delle due sedie accostate al tavolo c'era la sua
ragazza, sorridente e bella come non l'aveva mai vista. Per un istante
la sua mente si annebbiò per la gioia, poi si
ricordò
quello che (non) gli aveva fatto e le lanciò un'occhiata di
sufficienza. Rose si alzò e gli venne incontro, poi gli
diede un
bacio sulla guancia e gli strinse la mano tra le sue. Quando
parlò, lo fece incatenando i suoi occhi azzurri a quelli
grigi
di Stuart e sorridendogli dolcemente.
« Ho pensato che magari potevamo concederci una
bella
serata. Sai, non vedevo l'ora di starmene un po' sola con te
». Detto questo, lo baciò e Stuart quasi si
dimenticò il proprio nome. La strinse a sè con
cautela e scordò ogni ingiuria e ogni falso torto subito.
Dopo quello che sembrò un attimo, si staccarono e andarono a
sedersi sulle sedie accostate al tavolo. Fu come se il Quidditch
nemmeno esistesse quella sera, tutto era di seconda importanza,
perché in primo piano c'erano solo loro due, i loro baci.
Dopo che ebbero mangiato, andarono sul divano e Stuart fece sedere Rose
sulle sue ginocchia, per cingerle la vita e baciarle il collo in tutta
tranquillità. Era una bellissima sensazione, starsene
lì a parlare e a baciarsi come se il resto del mondo non
fosse reale. Era tutto perfetto, si disse Rose, e non poteva esserne
più felice.
Intanto, Stuart capì di essere stato stupido e
che nulla al mondo avrebbe più dovuto avere il potere di
separarli, perché non ne valeva la pena. Quella sera
pensò più spesso che in tutta la sua vita che
Rose era perfetta per lui e lui era perfetto per Rose. Aveva sempre
pensato che la ragazza fosse sua e di nessun altro. Niente e nessuno li
avrebbe mai separati.
Ma allora non mise in conto un fattore di rilevante
importanza.
Rose non era
destinata a lui.
AAAAAAAh! Scusate, scusate, scusate, scusate! Sono in ritardo di un
mucchio di tempo, non vi ho fatto gli auguri di Natale e di buon anno e
ho anche la presunzione di andare di fretta! ç.ç
Mi
dispiace, ma devo scappare. T-T
P.S.:
Stuart sta cominciando a starmi meno simpatico, e a voi? XD Scommetto
che voi ambasciatrici delle ScoRose mi state insultando in ogni lingua
esistente, anche quella elfica, e che contemporaneamente mi adorate per quel 'non era destinata a lui'. XD
|
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Capitolo 13 *** Capitolo XII - Potter & Weasley Agenzy (gli organizzatori di Quidditch, matrimoni e feste clandestine) ***
Cap. 12 'TGT'
Capitolo XII - Potter & Weasley Agenzy (gli organizzatori di Quidditch,
matrimoni e feste clandestine)
20 ottobre 2022, 12:03
Hogwarts, Sala Grande
Tra Rose e Stuart era tutto tornato normale ed entrambi
ritennero
di vitale importanza farlo notare a tutti, mettendo in atto una sorta
di
wrestling verticale in giro per il castello. Lily aveva commentato con
un sorrisetto malandrino che non aveva mai promesso
nulla di buono: « Non avevo mai visto qualcuno trattenere il
respiro per
così tanto tempo! ». La conseguenza diretta fu il
lancio
di uno dei vecchi tomi della biblioteca, mancato per un soffio dalla
non tanto innocente rossa. In quel
momento, quei due stavano mostrando gli esiti della loro
riappacificazione all'intera Sala
Grande durante il pranzo. Non che
il sorriso entusiastico che Rose sventolava da giorni non fosse
abbastanza indicativo, ma una sottolineatura era sempre d'obbligo.
Lily adorava fare imbestialire Rose insinuando
cose sulla sua ritrovata vita sotto
le lenzuola,
poiché traeva un piacere perverso nel mettere in imbarazzo
gli
altri esseri viventi, soprattutto quando essi erano lentigginosi, rossi
e irrimediabilmente Weasley, il che significava un alto tasso di
permalosità.
E
Rose non si smentisce mai. Ergo, piatto ricco mi ci ficco.
Lily era sempre stata dispettosa ed essenzialmente
una piaga e sapeva essere davvero
pestifera. Quello però era solo un lato del suo carattere -e
ci
teneva a sottolineare tra se e se quanto fosse brava a
nasconderlo alla massa- e le notizie che giravano su di lei a Hogwarts
erano confusionarie e contraddittorie. Alcune voci di corridoio
dicevano che era una brava ragazza, un po' troppo superficiale, ma
sostanzialmente carina, e altre che poteva diventare un diavoletto
malefico. Voci sostanzialmente vere entrambe. Altri dicevano che era
una puttanella senza ambizioni che si faceva strada col suo cognome, ma
quelle erano le cosiddette malignità.
Tra Lily e Rose c'era un bel rapporto, anche se
erano
diverse
tra di loro. Rose in sostanza era una ragazza semplice, forte e sicura
di sè, che non si nascondeva dietro una maschera di cera per
piacere a tutti, ma semplicemente si sceglieva un angoletto di mondo
tutto suo, con i suoi amici, la sua famiglia, e se a qualcuno lei non
andava bene non ne faceva un dramma. Lily, invece, era d'indole
superficiale, ed era molto attaccata alla cosiddetta
popolarità
e ci teneva a mantenere un'alta immagine pubblica, doveva farsi amare
da chiunque. Non era
tutto il suo ego abnorme, che era comunque presente e pulsante, ma per
un bisogno morboso di attenzioni. Era la più piccola della
famiglia ed era sempre stata autosufficiente, ciò aveva
significato una minor considerazione rispetto a James-il-combinaguai e
a Al-lo-sfortunato-patentato. Ma anche se voleva attenzione da parte
dell'universo mondo, voleva anche che le persone false stessero alla
larga dalle persone che amava; aveva una sorta di radar -quegli aggeggi
Babbani di cui suo nonno Arthur una volta le aveva parlato- e sapeva
riconoscere la falsità a colpo d'occhio. Sapeva quanto una
persona del genere potesse far soffrire, per cui aveva sempre la
guardia alzata, ma nascondendolo furbamente. Era per quel motivo che
Kate non le piaceva; oltre al fatto che la trovava insulsa, era
palesemente falsa e anche goffa nel cercare di dimostrare il contrario.
Ma
a quanto pare sono l'unica
a rendermene conto. Quella vuole solo mettere le mani su Al, sulla mia
famiglia. In fondo, che ne sappiamo di lei?
Lily era sempre stata diffidente nei confronti
delle
persone che
non facevano parte della sua famiglia e certe volte aveva ragione.
Nessuno doveva ferire un membro della sua famiglia e se qualcuno
ne aveva intenzione se la doveva vedere con lei. E non per niente si
diceva che poteva diventare un diavoletto malefico.
20 ottobre 2022,
Hogwarts, prati
Era una bella giornata, una di quelle rare, e allora avevano
deciso di
vedersi fuori, sotto quel sole mite che brillava nel cielo. Erano
quindi loro i dominatori del parco di Hogwarts, perché non
sia
mai che qualcuno fosse in giro quando quei pazzi dei Potter-Wealey si
riunivano in un unico luogo pubblico. James si divertiva un mondo,
quando tutti giravano al largo come se temessero un contagio. In fondo,
erano sempre deliranti e chiassosi, quasi una piaga per chi voleva una
vita tranquilla. Quel giorno la pseudo-riunione familiare era
più pazza che mai e il succitato Potter ne era
più che
fiero. Gli piaceva quella confusione, piena di voci e risate, piena di vita.
Le persone che amava erano tutte lì, più Malfoy.
Santo
cielo, non poteva ancora capire come Albus e Rose, sangue del suo
sangue, potessero parlargli senza schifarsi della sua eccessiva purosanguosità
-non che una parola del genere esistesse, ma al momento era la prima
parola che gli veniva in mente. L'unica cosa che aveva trattenuto dal
picchiare sua cugina come quando erano piccoli e lei gli rubava il
gelato, impenitente, era la santa e martire Helena. La ragazza aveva
ottime arme di persuasione, ed era uno dei tanti motivi per cui James
stravedeva per lei.
Intorno a lui c'erano Molly e Rose che
confabulavano
incessantemente lanciando occhiate in direzione di Katherine e poi di
Albus, Stuart giocherellava con i capelli della sua ragazza; Dominique
e Alice avevano in mano dei metri a nastro e si stringevano attorno a
dei fogli sparpagliati, gesticolando; sua sorella Lily e Victoire erano
sedute a gambe incrociate davanti a una specie di modellino come quello
del Quidditch di Baston, con Teddy che sorvegliava silenziosamente la
sua fidanzata; Al e Malfoy che giocherellavano con un accendino Babbano
e sussurravano pacati; Jason e Fred che progettavano una scherzo ai
danni di un Corvonero scorbutico e immensamente stronzo; Roxanne e la
sua amica Sam che giocavano a Sparaschiocco il più
rumorosamente
possibile e Lucy si scatenava -cosa molto, ma molto strana- facendo il
tifo per Sam; Louis che se ne stava in religioso silenzio al fianco di
Ishmael Zabini; Hugo che lanciava sguardi ansiosi ad Augusta, la
sorellina di Alice, carina e dolce col suo viso rotondo e roseo;
Katherine e Donald che parlavano con Helena lì al suo
fianco.
