Occhi Verdi

di LittleMissMaddy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fantasmi dal Passato ***
Capitolo 2: *** A lezione da Bab ***



Capitolo 1
*** Fantasmi dal Passato ***



Nota della scrittrice: Questa FF è ambientata in un seguito del Quinto anno, senza contare i fatti accaduti nel sesto libro della mitica J.K. , quindi non stupitevi troppo *_^

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(( Capitolo 1 ))


Mia Cara,
Scrivo per informarmi della tua salute fisica. Stai bene? Ti è passata l'influenza? Spero di sì, piccola.
Io, come al solito, sto bene. Ho tenuto la mia ultima lezione appena un'ora fà. Sono stanco e triste..
Vorrei poterti abbracciare, poterti dire che mi manchi, ma in realtà non ti ho mai avuta davvero per
poter affermare una cosa simile.
Mi piacerebbe.
Stringerti.
Cullarti.
Baciarti.
Dirti che sei la Donna della Mia Vita.
E farti addormentare tra le mie braccia, come avrei dovuto fare ogni notte da molti anni, ormai.
Prima o poi mi perdonerai.
Prima o poi, leggerai queste mie parole.

Tuo, sempre e comunque,
Severus Piton


Ripose la piuma d'oca, intingendo distrattamente la punta di questa nella boccetta di inchiostro nero appoggiata su quella scrivania scialba e triste, tanto simile a lui. Sorrise e lì l'abbandonò, gettando un poco di sabbia sul foglio, abbandonato al suo destino, infilato distrattamente in quel cassetto. Richiuse quello stesso cassetto aperto precedentemente, girando la piccola chiave nell'altrettanto piccola serratura. E sorrise.
Perchè sapeva, in cuor suo, che prima o poi Lei avrebbe letto tutta quella montagna di lettere piegate ed infilate in quell'angusto cassetto. Lo sapeva, Severus, che quella giovane, splendida donna, un giorno, avrebbe abbassato quel suo sguardo da cerbiatta sulle file di parole allineate malinconicamente, da anni.
Anni. Ogni sera. Ne aveva un baule pieno, di quelle lettere, datate fin da quasi Sedici anni prima. Amava inventarsi risposte a lettere mai ricevute in cambio.
Sedici anni trascorsi a scrivere ad una persona che, probabilmente, non avrebbe mai avuto il coraggio di leggersele tutte, quelle lettere.
Lettere d'amore, lettere di amicizia, lettere colme di rancore per un destino burlone che aveva saputo portarlo alla rovina.
Rovina.
Era stata la sua Rovina, quella donna. Sedici anni.
Buttati così, nel nulla, nell'oblìo più nero.
Non aveva saputo riconquistarla. Se l'era fatta sfuggire di mano. Era .. Sparita.
Nel nulla. E così, Severus, le scriveva. Ancora e ancora, fino a crollare addormentato sul foglio di pergamena.
Fino a quando non si ritrovava con la testa china su quelle parole, con le sue lacrime amare riversate su quei
sentimenti gettati su carta. Lui scriveva.
Per disperazione?
No, per speranza.
Quella era l'ultima a morire, si mormorava.
In vita sua, aveva amato solo un'altra donna a quel modo struggente: Di un Amore che gli strappava ogni forza.
Di quell'Amore che riusciva ancora a farlo piangere. A farlo sentire vivo. Era vivo, pensando a Loro due.
Scomparse, sebbene in diversi modi.
Perdute, nello stesso istante.
Ma non si dava per vinto, non Severus Piton. Mai. L'avrebbe riavuta, gli fosse costata tutta la vita, quell'impresa, ma l'avrebbe riavuta.
Piegò la bocca in una smorfia consapevole, scacciando quella folle idea come ogni sera da Sedici anni a questa parte. La rifiutò tacitamente, alzandosi in piedi, scostando la sedia. Si mosse verso il letto e si coricò su di esso, esausto. Sogni di vittorie, di riconquiste lo cullarono fino a quando le sue palpebre, appesantite dal sonno, non si decisero a calare del tutto su quei pozzi neri, avvolti dall'inespressività più totale e deprimente.
Dormì.

