E chi la ferma più questa Rivoluzione? - Parte II

di AndreaMesso45
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il tempo crea eroi ***
Capitolo 3: *** Bollicine ***
Capitolo 4: *** La fine del millennio ***
Capitolo 5: *** C'è chi dice no ***
Capitolo 6: *** Vivere o niente ***
Capitolo 7: *** Ho fatto un sogno ***
Capitolo 8: *** Ci credi ... ***
Capitolo 9: *** Un gran bel film (Prima parte) ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


E chi la ferma più questa ... Rivoluzione ?!


Parte II


Prologo


07/02/2030
 
Italia
District general
Resistance of the II Italy

 

Sai, essere libero costa soltanto … qualche rimpianto
 

Le voci in lontananza come sirene della polizia si propagavano per tutto il quartiere … sembrava un vecchio autocarro arrugginito quel rumore, un motore a scoppio malandato che accelera e decelera di giri … il cuore che pulsava nel petto … le mani tremanti … gli occhi di nuovo accessi e vivi.
Il vento suonava una nuova canzone quel giorno … una melodia che non si sentiva da molto tempo: la voce della gente … il popolo ha ripreso per un po’ a parlare dopo anni di mutismo e silenzio.
Forse poteva essere l’inizio di qualche cosa anche qui, dall’oltreoceano fino al vecchio continente ed allo stivale …
Cantavano su un palco, proponevano la loro Rivoluzione, laggiù … in un posto così lontano … ma sembravano invece molto più vicini … non erano più soli ormai.

Il mondo stava risalendo dal baratro, pian piano, a piedi nudi sui carboni ardenti con un sorriso in faccia e un’ascia sulle braccia … e una rosa nel taschino della giacca … con un lungo bacio appassionato in bocca … il mondo stava risalendo … questa volta poteva esserci questa Rivoluzione tanto decantata dagli “antichi”.
Alex ascoltava la radio ad onde corte, sotto quell’orribile fruscio di flussi magnetici si sentiva della musica … dal vivo … dopo anni e anni che non se ne sentiva … per lui era la prima volta.
Aveva sempre sentito clandestinamente vinili, i formati che ancora si riuscivano a trovare a discapito dei cd e dei dvd completamente andati distrutti nella presa del Regime.
Era il sette febbraio, un giorno importante per Alex come per tutti i suoi amici e compagni di avventura, il giorno della nascita della Resistenza della II Italia e lo stavano festeggiando tutti nel bunker principale … con un megaschermo che proiettava immagini direttamente dai vecchi Stati Uniti d’America.
Max aveva gli occhi lucidi, fissava lo schermo ininterrottamente … e intanto fuori scendevano fiocchi di neve tra le strade del Regime Italiano, tutto in allerta.
Sirene … sirene di voci … tutti brindavano con tutti nonostante i bicchieri fossero per la maggior parte vuoti o pieni di acqua sporca.
Su quel  maxischermo c’erano i promotori … i Rivoluzionisti che parlavano a tutti con il cuore in mano … e con un plettro tra le dita, la gente ascoltava e piangeva … e prendeva coraggio e coscienza … così non si poteva più vivere, dove cambiare qualcosa e qualcosa adesso stava mutando … dentro ognuno di loro.
Arrivò in quel momento Francesca, tutta rossa ed agitata per la corsa da casa sua al bunker principale per partecipare anche lei alla festa.
Vide Max ed Alex ma soprattutto la sua migliore amica Valentina che la stava aspettando a braccia aperte con un sorriso smagliante sul viso.
Tutti erano felici, tutti adesso sapevano.
La Rivoluzione siete VOI!” gridava su quel megaschermo quell’anziano signore dai capelli lunghi agitando una chitarra ed è esattamente quello che c’era scritto sul Manifesto centrale della Resistenza della II Italia.
 

Quando il collegamento si bloccò per assenza di segnale, il concerto era ormai in declino … le bombe … le bombe scoppiarono … pochi si salvarono …
Una nazione quel giorno risorse dalle proprie ceneri grazie a quelle persone che si sacrificarono per far passare il messaggio, iniziò una Vera e propria Rivoluzione laggiù.
E mentre le esplosioni si facevano sempre più grandi, una voce continuava ad urlare “Non arrendetevi! Non arr… !! Sie… la speranz…!! Siete Voi……..
Tutta la Resistenza italiana rimase in silenzio ad ascoltare quel segnale muto ed a guardare uno schermo nero … aspettando di sentire ancora qualcosa … rimasero tutti in silenzio … e dentro ognuno di loro ringraziavano quegli uomini che si erano sacrificati per il mondo.
 

Alex fu il primo a notare il ritorno di segnale qualche ora più tardi.
Là, in quella che una volta era la terra di grandi opportunità, era scoppiata la guerra civile, la Resistenza aveva preso il potere per le strade con i cittadini e si stavano organizzando per combattere il Regime.
In Italia la situazione era messa ben peggio, il segnale della Resistenza Americana arrivò a pochissimo e tutto quel trambusto lontano fu ben occultato dalla Milizia e dai mass-media, intenti a tenere segreto il piano della Resistenza.
Il segnale era ritornato, su quello schermo parlava un generale “Mi chiam… Cameron. Sono qui per annu….vi l’inizio di una nuova era…. È partita la Rivoluzione! Combattete al nostro fianco e insieme potremo farcela! Non abbandonateci e non abbandonatevi! Insieme po#....... vincere!! Grazie!! Qui, Generale Cameron della Re….
Il video sparì, rimasero solo rumori di sottofondo, scoppi, bombardamenti … il sangue si gelò nelle vene ad Alex, quelli facevano sul serio … davvero!
La voce sotto era sommessa e praticamente quasi indefinibile ma percepirono qualche parola … ancora qualche briciola di frase … ma sentirono molto bene il tono della voce, diretto e fiero … quasi consapevole della propria forza e convinzione ed aveva convinto anche Alex.
Si girò verso Max, il suo fedele amico, e fece un cenno con la testa … venne ricambiato, Max annuì.
Questa volta il segnale sparì definitivamente e qualcuno chiuse il collegamento, Valentina teneva la mano di Francesca e si guardavano negli occhi, poi si abbracciarono, sentivano una speranza nascere dentro di loro …
Raggiunsero Max ed Alex ed insieme andarono davanti alla vetrata centrale del bunker dove vi era inquadrato il Manifesto, un grande librone che era come una bibbia.
Il generale Mattei, a capo della Resistenza della II Italia fece riunire tutti proprio lì dove si trovavano i quattro amici, poi alzò le mani ed annunciò l’inizio della Rivoluzione.
Tutti fecero un grande applauso e ci furono anche fischi di approvazione e incitamento.
Poi aprì il Manifesto e disse “In tutti questi anni in cui sono stato a capo della Resistenza, in cui ho visto nascere questo movimento, non sono mai rimasto così colpito e convinto della nostra forza. Questo è il momento che aspettavamo, adesso tocca a noi”.
Nel mentre che parlava, guardava la folla ascoltarlo ed osservava gli occhi di tutti, aveva una espressione molto tesa come se si sentisse in qualche modo responsabile della vita di tutti loro.
Poi scese dal palchetto in cui si era messo a parlare e fece segno di leggere la parete del muro in cui era stata incisa l’ultima frase del Manifesto prima della cattura degli “Antichi”, ovvero dei fondatori della Resistenza in Italia.
Tutti fissarono quel muro e mentalmente lessero …
La neve continuava a scendere imperterrita, senza accorgersi del cambiamento nei sotterranei italiani … sopra la Resistenza chili e chili di asfalto e ancora più su la vita vera, la realtà dei fatti, sotto gli occhi di tutti … gli occhi del mondo intero.
Alex lesse per la milionesima volta quella frase firmata con la V di Vittoria e di Verità … e di Vita … sentì dentro di se un calore incontrollabile, la sua mano tremò per un piccolo secondo, poi fissò Francesca negli occhi e percepì la stessa emozione che provava lui nelle sue pupille … nella sua mente sentì quella frase trasformarsi in parole … parole nel vento freddo di febbraio, sotto un cielo scuro e con intorno miliardi di cuori pulsanti.
 


Sai, essere libero costa soltanto … qualche rimpianto …
Si … tutto è possibile … perfino credere che possa esistere … un mondo migliore

 

To be continued …




messo45

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Capitolo 2
*** Il tempo crea eroi ***


E chi la ferma più questa ... Rivoluzione ?!


Parte II


Capitolo 01 - Il tempo crea eroi



13/02/2030
 
Italia
District general
Resistance of the II Italy

 

Ed il tempo intanto crea eroi … mentre il sole brucia ancora per i cazzi suoi

 

“Ehi! … Ehi!! … Ehi tu!!! …”
“Santo Dio!! Ti sento!! Che cosa c’è?”
“Vieni verso di me, per l’amore di Dio! Vieni più vicino, ho bisogno di te qui ora!”
“Eh, capo! Un attimo, santa la miseria”
 

Il freddo era inebriante, quasi elettrizzante … il panorama tutto bianco.
Saranno state le prime ore del mattino, con un silenzio atroce … il classico silenzio prima di un gran trambusto … la quiete prima della tempesta.
L’unico rumore che si sentiva erano i lenti passi sulla neve dello squadrone Einaudi (nome in codice datogli dal generale Mattei).
Ah, giusto … ovviamente anche le voci del capo plotone, il capitano Molini che bisticciava con un soldato dello squadrone, il suo braccio destro tenente Grotti.
Alex, poco dietro di loro, li osservava trattenendo a stento le risate.
Andare in spedizione con lo squadrone Einaudi era sempre un’avventura senza confine, piena di risate e di momenti incredibili … ma nonostante questo potesse essere simbolo di poca credibilità, era il miglior plotone di tutta la Resistenza.
Alla squadra era stata assegnata la prima vera missione della Rivoluzione targata Italia, dovevano andare a recuperare un certo Dado Bunni che, secondo il Generale Mattei, era fondamentale per la riuscita della Rivoluzione.

 

Le informazioni che diede Mattei a Molini furono pochissime.
Sapevano esattamente solo l’ubicazione di Dado Bunni, dove il Regime lo teneva, ma non si trovava in una prigione, bensì lavorava in stabilimento come cameriere e spazzino.
Questo edificio era situato sulle montagne dell’Appennino tosco-emiliano, era notevolmente grande e si trovava in una sorte di valle.
Sembrava un edificio americano, tutto corrazzato, quasi delle segrete.
Molini osservava quello stabilimento con il suo binocolo vecchio modello, color nero … dietro di lui erano sparsi gli altri uomini della sua squadra.
Ovviamente aveva da ridire a Grotti che invece era sul versante opposto, leggermente spostato sulla loro sinistra … stava rientrando in posizione.
Si trovavano su questa piccola collinetta che permetteva loro di nascondersi bene e di osservare da un’ottima posizione l’intero stabilimento ed il movimento delle guardie.
“Ehi, Molini! Che cavolo ci fanno lì dentro? Cos’è questo posto?” chiese a bassa voce un ragazzo della squadra.
“Dio mio!” disse girandosi il capitano “E tu saresti nella mia squadra? Ma non ti conosco! Va bè, ragazzo, se lo sapessi probabilmente non te lo direi .. ma non lo so”.
Se ne stavano accovacciati per terra già da qualche mezz’ora e Alex sentiva il freddo che gli percuoteva le ossa.
Si erano, nonostante il budget non molto elevato che possedeva la Resistenza praticamente nullo, vestiti in modo strategico per ovviare alla neve caduta nei giorni precedenti e per mimetizzarsi con l’ambiente.
Erano tutti bianchi, estremamente bianchi, anche le armi (semplici fucili semi-automatici con una scarsità di munizioni imbarazzante) erano state pitturate di bianco.
Su quel posto erano caduti diversi centimetri di neve che era rimasta lì tutta la notte, quasi ad aspettare la squadra ed il suo arrivo che avvenne verso la mezzanotte di quello stesso giorno.
“Ehi, Molini! Cosa cavolo dobbiamo fare là dentro?” chiese ancora quel ragazzo ‘bussando’ con la mano sulla spalla del generale che si rigirò stizzito “Bè, ragazzo, entriamo e prendiamo quello che dobbiamo prendere ed il gioco è fatto”.
Tornò a fissare il suo obbiettivo con il binocolo “Comunque è la prima volta che ti vedo, non so chi tu sia” affermò sottovoce con accento fermo e rilassato.
Molini era un uomo sulla quarantina di anni, con la barba, una robusta corporatura che aveva gusti molto retrò.
Era consuetudine la sua di portarsi dietro il suo sigaro portafortuna che diventò presto una leggenda tra la gente della Resistenza Italiana, ma prima di tutto questo casino era un professore delle superiori, insegnava matematica e aritmetica, ovvero un mare di logaritmi e funzioni … forse per questo era bravo con le strategia.
Mentre il suo tenente e braccio destro Grotti era un uomo leggermente più basso e con un fisico un po’ meno snello e più rotondo … aveva un carattere simpatico nonostante molte volte fosse quasi irritante e supponente, estremamente capace anche lui, si era laureato in Architettura ed era una specie di architetto, ma non parlò mai della sua vita precedente.
Alex provava ammirazione per quei due soldati, quei due uomini, in cuor suo li rispettava … e anche questo fu un fattore che lo portò a diventare parte integrante della squadra.
Questa era la sua prima missione con l’Einaudi di Molini ed era comprensibilmente eccitato e un po’ pauroso ed insicuro.
Ma guardare quei due grandi personaggi gli dava la giusta sicurezza e tranquillità per rimanere freddo e concentrato, anche se freddo c’era già da un pezzo visto il clima non certo tropicale di quel posto.
Il fedele amico di Alex, Max, era rimasto alla base della Resistenza con la sua amica Francesca e con Valentina … ad Alex un po’ dava fastidio il fatto che il suo miglior amico potesse stare al caldo, al sicuro, mentre lui era in missione ma non ci fece più di tanto caso.
 

 

Ci si gioca il tempo dentro i bar … e si prega un Dio digerendo i guai …
Tutto ciò è la vita, amico … e tu lottando vai messaggero dei problemi tuoi …

 

“Ehi, Perruti! Perruti!! Passami di nuovo la cartina” esternò Molini.
Perruti era un altro personaggio della squadra, il sottotenente e di conseguenza il secondo braccio destro di Molini.
Lui aveva una corporatura decisamente ‘piena’, era senza ombra di dubbio obeso, grasso ma non per questo rallentava la squadra, anzi, aveva una grande agilità e precisione nelle cose che faceva, era uno dei punti di forza del plotone.
Inoltre, era famoso per la sua armonica che si portava sempre dietro e che nei momenti difficili era solito suonare per rallegrare il gruppo.
La chiamava Harley Harmoniosa, un nome … un programma.
“Certo, capitano. Ecco a te” rispose Perruti, si davano tra di loro del ‘tu’ invece del classico ‘lei’ … anche perché questi gradi erano stati ottenuti non in via del tutto ufficiale, sempre di Resistenza si parlava quindi di qualcosa di segreto ed assolutamente illegale agli occhi del Regime, quindi erano tutti semplici soldati alla fin fine.
Molini guardava e scrutava la cartina e con il dito ripercorreva il viaggio che avevano fatto per arrivare lì e dove avevano lasciato l’elicottero che gli aveva portati in quel posto freddissimo.
“Bè, ok. Sperando che non succeda niente all’elicottero, direi che possiamo proseguire con la missione” affermò  Molini riconsegnando la mappa a Perruti che se la mise nel taschino dei pantaloni e rispose “Confidiamo nel soldato Singh, signore”.
“Ah già, quel ragazzo … ho dovuto lasciarlo di guardia perché non si mimetizzava molto bene con la neve” affermò Molini facendo una smorfia, poi diede un segnale con la mano in segno di riunione e spiegò il piano per il continuo della missione
“Allora, signori, se siamo arrivati fino a qui nulla ci toglie di arrivare fino a lì” ed indicò lo stabilimento.
“Ah, capitano, non fa una piega” affermò Grotti.
“Entriamo dal cunicolo dell’aria condizionata, ho memorizzato gli orari delle guardie ed ora è il momento giusto” continuò Molini “Dobbiamo restare uniti, dentro avremo pochissimo tempo per localizzare il dottor Bunni e portarlo via con noi. Ho motivo di credere che non sia imprigionato quindi avremo certamente meno difficoltà che, per esempio, con un detenuto che è strettamente sorvegliato di norma”.
Tutti guardavano il capitano negli occhi, lui guardava nelle pupille di ogni suo soldato con una espressione di orgoglio e rispetto “Pronte signorine? Perché ci sarà da divertirsi!”.
Partirono.
 

Con le mani sporche di allegria … i bambini giocano coi sassi della via …

Ed i vecchi invecchiano davanti alla tivù con la pipa ed uno ‘scommettiamo’ in più

 
 
“Aspetta un secondo … aspetta un secondo … ti ho detto di aspettare un maledettissimo secondo!! Qui non si capisce un emerito mazzo in questa mappa dell’edificio” esclamò a bassa voce Molini.
Erano dentro lo stabilimento … entrati come da programma dai cunicoli di aereazione dove all’ingresso si erano posizionato due uomini a fare da palo.
Molini bestemmiava contro la pianta dello stabilimento in cui era segnato il punto dove si trovava l’uomo da prelevare.
Erano ormai fuori dai cunicoli e si trovavano nascosti in una specie di magazzino per il cibo.
Quell’edificio sembrava una stazione di soldati del Regime, di reclutamento.
Vi erano camere da letto, stanze gigantesche per addestramenti speciali, mense enormi … ed il posto brulicava di soldati.
Alex teneva una pila puntata sulla mappa di Molini poiché in quel magazzino vi era poca luce.
“Secondo me siamo nella parte sbagliata, dobbiamo rientrare in questo altro settore” affermò Grotti fissando anche lui quel pezzo di carta ingiallito.
“Eh seee! Come no!? E allora io sono imbecille e scemo, pensi che abbia sbagliato entrata?” grugnì Molini.
“Già, l’avrai guardata all’inverso questa mappa, che vuoi che ti dica?” rispose alzando le spalle Grotti.
Mentre qui due bisticciavano, ad un certo punto, si spalancò la porta centrale di quel magazzino dove vi erano i nostri soldati e si presentò un uomo dalla statura medio alta, un pizzetto decisamente folto e pronunciato vestito da cameriere da quattro soldi.
Tutti rimasero zitti e muti, imbracciarono i fucili e li puntarono contro quell’uomo.
“Fermo! Alza le mani, mettile sopra la testa e stenditi per terra! Lentamente senza dire niente o finisci molto male” affermò Molini impugnando il fucile e gesticolando con una mano.
Quell’uomo rimase quasi sbigottito ma non impaurito, anzi, stette fermo lì ad osservarli con uno sguardo amletico, poi si girò e chiuse la porta del magazzino dietro di sé, li fissò di nuovo ed enunciò “Bene, bene. Direi che siete arrivati! Io sono il dottor Dado Bunni, vi aspettavo ma non così presto ovviamente, se no mi sarei vestito in altra maniera”.
Molini rimase a dir poco sorpreso e certamente felice, si alzò scoppiettante ed affermò “Bene, Giunni! Dai che …” l’uomo lo interruppe stizzito “Dottor Bunni”.
“Ehm … si, dai che andiamo che è tardi, non c’è da perder tempo!” finì il capitano.
Partirono con il dottore sotto braccio, ‘perché poi dottore?’ si chiese tra se e se Alex.
Tornarono ai cunicoli … ma qualcuno li notò e fece suonare l’allarme dello stabilimento.
 

E davanti ancora tra la nebbia e la follia … ed in tasca la democrazia!
E alla gente povera rimanga l’onestà … a vantaggio di chi non ce l’ha … che comunque può comprarsela


 

Tutta la milizia si attivò alla ricerca dei fuggiaschi e del dottore scomparso, alcuni soldati cominciarono a sparare a casaccio contro le pareti, non avevano ancora finito l’addestramento a quanto pare.
Nel frattempo in tutto quel gran trambusto di suoni, spari, allarmi, sirene assordanti e urla di soldati mezzi impauriti e un po’ inesperti, la squadra arrivò all’entrata del tunnel da cui erano acceduti.
Ripresero con loro i due soldati che facevano da guardia al cunicolo che nel mentre avevano tenuto al sicuro con ottimi risultati la loro postazione.
“Forza, Clunni! Andiamo!!” affermò Molini al dottore sempre più stizzito che rispose sillabando bene “Dottor Bunni! D … o … t … t …”
“Okay, non abbiamo tempo per il gioco dei nomi e delle città, ci stanno sparando addosso quei mezzi rimbambiti là e sebbene la loro mira sia simile a quella di un orbo, non mi fido a star qui! Corriamo!” urlò Grotti.
Corsero a gambe levate con il dottore davanti a loro verso il punto di ritrovo dove avevano nascosto il velivolo per tornare alla base.
“Stanno arrivando con dei gatti delle nevi, muoviamoci!” urlò Alex, poi scoppiò un enorme bomba a mano vicino a loro.
Alex la vide arrivare quella bomba verso il capitano Molini, quindi con un colpo di reni quasi incredibile gli saltò addosso salvandolo quindi da una esplosione certa.
 

Per un momento la neve sembrò alzarsi di netto da terra per ricadere di colpo su tutti, per fortuna non ci furono feriti ne vittime ma alcuni soldati presero paura.
Il capitano si rialzò e subito e riprese la corsa, così come Alex.
Arrivarono di corsa al velivolo dove gli aspettava il soldato semplice Singh che salì subito sull’ elicottero ed accese il motore.
“Forza, forza! Salire, salire!!!” urlò Perruti.
Montarono tutti su quell’aeromobile e presero il volo con sotto di loro le guardie ed i soldati dello stabilimento che li maledicevano e che tentavano di beccarli con pallottole e palle di neve.
“Wooooo” urlò Singh andando quasi in stallo con l’elicottero ma poi riprese il volo tranquillo.
Di fianco a lui si sedette Molini e si mise le cuffie radio e tentò di chiamare il quartier generale e Mattei, in un primo momento senza avere risposte, poi si girò indietro a fissare la sua squadra esausta per la corsa … ognuno era nella sua posizione, Alex il più lontano di tutti sul fanalino di coda, alla torretta e mitragliatrice.
Poi guardò il dottore appena prelevato con un gran sorriso e gli porse la mano per presentarsi “Piacere di conoscerla Bunni” affermò Molini e, vedendo la faccia ancora più stizzita di quell’uomo, si corresse “Ah, ingegnere Bunni!” … nemmeno a dirlo … il dottore andò su tutte le furie.
Intanto che il viaggio proseguiva, con sullo sfondo un cielo azzurro aperto, un paesaggio sottostante tutto bianco, una aria fresca mattiniera … ed il suono dell’armonica di Perruti perfettamente armonioso e malinconico … Molini fissò Alex con uno sguardo paterno, quasi a ringraziarlo … gli fece cenno di avvicinarsi … lui obbedì, così appena fu vicino abbastanza da potergli parlare, gli disse “Ragazzo, mio padre diceva che il tempo crea eroi … e non solo. Ma oggi non è stato il tempo … sei stato tu, ragazzo, a diventare eroe. Sono orgoglioso di averti qui con noi” e poi gli diede una bellissima pacca sulla spalla.
Gli occhi di Alex luccicavano, si sentiva rispettato e utile … si sentiva amato ed accettato, finalmente si sentiva parte integrante del sogno … della Rivoluzione … ed era solo l’inizio.
 


Ma restate pure calmi, lì seduti al bar … con il vostro Dio ed i vostri piccoli guai …
No … non è successo niente … la vostra casa è là … e nessuno ve la toccherà!
 

 
 


To be continued …

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Capitolo 3
*** Bollicine ***


E chi la ferma più questa ... Rivoluzione ?!


Parte II


Capitolo 02 - Bollicine


16/02/2030

 
Italia
Resistance of the II Italy

 
 

Piccolo … spazio … pubblicità! …”

 

“Non dirà sul serio? Immagino sia uno scherzo. E anche di cattivo gusto!” aveva affermato Grotti.
E invece era vero … era incredibilmente vero.
 

