Believe in yourself.

di haroldsvoice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La mia schifo di vita. ***
Capitolo 2: *** Si riparte da Zero. ***
Capitolo 3: *** Meraviglioso. ***



Capitolo 1
*** La mia schifo di vita. ***


 Da leggere con sottofondo:

 
Bene, mi presento. Mi chiamo Bella Henke, ho 16 anni e vivo in una piccola cittadina del Cansas, tanto piccola che, affacciandomi dal balcone potevo benissimo vedere ogni angolo della città. Sono abbastanza alta, ho i capelli castani mossi con qualche colpo di sole dorato. I miei occhi sono di colore azzurro ghiaccio sfumato di una tonalità chiara di grigio. Ah,dimenticavo.. La mia vita fa schifo, da quando ho perso il mio punto di riferimento, il mio angelo, MIA MADRE.
 

*FLASHBACK*
Era il 2 gennaio del 2002.
 
Mi trovavo in giardino con mia madre. L’erba era coperta da un sottile strato di neve ed io mi trovavo con lei su un vecchio dondolo, arrugginito dalla pioggia e dalla brina. Il suo braccio circondava il mio collo, tenendomi stretta al suo petto e la mia testa poggiata sul suo morbido collo. Potevo benissimo sentire il suo delicato profumo alla lavanda, misto all’intenso odore di smog, causato dal costante passaggio di auto nella mia via. Lei mi cantava una canzone dolcissima, muovendo dolcemente il dondolo con il piede. Mise una mano tra i miei capelli infilandomici una primula. Mi stavo addormentando poggiata a lei, non notando che la sua voce si faceva sempre più bassa e roca, fino a svanire in un sospiro.

-Mamma,mamma,mamma..! –Le sussurrai, come per richiamare la sua attenzione. Nessuna risposta. Schiusi leggermente gli occhi e li alzai verso il suo dolce viso: i suoi occhi erano chiusi e le sue labbra distanziate tra loro, non udivo più il suo respiro, il suo cuore non batteva più. Fu l’ultima volta che sentii il soave suono della sua voce, non avrei mai più rivisto i suoi meravigliosi occhi azzurro cielo, il suo sorriso. Non avrei mai più rivisto lei. Poggiai la mia piccola mano sulla sua guancia morbida, quasi per accarezzarla, la scossi lentamente per svegliarla. Non capivo. La guardai con l’innocenza di una bambina. Il cielo aveva voluto riprendersi il suo angelo, il MIO ANGELO. Feci per appoggiarmi a lei, ma da dietro qualcuno mi strattonò, tirando le mie lunghe trecce, per allontanarmi da quel corpo, ormai morto.
-Vattene Bella! Corri subito in casa!
Mi voltai e vidi mio padre, i suoi occhi erano lucidi e il suo viso era bagnato di lacrime.
Spaventata corsi di fretta in casa, presi uno sgabello, ci salii sopra, scorsi le tendine e guardai fuori dalla finestra.
Vidi mio padre. Passò delicatamente sulle labbra di mia mamma le sue dita bagnate dal pianto e le bacò la fronte. Sfilò il telefono di tasca per avvisare la nonna (morta anch’essa, tre anni fa) della tragica notizia. LA MAMMA ERA MORTA. Dieci minuti dopo, casa mia si affollò di amici e parenti, venuti a vedere per l’ultima volta il corpo della mamma. Tutti riuniti attorno al letto su cui papà l’aveva stesa. Tutti con una lacrima per la perdita. Tutti con un sorriso, dovuto alla fine delle sue sofferenze. Mamma soffriva di un tumore al seno. Grave. Fatale, che stroncò la sua giovane vita. Pian piano, senza nemmeno lasciarmi il tempo di capire, se n’era andata. Lei era la persona più importante per me, non sarebbe mai più potuta stare al mio fianco, per darmi la forza di andare avanti, sempre.
 
*FINE FLASHBACK*
Circa 10 anni dopo.
17 ottobre 2012.
 
