I giorni del sole e delle risate che non sentiamo più

di glendower
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** — E noi amavamo il cielo grondante di sole ***
Capitolo 2: *** — Sentivo il freddo spingersi dentro di noi fino a toglierci il respiro ***
Capitolo 3: *** — Muoiono gli eroi e lui è solo cattiva abitudine ***



Capitolo 1
*** — E noi amavamo il cielo grondante di sole ***


 [ 1 giorno; I giri in giostra sono stralci di futuro in posizione - 286 words

 


 
Quattrocentosette luci, lucciole frizzanti che scoppiano impazzite, inondando Sciroccopoli con raggi di sole artificiale, dando alla città la parvenza che sia giorno quando invece è notte incombente.
   Quattrocentosette luci, girandole colorate, così brillanti che il vortice davanti agli occhi di Touya ha il potere seduttivo di un gioiello.
La ruota panoramica, regina indiscussa di quel mondo caleidoscopico, volteggia sola, completamente vuota. Nella sua maestosa eleganza incorona tutta la metropoli e, con la forza di un mastino, le fa la guardia, rendendola intoccabile agli sconosciuti, quei turisti stranieri armati di pericolose macchine fotografiche e cibo da take-away.
   Touya fermo sotto la sua ombra guarda in alto verso di lei, stringendo nella mano il biglietto d’argento che ha comprato per salirci – per poterci fare un giro, staccando almeno per un attimo i piedi da terra, camminando sulle nuvole con fantasia.
   «Non c’è nessuno, non vuoi fare un giro? Potresti approfittarne.»
   C’è qualcuno vicino a lui, un ragazzo con un sorriso verde tanto quanto i suoi capelli. Lo guarda negli occhi e salta nel vuoto, gettandosi in quella profondità cristallina che non ha mai visto, nemmeno in Touko.
   Quel tipo lo ha incontrato qualche volta e di cosa faccia, o chi sia, non sa molto, è solo a conoscenza del suo essere un Re – un Principe azzurro che tutti vorrebbero, persino Touya che segretamente stravede per lui.
   «Bisogna essere in due e io sono uno solo.»
   N gli preme un dito contro il petto – N lo tocca, gli sfiora una guancia e cerca la sua mano, senza incontrare alcuna resistenza quando con gentilezza gliela stringe, obbligandolo a seguirlo.
   «Io e te, noi siamo in due.»
   E quel biglietto, pensa Touya, è la molla di una trappola appena scattata sulle sue dita.   
 

 

[ 2 giorno;Spruzzi di menta e molle lanterne di carta sulle labbra – 247 words

 

La calura è esagerata  ma gli zampilli della Fontana di Austropoli aiutano almeno un po’, schizzano getti ghiacciati sulla sua schiena e offrono ristoro, insieme ai piedi a mollo e ai vestiti bagnati per colpa dei bambini che giocano a spruzzarsi l’acqua, bagnando anche chi non centra niente.
   Per rinfrescarsi e per godersi al meglio l’estate ed il suo meritato riposo, Touya ha scelto un gelato- un dolce particolare, un esperimento per i palati più raffinati e per i buongustai più incalliti che alla bancarella, in via eccezionale, vendono per pochi soldi.
   Noci arancioni, piccole come un uovo, sfilano sulle sue ginocchia ed il ripieno, una mousse, fucsia e bitorzoluta, fuoriesce dall’incarto sporcandogli mani e pantaloncini.
   Schiacciando la composizione contro il palato il gusto sembra dolce, fragoloso, ma una volta rotto l’involucro di pasta il sapore peggiora e, schiumando, quella golosità diventa amara quanto il sapone.
   «Ti fa così schifo quel coso?» gli domanda N, dopo aver visto l’ennesima ondata di nausea passare sulle espressioni di Touya, ormai sul punto di vomitare anche l’anima. 
   «A-abbastanza.»
   Eppure continua a mangiarlo – ad inghiottire tutto con ingordigia come se in realtà non potesse farne a meno.
   «Vieni, ti lavo la bocca.»
   Schivare N, quando plana sulla sue labbra è uno sforzo inutile – è follia, soprattutto nel momento in cui, mentre lo spintona per toglierselo di dosso, finiscono entrambi nella sorgente con un tonfo.
   A Touya però tutto questo non dispiace, il suo gusto preferito è la menta.
 

