Highway to hell.

di maxmin1997
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Zoe aprì gli occhi nel momento esatto in cui la sua fastidiosa sveglia cominciò a suonare, la chiuse con un colpo secco e, dopo qualche secondo a fissare il soffitto, si alzò sconsolata al pensiero che sarebbe dovuta andare a scuola, a fare cose, incontrare persone ecc.
Zoe non era una ragazza particolarmente sociale, anzi, se poteva, evitava la gente in generale. Molti nel suo liceo la consideravano stramba, senza speranze, asociale, drogata…
Ma lei non faceva assolutamente niente per cambiare la loro opinione, ormai aveva imparato a non badarci più.
Andò in bagno e si infilò sotto la doccia, lasciando che il getto dell’acqua calda la svegliasse un pochino. Quando uscì il bagno era piacevolmente pieno di vapore e, come sempre, iniziò a fari disegnini senza senso sullo specchio appannato. Era come una specie di tradizione. Uscì di malavoglia e si infilò una paio di jeans grigi, una felpa blu con il pipistrello di Batman bianco, un paio di stivaletti color miele. Si mise un po’ di trucco agli occhi e si esaminò alla parete specchiata nella sua camera. Era mediamente alta, capelli castano chiaro, occhi grandi e verdi e una pelle chiarissima.
Prese il suo preziosissimo iPod e le sue cuffie e, prendendo la borsa, si mise ad ascoltare Hurricane a tutto volume.
Prese per un soffio l’autobus e sedendosi su un sedile, si mise a osservare la magnifica città in cui viveva. Londra era proprio speciale.
Scese alla sua fermata e guardò in cagnesco la scuola che si ergeva davanti a lei. Un bell’edificio in rosso mattone, con grandi finestre e una bandiera colorata che spiccava all’entrata. Era lo stemma della scuola: un’enorme ancora blu, con uno sfondo grigio e rosso. Non aveva mai capito il significato di quella bandiera, e nemmeno le interessava scoprirlo.
Stava percorrendo il corridoio quando uno stupido le venne letteralmente addosso, facendola spalmare sul pavimento e guadagnandosi risatine e occhiate divertite da parte di tipo mezza scuola.
Alzò rabbiosa lo sguardo verso quel cafone, ma stava di schiena, impegnato a discutere con un ragazzo alto e biondo. Noel Bess. Si alzò a fatica e diede una spinta al tipo di prima. Lui si girò di scatto e Zoe sentì il suo cuore fermarsi, per poi riprendere a battere più veloce dei battiti d’ali delle farfalle.
Due occhi di ghiaccio l’avevano avvolta in una specie di bolla. Riusciva a vedere solo quelli, ora la scrutavano, percorrendo ogni centimetro del suo corpo e soffermandosi sul petto.
La ragazza riacquistò lucidità e lo aggredì.
“Almeno scusa no, eh?!”
Lui si limitò ad alzare un sopracciglio, e Zoe lo trovò decisamente sexy. Era alto almeno una spanna in più di lei, un fisico non da rugbista, bensì da nuotatore probabilmente, non era né robusto, né di certo mingherlino.
I capelli neri gli incorniciavano il viso, accarezzandogli le spalle, erano mossi e lei si accorse di desiderare di poterci passare la mano, per sentire se fossero soffici come sembravano.
“Ragazzina, non farmi perdere tempo.”
Oh, la sua voce era incredibile, sentì un brivido percorrerle la schiena, finché le parole che aveva pronunciato acquistarono un senso nella sua testolino momentaneamente vuota.
“Scusami?! Sei te che mi hai spinto, stronzo.”
Lui fece un sorriso divertito e guardò per una frazione di secondo Noel, che lo fissava rabbiosamente.
“Ho cose più importanti, levati di mezzo.”
Si girò di nuovo, e nel frattempo il biondo si era avvicinato.
La ragazza, persa la pazienza e accortasi che era divenuta oggetto di occhiate scettiche da parte di tutti i ragazzi, tirò per un braccio il moro, che colto di sorpresa, inciampò sui suoi passi, e a quel punto fu il delirio.
Noel ne approfittò per sferrargli un cazzotto dritto alla mascella, che lo prese in pieno.
Zoe urlò, sentendosi responsabile.
Occhi-Di-Ghiaccio perse l’equilibrio e afferrò il primo appiglio possibile, la spalla di Zoe.
A quel piccolo contatto, la ragazza sentì la sua pelle bruciare e si limitò ad afferrare le braccia del ragazzo per aiutarlo.
Lui la guardò, quasi sorpreso che fosse ancora lì, e le fece un sorriso sarcastico, poi si scostò immediatamente, lasciandole una strana sensazione nel corpo, quasi di freddo.
“Su, Noel, se vuoi puoi farti la mia ragazza, se proprio ci tieni tanto a vendicarti.” Disse il moro con un ghigno stampato in volto.
“Tu non hai una ragazza. Ti sbatti tutte le ragazze che respirano.”
L’altro fece per pensarci, poi sorrise.
“Hai ragione.”
A quel punto Noel si scagliò nuovamente verso di lui, e stavolta Zoe ebbe l’accortezza di spostarsi e mischiarsi nella folla. Non era per niente interessata alla loro furiosa lotta. A quanto aveva potuto capire, il moro era un puttaniere, e lei si sentì irritata dal fatto di aver provato quelle strane sensazione con quel bastardo.
Andò verso la classe di chimica e, sedendosi all’ultimo banco, si infilò le cuffie e ignorò bellamente la prof. Odiava da morire quella donna. Si chiamava Fiordalisa Mitchell, e già il nome era tutto un programma. Inoltre, al primo compito del primo anno, la ragazza era andata molto male, e questo aveva firmato la sua condanna a morte.
Quando sentì la campanella suonare, si alzò pigramente e raggiunse la porta. Ovviamente come sempre stava guardando a terra, pur di non incrociare gli occhi curiosi che la guardavano come a dire da dove è uscita questa. Il punto è che lei non sapeva come fare a evitarlo. Era sempre stata diversa. Tra shopping e una giornata in biblioteca, preferiva l’ultima. Se qualcuno le chiedeva di andare in discoteca (cosa che comunque non accadeva mai), lei sceglieva di prepararsi un thè caldo e guardare una delle sue serie tv preferite. Se un ragazzo le chiedeva di uscire era quasi sempre per entrare nelle sue mutandine, e questo lei lo sapeva, quindi li rifiutava. Poteva anche essere stramba, ma era consapevole di essere una bella ragazza.
Stava per attraversare la porta, come al solito era l’ultima a essere rimasta nell’aula, quando un braccio muscoloso e abbronzato le sbarrò la strada, bloccandola e spaventandola a morte.
Alzò lo sguardo e… non ci poteva credere. Ancora lui!
“Che vuoi?”
Lui posò i suoi occhi azzurri sui suoi e fece un sorrisino ironico.
“Non ti ho chiesto scusa, mi pare.”
“Non mi interessano più le tue scuse.”
“Ma come, mi sono anche beccato un pugno per colpa tua!”
Ora che lo osservava meglio, Zoe notò che la sua mascella destra era arrossata e un brutto livido cominciava a farsi vedere.
Abbassò velocemente lo sguardo e cercò di abbassare il braccio del moro.
“Lasciami passare, arrivo in ritardo a Letteratura.”
“Non mi importa.”
Ma che diavolo vuole? Pensò Zoe.
“Come ti chiami?”
Lei emise uno sbuffo esasperato.
“Zoe.”
“E’ un nome davvero bello. Io sono Jared.”
“Bene, interessante, ciao.”
E, prendendolo di sorpresa, passò sotto al suo braccio e corse verso la sua classe.
 Che ragazza interessante… Pensò il ragazzo. L’aveva  vista a scuola qualche volta, ma non aveva mai notato quegli occhi verdi, erano simile agli smeraldi. E le forme che aveva avuto modo di sfiorare, quando aveva perso l’equilibrio, gli sembravano decisamente deliziose. Fischiettando e dirigendosi verso il bar della scuola, una sola frase riecheggiava nella sua testa, e lui fece davvero di tutto per scacciarla, anche perché non aveva mai avuto così voglia di possedere una ragazza.
Sarà mia. Riusciva a pensare solo questo.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


