La malerba nel giardino del coniglio

di kazuha89
(/viewuser.php?uid=151861)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il giardino ***
Capitolo 2: *** la malerba ***
Capitolo 3: *** Il coniglio ***



Capitolo 1
*** Il giardino ***


Ricordo ancora lo sgomento che provai, la notte in cui quel pensiero apparve per la prima volta nella mia mente.
Ricordo che ebbe su di me l’effetto di quando, nel silenzio più profondo, un forte rumore lo squarcia facendoti perdere dieci anni di vita in un colpo solo. Ecco, la sensazione era a grandi linee la stessa. Nel silenzio della mia mente addormentata, di punto in bianco il rumore di quel pensiero mi svegliò, facendomi sussultare.
Ricordo che erano le 04:30 di un lunedì,  perché l’istinto mi indusse a guardare l’ora, essendomi svegliato così bruscamente e al buio da essere decisamente confuso sul tempo e sullo spazio dove mi trovavo. Ricordo che realizzai che ero nel mio letto, che una fioca alba andava pian piano fiorendo fuori della finestra, ma che era ancora discretamente buio. Ma soprattutto ricordo un respiro contro il mio collo, la presa di un braccio sul mio addome, un profumo intenso di sciampo. Ricordo Usagi addormentato accanto a me..
Che paradosso .. avrei dovuto essere io quello appollaiato contro la sua spalla, essendo lui tre volte più grosso di me. Eppure, il ruolo della federa era mio da sempre. Eh beh mi pare ovvio.. il signorino ha sempre tenuto le redini di tutto, no?
Mi si corrucciò la fronte. Non mi era mai capitato di lamentarmi ( beh, almeno ad alta voce..)del fatto che Usagi fosse il boss in tutto quello che si faceva, però a volte mi capitava di sentire una leggera insofferenza.
Insomma, chi non la sentirebbe con uno che comanda in casa, comanda fuori, comanda sul lavoro e..comanda perfino a letto? Andiamo, alla lunga perfino a un santo partirebbe un filino la brocca!
Eppure io niente, mai un rimbecco. Memo per me: chiamare città del Vaticano per fare domanda di santificazione..
Beh, in fondo era ovvio il perché non rimbeccavo, a dirla tutta: perché mi andava bene, sennò perché altrimenti?
Io non avevo mai avuto un carattere abbastanza forte da imporre la mia parola ed essere capace di mantenerla. Se in rare occasioni capitava che riuscissi a farmi sentire, lo stress in seguito era talmente forte che finivo sempre per cedere e darla vinta agli altri. E dappertutto, questo: lavoro? Mai una volta che fossi riuscito a dire la mia senza poi ritrattare. Quando andiamo da qualche parte con Usagi? finisco sempre per far decidere a lui la meta. In casa? non prendo mai decisioni senza prima consultarlo, neanche quelle piccole e sceme come i pasti o il detersivo per il bucato. E infine per quanto riguarda la nostra relazione.. solo una volta ho provato a guidare io, e stavo per collassare per la troppa pressione..
No, uno con il mio carattere non si può certo lamentare, se il volante della sua vita lo tiene qualcun altro. E poi Usagi va bene come timoniere, anzi è il massimo. Comanderà lui, ma non ha mai, in tanto tempo che stiamo insieme, preso una decisione a mio minimo discapito, mai. Lui sceglie sempre ciò che è meglio per me, e questo mi fa stare bene, mi fa sentire speciale, amato..
Ricordo che anche quel giorno lo pensai, guardandolo dormire tenendomi stretto a sé: per lui ero importante, e lui lo era per me. Non mi serviva altro, se avevo Usagi con me.
Si, quello strano pensiero poteva tornare là da dove era venuto, per quanto mi riguardava, era solo un erbaccia, una malerba nel giardino dei miei pensieri: una volta estirpata, non avrebbe più dato disturbo.
Dopo questo, ricordo solo di essermi sentito meglio, rilassato. Poi, dato che non ricordo altro fino al mio risveglio, immagino che estirpata quella malefica erbaccia dai mie pensieri, mi sia riaddormentato.
“Eddai, lasciami!”
“No..”
“Usagi, brucio le uova se non mi lasci usare le braccia come si deve..”
“No..”
“Cosa, no? lo vedo quel bordino dorato, sull’albume? Ecco, se non mi lasci andare, diventerà nero, e le uova saranno bruciate!”
Usagi parve riflettere, il mento appoggiato alla mia spalla, le braccia strette ad avvolgermi, costringendomi a cucinare usando solo gli avambracci. Poi, senza preavviso, mi sollevò di peso.
“..No.” disse, con un sorrisetto sulle labbra.
“Ok,ok, va bene..ma lascia almeno che posi la padella. Non mi va di dover correre all’ospedale e dover spiegare come mai mi sono versato delle uova fritte e dell’olio bollente addosso!”
Questo vizio..il vizio di trattarmi come un bambolotto..che ricordi lo ha avuto sin dal primo giorno. Sempre stato così: che io stia cucinando, leggendo, facendomi la doccia o dormendo, se a lui saltava, mi veniva a prendere e di peso mi portava in giro per la casa. Non posso negare che all’inizio questa cosa era abbastanza irritante, visto che mi infondeva una profonda sensazione di inferiorità: insomma, sono una persona, o un giocattolo?
Però, con il tempo, ho iniziato a capire meglio la contorta mente di Usagi, e il significato di ogni suo gesto, e ho smesso di arrabbiarmi.
Usami Akihiko, come è meglio conosciuto Usagi fuori da queste mura, è uno scrittore affermato e famoso, ed è una persona che gode del rispetto di tanti, nel suo ambiente, ma allo stesso tempo incute timore e suggestione in altri, che comunque lo rispettano, ma solo per silente timore. Lui lo sa, ovviamente, e nei tempi in cui lo conoscevo poco, ero dell’idea che avesse creato lui stesso con le sue mani un clima simile, per impedire alla gente di varcare la soglia della sua vita.
Ma la realtà non ha tardato a saltare fuori per quello che era veramente. Usami Akihiko, come è meglio conosciuto Usagi fuori da queste mura, non è altri che una maschera. Si, perché Usagi, quello vero, varcata la porta di casa, cambia completamente, e l’ho potuto provare su pelle.
Non scorderò mai il giorno in cui mio fratello ci presentò, il giorno in cui per la prima volta gli occhi di Usagi incrociarono i miei. La mia vita, ai tempi, aveva si e no un senso logico, che però veniva spesso surclassato dalla monotonia. Insomma, la classica vita piatta da 18enne qualunque. Ma quel pomeriggio, un semplice rientro a casa anticipato, cambiò la mia vita dal bianco al nero.
Quel giorno, rincasando, vidi una scena che mancò un soffiò mi costasse l’ infarto.
Mio fratello maggiore, Takahiro, mio unico parente e unico membro della mia famiglia ad occuparsi di me, stava premuto contro il muro, con un energumeno addosso. Mi seccai lì sulla soglia. In seguito, mio fratello mi disse che Usagi, l’energumeno in discussione, altri non era che il suo migliore amico, e che aveva il vizio sin dalle medie di comportarsi così con lui, mosso da un profondo affetto nei suoi confronti. Mentre mio fratello parlava, però, io ero come ipnotizzato a guardare Usagi. Il suo cambiamento era allucinante.
Se meno di un minuto prima era la reincarnazione di una pelle d’orso abbandonata a peso morto addosso a Takahiro, ora se ne stava seduto come un gentiluomo fine e composto sul divano a fumare una sigaretta scrutandomi torvo, esaminandomi al millimetro come uno scanner, ed esprimendo sprezzanti opinioni su di me. Mi innervosiva da matti, questa cosa. Il suo sguardo era sprezzante, borioso, e i suoi modi e il tono erano in tinta. Dava l’idea di uno snob montato di testa. Mi era insopportabile, pochi preamboli.
Ma le sorprese erano appena iniziate.
Mio fratello infatti, appena “mister mondo” si levò dalle scatole, mi disse che aveva chiamato Usagi per parlare di me. I miei voti erano ai minimi storici, ed era periodo di maturità: se non avessi messo in piedi una formazione di voti degni di questo nome, la mia iscrizione all’università dei miei sogni era in pericolo di vita. Al che Takahiro era corso ai ripari, e aveva deciso di trovarmi un tutor, che mi aiutasse laddove le mie lacune erano più profonde, in modo da dare una scossetta al mio rendimento scolastico. Apparentemente accettai di buon grado, ma dentro mi sentì salire il vomito: io, studente..di quel damerino? Piuttosto bevo una pinta di candeggina!
Volente o nolente, però, Takahiro aveva il coltello dalla parte del manico. Usagi,saltò fuori, si era laureato in una rinomata facoltà di legge ed era arrivato primo del suo corso. Uno così era decisamente adatto a farmi da insegnante privato,  e quindi dovetti cedere. Così quel pomeriggio, con la madre di tutte le lune storte, mi diressi a casa di quel tronfio scrittore da strapazzo,pronto a scontare la mia pena.
Entrato in casa però, non lo trovai. In compenso, sul tavolino del salotto notai un biglietto, che diceva che il padrone di casa stava dormendo e di aspettare lì. Che accoglienza, ragazzi..
Nervoso, mi diedi al vagabondaggio per le stanze della casa,una più bella e fastosa dell’altra, tutte intrise del lusso e del buon gusto più frenato, finche con la coda dell’occhio, notai una pila di libri accanto al divano. Autore: Usami Akihiko. Wow, pargoli di mister mondo, dunque!
Incuriosito, mi avvicinai per prenderne uno, ma nell’istante in cui ci fui accanto, notai una seconda pila più piccola. A giudicare dallo stile della copertina l’autore era lo stesso, ma il nome era un altro. La mia curiosità ebbe la meglio: mollai il libro di Usagi, e presi il primo della pila più piccola. Un alter ego, eh? Vediamo un po che motivo hai di avere due nomi, mister mon..
Avvenne così all’improvviso che ebbe l’effetto di un gancio dentro nello stomaco. Era..un libro..yaoi!
Caspita..non ci potevo credere. Scriveva libri..gay? lui? Il dongiovanni latin lover? Che storia!
Mi misi a sedere, e apri cauto il volume. Mai letto niente di simile in vita mia. I dettagli, le atmosfere, i dialoghi..sembrava vita vera, tanto erano realistici e costruiti!
Mi venne un dubbio. E se fosse davvero vita vissuta? E se fosse..la sua vita?
Poi, un dettaglio mi colpì: il nome del protagonista:Akihiko!
No..Non poteva essere..E invece si, cavoli, era nero su bianco, Akihiko..
Oddio..centro! era davvero la sua vita.!  Lessi ancora..
Beh. sorprendente era dire poco. Mio fratello mi aveva parlato un po di Usagi, prima che mi recassi da lui. Mi aveva raccontato che aveva una fila di pretendenti lunga un’ autostrada e che era famoso per il suo charme e il suo saperci fare con le signore. Cavolo..mi chiedevo se le signore in questione sapessero di questo suo lato. No, era certezza che non lo sapessero, scherziamo?
E lì mi sorse un quesito: ma realmente, in quanti lo sapevano, di sta cosa? E mio fratello, lo sapeva?
No, ne ero certo, non sapeva nulla. Altrimenti sarebbe stato restio a farsi toccare in quel modo, poco ma sicuro. Magari non per disgusto, quello no, ma più che altro per principio. E comunque lo stesso Usagi, credo, non lo avrebbe fatto,  se cosciente che mio fratello sapeva.
Takahiro..mi chiesi che ne avrebbe pensato. Sentivo un certo non so che dentro di angustiante. E se lo avesse giudicato male? Mio fratello per me era dio in terra, ma non ci eravamo mai trovati a parlare di certi argomenti..
Posai lo sguardo sulla pagina del libro. Lessi. Takahiro..eh si Takahiro, si..no, un attimo..Takahiro?!
Riacquistai lucidità di pensiero,e rilessi bene. Era li, nero su bianco: Takahiro guardava Akihiko dormire e sorrideva..
..PREGO?!
Bastardo pidocchio pervertito..ha trasformato mio fratello  nel suo compagno di giochini spinti!
Chiusi il libro, in preda alla collera. La pietà che mi era nata nei suoi confronti, si disintegro nell’aria come una bolla di sapone. No, tutto ma questo no. Vuoi fare il gay in incognito? Padrone, ma giù le mani da mio fratello!
Furibondo, inforcai la scala che portava al piano di sopra, e con un calcio buttai giù la porta della sua camera da letto.
“Hei, tu, sveglia! stai bene a sentire, non tollero che svergogni mio fratello nei tuoi trucidi romanzetti, chiaro?”
La stanza era avvolta dal buio. Sagome dalla forma insolita andavano prendendo forma man mano le la luce filtrava attorno alla mia sagoma. Mi addentrai in quel buio, e la luce ebbe via libera per entrare.
Giocattoli. Di tutte le forme, di tutti i tipi, ovunque. E peluche. Grandi, medi e piccoli. Dappertutto.
Mi guardai intorno, sconcertato. Ma che era, un maniaco dei giocattoli?
