La Quincy nera, la Shinigami azzurra

di Brooklyn_Rogers
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La triste storia di Kazuko ***
Capitolo 3: *** Adozione ***
Capitolo 4: *** Quincy, Zanpakuto e Shinigami ***
Capitolo 5: *** Rilascio, parole da leggere, vento da cavalcare ***
Capitolo 6: *** I figli della notte e del giorno ***
Capitolo 7: *** Bankai ***
Capitolo 8: *** Bankai... di nuovo? ***
Capitolo 9: *** Un capitano a scuola ***
Capitolo 10: *** Quello è uno shinigami ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Era notte. Le stelle scintillavano privando la luna della sua solita supremazia nel cielo d’inchiostro che dilagava sulla città di Karakura. L’uomo bendato camminava per la strada che aveva percorso una sola notte nella vita. Fra le mani stringeva febbrilmente una katana dalla guardia a forma di fiore a cinque petali che salivano dolcemente unendosi all’impugnatura. L’andatura incerta era quella di un uomo che desidera ardentemente qualcosa, ma al contempo non era sicuro di volerlo davvero. Davanti all’edificio, un altro uomo, vestito con un kimono verde e indossante un cappello a righe del medesimo colore, lo aspettava in piedi.
-Urahara.- fu il saluto che l’uomo bendato gli rivolse. Lui annuì e lo fece entrare.
-Allora, cosa ti porta in questo negozio sperduto?- senza pensarci due volte, l‘uomo mostrò la katana.
-Lui. Non parla più con mia figlia.- non aggiunse parole superflue. Kisuke prese delicatamente l’antica spada in mano e la estrasse dal fodero. Passò un dito sul dorso della lama, ma l’arma non reagì.
-Ha certamente qualcosa che non va, ma questo comportamento è molto probabilmente legato alla scomparsa di Ureki, non trovi? Non posso farci niente.- l’uomo strinse i pugni, irato dalla risposta.
-Ma ne ho bisogno! Mia figlia ne ha bisogno! Non c’è proprio niente che tu possa fare, Urahara?- il suo sguardo disperato fece si che Urahara tentasse un’ultima mossa.
-D’accordo. Lo sveglierò per te.- gli occhi dell’uomo si illuminarono di speranza.
 -Brilla guardando la luna, Taiga. Illuminati prendendo la forza del firmamento, Kodokuna Taiga.- tutto di illuminò di tenue luce verde mentre un giovane sui trent’anni, dall’aria triste, appariva in mezzo alla stanza.
-Taiga!- esclamò l’uomo vedendo il ragazzo. Lui girò appena la testa.
-Ciao, Hisayuki.- il tono confidenziale con cui si rivolse all’uomo faceva intuire una certa vicinanza fra i due.
-Taiga…
-So già qual è il problema che affligge te e tua figlia. Tuttavia, non posso restare oltre con voi. Il mio Shinigami è ormai morto, il mio tempo in questa forma è finito.- una lacrima scese sulla guancia di  Hisayuki.
-E chi proteggerà mia figlia?- era il chiodo fisso nella sua mente, la bambina, la figlia della donna che aveva cambiato il suo modo di vedere il mondo.
-Lei è… più forte di quanto credi. Addio, Hisayuki. Forse ci rivedremo, un giorno.- Taiga cominciò a emanare un’abbagliante luce dorata e scomparve.
-Non è un addio, Taiga. Ti ritroverò.- soffocando le lacrime, l’uomo bendato uscì dal negozio senza salutare Urahara.
“Perché tu, per quanto codardo e debole, sei stato amato da mia moglie, sei stato il suo compagno, la sua Zampakuto per molto tempo. Non ti lascerò da solo, non di nuovo.” Furono gli ultimi pensieri che affollarono la mente di Hisayuki, prima che essa si chiudesse senza lasciare spazio ad alcuna emozione, fuorché la tristezza.

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Capitolo 2
*** La triste storia di Kazuko ***


-Papà! Vieni a vedere cosa ho fatto!- Hisayuki si alzò e si avvicinò alla bambina dai capelli dorati che correva verso un albero. Indicò poi un nodo piuttosto grosso, nel quale era conficcata una freccia nera in pura energia.
-Tsuki! Sai benissimo che non devi usare il tuo arco dove c’è altra gente.- con l’espressione da cagna bastonata, dissolse il dardo.
-Papà, ti posso chiedere una cosa?- l’uomo la prese in braccio, incapace di resistere alla figlia.
-Certo, Bimba. Cosa c’è?- lei indicò la croce che aveva tatuata sul polso, la fonte dei suoi poteri.
-Siamo tutti e due dei quincy, vero?
-Sì, ovvio. Perché?- sistemò la treccina destra a Tsuki.
-Perché le tue frecce sono azzurre e le mie nere? Sembrano cattive.- Hisayuki sospirò di fronte all’ingenuità della bambina.
-Ah, Bimba. La mamma era uno Shinigami, lo sai bene. Quindi i tuoi poteri di quincy si sono intrecciati con la magia demoniaca, capisci? Non è una cosa negativa, significa solo che sei molto più potente di me. E ora sorridimi, dai, Bimba.- lei rise. Adorava suo padre quando la chiamava Bimba, le ricordava la mamma. Anche lei la chiamava così.
-Papà, quel bambino non ti ricorda Taiga?- indicò uno dei molti orfani ospiti della chiesa locale. I bambini senza genitori venivano accolti da un prete, che ogni martedì pomeriggio li portava a giocare al parco.
-Taiga?- si girò nella direzione segnalata dalla figlia. Il soggetto interessato aveva corti capelli castano scuro, e profondi occhi azzurri.
-Taiga aveva i capelli neri, Bimba.
-A me ricorda Taiga.- replicò lei –Posso andare a parlargli?
Hisayuki annuì e Tsuki corse verso il bambino. Intanto lui si avvicinava al prete. Comparando lui e sua figlia, di certo quest’ultima conosceva meglio Taiga, in quanto in grado di analizzare accuratamente ogni tipo di potere spirituale nonostante la giovane età.
-Buongiorno.- disse educatamente al funzionario religioso.
-Buongiorno a lei. Cosa la porta da me?- rispose lui.
-Quel bambino, quello con i capelli scuri. Perché è qui?- il prete chiuse gli occhi.
-Ci sono molti bambini con una storia come la sua. Tuttavia, lui è il più malinconico, come se ancora aspettasse qualcuno. Si chiama Kazuko. Non ricorda il suo cognome. È stato trovato a vagabondare vicino alla chiesa e lo abbiamo subito accolto.- il quincy annuì, stupefatto dalla triste storia del piccolo Kazuko.
La bambina aveva raggiunto il suo nuovo Taiga.
-Come ti chiami?- chiese Tsuki al bambino.            
-Kazuko.- rispose con quest’unica parola, non aggiunse altro.
-Bene, Kazuko-chan, io sono Okamoto Tsuki.- gli sorrise, ma lui continuò a disegnare sulla sabbia.
-Che disegni?- ma Kazuko non reagì.
-Bimba, dobbiamo andare a casa.- prese in braccio la piccola, che salutò il suo nuovo amico.
-Ciao, Okamoto-chan.- rivolse lo sguardo verso il viso solare di lei. Sulla sabbia aveva scritto “Io non sono niente, nelle mani di nessuno, ma fra le dita della persona giusta, io diventerò me stesso”.
 