« Buon giorno, Professor Piton. Ha dormito bene? » domandò una vocina squillante alle sue spalle. Severus Piton, frustrato da chissà quale ragionamento contorto, si voltò ad osservare la Serpeverde che lo stava inseguendo per la Sala d'Ingresso. Si stavano allontanando entrambi dalla Sala Grande, terminata la colazione. Proseguì placidamente, volgendo solo qualche occhiatina seccata alla Prefetta che non accennava a lasciarlo in pace. Sembrava intenzionata a seguirlo fino alla sua meta: I Sotterranei.
Trovando insopportabile anche solo l'idea di venir tallonato dalla Prefetta saltellante fino al proprio studio, il Professore frenò bruscamente e si voltò verso la giovane. La squadrò dalla punta delle scarpette nere fino alla cima dei capelli scuri.
« Sì, signorina Parkinson .. Posso esserle d'aiuto? » indagò sospettoso, soffermandosi a scrutare i lineamenti della giovane che, di tutta risposta, tese un foglio verso il Capocasata che seguì riluttante un ditino sottile che andava ad indicare un nome sottolineato più volte con inchiostro nero. L'uomo corrugò pensosamente la fronte pallida, incontrando con lo sguardo il nome additato dalla Prefetta dei Serpeverde. Barbara Murray.
« Non capisco che cosa debba comunicarmi quel nome .. E' forse una nuova professoressa? » domandò, perplesso, alternando l'attenzione tra il foglio e il volto di Pansy. La giovane scosse il capo e tirò via il foglio da sotto al naso del Professore, sorridente: « Ricorda la nuova Studentessa? Quella che viene da Beauxbatons ».
L'uomo tornò a corrugare pensosamente la fronte pallida, permettendo così ad una ruga sottile di deturpargli la fronte, che tuttavia sparì poco dopo con il distendersi dei suoi lineamenti. Annuì bruscamente.
« Arriverà oggi. » gli comunicò allora la Prefetta. Le sue parole furono accolte da una smorfia riluttante, sicuramente seccata. La Serpeverde arretrò di un passo, conscia che quello lì non era uno dei segnali più ottimistici del mondo. Ma, al contrario di ogni previsione, il Professore si limitò a fare spallucce.
« Bene. E perchè mai hanno assegnato questo compito ingrato proprio a lei, signorina Parkinson? Non avevano decretato il fatto che fosse stata assegnata alla Casata di Grifondoro? » insinuò candidamente Piton, volgendo uno sguardo scettico alla Prefetta. Lei sorrise e replicò pacatamente: « No, il Cappello parlante ha deciso per Corvonero. Solo che il Preside ritiene che sia importante darle delle ripetizioni. Infatti ha chiesto la stessa cosa a molti altri Professori, a quanto ho sentito. Dev'essere una persona importante. » spiegò pazientemente la Serpeverde, abbandonando nella mano tesa del Capocasata il foglio con il nome della nuova studentessa. La liquidò con un semplice « D'accordo. Appena la vedrà, stasera, la conduca da Me. » e si allontanò frettoloso.
Aveva tutta l'intenzione di rintanarsi nel suo ufficio per poter proseguire la lettura di un nuovo libro, dato che aveva tutto il tempo necessario. Non avrebbe tenuto nessuna lezione, quel giorno. Era sabato. E nel Weekend metà di quei marmocchi si rintanava tra le stradine di Hogsmeade, abbandonando il castello alla sua innaturale quiete. Se non fosse stato per quello strano avvenimento .. Il trasferimento di una Studentessa da una scuola all'altra.
Del settimo anno, per lo più. Era uno di quei rari casi di trasferimento ritardato che di certo non accadevano ogni giorno: Silente aveva rimandato le spiegazioni fino a data da destinarsi. Intanto a lui toccava impartire lezioni private ad una mocciosa. Per lo meno non era Francese. Detestava le Francesi, tutte così deliziosamente frivole ed educate da far venire il voltastomaco. Ma a quanto aveva capito, era un Inglese finita per "sbaglio" lì, forzata dal lavoro dei Genitori. Due allocchi, se soltanto si ricordava bene dei signori Murray, ex studenti di Hogwarts.