Era stato un po' sorpreso, sei anni prima, quando aveva saputo della
presenza di un suo altro cugino, Donald Dursley, che non aveva mai
incontrato prima. Allora, il James Potter dodicenne aveva chiesto
spiegazioni, dopo che quel ragazzino gli si era presentato in modo
coraggioso ma goffo, e suo padre era stato piuttosto misterioso, come
per la faccenda di Voldemort. Suo padre fu restio ma gli
raccontò dei suoi zii e di suo cugino, lo fece con
delicatezza,
quasi si stesse togliendo un molare. Lo capì solo allora:
Harry
Potter era un eroe; anzi, un grand'uomo -per dirlo alla Hagrid.
James passò un braccio attorno alla
vita di Helena e le
baciò una tempia, lasciando che Lorcan continuasse a
scrivere su
un foglio nomi e date. Quando James gli aveva parlato della sua idea
per Halloween, Lorcan ne era subito rimasto entusiasta e si era
incaricato della maggior parte delle cose, come la lista degli invitati
e i fornitori di bevande e roba da mangiare. Ad un tratto, il biondino
gli tirò una manica e James si sporse per sentire i suoi
sussurri a mezza bocca.
« C'è un problemino con gli
alcolici ». James
alzò gli occhi al cielo e chiese: « Quale?
».
« Ecco, non so chi può
procurarmeli in tutta
sicurezza. C'è Bennett, di Tassorosso, che mi ha detto che
può averli al massimo in una settimana, però non
mi fido.
È già stato beccato l'anno scorso quando ha fatto
ubriacare i Thestral il primo settembre, ti ricordi? Il viaggio verso
Hogwarts più bello che io abbia mai fatto »
ridacchiò, « C'è anche Roberts, quel
tipo di
Grifondoro del quarto anno che si è appena inserito nel
mercato,
però è un lattante, si farebbe prendere da Gazza
dopo un
secondo. Ci sono un paio di altre persone, però mi hanno
detto
che possiamo ricevere la roba solo dopo tre settimane, e non mi sembra
il massimo ».
« E non ci sono altre persone? Cazzo,
siamo in una scuola,
siamo almeno tre centinaia di persone! Com'è possibile?!
»
esclamò sbalordito, e Lorcan gli fece cenno di abbassare la
voce.
« Un tipo c'è »
ammise a malavoglia, «
Tutti i suoi ordini arrivano a destinazione in un paio di giorni e ho
sentito un mucchio di voci, sembra affidabile e difficilmente
potrebbero scoprirci ». Sembrava però che avesse
ingoiato
un limone.
« E allora che problema c'è?
» fece James con gli occhi spalancati.
« È di Serpeverde »
sussurrò l'altro.
« Allora non se ne fa niente »
proclamò subito James, deciso.
« E la festa? È il compleanno
di Jass,
è Halloween! L'alcol dovrebbe scorrere a fiumi »
contestò Lorcan un po' più infervorato, con il
tono che
saliva parola per parola. Poi, resosi conto del pericolo, si
guardò intorno, ma nessuno aveva sentito, tutti troppo presi
a
guardare Lucy che veniva buttata nel Lago Nero da Roxanne con minacce
urlate a squarciagola -o almeno così era sembrato a lui.
Qualcuno ad ascoltare c'era.
Lorcan lo strattonò per il braccio e
gli avvicinò
la bocca all'orecchio: « È l'unico tizio che ci
può
far avere anche birra, whiskey, gin, qualche coctail. Insomma...
quella roba Babbana! E poi ho sentito che fa anche il barista, sarebbe
perfetto! ».
« Ma è un Serpeverde. Non
voglio avere troppo a che
fare con quelli » sbottò James, che
sentendosi al sicuro da orecchie indiscrete aveva parlato a voce alta.
« Ma... è la festa di Jason,
non
potresti fare un eccezione? » lo pregò Lorcan allo
stesso
volume di voce.
« E se volesse invitare qualcuno dei
suoi viscidi amici?
» chiese, disgustato alla prospettiva di avere Serpeverde
alla festa del suo migliore amico.
« Ce ne faremo una ragione. Dai...»
lo pressò il biondo, stringendogli il braccio. Con un
sospiro, lo guardò scornato e gli disse: « Ci
penserò, davvero ». Lorcan gli fece un sorriso di
ringraziamento e si lasciò andare ad una risata guardando
una
bagnata Lucy che estraeva la bacchetta, inviperita e pronta ad
attaccare.
« Di che si parla, fratello? Di un altro
scherzo ai Serpeverde? O, mi è sembrato di capire, di una festa? ».
James s'irrigidì e alzò lo
sguardo. Su di lui
torreggiava il suo fratello minore, con le mani sui fianchi e un
cipiglio alla nonna Molly.
Merda. Merda, merda, merda, merda. Fanculo, Lucy, non potevi
fare più casino?
« Non hai nessuna prova per minacciarci
alla McGranitt,
cucciolotto. Quindi zitto e siediti » disse cercando di
essere
spavaldo come al solito e riuscendoci a meraviglia. Ma Al
ghignò, un tipico ghigno Serpeverde, furbo e sprezzante.
« Ma io non voglio dirlo alla McGranitt.
Che gusto ci
sarebbe? Io voglio venirci, a questa festa. E suppongo anche il resto
della mia Casata » disse occhi-da-cerbiatta e James
sentì
come se gli avesse dato un pugno allo stomaco. Si alzò a
fronteggiarlo, con un ghigno aperto quasi quanto il suo.
« Altrimenti che cosa fai? »
disse in tono di sfida,
« Lo dici a qualche tuo grosso, viscido, amico,
così che
ci picchi? ». Era divertito e sarcastico, deciso a vincerla.
« No. Lo dico a mamma ».
James sbiancò e boccheggiò
in modo piuttosto comico.
« Oh, no, non lo faresti. Ti picchierei,
finiresti in
infermeria per almeno una settimana » ringhiò
minaccioso,
puntandogli un dito contro il petto. Ma Al sorrise, minimamente
scalfito.
« So che lo faresti. Ma non farebbe
dimenticare a mamma
la lettera che le manderei... E finiresti anche in punizione,
perché ovviamente ti denuncerei » disse il
Serpeverde,
infilando le mani nelle tasche. James aprì la bocca,
indeciso
tra il picchiarlo o urlargli semplicemente contro. Al aveva calcolato
dentro di se tutte le ipotesi in quei pochi minuti e sapeva che
ci mancava poco dall'essere quasi ammazzato, ma confidava nella propria
capacità di giudizio. Infatti, James si sgonfiò,
vinto, e
borbottò qualcosa che assomigliava a 'fanculo, stronzo di
una
serpe'. Si buttò a terra avvilito e Albus subito
tornò baldanzoso al proprio posto accanto a Scorpius.
« Ad Halloween mio fratello fa una festa
» gli
comunicò ghignando compiaciuto, « e i Serpeverde
sono
invitati. Tutti
».
Scorpius sorrise e si poggiò meglio
contro il tronco
dell'albero dietro di lui. « Bene, perché le mie
idee per
rimorchiare quel giorno scarseggiavano » dichiarò
sorridendo. Al ricambiò, stringendosi le ginocchia al petto
e
guardando in direzione di Kate.
« Anch'io ho un piano sul fronte ragazze, amico
» disse e si scambiarono uno sguardo.
Scorpius approvò e disse: «
Alleluia! E vedi di fare qualcosa di significativo ».
« Significativo come? » fece
Albus distratto dalle proprie scarpe. Scorp
si strinse nelle spalle e gli consigliò di parlarle e di
mettere
le cose in chiaro.
« Per 'mettere le cose in chiaro'
intendi- »
cominciò il corvino, passandosi una mano tra i capelli con
un gesto allenato.
« Dirle che sei cotto perso »
lo interruppe
Scorpius, sibillino, e lo spintonò facendolo cadere disteso
in
un mucchietto di foglie messo lì apposta. Rise, mentre il
suo
migliore amico riemerse tutto rosso dalla coperta di foglie variopinte.