Al ritorno al quartier generale della Resistenza, la squadra Einaudi di Molini consegnò il dottor Bunni nelle mani del Generale Mattei che fu estremamente felice.
Non mancarono ovviamente i convenevoli tipo ‘buongiorno’ … ‘come sta?’ … ‘è un piacere vederla’ … e altre smancerie, in poco tempo però si arrivò al punto.
Si trovò una sistemazione serena e all’avanguardia per il dottore, gli fu consegnato uno stanzino dove poteva effettuare esperimenti e dove poteva anche alloggiare poiché vi era il posto per una brandina.
Successivamente, Mattei ed il dottor Bunni si rincontrarono in gran segreto nell’ufficio del Generale, da soli e parlarono per almeno due ore, nessuno sapeva cosa stava succedendo.
Poi passò un giorno … un lunghissimo giorno in cui tutto sembrò fermo, soprattutto per Molini ed i suoi; altre squadre andarono in ricognizione per cercare viveri e materie di importanza primaria come carburante e medicine, ma non ci furono sostanzialmente nuove missioni per la Rivoluzione.
Il giorno successivo Mattei fece chiamare a se Molini e gli ordinò di tener pronto la squadra; in quei momenti Alex era ritornato a stare con il suo amico Max nel loro settore e nella loro ubicazione presso lo stabilimento della Resistenza Italiana, aveva raccontato tante cose a Max, di come era riuscita la missione, di come avesse temuto per la sua vita in alcuni momenti, di come aveva salvato il capitano Molini da una granata, ‘non sono cose che succedono tutti i giorni’ raccontava all’amico che, invece, ascoltava imperterrito senza mai interrompere, cosa a dir poco incredibile visto che Max aveva questa abitudine di parlare in continuazione.
Era stata una bella giornata, quella, una ottima giornata per ricaricare le batterie e per stilare un nuovo punto della Rivoluzione … un punto a dir poco inverosimile.
Il dì seguente Mattei avvertì Molini che era pronto per dare il nuovo compito alla sua squadra, una nuova missione molto pericolosa.
Si presentò tutta la squadra al cospetto del Generale nel suo ufficio per fare un rapido briefing della missione, di fianco a Mattei vi era il dottor Bunni, con il camicie bianco e degli occhialini simpatici a mezza via sul naso.
E da qui arriva la frase di Grotti … una espressione di incredulità, Mattei spiegò il nuovo obbiettivo che era distruggere una importante industria fondamentale per il Regime.
Tutti si aspettavano di sentire ‘industria di armi, industria farmaceutica, industria di tecnologie belliche, industria chimica’ ed invece … “Esatto! Per tutte le ciambelle del mondo! Deve esserlo!” esclamò Perruti mentre addentava una gustosa ciambella al caramello.
“Generale, non ascolti questi ignobili umanoidi. Ma … me lo dica a me … è uno scherzo vero?” sussurrò il capitano Molini con un sorrisino molto eloquente.
“Capitano Molini, pensi a tagliarsi la barba lei! Se le do un ordine, è un ordine, qualunque cosa sia, di qualunque cosa si tratti, è un ordine e lei deve eseguirlo” affermò Mattei “Non mi interessa se lei non riesce a capirne il senso, lei dovrebbe solo farlo saltare” precisò, poi girò gli occhi verso l’alto e con le mani mimò un grande cerchio ed urlò “Si! Una bella esplosione. Bam!” e simulò con le braccia una grossa esplosione.
Tutti rimasero un po’ sconcertati dall’atteggiamento del Generale e soprattutto dell’annuire costante del dottor Bunni al suo fianco.
“Si, già … Però, mi conceda di fare alcune considerazioni” chiese Molini, “Ah prego” rispose il Generale.
“Dunque, punto primo la mia barba non la taglio perché è parte importante del mio Io interiore, punto secondo che cosa possiamo utilizzare per fare saltare un’industria così grossa? Punto terzo, come torniamo a casa sani e salvi?”
Mattei guardò dritto negli occhi il capitano della squadra Einaudi e disse ostinato “Con il plastico. Tutto si fa con il plastico. Le bombe, le pareti, i pavimenti, i seni. E alla fine tutto esplode prima o poi!”
Non rispose agli altri due punti indicati da Molini, ma continuarono a programmare la missione per filo e per segno, segnando sulla mappa il da farsi e la strada per l’andata ed il ritorno.
Avevano pensato a due tragitti diversi per non incappare in posti di blocco, uno per l’andata ed uno diverso per il ritorno.
Tutto questo sotto gli occhi fissi del dottor Bunni, che continuava a muoversi incontrollato per la tensione ed ogni tanto fissava un punto a caso nell’ufficio di Mattei.
L’industria si trovava precisamente vicino ad un granaio situato in Valle D’Aosta, ma la cosa più importante era il … ‘cosa’ c’era da distruggere di così importante per il Regime.
“Si tratta di una impresa che produce Coca Cola” aveva detto subito il dottor Bunni al briefing mandando in corto circuito le menti di tutti i presenti.
Dovevano distruggere una industria che produceva Coca Cola, qualcosa di estremamente strano ed inusuale, tanto da insospettire persino Molini e lo stesso Mattei.
Però era così e c’era da fare, ma ancora non si capiva il motivo di questo gesto, di questo piano … perché distruggere una cosa così? Perché fermare la produzione di Coca Cola?
Il motivo non era così semplice da spiegare, ma il dottor Bunni, sotto esplicita richiesta di Grotti, svuotò il sacco.
Egli aveva scoperto che il Regime utilizzava la Coca Cola e la sua popolarità pubblica tra i cittadini di tutto il mondo per modificare la personalità … e anche l’umore della gente.
Avevano praticamente trasformato, tramite delle tossine e l’inserimento di ormoni nella nota bevanda, la Coca Cola in una bibita della felicità e della stupidità.
Infatti, ingerendo le sostanze aggiunte, seppur in minima quantità, in ogni lattina il cervello veniva inibito di alcune proprietà e quindi la popolazione era più malleabile.
In questo preciso caso anche la pubblicità della bevanda aumentò esponenzialmente e venne anche abbassato il prezzo in blocco ed il costo di listino, perciò divenne più semplice bere una Coca Cola che un bicchiere d’acqua poiché costava di meno la bevanda.
La gente venne quindi costretta a bere questa roba e a subirne senza accorgersene gli effetti psichici disastrosi … e tutto questo fu scoperto da Bunni tanto tempo addietro.
Raccontò, inoltre, che nessuno del Regime era a conoscenza della sua scoperta, in quel caso lo avrebbero subito zittito definitivamente o addirittura eliminato; l’unica cosa che sapevano di lui è che era un ottimo scienziato ed inventore e per questo era meglio tenerlo sotto controllo come spazzino, la sua creatività era stata censurata praticamente.
Alla spiegazione di Bunni, il piano divenne più chiaro a tutti, Alex pensò che era impossibile una cosa del genere, ne aveva bevute tante di Coca Cola di questi tempi, non si immaginava certo tutto questo.
 
 

“Radio … superstereo radio!”

 
 
Come ci sarebbero arrivati fin là?
Il piano era molto semplice, Mattei era riuscito a contattare i suoi uomini abitanti in quelle zone, anche loro facenti parte della Resistenza ed aveva conseguito un ritrovo per scappare dopo l’esplosione.
Il loro uomo ad Aosta si chiamava Simon, uno sulla quarantina molto simpatico anche se a volte troppo supponente, era una persona che esigeva assoluta precisione, a detta di molti un geniaccio.
Simon aveva il compito di aspettare la squadra Einaudi, con un camioncino abbastanza capiente da contenere tutta la squadra e di farla scappare ad esplosione avvenuta.
Si era perfettamente concordato con Mattei e per il viaggio di ritorno era praticamente tutto calcolato, mentre per l’andata si dovette subito scartare l’ipotesi di arrivarci via terra, era impraticabile andarci in automobile causa scarso carburante e mancanza di veicoli grossi, il treno era fuori questione perché dal giorno della Rivoluzione in America venivano tutti strettamente sorvegliati, via mare era praticamente impossibile.
Cosa rimase? Andarci via aerea, con un elicottero abbastanza potente e abbastanza sicuro da poter volare nella notte senza essere notato dai radar del Regime e dai loro satelliti.
Nel 2026 fu scoperto da un grande ingegnere di nome Sandrone Foscone un modo per evitare ai velivoli di essere scoperti dai radar: si doveva ricoprire l’aereo di speciale filo di rame, crearne quindi una bobina e una gabbia di Faraday (o almeno molto simile), collegare il filo con un minuscolo GPS che mandava un piccolo segnale cosicché quando l’imput del radar intercettava quello del velivolo, il segnale ritornava al mittente neutralizzato e smagnetizzato, rendendo sostanzialmente l’elicottero invisibile … un fantasma.
Questo metodo fu messo in pratica varie volte prima di trovarne la giusta sistemazione, per fortuna Mattei riuscì a procurarsene uno con la corretta modulazione nel 2028 e così decise di utilizzare quello.
Si raccomandò con Molini di fare attenzione perché quel velivolo era particolarmente importante per lui.
Secondo il piano stilato nel briefing, il pilota dell’aeroplano doveva accompagnare fino ad un certo punto la squadra, in quel posto preciso si sarebbero calati tutti dall’aereo e sarebbero atterrati su una collinetta abbastanza alta con una discesa ripidissima.
Da lì il pilota sarebbe tornato indietro per la sua strada a riportare l’aereo alla base, nel mentre il plotone doveva semplicemente ‘saltare’ dalla montagnola con un deltaplano e sarebbero planati sull’edificio, che appunto si trovava sotto quella montagna, incastrato quindi in una specie di valle.
“Quindi uno dei nostri dovrebbe ritornare indietro con l’aereo? Se ho capito bene, abbiamo un posto in più” osservò Molini “Bene, ragazzo?” guardò Alex “Vieni un po’ qui. Vai a chiamare il tuo amico … ehm … come si chiama …”
“Max, signore” rispose Alex tutto contento di poter avere il suo migliore amico in missione con lui.
Lo andò a chiamare, Max alla notizia non saltò proprio dalla contentezza però non si dispiacque più di tanto, era solo felice di passare del tempo con Alex e di servire anche lui per la Rivoluzione.
 

Coca Cosa? … Ah, coca cola!

 

“Dunque …” cominciò a parlare Molini sull’aeroplano, erano partiti giusto da una mezz’ora, erano già le due passate, doveva sbrigarsi ad arrivare “qualcuno di voi soffre di vertigini?” chiese.
Alcuni alla sola parola mandarono giù la saliva, Grotti si girò verso Molini con una fantastica espressione in viso del tipo ‘te lo avevo detto io’ poi gli sussurrò in uno orecchio “Era meglio chiederlo prima di partire forse?”.
“Bene! Io vedo solo facce prontissime alla guerra e, forse, ad una morte dolorosa nel caso i nostri mini deltaplani non dovessero funzionare!” affermò Molini, con il suo solito fare estroso.
I mini deltaplani in dotazione non erano proprio sicurissimi, era stati omologati per una persona ma ne avevano così pochi che furono costretti ad utilizzarne uno in due, ovviamente Molini e Grotti lo presero insieme, così come Alex e Max.
Il capitano si risedette nel posto del co-pilota e si accese il sigaro … pensò ‘spero solo che questo Simon si faccia vivo nell’orario stabilito’.
 

Arrivarono su quella collinetta grazie ad un atterraggio prestigioso del loro pilota, scesi tutti ripartì immediatamente augurando buona fortuna, alcuni lo mandarono a quel paese.
Cominciarono a prepararsi per planare sulla industria della Coca – Cola, ben visibile grazie ai faretti notturni che la illuminavano.
‘Però è veramente bella’ pensò Alex mirandola dall’alto.
“Allora, siam pronti? Andremo giù in piccoli gruppetti, a due a due. Primo gruppo, Alex e Max. Forza andare!” così coordinava questo ‘sbarco’ Perruti con già in mano il suo mini deltaplano, lui era l’unico ad averne uno tutto per se ed era per questo il chiudi fila.
Max e Alex si guardarono bene negli occhi e poi si buttarono di giù cercando di non urlare.
Quando fu la volta di Molini e Grotti, Perruti osservò “Capitano, non è meglio se scende senza il sigaro in bocca?”
“Ma stia un po’ zitto, sembra mia madre! Non giocare con il salvavita, non toccare i fili elettrici, non fare il bagno con il phon! Si, ma io sono uomo di mondo!” dichiarò Molini e poi si buttò con il suo compare.
‘Sarà!’ pensò Perruti e poi si lanciò.
C’era un punto nel vuoto in cui tutti dovevano virare leggermente a destra per non finire fuori traiettoria, inutile dire che Grotti e Molini presero una scia completamente diversa, arrivando nello stesso punto degli altri, ma prendendosi dei rischi altissimi; inoltre Max ed Alex arrivati sul tetto dell’edificio poterono benissimo sentire i bisticci di quei due mentre planavano un po’ a caso.
Si misero sonoramente a ridere per qualche secondo, prima di riprendere fiato e postura … e anche la calma.
Quel posto brulicava di cartelloni pubblicitari e di frasi fatte … ‘ah, la vecchia pubblicità!’ sospirò Alex.
 

Bevi la Coca Cola che ti fa bene! Bevi la Coca Cola che ti fa digerire!!
Con tutte quelle … tutte quelle Bollicine!”

 

Finalmente erano pronti per fare saltare tutto, avevano con loro delle preziosissime mini – bombe al plastico con annesso una minuscola carica di idrogeno in modo da rendere quell’ordigno, oltre che incredibilmente potente nonostante la piccolezza, anche ecologicamente sostenibile.
Erano stati montati perfino con colla appiccicosa in modo da riuscire a fissarli, poi erano stati addirittura pitturati con colori opachi che respingono la luce, cosicché potessero essere invisibili alle guardie.
Avevano pensato di appiccarli a diversi punti dell’edificio, quelli fondamentali, soprattutto nel punto in cui avevano il carburante per far funzionare i motori a scoppio dell’edificio, in quel modo sarebbe stato più facile far esplodere tutto.
Si divisero in due sotto squadre, una di nome Tom, l’altra di nome Jerry (‘che fantasia!’ pensò Max senza dire niente però), ognuna si sarebbe calata dal tetto e avrebbe coperto una zona dell’edificio.
Dopo aver piazzato le bombe, le due parti del team di Molini dovevano rincontrarsi in un punto predefinito dietro gli scarichi dell’azienda, da lì sarebbe iniziato il piano di rientro alla base e quindi l’esplosione.
Max ed Alex erano nel gruppo Jerry, cominciarono a collocare le bombe in vari punti del loro settore, cercavano posti dove potessero essere invisibili, quando uno collocava una bomba un altro doveva coprirlo per non farlo scoprire delle (poche) guardie presenti a sorvegliare.
Molini riuscì, tramite un generatore sul tetto dell’edificio, a neutralizzare per pochi minuti le telecamere a circuito chiuso che riprendevano l’ambiente esterno, avevano quindi poco tempo.
Mentre cercava di bypassare quel segnale, aveva dietro di se Perruti che continuava a contraddirlo “No, signore! Non è quel filo che deve tagliare!”
“Soldato! Il filo giusto è sempre quello rosso, capito?” rispondeva il capitano e quindi il soldato replicava “Si, certo, ma qui ci sono solo fili blu e grigi”.
“In mancanza di fili rossi e bianchi …” Molini apparse molto pensieroso, si mise un mano sulla fronte cercando di ricordare e cominciò a sussurrare qualcosa tra se e se.
“Ah si! In mancanza di fili rossi e bianchi, lascia pensare a me che te ti stanchi!” affermò e tagliò il filo giusto, poi fece una espressione facciale veramente molto soddisfatta di se.
Intanto Max ed Alex non se la passavano certo meglio, avevano da ridire sui posti che ognuno sceglieva per le bombe “Ma ti pare Max che la puoi collocare qui su questa scrivania? Cioè, la vedono subito!” sosteneva Alex, “Si, ah! Allora tu? Che la volevi mettere dentro quel frigo. Arriva uno che vuole da bere e la trova subito!” replicò Max.
“Eh, come no? Uno che vuole bere qualcosa … vedrai, siamo in una fabbrica di Coca Cola; leggi quei cartelli laggiù”.
Vi erano dei cartelloni giganteschi stile anni 60 con una donna che beveva bottigliette di vetro di Coca Cola e si riteneva molto soddisfatta e appagata, anche sessualmente.
Erano veramente schifose quelle pubblicità, messaggi subliminali terribili, una violenza psichica notevole, tutti sembravano felici solo e se bevevano la bibita, i problemi sembravano risolversi, gli uomini raffigurati con la lattina in mano parevano veri maschi e pieni di felicità … e gli slogan erano repellenti.
“C’è scritto nel Manifesto della nostra Resistenza di queste pubblicità, c’è scritto!” osservò Alex, “Ah, perché tu lo hai letto tutto” sostenne Max.
 
 

Coca Cola … e sai cosa bevi! Coca Cola per l’uomo che non deve chiedere mai!
Coca Cola … e sei il protagonista!”

 
 
“Ci siamo tutti? Allora .. uno .. due .. tre .. quattro e cinque .. e quello è il sei .. il sette .. dopo viene l’otto con un susseguirsi di nove e dieci ..” Molini prese a contare le persone della sua squadra nel ritrovo previsto.
“Ci siamo tutti! Ottimo! Dai che andiamo!” presero a correre per arrivare al punto dove li aspettava (forse) Simon con il furgone.
Per fortuna Simon si fece trovare, era posizionato di lato davanti all’ingresso principale con i fari spenti in mezzo a degli alberi.
Fu visto per primo da Alex che fece segno a tutti per la direzione giusta, quando Simon li vide accese subito il motore e quando tutti furono saliti sul furgone sgasò all’impazzata e partì in tutta velocità.
In quel modo, però, si fece scoprire dalle guardie che sostavano nel cancello dell’entrata principale che iniziarono a sparare e ad inseguirli con delle motociclette e delle piccole jeep.
Molini osservò il detonatore universale che aveva tra le mani e si preparò a farlo esplodere … ma ad un certo punto si bloccò, alzò lo sguardo e si osservò intorno, guardò il suo plotone con un aria serena ed orgogliosa, poi si girò verso Max e disse “Tieni, fallo tu ragazzo! Te lo meriti. Oggi sei stato in gamba!” e posò sulle sue mani l’innesco.
Max fissò quell’aggeggio, si preparò e dopo un sospiro lunghissimo enunciò “Tòl in dàl Bùs (Prendilo in quel buco)” e schiacciò il pulsante.
All’ esplosione gli inseguitori vennero travolti dal fuoco e dalla potenza di quello scoppio, il furgone si alzò di quasi un metro da terra dal colpo, ai passeggeri sembrò di volare in un momento, il rumore era assordante, Simon cercò di tenere stretto il volante e di non uscire fuori strada, dietro di loro vi era l’inferno … una enorme esplosione piena di … piena di Bollicine.
“Un altro punto per noi! Sempre in avanti, signori, andiamo sempre in avanti” urlò Molini accendendosi un nuovo sigaro, Alex diede una forte e lunga stretta di mano con Max … ed il viaggio proseguì.
 

L’esplosione aveva raccolto una miriade di truppe in Aosta, per fortuna Simon aveva una conoscenza delle strade fuori dal comune e riuscì a non farsi inseguire da nessuna pattuglia e conseguì a non beccare mai un posto di blocco, “ci vuole anche un po’ di fortuna” affermò in seguito.
Max si girò verso Alex che era leggermente assopito e molto pensieroso, fissava fuori dal finestrino, ormai era passata un’oretta da quella esplosioni, molti uomini stavano riposando e tentando di rilassarsi, ad alcuni tremavano ancora le dita delle mani per tutta la faccenda e per l’adrenalina in corpo.
“A cosa stai pensando, Alex?” chiese Max all’amico che si girò verso di lui con gli occhi un po’ persi, passò circa qualche secondo e riprese una espressione presente, quindi rispose “Non so, Max, stavo pensando a casa, a come sarà ritornare a casa ancora una volta” …
“Non lo so, pensavo solo un po’ a tutto” continuò Alex, poi tornò sui suoi pensieri annuendo.
Così fece anche Max, “ci credo, Alex, ci credo. Lo penso anche io” rispose.
Ma, Alex … forse pensava a qualcosa di più, aveva sempre cercato un senso per respirare ancora e per vivere nonostante il brutto posto che era diventato il mondo … forse ora lo aveva trovato … e se ne stava pian piano accorgendo.
 
 

Con tutte quelle … tutte quelle medicine! … (quella no!! Quella no!!)”

 
 



To be continued!

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Capitolo 4
*** La fine del millennio ***


E chi la ferma più questa ... Rivoluzione ?!


Parte II


Capitolo 03 - La fine del millennio

 

19/02/2030

 

Italia
Resistance of the II Italy

 

Ho solo dei nemici fuori adesso che mi vogliono tutti bene … che mi dicono ‘devi stare attento … devi stare meglio’
Devi stare bene!”

 

Erano già tornati alla base da un paio di giorni …
Max ed Alex si presentarono al quartier generale praticamente distrutti dall’ultima missione … complice il viaggio con il furgone, complice la guida un po’ spericolata di Simon, complice l’esplosione ed il ronzio nelle orecchie che aveva scatenato e che ancora gli perseguitava.
Mattei aveva fatto i più grandi complimenti a Molini ed alla sua troupe per la riuscita della missione, era stata un successo … aveva scatenato nelle forze del Regime una rabbia incontenibile, era stato sicuramente un grosso pugno nello stomaco … un altro piccolo pezzo verso la distruzione del Regime.
Ora bisognava continuare con la Rivoluzione … passo per passo … ed un nuovo obbiettivo si prospettava davanti ai nostri eroi … ma dovettero aspettare giusto un paio di giorni per riprendere le forze e la stabilità mentale.
Alex e Max tornarono in questi due giorni nel loro loculo dove erano soliti risiedere nella Resistenza, si potrebbe benissimo considerare come una ‘pensione’ per rifugiati.
Si stesero sulle loro brandine e fecero certamente un lungo sonno … Alex si addormentò subito mentre Max disse che aveva delle cose da ultimare “Ma cosa devi ultimare che qua non c’è niente?” gli chiese l’amico senza ottenere una risposta soddisfacente.
La prima cosa che fecero quando si risvegliarono fu andare a trovare i loro amici, in questo caso Francesca e Valentina che erano state in pensiero per loro due, soprattutto considerando la missione.
Le due ragazze, nel mentre che i loro amici erano via, avevano sistemato alcuni progetti per la Resistenza e per la Rivoluzione, anche loro desideravano entrare nel progetto della Rivoluzione, soprattutto Valentina che si sentiva veramente galvanizzata da tutto questo.
Fin’ora non erano potute andare in missione con la squadra Einaudi poiché era per soli uomini, però vi erano anche delle altre squadre costituite da donne che affrontavano missioni di uguale importanza e pericolosità.
A Francesca fu affidato il compito, in quei giorni, di trovare una sistemazione adeguata ai viveri e al reparto cucina, lei era una vera esperta di queste cose, aveva un carattere forte, una sincerità encomiabile, era una ragazza piena di voglia di fare e di vivere, per questo era stata indirizzata a tale settore dove se la cavava notevolmente bene.
Era riuscita a mettere un ordine preciso all’ambiente ‘cucina’ , alle mense, aveva stilato di suo pugno un programma alimentare, una specie di menù se vogliamo definirlo, dove erano stati dosati le quantità di cibo con la necessità delle persone, chi doveva assumere più carboidrati e chi meno, in modo da razionalizzare i pochi viveri di cui erano a disposizione.
Oltre a questo, era il capo cucina di tutto, nonostante la giovane età, si prese questo merito e questo grande compito e ruolo … e non era certo una cosa da poco!
Per tale motivo era molto rispettata da tutti e lei certamente ricambiava, ma in quei casi in cui si arrabbiava … c’era da stare attenti!
Discorso diverso per la sua migliore amica Valentina, lei era certamente meno rispettata dagli altri, molto snobbata e alcune volte messa in mezzo a certe discussioni di cui non aveva colpa.
In questi casi aveva sicuramente molta sfortuna poiché era una splendida persona, in tutti i sensi, un carattere decisamente forte, ostinata, con idee molto aperte e eccezionalmente geniali, era considerata l’artista della Rivoluzione poiché sfruttava la sua creatività in favore dell’idea … dell’ideale!
Fu quella maggiormente colpita dal concerto americano di qualche settimana precedente, rimase con il pensiero lì per molto tempo, pensò e ripensò a quel momento, le prime volte aveva perfino gli occhi lucidi a pensare ad una potenza del genere.
Fu l’ispiratrice di moltissime missioni antecedenti alla vera e propria Rivoluzione e anche se sembrava fosse stata messa un po’ da parte … in realtà il suo grande momento stava per arrivare.
La sua volontà di spirito e la voglia di cambiare le cose … il mondo … la differenziava da tutte le altre ragazze presenti nella Resistenza, infatti le altre adolescenti della sua età si occupavano esclusivamente dell’ambiente tessile, facevano vestiti, cucivano maglie e divise … oppure si occupavano della sistemazione dell’ambiente, di come sistemare i vari luoghi del quartier generale, di pulire tutto quanto, alcune facevano dei veri e propri lavori come lavandaie … e alcune erano addirittura guardie che dovevano osservare costantemente il perimetro per evitare imboscate da parte del Regime.
Ma Valentina no.
Lei voleva essere di più … ed era sicuramente di più; sentiva dentro di lei un fuoco che doveva essere liberato, sentiva che doveva fare qualcosa di più … ed era destinata a ben altro.
Le sue idee sull’organizzazione delle missioni, sulle strategie di alcuni obbiettivi, sulla classificazione delle mappe furono essenziali per Mattei e per tutta la Resistenza, ma molti non riuscivano a capire l’importanza di queste cose … soprattutto perché quando Valentina si occupava di qualcosa, letteralmente si fiondava su essa e studiava, organizzava, ripeteva …  analizzava … e per molti questo era visto come uno spreco di tempo …
Inoltre coltivava una passione proibita della leggi e quindi illegale ovvero quella della lettura, a lei piaceva tantissimo leggere e tutti i libri che le capitavano sotto mano li prendeva con se e praticamente li accudiva … li rilegava … li puliva … e molte volte li riscriveva.
Era sicuramente uno spirito libero, forte, per questo era piaciuta fin da subito a Francesca, come a Max ed Alex, loro quattro facevano una gran bella squadra di amici e di questi tempi l’amicizia era qualcosa di molto pericoloso e limitato … era rara.
Negli ultimi anni, quando la guerra al Regime incominciò ad infuriare, moltissime persone tradirono altre genti per sistemarsi e per salvarsi la vita, moltissimi tradirono addirittura i loro amici ed i loro familiari per sopravvivere.
Ormai nessuno si fidava più di qualcuno, ognuno era per se stesso … e molti per questo impazzivano.
 