C'era qualcosa che non quadrava, si diceva mentre si infilava all'interno del suo ufficio. Si richiuse la porta alle spalle e si guardò attorno, stanco già di prima mattinata. Il peso - ma soprattutto la fiacca - degli anni iniziava a farsi sentire. Si accostò alla scrivania, recuperando svogliatamente il libro che si era ripromesso di finire entro la giornata. Trasse un lungo sospiro, patito, e si mosse verso il letto. Si sarebbe steso su quello, avrebbe letto e bevuto Cioccolata calda. Sì, era quello il programma di Sabato. Per una volta, niente lavoro.
Libri, cioccolata calda e .. Silenzio.
Silenzio che venne prontamente infranto da un rumore di cocci rotti, che lasciò leggermente interdetto il Professore. Piton si voltò, abbandonando sul letto il volume rilegato in pelle, e si guardò attorno alla ricerca della fonte di quel rumore. L'espressione del suo volto mutò rapidamente, da una sorpresa ad una inorridita. Spaventato, corse quasi verso i cocci riversati sul pavimento di quella cornice infranta. La foto era sfuggita al suo rifugio, rivolta verso il basso. La raccolse, voltandola. Un volto famigliare spiccò su colori invernali, avvolto da un'atmosfera da fiaba. Sostava nel bel mezzo di un vialetto ricoperto interamente di foglie rinsecchite ed ingiallite cadute dai rami di quegli alti e poveri alberi, annunciando così l'inverno. Fissò a lungo quel volto dai tratti gentili, soffermandosi sul sorriso radioso della giovane. L'oggetto di quella foto. L'oggetto dei suoi ricordi.
Scacciò il passato con rapidità assurda, alzandosi per nascondere nuovamente la foto ormai priva di protezione. Non sapeva come era finita lì per cadere, ma era caduta e la cornice si era infranta. E lui non aveva cuore di lasciarla lì, da sola, in balìa del nulla. Così se la trascinò a letto, lasciando i cocci sul pavimento con una tranquillità spaventosa. Scostò il libro, si sedette e la osservò.
Passò ore avvolto in un manto di bui ricordi. Non fiatò se non per ripetere alcune volte il nome di quella giovane, a distanza di lunghi attimi di silenzio pregni di passato. Passato doloroso. Era tutto quello che gli restava. Un uomo in mano ai ricordi, e non il contrario. Non il contrario. Severus Piton era sempre stato un uomo torturato dai rimorsi di cose fatte e, soprattutto, di cose non fatte.
Quelle lettere, in quel cassetto, erano una prova della sua idiozia. Aveva mandato all'aria tutto, tutto. E non gli restava che l'amaro in bocca al pensiero di tutto quello che ora sarebbe potuto essere.. Loro. Qualcosa di unito. Che tuttavia non esisteva più.
Si addormentò.
Era così stanco.
Così stanco che non si accorse del continuo martellare contro la sua porta: C'era qualcuno che bussava, ed inizialmente non riuscì a comprenderlo.
Finchè non si sentì richiamare da una vocetta stridula che annunciava a gran voce il suo nome, sventolandolo ai quattro venti. Irritato, aprì prima un occhio e poi l'altro. Li strabuzzò stupito, spostandosi verso il bordo del letto. Balzò in piedi e vacillò appena, ancora vittima del sonno improvviso. Stava diventando vecchio, già.
Corse quasi verso la porta, rassettandosi nel frattempo gli abiti: « Avanti! » sbottò spalancando d'un tratto la porta, scorgendo al di là dell'uscio due figure minute. La prima si dileguò con un saluto frettoloso, mentre la seconda se ne restò impalata a fissare gli occhi verdi in quelli totalmente neri di Piton.
Severus s'irrigidì visibilmente, ma non diede prove della sua sorpresa. Si limitò a riscuotersi da quella sottospecie di trance invitando la ragazza ad entrare con un cenno secco del capo: La giovane obbedì senza fiatare. Si addentrò nello studio del Professore e si fece d'un tratto piccola piccola, sebbene permanesse in posizione eretta e fiera, piena di malcelata alterigia. Si sentiva osservata ossessivamente, e non a torto.
Mancava poco così affinchè Piton la trapassasse da un lato all'altro con lo sguardo. Era sempre stata consapevole della propria bellezza, ma non si era mai vista fissata così insistentemente. Soprattutto da un Professore.
Ma non era attrazione quello che il professore provava in quel momento .. Piuttosto, una miscela di sentimenti contrastanti: Disperazione, rabbia, euforia, gioia delirante. Eppure si tratteneva, oh, sì. Si limitava a studiarla in silenzio, seguendo la curva delle sue labbra ben disegnate, atteggiate a broncio. Indugiava sui suoi occhi verdi, profondi e attenti, e di nuovo sui capelli raccolti in una bassa coda. Capelli neri. Neri e ricci, lunghi. Era una ragazzina molto bella, non c'era traccia di dubbio su questo, ma non era la sua bellezza a tener inchiodato Piton. Erano i suoi occhi.