-Capo, il tipo che ieri è venuto a salutarla non è lo stesso che le ha portato una Zanpakuto un paio d’anni fa?- Urahara annuì.
-Esatto.- l’ex-shinigami stava ripercorrendo la lista degli ultimi clienti, come al solito non molto lunga.
-Che tipo di Zanpakuto era quella?- nella conversazione fece il suo ingresso Jinta, che, ormai stufo di pulire il cortile davanti al negozio, aveva lasciato il compito a Ururu.
-Era molto strana. Ho analizzato quell’arma diverse volte e sono riuscito a capire ben poco. L’unica cosa chiara è che si tratta di una spada diversa da tutte le altre. Ogni volta che il padrone muore, anch’essa cessa di vivere. Tuttavia, dopo qualche tempo, riappare in un’altra forma, come una persona totalmente nuova. Inoltre non conserva alcun ricordo della vita precedente, e fino a quando non incontra il suo nuovo Shinigami, non sa nemmeno di essere una Zanpakuto. Può essere definita simile a una fenice. Inoltre, ogni volta che rinasce, il suo nome, il suo Shikai e il suo Bankai cambiano a seconda della persona che la impugna. L’ultima volta che l’ho vista si chiamava Taiga ed era la Zanpakuto di una Shinigami ricercata dalla Soul Society per il reato di aver salvato un Quincy dalla morte. Quello che nessuno sa è che Akane, lei si chiamava così, ha avuto una figlia da quel Quincy, lo stesso che ha portato Taiga qui. La bambina è così metà e metà, e ho paura che diventi troppo potente per essere controllata. Con la giusta Zanpakuto, potrebbe distruggere l’intera Soul Society.
Il silenzio calò nella stanza: Urahara era terribilmente, spaventosamente serio.

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Capitolo 3
*** Adozione ***


-Domani andiamo alla chiesa a prendere il tuo fratellino.- annunciò una sera Hisayuki, seduto a tavola con la figlia per la cena.
-Eh?- domandò sorpresa lei con le bacchette rimaste a mezz’aria.
-Sei contenta?- lei sorrise, felicemente confusa, una luce abbagliante provenire dai suoi occhi.
-Chi è il mio fratellino? Quanti anni ha? Di che colore sono i suoi capelli? E i suoi occhi? Dimmelo, papà!- Tsuki sprizzava curiosità da tutti i pori e non smetteva di tormentare il padre con le assurde domande.
-Lo saprai domani mattina. E ora finisci quel riso o vai a dormire… no, finisci il riso. Devi mangiare.- ma lei era già scappata in camera sua.
Hisayuki osservò la ciotola ancora piena della figlia.
-È come sua madre… non mangia nulla.
L’uomo si perse nei ricordi malinconici della moglie.
 
Hisayuki aveva vestito bene la figlia per quel giorno di festa.
“Ne voglio un altro” affermava spesso Akane.
Eccolo, rispose nella sua mente il vedovo.
-Papà, chi è?- l’impazienza di Tsuki non faceva che aumentare, tuttavia, Hisayuki era un tipo piuttosto calmo quindi non si fece prendere dall’agitazione. Entrarono nello studio del parroco, quindi attesero qualche minuto che l’uomo arrivasse.
-Abbiate ancora un po’ di pazienza, sta per arrivare.- i secondi passarono lenti e pesanti, come ore sotto un acquazzone. Infine una suora entrò.
Per mano teneva Kazuko.
-Ciao, Okamoto-chan.- disse con gli occhi luminosi. Tsuki era diventata molto amica di Kazuko, riuscendo a far spuntare il sorriso sulle labbra del bambino.
-Kazuko-chan! Quindi sei tu mio fratello?
-Fratello?- ribatté quello confuso.
-Sì! Da oggi siamo fratelli!- lo abbracciò mentre Kazuko si guardava intorno spaesato.
-Davvero? Allora significa che sarai la mia famiglia?- una famiglia. Probabilmente l’unica cosa che aveva desiderato era proprio qualcuno su cui contare, qualcuno che lo ascoltasse, qualcuno per cui essere speciale.
-Saremo.- sottolineò Hisayuki. Stava per diventare di nuovo padre, esattamente come avrebbe voluto lei.
-Signor Okamuto…
-Non chiamarmi così. Da adesso in poi, io sono tuo padre.- Kazuko rimase stupefatto. Non avrebbe mai pensato di trovare veramente ciò che desiderava.
-Non fare quella faccia, Nii-san!- i due bambini si abbracciarono, stringendo un legame che mai nessuno avrebbe potuto spezzare.
 
-Ciao, Hisayuki.- lo salutò Urahara.
-Urahara.- rispose lui piatto. L’ex Shinigami aprì il ventaglio e, nonostante fosse inverno, cominciò a sventolarsi.
-Senti, Hisayuki, hai adottato quel bambino, no? Ma lo hai fatto perché tua figlia si è molto affezionata, per dargli una famiglia… oppure perché il suo reiatsu ti ricorda quello di Taiga?- questa domanda lasciò spiazzato il Quincy.
-Forse. Ma se anche fosse, a te cosa importa, Urahara?- riuscì a rispondere con freddezza come sempre nonostante l’evidente stato di confusione.
-Dirò a te quello che ho detto a Tessai e a Jinta: tieni a bada tua figlia, oppure, se il suo potere sarà  incontrollabile, sarò costretto a ucciderla.- le nocche di Hisayuki sbiancarono mentre stringeva forte le dita.
-In quel caso, dovrai prima passare sul mio cadavere. La difenderò fino alla morte e oltre.- rispose, una punta di ira nella voce.
-Lo faresti anche sapendo che tua figlia potrebbe distruggere la Soul Society e questo mondo?- questa volta il Quincy mollò un pugno sul viso di Urahara.
-Io la difenderei anche se fosse maledetta! Anche se tutto il mondo la odiasse! Anche se tutto ciò in cui credo sparisse a causa sua!- urlò, poi si alzò e, sull’uscio, ricominciò a parlare in tono più pacato.
-Urahara… se mi fai questa domanda, dimostri soltanto di non essere né consapevole, né pronto all’amore paterno. Perché i figli… senti di doverli sostenere e aiutare fino alla fine!- detto questo, uscì e Kisuke sentì un grande peso nel cuore. Aveva detto troppe cose sbagliate e il Quincy, colui che considerava un amico, il suo migliore amico, gli aveva voltato le spalle.
-Che devo fare, Benihime?- accarezzò il bastone che rimase inerte, come se anche lei fosse adirata.

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Capitolo 4
*** Quincy, Zanpakuto e Shinigami ***


