Love the way you lie

di LadyPalma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** But you'll always be my hero ***
Capitolo 2: *** In this tug of war you'll always win ***
Capitolo 3: *** Just gonna stand there and hear me cry... ***
Capitolo 4: *** In smoke with all our memories ***
Capitolo 5: *** Run out the room and I’ll follow you like a lost puppy ***



Capitolo 1
*** But you'll always be my hero ***


Salvee! Si, lo so questa storia me la potevo risparmiare, però quando ho risentito dopo un pò questa canzone mi è venuta immediatamente quest'idea... (Tra un pò di giorni potrei anche finire per scrivere una storia con "44 gatti" su Anna Bolena e Tommaso Moro in coppia, ne sono capace o.O... No, sto scherzando LOL)
Spero vi piaccia questa storia, soprattutto perchè è la prima long-fic che scrivo su questa coppia (su una coppia canon in genere, credo) Buona lettura! :)

 


1.But you’ll always be my hero
 

 

On the first page of our story,
the future seemed so bright

 

 
 

 “Dai Enrico, ditemi cosa mi nascondete!”

Era questa la richiesta che Caterina continuava a fare in quella mattina di inizio maggio. La curiosità vibrava nella sua voce, ma non c’era impazienza nei passi del Re che, tenendola stretta per mano, la portava a vedere quella che lui definiva “una sorpresa”. L’ennesima, a dire il vero: se c’era qualcosa di cui la giovane Regina poteva lamentarsi di certo questa non era la mancanza di attenzioni.

“Et voilà!” esclamò improvvisamente Enrico in perfetto francese, arrestando il passo.

Davanti a loro il palco della giostra, allestito per l’imminente arrivo del Re di Francia. I tendaggi erano stati rinnovati, ma Caterina non notava nulla di nuovo a parte questo. Lanciò un’occhiata dubbiosa al marito, che in tutta risposta sorrise semplicemente, facendole cenno di avvicinarsi ulteriormente. Adesso si, adesso era visibile il particolare e chiamarlo sorpresa era un eufemismo: due lettere intrecciate spiccavano ripetute infinite volte sul tessuto. C & E, Caterina e Enrico, come simbolo del loro amore.

Ecco cosa avrebbe visto il vecchio Luigi XII della Corte d’Inghilterra, ecco cosa avrebbe saputo il resto d’Europa dei sovrani più belli del mondo. Che erano innamorati.
 

 

Then this thing turned out so evil…
I don't know why I'm still surprised

 

    
 

“Maestà, tutto bene?”

Caterina si voltò di scatto e il viso preoccupato della sua nuova dama Elisabeth Darrell sostituì quello gioioso di suo marito. Riprese lentamente contatto con la realtà e annuì debolmente, mentre un lieve sorriso appariva sulle sue labbra. Buffo come una ragazzina che conosceva da solo qualche mese, fosse la persona che le mostrasse adesso più lealtà. Chiuse un secondo gli occhi, tentando di riafferrare la memoria lontana, ma sapeva che ormai sarebbe stato inutile. I tendaggi della giostra del suo vano ricordare erano svaniti e tra poco non ci sarebbero stati neppure più materialmente. Il Re era appena passato e aveva chiesto i suoi favori ad Anna Bolena, lì davanti a tutti… E nessuno si era stupito, a dire il vero non si era più sorpresa neppure lei. Dicevano tutti che faceva pazzie per quella dama che gli aveva rapito il cuore, ma metà di quella Corte troppo giovane, non poteva sapere che per lei ne aveva fatte molte, molte di più. Ma adesso non importava, perché Enrico ora desiderava Anna, perché era di lei che si professava innamorato.

Ecco cosa avrebbe visto Francesco I, il giovane figlio di Luigi, ecco cosa avrebbe saputo il resto dell’Europa dei sovrani più problematici del mondo. Che un tempo erano stati innamorati.   

 


Even angels have their wicked schemes
and you take that to new extremes

 
   

La giostra era finita così come era iniziata ma i favori di Anna non avevano assicurato al Re la vittoria. Ironico, dato che con quelli della Regina vinceva sempre. Doveva entrarci qualcosa la sorte, il Destino, forse era addirittura Dio che mostrava come quella coppia non poteva essere benedetta, anche se sembrava esattamente il contrario vedendoli ballare al centro della Sala. Anche Caterina li guardava, come si guarda un quadro visto e rivisto più volte, ma che non smette di suscitare emozioni, come non ci si stanca mai di guardare un tramonto anche se rende malinconici. E quella scena era un po’ il suo di tramonto. 

“Vostra Maestà” disse Charles inchinandosi davanti a lei e occupando la sedia vuota al suo fianco.  

“Vostra Grazia!” rispose la Regina chinando appena la testa e sorridendo apertamente al migliore amico di suo marito, che ultimamente era diventato inaspettatamente un po’ il suo.