Albus lo guardò male, e si alzò indignato, poi si
lisciò le pieghe dei pantoloni con tutta la
dignità che
possedeva e si incamminò alla ricerca di qualcuno di meno
idiota
con cui passare il tempo sarebbe stato meno gravoso, non degnandolo
nemmeno di un'occhiata. Si
sedette rumorosamente alla destra di Rose e le disse, come se non
avesse notato il fatto che appena l'aveva visto, Rose si era zittita:
« Penso che stare lontano da Scorpius potrà solo
giovargli, dato che così non lo picchio, quindi me ne sto
con
te, cugina ». Rose non gli
rispose ma era evidentemente infastidita. Doveva ordire un piano ai
suoi danni, lo aveva capito benissimo, e per questo aveva
istantaneamente
deciso di starle appiccicato. Ma Rose era abile e orchestrò
i
suoi movimenti in modo ottimo nei successivi dieci minuti e in un
attimo si
ritrovò seduto al fianco del suo migliore amico, pallido e
sconvolto.
« Quella ragazza è inquietante
»
borbottò, mentre sua cugina tornava a chinarsi verso Molly e
a
parlottare fitto fitto.
« Dobbiamo escogitare qualcosa di più
efficace di
uno sgabuzzino, Molly! » stava esclamando lei con voce
sottile.
« Per me rimane l'idea migliore! »
rispose l'altra,
« Nei film Babbani funziona sempre! ». Rose si
batté
la fronte con il palmo, esausta.
« È stupida come idea!
Potrebbero anche non
parlarsi e lei farebbe saltare in aria prima la porta e poi me
» contestò debolmente. « Io direi che
dobbiamo
convincerli a parlarsi, magari facciamo pressione su Kate, lei
può essere facile da convincere ». Ma Molly non si
arrese
e continuò a dar battaglia in merito alla sua idea, mentre
Dominique e Alice si avvicinarono a loro di soppiatto con il metro a
nastro. La bionda picchiettò sulla spalla di Molly facendola
sobbalzare ed imprecare vistosamente. Tra le varie, 'biondastra
snaturata' fu l'unica cosa non volgare che uscì dalla sua
bocca.
Dom, imperturbabile, le spiegò che doveva prendere le sue
misure
per il suo vestito da damigella.
« Damigella? »
rantolò come se la parola le
fosse sconosciuta. Dominique alzò gli occhi al cielo, mentre
Alice prendeva un appunto guardando Molly.
« Sì, damigella. E
anche Rose lo è,
» la ragazza citata, che fino ad un attimo prima ghignava
impudente, fece largo ad un espressione indispettita
« lo
siamo tutte noi cugine » disse la bionda. Le due rosse si
scambiarono uno sguardo d'intesa. Dopo un immaginario countdown, Rose e
Molly la mandarono al diavolo, dicendo che mai e poi mai si sarebbero
abbassate a indossare abiti più elaborati di un paio di
jeans.
Un secondo più tardi erano entrambe in piedi e con le
braccia
allargate, subendo il nastro di cuoio e le domande di Dominique e Alice
su colori e forme. Appresero inoltre che Lily stava macchinando sulla
disposizione di tavoli e dei posti con quello strano modellino.
« Perché, non ci possiamo
sedere dove ci pare?
» chiese Molly piccata, storcendo il naso. Dominique parve
sconvolta.
« Certo che no! Immagina che caos!
» chiocciò
agitando le mani, frenetica. Rose e Molly si zittirono, preferendo non
dar adito a ciò che pensavano.
Era una bella giornata, sì.
20 ottobre 2022,
Hogwarts, Campo di Quidditch
Sugli spalti c'era un gran tumulto. In seguito alla notizia che
Zacharias Zabini aveva mollato il Quidditch, nessuno aveva fiatato, men
che meno Scorpius, che si ritrovò a fare da Cacciatore.
Sapeva
di essere egoista e anche insensibile, Zac era pur sempre suo
cugino, ma la notizia che fosse stato preso in squadra al suo posto gli
aveva
rallegrato non di poco la giornata. A suo padre, poi, era andata
più che bene.
E
poi, a Zac non è dispiaciuto tanto, sembrava addirittura
felice! pensò il biondo cercando di scacciare i
flebili ma presenti sensi di colpa.
Divagazioni a parte, quel giorno c'erano le
selezioni del suo -Scorp trovava che fosse una parola fantastica-
Capitano. I tre giudici non avevano ancora spiegato prova e derivati,
anzi, si erano seduti calmi e si parlavano, ignorando i due ragazzi con
la scopa in spalla in piedi di fronte a loro. Sebastian era ovviamente
irritato,
lo si capiva dalla linea dura della mascella e dallo sguardo
semi-neutro. Prudence, invece, era rilassata e guardava il cielo come
se niente fosse. Il ragazzo avrebbe tanto voluto essere un po'
più calmo, come lei, ma proprio non riusciva a non guardare
male
suo padre di tanto in tanto. Ma di che cosa diamine stavano parlando?
Sebastian ebbe il forte desiderio di avvicinarsi e origliare, ma non
lo fece, deciso a preservare la sua dignità -e il suo posto
in
squadra. Dopo vari minuti di sguardi e mormorii tra il pubblico
indesiderato, Gwenog Jones si passò una mano nei capelli e
gli
rivolse un'occhiata, continuando a parlare.
Come
se sapesse fare altro
pensò Seb inacidito. Ormai tutti erano a conoscenza della
parlantina inarrestabile di quella donna, una cosa davvero snervante.
All'improvviso, mentre i pensieri del Grifondoro
si
concentravano su torture dolorose inflitte alla ex campionessa delle
Harpies, Chipper si alzò e li pregò di salire in
sella
alla scopa. Prudence obbedì subito, diligente, mentre
Sebastian
sbuffava e lo guardava male. Dopo che si furono alzati in volo, Chipper
disse loro di volare per un po', perché nel frattempo gli
altri
componenti della squadra e le riserve si dovevano cambiare d'abito.
Sebastian si irritò ancora di più e
urlò ai
ragazzi che si stavano dirigendo verso gli spogliatoi l'ordine di
muoversi al più presto.
Fanculo alla compostezza, voglio fare in fretta!
Chipper spiegò che si dovevano formare
due squadre
e chi
dei due avrebbe gestito meglio la propria squadra sarebbe diventato il
nuovo Capitano della squadra di Hogwarts. Ricordando come l'anno prima
la Goyle non era riuscita a calmare due suoi giocatori che litigavano
per una ragazza nel bel mezzo della partita, Seb sorrise, sentendo di
avere la vittoria in pugno. Era così semplice immaginarsi
circondato dai suoi compagni, mentre lo festeggiavano e gli dicevano
della sua alta prestazione di Capitano e Cacciatore. Era bello sentirsi
apprezzato ed in quel momento era l'unica cosa che davvero gli teneva
alto il morale, visto che non si era ancora ripreso del tutto dalla
faccenda di Kate. Di sotto, intanto, Chipper aveva chiamato James e
Malfoy e iniziò a parlargli, guardandosi attorno come se la
sua
fosse una cospirazione. I due annuirono, gentili, e si mise in sella
alla scopa.
Sebastian sentì uno scalpiccio di
sotto e vide dodici
persone decollare dolcemente. Un fremito lo pervase; chissà
cosa
sarebbe accaduto. Chipper spedì i titolari con Prudence,
mentre
le riserve toccarono a lui.
Cattivo segno...
Sebastian si affiancò ad Helena e
guardò mentre
Pitman veniva mandato nella squadra di Prudence; lanciò un
sorriso a Hunter Fox e si rallegrò di non avere Potter come
Cercatore. Sarebbe stato uno strazio, lui sarebbe stato combattuto tra
il desiderio di vincere e la voglia di vederlo umiliato e perdente.
Osservò i suoi compagni di squadra e ne restò
comunque
soddisfatto, avrebbe potuto sfruttare al meglio la forza di Jinnah
nelle braccia, magari mandando a schiantare Potter contro il suolo, e
Amar Kumar aveva dei buoni riflessi; non come quelli di Wolf, ma erano
comunque ottimi. Chipper lanciò la Pluffa e la partita
iniziò.
Sebastian si piegò contro il manico
della scopa e
filò in linea dritta, acchiappando la palla e facendo cenno
ad
Helena di seguirlo. Appena Peter Pitman si
avvicinò lanciò la Pluffa a Helena e fecero
questo
giochetto per altri due minuti, passandosi la palla nel momento
più inaspettato. Era una tecnica che avevano approntato
l'anno
scorso durante gli allenamenti ma che non avevano ancora sperimentato
come si deve. Quando Helena riuscì a far passare la Pluffa
oltre
l'anello più basso, Sebastian si disse che vincere sarebbe
stato
facile, dopotutto.
Neanche lo pensò, che la Pluffa gli fu
rubata da sotto il
naso da Malfoy, e si diede mentalmente dello stupido. Gli si tenne alle
calcagna con convinzione, notando che James e Rose facevano niente e
poco. Sterzò un attimo con la scopa, pensando
che stessero battendo la fiacca per fargli vincere la partita, per
farlo diventare Capitano. Dopo qualche secondo di meditazione tra se e
se, si rese conto che era come diviso in due: da una parte voleva
arrabbiarsi e da una parte voleva esser loro grato. Qualche attimo di
tentennamento dopo, decise di guardarli male e di scattare avanti in
accelerazione. Seb voleva vincere perché era bravo, non
perché loro volevano perdere apposta. Sorvolò
tutta la
lunghezza del campo alle spalle di Scorpius, che segnò un
goal
prima che Gary prendesse la palla con scioltezza e vago avvilimento.