Come puoi pensare tu di difenderti da te? Lascia stare amico, bevi un caffè!”

 
Valentina continuava a chiedere a Max le informazioni della missione appena compiuta, egli continua allora a parlare e parlare di fretta come era solito fare, aggiungendo informazioni nuove qua e là in ogni secondo che passava con Alex che ogni tanto entrava nel discorso per modificare leggermente l’andare della storia dell’amico.
La ragazza, al racconto di Max, si piegava dalle risate; loro erano tornati vivi, era quello che contava di più alla fine.
Il tempo passò … quella notte passò … alla sera pioveva … Alex si addormentò con il rumore della pioggia … di notte c’era un silenzio epocale nel quartier generale … nei momenti di pausa c’era così silenzio che potevi sentire i tuoi stessi pensieri … ma Alex non voleva ascoltarli in quel momento … erano assordanti.
 
 

In questa fine discorso

 

Il dottor Bunni chiese l’attenzione di Mattei …
Aveva molte cose da dire … e che si era tenuto dentro per tanto tempo … lui sapeva.
Lui sapeva dei piani del Regime, delle risorse che LORO avevano e che sfruttavano per buttare sempre più giù il genere umano … non era semplice dittatura … era il programma di una evoluzione dell’uomo … far diventare il cittadino comune un semplice soldato e lavoratore a favore degli imprenditori e dei potenti.
Una nuova era stava per iniziare … ed il dottor Bunni doveva assolutamente convincere Mattei a fermarla.
Quando tutti furono riuniti, egli cominciò a raccontare ed a parlare … disse: “Non bisogna fermare il Regime di per sé, bisogna fermare questo progresso dell’evoluzione, ci vogliono eliminare tutti”.
La situazione sembrò assurda, Molini pensò che il dottore stesse scherzando … ma la sua faccia … la sua faccia era dannatamente seria.
Quando furono passati alcuni minuti, il dottor Bunni già sudava per la paura di quel piano che stava scoprendo alla Resistenza “Dobbiamo evitare tutto questo! Dobbiamo evitare il giorno del giudizio” continuava a dire, Molini e Mattei annuirono “Faremo tutto quello che è in nostro potere, dottore”.
La fabbrica di Coca era solo il primo step del viaggio verso la Rivoluzione, verso la libertà, verso una nuova vita ma c’erano ancora molti passi da fare e la Resistenza non sarebbe stata sola durante questo percorso.
Il Manifesto della Resistenza fu di grande ispirazione in questo, era il codice che dovevano seguire … così ad ogni missione decisero di portare in giro quel codice per regalare le scritture e le idee al popolo cittadino, per aprire gli occhi alla gente … l’arte ancora una volta poteva salvare il mondo.
 
 

Abbiamo bisogno di un ambulatorio, di una chiesa, di un amore, di un pronto soccorso … e chi sta male deve vergognarsi … e anche chi è grasso
 

 
Il dottor Bunni stilò una ‘mappa’ concettuale ed una lista da seguire per sconfiggere il piano del Regime, vi erano molti punti come la distruzione di vari edifici importanti situati in tutta Italia.
Infatti il risultato finale era quello di liberare l’Italia e poi portare in giro per il mondo il Manifesto Italiano e proseguire tutto questo anche all’estero.
Nella lista vi erano laboratori, ambulatori, chiese, pronti soccorsi, armerie industriale, carceri … era tutto sistemato … ma purtroppo le squadre abilitate per questi lavori erano solo una: l’Einaudi.
Mattei, che era al capo di tutto, cominciò a cercare di chiamare a raccolta vari personaggi in giro per l’Italia, ma tutte quelle persone che una volta facevano parte della Prima Resistenza Italiana, compresi gli Antichi, ora avevano paura a tornare e si erano nascoste … o addirittura erano morte.
“Signori, dobbiamo iniziare da subito con il prossimo bersaglio” affermò Mattei.
 
 

Perché a fare dei piaceri, sai … si può sbagliare.
Magari tu volevi fare del bene … e hai fatto male!
 

 
Il prossimo obbiettivo era quello di entrare e fare irruzione in una nota armeria dove si riforniva la Milizia del Regime Italiano.
La Resistenza doveva accedere, recuperare le armi di cui avevano bisogno e poi far saltare tutto.
Arrivare al luogo predestinato non doveva essere certamente un problema, l’armeria si trovava nella parte meridionale della Toscana, in un piccolo paesino vicino a dei vigneti.
“Come sta l’elicottero?” chiese Mattei, “E’ pronto, Generale” rispose Molini; “Bene, guiderà Simon”.
Simon entrò praticamente nella squadra Einaudi senza accorgersene, quando lo venne a sapere non fu certo felice della notizia, sperava di tornare in qualche modo ad Aosta; alla fine accettò la notizia.
Così fecero anche Max ed Alex quando vennero chiamati a prepararsi per partire, sistemarono i loro bagagli e presero uno zainetto a testo con dentro il materiale necessario, medicinali … viveri … acqua.
Poi passarono dall’armeria del quartier generale per rifornirsi di armi, presero un revolver automatico, il solito fucile semi-automatico molto scassato, qualche granata e fumogeno più una torcia elettrica e delle radio per comunicazioni ad onde corte sulla frequenza P.CB.
La frequenza P.CB, il nome intero era Petrol CB, era speciale e diversa dalle famose AM e FM perché lavorava su un campo magnetico ben diverso da quello normale.
In questa frequenza potevano comunicare gli uomini della Resistenza senza essere scoperti o intercettati dal Regime che non ne era a conoscenza.
Fu inventata da un uomo misterioso di cui si seppero sempre poche notizie, nemmeno il suo nome era conosciuto, solo il soprannome : Jay Enne.
In seguito venne poi sistemata e stabilizzata da un certo Jack Kulzer che si prese anche il merito della scoperta, l’anno era il 2025.
Max ed Alex, finito di prepararsi, si avviarono per andare verso l’entrata del quartier generale dove vi era il resto della squadra, pronta per partire alla nuova missione.
Alex fu fermato da Valentina appena prima che partisse “Alex! Aspetta, hai dimenticato la tua collanina”.
Era una collana di semplice alluminio raffigurante un triangolo stilizzato, era stata di Alex per tantissimo tempo ma nessuno ben sapeva come la aveva ricevuta, ne cosa rappresentava per lui, in effetti nessuno ancora glielo aveva chiesto a parte Max, che in quella occasione non ebbe comunque risposta.
Valentina l’aveva vista di fianco alla branda di Alex e così gliela riportò, egli quando la vide arrivare si toccò il collo e sentì che non l’aveva, così fece un sospiro di sollievo “Oh, grazie Vale!” rispose.
“Okay, ci vediamo quanto torni. Ciao e in bocca al lupo” finì la ragazza e poi se ne andò salutando con la mano.
Alex la guardò andar via e svoltare l’angolo svanendo, non distolse lo sguardo impugnando nella mano la collanina, poi la mise al collo e sentì Max che si avvicinava e lui, affermò “Fortuna che c’è la Vale! Dimenticheresti anche la testa te!”.
“Già … già”
 

In questa fine dell’anno

 

Quell’armeria era pressoché gigantesca, enorme, imponente.
Molini divise la squadra come al solito in diversi gruppi, in questo caso erano i gruppi Tom, Jerry, Johnny e Bravo.
“Non gli manca mai la fantasia” proferì Grotti.
Alex e Max erano nel gruppo Bravo con capo squadra il tenente Grotti, loro presero la parte sud dell’edificio.
In ogni punto che visitavano piazzavano le ormai famose bombe, Max teneva con se un cassone con le ruote (‘un trolley gigante’ aveva pensato Alex vedendolo per la prima volta) dove mettere dentro le armi che potevano trovare lungo il percorso e che gli potevano servire.
Erano tutti dotati di fucili con silenziatore, riuscirono a espugnare varie parti dell’edificio senza ammazzare molte guardie, ma alcune dovettero essere uccise, nessuno si accorse di niente.
Vi erano tantissime munizioni ovunque, ne presero a quintali tanto che il cassone iniziò a pesare molto e Alex andò ad aiutare Max a trasportarlo mentre Grotti e altri due soldati con loro continuavano a perlustrare la zona e a posizionare le bombe.
In poco tempo finirono il loro settore, così fecero anche il resto delle altre squadre.
 

In questa fine del mondo!

 

Si ritrovarono tutti nell’atrio centrale della base, molti avevano finito le munizioni per i fucili ma avevano ora nuove armi, però non silenziate, quindi ad un solo sparo avrebbero avuto tutti addosso e sarebbe suonato l’allarme della base.
Considerato l’orario molto tardo (saranno state le due di notte) la sorveglianza era minore e ristretta e molti luoghi erano in apparenza scuri e non illuminati.
Le telecamere erano molto prevedibili con i loro movimenti meccanici, così facevano a turni per passare da una parte all’altra per non essere ripresi nonostante il guardiano che aveva il compito di controllare i video di sorveglianza si era appisolato sonoramente davanti ai monitor di sicurezza.
Russava … russava sonoramente.
Il piano sembrava funzionare alla perfezione, la squadra Einaudi tutta riunita doveva solo andare a fare visita al reparto ‘armi non convenzionali’.
Vi erano quasi entrati quando … “Eh! Fermi tutti!” sbraitò Molini, tutti si bloccarono, poi continuò “Lo sentite questo ticchettio?”
“Cos’è? Un orologio a pendolo?” chiese Grotti … “No, no … questo deve essere tipo un tarlo” rispose Perruti.
“Certo, un tarlo dentro il cemento armato, sai che danni che fanno” pronunciò ironicamente Grotti rivolto al compagno.
“Silenzio! Viene da dietro quella porta … mi avvicino un po’ … e …” Molini si avvicinava lentamente ad una porta blindata per il reparto ‘armi a carburante’ … appoggiò pian piano l’orecchio sinistro alla porta, sentì, aguzzò gli occhi, inarcò improvvisamente le sopracciglia, si tolse rapidamente dalla porta e saltò urlando “Oh Gesù! A terra!”

La porta esplose in mille pezzi in uno scoppio di fuoco immenso, si vide uscire da quella porta piena di fumo un fascio di fuoco incredibile.
Tutti si gettarono per terra dallo spavento e dal colpo dell’esplosione, c’era venuto un caldo abominevole nonostante i gradi sotto zero fuori dall’armeria.
Uscì da quella porta una sagoma di un uomo non molto alto ma di statura imponente, a testa alta ma il fumo copriva la visuale, sembrava imbracciare qualcosa, un arma forse.
Molini guardò in quella direzione e si strofinò gli occhi per vederci qualcosa … vide quell’ombra … cominciò a mettere a fuoco e vide quell’uomo.
Era un signore sulla sessantina di anni, con la barba lunga bianca ed i capelli brizzolati che gli arrivavano alle spalle.
Portava indosso una tuta di pelle nera e rossa fiammeggiante, rideva e rideva, anzi, sghignazzava … ripeteva un mucchio di parolacce, bestemmiava in toscano e portava un orecchino sull’orecchio destro.
Aveva degli occhiali da sole fumé, mezzi trasparenti che cambiavano leggermente la tonalità di colore all’occorrenza, il capitano capì che cosa imbracciava: era un lanciafiamme.
Indossava degli stivaloni da cow boy vecchio stile neri senza speroni … camminava senza zoppicare con passo deciso … si fermò davanti a Molini e lo fissò.
“Ah. Bello! Quella divisa che porti … è tua?” chiese con una voce potentissima.
“Eh? … S … si … io sono il capitano Molini della Resistenza” rispose.
“Oh oh!! La Resistenza! Esiste ancora dopotutto … anche dopo tutto questo tempo”
 
 

In questa fine millennio

 

Tutta la squadra Einaudi si riunì intorno a questo strano personaggio ed il suo lanciafiamme con tanto di zainetto con in gas sulle sue spalle.
Molini continuava a spiegare il loro arrivò lì e a chiedergli chi fosse in realtà, ma non riceveva risposta.
“Non mi interessa chi siete voi altri, mi intralciate la strada, levatevi dalle scatole!” affermava quell’uomo.
Si incamminò per andar via e mentre passò di fianco ad Alex egli notò che portava un tatuaggio sul collo raffigurato un triangolo rovesciato, urlò “Aspetti! Quel tatuaggio … dove lo ha fatto?”
“Arrivederci all’Inferno, stolti” rispose quell’uomo senza neanche voltarsi, quindi Molini gridò “Per favore, ci dia una mano ad uscire da qui, lei mi sembra che abbia dell’esperienza” … e ricevette un secco ‘no’ come risposta, così pensandoci un po’, considerò “Guardi che abbiamo imbottito di esplosivo tutta l’armeria!” …
A quella frase l’uomo si girò e con un sorriso smagliante e pazzo affermò “Ah si? Sono con voi allora”; fece dietro-front e si unì al plotone di Molini che ripresero la ricerca dell’uscita, girarono un po’ di volte per qualche via e si imbatterono in un gruppo di guardie che li avevano notati e sentiti, grazie all’esplosione di qualche minuto prima, così iniziarono a scaricare caricatori di munizioni su di loro.
Allora in quell’istante quello strano personaggio urlò “Tutti a terra!” e poi sparò con il lanciafiamme affumicando quelle guardie e ridendo all’impazzata “Ahahahah. Ohhhhuuuueeeeee!!! Iiiiiuuuuuuaaaaaa!!!” ed imitando il verso del cavallo quando nitrisce.
Molini pensò di aver trovato un pazzo … mentre Alex ancora non si spiegava quel tatuaggio che aveva sul collo.
Ripresero il cammino correndo perché ora era scattato anche l’allarme anti incendio, mentre correvano per i corridoi cercando di uscire sparando all’impazzata a tutti quelli che gli si ponevano davanti, sentivano quell’uomo da dietro il gruppo urlare … no … anzi … ululare!!
‘Ma che razza di persona è?’ pensò Grotti.
Finalmente trovarono una uscita e si avviarono verso l’elicottero con cui erano arrivati, lì gli aspettava Simon che nel frattempo leggeva una rivista di gossip ‘Uhm … Justin Bieber ed il suo rapporto con il figlio’  leggeva mentalmente.
Lo svegliarono dalla lettura del giornale con urla e spari e … e anche da ululati.
“Cacchio Simon!! Partì!! Partì!! Accendi il motore santo Dio!” urlava Molini mentre si avvicinava al velivoli.
Simon prese un gran spavento, buttò la rivista dal finestrino, accese il motore in fretta e furia; salirono tutti sull’elicottero e partirono ma appena furono sollevati da terra di qualche metro, la persona conosciuta nell’armeria saltò giù dal veicolo ed urlò “Andate!! Uhuhuhu! Andate via di corsa!! A loro ci penso io!!” , Simon non si fermò e continuò a decollare e ad alzarsi in volo mentre Molini, Grotti, Alex e gli altri sparavano dai finestrini contro le guardie a terra.
Quel pazzo uomo continuava a creare notevoli fasci di fuoco dal suo lanciafiamme incendiando tutto quello che gli si poneva davanti proteggendo l’elicottero, Alex urlò a Simon si scendere a riprenderlo ma Molini annullò quell’ordine, affermò “Non possiamo più fare niente per lui, dobbiamo andare!” … si continuava ad alzare in volo mentre le orme delle guardie si facevano sempre più piccole … nel buio della notte fonda ormai si vedeva solo quel fascio di fuoco che permeava a destra e a sinistra contro le guardie … fiammeggiante e luminoso.
Simon diede un notevole strappo all’elicottero che partì in avanti in tutta velocità, il timer delle bombe piazzate contava 20 secondi all’esplosione … Alex si affacciò dal fanalino di coda ed urlò “Chi sei??!!” ma in tutto quel casino non pensava che quell’uomo potesse aver sentito … ed invece un secondo dopo sentì in lontananza, nonostante una miriade di rumori quale il motore dell’aereo, il lanciafiamme, le urla, gli spari … Alex riuscì a sentire quella voce e quelle parole che avevano tagliato lo spazio ed il tempo … il timer andò a due secondi … uno … “Sono Piero Pelù!! Yeah!! Yeahhhh
 
Zero.
 
 

Vado via … ma stai a vedere che mi tocca di restare qui … per amore? …
In questa fine del cazzo!

 
 



To be continued …

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Capitolo 5
*** C'è chi dice no ***


E chi la ferma più questa ... Rivoluzione ?!


Parte II


Capitolo 04 - C'è chi dice no

 


23/02/2030

 

Italia
Resistance of the II Italy


C’è qualcosa che non va in questo cielo … c’è qualcuno che non sa più che ore sono”


 
La pioggia qualche giorno prima aveva quasi sciolto tutta la neve dalla città … ma proprio quel dì era tornato a nevicare con un buon ritmo.
Le neve negli ultimi anni non si era fatta vedere spesso, anzi … ma proprio quest’anno aveva scelto per cadere ed imbiancare le missioni della Rivoluzione.
Dopo l’ attentato miracolosamente riuscito all’armeria, il Regime dovette cominciare l’importazione di armi dall’estero e questo, seguendo le leggi dello stesso Regime, era un procedimento lento e tortuoso.
Quindi l’atto terroristico inflitto (così lo chiamarono tutti i telegiornali) fu uno spartiacque per una nuova guerra … un nuovo conflitto.
Al di fuori dell’Italia la situazione era certamente più avanti, in America era guerra a tutti gli effetti, la Resistenza stava colpendo duramente la Milizia e il governo, così anche in Sudamerica, così anche in Oceania che erano così lontani da noi … ma così vicini come idea … arrivò fino a là la Rivoluzione.
I governi di tutto il mondo erano in subbuglio, le genti innocenti ed ignare erano costrette a schierarsi … o dalla parte del Regime o dalla parte della Resistenza … non era facile.
In America tutta la popolazione si era schierata con la Resistenza e per questo, nonostante tantissime morti, stavano combattendo e sconfiggendo man mano il Regime.
Qui in Italia la situazione era decisamente più precaria, i cittadini erano in mano al Regime che faceva passare la Resistenza come degli assassini, dei privi di etica, dei barbari ed i civili ci credevano e stavano ben lontani da tutto questo.
Fu istaurato un numero verde a cui chiamare nel caso qualcuno avvistasse uno della Resistenza, “Chiamate questo numero, non possiamo far vincere questi animali senza logica ed etica. La nostra vita e quotidianità potrebbe morire” dicevano tutti i telegiornali.
Questo fu il principale problema che cominciò ad affrontare la Resistenza dopo l’assalto all’armeria, avevano fatto un colpo fantastico mettendo in ginocchio lo stato e dimostrando la loro forza … ma avevano non solo il governo contro … ma tutte le persone.
“Non possiamo continuare così” aveva detto Mattei al nuovo briefing per il prossimo obbiettivo, “La situazione è diventata instabile, io pensavo che i cittadini reagissero in altro modo, abbiamo bisogno di una scossa” continuava.
“Generale, la condizione dei miei uomini è precaria al momento” aveva dichiarato Molini, “Hanno paura di uscire da questo posto, hanno paura di dover combattere anche contro loro stessi, i nostri cittadini, i nostri fratelli là fuori.
Generale, anche io la penso come loro” proseguì il capitano … Mattei annuì e pensieroso si sedette sulla sua poltrona alla sua scrivania.
C’era bisogno di far aprire gli occhi alle persone, dovevano colpire duro … non il Regime ma il popolo, così il Generale chiamò a se il dottor Bunni e chiese consigli … il dottore, allora, gli suggerì di colpire un famoso ambulatorio e laboratorio dove venivano prodotti medicinali e pasticche per l’insofferenza.
L’idea di Bunni era quella di limitare l’uso di medicine contro la tristezza ai cittadini che li rendevano certo più complici e ingenui di fronte alla realtà.
Era la percezione della realtà che conseguiva il cittadino … era notevolmente sbagliata … la realtà era che un governo sotto il controllo del Regime, una vera e propria dittatura, costringeva tutte le persone a vivere sotto una cupola di vetro, a razionalizzare i viveri, a lavorare tutti i giorni nello stesso ambiente con le stesse condizioni di vita di un topo, a non pensare con la propria testa ma con quella di un altro … ad essere tutti omologati ad un unico stile di vita.
Era la morte della unicità, ogni persona assomigliava ad un'altra … anche i nomi negli ultimi anni divennero i soliti cinque o sei.
L’ultima legge del Regime fu il divieto di concepire ed avere più di due figli per famiglia, un fatto barbarico e senza nessun rispetto per i diritti inviolabili dell’uomo.
Mattei ogni volta che ci pensava … gli tornava in mente il giorno 26 settembre 2024, quando il governo italiano bruciò in piazza a Roma la Costituzione Italiana … fu qualcosa che toccò tutti in qualche modo.
L’idea del dottor Bunni non era errata, era piuttosto fattibile, così Mattei richiamò a se il capitano della squadra Einaudi per informare e procedere al prossimo punto della Rivoluzione.
“Il nostro obbiettivo è un laboratorio farmaceutico nel Friuli, vicino a Udine. Dobbiamo far scomparire quello stabilimento e le sue ricerche per la pillola della felicità. Eliminando questa pillola, la gente sarà più conscia della realtà e più suscettibile. A quel punto potremmo dar loro una scelta … che al momento mi pare improponibile … ora sceglierebbero il Regime senza alcun dubbio” espose Bunni.
“Va bene, dottore. Lo faremo, ma ci sarà da fare attenzione ed essere prudenti al massimo. Non vogliamo scatenare una guerra civile, non vogliamo combattere contro noi stessi” affermò Molini.
“Lei capitano prepari i suoi uomini, io contatterò la base nel Friuli della nostra Resistenza, sperando che almeno loro ci rimangano fedeli. Appena ho un ingaggio, vi faccio sapere” concluse Mattei.
 
 

 
C’è chi dice là … c’è chi dice qua … io non mi muovo …
C’è chi dice qua … c’è chi dice là … io non ci sono!

