Red Rome

di becky
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


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Salve a tutti !!! Questo è il primo capitolo della mia storia, a cui tengo moltissimo,e spero che mi lascerete qualche commento, sia che vi piaccia oppure no!

È d’obbligo però fare una piccola premessa: mi sono liberamente ispirata per l’ambientazione e per il protagonista maschile al bellissimo romanzo di Emma Pomilio, Dominus. Ma non è necessario averlo letto per seguire la fiction, poiché del romanzo c’è solo il personaggio, null’altro.

Il rating per ora è PG 13, ma se la storia verrà apprezzata (lo spero molto!!!) la seconda parte sarà una NY 17.

Detto questo…fuoco alle polveri!

Buona lettura

Red Rome

Piccola descrizione di Marco: è un rampollo della società romana, e quindi è un ragazzo viziato, prepotente, presuntuoso e straordinariamente bello. Aristocratico e ricco, è senza limiti. Ovviamente è portato a pensare che Roma sia la potenza più grande del mondo, e che i Romani come lui siano i migliori. Ma la sua altezzosità non deve ingannare. È anche un ragazzo dolce e generoso, che non sopporta le ingiustizie e non tollera i pregiudizi. È vivace, sempre allegro ed un gran combina guai. È legatissimo al suo fratellastro Ardach, col quale è cresciuto e spinge perché diventi un uomo libero e venga riconosciuto come suo fratello. Suo padre Caio è un senatore romano molto conosciuto, ma per il giovane Marco è stato lo schiavo Milone a rappresentare la figura paterna nella sua infanzia

Per chi ha letto il libro: Marco, Ardach e Milone sono da poco tornati dalla Grecia. Tra Ardach e Caio non ci sono ancora dissapori e ovviamente, per il fine della storia (ma anche per gusti personali) Elettra non esiste.

??Ë??

Capitolo 1: Un Incontro Inatteso

Roma, I sec. a.C.

Era una serata come molte a Roma. Una tipica notte estiva che si prospettava uguale a tutte le altre. Il cielo sereno stellato illuminava le vie deserte della città, mentre l’afa opprimeva come di consueto i cittadini. Non c’era un filo di vento. Le fronde degli alberi erano immobili, i grilli canticchiavano annoiati e il riverbero della luna piena si infrangeva sui muri colorati delle ville e dei tanti templi della capitale.

Marco stava girovagando svogliatamente per la villa. Cercava inutilmente di sfuggire dal fracasso che gli amici di suo padre stavano producendo nella sala da pranzo. Quanto li odiava quegli stupidi banchetti. Dopo anni non era ancora riuscito a capirne il motivo. Proprio si rifiutava di comprendere il perché quell’idiota di suo padre dovesse invitare alla villa metà del senato e tutti i ricchi mercanti di Roma. Non era forse già abbastanza potente e rispettato in città? Non riusciva a capacitarsene. Ma quella sera, in particolare, suo padre aveva deciso di dargli il tormento. Non gli bastava aver trasformato la casa in un bordello di terza categoria colmo di ubriachi. No, questo sarebbe stato il minimo, pensò Marco mentre si aggirava furtivo per i corridoi deserti della casa in cerca di tranquillità. Quella sera, il buon Caio, aveva deciso di introdurlo nel mondo della politica. Pensava che fosse giunto il momento di presentarlo alla società. In fondo, aveva sapientemente argomentato, aveva raggiunto la maggiore età, e poi era l’unico erede dell’illustre famiglia dei Cedici. E così, da qualche settimana a quella parte, Caio cercava di farlo partecipare attivamente ai suoi convivi, illudendosi di fargli un favore. In verità Marco non ne era minimamente interessato. Era giovane, ricco, bello e rispettato da tutti, l’ultima cosa di cui voleva occuparsi era la politica. Un giorno, non molto lontano, avrebbe ereditato da suo nonno una fortuna immensa e dal padre probabilmente il ruolo di senatore. Aveva studiato nelle migliori scuole del mondo, dalla Grecia a Roma, era di bell’aspetto, forte e in salute. Non gli interessava nulla di quello che il padre gli stava offrendo. Voleva solo divertirsi, godersi gli ultimi anni di adolescenza, trascorrere il tempo con gli amici a non fare assolutamente nulla di faticoso o impegnativo. In fondo Marco era un ragazzo come tutti gli altri. Se non fosse che il padre gli dava il tormento, come quella sera. Marco aveva provato a inventarsi una scusa per non trovarsi a casa quella sera, ma non era servito a nulla. Caio lo aveva costretto ad essere presente al banchetto minacciandolo. E per di più, come se la sfortuna non gli avesse già voltato le spalle abbastanza, Ardach era stato mandato a controllare una tenuta fuori Roma proprio quella sera. Accidenti, aveva pensato il giovane rampollo Romano. Senza il suo fratellastro si stava annoiando a morte. Dopo un paio d’ore infatti tutti i vegliardi invitati dal padre si erano riversati sui comodi divani ubriachi fino al midollo, e Marco conosceva perfettamente il proseguimento della serata. Prima Caio lo avrebbe presentato a qualche famoso mercante, magari anche cercando di accasarlo con una ragazza dell’alta società, e poi il padre avrebbe concluso la serata con una specie di orgia generale. No, non faceva per lui quella roba. Certamente, Marco era un amante di bacco e delle belle donne, ma la presenza di tutti quei vecchi in casa sua lo indispettiva parecchio.

Ecco perché, non appena si era liberato per pochi secondi dalla stretta del padre, Marco si era dileguato alla svelta, imboscandosi nei corridoi più lontani della villa.

Camminava lentamente e svogliatamente per i meandri della grande casa ormai da parecchio, quando udì dei passi concitati alle sue spalle. Il cuore iniziò a battere più veloce, e non appena udì la voce di uno schiavo urlare – Signorino Marco… dove siete? Vostro padre vi sta cercando! Signorino Marco!- ebbe un profondo sussulto. Non doveva farsi trovare, altrimenti sarebbe stata la fine, sarebbe dovuto tornare al banchetto. Si guardò attorno frettolosamente, in cerca di una via d’uscita, ma nulla. Era nell’ala orientale della casa, quella adibita ai notabili. Davanti a lui vedeva solo il buio, ma sapeva benissimo che al fondo dell’oscuro corridoio c’era una porta. Di slancio iniziò a correre in quella direzione, sentendo oltre tutto i passi avvicinarsi terribilmente in fretta. A pochi passi dalla porta però si fermò di colpo. Gli era appena venuta in mente una cosa: la porta era bloccata. L’aveva fatto serrare sua madre anni addietro per impedire alla lucertole di entrarvi, e da allora era rimasta serrata. Marco imprecò sottovoce. Rapidamente fece mente locale. Si trovava in una zona che conosceva benissimo. L’aveva percorsa centinaia di volte quando era bambino, assieme ad Ardach e ad altri bambini vi giocavano a nascondino. Doveva pur ricordarsi se c’era un’altra via d’uscita. E la soluzione gli apparve immediatamente. Si ricordò improvvisamente che sulla sinistra c’era un vecchio magazzino, per metà murato. Ora era poco più di una nicchia nel muro, ma quando era piccolo si nascondevano sempre lì. Si stava stretti, è vero, ma era perfetto. Nascosto dall’esterno da un grande arazzo rosso era praticamente invisibile dall’esterno, a meno che qualcuno non lo conoscesse già. Perfetto. Senza pensarci un secondo di più, e rendendosi conto che il suo inseguitore era poco lontano, fece un paio di passi verso la sua sinistra e si tuffò verso l’arazzo. Fece appena in tempo a nascondercisi dietro che lo schiavo aveva svoltato l’angolo comparendo nel corridoio deserto.
Ma oltrepassato l’arazzo Marco ebbe una gran brutta sorpresa. Il suo nascondiglio era già stato occupato. Si ritrovò premuto contro un altro corpo, inconfondibilmente umano. E vivo, soprattutto. Al buio non poteva riconoscerlo, ma poco ci mancò che Marco non pretendesse un attacco di cuore. Si aspettava di trovarlo vuoto, e invece vi aveva trovato un altro ospite, che evidentemente doveva essere spaventato tanto quanto lui. Infatti non appena Marco gli era piombato addosso aveva emesso un piccolo gemito. Fortunatamente i riflessi del giovane romano erano ottimi, e in un secondo appoggiò la sua grande mano sulla bocca dell’altro individuo. Rimasero immobili per lunghissimi secondi. Marco tese l’orecchio in ansia, senza togliere la mano dal viso dell’altro ospite del nascondiglio. Attese di sentire i passi dello schiavo che lo stava cercando. Quando lo avvertì passare oltre l’arazzo trattenne il fiato e anche l’altro lo imitò. Lo schiavo percorse tutto il corridoio, per poi tornare sui suoi passi e andarsene. Intanto il bel moro stava iniziando a rilassarsi. Il pericolo era scomparso. Però c’era un’altra questione da risolvere: il secondo inquilino del nascondiglio segreto. Mentre lo schiavo si allontanava chiamandolo per nome, poté concentrarsi meglio sulla persona che stava tenendo premuta contro la parete. Erano talmente vicini che poteva quasi sentire i batti del suo cuore. Lentamente iniziò a percepire meglio la sua figura e istintivamente ebbe un tremito. Non poteva sbagliarsi, non lui, non Marco Cedicio. Quella era una donna. Assolutamente una donna. Lo capiva dalla carnosità delle labbra sotto il suo palmo, dalla setosità della pelle premuta sulla sua e ovviamente dal corpo sinuoso ed estremamente femminile stretto a contatto col suo più massiccio e virile. Quelle era senza dubbio una donna. Si stupì di come non se ne fosse accorto subito. In fondo era buio pesto lì dentro, e non sarebbe mai riuscito a distinguerne i lineamenti. Ma la cosa che lo colpì maggiormente fu il suo profumo. Fu quello a fargli capire la natura di quella persona, senza nemmeno vederla. Un profumo intenso, femminile, forte, vivace ed estremamente attraente. Non sapeva spiegarlo, ma lo deliziava ed eccitava allo stesso tempo, come una droga.