“Zoe, tesoro, mi passi il sale?”
La ragazza alzò gli occhi al cielo e si sporse per prenderlo sul tavolo.
“Tieni, mamma.”
La donna le sorrise dolcemente e ne mise una quantità abbondante sull’arrosto.
“Allora come è andata oggi a scuola?”
“Le solite cose. Ignorata da tutti e considerata completamente pazza dall’intera scuola.” Le disse guardandola di sfuggita.
Annie sembrò leggermente preoccupata, ma si limitò a fare una risatina. Zoe a volte si chiedeva se la prendesse sul serio o no.
“E tu mam…”
Non riuscì a finire la frase che il campanello della porta suonò, guardò la madre e le chiese con gli occhi se aspettava qualcuno, ma lei si limitò a scrollare le spalle. Emettendo uno sbuffo esasperato, si alzò dal tavolo e andò ad aprire la porta.
“Ciao, dolcezza.”
La ragazza sbiancò, cosa ci faceva quello stronzo davanti casa sua?!
“Cosa diavolo ci fai qui?!” disse sussurrando per non farsi sentire da sua madre.
“Sono passato a trovarti, no?”
“Come fai a sapere dove abito?”
“E’ facile introdursi nel sistema della scuola sai?”
Ci mancava poco che a Zoe prendesse un infarto. Cos’altro aveva letto sui dati? Sicuramente se avesse letto quella cosa, adesso non sarebbe qui, ma sarebbe scappato a gambe levate, giusto?
Se ne stava appoggiato allo stipite della porta, completamente rilassato, durante la giornata si era cambiato e ora indossava una t-shirt grigia con un paio di jeans neri. Profumava di… arancia? Qualunque fosse, lo adorava. I capelli neri erano leggermente umidi e avevano lasciato goccioline d’acqua sulla maglietta.
Ora Zoe rimpiangeva la sua mise quotidiana per stare a casa: una semplice canottiera rosa e dei pantaloncini dello stesso colore, i capelli raccolti in una coda disordinata, e il trucco sfumato a causa della dormita che si era fatta il pomeriggio.
Almeno profumava, dato che si era fatta una doccia veloce prima di cena.
La ragazza vide gli occhi di Jared guizzare per tutto il suo corpo, e fermarsi sulle gambe nude.
Lei schioccò le dita davanti a suoi occhi.
“Sono qui, eh.”
Lui fece di nuovo quel sorriso ironico e si sistemò meglio i jeans, era un’allucinazione, o sulla patta dei jeans c’era un rigonfiamento abbastanza evidente?
“Zoe, chi è alla porta?” urlò sua madre dal soggiorno.
Cazzo!
“Ehm… Un amico…” urlò di rimando.
“Oh, bene, allora ok…”
Riportò gli occhi su quelli azzurri del ragazzo.
“Allora sono un amico.”
Lei lo spintonò leggermente e uscì, chiudendo la porta dietro di sé. Se conosceva la madre, ne avrebbe sicuramente approfittato per spiarli.
“No, e ora mi vuoi dire che cavolo ci fai a casa mia?”
“Non mi sono ancora scusato per oggi.”
“Ok, allora scusati e vattene!”
Ma che cavolo vuole?!
“Ti porgo le mie più sentite scuse per averti spintonato oggi nel corridoio.”
“Bene, ciao.”
Fece per girarsi e aprire la porta di casa, quando la prese per i polsi e la sbatté con non molta delicatezza al muro della veranda.
“Ma sei completamente impazzito! Che razza di problemi hai?!” sibilò la ragazza. Le venne in mente di chiamare la madre, ma non sarebbe stata una buona idea, e poi se la poteva cavare da sola.
Il suo viso era pericolosamente vicino, e Zoe si ritrovò a pensare a quanto fossero perfette le sue labbra.
“Sei davvero bellissima con questo completino, sai?”
Il cuore della ragazza si fermò nuovamente e ansimò, in cerca d’aria.
Perché le stava dicendo quelle cose?
“Lasciami… lo dico per te.”
Lui aggrottò le sopracciglia e la guardò sarcastico.
“Oh, ma che paura, dolcezza.”
Ora si era veramente stancata.
Chi si credeva di essere per trattarla in quel modo?
Con uno scatto fulmineo si liberò dalle sue braccia e gli diede un calcio vicino alle parti basse, quel tanto che serviva per distrarlo… e per sentire la sua eccitazione.
Gli prese il braccio destro e glielo rigirò dietro la schiena, mettendolo al muro, ora il suo viso perfetto era spiaccicato al muro.
“Non. Toccarmi. Mai. Più. Intesi?” sibilò all’orecchio di Jared.
Lui fece una risatina strozzata e cercò di liberarsi.
Quel che Zoe non aveva previsto, è che ci riuscì.
La prese per le spalle e la bloccò, ma la ragazza sfruttò la velocità di lui, contro di lui. In qualche modo caddero a terra, e inaspettatamente Zoe si trovò a cavalcioni su Jared, con lui che la teneva per la vita e le sorrideva perversamente.
“Ci sappiamo fare, eh.”
Lei si rimise in un batter d’occhio in piedi e, senza guardarlo, entrò in casa e corse fino in camera sua.
Cosa aveva fatto?! Aveva  mostrato a qualcuno quello che sapeva fare. Non doveva, maledizione. Ora sicuramente lui ne avrebbe approfittato e l’avrebbe detto a tutta la scuola, e a quel punto l’avrebbero vista come la ragazza stramba e completamente svitata con crisi isteriche.
Perfetto.
Si addormentò con le lacrime agli occhi, pensando però a quanto era stato eccitante trovarsi sopra quel ragazzo. Diamine, poteva davvero sentire la sua eccitazione attraverso la stoffa dei jeans!
La mattina si svegliò con una strana sensazione. Era quasi euforica. La cosa era ormai completamente spettinata e le occhiaie erano evidenti. Ma era davvero iper-attiva.
Si fece una rapida doccia e si vestì in un baleno. Indossò degli shorts scuri a vita alta, una maglietta grigio scuro, un cardigan color panna e delle calze pesanti nere che arrivavano al ginocchio, con degli stivaletti neri a tacco alto. Salutò suo madre con un bacio e uscì di casa.
Appena mise piede fuori dalla porta, però, qualcosa attirò la sua attenzione. C’era un bigliettino stropicciato sul suo tappetino. Lo aprì, con le mani tremanti. Sapeva chi l’aveva lasciato, ovviamente.

Chissà se sei così focosa anche su una superficie più… soffice.

Zoe si dette mentalmente della stupida. Come aveva fatto a essere così stupida?!
Si ficcò il bigliettino nella borsa e si diresse verso la fermata a passi pesanti.
Quando arrivò finalmente a scuola, si guardò subito attorno, in cerca di occhiate scettiche verso di lei, risatine o chissà cos’altro. Ma tutto sembrava nella norma. Magari Jared non aveva parlato… Magari la voleva ricattare!
“Ehi, dolcezza.”
Appunto.
“Hai visto il mio bigliettino?”
Si girò lentamente e incrociò quegli occhi. Gli stessi che aveva sognato la notte prima.
“Sì.”
“Devo dire che sono rimasto sorpreso.”
Lei inarcò un sopracciglio e lo guardò scettica, cosa intendeva?
“Sei davvero più forte di quello che pensavo. Hai fatto un qualche corso di arti marziali?”
“Beh.. ecco, no…”
Lui scrollò le spalle e poi riprese a fissarla con quello sguardo provocante, come se la volesse spogliare all’istante.
“Quei pantaloncini sono…” disse in un sussurro, quasi ringhiando. Erano in mezzo alla folla, davanti al suo armadietto, eppure la ragazza poté vederlo stringere i pugni e fare un sorriso tirato.
Ma che…?!
Zoe si guardò le gambe, i pantaloncini non coprivano nemmeno tutta la coscia, erano come delle mutandine, solo che coprivano molta più pelle. Eppure negli occhi di Jared c’era un guizzo di… desiderio?
“Copriti di più, non vorrai che gli altri si facciano un’idea sbagliata, e comincino a fare pensieri poco… casti.” Disse in un sorrisino ironico e girò i tacchi, uscendo dal campo visivo della ragazza.
Quel ragazzo stava divenendo un vero e proprio mistero per lei.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


“Ti prego, Jared, non dire niente a nessuno. Sembro già abbastanza malata di mio, non c’è bisogno di peggiorare le cose…” disse Zoe in tono implorante al ragazzo che le stava davanti.
“Ti prego…” sussurrò nuovamente la ragazza con le lacrime agli occhi. Avrebbe dato di tutto pur di evitare quella spinosa situazione. Tutta la sua semplice vita era in mano a un ragazzo arrogante e stronzo oltre ogni misura.
“Sai, la tentazione di dire tutto a tutti, è molto allettante.” Disse il ragazzo in un sibilo, e se ne andò, dandole le spalle e lasciandola lì, a piangere.
 