Sebastian si convinse, anche dopo cinque goal subiti e zero goal
segnati, che potevano risalire. Nulla era perduto. Quando Helena
urtò la spalla contro uno dei pali dopo un'azione
sperticolata per prendere la Pluffa e lanciò un urlo di
dolore, Sebastian le si avvicinò
preoccupato e le fece mille domande, ma Helena continuò a
giocare, intestardita e anche infastidita dalle sue continue domande.
« Sicura di voler giocare? Posso
aiutarti, dai. No,
aspetta, ti faccio sostituire, sono sicuro che Finnigan sarà
più che contento e- ».
« Sebastian! Zitto! »
sbottò Helena,
allontanandosi velocemente. Sebastian sbuffò contrariato,
convinto che dopo quel piccolo incidente lei non dovesse giocare.
« Ma si tratta della tua salute!
». Helena lo ignorò.
Malfoy in quel momento aveva la Pluffa e stava
volando verso le porte avversarie, finché James
quasi non
gli cadde addosso, sterzando bruscamente e facendo cozzare i loro
manici. Sebastian li affiancò, notando che la Pluffa era
caduta
sul prato lì sotto. Ma prima che potesse fare qualunque
cosa,
Scorpius spintonò James e gli urlò contro.
« Ma guarda dove vai, idiota!
». La conseguenza
immediata fu che James si fece rosso in faccia, urlando a
più
non posso.
« A chi hai detto idiota? ».
Gli altri giocatori si
erano immobilizzati sulle loro scope, guardando la scena chi spaventato
e chi esasperato. Sebastian fu tentato di ridere, ma poi
sospirò
e cercò di fare da mediatore. Quando sembrava che stessero
arrivando alle mani, Seb li allontanò alla svelta. Intanto,
Prudence Goyle si stava avvicinando.
« James, smettila e chiedigli scusa
» ordinò
perentorio. Il ragazzo lo fissò sbalordito e
tentò di
protestare, ma l'altro non cambiò linea d'attacco. Prudence
li guardò indecisa, poi si mise in mezzo.
« Gli sei quasi caduto
addosso. So che non
è stata
colpa tua, ma resta il fatto che gli sei quasi caduto addosso. Hai
capito o devo ripeterlo lentamente? » disse la ragazza
bruscamente e con
espressione da non-discutere-o-sei-morto. James, testardo,
cercò
di superare Sebastian per picchiare il biondino. Ma Sebastian era
deciso a farlo calmare. « Sono già stanco di
sentirti urlare, Potter. Devo
ricordarti che cosa successe l'anno scorso, dopo che piacchiasti il
Corvonero che usciva con Lily alla fine della partita? Non giocasti per
due partite. Dimmi, vuoi giocarti questa possibilita? Perché
è una possibilità bella grossa, amico
». James lo
guardò scornato -era la seconda volta quel giorno che lo
mettevano al posto suo, anche se questa volta era pianificato- e
annuì.
Scorpius sorrise compiaciuto
quando James gli borbottò 'scusa, testa platinata' prima di
allontanarsi di gran carriera. Sebastian sospirò sollevato e
disse a gli altri, che erano rimasti tutti a
guardare: « Ora
la partita può riprendere ». Ma Pru
intervenne,
furibonda.
« Quei due fanno parte della mia
squadra, Baston. E poi ci stavo già pensando io. Non puoi
fare così minando alla mia aut- »
cominciò veemente, ma Seb non voleva altre liti,
così la
interruppe.
« Volevo semplicemente che non
si prendessero a botte nel
bel mezzo di una partita! E il mio intervento è stato
più efficace del tuo, non credi? ».
Prudence si infuriò ancora di
più, anche se Sebastian aveva cercato di parlare gentilmente.
« Non parlarmi in quel modo,
pseudo-bambolina di pezza » sibilò
minacciosa con un dito puntato contro il suo petto. La tensione era
alle stelle, molto di più che durante la lite tra James e
Scorpius, perché quella poteva essere una cosa all'ordine
del
giorno.
« Pseudo-bambolina di pezza?
»
esclamò, un attimo sconcertato, poi decise di non voler
litigare
con una ragazza, perché non gli avrebbe fatto onore,
«
Scusami, Prudence, ma adesso credo che dovremmo smettere di fare
pagliacciate e dovremmo giocare questa partita »
ribatté,
calmo e conciso.
Helena lo guardò preoccupata e allo
stesso tempo felice di come stava gestendo la situazione, anche se con
le ragazze era sempre
stato più che cavalleresco. Teneva aperte le porte, era
gentile e fin troppo premuroso, non lo aveva mai visto urlare contro
una ragazza o rispondere a tono. Prudence fece la faccia di una che era
stata appena schiaffeggiata senza motivo. Sebastian le voltò
le spalle, deciso a continuare il gioco. Ma Pru lo
afferrò per una spalla, decisa a continuare quel discorso.
« Senti, coso, non mi trattare come una
bambina
facile da maneggiare, perché sinceramente ti rovo un grosso
imbecille » e così attaccò una specie
di filippica su quanto
Sebastian fosse stupido e continuò a parlare per parecchio,
prima che Richard Chipper la fermasse, alzandosi in volo su una vecchia
Nimbus Duemila. Era uno spettacolo
singolare e anche piuttosto strano da vedere, molti si chiedevano se la
scopa avrebbe retto. Chipper si infilò tra i due litiganti e
li
spedì a terra. Aveva comunicato loro di aver preso una
decisione. L'aria era talmente densa che si poteva tagliare con un
coltellino per il burro; Sebastian aveva pensato con scoramento che il
punteggio era molto a suo sfavore e che molto difficilmente avrebbe
avuto quel roulo, sarebbe rimasto in squadra come un semplice
Cacciatore. Chipper scambiò una parola con i
suoi colleghi e tornò a rivolgersi a loro.
« Sono molto soddisfatto di questa
prova, che ha
detto degli esiti positivi e assolutamente magnifici, »
tutti lo guardarono increduli, perché aveva appena detto
un'idiozia, « e credo che sia ora di dirvi che la squadra di
Hogwarts ha finalmente un Capitano, che credo sia una scelta
eccellente. Ha condotto bene la sua squadra, ha grinta, ma sa anche
detenere le redini di una disputa, sia tra due suoi compagni e amici,
sia tra il proprio avversario. Uno dei più importanti
requisiti
di un Capitano è essere sempre pacato e ragionevole, un
perfetto
Capitano deve saper vincere, ma anche perdere. E deve saper incassare
insulti o critiche o qualunque cosa gli venga rivolta. Un buon Capitano
per Hogwarts sarà certamente » fece una pausa per
creare
suspense, « il nostro amico Sebastian Baston. Forza, un
applauso,
gente! »
Gran movimento diviso tra gioia e delusione si
mosse tra gli spalti.
21 ottobre 2022, 17:07
Hogwarts
Albus stava giocherellando con il gufo di famiglia, indeciso se
incorniciare la lettera appena ricevuta o semplicemente dare da
mangiare al piccolo gufetto come ringraziamento. Infilò una
mano in tasca e ne
estrasse un cracker malconcio e probabilmente ammuffito. Con uno
sbuffo, guardò il gufo volare via indignato, ovviamente
certo che volesse avvelenarlo. Al ridacchiò grattandosi la
nuca.
Era solo, seduto lontano dalle cacche dei gufi della Guferia. Dopo un
po' si alzò e iniziò a scendere la moltitudine di
scalini, poi udì dei passi affrettati raggiungerlo. Una
ragazza
sbucò all'improvviso dallo scalino su cui stava per posare
un
piede e quasi caddero entrambi. Sarebbe stato un gran bel volo se non
avessero avuto un buon equilibrio. Al si guardò confusamente
intorno, la ragazza era praticamente sparita. Sentì una
specie
di gemito e guardò in basso. Kate era inginocchiata sullo
scalino e tastava nervosamente tutto ciò che poteva.
« K-kate, cosa stai facendo? »
chiese Al,
sentendo che da un momento all'altro sarebbe scoppiato in una grassa
risata e anche che sarebbe stato davvero poco carino, così
frenò lingua, respiro e tutto ciò che riusciva a
controllare.
« Sto cercando una dannata lenta a
contatto! Forza,
aiutami! » sbottò la Tassorosso,
gesticolando e
mettendo in evidenza la sua irritabilità.
Beh,
farla irritare è semplice come bere un bicchier d'acqua. pensò
Al con un ghigno, inginocchiandosi accanto a lei e fingendo di cercare.
In realtà la stava guardando ed era uno spettacolo
esilarante.
Kate si stava mordicchiando il labbro inferiore ed aveva le narici
dilatate e lo sguardo da disperata. Era anche terribilmente tenera.
« Se non la trovi cosa succede?