 

[ 3 giorno; E nell’erba alta il mostro colpì, scese sul suo cuore e lo divorò – 419words

 

In bilico, in equilibrio su fili immaginari che portano in posti lontani – mete inventate per giocare, strade confuse e irraggiungibili – saltella su di un piede solo, cercando di non cadere in quel mare smeraldo, dove, nel suo immaginario, si nascondono squali di terra grandi come un sasso pronti ad attaccarlo se lascia calare la forza delle sue difese interne.
   L’erba alta che gli solletica le caviglie ha il profumo della primavera – dei fiori sbocciati nei posti più impensabili e dei frutti gustosi di stagione che assapora con gusto, scartando le bucce per sorprendersi a collezionare i semi nelle tasche, grandi come un’unghia e pronti per essere seminati più in là, giusto per farne piante di bacche per i suoi pokèmon. Ha un colore così sbarazzino che nelle sue sfumature verdi, chiaroscure e schizzate di riflessi gialli, Touya ci vede anche l’ombra di N, in piedi dietro di lui, tutto intento a giocare allo stesso gioco infantile con le braccia allargate e quel sorriso da Re che lo accompagna e che lo fa tremare forse d’amore o forse di un’eterna tristezza.
   «Touya non ha paura dei mostri che si nascondono da queste parti?»
   A quella domanda l’eroe non risponde, fermando il suo moto circense si gira e cerca di guardare dritto in faccia l’altro, fulminandolo con un’occhiata insicura – un’occhiata che avverte e insegna; certe stupidaggini vanno evitate perché lui è un nobile e i purosangue parlano solo di cose serie.
   «Io non ho paura di niente.»
   E allora il mostro verde lo attacca, si getta con tutto il suo peso e gli si aggrappa addosso, mordendolo sul collo e facendolo sbandare finché la terra non diventa il cielo e il cielo prende la forma di quella staccionata contro cui sbatte più volte.
   L’ uno sull’altro – le mani strette sui polsi di Touya, un ginocchio tra le gambe – N ride maligno troneggiando sul suo corpo, il suo trofeo.
  «E adesso?» gli domanda, incurante se dirà un’altra delle sue cretinate; immobile sul prato fiorito, l’altro sembra un fiore piccolo ed indifeso davanti alla mano dell’uomo pronta a strapparlo.
   «Sei caduto, non c’è salvezza. Il mostro adesso ti mangia il cuore» gli rivela il cactus, graffiandogli la pelle per sollevargli la maglietta, baciandolo sulla parte sinistra del petto, nella favola mai raccontata di una bestia che, pur di non adempiere al suo destino, sbrana la bella per farla diventare parte di sé.
 

 

 [ 4 giorno; Scaldagli le lacrime contro il cuore, bagnale per disperderle, baciale per cancellarle – 314words

 

In scena, l’orchestra. Violini di pioggia e rumorosi tamburi di tuono suonano stonati la sonata del brutto tempo e aprono, diligenti, le porte al cambiamento di stagione.
   Dopo la neve, dopo l’inverno, Mistralopoli presenta finalmente una pioggia primaverile che riscalda un po’ l’aria e la riempie di odori – foglie secche, i primi fiori di miele, il profumo umido e fastidioso del bagnato – ripassando il tutto con pozzanghere grandi come voragini, profonde e pericolose quanto l’abisso.
   Bagnati e consumati come pulcini, per non affogare in mille e più oceani in miniatura, Touya ed N hanno trovato rifugio in un vecchio mulino abbandonato – una costruzione traballante buttata in mezzo ai  boschi, una rocca mandida di sudore pronta a crollare carta dopo carta, mattone dopo mattone.
   Nella polvere fitta e nei fiocchi di fieno si sono nascosti, appendendo gli abiti fradici ad un filo sottile per farli asciugare.
   Entrambi avvolti nella stessa coperta piumata, seminudi, guardano incantati l’oscurità del cielo che va aprendosi nell’orizzonte, lanciando frecce bianche dentro le nuvole nere da cui dietro sbuca un timido sole – un timido sorriso accennato che ci metterà ore a fiorire in quel campo minato da bombe di lampi e mandrie scalpitanti. 
   Sulle pieghe della sua pelle, Touya traccia i profili di vecchie cicatrici e graffi, le torture che i Pokémon gli hanno impresso - le sofferenze che ha condiviso e spartito per adempiere al suo ruolo.
   Nel silenzio sente il palpito del suo cuore sotto il palmo, a volte gli manca un battito e a volte fa un salto così lungo che sembra volergli uscire via del petto. 
   