Caro diario,
oggi io e Kazuko siamo andati a pesca. Sono passati tre mesi da quando è diventato mio fratelo e a me piace moltissimissimo essere la sua sorellina, anche se è piu grande di me. Infatti ora lui ha nove anni e io ne ho 7. E adesso stiamo per patirere  partire per andare a sciare nella neve! Ci vediamo al mio ritorno!
La grafia insicura di Tsuki copriva metà del foglio, pieno zeppo di errori d’ortografia.
-Tsuki, facciamo tardi!- la voce del neo-fratello la raggiunse, per cui chiuse in fretta il diario e lo ripose nel cassetto della scrivania in legno lucido e scuro.
-Arrivo!- urlò, afferrando lo zainetto che aveva riempito dei giocattoli e degli oggetti più cari che aveva. Nell’ingresso c’era solo Kazuko, che non appena la vide, le accarezzò i capelli e la abbracciò. Lo faceva spesso, per essere sicuro di non stare sognando e di non trovarsi ancora nell’orfanotrofio.
-Tsuki, dammi lo zainetto, lo porto io.- lei obbedì. Non era affatto come dicevano le sue amiche, era bellissimo avere un fratello maggiore. Le sue amiche era tutte bugiarde, però, adesso che c’era Kazuko, non aveva più bisogno di loro. Lui l’avrebbe difesa e sostenuta, sarebbe stato il suo faro nell’oceano, la sua oasi nel deserto.
Il tempo passò veloce nell’auto, fra giochi, dolciumi e risate che coinvolgevano tutta la famiglia Okamuto. All’improvviso Tsuki pose le mani sul finestrino e guardò stupefatta ciò che accadeva all’esterno della vettura.
La neve cadeva lentamente, posandosi a terra delicata, impalpabile, come se fosse qualcosa di magico, fatato, incantato.
-Giochiamo a raccontarci delle storie?- gli altri annuirono, poi il padre prese la parola.
-C’era una volta una bellissima donna, una principessa fantastica, dai capelli biondi come l’oro e gli occhi grigi come il cielo in tempesta. Questa donna aveva un amico molto caro, che non lasciava mai, erano compagni d’avventura. Un giorno, il re di un regno vicino, dichiarò guerra al paese dove viveva la principessa. Così furono inviati dei sicari per uccidere tutti i cavalieri del regno avversario e anche la principessa partì, in cuor suo sperando di ottenere la pace. Tuttavia accadde qualcosa che nessuno avrebbe immaginato, né la principessa, né il cavaliere nemico. Si innamorarono perdutamente l’uno dell’altra. Così fuggirono insieme, ma ormai lei si era macchiata di un orribile delitto. L’unico che riuscì a perdonarla fu il caro amico, che la seguì. E vissero per sempre felici e contenti.- una frase fatta, ma che bastava per far comparire il sorriso sui visi dei bambini. Una frase che faceva apparire magnifica anche la sua stessa storia, che aveva raccontato in termini fiabeschi.
-C’era una volta un povero orfano, che viveva in un luogo buio e triste. Tuttavia, una fata lo salvò dal baratro in cui si trovava e riuscì a farlo sorridere. Il bambino era felice insieme a lei, si sentivano come due fratelli.  Alla fine lo diventarono davvero.- Tsuki abbracciò il fratello.
-Ma questa è la tua storia! Dovevi raccontarne una inventata.- si lamentò la bambina ridendo.
-Tu non sei una fata, sei una quincy.- osservò lui, con aria terribilmente seria.
-Intendi forse che non posso essere una fata?
-Siamo arrivati, smettete di litigare. Scendete.- i bambini obbedirono, trovandosi davanti una baita di montagna con il tetto inclinato coperto da soffice neve.
-Vieni, Kazu, facciamo un pupazzo di neve mentre papà sistema tutto!- l’entusiasmo della piccola in poco tempo coinvolse anche il fratello.
-Guarda! Quei rametti sono perfetti per le braccia!- esclamò poi indicando un albero piuttosto rinsecchito.
-Li prendo subito.- cominciò ad arrampicarsi sull’albero.
Kazuko era piuttosto alto per la sua età, spiccava al di sopra degli altri di mezza testa. Gli occhi celesti erano grandi e sinceri, i capelli scuri gli cadevano ribelli sulla fronte, coprendo un po’ di quello sguardo che sembrava essere stato strappato direttamente dal cielo.
Sembrava essere tutto il contrario di Tsuki, infatti, i capelli della bambina erano biondo dorato, ondulati e lunghi fino alla schiena. I suoi occhi la facevano sembrare ingenua, chiara, trasparente come vetro, nonostante il colore fosse quello della tempesta e delle nubi cariche di pioggia.
Nonostante la loro differenza fisica, c’era qualcosa che li univa, che andava molto oltre la semplice amicizia.
Dopo aver completato il pupazzo di neve, si sedettero contemplando la loro opera.
-Tsuki… secondo te io sono inutile?- la domanda lasciò la bambina spiazzata.
-Cosa? Non è assolutamente così! Come ti è solo passato per la mente?
-Però, sai… tu e papà sapete usare i vostri archi… io non so fare nulla.- Tsuki chiuse gli occhi e strinse la mano del fratello.
-Noi sappiamo usare gli archi perché discendiamo da un gruppo di uomini capaci di utilizzare bene il reiatsu. Tutti possiedono il potere spirituale, anche tu ne sei provvisto. Ed è anche piuttosto strano, mi sembra estremamente potente. Quando capiremo cos’è, sarà di certo più incredibile del mio.- i due fratelli si conoscevano da poco, ma già incredibilmente bene e l’uno sapeva perfettamente come far sorridere l’altro.
D’improvviso, Tsuki cadde a terra, come se fosse stata schiacciata da qualcosa. Dietro di loro, un grosso mostro dal viso coperto da una maschera si avvicinava.
La bimba si rialzò tremante e incoccò una freccia nell’arco appena apparsogli fra le mani. Lanciò il primo dardo, ma il colpo non fece nemmeno vacillare l’Hollow.
-Tsuki!- urlò Kazuko in preda al panico. Le andò accanto e le prese la mano. Una luce accecante, nera, blu e bianca, fece cambiare qualcosa nell’anima dei due bambini.
Un secondo dopo, Tsuki era stesa a terra, come se fosse svenuta. Però, una bambina dal viso esattamente identico al suo era in piedi, impugnante una katana. Indossava un vestito somigliante a un abito da shinigami, tuttavia la gonna era corta e i colori differenti: infatti la veste era bianca, e sulla schiena era disegnata una croce da quincy. L’arma era altrettanto spettacolare, la guardia aveva la stessa forma, così simile a un fiocco di neve, la lama affilata mandava bagliori azzurrini. Non c’era più dubbio, si trattava della stessa Zanpakuto che era stata in possesso di Akane, una delle shinigami più forti della Soul Society, la madre di Tsuki.
-Ma cosa succede?- urlò lei spaventata, prima dell’intervento del padre.
-Sei diventata una shinigami, o meglio, hai tirato fuori la shinigami che era in te!- gli spiegò Hisayuki, il cui arco si era già mostrato, azzurro acceso. Ma prima che potesse scagliare una sola freccia, la figlia si era già lanciata verso l’hollow e gli aveva staccato di netto una gamba.
-No, Bimba, la maschera! Devi colpire la maschera!- distratta dalla voce del padre, Tsuki si girò, ma venne colpita da un pugno, che la scagliò lontano.
-Ora basta.- sussurrò, impercettibilmente. Poi si lanciò alla carica e spezzò in due la maschera del mostro, che si dissolse come polvere nera.
Hisayuki riuscì a prenderla per le spalle prima che svenisse solo per un pelo. Sorrise.
-E così avevi ragione di nuovo, eh, Urahara?- si voltò, vedendo lo shinigami lo aspettava, vestito come sempre e stretto a Benihime.
-Già. Io prendo il suo corpo.- lo indicò, ancora steso per terra e senza aspettare risposta, lo prese delicatamente. Nessuno dei due parlò fino a quando non arrivarono alla casetta sotto la neve.
-Hisayuki… mi dispiace per quello che ti ho detto. Non dovevo.- Kisuke si calò il cappello sugli occhi, incapace di guardare l’amico negli occhi.
-Scusami tu, Urahara… anzi, Kisuke.- si strinsero la mano.
-Già che sei qui e sei preoccupato per i miei figli, ho un favore da chiederti.- lo sguardo di Urahara era estremamente curioso.
-Cosa ti serve?- chiese Kisuke al quincy, che osservava di sottecchi i due bambini dormire abbracciati sul divano davanti al camino.
-Dovresti insegnargli a governare i loro poteri. Da quel che ho visto oggi mi sembrano molto portati, no? Inoltre, se puoi, insegnagli anche a contenere il reiatsu, in modo che non abbiano una vita normale.- gli spiegò, quasi fosse una supplica.
-D’accordo. Però sappi una cosa, Hisayuki: per quanto io gli insegni a nascondere e governare il reiatsu, non saranno mai normali.
-Lo so benissimo, Kisuke.- nella mente associò la nuova immagine che aveva di Tsuki con quella vecchia.
Possibile che una tanto amabile bambina si fosse trasformata in una macchina di uccisione?, pensò con nostalgia dei vecchi tempi, della pappa per neonati e perfino dei pannolini.
-Promettimi una cosa, Kisuke. Promettimi che se mi accadesse qualcosa ti occuperesti di loro. Giuramelo.- lo sguardo fisso nel vuoto, i pensieri rivolti ai suoi figli, Hisayuki saldava una volta per tutte la sua amicizia con Kisuke.
-Promesso. Non resteranno soli.- l’uomo chiuse gli occhi, rassicurato.
-Grazie.