I suoi Occhi Verdi.
« Barbara Murray. E' un piacere conscerla. » si presentò la giovane, interrompendo crudelmente quell'imbarazzante silenzio che s'era andato creando tra di loro. Piegò la bocca in un sorrisetto mesto, chinando appena la testolina di fronte all'improvviso muoversi di Severus che si ricordò miracolosamente d'avere le gambe. Sorrise a sua volta, stranamente.
« Signorina Murray, benvenuta ad Hogwarts; ho saputo che ha avuto vari problemi nella sua precedente scuola, e per questo è stata trasferita ad Hogwarts. Il Preside mi ha comunicato il fatto che dovrò darle ripetizioni, dato che ovviamente le nostre materie variano un poco da quelle insegnate nelle altre scuole. » spiegò tutto d'un fiato, apertamente ansioso. Era la prima volta che gli accadeva di doversi ricordare di respirare, come di muoversi ogni tanto per mostrare di aver vita in quel corpo ancora stranito dalla presenza della Corvonero.
La ragazza annuì lentamente.
« Sì, incidenti di percorso. Comunque, a mio parere non ho bisogno di ripetizioni .. E' perfettamente inutile. Ho letto più libri io di molte mie compagne nella mia ex scuola messe insieme. » ribatté Barbara, assumendo d'un tratto un espressione vagamente arcigna. Era saccente. Fu quella la prima impressione che ne colse Piton, sentendola parlare. Aveva una voce calda e bassa, ma era saccente. C'era una punta di superiorità in quella voce soffusa. Come se non temesse il confronto con nessuno. « Capisco. Secondo il mio modesto parere, invece, lei, signorina Murray, dovrebbe moderare le sue idee a seconda di quando le chiedo io di esprimersi. Se non lo farò, dovrò prendere seri provvedimenti. Odio essere contraddetto. » sibilò di rimando il Professore, piegando infine la bocca in un ghigno sottile, intriso di malignità gratuita.
Ma c'era qualcosa.
Era turbato. Continuava ad esserlo. Le espose il programma e gli orari delle ripetizioni, e poco dopo la congedò. Quando la ragazza scomparve svoltando l'angolo, Piton si mosse verso la direzione opposta, imboccando un corridoio secondario dopo essersi chiuso la porta del proprio ufficio alle spalle. Si mosse rapido per scale e corridoi, finendo per infilarsi tra le ali della grande aquila che lo avrebbe condotto dal Preside. Mormorò con voce asciutta la parola segreta e attese. Salì le scale e si affacciò sullo studio di Silente, col cuore in gola.
« Severus! » lo salutò cordialmente il vecchio Preside, seduto di fronte alla sua scrivania con il capo chino su varie scartoffie da riempire. Piton si richiuse la porta alle spalle ed avanzò baldanzoso verso la prima sedia che scorse. Si accomodò seguendo il cenno gentile di Silente, portando nervosamente le mani ai braccioli della sedia. « Non vuole spiegarmi chi diamine è quella ragazzina? » domandò, ma la sua voce non aveva nulla di cortese o pacato. Non era il Piton di sempre. Si era sporto verso il barbuto Preside e gli aveva scoccato un'occhiatina tutt'altro che amichevole.
« Barbara Murray. » spiegò con pazienza Silente, quasi che Piton fosse un marmocchio che non avrebbe comunque potuto comprendere la faccenda. Cosa che rese il Professore ancor più nervoso, ma dovette trattenersi, limitandosi a fulminare con lo sguardo la povera Fanny, la fenice del Preside appollaiata sul suo rametto.
« Conosco il suo nome. Ma .. C'è qualcosa sotto. Lo so. I suoi occhi. » borbottò l'altro, assomigliando parecchio ad una pentola di fagioli mentre si lamentava di questo e quello, del fatto che Silente non gli dicesse poi molto, ma venne prontamente interrotto da un cenno della mano del Preside che si protese a sua volta verso Piton. Assunse un espressione vagamente seria, volgendo l'attenzione al Professore: « Severus, è figlia di Lily. »
Bab. Già.
Barbara. Come fare a non capirlo subito?
Barbara Murray .. No, Barbara Piton. La sua piccola Bab.