“E’ uno spettacolo indecente” sussurrò poco dopo lui.

Era superfluo chiedere a cosa si stesse riferendo, tutti stavano guardando la stessa identica scena. Da donnaiolo qual era, Charles non aveva mai opposto resistenza alle piccole avventure di Enrico, ma questa non era un’avventura, era una sfida, un affronto e non riusciva ancora a capire chi ne fosse il destinatario.

Caterina chiuse gli occhi per qualche secondo, ma non rispose.

“Dovreste fare qualcosa” continuò lui con un sorriso, mentre un’idea si affacciava nella sua mente.

“E cosa?” chiese lei voltando di poco la testa “Il Re non mi desidera più. E’ finita” fece notare cercando di apparire calma, mentre ogni parola pronunciata così ad alta voce suonava come una pugnalata.

“Enrico vi ama ancora e vi desidera ancora, ne sono certo” ribattè Charles annuendo pensieroso.

“Ah Charles, vi ho sempre lodato per il vostro intuito, ma temo che questa volta vi stiate sbagliando!” esclamò lei forzando una leggera risata priva di allegria.

“Allora stiamo a vedere!” disse lui semplicemente, dopo qualche attimo di silenzio, afferrando la mano della Regina e conducendola al centro della Sala.

Adesso era il turno di Caterina di essere guardata ed era il turno di Enrico di stare a guardare. Perché una cosa era certa: in quello che era a metà tra un sorriso indispettito e uno sguardo incredulo, lui la stava guardando, anzi fissando.



 
But you'll always be my hero
even though you've lost your mind



 
Non riusciva a ricordare qual era stata l’ultima occasione in cui aveva danzato, ma un anno era passato di sicuro. Per un momento tutti gli occhi erano puntati su di lei e lei sapeva che tra quegli occhi c’erano anche quelli blu di Enrico. Non faceva tanto notizia il fatto che stesse ballando con Charles Brandon: chi fosse il suo accompagnatore non importava nulla alla gente della Corte dato che, pur conoscendo la non così immacolata reputazione dell’uomo non dubitava di quella della donna. Ma era così che la stava pensando anche il Re? Era questo che si stava chiedendo Caterina, ed era questo che si chiedeva anche Charles.

“Il vostro brillante piano era di farlo ingelosire?” domandò lei accigliandosi leggermente.

“Pare stia funzionando” rispose lui sorridendo compiaciuto, lanciando una rapida occhiata al suo amico.

La Regina scosse la testa sorridendo, intimandolo di smetterla, ma non riuscì ad evitare tuttavia di spiare lei stessa la reazione del Re.

“Posso chiedervi una cosa?” domandò il duca, richiamando la sua attenzione e diventando improvvisamente serio “Come fate ad amarlo dopo tutto questo tempo, dopo tutto ciò che vi ha fatto?”

“E’ il mio Sir Cuore Fedele, anche se non lo è più, capite?” disse infine con un sorriso amaro.

Fedele non era di certo la parola con cui si sarebbe potuto definire Enrico, ma a lei piaceva credere che almeno all’inizio lo fosse stato davvero e che avesse avuto intenzione di restarlo fino alla fine. Lo amava per i ricordi del passato e lo amava per la speranza che riponeva nel futuro che sembrava sempre più utopico; lo amava anche se non era più il suo Sir Cuore Fedele, anche se non era più fedele, anche se forse non c’era più spazio nel suo cuore per lei.

E quando i loro occhi si incrociarono, a Caterina sembrò per un momento di tornare a quella lontana mattina di maggio, quando quegli occhi guardavano solo lei, quando si bastavano l’uno per l’altra e capì che forse c’era una speranza anche in quel presente e che forse non tutto era perduto.
 

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Capitolo 2
*** In this tug of war you'll always win ***


Ecco con un pò di ritardo il capitolo 2! Spero vi piaccia (ma credo di no.. non uccidetemi all'ultima frase xD)

 


2.In this tug of war you’ll always win

 

Now there’s gravel in our voices
glass is shattered from the fight

 
La serata era finalmente finita, ma per Caterina la notte che stava per arrivare non sarebbe stata momento di agognato riposo e conforto; al contrario, sola nel suo letto, anche quella notte, come tutte le notti, non avrebbe fatto altro che pensare e piangere. Raggiunse le sue camere private e chiuse per un momento gli occhi, ripensando a tutti gli eventi appena trascorsi: difficile trattenere le lacrime fino a quel momento di puro buio in cui nessuno le avrebbe più viste.

“Vostra Maestà, c’è Sua Maestà il Re” disse Lady Jane entrando nella stanza, non riuscendo a contenere la sua agitazione.