 
 

“È strano come i fiocchi di neve siano così imprevedibili, così fragili … però potenti, impassibili al mondo … loro scendono e coprono qualunque cosa nonostante quello che c’è sotto” rifletté Alex.
Si trovava insieme a suoi tre amici, stavano seduti a fissare un vetro da dove si poteva vedere fuori, era l’unico posto nella base sotterranea della Resistenza dove si era in grado di osservare il mondo esterno ed un pezzo di terra.
Erano lì a scrutare quel mondo che non sembrava così pronto ad una scossa, sembrava piuttosto in attesa …
Alex si accorse in quel preciso istante di calma e silenzio di aver paura, non di morire e neanche di lottare, ma paura di non poter rivedere più quei fiocchi, paura di non poter riavere mai più indietro quel momento, temeva di non avere la forza di continuare in questa Rivoluzione anche se cercava di non farlo vedere, sperava di svegliarsi un giorno e di vedere il sole sorgere senza doverlo temere.
Voleva assolutamente parlarne con Max, con lui si trovava sempre bene, molte volte erano in disaccordo e di umori nettamente differenti ma avevano una dissolubile amicizia e fraternità che Alex non aveva mai avuto con nessuno, nonostante le idee differenti, erano capaci di essere in accordo nel disaccordo, era qualcosa di veramente importante ed unico.
In quei giorni il tempo sembrava andare a rilento, le lancette dei minuti parevano quelle delle ore, era tutto sospeso nell’aria … Alex lo percepiva.
Fu così che in quel momento di silenzio Max sussurrò qualcosa di imprevisto “Sento che sta per succedere qualcosa, ho un po’ timore”.
Alex si girò stupito a guardarlo e vide negli occhi del suo amico la paura e l’oblio di un mondo senza più risposte ma solo con terribile incognite, Valentina si avvicinò a Max e gli accarezzò i capelli rassicurandolo “Tranquillo, non aver paura”, aveva sempre avuto questo dono di calmare gli animi.
‘Ho una domanda: domani potremo ancora vivere questo momento? Ce ne ricorderemo?’ si domandò dentro di sé Alex … non rispose a se stesso … il responso forse non gli sarebbe piaciuto.
 
 

Tanta gente convinta che ci sia nell’aldilà … chissà cosa e chissà? …
Quanta gente comunque ci sarà e che si accontenterà

 

Erano già partiti da qualche ora, viaggiavano su un nuovo tipo di velivolo, anch’esso con il sistema fantasma per non essere rintracciato.
Il contatto che aspettava il plotone Einaudi a Udine si chiamava Lorenzo, avrebbero dovuto incontrarsi in un parco semi deserto nella notte tarda.
Così fu.
Arrivarono con il velivolo al parco senza essere visti da nessuno e aspettarono lì al buio che il contatto si fece vedere.
Qualcuno si presentò ma non era Lorenzo, egli infatti disse di chiamarsi Gianni Stupponi.
Era giunto lì con una squadra di cinque uomini, era di età avanzata sulla sessantina di anni, teneva un pizzetto grigiastro ed era calvo.
Indossava una divisa della prima Resistenza Italiana, quel tipo di divisa era un onore per gli uomini della Resistenza, era stata la prima uniforme.
Molini, che portava invece la divisa della seconda Resistenza, restituì il favore e si presentò a sua volta, poi chiese informazioni su Lorenzo, così Gianni spiegò “Lui è sempre in movimento, non verrà. Andiamo” …
‘Non è di molte parole’ pensò Grotti e lo sussurrò anche a Molini che replicò a Gianni “Aspetti un secondo, noi non possiamo fidarci di lei, non sappiamo chi sia. Vogliamo sapere dove è Lorenzo e perché non è venuto lui a prenderci e farci entrare”.
Gianni non diede la risposta che Molini avrebbe voluto sentire, anzi, disse “Se non fidate tornate pure a casa, non avrete una miglior occasione di questa”.
Così si fidarono e seguirono il signor Gianni verso la base della Resistenza a Udine.
Il viaggio non fu lungo, la base si trovava praticamente sotto di loro, nelle vecchie fognature della città, era notevolmente piccola e anche poco accogliente rispetto al quartier generale, ma almeno non si pativa molto freddo, vi erano vari focolai accesi come riscaldamento.
Gianni accompagnò Molini e i suoi in una stanzetta che sembrava più uno sgabuzzino per le scope, poi disse di aspettare fuori.
Egli entrò e dopo circa mezzo minuto tornò fuori e fece segno a Molini di entrare, il capitano entrò nella stanzetta e vide seduto su una poltrona davanti ad una scrivania piena di carte e scartoffie un uomo sulla sessantina di anni, leggermente stempiato dai capelli castani ed un po’ ricci, una barba lunga dello stesso colore della capigliatura ed un po’ incolta.
Era vestito con un impermeabile nero, stile detective anni 20 e portava una fascia per capelli color rosso scuro, alla vista di Molini fece un gran sorriso e balzò in piedi allungando la mano.
Disse “Ehilà! Sono Lorenzo! Tu devi essere Molini!! È un piacere, un gran piacere!! Vieni, siediti!”, sprigionava bellezza e sincerità … amicizia, cordialità, sembrava di venti anni più giovane, era energico e sorridente, impossibile da scordare … era da molto tempo che Molini non vedeva una persona di tale spirito.
Si strinsero la mano e si sedettero entrambi uno di fronte all’altro osservandosi, aspettando che uno di loro due cominciasse il discorso.
Iniziò Molini “Allora, noi siamo qui per il laboratorio, lei dovrebbe aver parlato con il nostro generale Mattei”, Lorenzo annuì continuando a sorridere a trentadue denti e lo interrupe “Dai, mi dia del tu! Ho già parlato con il generale Mattei, il vostro piano mi sembra ottimo, vi aiuterò senz’altro. E poi, io sto dalla vostra parte no? La Rivoluzione!!”
Vedendo finalmente una persona che sposava questo progetto, Molini fece uscire un grosso ed enorme sorriso, poi continuò a parlare con Lorenzo sul da farsi.
Nel frattempo, fuori da quella stanzetta il resto della squadra aspettava di avere un responso dal proprio capitano e di avere nuove notizie.
Alex allora si avvicinò al signor Stupponi che se ne stava di fianco alla porta, non permettendo a nessuno di entrare, e domandò “Mi scusi, dovrei andare … insomma … avrei bisogno di quel posto”, Gianni non mosse un muscolo della faccia, la sua espressività pareva morta, arricciò leggermente le sopracciglia e puntò gli occhi verso Alex, infine rispose “Non ho capito, è in grado di spiegarsi meglio?” con un fil di voce.
“Ehm … si. Insomma, quel posto dove la gente deve andare ogni tanto, non mi faccia dire cose …” Alex sembrava un po’ imbarazzato a chiedere di andare in bagno e il signor Gianni non gli rendeva certo il compito facile “Non ho capito. Quindi lei mi dice che ha bisogno di andare in un posto?” …
“Bè, certo. Ma è un posto speciale, un posto dove uno si libera” e fece un occhiolino, a quel punto l’uomo cominciò ad accarezzarsi il pizzetto e poi la pelata e pensieroso disse “Uhm … andiamo avanti”.
Allora Alex pensò ‘Ma andiamo avanti, cosa?’ e richiese “Il bagno insomma?” …
“Ah, non so! Vada in bagno!” rispose Gianni e sembrò oltremodo scocciato e irritato a quella richiesta, come se non fosse permesso, come se gli desse un notevole fastidio.
Alex allora andò via chiedendosi tra se e se ‘Okay, ma dov’è?’, Max assistette alla scena e gli scappò una piccolo risolino ed una smorfia, così Gianni lo guardò stizzito e affermò “E lei, cosa vuole? Vuole anche dei salatini?”, Max eliminò il sorriso sulla faccia e si mise a fissare il pavimento.
Qualche minuto dopo rientrò Alex e l’amico gli chiese “Hai trovato il bagno?” … la risposta fu “Bè, se quello non era il bagno, allora andiamo via prima che facciano colazione”, così rivolse lo sguardo a Stupponi che ricambiò con un’altra espressione minacciosa e scorbutica “Lei non esce più”.
Quando Molini uscì dall’ufficio di Lorenzo aveva solo buone notizie, il laboratorio si trovava più vicino di quanto pensasse, non vi era bisogno di fare strada a piedi, sarebbero entrati da sotto.
Infatti Lorenzo spiegò a Molini che la loro piccola base fu stabilita in quel posto perché si trovava vicinissimo a quel laboratorio e potevano sfruttare la loro energia ed i loro sprechi, come acqua e viveri.
Il problema che Lorenzo si poneva era solamente uno: l’esplosione che danni avrebbe creato alla sua base? Molini sembrò molto comprensivo a riguardo, aveva detto “Se rischiamo di danneggiare la sua casa qui, tenteremo un altro approccio” ma Lorenzo aveva insistito a continuare il piano originale “Per la sua causa, questo ed altro. Noi troveremo altri posti e qualche idee in mente l’ho già”.
Insomma, sembravano andare d’amore d’accordo e poi Lorenzo era un uomo dallo spirito libero, sebbene avesse un piccolissimo ma molto evidente problema di pronuncia con le lettere ‘s’.
Inoltre, insistesse per partecipare anche lui all’attentato, così Molini non poté dire che ‘sì’; quindi partirono per l’obbiettivo, tutti molto ottimisti.
 
 

C’è qualcuno che non sa più cosa è un uomo!
C’è qualcuno che non ha rispetto per nessuno!

 
 
Come già fatto nelle missioni precedenti, si divisero in diversi gruppi per riempire più zone, l’obbiettivo era di raccogliere informazioni e piazzare le bombe nei posti più consoni, senza essere visti.
Alcuni gruppi entrarono, uno rimase fuori per tagliare la corrente all’intero laboratorio, non sarebbe ovviamente saltata la luce poiché vi erano generatori di emergenza ma gran parte delle apparecchiature sarebbero rimaste ferme senza alimentazione.
Così Perruti e Lorenzo avevano il compito di togliere la luce, riuscirono a trovare il generatore della corrente principale (nonostante le indicazioni di Perruti completamente errate, seguendo quelle di Lorenzo arrivarono subito) e si misero all’opera.
“Okay, adesso tolgo la corrente nei primi settori” affermò Lorenzo muovendo le levette e fu puntualmente fermato da Perruti che attestò “No, no, guarda che dovresti prima fare gli ultimi settori, fidati che lo so” … andarono avanti un minuto finché Lorenzo con un gesto avventato massacrò quel contatore di energia con una accetta.
La corrente sparì e, fissando Perruti, dichiarò “Questo metodo funziona sempre”, poi entrarono raggiungendo gli altri della squadra con Perruti che sussurrò “Però se faceva al mio modo …”
Quel laboratorio era diviso in vari settori, le stanze erano tutte bianche con tavolini qua e là completamente di vetro, sembrava più un ospedale, era pieno di medicinali e pillole, in alcuni luoghi vi erano dei propri armamentari per esperimenti e per costruire nuovi geni e farmaci.
Il resto del team Einaudi era già all’opera, il gruppo in cui vi erano Max ed Alex capitanati da Molini avevano già finito il loro settore, collocando ben quattro bombe, ovvero tutte quelle che avevano portato per loro, mentre in un altro gruppo gestito da Grotti, il soldato semplice Singh aveva raccolto moltissime informazioni su basi e progetti a breve termine del Regime, dati e luoghi che avrebbero fatto piacere al generale Mattei per pianificare i prossimi piani della Rivoluzione.
Inoltre, Alex pensò bene di lasciare qualche segno del loro passaggio per far capire a tutti che non stavano scherzando, così chiese a Molini il permesso di scrivere sui muri del laboratorio alcune frasi del Manifesto, soprattutto del pezzo che aveva letto prima di partire, quello della libertà.
“Hai avuto una ottima idea, soldato! Dovremo farlo sempre, d’ora in avanti ti affido il compito di lasciare messaggi per questi grossi bastardi del Regime, devono sapere con chi hanno a che fare!” dichiarò Molini molto soddisfatto dell’idea di Alex.
Così il giovane ragazzo decise di scrivere sui muri una semplice frase, dura e diretta che comprendeva appieno il messaggio della Rivoluzione e dell’ideale stesso, un segnale forte contro quella dittatura e anche solo quella piccola e breve frase poteva dare uno scossone al sistema … era quello che si sperava.
Quando tutte le bombe furono sistemate e tutti gli uomini pronti ad uscire da quel posto, una guardia si accorse di qualcosa … forse un rumore.
La sorveglianza era piuttosto minima considerato che gran parte dell’esercito era riunito a Roma per prepararsi ad arginare la Resistenza, questo colpo sarebbe stato ancora più pesante.
Quella guardia, dai capelli rossi e gli occhi blu, avrà avuto circa trenta anni, notò che la corrente primaria era sparita nonostante il generatore di emergenza continuava ad illuminare le stanze senza il minimo disagio, fu così efficiente quella macchina che nessuno quasi si accorse della mancanza di energia, così la sentinella constatò una scritta su un muro, una frase …
Si guardò intorno preoccupata, chiamò i suoi superiori, scattò una foto a quella scritta e la mandò direttamente al governo.
In pochi minuti davanti a quel muro si trovavano già diverse guardie e addirittura una troupe televisiva pronta a documentare l’attentato.
Nessuno però si accorse delle bombe? O forse quella frase era così potente da incutere un terrore incredibile, erano tutti a fissarla e partì il primo servizio in diretta su tutti i telegiornali.
“Siamo qui in diretta dal Laboratorio Kelvin Genetics, vi facciamo vedere questa scritta apparsa sui muri, le autorità sono già in movimento per trovare i responsabili …”
La gente che guardava la televisione aprì per almeno un secondo il cervello e la mente, leggendo quella frase sentì nascere un malore nel cuore … dov’era quella libertà che tanto era stata bramata nella storia? Dov’era quella felicità tanto promessa dal Regime? Era tutto dannatamente falso … tutto un’utopia, così c’era qualcuno che si estraniava da questo, qualcuno che affermava di essere un uomo, non un topo in gabbia.
Il colore della scritta, nero, era semplice vernice trovata nel laboratorio … stava colando sulla parete lasciando un segno … sembrava sangue nero che colava … se prima poteva sussurrare quel muro … se prima poteva solo parlare quel muro … ora urlava …
 

C’è chi dice NO!
Io sono un UOMO!

 

 
Anche la gente a casa sembrò percepire l’esplosione, come il video in televisione sparì all’improvviso, si sentì il terrore nella telecamera.
La squadra era già al furgone che aspettava di partire per tornare a casa, Lorenzo fissava tutto andare in fiamme, compresa la sua base.
Aveva sacrificato la sua casa per la Rivoluzione, per la libertà, in quel momento il suo cuore soffriva, dai suoi occhi scesero qualche piccola lacrima che bagnò il viso e si impigliò nella barba.
Anche Alex guardava attentamente quella luce, pensò ‘Quanto è sottile la linea tra bene e male? Quando è che si passa da buoni a cattivi?’.
“Se avete finito di fissare il panorama, sarebbe anche il caso di partire!” urlò Simon dal furgone, come a fare un dispetto a tutti i presenti.
Molini guardò Lorenzo e disse “Non abbiamo il posto per tutte queste persone nel nostro furgone, ma per te un posto c’è. Vuoi venire con noi?”
“Mi piacerebbe molto, grande uomo! Ma qui ho la mia gente, ormai qua è casa mia. Troverò una nuova sistemazione e porteremo anche noi nel nostro piccolo in giro il vostro movimento … il ‘nostro’ movimento … l’ idea … la Rivoluzione!” rispose Lorenzo asciugandosi il viso.
Allora si strinsero di nuovo la mano con molto vigore e si separarono, “Oh, ma che carini! Vi siete dati il bacio della buonanotte? Bene, ora andiamo!” strillò ironicamente Simon mettendo in moto e sgasando un po’.
Se ne andarono … per tornare a casa mentre Lorenzo li guardava andare via nella notte tarda, mentre nuovi fiocchi di neve scendevano e coloravano di bianco il terreno già di per sé dipinto.
Durante il viaggio per il ritorno a casa, Alex vide Molini andar via dal suo classico posto di fianco al conducente con una faccia scocciata, così chiese “Capitano? Tutto bene?” , si sentì rispondere “Si, certo. Vado via da Simon, mi sta insegnando a fischiare e non va bene come lo faccio io, du maron!”.
Poi una voce dalla guida “Ehi, non mi va di stare da solo”, poi la faccia di Simon che spunta da seggiolino e guarda indietro e inizia a fissare Alex “Tu, amico! Vieni tu, dai”.
Il ragazzo, un po’ intimorito, annuisce e si posiziona nel posto passeggero lasciato dal capitano Molini.
Giusto qualche secondo e Simon afferma “Sai guidare ragazzo?” ottenendo un ‘un po’’ da parte di Alex, allora il pilota inizia a tempestarlo di domande “Lo sai fare questo? E con l’acceleratore sai dare il giusto gas? Sai cambiare le marce? Ti destreggi bene con il freno? Lo usi il freno a mano?”, il ragazzo rimase a bocca aperta, provava a parlare ma veniva sempre interrotto da ulteriori domande.
“Sai scalare?” chiese Simon, “Si” rispose Alex … “Allora provaci, scala dalla quinta alla terza passando dalla quarta, guarda lo faccio prima io” e lo fece vedere con un movimento velocissimo e incredibilmente longevo e perfetto, poi fisso Alex che provò a rifare quel passaggio dimostrando delle movenze più meccaniche, così “No … no. Fermo! Non lo sai fare. Proviamo qualcosa di più semplice …” affermò l’autista alzando la voce, poi si girò verso Alex e attestò “Dimmi quali sono i principali cartelli stradali e le loro funzioni” … ‘ Dio mio!’ pensò Alex e cominciò ad elencare quelli che conosceva.
‘Questo viaggio sarà molto lungo per lui’ pensò Molini ascoltando da dietro e chiudendo gli occhi …
Quanto è sottile la linea che separa il bene dal male? Quanto è sottile la linea che separa i buoni dai cattivi … quanto è sottile la linea che separa il giusto dal sbagliato?
È sottile quanto la linea che c’è tra il vivere ed il sopravvivere … ed il morire per vivere.
 

 

Tanta gente convinta che ci sia nell’aldilà … chissà cosa e chissà? …
Quanta gente comunque ci sarà e che si accontenterà

 


 

To be continued …

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Capitolo 6
*** Vivere o niente ***


E chi la ferma più questa ... Rivoluzione ?!


Parte II


Capitolo 05 - Vivere o ... niente!



Italia
Resistance of the II Italy

 

26/02/2030

 

Rivelerò cose che nessuno sa di me …”

 

Il freddo era insopportabile, come un pugile che invece di sfinirti di pugni allo stomaco, ti punzecchia leggermente i fianchi fino allo stenderti.
Ma forse la cosa ancora più insostenibile era il rumore delle gocce d’acqua che cadevano una ad una sul pavimento … vi era ormai un piccola pozza.
Una dopo l’altra … una dopo l’altra … sempre … di continuo … massacrante.
Alex era fermo immobile, la testa reclinata in basso con il mento appoggiato al petto, gli occhi mezzi aperti e mezzi socchiusi, un po’ di giramento di testa e … e nausea.
Arrivò un altro pugno in quell’istante sul fianco destro causando un enorme dolore al ragazzo, uscì qualche goccia di sangue mista a saliva dalla bocca di Alex … ed un piccolo mugugno.
Qualcuno alzò la testa del giovane, i suoi occhi erano stanchi e assonnati, aveva quasi perso conoscenza, ma non era ancora svenuto, sentiva le voci con un bel po’ di eco come se fossero in una cattedrale e vedeva immagini molto sfocate e lente.
Osservava le labbra di quell’uomo in giacca e cravatta parlare … si trovava in uno stanzino non molto grande illuminato da una sola lampadina e completamente privo di qualunque cosa, tranne per due sedie una di fronte all’altra dove in una stava seduto Alex e nell’altra quell’uomo vestito in giacca e cravatta, in nero.
 

… e lo farò solo perché tu non sai … com’è

 

24/02/2030  -  Ieri l’altro …

 
“Io ci credo nel futuro, in un mondo migliore, ci credo da sempre” aveva detto Valentina.
Era sdraiata per terra su una specie di sacco a pelo insieme a Max che parlavano di questa Rivoluzione, di cosa poteva scaturire, di cosa poteva determinare e significare … forse cercavano anche un significato giusto a tutto quello che stava accadendo.
Il mondo continuava a girare e nessuno poteva fermarlo, ma grazie alla Rivoluzione sembrava muoversi qualcosa dentro tutti, si sentivano in grado di cambiare il mondo … e magari lo erano.
“Io penso che bisogna trovare il giusto senso nelle cose di ogni giorno, bisogna trovare la giusta musica al rumore di oggi” invece affermava Max.
“E tu cosa ne pensi?” aveva chiesto egli al suo amico Alex appena arrivato … ma non ci fu una chiara e netta risposta.
“Non saprei, più o meno quello che pensi tu” aveva detto il ragazzo, ultimamente era sembrato un po’ sovrappensiero.
 Alex era sempre stato un ragazzo molto solitario, una persona che faceva della sua solitudine un punto di forza ed anche una base di sfogo per le delusioni e le tristezze della vita, era sempre stato a suo agio nella lontananza e nello star da soli, ora che aveva degli amici faceva fatica a tirare fuori le sue emozioni, ad esprimersi, ogni volta sembrava sempre molto teso riguardo queste cose e cambiava il suo umore e la sua idea di partenza di continuo.
Questa Rivoluzione lo colpì come non mai, i suoi pensieri e le sue prospettive si aprirono in diverse direzioni, aveva finalmente aperto gli occhi davanti al mondo, non voleva fuggire più, aveva solo bisogno di un po’ di tempo per abituarsi a tutto questo.
“Dovrai ben avere una tua idea su questa Rivoluzione” aveva sbottato Max.
“Penso che sia una ottima cosa, un punto di svolta per noi ma soprattutto per quelli che vivono al di fuori della Resistenza. È loro che dobbiamo salvare” aveva risposto Alex.
Si sedette anche lui con i suoi amici aspettando l’arrivo di Francesca che staccava dal ‘lavoro’ di cuoca in mezz’ora.
La giornata era stata abbastanza rilassante, i due ragazzi dopo la missione erano tornati ai loro lavoretti quotidiani, Valentina aveva incominciato un nuovo libro e le era stato proposto un lavoro come insegnante di letteratura nella piccola scuola elementare instaurata da pochi giorni nella Resistenza, per i bambini sopravissuti.
Non sapeva ancora se accettare, aspettava di parlarne con Francesca e sentire il suo parere, la sua amica invece aveva lavorato ai fornelli anche quel giorno preparando pasti buoni ma poco presentabili, questo sicuramente a causa dei pochi cibi rimasti, bisognava puntare sulla consistenza e non sull’apparire “Di questi tempi si mangia di tutto” sostenevano le persone.
Quando arrivò Francesca si unì alla conversazione, si notava sul viso che era esausta da tutto il lavoro effettuato ma sembrava felice ed appagata.
In quel momento, Alex e Max si alzarono e andarono a fare un giro così lasciarono sole le due ragazze che cominciarono a parlare, non solo della Rivoluzione, ma anche di altre cose come ‘di ragazzi’.
Poi Valentina svelò l’offerta di lavoro che le era stata assegnata e Francesca stette ad ascoltare con molta curiosità e poi affermò “Secondo me dovresti accettarlo. Sei sicuramente la persona giusta per questa cosa, fidati”.
Valentina annuì e si girò a fissare il soffitto fantasticando un po’ … un po’ su tutto … sul mondo … sulle aspettative di vita … sulle scelte da fare.
Intanto Alex e Max continuavano la loro passeggiata per il quartier generale non dicendosi quasi niente, di solito era Max a parlare e a chiedere consiglio ad Alex che invece ascoltava (e gli piaceva molto ascoltare) e poi cercava di dare una risposta seguendo il suo istinto.
Avevano proprio una bella intesa, così Alex, prendendo un po’ di coraggio, fece un respiro profondo ed enunciò “Prima ho sentito un brivido lungo la schiena, sai. Ma non uno di quelli che ti vengono quando hai paura o quando sei malato, ma un brivido … strano … non so come definirlo …”.
Max annuì e fissò gli occhi di Alex mentre lo diceva, il mondo sarà diverso … non esisteranno più tante cose da molti anni, non ci sarà la comodità di anni fa, ma il cervello ed il cuore di un uomo funzionano sempre allo stesso modo e Alex stava cominciando a salire la scala che porta ad un livello successivo di esistenza e forse cominciava a capire … cose che nessuno mai gli aveva insegnato … cose che forse aveva letto solo sui libri.
 

