Idioteque

di Morgana97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Epilogo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo I - La notte. ***
Capitolo 3: *** Capitolo II - La Mattina. ***



Capitolo 1
*** Epilogo. ***


Epilogo -

Una stanza.
In legno, niente di più. Semplicemente uno spiraglio di luce, che la trafigge e punta i riflettori contro la sua anima polverosa, sulla sua magia malinconica, sullo strato di ricordi e macchie di marmellata che ricopre il tavolo di mogano.
Una finestra enorme in mezzo al muro, niente alberi ad incorniciarne la vista, solo il brulicare delle persone ed il loro vociare, che stonano con il silenzio e la tranquillità di quel soggiorno, talmente pacifico che, tendendo l’orecchio pare che sia possibile udire le storie sussurrate dai libri, in cima allo scaffale.

E’ li che tutto è cominciato, in una brinosa mattinata londinese, in uno squarcio nascosto della città, non lontano dal centro, ma terribilmente anni luce dal mondo che mi avrebbe aspettato, appena valicato quel cancelletto arrugginito.

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Capitolo 2
*** Capitolo I - La notte. ***


Capitolo I - La Notte.




Nuova pagina 1

Non so se qualcuno lo ha mai notato.
Le persone per strada distolgo immediatamente lo sguardo su tutto.
Io le vedo. Le rotaie, che scorrono sotto ai piedi.
In una scuola.
In un ufficio.
A casa.
Al supermercato.
Al cinema.
Come dei vecchi treni a vapore, come le formiche che portano i semi al formicaio,
come le bolle di sapone, che in aria sembrano così libere ma alla fine vanno nella direzione in cui tira il vento.
Io vedo quello che muove tutto questo.
Vedo anche le barriere che si sbriciolano e si ricreano.
Vedo gli orologi.
Vedo i sentimenti
Le paure.
Le energie.
vedo le prigioni, a volte.
Questo è il mio potere.

 

Junko era tornata a sognare.
Le immagini erano terribili e allo stesso tempo cos famigliari.
Scorrevano ripetitive come delle diapositive guaste.
Le inondavano il cervello mentre si alzava dal letto, mentre si infilava la salopette, mentre comprava i biglietti del treno.
Quando fu il momento afferò il foglio e la penna dal suo comodino e catturò le immagini. Le sbattè contro il foglio così da dissetare anche i suoi occhi, oltre a risvegliare i suoi ricordi.
Si sentiva rinata, si sentiva carica, come ci si sente prima di sostenere un'esame a cui ci si è preparati benissimo.
Si sentiva impaurita e mentre scriveva su quel foglietto di carta, si sentì come ci si sentirebbe nel resuscitare un fantasma.
Lasciò dietro di se le campagne, la sua casa gialla, e la sua vita.
Portava solo un lenzuolo con se, e qualche vestito.
Il lenzuolo era quello azzurro di sua madre,
è come un retino per le farfalle, le aveva spiegato.
Tienilo sempre con te, aveva detto.

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Capitolo 3
*** Capitolo II - La Mattina. ***


Che si fottano, loro e quelle loro cazzo di borsette firmate.
Non c’era posto che Sid odiasse di più della sua scuola.
Una montatura, una recita, una brutale e sanguinaria scalata sulla piramide dell’idiozia più assoluta.
Stava ripetendo l’anno, ma avrebbe preferito partecipare alla maratona di NewYork con i tacchi a spillo di sua madre piuttosto che mettere piede un’altra volta in quel manicomio.
Prese il cappello a coppola dalla borsa e se lo pressò in testa con rabbia continuando a guardare fisso a terra, mentre girava l’angolo.
Troppo interessato alle punte delle sue Converse, non si accorse della ragazza che stava correndo con la furia di una ventina di bufali inferociti, nella direzione opposta alla sua.
”Laargo!” ruggì la criniera di capelli biondi più ribelle che avesse mai visto prima di assalirlo e farlo cadere rovinosamente a terra.
”Hey!” Sid si posò una mano sulla testa sentendosi mancare. La ragazza davanti a lui alzò lo sguardo dai libri caduti a terra. O forse le ragazze erano due? Sbattè le palpebre ripetutamente. Quando mise a fuoco quel paio di laghi ghiacciati preferì non averlo fatto.
”Ascolta Ginger” lo aggredì lei “Tu non mi hai visto qui, chiaro?” sibilò con un filo di voce a pochi millimetri dalla faccia del ragazzo, che di tutta risposta diventò paonazzo. La ragazza aveva il magone e questo lo confuse ancora di più. Lei raccolse una serie di cianfrusaglie che restavano ancora sul marciapiede e fece per andarsene. Il ragazzo fu più veloce di lei e le afferrò saldamente il polso, issandosi in piedi. La bionda cominciò a dimenarsi mentre le lacrime cominciavano a scorrere a fiumi sul suo viso.  –Bello schifo di primo giorno di scuola- pensò Sid mentre la ragazza perdeva i sensi fra le sue braccia.