Dopo che lo schiavo se ne fu andato i due rimasero immobili per qualche istante, aspettando che i passi si esaurissero. Infine Marco si decise tremante a togliere la mano dal viso della donna. Era vicinissimi, i visi a pochi centimetri l’uno dall’altro, i corpi che si sovrapponevano completamente. Leggermente imbarazzato Marco sussurrò un – Scusa…ma non volevo che mi trovassero-. Una banalità, ma non sapeva cosa altro dire. Era una situazione talmente irreale che lo coglieva completamente impreparato. Sentì la donna muoversi leggermente e poi sussurrare a sua volta – non ti preoccupare…lo avevo capito. Neppure io volevo che mi trovassero!-. La voce era giovanile ma profonda, dolce e sensuale al punto giusto. Marco pensò che doveva essere una ragazza della sua età all’incirca, a giudicare dalla voce gioviale. Probabilmente una schiava che si nascondeva per non lavorare. Sospirò profondamente, mentre sentiva la ragazza spostarsi verso la sua sinistra. Da quella parte infatti c’era un piccola concavità del muro, leggermente più spaziosa. E se ricordava bene anche una piccola finestrella che dava sul giardino interno della villa. Infatti la ragazza l’aprì velocemente, come se anche lei conoscesse l’esistenza di quello spioncino. I raggi della luna filtrarono all’interno del nascondiglio, illuminando di poco i due ragazzi. Marco non riusciva ancora a distinguere i tratti della fanciulla, ma solamente la fisionomia generale. Ora erano divisi da circa un metro di spazio,ma stranamente il moro riusciva ancora a percepire il suo profumo intenso sulla pelle.

Dopo qualche secondo di silenzio, nel quale Marco ebbe l’impressione che la ragazza stesse ridacchiando divertita, si decise ad interromperla. Con voce profonda il ragazzo disse – Allora…si può sapere come facevi a conoscere questo posto?-. Questa volta non si poteva confondere la risatina cristallina della ragazza. Stava veramente ridendo, e di cuore anche! Marco si inalberò subito. Non era famoso per la sua pazienza, no di certo. Detestava quando le gente rideva di lui, soprattutto se senza motivo, come in quel caso. Adirato borbottò – Perché stai ridendo? Ho detto qualcosa di divertente?-. Vide la ragazza negare con la testa e trattenere a sento le risate. Infine, mentre stava per imprecare ancora, la fanciulla disse – No, scusa, è che … non mi hai riconosciuta, Marco?-. Al ragazzo gelò il sangue nelle vene. Quella ragazza conosceva il suo nome, e ora anche a lui sembrava di riconoscerla. Le ricordava qualcuno, dimenticato nei meandri più profondi dell’anima. Quella frase, quel tono divertito e gioco, quella naturalezza…gli richiamavano alla mente qualcuno. Ma non riusciva ancora a mettere a fuoco chi potesse essere. Eppure…sentiva di conoscerla, e anche molto bene. Si perse nei proprio ricordi. Quel posto… quel nascondiglio…tanti, tantissimi anni prima… si, ora iniziava a ricordare. Un’immagine. Lui, Ardach e un’altra bambinetta come loro che correvano per la casa, che si nascondevano e rideva. Che finivano sempre dietro a quell’arazzo.

Ma no, non era possibile, si disse Marco. Non poteva essere lei, sarebbe stato troppo assurdo. Eppure…non era così impossibile in fondo. Erano pochissimi quelli che conoscevano quel nascondiglio, forse solo loro tre. E poi quella voce, quel tono, quel profumo. Doveva fare un tentativo, forse era veramente lei.

Con voce tremante, del tutto inaspettata da un ragazzo sicuro di se come lui, disse - Rh…Rhea?-.

Note dell’autrice:

I ringraziamenti qui sono d’obbligo, altrimenti rischio il linciaggio! Un grazie a coloro che hanno letto per primi la mia storia, e non si sono scandalizzati troppo per i capitoli successivi che sono più Hot, ovvero Vale, Giu, Silvy, Giulia, Kia, Fra,Giorgia e Pachi e naturalmente al mio “editore” Jaki…Facciamo il botto!!! ^__^

Becky

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


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N.d.A: Grazie a tutte le persone che hanno letto (siete dei Grandi!!!) e soprattutto a chi ha avuto la gentilezza di commentare!!! ^_^  commentate please!

 

 

Capitolo 2: Parole e Ricordi

 

La fanciulla di fronte a lui emise un’altra piccola risatina e fece un cenno di assenso col capo – alla fine ci sei arrivato, allora!- esclamò allegra. A Marco quasi cedettero le gambe. Non si poteva credere, era assurdo. Rhea era lì con lui. Incredibile. Però era lei. Lo sentiva, ne era certo. Solo lei aveva quella voce  e quella risata. Solo lei.

Ricordava fin troppo bene Rhea. La sognava spesso, nonostante fossero passati tanti anni dall’ultima volta che l’aveva vista. Forse anche quello era un sogno. Si, lo era di certo. Non poteva essere veramente lì con lui. Rhea…la sua piccola Rhea. Beh, in verità non era ne sua ne piccola, ma a lui piaceva chiamarla così. Pensava che non l’avrebbe mai più rivista.

Il padre di Rhea era un famoso questore di Roma, un vecchio e caro amico di Caio. Marco e Rhea si conoscevano fin da bambini, ed erano sempre stati legatissimi. Più che amici, quasi fratelli. Loro due e Ardach erano inseparabili. La ragazzina aveva praticamente trascorso l’infanzia in quella villa a giocare con i due figli di Caio. Erano stati anni felici, che il giovane Marco ricordava ancora con trasporto. Fino a quando il padre di Rhea non si era dovuto trasferire in Sicilia. Era stato un vero trauma per Marco, il primo della sua vita. Si era dovuto separare da lei in modo molto doloroso. Era solo un bambino quando aveva dovuto dirle addio, e non riusciva a comprenderne il motivo. Nemmeno ora, cresciuto e maturato, se ne era fatto una ragione. Ma pensava che mai l’avrebbe rivista. Era quasi morta per lui, troppo lontana e distante. Erano anni che non si sentivano, nessuna lettera, nessun messaggio. Il vuoto assoluto. E poi…poi eccola. Riapparsa dopo quasi dieci anni, lì con lui, tra le sue braccia. Era possibile?

- Marco!- lo richiamò la fanciulla, interrompendo il flusso sfrenato dei suoi ricordi e riportandolo alla realtà – Non mi dici nulla?- gli chiese con una nota divertita nella voce limpida e aggraziata. Inconfondibile. Era lei. Era la sua piccola Rhea. Non aveva più dubbi.

Istintivamente fece un passo avanti e l’abbracciò. Seguì l’impulso, senza riflettere. Ma anche se ci avesse pensato sopra una vita intera, l’avrebbe stretta a se lo stesso. Sognava di poterlo fare da una decina di anni, e finalmente ne aveva l’occasione. Sentì una morsa allo stomaco, una rapida contrazione e qualcosa all’altezza del petto stringersi di commozione. La stava abbracciando e quasi non ci credeva. Rhea…era lì con lui. La sua migliore amica, la compagna di infanzia, di giochi, di bravate…era tornata da lui.