24 ORE PRIMA.

La testa di Zoe era piena di pensieri. Tutti riguardanti lui: Jared Richmond.
Com’era possibile che avesse messo le mani nel sistema della scuola, sbirciato la sua cartella personale? Cos’altro aveva visto? Cos’altro avrebbe potuto vedere in futuro? L’avrebbe riguardata? E se avesse scoperto il vero motivo per cui si era trasferita da New York a Londra? E se poi l’avesse detto a tutti? La sua vita sarebbe stata completamente distrutta, di nuovo.
Decise che non poteva semplicemente aspettare, aveva bisogno di risposte, altrimenti sarebbe scoppiata.
Si alzò dal letto e indossò dei leggins stringati sul davanti, un maglioncino rosa con le borchie sulle spalle e i suoi immancabili stivaletti di pelle nera. Uscì e, appena arrivata a scuola, si mise alla ricerca di Richmond.
Fortunatamente lo trovò quasi subito, ovviamente era insieme al suo gruppo di amici Non-Proprio-Raccomandabili.
Erano dei tipi tutti tatuati, con la sigaretta costantemente accesa e l’aria da duri in volto.
Prese tutto il coraggio che poteva racimolare e si diresse a passi pesanti verso Jared.
I suoi “amichetti” avevano cominciato a fischiare, vedendo che veniva verso di loro, e a Zoe le ci volle tutto il suo autocontrollo per non mandarli a farsi fottere.
“Jared, devo parlarti.”
Lui, che le stava di spalle, si girò di scatto, incatenandola con quegli occhi color ghiaccio.
Poi sorrise, appena capì di chi si trattava.
“Ma certo, dolcezza.” Rimase lì sul posto però. Accidenti che idiota.
“Ehm, da soli.” Precisò lei.
Lui inarcò le sopracciglia e la seguì senza fiatare.
Zoe lo condusse dietro la palestra, dove di solito non veniva mai nessuno. Lo aveva scoperto qualche mese prima, e aveva deciso che sarebbe diventato il suo rifugio segreto. Così ogni giorno ci passava del tempo a leggere, o a piangere.
Si girò di scatto e per poco non gli puntò l’indice al petto.
“Che vuol dire che è facile introdursi nel sistema della scuola?”
Lui parve confuso da quella domanda e aggrottò le sopracciglia.
“Vuoi leggere la cartella segreta di qualcuno?” le disse con un sorrisetto, e stavolta lei lo spintonò malamente.
“No, brutto coglione. Dimmi solo come hai fatto.”
Lui sbuffò. – “Sono un hacker, per me entrare e leggere i segreti di tutti gli studenti è un passatempo come un altro.”
Lei sbiancò. Se avesse letto qualcosa, di certo glielo avrebbe detto, o l’avrebbe trattata diversamente.
“Su di me?”
“Su di te cosa?”
“Su di me, cosa diavolo hai letto?”
“Andavo di fretta, volevo scoprire dove abitavi, così ho letto solo l’indirizzo… - poi la guardò preoccupato – Zoe stai bene? Sei pallida, e tremi…” disse afferrandole le braccia e scuotendola un poco.
“N-no sto bene.” Balbettò lei, confusa sia dal fatto che aveva appena scoperto che lui poteva venire a sapere tutto, sia dalla scossa elettrica che le aveva percosso il corpo quando Jared l’aveva toccata.
“Sei sicura? Zoe, cosa c’è?!”
Ora nei suoi splendidi occhi si poteva leggere solo preoccupazione, non ironia, non cattiveria, solo preoccupazione, e questo le scaldò il cuore. Ma la sua mente era completamente presa dagli eventi del passato, nella sua vecchia scuola. Di tutto quello che Jared avrebbe potuto scoprire con un paio di click.
“Jared…”
“Dimmi.” Disse avvicinando il volto al suo, per sentire meglio, dato che la sua voce si era ridotta a un flebile suono.
“Ti prego, non aprire la mia cartella, mai più.” Disse, avendo trovato finalmente il coraggio di guardarlo negli occhi.
“Perché?”
“Non farlo e basta.”
“Cos’hai di così segreto?”
“Niente, solo non guardare. Ok?”
“Ok…”
“Giuralo.”
“Lo giuro.” Disse lui sorridendole dolcemente.
Lei prese un bel respiro e si scrollò le sue mani dalle sue braccia. Recuperò la borsa che le era caduta a terra e si dileguò nei corridoi.
Per tutto il giorno non incrociò Jared, e ne fu sollevata. Si vergognava troppo per la scena patetica. Insomma, non era da lei pregare qualcuno, ne farsi vedere così debole, soprattutto non davanti a tipi come Richmond, che avrebbero sempre trovato un modo per deriderti. Sperava solo che lui mantenesse la parola data, altrimenti sarebbe stata rovinata. Doveva fidarsi, ma non era per niente facile. Di principio, lei non si fidava di nessuno, figuriamoci di lui.
Arrivò a casa e si fece un bel bagno caldo, finalmente senza pensieri. Spense il cellulare, in caso sua madre chiamasse e la disturbasse dal suo momento di relax.
Prese un libro e, indossati una canottiera e dei pantaloni del pigiama rossi a quadri, si stese sul letto.
“Zoe! Zoe svegliati, tesoro, la cena è pronta!” esclamò sua madre, svegliandola dal torpore nel quale si era stabilita da circa… quattro ore?!
Accidenti… doveva aver dormito davvero tanto.
Accese il cellulare e immediatamente cominciò a squillare come un forsennato. Lo schermo indicava cinquantaquattro chiamate perse! Tutti da un numero sconosciuto. Un brivido le percorse la schiena e decise che era meglio non provare a richiamare, potevano essere quelli di NY…
Dopo mangiato, magicamente, si riaddormentò in un baleno e la mattina dopo sentiva una brutta sensazione. Sapeva che non doveva andare a scuola, lo sentiva. Come un’ombra maligna e scura che ti segue. Però, dato che la madre non era superstiziosa come la ragazza in questione, la mandò a scuola, con tanto di rimprovero, dicendo che era una scansafatiche.
Così, prendendo dei leggins con la stampa delle ossa delle gambe e una canottiera semplice bianca, andò a scuola, con quel malessere che non voleva smetterla di seguirla.
Aveva appena finito la prima ora di italiano, quando venne letteralmente presa e trascinata per un braccio fino al suo rifugio segreto.
“Dobbiamo parlare.” Le disse Jared con un tono così gelido che le si ghiacciò tutto il corpo, non riusciva nemmeno a parlare.
“Perché non hai risposto alle fottutissime cinquantaquattro chiamate che ti ho fatto?!”
“D-dormivo…”
Lui fece finta di battere le mani, deridendola.
“Ma brava. Vuoi sapere che ho scoperto?”
Lo stomaco le si attorcigliò, la bocca le divenne secca e la vista cominciava ad appannarsi.
“Non ti ho ascoltato, ho tradito la parola che ti avevo dato. Ma quello che ho scoperto, mia cara, è così orribile che non mi sono minimamente sentito in colpa. Come hai fatto, eh? Come hai fatto a tenerlo nascosto a tutti?!”
La ragazza si appoggiò al muro, sentendo le gambe cedere.
“Zoe, tu hai ucciso una persona.”
Eccole, ecco le parole che stavo aspettando. Pensò Zoe.
Ecco le parole che l’avevano perseguitata per più di tre anni, quelle che lei continuava a ripetersi ogni giorno, ogni sera prima di andare a letto, e ogni mattina prima di alzarsi.
Le parole che la facevano stare così male da non riuscire più a socializzare, a sentirsi normale. Perché lei era un mostro. Non avrebbe dovuto trovarsi a Londra, con tutti gli agi, una casa, una madre premurosa e da mangiare ogni giorno. Avrebbe dovuto trovarsi nel peggior riformatorio di New York.
Ogni volta si ripeteva che non era colpa sua, che era stato uno stupido incidente. Che probabilmente sarebbe capitato lo stesso, vista la condotta che quel ragazzo portava avanti.
Ma ogni giorno sembravano sempre più false, ormai non ci credeva nemmeno lei, e ora si sentiva la sola e unica responsabile, anche se non era da sola la notte in cui tutto quello era successo…
Sentì qualcosa scuoterla brutalmente per le spalle, e acquistò di nuovo lucidità.
Davanti a lei c’era Jared, che la guardava. Non era spaventato, ne inorridito. Era semplicemente serio.
“Ti prego, Jared, non dire niente a nessuno. Sembro già abbastanza malata di mio, non c’è bisogno di peggiorare le cose…” disse Zoe in tono implorante al ragazzo che le stava davanti.
“Ti prego…” sussurrò nuovamente la ragazza con le lacrime agli occhi. Avrebbe dato di tutto pur di evitare quella spinosa situazione. Tutta la sua semplice vita era in mano a un ragazzo arrogante e stronzo oltre ogni misura.
“Sai, la tentazione di dire tutto a tutti, è molto allettante.” Disse il ragazzo in un sibilo, e se ne andò, dandole le spalle e lasciandola lì, a piangere.

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Ed eccomi qui con un altro capitolo, leggermente più lungo degli altri! Ps: sotto ho messo i link delle foto dei personaggi!