» le chiese,
con una punta di divertimento acuto nella voce che lei però
non
colse, fortunatamente per lui. Farla irritare ancora di più
non avrebbe avuto esiti positivi.
« Mi butto nel Lago Nero sperando di
affogare il
meno dolorosamente possibile » ribatté velocemente
Kate,
cercando su gli altri scalini più in basso.
« Oh, certo » disse stupito,
mettendosi a
cercare sul serio. Nel mentre, Kate si passò una mano nei
capelli e infilò la mano nella borsa, afferrando il paio di
occhiali che andavano alla deriva tra libri e piume (sì, non
aveva gran cura delle sue cose in giornate storte come quella) e
liberandosi dell'altra lentina prima di indossarli. Albus
notò che gli donavano, ma l'attimo dopo
entrambi cercavano con particolare attenzione. Un silenzio tutt'altro
che spiacevole s'interpose tra loro mentre le mani scandagliavano ogni
centimetro cubo delle scale della Guferia. Katherine sembrava che
stesse per avere una crisi di nervi, Al, invece, si divertiva un mondo
a guardare le espressioni buffe che si dipingevano a intervalli
regolari sul volto dell'altra, così che lui sapeva sempre
quando
guardare. Faceva sempre attenzione a non farsi beccare, anche se spesso
capiva che pure lei lo osservava per qualche secondo e ogni volta
sentiva di doversi attribuire un piccolo trionfo. Intanto, sembrava che
sulle scale ci fosse solo polvere.
Sporca.
Odiosa. Polvere.
Dopo quasi un quarto d'ora, Al avrebbe voluto
tanto
trovare quella stupida lentina alla svelta, perché non ne
poteva
più. Un paio di volte, pensò che magari se ne
sarebbe
potuto andare; poi gli veniva in mente l'immagine di Kate, tutta sola,
ancora alla ricerca, e allora scansionava le scale, deciso. Altri
cinque minuti dopo, il ragazzo emise un urletto di gioia.
« Trovata, trovata! ».
Kate scattò in avanti, salendo i
gradini due alla
volta, sospirò di sollievo, per poi togliergliela subito
dalle
mani. Dopo essersi assicurata che la
lente fosse nel suo apposito contenitore insieme all'altra, si
lasciò ricadere sullo scalino e guardò il cielo
con aria
depressa.
L'altro le si affiancò e non le staccò gli occhi
di dosso.
« Sai, esiste una certa parolina, una
piccola piccola, che dentro di sé ha molto. Ed è grazie,
ma se tu non vuoi usarla, fa' come ti pare »
borbottò
Albus, ma lei lo stava inconsciamente ignorando. E sì, lui
si
stava indignando a morte. Si sporse leggermente e agitò una
mano
davanti agli occhi di Katherine, che sobbalzò e si
voltò
verso di lui con un cipiglio che la diceva lunga. Al ghignò
e le
rivolse un'occhiata canzonatoria, con una faccia che lei
giudicò
da schiaffi.
« Sei proprio una ragazza ingrata, eh?
Oh, non
preoccuparti, non ti serberò rancore per tanto. Solo un
annetto
o due » disse, completamente delirante, mentre pensava
velocemente. Era la sua prima occasione per parlarle a quattr'occhi
dopo tanto tempo, doveva assolutamente sfruttarla e non fare l'idiota.
Che era ciò che stava facendo, ma son dettagli.
Rifletté
velocemente, mentre Kate lo guardava come se fosse impazzito. Si
mordicchiò l'unghia del pollice e passò a
raccontarle la
sua giornata con voce trepidante e fin troppo veloce, e lei si disse
che sì, quel ragazzo era davvero uscito di testa. Parlava
così veloce che Katherine si perse un paio di volte e, a
quella
che capì fosse solo la metà di quel discorso
insensato,
lo interruppe.
« Sembri un pazzo assatanato, te lo
hanno mai detto?
» disse, il mento sul palmo della mano e le sopracciglia
inarcate
in un espressione che voleva dire 'mi stai sfinendo'. Albus
boccheggiò e mise su uno dei suoi adorabili bronci, la mente
che
non riusciva ad escogitare nulla che potesse sembrargli sensato. Era
decisamente andato in tilt. Kate sospirò, felice che avesse
finalmente chiuso la bocca, e si lasciò andare ad un
sorrisetto.
Era stata una giornata strana e più volte aveva avuto voglia
di
ammazzare qualcuno, ma starsene lì seduta al fianco di Albus
le
sembrava la cosa più semplice del mondo. Finalmente, dopo
una
gran brutta mattinata e l'inizio di un pomeriggio che non prometteva
d'esser migliore, era seduta e calma, come se niente fosse. Al che, il
Serpeverde si decise finalmente a parlare di nuovo.
« Senti, se passiamo un altro minuto in
silenzio mi
scoppierà la testa. Forza, raccontami cosa, oltre me, ti ha
rallegrato la giornata » disse Albus.
« Veramente, oggi niente mi ha
rallegrato la giornata. Tantomeno tu. Anzi, tu proprio no »
rispose Kate, scocciata e anche leggermente isterica. Al
inarcò le sopracciglia, offeso e anche incuriosito, e le
chiese: « E perché, di grazia? ». La
ragazza arrossì vagamente e tentennò; chiaramente
non voleva dare risposta alla domanda e lui cercò di
cavargliela in tutti i modi, ma alla fine riuscì solo ad
ottenere che lei si alzasse dichiarando di avere quaranta quesiti di
Aritmanzia da fare, benché fosse consapevole che Albus
sapesse benissimo che lei non seguiva Aritmanzia. Ma Albus, testardo,
propose di accompagnarla e a lei non restò altro che
accettare. Si incamminarono in silenzio, poi il Serpeverde
tornò a farle quell'unica domanda. Kate si
esasperò a tal punto che decise di rispondere alla domanda,
ma omettendo un piccolo particolare (che ovviamente riguardava proprio
lui).
« Beh, Rose e Molly volevano per forza
farmi fare una cosa che io assolutamente non volevo, e non voglio
tutt'ora, fare. Sono proprio testarde, mi hanno tormentato
finché non me ne sono andata via. Anzi, neanche allora: mi
hanno anche mandato gufi per tutto il pranzo » disse Kate,
irritata ancora al ricordo.
« Davvero? Ma... E che diavolo volevano
farti fare? Uccidere qualcuno? » fece Albus sghignazzando e
immaginando le cugine punzecchiare la povera Kate fino a farla
impazzire.
« Magari... »
borbottò Katherine, grattandosi la nuca distrattamente.
« Dai, dimmi cosa ti hanno chiesto
» la supplicò l'altro e lei gli lanciò
un'occhiataccia.
« Hai usato il loro stesso tono di voce.
Ecco perché adesso ti mollo, qui, tutto solo. Ciao, eh
» ribatté scontrosamente la ragazza, accelerando
il passo con la tracolla ben posizionata sulla spalla e la schiena
dritta. Albus alzò gli occhi al cielo e la raggiunse,
chiedendole scusa, ma Kate era talmente orgogliosa che lo
ignorò. Sbuffò e le chiese gentilmente di
fermarsi.
« Kate, dai, non fare la permalosa
» disse poi « Ti ho solo fatto una domanda,
dannazione ».
La Tassorosso si fermò e lo
guardò mordendosi il labbro inferiore, poi
confessò di botto: « Volevano costringermi a
parlare con te. Per... Insoma... Per chiarire, ecco ». Al si
irrigidì e confermò la sua sensazione del
pomeriggio del giorno precedente, cioè che Rose e Molly
stessero complottando alle sue spalle. In quel caso, anche alle spalle
di Kate.
« Oh. Beh, credo che non siano affari
loro, no? » sbottò e lei annuì,
abbassando lo sguardo. Al iniziò a sentirsi a disagio e, non
sapendo cosa fare, si passò semplicemente una mano tra i
capelli.
« Kate? ».
« Sì? ».
« Io... Mi piaci, non penso che-
» iniziò il ragazzo, preso da un'improvvisa
ventata di coraggio, ma lei non lo lasciò continuare. Si
alzò sulla punta di piedi e lo abbracciò. Albus,
preso alla sprovvista, affondò le mani nella sua schiena e
sprofondò il volto tra i suoi capelli.
« Kate... »
ricominciò, ma lo interruppe ancora.
« Sta' zitto » gli
ordinò, stringendogli le braccia al collo e sentendosi
decisamente accaldata.
« Zitto zitto o...? ».
« Zitto e basta ».
Rimasero abbracciati a lungo e Al si chiese se
potesse restare così per il resto dei suoi giorni.
All'improvviso, sentì una certa impazienza e si
scostò un po', poi le accarezzò la guancia e la
baciò.
Salve...
Sono tornata, sì. Starete pensando 'era ora'.