Dopo interminabili secondi la lasciò a malincuore e disse – Rhea…Rhea…ma come?-. Lei rise, limpida e meravigliosa come sempre. Forse si stava divertendo nel vederlo così sconvolto e indifeso. Marco cercò allora di riprendersi, il suo orgoglio smisurato di Romano non gli permetteva di farsi deridere. Cercando di dare una nota più matura alla sua voce già quasi adulta le chiese – Ma…che cosa ci fai qui?-. Vide la ragazza sollevare le spalle e mormorare gentile e serena – Ecco…a mio padre hanno assegnato una nuova questura qui a Roma. Siamo appena arrivati, e tuo padre ovviamente non ha perso tempo! Ci ha subito invitati a un suo banchetto!-. Incredibile e stupefacente. Ma terribilmente emozionante. La storia filava perfettamente. Allora ecco spiegato il motivo del suo ritorno a Roma.
- Capisco…- confermò Marco cercando di individuare il volto della ragazza nella semi oscurità che avvolgeva quello stanzino. – Già…e mi sono nascosta qui dentro…- continuò Rhea sedendosi con eleganza per terra, ai piedi del ragazzo, appoggiando la schiena alla parete – probabilmente per lo stesso motivo per cui ci sei venuto tu!- proseguì ironica – Lo sai quanto non sopporto queste occasioni ufficiali…mi stavo annoiando e i vecchi si stavano ubriacando pesantemente. Quindi…me ne sono andata il prima possibile!-. Anche Marco si accomodò accanto a lei, tanto vicino da avere le spalle attaccate. Quel semplice contatto lo fece tremare impercettibilmente. – La stessa cosa vale per me- le disse voltando il viso verso il suo, che però guardava fisso di fronte a se. La ragazza sussurrò – Vedi, appena sono arrivata ho capito come sarebbe finita la serata, e ancor prima di iniziare il banchetto mi sono nascosta qui dentro!-. Il ragazzo sorrise – Ecco perché non ti ho vista!-. – Esattamente! E se vuoi saperlo non mi va proprio di tornare in sala con quei vecchi bavosi, senza offesa,e ubriachi! Mio padre cercherebbe di farmeli conoscere e magari anche di trovarmi un marito!- e scoppiò in una breve risata di scherno. Ma Marco no. Quella parola, “Marito”, lo aveva sconvolto. Avevano la stessa età, e perciò anche lei era in età da marito, ma l’idea di vederla sposata lo inorridiva. Per lui Rhea era ancora la bimbetta vivace e maschile di quando si erano lasciti. Ma si rendeva conto che non era più così. Erano cresciuti, e ora lei era quasi una donna. Era naturale che suo padre le cercasse un marito, soprattutto perché apparteneva a una famiglia molto in vista della società romana. La ragazza proseguì con la solita allegria –e scommetto che tu sei qui per lo stesso motivo! Non gradisci questo genere di convivio?- gli chiese voltandosi leggermente verso di lui. Il moro scosse la testa con veemenza – Ovviamente no!-. Poi però si accorse che per lei non era ovvio. Loro due non si conoscevano quasi per nulla, erano passati troppi anni. Si accorse con meraviglia e terrore che lui di Rhea non sapeva praticamente più nulla. Non sapeva cosa le piacesse oppure no, se era fidanzata, se aveva degli amici, quali dottrine avesse studiato, … e moltissime altre cose. Però sapeva di volerle scoprire tutte. Non gli importava di niente altro. Adesso che  l’aveva ritrovata non l’avrebbe più lasciata andare via tanto facilmente. Improvvisamente gli venne in mente una cosa e subito le chiese concitato – ma…fino a quando vi fermate in città? Poco? Molto?-. Notò la ragazza accanto a lui stringersi nelle spalle e mormorare – non lo so. Qualche mese, sicuramente, forse di più. Mio padre deve terminare la magistratura, e poi non ho idea di cosa faremo-. Beh, pensò Marco, almeno avrebbero avuto qualche mese per tornare a conoscesi. Intanto era bellissimo stare seduto in quello stanzino assieme, spalla contro spalla, i respiri che si fondevano, gli odori che si univano, a chiacchierare, come da bambini. Sembrava quasi che il tempo non fosse mai trascorso. – E dimmi – la incitò, per poter udire ancora la sua voce melodiosa che gli era tanto mancata – com’è la Sicilia? Bella?-. La fanciulla riprese immediatamente vita, vivace come non mai esclamò entusiasta – Oh! Si! Stupenda! È un paese meraviglioso! Peccato che ci abbiamo vissuto per poco tempo…-. –Cosa? Per poco tempo? Vuol dire che vi siete di nuovo trasferiti?- la interruppe Marco incuriosito. Rhea annuì sorridendo – Già. Siamo stati in Sicilia solo un paio di anni, poi siamo andati a vivere in Spagna, sulla costa meridionale. Avresti dovuto vedere che posto meraviglioso! Stupendo, veramente! Il posto più bello del mondo!-. Era eccitatissima. Ne parlava come se la Spagna fosse davvero il luogo più bello del mondo. Marco però era scettico. Per un romano cittadino di Roma non poteva esistere luogo più meraviglioso della Città, perciò le disse – Sei sicura? Non saprei…-. La ragazza non sembrò affatto offesa,ma anzi, continuò ancora più eccitata, quasi sognate –Oh Marco…dovresti vederla la Spagna, davvero. È spettacolare! Il sole, il mare, il caldo tutto l’anno… e poi le colline, le isole…è tutto meraviglioso!- continuò a citare le bellezze della Spagna mentre in Marco sorgeva un nuovo sentimento. La gelosia. Si sentiva invidioso di quelle terre. Loro l’avevano potuta vedere crescere, mentre lui no. Ed era mai possibile che lei ne fosse stata così rapita? Evidentemente l’avevano stregata, allontanandola da Roma. – E quindi ti dispiace essere dovuta venire qui a Roma…- borbottò rabbuiato Marco. Ma lei lo rassicurò immediatamente – Assolutamente no! Anzi…ne sono felicissima! Mi è mancata Roma, e anche tutti voi! Avevo molta voglia di rivederti, sai?- a quel punto il ragazzo si sentì arrossire lievemente, ma fortunatamente il buio impediva di vederne il rossore sulle gote. – Mi siete mancati tutti! A proposito…Ardach come sta?-. – Bene, mio padre non lo ha ancora riconosciuto come figlio, ma almeno adesso lo rispetta. Io e lui abbiamo studiato in Grecia per anni, siamo tornati anche noi a Roma solo pochi mesi fa’- le rispose rallegrato. – Davvero? E com’era la Grecia? Raccontami tutto… voglio sapere ogni cosa che avete fatto!-. La ragazza era curiosa, ma a Marco non dispiaceva parlarle e raccontarle della sua vita. Lei era la sua migliore amica fin da bambini, in quei dieci lunghissimi anni gli era mancata moltissimo la sua presenza, e finalmente ora poteva recuperare tutto il tempo perso. Le raccontò quasi tutte le loro avventure in Grecia, trascurando ovviamente le proprie storie con varie ragazze…sapeva che una donna non approva queste cose. Eppure lei sembrava coinvolta, gli faceva domande, rideva, si emozionava ai suoi racconti. Dopo averle narrato tutto, esausto ma felice e soddisfatto le chiese – E tuo fratello come sta? Era veramente un grande Alessandro!-. Rhea annuì vivamente – Si, e lo è ancora! Adesso non so bene dove sia…forse in Persia con l’esercito. Sai…è un comandate molto bravo, viaggia molto. Però adesso che ha un figlio penso che si voglia stabilizzare un po’ di più!-. Marco strabuzzò gli occhi, non visto. Un figlio? Ma come era possibile? Alessandro era ancora giovanissimo! Aveva solo un paio di anni in più di loro e aveva già un figlio…accidenti! – Un…un figlio dici? È diventato padre?- chiese per conferma alla ragazza, che subito rispose entusiasta – eh si! E io sono diventata zia! Beh…in verità non è proprio suo figlio, non di sangue almeno!-. – che cosa intendi dire?- le domandò stupito il romano. Lei alzò le spalle e disse – Ecco…l’anno scorso mio fratello ha dovuto eseguire una missione nel nord della Spagna, dove un gruppo di briganti aveva attaccato alcuni villaggi. Arrivato in un villaggio ha visto solo desolazione e distruzione. Avevano bruciato tutto e uccisi tutti gli abitanti. Solo un neonato si era salvato, aveva meno di un anno. Naturalmente anche tu conosci mio fratello…non avrebbe mai potuto lasciarlo lì! Ha un cuore troppo buono per essere un soldato! E così lo ha preso con se, lo ha adottato-. Marco ne era impressionato. Adottare un orfano in quel modo non era cosa da tutti, ma Rhea aveva ragione. Conosceva bene anche lui Alessandro,e  sapeva che non lo avrebbe mai potuto abbandonare al suo destino. Per questo era un grande. – Tuo fratello è veramente una brava persona!-. –Lo credo anche io! Lo ha chiamato David, ed è fantastico! Il mio nipotino è favoloso! Peccato solo che non assomigli per nulla a noi Ascani! Infatti è biondissimo con la pelle chiara, un po’ come Ardach!-. Entrambi scoppiarono a ridere ripensando a quando Ardach era piccolo. Magari un giorno anche il piccolo David sarebbe diventato grande e forte come lui! La ragazza continuò a parlare di se, della sua vita in Sicilia e in Spagna come precedentemente aveva fatto Marco. Il moro la ascoltava rapita, la immaginava crescere felice e spensierata, ma lontana da lui. Avrebbe dato qualunque cosa per starle accanto, e ora finalmente erano di nuovo assieme. Faceva fatica a rendersene ancora conto, ma la ragazza che sedeva al suo fianco era proprio Rhea. Quella Rhea che considerava la sua migliore amica d’infanzia, a cui era infinitamente affezionato. Ricordava perfettamente quando erano piccoli, quando rubavano i vestiti dei suoi genitori per fingere di essere adulti, quando giocavano a rincorrersi per l’immenso giardino della villa.

Rhea da piccola era veramente graziosa, la pelle abbronzata, gli occhi verdi come il mare e i capelli rossi. Si, Rhea aveva i capelli ramati, scuri e mossi fin da piccola. Più volte Marco si era domandato se la sua insana passione per le rosse nascesse proprio da questo. – E così adesso sono qui a Roma…- concluse Rhea voltandosi a guardare il suo profilo vagamente illuminato dalla luna. Marco si riprese immediatamente e sospirando mormorò – Sono felice che tu sia qui, Rhea-. La sentì sorridere, e anche lui di rimando le sorrise, nonostante non potesse vederlo. Improvvisamente sentì l’impulso di vederla. Voleva sapere come era diventata, ecco tutto. Ormai era quasi una donna, e la curiosità era tanta. Il suo profumo era inebriante ma la sua voce ancora troppo giovanile e fanciullesca. Marco voleva sapere se il suo aspetto rispecchiava una o l’altra personalità. In verità se l’aspettava all’incirca come l’aveva lasciata, piccola, minuta e infantile. Ma non era affatto così…

 

 

 

 

 

 

 

Becky

 

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


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NdA: Lo so…è un capitolo un po’ corto ma spero che venga apprezzato… un Kiss

 

Capitolo 3: Tutti Cambiano

 

 

Il ragazzo lanciò distrattamente un’occhiata fuori dalla finestra e osservò la luna. Pensieroso disse – Credo che il banchetto sia finito, molti degli ospiti se ne saranno già andati… che ne pensi…li raggiungiamo?-. Rhea annuì – Si, meglio non far preoccupare troppo mio padre!- e con una breve risatina scattò agilmente in piedi e uscì fuori dal loro piccolo nascondiglio. Dopo qualche secondo Marco la imitò e uscì anche lui dal rifugio. Inizialmente fu sopraffatto dalla luce intensa del corridoio, e impiegò qualche secondo a recuperare la vista. Intanto Rhea era qualche passo avanti a lui che lo aspettava. Quando finalmente poté tornare a vedere, Marco rivolse istintivamente lo sguardo verso la ragazza, e quello che vide lo lasciò di sasso. Non se lo sarebbe mai immaginato. Era incredibile quello che aveva davanti agli occhi.