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Capitolo 5
*** Rilascio, parole da leggere, vento da cavalcare ***


-Urahara-sensei, quando faremo l’addestramento vero?- si lamentò Tsuki, stanca di aspettare chissà quale miracolo, inginocchiata accanto a Kazuko.
-Ha ragione. Non facciamo altro che stare fermi, non mi sono nemmeno trasformato.- gli fece eco il fratello, senza però rischiare di muoversi. L’ultima volta che si erano alzati senza permesso, avevano corso il rischio di essere quasi uccisi dal loro “sensei”.
-Voi due vi siete mai parlati?- chiese Kisuke ai due bambini.
-Che razza di domanda è? Ovviamente.- dissero all’unisono.
-Intendo… vi siete mai parlati mentre lui è trasformato in zanpakuto?- si osservarono a lungo prima di dare una risposta, che arrivò da Kazuko.
-Si può fare sul serio?- disse con lo sguardo estremamente curioso.
Una risposta così idiota…, pensò Tsuki.
Adorava il fratello, tuttavia a volte gli sembrava parecchio stupido.
-Siamo messi male. Se non vi siete mai parlati c’è un solo modo di aiutarvi: Tsuki, sfodera la tua zanpakuto, trasformati in shinigami.- i due sorrisero e si presero per mano. Con la solita luce, Kazuko divenne la katana che Tsuki aveva utilizzato contro l’hollow, e la bambina mutò nella shinigami azzurra.
-Bene, il controllo c’è. Ora bisogna vedere come combattete. Svegliati, Benihime.- al comando, la Principessa Scarlatta, sigillata in un bastone, mutò nella straordinaria zanpakuto di cui Kisuke era in possesso.
-Andiamo, Kazuko!- la bambina si lanciò all’attacco, la spada sguainata contro il maestro, gli occhi grigi in tempesta.
Si sentiva stranamente bene, al sicuro, quando Kazuko era fra le sue mani, anche se intorno a lei infuriava la battaglia, sapeva di poter vincere, che Kazuko non era un oggetto inanimato, non l’avrebbe abbandonata.
-Che furia.- commentò Kisuke, che con facilità bloccò il colpo.
Non aveva mai visto una bambina tanto precoce, dal reiatsu così particolare e con un controllo di esso così sicuro.
-Non ce la farai mai, se non lo rilasci.- le spiegò in tono pacato.
-Rilasciarlo? Che vuol dire?- pose la spada di fronte a sé,  per proteggersi da un eventuale attacco.
Ci sta andando troppo leggero. E non mi convince, pensò Tsuki, cercando di capire ciò che Urahara volesse dire.
-Significa che devi trovare la vera forma e il vero nome di Kazuko.
Le scorsero nella mente le immagini della sua vita. Inizialmente, c’era sempre la mamma. Poi lei spariva e rimaneva sola con suo padre. Infine, tutte le avventure erano vissute in compagnia di Kazuko, l’hollow, la pesca, anche cose banali, ma lui c’era. E ci sarebbe stato ancora, doveva solo trovarlo.
Si fermò di scatto e sorrise. Continuò a stringere l’arma fra le dita e fu proiettata in un altro luogo, che non era lo spazio roccioso sotto l’emporio, ma l’antica sala di un maniero medievale. Alle pareti vi erano armi di ogni sorta, a centinaia, di ogni epoca ed età. Al centro della sala, un libro, chiuso da un sigillo.
-Non riesco proprio ad aprirlo.- la voce di Kazuko veniva da dietro di lei. Si girò di scatto e il fratello la abbracciò.
-Cosa devo fare?
-Devi aprirlo e leggerlo. Lì c’è scritto quello che ci serve sapere.
-E come faccio?- lo sguardo di entrambi si volse verso il tatuaggio sul polso della bambina.
-Sta’ indietro.- l’arco apparve fra le dita ormai esperte di Tsuki, e la freccia ruppe il lucchetto senza danneggiare nemmeno una pagina del libro. Esso si aprì in due di scatto, liberando una corrente d’aria nella sala. Tsuki vi si avvicinò, cercando di leggere il contenuto.
-Viaggia sulla schiena del vento, Okami…- mormorò. C’era scritto anche  qualcos’altro, ma lei non ebbe il tempo di vederlo, perché era tornata a Karakura, ma in mano non aveva più una katana, bensì due spade uncinate e identiche. Il paramano era provvisto di una lama a mezzaluna, inoltre sopra il manico, entrambe terminavano in un uncino dall’aria alquanto letale.
Ad un gesto di Tsuki, un vento freddo e pungente fece volar via il cappello a Kisuke.
-Non ho mai visto nulla di simile.- Urahara rinfoderò Benihime e cominciò ad applaudire.
-Noi non abbiamo fatto niente, abbiamo solo aperto un libro…- replicò la bambina, che era arrossita per il complimento.
-No, al contrario! Sei veramente brava, e a quanto pare… Kazuko è una zanpakuto di tipo elementare! Veramente molto bene!- intanto il bambino era tornato normale.
-Elementare? Che vuol dire?- chiesero in coro.
-Significa che il tuo potere si basa su un elemento, in questo caso, l’aria. Ecco perché avete generato quella corrente.- i due annuirono, cercando di seguire il filo della spiegazione.
-Andate a casa, presto.- li spinse letteralmente fuori, qualche secondo prima che un gatto nero entrasse nel negozio.
-Yoruichi! Finalmente sei tornata! Dov’eri finita?
-In giro. Piuttosto, Kisuke, come va con i due?- saltò su un cuscino che riportava lo stesso motivo del cappello di Urahara.
-Non ci crederai, ma Tsuki ha rilasciato Kazuko, oggi. E dopo un solo tentativo!- nell’espressione da gatta, Yoruichi sembrò sbalordita.
-Me lo aspettavo. Dopotutto sono i figli di Akane, no? Non è stato giusto quello che la Soul Society le ha fatto.- la dea della velocità cambiò improvvisamente discorso.
Akane era stata sua sottoposta, poi si era trasferita alla quarta brigata dove aveva raggiunto uno dei gradi più alti. Era una persona pacifica, che però aveva un grande potere, inoltre si vociferava in giro che avesse raggiunto il bankai, ma che essendo esso uno strumento di distruzione, lo tenesse segreto.
Sia Kisuke che Yoruichi, però, sapevano bene che queste voci erano vere e fondate, tuttavia nessuno dei due aveva mai visto il rilascio finale della shinigami.
-La Soul Society ha fatto molte cose non degne di merito, però bisogna guardare il lato positivo, e cioè che la bambina non è stata trovata. Dopotutto, se qualcuno l’avesse vista, sarebbe finita piuttosto male per lei.- sentenziò Urahara, sedendosi accanto all’amica.
-La bambina sembra proprio sua madre, non trovi?- Kisuke assentì con un movimento del capo.
-Speriamo che non la scoprano.
Kisuke sospirò, pregando in cuor suo che quelle parole si avverassero.