Per cinque, interminabili giorni, Jared Richmond non si fece ne sentire, ne vedere. Zoe stava quasi per permettersi di sperare che magari avrebbe tenuto la bocca chiusa, o magari che non gliene fregava assolutamente niente se un’allieva della Principal High School aveva ucciso il suo ragazzo…
Mh, no, per niente convincente.
Si fece forza e, indossando una minigonna a quadri rosso scozzese e una canottiera grigio scuro, uscì e si diresse verso quella scuola che cominciava a odiare.
Forse avrebbe potuto chiedere a sua madre di cambiarle scuola?
Ma sì, era un’ottima idea! Glielo avrebbe proposto appena tornata a casa.
Spinta da un moto di insana felicità, non si accorse che era andata a sbattere contro una figura maschile e decisamente muscolosa.
“Oh, dolcezza, guarda dove cammini.”
La ragazza si sentì gelare il sangue nelle vene e alzò lo sguardo, incrociando quegli occhi deliziosamente familiari.
“S-scusa…”
“Non ci vedevamo da un po’.” Disse lui come se fosse la notizia del secolo.
“Già.”
“Non vuoi sapere dove sono stato?”
Il punto era che lei già sospettava dove era andato per tutto quel tempo.
“Sono stato a cerca di informazioni sulla nostra piccola e innocente Zoe Hastings. Sai, mio padre è uno di quei miliardari che pur di non prendersi le responsabilità verso i figli, gli lasciano fare qualsiasi cosa, così gli ho chiesto se potevo farmi quattro giorni a New York. Sono stato in giro ovunque, e ho scoperto cose davvero interessanti.” Disse in un sussurro maligno.
“Andiamo a parlare da un’altra parte, Richmond.”
“No, ora ho lezione. Ma stasera c’è il ballo, perché non vieni?”
Oh, no. Non il ballo!
Uno stupido ballo d’autunno, a cui tutta la scuola avrebbe partecipato ed esultato, e che lei avrebbe fatto di tutto per evitare, per tenerlo lontano come la peste. Perché!?
“Allora, Hastings? Accetti o no?”
Che altre opzioni le rimanevano? Chissà cos’aveva trovato quello psicopatico.
“Ci sto.”
“Vestiti elegante, mi raccomando.” Disse con aria maliziosa e girò i tacchi, sparendo.
La ragazza strinse i pugni e, imprecando a bassa voce guadagnandosi occhiate stranite dai compagni, si diresse verso la prima ora: chimica. Quel giorno aveva tutte le fortune insomma!
Dopo tre ore di dormita, andò a mensa e si scelse un panino che aveva l’aria di essere lì da circa una settimana, con una smorfia si sedette e cominciò a ispezionare quell’ammasso informe che era il suo pranzo.
“Ciao!” una voce squillante la fece sobbalzare e alzò leggermente lo sguardo. Una ragazza minuta dai capelli rosso fuoco la guardava con interesse. Aveva la pelle molto chiara e due occhi grandi e color cioccolato.
Si girò intorno, ma nessuno sembrava aver notato il saluto della ragazza, che stesse parlando con lei?
Quando Zoe incrociò il suo sguardo, la ragazza sorrise e si sedette al suo tavolo. Ma chi era?
“Io sono Lucy, Lucy Thorne.” Disse accompagnando la frase con un sorriso euforico.
“Ehm… Zoe Hastings.”
“Ma lo so chi sei!”
Ok, la cosa cominciava ad essere inquietante. Come faceva a sapere chi fossi? Si stava facendo davvero troppe paranoie, magari l’aveva notata nello scontro con Jared.
Al solo ricordo arrossì e strinse i pugni, voleva davvero picchiarlo.
“Sai, ti ho notata. Mangi spesso da sola… e anche io. Quindi ho pensato che potremmo diventare amiche!” esclamò Lucy. Di certo l’entusiasmo a lei non mancava per niente.
“Certo…”
“Ok, allora cominciamo con le cose basilari. Colore preferito?”
Che razza di modo per fare amicizia era mai quello?
“Verdeacqua…”
“Come i tuoi occhi! Il mio è rosso, per questo mi sono tinta.”
“Perché, prima come ce li avevi?” chiese distrattamente Zoe.
“Castano scuro, ma non mi piacevano per niente.” Disse sporgendo il labbro inferiore in una smorfia di disapprovazione.
Zoe ridacchiò, non era poi tanto male quella ragazza, e poi sempre meglio che stare da sole tutto il giorno.
“Allora, ci andrai al ballo, Zoe?”
Ma erano davvero tutti in fissa con questa pagliacciata!
“Sì. Tu?”
“Oh, vorrei tanto, ma non ho un accompagnatore, e mi vergogno ad andare da sola…” disse abbassando gli occhi e facendo diventare le sue guance pallide di un rosso scarlatto, simile alla sua capigliatura.
La ragazza sorrise comprensiva e un’idea le balenò nella mente.
“Perché non ci andiamo insieme?”
La ragazza alzò di scatto lo sguardo e la fissò confusa.
“Ma tu non ci vai con Jared Richmond?”
Per poco Zoe non si strozzò con la soda che stava bevendo, che cosa stava diavolo andava dicendo quella?!
“No! No e no! Assolutamente e categoricamente no! Come ti è saltato in mente!” la aggredì.
La ragazza fece un sorrisino timido e disse : - “Beh, vi ho visti parlare oggi, e pensavo che ti avesse invitata, scusami.”
“Non ti scusare, Lucy, solo che ecco, io e lui non andiamo per niente d’accordo e farei di tutto per stargli lontano almeno di cento chilometri.” Ringhiai.
Lei mi sorrise di risposta e continuammo a conversare amichevolmente. Certo, era decisamente troppo allegra e iperattiva, ma era simpatica e sapeva farla ridere.
Quando il tempo della mensa finì, le ragazze si diedero appuntamento davanti all’entrata del ballo.
Quando se ne fu andata, però, Zoe si mise a pensare se fosse il caso di invitarla per poi lasciarla da sola mentre lei chiariva con Jared…
Pazienza, si disse, di sicuro troverà qualcosa da fare, o qualcuno con cui stare.
Arrivata a casa, la madre stava cucendo una sciarpa di un colore viola acceso. Zoe sperò ardentemente che non gliela volesse regalare.
“Mamma, posso chiederti una cosa?”
“Ma certo, tesoro.”
“Stasera ci sarebbe questo ballo d’autunno, mi chiedevo se potevo andarci insieme a… un’amica.”
La donna fece cadere la maglia e la guardò sbalordita. Erano passati anni dall’ultima volta che le aveva chiesto se poteva uscire la sera.
“Un’amica?”
“Sì.”
“Al ballo.”
“Sì.”
“Sei sicura tesoro?”
“Sì, mamma, mi piacerebbe moltissimo socializzare un po’. E poi Lucy è davvero simpatica e divertente.” Mentì spudoratamente la ragazza.
Annie fece un gran sorriso e si alzò per abbracciare la figlia.
“Mi fa così piacere che tu abbia ricominciato a farti degli amici!” le sussurrò in un orecchio, commossa.
Zoe strinse la madre a sé, ma poi le venne in mente l’ultima frase che le aveva rivolto Jared: vestiti elegante.
Quello sarebbe stato un gran bel problema.
“Mamma! Mi serve un vestito!”
La donna si rianimò e, asciugandosi in fretta le lacrime, la portò in camera sua, dove aveva conservato alcuni suoi abiti che ormai non metteva più, e alcuni di quelli che Zoe avrebbe voluto bruciare dopo la sua vita a New York.
“Hai l’imbarazzo della scelta, Zoe. Buon divertimento!” esclamò la signora lasciandola in un mare di pizzo, seta e colori.
Dopo due strazianti ore di prove e commenti acidi da parte di sua madre, scelse una vestito nero a fascia, con chiffon e pieghe. Lasciò le gambe nude e indossò dei tacchi neri, insieme a una pochette argentata.
Lasciò i suoi capelli sciolti e si mise del trucco leggero agli occhi.
Sua madre, vedendola scendere, non poteva credere ai suoi occhi.
“Oh mio dio, Zoe, sei bella oltre ogni dire!”
“Grazie mamma…” rispose lei arrossendo un po’.
“Ti accompagno?”
“Magari, non mi va proprio di salire su un autobus con questo vestito.”
La donna sorrise e dopo dieci minuti erano davanti alla sua scuola.
Vide Lucy, sembrava davvero emozionata, nel suo vestitino rosa pallido con delle decorazioni colorate.
Scese dalla macchina salutando sua madre e si diresse verso la nuova amica.
“Ehi, Lucy.”
La ragazza in questione le rivolse un sorriso così ampio che Zoe per un attimo ebbe paura che si potesse frantumare la faccia.
“Zoe! Oh mio dio sono così eccitata! Non vedo l’ora di entrare!”
Pagarono i biglietti e appena entrarono nella palestra della scuola, una musica a tutto volume le investì, e videro centinaia di ragazzi eleganti e ragazza con abiti che a malapena coprivano le mutandine o così lunghi da arrivare fin sotto le caviglie.
Zoe storse la bocca, assumendo un’aria corrucciata, non capiva perché le sue coetanee dovessero mettere in mostra così tanto il loro corpo. Insomma, erano tutte bellissime, a che scopo strusciarsi addosso ai ragazzi in vestiti cortissimi?
Si girò verso Lucy per esprimere il suo pensiero, ma era sparita. Si guardò attorno e la vide appoggiata al muro, accanto a un ragazzo mingherlino e dall’aria stralunata, ma carino. Riusciva a distinguere solo i capelli biondi , però.
“Dolcezza, stasera sei proprio un incanto.”
Si girò di scatto e incrociò gli occhi del suo peggior incubo, e del suo sogno più bello.
Aveva un elegante vestito nero, sopra una maglietta a bottoni grigia, senza cravatta e con i due bottoni inziali sbottonati, cosicché poteva vedere un poco dei suoi addominali.
Zoe pulisciti la bava, pensò ironicamente la ragazza.
“Parliamo o no? Così poi posso tornarmene a casa?!” disse lei, purtroppo la musica aveva completamente sovrastato la sua voce.
“Non ho sentito.” Urlò lui, accostandosi alla ragazza e chinando la testa, in modo tale che lei poteva dirglielo all’orecchio.
“Parliamo, voglio tornare a casa.”
“Di già?”
“Sì!”
Lui sbuffò e la prese per mano.
A quel gesto il corpo della ragazza reagì, provocandole una scarica elettrica. Non era la prima volta. Che cosa aveva che non andava?!
Zoe seguì Jared fino a che lui non la fece uscire da una porta di servizio e si trovarono finalmente fuori da quella sottospecie di discoteca.
“Allora?”
Lui si accese una sigaretta, completamente rilassato.
“Beh, ho fatto molte ricerche, a cominciare dal fatto che prima ti chiamavi Zoe Robinson.”
“Ho cambiato nome quando sono venuta qui a Londra.” Lo interruppe lei.
“Lo so – disse chiaramente scocciato – fammi parlare. – la ragazza alzò gli occhi al cielo e lui ricominciò a parlare – ho saputo della morte di tuo padre e di come ti sei autodistrutta con ogni tipo di droghe, allucinogeni e acidi, di come non facevi altro che procurare problemi a tua madre e di come saltavi perennemente la scuola.”
Ok, detta così sembrava veramente terribile. Ma la storia era complicata.
“Quello che finora non ho capito è come è mor…”
Lei lo interruppe nuovamente. “Mio padre, Jasper Robinson, venne incarcerato quando avevo appena quattordici anni. Morì dopo due settimane in una rissa tra prigionieri. Mia madre fece di tutto per non farmelo scoprire, ma lo venni a sapere per caso, a scuola, quando i miei migliori amici cominciarono a prendermi per il culo e a evitarmi. A quel punto mi fu tutto chiaro.”
Lui annuì comprensivo e riprese a parlare.
“A quindici anni, invece, ti sei trovata coinvolta nella morte di un giovane ragazzo, si chiamava Nate Dandy, giusto?”
“Sì…” sussurrò sentendo le lacrime inondarle gli occhi.
Non poteva piangere di nuovo, non davanti a lui.
“E’ stato un incidente… Stavamo insieme… Lui era il mio ragazzo, quella sera ero ubriaca fradicia… lui voleva fare sesso, ma io mi opposi e gli dissi di farsi qualche striscia per farsi passare la voglia e poi…”
“Continua.” Disse freddamente lui.
“Poi lui cominciò a non respirare, divenne pallido… Chiamai l’ambulanza, ma quando arrivarono era già morto. Non sono mai stata dichiarata colpevole ufficialmente, ma mi ci sento. Se avessimo fatto sesso, probabilmente lui sarebbe ancora vivo.” Dissi facendo uscire tutta la mia rabbia, tutto il mio disprezzo per me stessa e tutto l’odio che provavo.
“Non è così, Zoe. Magari si sarebbe fatto dopo, e sarebbe morto ugualmente.”
“Ma gliel’ho consigliato io di farlo! Gliel’ho detto io!” dissi alzando lo sguardo e spintonandolo.
“Perché sei così brava nell’attaccare qualcuno?”
La parte più difficile.
“Nessuno lo sa, mia madre chiese di tenere tutto nascosto. Fui mandata per un anno in riformatorio. A quel punto, è facile imparare due o tre cosette. Giusto per difendersi, o per attaccare.”
Jared a quel punto sembrò scosso. Non si aspettava un passato del genere da parte della ragazza stramba della scuola, ovviamente.
“Hai finito? O vuoi tirare fuori dal mio armadio qualche altro scheletro? Tra l’altro, non erano assolutamente cazzi tuoi le mie cartelle, le cose che ho fatto negli ultimi fottutissimi quattro anni e quello che sono diventata!”
“Ero curioso.” Disse in un sorriso sarcastico.
La crudeltà di quel ragazzo non aveva limiti. E nemmeno la sua bellezza.
“Vaffanculo.”
Fu un momento, uno scatto improvviso. Mi prese per i polsi, spingendomi verso il muro e imprigionandomi col suo corpo.
Mi guardò per un fugace attimo negli occhi e disse, scandendo bene le parole: - “Non. Prendermi. Per. Il. Culo. Non hai idea di quello che potrei farti.”
Poi le sue labbra toccarono quelle di Zoe. Erano calde e morbide. Ma spingevano verso le sue con prepotenza e violenza. Jared liberò la stretta e le poggiò le mani dietro la schiena, tirandola sempre di più verso di lei.
Ora la sua lingua bramava la sua, e Zoe non si oppose. Desiderava quel bacio da troppo tempo.
Incrociò le sue mani intorno alla nuca di lui e lo tirò ancor di più verso di sé.
Non si fermarono nemmeno per prendere fiato. Le loro lingue danzavano in un ballo senza fine, si cercavano e si ricorrevano, senza sosta.
Era decisamente il bacio più perfetto che potesse esistere sulla terra. Tutto le sembrava semplicemente, giusto. Non esisteva più Nate, ne i suoi sensi di colpa, si sentiva in pace con se stessa. Si sentiva... completa.
Quando lui si staccò, entrambi ansimavano. Lei chiuse nuovamente gli occhi e cercò di avvicinarlo a sé, ma lui la fermò e la guardò con freddezza.
“J-Jared, tutto ok?”
Lui non rispose, ma imprecò a bassa voce e diede un pugno al muro, a circa tre centimetri dal viso di Zoe, che era rimasta pietrificata per la paura. In quel momento Jared le faceva paura. Molta più paura di quando l’aveva minacciata di dire tutto a tutti. Nei suoi occhi non leggeva né ironia, né desiderio, solo rabbia e odio.
Cosa gli stava succedendo?
Si girò e, dandole le spalle, disse: - “Scusa, non avrei dovuto. Ciao.”
Poi sparì nella notte.