Davanti a lui c’era Rhea, e per la prima volta dopo dieci anni la poteva ammirare. Ed era semplicemente…bellissima. Non c’erano altri termini per definirla. Bellissima. Se l’era immaginata piccola e innocente. Ma quella che aveva davanti non era ne piccola ne innocente. Era una donna meravigliosa. La prima cosa che venne in mente a Marco era che quella doveva essere la donna più bella che avesse mai visto in vita sua. E lui di donne ne aveva viste davvero tante. Era perfetta, completamente diversa dall’idea che aveva in mente. Non era più la bambina di un tempo. Quella ragazzina ingenua si era trasformata in una donna terribilmente sensuale e attraente, la cui bellezza lo colpì come un pugno in pieno petto. Non aveva affatto un fisico minuto e infantile, tutt’altro. Era alta quasi quanto lui, quindi ben più della norma. Aveva un corpo sensuale, magro e snello, ma con tutte le curve al posto giusto. Flessuoso e raffinato. Aveva un’aria di eleganza innata, che la faceva sembrare una regina. Indossava un abito rosso lavorato con fili d’oro e perle preziose, ma leggerissimo e con un’abbondante scollatura sul seno generoso. Non volgare, ma magnifica. La pelle era di una deliziosa tonalità dorata, all’apparenza morbida e setosa. Il viso era un opera d’arte, veramente. Un ovale perfetto, fine e delicato. Marco notò subito che gli occhi non erano cambiati. Erano sempre profondi, verdi, penetranti. Lo stregavano, lo facevano perdere nella loro immensità. E poi…quei capelli. Dannazione, erano ancora rossi. Lui impazziva per i capelli ramati, erano la sua passione, il suo punto debole. Adesso come avrebbe fatto a resisterle? Erano rossi scuro, come il sangue, come le fiamme.  Erano come se li ricordava, mossi e scuri, ma ora li teneva lunghi fino alla vita, lucenti e morbidi come lingue di fuoco ardenti. Marco già immaginava di poterli sfiorare, anche solo per un attimo. Era davvero troppo bella. Non più una bambina, ma una donna. Una donna straordinaria, sensuale, attraente, affascinante… si sentì arrossire davanti a tanta grazia ed eleganza. Pensò subito che sarebbe stata la modella perfetta per una statua di Venere: alta, sinuosa, raffinata, bella…e lui avrebbe potuto essere il suo Marte, al suo fianco e…no, ora stava divagando. Rhea gli ispirava troppi pensieri inopportuni…eppure non riusciva a non sentirsi eccitato alla sua presenza. Da un certo punto di vista avrebbe preferito fosse rimasta infantile come un tempo, magari anche bruttina. Sarebbe stato più semplice starle accanto ed esserle amico. Invece era diventata la ragazza più bella e sensuale che avesse mai visto…

- Cosa fai? Non vieni?- lo incitò con aria scocciata. Marco annuì senza staccarle gli occhi da dosso, che ormai vagavano lascivi e senza pudore per il suo corpo e la seguì per il corridoio.

Effettivamente avevano avuto ragione. Quasi tutti gli ospiti se ne erano andati, solo una mezza dozzina erano rimasti semi svenuti sui divanetti troppo ubriachi per camminare. La sala intera portava gli evidenti segni del banchetto: macchie di vino ovunque, cibo sparso per terra, cuscini dimenticati in ogni angolo…insomma, vera devastazione. Ma oramai sia Rhea che Marco erano abituati a tutto ciò. Senza indugi si diressero verso il giardino interno della casa dove sapevano di trovarvi i loro padri. Infatti erano entrambi lì, sotto un grande albero da frutta intenti a discutere di politica, probabilmente. Un giovane e prestante schiavo siriano stava intanto massaggiando maliziosamente le spalle di Caio, e non si fermò neppure quando vide sopraggiungere i due ragazzi.

Caio era un esteta, amava le bellezza in tutte le sue forme. Nulla che non fosse bello e perfetto poteva essere sottoposto al suo insindacabile giudizio. Al suo cospetto potevano giungere solo raffinatezze e opere d’arte, la mediocrità non era contemplata. Lui adorava il bello, nell’arte, nell’architettura, nella letteratura, nel mondo, e ovviamente nelle persone. A lui interessava solo la bellezza, nei maschi tanto quanto nelle femmine. Si poteva definire il maggior esperto in questo campo, un esteta al cento per cento. E quando quella sera vide per la prima volta dopo dieci anni la piccola Rhea capì subito di essere in presenza di qualcosa di raro e magnifico. Era bellissima, una delle donne più seducenti e affascinanti che avesse mai incontrato.

Anche suo figlio la pensava allo stesso modo naturalmente. Rhea lo eccitava, lo lasciava senza fiato, lo mandava in estasi con la sua sola presenza. Ecco perché quando il padre della ragazza la portò via con se quella sera dopo il banchetto, si sentì miserabilmente solo e vuoto, stranamente malinconico. Prima di uscire dalla villa Rhea si avvicinò al ragazzo, che l’aveva accompagnata fin sulla soglia e gli sussurrò all’orecchio, facendolo sussultare – Domani perché non vieni a trovarmi? Così parliamo ancora un po’… ci sono tantissime cose che voglio sapere su di te!-. La sua voce bassa ed eccitante lo mandarono momentaneamente in Tilt, tanto che quando si riprese si rese conto che se ne era già andata.

Quella notte Marco dormì pochissimo. Non riusciva a non pensare a lei, alla sua migliore amica d’infanzia e alla donna stupendamente provocante che era diventata. Quando infine si addormentò per qualche ora, spossato ed esausto dalle emozioni provare, non poté evitare di pensare alla sua piccola Rhea.

 

 

 

 

Becky

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


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Ecco qui il 4° capitolo! Spero che vi piaccia…e ringrazio con tutto il cuore Michy90 e Fenrir che mi hanno lasciato una recensione! Come sempre continuo a chiedervi di lasciare un commentino! Buona lettura…

 

 

Capitolo 4: Non Indovineresti Mai…

 

Marco si svegliò che il sole era già alto nel cielo. Probabilmente era quasi l’ora di pranzo, pensò. Si vestì di tutto punto, con l’intenzione di andare a trovare nel primo pomeriggio Rhea. Voleva fare un bell’effetto, e possibilmente far risaltare tutta la sua bellezza e mascolinità. Perciò indossò una delle sue tuniche più belle e raffinate, dono di suo padre, che in fatto di gusti estetici era una vero genio.

Si stava dirigendo verso la sala da pranzo quando sentì arrivare dal giardino della villa alcuni cavalli. Si avvicinò e si trovò a pochi passi da Ardach, che gli stava venendo incontro con alcune pergamene in mano. Sebbene i due fratelli fossero entrambi belli e affascinanti, in quel preciso momento il biondo non poteva certo competere con il fratellastro. Marco appariva come una statua greca, alto ed elegante, ben curato, pettinato con attenzione, appena lavato e profumato, con indosso una tunica rossa che sembrava cucitagli addosso. Ardach invece era appena tornato da un viaggio molto faticoso, e perciò portava una semplicissima tunica da viaggio, i crini biondi erano stati spettinati dal vento e dalla corsa a cavallo, la polvere lo ricopriva come una seconda pelle e sul viso apparivano i primi segni di stanchezza. Così evidenti che appena i due furono vicini Marco esclamò con una mezza risata – Ardach! Ma cosa ti è successo! Sembri appena uscito da un campo di battaglia!-. Il biondo lo fulminò con gli occhi e si diresse a passo di marcia verso l’interno della villa. –Lasciamo perdere, Marco!- sbottò evidentemente irritato – abbiamo viaggiato tutta la notte senza sosta, è stata un’esperienza traumatizzante!-. Effettivamente Ardach era anche lui cresciuto nel lusso e nelle comodità, sebbene fosse uno schiavo. Caio lo aveva sempre trattato bene, viziandolo e presentandolo come un esempio di bellezza ed eleganza. Era normale quindi che non fosse abituato alle scomodità e al lavoro pesante.
Marco gli corse dietro trotterellandogli accanto, con un espressione gioiosa e vivace che non passò inosservata al fratello. Ardach si bloccò e si voltò verso di lui – Allora…cosa succede?-. Era davvero troppo strano vedere il giovane romano di così buon umore prima dell’ora di pranzo. A pensarci bene era strano vederlo in piedi prima dell’ora di pranzo.

Con un sorriso ammaliante Marco disse – Amico mio, ho una notizia che ti risolleverà la giornata!-. Il biondino lo guardò scettico – davvero? Sentiamo…ma calcola che sono stanco morto e voglio solo andare a dormire-. Marco annuì e sorridendo esclamò – Non indovineresti mai! Ieri sera ho incontrato una persona che consoci molto bene…è appena tornata in città dopo molti anni, e ieri sera era anche lei al banchetto…-. Fece una piccola pausa per enfatizzare il momento –è Rhea!-. Ardach sgranò gli occhi incredulo. – Cosa? Rhea? Ma sei sicuro di non essertela sognata?-. L’altro scosse la testa, radioso. – Assolutamente no! Suo padre ha una nuova magistratura qui a Roma e ieri sera l’ho incontrata al banchetto!-. Il biondo lo guardava in tralice – Non stai scherzando, vero?-. chiese smarrito. Marco parve quasi offeso – Ti sembra che potrei mai scherzare su una cosa del genere?NO!-. Ardach rimase immobile per qualche secondo, e infine disse .- Incredibile! Non ci posso credere! E…e come sta? Com’è?-. Su bel viso abbronzato di Marco apparve un ghigno – Sta benissimo…dovresti vederla! È spettacolare, stupenda! Dopo pranzo vado a trovarla, vieni anche tu?-. Il fratellastro scosse la testa rassegnato – mi spiace, ma sono troppo stanco…magari un’altra volta. Ora vado a cercare Caio per dargli questi documenti- e così dicendo sventolò le pergamene che teneva in mano – ci vediamo dopo!- e così sparì all’interno della casa, lasciando il giovane rampollo romano sognante.

Dopo un lauto pranzo, degno dei Cedici, Marco si ripropose di riposare qualche ora prima di presentarsi a Rhea. Voleva essere riposato e in forma per lei. Inutile dire che non riuscì a chiudere occhio per più di qualche minuto. Era teso e nervoso come lo era stato raramente nella sua vita, e non riusciva a comprenderne il motivo. Sicuramente era per Rhea, ma si chiedeva il motivo di tutta quell’ansia.

A metà pomeriggio si decise ad andare. Era inutile rimanere in casa a vagare come un anima in pena, e quindi tanto valeva dirigersi direttamente a casa sua.

Aveva saputo da qualche schiavo che Rhea e suo padre risiedevano in una grande villa antica poco lontano dal tempio di Giove, a pochi passi dal foro ma allo stesso tempo abbastanza isolati da potersi godere pace e serenità.