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Capitolo 2
*** A lezione da Bab ***



Nota della scrittrice: Grazie per i commenti ragazzi *__* .. Mi incoraggiate assolutamente a continuare. Mi dispiace comunque che per ora non si comprenda molto, ma è questo il punto. E' per tenervi col fiato sospeso fino all'ultimo. E quindi non date niente per scontato, vedrete.

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(( Capitolo 2 ))


Quel nome continuava a martellargli la mente.
« Barbara. » mormorò allora Piton, e le sue labbra si schiusero automaticamente a formare un sorriso doloroso, che era smorfia e sorriso al contempo. Indecifrabile, come il suo sguardo fattosi d'un tratto assente. Alzò gli occhi a Fanny che sonnecchiava beata, volgendo in seguito l'attenzione a Silente. Quell'uomo era diabolico.
« E perchè diamine è qui? » sbottò d'improvviso, tornando a protendersi dalla sedia sulla quale sembrava inchiodato. Dal terrore, dalla sorpresa.
Dall'emozione.
« Non te la prendere con me, Severus. E' qui perchè non c'è altro posto più sicuro di Hogwarts per Barbara. » disse il Preside, e quella semplice frase sembrò attirare più l'attenzione di Piton che la sua ira. Scoccò un lungo sguardo al suo Boss, totalmente rincitrullito da quell'ondata di domande e di immagini che gli stavano assalendo la mente di solito tanto lucida, calcolatrice. Una mente quasi disumana, che, invece, di fronte a quella situazione arretrava, attaccata da ogni fronte. Attanagliata dai ricordi.
« Sì, Severus. A Beauxbatons non era più sicura .. » continuò Silente, approfittandosene dell'attontimento del Professore. Si alzò lentamente, ergendosi in quella che era un'altezza considerevole per un uomo della sua età. Si accarezzò distrattamente la barba, aggirando nel frattempo la scrivania posta tra lui e Piton. Lo ostacolava. Dovevano parlarsi faccia a faccia, doveva capire.
« Ma non devi dirle niente. Assolutamente niente. Devi mantenere il segreto, Severus. Ne và della sua vita, e nessuno di Noi desidera perderla. Tanto meno tu, non è così? » incalzò ancora il vecchietto, fermandosi accanto alla sedia che sosteneva fisicamente l'altro uomo. Ma non moralmente. Perchè il suo morale era crollato pericolosamente fino a sotto le sue scarpe.
« Ho capito, non c'è bisogno di dire altro. Buona serata, signor Preside. » ribattè il Professore. Finalmente si riscosse, scacciando quell'enorme paura con un'alzata breve delle spalle. Si sollevò dalla sedia e, dopo aver chinato il capo, si avviò verso l'uscita della stanza.
Non sopportava di non sapere.
« Se mai capirà tutto, dovrà farlo da sola. » sentì dire Silente, mentre si chiudeva la porta alle spalle e spariva oltre quella rampa di scale, tempestoso.