Poi, con mia sorpresa, dall’enorme letto davanti a me, accanto a un enorme orso di peluche con un grosso fiocco al collo, emerse la sagoma di Usagi. Nella penombra visi i suoi occhi scrutarmi. Era insonnolito, ma decisamente arrabbiato. Deglutì, un po allarmato. Ma mi riscossi subito.
“Ah eccoti! Stai a sentire, tu puoi fare quello che ti pare con chi ti pare, ma lascia fuori mio fratello dalle tue..perversioni!”
Lo vidi incupirsi ancora di più. Il sonno gli era bello che passato. Ora era solo furia, quella nei suoi occhi. Usci paino dal letto, e dondolano venne verso di me,fissandomi. Ma io distolsi lo sguardo, e proseguì irrefrenabile.
“Fai quello che credi, ma non con Takahiro! Lo hai messo nel tuo libro, e non lo accetto! Fallo fare a chi ti pare, quello, ma non lo farai fare a lui, ok? Lui è ingenuo per natura, nemmeno sospetta che razza di mente malata tu abbia, e quindi non lascerò che tu ti approfitti di lui per maltrattarlo e fargli fare..quelle cose! Te lo ripeto, falle fare a chi vuoi, ma non a lui!”
Usagi sferrò un colpo allo stipite, a una trentina di centimetri dalla mia testa. Alzai lo sguardo. Mentre parlavo, lui mi si era avvicinato, e ora era in piedi, davanti a me, e mi aveva bloccato l’uscita. Il suo sguardo..era demoniaco.
“Chi ha detto una cosa simile?” mormorò. Usò un tono decisamente più basso del mio, ma aveva una nota così gelida, che mi paralizzò.
“Ecco..io..”
Oh maledizione, mi si erano congelate le corde vocali, o cosa? Non riuscivo più a parlare!
“Beh? Rispondi. Chi ha detto che voglio approfittare di lui, che lo voglio maltrattare?”
Il suo viso era sempre più accostato al mio, e ogni parola falciava l’aria come una lama.
Io, dal canto mio, boccheggiavo ed emettevo suoni indistinti.
“Per caso.. Te lo ha detto lui?”
Cosa?
“Lui..ti dice che lo maltratto, o che lo faccio sentire come tale?”
Controvoglia, mi decisi ad alzare lo sguardo e a guardarlo negli occhi. Sussultai. Era si e no un centimetro quello che divideva il suo naso dal mio, ma quello che più mi sconvolse fu la luce dei suoi occhi: era piena di collera, ma tra quella, vedevo distintamente una fioca fiamma di luce diversa. Era arrabbiato per quelle mie insinuazioni, ma.. avrei potuto giurare che, avesse anche un po di timore che fossero vere. Quella fiamma, nei suoi occhi..era paura?
“N..no, macché, lui non mi ha detto affatto che lo tratti male..”
Ok, diamo a Cesare quel che è di Cesare. Non volevo certo mettere in mezzo Takahiro con false insinuazioni. Takahiro diceva sempre che Usagi era adorabile, quindi avrei solo finito per passare io al torto, sparlando a vanvera, e di cose non vere, per giunta.
“Però..insisto perché tu non gli crei problemi!”
Ok, teniamoci saldi al succo della questione.
“Mio fratello dice che sei uno che attira le donne come gli orsi al miele,no? e allora vuoi dirmi che fa differenza con gli uomini? A mio modesto parere, credo di no! col tuo aspetto e il suo fare da gentleman, sono certo che non avrai problemi a trovare qualcuno che faccia quelle cose. Va bene qualsiasi uomo, ma non mio fratello, per piacere..”
Bene, ciò che pensavo lo avevo detto. Non avevo fatto più l’errore di insultarlo o cose simili. In fondo, non aveva effettivamente fatto o voluto far del male a mio fratello, quindi non era il caso di partire alla carica.
Usagi mi guardò fisso, come stupito. Io sospirai. Senza aggiungere altro, mi voltai per andarmene, ma accadde l’impensabile. Sentì una presa salda al polso, e un attimo dopo, Usagi, con la forza di un cavallo da tiro, mi trascinò dentro la sua stanza..
“Cosa sai, tu, poi..” mormorò cupo.
Mi spinse sul suo letto,e  mi costrinse a sdraiarmi. Oh dio..
“Cosa sai tu di me, eh? Cosa sai tu di me e Takahiro, per sentenziare, eh?
Mi si sdraiò sopra, bloccandomi le mani. Oh dio,non riuscivo a muovermi, ne a muovere lui..
“Mi hai stufato, ragazzino. Bene, dicevi poco fa? Ah si, col mio aspetto, posso prendere un uomo a caso per le mie cose, basta che non sia Takahiro, giusto? Bene, prenderò..Te!
Grr..quello che accadde dopo ancora oggi mi fa irritare non poco, me ne frego di quello che è successo. Io, in quel momento, mai avrei pensato che un giorni sarei finito per vivere con lui, per amarlo, addirittura. In quel momento io non ero innamorato di lui. Usagi, in quel momento mi aveva umiliato, ferito..profanato!
“Beh, che stai pensando? Sei tutto imbronciato..”
Lo guardai. Sorseggiava il caffè beato come una pasqua. Grr, a ripensare al suo scherzetto, mi viene voglia
di prenderlo a sediate..
“Niente..” rispondo mesto. Usagi mi guardò stupefatto.
“Beh? Che maniere sono? Sei arrabbiato per qualcosa? A me lo puoi dire, non occorre arruffare il pelo come i gatti..”
“Io mi arruffo quanto voglio, e non devo certo rendere conto a te!”
Mi sedetti a gambe incrociare sul divano davanti a lui, sbuffando. Uffa, era a dir poco incoerente da parte mia scaldarmi per una cosa successa un secolo prima. Però io ero il re dell’incoerenza da sempre, quindi..
“Uh, questa si che è bella. Ah santo cielo..”
Posò calmo la tazza sul tavolino, mi alzò dal suo divano e mi venne vicino. Senza tante cerimonie, mi disincrociò le gambe, mi prese di peso e mi sedette in braccio a lui, posando la mia testa sula sua spalla.
“Che ha che non va il mio Misaki, eh?” mormorò passandomi le dita tra i capelli.
..Ma porca miseria!
“Che fai, la mammina, adesso? Vuoi darmi anche il biberon? Non ho niente, e sei pregato di non trattarmi come un poppante, grazie!
Ecco, questo intendevo! Non mi trattava mai da persona adulta. Sempre lì che mi prendeva in braccio, mi aiutava a vestirmi, mi faceva il bagno..un bambolotto vivente!
Lui mi osservò, calmo.
“Ogni volta che ti metti in quella posizione con quel tuo broncetto contrariato, io so che poco ma sicuro gatta ci cova. E se tu sei contrariato, lo dovresti aver capito ormai, io mi preoccupo e mi sento contrariato a mia volta. Succede così..quando si ama una persona.”
Mi irrigidì. Maledetto, li conosci bene i miei punti molli, eh? Sai cosa devi fare con me, se vuoi farmi sputare il rospo..
Eh si, ovvio che li conosci, che mi credevo? In fondo tu conosci i miei..e io i tuoi.
“Uff..ma non ho niente, tranquillo..”
Olè, fatto, fritto e panato. Già sentivo l’irritazione scemare..
“No? sicuro?”
Sbuffai. Ora a mente lucida, mi sentivo un cretino. Povero Usagi, se gli avessi detto che ero arrabbiato perché mi era venuto in mente che un trilione di anni prima mi aveva giocato quel brutto tiro, si sarebbe depresso. Lui odiava farmi stare male, lo sapevo. E poi io, a essere corretti, quel giorno, me l’ero cercata col lanternino..
“Misaki..che succede?”
Mi lasciai affondare  col viso nella sua spalla, deciso a sprofondarci come gli struzzi nella sabbia. Che emerito imbecille ero..
“Niente, sono scemo, null’altro..”
Usagi mi tirò subito fuori la faccia.
“Ah si? E perché, sentiamo!” Disse, mesto.
Ah, vero, me lo ero scordato, accidenti. Che cosa ero andato a dire, ora non si finiva più..
Usagi, sin dalla notte dei tempi, captava la gente con brutte intenzioni su di me nel raggio di un miglio, anche solo se si azzardavano a formularli nelle loro teste, i brutti pensieri, li beccava. Era peggio di un mastino.
Aveva un indole iperprotettiva allucinante nei miei confronti, diventava una belva se si azzardavano anche solo a guardarmi storto. Nessuno, sul pianeta, poteva permettersi niente di cattivo su di me.. incluso il sottoscritto.
“Perché si, fidati..” tentai di sviare. Ma sapevo pure troppo bene che, se non lo avevano scambiato gli alieni la notte prima, Il mio solito Usagi non avrebbe lasciata correre neanche morto e sepolto.
“No, tu ora ti cuci qui alla mia spalla finché non mi dici perché diavolo pensi di essere scemo!”
Eccolo, entra in scena il mastino, si salvi chi può..
“Ma no, dai, lascia fare. E solo che stavo pensando a una cosa che mi e stata fatta e che mi ha fatto arrabbiare tipo ai tempi di Napoleone Bonaparte, e mi sono irritato di nuovo al pensiero. Ma è da scemi incavolarsi di nuovo, perché da allora è passato un oceano di acqua, sotto i ponti. Ergo, io sono scemo. Capito?”
Ok, se mi andava bene, forse riuscivo a passarla liscia..
Usagi parve soppesare le mie parole una ad una, prima di decidere il da farsi. Che pignolo..
“Mh.. beh se era davvero una cosa davvero brutta, magari è normale che ti faccia ancora arrabbiare anche se è passato del tempo. Dimmi che cos’era, deciderò io se sei scemo o no.”
Ma..ma è un genio del male! Come accidenti ha fatto? Mi ha fregato alla grande. Dio, quest’uomo mi ama a tal punto da diventare machiavellico, pur di difendermi. Nessun dubbio, sono un imbecille. No, il re degli imbecilli, il loro capo fondatore..
“Ma..ma no, è una cosa stupida..”
“Dimmela.” Insistette.
Ma uffa, lasciami annegare nella mia imbecillità in pace almeno quando me lo merito, per cortesia!
“Usagi, lascia stare. E poi non ho nemmeno il diritto di arrabbiarmi per quella cosa, visto che me ciò che mi è stato fatto me lo sono andata a cercare, quindi..”
Sentì le sue dita stringersi attorno al mio fianco. Oh dio, ma allora volevo proprio che lo sapesse il mondo che ero imbecille!
“Meritato? E chi è che avrebbe deciso che meritavi ti venisse fatto qualcosa, sono curioso..”
Curioso? Io la chiamerei sete di sangue, non curiosità, quella bella luce omicida che brilla nei tuoi occhi..
“Ma nessuno,dai..”
Ok, arrenditi dignitosamente, ameba! Tanto sei fregato, lo sai benissimo..
“Misaki..”
Basta, sta per esplodere, arrenditi! Hai fatto la cazzata? Prendine atto e subisci le conseguente!
“Misaki..”
Oddio, ma non avevo un fegato, stamattina? Dove accidenti era finito? Oddio..
“Misaki..”
“Tu! Lo hai deciso tu, va bene?
Mi guardò sbalordito, scioccato a morte. Mostro..sono un mostro!
“I..io? e quando ti avrei fatto qualcosa di sgradevole, io?
Era allucinato. Vedevo e sentivo le rotelline e gli ingranaggi lavorare febbrili nella sua testa. E dire che lo sapevo, bene, maledetto me. Usagi non odiava a caso le persone che avanzavano ipotesi di pensieri cattivi al mio indirizzo. Le odiava perché al mondo, Usagi aveva a cuore solo una cosa: io.
In precedenza era Takahiro il sole nel suo cielo, ma poi ero subentrato io, e da allora mi aveva trattato a mo’ di aria da respirare, una fonte di vita. Era successo la stessa sera di quel..beh incidente di percorso.
Dopo essersi..vendicato, diciamo, aveva deciso di darmi delle giustificazioni al fatto di mettere mio fratello nei suoi romanzi porno-rosa gay.
Mi disse che si, era effettivamente innamorato di mio fratello, ed erano anni che stava così. Ma ci tenne ad precisare che mai, mai avrebbe rivelato questi suoi sentimenti. Primo, perché perfettamente conscio di non essere ricambiato. Secondo, per pura paura di perdere Takahiro. Non lo biasimai, a essere franco. Al mondo, per quanto le nostre menti siano avanti su molte cose, rimangono indietro per molte altre. Le persone vengono ancora oggi giudicate per delle frivolezze prive di reale significato, pure che siano davvero valenti del loro campo e nelle loro faccende. Usagi mi disse che aveva creato appunto per questo un alter ego. Se fosse uscita la notizia della sua omosessualità, la sua carriera e il suo amatissimo lavoro si sarebbero distrutte, e dato che scrivere era la sua unica passione ed era anche bravissimo, non voleva rischiare.