Zoe Hastings:
http://www.google.it/imgres?hl=it&newwindow=1&tbm=isch&tbnid=D0oT6BMxViJYsM:&imgrefurl=http://hungergamesdwtc.net/tag/lyndsy-fonseca/&docid=SET51djX9o6eyM&imgurl=http://hungergamesdwtc.net/wp-content/uploads/2011/07/lyndsy-fonseca-hunger-games.jpg&w=600&h=852&ei=pXx9UI68IMvptQais4CYDw&zoom=1&iact=hc&vpx=622&vpy=326&dur=773&hovh=139&hovw=112&tx=73&ty=143&sig=113137288029508996510&page=1&tbnh=139&tbnw=112&start=0&ndsp=30&ved=1t:429,r:18,s:0,i:123&biw=1280&bih=699

Jared Richmond (decisamente più grande, ma è lui e basta u.u): http://www.google.it/imgres?hl=it&newwindow=1&tbm=isch&tbnid=Kb63oqurEpwmKM:&imgrefurl=http://www.listal.com/viewimage/1427507h&docid=EaN1H-qjEHyfYM&imgurl=http://i2.listal.com/image/1427507/936full-ian-somerhalder.jpg&w=936&h=1234&ei=QH59UKmWB4_KtAa294CYDA&zoom=1&iact=hc&vpx=653&vpy=256&dur=37&hovh=258&hovw=195&tx=77&ty=108&sig=113137288029508996510&page=1&tbnh=142&tbnw=111&start=0&ndsp=18&ved=1t:429,r:9,s:0,i:96&biw=1280&bih=699

Lucy Thorne: http://www.google.it/imgres?num=10&hl=it&newwindow=1&sa=X&tbm=isch&tbnid=CxcEVwGzGbwWTM:&imgrefurl=http://www.fanpop.com/spots/emily-fitch/images/9858315/title/emily&docid=qZyrFvHI4QETQM&imgurl=http://images2.fanpop.com/image/photos/9800000/Emily-emily-fitch-9858315-600-896.jpg&w=600&h=896&ei=A399UNvrB8aQswa-64CAAg&zoom=1&iact=hc&vpx=866&vpy=305&dur=3077&hovh=274&hovw=184&tx=78&ty=159&sig=113137288029508996510&page=2&tbnh=133&tbnw=87&start=15&ndsp=26&ved=1t:429,r:18,s:0,i:189&biw=1280&bih=699

Vestito di Zoe *^* : http://www.google.it/imgres?hl=it&newwindow=1&tbm=isch&tbnid=Eu9wZYBoMf3SHM:&imgrefurl=http://www.asos.com/it/TFNC-Vestito-a-fascia-in-chiffon-e-a-pieghe/2tai9/%3Fiid%3D2385187%26mporgp%3DL1RGTkMvVEZOQy1EcmVzcy1QbGVhdGVkLUNoaWZmb24tQmFuZGVhdS1Ta2F0ZXItRHJlc3MvUHJvZC8.&docid=ye4cBazNF7xvmM&itg=1&imgurl=http://images.asos.com/inv/media/7/8/1/5/2385187/image4xl.jpg&w=290&h=370&ei=en99UMaXC8bVsga1hYHABQ&zoom=1&iact=hc&vpx=1040&vpy=250&dur=206&hovh=254&hovw=199&tx=142&ty=139&sig=113137288029508996510&page=1&tbnh=139&tbnw=117&start=0&ndsp=32&ved=1t:429,r:7,s:0,i:90&biw=1280&bih=699

Vestito di Lucy :3 : http://www.google.it/imgres?hl=it&newwindow=1&tbm=isch&tbnid=15fXzxF32H3IUM:&imgrefurl=http://www.asos.com/it/ASOS-Vestito-a-pieghe-vita-alta-con-decori/22vqy/%3Fiid%3D1966211%26cid%3D15495%26sh%3D0%26pge%3D0%26pgesize%3D-1%26sort%3D-1%26clr%3DPink%26mporgp%3DL0FTT1MvQVNPUy1Ta2F0ZXItRHJlc3MtV2l0aC1FbWJlbGxpc2htZW50L1Byb2Qv&docid=OHfGMqPwoXr9zM&itg=1&imgurl=http://images.asos.com/inv/media/1/1/2/6/1966211/image4xl.jpg&w=290&h=370&ei=fn99UK-EJtCKswag54DABg&zoom=1&iact=rc&dur=312&sig=113137288029508996510&page=1&tbnh=140&tbnw=100&start=0&ndsp=34&ved=1t:429,r:2,s:0,i:75&tx=42&ty=45&biw=1280&bih=699

Jared al ballo :Q___ : http://www.google.it/imgres?hl=it&newwindow=1&tbm=isch&tbnid=UBCTcmV3b0jIXM:&imgrefurl=http://www.twilightitalia.com/forum/viewtopic.php%3Ff%3D52%26t%3D4989%26start%3D20&docid=yxKOKGRAsRaRbM&imgurl=http://cdn.buzznet.com/media/jj1//2009/12/somerhalder-globes/ian-somerhalder-golden-globes-party-01.jpg&w=908&h=1222&ei=w399UKixFdDFtAaL44HgCQ&zoom=1&iact=hc&vpx=493&vpy=190&dur=1046&hovh=261&hovw=193&tx=93&ty=116&sig=113137288029508996510&page=1&tbnh=153&tbnw=104&start=0&ndsp=27&ved=1t:429,r:2,s:0,i:75&biw=1280&bih=699


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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Eeeee eccomi qui ancora oggi! Spero di essere stata all'altezza con questo capitolo, anche perchè l'ho scritto tutto di getto, senza pensare :3