Attraversò la città velocemente grazie al suo bellissimo cavallo bianco, regalo di suo padre, e giunse finalmente dalla tanto agognata fanciulla.

La villa dove alloggiava era veramente molto bella,degna della sua occupante. Era grande, a un piano solo, bianca e pulita sebbene fosse molto antica. Era recintata da alte siepi verdi e al suo interno si potevano scorgere grandi alberi, molti in fiore.
Marco lasciò il suo bel cavallo a un servo e si fece strada nella villa. Appena entrato riconobbe immediatamente la vecchia nutrice di Rhea, Amelia, una donna di mezza età prosperosa e altezzosa. Al ragazzo ricordava moltissimo sua nonna Faustina. Non era cambiata quasi per nulla negli anni la vecchia Amelia, aveva solo più capelli bianche e un seno abbondantemente calante, ma per il resto era sempre la stessa. Quando la donna lo vide gli corse incontro e lo abbracciò con tanta forza da mozzargli il fiato. Iniziò a fargli i soliti complimenti – Marco! Come sei cresciuto bene! Sei un uomo bellissimo e virile! Come sei grande !...- ma riuscì a bloccarla in tempo chiedendole – Dov’è Rhea? Vorrei parlarle…-. Beh, in fondo era lì per quello, no? La donna gli sorrise ammiccando e gli indicò il giardino sul retro della casa. Senza indugio Marco seguì il dito della donna e uscì nel porticato. Il giardino della villa era molto grande e bello, spazioso quasi quanto quello della villa dei Cedici, ma sicuramente non altrettanto elegante. Il giardino di Marco era imbattibile per raffinatezza e per la quantità di opere d’arte  preziose che suo padre vi aveva raccolto. Nonostante questo anche quel giardino aveva il suo fascino, soprattutto se si pensi che da qualche parte vi era anche la bellissima Rhea. Marco fece qualche passo all’interno del parco e notò subito che poco lontano si ergeva una piccola costruzione,se così si può definire. Era solo un piccolo spiazzo tra alcuni alberi da frutta, ricoperto da lastre di marmo chiaro. Ai lati c’erano varie colonne che lo circondavano, e al centro alcuni soffici divani e cuscini completavano la scena. Il patio era poi adornato da alcuni veli di stoffa leggera drappeggiati tra una colonna e l’altra. Incantato da ciò si avvicinò e rimase impietrito da quello che vide. Rhea era comodamente distesa su uno di quei comodissimi divani, col ventre leggermente adagiato alla stoffa, intenta a leggere un libro. Era incantevole. Quel giorno indossava un abito di stile greco molto leggero color pesca e salmone, che metteva in risalto la carnagione dorata e i capelli di rame. I crini scuri erano lasciati quasi completamente sciolti, se non per alcuni fermagli dorati alla base del collo. Ondeggiavano lentamente a ogni suo respiro cadendo scomposti e selvaggi sulle spalle nude. L’espressione della ragazza era concentrata ma al tempo stesso rilassata e serena. Marco non avrebbe voluto disturbarla, ma non resistette alla tentazione e le si avvicinò piano, per non spaventarla. La fanciulla si rese immediatamente conto della sua presenza e si voltò a guardarlo. I suoi occhi verdi erano più luminosi del sole e sul suo bel viso apparve subito un sorriso sincero, che imbarazzò non poco il moro. – Ciao…- esordì il ragazzo ormai ai suoi piedi. – Ciao Marco!- esclamò vivace la ragazza facendogli segno di sedersi sul morbido divanetto accanto a lei. Naturalmente Marco ubbidì all’istante e tornò a fissarla, incantato. Si era spostata su un fianco, per poterlo guardare meglio. In questo modo metteva in mostra il bel seno florido e la quasi totale mancanza di gioielli e altri ornamenti. Non era il tipo da queste cose. – Allora…che cosa fai di bello?- le chiese Marco per rompere l’imbarazzante silenzio che si era creato tra di loro. La fanciulla alzò le spalle annoiata – nulla…stavo leggendo un libro noiosissimo di filosofia-. Marco scoppiò in una breve risata. – perché ridi?- chiese incuriosita Rhea scrutandolo negli occhi. Il ragazzo scosse la testa tra una risata e l’altra e disse – Oh no, niente. E che non mi sarei mai aspettato di vederti studiare! Tu odiavi i libri e la letteratura!!-. A queste parole anche la rossa scoppiò in una risata.- Hai ragione in effetti! Perché non facciamo qualcosa?-. Marco sorrise dolcemente e chiese –Qualcosa di che tipo?-. Ancora una volta Rhea si strinse nelle spalle – Non lo so…proponi tu qualche attività!-. Marco assunse nuovamente l’aria pensierosa e disse – uhm…scusa, ma sono ancora abituato a vederti come un maschiaccio! Che ne dici di una passeggiata a cavallo? O una nuotata alle terme? O magari qualche gioco come con la palla ?- si fermò guardandola speranzoso. Aveva detto una marea di stupidaggini, ma Rhea aveva la capacità di mandarlo in confusione. I loro occhi si incrociarono e a Marco gelò il sangue nelle vene. Non aveva mia visto uno sguardo come quello. Intenso, deciso, malizioso ed eccitante. I suoi occhi di giada apparivano impenetrabili e sicuri, attraenti come non mai. Lo stavano fissando indagatori e bastò quello sguardo a farlo eccitare. Con un mezzo sorriso la ragazza mormorò un appena udibile – io con te farei ben altro…-. Niente di più. Marco arrossì immediatamente pensando subito a cosa avrebbero potuto fare assieme di diverso,e  sicuramente lo sguardo di Rhea lo induceva a continuare. Ma proprio mentre nella sua mente iniziavano ad affacciarsi immagini confuse e sicuramente poco pudiche gli occhi verdi di Rhea tornarono dolci e vibranti di entusiasmo, non più sensuali e cacciatori come prima. Belli lo stesso, ma innegabilmente meno erotici. Con un sorriso dolce questa volta la ragazza esclamò – Si, pensavo che potresti farmi da guida qui a Roma! Sono dieci anni che non la vedo…saranno cambiate un sacco di cose!-. Il romano sbatté le palpebre ripetutamente e balbettò – S…si, va bene…bene. Andiamo pure…si-. Non era da lui essere così insicuro, e per questo si odiava, ma Rhea lo metteva in soggezione. E poi quello sguardo…era semplicemente infernale. Meraviglioso, caldo, passionale. Prometteva fuoco e fiamme con gli occhi. Chissà col resto allora…

 

 

 

Becky

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


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Capitolo 5: Non Tutte Le Cadute Vengono per Nuocere

 

I due uscirono poco dopo dalla villa, diretti verso il foro. Rhea era esaltata come una bambina. Additava tutto quello che vedeva sorridendo, dicendo cosa ricordava e cosa no, cosa le era mancato, quello che rimpiangeva,quello che c’era anche in Sicilia e così via. Marco sarebbe stato volentieri delle ore ad ascoltarla incantato. La sua voce infantile e fanciullesca si contrapponeva col carattere di fuoco e col corpo sensuale. Ogni tanto Rhea iniziava a saltellare come una ninfa, e lui faticava a starle dietro, tanto era entusiasta. Verso il tramonto si ritrovarono a passeggiare attorno al circo massimo. Proprio come una bambina Rhea si era tolta i calzari dorati ed era salita a piedi nudi su un basso muretto di pietra e vi camminava sopra tenendo le braccia aperte per mantenere l’equilibrio. Era buffa e divertente in quella posizione. Marco le camminava a fianco, sorridendo come un idiota, ma comunque sempre un bellissimo idiota.

Improvvisamente la ragazza mise in fallo un piede, appoggiandolo su una pietra posizionata precariamente, e scivolò. Fortunatamente per lei Marco aveva ottimi riflessi e senza un attimo di esitazione l’afferrò tra le braccia. Quasi non si resero conto di rovinare l’una tra le braccia dell’altro. Solo quando riaprì gli occhi Rhea si rese conto di essere avvolta dal protettivo abbraccio del Romano. E le piaceva. Moltissimo. Si sentiva bene, protetta e al sicuro. Era una piacevole sensazione di calore e benessere, che la invase completamente, come le era successo raramente prima di allora. Sentiva perfettamente il corpo muscoloso e duro del ragazzo contro il suo più fragile e sensibile, e ciò non poté che farla sorridere. Le sensazioni che provò in quel momento Marco erano pressoché le stesse. Averla nuovamente tra le braccia gli trasmetteva un senso di potere e beatitudine magnifico. Il calore del corpo di Rhea lo esaltava , il suo profumo lo inebriava come una droga e il respiro morbido della fanciulla contro la sua spalla lo faceva vibrare. Come poteva Rhea avere tutto quel potere su di lui senza nemmeno rendersene conto? Rimasero in quella strana posizione, abbracciati stretti e inseparabili, per qualche istante, finché Marco disse con un filo di voce – Tutto bene?-. La sentì annuire contro la sua spalla e dire  a bassa voce –Si, tutto a posto…- e si staccò da lui, che emise un flebile gemito di disapprovazione che fortunatamente passò inosservato. Non voleva lasciarla, gli piaceva troppo sentire il suo corpo agile e femminile contro il proprio, ma non poteva di certo rivelarglielo. La ragazza, con le gote leggermente imporporate sorrise e mormorò – Scusa, ma come vedi il mio equilibrio è piuttosto precario…-.- Non importa- la tranquillizzò immediatamente Marco ricambiando il sorriso. A Rhea accelerò il battito cardiaco…il sorriso di Marco era sensuale e dolce allo stesso tempo, e la mandava completamente nel pallone. Non faceva fatica a credere che fossero molte le donne a contendersi i suoi sguardi e le sue attenzioni. – Torniamo a casa?- propose il ragazzo. Rhea annuì sorridendo e lo seguì per le strade affollate della capitale.