 «Touya stai piangendo?»
   Touya sta pensando. 
   Pensa alla diversità che presto li getterà entrambi a due poli differenti del mondo e piange, N invece non può far altro che baciargli le palpebre perché fra sconosciuti certe cose possono - e devono - rimanere segrete.






note dell'autrice; sono tornata sul fandom, sì e non so perché son qui quando ho l'università che m'impegna mattina e sera. Volevo semplicemente prendermi una pausa, ravvivando il suo account di EFP abbastanza morto. Mi mancavano certi spazi - mi mancava scrivere, anche se non so quanto possa avermi fatto bene la mia lunga (perché per me è stata non lunga, lunghissima) pausa. Lascio un accenno di come sarà la raccolta, tre capitoli divisi per quattro flash ciascuno, in tutto, appunto, dodici giorni in cui N e Touya vedranno posti che hanno visto anche nel gioco. E' impresa che chiede poco, spero solo che piaccia almeno ad un'anima pia. Grazie della lettura e delle eventuali recensioni, rimanete connessi (?), alla prossima su questi schermi!

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Capitolo 2
*** — Sentivo il freddo spingersi dentro di noi fino a toglierci il respiro ***


 [5 giorno; Hai ritrovato, nel suono, solo le mie balle e la mia ingenuità - 439 words

 

La musica di sottofondo è il bisbiglio dei morti, s'alza dalle tombe nella Torre Cielo e si perpetua fino in cima attraverso le preghiere dei vivi, cantiche per non dimenticare i giorni passati insieme ai compagni, mobili solo nei nomi e in qualche vecchio oggetto trattenuto per non dimenticare.
    Candele sfumate d’azzurro lungo le scalinate esterne e i balconi si accendono e spengono al passaggio di bambini in bianco, rochi fantasmi che cantano, mugugnando a bocca chiusa le gesta di pokémon viandanti, smarriti in vie trasversali da cui mai torneranno.
    Fuori, l’aria di ottobre è nebbia compatta che s’infila nelle sciarpe, tappa il naso ed infreddolisce la pelle, penetrando anche nelle giacche, abbracciando con dita autunnali i corpi degli avventurieri che si spingono fino alla cima per suonare la campana di vetro; macchie arancioni e pennellate di acquarello rosa si stemperano ingrigite, addolcendo l’avvio della sera che arriva quatta quatta, riavviando con fatica le luci della città Ponentopoli, un’ammucchiata di case quasi invisibili in lontananza.
    N è poco più avanti, probabilmente sta parlando ma Touya non riesce a seguirlo completamente – non vuole avere a che fare con significati profondi dettati dal suo linguaggio da Re, è tardi e le nuvole di fiato e calore che gli vorticano davanti al naso sono la prova – la forma eterea - di sbuffi affranti e sospiri senza fondo.
    «… questa costruzione riflette nel suono l’anima di chi la suona, vuoi provare?»
    «Che hai detto? Ah sì, facciamo presto» non è certo di aver sentito tutto ma il più piccolo s’allunga e con mano insicura tira la cordicella verso il suo petto, dando voce ad una campanella che gli risponde piangendo.
    Un rintocco, uno soltanto, lungo un istante che dura in eterno. Un gorgoglio confuso che stride e gratta con le unghie su lavagne in realtà inesistenti; è un urlo, lo strazio di una melodia che improvvisamente mette a tacere ogni suono, evaporando i canti fino a ridurli a quieto ronzare di insetti nel sottobosco.
    Al suo fianco, anche se non lo guarda direttamente, è certo che N per un momento si sia tappato le orecchie.
   «Totou, per rappresentare la tua anima è…»
   «Caotico. Stupido. Fastidioso » prosegue Touya, lo sguardo indecifrabile e la destra tremante ancora appesa al filo «ma è perché io ci credo, ci credo davvero a noi e mi dico che forse c’è speranza in futuro. Sogno come un bambino N, ma queste, ormai lo so anche io, sono tutte balle.»
   Il verde cespuglio – l’abete – lo manca per un soffio,  ritirandosi a tartaruga quando il suo tempestivo abbraccio si chiude dietro le spalle dell’altro, già lontane e sulla via del ritorno.

 

[ 6giorno; Infilerei le dita nella presa elettrica pur di fuggire da te - 325 words

 