Mi si spezzò il cuore, ad ascoltare quelle parole, uscite da una bocca situata al centro della più sconsolata e depressa espressione che avessi mai visto. La vita di Usami  Akihiko descrittami da mio fratello..era una menzogna. Usami Akihiko, anzi Usagi, e la sua vera anima..non le conosceva anima viva.
Iniziai a frequentare quella casa molto spesso, in seguito, per via delle mie lezioni, e mi capitò quindi di passare molto tempo con Usagi. Era un elemento davvero singolare. Severo e implacabile, non aveva pietà per me, e mi incitava a dare il massimo in tutti i miei compiti e materie. Poi, chiusi i libri, diventava amabile  gentile. Era sempre un piacere starlo a sentire, però, in entrambi i casi. Era di una cultura vastissima, il suo linguaggio era chiaro e fluente, e i suoi modi..mi incantavano ogni volta.
E più io lo frequentavo, più mi chiedevo perché..perchè il mondo doveva essere cosi meschino? Io di certo non ero di quella parrocchia, ma reputavo Usagi un uomo assolutamente straordinario, e mi bruciava che una stupida cosa come la sua sessualità potesse comprometterlo agli occhi delle persone là fuori. Insomma, anche dopo quel tiro bieco, io non lo vedevo come un problema, anzi, sentivo che se fosse stato necessario, avrei difeso a spada tratta Usagi da chiunque venisse armato di male intenzioni dirette al suo indirizzo, senza remore alcuna. Una bella persona come lui viveva male..per degli stupidi pregiudizi! Non lo riuscivo a tollerare, mi infastidiva da morire..
Qualche tempo dopo, ebbi un ulteriore prova del dolore con cui quella meravigliosa creatura conviveva.
Mio fratello compiva gli anni, e io e Usagi organizzammo un piccolo party a sorpresa.  Ma la sorpresa venne da Takahiro, che rincasò portando con sé anche la sua ragazza. Fu una cosa che capitò in un istante. Alla sola vista di quella donna, mi prese un morso allo stomaco.
No..Usagi..la ragazza di takahiro..starà male, se la vede..non deve essere..non voglio..non lo permetto..
Ma con mia grande sorpresa, Usagi gestì la situazione con una maestria e una tranquillità che mi sconcertò. Era davvero così innamorato di mio fratello..da tacitare il suo cuore che, ero certo, in quel momento stava urlando in preda all’agonia?
Mio fratello, ignaro, osservò Usagi stringere elegantemente la mano alla sua ragazza, mentre io ero calmo di fuori, e tremavo di dentro. Poi, però, Takahiro sganciò la bomba nucleare, e lì non ci fu scampo per nessuno: Disse che aveva deciso..di sposare la sua fidanzata.
Mi voltai. Usagi era di pietra, spiazzato completamente. Io mi sentì morire per lui. Avevo voglia di vomitare: Dio, che dolore atroce deve sentire..no..non è giusto, cazzo!
“Che..che meraviglia, Takahiro..”
Lo sentì rispondere, e fui preso dalla disperazione. Che tono gentile, aveva usato..No, Usagi,no..
Impazzì. Biascicai che volevo bere dello champagne, e dissi che sarei andato al negozio. Mio fratello mi disse che non me lo avrebbero venduto, essendo minorenne, ma prima che potesse dire altro, io afferrai la mano di Usagi e me lo portai via. Via da quella casa, via da quel dolore..
Dopo qualche minuto di camminata frenetica, crollai davanti ad un lampione, e mi abbandonai alle lacrime. Ero devastato dalla tristezza. Non potevo sopportarlo, era un’infamia! Perché..chi aveva deciso tutto questo..Usagi..
“Perché fai così, piccolo Misaki?”
Mi voltai. Usagi era apparentemente sereno, e mi osservava. Che dolcezza, quello sguardo..
“Non..potevo..era..troppo..crudele!” boccheggiai, soffocato dai singhiozzi. “Tu lo ami, e lui fa questo..non..non  è giusto! Ho desiderato..ho desiderato di picchiarlo, giuro! Tu..tu non ti meriti di soffrire, Usagi!non voglio..non lo permetto,no!”
Ricordo come fosse ora quel mio pianto incessante, il male che sentivo dentro, come se quel torto l’avessi subito io in prima persona. E ricordo come fosse ora, la reazione di Usagi. Mi disse che ero un piagnone, e io rimbeccai che lo sapevo, ma che mi era impossibile smettere una volta che iniziavo a piangere. E lì, sotto la luce di quel lampione, Usagi trovò la soluzione per fermare le mie lacrime: per la prima volta, mi diede un bacio.
Fu la sensazione più strana e inaspettatamente piacevole mai provata in vita mia. Avevo già baciato, prima d’ora, ma non così. C’era qualcosa, in quel sapore, in quel tocco, in quel calore, di assolutamente unico nel suo genere. Mi sentivo un panetto di burro su un terrazzo estivo. Quelle mani.. quelle braccia..quelle labbra.. mi drogarono completamente, e persi il senso del mondo.
Poi dal nulla, una voce filtrò come un fantasma leggero in quel mio oblio.
“Ecco, hai smesso, visto?”
Mi aveva lasciato andare, ma era relativo. La mia mente vagava ancora per i suoi meandri. Ed era meraviglioso, come non lo era mai stato niente ai miei occhi.
Da quella notte, una per una, curai ogni ferita nel cuore di Usagi, e colmai ogni vuoto. Vedevo rifiorire quell’uomo fantastico tra le mie mani come un germoglio, e ben presto fu di nuovo la splendida pianta in fiore che volevo e che doveva essere. Era felice, forse davvero felice per la prima volta nella sua vita, e dava tutti i meriti a me. Io ero diventato il suo tesoro più grande, la ragione della sua vita, la metà della sua mela. Ma se lui era felice, io ero euforico. La felicità che provavo a vedere dissipate le ombre nei suoi occhi, le rughe sul suo viso era impagabile, mi sentivo completo. Ben presto, le nostre emozioni furono una: se io soffrivo, lui lo faceva di riflesso. Se ero felice, lui sorrideva estatico. Se mi arrabbiavo, lui si incupiva. Come ora.
Lo guardai. Era ancora lì in attesa di una risposta. Decisi di confessare, maledicendomi per la mia stupidità.
“La prima volta che sono venuto a casa tua. Quello che mi hai fatto dopo che ti ho urlato dietro di non infilare Takahiro nei tuoi romanzi..rosa, ecco. Quello che hai fatto.. per punire la mia linguaccia. Tutto qui..visto, è una cavolata, sono scemo!”
Mi accoccolai tra le sue braccia, remissivo e pentito. Oh Usagi perdono, perdono, perdono..
Lui rimase zitto per un po. Poi mi sollevò il mento e mi baciò. Uffa, ma perché fai così, sgridami, accidenti a te! Non me la far fare sempre franca..
“Misaki, io ti amo. Non so cosa succederebbe se dovessi perderti o se venissimo separati. Probabilmente metterei fine ai mie giorni, dato che essi hanno una ragione solo nella tua presenza la mio fianco. La mia vita è come un giardino, dove tu sei la pianta più bella, la più preziosa, guai se qualcuno si azzarda a torcerti anche solo mentalmente un capello, scorrerebbe il sangue..”
Oh dio Usagi.. perdono, perdono, perdono..
“Ma quella volta, però, mi hai fatto girare le palle di brutto, e ti sei meritato quello che è successo, e non hai nessun diritto di mettere bronci, né allora, né ora, né fra un altro secolo..E adesso, vediamo di sfrigolare qualcosa, che muoio di fame!”
Detto questo, mi fece slittare di nuovo sul divano, e si diresse allegro e fischiettante in cucina.
Oh Usagi..vendetta,vendetta,vendetta!!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** la malerba ***


“Allora, racconta, come ti vanno le cose? Lavoro, vita, amore?”
Quante volte, nella vita, una persona si ritrova davanti  a questa domanda? Sicuro come la morte, deve accadere almeno una volta o due.
Io, personalmente, la odio. Mi manda in una confusione allucinante.
Non è facile, caspita! Esistono decine di modi per rispondere, e devi stare bene attento a quali scegli, in base alla persona che hai davanti, sennò possono esserci conseguenze disastrose.
Tipo, se questa domanda te la fa un conoscente per strada così, per fare due chiacchiere, basta un comunissimo “tutto bene grazie, tu?” e hai tirato i remi in barca. Se te la fa però un caro amico che non vedevi da un secolo, è il caso di mettere più carte in tavola, sennò quello pensa che non ti va di parlare. E agli amici puoi dire pure cose magari un po idiote, tipo: bah, il lavoro è una schifezza, odio quel bastardo del mio capo..la vita va avanti , anche se è dura, e l’amore.. chi ha il tempo per quello? Meno male che esiste la birra, ad anestetizzare il tutto, va..” cose così, insomma.
Però una frase così non la puoi utilizzare che con gli amici. E se non fossero loro a chiedere..se fossero i tuoi a farlo?
Sai le risate se dicessi a tua madre che bevi per dimenticare il tuo capo bastardo, la vita schifosa e la mancanza d’amore? Come minimo le verrebbe un colpo..
No, alle madri tutto va detto e fatto con le pinze. A una madre che fa questa domanda, l’unica mossa saggia da fare è sgranare un sorriso e rispondere brevemente: “tutto bene, mamma, non preoccuparti.” E appena si presenza l’occasione, scappare a gambe levate.
A mio modesto parere, però, c’è una persona che ti fa davvero piacere quando chiede certe cose: un padre.
Oh loro si che sono dei lussi. I padri, specie coi figli maschi, sono sempre comprensivi, pure se dici cavolate, va tutto bene. Al padre se dici che hai il capo bastardo, lui ti risponde di infilarlo in un archivio e dargli fuoco. Se gli dici che la vita va avanti a calci nel sedere, lui risponde che è meglio dei calci nelle palle. E se gli dici che non hai tempo per l’amore, lui ti chiede se lo trovi almeno per il sesso. Comunque vada, non ti metterà mai sotto pressione, mai.
Beh per me che ho dovuto rinunciare ad un padre fin troppo presto, una figura sostitutiva è il fratello maggiore. E a me è andata pure di lusso con Takahiro.
Lui è da sempre la mia stella polare, la mia guida, il mio mito. Con lui non c’erano filtri, mi sfogavo e parlavo come e quando volevo, lui mi ascoltava e aiutava sempre. Non ho mai nascosto nulla a mio fratello, lui sapeva sempre tutto, di me..
Ecco, sapeva, appunto..
“Beh, non rispondi, Misaki?”
Mi riscossi dai miei pensieri. Takahiro mi guardava allegro, in attesa di risposta. E io non so come rispondere.
Beh, ovvio, credo. Il vecchio Misaki gli avrebbe risposto tranquillamente. Ma quello di adesso..come poteva?
Usagi Tirò una boccata dalla sua sigaretta e prese un sorso di tè freddo, senza guardarmi nemmeno con la coda dell’occhio. Che palle..nemmeno stavolta collabora, sai che sorpresa..
Beh, del tutto non lo biasimavo, aveva paura. Ne avevo anche io, lo capivo. Non era certo semplice, quella maledetta cosa, da dire. Specie a Takahiro.
“Misaki? Allora, come va al lavoro?” insistette Takahiro.
“Be..bene, dai..”
Ok, dovrebbe bastare..
“Mi fa piacere! Mi ha stupito alquanto questa tua iniziativa di diventare editore. Da dove ti è venuto il pallino dei libri? Non sei mai stato un amante della lettura, tu!”
“Ah..beh, a furia di stare pigiato sui testi scolastici, deve essermi venuto da solo, sto pallino..credo..”
Lo so che è una stupidaggine grande come una portaerei, ma che gli dico? Che mi è venuto perché volevo tutelare Usagi e il suo lavoro una volta che avesse dichiarato che stava con me? No, fuori questione..
“Capisco..e la vitaccia? Voglio dire, tra scuola e lavoro, sarai sfinito, no? non vorrei ti stressassi, fratellino.”
“Ah..ma va, no..sono giovane, non mi stanco mica per quisquiglie..”
In realtà, a volte ero così sfinito che mi scordavo di cenare. Ma con che faccia gli potevo dire che Usagi mi riempiva di cure, coccole e attenzioni per non farmi pesare nulla? Lo avrebbe preso per  uno strano, non sapendo come effettivamente stanno le cose..
“Ah ok, meno male..è l’amore? Mi sembra sia ora di trovare qualcuno, fratellino! Stai diventando un uomo, è più che giusto crearsi un futuro. No, Usagi?”
“Concordo in pieno..” rispose Usagi, masticando un biscotto e guardandomi in tralice.
Maledetto! Ci speri, eh, che il sacco lo vuoti io! Tsè, neanche morto..
“Ah boh..francamente non saprei..è che.. non mi sembra il momento. E poi.. ho altro per la testa, non avrei il tempo per coltivare..una relazione..”
Potrei sbagliare, ma ci fu un po troppa veemenza del secondo morso che Usagi diede al biscotto.
