Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Salve! Questa raccolta è stata scritta e terminata a Giugno e adesso finalmente trovo occasione per postarla... Spero che vi piaccia, soprattutto a salierix, dato che come me ha un debole per questo fantastico paring xD Ok, bando alle ciance, lettera A :)
Alive [Vivo]
Un bacio, poi un altro e presto diventò impossibile contarli.
Com’era iniziata? Non avrebbero saputo come rispondere.
Da quanto tempo stava andando avanti? Non avrebbero saputo rispondere ugualmente.
Potevano essere due minuti o forse due ore, o forse più di quello che entrambi potevano aspettarsi. Era come qualcosa lasciata in sospeso ogni volta che si erano incontrati, come qualcosa che era sul punto di accadere sempre.
“Se qualcuno ci vede, sarà la vostra morte!” esclamò Caterina improvvisamente, rompendo il contatto tra le loro labbra.
Thomas fece un piccolo sorriso, accarezzandole la guancia.
“In questo caso, mia Regina, voglio sapere prima com’è sentirsi vivi"
Quando suo figlio John entrò nella sua stanza dicendo che c’era qualcuno per lui, Tommaso Moro non avrebbe mai potuto aspettarsi la Regina o, come avrebbe dovuto chiamarla, la Principessa vedova del Galles.
“Vostra Maestà!” disse più che sorpreso come lei fece il suo ingresso nella stanza, alzandosi in piedi e inchinandosi a lei “Cosa fate qui?” non riuscì a trattenersi dal chiedere.
“Sono andata via da The More… Non vi appartengo” rispose semplicemente muovendo un passo verso di lui.
“E dove appartenete allora?”
La sua domanda le fece apparire un piccolo sorriso sulle labbra; la verità era che non sapeva dove appartenesse: non alla residenza dove era stata mandata in esilio, non più a Corte. Forse in Spagna, ma era troppo lontana ed era anche troppo tardi adesso.
“Appartengo qui” sussurrò lanciando un’occhiata alla semplice casa e poi fissando il proprietario negli occhi.
Un posto che non aveva mai visto prima, un posto che non conosceva, un posto che le sarebbe piaciuto chiamare casa.
Siamo arrivati alla lettera C! Ringrazio chi legge e in particolare salierix per il suo costante sostegno ^^ Questa è una tra le più idiote, lo so, ma spero vi piaccia lo stesso xD
Checkmate [Scaccomatto]
I fragili pezzi bianchi e neri si incontrarono a rincontrarono di nuovo senza mai toccarsi davvero, come le loro mani che li muovevano attentamente e abilmente. Erano rimasti chiusi in quella stanza per più di un’ora, qualche volta sorridendo l’uno all’altra, ma in silenzio, pensando a qualcosa che non aveva nulla a che fare con quei pezzi di marmo. Se qualcuno si fosse chiesto cosa stesse facendo la Regina nelle sue stanze private con il lord Cancelliere quel pomeriggio, nessuno avrebbe creduto davvero, conoscendo la reciproca attrazione, che stessero solamente giocando a scacchi.
“Scaccomatto” esclamò d’un tratto Tommaso Moro con un sorriso vittorioso, come il suo Cavallo Nero spodestò il Re Bianco ponendosi accanto alla Regina.
La notizia della morte di Tommaso Moro giunse a Caterina d’Aragona nella sua nuova residenza a The more in una sera piovosa, aspettata certamente ma non per questo meno dolorosa.
“Elizabeth per favore io… io voglio restare sola!” disse alla sua fidata lady con voce rotta dal pianto ancora inespresso.
Lady Darrell guardò la sua signora, lei stessa non riusciva a trattenere le lacrime; poi fece un inchino alla ormai ex Regina e lasciò la stanza.
Appena la sua dama uscì, Caterina iniziò a piangere, o meglio a singhiozzare, per qualcuno che solo adesso stava realizzando quanto significasse per lei. Nonostante la sua precaria condizione di salute, si piegò sulle ginocchia e iniziò a pregare, pensando che adesso un altro angelo stava vegliando su di lei.