Cava Pietraelettrica è lo sbaglio di un pittore poco attento, un imbranato che ha fatto cadere tutti i suoi pennelli, rovesciando tinte e tonalità congelate sulle rocce, impiastricciando una grotta già padrona di una bellezza fiabesca.
    Minerali di magnete scintillano tra gli anfratti, sgocciolando oscurità in scosse d’elettricità che li fanno ondeggiare a pochi centimetri da terra, fluttuanti come bolle di sapone fatte di scosse e scintille, simili alle sfere roteanti ed ai fuochi d’artificio visti mesi prima al Luna Park.
   N e Touya piroettano come pinguini disgraziati, totalmente incapaci di muoversi a passi di valzer, girando su un carosello che li vede cavalli e trottole da circo, divisi tra una piroetta ed una musica che non c’è, immaginata nello sgocciolare dell’umidità che sale e scende da qualche parte.
    «Amo questo posto e volevo condividerlo con una persona importante» lo rovescia, gioca con lui come una bambola e lo piega verso terra in un ridicolo casqué, facendolo risalire per poi stringerlo nuovamente per i fianchi, soffiandogli un ghigno divertito nell’orecchio.
  «Noi non siamo amici, N. Tu sei solo quello che mi segue ovunque, come uno… stalker.»
  «Uno...stalker?»
  «Un maniaco.»
   E ridono spensierati – ride solo il nobile perché l’altro a bocca aperta si ferma a guardarlo, incantato e perplesso, innamorandosi senza accorgersene come la prima volta.
    Per un po’ rimangono vicini, abbracciati, avvinghiati l’uno al corpo dell’altro senza parlarsi e poi, un passo per volta, il minore tra i due indietreggia di proposito per sbattere contro uno dei sassi, sussultando quando il contatto con la sua schiena spinge aghi sottili lungo e dentro la sua spina dorsale.
    La scarica è lieve ma a Touya tanto basta per sentire il cuore scoppiargli per un altro motivo – per sentire il dolore sviare per un’altra strada più valicabile per lui; ha altro a cui pensare e per cui soffrire, qualcosa che non è sicuramente un sentimento che ancora non è in grado di accettare. 

 

[ 7giorno; E tu sei oltre il mare del mio petto, pesce in fondo ad abissi in cui non posso averti - 398 words


 
Chiare pozzanghere d’acqua brillano sotto il sole, mostrano sabbia e conchiglie in cerchio, sorelle di sassi e piccoli crostacei che scivolano giù per le fosse, sparendo oltre gli scogli, stralci di montagna marina raggiungibili a piedi spingendosi oltre la battigia, verso un mare limpido come il cielo, specchio perfetto di un colore che Touya nei suoi viaggi non ha mai visto.
    La bassa marea sbatte le barche legate al pontile sulla secca e le case sulle piattaforme di Grecalopoli sembrano in bilico su un terreno di carestia; è solo mezzogiorno ma la distesa non si è ancora riempita, la spiaggia è il nuovo mare e viceversa. I pescatori stanno appollaiati come uccelli sulla costa, vicini ai gabbiani, giostrando fitte reti che velano gli oceani meno profondi, cercando pesci multicolore nascosti sotto la superficie della barriera corallina.
    Touya è steso sull’arenile, la testa appoggiata al petto di N e l’odore della salsedine nel naso; è così nuovo per lui tutto questo che soffoca un po’ e la pelle, sporca ed arrossata, gli brucia così tanto che è costretto a grattarsi, lasciando fili rossastri sulle braccia nude, scottate dall’estate.
    «Un giorno anche tu sarai là dove finisce l’orizzonte, bello come Icaro e come un Dio dei Venti» mormora ad un cespuglio sul punto di addormentarsi, sfiorandogli le labbra in un bacio che ne raccoglie il sapore aspro e fruttato dell’anguria mangiata in precedenza.
    «Non ti risparmi nemmeno quando sei in vacanza?»
Il più piccolo si solleva e dita bambine ricalcano la linea che divide cielo e terra, solcando nuvole immaginarie con i polpastrelli per disegnare un drago alato ed il suo Re tra gli spazi bianchi del cielo; le sue mani volano via insieme e mimano una distanza che già è padrona della sua storia e della sua intimità.
    «Se cadessi nell’alta marea, anche se lontano da me per spazio e tempo,  tu torneresti per salvarmi?»
    «E perché dovrei penderti in fondo al mare se mai me ne andrò da te?»
    «Ho fatto una domanda stupida, temo.»
    Touya sorride – sorride nel suo modo speciale, piangendo con la bocca, disperandosi dietro le fossette scavate nelle guance.
     Verdi capelli si mette a sedere, lo guarda avvicinarsi al bagnasciuga, mentre immerge i piedi nel liquido cristallino che pian piano inizia a salire. Lo guarda finché non diventa un puntino e solo allora capisce e sa quanto può far male diventare parte integrante di un confine.
 