Brividi sento quando guardo i lividi che hanno lasciato … segni dentro …

 

ORA …

 
Quell’uomo continuava a fare le stesse domande ad Alex, cercava di aprirgli la mente, saranno stati i cazzotti sul viso e nella pancia, saranno state le domande provocanti di quell’uomo ma il suo intento stava riuscendo.
Alex stava cominciando a parlare e quell’uomo voleva sapere una cosa fondamentale: dove era il quartier generale della Resistenza e come sconfiggerlo.
“Capo, fra poco arriveranno con il siero” aveva detto uno degli scagnozzi di quello psicologo – dottore che rispose “Forse non ci servono con lui, è giovane, vedrai che parlerà”.
Un nuovo pugno … alle prime domande Alex fu irremovibile, stette zitto nonostante avesse una paura di morire bestiale ed immensa ma non poteva tradire il suo ideale ed i suoi amici, non poteva tradire il suo cuore; così la nuova strategia per estorcergli informazioni diventò quello di rimpinzarlo di botte fino al suo sfinimento emotivo … lo psicologo cominciò a porre domande non dirette, ma indirette che partivano da molto lontano … domande sul suo io interiore, domande riguardo la sua casa, i suoi genitori, il suo passato … sarebbe ben presto arrivato alla Resistenza e forse Alex non avrebbe retto, già cominciava a parlare … si stava esaurendo di forza interiore e fisica.
“Quindi, hai detto di chiamarti Alex. Molto bene, ora riparliamo un po’ della tua vita quotidiana, ti trovi bene nel tuo ruolo nel mondo?” aveva chiesto quella specie di strizza cervelli.
“Non ti dirò niente, bastardo! Niente! E ora vai al diavolo!” affermò Alex con l’ultimo estenuante sprizzò di lucidità.
“Bene Alex, avrei voluto evitarlo ma tu non mi dai altra scelta” attestò lo psicologo, poi girandosi verso i suoi guardaspalle chiese “Portate il siero ed una flebo, presto” …. “Adesso ragazzo mio ci divertiamo” …
 

Vivere o niente … infondo poi nemmeno sai perché …
Solo, ti muovi dentro questo spazio – tempo ….

 

25/02/2030  -  IERI

 
Molini era appena entrato nell’ufficio di Mattei, di fianco al generale vi era il soldato semplice Singh che esponeva le informazioni che aveva raccolto nel laboratorio distrutto qualche giorno prima, erano dati e notizie molto importanti.
Si parlava infatti di un centro di lavoro fondamentale per l’assemblaggio di macchine e macchinari che il Regime utilizzava a scopo non solo bellico ma anche per sottomettere i cittadini.
Erano, in realtà, semplici generatori di energia che facevano funzionare tutte le macchine principali del Regime, bloccando questa specie di catena di montaggio si poteva mettere in crisi il sistema.
Era piuttosto rischioso perché era posizionato in un quartiere in mezzo ai cittadini che, ora come ora, temevano di più la Resistenza che il Regime di per se, nel caso di un attentato a quella fabbrica era rischioso affidarsi ad un appoggio che non vi era … sarebbero stati completamente soli.
Mattei chiese anche al dottor Bunni che però non aveva idee al riguardo, il dottore stava progettando un modo per reclutare i cittadini ed era ancora in alto mare, quindi chiese di non partecipare attivamente alla prossima missione.
Il generale espose il piano al capitano Molini che continuava ad annuire alle parole di Mattei, il piano andava leggermente perfezionato per le ultime esigenze ma nel complesso era molto buono.
Sarebbero entrati in un momento in cui vi erano pochi lavoratori, verso sera, avrebbero fatto evacuare la zona e quando essa sarebbe stata sgombra, avrebbero fatto esplodere il posto con dell’esplosivo C4 preso dall’armeria del Regime la settimana scorsa.
Molini, allora, riunì la squadra e mise tutti al corrente dei rischi a cui andavano in contro, ma era il momento di agire e di colpire duro e questo era il modo giusto di fare.
Nessuno obbiettò al capitano, anche Grotti e Perruti non ebbero niente da contestare o da ridire.
“Bene, domani partiamo, preparatevi che si va in scena” concluse Molini.
 
 

Lividi … vedi i tuoi ricordi … brividi quando senti che sono già morti

 

ORA

 
Alex aveva questa flebo che gli era stata appena collocata in una vena dell’avambraccio sinistro, lo psicologo si mise gli occhiali che fin’ora gli erano stati appesi al collo ed affermò “Questo è un siero della verità, annullerà i tuoi timori e le tue paure, ti sentirai leggero … ma non ti allarmare più di tanto, sentirai lo stesso dolore ma se parlerai e mi dirai tutto quello che voglio sapere, ti assicuro che non ne sentirai più di tanto” … e nuovo pugno nello stomaco da parte di una guardia del corpo vestita tutta di nero.
Alex sputò sangue per terra e cominciò a sentirsi un po’ più leggero … cominciò a perdere il senso del tempo, si sentì svanire in un letto di sabbia ma era ancora cosciente della situazione, si sentì come se un peso si fosse tolto dallo stomaco, alzò la testa per guardare l’uomo che lo stava interrogando e gli sembrò di avere davanti a se suo padre.
“Alex, ascoltami, ti trovi bene nel tuo ruolo nel mondo?” domandò di nuovo quell’uomo e ricevette come risposta un piccolo sussulto “Ehm … s … i”.
Osservando quella piccola reazione del ragazzo, lo psicologo si girò verso uno dei suoi bodyguard e affermò “Questo ragazzo è molto tenace ma sta mollando con questo siero” poi prese fuori un taccuino dove probabilmente avrebbe annotato le informazioni che il ragazzo poteva svelare.
“Bene, continuiamo. Alex, guardami e ascoltami bene, dove si trova casa tua?” chiese sillabando bene le parole.
“Si … si tr… si trova in Emilia … Romagna … nel quarti … nel quartiere 2.C25” rispose Alex descrivendo il posto dove viveva con la sua famiglia prima di entrare nella Resistenza.
“Ottimo, bravo ragazzo. Mi hai detto dove vivevi prima, adesso dove vivi?” a quella domanda Alex arricciò le orecchie, cercava in tutti modi di non rispondere, strinse le mani in pugni, cercò in tutti i modi di non dire niente, si morse fino a tagliarsi le labbra, chiuse fortissimo gli occhi  e …
“Molto bene, Alex … Molto bene”

 

Io non ho voglia più di fare finta che vada tutto bene solo perché ‘è’ …

 

26/02/2030  -  QUALCHE ORA PRIMA

 
“Forza ragazzi!! Abbiamo appena fatto evacuare la zona a tutti gli operai, gli avete visti? Gli avete visti??! Sono dei poveretti tutti sporchi e mal nutriti, dobbiamo distruggere questo ammasso di merda!” urlò Perruti nel casino del rumore delle macchine.
La squadra Einaudi era entrata nel centro di lavoro e stavano cominciando a piazzare gli esplosivi C4, vi era una temperatura altissima, sembrava una catena di montaggio con compresa una acciaieria che rilasciava un calore enorme, Molini stava sudando in una maniera disumana e si sentiva pian piano svenire ma rimaneva sveglio e concentrato sull’obbiettivo.
Le camere di quella fabbrica erano molteplici ed enormi, inoltre era scattata l’allarme anti incendio e la Milizia sarebbe arrivata in pochissimi minuti, dovevano sbrigarsi.
Come al solito, Max ed Alex erano efficientissimi sul posto e il loro compito lo avevano già eseguito, così si mossero per tornare all’ingresso con il resto della squadra, quando all’improvviso Max vide una porta ed affermò “Dai, Alex, qui non abbiamo controllato. Andiamo a vedere!” e poi cominciò a correre verso quella entrata.
L’amico cercò di seguirlo subito ma inciampò su una incudine di acciaio stesa per terra, il generatore della fabbrica era saltato e vi erano accese solo le luci di emergenza che facevano pochissima luce, così Alex non vide quell’incudine e sbatte la testa per terra, si riprese subito ma tra il calore, il rumore dell’allarme e le persone che scappavano non riuscì ad individuare il suo amico, così proseguì per una strada buia.
Si sentì un forte sparo e Molini che urlava “Porca miseria! Regime! Regime!! Ritirata, forza!! Veloci!!”, sentendo quella voce Alex aumentò il passo chiamando a gran voce il suo amico Max per trovarlo, entrò dentro un’altra stanza poco illuminata e sentì dietro di se dei passi, così si voltò e si trovò davanti cinque guardie del Regime, una lo colpì facendolo svenire, un’altra lo prese e lo trascinò via in spalla.
Max uscì in quel momento da un’altra camera e vide di sfuggita Alex che veniva portato via, non riuscì a raggiungerlo, così scappò verso l’entrata.
Appena trovò il capitano Molini, disse con molto vigore e fretta unita alla preoccupazione che il Regime aveva preso Alex, “Dannazione! Non dobbiamo perderlo!! Squadra, al comando!! Seguirmi!! In fretta!!”
 

Guardami! Io sono qui e te lo voglio urlare …

 
 
ORA
 
Lo psicologo continuava ad annotare sul suo taccuino un bel po’ di informazioni e notizie, scriveva quasi estasiato e molto orgoglioso di sé.
Intanto Alex continuava il suo viaggio nel paese dei balocchi, ormai il siero era entrato in circolo e a lui sembrava tutto un gioco.
Fu in quel momento che bussarono alla porta e, in quel preciso secondo che lo psicologo e le guardie si girarono, venne completamente buttata giù con una fiammata incredibile.
Entrarono diversi uomini vestiti con delle tute militari che cominciarono a pestare tutti tranne Alex, poi arrivò un uomo sulla sessantina di anni, capelli abbastanza lunghi grigiastri con una barbetta molto sottile ed una postura da leader, vide Alex e vi si avvicinò.
Gli prese la testa fra le mani e gli guardò gli occhi, fece una smorfia e poi disse sillabando bene “Io sono Ciano, ti portiamo via da qui, ok?”, Alex annuì leggermente, così quell’uomo lo liberò dalla sedia e cercò di alzarlo sorridendogli e chiedendo aiuto “Ehi Fede! Vieni a darmi una mano! Portiamo via questo ragazzo, lo hanno drogato”.
Arrivò quindi un altro uomo di qualche anno di meno, anche lui vestito uguale ma con i capelli più corti e decisamente castani e scuri, fissò il ragazzo e disse “Guarda Ciano! Guardagli la divisa, deve essere un ragazzo della II Resistenza” così ci fece caso anche l’altra persona e assentì, poi alzarono Alex dalla sedia lo presero sulle spalle e cercarono di uscire da quella stanza.
“Questo posto brulica di Milizia, Ciano. Sembrerebbe ci sia stato un attacco della Resistenza!” disse un ragazzo al capo di quella squadra, così Alex al suono di quella frase pronunciò lentamente e faticosamente “Le bombe … l’es … l’esplosivo …”, l’uomo che lo teneva in braccio allora ordinò a tutti di uscire velocemente.
Appena usciti, si diressero verso l’entrata dello stabilimento, si trovavano ancora nella fabbrica sia loro che la squadra Einaudi, infatti nell’incrocio successivo si incontrarono i due team, Molini stava conducendo i suoi per recuperare Alex, vedendo che era vivo e salvo fece un gran sorriso e poi chiese “Ma voi chi siete?” …
“Non c’è tempo!! Parleremo da ben altra parte!!” rispose Ciano.
“Noi siamo della II Resistenza e vedo che anche voi avete delle divise di una Resistenza, seguiteci al quartier generale, è un posto sicuro!” propose allora Grotti, “D’accordo, basta che andiamo in fretta via da qui!!” concluse Ciano e si mossero tutti per uscire dalla fabbrica.
Max prese in consegna l’amico Alex e lo fece appoggiare alle sue spalle, staccato dalla flebo e dal siero il ragazzo stava man mano riprendendo conoscenza.
Erano circa le dieci di sera, vi era buio ed era incominciato a piovere copiosamente, all’uscita sembrava esserci via libera, così le due squadre si spostarono veloci per andare via da quel posto prima di farlo esplodere, ma non avevano fatto i conti … con i cittadini.
Girarono l’angolo e si trovarono in un vicolo dove vi erano dei normali cittadini con forconi e badili, mazze e altre armi.
Erano molti di più della Resistenza, spinsero le due squadre al centro della strada principale sotto l’acqua incessante, Molini notò che vi erano persone in ogni vicolo e si girò verso Ciano e gli disse “Ehi, siamo circondati”, l’uomo annuì facendo una smorfia di dolore e di disagio.
“Non vogliamo farvi del male! Noi siamo qui per la Rivoluzione, vogliamo liberarvi!” urlò Perruti che era davanti a tutti, ottenne come risposta una marea di insulti.
‘Dobbiamo sbrigarci, non abbiamo molto tempo’ pensò Grotti.
La situazione era tragica, stavano combattendo contro se stessi praticamente.
L’acqua non si fermava mai, erano tutti bagnati fracidi e cominciarono a sentire freddo e a tremare, Molini osservava quella marea di gente con i forconi che avanzava passo a passo e si sentì terribilmente in torto.
“Scellerati! Noi siamo i buoni!!” urlava Grotti alla folla “Siete solo dei vigliacchi voi!” urlò un signore come risposta.
“Lasciateci andar via! Vi prego!! Abbiate fede in noi, stiamo lottando per voi!!” urlò Singh e ottenne come replica un “E chi ve l’ha chiesto?? Assassini!!”, così a quel punto Perruti ebbe uno dei suoi soliti attacchi d’ira e sbottò “Ah si?? Maledetti stronzi!! Allora per me potete anche crepare!” e prese in mano il fucile, così Grotti fece un balzo incredibile a togliere di mano l’arma al compagno, cercando di evitare una strage e calmando l’amico.
Intanto Molini continuava a pensare a come uscirne, così l’altro capo gruppo misterioso dal nome Ciano continuava a discutere con i suoi e soprattutto con il suo vice Fede.
“Fede, qua siamo messi male” diceva, “Eh Ciano, anche tu cominci ad invecchiare! Non sei più il boss di una volta, abbi speranza, vedrai che ne usciremo. Ricordati le regole dettateci tempo fa da Piero” rispose il suo vice mostrandogli un plettro.
A quella vista, Ciano cambiò espressione e assunse una postura più vigorosa e disse “Si, Piero, l’uomo dal petto villoso. Ce la faremo, io sono Ciano” e fece un sorrisino, tutto completamente grondante d’acqua piovana.
Ogni secondo che passava la folla avanzava di un passo e la Resistenza arretrava di uno, tempo qualche minuto e sarebbero stati uno addosso all’altro, tempo qualche altro minuto e avrebbero avuto attorno anche la Milizia del Regime, Molini scoppiò in un attacco isterico “Non ho una idea!! Dannazione!! Non ho nemmeno una insignificante idea!!” e Grotti affermò “Bene, siamo spacciati” ed caricò il fucile.
“Io non mi faccio mettere sotto da quelli, se bisogna passare … passeremo con le buone o con le cattive” affermò Perruti che si era leggermente ripresto dall’attacco d’ira precedente.
Fu in quel momento che si sentì il rumore di un furgone grosso ed un clacson che suonava all’impazzata: era Simon che stava arrivando con il suo furgone corazzato, passò addosso a tutta la folla che aprì un varco per non essere investita, poi effettuò un perfetto testa coda utilizzando il freno a mano e facendo una rotazione di mezzo angolo giro, abbassò il finestrino ed urlò “Avete visto la rotazione? Salite avanti!”.
Molini riprese colore al viso vedendolo e fece segno a tutti di salire “Saliamo!!” Forza!!”, aiutò Max a far entrare Alex che aveva recuperato un po’ di lucidità e forza fisica.
“Forza, amico! Anche tu e la tua squadra!” urlò Molini a Ciano che non se lo fece ripetere due volte.
L’ultimo fu proprio il capitano che, salendo, si accese il suo sigaro ed urlò fuori dal finestrino alla folla esterrefatta “Alla prossima!! Vi giuro che ci rivedremo e sarà diverso per tutti!”.
In quell’istante Grotti fece detonare il centro di lavoro con Perruti che mostrava il dito medio alla marea di gente perplessa e incavolata nera.
 

…. Io sto male!!

 

Si fermarono lungo la strada per far scendere Ciano ed il suo team, Molini aveva cercato di convincerlo a rimanere con loro, aveva cercato in tutti i modi ma non c’era riuscito.
“Uhè, vi ringrazio di cuore, io Ciano vi saluto, alla prossima” affermò.
A quel punto, Alex ripresosi andò da lui a ringraziarlo per avergli salvato la vita e vide sul suo collo un tatuaggio molto conosciuto, un triangolo al contrario … è il simbolo del Manifesto della Resistenza.
Lo guardò negli occhi ed affermò con un sorriso gigante “Tu … tu sei uno degli Antichi!!”.
A quella dichiarazione Ciano alzò lo sguardo e orgogliosamente affermò “Io? Eh eh! Modestamente ho affrontato molte guerre e avuto molte vittorie, cosa vuoi che dica, non amo perdere!” e lo disse quasi scherzosamente.
“Tu eri nella Prima Resistenza quindi?” chiese Grotti ottenendo un ‘no’ solamente mentale da parte sua.
“Puoi almeno dirci cosa ci facevi anche tu nella fabbrica oggi?” domandò Molini, così Ciano iniziò a parlare “Noi siamo una specie di pattuglia, rimaniamo nell’ombra, abbiamo ottenuto dei dati importanti dai network del Regime, abbiamo i codici per entrare nelle comunicazioni”.
“Accidenti!! A noi ci servono quei codici, stiamo studiando un piano per entrare nei network proprio adesso con il nostro scienziato alla base” affermò Grotti.
Parlarono ancora per qualche minuto e alla fine Ciano si decise, sotto esplicita richiesta di Molini e dopo aver sentito l’opinione del vice Fede, a consegnare i codici nelle mani della II Resistenza, dichiarò “Dovete dare uno scossone a questo popolo, a queste genti, hanno un bisogno incredibile di voi, prima si è visto. Non sanno dove stare, hanno paura, voi dovete aprire gli occhi a tutti”.
Consegnò i codici e anche qualcos’altro … spiegò “Questa” mostrando una cassetta audiovisiva “è una canzone. Forse voi non ne sapete il significato, ma nel vostro Manifesto c’è scritto. Al tempo io ero da un’altra faccia della medaglia e questa era qualcosa che non potevo comprendere, adesso è invece la potenza che ci vuole. Ho tenuto questo nastro che contiene anche un video, mostratelo al paese, mandatelo in onda … vedrete che sarà sufficiente” poi salutò e se ne andò con la sua squadra.
Molini rimase serissimo, prese in consegna il nastro, Alex e Max erano molto curiosi di sentire una canzone, materiale molto raro di questi tempi.
E mentre Ciano se ne andava, si girò ad un certo punto ed urlò “Se volete sapere qualcosa di più della Resistenza, chiedete al vostro generale. Addio! Uhè!! ” … sparì nella notte.
“Una canzone! Per la miseria, una canzone! Non ne sento da anni” affermò Molini toccando il nastro, era sicuramente molto curioso di vedere cosa conteneva.
Ciano, prima di andarsene, aveva anche detto che per un fatto di sicurezza, quel video era usa e getta, una volta visto si autodistruggeva, quindi avevano una sola occasione per mostrarlo al mondo … a Molini venne una idea e rientrò nel furgone sedendosi, a malincuore, di fianco a Simon.
 
 

Erano tutti pronti per ripartire, ma prima, Alex fissò l’ignoto pensando a Ciano e al suo charme pazzesco, alla sua forza di volontà, ai suoi occhi datati ma pur sempre lucidi, alla sua voce roca e profonda … poi prese la bomboletta nera che si era portato dietro e scrisse nel buio sul guardrail della strada una frase del Manifesto … tre semplici parole, niente più.
Rientrò nel furgone con un Simon iperattivo che continuava a dire “Avete visto? Che guida!! Se non c’ero io, voi eravate morti. Cioè, avete visto??” …
Partirono ed Alex si addormentò pian piano al dondolamento del camioncino, pensò alle macchine che sarebbero passate da lì il giorno successivo, pensò a quando avrebbero visto la scritta …
La fede non è una scienza certa, ma è l’unica che ti fa brillare gli occhi quando ormai gli hai chiusi.
 
 

Vivere o …. Niente!

 
 



To be continued …

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Capitolo 7
*** Ho fatto un sogno ***


E chi la ferma più questa ... Rivoluzione ?!


Parte II


Capitolo 06 - Ho fatto un sogno



Italia
Resistance of the II Italy

 

28/02/2030



 
Ho fatto un sogno ho visto della ‘gente’ …”
 
Il 28 febbraio, agli albori del mese di marzo 2030 che fu quello più freddo degli ultimi decenni, iniziò la vera e propria Rivoluzione, non solo nella Resistenza, ma nelle persone comuni, tra la gente.
Tutto iniziò proprio dall’America grazie a quel concerto che portò l’idea, non solo in Italia, ma in tutto il mondo.
Nel vecchio continente la Rivoluzione era già iniziata da quasi un mese, si lottava e le guerre erano all’ordine del giorno, non si sapeva ancora il vincitore, era solo l’inizio.
Da una parte la Resistenza e dall’altra il Regime, quella che poteva essere considerata dai più scettici solo una rivolta popolare era diventata una guerra … che in meno di un mese sarebbe diventata mondiale.
Da lì a poco il Regime americano, per evitare una sconfitta e per mantenere la dittatura, avrebbe chiesto appoggio ad altre forze politiche estere, la prima a portare aiuto fu la dittatura monarchica dell’Inghilterra, poi arrivò la Francia e la Germania …
Mentre, in quello stesso frangente di tempo, anche la Resistenza chiamò in aiuto altre opposizioni, la prima ad allearsi fu la III Resistenza di Berlino, Germania … poi arrivò in soccorso la Spagna … così via …
In Italia il Regime si era proclamato neutrale ad entrare in una ipotetica guerra … ma fu costretto a prenderne parte e così il governo mandò in soccorso alcune decine di squadre che poi in qualche giorno diventarono centinaia, la Resistenza Italiana capitanata dal generale Mattei, invece, non era stata chiamata a combattere o ad allearsi con altri posti, era pressoché tagliata fuori dalla guerra …
Quel 28 febbraio, la Rivoluzione italiana entrò nelle case … entrò nelle teste degli italiani … e proprio quel dì, i combattenti italici incontrarono esponenti di altre Resistenze … così la II Resistenza Italiana entrò nella Rivoluzione Mondiale … la guerra era appena iniziata anche per loro.
 
 

Il generale Mattei, il 27 febbraio, iniziò a studiare i codici portati dalla squadra Einaudi con l’aiuto di Bunni, il piano del dottore era quello di entrare nelle reti sociali, nei network, nel sistema dei media e bloccarlo, trasportare tutto il segnale al quartier generale, così facendo potevano sfruttare questo potere mediatico per raccontare ed esporre la Rivoluzione e per reclutare e convincere la popolazione a schierarsi con la Resistenza, in modo da sconfiggere il Regime.
Non era assolutamente facile, serviva una attrezzatura per localizzare il segnale e per trasmetterlo e trasportarlo in un altro posto.
Le apparecchiature che servivano erano già nelle loro mani ma non potevano essere usate dal quartier generale, il compito della squadra Einaudi era quello di entrare e neutralizzare l’edificio in cui si controllano tutte le reti, successivamente dovevano inserire il codice di trasposizione dentro i computer dell’edificio in modo da tracciarlo verso un altro luogo, in questo caso il quartier generale.
Serviva anche che qualcuno accogliesse il segnale a casa per trasmettere la canzone consegnata da Ciano, Mattei pensò a tutto e a tutti, così decise i ruoli che avrebbero dovuto avere ogni individuo in questa missione.
Presentò a Bunni la sua idea, il dottore si mise subito al lavoro per costruire e programmare i computer del quartier generale per ospitare il segnale dei network … se questo piano sarebbe stato un successo, da quel computer potevano controllare tutti i media di un intero paese … rivoltare tutto.
I rischi erano molteplici, entrare nell’edificio dei network era molto complicato, servivano dei depistaggi per attirare l’attenzione del Regime su alcuni punti in cui non sarebbe successo niente, in modo da aver meno sicurezza verso l’impianto da neutralizzare.
Doveva essere tutto perfetto.
 