Le altre dame presenti nella stanza si scambiarono un’occhiata sbalordita e poi fissarono insieme la loro signora, aspettando disposizioni. Ci vollero un paio di minuti prima che la Regina trovasse finalmente le parole; non c’era stupore o allegria sul suo volto, solo un’ espressione all’apparenza impassibile e indecifrabile che era solo lo specchio dei pensieri che le frullavano nella testa. Non stava capendo più niente, ecco la verità, dovette ripetersi più volte le parole nella mente per tentare di darvi un senso, anche se un senso in fondo quell’improvvisa visita non ce l’aveva. Forse si era già addormentata e stava sognando, forse era lì solo per una rapida comunicazione o un litigio gratuito. E poi c’era quella sottile e tenue speranza che le suggeriva che… Forse Charles aveva ragione.

“Lasciatelo entrare” disse infine con un cenno del capo, cercando di mantenere il controllo.

Lady Jane si scansò e rapidamente il Re fu nella stanza con un’espressione sul volto impassibile almeno quanto la sua. Pur essendoci una decina di persone, la stanza era piombata nel silenzio, tutti fissavano il Re e la Regina che invece si fissavano a vicenda.

“Andate fuori!” urlò improvvisamente Enrico, senza staccare gli occhi da sua moglie, mentre le dame combattute tra lo spavento e la curiosità, erano costrette ad abbandonare quella promettente scena.

Ma Enrico non era lì per dare spettacolo, per quella sera ce n’era stato già abbastanza.

“Marito, a cosa devo questo piacere?” chiese Caterina appena rimasero soli, coprendo il rumore della porta che si chiudeva dietro l’ultima dama.

Tentò di reprimere un sorriso che, a dispetto di tutto, la sola vista dell’uomo che amava le provocava  e non osò compiere un solo passo verso di lui, perché sapeva. Le era bastato un solo sguardo per capire i sentimenti che stavano animando l’uomo che aveva davanti  e lo avevano spinto a farle visita: la sua espressione ai suoi non era impassibile, al contrario sembrava tradito, arrabbiato, ferito. Lei lo sapeva.

 

In this tug of war, you’ll always win
even when I’m right


 
“Questa non è una visita di cortesia” chiarì lui stringendo i denti e chiudendo gli occhi per tentare di calmare l’irrazionale ira che si stava impadronendo sempre più di lui.

“Non me lo aspettavo” disse la Regina lasciandosi sfuggire un sorriso amaro.

Enrico la fissò in silenzio e il suo duro sguardo si raddolcì scorgendo le lacrime negli occhi di lei; erano nascoste certo, ma c’erano. Lui le vedeva. Improvvisamente, scosse la testa cercando di allontanare i suoi sensi di colpa: di fronte a lei, si sentiva sempre inferiore, come una perfetta farfalla era l’unica che riusciva a farlo sentire un verme con un solo sguardo, ma non sarebbe successo quella sera. Quella era la sera in cui il verme si sentiva di accusare di qualcosa la farfalla.

“Risparmiate quest’inutile ironia, tanto a quanto pare vi consolate benissimo” disse infine aspramente, cominciando a camminare nella stanza.

“Cosa? Non capisco…” disse lei mostrandosi sorpresa, alzando un sopracciglio.

“Certo non capite. Scommetto che le allusioni del Duca di Suffolk le capiate perfettamente invece” la interruppe lui nello stesso tono, con un sorriso assolutamente privo di allegria.

“Stavamo solo ballando…” fece notare lei, sempre più sorpresa. Quando aveva pensato di poter suscitare una sorta di gelosia in suo marito, non ci aveva mai davvero creduto davvero, e di certo non poteva immaginarsi una reazione simile.

“Conoscete la sua reputazione?” chiese lui retoricamente, interrompendola nuovamente, arrestando il passo e fissandola “Voi siete mia moglie!” esclamò poi muovendo qualche passo verso di lei e afferrandola per le spalle.

Caterina spalancò gli occhi e si perse in quelli blu di suo marito. Era da tanto che non li vedeva così luminosi, era da tanto che non li vedeva brillare così per lei.

 

‘Cause you feed me fables from your hand
with violent words and empty threats


 
“Certo che sono vostra moglie, Enrico”lo rassicurò lei, alzando lentamente una mano e avvicinandola al volto di lui “Non avete motivo di preoccuparvi, non ho amanti al contrario vostro… Io vi amo” disse poi sinceramente, senza traccia di accusa nella voce.

Ma l’accusa lui l’aveva avvertita lo stesso. Alla fine c’era riuscita comunque a farlo sentire un verme. E lei era sempre una farfalla, la stessa splendida farfalla che lo aveva fatto innamorare anni prima.

“Non è questo il punto!” disse lui allontanando la mano di lei dal suo volto, ma senza lasciarla “Anche io vi amo” ammise poi con naturalezza, forse neppure rendendosi davvero conto di ciò che stava dicendo.