[ 8giorno; C’eravamo già visti ancor prima di nascere - 518 words

 

Su centinaia di teste rivolte in alto, mostri alati scaricano bombe nere e fanno saltare in aria le case, la sua in particolare, quella più piccola di tutte con il tetto spiovente e i fiori di campanula appoggiati ai davanzali delle finestre; petali azzurri bruciano in volo, diluendosi in cenere bollente e fiamma di carbonella che imbratta la terra e le dà fuoco, alzando fiamme che soffocano pokèmon e dilaniano  persone.
    Un boato improvviso rende la cittadina buia per qualche secondo ed il sole è un incendio che divampa al di là dell’oceano, montagna molle su cui arrampicarsi, dimentica ad inghiottita dal fumo di macerie cadute e poi frantumate, sparpagliate per quella vallata dove ha incontrato suo marito quindici anni fa, in un giorno sicuramente migliore di questo – migliore della guerra e della pazzia, dello sfruttamento e dei litigi tra allenatori e compagni prediletti.
    La donna seduta nelle gradinate più alte ha le mani sulla pancia e stringe un grembo così gonfio che sembra volerle esplodere tra le dita, soffici carezze di stoffa e carne date ad un figlio che tarda ad arrivare perché ha già deciso di non essere puntuale ancor prima di nascere.
    Attorno ai suoi occhi giovani, croste trasparenti di lacrime secche le accentuano il colore degli occhi, blocchi di brina pendenti sulle rughe di un’età vecchia che ancora non la merita.
    «Signora, signora ma anche dentro di lei stanno combattendo?»
    Una vocina la costringe a girarsi – uno stridulo richiamo la fa girare di lato, a fatica, trascinata da un peso che non vuole darle tregua; all’altezza del suo viso non vede nessuno, solo un paio di braccia agitate che la invitano a guardare più in basso. Lì vicino, qualche gradino più sotto, c’è un bambino con gli occhi grandi e i capelli verdi, così verdi che per un attimo, intorno a lei, c’è solo pace e la brulla terra è tornata a splendere.
    «No, questo è Touya, mio figlio e, a quanto pare, temo che da grande arriverà tardi a qualsiasi appuntamento, visto che anche adesso vuole farsi desiderare.»
    «Touya?»
    «Sì, puoi venire a salutarlo se vuoi.»
    Il bimbo verde, senza farsi aspettare, sale su ed affonda le mani grassocce su quel monte morbido, difficile da coprire tutto con un solo tocco dei suoi arti infantili; sotto i suoi palmi, qualcuno, nuotando con una capriola, gli risponde con un calcio.
    «Inizio a pensare che non voglia nascere in un posto dove Pokémon e Allenatori non vanno d’accordo.»
    «Alla mia incoronazione non ci sarà niente di tutto questo, le ferite guariranno e lui a quel punto vedrà la luce.»
La bella mamma sorride e con le nocche gli sfiora i capelli, sa che quello sconosciuto lo farà, anche se quelle sembrano solo vane fantasie.
Lo proteggerà, quel piccolo principe senza nome – lo proteggerà, questo N, quando il suo neonato aprirà finalmente gli occhi, lo sa lei e lo sa lui perché glielo sta promettendo, suggellando il patto con una magia, posando un bacio su quel pancione mentre la guerra, sullo sfondo, ha già perso forza perché si è fermata a guardarli commossa.

 

 
 
 
[ note dell’autrice; sono tornata dopo… dopo troppo e mi scuso con chi magari mi ha aspettata per tutto questo tempo ma la mia vita ha la precedenza – anche il mio stile ce l’ha, perché ci sono state volte, in questi mesi, in cui ho pensato veramente fuggire in Burundi.
Tralasciando questo punto, vorrei dirvi due cose a proposito delle flash:
sono consapevole infatti che nella terza è presente Grecalopoli e che questa città non faccia davvero parte di Nero&Bianco ma che invece sia presente solo e soltanto nella loro seconda versione, quindi no problem se lo sottolineate, questa licenza me la sono permessa lo stesso, nell’ultimo periodo ho voglia di mare e non esiste miglior medicina che metterlo su carta se non lo si può vedere.
Lo stesso discorso vale per l’ultima, resa fiabesca ed incipriata di una guerra che in Pokémon non c’è mai stata, dovendoli trattare bambini non volevo buttarmi sul solito cliché di due che giocano insieme ed il fatto che si facciano promesse quando ancora non si conoscono davvero li rende ancora più babbus del solito.
Soffro per questo, però la mia opinione è che l’Isshushipping, a differenza di sua sorella, quella che vede protagonista Touko, abbia la sofferenza di chi non ha la forza per trattenersi, perché diciamocelo, Touya non ha la faccia di chi può combattere un amore destinato a finire, no? Io almeno la penso così e visto che sto vaneggiando, mollo tutto e chiudo le note dicendo che il terzo – ed ultimo – capitolo, arriverà il più presto possibile. Grazie, Ness. Ps: vorrei ringraziare la mia banana perché ultimamente mi è tornata la voglia di perdermi in questo mondo fatto di parole e, se non fosse per lei, probabilmente me ne starei ancora a dormire pettinando giraffe nel sonno. ]
   