 

Quando Rhea tornò a casa era semplicemente esausta. Avevano camminato molto per la città, e le emozioni intense della giornata l’avevano stancata parecchio. La vecchia Amelia le corse subito incontro allarmata – Padrona! Guardi come si è ridotta!- urlò sconcertata indicando il suo bellissimo abito ormai tutto impolverato – Venga, le faccio preparare un bagno!-.

Mentre l’aiutava a spogliarsi Amelia iniziò il suo solito discorso – Deduco che abbiate passato una bella giornata, no?-. Il tono rivelava un che di ironico che certo non passò inosservato a Rhea – Si, una bellissima giornata. Perché?- domandò subito con fare inquisitorio. La nutrice alzò le spalle innocente – Era solo per sapere…ma l’avverto! Quel Marco…è un bellissimo ragazzo, di buona famiglia, e tutto il resto, ma…- lasciò volutamente la frase in sospeso. La ragazza entrò dolcemente in acqua senza smetterla di fissare la donna – Ma cosa?- la incitò a proseguire. –Ma…-continuò Amelia –è come tutti gli altri uomini, badi mia signora! Anche lui vuole una cosa ben chiara da lei! Il suo corpo!-. Rhea si immerse completamente nella fresca acqua della grande vasca di marmo e sussurrò – E chi ti dice che non sia quello che voglio anche io?-.

 

 

Becky

 

NdA: mi rendo conto che il titolo di questo capitolo è orribile, ma al momento non mi viene in mente nulla di meglio! Se qualcuno ha delle proposte le accetto volentieri! ^_^

 

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Capitolo 6
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Capitolo 6: Sogni…

 

Marco quella notte non dormì affatto bene. Per nulla. Diciamo che fu una vera nottataccia. I suoi sogni tornarono ad essere confusi e privi di senso, caotici ed emozionanti.


Marco si ritrovò improvvisamente nel giardino della sua villa. Il sole brillava alto nel cielo e proiettava strane ombre irreali al suolo. Accanto a lui sentiva un rumore assordante e tante risate. Si guardò i piedi e non li riconobbe. Quelli non erano i suoi piedi. Quello non era il suo corpo. O meglio, non era più il suo corpo. Per Giove! Era tornato ad avere sette anni! Si sentiva spaesato e fuori luogo, la mente non connetteva più molto bene. Davanti a lui correva allegra una bambinetta di circa sette anni anche lei…e come non riconoscerla? Era abbronzata e aveva i capelli corti, ricci, rossi come il sangue. Rideva divertita e gli passava davanti. Marco tentò di afferrarla, ma non ci riuscì. La bambina si fermò a qualche metro da lui sorridendogli e invitandolo a seguirlo. Il suo corpo si mosse da solo e iniziò a correrle dietro, ma sebbene pensasse di essere più veloce di lei non riusciva mai a prenderla. Correva, ma non si stancava mai. Improvvisamente il giardino attorno a loro scomparve, e l’interno della villa ne prese il posto. Marco si guardò attorno incuriosito e capì di trovarsi in un corridoio famigliare. Notò che la bambina dai capelli ramati era sparita ridendo dietro a un grande arazzo sulla parete, e immediatamente la seguì. Oltrepassò anche lui l’arazzo, preso da una forsennata ricerca, e si ritrovò in una nicchia. Era stranamente illuminata, con una luce tenue e soffusa, come avvolta da una leggera nebbiolina. Il ragazzo sbattè più volte le palpebre per rendersi conto di quello che era successo. Era cambiata l’atmosfera, ma anche i suoi sentimenti. Le sensazioni che ora provava erano più intense e violente, e lo scombussolavano nel profondo. Improvvisamente si accorse che anche il suo corpo era di nuovo cambiando, tornando a quello vero. Ora aveva l’aspetto di un diciottenne. E la bambina di fronte a lui era scomparsa, lasciando il posto a una ragazza, alta, bella, con lunghissimi capelli rossi e occhi verdi. Indossava solamente pochi veli color pelle che le coprivano le forme perfette, lasciando intravedere molto del suo corpo. Marco la fissò incantato per qualche secondo, e poi si lasciò trascinare dalle emozioni. Emozioni così intense che non aveva mai provato. Le si gettò incontro e la strinse in un abbraccio possessivo, ricco di sentimento e passione. Quello che provava mutò fin troppo rapidamente in desiderio e irrazionale voglia di lei, di sentirla a assaporarla. Le prese il viso tra le mani e iniziò a baciarla, dappertutto, sulla guance, sulla fonte, sul mento, per poi passare ad impossessarsi famelico delle sue labbra carnose. Ormai non pensava più, agiva solamente. Non si rendeva più conto di nulla, se non di quello che sentiva assaggiando il suo dolce sapore. E mentre la baciava lasciò scorrere le mani sulla sua schiena e sui suoi bellissimi fianchi. Si sentiva straordinariamente eccitato e accaldato, e sapeva che di lì a poco avrebbe perso del tutto il controllo. Una mano era appoggiata sulla vita della ragazza quando sentì qualcosa muoversi spudoratamente all’altezza del cuore. Si staccò leggermente dalla ragazza, ma il sapore delle sue labbra lo aveva stregato, non poteva farne a meno nemmeno per un istante. Stava per baciarla una seconda volta quando, senza un motivo, Marco spalancò gli occhi per guardarla. E proprio in quell’istante anche lei sbarrò gli occhi. Le loro iridi si scontrarono per un lunghissimo secondo, che lasciò Marco senza fiato. Quello sguardo…era troppo intenso! Lo aveva eccitato oltre modo, richiamandolo ai suoi istinti di uomo…che però non riuscì a soddisfare. Quello sguardo lo aveva scosso talmente tanto che risvegliò di soprassalto.

 

Marco si svegliò di colpo, mettendosi seduto nel suo letto. Impiegò qualche secondo a fare mente locale, per cercare di capire dove si trovasse e che cosa lo avesse svegliato. Ricordò immediatamente tutto e il battito cardiaco ebbe un’improvvisa impennata. Era accaldato, madido di sudore e col respiro affannoso. E con qualcosa di spiacevole che pulsava irriverente sotto le coperte. Cercò di riprendere il controllo di se stesso con lunghi respiri, inutilmente. Le immagini di Rhea non volevano uscire dalla sua testa. Si prese violentemente la testa tra le mani, scuotendola e imprecò – Per Giove…-. Non riusciva a credere a quello che stava facendo. Aveva bisogno di aria fresca. “E ho anche bisogno di una donna…” pensò alzandosi svogliatamente dal letto. “no…” gli ricordò una saccente vocina dentro di lui “tu hai bisogno di Rhea…”. E aveva dannatamente ragione. Quella ragazza iniziava ad ossessionarlo.

 

NdA: questo capitolo è uno dei miei preferiti…spero che vi piaccia! E spero che commentiate positivamente ! Ciao!

Becky

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


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Capitolo 7: Di Nuovo Noi Tre Assieme

 

Il mattino arrivò presto. Marco passò la mattinata a vagare per la villa senza un scopo, come la mattina precedente. Ardach iniziava seriamente a preoccuparsi per la salute del fratello, e intuendo il suo stato d’animo durante il pranzo disse – Marco…pensavo che sarebbe una buona idea andare da Rhea oggi pomeriggio: non l’ho ancora vista e vorrei tanto salutarla-. Un sorriso enorme apparve sul viso abbronzato del giovane romano. –Benissimo!- esclamò euforico. Così poco dopo l’ora di pranzo si diressero alla villa della ragazza, in compagni di Lucio,  un altro dei loro amici di infanzia. Anche lui figlio di un patrizio e di una serva.

La nutrice li indirizzò nuovamente verso il giardino posteriore, e Marco fece strada agli altri due ragazzi. Si aspettava di trovarla nuovamente nel piccolo padiglione di marmo, ma lì non c’era nessuno. Marco si guardò preoccupato attorno, mentre un impaziente Ardach gli sussurrava – Allora? Sei sicuro che sia qui?-. Il moro stava per rispondergli di non allarmarsi quando intravide alle spalle del biondino la figura slanciata e candida della fanciulla. Le sorrise automaticamente e con un segno della mano la salutò allegramente –Rhea! Siamo qui!- le gridò entusiasta. La ragazza si accorse della presenza dei tre ragazzi e corse a loro incontro. Ardach si voltò in quel momento e rimase pietrificato. Si, Marco gli aveva accennato a quanto fosse diventa bella la piccola Rhea, ma non si aspettava fino a quel punto! Era veramente incantevole mentre gli correva incontro, con un semplice abitino bianco piuttosto corto, i capelli legati in una coda alta e un sorriso da sciogliere anche il ghiaccio. Il ragazzo si voltò allarmato verso il fratellastro che stata ghignando e balbettò – Maledetto…non pensavo che fosse…così…-. Marco gli strizzò un occhio mormorando – Ah…io te lo avevo detto che era bella!-. Il biondo tornò a posare gli occhi sulla fanciulla che si stava avvicinando – Si…ma non pensavo così tanto!-.

Intanto Rhea era arrivata al loro cospetto ed esclamò vivace  come sempre – Marco! Non ti aspettavo, ma che bello che sei venuto e…- puntò gli occhi smeraldini sul bellissimo biondino accanto al romano – e…per gli dei…Ardach!-. E così dicendo gli saltò al collo con affetto ed entusiasmo. Ardach la strinse forte al petto e disse al settimo cielo – Rhea! O Dei…sono così contento di vederti- la sciolse dal poderoso abbraccio –sei bellissima!Dimmi…come stai? Quanto ti fermi? Tuo fratello? E poi cosa...- ma venne interrotto da Marco che gli posò gentilmente una mano sulla spalla – Calma, calma…se continui a farle domanda non saprà come risponderti!-. Nel frattempo anche il giovane Lucio, alto, scuro con i ricci neri, si era avvicinato impacciatamente per dare il suo saluto all’amica di infanzia –Ciao Rhea…ti trovo molto bene! Mi sei mancata molto…- e anche lui l’abbracciò. Questa volta Marco sentì un nodo stringergli il petto. Cosa poteva essere? Gli dava fastidio vedere Lucio che abbracciava Rhea, e non capiva il motivo. Quando era stato Ardach non aveva sentito nulla, ma ora avrebbe preso a pugni il giovane moretto per aver solo sfiorato la pelle ambrata della ragazza. Forse perché inconsciamente sapeva che Ardach non le avrebbe mai fatto nulla, mentre Lucio…beh, Lucio non ci avrebbe impiegato molto prima di fare il brillante anche con lei.  Gli sorse un dubbio…che fosse…gelosia la sua? Ricacciò indietro l’assurdo pensiero quando il moro lasciò la prese su Rhea e la ragazza, più luminosa del solito, esordì dicendo –Oh ragazzi…che bello essere di nuovo tutti assieme! Ho sognato tanto questo momento! Dobbiamo festeggiare!- e così dicendo fece un cenno a uno degli schiavi semi nudi che si aggiravano lì attorno – Tu!- gli gridò con voce soave e gentile, ma comunque autorevole – Portaci qualcosa da bere! Subito!-.  Si accomodarono sui morbidi divanetti all’ombra e si godettero la frescura.
Il pomeriggio trascorse piacevolmente tra varie chiacchiere e risate. Con grande gioia di Marco Lucio se ne era andato presto. Ora rimanevano solo loro tre, come un tempo. Sempre e solo loro tre, Ardach, Rhea e lui, Marco.