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Capitolo 6
*** I figli della notte e del giorno ***


-E per stasera abbiamo finito.- sentenziò Tsuki dopo aver sconfitto l’ultimo hollow.
-Non mi hai nemmeno rilasciato. Così mi annoio!- si lamentò il fratello.
Erano passati alcuni anni da quando Tsuki e Kazuko avevano raggiunto lo shikai. Adesso la prima era un’vivace bambina di nove anni che si buttava anima e corpo in ogni cosa che faceva; il secondo un ragazzino piuttosto riservato che non faceva altro che continuare ad attirare l’attenzione su di sé, nonostante ciò che volesse era tutto il contrario.
-Abituati. Se non ho più bisogno di rilasciarti per combattere gli hollow non è mica colpa mia.- disse lei vagando con lo sguardo attraverso lo scenario che fino a poco tempo prima era quello di una battaglia, alla ricerca del suo corpo.
-L’hai lasciato lì.- bofonchiò additando un angolo nel vicolo. Tsuki vi si avvicinò, ma non ebbe il tempo di entrarci.
Le figure di due ragazzi si stagliavano nella nebbia, piuttosto sfocate.
-Siete voi due quelli che ci fregano tutto il lavoro?- chiese il ragazzo, diventando appena più visibile nella foschia.
-Lavoro? Siete shinigami?- chiese Tsuki aguzzando la vista. Il ragazzo scoppiò a ridere.
-Ti sembriamo shinigami? Noi siamo solo due ragazzi che sono nati per proteggere questo mondo dagli hollow.- spiegò.
-Io sono Oshigami, la figlia della notte, affiorata dal cuore gelido della luna.- disse una ragazza appena emersa dall’oscurità, con i capelli di un colore indefinito, fra il nero e il blu, come il cielo in una notte particolarmente luminosa. Fra le ciocche scure ne spiccava una bianca, probabilmente la rappresentazione dell’astro che l’aveva generata.
-Io sono Kumoko, il giovane forgiato nella fiamma incandescente del sole.- ora riusciva a vederlo bene. Aveva gli occhi dello stesso colore della volta celeste, profondi e senza una nuvola.
-Noi siamo Tsuki e Kazuko Okamuto.- disse la ragazza ormai convinta di trovarsi di fronte a due avversari formidabili.
-Bene. Noi siamo qui per sbarazzarci di voi, non ne possiamo più di farci rubare gli hollow da due bambini viziati. Forza, Oshigami, prendi la tua falce di luna!- disse poi alla ragazza che obbedì, piuttosto controvoglia.
-Tu non combatti?- lo derise Kazuko, senza però dargli il tempo di rispondere, perché si era trasformato nella zanpakuto dalla guardia a forma di croce dei quincy.
-Oggi mi sento buona, ti lascerò scegliere. Vuoi essere sconfitta per mano di uno shinigami o di un quincy?- la ragazza si limitò a guardarla minacciosa, stringendo in mano una falce d’argento.
-Va bene… a quanto pare sarai accontentato, Kazu!- entrambi gli avversari sembravano non comprendere, fino a quando Tsuki appoggiò la mano sulla lama di Okami.
-Viaggia sulla schiena del vento, Okami.- le due spade uncinate apparvero fra le mani della shinigami azzurra, che le incrociò verso i nemici.
Oshigami si avventò contro di lei, la falce sguainata che lasciava un’ampia falla nella difesa. Tsuki non perse tempo e, con la spada destra, lacerò la pelle della ragazza.
-E voi pretendete di poter combattere gli hollow? Non rientra neppure nel vostro vocabolario, quella parola. La difesa è debole e l’attacco nemmeno tanto forte. Ma si può sapere chi vi ha addestrati?- chiese la ragazza unendo le due armi tramite gli uncini e scatenando una corrente d’aria che mandò all’aria Kumoko. Oshigami si fermò e chinò il capo.
-Noi non siamo stati allenati da nessuno, non siamo due ragazzini viziati che nella vita hanno avuto tutto facile!- urlò Kumoko.
-Stai zitto! Noi non abbiamo avuto nulla facile! Non parlare senza conoscerci! E se proprio vuoi saperlo, non siamo per niente viziati: mia madre è stata portata via quando io avevo cinque anni e Kazuko è orfano dalla nascita! Se non altro, i vostri “genitori” sono sempre lì nel cielo.
-Kumoko… non voglio combattere contro di loro.- la falce di Oshigami sparì appena la ragazza pronunciò queste parole. Il figlio del sole la guardo stupefatto.
-Oshigami, che stai dicendo?- la ragazza gli lanciò uno sguardo piuttosto inquietante. Lui annuì.
-Adiamo via.- corsero lontano in un secondo, come fulmini, senza dare ai due fratelli il tempo di fermarli. Kazuko tornò alla sua forma umana, osservando la sorella rientrare nel suo corpo.
-Uffa! Non ne posso più! Dobbiamo trovare qualcuno con cui combattere! Non ha nessun senso combattere qui!
-Sapete, ragazzi, l’altro giorno parlavo con Yoruichi.- entrambi si voltarono nella direzione da cui veniva la voce.
-Urahara-sensei? Che ci fai qui?- chiese Tsuki osservandolo.
-Come dicevo… parlavo con Yoruichi e mi chiedevo quale sarebbe stata la vostra brigata se foste nati nella Soul Society. Siamo giunti alla conclusione che sareste sicuramente finiti nell’undicesima.
-E perché? C’è differenza fra le brigate?- chiese Kazuko.
-Kazu… se non ci fosse stata alcuna differenza, forse ne sarebbe stata creata una sola, no? Comunque perché proprio in quella?
-Perché l’undicesima è la specializzata nel combattimento e tutti i suoi membri, compresi il capitano, sono dei fanatici della battaglia. Adorano combattere, come voi due e considerano tutto un gioco.- i due fratelli si sorrisero, come se fossero complici di un segreto.
-Comunque… chi erano quei due?- Tsuki scosse le spalle.
-E io che ne so? Forse solo due shinigami impazziti che si credono chissà chi.- ipotizzò la bambina.
-No. Quella non era una zanpakuto.- disse Kazuko, che aveva la possibilità di “parlare” con le altre armi da shinigami.
-Chissà, forse li rivedrete.
 
-Oggi abbiamo una nuova compagna.- disse l’insegnante alla classe, ma Tsuki non ascoltava, stava ancora pensando allo scontro della sera prima.
Non guardò quando nella sua classe entrò Oshigami, non si accorse del reiatsu familiare che si avvicinava.
-Undicesima brigata… suona bene!
-C’è qualcosa che vuoi condividere con la classe, Tsuki?- lei deglutì e scosse il capo con forza. Poi notò la ragazzina del giorno prima e sgranò gli occhi.
-Tu sei quella di ieri!- esclamò alzandosi di botto.
-La bambina viziata.- replicò lei indicandola.
-Smettela subito!- le riprese la maestra ed entrambe si sedettero, non senza lanciarsi un’occhiata di sbieco.
-Tsuki, ripeti le basi della geometria.
-Mi dispiace, ma non ho potuto studiare, ieri. Ho qui la giustificazione firmata da mio padre.- la bambina porse un foglietto alla maestra, che lo lesse e decretò che le parole di Tsuki erano vere.
-Succede spesso, Tsuki. Vuoi spiegarmene il motivo?
-Io e mio fratello abbiamo molti impegni e spesso nemmeno lui, che è alle medie riesce a studiare.
-Dovete riuscire a conciliare i vostri impegni con lo studio.- disse la maestra e riprese la lezione.
 