“Ma dai..non mi dire così, fratellino! Usagi, dammi una mano. Dì anche tu a Misaki che fa male a vivere così. Nella vita, avere accanto una persona da amare è fondamentale. Senza, che senso avrebbe? Solo lavoro e scuola..che tristezza! No, Misaki, insisto, devi trovarti una ragazza, fallo per me. Sarei sollevato se ti sapessi felice con la persona che ami accanto. Non ho ragione,Usagi?”
Usagi mise in bocca l’ultimo angolo di biscotto, si voltò verso di me e mi mise una mano sulla testa. Oh, ecco che scende in capo il premio oscar per il ruolo drammatico..
“Takahiro, non so quanto fiato avrò buttato a furia di ripeterglielo. Ma mi ascolta, secondo te? Ecco, ora che sai che anche Takahiro sarebbe felice se sapesse che stai accanto alla persona che ami e che sei felice..puoi agire tranquillamente..no?”
Usagi mi fissò eloquentemente. Ma gli specchi non ti sputano in faccia, quando ti ci rifletti, dannato ipocrita?
“No, non è il momento..” ringhiai.
Usagi mi carezzò la testa. Quando il diavolo accarezza,vuole l’anima, dicono..
“Ormai hai 23 anni, quanto vuoi aspettare ancora?” Insisté mio fratello. Mi voltai a guardarlo. Quell’espressione dolce mi accecava come un laser.
 “Non lo so, fratellone, ma per ora non mi sento pronto..”
“Io vorrei saperti felice,Misaki,  niente di più. E fammi contento..”
Che pressione..Usagi, aiutami..
 “Questo lo so, ma.. non è il momento, adesso..”
 “Sei adulto, ormai, sei padrone delle tue scelte..”
“Takahiro, non è il momento, basta!”
Mi ritrovai in piedi. Che bastardo, mi sentivo. Takahiro mi guardava spiazzato. Cristo, fosse una cosa facile da dire,me la sarei tolta da un pezzo, la grana. Ma era un abisso. Troppe erano le modalità di presa di coscienza, per andarci leggeri e far saltare tutto fuori dall’ oggi al domani. Poteva essere presa bene, presa male, o peggio..non essere presa affatto. Takahiro poteva esserne felice, poteva esserne arrabbiato, o peggio..poteva non accettarla e basta, non credendomi e magari deridendomi. E deridendo Usagi, che sapeva il cielo come avrebbe reagito alla cosa, dato il valore che aveva ancora mio fratello per lui
Lo guardai. Fissava il vuoto. No, odiavo quell’espressione. Sembrava assorto, ma la realtà era che provava vergogna. Vergogna per ciò che stava accadendo alla mia vita. Mi aveva messo, a suo parere, in una condizione di omertà, di censura, e a me non stava bene. Io non tacevo perché mi vergognavo. Tacevo per proteggere lui. La mia vita non ne avrebbe risentito granché, a tirare le somme: chi si sarebbe scomposto se uno studente universitario si fosse rivelato gay? Nessuno, non era mica uno scandalo, succedeva in continuazione. Nemmeno al lavoro avrebbero tirato su granché polvere. La segretaria del mio capo era masochista, lo sapevamo tutti, eppure io la vedevo prendere il caffè coi colleghi felice come una pasqua. Ma Usagi..no, lui era su un letto di chiodi. Una mossa falsa e lo avrebbero distrutto, al lavoro e nella sua vita privata. Al pensiero dello scandalo, dei paparazzi fuori dalla porta a seguirci dappertutto, del lavoro di una vita buttato in una manciata di secondi, mi saliva il vomito..
Ma quel che angosciava di più Usagi, lo sapevo, era Takahiro, la sua reazione. Sapere che ero gay già molto probabilmente lo avrebbe scioccato. Ma sapere che amavo Usagi, che Usagi a sua volta dunque lo era, e che  in passato lo aveva addirittura amato, poteva avere conseguenze imprevedibili. E poi, pensai, Usagi poteva addirittura temere un attacco diretto da parte di Takahiro, visto che io e Usagi ci eravamo messi insieme che ero ancora un ragazzino. Poteva benissimo reagire male, dicendo che Usagi era una mente malata che mi aveva traviato con le sue continue avance, che magari io non ero effettivamente innamorato di lui, ma solo vittima delle circostanze, preda di una sorta di “sindrome di Stoccolma” o robe simili. Non era assolutamente vero, ovviamente, ma nessuno poteva prevedere cosa avrebbe pensato mio fratello, davanti ai fatti compiuti. No, la cosa andava presa coi guanti da forno. Non si poteva sganciare la bomba e pregare dio che non ci fossero vittime, sarebbe stato da idioti. Ma questa situazione era esasperante. Spesso mi ero ritrovato supino nel mio letto, incapace di dormire a causa dell’ansia. Io non volevo vivere così, non era umano, per me. Io volevo solo poter stare con Usagi alla luce del sole, libero, senza remore o pensiero. Eppure persino il mio stesso fratello, la carne della mia carne, era un ostacolo. Mai nella vita, lo avrei pensato in quel ruolo. Forse non era nemmeno il mondo di Usagi il chiodo fisso puntato nel mio stomaco. Forse..era solo takahiro, la fonte delle mie notti bianche..
Mi passai una mano tra i capelli. Mi sentivo sfinito senza aver fatto nulla. Usagi taceva, ma la sua tristezza per me aveva come una sorta di odore, la sentivo a naso.
“Scusa, fratellone, ma per ora..per ora riguardo la mia vita sentimentale..non ho nulla da dire.”
Takahiro mi guardò stupito. Non era facile ingannare l’uomo che mi aveva cresciuto, mentirgli. Ma non avevo davvero altra scelta, per ora.
“Misaki..”
Mi prese le mani. No, ti prego, non complicarmi ancora le cose..
“Misaki, perché ti chiudi in te stesso? Lo sai che al mondo puoi nascondere tutto, ma a me non devi negare nulla. Io non ti giudicherei mai, qualsiasi siano le tue scelte. Non devi temermi, Misaki, mai. Se pensi che la donna che ai al tuo fianco potrebbe deludermi, ti sbagli. Nessuno, se riesce davvero a completarti, a renderti felice, a farti sentire bene al mondo, potrebbe mai dispiacermi, fratellino.”
Avvertivo le lacrime nascermi negli occhi, e presto niente le avrebbe trattenute. Takahiro.. magari fosse vero. D’istinto, mi voltai verso Usagi. E se..avessimo semplicemente rischiato?
Ma lui, con mio profondo sgomento, mi limitò a tirare fuori una sigaretta, ad accenderla e,senza guardare in faccia nessuno, mi mise una mano sulla testa e disse: “Misaki, temo si sia fatto tardi, dobbiamo andare..”
Detto, questo, si diresse verso l’ingresso, tirando boccate dalla sua sigaretta. Io non capivo. Cosa aveva, adesso?
“Usagi, ma che dici, è solo da un’ora che..” disse takahiro interdetto e confuso.
“Misaki ha un esame domani , molto difficile, ed è cedevole in quella materia, non vorrei mai. Sarei più tranquillo se ripassasse bene gli appunti ancora una volta. Perdonami, takahiro..”
Mio fratello sorrise sereno.
“Ah ok, chiaro. In questo caso, bisogna ascoltare il professorone, Misaki. Dai, sarà per un'altra volta. Ah ti avverto: non mollo sull’argomento “vita sentimentale”. Alla prossima, ti farò cantare. Non ho ragione, Usagi?
Usagi gli voltava le spalle. Vidi il fumo della sua sigaretta uscire in una nuvola grigiastra.
“Si, Takahiro, la prossima volta saprai ogni cosa..ne sono certo.
Mi senti un balzo nella pancia. Oddio.. ma cosa aveva deciso di fare?la prossima volta..cosa?
In macchina, Usagi non disse una parola. Io, seduto sul sedile anteriore accanto a lui, lo osservavo preoccupato. Nemmeno nei suoi momenti più cupi, avevo mai visto l’ombra nera che pareva essersi posata sul suo viso. Era un misto di ira sfumato di qualcosa di molto simile all’espressione che assume quando il medico ti dice che la persona che più ti è cara al mondo sta per essere troncata da un male incurabile. Non sapevo come fare, non lo avevo mai visto così. Però senza dubbio le sue parole dovevano centrare qualcosa. La prossima volta saprai tutto..aveva preso finalmente una decisione? E se cosi, cosa lo faceva adirare in quel modo, chiudendolo ermeticamente persino con me, con cui da sempre sapeva di potersi sfogare e aprire in tutta tranquillità?
Questo smosse in me una piccola coltre di coraggio sufficiente ad affrontarlo. Se aveva preso una decisione, reputai ovvio, io avrei dovuto essere coinvolto. Arrivammo casa, ed ero deciso più che mai a prenderlo a quattr’occhi, mentre lui continuava il suo mutismo. Usagi posò le chiavi sul tavolinetto accanto al telefono, slacciò il nodo alla cravatta, e la lasciò molle appollaiata sulle spalle, fece scattare il primo bottone della camicia sotto il collo e si sfilò la giacca, posandola piano su una sedia, sempre in silenzio. Io mi appoggiai al bancone della cucina, osservandolo e al contempo, radunando le parole per affrontarlo. Ma una volta messosi comodo, Usagi si diresse in pantofole verso il divano, vi si sedette e mi guardò. Non appena quegli occhi grigi incontrarono i miei, il cuore mi fece un piccolo balzo. Il velo nero era sparito. Ora rimanera quell’amara tristezza impotente, e al posto dell’ira, le sue labbra stirarono un timido sorriso carico però non di gioia, ma di quell’amarezza che riempiva i suoi occhi. Io immediatamente aprì bocca, ma lui allungò una mano, per invitarmi da lui.
“Veni qui, tu..” mormorò.
Io saltai giù dallo sgabello, e lo raggiunsi svelto. Mi sedetti accanto a lui, e Usagi prese le sue mani tra le mie, e le sfiorò con le labbra, come faceva sempre. Adorava le mie mani, l’aveva detto molte volte. Nemmeno immaginava quanto io invece amassi le sue, dato che non glie l’avevo mai detto.
“che cos’ hai?” chiesi, teso.
Lui sorrise un altro po. Ma ancora con tristezza.
“Misaki, molte volte nei miei incubi più nefasti ho avuto scorci di questo momento, brandelli di questo discorso, ma sono sempre stato capace di sopraffare gli eventi a mio vantaggio, e di rendere vane le mie paure, nulli i miei incubi. Tuttavia, in cuor mio sapevo che erano solo tacitate, non scomparse davvero, e che un giorno i fatti per come sono mi sarebbero venuti addosso come una parete di cemento armato. E quel giorno è arrivato oggi, Misaki..”
D’un tratto, tra le mie mani, avvertì un tremore nelle sue. Usagi..tremava? nono era capitato mai! Lo guardai, sconvolto. Ma che stava succedendo, per dio?!
Usagi, mi stai spaventando, ti avviso!” dissi concitato. Lui lasciò andare le mie mani, e mi afferrò il viso, le lunghe dita affondarono nei miei capelli.
“No, non devi avere paura, Misaki. Devi invece ascoltarmi e avere fiducia in me e nelle mie parole. Il mondo è come la punta di un diamante: freddo e tagliente, tuttavia meraviglioso, e nessuno dovrebbe rinunciarci. Tu sei un bocciolo di rosa che per troppo tempo è rimasto celato sotto una campana di vetro, senza mai sentire davvero il calore e il profumo di una vita vera. Per troppo tempo la mia ossessione per te ti ha incatenato alla mia persona senza darti modo di vivere la tua esistenza da uomo libero. Ti ho fatto vivere come l’usignolo dell’imperatore: legato al mio polso, ti permettevo di volare, ma la corda poi non ti permetteva di essere libero. E così non è giusto vivere, Misaki. L’usignolo va liberato, la rosa deve tornare in giardino..”
“E cioè? Non sto capendo nulla, Usagi, parla come mangi, e visto che mango quello che cucino io, parla semplice, per favore! Chi va liberato, chi è che è stato legato?”
Usagi lasciò scorrere una mano sulle mia guancia accalorata dalla rabbia. Era pura follia, non era serio..
“Tu, Misaki. Tu, che fin dai tuoi primi incespicati passetti nel mondo dei sentimenti umani, hai dovuto stare al mio fianco, invece di esplorare tutti gli orizzonti che il mondo ha da offrire. Le mie pretese e i miei capricci sono stati anelli di una catena che ti ha privato di tutto, ed è ora di prendere provvedimenti a riguardo. Non ce la faccio più a mentirmi, Misaki..”
Mi guardò. I suoi occhi stavano diventando piccoli, come se qualcosa gli irritasse. Ma non poteva essere. Usagi non era capace di..Non più, almeno, da quando aveva me..
Sospirai. Ah che razza di melodramma, santo cielo. Gli presi le mani, e sorrisi tranquillo.
“Usa-chan, che polverone stai tirando su? Ma guardalo..Catene, usignoli legati, rose prigioniere..ma che roba è? Ma io non mi ci vedo proprio, ma sei fuori? Ma tu dimmi..Una volta per tutte, io non sono prigionieri di queste mura e delle tue braccia, posso andare e venire come e quando credo! nessuno mi tiene qua. Non sono una damina prigioniera e non ho un grosso drago incazzoso al portone che mi fa flambé se metto il naso fuori. Tu non sei il mio carceriere, sei il mio ragazzo. Io non sto qui per le tue prepotenze o le tue pressioni. Io sto qui perché..”