Mattei fece chiamare Molini e il suo vice Grotti per spiegargli la nuova missione.
Stettero a parlare per quasi due ore intere, il piano era già stato stilato in tutti i suoi punti, Molini non ebbe bisogno di modificarne niente, era già perfetto così.
Non era facile, questo no di certo, ma non era nemmeno impossibile, serviva una buona dose di fortuna … e di grandi uomini e fu per questo che Mattei annunciò una notizia che aveva dell’incredibile ovvero : “Verrò anche io con voi, partirò anche io per la missione”.
Molini rimase un po’ sconvolto, non aveva mai partecipato ad una missione con il Generale, sapeva che lui ne aveva passate tantissime in questi anni e che aveva iniziato a combattere subito dopo la presa del Regime, ma non era sicuro del valore sul campo di Mattei, inoltre aveva già superato da tempo i cinquanta anni.
Rimase un po’ perplesso ma accettò la notizia, ma non fu l’ultima novità che il Generale gli disse, infatti con loro sarebbero partite altre squadre da combattimento, provenienti da varie parti d’Italia …
In tutto sarebbero stati circa centocinquanta uomini, tutti sotto il comando di Mattei, era una vera e propria battaglia, la differenza tra le altre squadre e quella Einaudi era una sola: solo il team di Molini sarebbe entrato nella stanza dove vi erano i computer da crackare, le altre avevano solo il compito di aiutarli ad entrare nell’edificio e a proteggerli.
Quello stesso giorno, Mattei mandò in giro una informazione per depistare il Regime, una sorte di diversivo, secondo quella notizia la Resistenza aveva intenzione di attaccare una carcere nel Meridione per liberarne i prigionieri … il Regime come un topo sul formaggio, ci si avventò con tutti e due i piedi.
La situazione non poteva far altro che migliorare.
 
 

In quei momenti di confronti tra Mattei e Molini, Alex e i suoi amici stavano riposando nella mensa, avevano appena finito di mangiare e avevano qualche minuto per svagare e per oziare.
Alex si stava riprendendo dalla bruttissima esperienza che aveva vissuto nella missione precedente, sentiva ancora qualche dolore, nonostante le medicazioni ricevute, allo stomaco e suoi fianchi … oltre ad avere un vistoso occhio nero e qualche cicatrice sulle labbra.
Tutti lo aveva rincuorato, tutti gli avevano chiesto come stava, ma lui voleva solo dimenticare e concentrarsi sulla prossima missione, lo disse anche a Molini per timore di non essere chiamato nel prossimo colpo della squadra Einaudi, il capitano lo rassicurò “Tu sei un elemento importante per noi” gli disse.
Max era stato sicuramente molto presente quei giorni, era sempre dietro l’amico per vedere se aveva bisogno di qualcosa, se stava male, se aveva bisogno di parlare, come fanno i veri amici ma Alex aveva solo necessità di riposarsi, così invitò a fare lo stesso anche all’amico.
Gli aveva detto “Ti ringrazio tantissimo, Max. Ma ora ho bisogno di stare un po’ da solo, ho bisogno di silenzio e calma per tornare quello di prima”, l’amico capì benissimo quelle ragioni e si tolse di torno senza esserne triste.
Dopo la mensa, Alex era rimasto lì in quella stanza, sdraiato su una panca, a fissare i neon sul soffitto che illuminavano tutto, pensava a quello che era successo, aveva avuto paura di non uscirne più, aveva temuto di morire ed ora, invece, era sano e salvo … era di nuovo a casa.
Valentina passava di lì quando si accorse che l’amico era rimasto nella mensa, così lo raggiunse e lo salutò, lo vedeva molto assorto nei suoi pensieri e aveva pensato che magari gli andava di avere compagnia oppure di sfogarsi un po’.
Alex, quando vide arrivare l’amica, si alzò lentamente e la salutò con un gran sorriso, le chiese cosa ci facesse qui ma ricevette come risposta un “Piuttosto, tu cosa ci fai qui?” …
Iniziarono a parlare un po’ del più e del meno, Valentina non sapeva se parlare di quello che gli era successo il giorno prima, così non cercò di entrare nell’argomento ma lasciò decidere ad Alex se parlarne o no … e fu proprio così.
Continuarono a chiacchierare senza dirsi praticamente niente, quasi non si guardavano loro due, Alex fissava le pareti e si guardava intorno mentre Valentina si fissava le dita delle mani.
“Forse non dovrei dirtelo, ma il generale Mattei mi ha affidato un grosso compito per la prossima missione, ancora non mi ha svelato cosa dovrò fare, sono molto curiosa a riguardo!” dichiarò ad un certo punto Valentina, i suoi occhi si illuminarono a pronunciare quella frase.
Alex fu molto colpito da questa dichiarazione e cominciò a sentire quel brivido che lo aveva colto qualche giorno prima, disse “Sono molto felice per te, hanno capito la tua importanza. Però, se dovesse essere pericoloso … insomma …” si fermò e mandò giù la saliva, forse si sentiva in dovere di proteggere la sua amica dalle brutte cose che gli erano successe a lui quel giorno precedente, voleva evitare queste situazione, Valentina capì subito quello che voleva dire l’amico “Alex, non devi …” …
“No, tranquilla, cioè … volevo solo dirti che se questo compito fosse molto pericoloso …” Valentina fissò il suo amico e negli occhi e aspettò la fine della frase, Alex era fermo con la bocca aperta in attesa di trovare le parole giuste, incominciò a guardarsi intorno ed a sfregarsi le mani, sembrò agitarsi leggermente e poi finì “Solo … solo stai attenta. Ecco tutto” e poi abbassò lo sguardo.
Valentina, vedendo il suo amico in difficoltà così, fece un sorrisino e gli sfiorò la mano dicendogli “Certo, stai sereno”
Alex allora alzò lo sguardo e fissò gli occhi dell’amica, il tempo gli sembrò fermarsi, ripensò a quando lo avevano sequestrato, nonostante quei pochi minuti in cui era stato prigioniero, aveva avuto modo di pensare a molte cose che gli erano successe, aveva avuto l’occasione di analizzare la sua vita, deglutì … fece un respiro lungo e disse a voce tremante e bassa “Sai, quando ieri ero stato preso, c’è stata una cosa fondamentale che mi ha fatto resistere a dare informazioni, un’unica ragione per tornare … ed è …” ….
“Soldato, la vuole il capitano Molini ed il generale Mattei” annunciò a gran voce un soldato arrivato in mensa rivolto ad Alex, egli allora non finì la frase e si alzò.
“Cosa mi stavi per dire Alex?” chiese Valentina “No, niente di importante. Finiamo il discorso un’altra volta, tranquilla. Ci vediamo, ciao” finì Alex, forse mentendo.
L’amica rimase così da sola nella mensa, a pensare a quello che sarebbe successo da lì in poi, era tutto molto confuso e affrettato … giusto qualche minuto ed un soldato venne a chiamare anche lei.
 

 
“Credici fino in fondo” recitava una scritta sul Manifesto, era un passo che aveva sempre affascinato Alex e Max, era un mantra che si tramandava negli anni, un inno alla volontà di vivere e di libertà.
Il generale Mattei aveva fatto le sue ultime scelte in base alla missione, o vivere o morire … o si vinceva o si perdeva … non ci sarebbero state vie di mezzo.
Il mondo … (anzi, l’Italia) aveva bisogno di una scossa e la Resistenza era pronta per dargliela.
La squadra Einaudi sarebbe partita per andare a Milano dove risiedeva il più grande grattacielo con il potente network del Regime; un’altra squadra sarebbe partita per colpire la centrale elettrica lì vicino a Como per mandare in blackout provvisorio tutto il quartiere, così facilitando l’ingresso della Resistenza.
Mattei assegnò se stesso alla squadra Einaudi per la gioia (si fa per dire) di Molini che quindi diventava il secondo di grado nel suo team.
Ed infine … sotto gli occhi di tutti, il generale assegnò per ultimo il compito a Valentina ed altre persone che sarebbero rimaste nel quartier generale della Resistenza, il loro ruolo era quello di mandare il segnale della canzone a tutta l’Italia, un incarico certo molto importante.
La riunione che era appena avvenuta era stata decisamente fredda di toni, tutti si guardavano in faccia gli uni agli altri con il timore di morire, con la paura di non rivedersi più, non ci furono sorrisi e chiacchiericci, regnò un silenzio assordante sotto la voce ferma del Generale Mattei.
Tutti ormai sapevano … “O la va o la spacca, signori. Se tutto va bene, un giorno i nostri nomi saranno sui libri di storia” concluse Mattei.
 

La squadra Einaudi partì come tutti, la situazione divenne così frenetica che Alex e Max non ebbero quasi il tempo di salutare Valentina e Francesca, sembrava che tutti avessero fretta di andar fuori a diffondere la Rivoluzione.
Molini era visibilmente teso perché temeva leggermente il confronto con il Generale, in parte perché lo rispettava … ed in parte perché non sopportava che il suo team fosse guidato da un altro uomo.
Simon guidava il camion su cui stavano viaggiando, era appena venuta l’alba, la neve scendeva pian piano su tutto il territorio, il freddo mangiava la pelle e rosicchiava le ossa alla gente tanto era pungente, l’aria era così leggera e tagliente che quando ti sfiorava ti struggeva le labbra e corrodeva l’animo.
Il viaggio fu veramente taciturno …
Le armi erano fredde e calme nelle mani di quei soldati, alcuni non sapevano nemmeno usarle, nella loro vita erano stati magari anche solo dei bidelli … non erano certo addestrati per combattere … ma erano tutti puntati verso l’obbiettivo … dovevano in qualche modo passare e vincere, qualunque cosa succeda.
 

Il primo botto che si sentì fu quello della centrale elettrica che veniva rasa al suolo da delle bombe sganciate da un aereo della Resistenza del Sud, il Little Boya.
“Centrale saltata! Ripeto, cent###e saltata! ## Daje, ragazzi, dateci dent#o voi a#esso” enunciava un soldato dei Little Boya e la sua voce distorta proveniva dalla radiotrasmittente di Mattei che urlò “Bene, si va in scena!”.
Caricò il suo fucile a pompa e scese dal camion.
Erano arrivati in perfetto orario al grattacielo che era al momento senza corrente elettrica, in pochi minuti sarebbe ritornata grazie ai generatori di emergenza, dovevano entrare prima che questo accadesse.
Max saltò giù dall’autocarro visibilmente carico e vibrante insieme all’amico Alex anche lui abbastanza smanioso di iniziare la Ribellione.
Mattei era davanti a tutto il gruppo, si avvicinò all’entrata del Grattacielo e cominciò a fare piazza pulita delle guardie all’ingresso, urlava “Voi, fianco destro! Voi, sul fianco sinistro!”.
Molini eliminò da subito i suoi problemi con il Generale appena vide la mole di uomini che gli stavano aspettando, non c’era tempo per invidia o gelosia.
Molti uomini bestemmiavano in continuazione, le pallottole volavano di qua e di là, c’erano rumori assordanti di fucili e armi da fuoco automatiche, alcuni soldati erano equipaggiati con veri e propri mitragliatori.
La sicurezza dell’edificio entrò subito in azione, erano stati un po’ presi di sorpresa, Mattei con il team Einaudi però non potevano star più di tanto a proteggersi dietro a macchine o muri, dovevano entrare subito a tutti i costi e fare breccia nell’ondata di agenti sul luogo.
Il fattore ‘sorpresa’ fu determinante, infatti riuscirono ad entrare quasi immediatamente, purtroppo fin da subito ci furono le prime perdite per la Resistenza, alcuni di loro erano ragazzi ventenni.
“Non fermiamoci, dobbiamo entrare! Forza!” urlava Mattei ma quasi nessuno sentiva nella confusione del momento; poi fu la volta dei fumogeni e delle bombe lacrimogene lanciate dalla milizia di stato, iniziò ad esserci una vera e propria bolgia in quell’entrata, ormai la squadra Einaudi era già tutta entrata dentro, fuori vi erano i team di supporto che avevano il compito di proteggere Mattei ed i suoi uomini.
Molini schiacciò il pulsante di un ascensore che non voleva proprio arrivare, arrivò Grotti e gli urlò in faccia “Ma cosa caspita stai facendo? Non c’è corrente!! Prendiamo le scale!”, assistette alla scena anche Perruti che si mise a ridere rimpiangendo i bei tempi in cui le missioni erano decisamente più facili e tranquille.
Il primo a prendere le scale fu Max, tutti pian piano lo seguirono, Mattei urlò “Molini, capitano lei sale per ultimo, fa il chiudi fila!” e si sentì rispondere “Certo generale! Che Diavolo! Sempre io!” in modo sarcastico.
Le scale sembravano non finire mai, dietro ogni angolo sbucava un uomo che veniva prontamente pestato o neutralizzato dalla Resistenza, ad alcuni cominciò a girare la testa a fare quelle scalinate così velocemente.
Ad un certo punto sbucò da un angolo una bomba a mano che iniziò a rotolare ed a scendere, ogni volta che qualcuno la incontrava strabuzzava gli occhi, ma per fortuna quella bomba cadde presto in un angolo inabitato ed esplose senza arrecare grossi danni, anche se fece un gran botto e provocò di certo un po’ di paura a tutti.
“Molini, svelto! Molini!! Mi sente? Molini!! … Cazzo!” urlò il generale Mattei tentando di chiamare il capitano in fondo alle scale “Io torno indietro, voi continuate, a lei il comando Grotti!” finì il generale.
 
 

Valentina era seduta sulla sua sedia mentre accendeva un vecchio videoregistratore per inserire il filmato consegnato da Ciano qualche giorno prima.
Riuscì ad accendere i macchinari per trasmettere il segnale, preparò il video e proprio quando stava per vederlo per la prima volta, arrivò una chiamata dalla sua radiotrasmittente che fu subito collegata con gli altoparlanti sul soffitto.
“Pro#to! Pr#nto! Mi ricevete? ## Mi ##cevete?” …
Era la voce di Alex, Francesca seduta lì vicino fece un saltò sulla sedia ed urlò a qualcuno di rispondere, così Valentina prese in mano il microfono per parlare e disse “Si, ti riceviamo!”
“Sia ringr#ziato il Si#nore!” rispose Alex, la voce era notevolmente distorta ed i rumori di sottofondo erano acuti e assordanti, si sentivano boati e bombe, colpi di pistola a raffica e urla.
“Noi ci #iamo quasi! Prepara#e i codi#i!” sbraitò Alex con una voce molto roca, Valentina inserì i codici nei computer e tentò di connettersi invano ai network.
“Noi ci siamo, diteci quando dobbiamo connetterci e mandare il video” affermò, Alex annuì.
Nel grattacielo la situazione si era fatta tragica, Max con l’amico e con altre persone dell’équipe Einaudi erano arrivati al centro dei computer dove ormai la corrente era ritornata in pianta stabile, continuavano a neutralizzare gli agenti che affioravano da tutte le parti mentre gli addetti ai lavori scappavano terrorizzati, era una guerriglia.
Max con un calcio sfondò la porta del computer generale e si appoggiò con forza sulla scrivania gigantesca che si trovò davanti, in quel momento arrivò correndo il generale Mattei sporco di sangue in viso e con il fiatone, guardò il supercomputer ed ordinò “Inserite questi codici, Dio mio, inserite i codici” poi prese la radiotrasmittente e chiamò il quartier generale “Stiamo aprendo il collegamento, provate a connettervi al network, dovrebbe funzionare tra pochi minuti”.
Valentina riuscì a captare quelle parole, seppur molto disturbate e cominciò anch’essa ad inserire altri codici e provare di nuovo una connessione che ancora non arrivava, sul monitor continuava ad apparire la scritta ‘Accesso Negato’ in rosso; ma non si arrese, continuò a provare ininterrottamente.
“Generale, dov’è il capitano Molini?” urlò Grotti a Mattei che rispose prontamente “Sono tornato a cercarlo ma non c’era, non so dove sia! Spero solo che ce l’abbia fatta” poi mise un braccio sulle spalle di Grotti e gli diede una bella pacca per rassicurarlo “Non spero … sono sicuro che ce l’abbia fatta” poi si girò verso i computer e bestemmiò a gran voce, il collegamento non accennava a funzionare.
Dalla porta principale entrarono un altro gruppo di soldati che fecero un gran casino tra pallottole e colpi da mischia, Alex schivò un proiettile all’ultimo e fece un gran sospiro di sollievo, erano tutti in gran crisi lì, non potevano rimanere a lungo in quella posizione proprio nel centro di tutto l’impianto, dovevano muoversi in fretta se no sarebbero stati accerchiati e sicuramente sconfitti.
Valentina continuava incessantemente a mandare il segnale che pareva non arrivare mai … mai; sentì il generale urlare dalla trasmittente chiedendo come andavano le cose lì e per quale motivo la connessione non era ancora attivata e lei non poté far altro che rispondere che ancora non erano riusciti in quell’intento, il dottor Bunni era lì vicino davanti ad un portatile che sudava freddo e continuava a far tremare una gamba su e giù dall’agitazione, non ne veniva a capo, cercava di riuscire a trovare il problema.
“Il dott#r Bunni ha qualche id#a sul perché non funzioni?” chiese il Generale a Valentina che girò la domanda al dottore che si voltò e la guardò negli occhi sconsolato muovendo la testa per dire ‘no’.
“Forse è stata l’elettricità, il blackout ha fatto saltare i server, non lo so” disse il dottore scoraggiato, poi spalancò gli occhi e affermò “Aspettate un minuto! Accendete una televisione”.
Francesca si precipitò verso una piccola televisione lì vicino e l’accese, su tutti i canali c’era l’insegna ‘assenza di segnale, attendere prego’.
Così Bunni, alla vista di quella scritta attestò “Dobbiamo aspettare che ritorni il normale segnale, i server devono riprendere la connessione piena, solo così riusciremo ad entrare”.
“Ha sentito Generale!?” disse Valentina alla radio, “Cer#o! Ma …” poi si sentì un colpo di pistola ravvicinato e un rumore simile ad una caduto, probabilmente la radio era cascata a terra.
“Pronto, Generale? Pronto!” urlò Valentina, “Sono Alex! Mattei sta combattendo al mo##ento! Qu#nto tempo ci vo#rà pri#a ch# il se#nale rito#ni?” domandò Alex che raccolse da terra la radio al posto del Generale.
“Questione di minuti secondi i miei calcoli!” confermò il dottor Bunni con in mano una calcolatrice, si sentì rispondere “Speri#mo ch# siano vel#ci! Perch# qua n#n abbi#mo molto te#po!” … poi la radio diventò muta, Valentina si strinse a sé sperando che Max ed Alex fossero sani e salvi e riprovò a connettersi … accesso negato.
Mattei riprese la radio che reputava ormai morta e urlò “Signori! Manteniamo la posizione! Diamo tutto!” , Perruti rispose con un urlò gigantesco ed iniziò a sparare una raffica di pallottole dal suo mitragliatore pesante, con lo stile di Rambo.
In quel momento fu colpito sul petto da una cartuccia sparata probabilmente da un soldato del Regime, cadde rovinosamente per terra esamine, Mattei corse immediatamente a soccorrerlo urlando “Copritemi!! Forza ragazzo! Forza!”.
Grotti raggiunse il generale cercando di aiutarlo, Alex continuava a sparare quasi alla cieca verso l’entrata, ormai vi erano fumogeni ovunque, c’era fumo e un calore incredibile nonostante fuori ci fossero a malapena zero gradi, Max fu ferito ad una spalla da un colpo di fucile automatico e si girò brutalmente e sbatte contro il monitor del supercomputer, ma fece un gran sorriso nonostante il dolore immenso perché vide su quello schermo qualcosa di meraviglioso, la connessione era ritornata a pieno regime e sembrava che … sembrava che il segnale venisse dal quartier generale della Resistenza.
“Si!! Ci siamo!” urlò Valentina vedendo l’insegna ‘accesso effettuato’ in bella vista di color verde, fece un urlo liberatorio ed eseguì un saltò che venne subito emulato dall’amica Francesca “Woooo!”
“Mandiamo il video!! Mandiamo il video!!” gridò Francesca.
Alex vide il volto dell’amico Max e guardò a sua volta il monitor e capì anche lui, lo disse a Mattei che si sentì benissimo e trovò la forza di alzare Perruti e di caricarselo sulle spalle aiutato dal fedele Grotti.
Scoppiò una bomba a mano che fece sbalzare via un po’ tutti, Alex si rialzò in quel trambusto e cercò da subito l’amico Max che riuscì a trovare immediatamente, Mattei gli raggiunse e controllò che il collegamento fosse effettivamente stabile e quando ne fu certo eliminò il supercomputer, così il Regime per togliere quel collegamento ci avrebbe messo un bel po’ di tempo.
Poi disse a tutti di prepararsi per uscire da lì, cercò Grotti e Perruti ma non riuscì a trovarli, probabilmente erano stati fatti saltare da qualche parte dalla bomba di prima, si sentì maledettamente in colpa per non poter rimanere di più a cercarli ma doveva guidare un gruppo e portare via la pelle al più presto; prese in mano la radio, fissò uno dei televisori in un angolo e vide un video pian piano mostrarsi … era certamente il loro, accese la radio sperando che fosse ancora viva ed affermò “Bravi ragazzi, bravi. Sono orgoglioso di voi” poi si buttò con il resto della squadra nella mischia.
 
 

La musica che usciva da quel video era diretta, forte … scarna e secca … Valentina si mise a sedere osservando quel video come tutti per la prima volta con la speranza che cominciava a crescere.
Il video mostrava questo scantinato, vi erano delle persone che suonavano degli strumenti, il calendario su un lato mostrava l’anno 2019, cioè durante la presa del Regime.
Le televisioni cominciarono a mostrare quel video, tutta l’Italia sembrò fermarsi, la neve cominciava a scendere sempre di più … quella musica era qualcosa di rivoluzionario, entrava nel cervello e sembrava prenderlo a pugni per svegliarlo dal torpore dittatoriale.
Quel suono di batteria trasportava il messaggio, la gente cominciò ad accendere i televisori, per le strade i monitor giganteschi che di solito proponevano solo pubblicità iniziarono a trasmettete quel video … e poi … e poi una voce roca.
 

“Ho fatto un sogno ho visto della gente che si occupava degli affari miei …
E mi diceva stai facendo male … e mi diceva ti devi vergognare!

 

Tutti rimasero in silenzio stupiti da quella voce così roca ma così potente, sembrava una voce così lontana, nel video la persona non si vedeva molto bene ma si poteva notare una sagomava, pareva portare un cappello in testa e si muoveva con ampi gesti delle braccia.
Un uomo che girava per le strade si fermò a guardare ed a sentire quell’uomo parlare in modo così diretto e provocatorio, erano un pugno nello stomaco quelle parole.
 
 

“Ho fatto un sogno, ho visto qualcuno che andava in giro con gli stivali,
e risolveva tutti i problemi con dei calci nelle … reni! ... Con dei calci nelle …. reni!”

 

Iniziò ad aumentare il ritmo leggermente, quell’uomo con gli stivali aprì gli occhi alla gente, alcuni si alzarono dai propri divani e si misero in piedi ad ascoltare quel video sul proprio televisore trasmesso da tutti i canali contemporaneamente.
Il Regime si mise subito in azione mandando per le strade dei soldati cercando di non far ascoltare quelle parole alla gente, avevano paura adesso!
“Non ascoltate!! Ne va della vostra sicurezza!!” urlò un agente in mezzo ad una piazza e venne subito zittito.
Quella specie di canzone, da molto cupa com’era, lenta e veramente martellante esplose in urlò di chitarre e di potenza all’improvviso, tanto che fece sobbalzare sulla sedie moltissime persone, compresa Valentina.
 
 

“Ho visto gente che non ha davvero bisogno di presentazioni,
per inserirsi nelle mie faccende personali.
Dice che ‘devono salvare’ … che mi devono aiutare … a vivere come, secondo loro, pare!”

 

In quelle parole sembrò esplodere l’animo delle persone che uscirono di casa sbattendo le porte ed agitando le braccia al cielo, il messaggio della Resistenza stava arrivando a tutti.
La milizia iniziò ad intimare con la violenza tutti a tornare nelle proprie abitazioni “Tornate nelle vostre case e spegnete i televisori, i computer e le radio. Lo facciamo per il vostro bene. Fatelo e nessuno si farà male”.
“State zitti pezzi di merda!” urlò una persona che si avvicinò ad un agente e gli sputò in faccia; quel poliziotto la prese molto male e gli spaccò la testa con un pugno fortissimo.
Quell’azione fece partire una rivolta popolare incredibile, i cittadini accorsero nelle piazze e cominciarono a fare a pugni con la Milizia che, seppur attrezzata con armi, era in minor percentuale e si sentì minacciata ad in difficoltà.
 