-Ferma!- Tsuki afferrò Oshigami per un braccio, all’uscita della scuola.
-Cosa vuoi? Non penso che continuare il combattimento di ieri non ti importi molto. Sbaglio o sei in cerca di avversari potenti?
-Oshigami, io e Kazuko siamo molto impegnati e non abbiamo più nemmeno un po’ di tempo libero e voi volete combattere gli hollow. Io e mio fratello potremmo allenarvi, o in alternativa farvi conoscere qualcuno che vi alleni. Dopo potreste combattere gli hollow e noi non saremmo costretti a fare tutto da soli.- Oshigami sorrise.
-Solo a una condizione.
-Quale?
-Devi insegnarmi come hai fatto a manovrare il vento!- Tsuki scosse la testa.
-Non è merito mio, il vento è il potere di Kazuko, o per meglio dire di Okami.
-Guarda che lo avevo capito! Volevo vedere la tua reazione, ma a quanto pare sei rimasta come sempre.- poi si calò davanti agli occhi la ciocca che alla luce del giorno era diventata nera come le altre.
-Comunque io ci sto!- le due si strinsero la mano e si incamminarono verso l’emporio di Urahara, dove Tsuki aveva progettato di allenarsi…
 
Da quel momento io, Kazu, Oshigami e Kumoko ci alleniamo ogni giorno insieme. Sono passati solo tre mesi, ma già sento che non posso più fare a meno di quei due, sono sicura che è questo che si intende con amici per sempre… a pensarci, la mia vita è proprio strana: papà è un guerriero quincy, mio fratello è una spada, e i miei maestri sono una donna-gatto e un ex-shinigami innamorato del suo cappello.
Se è vero che ci guardi sempre devi sapere una cosa: mi manchi, mamma.

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Capitolo 7
*** Bankai ***


-Urahara-sensei, fino a quanto può spingersi la potenza di una zanpakuto?- chiese improvvisamente Kazuko al maestro, seduti attorno al piccolo tavolo dell’emporio.
-Non può essere definita, in quanto essa dipende proprio dalla zanpakuto, ma c’è un livello che ognuna può raggiungere ma che pochi shinigami riescono a ottenere.
-E cioè?- Tsuki si era subito disinteressata al piatto che aveva davanti.
-Si chiama bankai.- rispose Urahara, osservando i fratelli che aveva davanti. Li aveva osservati crescere, fisicamente e mentalmente, aveva visto il loro potere germogliare come un fiore.
“E adesso che sanno dell’esistenza del bankai, non faranno altro che chiedermi come ottenerlo” pensò.
-E come si fa a ottenere questo “bankai”?- Kisuke sorrise: ne era certo.
-Il bankai è la sottomissione della zanpakuto allo shinigami suo possessore. È estremamente difficile raggiungerlo e possono riuscirci solo gli shinigami migliori dopo anni di duro addestramento. Bisogna prima riuscire a materializzare lo spirito della zanpakuto nel mondo reale, e poi bisogna ucciderlo.
-Ma se Kazu è già in questo mondo, cosa faccio? Se lo uccido ora va bene?- Kazuko rabbrividì e si abbassò fino a nascondersi sotto al tavolo. Urahara rise, ma il ragazzo non diede segni di voler uscire dal suo nascondiglio.
-Voi mi avete detto che quando lui è trasformato in zanpakuto vi incontrate nella stanza di un castello. Forse è proprio il luogo che dovete portare qui. Comunque, Kazuko-san, non preoccuparti. Le zanpakuto non muoiono se il loro shinigami è vivo. E Tsuki è viva, nonostante mangi meno di un cadavere. Finisci il tuo ris… ma dov’è?
-Quando c’è da mangiare scappa sempre… vorrei sapere perché gli hai insegnato quei maledetti shunpo, Yoruichi!- la gatta alzò appena il muso.
-Penso che così abbia più probabilità di sopravvivere contro un altro shinigami.- rispose secca lei alla domanda del ragazzo. D’un tratto una voce si levò dallo spazio sotto l’emporio.
-Kazu, che aspetti? Datti una mossa!- Tsuki si era già fiondata giù per fare allenamento.
Kazuko scese le scale in modo veloce e quando fu giù, attorno a lui si materializzò la stanza del castello che conosceva bene.
-Ma che diavolo?- mormorò stupefatto.
-Funziona.- disse semplicemente Tsuki, brandendo l’unica arma rimasta appesa alle pareti, cioè una nagatsugasa.
-Kazu, stai in guardia.- senza alcun preavviso a parte quello, cominciò ad attaccare il fratello.
“Al primo tentativo?” pensò Urahara, appena sceso nel luogo roccioso.
“Tsuki ci riuscirà. L’ho sempre saputo.”
 
Hisayuki bussò alla porta del negozio. Era sicuro che i suoi figli si trovassero lì, era l’unico posto nel quale avrebbero passato una settimana giorni di fila senza tornare a casa.
-Kisuke, dove sono Kazu e Tsuki?- chiese all’uomo vestito di verde.
-Si allenano.- fu la corta risposta dell’ultimo.
-Da una settimana?
-Hisayuki, è un addestramento molto importante. Lasciali in pace.- non appena Urahara pronunciò queste parole, una fortissima ondata di reiatsu li investì, facendo vacillare la sicurezza di entrambi.
Yoruichi in forma umana apparve accanto a Kisuke; il suo viso sembrava parecchio spaventato.
-Tsuki… il suo bankai… è spaventoso.- riuscì a sussurrare prima che la bambina si accasciasse al suolo davanti al padre e ai maestri. Fra le mani stringeva una nagatsukasa dalla catena nera e la lama bianca, il peso alla fine dell’arma era blu scuro.
-Il cielo e la terra incatenati dall’ombra, Okami Nagikoe.- chiuse gli occhi dopo aver pronunciato quelle parole che Urahara e Yoruichi avevano già identificato come la formula di rilascio del Bankai.
-Cos’è successo?- chiese il padre a Kazuko non appena lui ebbe lasciato la sua nuova forma di arma.
-Ci siamo riusciti.- anche lui adesso stava per crollare, ma Urahara lo fermò prima che ciò potesse accadere. Intanto Hisayuki medicava le ferite della sua “Bimba”, e le sue mani fremevano al tocco della pelle lacerata della figlia.
Un vento gelato calò nel cuore di Hisayuki: la sua anima era lesa da una ferita ben più profonda di quelle, una cicatrice che lasciava un’ombra nera sul suo viso di padre.

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Capitolo 8
*** Bankai... di nuovo? ***