“Aspettatemi in Paradiso” sussurrò sorridendo tristemente tra le innumerevoli lacrime che cadevano sul suo viso.
Solo sei mesi e un giorno più tardi, era morta anche lei.
NDA:
Si lo so, questa è tristissima, ma ci voleva. Storicamente Tommaso è morto il 6 Luglio 1535, Caterina il 7 gennaio 1536, il che effettivamente fa sei mesi e un giorno di distanza. Ringrazio come semrpe salierix per il sostegno^^ Alla prossima!
“State andando via?” chiese Thomas prendendole un braccio, un gesto che non si sarebbe mai permesso di fare.
Caterina lo guardò semplicemente senza dire una parola; non le piaceva il suono di quel verbo. Andare via, che significa fuggire, che significa arrendersi. E lei non si stava arrendendo affatto.
“Venite con me” sussurrò ignorando la domanda.
“Ma ci sono altri modi…” provò lui di nuovo, sorpreso dalla richiesta ma allo stesso tempo consapevole che, qualunque cosa lei avrebbe chiesto, lui l’avrebbe fatta.
E ne era consapevole anche lei. Prese una delle sue mani e senza aggiungere altro lo condusse lontano dal Palazzo.
Si, fuggire non era l’unico modo. Ma al momento sembrava il migliore.
Fight [Combattere]
“Caterina d’Aragona, Regina d’Inghilterra!” chiamò una voce dall’interno.
C’era una larga parte di Londra che l’aspettava dietro quella porta; forse l’intera Inghilterra fuori dall’edificio. Tante persone erano convinte che non sarebbe entrata in Tribunale, le altre speravano che lo facesse.
Prese un profondo respiro e chiuse per un momento gli occhi azzurri. Sapeva cosa doveva fare: avrebbe continuato a fare la cosa che aveva fatto per tutta la sua vita: combattere. Era una guerriera, come sua madre le aveva insegnato, come il suo Regno aveva bisogno, come Dio voleva. E avrebbe combattuto anche quel giorno per un Re che non l’amava più, un Regno che non era il suo e un Dio che sembrava averla lasciata sola.
“Non importa cosa accadrà, sarete sempre una guerriera e una vincitrice” disse una voce familiare non dal Tribunale stavolta, ma vicina, troppo vicina.
E come si voltò per guardare il sorriso sul volto di Tommaso Moro, il suo più fedele amico, cominciò a chiedersi per cosa davvero aveva combattuto tutta la sua vita. Fight [Combattere]
“Caterina d’Aragona, Regina d’Inghilterra!” chiamò una voce dall’interno.
C’era una larga parte di Londra che l’aspettava dietro quella porta; forse l’intera Inghilterra fuori dall’edificio. Tante persone erano convinte che non sarebbe entrata in Tribunale, le altre speravano che lo facesse.
Prese un profondo respiro e chiuse per un momento gli occhi azzurri. Sapeva cosa doveva fare: avrebbe continuato a fare la cosa che aveva fatto per tutta la sua vita: combattere.
Era una guerriera, come sua madre le aveva insegnato, come il suo Regno aveva bisogno, come Dio voleva. E avrebbe combattuto anche quel giorno per un Re che non l’amava più, un Regno che non era il suo e un Dio che sembrava averla lasciata sola.
“Non importa cosa accadrà, sarete sempre una guerriera e una vincitrice” disse una voce familiare non dal Tribunale stavolta, ma vicina, troppo vicina.
E come si voltò per guardare il sorriso sul volto di Tommaso Moro, il suo più fedele amico, cominciò a chiedersi per cosa davvero aveva combattuto tutta la sua vita.
Tommaso le prese lentamente il libro dalle mani. “Ginevra e Lancillotto” lesse sopra la copertina e poi lo aprì a caso. Conosceva perfettamente la storia: un amore impossibile tra la Regina d’Inghilterra e il più fedele gerriero del Re; una storia che era diventata ben presto un clichè, un clichè di cui lui aveva già sentito parlare, ed in prima persona.