Ardach era sempre stato un ragazzo intelligente. Sua madre si era prodigata per insegnargli la propria cultura fin dalla tenera età e il padre lo aveva educato quasi come il figlio legittimo. Per queste ragioni si poteva ritenere un ragazzo intelligente e sveglio, e soprattutto molto intuitivo. Quel pomeriggio non gli sfuggì affatto che tra Rhea e Marco c’era una profonda intesa, e un’attrazione che li portava a cercarsi con lo sguardo e con i gesti. Con un sospiro intuì subito che cosa doveva provare Marco in quel momento, e si decise e lasciargli campo libero. Iniziava a sentirsi di troppo tra quei due. Così, improvvisamente, saltò in piedi e trascinò il fratellastro dietro a un grande albero borbottando – Vieni…ti devo parlare!-. Lasciò la presa sulla sua tunica solo quando furono coperti dal tronco dell’albero. – ma che ti prende?- esclamò indispettito Marco guardando negli occhi il biondino di fronte a lui. Ardach mantenne il suo sguardo, come sempre, e gli disse – io me ne vado…mi sento di troppo tra voi due-. Il moro lo guardò di sbieco – Che cosa intendi dire?-. Il gallo scrollò le spalle  - Ti piace, vero?-. Marco non era preparato a quella domanda. Stava per rispondere un “no…è solo un’amica a cui tengo molto” ma si rese conto che suonava proprio come una bugia. E lui le bugie non le sapeva raccontare, non al suo migliore amico, soprattutto. Optò per la verità – Si, molto…e con questo?-. Ardach gli sorrise paterno e gli sussurrò – Beh…allora io qui non servo a nulla! Ci vediamo a casa!-. Marco rimase immobile per qualche secondo, osservando il fratello andarsene. Aveva ragione. Rhea gli piaceva moltissimo e aveva atteso tutto il pomeriggio il momento in cui sarebbero rimasti soli. Inaspettatamente però Ardach tornò sui suoi passi scrutando attentamente il giovane romano, ancora immobile. Gli era venuto uno strano timore, ed era meglio eliminare ogni equivoco fin dal principio. Perciò il biondo passò un braccio attorno alle spalle di Marco e gli sia avvicinò all’orecchio –Se però le fai qualcosa…- gli sussurrò serio – Qualcosa che lei non vuole, o che le vostre famiglie non approvano…e sai cosa intendo…- lo fissò duro – Io mando all’aria la nostra amicizia e ti uccido, capito?-. Si staccò da lui e gli sorrise naturalmente. Aggiunse – A parte gli scherzi…- e Marco pensò “ma che bello scherzo…mi ha fatto veramente paura!” – cerca di non fare niente di quello che vorresti fare veramente ! Se suo padre lo scoprisse ti ucciderebbe lui, lo sai vero?-  e dicendo questo lo lasciò ai suoi pensieri.

 

Dopo qualche secondo Marco tornò dalla ragazza, non appena Ardach se ne fu andato. Era distesa su un divanetto con la pancia in giù, nella sua posizione preferita. Marco si avvicinò lentamente e le si distese accanto, ma non abbastanza vicino da toccarla. L’avvertimento di Ardach lo aveva leggermente intimorito. Da quella posizione poteva osservare perfettamente il corpo rilassato della ragazza. Era una scultura bellissima, le curve sode e morbide avvolte in una candida veste bianca molto leggera.  La vicinanza col suo corpo e il suo profumo lo mandarono fuori controllo, e fece una gran fatica per trattenersi dall’abbracciarla. Entrambi stesi proni sul comodo lettino si fissarono a lungo negli occhi. Infine Marco disse – beh…siamo di nuovo soli!-. Una banalità assoluta, ma non gli veniva in mente altro. La ragazza sorrise e sussurrò – E già…perché non mi racconti qualcosa di te di più intimo?-. “Io di intimo con te farei ben altre cose, mia cara…” pensò istintivamente il ragazzo, ma appena se ne rese conto si insultò mentalmente. –Uhm…raccontarti qualcosa, dici? No, meglio di no! Fammi tu qualche domanda-. Rhea accettò immediatamente l’invito ed entusiasta disse  - bene! Allora…dato che praticamente non ci conosciamo affatto…qual è il tuo miglior pregio?-. Marco la guardò interrogativo, ma decise di rispondere ugualmente – Il mio miglior pregio? Non saprei …ne ho talmente tanti…-. La ragazza scoppiò in una breve risata, dicendo – Di sicuro non è la modestia!-. Il moro annuì concorde – Assolutamente! Penso invece che sia …la tenacia. Sono molto testardo, e ottengo sempre quello che voglio- e la sua mente disse “e adesso voglio te!” ma fortunatamente non lo pronunciò. – Perfetto!- dichiarò Rhea allegra – e dimmi…qual è il tuo peggiore difetto?-. Marco finse di accigliarsi – Come mai tutte queste domande?-. -Rispondi!- gli intimò lei, e allora disse – Semplice…io non ho difetti!- ma notando lo sguardo scettico della rossa si chiarì meglio – Oh…in effetti qualcosina…tipo la presunzione. Diciamo che tendo a sottovalutare gli altri!-. Ancora una volta Rhea rise e infine gli fece l’ultima domanda – Lo prenderò per vero! Ultima cosa…definisciti con tre aggettivi!-. Il bel moro ubbidì e rifletté qualche secondo. Infine disse – Allora…sono intelligente, coraggioso e …straordinariamente attraente!-. Questa volta la ragazza sorrise in modo diverso, quasi malizioso. Come era apparso quel piccolo ghigno scomparve per lasciare il posto a un’espressione di falsa offesa – Marco! Sei sempre il solito vanitoso!-. Il ragazzo sogghignò e la incalzò –Adesso tocca a te! Io ti ho detto qualcosa di me…ora dimmi qual è il tuo miglior pregio!-. la ragazza ci meditò un po’ su, assumendo una posizione involontariamente molto sensuale. Aveva alzato i piedi, che faceva oscillare dolcemente avanti e indietro, e aveva appoggiato l’indice al mento. Infine voltò nuovamente il viso verso Marco e sorridendo disse – Ecco…sono una persona molto allegra e solare… non credi?-. Marco annuì convinto, facendosi leggermente più vicino a lei –Assolutamente!-. In effetti la “nuova” Rhea lo aveva colpito proprio per la sua vivacità e voglia di vivere. –Eh…il tuo peggior difetto?- si affrettò a chiedere per non rimanere incantato troppo a lungo nel fissarle le meravigliose iridi smeraldine.  Immediatamente la ragazza disse – A beh…questa è facile! Ho tantissimi difetti!-. Subito Marco pensò “io non lo credo affatto…” ma rimase in ascolto – Vediamo…il peggiore dovrebbe essere il mio costante disordine. Sono disordinatissima! Se non ci fosse Amelia non troverei mai nulla!-. Dicendolo aveva fatto una faccia talmente buffa che Marco era scoppiato a ridere. Non solo era bella e sensuale, ma anche divertente e simpatica! Bene, il giovane romano non sapeva quanto avrebbe ancora resistito prima di saltarle letteralmente addosso. La vicinanza lo stava surriscaldando esageratamente e il suo famoso auto controllo stava cedendo. – e quali sarebbero i tuoi tre aggettivi per definirti?- le chiese attento alla risposta. Rhea lo guardò negli occhi scuri e rispose – Primo, sono comunicativa. Secondo sono ottimista e terzo…sono straordinariamente attraente!- concluse imitando l’affermazione precedente di Marco. Ma il ragazzo, già precedentemente provato dalla vicinanza e dal profumo di Rhea, udendo quelle parole che aveva lui stesso pensato varie volte, non riuscì più a connettere e per dare prova di quello che lei aveva appena detto si sporse verso di lei per baciarla. Aveva trionfato infine il suo istinto e le si era avvicinato per baciarla. Peccato solo che avesse mancato il bersaglio. Al posto delle sue labbra baciò solamente una guancia, in modo casto e senza doppi sensi. Si ritrasse appena se ne accorse, maledicendosi un po’ per aver ceduto all’istinto, e un po’ per non essere riuscito a baciarla sul serio.

Intanto Rhea era arrossita leggermente e aveva continuato a parlare come se nulla fosse – E basta…questi sono i miei tre aggettivi-. Il moro intanto non aveva smesso di fissarla nemmeno per un istante e improvvisamente gli venne un’idea. Questa volta si avvicinò al suo viso lentamente e arrivato accanto al suo orecchio le sussurrò con voce profonda e sensuale – Rhea… vorrei chiederti una cosa…-.

 

 

Ok… so benissimo che questo capitolo può sembrare apparentemente inutile al fine della storia, ma in verità serve poi per capire le parti successive. Inoltre è il penultimo capitolo di questa parte della storia…poi dovrò aumentare il rating…^_^

Spero che non ci siano problemi se inizio direttamente un’altra storia, che sarebbe il seguito di questa, solo con un livello un pochetto più alto!