Sarebbe dovuta essere una sorpresa sentire quelle parole dopo così tanto tempo, eppure per entrambi in quel momento appariva normale e semplice. Perché l’amore in fondo è una cosa semplice. In pochi istanti come per magia le loro labbra si unirono in un bacio e l’incantesimo non intendeva lasciarli così: un bacio non bastava, entrambi avevano bisogno di altro, di più, di riscoprirsi e ritrovarsi. E si ritrovarono quella notte tra baci e carezze perdute e l’amore mai sopito che si mescolava con il desiderio rinnovato. Quella sera nel buio, Caterina non si addormentò piangendo, ma con un radioso sorriso sulle labbra; non era da sola, ma stretta tra le braccia di quello che era indubbiamente l’uomo della sua vita e lei non chiedeva altro che essere la donna della sua.

Cosa avrebbe significato quella notte? Lei non pensava all’alba, quella notte era la sua alba, ma avrebbe fatto meglio a pensarci, perché l’alba vera arrivò fin troppo presto. E per citare la Bibbia, per Enrico non c’era “Nulla di nuovo sotto il sole”.

Si era addormentata così, tra le dolci parole sussurrate che aveva atteso così tanto, ma si svegliò qualche ora dopo con le uniche che non avrebbe mai voluto udire.

“E’ stato un errore, Caterina. Non dovrà accadere mai più”
 

…And it’s sick that all these battles
are what keeps me satisfied












 

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Capitolo 3
*** Just gonna stand there and hear me cry... ***


3.Just gonna stand there and hear me cry…

 

Just gonna stand there and watch me burn…
but that's all right because I like the way it hurts

 

 
“Vostra Maestà, avete chiesto di vedermi?” chiese Charles palesando la sua presenza con un inchino.

Il Re aprì gli occhi e li puntò sul nuovo arrivato, tuttavia non sembrava vederlo davvero. Con le mani giunte sotto il mento, sembrava a metà tra una preghiera e una profonda riflessione, ma in realtà Dio in quel momento era l’ultimo dei suoi pensieri e il precedente incontro con il suo Segretario segnava già la decisione che aveva preso. Non c’era più nulla da riflettere e smettere di pensare era l’unica cosa che in quel momento avrebbe davvero voluto fare.

“Enrico?” lo chiamò nuovamente il duca, non ottenendo risposta.

“Venite avanti Vostra Grazia” disse il Re riscuotendosi a quel richiamo, facendogli cenno di sedersi di fronte a lui.

“Vi è piaciuto il ballo ieri sera?” domandò Charles con nonchalance, curioso di sapere se la sua idea aveva avuto qualche risvolto positivo. Già, positivo, perché era un grande sostenitore della Regina, soprattutto perché sapeva che era l’unica donna che avrebbe davvero potuto rendere felice il suo migliore amico.

“Non mi è piaciuto molto il fatto che abbiate ballato con quella che formalmente è ancora mia moglie a dire il vero” ammise Enrico con un sospiro, sentendo rinascere di nuovo in lui l’inspiegabile rabbia che aveva provato nel vederli ballare insieme.

“Non sarete geloso? Era solo un ballo…” domandò l’altro immediatamente, mentre un sorriso compiaciuto compariva sul suo volto.

“Non sono qui per parlare di questo” tagliò corto il Re con un’espressione gelida “Ho trascorso la notte nelle stanze della Regina” rivelò poi in un sussurro, abbassando inconsapevolmente lo sguardo.

Charles non avrebbe potuto mascherare i suoi pensieri stavolta, se solo non avesse saputo nemmeno lui cosa esattamente pensare. Se ne stava semplicemente immobile con gli occhi sgranati e le sopracciglia leggermente inarcate: un conto era sperare in un possibile riavvicinamento, un conto era scoprirne effettivamente uno così significativo. Poi lentamente tentò di riassumere un contegno e soprattutto di tenere a freno la curiosità che pulsava sulla lingua, perché gli bastò una sola occhiata al suo migliore amico per capire che anche lui, Re o non Re, non sapeva cosa esattamente pensare.

“E’ una cosa molto bella, forse è il caso di…” mormorò infine rompendo il silenzio.

Ma fu il rumore della mano di Enrico sulla scrivania a romperlo definitivamente.

“No!” urlò il Re improvvisamente con stizza “No” ripetè poi tentando di controllarsi “Non è una cosa bella! Deve finire qui, non si ripeterà mai più una cosa simile”

“Non vi capisco, francamente!” sbottò il duca esterrefatto “Perché allora ci siete andato a letto?” domandò poi in tono di sfida, cogliendolo sul vivo. Era convinto che non avrebbe risposto, si sarebbe arrabbiato certo, ma non avrebbe risposto, però lo avrebbe perlomeno invitato a riflettere.

“Perché la amo, dannazione!” sussurrò invece Enrico semplicemente.