Si, perché Tommaso Moro e Caterina d’Aragona era come loro, o forse come Paolo e Francesca, gli altri due amanti narrati dall’italiano Dante: un altro amore impossibile.
Amore impossible.
Che era impossibile non c’erano dubbi. Ma era davvero amore quello che c’era tra loro?
La risposta giunse prima di quanto si fosse aspettato; come continuava a leggere, si scoprì a combattere per non guardare la Regina e allo stesso tempo incapace di guardare da un’altra parte. E quando finalmente lasciò vincere la sua debolezza, alzando lo sguardo dal libro, tutte le difese da qualsiasi tipo di tentazione, che aveva costruito faticosamente giorno per giorno, crollarono all’improvviso.
“Quel giorno più non vi leggemmo avante”[*]
NDA:
Poteva essere che non infilavo Dante da qualche parte?? Dovevo proprio xD La frase è ovviamente tratta dalla Commedia, Inferno canto V... Spero vi sia piaciuta, le recensioni sono ben accette:) Ringrazio come sempre salierix per i suoi commenti^^ Alla prossima:)
Il sole si mostrava fuori dalla finestra, era già l’alba e non provava ancora alcun rimorso.
Al contrario, Caterina aveva amato ogni singolo momento della note precedente e tornando indietro nel tempo, l’avrebbe rivissuta da capo, ma poi perché non poteva esserci una seconda volta? Perché era un amore impossibile, suonò l’ovvia risposta nella sua mente, mentre il suo cuore perdeva un battito al pensiero di quando bene suonasse la parola “amore”.
“Siete mai stata felice?” chiese l’uomo affianco a lei, lasciando scivolare le sue dita tra i suoi lunghi capelli sciolti.
Lei si voltò a guardarlo sorpresa dalla domanda, la stessa che aveva provato ad evitare per tutta la sua vita; cercò il suo sguardo e quando lo trovò, trovò anche la risposta.
Quando aveva dieci anni, Maria non poteva fermarsi un momento ed era piena di energie, come la stessa Caterina era stata nella sua infanzia. Invece Isabella Agnes, che aveva I nomi delle sue due nonne, alla stessa età, era più calma e tranquilla; piuttosto che fare attività pratiche, preferiva di gran lunga leggere in Latino o nelle altre tre lingue che conosceva oltre l’Inglese. Ovviamente, c’era dietro l’influenza di suo padre, ed essere la figlia di Tommaso Moro poteva voler dire essere una piccola umanista. Ma dietro il suo temperamento, fisicamente, con i lunghi capelli scuri e gli occhi azzurri, era un piccola miniatura di sua madre.
“Quando diventerà grande, sarà una perfetta principessa!” disse Tommaso guardando orgoglioso sua figlia.
Sua moglie accanto a lui scosse la testa con un triste sorriso sulle labbra.
“Non sarà affatto una principessa, lo sapete questo…” fece notare Caterina, ricordando le difficoltà che aveva dovuto affrontare per far conservare il titolo alla sua prima figlia Maria e pensando all’incerto futuro che si prospettava invece per Isabella.
Tommaso girò la testa per guardarla e le accarezzò teneramente una guancia. La loro figlia sarebbe stata bene, lui lo sapeva, perché era certamente una principessa anche senza un titolo che lo provasse…
Non era infatti la figlia di una delle più belle e coraggiose Regine che l’Inghilterra avesse mai avuto?
NDA:
Ecco la lettera I, con un personaggio naturalmente di invenzione: Isabella Agnes, una presunta figlia di Caterina e Tommaso. Il nome, con poca fantasia devo ammettere, l'ho effettivamente preso dalle madri dei due, la grande Isabella di Castiglia e Agnes Moro. Ringrazio l'insostituibile salierix per le sue recensioni e anche semplicemente chi ha letto! Alla prossima:)
Prima di tutto i Gioielli della Corona, poi la Corona stessa. Era un segno, solo un mero segno di cosa era già diventato chiaro almeno nell’ultimo mese: lei non era più la Regina d’Inghilterra.