Una mano sulla mia bocca. Usagi guardava fisso il divano.
“No..” mormorò. “Non dirlo, non un’altra parola, Misaki. Sto faticando come un crociato in battaglia per estrarre le parole, e tu non mi seminerai trappole sul cammino. Non importa quello che c’è stato, non importa cosa ti abbia spinto a ritrovarsi in una situazione in cui riesci a parlare così leggero di queste cose. Io so solo che tempo fa non lo facevi. Tempo fa ti ribellavi, quando ti prendevo con la forza. Tempo fa sbiancavi e mi fissavi impietrito..anche solo se ti baciavo, e io so che è ancora nel tuo cuore quel sentimento di paura..quel sentimento di disgusto..”
“NO!” urlai, e saltai in piedi come una furia. “NON TI DO ASSOLUTAMENTE IL PERMESSO DÌ DIRE O PENSARE UNA COSA SIMILE! TU NON MI HAI MAI FATTO SCHIFO, CHIARO? IO NON HO MAI DETTO IN VITA MIA CHE MI FACEVANO SCHIFO QUELLI COME NOI..”
“TU NON SEI COME NOI, MISAKI!”
La sua furia sovrastò la mia. Io indietreggia, allibito e sconvolto. Era assurdo, surreale quello che stava accadendo. Usagi respirava a fondo, come un toro pronto alla cornata.
“Tu..tu non sei gay, Misaki, capiscilo! sei solo..hai solo la testa piena della..della spazzatura che ci mosso dentro io, ecco tutto! Non sai nemmeno tu che sei, ed è tutta colpa mia, cazzo..”
Scossi la testa, disorientato. Ma vaneggiava?!
“Ma..ma che diavolo dici, Io non sarei gay? Ma sei scemo o cosa? Certo che sono gay, altrimenti non ci vorrei venire a letto con te, no? cosa sono, cretino, secondo te? Vado con un uomo, ci vivo insieme e gli dono il mio cuore così, perché non ho niente di meglio da fare e in tv non davano nulla? Ma devi aver inalato qualche gas, caro mio. Per quanto ti ingrippino il cervello a furia di pressioni e altre cose varie, uno non finisce mica per diventare gay! Casomai finisce per ammazzarsi, o per far fuori quello che gli fa pressione, ma non cambia dall’oggi al domani la sua sessualità. Io non ho deciso di diventare gay perché tu mi rompevi le scatole, lo sono diventato perché mi sono reso conto di amarti! Perché mi sono reso conto che lontano da te mangiavo sciapo, pativo il freddo al sole e tutto aveva lo stesso schifoso colore grigio! Stavo bene solo se c’eri tu! Che diavolo di pressione fa venire simili stati d’animo, eh? E non mi dire la sindrome di Stoccolma perché ti tiro una scarpa in testa! Tu non mi hai fatto prigioniero..tu mi hai reso libero, Usagi. Libero di capire che l’amore vero esiste, libero di esprimermi per quello che sono. Libero di essere me in tutte le mie sfaccettature e difetti. Il mondo? E chi lo vuole..tu sei il mio mondo, Usagi!”
Usagi rimase lì a fissarmi per tutto il tempo, senza emettere un fiato. Quando crollai sfatto sul divano, sicuro di aver ricacciato nei loro cassetti quei mefitici pensieri, lui si limitò a girarmi le spalle, a prendere dalla giaccia il pacchetto di sigarette e ad estrarne una per poi portarla alla bocca, bella accesa e ardente.
“Non approfittare del momento, lo sai che non voglio che fumi in casa, che le tende poi puzzano..”
“Vai a letto con una donna.”
Boom. Una palla demolitrice in caduta libera avrebbe avuto l’effetto di un petalo a confronto di quella bastonata. Mi tirai su dal divano, mezzo rimbambito.
“Eh?” esalai, la gola come una felpa.
Usagi tirò una boccata alla sigaretta, e si voltò a guardarmi. Arroganza..era una maschera di sfida e arroganza. La faccia che aveva la mattina in cui mi aveva giocato quel tiro mancino in camera sua. La faccia che usava quando l’editore riteneva di essere abbastanza bravo da modificare le stesure dei suoi romanzi. La faccia che in genere, non ne da vinta una.
“Mi hai sentito. Vai a letto con una donna, e poi ne riparliamo. Vediamo se dopo avrai ancora voglia di ribattere. Vediamo se mi parlerai ancora di sciapo, freddo e di grigio..”
Io lo guardai. Era impazzito, senza dubbio.
“Ma..ma io non voglio andare a letto con una donna!” protestai.
“E invece si che lo vuoi. Avanti, vuoi dirmi che non ti ha mai neanche attraversato l’anticamera del cervello neanche una volta un idea simile? Persino a me è capitato, pensa..”
“Problema tuo, a me non va per niente. Uno, sarebbe tradirti, e la cosa mi è ributtante, lo sai che non tollero i tradimenti, la vedo come mancanza di rispetto. Secondo, proprio ora parli di pressioni, e ora mi ordini di andare con una donna? Cos’hai, la doppia personalità?
“Basta..” mormorò gelido. Mi venne vicino. Sembrava un pazzo. L’arroganza teneva ancora duro, ma sembrava non respirasse o cose simile. Era paonazzo.
“Tu andrai a letto con una donna, non ha importanza come e chi, lo farai e basta. Sono certo che ci sono ragazze a scuola o al lavoro che sarebbero disposte a uscire con te, col faccino e il carattere amabili che ti ritrovi. Non lo vedrò come un tradimento, visto che piloto io la cosa. Se come penso non sei gay, una volta partito, non varcherai nemmeno più la soglia di questa casa, visto che, se ho ragione io, la sola idea della mia persona di provocherà la nausea. Se poi mi sbaglio, ma non credo, comunque non vorrai rivedermi perché, lo so per certo conoscendo la tua etica personale, ti etichetteresti come un fedifrago e non avresti il coraggio di tornare da me. Una via o l’altra, non mi fa differenza. L’importante è che tu stia lontano da me, da questa casa e da ciò che rappresentiamo nella tua mente. Detto questo, ti autorizzo ad andare dove credi quando credi, Misaki. Legami con me..non ne esistono più. Vedrai, una volta usciti dal tunnel, quanto più leggera sarà la tua vita. Persino con takahiro non dovrai più avere segreti. Il mondo ti avrà per come è giusto che tu sia, e ne sarai felice, dammi retta.
Mi fece un breve cenno, e mi voltò le spalle, per dirigersi in camera sua.
Io ero di pietra. Mi aveva..mi aveva lasciato?!
“Usagi..” mormorai rauco. “Mi stai..mi stai lasciando, per caso?non non riesco a capirlo..”
Usai si fermò, e rise piano, una risata senza felicità, come quella di un robot.
“Non siamo mai stati veramente insieme, Misaki. Quindi no, direi proprio di no. Buonanotte.”
 Entrò nella sua stanza, e chiuse la porta. Io non raggiunsi nemmeno il divano: crollai in mezzo alla stanza, in ginocchio.
Un incubo. Uno strano e contorto incubo. Carponi sul pavimento, sentivo una stanchezza estranea invadermi tutto. Non potevo crederci..Usagi..
..Tu andrai a letto con una donna..
Ma che idea assurda!
..E’ successo anche a me, pensa..
Beh, chi se ne frega, io non voglio!
..Non dirmi che non ti ha mai neanche attraversato l’anticamera del cervello neanche una volta un idea simile?..
Crollai supino. Era vero. Non concepivo come lui sapesse, ma era vero. Giusto la notte prima..la malerba..quel pensiero..era esattamente quello.
Non so cosa lo abbia scaturito del mio inconscio, ma era capitato, me lo ero chiesto: Ma cosa proverei..se andassi a letto con qualcuno che non sia Usagi?
Beh, era già capitato che altri uomini mi facessero delle avance. Come quel sempai, che mi portò pure a casa sua, e che per poco non mi prese con la forza mentre ero svenuto. Meno male che il tempestivo intervento di Usagi aveva messo fine alla cosa sul nascere. Tuttavia in quei pochi istanti, avevo capito comunque: Non volevo il sempai perché era un ragazzo: non lo volevo perché non era Usagi.
In seguito, anche il fratello maggiore di Usagi, Haruhiko, ci provò con me. Che brutti momenti..ci misi un secolo a persuaderlo, e un altro secolo a svuotarmi la casa dai suoi regalini. Ma nemmeno con qualcosa di così simile a Usagi; però, cedetti. No, io volevo solo Usagi, nient’altro.
Però una donna..una donna non era mai venuta da me. Sarà che ormai all’università era abbastanza palese che fossi gay. Oppure perché semplicemente non davo spunti, essendolo. Ora che riflettevo, non mi era mai capitato di guardare una ragazza come fanno normalmente gli uomini: il sedere, il petto, le gambe..
“Ma cazzo, sono gay, è ovvio!” dissi ad alta voce, scocciato.
Si, era così. Non le guardavo perché non ne avevo voglia. Non ne sentivo la voglia, per meglio dire. Ero indifferente. Invece il corpo di Usagi lo guardavo, eccome. Le sue mani, le sue spalle, il suo viso..e si, a volte pure il suo sedere, lo ammetto!
Sorrisi tra me e me. Come potevo non essere gay, che assurdità.
Mi rimisi a sedere. Guardai la porta di Usagi, e un peso mi scivolò nello stomaco. Perché mi faceva questo?
Perché voleva distruggere tutto quello che insieme avevamo costruito?
Mi rattristai. Non mi amava più? Non osavo pensarlo. L’idea mi gelava anche la pelle. Lui era tutto per me. Non volevo separarmene. Perché, Usagi..perchè?
Mangiai di malavoglia un onigiri preso dal frigo, e mi fece venire la nausea. Affranto, mi recai in camera mia. Nel buio, afferrai forte il cuscino e mi ci avvinsi, triste e confuso, e mi appoggiai al muro con la schiena. Mi sentivo sperso, in un letto che mai era sembrato cosi ampio. Volente o nolente, lui aveva deciso, e da come aveva messo le cose, io avevo ben poco da fare. L’unica era dimostrare che sbagliava. Avrei obbedito? Forse, ma solo per sbattergli in faccia la mia vittoria, la vittoria del mio amore per lui. Si, l’avrei fatto. Tanto non mi costava nulla, se ero leggero dal senso di colpa. E dato che mi ci aveva spinto lui, lo ero al 100%.
Rabbioso e ferito, afferrai il telefono. Mentre ero lì che mi leccavo le ferite, mi era corso alla mente un nome. Mi ero sbagliato: una donna, una volta, c’era stata. E aveva pure detto di amarmi..
“Pronto?” sentì una voce assonnata rispondere..
“Sono Misaki, scusa l’ora. Devo chiederti una cosa..”
Svelto, le raccontai l’accaduto. Lei rimase in silenzio, tanto che temetti si fosse riaddormentata. Ma alla fine, rispose bella pimpante.
“Capito. Beh che dire, è impazzito senza dubbio. Però ormai la frittata l’ha fatta, quindi si prenda le sue responsabilità. Misaki, lo sai che cosa provo per te, no?”
“E quindi?” chiesi.
“.. neanche da chiedere, ci sto in pieno!” rispose, allegra.
Io sospirai. Non ero felice per niente, ma almeno ero in buone mani.
“Bene, vengo da te domani. Usagi..Usagi ha detto che posso andarmene quando credo..”
Mi si annodò la gola. Sentivo le lacrime farsi strada. Ero ansioso di riagganciare.
“Oh Misaki, tranquillo, su, andrà tutto bene. Akihiko ti ama alla follia, vedrai che non faremo neanche in tempo a stare un po insieme che mi piomberà in casa e ti riporterà al tuo posto!”
Io sospirai.
“Lo spero..”
“Si, si, vedrai che è così. A domani mattina allora. Buonanotte, Misaki.”
“Si, a domani: Buonanotte, e grazie di tutto cuore..Kaoruko-chan”.
Riagganciai, e affondai il viso nel cuscino, mentre il pianto ormai era inevitabile. Mentre poco dopo, però ero sul punto, ormai stremato, di addormentarmi, mi parve che il mio respiro affannoso e i miei singhiozzi, avessero una sorta di eco. Un eco che veniva dalla stanza accanto alla mia.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Il coniglio ***


Pioggia.
Bel modo di darmi il buongiorno, se ancora poteva essere chiamato cosi, aveva scelto il tempo. Fuori dalla finestra del più brutto giorno della mia vita, come ciliegina sulla torna, scendeva incessante e rabbioso un acquazzone fuori stagione da record. Il cielo era grigio come il fumo delle ciminiere, fulmini squarciavano le nuvole con una violenza inaudita e tuoni assordanti andavano rimbombando per la casa, in cui regnava un silenzio che feriva nell’anima.