Non aveva bisogno di riflettere su certe cose, non c’è bisogno di riflettere con i sentimenti, così come non c’era bisogno di riflettere sulle calde lacrime che sentiva improvvisamente scendere sulle sue guancia. Si coprì il volto tra le mani, cercando di nasconderle, ma al contrario il pianto non faceva che aumentare la sua intensità. Charles non l’aveva mai visto in quelle condizioni, l’aveva talvolta visto deluso, amareggiato, spesso furioso, ma mai così… disperato. Si alzò in piedi e lentamente gli si avvicinò, poggiandogli le mani sulle spalle.

“Vi ringrazio Charles, avevo bisogno di parlare con qualcuno, adesso voglio restare solo” disse il Re alzando di poco la testa e congedandolo con un’espressione sul volto che non ammetteva repliche.

Vide il duca uscire dalla stanza e urlò al suo servitore di non voler essere disturbato. In breve tempo si ritrovò solo e, con le lacrime che continuavano a uscire, si prese la testa tra le mani, cominciando a chiedersi se la sua Regina avesse ricevuto già la notizia.

Non le aveva neppure detto addio.

 

Just gonna stand there and hear me cry…
but that's all right because I love the way you lie

 

 
Nei vent’anni trascorsi al fianco di Enrico, Caterina aveva imparato ad aspettarsi di tutto: tradimenti, accuse, umiliazioni pubbliche e private, ma c’erano tuttavia delle volte in cui suo marito riusciva a coglierla di sorpresa. Come non si era aspettata tanti anni prima il nuovo tendaggio in onore del loro amore per la giostra, adesso non si era aspettata un simile passo avanti da parte di Enrico nella sua follia. Non era servita la notte d’amore a farlo riavvicinare, non erano bastate le sue infinite preghiere a riportarlo sulla strada della ragione.

“Vostra Maestà, il Re vi ha ordinato di lasciare la Corte entro la fine del mese… Potrete sistemarvi nella sua residenza di The More e potrete portare con voi tutti i servitori che vorrete e inoltre…”

Le parole di Thomas Cromwell si spensero improvvisamente quando alzò finalmente lo sguardo sulla Regina: stava sorridendo, ed era un sorriso amaro, semplice compromesso dei sentimenti che provava in quel momento dentro di sé. Aveva voglia di piangere naturalmente, ma anche di ridere per l’ironia che la contrapposizione tra il titolo con cui quella frase era iniziata, “vostra maestà” e il suo contenuto irrimediabilmente suscitava. Ma non fece nulla, non avrebbe fatto nulla davanti a qualcuno, e soprattutto non davanti ad un dichiarato nemico come il Segretario, che la stava ancora fissando apparentemente incapace di proseguire.

“E inoltre?” lo incitò allora la donna, con la masochistica urgenza di scoprire quali altre cose non si era aspettata.

“Inoltre…” riprese Cromwell ancora un po’ esitante “Dovete riconsegnare i gioielli appartenute alle Regine di Inghilterra”

Caterina sobbalzò leggermente nell’udire quella frase, poi afferrò con una mano la collana che teneva al collo, lasciando scintillare gli anelli sulle dita: non erano solo gioielli, erano un simbolo, l’ultimo simbolo di apparenza e speranza. Chiuse per un attimo gli occhi e poi li riaprì improvvisamente lampeggianti di un’oscura determinazione che suonava quasi contraddittoria scaturita dalle sue iridi azzurre.

“Sono i miei gioielli!” esclamò in un tagliente sussurro “Non li darò via per ornare una donna che è lo scandalo della Cristianità!” aggiunse riferendosi ovviamente a quella che ormai inevitabilmente si apprestava a prendere il suo posto.

Nessuno avrebbe potuto insultare la favorita del Re con una naturalezza così disarmante. Thomas ne rimase colpito, ma non osò contraddirla, anzi si ritrovò ad annuire quasi inconsapevolmente. Poi, ad un cenno della Regina, lasciò la stanza, non prima però di averle rivolto un profondo inchino.

Forse sarebbe stato l’ultimo che avrebbe ricevuto, si ritrovò a pensare guardandolo andare via, forse la prossima volta che sarebbe tornato a farle visita sarebbe venuto a strapparle i suoi preziosi gioielli. Eppure quando rimase sola, non furono i gioielli e il titolo ad occupare i suoi pensieri, ma come sempre suo marito ne era il centro. La stava lasciando andare via, stava rinnegando il loro amore, la loro adorabile figlia, i loro ricordi, solo per una donna di passaggio come Anna Bolena e la lusingante promessa di un figlio maschio. Sentì le lacrime sulle sue guance prima che potesse pensare di trattenerle, si sentiva ferita, tradita, usata e la delusione per essere stata ingannata un’altra volta era troppa da contenere.

Ecco in cosa si erano trasformati: lui un bugiardo per averle mentito, lei una masochista per continuare ad amarlo ugualmente.