“Come sto?” chiese voltandosi verso l’uomo presente nella stanza.
Era la stessa di sempre, eccezion fatta per la corona.
“State meglio…” Tommaso Moro osò dire prendendo la corona tra le sue mani.
Caterina lo fissò, cercando ironia sul suo volto, ma non ne trovò neppure una traccia. Sembrava assolutamente onesto come sempre, e per un momento, solo un momento, anche lei avrebbe voluto pensare lo stesso, che forse la corona non le appartenesse più per davvero.
Si, perché la sua amata Corona era diventata troppo piena di spine.
Era stata l’umile preghiera del fedele servitore o il comando della Regina?
O forse la semplice richiesta di due servitori di Dio, troppo persi nel mondo e troppi persi l’uno nell’altra.
O forse solo due parole che fecero incontrare le loro labbra. Ma, mentre toccavano le labbra dell’’altro, era come se stessero sfiorando il sottile confine tra dovere e volere, sbagliato e giusto.
Era un assaggio di Paradiso, che li stava mandando all’Inferno.
Tommaso Moro stava camminando nel giardino del Palazzo, aspettando il Re; era passato tanto tempo dall’ultima volt ache era stato a Corte ed era già stanco del suo frenetico stile di vita, così differente da quello cui lui era abituato. Sospirò e i voltò per cercare di fuggire dal labirinto di fiori e piante che era il grande giardino.
E fu lì che la vide.
“Vostra Maestà!” esclamò inchinandosi e prendendole una mano.
“Sir Tommaso” lei rispose mentre un sorriso si formava sulle sue labbra.
Non sorrideva da molto tempo e lui lo sapeva, lo aveva capito guardando i suoi occhi. Se possibile, erano più luminosi di quanto lui ricordasse, più belli dell’ultima volta, ma anche più tristi.
Non disse una parola, la fissò negli occhi in silenzio per alcuni secondi… semplicemente non poteva distogliere lo sguardo.
Quei due angoli di cielo erano come un labirinto, uno in cui amava perdersi però.
“Ho scelto il mio nuovo marito” disse lei semplicemente con un sospiro.
Questo era l’accordo. Lei avrebbe acconsentito al divorzio con Enrico, se la loro figlia Maria avrebbe mantenuto il titolo di Principessa e sarebbe rimasta nella linea di successione, e se lei sarebbe potuta rimanere a Londra, con quanto denaro e quante tenute avrebbe richiesto (non che le importasse poi molto a dire il vero) e avrebbe potuto sposare chiunque avrebbe scelto.
“Allora sono felice per voi…” il Lord Cancelliere rispose, anche se la nota di ironica nella sua voce e la tristezza nel suo sguardo sembravano dire piuttosto il contrario.
“Mi sposerò tra una settimana” lei continuò, cercando di evitare gli occhi dell’uomo che le era di fronte.
Lui sospirò pesantemente, non sapeva se avrebbe potuto sopportare la situazione ancora per molro. Aveva accettato per tutti quegli anni che lei fosse di Enrico perchè lui era il Re e quello era il suo Destino ma adesso…
“E con chi, se posso chiederlo?” osò dire in un misto di curiosità e masochismo.
Caterina sorrise, mosse qualche passo verso di lui e si fermò solo quando I loro nasi ormai potevano sfiorarsi.
La Corona sulla sua testa, un sorriso sulla sua faccia e Enrico VIII al suo fianco che la guardava con occhi pieni di amore e devozione. Caterina sorrise tristemente riaprendo gli occhi; bastò una semplice occhiata intorno per capire che era stato tutto solo un sogno, un ironico sogno.
“Buongiorno, amore” disse una voce alle sue spalle, mentre sentì un bacio posarsi sulla sua guancia.