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Capitolo 3
*** — Muoiono gli eroi e lui è solo cattiva abitudine ***


[9 giorno; Per sentirti respirare dentro di me sono diventato onda, relitto e corpo portato via dell'acqua - 462 words

 


 
L’azzurro fresco dell’acqua è liquido in eccesso – è mare incastrato tra pareti di vetro dure come il diamante, strada lunga che prosegue ininterrotta sotto le alghe e la morsa rossa dei coralli piegati in forme strane lungo l’esterno della galleria. È un acquario gigantesco, scatola per pesci dove lustrini di bolle fanno il bagno ai pokémon marini, accompagnandoli in morbide acrobazie tra le pieghe dei flutti. In branchi senza colore continuamente in movimento, il fantasma di una sirena si pettina i capelli, cantando a chi le offre uno spettacolo che non vede dai tempi in cui era solo un grumo di squame, trappola per pescatori e pugnale per navi.
     Nel cunicolo asciutto non c’è quasi nessuno, solo due persone verso la fine che puoi notare appena perché schiacciate l’una sull’altra al fine di completarsi in una forma unica ed inscindibile, come sole e luna fuse in un’eclissi d’amore perenne.
     Il riflesso di N sul vetro del tunnel infatti ingloba quello di Touya, lo spinge contro i pannelli trasparenti fino a legarlo con le mani in un unico gesto, strette sui polsi dove chiazze violacee sono state poco prima l’alcova di baci e frasi d’addio che hanno promesso di non ripetersi mai più.
     «Respira, Toutou, respira su di me» gli dice N all’orecchio, premendogli le labbra umide sul collo per lasciare un altro segno – per distrarlo quando gli guida le dita alla cintura che libera sbrigativo dalla fibbia, obbligandolo a tirare in basso la stoffa con una lentezza esasperante in cui, subito dopo, dentro infila curioso le dita.
      «Q-qui, N?» qui, in mezzo a sguardi indiscreti ed occhi di pesce. Un pubblico muto di cui avere paura.
     «Voglio vederti annaspare, amore mio. Lo voglio adesso, non ti trattenere più. Ti prego» mormora, prima di piegargli l’interno di un ginocchio in avanti – prima di obbligarlo ad alzarsi in punta di piedi per allacciarsi una sua gamba ad un fianco, intenerendosi quando lo vede tremare mentre non prova nemmeno a resistere.
     Quello più esperto, l’albero verde, gli alza la maglietta sul petto, permette al ragazzino dai capelli castani di stringersi alle sue braccia e nascondersi nella sua spalla quando gli invade la linea curva poco sopra il centro dei glutei semiscoperti.
      «N, non voglio farmi male se poi succederà quello che già so.»
      «Oh sì invece, lo farai, e quando arriverà il momento che temi sarà bellissimo.»
     Touya non respira, Touya affoga. Sprofonda in quel blu in cui è avvolto e galleggia, trascinato via e sbattuto come un’onda nel momento in cui chiude gli occhi e smette di essere carne per diventare un tutt’uno con la bocca premuta a forza contro la sua, piccola e dischiusa per accettarne il fiato.
      È un’Ophelia, l’affogata e la martire di un Amleto che la lascerà, diventando solo il suo assassino. 

 

 

[10 giorno; Ci sono guerrieri che divorano Re e Regine che ne piangono la scomparsa cancellando l'intera scacchiera – 431 words 