Mi trovavo in camera mia, distesa sul mio letto, con le cuffie infilate nelle orecchie, c’eravamo solo io e la musica. Tutto il resto, in quel momento, l’avevo lasciato alle spalle.
Il volume era talmente alto che non sentii il TocToc di mio padre che bussava alla porta di camera mia.
Ero immersa nei miei pensieri.
Bip bip!
-Perfetto! Batteria scarica. Ci mancava solo questa! -.-
Sfilai bruscamente le cuffiette dalle orecchie, gettandole sulla scrivania, presi il caricabatteria e misi a caricare il cellulare. Sistemai velocemente il mio letto e lasciai camera mia sbattendo la porta, scesi di fretta le scale, percorsi il salotto non badando a mio padre e mi fiondai verso la cucina.
-Bella!
Oh dio,che cavolo vuole adesso? –Pensai.
-Che vuoi? –Dissi con aria annoiata.
-Perché prima non mi hai aperto?
-Prima? Quando? Spiegati meglio..
-Ho bussato per quasi dieci minuti in camera tua ma non mi hai aperto. –Spiegò mio padre.
-A me non risulta. –Risposi con tono soddisfatto.
Stavo per tornarmene in cucina.
-Aspetta! –Mi richiamò mio padre.
-Ma si può sapere cosa vuoi? –Risposi alterata.
-Devo parlarti.
-Se vuoi mandarmi a fare la spesa, beh, non contare su di me.
-Mi vuoi ascoltare una buona volta? –Gridò.
Sbuffai e mi gettai sul divano a peso morto.
-Se devi parlarmi, sbrigati, ho di meglio da fare! –Dissi.
-Senti Bella, so che è da 16 anni che viviamo qui ma..
-No! –Lo interruppi. –Ho capito, tu vuoi trasferirti! Beh, sappi che io da qui non me ne vado!-Urlai.
-Ma.. –Non fece a tempo a parlare.
-Qua ho tutto! Amici, parenti, la mia vita, ricordi della mamma,..! Tu non mi porterai via da qui!
-Zitta! Lo faccio solo per te! Vedi, sono stato licenziato e mi è stato offerto un ottimo posto di lavoro a Londra. Lunedì si parte, non discutere! Il caso è chiuso!
-Esco a prendere un po’ d’aria! –Dissi con tono soffocato dal pianto.
-Bella!
Non lo ascoltai, uscii di casa sbattendo violentemente la porta d’entrata.
 
Percorsi quasi venti isolati, raggiungendo un boschetto dall’altra parte della città.
Mi inoltrai nel verde degli alberi e, senza forze, poggiai la mia schiena contro il tronco di un grosso albero lasciandomi scivolare, fino ad arrivare con il sedere a terra. Con gli occhi socchiusi ed appannati dalle lacrime, osservai le foglie staccarsi dagli alberi spogli, lasciandosi cullare dolcemente dal vento. Papà non poteva farmi questo, qui ho tutti i miei amici, i pochi parenti rimasti e tutti i ricordi della mamma. Il giardino della mamma.
Iniziai a riflettere..
Lui mi vuole bene, lo fa per me, per darmi un futuro.
Ripresi le forze ed iniziai a correre verso casa.
Correndo nel bosco inciampai nelle radici di un albero, procurandomi leggere abrasioni su entrambi i palmi delle mani, ma non ci feci a caso, mi rialzai e ripresi la strada.
Arrivai e mi fiondai sulla porta, aprendola.
Trovai mio papà ancora seduto su quel divano. I suoi gomiti erano poggiati sulle ginocchia e con le mani si copriva il volto per nascondere il dolore. Mi avvicinai lentamente a lui, mi piegai sulle ginocchia, misi delicatamente la mia mano destra sul suo ginocchio.
-Scusa, non volevo essere così duro con te, non avevo scelta. –Singhiozzò lui.
-No,sei tu che dovresti scusare me, avrei dovuto capirti. –Ribattei.
-Ti voglio bene. –Dissi.
-Anch’ io te ne voglio, tesoro. –Mi sorrise.
Mi abbracciò. Lo strinsi forte, piegando la mia testa fino alle sue scapole.
Dopo poco mi stacco, sorridendomi.
-Dai, ora vai ad apparecchiare tavola, che il pollo è quasi pronto!
-Ok!
*Bella,come mai così disponibile nei lavori di casa? –Pensai.
Avevo capito che dovevo stargli vicina in momenti come questi, per aiutarlo ed affrontarli insieme.
 