Forse
starete morendo, o forse vorreste uccidermi, io starei dalla vostra
parte in quest'ultimo caso. E... il finale del capitolo. Beh, per me
è perfetto, muahahahaha. Me ne vado, perché sono
distrutta (colpa di un intenso pomeriggio di studio T-T).
|
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Capitolo 14 *** Capitolo XIII - C'è chi fuma sigarette (e chi fuma di rabbia) ***
Cap. 13 'TGT'
È
passato più di un mese *schiva i pomodori* quindi
è inevitabile:
Riassunto
delle puntate precedenti
(che figo, ho sempre sognato di scrivere una cosa del gen- *un pomodoro
si spiaccica sulla sua faccia, accompagnato da un limone e un'insalata
russa*):
Rose e Scorpius sono
amici, tra Stuart
e Rose c'è stato un periodo di crisi dovuto soprattutto alla
squadra di Hogwarts per il Gran Torneo di Quidditch. Sebastian
è
diventato Capitano della suddetta squadra *applausi* e ha deciso di
lasciar perdere Kate. Al e Kate si sono baciati *scrosci di applausi
gioiosi*. Dominic, l'undicenne dai capelli arancioni (Rossi!
NdDominicCheNonSiRendeContoDell'EvidenzaDeiFatti) di cui voi tutti vi
ricordete, è diventato amico dei nostri quattro Serpeverde
preferiti. James sta organizzando una festa di Halloween, anche
conosciuto come il diciassettesimo compleanno del suo migliore amico
Jason.
Il 14 ottobre
c'è stato un
attentato al nostro caro Ministro Kingsley (sì, era
importante,
non per niente tra le caratteristiche di questa storia c'è
scritto Avventura u.u) in cui sono morti quattro agenti che si
occupavano della sua protezione.
Adesso
vi lascio al capitolo, decisamente più divertente di alcuni
(che
ho scritto quando ero una depressa cronica) e più incentrato
su
quelle quattro canaglie verde-argento.
Capitolo
XIII - C'è chi fuma sigarette (e chi fuma di
rabbia)
24 ottobre 2022, 10:32
Hogwarts, orto delle zucche
Marcus sapeva bene che in quelle circostanze sarebbe stato meglio a
qualche chilometro di distanza e spesso rifletteva sulla
possibilità di comprare una maschera antigas, ma non sapeva
quali sarebbero state le sue capacità di esternare il suo
disappunto con la degna fiumana di parole che la situazione bisognava
con quel coso sulla faccia, perciò l'idea era bocciata.
Magari
avrebbe potuto provare l'Incantesimo Testabolla, ma la durata era
un'incognita. In quella mezz'ora aveva già tossito tre volte
e
nell'aria ristagnava un gran brutto odore, che se gli si infilava su
per le narici gli faceva storcere il naso e aumentare la distanza dai
suoi due amici. Marcus doveva farli smettere, era per quello che non si
dileguava non appena vedeva una sigaretta.
Odiava quei cilindretti riempiti di infingarde foglie di tabacco, e il
loro odore gli ricordava perennemente casa sua, però mancava
quella punta di whiskey che invece in quel arrabattato appartamento era
perenne. Ma quello non era il momento per pensare a un odore lontano
miglia e miglia, ma piuttosto alle due sottili colonnine di fumo a
pochi metri da lui.
« Certo che voi due siete proprio di compagnia!
»
osservò il ragazzo rivolto agli altri due, grattandosi il
naso
con un cipiglio sfatto. Non era nelle sue corde fare l'offeso troppo a
lungo e l'espressione truce che era sul suo volto da quando Scorpius lo
aveva portato lì stava svanendo fin troppo velocemente. La
cosa
peggiore di quella circostanza non era esattamente l'odore sgradevole o
l'attentato
alla sua salute, ma il silenzio profondo che si creava quando quei due
rimanevano lì a bearsi di quella schifezza come gli emeriti
idioti che erano. Se ne avesse parlato con la signora Potter
avrebbe avuto dalla sua una valida alleata. C'era anche la
possibilità che Ginny Potter non si limitasse a fare una
ramanzina a suo figlio o a togliergli la paghetta, ma che avrebbe dato
sfogo al peggio di se stessa. Possibilità che magari non era
del
tutto da scartare, riflettendoci meglio.
« Sapete che il fumo invecchia precocemente la
pelle? E fa
male alle vostre vie respiratorie, e anche a quelle circolatorie. Siete
degli incoscienti » proruppe ancora dopo un paio di minuti in
cui
Al e Scorp lo avevano ignorato e neanche questa volta ci furono esiti
positivi. Solo piatto e noioso silenzio e Marcus si sentiva sempre
atterrito di fronte all'assenza di rumori.
Perché
diamine non sono rimasto con Zac? Lui almeno qualche cosa anche se
acida la dice. pensò con profondo scorno il
Serpeverde, tornando a grattarsi il naso.
« Ehi, la festa di Halloween
sarà una gran
cosa, non trovate? » chiese annoiato con voce leggermente
strascicata, cercando di
cavare qualche cosa di più consistente di un grugnito o di
una sguardo di sufficienza da quei due. Non ebbe esattamente l'effetto
desiderato, perché Scorpius grugnì e Al gli
rivolse il
suo miglior sguardo di sufficienza velato da un po' di divertimento.
Certe volte Marcus sospettava che lo facessero apposta e stavolta ne
ebbe la forte certezza, ma
conservò il suo famoso e dignitoso ritegno. Si sedette su
una zucca
particolarmente grossa e fece finta di guardare il cielo, mentre in
realtà osservava i suoi amici di sottecchi. Albus e Scorpius
si
lanciarono uno sguardo consapevole e straordinariamente colpevole, ma
non dissero nulla, continuando a fumare. Quando Hagrid non c'era,
l'orto
delle zucche era il posto perfetto per fumare nella più
completa tranquillità, e tutti e tre sapevano che il
mezzo-gigante avrebbe consacrato la giornata ai boccali di idromele di
Madama Hannah al Tre Manici. Quale occasione migliore?
Perciò erano lì, e Al e Scorpius fumavano ancora,
mentre
Marcus se ne usciva con parate antifumo lunghe e decisamente
soporifere, che non sortivano per niente l'effetto voluto. Conscio che
continuare sarebbe stato inutile, Marcus arrestò la sua
attuale
filippica per passarsi una mano tra i capelli e cercare di colmare un
silenzio decisamente troppo presente.
« Ehi, Al, alla festa ci vai con la
Tassorosso, per
caso? » gli chiese all'improvviso, colto da un lampo di
genio:
Scorpius non si sarebbe lasciato sfuggire l'occasione di sfottere Al e
da lì sarebbe finalmente nata una conversazione.
Albus lo guardò stranito e si chiese che cosa avesse in
mente e
se non fosse meglio che Marcus continuasse a blaterare su quanto le
sigarette facessero male alla salute, però decise di
rispondere
con indifferenza e un semplice 'sì'.
« È la sua ragazza, con chi
altri dovrebbe
andarci? » sogghignò Scorpius, meritandosi
un'occhiataccia
da Al, più per il tono usato che per altro.
« Lo dici come se avere una ragazza
fosse un
crimine, e non lo è neanche un po' »
rimbeccò
Albus, schiacciando la sigaretta sotto il tallone e infilando le mani
nelle tasche con nonchalance. Da quando si erano baciati la prima volta
quasi non si scollavano più e quella era la prima volta in
tre
giorni che Al passava un po' del suo prezioso tempo con loro. Scorpius
gli fece la linguaccia e si
rigirò tra le dita la sigaretta accesa, d'un tratto
sovrappensiero.
« Sarà una festa in costume,
come diavolo ci
dovremmo vestire? » chiese poi storcendo il naso e infilando
la
sigaretta tra le labbra prima di prenderne una generosa boccata. La
storia dei costumi, appresa il giorno prima a colazione da Albus che
portava
notizie fresche, non gli era ancora andata giù e non pensava
che
sarebbe successo presto. Marcus alzò le spalle e poi
disse: « Credo che debba essere qualcosa di
spaventoso,
visto che sarà una festa di Halloween. La tua risposta
è
nella tua domanda, Scorp. 'Diavolo' » spiegò poi
quando il
biondo aggrottò la fronte in un'espressione interrogativa.
Scorpius si illuminò e si allungò per dargli una
pacca
sulla spalla.
« Bella idea, amico! E... Come si veste
il diavolo?
» chiese, interessato. Marcus boccheggiò, poi si
diede in
un'alzata di spalle e ribatté: « Problema
tuo, non
mio ».
« Mettiti qualcosa di rosso e le corna!
» suggerì Albus accendendosi un'altra sigaretta.
« Corna? » proruppe l'amico,
scettico, « E che me ne faccio delle corna? ».
« Zitto e esegui, sembra una cosa
intelligente
» contrattaccò Marcus, aggiungendo poi:
« Ti ci
vorranno anche una coda e un tridente. Rossi, ovviamente ».
« Ho ancora qualche dubbio sulle corna,
però
» disse il biondino storcendo la bocca in modo comico. Marcus
sospirò e si strinse nelle spalle, in una posa alla 'e a me
dovrebbe fregarmene qualcosa?'.