 

“Ho fatto un sogno, ho visto qualcuno che andava in giro col bicchiere in mano
E risolveva tutti i problemi con dei calci alle illusioni

 

L’uomo del video continuava a provocare con la sua voce roca e tagliente, sembrava un vecchio saggio nell’intento di raccontare il mondo … la chitarra … la chitarra era come un’arma da fuoco e la batteria era un cannone.
Molte persone rimasero veramente sconvolte da quel video, la gente che lavorava usciva con la forza dalle fabbriche per le città innevate urlando e reclamando la propria libertà di essere umano … recriminando i propri diritti di uomo, alcuni inalienabili.
Nelle prigioni venne mandato a gran volume quel video che come risultato provocò rivolte durissime, ognuno si rivoltava contro il Regime e contro lo stato.
E poi ci fu un altro colpo di chitarra sotto un tappeto di archi micidiale, sembrò l’inizio di una guerra … sembrò una esplosione.
 
 

Ho visto gente che non ha davvero bisogno di presentazioni,
per inserirsi nei miei fatti personali.
Dice che ‘devono salvare’ … che mi devono aiutare … a vivere come, secondo loro, pare!”

 

L’assolo di chitarra elettrica che ne conseguì fece quasi piangere molta gente, Valentina era visibilmente commossa ed abbracciò felice Francesca.
Max ed Alex ebbero il piacere di vedere per la strada i cittadini lottare in nome della Resistenza che tanto odiavano qualche ora prima, Mattei uscì dal grattacielo piano di lividi e ferite, ormai barcollante e privo di forze e vide una onda di gente comune venire in suo soccorso ed aiutarlo a proseguire,  vide cittadini buttarsi contro gli agenti della Milizia … vide tante persone morire e dare la vita per tutto questo …
Erano ormai tutti dalla loro parte, la Rivoluzione era finalmente iniziata anche qui, alzò le mani al cielo piangendo ed urlando qualcosa di non comprensibile.
“Viva la Resistenza!! Viva la Resistenza!” urlavano le persone sotto lo sguardo terrorizzato della Milizia.
Dagli alti piani del governo arrivò l’ordine di neutralizzare tutte le persone che si ribellavano ma ormai l’idea era passata e non si poteva più fermare … la giostra stava già girando … c’era solo il tempo per godersi il viaggio.
 

“A vivere come secondo loro … pare! Pare … pare …. PARE!!” continuava a gridare quell’uomo gettando il capello in aria per poi riprenderlo … era un inno alla Rivoluzione … e poi urlò con tutto il fiato che aveva  “La rivoluzione siete voi!! Voii!!!
 
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…. Noi …
 

Valentina si era ormai ripresa, il video era finito da tempo ed il collegamento era stato ripreso dal Regime che trasmetteva pubblicità indirizzate al ripristino della dittatura.
L’animo di tutto era scosso, la terra tremava sotto i loro piedi, arrivavano notizie bruttissime ogni minuto di persone che non ce l’avevano fatta.
Tornavano alla base la squadre della Resistenza praticamente decimate e decisamente scosse per le perdite dei loro fratelli e dei loro amici di una vita.
Francesca e l’amica del cuore aspettavano con ansia di aver notizie di Alex e Max …
Ad un certo punto arrivò finalmente il generale Mattei, zoppicante ed inzuppato di sangue rosso fuoco ovunque, aveva la faccia stralunata, era un misto di felicità e tristezza, si avvicinò a Valentina per fargli i complimenti per l’operazione riuscita e vide nei suoi occhi una domanda importante.
“C’è qualcuno che ti vorrebbe salutare, mi sa” affermò Mattei con un sorrisino e si spostò in modo che la ragazza potesse vedere Alex che era appena arrivato completamente pieno di ferite e con un buco di proiettile sul polpaccio destro che gli provocava un dolore lancinante.
Nonostante tutto questo, quando vide l’amica fece un balzo in avanti velocissimo per andare ad abbracciarla e lei ricambiò felicemente l’ abbraccio lasciando scorrere anche qualche lacrima, con tutte le morti che aveva sentito fin’ora aveva sperato con tutto il cuore di rivedere Alex e così anche lui.
Il ragazzo guardò l’amica negli occhi ed affermò “è bellissimo rivederti, Vale” con gli occhi lucidi, poi aggiunse “guarda chi ti ho portato sano e salvo!” con un tono sarcastico e spensierato e chiamò a se Max, anche lui messo male e tutti dolorante ma vivo e vegeto.
Francesca gli raggiunse saltellando per la gioia di rivederli, abbracciò anche lei Alex che fece un sorriso smagliante e così pure Max, si erano finalmente riuniti i quattro amici.
Mattei arrivò al suo ufficio, si sedette e tirò fuori dal taschino una medaglietta, la appoggiò sulla scrivania e la guardò con gli occhi lucidi e tristissimi.
Tirò fuori da un cassetto un bicchiere ed una bottiglia di scotch, poi disse fissando la medaglietta “Caro amico, ce l’abbiamo fatta.
Alla tua”
 

 

Ho fatto un sogno, ho visto della gente … che si occupava degli affari suoi …
E non voleva più sapere niente … di quello che succede fuori

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 To be continued …

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Capitolo 8
*** Ci credi ... ***


E chi la ferma più questa ... Rivoluzione ?!


Parte II


Capitolo 07 - Ci credi ...



Italia
Resistance of the II Italy


Fine febbraio, inizio marzo 2030
 

Guarda che bella sorpresa la vita …”
 
 

La Rivoluzione era cominciata del tutto, il Regime cercava di mantenere l’ordine (o almeno tentava).
Il giorno successivo (primo marzo) vennero approvate delle nuove leggi rigidissime dal governo italiano (suggerite dal Regime americano) che riguardavano il coprifuoco e la massima allerta.
Vennero diminuite le razioni di cibo consentite alle famiglie quotidianamente, il coprifuoco venne esteso fino al pomeriggio, gli orari lavorativi delle fabbriche vennero aumentati del 30 % e la polizia venne raddoppiata in molti luoghi trafficati.
Era stato messo anche il divieto di circolare con qualsiasi mezzo (anche le biciclette) dopo il mezzogiorno, molti operai non potevano quindi tornare a casa dal lavoro in auto e dovevano farlo a piedi, rischiando delle sanzioni salatissime in caso di coprifuoco infranto.
Le condizioni di vita si erano, quindi, abbassate notevolmente; il Regime pensò di riuscire a domare la situazione massacrando di divieto la popolazione, in parte ci riuscì anche ma ormai molte persone erano già diventate della Resistenza … e questo Mattei lo sapeva.
Il Generale se ne stava già da qualche ora in piedi davanti alla sua scrivania con il fedele dottor Bunni al suo fianco ad escogitare nuove missioni per liberare delle persone e per arruolare nuovi soldati poiché le perdite erano state grosse nell’ultima missione.
Continuava a pensare a come colpire meglio e più duramente un governo già di suo poco stabile, la clamorosa notizia dell’ultima ora era stata che nel parlamento italiano erano scoppiate delle proteste civili di politici che si ribellavano al sistema dittatoriale del Regime, ovviamente vennero subito incensurati e incarcerati ma bastava il gesto per far capire alla Resistenza ed a Mattei che era il momento di continuare a colpire.
Però avevano dannatamente bisogno di uomini e di aiuto dall’esterno.
Mattei cercò di contattare tutte le forze possibili ed immaginabili della Resistenza Italiana, tutti risposero positivamente ma nessuno era in grado di offrire una capacità di fuoco consistente.
Ormai anche le munizioni e le armi erano scarse ed i veicoli quasi tutti distrutti o poco utilizzabili, questo particolare mandò un po’ nello sconforto Simon.
Egli riuscì a tornare sano e salvo dall’ultima missione, rimase tutto il tempo sul camion ad aspettare che Mattei ed i suoi tornassero per riportarli a casa; ovviamente non stette tutto il tempo al volante fermo a leggere un fumetto, ma rimase sveglio ed attento per tutta la durata dell’attacco, riuscì a non farsi vedere e anche ad ammazzare una decina di uomini del Regime, il suo compito lo fece egregiamente.
Ma non bastò a salvare il suo amato autocarro dalla distruzione, arrivarono giusto vicino al quartier generale prima che il veicolo si spegnesse del tutto.
Come Simon aveva perso il suo camion, Mattei aveva perso la sua squadra migliore: l’Einaudi.
Il team era stato decimato duramente, il capitano Molini e i suoi vice Grotti e Perruti non erano tornati dalla missione e sebbene non ci fossero notizie su di loro, venivano considerati come morti.
Non c’era più il nocciolo di quella squadra, Alex e Max sentirono il peso di queste vicende, soprattutto Max pensava e lo disse più di una volta all’amico in confidenza, che la squadra Einaudi ormai non esistesse più.
Anche Mattei aveva la stessa idea ma la teneva per se, pensò di tornare a combattere perennemente sul campo come comandante di quel team ma ormai non aveva più l’età ed era logico che rimanesse al quartier generale a guidare le operazioni dalla sua scrivania, quasi come uno stratega.
Nonostante tutto questo, si sentiva in dovere di onorare la memoria di Molini e degli altri due soldati, così fece instaurare una nuova pietra tombale nel loro piccolo cimitero inneggiando a loro come degli eroi … ed un po’ lo erano in effetti.
Al funerale, seppur con la mancanza dei corpi, vi presero parte tutti, Max recitò anche una poesia che aveva scritto recentemente, gli era venuta questa passione dello scrivere così all’improvviso, non era certo un poeta affermato ma sapeva bene cogliere le emozioni e descriverle con carta e penna.
Tutti si commossero a quei funerali … Alex vedeva in Molini una figura quasi paterna, per lui fu un colpo abbastanza duro anche perché il capitano gli aveva dato fiducia fin da subito, Alex lo sapeva e per questo lo rispettava tantissimo.
Giurò che lo avrebbe vendicato … giurò sulla sua tomba … giurò sulla sua anima.
 

Era presente al funerale anche Francesca, nonostante lei non amasse questo tipo di cerimonie perché la rendevano triste e allo stesso tempo indifferente non conoscendo di persona quegli uomini, ma lei presenziò ugualmente per onorarli e per esserci al fianco di Max ed Alex, per far coraggio ai suoi amici.
Finito tutto, tornò al suo lavoro a tempo pieno di cuoca; era molto pensierosa quel giorno, continuava a riflettere su quello che era successo il giorno prima, tutto quel trambusto, l’idea della Rivoluzione sembrava sempre più vicina … ma sempre così lontana.
“Perché ci tocca vivere in questi posti per tutta la nostra vita?” si domandava spesso; le piaceva tanto cucinare e servire in tavola piatti, alcune volte quasi vuoti ma lo stesso molto apprezzabili, era riuscita a trovare un ruolo importante per la Resistenza.
Lei … lei è sempre stata una forza della natura, piena di spirito e di coraggio, piena di volontà e di voglia di vivere, era certamente un punto importante del gruppo.
Era sempre pronta a fare un sorriso, a cercare di far ridere qualcuno … ed era veramente sincera in tutto quello che faceva, era diretta con le parole e con i fatti, una persona che non si sta a piangere addosso.
Sapeva che Max ed Alex stavano passando un brutto momento che comprendeva l’adrenalina per la missione e la malinconia per le morti vissute in battaglia e lei era disposta ad esserci per loro, ad essere lì come amica e come fedele compagna di Rivoluzione; ognuno ci sarebbe stato per l’altro, qualunque cosa sarebbe successa, quel gruppo non si sarebbe mai sciolto.
Eppure c’era qualcosa che non andava, la Rivoluzione aveva pian piano creato un muro tra di loro, l’ideale iniziò ad oscurare il resto che la vita poteva offrire, le giornate diventarono sempre più lunghe e piene di impegni, non c’era più il tempo per parlare e per stare insieme, erano finiti quei momenti.
Francesca si accorse ben presto che Max ed Alex non erano più così aperti come prima, che erano cambiati tantissimo sotto l’aspetto psicologico, la guerra gli aveva mutati dentro; ora erano più freddi, più cinici e più materiali.
Notò un cambiamento anche in Valentina, in un anno la ragazza era decisamente cresciuta sotto il profilo caratteriale, rimaneva sempre lei ma ora che aveva compiti molto importanti si era trasformata in una persona adulta, pronta a combattere per i propri ideali ed a sacrificare gli amici … come tutti del resto in questo mondo.
La vita riserva sempre delle sorprese, però … ma quando qualcosa ti colpisce nel profondo ti rimane un segno … indelebile … incancellabile.
 

 
“Lo incontrai durante una missione nel 2021” iniziò Mattei.
Il generale non era molto avvezzo a raccontare delle storie, men che meno se riguardavano se stesso, ma oggi fece una eccezione.
“Notai subito che era un uomo in gamba, si faceva rispettare dai suoi fedeli compagni. Dava ordini come un vecchio soldato americano, un vecchio sergente ed invece era solo un soldato semplice”.
Tutti pendevano dalle labbra del generale, Alex e così anche Max fissavano con lo sguardo perso nel vuoto quell’uomo, spogliato del suo alto grado, mentre si accingeva a raccontare la prima volta che vide Molini.
“Ci presentammo, lui mi strinse la mano … capii con quella stretta che dovevo reclutarlo per la Resistenza con la sua squadra”.
Poi si fermò un attimo a prendere fiato come se parlare gli togliesse il respiro … poi continuò “Lui aveva già un suo plotone che lo seguiva, mi accorsi che erano molto bravi sul campo e perfettamente abili umanamente … umanamente erano fantastici e lui … lui era il loro capitano. Ma se io sono stato effettivamente sopra di lui come grado … come uomo era sopra lui; mi insegnò senza accorgermene tantissime cose sulla vita che io ritenevo scontate … Eppure ne ho viste, santo iddio se ne ho viste” e si fermò ancora, si mise una mano sulla faccia per fermare le lacrime che stavano per scendere e pian piano riprese la storia.
“Ho visto la guerra arrivare da lontano e portarsi via la mia famiglia e i miei amici, ho visto la mia casa svanire nel nulla e i miei diritti venire calpestati senza ritegno.
Ho sentito il fiato del nemico sul mio collo e … sono scappato … ho corso forte mille miglia senza voltarmi indietro, lasciando dietro di me tutto … ed ora … ed ora mi sembra sempre di ricominciare da zero.
Ogni volta che vedo un ragazzo dei miei morire mi sembra sempre di tornare a quando non avevo niente, a quando ho perso tutto.
Questa è la responsabilità di un capo … lo sapeva anche il capitano Molini, non accettava di essere comandato perché solo un uomo dentro di sé sa cosa vuol dire perdere uno dei suoi ragazzi … e se morivano in battaglia … è come se ti morisse un figlio”.
Mattei alzò lo sguardo verso le altre persone e finì “Io posso vedere in tutti voi il futuro, ognuno di voi può avere un futuro certo più grande di quello che possiamo avere ora. In ognuno di voi posso scorgere lo sguardo di Molini, la responsabilità di una vita che stiamo vivendo noi … il peso delle scelte che facciamo, l’obbligo di difendere quello che possiamo costruire e non di buttare al vento tutto … come se le nostre vite fossero castelli di carte, così fragili e così maledettamente meravigliose e perfette.
Ed è per questo che ad ognuno di voi, ora … in questo preciso istante, voglio rammentare cosa significa respirare e vivere su questa terra, sta a noi cambiare le cose … e se ci riusciremo … Molini come i nostri ragazzi non saranno morti invano, il loro spirito vivrà in ogni mattone che metteremo … mattone su mattone … un passo alla volta.
Che Dio ti conceda il meritato riposo, vecchio amico” poi se andò e tornò al suo ufficio.
L’intervento di Mattei era stato decisamente toccante, molte persone si sentirono in dovere di andare là fuori e vendicare la morte dei loro amici e cari, ognuno si prese la propria responsabilità di essere umano.

 
 

“Guarda che bella sorpresa è la vita … che ad un certo punto ti svegli ed è finita …
E non ritorna più”
 

 

Max era seduto di fianco ad Alex e tutti e due stavano in silenzio.
Era un momento di pace e tranquillità … appena dopo gli estremi onori ai soldati caduti e dopo il discorso di Mattei.
I due amici se ne stavano seduti sulle loro brande, da soli … in silenzio; pochissime volte erano rimasti in silenzio perché un po’ gli destabilizzava, dovevano parlare sempre di qualcosa perché la quiete metteva un po’ di imbarazzo ad entrambi.
Restarono in quella condizione finché Max, con il suo solito fare, chiese all’amico “Ti va di parlare un po’?”
La risposta non si fece attendere molto “Ok, di cosa vuoi parlare?” .
Max rimase un po’ in silenzio per ponderare ad una risposta e per pensare ad un argomento ma non gli venne in mente niente, così disse “Non so, hai novità?”
Era una domanda provocatoria da parte sua, un interrogativo retorico … infatti Alex fece un lungo sospiro e, senza aver alcuna idea su cosa dire, affermò “Direi di no, tutto normale”.
Ma di normale non c’era proprio niente, qualunque cosa non era affatto normale …
Max sentiva il suo amico molto distante in quel momento, come se fosse più pensieroso del solito e conoscendolo bene sapeva che c’era qualcosa che lo tormentava … così provò ad indagare pian piano.
“A cosa stai pensando Alex?” … non ci fu una risposta immediata … si fece attendere qualche minuto.
“Dai su, vedo che vorresti dirmi qualcosa” sussurrò Max con Alex sempre con lo sguardo fisso sul soffitto.
L’amico si mise la mani dietro la testa, si stese bene sulla branda e proferì “Max, tu hai letto il Manifesto?” … l’amico annuì così Alex continuò “Okay, l’hai letto il capitolo sull’amore?”.
“Certo. Molto interessante” rispose l’amico che continuò “anche se noi ne sappiamo veramente poco di questo argomento”
“Esatto” continuò Alex “Noi abbiamo letto di queste cose sui libri e per di più su quelli proibiti dal Regime perché su quelli legittimi non c’è scritto niente sull’amore o sul sentimento”.
“Come possiamo sapere cosa si prova se non sappiamo nemmeno cos’è?” concluse Alex.
Max rimase un po’ a pensare alle parole dell’amico e poi aggiunse “Certo, come non potevamo sapere cos’era l’amicizia … eppure quando l’abbiamo letta sui libri della Resistenza già la stavamo vivendo … senza nemmeno conoscerla … è stato …” …
 “è stato qualcosa di naturale, di umano … l’istinto” concluse Alex al posto dell’amico che annuì con un gran sorriso.
L’argomento venne discusso ampiamente dai due amici che non ne avevano mai parlato a fondo.
In un mondo come quello in cui stavano vivendo, le emozioni erano proibite dalla legge, l’essere umano non era libero nemmeno di provare le sue stesse emozioni, pensate che dittatura sociale incredibile.

 
 

“E adesso voglio una vita diversa da questa qui …

È che la vita che cambia … che cambia e che ti svegli e non è mai quella … che credevi tu”

 
 

Alex era sempre più pensieroso, c’era qualcosa che lo stava tormentando da qualche giorno, una idea che si era materializzata in lui passo per passo e che esplose in tutta la sua potenza e bellezza in un batter d’occhio … la vita che cambiava e succedeva l’impossibile che ieri era tutto fuorché un fatto vero.
“La vita non è mai stata quella che volevo che fosse” disse Alex all’amico che non poté far altro che annuire anche lui.
“Però è cambiato qualcosa, vero?” chiese Max … “Le giornate sono sempre le stesse, le situazioni sono sempre quelle ma per te è cambiato qualcosa, giusto?”
Come al solito Max era avanti anni luce in queste cose, era un mago delle sensazioni e sapeva leggere benissimo nel suo amico e nel suo animo tormentato.
“Eh già … Forse … forse sto solo riconsiderando le mie priorità … forse sto solo perdendo la voglia di vivere come prima … o forse sto solo dicendo delle cazzate” affermò Alex.
“Devi pensare a cosa c’è di diverso da ieri … qual è il tuo primo pensiero quando ti svegli? Cosa avresti voglia di fare?” chiese Max.
“Bè, chiaramente il mio primo pensiero quando mi sveglio è sentire te e le ragazze … e cosa avrei voglia di fare? Solo di stare in compagnia, come prima … non è cambiato niente” …
… “Certo, non è cambiato niente o forse menti a te stesso più che a me” continuò Max; “La prima cosa che vorresti fare quando ti svegli? La tua ragione principale per alzarti dal letto” richiese Max all’amico che si mise a pensare ed a concentrarsi.
Chiuse gli occhi e pensò a quando era imprigionato, lì era scattato un meccanismo … avrebbe dato la vita per i suoi amici ma c’era qualcos’altro … aveva paura di non rivedere più la sua amica … quello era il dubbio che lo circondava in queste ore.
“Eh … insomma … sono cose che prima o poi dobbiamo pensare tutti, a come cambierà questo mondo, come ci vestiremo domani, com…” Max fu interrotto all’improvviso da Alex che si alzò e disse “Scusami, devo andare” …
“Eh? Non sarà mica per la battuta dei vestiti? Dai, ci vestiremo uguale a oggi no?” e osservò l’amico andare via sempre più serio.
“Va bè, che si vesti come vuole, ‘nimel giuggiol!” pensò tra sé e sé Max.

 
 
 

“Quante cose che si muovono … che si dicono … che si credono …
quante cose che si pensano e poi cambiano”
 

 

Alex cercò Valentina, le doveva dire subito una cosa … una cosa molto seria … voleva accertarsi di quello che stava succedendo in lui e aveva paura di poter essere nei guai, aveva paura di essersi ammalato di qualcosa di sbagliato, di poter essere in errore e di rovinare … tutto.
Quindi, il suo piano era quello di provare a dirle quello che sentiva e cercare di capire se era una cosa del tutto normale o se magari si era una preso una specie di influenza … una influenza a persona.
“Le dirò che la ragione che mi ha portato a resistere in quel bunker è stata lei, così … non c’è niente di male. Potevo benissimo pensare a qualcun altro però mi è venuta in mente lei, cose che succedono, il cervello a volte va in corto in situazioni del genere” si ripeteva Alex man mano che faceva la strada per raggiungere la sua amica.
Pensava che l’avrebbe trovata nella sezione libri … ed infatti era lì che stava curiosando tra vari fumetti.
I fumetti erano un bene prezioso per le persone, soprattutto quando furono aboliti dal Regime Italiano (nonostante lo stesso Regime gli avesse permessi nel primo mandato).
Molti furono distrutti del tutto, altri bruciati in grossi falò di libri, altri tremendamente scarabocchiati … molti furono buttati nelle discariche.
La Resistenza poteva contarne un centinaio, tutti di genere diverso, erano stati raccolti qua e là e tenuti con passione e rispetto nella loro piccola biblioteca che ogni giorno aumentava di valore.
Valentina vide Alex avvicinarsi, notò che era un po’ bianco in viso ed un po’ agitato, ma neanche così tanto; pensò che il suo stato fosse dovuto esclusivamente alla morte del suo mentore Molini … ed in parte era certamente vero.
“Ciao Alex! Come va?” chiese con un gran sorriso.
“Ciao! Va tutto bene” rispose l’amico … ‘tutto bene’ … a sentire quelle frasi lo stesso Alex si sentì male, non andava bene niente purtroppo, la Rivoluzione era partita ma nessuno forse era pronto per prendersene la responsabilità.
Addirittura anche il generale Mattei aveva vacillato durante il funerale dei ragazzi scomparsi, nonostante la sua alta onorificenza ed importanza.
“Come ti senti?” chiese Alex all’amica che rispose che stava bene, gli disse quello che stava facendo e quali fumetti le piacevano di più, poi glieli mostrò con un orgoglio notevole.
Quei fumetti erano come dei piccoli figli per lei, erano una ragione per vivere non indifferente e non trascurabile, ogni cosa che potesse dare anche solo un minimo di felicità in questo mondo era pregiata.
“Senti, Vale … ti ricordi quando stavamo parlando qualche giorno fa?” tentò di chiedere Alex all’amica che assentì e gli fece segno di continuare.
“Ecco, mi avevi chiesto cosa mi aveva fatto resistere durante la prigionia e …”
“In realtà me lo stavi dicendo tu di tua spontanea volontà” precisò Valentina interrompendo Alex che si bloccò un attimo, la fissò negli occhi e fece un gran sorriso.
Forse non aveva più bisogno di chiedere, si era già sistemato così, si era dato un ‘okay’ mentale ed imprevisto … un ‘okay totale’ ; ma decise di dire qualcosa lo stesso.
“Si, esatto. Bè, comunque … Si … la ragione … diciamo il motivo sei stata tu” e aspettò una replica immediata; Valentina alzò lo sguardo dai suoi fumetti, posò quello che aveva in mano e guardò negli occhi Alex come se stesse aspettando qualcos’altro.
L’amico rimase così immobile da poter sembrare una statua di cera, anche lui aspettava una risposta che non sembrava arrivare, così per mettere fine a quel momento di silenzio aggiunse “Si, insomma, anche Max e Francesca” … e si sentì come se avesse puntato una pistola e tentato di premere il grilletto … senza ferire e senza sparare.
Valentina allora finalmente rispose e disse “Anche io avrei pensato a voi in un momento del genere, non oso immaginare cosa tu abbia effettivamente passato. Ora però riprenditi e torna in forma, ok?”
Alex annuì, si mise a sedere di fronte a lei e fece un lungo respiro.
Pensò alla parte che aveva letto del Manifesto che recitava:

 

“Guarda che bella sorpresa è la vita … quando credevo che fosse finita …
Arrivi tu … arrivi tu!”