“Seriamente, Zoe, cosa ti prende? È da un po’ di giorni che sei così… così distratta e distante. Come se stessi in un altro mondo!”
La voce di Lucy continuava a perforarmi le orecchie, ma non la ascoltavo. Anche se una parte di quello che aveva detto era vera. Non mi trovavo più in quel mondo. Ero rimasta in quell’universo parallelo nel quale si trovava il magnifico, perfetto bacio con Jared.
Ma ora dov’era? Cos’era successo a quel maledetto ballo? Perché d’un tratto si era fatto così freddo? Un attimo prima ci stavamo baciando appassionatamente, come se non ci fosse un domani. E il minuto dopo lui era semplicemente sparito, liquidandomi con un semplice ciao.
Probabilmente avrebbe dovuto incazzarsi, ma era troppo sconvolta. Non era da lui comportarsi così, anche se lo conosceva pochissimo, di certo non era il tipo da tirarsi indietro. Le pareva piuttosto ovvio che volesse portarsela a letto!
E se… E se fosse rimasto scandalizzato dal suo passato? E quel bacio fosse stato un esperimento, un momento di debolezza?
“Zoe! Zoe mi ascolti! Sto parlando di una cosa seria!”
La ragazza si rianimò dai suoi pensieri e guardò la rossa.
“Cosa?”
“Ho detto – cominciò con un’espressione scocciata e buffa – che tra poco ci sarà la festa di Noel, ha invitato mezza scuola, e indovina? Ci siamo anche noi! Penso che abbia fatto la lista a casaccio, ma chi se ne frega? Siamo invitate, e saremo bellissime, giusto?”
“Ehm… Una festa?”
“Sì, Zoe. Ti prego, vieni!”
Come resistere a quel faccino tenero? E poi chissà, magari si sarebbe ubriacata… aveva promesso a sua madre che non l’avrebbe fatto mai più, ma diamine, le serviva staccare la spina.
“Certo, come no. Quando?”
“Domani sera. Ti passo a prendere alle nove?”
“Certo, ti do l’indirizzo.”
Zoe si girò sulla sedia per prendere un block notes dalla borsa, ma quando rialzò lo sguardo, i suoi occhi vennero imprigionati da un mare di ghiaccio.
Rimase lì imbambolata per almeno cinque secondi. Si guardavano, uccidendosi con lo sguardo – o facendo sesso? – e nessuno dei due aveva intenzione di fermare quella guerra.
“Zoe! Lo so che non è un bel periodo, ma cavolo, la gente già pensa che tu sia strana, cerca di sforzarti…” disse Lucy in un sussurro.
La ragazza distolse lo sguardo e scrisse velocemente dove abitava, diede il foglietto alla ragazza e si alzò, lanciando una veloce occhiata a Richmond. Voleva fargli capire che la doveva seguire.
Quando Zoe arrivò al rifugio dietro la palestra, si girò e lui se ne stava lì, che la fissava ardentemente.
“Che vuoi?” le disse con voce apparentemente fredda, peccato che i suoi occhi dicevano il contrario.
“Cos’è successo al ballo?”
Lui fece finta di non capire la domanda: - “In che senso, dolcezza.”
Lei si fece più avanti e gli puntò l’indice al petto.
“Lo sai che intendo, stronzo.”
Lui si grattò la nuca e, quasi fosse un segreto, le sussurrò all’orecchio qualcosa.
“Il fatto è, dolcezza, che non mi attizzi per niente.”
Lei quasi rise per quell’affermazione. Quante volte l’aveva visto guardarla con desiderio? E quando si era eccitato per lei? Oh, andiamo, nemmeno la più stupida tra le ragazze avrebbe mai creduto a una cazzata del genere.
“Ah no?” disse in un sussurro che sperò suonasse seducente.
“No.” Rispose lui sorridendole sarcasticamente.
Zoe non aspettava che quella risposta. Con un sorrisino enigmatico si fiondò sulle sue labbra, allacciandogli le mani dietro la testa.
Il bacio, all’inizio molto casto, lo fece diventare appassionato. Spinse la sua lingua verso la sua, e si sentì euforica quando lui rispose con entusiasmo.
Lei fece un piccolo saltello e si sistemò con le gambe sui suoi fianchi, mettendogliele dietro la schiena.
Lui la stringeva e le carezzava ogni parte del suo corpo a cui poteva arrivare.
Quando si staccarono avevano entrambi il fiatone, e la ragazza poteva sentire l’eccitazione che spingeva proprio sulla sua intimità, procurandole un piacere immenso, che la fece ansimare.
“Allora, non ti attizzo, mh?” disse lei in un sussurro.
“Oddio, Zoe…” ansimò lui, quando la ragazza si strusciò sul suo corpo.
Le loro labbra si scontrarono nuovamente, dando vita a quella danza di cui ormai conosceva i passi. Si ricorrevano, senza mai prendersi.
Poi lui la fece scendere di botto, senza preoccuparsi minimamente che lei potesse cadere o meno.
“Mi devi stare lontana.”
Zoe era confusa. Un momento prima tutto sembrava a posto…
“Perché? Ti disgusta quello che ho fatto a Nate? È questo?”
Lui la guardò di sfuggita e si limitò a sorridere.
“Rispondi.”
“No, Zoe, non è per quello. Ovviamente non è per quello. Non è stata colpa tua.”
“Allora che cazzo di problemi hai?!” gli urlò con le lacrime agli occhi.
“Il problema sono io, maledizione!” rispose lui a voce altrettanto alta e guardandola, finalmente, diritto negli occhi.
“Io e te… Non è possibile, ok? Finirei solo per farti soffrire.”
È per caso completamente matto?!
“Cosa?!”
“Potrei spezzarti il cuore.”
“Magari sarò io a spezzare il tuo.” Disse lei, orgogliosa.
“Nessuno spezza il mio cuore.”
“Non ci credo.”
“A cosa?”
“Non è solo questo! Non puoi cambiare così repentinamente e sparare la balla del ragazzo duro che non vuole legami, ok? Non con me.”
Jared sogghignò e a Zoe venne la pelle d’oca.
“E tu mi conosci, ovviamente, giusto Hastings?”
La ragazza arrossì visibilmente, aveva ragione, non lo conosceva minimamente.
“Non ci credo ugualmente.”
“Sono cazzi miei, Zoe!”
“Ma tu non hai esitato un attimo a farti i cazzi miei, vero? Allora tu puoi sapere tutta la mia fottuta vita, ma io non conosco niente della tua?!” urlò lei, senza fiato.
“Esatto.”
Lei fece qualche passo indietro, decisa a mantenere le distanze con quell’individuo disgustoso.
Lui sembrò sul punto di dire qualcosa, ma poi si bloccò, così Zoe prese la sua borsa e scappò, con le lacrime che minacciavano di fuoriuscire.
Il giorno dopo, voleva morire. Aveva passato l’intera notte in bianco, rigirandosi nel letto e pensando alle parole di Jared.
Anche dopo quello che aveva detto, non poteva credere alla stronzata che non voleva farla soffrire. Era la solita scusa che propinava a tutti i ragazzi che si interessavano a lei, ma lei non voleva frequentarne nessuno, per non far scoprire accidentalmente il suo passato.
Passò l’intera domenica stesa sul letto a leggere  Orgoglio e Pregiudizio e sognando di potersi trovare tra le pagine di quel libro, insieme all’affascinante Mr. Darcy.
Alle sette e mezza la sua sveglia del cellulare suonò, ricordandole che doveva prepararsi per la festa e si mise le mani tra i capelli. La sua voglia di andarci era pari a zero, ma Lucy ci teneva, e stranamente, Zoe teneva a quella piccola gnometta roscia.
Si fece una lunga e rilassante doccia e dopo un’ardua scelta, optò per una cosa alla Zoe: degli shorts neri a vita alta, una maglietta coloratissima annodata sopra l’ombelico e degli enormi orecchini a croce.
Si lasciò sciolti i capelli e prese i suoi immancabili stivaletti neri.
Alle nove precise Lucy, che indossava una semplice minigonna dorata e una canottiera nera, era davanti alla sua porta e insieme si diressero verso casa di Noel.
Purtroppo Zoe non avrebbe mai potuto immaginare cosa sarebbe successo a quella dannatissima festa.

Alla festa, Zoe: http://www.asos.com/Badlands/Badlands-Ride-or-Die-Studded-Vintage-Denim-Hotpants/Prod/pgeproduct.aspx?iid=2530477&cid=16123&sh=0&pge=6&pgesize=20&sort=-1&clr=Black

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Per prima cosa voglio taaaaanto scusarmi per il super ritardo, ma ho avuto parecchi problemi a casa, e non ho potuto aggiunger nessun capitolo, ma vedrò di farmi perdonare. :* PS: scusate se non è molto lungo >.<

6.
"Ehi, Zoe! Allora hai visto che figa la casa di Noel?" 
In effetti non era niente male. Era una casa stile vittoriana, color blu cobalto con le inferiate bianco latte. Ovviamente quel ragazzo era ricco da far schifo.
"Eh già..."
"Su, ragazza! Un po’ di entusiasmo! Siamo alla festa dell’anno, baby!”
Ma come diavolo parlava? La guardò male e Lucy ebbe la decenza di stare zitta e sorriderle timidamente. Di certo aveva capito che non era la serata ideale per parlare.
“Oh, ragazze!” disse il padrone di casa esaminandole da capo a piedi.
“Oh, Zoe, sei uno schianto.”
“Mi sorprende che tu sappia il mio nome, Bess.”
“E siamo anche abbastanza acide eh.” Disse lui continuando a sorridere in quel modo che Zoe definiva assolutamente irritante, di certo era ubriaco.
Fece entrare le due ragazze e, come al ballo, Zoe perse subito di vista Lucy.
Fece un profondo respiro e senza pensarci due volte si mise alla ricerca del tavolo degli alcolici. Quando lo trovò si prese una bottiglia di vodka e cominciò a fare il giro della casa. Dopo mezzora sentiva la testa che le girava in quella piacevole sensazione familiare. Aprì una porta e che si scoprì essere la camera da letto degli ospiti.
Si buttò sul letto e continuò a tracannare la sua amata vodka. Quanto le era mancata! Qualche anno prima era il suo pane quotidiano e insieme a Sidney, la sua migliore amica d’un tempo, andavano per tutti i locali e si fingevano straniere, con l’obiettivo di portarsi a letto qualcuno.
“Guarda guarda chi abbiamo qui.”
Zoe si tirò a sedere di scatto e si trovò di fronte a un Noel decisamente più ubriaco di prima. E stava in una camera da letto. Da sola. No, non era per niente una buona cosa.
“Ehi, Noel, me ne stavo giusto andando eh…” lei fece per alzarsi, ma i muscoli di lui la bloccarono al letto e il suo viso, a qualche centimetro di distanza da quello della ragazza, sprizzava alcool da tutti i pori.
“Noel…”
“Mm, Zoe. Lo sai che ti ho sempre trovata un bel bocconcino? Con questo sedere poi… - disse palpandole le natiche, facendola quasi vomitare – ma dimmi un po’, come mai non sei fidanzata? Una come te dovrebbe averne  a milioni di corteggiatori…” disse con la voce impastata.
“Non sono esattamente una ragazza socievole.”
“Mm l’ho notato. Nemmeno a me piace socializzare – ma se era il ragazzo più popolare della scuola! – potremmo, sai, fare sesso ora e poi far finta di niente…”
“Neanche morta, Bess!”
Lui strinse la presa sui suoi fianchi e cominciò a baciarle il collo, facendole provare conati di vomito.
“Noel lasciami. Ora.”
“Mmm…”
A quel punto la ragazza con uno scatto colpì le sue parti basse e il biondo, emettendo un gemito di dolore, le diede un pugno alla mascella, facendole quasi perdere i sensi.
“Puttana.”
“Ti prego lasciami…” disse in un sussurro.
Lui le leccò l’orecchio e con la lingua disegnò cerchi concentrici sulla sua guancia, fino ad arrivare alla bocca.
Zoe non riusciva nemmeno a pensare, il pugno l’aveva completamente mandata k.o.
“J-Jared..” sussurrò. Sapeva che sicuramente non sarebbe venuto, ma perché non sperare?
“Oh, quel bastardo. Ti piace, eh? Ho visto come vi guardate.” Disse Noel afferrandole un seno e stringendo forte, causandole un dolore lancinante.
Poi in uno scatto le afferrò gli shorts e glieli tirò giù, facendo saltare tutti i bottoni.
“Quanto desideravo questo momento…”
“Noel, ti prego basta…”
“Oh, no. Mi fermerò solo quando ti avrò avuta.”
Le strappò la maglietta in un gesto rabbioso e si avventò sui suoi seni, mordendo e succhiando dolorosamente.
Zoe provò a urlare, ma fu un grido di soli due secondi, perché lui le tappò la bocca e con l’altra mano si abbassò pantaloni e boxer, si spinse prepotentemente verso la sua femminilità.
Ora le spostava le mutandine.
Lacrime calde le rigavano le guance e ormai sapeva di non poter fare più niente per fermarlo.
“Ma che cazzo…!”
La presa sulla sua bocca cessò e il peso del ragazzo sparì magicamente. Aprì di scatto gli occhi e, con la poca lucidità che le rimaneva, osservò la scena che le si parava di fronte.
Jared Richmond che prendeva a pugni un ormai sanguinante Noel Bess.
“J-Jared fermati…”
Se fosse andato avanti così lo avrebbe ucciso!
Lui alzò la testa e si affrettò a dirigersi verso di lei.
Zoe si alzò goffamente e gli andò incontro, sprofondando nelle sue braccia, che la sostenevano e la tenevano stretta.
Finalmente si potè lasciar andare a una vera crisi di pianto.
“Va tutto bene, Zoe. È tutto finito, piccola. Shh…” sussurrò il moro al suo orecchio e cercando di coprirla come meglio poteva.
Poi tutto divenne nero. Aveva perso i sensi. 