Ancora un po’ confusa dal sogno che aveva avuto, si voltò lentamente nel letto: il suo nuovo marito le sorrideva, baciandola stavolta sulle labbra. Era troppo bello per essere vero svegliarsi tutte le mattine così, con un uomo che la amava al suo fianco, e non rimpiangeva affatto non essere più la Regina d’Inghilterra, ma semplicemente Lady Caterina Moro.
Non era stato un sogno dopotutto, al contrario forse un terribile incubo.
E’ passato
un po’ di tempo e chiedo immensamente scusa per il ritardo… Per farmi perdonare
posto due lettere insieme, spero vi piacciano:)
Own
[Appartenere]
Tommaso Moro
non era più Lord Cancelliere, aveva dato le sue dimissioni solo due giorni
prima e adesso era lì, di fronte a lei a riferire la notizia.
“Perché?” fu
tutto quello che Caterina riuscì a chiedere e la risposta era troppo ovvia per
essere pronunciata.
Aveva
rinunciato a tutto per i suoi valori, per le sue convinzioni, per sé stesso,
per lei, per Dio e per la sua coscienza: i due sovrani che per tutti e due
valevano più di ogni altro.
“Tommaso…”
lo richiamò mentre lui stava per raggiungere la porta, pronto per andare.
“Avete il cuore più coraggioso che io abbia mai visto”
Poteva
essere l’ultima volta che si fossero visti e lei doveva semplicemente
dirglielo. Non sarebbe morto in vano. Perché purtroppo, questo era un fatto
certo: sarebbe morto prima o poi, e non per cause naturali.
“Ma
ricordate, mia Regina, che questo cuore appartiene a voi”
Tommaso non
sapeva esattamente da quanto tempo aveva avuto quel dipinto, ma ricordava
perfettamente come l’aveva avuto. Era stata la Regina stessa a donarglielo dopo
una sua solita visita a Corte e una delle loro solite vivaci conversazioni.Era sembrato un po’ imbarazzante all’inizio,
ma aveva accettato molto volentieri quel dono e l’aveva portato ovunque con sé
per il resto della sua vita, anche nella Torre di Londra.
Era qualcosa
che di solito facevano due innamorati e forse in qualche modo platonico, lo
erano anche loro.
Lei non lo
capì mai, lui semplicemente troppo tardi.
“Siete
ancora in tempo per cambiare idea” disse Cromwell dalla porta della cella
ancora chiusa, voltandosi verso il prigioniero.
“Non posso”
lui rispose semplicemente.
“Ma perché?”
il nuovo Cancelliere chiese di nuovo, incapace di capire.
Tommaso Moro
non disse nulla, sorrise e basta. “Povero Cromwell” pensò, quasi provando pena
per lui, perché non poteva sapere cosa volesse dire credere davvero in qualcosa
e restarci fedele.
Ma lui si, e
aveva deciso di morire per quel qualcosa, anche se era solo un dipinto.
Caterina era
nelle sue stanze: mani giunte in preghiera e pensieri che correvano lontano da
lì; anche le lacrime rifiutavano di cadere e tutto ciò che rimaneva era la
delusione per l’ennesima volta.
C’erano
troppe cose lasciate discutibili.
Era stata
nelle stanze del Re solo il giorno prima e avevano fatto l’amore, o perlomeno
questo era per lei, mentre in verità era stata solo un’illusione Enrico si era
assicurato di renderlo chiaro. Ed era chiaro per lei adesso: lei era sua ogni
volta che lui voleva, doveva solo chiedere e lei era prontaa concedersi completamente, anche adesso che
stava procedendo con la sua folle idea di divorzio. E sarebbe anche potuto
andare bene se lei fosse stata una prostituta come BessieBlount, ma (s)fortunatamente lei non era come lei.
“Vostra
Maestà” una voce molto familiare chiamò alle sue spalle.
Caterina
voltò la testa abbastanza per vedere il suo caro amico Tommaso Moro entrare
nella stanza non annunciato e inaspettato.
E questo
poteva essere molto discutibile.