« Tu con chi ci vai, comunque?
» chiese
distrattamente Albus, dando un'occhiata al cielo cupo di ottobre.
Scorpius osservò il suo amico
per un attimo, poi disse:
« Non lo so ancora, ma penso che inviterò una
qualsiasi e
poi mi dedicherò alla caccia. Magari invito Emmeline, lei
non ha
mai troppe pretese, le basterà avermi a braccetto per una
mezz'oretta. Se tu fossi stato libero, Al, noi due insieme a Zac ci
saremmo beccati tutta la banda di Emmeline, solo che poi Zac avrebbe
dato di matto perché gli avremmo affibbiato quella svampita
di
Eleanor ». Al ridacchiò, ma non aggiunse niente,
fumando
la sua sigaretta in silenzio.
« E nessuno si interessa di me?
» chiese
Marcus con fare offeso, « Anch'io vengo alla festa,
eppure
nessuno mi ha ancora chiesto con chi vado o che costume
indosserò. Forza, fate un po' gli stalker, le attenzioni mi
piacciono! ».
Scorpius disse, ridendo: « Oh, ma noi
già
sappiamo che alla festa ci andrai da solo, vestito come al solito!
». Marcus scosse la testa, esasperato.
« E chi ha mai detto che non
indosserò
costumi? » sbuffò sibillino. Al
strabuzzò gli occhi
e in attimo era scoppiato a ridere, prendendosi la pancia e
asciugandosi gli occhi. L'amico si offese e gli chiese: « Che
cazzo ti prende, idiota? ».
« Tu... T-tu ti travestirai? Tu?
Marcus SonoTroppoMiticoPerFareQuelloCheFannoIComuniMortali Lake?
» rispose, ancora ridendo come un pazzo e facendo cadere per
sbaglio la sigaretta. Marcus gli intrappolò testa con un
braccio, sfregandogli la testa con le nocche della mano sinistra.
« Fatti gli affari tuoi, Potter »
urlò
strofinando forte e ridendo, « E poi mi hai dato un nome
troppo
lungo, bastava solo Marcus SonoMitico Lake » aggiunse
liberandolo
e bacchettandolo con la punta del piede. Albus aveva la faccia rossa e
accaldata e un espressione parzialmente omicida, mentre con le mani
cercava goffamente di rimettersi a posto i capelli disastrati.
« E comunque, sì, indosserò
un cavolo di
costume, perché ho sentito dire che se sei senza costume non
ti
fanno entrare. Intelligente, tuo fratello, eh? Probabilmente vuole solo
fare
una foto a una manica di dementi in costume e la festa è
una montatura » continuò Marcus cominciando a
delirare
come suo solito. Amava vedere diabolici complotti dietro ogni cosa e
soprattutto amava esternarli ai suoi amici. Ma le sue teorie
complottistiche quel giorno non avevano particolare importanza ed erano
deliberatamente campate per aria, visto che tutti conoscevano
l'attitudine di James Potter a far feste scatenate. Scorpius si accese
un'altra sigaretta
e il silenzio calò di nuovo sui tre, anche se un paio di
volte
Marcus cercò di redarguirli ancora sul fumo e 'tutte quelle
menate
lì' -come disse brevemente al suo terzo tentativo di
dissuaderli
da quell'insano vizio. Quando il cielo iniziò a inscurirsi e
gli
argomenti di conversazioni più interessanti erano
già
stati spremuti (anzi, dissanguati), i tre Serpeverde tornarono al
castello, abbastanza soddisfatti dal loro pomeriggio.
27 ottobre 2022, 01:02
Egitto, deserto
Un'alta figura incappucciata si Materializzò a circa un
chilometro dalla sua reale meta, nel pieno del deserto che circondava
l'isolata Scuola di Magia e Stregoneria di Saharmisr. Imprecando,
maledisse mentalmente quell'imbecille che a quanto pare gli aveva
dato le coordinate sbagliate.
Non
si può ardire un complotto in pace. Ci deve sempre essere
qualche intoppo! pensò
alacremente, sfilando la bacchetta dal fodero per accenderla con un
flebile 'Lumos' e pensando a quale maledizione infliggergli appena
tornato a casa del Capo per fare rapporto. Iniziò a
camminare
con irritazione, sfregandosi le mani sulle braccia per
infondersi
calore. A quell'ora nei deserti si gelava, e questo non era da meno.
L'aria fredda gli penetrava le ossa, facendogli sbattere i denti.
Imprecando ancor più volgarmente, strinse la bacchetta e
continuò a farsi luce. L'uomo col cappuccio intravedeva
appena
lo strabiliante edificio nel buio della notte e, con tutta
l'acidità di cui disponeva, sputò qualche insulto
pesante
a quel coglione che se ne stava al calduccio e al sicuro. Almeno
finché l'uomo col cappuccio, in quel momento incazzato nero,
non sarebbe tornato. Lì ci
sarebbero stati dolori. Quando finalmente raggiunse l'enorme porta a due ante
delle alte mure di cinta, emise uno sbuffo di sollievo, poi
strofinò la mano sul mantello per riscaldarla un po'. Doveva
fare in fretta, non poteva perdere altro
tempo. Scommetteva qualsiasi cosa che il Capo in quel momento
già scalpitava. Come promesso, il portone era aperto.
Entrò di gran carriera, per nulla stupito dall'erba che
stava
calpestando o degli alberi da frutto che spuntavano qua e là
nonostante fosse nel bel mezzo del Sahara. La porta dell'edificio era
anch'essa aperta ed egli entrò con cautela. Avendo ben
memorizzato la planimetria della scuola, si mosse con sicurezza e in
silenzio verso una rampa laterale. Di corsa, salì a due a
due i
gradini. Svoltò a destra, percorse ancora un paio di
corridoi
sempre cercando di essere il meno rumoroso possibile e poi si
fermò di fronte a una grandiosa porta istoriata e di colore
scuro, con un bel pomello d'oro. Con un ghigno, la spalancò.
Quel maledetto preside doveva essere messo sotto
Imperius,
era quella la sua missione, e se non l'avesse messa a termine per lui
ci sarebbero stati solo guai, come quelli che aveva avuto quel
deficiente di Morgan dopo aver fallito l'attentato al Ministro della
Magia Inglese. Guai niente affatto piacevoli.
27 ottobre 2022, 19:07
Hogwarts
Sala Comune Serpeverde
« Non ci posso credere! È...
è... disgustoso, accidenti! ».
« Meraviglioso! ».
« Spettacolare, mai visto niente del genere. Dovresti
metterlo, ti starebbe bene! ».
« Non sapevo ti piacesse violento, Scorp! ».
« Oh, dannazione! »
esclamò solamente Scorpius dopo aver scartato il pacco che
gli era
arrivato proprio quella mattina, « Quei coglioni della
Stratchy&Sons mi hanno mandato l'abito
sbagliato »
aggiunse osservando, completamente allibito, un body da donna rosso
fuoco adorno di pizzi neri. Guardando nel pacco, notò altri
oggetti piuttosto... imbarazzanti.
Al si sporse con un ghigno larghissimo e prese un piccolo frustino.
« Questo ti servirà,
decisamente »
sogghignò agitandolo appena. Scorpius lo afferrò
e lo
nascose subito, rosso in viso, e controllò che nessuno
avesse
visto.
« Non sapevo che da
Stratchy&Sons si vendessero certi articoli»
commentò Zac divertito, prendendo un lembo del rosso e
decisamente poco coprente body. Dominic si era dileguato subito,
borbottando: « Certe cose uno di undici anni non dovrebbe
né
vederle né sentirle e nemmeno conoscerle ». Marcus
si era
piegato in due in una risata silenziosa, indicando prima Scorpius poi
l'abitino succinto e poi scuotendo la mano come se si fosse fatto male.
Scorpius, inorridito, afferrò un foglio di pergamena e
cominciò a scriverci furiosamente sopra, mentre Al
sogghignava
spudoratamente e Marcus continuava a ridere in silenzio.
« Sarebbe più efficace una
Strillettera...
» commentò suo cugino sporgendosi per leggere
ciò che suo
cugino stava scrivendo, « Non se la dimenticherebbero di
certo ».
Scorpius sbuffò e disse
irritato: «
Sì, così mi prendono per un ragazzino facile da
scandalizzare ».
« E te ne dovrebbe interessare? Quello
che pensano
non ha poi tanto peso » ribatté Zac agitando una
mano per
aria come per scacciare una mosca e scoccando a Marcus un'occhiataccia
per la velocità in cui si era spalmato sul pavimento dal
ridere.
Probabilmente stava immaginando Scorpius con quel coso addosso... Gli
scappò una risatina e diede una spallata al cugino,
facendogli
versare un po' d'inchiostro sul foglio. Poi mimò la tipica
voce
da Strillettera, più profonda di un'ottava e inevitabilmente
comica: «
Ma per chi mi avete preso? Per un pervertito? A proposito, ce l'avete
un frustino più grande e con più frange, che
questo non
mi soddisfa? E
magari un paio di manette pelose, e rosa, anche. E una mazza ferrata,
magari! ». Scorpius gli lanciò un'occhiata
di fuoco e
sparì nei dormitori portando via baracca e burattini.