Sembrava di stare in tutt’altro appartamento, quella mattina, mentre quasi catatonico andavo sistemando lento e meccanico i vestiti nel borsone. Non si sentiva volare una mosca, escluso il caos del temporale. I consueti rumori che rendevano vive quelle quattro mura sembravano figli di un era passata, un ricordo lontano, una memoria dimenticata.
Persino i colori sembravano essersi sbiaditi. Sembrava tutto dello stesso colore, attorno a me. Come un vecchio, malinconico film muto.
Feci scattare la serratura della valigia, e ci posai le mani sopra, fissando il vuoto davanti a me. Mi sentivo uno schifo. Ero sveglio da ore, prima ancora che sorgesse il sole, ma ero poco sicuro di essermi realmente addormentato, quella notte. Ricordo di aver chiuso gli occhi, di aver visto calare l’oscurità, ma non ricordo di aver dormito. Eppure non mi sentivo stanco o assonnato. Come pure non sentivo la fame, o la sete, o il freddo. La, in piedi davanti al mio letto, non ero nemmeno più certo di essere ancora vivo..
“Cucciolo, hai fatto? Il taxi è qua..”
Mi voltai. Kaoruko stava sulla soglia, le braccia conserte, i capelli un po umidi e increspati dalla pioggia, il viso teso e preoccupato. Annui.
Lei annui a sua volta, prese la mia valigia, ne sfilò il manico estensibile, prese la mia mano e trascino entrambi verso l’uscita. Davanti alla porta, però, le mie dita strette nelle sue, esitarono appena. Lei mi guardò.
“Va tutto bene, penserò io a tutto, adesso. Tranquillo..” mormorò dolce.
Io la guardai. Che strana nota metallica avevano assunto i suoni. La sua voce sembrava venire da dentro una grotta..
Poi, mentre Kaoruko spingeva me e la valigia nella atrio, alle mie spalle sentì un suono. Lieve, appena percettibile, ma non mi sfuggì.
Mi voltai cosi velocemente che mi schioccò il collo. Lo afferrai con le mano, dolorante, ma puntai gli occhi verso le scale del piano di sopra. Era lì? era in casa?
“Misaki, il collo! Dio..”
Kaoruko prese a massaggiarmi le spalle, osservandomi sconcertata. Poi, prese a guardare nella mia direzione, e parve cogliere il motivo del mio gesto.
“Oh, non mi dire che..Akihiko? sei tu, Akihiko? Non mi dire che.. hai avuto la sfacciataggine, dopo la genialata di dirgli tutte quelle boiate e di mandarlo via, di rimanere anche in casa oggi, che sapevi che lui sarebbe  venuto a stare da me, eh? Oh non me lo dire, Akihiko,non me lo dire..”
Mi piantò lì sul uscio di casa e caricò come un soldato verso le scale, il bel kimono floreale che svolazzava nell’aria, alla ricerca. La senti spalancare ogni porta o finestra del piano di sopra. Poco dopo,  riapparve, un po scomposta ma decisamente meno irritata.
“Meno male, ha conservato un minimo di decenza e se ne è andato..lo avrei fatto a pezzettini, se si fosse rintanato in casa da qualche parte a guardarti andare via. Fortunatamente, o sfortunatamente non saprei dire, quell’uomo ha un ego che fa stato indipendente, per cui direi che era poco probabile. E io che ci avevo quasi..beh, fa niente. Su, cucciolo, il tassametro fila e il mio portafoglio dimagrisce. E col quel diluvio, a piedi sarebbe un suicidio.
Mi prese di nuovo la mano, ma mentre uscivamo definitivamente da casa Usami, non potei non notare qualche fugace occhiata alle scale, l’aria desolata sul suo bel visino da bambola kokeshi.
Nel taxi, probabilmente nel tentativo di distrarmi dai miei pensieri, prese a rimbambirmi di chiacchiere sulla sua scuola di cucina, sui suoi insegnanti francesi che le davano il tormento e sulle sue creazioni e catastrofi culinarie. Io si e no captai qualche frase qui e la in quella conversazione. La mia mente era alla deriva..
Era davvero finita, ero uscito da quella casa per sempre. Le altre volte che era capitato di litigare e di far volare qualche minaccia di abbandono dell’appartamento da parte mia, lui non mi aveva mai lasciato nemmeno finire di dirla, una frase simile. Era sempre intervenuto prontamente tappandomi la bocca e supplicando perdono. Lo terrorizzava, la sola idea che me ne andassi. Io sapendolo, raramente lo minacciavo di andarmene. Anzi, quasi mai. Se succedeva, era perché ero davvero al limite della sopportazione. Ma già mentre mettevo in piedi l’ipotesi, pregavo che lui venisse a smontarla. E succedeva sempre. Era per questo che capitava che la usassi.. perché sapevo che sarebbero finite le liti: se Usagi mi sentiva dire che me ne volevo andare, veniva sempre da me a fare pace, sempre. E lo faceva come solo lui al mondo era capace di fare. Lui veniva verso di me, con quello sguardo triste e spaventato allo stesso tempo, uno sguardo che su un volto sempre composto e serio come il suo, ti disarma al massimo. Poi, mi posava una mano sulla bocca, per impedire che quelle parole da lui tanto detestate uscissero e diventassero vere. In un certo senso, credo, nella sua testa finché non riuscivo a completare la frase ME NE VADO DA QUESTA CASA, il pensiero non era da ritenersi valido, era nullo. E non ricordo una volta in cui me l’abbia lasciata finire. Chiuso per sempre nella mia bocca quel pensiero, mi prendeva e mi serrava tra le sue grandi braccia, e mi faceva sprofondare nel suo largo petto. E lì, mentre respiravo a pieni polmoni il suo odore, lui mi mormorava piano all’orecchio: No, non lo dire..ti prego, perdonami, Misaki..lascia stare e dimentica tutto..troveremo una soluzione, vedrai..
Lasciamo stare tutto. Dimentichiamo tutto..troveremo una soluzione..
Le gocce di pioggia correvano lungo il finestrino del taxi, mentre nella mia mente, la voce di Usagi andava scandendo a disco rotto queste parole.  E adesso, mi chiesi, come lasceremo stare? Come dimenticheremo? Dove troveremo, la soluzione. Mi hai lasciato finire la frase che tanto odiavi, Usagi. No, peggio ancora..l’hai detta tu.
Kaoruko fece portare su nel suo appartamentino i miei bagagli, diede la mancia a tassista, e mi accompagno in salotto. Lì, mi accasciai sul bel divano, tra i cuscini ricoperti di pizzo, fradicio e assente. Lei mi raggiunse poco dopo, armata di asciugamani. Senti un profumo di ammorbidente invadermi il naso, mentre con forza, Kaoruko mi frizionava la testa per asciugarmi i capelli. Poi prese  a tamponarmi anche il viso, mi tolse la camicia e i pantaloni bagnati, e mi infilò dentro ad un enorme maglione e a dei pantaloni di un pigiama.  A stento avvertì il cambio di temperatura.
Kaoruko sospirò.
“Più che la tua amante, sembro tua madre. Ma neanche penso, io. Lei non ha più potuto vestirti che eri ancora piccolo, pace alla sua anima. Però non credo lo avrebbe fatto da adulto, no? ti avrebbe mollato un bel calcio, e ti saresti vestito a razzo, secondo me..”
Si abbandonò ad una breve risata. Io non feci una piega. Mi sembra va di aver dimenticato come si faceva a muovere i muscoli del viso..
Kaoruko smise di ridere e tossicchiò imbarazzata. Poi mi venne vicino, e mi prese le mani.
“Misaki..oh per l’amor del cielo..Misaki, guardami per piacere!”
Come mosso da ingranaggi, girai il collo verso di lei, e la guardai. Aveva in volto un espressione di esasperata preoccupazione. In cuor mio trovavo ingiusto che quella poverina si desse tanta pena per me, che si preoccupasse tanto. Ma non riuscivo, neanche volendo, a reagire. Ero affondato nella disperazione, ed erano acque troppo fonde e fangose per uscirne..
Lei però parve riprendersi, e assunse uno sguardo deciso.
“Misaki..ascoltami bene, io conosco Akihiko..”
La mia schiena fu pervasa da un brivido quasi doloroso. Una stilettata in mezzo alle scapole, il suono di quel nome nelle mie orecchie. Il trapano di un dentista..
“Misaki, ascoltami, ho detto! Io lo conosco bene, lo conosco come nessuno che porti il sangue degli Usami lo conosce. E nemmeno tra i suoi più cari amici, credo, esiste qualcuno che lo abbia letto nel profondo come me.  E’ uno degli uomini più forti che abbia mai visto ma, anche se può sembrare contraddittorio da parte mia dirlo, è anche uno degli uomini più fragili al mondo. Si, Misaki, credimi. Tanta è la furia con cui sbriciola ogni nemico o ostacolo sul suo cammino, tanta è la facilità con cui lui stesso può essere sbriciolato. Per cosa credi che gli sia sempre rimasta accanto, eh? Avevo paura che qualcuno lo capisse. Per questo, Misaki, esiste la facciata che tu stesso hai avuto occasione di vedere. Il falso io creato da lui stesso per disseminare indizi fasulli sulla sua persona, in modo che nessuno, alla fin fine, riesca mai a carpire il suo vero io.
Ma Akihiko sapeva che non poteva essere definita vita, quella.. e lo sapevo anche io..”
Il falso io..Certo che l’avevo visto. E ne ero rimasto a dir poco devastato. Usagi, una volta accesi i riflettori e puntati bene gli occhi di tutti su di lui, cambia personalità. Si, Usagi Akihiko, per il mondo altri non è che l’algido scrittore latin lover e milionario, che dissemina sul suo cammino cuori spezzati e ammiratrici ammaliate, ma che tuttavia rimane impenetrabile e misterioso, come una stella nel firmamento, splendente ma inavvicinabile. La prima volta che mi ritrovai chic to chic con questo Usagi, per poco non stramazzai al suolo per lo shock. Pensai che niente di quello che avo fosse autentico. Pensai che tutto quello intorno a cui ruotava la mia vita fosse un’allucinazione, una Fata Morgana. Pensai che niente di quello che avevo fosse vero, che niente di tutto quello che mi aveva detto lo fosse. Il suo amore, le sue attenzioni, i suoi sentimenti..tutto finto.
Poi però, grazie al cielo, tutto mi era stato spiegato, ed avevo compreso una grande verità: io ero l’unico al mondo, che poteva affermare nel vero, di conoscere Usami Akihiko. Ancora ora ricordo la gioia che mi pervase, nel saperlo. E’ un po malinconica, come realtà. Un essere umano ridotto a creare un se stesso fittizio da mandare in giro per il mondo, senza mai dare il vero se stesso a nessuno, lasciandolo mantecare dentro al cuore, tacitato e sofferente, è uno strazio da non augurare a nessuno. Però mi rincuorava molto l’idea che Usagi non avesse più necessità di tacitarsi, dato che aveva me. Poteva fingersi chi voleva col mondo falso e ipocrita la fuori che di lui voleva solo una faccia. Ma con me..lui era se stesso, e lo era con tutto il cuore e con tutta l’anima. E questo mi rendeva felice..felice oltre ogni possibile immaginazione.
“Per questo, Misaki” continuò Kaoruko “Quando ho saputo di te, sono venuta a conoscerti e ho visto il modo in cui Akihiko riusciva ad essere cosi spontaneo e libero con te, mi sono tranquillizzata e ti ho approvato. Ero al settimo cielo per mio cugino, finalmente le sbarre di quella prigione che si era costruito erano state forzate, e l’uccellino che è la sua anima ha potuto finalmente volare libero per il cielo della sua vita. Tu sei stato un regalo del cielo, Misaki, la più grande gioia di Akihiko, il suo più grande tesoro, qualcosa che lui nella vita pensava gli fosse stato negato per sempre..”
“E ALLORA PECHE’ MI HA GETTATO VIA!?”
Non so nemmeno io da dove, ma prima che riuscissi a metterle un freno, un’insana ondata di rabbia furente era eruttata in me. Kaoruko mi guardo spiazzata, mentre le ribollivo letteralmente davanti.
“Che diavolo credi, che a me la vita sia andata di lusso?eh, credi questo? Io ho passato l’infanzia masticato vivo dal dolore! Mia madre e mio padre mi sono stati strappati dalle mani prima ancora che potessi rendermi conto di cosa voleva dire essere loro figlio. Mio fratello ha dovuto sopprimere la sua vita di studente per dedicarsi a me, distruggendo il suo futuro! Per anni, non ho fatto altro che cercare di galleggiare in una società che mi faceva sentire fuori posto, sempre con tarlo del rimorso che mi rodeva la coscienza! Pensavo a mio fratello, ai continui sacrifici che faceva, e in cuor mio mi spronavo a dare il massimo per dargli almeno la soddisfazione di non aver allevato un fallito. E poi, proprio quando le nostre vite finalmente iniziavano a prendere la piega giusta, quando la vita di mio fratello iniziava a diventare quello che lui si meritava di avere..è spuntato lui!”
Presi fiato. Mi sentivo la febbre, e forse l’avevo, ma non riuscivo a calmare quell’efflusso di rabbia..