 

Pensò che per lui era esattamente così, quando ormai pensava che fosse tutto finito, che ormai il massimo fosse passato  e che ogni cosa che avrebbe vissuto sarebbe stata una fotocopia del suo passato, arrivò lei … arrivò qualcosa che forse prima non c’era … o che forse prima era sepolto.
Rimase a guardarla ancora un po’ senza dire niente, si sentiva decisamente strano, il torpore che aveva sulla pelle cominciava ad aumentare …
Non poteva credere a quello che sentiva, era tutto così illogico … non era affatto possibile … si stava ammalando  … di lei??!

 

“Ci credi? … Ci credi? … Ci credi tu?”

 

 




“Generale! Generale!”
“Eh! Cosa c’è adesso? Dimmi!”
“Abbiamo ricevuto un messaggio molto strano, è meglio che lei venga a vedere” disse un ragazzo.
Mattei seguì il ragazzo nel reparto ‘posta’ e gli venne consegnato un bigliettino con sopra un annuncio indirizzato proprio al Generale.
 
Caro Mattei, se fossi in lei mi preparerei … stanno arrivando ;  firmato: gli antichi.
“Dio mio” sussurrò Mattei girandosi verso il ragazzo.
“Suonate l’allarme”
 
 

“Ci credi … ci credi tu?

 



To be continued

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Capitolo 9
*** Un gran bel film (Prima parte) ***


E chi la ferma più questa ... Rivoluzione ?!


Parte II


Capitolo 08 - Un gran bel film (Prima parte)



Italia
Resistance of the II Italy


Inizio marzo 2030

 

Io lo so che le cose poi non sono mai come … come te le aspettavi te …

Io sono triste però … io sono triste un po’ … ”

 

L’espressione del generale Mattei in viso era alquanto inquieta e preoccupata, quel messaggio era qualcosa di criptico e incuteva molta paura.
E se il Regime fosse venuto a conoscenza del loro quartier generale e fossero pronti ad un attacco?
Era questo il primo pensiero di Mattei, un assalto della Milizia con la Resistenza in quelle condizioni avrebbe provocato danni inimmaginabili, dovevano scoprire cosa c’era sotto.
Chiamò a rapporto il fedele dottor Bunni a cui chiese se lui aveva anche solo una minima idea di quello che sarebbe potuto accadere.
Il dottore confermò il brutto presentimento del generale e intimò per il momento di non dire niente, anzi, suggerì di cominciare a studiare un piano per abbandonare il quartier generale e trasferirsi da un’altra parte.
“Questa è una idea e sarà sicuramente quello che dovremo fare … però ci abbiamo messo circa dieci anni a fare di questa base una casa accogliente ed un posto praticamente invisibile al mondo.
Sarei curioso di sapere come è possibile che ci abbiamo scoperto” affermò Mattei scrutando nel vuoto; poi si mise una mano sulla testa e cominciò a grattarsi la nuca in modo pensoso “Fammi riflettere … fammi riflettere” diceva.
“Generale, lei può benissimo riflettere quanto a lungo vuole ma le consiglio vivamente di non far uscire questa notizia da qui.
La gente è già abbastanza bassa di morale dopo le ultime morti, questa voce potrebbe portare alla rottura definitiva, allo sconforto e alla confusione generale.
Ci pensi bene … potrebbe anche non essere quello che pensiamo sia” propose il dottor Bunni che invitò un’altra volta al silenzio.
Mattei sembrò assecondarlo ma in realtà lo ascoltò bene, anzi, a malincuore sapeva che il dottore aveva ragione.
Il generale conosceva l’ambiente degli antichi ma erano anni che non ne sentiva parlare, pensò che fossero tutti ormai morti, l’ultimo esempio con cui ebbe a che fare recentemente era quello di Ciano.
Era una situazione da prendere con le molle, assolutamente, bisognava decidere in modo ponderato con la mente fredda.
Mattei riprese in mano quel foglietto contenente il messaggio, era scritto a mano e notò che in un angolini vi era un numero con la lettera M davanti.
Quasi senza pensarci andò subito a prendere il Manifesto e ad aprirlo alla pagina con il numero scritto nel foglietto.
Trovò una frase decisamente forte che descriveva il potere del Regime e il governo dei potenti, prese un foglio di carta e trascrisse tutto il testo di quella pagina con una penna e poi, dopo aver finito, lo piegò e se lo mise nel taschino.
Tornò a fissare il messaggio, “Chi sta arrivando?” si domandò tra sé e sé.
 
 

“Generale!! Abbiamo un segnale radio! Deve venire a vedere!” urlò Valentina; la ragazza era ormai in pianta stabile al reparto comunicazioni e notò un segnale radio molto particolare quindi chiamò Mattei che arrivò immediatamente.
“Mi dica tutto signorina” disse Mattei e venne subito ragguagliato dalla ragazza “Abbiamo un debole segnale radio trasmesso in tutta Italia indirizzato a noi. È un codice che, se trasformato in lettere, ci chiede di salvare un uomo”
Il messaggio che veniva fuori era “Vi prego, venitemi a prendere … M”
Mattei spalancò subito gli occhi e pensò a Molini, forse era lui che chiedeva soccorso … forse era lui che chiedeva di essere salvato.
Era certamente una tesi probabile, così il generale chiamò a se la squadra Einaudi (quel che ne rimaneva) per un briefing assolutamente top secret.
Si trovarono tutti nel suo ufficio, il team, Mattei e nessun altro (fatta eccezione per il dottor Bunni); il soldato Singh, nel frattempo promosso a capitano temporaneo, chiese il motivo di tale riunione ed il generale partì a spiegare tutto il presupposto che quello era un briefing totalmente segreto e che le informazioni di cui avrebbero parlato sarebbero rimaste lì dentro con loro.
Tutti accettarono di mantenere il massimo riserbo, dopo di che Mattei iniziò a parlare : “Abbiamo ricevuto un messaggio da parte di un uomo che si fa chiamare M che ci chiede di andarlo a salvare. Abbiamo localizzato il punto preciso da cui viene il segnale e siamo abbastanza convinti che non si tratti di una trappola ma non possiamo averne la certezza.
La mia sensazione è che si tratti del nostro capitano Molini che ci chiede un aiuto, se così fosse io sarei ben propenso ad offrirglielo”.
“Noi ci stiamo” affermò il soldato Singh interrompendo il generale che riprese subito il suo discorso “Mi fa piacere sentirlo, soldato Singh, ma la questione qui è più importante.
Spero che sia come vi ho appena spiegato ma potrebbe trattarsi anche di una trappola, dovremo stare molto attenti e scaltri.
Per questo questa missione sarà etichettata come ‘rifornimento alimentari’, deve avere il riserbo più totale, non potrete rivelare niente nemmeno ai vostri cari. Ci siamo intesi?”
Tutti rimasero un po’ attoniti, era una missione che sembrava decisamente pericolosa perché, a differenza della altre, era incentrata totalmente su un dubbio, non vi erano certezze.
“Vi potete fidare di me” affermò il generale vedendo il timore negli occhi dei suoi uomini.
“Okay, generale, per Molini questo ed altro” rispose il soldato Singh seguito da tutti gli altri.
“Bene, ottimo. Preparatevi per questa missione, partiremo appena sorgerà il sole, preferisco combattere alla luce che al buio visto che i nostri visori notturni sono praticamente tutti distrutti”.
Quando la conferenza segreta fu sciolta, si avvicinò Simon al generale e chiese “Poi, dovremo parlare dei nostri veicoli e del mio povero camion. Così non si va, generale, io ho bisogno di loro”
 

 

Dimmi pure, dimmi subito che fortuna che ho … io che mi sento un po’ comico …

Proverò a ridere un po’ … proverò a ridere un po’ …

 

“La belà la và al fosso … ravanei, remulass, barbabietole e spinass, daghelà al terùn”
Si avvicinavano chilometro dopo chilometro al punto di ritrovo previsto … “La belà la và al fosso, al fosso a resentar … uè! Al fosso a resentar”.
Il team capitanato da Mattei cantava una vecchia canzone popolare del nord volando ad alta quota con un vecchio velivolo, ovviamente alla guida c’era Simon.
L’elicottero era stato una nobile concessione della Resistenza del Sud Italia, era l’ultimo che avevano eppure, per questa missione così dubbiosa, lo avevano sacrificato; questo dimostrava senza ombra di dubbio che si fidavano del Generale Mattei.
“Terùn … dag a doss” cantava Max con il resto della squadra nella stiva, il pilota era Simon e al suo fianco c’era ovviamente Mattei che faceva da co-pilota; non per questo Simon fu meno esigente, anzi, continuava a dire a Mattei di non toccare quello, di non fare quell’altro, di stare più attento … “No, generale, non si schiaccia così quel pulsante. Lo faccia come se stesse pestando un fiore” allorché Mattei rimase perfettamente immobile e perplesso.
“Ecco, soldato Simon, lo vedi quel punto laggiù, ci siamo. Inizia ad abbassarti lentamente, usa bene quel pulsante lì” affermò Mattei con un sorrisino e aspettando una risposta del pilota che non si fece attendere “Lei pensi a salvare il mondo, che io penso ad atterrare”.
Il generale lasciò il posto del co-pilota per andare nella stiva a informare il team che erano finalmente arrivati “Siamo pronti, generale. Agli ordini” confermò il soldato Singh indossando la sua tuta bianca mimetica … ovviamente indossata da lui era estremamente poco mimetica, lo osservò anche Alex e tutti ci fecero una risata.
La classica risata per non pensare a quello che sarebbe successo dopo.
Mattei vedeva la speranza nell’animo della sua squadra, sperava veramente di trovare Molini e di riuscire a salvarlo, sperava di trovare anche Grotti e Perruti con lui, sarebbe stato idilliaco, una vittoria per tutti.
Atterrarono non molto bruscamente me neanche leggermente, fu un atterraggio abbastanza normale … si fa per dire!
“Non fatemi l’applauso” si sentì provenire dalla cabina di pilotaggio.
“Vogliamo andare?” chiese Mattei e, quando sentì un ‘sì’ all’ unisono di tutti, spalancò la portiera dell’elicottero e fece scendere tutti.
Il posto era un vecchio villaggio abbandonato di una piccola campagna vicino la Toscana, loro si trovavano esattamente in mezzo ai campi arati, lì vicino vi era una rimessa per cavalli e una vecchia stalla.
“Dalle stelle alle stalle” osservò Singh.
La neve si era un po’ sciolta e si cominciava a vedere la terra delle coltivazioni; la squadra cominciò a muoversi verso la rimessa, “Muoviamoci a lisca di pesce” affermò Mattei mettendo tutti un po’ a disagio, “Generale, come ci si muove a lisca di pesce?” chiese Max ottenendo un secco e inorridito sospiro come risposta.
Arrivarono alla stalla che era chiusa dall’interno, Mattei si avvicino alla porta dal davanti di legno di un marrone scuro e bussò leggermente e poi con un fil di voce domandò “Ehilà? Molini? Sono il generale Mattei. C’è qualcuno?”, non ne conseguì risposta, il silenzio regnava.
Tutti si guardavano in faccia, che senso aveva allora quel messaggio se non c’era nessuno?
Forse erano arrivati tardi? Forse Molini se ne era andato? Forse era chiuso dentro e non riusciva a parlare?
“Dobbiamo in qualche modo entrare” opinò il generale, poi si guardò intorno ed enunciò “Ci serve un piede di porco per far leva su questa porta … o qualcosa per esso”.
Tutti gli uomini cominciarono a guardarsi intorno; vi era un piccolo capanno degli attrezzi lì vicino, Max ed Alex allora si precipitarono a curiosare; quando vi entrarono poterono ben scorgere un piede di porco completamente arrugginito ma ancora funzionante, quindi lo presero.
In quel momento si sentivano nell’aria solo i loro passi, il rumore del vento che muoveva quel poco di fieno che era rimasto in giro dall’estate scorsa, le gocce d’acqua che una per una scendevano dalla grondaia della stalla.
“C’è troppa quiete” osservò Mattei scrutando il cielo “Bene, usate il piede di porco ed aprite questa porta … però fate con molta calma e delicatezza, mi raccomando” ordinò a Max ed Alex.
I due amici riuscirono dopo quasi tre tentativi, anche abbastanza goffi, ad aprire e liberare quell’entrata; come si poteva notare dall’esterno le finestre di quella stalla erano tutte sbarrate e quindi quando Mattei entrò dentro quel buco notò che non vi era alcuna luce, sentì bene l’odore di fieno e chiuso che c’era all’interno; guardò nel buio di quel locale e si rigirò verso i suoi uomini che erano ancora fuori e disse “Qua non c’è niente”.
A quel punto esplose una luce accecante dal centro della stalla, sembrava uno di quei lampioni da stadio ma molto più potente che ipnotizzò Mattei ed i suoi uomini e poi ci fu una esplosione dietro di loro.
“Una trappola! Ritirata!!” urlò Mattei coprendosi gli occhi e cercando di riacquistare la vista … ma al momento vedeva tutto così sfocato che andò a sbattere contro il muro della stalla cadendo per terra.
 

Io che credevo alle favole … e non capivo le logiche … è una fortuna che sono …

Oh oh oh … oh oh oh … ancora vivo!

 


Vedeva tutto rosso, probabilmente perché stava perdendo sangue da un sopraciglio; si alzò da terra barcollando, sentiva dei rumori molto acuti … Mattei si stava riprendendo dalla botta che aveva appena preso quando si sentì toccare da dietro, qualcuno gli aveva bloccato le braccia.
Si voltò per capire chi fosse e ricevette un altro colpo sulla testa che gli fece perdere momentaneamente i sensi.
Si risvegliò in mezzo ad una battaglia.
Era stato portato al riparo da Alex che continuava ancora a trascinarlo di qua e di là, notò che la sua squadra si era nascosta per proteggersi dagli attacchi del Regime dietro una vecchia staccionata.
“Venite fuori, assassini!” gridava una voce proveniente dalla stalla.
“Cazzo, era …” cercò di parlare Mattei “Era una trappola e non ci siamo cascati in pieno” finì; si rialzò a fatica e sbuffando si mise ad osservare e calcolare la situazione.
Erano messi veramente male, sicuramente lo squadrone del Regime era più numeroso e meglio attrezzato per uno scontro a fuoco, nonostante tutte le missioni svolte fin’ora … Mattei non aveva la minima idea di come saltarne fuori.
“Dobbiamo prendere tempo … dobbiamo prendere tempo” cominciò a ripetersi, poi si voltò verso la stalla ed urlò “Chi siete?”.
“Non ti dovresti preoccupare di questo, amico. C’è una bella taglia sulla vostra testa, diciamo solo che siamo degli spazzini noi” rispose una voce roca.
“Merda, siamo cascati nella trappola di alcuni mercenari” sussurrò Mattei.
I mercenari erano di sicuro la peggior categoria di soldati nel mondo d’oggi, combattevano per gli interessi di chi li pagava e ovviamente erano stati assoldati per catturare ed uccidere il capo della Resistenza.
“Dai, venite fuori … e magari potremo trovare una soluzione” tornò a parlare quell’uomo da lontano, aveva proprio una voce sarcastica e priva di animo gentile.
“Accidenti, forse gli antichi suggerivano di questo” bisbigliò Mattei quando si accorse di aver svelato un segreto che non doveva assolutamente dire, infatti si accorse che Alex e Max si erano accorti della sua frase e che ora lo stavano guardando con occhi storti e stupiti.
“Antichi?” chiese Max e Mattei rispose farfugliando qualcosa, Alex invece aveva già capito e cercò di estorcere l’intera informazione al generale che, data ormai la situazione tragica, spifferò tutto.
“Io mi fidavo di lei, generale. Ero pronto a dare la vita per lei, forse. Ma ora … come ha potuto tenerci all’oscuro di questa notizia?” affermò sonoramente il soldato Singh con una espressione disgustata.
“Signori, adesso calmiamoci. Mi scuso con voi per non avervi detto tutto dall’inizio ma dovevo mantenere un assoluto riserbo. Adesso, però, non è il momento per discuterne. Dobbiamo saltare fuori da questa situazione” osservò il generale.
“Va bene, generale. Ma dopo dovremo seriamente parlare di questo suo comportamento” considerò Alex.
Tutti cominciarono a spremersi le meningi per trovare una soluzione alla situazione in cui si erano cacciati, sentivano i passi di quei mercenari avvicinarsi sempre di più, ormai c’era poco da fare, bisognava solo contrattaccare con tutta la forza che avevano.
“L’unica è cercare di scappare sfruttando un diversivo, ma non abbiamo né il tempo, né lo spazio. Dobbiamo cercare di resistere ai loro attacchi e colpirli mano a mano finché non li abbiamo a tiro” suggerì Mattei ma si accorse sin da subito che quegli uomini ormai gli avevano circondati.
“Generale Mattei … venga fuori, non si preoccupi; lei sarà l’ultimo” affermò il capo dei mercenari … ad un certo punto i rumori dei passi svanirono e tornò un silenzio infernale.
Mattei cercò ci capire la posizione di quegli uomini e appena si mosse si trovò davanti l’uomo che stava parlando prima che gli puntava una pistola sulla fronte.
“Tana libera tutti” disse e  …. BOOM!
 

 

In questo mondo … in questo mondo di fenomeni!! Di gente pronta ad uccidersi …

Io un fucile ce l’ho … lo tengo sotto il letto!

 
 

Il terreno vibrò.
Sembrò un piccolo terremoto con un rumore assordante.
Il capo dei mercenari cadde rovinosamente per terra sparando per aria, Mattei fece un balzo all’indietro per togliersi dalla portata di quell’uomo che si rialzò tutto stralunato e cercò di riprendere in mano la pistola che gli era leggermente scivolata via.
In quell’istante arrivò correndo Alex che diede un calcio alla sua arma e gliela fece volare via, l’uomo si arrabbiò ferocemente e colpì con un calcio lo stomaco del ragazzo che cadde per terra.
Vedendo Alex subire quel colpo, Mattei si alzò rabbiosamente e saltò addosso a quella persona creando una vera e propria rissa corpo a corpo.
Ci fu un’altra esplosione ed il terreno si mosse di nuovo ma a nessuno sembrò importare; tutti cominciarono una lotta tra di loro tra spari e salti da tutte le parti con le esplosioni di sottofondo.
Quando sembrò che i mercenari fossero di nuovo nel controllo della situazione, cominciarono a piovere raffiche di proiettili da ovunque.
Erano i rinforzi … ma di chi? E da dove?
“Eccoci qua, italiani!” urlò un ragazzo dall’accento italo-americano, arrivò da Mattei e gli porse la mano, egli lo guardò a dir poco sorpreso e fece segno come per dire ‘cosa’ e il ragazzo rispose “Sky … il cielo, guarda into the cielo”, così il generale alzò lo sguardo in alto e … basito disse a bocca spalancata “Oh porca miseria”.
Nel cielo vi era un enorme zeppelin che si stava avvicinando, sulla pelle laterale vi era un gigantesco stemma.
Dal dietro dello Zeppelin uscirono tre mongolfiere piccolissime che scesero molto velocemente verso il team Einaudi.
Mattei riuscì a vederle bene mentre atterravano, erano tre piccolissimi palloni aerostatici tutti colorati di rosso; contenevano due persone ciascuno tranne le terzo in cui vi era solo un uomo.
In tutto erano cinque persone, sembravano americane; uno di loro, un uomo sulla sessantina di anni con i capelli lunghi e folti e la barba incolta cominciò a salutare con il braccio sin da subito.
Mattei rimase sconvolto, così come Alex e Max, videro queste mongolfiere appoggiarsi per terra pian piano e questi cinque personaggi scendere.
Erano tutti con l’età molto avanzata, il generale notò qualcosa di familiare; non erano di certo italiani e parlavano solo un americano stretto ma erano molto carichi e sorridenti.
Quello che prima aveva salutato con la mano urlò da lontano “Ehi, amici! Avete visto che cazzo di entrata in scena?”
 

Quando arrivano i conti, sai … ognuno paga comunque i suoi … e sta tranquillo che io …

Io i soldi celi ho!!

 

Stupefatti.
Gli uomini della Resistenza erano stupefatti; guardavano arrivare verso di loro quei cinque anziani signori tutti carichi e incredibilmente in forma.
Uno di loro aveva una benda su un occhio e portava una balestra in mano, un altro aveva un sombrero messicano in testa e teneva in braccio un fucile a pompa scintillante, un altro addirittura girava con una frusta!
“Ma che cazzo ti sei portato dietro?” disse l’uomo che era davanti a tutti vedendo la frusta, ottenne subito un risposta veloce “La frusta; come frusto io … nessuno! Nemmeno Indiana Jones!”
L’uomo che teneva quell’arnese in mano aveva anche lui la barba e i capelli lunghi però biondi (e un po’ bianchetti) ed era il più smilzo di tutti; mentre quello che sembrava messicano aveva un bel pancione che quando camminava sembrava dondolare a destra e a sinistra.
Il capo di quel gruppo si ritrovò, finalmente, davanti a Mattei e gli porse la mano salutandolo, masticava nervosamente un chewing-gum e, dopo aver stretto la mano al Generale, affermò “Ehi amico, io sono …”
Ci fu uno sparo grossissimo che bloccò la frase dell’uomo, era il Regime che era tornato all’attacco; così il personaggio simil - messicano cominciò a sparare una raffica di pallettoni dal suo mega fucile facendo buchi ovunque e spaventando non poco il Regime ed i suoi uomini che dovettero ripararsi nella stalla … dentro la loro stessa trappola; appena tornò un attimo di pace, l’uomo riprese il suo discorso a Mattei “Ehi, amico, io sono … “ Spam!! “E adesso che cazzo c’è?”
Era di nuovo stato interrotto da un’altra piccola esplosione di un granata che fece saltare in aria tutti.
Mattei riaprì gli occhi pieni di fuliggine e vide quell’uomo che ordinava ai suoi di respingere la minaccia, vide il personaggio con la benda sull’occhio andare verso la stalla con la sua balestra e cominciare a sferrare frecce all’impazzata.
Si sentivano gemiti di dolore da parte dei soldati del Regime, con quell’uomo ci andarono anche Alex e Max su ordine dello stesso Mattei e diedero una mano liberando la stalla.
Poi videro in lontananza altri soldati in arrivo e subito informarono il generale che si dimostrò estremamente preoccupato e un po’ agitato.
Doveva ancora capire bene la situazione ma qualcosa già aveva intuito, aspettava solo di averne la conferma, d’altronde non era passato molto tempo dal 7 febbraio e aveva ancora quel ricordo molto vivido nella memoria.
“Guardate là dietro, ce ne sono ancora!” urlò Alex e fece segno ad un posto vicino una rimessa per attrezzi e macchinari agricoli; così l’uomo messicano partì di fretta e furia verso la sua mongolfiera faticando un po’ a correre sulla neve e terra bagnata.
Quando vi arrivò, con estrema fatica e prendendo fiato prese un lanciamissili da una borsa da viaggio, allorché Mattei spalancò gli occhi e urlò a tutti di stare giù; anche il capo di quei strani personaggi gridò qualcosa ma nella confusione si sentì poco … pareva avesse gridato un incitamento ad “ammazzarli tutti”.
Il messicano puntò la rimessa e sparò un missile fortissimo con grande potenza tanto che, dopo aver premuto il grilletto, rotolò per terra dal rinculo di quell’arma.
Il razzo arrivò dritto sulla rimessa e la fece sparire dalla faccia della terra.
“Uno a zero per me!” urlò felice ed orgoglioso di sé.
A quel punto, con la calma ritornata per almeno qualche secondo, l’uomo dai capelli lunghi e brizzolati tornò da Mattei e finalmente riuscì a presentarsi; fece un sorrisino malizioso ed enunciò : “Ehi, amico! Io sono Dave e noi siamo i Foo Fighters
 


 
To be continued ….

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