Non sapeva
cosa lui ci facesse lì, ma ugualmente si alzò e anche prima di pensare si
ritrovò tra le sue braccia, lasciando finalmente andare quelle dolorose lacrime
inespresse. Per quella notte aveva amato abbastanza, adesso era tempo di essere
amata.
E tutto il
resto poteva essere ancora discutibile.
Quando era
giovane, quando era semplicemente l’Infanta di Spagna, Caterina sognava spesso
il suo future, il futuro di una ragazza destinata ad essere Regina un giorno.
Sognava certamente il Palazzo in cui avrebbe vissuto, la Corte e il Regno, ma
soprattutto sognava il suo futuro marito.
Era una
principessa e meritava un principe. Ma sfortunatamente per lei, né Arturo con
la sua fragilità, né Enrico con la sua impulsività rifletterono mai quel sogno.
“Sapete, a
volte vorrei essere un Re, un Principe o qualcosa del genere” giunse la voce
inaspettata di Tommaso Moro alle sue spalle mentre era persa nei suoi pensieri.
“Perché?”
chiese lei semplicemente un po’ confusa da quella frase.
“Per
meritarvi” sussurrò lui in risposta dandole un veloce bacio sulle labbra.
Caterina si
voltò verso di lui e sorrise, non nascondendo una traccia di ironia. Chi
l’avrebbe mai detto che avrebbe trovato il suo Principe in qualcuno che non era
un Reale affatto?
“E’ un peccato” urlava una voce nella sua testa, nonostante
l’esilio dalla corte e il nuovo matrimonio di suo marito.
“E’ un peccato” sussurrò con l’ultima traccia di lucidità prima
di sfiorare nuovamente le labbra dell’uomo che aveva di fronte.
“Che cosa è un peccato?” chiese Tommaso Moro guardandola con
occhi pieni di devozione e desiderio.
Caterina non rispose, ma lui sapeva. Sapeva cosa lei stava
pensando, perché la sua coscienza gli stava dicendo la stessa identica cosa.
“Che cosa è peccato?” chiese nuovamente “Guardare voi, la
donna migliore del mondo, così triste, senza dire o fare nulla? Cosa è peccato,
volerti fare sentire amata? Desiderarti, amarti? Se nego il mio amore per voi è
anche questo peccato… Dovete solo scegliere il peccato di cui volete
macchiarvi… E io ho scelto, Caterina” terminò, chiamandola per nome.
Lei lo fissò, senza parlare. Neppure la sua coscienza stava
parlando.
Sarebbe stato molto strano vedere Caterina d’Aragona
piangere, ma ultimamente ad ogni loro incontro, Tommaso Moro la vedeva in
lacrime. Ovviamente non vedeva le lacrime rotolare sulle sue guance, ma riusciva
a vederle brillare nei suoi occhi azzurri. Lei era la Regina, la donna più
potente d’Inghilterra, la più intelligente che lui avesse mai conosciuto,
eppure anche la più triste; nonostante il suo finto sorriso che sapeva non
avrebbe potuto continuare ad indossare per sempre, le lacrime infatti c’erano
sempre.
Se solo avesse deciso di rimuoverle, lui sarebbe stato lì per
mostrarle una ragione per sorridere.
Se solo avesse deciso di farle cadere, lui sarebbe stato lì
per spazzarle via.
Ma invece quelle lacrime rimanevano lì, intrappolate in un
cielo che conosceva troppe lacrime, ma da cui lui ancora aveva mai visto
piovere.
Caterina non
aveva sentito più quelle due parole per un lunghissimo tempo ormai, e chi
avrebbe potuto pronunciarle se non l’unico vero amico rimastole?
“Non dovete
chiamarmi più chiamarmi in questo modo…” sussurrò semplicemente.
Non aveva
bisogno di guardarlo mentre si stava finalmente arrendendo; lui invece non
riusciva a staccare gli occhi di dosso dalla figura consumata eppure ancora
meravigliosa che gli era di fronte, la figura di una Regina.
