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Sorriso
La Tana non aveva un vero e proprio
giardino davanti a sè. Diciamo che oltre il cortile polveroso si
estendeva già il bosco, oltre l'orticello e il piccolo giardino, che
la signora Weasley curava con amore e dedizione. Subito la natura
cresceva incontrollata: gli alberi, i cespugli, i fiori, ricoprivano
il suolo verde e sembrava di essere già nella foresta, sulla
collina.
Lee Jordan aveva ascoltato tanti
racconti di Fred e George su quel bosco, e sapeva che poteva
aspettarsi di tutto: da animali selvatici ai piccoli gnomi poco
amichevoli.
Era con gli altri fratelli Weasley, con
il manico di scopa in spalla, pronti a cercare una piccola radura
riparata da sguardi indiscreti per giocare a Quidditch. Mentre i
ragazzi Weasley erano tranquilli, Lee era guardingo.
Ma non fu abbastanza attento e lei
apparve: piccola, rossa, veloce, selvaggia.
Che fosse uno
spirito di quella incolta foresta?
L'urlo lo fece
trasalire.
"Vattene a
casa, Ginny" disse il fratello maggiore, Bill, alla creatura.
"No!"
urlò lei, indispettita.
"Lei è Ginny,
nostra sorella" gli disse Fred "una vera piaga"
Ginny guardò dalla
loro parte, gli occhi di fuoco. Lee deglutì: non aveva mai visto uno
sguardo così vivo.
"Ginny, vai a
casa o diremo alla mamma che sei arrivata fino qui da sola" le
disse Percy.
"E diglielo!"
"Ti metterà
in punizione" le ricordò Ron.
"Non importa"
"Puoi fare
quello che vuoi, noi non ti faremo giocare con noi" disse
George.
"Su, andiamo"
disse Charlie.
I sette ragazzi si
incamminarono lasciando la bambina da sola. Lee si voltò a
guardarla: incredibile che non stesse piangendo.
I suoi occhi,
malcelavano una profonda tristezza.
Appena si accorse
che Lee la guardava gli lanciò uno sguardo di fuoco.
Il ragazzo si voltò
di scatto.
"Perchè non
la facciamo giocare?" provò "in fondo non è tanto più
piccola di Ron"
"No, Lee, non
si può" rispose Fred.
"Ginny non ha
mai volato su una scopa" disse Bill.
"E non ne
sarebbe in grado" aggiunse George.
"La mamma,
poi, si arrabbierebbe molto" proseguì Ron.
Lee annuì: le
risposte, in fondo, erano giuste. Ma perchè gli dispiaceva tanto per
quella bambina?
"Però,
lasciarla tutto il pomeriggio da sola.." ritentò Lee.
"Sono solo
capricci, i suoi" rispose Percy "non le interessa salire
veramente su una scopa, deve solo copiarci. Non può ottenere sempre
tutto quello che vuole!"
I ragazzi erano
arrivati sulla collina. Ma Lee non riusciva a giocare bene: ogni
volta le ritornavano in mente quegli occhi scuri tristi, e una morsa
gli attanagliava lo stomaco.
Finse di non
sentirsi bene e di voler tornare a casa. I gemelli si offrirono di
accompagnarlo, ma Lee gli disse che si ricordava bene la strada e li
avrebbe aspettati a casa. I due non si fecero pregare e continuarono
a giocare.
Lee incontrò Ginny
poco dopo, nascosta dietro dei cespugli.
"Ciao" le
disse, sorridente.
Ginny non ricambiò
e lo squadrò da capo a piedi.
"Che fai?"
chiese il ragazzo.
"Guarda che io
non ci casco ai vostri stupidi scherzi"
Lee scrollò le
spalle.
La ragazzina non
abbassò lo sguardo.
"Ti va di fare
qualcosa?" chiese Lee.
Ginny lo guardò in
modo strano.
"No"
rispose.
Lee scrollò
nuovamente le spalle.
"allora vado a
casa"
"Perchè?"
chiese Ginny.
"Non mi andava
più di giocare a Quidditch"
"E perchè
mai?" chiese lei, sempre più stupita. Come poteva non andargli
di giocare a Quidditch?
"Non esiste
solo il Quidditch" rispose lui "se vuoi possiamo fare
qualcosa insieme"
Ginny era
sospettosa, ma cominciava a calare le difese. Lee lo aveva capito e
sorrise, conciliante.
"Se vuoi, ti
insegno a volare" propose.
Il volto di Ginny
si trasfigurò in un ghigno molto simile a quello dei gemelli.
"Andiamo"
Lo condusse verso
il capanno delle scope e ne uscì con una vecchia scopa malconcia.
Lee aveva la sua tra le mani.
"è la vecchia
scopa di Charlie" spiegò Ginny "mamma e papà gliel'hanno
comprata una nuova quando è diventato Capitano"
Lee si sentiva
molto fiero di fare qualcosa di utile per quella bambina.
"Ti faccio
vedere come devi fare per farla alzare" disse.
La ragazzina ghignò
di nuovo. Lee aggrottò le sopracciglia.
"Fammi vedere"
disse lei.
Lee posò a terra
la scopa e, come gli aveva insegnato suo padre e Madama Bumb, gridò
'su'.
La scopa si alzò
da terra e lui la cavalcò.
"Ecco, vedi, e
poi.."
Alzò lo sguardo.
Ginny era sparita.
"Ginny!"
gridò il ragazzo. Sentì una risatina argentea in un punto
imprecisato sulla sua testa. Alzò lo sguardo: Ginny era sulla sua
scopa, a mezz'aria.
"Ginny!"
esclamò, improvvisamente terrorizzato "non so come hai fatto,
ma scendi subito, potresti farti male"
Come aveva fatto
una ragazzina di nove anni a librarsi in volo la prima volta che si
avvicinava ad una scopa?
"Non mi dare
ordini!" ringhiò lei.
"Dico sul
serio, è pericoloso, non eri mai salita su una scopa prima"
"Ho imparato a
volare a sette anni, spiando gli altri" rispose lei.
Lee era a bocca
aperta. Aveva imparato a volare.. da sola?
Ginny atterrò con
grazia a fianco a lui.
"Non dirlo a
nessuno, va bene?" gli disse.
Lee annuì.
"nessuno lo
sa?" chiese.
"Già"
rispose Ginny.
"Com'è lo hai
detto a me?"
Ginny scrollò le
spalle.
"Perchè tu
sei il primo ad avermi dato la possibilità di imparare e di
partecipare ai vostri giochi" rispose Ginny "sei stato
gentile"
Lee si sentiva
vagamente accaldato.
"era giusto
così" balbettò.
Ginny sorrise: il
primo vero sorriso che la bambina concedeva al ragazzo.
Era luminoso.
"Prometti che
non lo dirai mai a nessuno?" chiese Ginny.
"Lo giuro"
rispose Lee solennemente. Ed era sincero.
"Ti va di
farci un giro? Mi fai vedere di cosa sei capace"
"Va bene!"
I due ragazzini si
librarono in aria, ben nascosti dalle fronde degli alberi. Lee
mantenne la promessa e quel sorriso di Ginny gli rimase per sempre
tra i suoi ricordi più belli.
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