Cinque minuti dopo la tavola era perfettamente apparecchiata.
-Il pollo è pronto! –Gridò mio padre, dopo essersi fatto passare la lingua sul labbro superiore.
Lo appoggiò sulla tavola.
DRRRRIIIINNNNNNN!
Il telefono.
-Rispondo io,papà.
-Ok, veloce però.
 
 
 

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Capitolo 2
*** Si riparte da Zero. ***


AL TELEFONO
La mia migliore amica.
 
-Pronto?
-Ehi Bella, sono Jade!
-Oh ciao, dimmi.
-Hai già studiato per il compito di biologia di domani?
-Domani? Oh, me n'ero totalmente scordata! Ma tanto non serve più a niente andare bene a questa scuola.
-Perchè?
-Eh, senti.. E' difficile da dire..
-Ehi,lo sai che a me puoi dire tutto, non sarà poi così grave,no?
-Mi trasferisco per sempre a Londra!- Dissi rapidamente.
Riagganciai, scoppiando in un mare di lacrime.
Non volevo lasciare per sempre i miei amici, soprattutto Jade!
 
-Il pollo si raffredda!- Strillò mio padre.
Asciugai le lacrime con l'estremità della maglietta e tornai a tavola.
-Era Jade al telefono, vero?- Chiese.
-Gia.- Risposi singhiozzando.
-Le hai già dato la notizia?
-Si.
-Eh che ti ha detto?
-Non le ho lasciato il tempo di parlare, ho riattaccato subito.
-Tesoro, stai tranquilla. Lei ti vuole bene, capirà.- Mi rassicurò.
-Lo spero. 
 
Venti minuti dopo..
Ero seduta sul poggiolo del divano a guardare alla TV un programma demenziale.
DlinDlin!
Il campanello.
Era Jade.
-Ehi.- Accennai ad un saluto.
-Esci.- Disse,quasi come per darmi un' ordine.
Senza nemmeno avvisare mio papà uscii di casa.
Ci incamminammo lungo un viale alberato,non ci rivolgemmo mai la parola. Ci sedemmo su un muricciolo basso in pietra. Sfilò dalla borsa un pacchetto di sigarette e prese dalla tasca dei jeans un accendino. Ne accese una e la portò alla bocca, lasciando disperdere nell'aria un leggero odore di tabacco. Respirò profondamente. Fumare era il suo modo di sfogarsi, il fumo le liberava la mente da tutti i pensieri. Lei è una ragazza forte, non l'avevo mai vista piangere, lei è una roccia, mi consola sempre. In questo caso.. avevo uno strano effetto su di lei.. Le lacrime riempivano i suoi meravigliosi occhioni nocciola.
Terminò la sigaretta e la gettò a terra, sfregandola con il piede sull'asfalto, per spegnerla.
Si avvicinò a me, mi abbracciò e,con gli occhi lucidi accennò ad un sorriso.
Quanto mi mancheranno i suoi abbracci.
-Promettimi che ti ricorderai di me.- Mi chiese.
-Promesso. Sei la mia migliore amica.. Anche volendo non potrei mai dimenticarti. Ti chiamerò ogni sera e verrò a trovarti.- Le feci il mio miglior sorriso.
-Dai,ora torniamo a casa.
 
Arrivammo alla porta di casa mia.
-A domani.- Disse.
-Certo, a domani.
Ci salutammo con un abbraccio.
Un domani non c'era.
Dopo aver salutato Jade tornai in casa, tirai un sospiro di sollievo e feci un sorriso, quasi sforzato. Ero stanca di piangere, volevo riprendere a sorridere, smettere di soffrire. Volevo semplicemente essere felice, stare bene.
Qui soffrivo troppo, non potevo attraversare il giardino senza immaginare la mamma ancora su quel dondolo, senza ricordare quanto era bella. Cambiando città avrei cambiato vita, ricominciato tutto da ZERO. Forse, partire era la cosa migliore che potessi fare.
 
Erano solo le nove e un quarto, ma nonostante fosse presto ero stanca. Mi sentivo a pezzi, le gambe mi cedevano e mi sentivo la testa esplodere.
Salii in camera mia e, senza dare la buonanotte, senza cambiarmi, senza lavarmi, senza spostare le coperte, crollai sul letto addormentandomi in volo.
 