Era già Domenica quando si risvegliò, accusando un assillante mal di testa. Si vestì ed uscì. Anche quel giorno niente lezioni, erano tutti fuori, sguinzagliati per Hogsmeade.
Sarebbe rimasto volentieri in camera, ma non osò tanto. Doveva tenere salda la sua immagine, doveva nutrire il timore degli studenti che nel vederlo arretravano automaticamente.
Era pur sempre il Professor Piton.
Quello che faceva favoritismi,
Quello temuto da tutti.
Quello che si fermò, sgranando gli occhi di fronte alla vista di una giovane dai capelli neri accostata da un trio fin troppo noto di Grifondoro. Sesto anno.
Harry Potter e i suoi, che parlottavano con Barbara, sorridente e serena.
« .. Potresti venire con noi al Lago. Mi piacerebbe discuterne con te, sempre che tu lo voglia! » stava dicendo Hermione.
Piton arricciò il naso, irritato, e lasciò vagare lo sguardo, sicuramente più interessato, sulla Corvonero.
Barbara stava sorridendo. Di un sorriso dolce, amichevole. Un sorriso tanto lontano da quello che Piton si ritrovò ad ostentare, non accorgendosi degli sguardi incuriositi dei passanti.
Era un sorriso amaro, quello di Piton.
La stava osservando morbosamente, mentre la sentiva rispondere con fare pratico e deciso « ma certo, sarà un vero piacere. », seguitando poi a descrivere qualcosa del quale si disinteressò del tutto. Evitò a priori di guardare Harry. Non poteva sopportarlo.
Così, mentre lui seguitava a spiarli, se li vidi passare di fronte tutti e quattro. Aprivano il corteo Barbara e Hermione .. Quest'ultima aveva agganciato il braccio della Corvonero, tutta un sorriso. Ron e Harry seguivano le due donne parlottando tra di loro.
Severus riuscì ad intercettare solo per un istante lo sguardo di Barbara. Gli parve stranamente ostile, la sua occhiata, tutta il contrario di quell'espressione amabile dipinta in faccia. Si allontanarono lasciandolo là con i suoi dubbi, il suo mal di testa e la sua improvvisa ansia.
Si aggiustò il colletto della giacca nera e si incamminò a sua volta verso l'esterno del castello. Era strano vederlo fuori, soprattutto in una giornata così soleggiata; le nuvole si erano ritirate timidamente, lasciando spazio al Sole che, maestoso, abbracciava il parco nella sua vastità con dei raggi caldi e rassicuranti. Immaginò per un attimo che fosse la presenza di Barbara ad aver rischiarato l'atmosfera. Il suo sorriso avrebbe eguagliato, se non perfino superato, la lucentezza di quella Domenica tanto serena.
Si fermò sui gradini del Castello, sentendosi d'un tratto stupido.
Era come un marmocchio al suo primo appuntamento. Agitato.
Gettò uno sguardo sul vialetto intrapreso dal gruppetto che inizialmente aveva avuto intenzione di seguire: Erano svaniti.
Strinse le labbra pallide tra di loro, seccato, e si voltò. Si rintanò nel suo studio, spendendovi quasi tutto il pomeriggio.
Cenò come di consueto in Sala Grande, quella Domenica. Ma nessuno riuscì ad intraprendere con Lui anche la più piccola e banale delle conversazioni. Aveva evitato per tutta la serata gli sguardi interrogativi dei colleghi e si era rifugiato tra le quattro mura della sua stanza, dove aveva trascorso le ultime ore prima di riposare in miscugli di pozioni ancora da terminare. Sue invenzioni, suoi esperimenti. Falliti miseramente, anche quella notte.