« Si può sapere cos'ha?
» indagò
Dominic, ricomparso appena l'imbarazzante capo di vestiario era svanito, riferendosi al ragazzo moro disteso sul pavimento a
ridere come un matto.
« Scorpius... vestito... oddio
»
biascicò a fatica quest'ultimo prima di ricominciare a
sganasciarsi, stavolta in modo più rumoroso. Allora Dominic
capì e fece un versetto disgustato. Non per niente era un
ragazzino intelligente.
« Io non trovo divertente l'immagine di
Scorpius vestito- anzi, no, svestito,
visto che quella cosa tutto fa meno che coprire la gente... »
borbottò, cominciando poi a divagare per lo shock a cui
avevano
sottoposto la sua povera anima pura, « E non penso
che gli
starebbe bene, da quel che ho visto è anche piuttosto
piccolo e-
Santo cielo, perché sto parlando di certe cose? ».
Con un
sogghigno, Zac aiutava Marcus a rialzarsi. Quest'ultimo aveva ancora
degli attacchi di rideralla che erano più spasmi
incontrollati
che altro.
« E non hai visto il frustino, amico
»
ghignò Al, sprofondando nella poltrona e staccando a morsi
la
testa alla sua Cioccorana.
« F-frustino? »
esalò, spalancando la
bocca in una perfetta 'o', « Ok, me ne vado ». Si
alzò, ancora scosso, e uscì dalla Sala Comune con
passo
pesante e un espressione da martire dipinta sul viso. Alla parola
frustino, Marcus aveva immaginato uno Scorpius con il body e una
parrucca bionda, in una posa ridicola, mentre agitava un paio di
manette rosa in una mano e il frustino nell'altra con espressione
provocante, e ricominciò a ridere, stavolta pestando i piedi
per
terra e scuotendo la testa. Zacharias, intanto, stava iniziando a
compatire quel povero ragazzino che aveva avuto la sfortuna di
incappare in dei pazzi come loro. Si chiese, poi, perché non
stesse con i ragazzini della sua età invece che con quattro
adolescenti fatti e finiti, e la risposta gli arrivò quasi
subito. Un gruppetto di primini che si stava scambiando le figurine
delle Cioccorane iniziò a litigare sul valore della figurina
di
Severus Piton, e addirittura uno di loro tirò la treccina a
una
bambina bionda e minuscola, che cominciò a piangere. A parte
chiedersi cosa ci facesse una dalla lacrima facile in Serpeverde, si
rese subito conto che quelli erano comportamenti troppo infantili, che
Dominic non apprezzava affatto. Come se lui non avesse mai sperimentato
un litigio per una figurina o non avesse mai giocato a nascondino o
robe così. Come se non avesse avuto un'infanzia, a dirla
tutta,
come se fosse cresciuto troppo in fretta. O come se fosse stato costretto
a crescere troppo in fretta. A distoglierlo da questi pensieri infelici
fu Marcus, che lo afferrò per il polso e lo tirò
a terra
con sé, dove iniziò a ululare dal ridere, ancora
con la
testa su body e parrucche bionde. Albus intanto aveva preso libri e
fogli e aveva iniziato a scrivere il finale del tema di Storia della
Magia per il giorno dopo, ignorandoli bellamente, anche quando uno Zac
furioso aveva cominciato a tirare calci giocosi al suo migliore amico,
attirando una piccola folla di primini curiosi e senza minimo buon
senso.
Di
certo quei ragazzini
sono stati messi qui per sbaglio... Io non mi sarei mai avvicinato
tanto a dei sedicenni che si tirano calci.
pensò Al
guardandoli di sfuggita e poi aprendo il libro e scorrendo il dito
sull'indice alla ricerca della Battaglia di Stonehenge del 1870.
Picchiettò sulle cifre della pagina e iniziò a
sfogliare
le pagine.
172...
185...394...
Ecco, pagina 402. Mmmmm... Chissà se Kate ha già
fatto questo tema. Magari potrei chiederle come l'ha finito.
pensò Albus svogliatamente, lasciandosi poi distrarre dal
pensiero della ragazza. In quel periodo si distraeva facilmente, era
sempre euforico e in vena di scherzare e non vedeva l'ora di trovarsi
con Kate nella Sala d'Ingresso la mattina e andare a correre, fare
colazione con lei, accompagnarla alle lezioni e...
Sì, si è capito: sono cotto marcio.
Il ragazzo sospirò, poi sorrise beato
al ricordo di
quell'ora felice all'ombra di un faggio con la Tassorosso. Era talmente
preso che non notò neppure il suo migliore amico percorrere
la
Sala Comune come un fulmine, scavalcando Zac e Marcus aggrovigliati sul
pavimento, e sparire dietro la parete.
(5 minuti prima)
Scorpius si era sbattuto la porta del dormitorio vuoto
alle
spalle e si era buttato sul primo letto a baldacchino sulla destra,
riposandosi un po' e buttando le sue cose a terra per non avere
impicci. Sbadigliò e intrecciò le dita dietro la
nuca,
lasciando distendere i muscoli e sonnecchiando un po'. Poi si
grattò la testa e si tirò su a sedere,
stracciò la
lettera macchiata al proprietario del negozio di vestiti e decise
semplicemente di rimandar loro la scatola con un bigliettino. Nulla di
appariscente e che gli sarebbe costato molto meno tempo.
Quando ebbe assicurato il biglietto alla scatola
con il
Magiscotch, uscì nel corridoio con un sacchetto di biscotti
gufici e andò velocemente via
dalla Sala Comune, scavalcando due ragazzi che assomigliavano
terribilmente a suo cugino e il suo amico. Ma non chiese e non
controllò, giusto per salvaguardare la sua già
precaria
salute mentale.
Camminò per lungo tempo, visto che la
sua meta era
la torre ovest del castello, lì dov'era la Guferia, e quasi
maledisse Hogwarts e tutte le sue scale. Prese un paio di scorciatoie e
finalmente ci arrivò. Ispezionò con lo sguardo la
stanza
circolare fino ad individuare il suo gufo scuro appollaiato su un
trespolo vicino alla finestra senza alcun vetro, da cui entrava una
brezza gelata. Fischiò ed Horus L'Infame Pennuto
planò
gentilmente verso
di lui, posandosi sulla sua spalla e piantandogli gli artigli nella
carne con luccichio sadico negli occhi. Scorpius lo guardò
male,
poi gli indicò il pacco e disse: « Devi portarlo a
quelli
della Stratchy&Sons. E non fare storie » aggiunse
quando il
gufo emise uno stridio contrariato « Vedi di dimostrarti
utile,
una volta ogni tanto. È colpa loro, non mia, quindi ti do il
permesso di morderli e punzecchiarli quanto vuoi ». Horus gli
rivolse uno sguardo d'apprezzamento che significava che aveva
accettato, e volò via con il pacco. Scorpius
sospirò e si
massaggiò la spalla dolorante, prima di avvicinarsi alla
finestra e guardare il gufo allontanarsi goffamente. Poggiò
i
gomiti alla base di pietra della finestra e prese una boccata d'aria.
Il cielo era cupo anche quella sera e le nuvole promettevano pioggia a
catinelle. Rimpianse come non mai di aver rifiutato di andare
a
vivere in Italia dai nonni, dove di sicuro non avrebbe patito il freddo
e non sarebbe stato costretto a guardare come pioveva da
una finestra chiusa e appannata. Chiuse gli occhi e
inspirò
dal naso l'aria umida e gli arrivò una goccia sulla fronte,
poi
una sul naso e una sulla guancia. Si ritrasse sospirando
esasperato.
Odiava la Scozia. Forse.
Salve.
:-)
Mi
odiate, lo so, lo so. Ce l'ho fatta, però, alla fine
l'importante è questo. Ah, d'ora in poi nelle note
chiamerò l'uomo dal cappuccio nel secondo paragrafo
Cappuccio-Man, ve l'ho detto così nelle prossime volte non
avrete il rischio di confondervi. Le cose iniziano a farsi
interessanti, eh? Complotti, di quelli che piacciono a Marcus. :-D
Sì, Cappuccio-Man è legato all'attentato a
Kingsley, ma
abbiate pazienza, tra una ventina di capitoli vi sarà
svelato
tutto. *me sadica*
Ecco
un
approfondimento sulle guerre dei Giganti,
da cui ho preso quel
particolare non importante della
Battaglia di Stonehenge.
Se vi va, leggetelo, è davvero
interessante. :3
Avete notato, tra i pensieri di Al, quel 394 mentre cerca la pagina sulla Battaglia? Bene, è un palese omaggio a Piton. u.u
Notizia
ininfluente: cambio nick, i trattini bassi mi stavano sulle palle.
Sarò AutumnLeaves98. ^-^
Cià
cià.
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