La mattina seguente.
Mi svegliai verso mezzogiorno: Ormai frequentare questa scuola non sarebbe servito a niente. Andai in bagno a darmi una sciacquata e trovai un biglietto appiccicato allo specchio.
"PARTENZA ANTICIPATA, PARTIAMO OGGI. LA PASTA E' NELLA PENTOLA, TI VOGLIO BENE. Papà. "
Perfetto, speravo di scendere, trovare la tavola apparecchiata e papà a darmi il buongiorno, ma non fu così.
Il salotto era quasi vuoto.
Mio padre era fuori casa impegnato con il camion dei trasporti ormai da ore.
Andai in cucina a mangiare.
 
Due ore dopo..
Bippp. 
Un messaggio.
Jade.
'Fai qualcosa oggi?'
'Sono impegnata a fare altro.' 
Risposi.
Gettai il cellulare sul tavolo della cucina ed iniziai a mettere nelle scatole tutte le mie cose, le poche rimaste.
Dopo due orette circa camera mia era vuota, come tutto il resto della casa.
Non riuscivo a pensare di dover lasciare tutta la mia vita così, così.. Velocemente, senza nemmeno aver il tempo di accorgermene. 
Salutai casa mia e nessun'altro per non soffrire.
Salii nel taxi e poco dopo arrivai in aeroporto, dove prendemmo il primo volo per Londra Stansted.
Dopo qualche ora di straziante viaggio seduta accanto ad uno che sudava più un cammello con tre peperoncini nel sedere(?) atterrai. 
'Quanto mai mio padre aveva voluto prendere il volo più economico!'
Scesi dal tanto odiato aereo ed aiutai mio padre a portare fuori i bagagli.
Chiamammo un taxi, che arrivò nel tempo di un battito di ciglia e vi caricammo le valigie. Guardai fuori dal finestrino malinconica.. Gli alberi del mio paese, qua erano imponenti grattacieli. L'odore dei fiori non c'era. Semplicemente non vi erano fiori. Nel mio paesino l'odore di smog era lieve, talvolta piacevole.. Qui era un odore intenso e penetrante. Il dolce silenzio qui era un continuo chiacchiericcio di gente, urla di autisti e clacson che suonavano in continuazione. Insomma, Babilonia, un casino. Non era il mio paese.
Mio padre riuscì ad individuare la nostra futura abitazione dall'altra parte della strada. Un grattacielo molto alto, grigio, spoglio. ORRIBILE. Non vi era nemmeno un minuscolo giardinetto o un'aiuola. Nemmeno una piccola pianticella.. Nemmeno quella. Niente.
Che tristezza, quel posto metteva angoscia.
Dopo aver pagato scendemmo dal taxi, scaricammo i bagagli e papà si incamminò per raggiungere l'altra parte della strada, quando un autista di fretta tagliò lui la strada.
-Papàààààààà!!!!!
 
 
                 SPAZIO ALL' AUTRICE
           Ciao gentee, sono io, Nicole C: 
        Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.
      A 15 recensioni pubblico il terzo, quindi..RECENSITE!

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Capitolo 3
*** Meraviglioso. ***