“Usagi è spuntato dal nulla, ribaltando completamente la situazione. Prima ancora che me ne accorgessi, il mio cuore si era legato al suo, e prima ancora che me ne accorgessi mi è stato impossibile separarmi da lui! Potevo decidere di ignorare quello che sentivo, ma non l’ho fatto, sapendo perfettamente che questo avrebbe come minimo ucciso mio fratello,c he da sempre sognava un futuro molto diverso da quello che avevo scelti per me. Eppure non ho mollato..eppure sono rimasto con Usagi, remando contro ad ogni buon senso. Ho permesso che i sentimenti per lui dilagassero dentro di me come un veleno, un dolce e  meraviglioso veleno da cui non avevo intenzione di difendermi, e che alla lunga mi ha infettato anche l’anima. Ed ero l’essere più felice del mondo, per questo. Usagi si sentiva completato da me? si sentiva libero di dare la sua anima e il suo vero io a me? Anche io, cazzo!”
Caddi in ginocchio davanti ad una frastornata Kaoruko.
“Nessuno lo ha mai saputo, ma anche io non ho mai dato il vero me al mondo. Ma non perché come Usagi, ero impossibilitato per colpa degli scandali. Io non lo facevo perché..perchè non reputavo fosse giusto, ecco!”
Era una cosa che non era uscita mai fuori. A stento credevo alle mie orecchie, mentre parlavo.
“Io non valevo niente, a mio modesto parere. Io ero solo lo strumento di mio fratello per la sua disfatta. Io ero vivo solo per vendicare il futuro rovinato di takahiro, solo a questo servivo. L’idea di avere una mia vita, una mia indipendenza..nemmeno mi toccavano. Poi però, quella sera, ho ceduto..
Quella sera, davanti a quegli occhi bugiardi che sorridevano alla notizia del matrimonio di mio fratello, mentre in realtà quasi mi vederli bruciare di dolore, ho mollato le redini e ho ceduto la parola al mio cuore per la prima volta in tutta la mia vita. E il mio cuore ha sferrato un pungo al muro, ha preso Usagi e lo ha trascinato per la strada, lontano da quello straziante spettacolo. E quella sera, sotto la neve, quella notte, illuminato da un lampione, davanti ad un uomo che conoscevo appena, il mio cuore ha fatto sentire forte e chiaro la sua voce, riversandola bollente sulle mie guance in forma di lacrime.
E quella sera, se non mi sbaglio, penso che anche Usagi, dopo anni di silenzio, abbia permesso al suo cuore di dire la sua. E guarda caso, ha parlato nella stessa lingua in cui lo ha fatto il mio..”
Mi presi il viso con le mani. Tremavano, ed erano bollenti.
“Dopo quella sera, giorno dopo giorno, tutta la mia esistenza ha preso la sua forma. Tutto il mio mondo aveva il suo viso, tutto il mio amore aveva il suo nome. Ed ero certo, fino a pochi giorni fa, che la sua esistenza, il suo mondo e il suo amore..fossi io. Che scemo, eh?”
Kaoruko mi si gettò davanti, in lacrime.
“No, Misaki, è vero, non sei affatto scemo! Tu sei il suo mondo, la ragione della sua vita, mi devi credere..”
“Non ha alzato obiezioni di nessun genere, Kaoruko! Ha messo in piedi quella ridicola teoria sul fatto che io non sia affatto gay, ma semplicemente schiavo delle sue pressioni! E quando ha saputo che avevo deciso di abbonarmi al suo credo, e di provare ad imbastire una relazione con te che sapevo essere in qualche modo innamorata di me..LUI NON HA DETTO NIENTE!”
Picchiai con forza i pugni a terra, in presa alla disperazione.
“non ha cercato di farmi cambiare idea, non ha cercato di scusarsi, di disfare ciò che lui stesso aveva creato, la sua assurda teoria..e mi ha lasciato andare..”
“Ha paura, Misaki! Il peso dello scandalo che cadrebbe sulla tua vita se si sapesse..lo terrorizza a morte! Takahiro..lui ha sempre avuto il terrore di deluderlo o di perderlo in qualche maniera. Credimi, ha combattuto in maniera immane contro se stesso, quando ha deciso di innamorarsi di te, di lasciarsi innamorare di te. Farlo significata sfidare la sorte, giocando il tutto per tutto: il suo amore per te e la sua amicizia con Takahiro. Per un po, ha gestito il tutto magistralmente, ma  col tempo ogni volta che si ritrovava davanti al problema, gli sembrava  sempre più grande e meno facile da gestire. Io in cuor mio sapevo che alla fine avrebbe ceduto alle sue paure..ed è successo.”
Io la guardai, sconvolto e amareggiato. Sentivo la rabbia che lenta soprafaceva la ragione..
“Takahiro..il mio fratellone..lui gli faceva tanta paura..il suo giudizio..”
Preso Kaoruko e la aiutai a risedersi sul divano. Le sedetti accanto, e le presi le mani. Della mia ragione, ormai, non avvertivo più neanche la presenza, ero completamente senza controllo.
“Beh..facciamo una bella cosa, Kaoruko-chan..togliamo via i pensieri brutti dalla mente del mio amato fratello, e diamogli quello che da sempre desidera per me: un futuro. Di recente, ha preso spesso a chiedermi se ho tirato su un po gli standard della mia vita sentimentale. Sfortunatamente, non ho mai potuto rispondere in maniera decente. Sai com’è..”
“Si, certo, immagino..” rispose lei, osservandomi preoccupata.
“Ecco..però adesso io sto con te, no? e una relazione con te non esiste motivo per nasconderla, no?”
Ero consapevole che in faccia non dovevo avere la più sana delle espressioni. Però Kaoruko, sebbene visibilmente allarmata, riacquistò al volo autocontrollo e rispose a tono.
“No, non ne vedo motivo alcuno, tesoro..”
Io annui.
“Bene.. e visto che il signorino ha voluto questo, che gli venga dato, dunque! Magari salta fuori che ha ragione, chi può dirlo? Effettivamente..io non ho mai avuto una ragazza, non posso sapere come sia..”
Kaoruko sorrise e annui.
“Tutto sta nel provare. Sarà preda di gongolante soddisfazione, il mio amato cugino, se salta fuori che aveva ragione..”
“Si..e mio fratello sarà felice..”
Detto questo, nella mia mente nacque un pensiero: e se avesse effettivamente ragione?
Tornai a quella notte, quando l’idea mi aveva sfiorato per la prima volta, quando era nato come la malerba nel mio bel giardino immacolato: chissà come sarebbe..andare a letto con qualcuno che non sia Usagi..
Le ragazze..forse avevo davvero rinunciato a loro troppo facilmente. Usagi..sempre e solo lui, avevo voluto. Ma ora non c’era più niente, nulla mi fermava.
 Mi voltai verso Kaoruko, cosi carina nel suo bel kimono nero a fiori viola, con quei capelli lunghi e lisci profumati di vaniglia, quella pelle candida e morbida..
Mi avvicinai, e lei arrossi leggermente.
“Solo se lo vuoi anche tu..” mormorai.
Lei mi guardò fisso, poi annui. Io le sorrisi. Buffo..un tempo quello che arrossiva e annuiva..ero io.
Mi avvicinai piano a le, che rimase immobile, protendendosi leggermente verso di me. La sua bocca era a poca distanza dalla mia. Sentivo l’aroma di frutta del suo lucidalabbra.
Bene, entro pochi istanti, avrei baciato e avrei avuto una ragazza per la prima volta. Mai, mai nella vita, un’idea mi era stata cosi poco gradita..
Ma andava fatto, era giusto. Takahiro sarebbe stato felice. La vita sarebbe tornata ad essere normale. Normale per il mondo, normale per mio fratello. E forse, col tempo, normale anche per me..
La mia bocca si posò su quelle labbra al sapore di ciliegia. Attesi, avvertendo il calore e il fremito di quel bacio..ma non provai assolutamente nulla.
Ma non era ancora detto niente, non era finita. Il passo era breve, mancava poco. Un ultimo sforzo e nulla più sarebbe stato lo stesso, per me. Era in arrivo una nuova vita..che in cuor mio, sapevo, non mi sarebbe piaciuta mai.
Ecco, il kimono di Kaoruko scivolava lentamente via dal suo esile corpo di bambolina, e si mostrava a me in tutta la sua grazia. La abbraccia forte, chiedendomi, mentre mi sfilava via i pantaloni, se potesse percepire anche lei i’immenso freddo che sentivo io..
E’ giusto, pensai però, andrà bene. Renderò felici molte persone. Io non credo che sarò mai felice, ma d’altro canto, il sentiero che mi ero tracciato, non aveva mai incluso la mia felicità. Forse era perché non doveva esserci? Già, forse era cosi.. forse, era stato solo un capriccio, quella sera ,a muovermi verso Usagi. Un capriccio di un cuore che non ce la faceva più a tacere. Beh, cuore mio, hai trascorso un bellissimo periodo, e hai dato pienamente sfogo al tuo pensiero.
Ora, però, è tempo di tornare nella tua scatola.. ora, è tempo di tornare a stare zitto..stavolta per sempre.
Un tonfo sordo infranse quel silenzio innaturale. Io e Kaoruko saltammo come dei grilli dallo spavento. Ci voltammo verso l’uscio, e il mio stomaco si contrasse come se gli avessero dato la scossa.
La, in piedi davanti alla porta spalancata tanto da far conficcare il pomello nel muro lasciando un buco simile a quello che lascerebbe un pugno, grondante acqua come se fosse sotto a una doccia, gli occhi sbarrati di terrore e il fiatone di un maratoneta dopo la maratona di New York..stava Usagi.
A giudicare dal suo aspetto, aveva passato gli ultimi due giorni tappato in camera senza vedere la luce..o il cuscino. Cereo, la barba da fare, due borse sotto gli occhi come mai le aveva avute. Era il relitto di sé stesso. Se fossero passati di li i suoi amici giornalisti, gli sarebbe preso un coccolone.
“A..Akihiko!”
Kaoruko era uscita dallo shock, e ora osservava il cugino frastornata e stupita. Io dal canto mio, mi sentivo come uno che era appena venuto via da Woodstock.
Usagi avanzo lento verso di noi, il passo della creatura di Frankenstein, lo sguardo ancora vagamente allucinato. A pochi metri da noi, ci fissò per qualche secondo. Poi, da niente, lasciò cadere le spalle, sospirò profondamente e.. una lacrima scese dal suo viso.
“Ah..” mormorò. “come..come pensavo, non..non sono arrivato..non sono arrivato in tempo..”
Detto questo, crollò come un castello di carte, e si ritrovò seduto sul pavimento, a fissare il vuoto. Kaoruko si infilò svelta il kimono, e corse la suo capezzale.
“No, infatti, è decisamente tardi...” Disse, sedendo davanti al cugino, che continuava a fissare il vuoto. “Ma non pensare che ti consoli, o roba simile, per questo tuo goffo e inutile ultimo gesto . Hai voluto tu, tutto questo sfacelo, Akihiko, e chi è causa del suo male, altro non può fare che piangere se stesso..”
Usagi la guardò, con aria quasi ferita. Poi, di punto in bianco, prese a guardare me. E io, sa dio come, sostenni il suo sguardo. Fu praticamente come guardare il sole, ma tenni duro. Kaoruko aveva ragione: quel macello era figlio suo.
Dopo quelle che parvero ore, Usagi abbassò la testa, e mormorò:
“Come stai?”
Lo guardai. Kaoruko si tolse dalla linea del fuoco.
Io lo guardai, e risposi con l’unica cosa che avevo in bocca al momento:
“Fai silenzio..”
Kaoruko trasalì. Faceva bene. Sentivo che sarei esploso, a momenti. Ma Usagi rimase calmo
“Avevo ragione?”
“Ho detto taci..”
Non ero mai stato tanto nero in vita mia. O smetteva di parlarmi..
“Ora hai capito finalmente chi sei?”
“HO ESAURITO LA PAZIENZA, SMETTI DÌ PARLARMI, CHIUDI QUELLA STRAMALEDETTISSIMA BOCCA!”
Schizzai i piedi, e dato che lui era in ginocchio, lo sovrastai. Era la primissima volta, da quando lo conoscevo, che sentivo di essergli superiore.
“Si, caro, se vuoi saperlo, ho piena chiarezza adesso chi sono..sono un idiota!”
Usagi alzò la testa, e mi guardò stupito.
“Sono un idiota e sai perché? perché ti ho dato retta! Oh dio, speriamo sia stato solo un attimo di svanimento e che invece non siano delle tare mentali, perché sarebbe un bel problema, se fossi rimbambito fino a questo punto in maniera definitiva! Oh no, aspetta..non, è ingiusto darti solo colpe..”
Mi chinai verso di lui.
“Hai anche qualche ragione. Vedi, come ti ha già detto Kaoruko, hai deciso che avevi fatto una cazzata troppo tardi, la frittata è già fatta, tempo scaduto! Però sii felice, hai fatto una buona azione, caro Usagi..”