NDA:
Salve a tutti! Scusate il ritardo, spero vi sia piaciuto questo capitolo, fatemi sapere cosa ne pensate! ;)
Un grazie speciale a salierix come sempre! ;)


 

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Capitolo 4
*** In smoke with all our memories ***


4.In smoke with all our memories

 

So maybe I'm a masochist
I try to run but I don't wanna ever leave

Una borsa, poi un’altra, ormai era tutto pronto per l’imminente partenza che non poteva essere più rimandata; non c’era stata grande scelta a dire il vero, sia perché le era rimasto ben poco di suo e sia perché quel poco che aveva, doveva portarlo tutto, dal momento che non avrebbe più messo piede a Palazzo. Lo sapeva anche lei. Sarebbe partita molto presto il giorno dopo, in compagnia di un gran numero di dame e servitori ad ogni modo, e quella sarebbe stata la sua ultima notte come Regina, senza il Re al suo fianco naturalmente.

“Vostra Maestà!” la richiamò la sua fidata Elizabeth.

Caterina arrestò il passo e si voltò lentamente, non se ne era quasi accorta ma aveva raggiunto la porta, con tutta l’intenzione di lasciare i suoi appartamenti.

“E’ notte… Non dovreste girare per il Palazzo, è buio” l’ammonì la dama in tono apprensivo.

“Allora, vorrà dire che la prossima notte resterò nei miei appartamenti di Regina” ribattè prontamente la Regina con più asprezza di quanta ne avesse voluta usare.

Non ci sarebbe stata una prossima notte e quella sarebbe stata la prima e anche l’ultima notte che lei avrebbe infranto il protocollo reale.

Elizabeth Darrell chinò la testa a quell’amara ironia, per poi avvicinarsi alla sedia a dondolo e afferrare rapidamente una mantellina verde.

“Prendete questa almeno… Fa freddo” disse accennando un sorriso e poggiando la stoffa sulle spalle della donna più anziana.

Quest’ultima sorrise di rimando e mormorando un ringraziamento, riprese la sua strada verso l’ignoto.

Perché questo era il Palazzo di notte per lei: ignoto. Qualsiasi tipo di intrattenimento, cui lei ad ogni modo non aveva partecipato, era finito da un pezzo e tutto sembrava immerso nel silenzio. Aveva ragione Elizabeth: era buio e faceva freddo, davvero troppo. Strinse di più la mantellina e spostò la candela per fare più luce per indicarle la via: quel palazzo era un vero labirinto e l’ avervi abitato per quasi vent’anni non aveva aiutato a renderlo meno complicato.

“Chissà cosa starà facendo Enrico” si ritrovò a pensare mentre avanzava a passi incerti; sfiorava con il palmo della mano il muro, osservava attenta le scale e le stanze davanti cui passava, sorrideva perfino alle guardie e i pochi servitori notturni che incontrava, cercando avidamente di costruire ultimi ricordi, finché ogni senso andava a perdersi lontano, nei ricordi che già aveva. Finchè all’improvviso la candela non andò a fare luce su una figura familiare, seduta a terra con la schiena appoggiata al muro; forse era una mera allucinazione, eppure ad ogni passo sembrava sempre più reale. Doveva essere reale.

“Enrico!” si riscoprì a chiamare, colta dalla sorpresa di quell’apparizione.

 “Caterina…” mormorò la figura, apparendo più disperata che sorpresa.

Fu così che la Regina vide il Re, come un fantasma alla luce di una candela.

Fu così che il Re vide la Regina, come un angelo nel buio.

“Enrico…” lo chiamò nuovamente lei coprendo la distanza tra loro e abbassandosi accanto a lui, per quanto l’ingombrante vestito consentisse “pensavo che tu fossi…”

“A caccia?” completò lui con un ironico sorriso “Sono tornato poco fa e nessuno ancora ne è a conoscenza… non volevo svegliare la Corte”

“Non volevate svegliare la Corte o non volevate farlo sapere a me?” chiese lei amaramente, comprendendo immediatamente il reale significato delle sue parole.

Enrico sorrise semplicemente, senza dire nulla, senza neppure tentare di sostenere quella scusa che suonava falsa pure a lui.

 

Til the walls are goin' up
in smoke with all our memories

 

E poi all’improvviso si udì un singhiozzo, frammento di un pianto soffocato e non si capiva a chi dei due sovrani fosse sfuggito. Forse erano stati entrambi o forse nessuno e quel lamento era esistito solo nelle loro menti, memore di pianti lontani. La morte del primo figlio il piccolo Enrico, e poi via via tutti gli altri uno dopo l’altro, le amanti del Re e la spinosa questione del divorzio. Ma non era questo quello che volevano ricordare: non era il dolore quello che Enrico voleva lasciarle, non era il rimpianto quello che Caterina voleva portare con sé.