« Potresti prestarmi gli appunti che hai tenuto dall'inizio dell'anno fino ad ora, per favore? Ne ho davvero bisogno. Non vorrei ritrovarmi a tenere gli esami senza almeno controllare di sapere tutto quel che c'è da sapere. » cinguettò Barbara. E sorrise ingenuamente, stringendosi nelle spalle minute. Il Corvonero al quale si era rivolta le scoccò uno sguardo adorante ed annuì prontamente, risoluto nel volersi conquistare l'amicizia - e perchè no, anche il cuore - di quella ragazza. Ne era affascinato, come tutti, d'altronde. Sapendo che c'era stato un trasferimento a metà anno molti studenti avevano indagato sull'accaduto, senza però scoprire troppo su quella stramba faccenda. Molti giovani, comunque, erano stati benevolmente sorpresi dal nuovo acquisto: Oltre ad essere una ragazza molto carina, era anche intelligente e sofisticata. Sapeva molte cose, come riuscirono a notare in molti, ed era sempre disposta a discutere con chiunque per far valere le sue idee certe volte bizzarre.
Insomma, Barbara Murray era riuscita a conquistarsi il favore di molti maschi del settimo anno, ma anche dei più giovani. Le ragazze si mantenevano ben lontane da lei, inizialmente, ma non tutte riuscirono a resistere al suo sorriso. Eppure, ufficialmente, solo qualche Corvonero e Hermione Granger si erano azzardate a sotterrare l'ascia di Guerra.
Così si era ritrovata circondata da una marea di fans e da poche, ma buone, amiche.
E tutto in poche settimane.
Fatto che stupì parecchio vari Professori, come anche il suo modo di fare pratico e deciso.
Prendeva ripetizioni, studiava, svolgeva i compiti assegnati durante la settimana ed era perfino entrata a far parte del Clan dei Duellanti Corvonero. Una scalata rapida e decisa.
La persona che più ne uscì colpita, o forse demoralizzata, era proprio Piton.
Non si era aspettato tanto successo da quella ragazza.
« Bene, oggi faremo prova pratica. Via quei libri, e mani ai calderoni. » annunciò quel tardo pomeriggio il professor Piton, seccato dal continuo mormorìo che correva per la sua aula. Detestava quei giovanotti goffi e maldestri, soprattutto quando sprecavano i suoi ingredienti senza mai ricavarne un ragno dal buco.
« NON sporcate. Se rovescerete anche solo un po' di pozione, ve la farò raccogliere con la lingua » li minacciò sibillino, principiando a muoversi tra i vari studenti che si erano allineati di fronte ai Calderoni seminati per l'aula buia, illuminata a luce di torcia.
Studiò con attenzione il lavoro di molti Tassorosso, soffermandosi poi sulla classe di Corvonero. Addocchiò insospettito il Calderone che sostava di fronte a Barbara, e si stupì di trovarlo ancora integro. Non aveva sbagliato nessuna dosatura. Anzi, stava perfino aiutando due sue amiche, chinata sul calderone di una e tenendo sotto d'occhio quello dell'altra. Aveva il volto illuminato da una strana luce, gli occhi le luccicavano di uno sguardo indecifrabile. Era come se fosse nata per dosare ingredienti, per vivere perennamente china su un quella brodaglia. Quell'immagine strappò un sorrisetto a Piton, che tuttavia il Professore si curò di mascherare con un ghigno sottile.
Fece per voltarsi, dar le spalle al trio, per poter controllare il resto della classe. Cosa che gli fu impossibile, dato che non appena distolse lo sguardo dal Calderone di Barbara quest'ultimo parve emettere un suono non bene identificato che mise in allarme sia il Professore che vari studenti voltati ad osservare la quiete prima della tempesta.
Barbara stava discutendo animatamente con un ragazzo, rimproverandolo della sua distrazione. Il giovane si stava scusando, ma nel vedere Piton che si era fatto nuovamente vicino arretrò di poco, nascondendosi quasi dietro alla compagna furibonda.
« Che diavolo state combinando? » sibilò minaccioso. Fece per allungare una mano, come per artigliare il braccio del ragazzo incriminato, ma si fermò bruscamente. Il calderone emise un altro gemito strozzato, ed esplose.
Letteralmente.