Tutte le macchine si fermarono di colpo, la gente per strada corse a vedere l'uomo a terra accerchiandolo, cercando in qualche modo di soccorrerlo. Passai tra la folla, raggiungendolo, mi chinai verso di lui.
Aveva un braccio rotto e il labbro inferiore lacerato. Il sangue che fuoriusciva dal capo scorreva lungo il viso, si univa a quello che fuoriusciva dalla bocca, continuando a scorrere fino a terra creando una pozza su quell'asfalto rovente, scottato dal sole. Aprì leggermente gli occhi. In quel nero intenso vi era riflesso uno sfarzo di luce del sole. Qualcuno più in alto l'avrebbe aiutato.
Chiamai di fretta l'ambulanza che venne a prenderlo, caricandolo con una barella. Io andai con lui. Eravamo diretti d'urgenza verso il pronto soccorso. Sembrava grave. Lo portarono di fretta in una stanza in cui non potevo entrare. La numero 213. Se se ne fosse andato ora, non l'avrei più rivisto al di fuori di una bara.
E mi trovavo lì, fuori da quella maledetta stanza, dietro a quel fottutissimo muro a piangere.
L'attesa era straziante.
Dopo un po' arrivò un medico con un camice bianco;
'Si rimetterà presto, non c'è rischio di morte.' Sorrise, rassicurandomi.
Feci un enorme sorriso e sfilai dalla tasca destra dei jeans un fazzoletto per asciugare le lacrime.
'Quando potrò rivederlo?' Domandai all'uomo.
'Potrà tornare a casa solo fra qualche giorno, ma se vuoi, per ora, hai un minuto per salutarlo. Veloce.'
Non fece tempo a finire la frase che mi fiondai sulla porta e corsi accanto al suo lettino. Aveva la parte superiore del capo tutta fasciata, ricoperta di bende, dalla quale fuoriuscivano ciuffi di capelli neri. Aveva parecchi cerotti distribuiti sul viso ed un braccio, fasciato anch'esso.
Misi delicatamente una mano sulla sua spalla, per paura di fargli del male.
'Come stai, papà? ' 
'Beene' Disse balbettando.
'Hanno detto che ti rimetterai prestissimo.'
'Che bello' Tirò un sospiro sforzato.
Arrivò sempre lo stesso dottore.
'Il minuto è passato, devi lasciare la stanza, dobbiamo operare.'
'Ciao papà, a presto.' Sussurrai.
Uscii dalla stanza accompagnando dolcemente la porta. Non riuscivo a trattenere il sorriso! Mio padre sarebbe tornato!
Okay, un problema;
Ero nuova di qua, non sapevo dove fosse casa. Chiamai un taxi, provando a descrivere all'autista la via di casa mia.
Finii da tutt'altra parte. Scesa dal taxi mi sedetti su di una panchina.
Perfetto, mi ero persa e il cielo non preavvisava buon tempo: era scuro e coperto da nuvoloni grigi.
 
Una decina di minuti dopo.
Era tardi, il cielo si fece buio ed iniziò a scendere qualche goccia. Pioveva.
I miei capelli iniziarono ad inumidirsi e il trucco iniziava a colare dagli occhi.
'Che ci fai sotto la pioggia? ' Chiese una voce proveniente da dietro. Era una voce maschile, una voce angelica.
Mi voltai e vidi un ragazzo alto, occhi verdi come smeraldi, capelli castani, ricci perfettamente scompigliati. Aveva un sorriso meraviglioso, con delle piccole fossette attorno alla bocca. SPLENDIDO.