Ellen.
Codini perenni.
17 Anni.
Felice
Maleditrice professionista di Lunedì mattina.

”Io-non-ce-la-faccio-più” sbraitò la mora, con la faccia appiccicata sul legno freddo del suo banco.
”Cavolo Ells, complimenti! E’ il primo giorno di scuola e già poltriamo?!”
”Senti tu” gli occhi le si chiudevano e tanto per cambiare aveva una fame da orso. La ragazza non seppe dove trovò la forza per alzare l’indice e posarlo accusatorio contro il compagno di banco, ma non si degnò nemmeno di guardarlo in faccia.
”Zitto, ti prego. Abbi pietà di me.”
”Hai veramente una brutta cera.. vuoi che ti accompagni in infermeria?”
La ragazza dischiuse l’occhio a fatica per inquadrare meglio il volto preoccupato dell’amico.
”No, grazie Johnny” sospirò e poi sorrise. “Sai, amico, mi sembri diverso.”  lui arrossì “Sembri più grande.. e se devo dirlo tutta anche più carino.” Johnny ridacchiò, poi rispose “Tu invece sembri ancora la bambina con cui giocavo sempre in giardino, non sei cambiata di una virgola da quando ci conosciamo. Mangiona, distratta e buffa.”
”Non ti aspettare mai più un complimento da me, Johnny.”
”E permalosa.”
Ellen prese il libro di scienze e lo tirò in testa al biondo. Si risedette, ignorandolo. Ebbe una fitta alla testa. In un secondo si ritrovò a sfiorare l’anello rovente che aveva al dito ed improvvisamente il legno del suo banco iniziò a deformarsi.



Aveva una coperta addosso e quello non era per niente un buon segno.
Si puntellò sui gomiti cercando di aprire gli occhi, ma la luce era troppo forte.
Si sfregò energicamente la faccia mentre i ricordi di quella mattinata tornavano alla luce.
Realizzò di essere in un’ appartamento. L’arredamento era accogliente, le tende rosse facevano traspirare aria calda da fuori, uno strano profumo le inondò le narici. Doveva essere pieno pomeriggio e quell’odore dovevano essere fiori. “Oh, sei sveglia”
Il ragazzo con i capelli rossi se ne stava appollaiato sul bordo del divano su cui lei era sdraiata e le porgeva annoiato una tazza con un liquido caldo all’interno.
Lei scattò in piedi come una molla ma le forze la abbandonarono di nuovo. Si mise una mano dei capelli biondi e ribelli e fece per accasciarsi a terra. Il ginger la prese prima che sbattesse la testa contro lo spigolo, e appoggiando quello che suppose fosse del tea sul tavolo, la depose ancora una volta sul cuscino. Prima che potesse allontanarsi da lei però, la bionda lo afferrò per il colletto, trascinandolo a pochi centimetri da lei.
”Dimmi immediatamente dove sono, chi diavolo sei tu e che cosa vuoi da me.” ringhiò.
Quel tipo fece una faccia buffa e iniziò a balbettare.
”Io..
s-sono Sid.. ehm, sei, sei a-a casa mia, tranquilla.”
Allentò la presa, poi ritirò bruscamente indietro la mano e si tirò a sedere.
”Sid, eh? Hai veramente una maglietta orrida, Sid”
”Hey! Questi sono i Clash, ragazzina!”
 “Si, Sid lo so.” ridacchiò lei “Vedi di non scaldarti, ti stavo solo prendendo in giro.”
Quella ragazza, aveva un sorriso troppo strano per i suoi gusti, sarcastico, impuro. Gli occhi truccati di nero, che la facevano sembrare un felino.
Una canottiera verde militare, che le copriva un fisico snello. Per non parlare di quella criniera leonina. 
"Come ti chiami?"
"Non te lo posso dire."
Chi si credeva di essere? L'aveva anche salvata e ora se ne stava tutta spaparanzata sul suo divano. Pantera ingrata.
"Allora lo vedrò da solo." Sid si alzò e si diresse verso il tavolo su cui aveva riposto l'enorme borsa a tracolla della ragazza. Qualcosa al suo interno sussultò, ma non fece in tempo a indagare che la tigre la aveva già nascosta dietro la sua schiena sottile.

"Tu come.. C-come hai fatto!?" sbraitò lui gesticolando in modo esagerato con le braccia.
"A fare cosa?" La ragazza era impallidita ancora di più e la sua voce tremava.
"T-tu, t-tu.." Sid non riusciva a spiccicare una parola. Indicava il divano e poi il tavolo e poi ancora il divano.
"Come hai fatto ad arrivare accanto al tavolo prma di me?!? Tu.. t-tu, rifallo!"
"Ma cosa ti fumi? Me ne daresti un po'?" disse lei acida ma tesa.
La bocca di Sid si aprì in un'enorme "O" poi fece per replicare ma la ragazza agguantò la sua tracolla e corse fuori con un "Grazie Sid"

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