Gli sollevai il mento, in modo che mi guardasse. Era insolito per me essergli superiore..ma in qualche modo appagante. Sentivo anni di soprusi ribollire, la mia vendetta era arrivata!
“Vedi, grazie a questo tuo giochetto, mi hai fatto capire tante cose: una, io non sono assolutissimamente attratto dalle donne, neanche per sbaglio. Non è per te, Kaoruko, sia chiaro..”
Kaoruko annui, un po amareggiata.
“Secondo: grazie a questo quarto d’ora di ordinaria follia, ho potuto constatare in almeno dieci modi diversi che sono in maniera assolutissimamente incontrovertibile gay. Io da parte mia già da prima non avevo dubbi, ma ora anche ogni minima lacuna è stata colmata.”
Mai verità più autentica. Prima ero convinto di amare Usagi sopra ogni cosa, che rifiutavo gli altri uomini per quello, ma però che magari una donna potesse essere diverso. Non lo era stato affatto. Stesso disinteresse, stesse sensazioni di rifiuto. Era ufficiale: Io, disgraziatamente ormai, amavo solo un essere umano al mondo: Usagi.
“E infine terzo..” conclusi in bellezza. “ho capito che per gli ultimi 3 anni ho semplicemente buttato la mia vita, dedicandolo a un essere.. ignobile.. che mi ha spinto a fare..una cosa simile..”
No, ma dai..ma non adesso..non potevo cedere adesso, era il mio momento di gloria..
Eppure era irresistibile, non ci riuscivo più a tenerle. E prima che potessi rendermene conto, lacrime calde scendevano svelte lungo le mie guance, rovinando tutto.
Quasi mi veniva da ridere, mentre piangevo. Tutta la fatica che avevo fatto ad apparire superiore a Usagi.. era andata sprecata. Beh..in fin dei conti non ero poi cosi amareggiato. Non ero portato per il comando, lo avevo sempre saputo. Fingere per poi crollare..era decisamente uno spreco di energie.
Mentre piangevo però, mi chiesi che pensasse Usagi. Per tutto il mio discorso non aveva fatto una piega, era rimasto lì ad ascoltare in silenzio, immobile. Ed anche ora mi guardava in silenzio, immobile.
Poi Kaoruko, anche se decisamente titubante, prese la parola.
“Akihiko..perchè sei qui? Non mi dire che è per constatare la tua teoria, perché lo sai che non me la bevo. Se ti conosco bene, anzi, direi che sei venuto qui pregando dio di avere torto. Ho ragione?”
Lui la guardò, ma non disse niente. Kaoruko sbottò irata.
“Brutto animale! Se avevi paura che facesse una sciocchezza, non ce lo dovevi mandare a farla, no? ragiona, se hai un gattino in casa, che ami alla follia e che per colpa della sua vivacità temi sempre possa cascare dal balcone, non gli insegni come salire sul divano per arrivarci, ce lo tieni lontano,no?!”
Un momento..ma mi stava paragonando a un micetto kamikaze?
“Mi vuoi dire dunque perché, se il tuo più grande incubo è che Misaki prenda il largo, lo hai spinto tu a farlo? Ti rendi conto di cosa hai combinato, brutto scimmione?
“La vuoi piantare, Kaoruko? l’ho recepito il messaggio, smettila di strillarmi nelle orecchie!”
Usagi parve riscuotersi. Si issò dal pavimento, infilò una mano in tasca, ne estrasse un pacchetto di sigarette e ne accese una, tirando una lunga boccata.
“Non che non l’hai recepito, secondo me, sei troppo testone, per metterci tanto poco..”
“E invece si, e lo avevo capito ancora stamattina, senza bisogno di metter su questa disgustosa sceneggiata..”
No, un attimo..mattina?..sceneggiata? ma di che parlavano, adesso?
 
“Ah non credo proprio, visto che sei rimasto là a fissare il niente come uno stoccafisso..”
Usagi le butto il fumo in faccia dalla collera.
“Ma che cazzo, non è semplice fare una cosa simile, sai? È per questo che ho fatto tardi, non credere che me ne sia andato a ballare. Sono tornato un quarto d’ora fa..”
Io li guardavo confuso. Ma che diavolo stava succedendo.
“Kaoruko-chan..” tentai, ma lei mi zittì.
“Come?! Da stamattina..fino ad ora?”
Usag annui. Kaoruko sembrava sgomenta. Io invece capivo sempre meno.
“Ci è voluto una vita, come avevo immaginato. Poi pensando a quello che combinavi tu qua dentro, mi veniva ancora più nervoso..”
Di punto in bianco, Usagi mi scoccò un’occhiataccia. Beh, è questa adesso, da dove viene?
“E allora? Come..come è andata?”
Usagi tirò un’altra bella boccata di sigaretta, e prese fiato. Poi sorrise.
“Non credevo fosse un simile balordo, francamente. L’ha presa benissimo. Ha detto che di me manco era sorpreso, che di per se è stato come se lo avesse sempre saputo. Di lui..beh ha detto che se è felice, non ha importanza altro..”
Kaoruko si portò una mano al petto. Poi fulminò Usagi, rancorosa.
“Akihiko..”
“Oh che palle, non ho assolutamente voglia di altre sfuriate da te, cugina, ne ho abbastanza per almeno un decennio. Dai cammina, tu..andiamo a casa. La valigia mandamela a casa, non ho voglia di trascinarmela per mezza Tokyo sotto al diluvio. Già immagino di dover trascinare di peso lui..
Detto questo, mi venne vicino, e vidi sul suo viso la solita faccia tranquilla che aveva sempre. Ero allibito. Fece per prendermi la mano, ma lo scansai.
“Che cosa vuoi da me?” chiesi, sprezzante, la voce ancora un po rotta dal pianto.
Usagi mi guardò tranquillo.
“Takahiro ci sta aspettando, Misaki, cammina..”
“Takahiro..mio fratello takahiro?”
Usagi rise sarcastico.
“Ne conosciamo altri? Dai che ho parcheggiato in doppia fila, credo. Con questo tempo non si vedono nemmeno i cartelli stradali, però avrei giurato ci fosse uno stop davanti alla macchina, non vorrei mai..
Fece per riprendermi, ma lo schivai di nuovo.
“perché ti comporti come se nulla fosse? E perché vuoi andare da mio fratello, adesso?”
Usagi sbuffò. Tirò l’ultima boccata dalla sigaretta, e la spense in un posacenere sul un tavolinetto. Poi mi guardò, un po divertito.
“Non ti guardo come se niente fosse..niente è, Misaki.”
Detto questo, veloce come una lepre si avventò verso di me e mi afferrò di peso, caricandomi sulla spalla. Io provai a dimenarmi, ma per esperienza sapevo che non sarei sfuggito mai a quella presa.
“lasciami andare, non toccarmi, lasciami!” urlai, ma Usagi mi ignorò.
“Grazie di tutto, cugina, sono indebito..” disse uscendo.
“Anche troppo, segno!” rispose lei, salutando, e chiuse la porta.
“No, aspetta..Kaoruko, aiutami!”
“Per l’amor di dio, vuoi farmi fallire? Ho un debito con lei già abbastanza pensante, non chiederle più niente!”
Ignorando le mie grida, mi portò alla sua macchina, mi ci scaraventò dentro, chiuse la portiera, mise la sicura e avviò il motore.
Ero sconvolto. Ma erano tutti impazziti? Che modo di fare era? Sembrava che nessuno sapesse che diavolo era successo, tranne me..
“Immagino tu non ci stia capendo più niente, eh Misaki? Beh per cominciare, direi che delle sentite scuse sono d’obbligo..” disse lui, allungandomi una coperta. Ero fradicio e tremavo dal nervoso. Che aveva in mente, perché si scusava?
“Non rivolgermi la parola..” ringhiai, coprendomi.
“Oh andiamo, falla finita, sono stato male anche io per quello che ho detto, cosa credi? Per questo mi sto scusando. Sono stato decisamente un imbecille, a dire quelle cose..perdonami..”
Lo guardai. Ma era andato fuori di testa?
Parve decifrare questo mio pensiero, perché rise.
“Si, credo di essere decisamente impazzito, la pressione gioca brutti scherzi. Però, quando sono rinsanito, tu avevi già organizzato l’incontro con mia cugina, per cui..”
“Non ti azzardare a dare la colpa a me, ho solo fatto quello che volevi!” urlai.
Usagi annui.
“Lo so, e mi sento uno schifo per quello che sei stato costretto a provare..beh quasi a provare, a dire il vero, no?”
Lo guardai con tanto d’occhi.
“Tu..tu sai che io e lei non..ma lei ti ha detto..”
“Kaoruko non te lo avrebbe mai permesso. Ti avrebbe rovinato la vita, e avrebbe rovinato anche la mia. Dopo che le hai telefonato, l’ho fatto anche io, ma non era necessario: aveva già deciso di aiutarci a riappacificarci. Tuttavia ha voluto giocare sporco, e mi ha ricattato. Tiene davvero molto a te..e anche a me..”
“Ricattato..ma che vai farneticando? Lei voleva fartela pagare, e voleva dimostrarti che avevi torto marcio su quello che provo per te, come volevo fare anche..”
Mi ammutolì. Non ero disposto a cedere alla tenerezza cosi facilmente. Usagi rise.
“Lo so bene, e mi rende immensamente felice, Misaki. Ma non è con quel teatrino che mi ha ricattato. Lei ha voluto che ti ripagassi per il tuo sacrificio. Tu ti sei messo in gioco per tenere alti i tuoi sentimenti per me..e io oggi ho fatto lo stesso. Io so che mi ami davvero da sempre, ma grazie a quello che hai fatto oggi, non ne dubiterò mai più. E volevo che nemmeno tu dubitassi più di quello che provo per te. Oggi, ho confessato il vero Akihiko Usami e i suoi sentimenti per te a una persona molto importante per noi..tuo fratello, Takahiro”
Mi voltai a guardarlo. No, non poteva essere vero..non era possibile..
“Non ci credo…non lo hai fatto davvero, tu..tu hai paura di..”
Usagi mi carezzò il viso. Non mi ritrassi. Ero troppo sconvolto.
Guidò per i successimi 5 minuti carezzandomi il viso, mentre io cercavo di riprendermi. Come aveva reagito, takahiro? Come avrebbe reagito alla mia vista, adesso?
Col vomito in gola, vidi sorgere davanti a me l’edificio dove vivevano mio fratello e mia cognata. Davanti al portone, li vidi tutti e due. Guardai Usagi, terrorizzato come un bambino.
Lui mi prese la mano, e uscimmo dalla macchina.
“Io ti amo, Misaki..non devi avere paura di niente, se ci sono io..”
Io lo guardai. Che cosa, aveva fatto. Io pure avevo compiuto un gesto bello avventato, ma questo lo batteva, ai miei occhi. Lui, Usagi, che per anni aveva fatto di mio fratello il suo mondo ideale, aveva preso e da solo aveva confessato i suoi sentimenti per me, senza paura o riserva.
Mio fratello ci venne incontro. Mi osservò per qualche secondo, poi mi chiese:
“Sei felice, Misaki? Davvero felice?”
Io lo guardai, poi guardai Usagi, che ancora mi teneva la mano. E senza altri pensieri, risposi.
“Si..sono felice con Usagi, fratellone..davvero felice.”
Mio fratello, commosso e felice, ci strinse forte a se. E rimanemmo lì per un minuto lungo una vita, a godere di quel momento.
Al diavolo, pensai, Usagi era riuscito a farmela di nuovo. Che mente malvagia, era..
Di un suo errore, aveva tessuto un intricatissimo filo di eventi che avevano portato ad una conclusione tanto assurda quanto meravigliosa. Sta bene a fare lo scrittore pensai. Solo una fertile immaginazione può partorire simili opere machiavelliche.
Beh, niente male, pensai, per un week end. Avevo quasi rotto con l’amore della mia vita, mi ero creduto etero, ero quasi finito a letto con una ragazza ed avevo confessato a mio fratello di essere gay. Niente male, davvero..
“Ehi tu, Diabolik..” dissi burbero a Usagi, mentre quella sera tornavamo a casa. “vedi di rigare dritto, da ora in poi, intesi?”
“Parola di scout!” disse lui.
“Tu non li hai visti neanche da lontano gli scout..” ringhiai.
“E’ vero, troppo fango..” rispose lui.
“Beh chissene, sono serio! Uff..il prossimo week end ci andiamo a vedere un film, niente parenti..”
“Mh..no, ho altri programmi.”
Lo guardai, incuriosito. E stranamente..allarmato.
“Che hai in mente?”
Lui mi sorrise.
“Hai cercato di tradirmi, signorino..direi che devi pagare pegno..”
“Ma..ma mi hai spinto tu a farlo! E poi ne è venuto fuori qualcosa di buono!” protestai.
Usagi annui.
“vero. E’ per questo che lascio passare la settimana. Ma questo week end..verrai punito.”
Maledetto Usagi, pensai mentre col dito mi carezzava il collo. Lo so io, come verrò punito..e non ho manco la colpa, maledizione! Vendetta..vendetta..VENDETTA!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1122974