La scacchiera sulla tavola non è altro che un giocattolo d’ossidiana e vetro soffiato, un insieme di scanalature e graffiti che riproducono arabeschi con la forma di fiori ramificati su ciascun pezzo; oggetto raro della collezione personale del principe, salvato via dalla polvere e dal problema dei tarli.
     Alta due pollici e mezzo, sopra è coperta da una tovaglia romboidale di legno, un chiaroscuro di macchie dove marionette di piombo si spostano e si mangiano con la forza del pensiero.
     È un palco ottagonale in movimento dove gli elementi sono volti di persone, miniature umane di amici che è certo di aver già visto da qualche parte, forse in uno dei suoi viaggi, forse in quella memoria che vorrebbe non avere.
     Dalla sua parte, Touya tiene inconscio una piccola versione di se stesso, un cavaliere triste che regge una lancia con la punta capovolta, diretta verso il petto dove a sinistra batte un cuore di carta. A lui tocca muovere, distruggere – uccidere e stravolgere le sorti dell’esercito avversario.
     «Oh, e io che pensavo di vincere» sbotta N perplesso, calcolando con un’ occhiata le possibili azioni per uscire da un guai; niente da fare, solo danni su danni – solo una seconda sconfitta a quella già accumulata, zero possibilità di salvare sudditi bianchi ad aspettare fuori dal gioco.
     Soffiando comunque soddisfatto, bacia una per una le punte delle dita di Touya che tiene fra le mani, sorridendogli con tenerezza dall’altra parte del tavolo rotondo.        «Fai pure la tua mossa Toutou.»
    «Scacco matto» sussurra meccanicamente il ragazzo, voltandosi da una parte e stringendo le palpebre per non vedere l’alfiere trafiggersi, mandando il suo cavallo nero al galoppo, dritto a sbattere contro il Re, un reale che getta con rabbia a terra la corona e se ne va, abbandonando, come tutti i figli del suo regno hanno già fatto in precedenza, il campo.
     Dietro il buio degli occhi ancora chiusi, ci sono suoni: una sedia trascinata ed una porta che sbatte e si chiude con un colpo. Appoggiato sopra c’è N, un orologio da taschino in mano – un giocattolo dei suoi che si è fermato nel momento esatto in cui l’ha incontrato a Quattroventi. Lo lascia cedere in terra, tra frammenti d’ingranaggio e lancette, buttandosi tra le braccia di Anthea e Concordia.
    Nella stanza, il Touya rimasto si alza e ribalta la scacchiera, colpendo ogni pezzo per schiacciarlo sotto le scarpe , urlando impazzito mentre taglia via teste e sgrana facce familiari per puro piacere personale.
     Vicino al suo piede, la Regina nera piegata sul Re bianco, gli preme silenziosa le mani sul viso. 
 

 

[11 giorno; Sentivi tutte quelle voci tranne le mie grida, forti e chiare tranne che a te - 365  words 



«Cosa stanno dicendo?»
     La testa di Touya che si solleva è una morbida curva nel buio – un contorno sfocato alla luce di una candela, bagnato dal riflesso della pioggia leggera che s’intravede da una finestra, un ritaglio grigio tra le tende tirate. Sulla piega disfatta delle lenzuola ci sono loro due a chiacchierare, i rimpianti di due identici accumuli di vestiti stropicciati ed accantonati in un angoletto, sopra una sedia piegata e storta sotto tutto quel peso; c’è l’odore secco e primitivo della prima notte di marzo, ancora tiepida ma fresca se non diventi anima e corpo con le coperte.
     N sposta la guancia dalla coscia nuda a cui è appoggiato, guardando una ragnatela argentea ciondolare sul soffitto. Nelle sue orecchie qualcuno lo chiama, ripete il suo nome per attirarlo a sé e urla indistinte lo preoccupano fino a fargli tappare distratto le orecchie, infastidito per la troppa confusione e gli insulti.
     «Mi vogliono, Touya.»
     «Non possono aspettare? Almeno un po’…»
    I sentieri che il grande gli traccia sul suo corpo sono carezze fugaci, lo assordano di parole che può ma non vuole sentire, tranquillizzandolo. Maliziose tracciano il confine della sua pelle e passano affamate la sporgenza appuntita delle costole, gli addominali ancora imperfetti e i muscoli duri e tesi delle spalle curve, alternando il sacro passaggio di un bacio al brusco taglio di un’unghia.  
    «Muoviamoci Touya e dammi tutto, ogni cosa, prima che sia tardi» dice il suo Re quando lui socchiude la bocca e la richiude senza rispondere, spingendolo a tendere le mani fino a stringergliele sulla testiera del letto, aprendogli le ginocchia già abbracciate ai cuscini.
    «Per favore N, no.»
   «Almeno fai rumore, così non posso sentirli» istiga, quando appoggia il petto alla sua schiena per stringerlo da dietro. Sa che è spaventato esattamente come lui – sanno che domani, al risveglio, non sarà lì a dargli il bacio del buongiorno ma non gliene fa una colpa.
   Touya ha gridato abbastanza e ancora griderà, anche questa notte, tra sussurri insistenti a coprirlo e pokémon che esigono aiuto e non lo vogliono lasciare in pace. Farà di tutto pur di farsi sentire, anche se le voci sono troppe e la sua è solo una. 
 