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Come promesso, eccomi qui con un altro capitolo, e ci saranno sviluppi decisamente INTERESSANTI :3


Zoe si girò nel letto e si accoccolò a qualcosa di caldo… un attimo. Caldo?!
Aprì gli occhi di scatto e scoprì di essere appoggiata al muscoloso petto di Jared. Che ci faceva Jared nel suo letto? Come ci era arrivato?
Si tirò a sedere e per poco non le prese un colpo. I muri della camera erano bianchi, invece che verdi, il letto matrimoniale invece che a una piazza e mezza e una tv a schermo piatto proprio davanti ai suoi occhi. Quella di certo non era la sua camera. Proprio per niente.
Si stropicciò gli occhi, ma il minimo movimento le causava un dolore tremendo alla testa. E all’improvviso tutti i ricordi della sera precedente spuntarono fuori, colpendola come una mazza da baseball.
Si era ubriacata anche se aveva giurato a sua madre che non l’avrebbe mai fatto, e inoltre Noel l’aveva quasi stuprata! Si toccò lo zigomo e si rese conto che le doleva molto. Lo sguardo le cadde su Richmond e la ragazza non poté fare a meno di intenerirsi. Sembrava così innocente e indifeso, con i capelli in disordine e la bocca socchiusa. E quelle labbra piene e invitanti…
Si sporse un poco sul suo corpo e le sfiorò leggermente, dandogli un bacio.
Si alzò e notò con disappunto che aveva ancora gli stessi abiti della festa, ormai rovinati e probabilmente all’aroma di vodka.
Si guardò intorno e prese al volo una felpa del ragazzo. Gliel’avrebbe restituita a scuola. Si levò la maglietta e la appallottolò nella tasca più grande dell’indumento.
“Dove vai?” Zoe sussultò e si girò di scatto verso il ragazzo che ormai aveva gli occhi aperti e la guardava con rimprovero.
E tanti saluti al povero piccolo ragazzo innocente…
“Ehm… A casa?”
Lui si alzò con una leggerezza incredibile per uno appena sveglio.
“Ti fa male?” chiese indicando con un cenno la sua guancia.
Lei scrollò le spalle ed evitò di guardarlo negli occhi, vista la figura patetica che aveva fatto mettendosi a piangere sulla sua spalla.
Non voleva nemmeno immaginare com’era conciato il suo trucco a quel punto.
“Che cazzo ti è saltato in mente?!” lei abbassò lo sguardo e parlò a bassa voce.
“Che intendi?”
“Eri ubriaca, e per poco quel coglione di Bess non ti stuprava.” Disse ringhiando e stringendo i pugni.
“Sono dovuto venire io a salvarti.” A quel punto anche Zoe si scaldò.
“Ma chi cazzo te l’ha chiesto! Potevi farti gli affari tuoi, me la sarei cavata.” Disse mentendo spudoratamente. Sapeva di non aver speranze.
“Certo, come no, Hastings.”
Lei lo spintonò leggermente e finalmente lo guardò negli occhi.
“Non. Erano. Cazzi. Tuoi. Stai fuori dalla mia vita!” urlò la ragazza, ormai non ne poteva più.
Prima la trattava di merda, poi la baciava e poi la trattava di nuovo di merda. Poi la salvava e poi l’aggrediva in quel modo.
“Sai che c’è? Ci ho provato, non ci riesco. Non riesco a starti lontano, ok? Quindi sì, magari non erano cazzi miei, ma intanto sei qui grazie a me. E no, non sto fuori dalla tua vita. Questo concetto mi è impossibile da recepire, va bene?”
La ragazza per poco non si sentiva male. Aveva davvero detto quelle cose? Davvero le aveva detto che non riusciva a starle lontano? Per poco non si mise a sorridere come un’ebete.
E invece doveva assolutamente fermare tutto. Prima che le cose si facessero troppo scottanti, non le andava di rimanere fregata da uno come lui.
“Non è un mio problema. Levati questa fottuta ossessione che hai per me e lasciami in pace. Non avresti dovuto intrometterti nella mia vita.”
Jared spalancò gli occhi e la sua espressione si indurì in un modo che Zoe non aveva mai visto. Sembrava… sembrava una pietra.
“Bene, se è questo quello che pensi, allora ciao. Esci da casa mia e non farti più vedere da me.”
La ragazza annuì e, con le lacrime agli occhi, prese le scarpe e corse fuori da casa Richmond.
 
POV Jared.
Non ci poteva credere. Le aveva confessato una cosa davvero personale, qualcosa che non si sarebbe sognato di dire a nessuna ragazza, e lei lo aveva respinto, spazzato via come un insetto fastidioso.
Dal primo momento in cui l’aveva vista lottare contro di lui si era davvero interessato a quella ragazza. All’apparenza così innocente, eppure così… letale.
Si accese una sigaretta e smise di pensare a tutto.
Prese il telefono e osservò la rubrica per un po’. Cancellò il numero della Hastings e telefonò invece quello di Amber.
“Tesoro, era da tanto che non ti facevi sentire? Allora, finalmente hai deciso di rinunciare con quella puttanella di Zoe?”
“Sì, baby. Sono tutto tuo.”
 
 
POV Zoe.
“Zoe, scusami, ma tu non stavi insieme a Jared Richmond?”
La ragazza quasi si strozzò con il pranzo quando Lucy le fece quella domanda.
“No. Perchè?!” disse lei nervosa e agitata oltre ogni limite.
La rossa le fece un cenno dietro di lei, che si girò di scatto.
Il bellissimo moro dei suoi sogni camminava per la mensa con una mano che palpava il sedere di Amber Rune, rinomata troia della scuola.
Alta quasi quanto lui, bionda assolutamente tinta, occhi di un banalissimo color cioccolato e, ovviamente, un corpo invidiato da tutte le ragazze e desiderato da tutti i ragazzi. Gambe lunghe, seno abbondante e abbronzatura perfetta. Oltre al culo statuario che il suo nuovo ragazzo stava palpando, ovvio.
Lei si girò sorridendo maliziosamente e lo baciò, a lungo e con la lingua. Facendo rabbrividire Zoe. Sicuramente provava ribrezzo per quella scena, non era gelosia.
Quando la piovra si staccò, gli occhi azzurri di Jared si puntarono in quelli di Zoe e lei sentì una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Lui alzò un sopracciglio, come a voler dire: visto? Non eri poi così importante per me. Visto? Visto come mi sono consolato in fretta? Non sei mai stata niente.
Ok, magari stava esagerando, ma il succo era quello. Lei non era stata altro che un passatempo per il giovane Richmond, e ovviamente ora si era trovato di meglio.
Bene.
Se ne sarebbe sicuramente fatta una ragione e non avrebbe passato il pomeriggio guardando Orgoglio e Pregiudizio in lacrime davanti a una vaschetta di cioccolato.
Si alzò in fretta e corse fuori dalla mensa. Non avrebbe decisamente sopportato di vederlo di nuovo attaccato alla bocca di quel polipo.
“Ah, sei tu!” Zoe si girò di scatto e incontrò due occhi familiari, ma decisamente di una forma diversa.
“Ehm, dici a me?”
“Sì!”
Zoe esaminò la figura che le stava di fronte: un ragazzo alto e molto muscoloso, almeno il doppio di Jared, capelli corti e biondi, abbronzato e due occhi che, la ragazza ci avrebbe messo la mano sul fuoco, erano identici a quelli di Richmond. E non si stava facendo strani film mentali sul fatto che tutti quelli con gli occhi azzurri sembravano i suoi. Questi erano davvero uguali!
“E tu chi sei?”
“Sono il fratello di quello che ieri sera ti ha portato a casa nostra, svenuta e probabilmente ubriaca fradicia.”
“Oh…” un Jared Numero Due. Perfetto.

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


*si inginocchia e chiede perdono per il ritardo* scusatemi davvero! ma non ho avuto nè il tempo nè l'ispirazione per un nuovo capitolo! prometto di farmi perdonare con questo capitolo incentrato sull'inizio del perchè Jared è così freddo e distante >.<