Un bacio a chi legge e commenta!

 

Becky

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


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Allora, questo è l’ultimo capitolo della prima parte della storia, ed è la riscrizione del capitolo 6 di “Dominus”. La seconda parte la pubblicherò a breve, ma non so ancora il titolo. Indicativamente potrebbe essere “Black Rome” ma non ho ancora deciso…opsss…

Colgo l’occasione per ringraziare di cuore chi ha letto e soprattutto chi ha commentato! E spero che abbiate anche voglia di leggere la seconda parte!!!

Un bacio…

 

 

Capitolo 8: Il Mercato

 

I due ragazzi camminavano tranquillamente tra le bancarelle del mercato, fermandosi di tanto in tanto ad ammirare la mercanzia in vendita. Rhea e Marco ridevano tra loro, camminando a braccetto e chiacchierando di ogni genere di cosa gli venisse in mente. Era una giornata bellissima, il sole splendeva forte e il profumo di salsedine arrivava fino a loro.

Marco aveva chiesto alla ragazza di accompagnarlo a Ostia per qualche giorno, ospitati gentilmente da Ortensio. La fanciulla aveva subito accettato e nemmeno suo padre aveva obiettato. Ardach invece aveva preferito rimanere a Roma, per lasciare da soli i due giovani.

Era quasi l’ora di pranzo e i due ragazzi passeggiavano senza fretta per il mercato, poco lontano dal porto della città. Erano veramente meravigliosi, e molte persone si voltavano per osservarli. Lei indossava un abito chiaro ornato da catenelle e cinture dorate, ma per prudenza aveva preferito indossarvi sopra un leggero mantello scuro. Nonostante questo era incantevole, con i capelli finemente acconciati sulla nuca e qualche ciocca ribelle che le ricadeva sulle guance e sulle spalle. Marco era bello come un dio greco, con la toga candida, abbronzato e profumato da vero signore. Solo i capelli, come sempre, facevano eccezione al suo ordine: erano costantemente in disordine,e  Rhea non perdeva occasione per scompigliarli ancora di più.

Si fermarono di fronte a un banco che vendeva frutta fresca, e una scimmietta saltò sulla spalla a Marco, arruffandogli i crini e infilandogli le dita nelle orecchie. Normalmente Marco le avrebbe dato una manata e l’avrebbe scacciata, ma essendo in presenza di Rhea si trattenne dal farlo. Alla ragazza sembrava piacere, tanto che scoppiò in una dolce risata seguita da quella del giovane romano. La fruttivendola, notando gli abiti che i due indossavano e i rari ma preziosissimi gioielli di Rhea, scelse per loro la frutta migliore e gliela porse. Marco non contestò il prezzo, primo perché non ne aveva minimamente voglia, era una giornata troppo calda per discutere, secondo perché aveva fin troppi soldi con lui, e infine perché temeva che Rhea non avrebbe apprezzato. Si accorse con stupore che pensava a lei ogni volta che faceva qualcosa, fatto che non gli era mai successo in vita sua. Cosa poteva significare?

Successivamente i due ragazzi si ritrovarono involontariamente di fronte alle porte del macello. – Ti prego, non entriamo qui dentro…c’è troppa gente e poi non sopporto la vista delle carcasse degli animali!- lo pregò teneramente Rhea, stringendo leggermente la presa sul suo braccio. Il ragazzo sorrise languido. Come poteva rifiutarsi? Era davvero troppo carina quando faceva così…sembrava un cucciolo indifeso! Acconsentì e la portò verso il portico esterno dell’edificio, dove c’erano le bancarelle del pesce. Si fermarono ad una delle prime, dove una pescivendola giovane e dai capelli rossi li invitò a gustare la sua merce.  Era  però evidentissima la differenza tra la chioma della donna e quella di Rhea. La venditrice aveva i capelli tutti arruffati, rossi in modo del tutto innaturale, aiutata sicuramente da qualche tintura. Un tempo forse a Marco sarebbe anche piaciuta, ma avendo accanto Rhea, il confronto non poteva reggere. I suoi capelli erano di un rosso scuro, scarlatto, quasi violaceo…un rosso intenso come il vino che i romani tanto adoravano. La donna si rivolse verso Marco – guarda qui che scampi…ne vuoi, bel signore?-. Prima di rispondere il ragazzo lanciò un’occhiata verso la ragazza, e poi disse – Si, dammi quelli grandi…quelli lì... ce li cucinerà per cena il mio servo-. La donna afferrò alcuni degli scampi indicati da Marco e li ripose accuratamente in una borsa. Aveva notato che i due giovani erano molto ricchi, e sperava in una piccola ricompensa per la sua gentilezza. Mentre Rhea era intenta ad osservare con attenzione alcuni strani pesci scarlatti poco lontano, la pescivendola gli sorrise maliziosamente ed esclamò forte – La tua ragazza ne sarà contenta, specialmente se li innaffierai col vino della zona. Sono il cibo prediletto da venere!-. Il moro arrossì di colpo a quelle parole e disse subito –No….guarda… lei non…non è la mia ragazza…-. La donna mostrò un’espressione stupida – Davvero? Che peccato! Due ragazzi giovani e belli come voi dovrebbero proprio stare assieme! Sareste una bellissima coppia!- e detto questo gli strizzò l’occhio, passando a servire un altro cliente. Marco rimase impalato per qualche secondo, finché Rhea, che non aveva sentito la sua conversazione, non gli afferrò il braccio – Dai Marco…andiamo!-. Marco era senza parole. Lui e Rhea una bella coppia? Lei la sua ragazza? Non ci aveva mai pensato, non ufficialmente almeno, sebbene da diverse notti la rossa facesse continuamente capolino nei suoi sogni. Però…proprio come ragazza ufficiale…non sarebbe stato affatto male! anzi! Sarebbe stato perfetto…

 

Quella sera i ragazzi cenarono da soli. Il buon Milone preparò per loro gli scampi, e seguendo il consiglio (l’ordine) di Marco li innaffiò con del vino locale.
Rhea aveva insistito affinché cenassero sulla grande terrazza che si affacciava sul mare, e così fecero. Fu una cena splendida, durante la quale parlarono molto e Marco non perse l’occasione per fare il brillante con lei.

Dopo cena decisero di andare a fare una passeggiata per la tenuta di Ortensio, ma prima la ragazza chiese di poter andarsi a cambiare in camera.

Erano passati già una ventina di minuti da quando si era allontanata, e non era ancora tornata. Il moro decise di andare a cercarla, temendo che potesse essersi persa. Girovagò per la casa per qualche minuto, non trovandola da nessuna parte. Iniziando ad allarmarsi si diresse verso la camera da letto della ragazza. Socchiuse senza il minimo rumore la porta e finalmente la trovò. Silenziosamente entrò nella grande camera e la vide distesa sul morbido letto che le era stato assegnato. Dormiva placidamente. Doveva essere esausta per la giornata faticosa e intensa, e probabilmente appena si era distesa per riprendersi si era subito addormentata.

Marco le si avvicinò e rimase incanto nel guardarla. Era la cosa più bella che avesse mai visto in vita sua. Aveva un’espressione estremamente dolce e serena, quasi sognante. Teneva le labbra leggermente socchiuse e un piccolo pugnetto di fronte al viso. Il corpo era in una posizione estremamente rilassata, con le lunghe gambe toniche e abbronzate leggermente piegate in posizione fetale. Era di una dolcezza infinita. Il petto si alzava e abbassava con un ritmo regolare, e a ogni movimento il ragazzo riusciva a intravedere sempre di più dalla scollatura dell’abito. Con un sorriso di pura tenerezza Marco le si accovacciò accanto, seduto per terra, continuando ad ammirarla. Si ritrovò a pensare a quanto sarebbe stato belle vederla dormire così tranquillamente ogni giorno, ogni notte. E doveva essere veramente un privilegio prezioso potersi svegliare la mattina e vederla così, oppure addormentarsi accanto a un esserino così dolce e amabile. Un ciuffo riccio scivolò sul viso della ragazza e Marco si sporse immediatamente per scostarlo dal suo nasino perfetto, ma facendolo la svegliò involontariamente. Rhea aprì lentamente gli occhi, socchiudendoli appena alla luce intensa proveniente dalle candele attorno al letto. La prima cosa che vide furono gli occhi scuri e dolci di Marco che la fissavano teneramente e con un velo di rammarico per averla destata da un sonno così quieto. Non si sentì minimamente allarmata. Le sembrava naturale e bellissimo vedere gli occhi di Marco appena sveglia, era una sensazione ricca di pace e protezione. Lo guardò per qualche secondo, senza muoversi. Lui le sorrise improvvisamente intimidito – Scusa…non volevo svegliarti- le sussurrò delicatamente . Con la voce arrochita dal sonno lei disse –Non ti preoccupare…-. Si fissarono ancora per qualche attimo – Eri così bella mentre dormivi- sfuggì a Marco, senza potersi controllare. Un lieve rossore colorì le guance della ragazza che mormorò a pochi centimetri dal viso del moro –Grazie…e scusami, dovevamo andare a fare una passeggiata, ma ero così stanca che…- ma Marco la fermò con un cenno. – Non dire sciocchezze…lo capisco benissimo se sei stanca! Allora ti lascio dormire, va bene?- le disse con una dolcezza infinita, che non gli apparteneva. Si era appena alzato in piedi per andarsene che sentì la propria mano afferrata da quella di Rhea – buonanotte Marco…- sussurrò guardandolo nelle iridi nere. A quel punto Marco fece una cosa inaspettata, che non aveva ne previsto ne immaginato. Si chinò su di lei e la baciò. Fu un semplice e casto sfiorarsi di labbra, durato qualche frazione di secondo, ma fu ugualmente importante. Si rialzò e ancora intontito per la sensazione che ciò gli aveva dato uscì silenziosamente dalla stanza, lasciando una Rhea stupita e felice.

 

Nessuno dei due sapeva che da quel giorno i poi le cose sarebbero cambiate drasticamente.

 

Qui finisce la prima parte del racconto e inizia la seconda…

 

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