 

 [12 giorno; Gli anni non trascorrono mai e finiscono sempre per romanzare gli amori - 576  words

 

Il ballo nella piazza e nel perimetro davanti e dietro la Lega ospita centinaia di persone, donne in fiore strette dentro abiti da sera larghi quanto ombrelli e uomini dai volti celati, interpretanti cavalieri e figure da fiaba libere di mostrarsi insieme ai pokémon almeno per una volta l’anno; si muovono sulle piste e ai lati delle panchine, tra le siepi e nei labirinti di rose ed alberi da frutta.
     Fontane di bevande fosforescenti regnano su tavoli da buffet decorati con pietanze dagli odori più variegati: croste di burro in salsa di lamponi con schegge d’arancia e biscotti alla cannella così leggeri da sembrare ali di farfalla, torte di carta zuccherina e cupole di gelati talmente morbidi da poterli traforare con la punta di una forchetta.
    Lanterne a testa di drago serpeggiano sui fili di microscopiche lampadine, illuminando la serata a festa tra il sottofondo dell’orchestrina di musicisti da carillon in miniatura e i piedi che ballano a tempo sotto il pergolato dell’edificio principale.
    L’uomo in nero che corre in alto ha una maschera d’osso, gli copre il contorno degli occhi e non permette a nessuno di riconoscerlo, scava sulla sua pelle nell’elegante disegno di un falco e nasconde il brillare eccitato del suo sguardo in attesa. Agile, scivola saltando giù dai balconi più bassi dentro ad una finestra aperta, seguito da uno Zoroak celato dalle pieghe del suo mantello nero ed entrambi aprono porte con grimaldelli sottili come un filo. Non ha bisogno di cercare per molto tra una stanza e l’altra, ciò che vuole è subito dietro un angolo, girato di spalle per parlare con una dama tinta d’azzurro.
    Riconoscere subito Touya è così facile che sembra scontento – sembra deluso di averlo riconosciuto nel giro di poco, anche a distanza di tanti anni e gli è impossibile non trascinarlo tra le pieghe di una tenda, tirandolo per un braccio quando nessuno lo sta guardando; a quel gesto non ottiene neanche sorpresa, solo un sorriso privo di maschere e lacrime che vogliono fingersi gioielli.
   «Ti ho trovato finalmente, non mi scappi più» fa lo sconosciuto dal volto coperto, avvicinandolo per sfiorargli con tenerezza una tempia, prima di accogliere le sue braccia strette attorno il collo insieme ad un sorriso che sembra la fine di un romanzo senza conclusione da secoli.
    «Cosa dirà il mio amore se mi scopre qui, con qualcun altro che non è lui?» mormora Touya, rubando un ricciolo verde dell’altro per impigliarci in mezzo le mani ed attaccarsi in modo definitivo alla capigliatura infilata sotto il cappello piumato.
    La risata profonda che ne segue basta come risposta e il bacio da cui non riesce a distaccarsi – a cui non vuole rinunciare, gli lascia le labbra rosse e gonfie, innamorate ora e per sempre. «Oh N…»
    «Zitto, ora sono solo quello che vuole portarti via con sé» risponde, allontanandolo per condurlo a Zekrom che li aspetta nell’ala vuota del Palazzo, giù per lo scalone che porta al piccolo giardino sul retro in cui, senza neanche averlo programmato di proposito, non si vede anima viva.
    «Tutto questo rimarrà tra noi come un segreto, non lo saprà mai. Adesso non preoccuparti, andiamo» poi spiccano il volo. Hanno troppo da recuperare ma una vita intera per farlo.
    Felici e contenti, pensa Touko, quando alza gli occhi dal bicchiere di vetro che regge in mano, notando tra le ciglia un piccolo puntino allontanarsi a grande velocità verso il cielo.
Felici e contenti come hanno sempre voluto





[ note dell’autrice; chiudo questa raccolta di dodici giorni, finalmente. Ormai è da ottobre dell’anno scorso che attende una conclusione e finalmente è arrivata. Ci ho messo un po’ a partorire le ultime flash perché, all’inizio, non erano affatto così, erano molto MOLTO p0rn ma, sicché non mi andava affatto di stravolgere il rating e passare da un verde foglia ed un rosso (cinquanta sfumature di yaoi), ho preferito tirare le somme con qualcosa di più leggero, tenendomi un’eventuale R-18 per continuare a stressare dentro al fandom. Dopo innumerevoli cambiamenti e ripensamenti, eccoci qua! In realtà non ho molto da dire, se non che si tratta di un riassunto di una mia precedente raccolta che, per questioni di tedio mentale, non verrà mai continuata – Alla fine però ricordati di me. La scacchiera fa un ovvio riferimento a HP perché, parlandone con una ragazza di EFP, mi ha fatto venire voglia di rileggerlo (io che poi mi sono fermata al quarto/quinto) e questo è il mio modo per ringraziare lei e il libro. Note brevi, un grazie a chi l’ha seguita e ha pazientato. <3 BYEBYE]

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