“Mi chiamo Ryan Richmond.”
“Oh, ehm, piacere, Zoe Hastings.”
Lui sorrise, un sorriso davvero tenero e da… cucciolo. La ragazza si intenerì e sorrise di rimando.
“Che ci fai fuori dalla scuola? Non è tipo ora di pranzo?” disse Ryan con un piccolo accento di rimprovero. Quanti anni avrà avuto? Forse un paio più di lei…
“Beh, la mensa a volte può essere soffocante.”
“Già, ti capisco!”
“E tu perché sei qui?”
“Devo sistemare un casino di Jared.”
Lei fece una smorfia al sentir pronunciare quel nome.
“Devo dedurre che tu e mio fratello non andiate molto d’accordo.”
Lei arrossì, sperando ardentemente che quella conversazione rimanesse tra loro e basta.
“Non proprio…”
“Beh, Zoe Hastings, che ne dici di accompagnarmi in segreteria? Non ho la più pallida idea di dove sia, e di girare per la scuola non ne ho proprio voglia!”
La ragazza sorrise radiosa e decise che quel tipo le piaceva. Era tutto il contrario di Jared. Al contrario di lui era simpatico, estroverso e di sicuro non era il tipo da andare a sbirciare nelle cartelle personali degli studenti.
“Certo, vieni.”
Camminarono per i corridoi chiacchierando amichevolmente e Zoe si convinceva sempre di più che era davvero un tipo a posto. Mentre camminavano, però, si imbatterono in Richmond n° 1.
“E tu che diavolo ci fai qui?”
“Oh, fratellino, anche io sono felice di vederti.” Disse Ryan in tono scherzoso.
“No, sul serio. Perché sei qui? Pensavo che papà avrebbe sistemato tutto come al solito.”
“Diciamo che ha cose più importanti da fare che badare alla pecora nera della famiglia, Jared.”
Ora l’atmosfera si era improvvisamente fatta tesa. Nel corridoio erano solo Zoe, Ryan e Jared, fortunatamente.
“Certo come no. E lei?” disse indicando la ragazza che aveva cercato in tutti i modi di attivare il suo potere dell’invisibilità, con scarsi risultati ovviamente.
“Mi accompagna.”
“Sì, Jared. Lo accompagno. E so parlare da sola.”
Lui sogghignò e la guardò malissimo.
“Jared smettila.” Intervenne il fratello.
“Devi sempre intrometterti in tutto Ryan? Fatti i cazzi tuoi!” il moro aveva alzato la voce e lo guardava in cagnesco. Il biondo si avvicinò velocemente a lui e sussurrò delle parole che Zoe non avrebbe mai dimenticato.
“No, Jared. Tu devi solo starti zitto. Sei solo un ragazzino, un ragazzino fallito ancor prima di poter diventare qualcuno. Non ti dimenticare che siamo in questa situazione per colpa tua. È colpa tua se la mamma è morta ed è colpa tua se nessuno vuole avere a che fare con uno come te.”
Zoe rimase sconvolta. Come poteva dire delle parole simili a suo fratello? Insomma, va bene che Jared non era il tipo più facile al mondo, ma andiamo… incolparlo della morte della madre è un’accusa bella grossa…
Ryan si allontanò dal fratello e si diresse a passi lunghi e pesanti verso uno dei corridoi, lasciando soli lei e una copia di Jared. Infatti il ragazzo che ora guardava a terra, sembrava completamente perso, senza più quel luccichio negli occhi, senza il costante sorriso ironico sul volto. Sembrava come in trance. Di certo non era il Jared che Zoe conosceva.
“Jared…” disse avvicinandosi al ragazzo, che non diede segni di aver sentito.
Si avvicinò ancora un po’ e cercò di scrutare il suo sguardo, ma tutto quello che poté vedere fu il vuoto.
“Ehi, Jared… Rispondimi.” Lui alzò di poco lo sguardo e prese a fissarla, come se la vedesse per la prima volta.
“Stai lontana da me. Il concetto mi pareva chiaro.” Disse con voce atona.
“Che cosa è successo a tua madre?”
Lui alzò di scatto la testa, un’espressione rabbiosa in volto. La prese per le spalle e la spinse verso l’armadietto.
“Mi fai male!” gemette lei.
“Quello che è successo a mia madre non ti deve minimamente interessare, chiaro? Sono cazzi miei e non provare a nominarla un’altra volta, o giuro che ti uccido Zoe Hastings.” La lasciò di scatto e corse via.
Zoe si lasciò cadere a terra e si prese la testa fra le mani.
Cosa gli è successo? Cosa è successo a questo ragazzo per renderlo così? Pensò.
“Zoe, stai bene?” alzò lo sguardo verso la stridula vocetta e si trovò di fronte Lucy.
“S-sì credo.” Balbettò Zoe.
“Hai l’aria di chi è appena stata minacciata di morte!” scherzò la rossa e le fece scappare una risatina nervosa.
“Scusa Lucy, devo andare.” Disse la ragazza.
“Cosa? Dove?! Ora abbiamo chimica!”
Oh, allora era certo che sarebbe venuta con entusiasmo!
“Sì ehm… Scusa, ma mia madre mi ha chiamata, è un’emergenza.”
La verità era che aveva un gran bisogno di uscire da quella scuola e pensare, pensare e pensare. Possibilmente in una bella vasca da bagno.
“Oh, beh, allora ci sentiamo più tardi in chat?”
“Certo, così mi dai i compiti.”
Le diede un bacio sulla guancia e si catapultò fuori dalla scuola.
Non era possibile in una giornata affrontare tutto questo. La nuova conquista di Richmond. Il fratello di Richmond. La madre di Richmond. La crisi di Richmond. Quest’ultima la preoccupava più di tutte.
Sapeva per esperienza che crisi nervose come quella non erano molto normali.
C’era qualcosa che lo tormentava e aveva a che fare con sua madre.
Magari avrebbe potuto indagare… ma l’espressione di Jared al solo pronunciare la donna, si era fatta così dolorosa che sicuramente non avrebbe avuto nemmeno il coraggio di scavare più a fondo.
Appena arrivata a casa si spoglio e restò con la biancheria intima, quando arrivò in camera non accese nemmeno la luce e andò diritta verso il bagno.
“Ma come siamo sexy.”
Zoe urlò e cercò a tentoni l’interruttore, quando la luce invase la stanza, prima sentì un brivido caldo di piacere, poi di incazzatura alla vista di Jared Richmond seduto sulla panca della sua finestra, rilassatissimo.
“Che cazzo ci fai a casa mia? E come diavolo sei entrato?!”
“Ma quanti paroloni. Non lo sai che è brutto per una signorina essere volgare?”
“Fottiti.”
Lui sorrise per tutta risposta.

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


Ed eccomi qui con il nono capitolo! ve l'avevo detto che mi sarei fatta perdonare u.u Con questo capitolo l'intesa tra Zoe e Jared aumenterà e si formerà un forte legame, ma non illudetevi, è ardua la strada per le dichiarazioni e.e

“Ho bisogno di una cosa…” iniziò lui con fare evasivo.
“Cosa?”
“Te.”
“Scusami?!”
Zoe sperava di aver capito male, per il bene di Jared.
“Ho bisogno di te, di sentirti mia e tutto il resto.”
Oh mio dio. Era serio!
“Jared, io non farò sesso con te. Puoi scordartelo! Con quale coraggio mi minacci, per poco non mi rompi la schiena,  ti infiltri in casa mia e pretendi di scopare con me?!”
“Ne ho davvero bisogno.”
“No, tu hai bisogno di uno psicologo, uno bravo.”
“Già provato.” Disse lui sorridendo amaramente.
Già provato? Ahia…
“Jared, sul serio. Esci. Non farò sesso con te, puoi scordartelo. Va da quella puttana di Amber e lasciami in pace. Sono sicura che lei sarà più che felice di accontentarti.”
Lui si avvicinò e la ragazza indietreggiò di istinto, ma lui parve non farci caso e la intrappolò al muro, con le braccia vicino alla sua testa.
“Sarà bellissimo anche per te, te lo giuro. Ho solo bisogno di sentirti mia e solo mia. So che tu non vuoi avere niente a che fare con me, ma ti prego, dopò sparirò. Ti chiedo solo un’ora, massimo due.”
Ok, quel tipo era completamente fatto, o ubriaco, o fatto e ubriaco.
“No.”
Lui si esasperò e con uno sbuffo le chiese il perché.
“Perché non è moralmente giusto. È una completa stronzata.”
“Ma tu vuoi. So che mi vuoi anche tu, te lo leggo negli occhi ogni volta che ci avviciniamo un po’.” Disse lui con quel sorrisino seducente stampato in volto, come se avesse già la vittoria a portata di mano.
“Non importa quanto io ti voglia, è no.”
“Lo hai ammesso! Hai ammesso che hai voglia di me.”
“Cosa? No!” disse lei arrossendo, consapevole di essersi tradita. Perché diamine, sì. Lo voleva da morire. Ma non poteva permettersi una delusione grande come quella. Non voleva essere una delle tante. Non voleva proprio avere niente a che vedere con quel ragazzo.
“Cos’è successo a tua madre?”
Le parole le erano uscite di bocca così, non le aveva potute controllare. Probabilmente ora l’avrebbe davvero uccisa.
Lui la guardò, poi, con lo stesso sguardo smarrito di una mezzora fa, si sedette sul letto di Zoe e si prese la testa fra le mani.
La ragazza, consapevole di essere ancora in biancheria intima, prese una maglietta e se la infilò, poi si diresse verso Jared, si sedette a terra e lo costrinse a levare le mani dagli occhi.
Lui la lasciò fare, ormai non sapeva nemmeno dove si trovava, glielo si poteva leggere in faccia.
“Jared.”
“Perché ci tieni tanto a saperlo?”
“Perché tengo a te. E mi fa male vederti in questo stato. Voglio aiutarti…” sussurrò lei.
Lui fece un ghigno amaro.
“Certo, come no. La drogata semi assassina che vuole aiutare il pazzo psicotico assassino. Ma che bella storiella.
Quelle parole la ferirono, ma sapeva che diceva così solo per difendersi, per evitare il discorso.
“Cosa le è successo?” disse stringendo le sue mani, in una stretta che sperava potesse sembrare confortevole.
“L’ho uccisa. Non l’avevi capito?” disse lui guardandola fisso negli occhi.
“Come?”
“Mio padre ha coperto tutto, cercando di non far scoprire niente a nessuno. Mia madre era una donna molto depressa. Prendeva medicine su medicine, e io non ce la facevo a vederla così. Mi faceva male, capisci? Era un dolore atroce guardarla e vedere solo il vuoto – disse stringendole più forte le mani – così cinque anni fa, in una sera di dicembre, mio padre e mio fratello uscirono per andarle a comprare le pillole nuove. Lei mi chiamò e con un soffio mi disse di ucciderla. Che non ce la faceva a vivere in quel modo.”
Zoe si stava sentendo male. Possibile che l’avesse uccisa davvero? La ragazza si aspettava un incidente, o qualcosa del genere. Ma ora…
“Io ovviamente mi rifiutai e la lasciai sola, capisci? Come posso essere stato così stupido da lasciare una donna in quelle condizioni in una cucina?! Mi ero rinchiuso in camera, la musica a volume alto. Non mi accorsi di niente. Quando mio fratello, con le lacrime che gli scendevano a fiotti, spalancò la porta e mi picchiò, io ancora non capivo. Quando poi mi portò di sotto, capii.”
La ragazza aspettava, sapeva che quello sarebbe stato il momento decisivo della storia, nel quale Jared sarebbe caduto in pezzi.
“Mia madre era stesa sul pavimento della cucina, un coltello nel petto e sangue ovunque. Non ricordo di aver mai visto tanto sangue in vita mia.” Mentre lo diceva, calde lacrime gli solcarono il volto, e per la prima volta, Zoe vide quanto era vulnerabile, debole e smarrito.
La ragazza agì di istinto: si sporse e lo abbracciò, lo abbracciò con tutte le forze che aveva. E fu sollevata quando, invece che spingerla via, lui la strinse forte e scoppiò in una vera crisi di pianto.
“Non lasciarmi, Zoe.” Sussurrò lui.
“No, non ti lascio. Sto qua.” Rispose lei, sentendo le sue guance bagnate. Maledizione, stava piangendo anche lei.
Rimasero lì per parecchio tempo. Poi lui la lasciò andare e la guardò per qualche momento.
Zoe, per la seconda volta, non pensò affatto e lo baciò dolcemente. Non fu un bacio come gli altri, pieno di passione e sesso, ma tenero e bagnato dalle lacrime.

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