Tsuki disegnava.
Kazuko guardava un’anime in TV.
Entrambi erano sfiniti dall’addestramento, e a distanza di tre giorni, non si erano ancora ripresi del tutto.
-Kazu, ti va di fare una passeggiata?- chiese la Shinigami posando l’album sul divano, accanto a lei.
-Ma piove…
-E vabbé, che razza di zanpakuto sei se ti fai spaventare da un po’ di pioggia?- lo provocò Tsuki.
-Ok.- rispose alzandosi pigramente e mettendosi le scarpe.
Scesero in strada e, camminato un po’, sentirono dei guaiti provenire da un vicolo. Si fiondarono lì dentro e videro un adorabile muso da cucciolo fare capolino da una scatola. Era color miele e aveva una macchia nera sull’orecchio destro.
-Che carino… è tutto bagnato.- Tsuki si avvicinò lentamente al cane per non spaventarlo e si fece annusare la mano. Il cucciolo, felice, gliela leccò.
-Kazu, prendilo in braccio.- il ragazzino obbedì e la sorella si tolse il maglione avvolgendoci il cane.
-Forza, andiamo a casa!- correndo sotto la pioggia battente, aprirono la porta di casa ansimanti e posarono il cane per terra, l’unico a non essersi bagnato.
-E ora che si fa? Pensi che papà ce lo lascerà tenere?- chiese Kazuko alla sorella che scrollò le spalle.
-L’ultima volta che gli abbiamo chiesto di tenere un animale era un mini-hollow. Quindi è probabile di sì.- entrambi risero ricordando quando avevano portato a casa la versione in miniatura del mostro con la maschera. Il padre lo aveva disintegrato con una freccia lasciando i due bambini in lacrime.
Il cane mordicchiò i pantaloni di Tsuki riportandoli alla realtà.
-Probabilmente ha fame. Che possiamo dargli da mangiare, Tsuki?- lei curiosò un po’ fra gli scaffali fino a prendere una scatoletta di carne.
-Dovrebbe andare bene.- presero un piatto di plastica e vi misero dentro la carne. Tsuki sottolineò l’operazione con un “bleah” di disgusto.
-Tsuki, smettila e pensa al cane.
-Quale cane?- i due sobbalzarono sentendo la voce del padre e i suoi passi avvicinarsi alla cucina. Prima che potesse vedere il cucciolo, si gettarono ai piedi di Hisayuki e in ginocchio lo supplicarono.
-Possiamo tenerlo? È un cane normale! Ti prego, ti prego ti prego!- dissero in coro suscitando nel padre delle risate.
-Vediamo questo “cane”.- i fratelli si guardarono. La vittoria era già in mano loro.
-Eccolo.- Tsuki lo prese in braccio e lo porse al padre.
-Si, sembra normale. Allora, come lo chiamate?- entrambi rifletterono e diedero la risposta in coro.
-Bankai!

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Capitolo 9
*** Un capitano a scuola ***


-Non ci credo! Sono al liceo! Yahoo!- urlò Tsuki, salendo sulla schiena del fratello.
-Che ci trovi di stupendo? Sarà solo molto più da studiare e meno tempo per combattere.- Kazuko sbuffò.
-Ma sta’ zitto, Kazu. Lascia che si diverta, almeno per un po’.- gli suggerì Kumoko, che osservava la quincy e Oshigami andare avanti a loro.
-Hai ragione. Guardale la faccia! Non la vedevo così da quando abbiamo ottenuto il bankai!- il ragazzo, o la zanpakuto, insomma fate voi, si lasciò trascinare dall’allegria di sua sorella.
-Hai ragione. E io che pensavo si divertisse solo facendo a botte!- pensava di farlo ridere, ma il risultato di Kumoko fu quello di far imbronciare l’amico.
-Noi non facciamo a botte: noi combattiamo, capito? Eh, capito? Hai capito, idiota figlio del sole?- lui annuì con convinzione. Con troppa convinzione.
-E sei fortunato che non ti abbia sentito Tsuki, se no potevi dire le tue ultime preghiere a tuo padre, perché non lo avresti più rivisto.- dopo queste parole, fra i due tornò il sereno e scoppiarono a ridere.
 
All’ora di pranzo…
Kazuko lanciò una pallina di carta a Kumoko, che guardò subito verso di lui. Il ragazzo annuì.
“Non ti sembra strano quello nuovo?” c’era scritto. Kumoko si affrettò a scrivere la risposta.
“Già. Hai mai visto con quei capelli? Sono assolutamente ridicoli e si capisce che non sono naturali” entrambi si voltarono verso l’oggetto della conversazione, in piedi accanto alla lavagna.
Aveva capelli argentati, un ciuffo chiaro gli copriva l’occhio sinistro. Gli occhi erano verde acqua, attenti e intelligenti, ai quali non era sfuggito lo scambio di opinioni fra i due.
Nonostante avesse sedici anni, sembrava leggermente più grande, e sotto la camicia immacolata dell’uniforme si nascondeva un fisico asciutto.
-Il mio nome è Toshiro Hitsugaya.
 
-Capitano Hitsugaya, abbiamo registrato un’alta anomalia a Karakura.- gli aveva detto Yamamoto.
-Sarà Kurosaki.- aveva risposto.
-No, Kurosaki Ichigo e Kuchiki Rukia non abitano più a Karakura, almeno per il momento. Capitano Hitsugaya, tu e il suo tenente siete incaricati di trovare quell’anomalia.- lui aveva annuito e si era voltato per chiamare Matsumoto.
-Ancora una cosa: andrai al liceo di Karakura. Le maggiori anomalie sono state registrate lì.- il capitano era rimasto interdetto da questa affermazione, ma non aveva osato controbattere ed era uscito in silenzio.
 
-Quanti anni hai?- chiese una ragazza in prima fila.
-Sedici.- rispose lui secco.
-Fai sport?- gli domandò un ragazzo.
-Chissà…- rispose.
-Da dove vieni?- il capitano non mutò espressione, ma non sapeva che rispondere.
-Da Tokyo.
-Hai mai impugnato una katana?- chiese Kazuko, per metterlo alla prova. Lui sorrise.
-Sì, sono piuttosto bravo.- ammise.
-Allora conosco una persona con cui potresti combatter…- non finì la frase, perché Kumoko lo fermò.
-Tsuki? Ma sei pazzo? Lo distruggerà, non importa quanto sia forte! Ti devo ricordare di quando ti ha quasi staccato un braccio?
-Ora che ci penso bene forse non è una buona idea…- i compagni scoppiarono a ridere.
-Ma per Tsuki intendi Okamuto-chan? Tua sorella minore?
-Vuoi scontrarti tu con lei?- Kazuko e Kumoko sorrisero.
-A prossima ora abbiamo anche lei ha educazione fisica. Chiediamo il permesso al professore e chi riesce a batterla…- cominciò Kumoko.
-Pensa prima di parlare, Baka-san!- il figlio del sole in risposta fece una pernacchia all’amico.
-Chi riesce a battere chi?- Tsuki apparve quasi per magia alle spalle del fratello.
-Ahhh! Ma perché sei sempre così? Smettila, mi fai paura.- si lamentò lui.
-Se non riesci nemmeno ad accorgerti che io ti sto arrivando alle spalle… comunque, cos’è questa storia della sfida? Di chi è la colpa? Chi deve spedire una lettera di addio a tutti i suoi conoscenti?- la zanpakuto indicò Kumoko.
-La colpa è di Taiyo-Tesson! Sì, la colpa è sua!
-No, la colpa è di Okami-Baka! Io non c’entro niente!- cominciarono a litigare e Tsuki alzò gli occhi al cielo, nello stesso momento in cui le squillò il telefono.
-Pronto? Sono Okamuto Tsuki.
-Shinigami-chan! Come sta andando?- chiese una voce fin troppo familiare.
-Tutto bene, sensei. A parte Kumoko e Kazu che litigano di già. Stavano organizzando una specie di torneo “tutti contro Okamuto-chan”!
-Shinigami-chan, sono felice. Dì a tuo fratello di riportarmi Kumoko intero per gli allenamenti. Ci vediamo dopo. Tututututu.- disse il telefono.
-Taiyo, oggi hai allenamento con il sensei. Non mancare o ti uccide.- ricordò Tsuki all’amico, che troppo spesso era distratto.
-Oh, grazie. Io me l’ero già dimenticato.- rise imbarazzato.
-Baka-san, fai più attenzione, o ci rimetterai la pelle…- bofonchiò Okami Nagikoe.
-Grazie tante, sei un buon amico.- rispose borbottando il ragazzo.
-La volete smettere una buona volta? Sembrate dei bambini!- Oshigami sbuffò entrando nell’aula.
-E ora la squadra è al completo…- mormorò Tsuki.
-Per quella sfida… Tsuki, faccio brutta figura se non combatti.- la supplicò il fratello.
-Ci pensavi prima.
-Dico a papà quello che ieri hai rotto la sua tazza. Lui pensa di averla persa.- la zanpakuto aveva ormai in pugno la sua stessa shinigami.
-D’accordo. Chi cavolo vuole sfidarmi? Non garantisco l’incolumità mentale o fisica dei soggetti.- Tsuki sbuffò e i compagni di Kazuko risero.
-Io ci sto.- a poco a poco la stanza si riempì di mano alzate.
-Ne manca uno!- urlò una ragazza e sollevò il braccio del capitano.
-Io non ho mai…- protestò, ma ormai era in ballo.
-Bene! Vi distruggerò tutti!- il fuoco brillava negli occhi della shinigami.
Kazuko si pentì di ciò che aveva fatto.