Rimasi in silenzio.
'Ehi, guarda che non ti mangio! ' Disse quasi sottovoce.
'Si, lo so.' Risposi con tono scocciato.
'Ti conviene tornare a casa se non vuoi ritrovarti più bagnata di una fontana.' Disse.
'Okay, questa era pessima come battuta.' Dissi, accennando ad un sorriso.
'Ah, allora anche tu hai i denti! ' Disse il riccio.
'Quella era pessima, ma questa ancora peggio.' Feci un risolino.
'Sei sempre così gentile? ' Domandò ironico.
'Evidentemente..' Risposi sollevando le sopracciglia.
'Dai, meglio che andiamo.' Disse.
'Eehm, tu vai pure.'
'Ti accompagno a casa, dove abiti? Non ti ho mai vista prima d'ora.'
'Io mi sono appena trasferita, sono arrivata poche ore fa. Non ti so dire dove abito, mi sono persa.'
'Chiama tua madre e fatti venire a prendere, no? ' Chiese perplesso.
Alla parola MADRE iniziarono a scendermi le lacrime e mi sentivo mancare il respiro.
'Mia madre? ' Chiesi singhiozzando.
'Si, c'è qualcosa che non avrei dovuto dire? '
'Senti, non mi va di parlarne! tanto meno con il primo che passa! ' Urlai, mentre le lacrime continuavano a scendere ininterrottamente dai miei occhi. Non riuscivo a controllare il nervoso e continuavo a gridare contro il riccio ed a sbraitare.
Mi prese le braccia e mi strinse a sé cingendomi con le sue.
'E' tutto okay, stai tranquilla.' Mi rassicurò sottovoce.
Le mie lacrime si unirono alla pioggia bagnando la sua giacca.
'Grazie...' Dissi con voce spezzata dal continuo respiro soffocato.
'Vivo qui da diciotto anni, conosco benissimo la città, ti accompagno a casa io.' Si offrì.
'Va bene, mi hai convinta! ' Accettai sorridendo.
Ci avviammo alla ricerca di casa mia.
'Oh, che scemo! Dimenticavo.. Come ti chiami? ' Chiese.
'Bella. Bella Henke.' Risposi.
'Ti si addice come nome..Comunque io sono Harry.'
'Piacere! ' Dissi facendomi una piccola risata.
'Quella dovrebbe essere casa mia! Si, proprio quella! ' Gridai indicando la casa.
'Bene, ora vai ad asciugarti che t'ammali! ' Disse protettivo.
'Eh tu chi sei? Mia mamma? ' Chiesi ironica.
'Ti prego, non tocchiamo l'argomento MAMMA! Non vorrei che tu ricominciassi a piangere! ' Rispose.
'No tranquillo, va tutto bene' Sorrisi.
'Comunque se ti va di parlarne, io ci sono' Mi disse.
'Si, grazie.'
Ci salutammo con un cenno ed ognuno per la propria strada.
Presi le chiavi ed entrai in casa.
Mi misi con le spalle contro alla porta e scivolai a terra.
Dio, quanto era bello quel ragazzo! I suoi bellissimi occhi verdi, il suo sorriso così.. Così indescrivibile, quei suoi ricci splendidi.
MERAVIGLIOSO
Non avevo mai visto un ragazzo così bello prima d'ora. Finalmente qualcosa di buono in questa schifosa giornata. 
Però... 
Non avevo il suo numero, non sapevo dove abitasse, non sapevo praticamente nulla di lui.. Chissà se lo rivedrò. Chissà.
Eh.. No, non mi sono innamorata! E' solo simpatico ed è un bel ragazzo, ma non provo assolutamente niente per lui! Ne sono certa.
Cercai di auto convincermi.
 
Ero a casa sola, la casa era praticamente vuota, in salotto vi era solo una vecchia poltrona beige.
Non avevo niente da mangiare, tutto ciò che avevo erano circa una ventina di dollari.
Magnifico Bella, stasera dieta! 
 
Andai in bagno, c'era una doccia! Miracolo! Presi dalla valigia bagnoschiuma e shampoo e mi diedi una sciacquata. Misi l'accappatoio, asciugai i capelli e mi cambiai in pigiama. 
Dopodiché mi rannicchiai sulla vecchia poltrona e pian piano mi addormentai, sognando lo sguardo di quel ragazzo, Harry.
 
La mattina seguente.
Mi svegliai verso le sette e mezza, avevo scuola alle otto, dovevo prepararmi. Che strazio!
Mi lavai la faccia, i denti e misi un velo di trucco.
Indossai dei jeans chiari e una camicetta rossa a quadri molto scollata. Infilai un paio di converse bianche, raccolsi i capelli in una coda di cavallo e legai un foulard, come fosse un cerchietto, creando un fiocco all'estremità della testa. 
Non avevo libri, quindi presi una borsa;
Ci misi un astuccio con una matita, un pacchetto di sigarette, l'accendino, cellulare e portafogli. Ero pronta.
Uscii di casa chiudendola a chiave e mi incamminai verso scuola, seguendo le indicazioni sui cartelli e chiedendo qua e là informazioni sulla strada. 
 
Arrivata dinnanzi alla struttura: era enorme.
Ero sola con una sigaretta in bocca, in un angolo, aspettando il suono della campanella. Sarei dovuta andare nell'aula di biologia.
Spero di non perdermi! 
DRIIIIINNNNNN!
La campanella squillò d iniziai ad incamminarmi nei corridoi sotto gli sguardi della gente. 
In lontananza vidi quel bellissimo ragazzo, Harry avvicinarsi ad una ragazza bella, alta, bionda.
Si baciarono.


SPAZIO ALL'AUTRICE
Ciaaao, Sono sempre io, la rompi palle! C: 
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! A 15 recensioni pubblico il quarto capitolo. 
Recensite, recensite, recensite! Un bacio. 
Nichi <3

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