Esplose schizzando succo giallastro ovunque, sui vestiti di chiunque distasse come minimo ad un metro da quella specie di vulcano in piena eruzione. E, immancabilmente, gli schizzi raggiunsero anche gli abiti neri e lindi di Piton, macchiandoli inevitabilmente. Il Professore impallidì dalla rabbia, e fu quasi sul punto di mettersi ad urlare. Eppure, trattenendo saldi i nervi, si limitò ad estrarre la bacchetta. La puntò contro il calderone e, dopo aver biascicato qualche parola, sottovoce, tutto cessò.
Il calderone smise di borbottare e gli studenti di urlare.
« Signor Smith. » ringhiò il Professore, rinfoderando la bacchetta e scrollandosi di dosso il succo giallastro con aria disgustata.
« Non è colpa sua, è stata colpa di una mia disattenzione » una vocina che non era quella del ragazzo puntato s'intromise nel bel mezzo del discorso, lasciando a bocca aperta tutti quegli studenti incapaci di distogliere lo sguardo dal fulcro di quella scenetta abbastanza comica, con al centro un Piton stupito, indignato e sporco faccia a faccia con una Barbara altrettanto sporca e furiosa.
« Non dire sciocchezze, ragazzina. » ribattè asciutto il Professore, che spostò lo sguardo verso il giovane intimorito. Ma Barbara non sembrava intenzionata a lasciar correre. « Come fa a dirlo? Non stava guardando, lei. E' stata colpa Mia! » insistette.
Piton si voltò ad osservarla del tutto, squadrandola da capo a piedi.
Lei si era incolpata con le sue stesse mani, e non avrebbe potuto salvarla neanche volendo: « Bene. » commentò, e la sua voce venne soffocata dallo squillare della campanella. La lezione era finalmente volta al termine.
« Andate, la lezione è terminata. Tutti meno lei, signorina Murray. Per punizione dovrà ripulire Tutta l'aula. » annunciò, soffocando a stento quel solito ghigno sadico. Non per cattiveria, ma per soddisfazione. Aveva deciso di fare l'eroe, e ora ne avrebbe ripagato le conseguenze. Mai insabbiare i fatti per difendere qualcuno, non sempre quel qualcuno merita. Gli studenti uscirono mesti mesti, e in breve, loro due si ritrovarono faccia a faccia.
Piton incrociò le braccia al petto e abbassò lo sguardo sulla testolina china della giovane Corvonero.
« Così imparerà a prendersi le colpe che non sono sue » esclamò pacato. Non c'era più niente di minaccioso nella sua voce. Era semplicemente posato, tranquillo, mentre la studiava.
Entrambi sporchi di liquido giallo e appiccicoso.
« Le ripeto che è stato un mio sbaglio .. Io li ammetto, i miei errori. »
Le parole della ragazza, accompagnate da un lungo sguardo pregno di ostilità, fecero 'sì che gli occhi neri di Piton si allargassero e poi si restringessero, riducendosi a due fessure tanto simili a due lame taglienti. La squadrò con una smorfia, dandole poi le spalle.
Testarda e orgogliosa. E pungente .. Era come se avesse scelto appositamente quelle parole per rinfacciargli quello che lei ancora non sapeva.
Represse il desiderio di raddoppiare la dose di punizione solo riuscendo ad allontanarsi il più possibile, portandosi dietro alla Cattedra presente di fronte a tutti quei Calderoni ancora sporchi, contenenti delle pozioni che non pensò neppure di controllare, anche perchè le boccette presentate dalla maggior parte dei ragazzi durante la lezione, disposte sulla cattedra, lo attiravano molto di più della prospettiva di dover pescare di propria mano quella robaccia.
Si sedette e prese ad esaminarle, annusando e osservando con occhio esperto, limitandosi a commenti scritti rapidamente sul suo quaderno.
Nel frattempo, continuava a sbirciare la ragazzina che si era rimboccata le maniche e si stava dando da fare con la tenacia di una gran lavoratrice.
La studiò di nascosto, ma non fiatò fino a quando Barbara non ebbe finito e potè dunque congedarla.
Quando uscì richiudendosi la porta alle spalle, si abbandonò contro l'alto schienale della propria sedia e trasse un sospiro stanco, portando la destra a coprirsi gli occhi.
Più che punirla, era solo riuscito a farsi rimbrottare. A lezione da Bab.

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