“Il giorno del nostro matrimonio, com’eravate bella…” sussurrò Enrico mentre un sorriso si formava sulle sue labbra “Le passeggiate, i balli e la nascita di Maria… E le tendine della giostra, ve lo ricordate?”

Una lacrima non vista scese sulla guancia della Regina e un singhiozzo le uscì stavolta per davvero: “Eravamo felici”.

“Non voglio che partiate…” mormorò il Re precipitosamente, allungando una mano nel semibuio e trovando immediatamente quella della moglie.

“Siete voi a volermi mandare via” fu la dura risposta di lei.

Enrico si mosse e si fece più vicino, fino a stringerla in un delicato abbraccio, come se avesse paura di farle del male, come se non gliene avesse già fatto fin troppo.

“Cosa devo fare? Io vi amo, Catalina, come il primo giorno e il pensiero che siete stata di mio fratello mi ha fatto impazzire per tutti questi anni… Non voglio che partiate, restate con me…”

Le lacrime scendevano copiose sul suo volto e le parole gli erano uscite dritte dal cuore, prima che il cervello ne desse il consenso. Perché era questo che gli succedeva quando ce l’aveva di fronte: tutte le accuse che le rivolgeva contro evaporavano nel cielo dei suoi occhi e l’unica cosa che provava era amore e paura, paura di vivere senza di lei.

“Anche io vi amo..” mormorò lei in risposta, suonando vagamente incerta e non per i suoi sentimenti, ma perché sapeva che le belle parole che sentiva adesso nel buio, con la luce del giorno sarebbero sparite di nuovo.

“Restate con me stanotte” le sussurrò con voce carica di desiderio, iniziando a baciarla e facendo perdere le sue mani sul corpo di lei coperto dai vestiti, che dopo vent’anni restava ancora sempre misterioso.

“Come ultima notte?” chiese lei bloccandogli le mani per un attimo e fissandolo negli occhi.

Enrico non rispose e Caterina non chiese altro, lasciandosi ingannare ancora e ancora.

 

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Capitolo 5
*** Run out the room and I’ll follow you like a lost puppy ***


5.Run out the room and I’ll follow you like a lost puppy

 

This morning, you wake, a sunray hits your face
smeared makeup as we lay in the wake of destruction…

 

Il sole era ormai sorto nel cielo, ma né la luce dei suoi raggi, né il rumore della Corte che stava irrimediabilmente rientrando in attività, aveva sortito alcun effetto, perlomeno apparente, su Caterina. Gli occhi chiusi, i lunghi capelli sciolti intorno al volto, sembrava quasi una principessa delle fiabe in attesa del bacio che rompesse l’incantesimo, ma lei, immersa nel suo sogno che la notte precedente aveva contribuito a creare, non poteva avere la certezza se quel bacio ci fosse stato o meno.

“Caterina…”

Un leggero tocco sulla sua spalla e quella voce dolce si era insinuata nelle sue orecchie; non poteva sapere se fosse parte del sogno o della realtà, così nel dubbio decise di dare un’occhiata. Gli occhi da socchiusi divennero spalancati nel vedere la reale figura del marito e scattò a sedere, come a prepararsi ad una nuova ineluttabile battaglia. Ciò che non poteva sapere era che lui aveva deciso di deporre ogni arma.

 


hush baby, speak softly, tell me I’ll be sorry
that you pushed me into the coffee table last night
so I can push you off me

Enrico non aveva chiuso occhio quella notte; pensieri ingarbugliati si erano rincorsi nella sua mente, pensieri che avevano costretto Cromwell ad anticipare la sua alba e a risolvere in breve una volta e per sempre il Grande Problema del Re:  solo poche ore prima era stata presa la decisione che aveva camminato per troppi anni su un filo sottilissimo, e il Re quel filo aveva deciso finalmente di spezzarlo.

Con un accennato sorriso sulle labbra, incrociò le braccia al petto guardò verso Caterina, restò a fissare l’espressione di sorpresa sul suo volto senza dire una parola. Attendeva,  e si riscopriva adesso a volere una sua nuova promessa d’amore o semplicemente una carezza, parole e gesti che una volta avrebbe disprezzato, pretendo quasi delle scuse. Ma era sempre lui a doversi in realtà scusare, per il presente, per il passato, per come aveva tentato di cambiare il loro futuro.

 

Try and touch me so I can scream at you not to touch me
Run out the room and I'll follow you like a lost puppy



Restava a fissarla in attesa della sua prossima azione, anzi reazione: reazione a ciò che avevano vissuto quella notte o meglio in un’intera vita. Lui aveva già scelto, finalmente ne era sicuro mentre, fissando gli occhi ancora spalancati di sua moglie, gli sembrava di avere la percezione del “per sempre”. Ma Caterina non poteva indovinare tutto questo da un semplice sorriso, un sorriso che aveva visto troppe volte ultimamente,senza che fosse mai possibile leggervi una sfumatura d’amore perlomeno per lei e così la sua reazione si rivelò crudele. Crudele fu il modo in cui ruppe il contatto tra i loro sguardi, crudele il modo in cui scostò le coperte e scese dal letto, crudele il modo in cui gli diede le spalle.