“Mia Regina”
ripeté, rivolgendole un inchino e baciandole le mani, per poi guardarla con
occhi pieni di devozione.
Perché per
quegli occhi, lei sarebbe stata Regina. Almeno della sua Utopia.
Per quello
che era sembrato più di un’ora, non erano stati in grado di togliersi gli occhi
di dosso, e presto anche mani e labbra.
Caterina
aveva sempre voluto sapere come sarebbe stato ad essere lei quella infedele,
come sarebbe stato prendersi una piccola vendetta su Enrico per tutte le volte
che lui l’aveva lasciata sola e lei aveva dovuto chiudere o anche due.
E adesso
stava sicuramente provando qualcosa di nuovo, ma era qualcosa che suonava
infinitamente più dolce della vendetta, quasi troppo dolce da sopportare e
improvvisamente ruppe il bacio come se stesse per restare bruciata.
Perché si
stava accorgendo che tutto questo non aveva niente a che fare con la vendetta.
La domanda
riempì per un momento il piccolo spazio della stanza, troppo vuota, della sua
nuova cosiddetta casa. Nessuno era andato a trovarla per un lungo tempo e i
ricordi dei suoi tempi apparentemente felici era diventata la sua unica
compagnia. Si era aspettata quella domanda ma era una retorica, perche c’era
bisogno di una risposta.
“Sono da
sola. Non posso vedere nessuno, non posso vedere la mia unica figlia… Sono
senza il mio regno, sono senza il mio titolo, sono senza mio marito”
Le parole
erano sfuggite dalla sua bocca prima che potesse pensarci. Chiuse rapidamente
gli occhi, cercando di nascondere le lacrime, che non avrebbe permesso di
lasciar cadere di fronte a qualcuno. Specialmente perché Tommaso moro dopo
tutto per lei non era mai stato un semplice “qualcuno”. A quel pensiero un
sorriso attraversò le sue labbra e improvvisamente alzò lo sguardo di nuovo su
di lui, come per accertarsi che almeno quel momento non faceva parte della sua
memoria.
“E sapete
qual è la parte più difficile? Stare senza di voi”
“La regina triste” andava insieme con “La regina di cuori”
era stata la stessa persona a darle quei soprannomi, quella stessa persona che
adesso la stava guardando con un sorriso deliziato sul volto e non era l’unico.
L’intera Corte la stava guardando mentre ballava al centro
della sala davanti al suo trono, che la corrente Regina Jane Seymour, stava
occupando. Continuando a danzare e a sorridere sinceramente forse per la prima
volta, si sentiva come se fosse lei “la più felice”.
Anche il colore del suo vestito sembrava confermarlo: non più
blu o nero come era solita indossare, neppure azzurro che rifletteva la
tristezza dei suoi occhi. Forse un giorno sarebbe stato di un colore ancora più
chiaro, come Tommaso Moro guardandola, stava sognando segretamente in quel
momento, ma per il momento era del colore di cui la felicità e la rinascita
dovrebbero essere.
Giallo.
NDA:
Sì, lo so,
prima della Y c’è la W… Ma non ho potuto fare altro che saltarla come lettera,
chiedo venia!
Tommaso Moro
e Caterina d’Aragona erano due delle persone più coraggiose che l’Inghilterra
abbia mai conosciuto e il coraggio non era l’unica cosa che suggellava la loro
grande amicizia. Hanno vissuto seguendo gli stessi alti ideali, difendendoli,
senza mai piegarsi e affrontando a testa alta la più crudele ironia della vita
e la più crudele ironia della morte.
Mi piace
pensare che fossero destinati e che forse le loro vite sarebbero state diverse se… Ad ogni modo, la storia aveva altri piani, e loro si
arresero al loro destino, nonostante il libero arbitrio in cui credevano tutti
e due.
Perché la
cosa più importante che avevano in comune, era anche la cosa che maggiormente
li divideva: zelo religioso.
Fine
NDA:
Ebbene sì
sono arrivata finalmente a mettere la parola fine a questa raccolta! Spero vi
sia piaciuta:)