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Capitolo 10
*** Quello è uno shinigami ***


Capitolo 9-Quello è uno shinigami

 
-Non dirmi che non te l’aspettavi.- disse Kumoko davanti a una Tsuki piena di sé, impugnante una katana di fronte a un gruppo di ragazzi quasi terrorizzati.
-Tsuki, forse potevi mostrare un po’ di pietà, no?- Kazuko le sorrise.
-Zitto. Di chi pensi sia la colpa?- lui continuò a sorridere.
-Mi dispiace! Ti prego perdonami!- congiunse le mani davanti al viso in segno di preghiera. La ragazza sbuffò.
-Hey, ce n’è ancora uno!- la ragazza sollevò ancora la mano del capitano Hitugaya.
-Aspetta, io non ho mai detto niente del genere!
-Sei in ballo, Hitsugaya-kun, quindi balla!- gli misero in mano la stessa katana di Tsuki.
-Tu sei l’ultimo, vero?- chiese Tsuki allo shinigami.
-Di certo l’ultimo che oggi sfiderai.- rispose lui strizzando gli occhi.
-Tsk.
Si guardarono per un momento circospetti, camminando in cerchio, cercando i punti deboli.
-Ma perché Tsuki si preoccupa tanto?- Kumoko sbadigliò.
-Non ne ho idea.
Si scagliarono veloci l’uno contro l’altro, quasi fossero stati d’accordo. Tsuki parò l’attacco di Toshiro e Toshiro parò l’attacco di Tsuki, come due forze la cui risultante è nulla.
-Fa proprio impressione vederla combattere con un’altra spada, eh?- chiese Okami ridendo.
Ma nel momento esatto in cui un po’ di sole fece capolino fra le nubi, la Zanpakuto notò qualcosa di estremamente strano nell’ombra del capitano, nonostante fosse solo un unico secondo.
-Kumoko, puoi aumentare la luce?- il ragazzo era il suo interruttore portatile.
-Perché?- domandò lui annoiato.
-Ho un orribile presentimento.- allora l’amico obbedì e le nubi si diradarono facendo spazio ai caldi raggi del sole.
Ma in quel momento Tsuki riuscì a trovarla, dopo averla tanto cercata. L’apertura di Hitsugaya. Vi si lanciò contro sicura, la lama che cercava di colpirlo in ogni punto.
“Ma che diavolo è questa? La mia apertura, come cavolo ha fatto a vederla?”, pensò il capitano.
-Quello è…- Kazuko vide ancora l’ombra di Hitsugaya, e non era certo quella di un ragazzo. Era quella di un enorme drago pieno di spuntoni.
Hyorinmaru
Sentì dire.
-L’anello di ghiaccio… ecco perché avevo freddo.- mormorò.
-Cosa?- chiese Oshigami che, avendo notato qualcosa di interessante, era giunta a guardare.
-Quello è uno shinigami.
Daiguren Hyorinmaru
-E conosce il bankai!- esclamò.
-Tsuki! Smetti di combattere!- i due shinigami si stopparono.
-Perché, scusa?
-Ehm… papà si è sentito male! Torniamo a casa!- usò il padre come scusa. La ragazza mollò la spada a terra e corse dentro per togliersi la tuta da ginnastica e correre da Hisayuki.
Non appena uscì, Kazuko le afferrò il polso e la portò più lontano possibile di corsa.
-Tsuki… per fortuna che me ne sono accorto…- mormorò il ragazzo ansimante.
-Accorto di cosa? E papà non stava male?- chiese lei.
-No, ma mi serviva una scusa per portarti via da lì. Sorellina, quello è uno shinigami. E se quel che ha detto Urahara sul bankai è vero, è anche un capitano.- sentenziò la zanpakuto.
-Eh? Sul serio?- la ragazza non riusciva quasi a credere alle parole del fratello.
-Sì, ho sentito distintamente il nome della sua spada. Si chiama Hyorinmaru, è di tipo ghiaccio e neve.- spiegò.
-Tsuki, promettimi una cosa: devi stargli lontano. Se lo vedi avvicinarsi, scappa.
 
La ragazza teneva stretta la spada in mano, sul tetto. Adorava quel posto, la faceva sentire libera. Il vento la sfiorava leggero e lei si divertiva a deviarlo e a creare piccole trombe d’aria nel suo palmo.
-Guarda, Kazu.- il ragazzo si materializzò accanto a lei, che indossava il kimono da “Death Quincy”. Aveva ribattezzato così il suo modo di essere, ma non sapeva se la definizione era abbastanza esaustiva. Non era un Quincy, perché i Quincy non usano spade. Non era uno shinigami, perché gli shinigami non usano archi. Non apparteneva all’esercito dei Quincy, perché i Quincy odiano gli shinigami, e non apparteneva alla Soul Society perché gli shinigami avevano bandito i Quincy.
Sollevando della polvere scura, diede una sorta di colorazione al vento che le stava sulla mano e creò una barca fatta d’aria e di terra.
-Sei diventata davvero brava!- esclamò il fratello.
-Grazie…
Mentre rimuginava su vari pensieri, tra cui quello shinigami che aveva incontrato, il primo eccezion fatta per sua madre, Yoruichi e Urahara, che non erano più alleati della Soul Society, la ragazza cominciò a sentire freddo e le si accapponò la pelle.
Si girò e nel buio della notte vide brillare un haori bianco.
“I capitani per distinguersi indossano degli haori bianchi.” Le tornano in mente queste parole, pronunciate dal padre che più di una volta si era scontrato contro uno dei comandanti, senza mai vincere né perdere.
-Oh, santo cielo, Kazu! Diamoci una mossa!- il ragazzo si trasformò di nuovo in Okami e Tsuki, veloce, rinfilò la katana nel fodero, cominciando a eseguire parecchi shunpo in successione, ma era troppo tardi: Toshiro Hitsugaya aveva già percepito il reiatsu della ragazza e si era lanciato all’inseguimento.
-Cavolo, quel pazzo ci raggiunge!- la Quincy aumentò la velocità e desiderò con tutto il suo cuore che essere stata addestrata dalla Dea della velocità le tornasse utile.
-Al diavolo gli shunpo!- le disse Kazuko –Prova quella cosa che ti voleva insegnare papà! Una di quelle cose da Quincy con i nomi complicati!
-Il Hirenkyaku? Ma io non ho mai usato nemmeno il guanto Sanrei, non potrei mai riuscire a farcela!
-Prova!- la supplicò il ragazzo. Lei annuì e cercò un sostegno nel ricordo delle lezioni di suo padre.
“Niente emozioni. Logica fredda, ragionamento e onore.”
Si proiettò in avanti e in un solo passo, che somigliava più a un misto delle due tecniche, quella degli shinigami, e quella dei Quincy, arrivò a casa entrando dalla finestra davanti a uno stupito Hisayuki.
-Hirenkyaku… dovrei farlo più spesso.- mormorò sorridendo, e si accasciò al suolo sfinita.

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