 

“Vi ringrazio, Vostra Maestà per questa ultima notte da Regina”

 

Un tono freddo, tagliente, crudele.

 

 

Baby, without you, I'm nothing, I'm so lost, hug me
Then tell me how ugly I am, but that you'll always love me

 

Enrico si mosse lentamente, quasi ipnotizzato da tanta simulata indifferenza. Si avvicinò cautamente, quasi temesse di vederla scappare: un’ipotesi che prima di allora non aveva mai preso neppure in considerazione. Quella che aveva davanti non era la donna che conosceva: la sua Caterina era sempre stata lì per lui, per sorreggerlo, per proteggerlo, per amarlo, mentre adesso con quel gesto, con quelle parole, manifestava un’attitudine diversa, l’attitudine a essere una persona umana forse e a desiderare una fine per quella sofferenza quasi sovrumana che lui le stava dando.

 

Era colpa sua se vedeva la sua roccia sgretolarsi e lui adesso non poteva far altro che cercare di metterla in sesto, adesso che forse era troppo tardi.


“Amore mio…” sussurrò, poggiando delicatamente le mani sulle sue spalle sperando di farla voltare nuovamente verso di lui.

 

Ma lei non lo ascoltava neppure,si divincolò dalla sua presa e si avvicinò alla finestra: lo spettacolo che si svolgeva al di fuori di quella stanza sembrava essere tutto ciò che le importava al momento. Dopo un attimo di indecisione, il Re la imitò e diede anche lui un’occhiata. Ma cosa poteva esserci di così interessante in una carrozza? Qualche servitore si muoveva indaffarato e qualche cortigiano curiosa osservava incuriosito la scena, esattamente come sembrava osservarla lei.

 

 


This house is too huge, if you move out I’ll burn all two thousand
square feet of it to the ground, there’s nothing you can do about it

 

 

“Smettetela con questa finzione, Enrico” esordì improvvisamente Caterina, voltandosi di scatto per poterlo guardare.

“Quale finzione?” domandò lui apparendo per la prima volta sinceramente stupito.

Forse perché per la prima volta era sincero, e veniva accusato di una colpa che non sentiva sua.

“Questa notte, l’altra… Non posso… Smettetela vi prego” rispose lei, mentre i suoi occhi, riempiendosi di lacrime, risultavano più eloquenti delle confuse parole.

“Ma io vi amo” protestò lui semplicemente, afferrandola per le braccia con decisione, quasi per scuoterla da quello stato d’animo che lui non riusciva a sopportare sul suo volto.

Avrebbe voluto vederla pregarlo, convincerlo, perfino accusarlo, ma sempre forte, combattiva.

“Allora perché mi state mandando via?” ribatté debolmente accennando con la testa alla carrozza ferma all’ingresso del Palazzo.

Enrico strinse gli occhi confuso e per un momento allentò la presa; lanciò un’altra occhiata fuori la finestra e improvvisamente comprese. Scosse la testa mentre un piccolo sorriso si apriva sul suo volto, poi la strinse nuovamente e la avvicinò più a sé costringendola a continuare a guardare ancora un po’. Minuti interminabili rotti soltanto dal respiro sofferente di lei, minuti interminabili in cui nulla accadeva, nulla spiegava quel sorriso. Eppure restavano così immobili, ancora un po’.

Ancora un po’, finché la bella figura di Anna Bolena appariva inaspettatamente nella scena che stavano fissando e, salendo sulla carrozza tra il vociare delle dame e degli uomini di Corte che accorrevano sempre più numerosi, interpretava il suo ruolo da protagonista per l’ultima volta.

“Ma…” fu tutto quello che Caterina riuscì a dire, sopraffatta dall’incredulità.

Un ma privo di lacrime, e di sorrisi, un ma ancora incerto, un ma che sapeva di speranza e di paura.

“Voglio che restiate qui con me… “ disse Enrico, spostando adesso le sue mani sul viso di lei “Solo voi” aggiunse posandole un bacio sulle labbra.

Sorrise apertamente stavolta mentre avvertiva quelle labbra rispondere e udiva quella bocca ridere finalmente. Si allontanò dalla finestra e tenendola per mano, la condusse al suo letto, il loro letto.

Non voleva altro per quella mattina, non aveva bisogno di altro per tutta la vita.

 

With you I’m in my f-ckin’ mind, without you, I’m out it

 

 

 

NDA:

Dopo più di un anno e mezzo, posso finalmente mettere  la parola FINE a questa storia! Un grazie speciale a salierix che ha letto, seguito e incoraggiato ogni singola storia io abbia mai scritto per questo fandom, che rimarrà sempre il mio preferito.

 

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