La ragazza e il gatto.

di Andreea99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lacrime amare rigarono il suo viso, non resistette. ***
Capitolo 2: *** La ragazza dai bei capelli corvini. ***
Capitolo 3: *** La donna dagli occhi tristi e dal forte carattere. ***
Capitolo 4: *** -Portami via con te.- Disse tristemente. ***
Capitolo 5: *** L'urlo della morte. ***



Capitolo 1
*** Lacrime amare rigarono il suo viso, non resistette. ***


                                                                   

                                                                                               - S c u s a m i – M i  d i s s e. – C a m b i e r ò. -
   




« Ero solo. Ero al freddo, tremavo. La pioggia continuava turbolenta. Pelo bagnaticcio, occhi gonfi. Vedevo male, quasi niente.
Correvo nell'intemperia. In lontananza vidi una luce, sempre più accecante. Rimasi fermo, avevo paura. Rumore assordante mi pervase.
Rabbrividii, tentai di scappare. Poi, d'un tratto, il niente. »
                                                                                                               

Aprii gli occhi, ero circondato da persone. Volti strani, curiosi, ma soprattutto volti umani. In effetti ero abituato a quella sensazione, infondo ero un indifeso animale, un gatto.
Un gatto dai piccoli occhietti brillanti, intelligente ed agile. Un gatto dal pelo folto color arancio, occhi verdognoli. Ero piccolo, la gente riusciva a prendermi in una sola mano, ma con scarsi risultati. Graffiavo.
Ero indifferente, un gatto strano, senza emozioni, sentimenti, rancore, dolore, potevo definirmi senza cuore. 
Amavo scappare, essere libero, ma neanche questo mi rendeva felice. Ero indifferente, comunque. 
Ero un gatto, un gatto strano dagli occhi bugiardi, un po' inquietanti. 
No, non ero nero e l'ho sempre rimpianto, avrei allontanato la gente solo con il mio passaggio, ma sarei stato comunque indifferente.
Ero strano lo ammetto, ero grazioso ammetto anche questo, ma sempre indifferente. 
Quel giorno quando aprii gli occhi mi ritrovai in una bella casa, accogliente, piena di persone, di sguardi. 
Mi accomodai impaurito vicino ad un cuscino e aspettai, guardai, esaminai una per una le persone, le quali ricambiavano il mio interesse.
Una signora aveva uno strano volto, mora dagli occhi grigi, mi osservava indecisa, come se dovesse decidere la sorte della mia vita. 
Voltai lo sguardo, un bambino biondo sorrideva, mi guardava felice, occhi azzurri e accesi i suoi. 
Cambiai volto, questo mi colpì, una giovane ragazza non aveva sguardo, occhi indifferenti e tristi i suoi.
-Mamma possiamo tenerlo? Ti prego! -     Chiese il biondino con fare allegro.
-Certo tesoro, è così bello! Guarda che bel colore arancione !-  Esclamò la signora allungando una mano per accarezzarmi. Non mi mossi, non tremai, una bella sensazione mi pervase. Per la prima volta sentii una sensazione di protezione, mi sentivo protetto e amato da quelle persone, era bellissimo.
Uno sgradevole odore raggiunse il mio muso, qualcosa bruciava !
Passi svelti, cigolio della porta, urla. La signora doveva aver bruciato il cibo. Cibo. Mi resi conto solo allora di aver fame, molta. La ragazza vicino a me aveva lo sguardo perso, perso nei pensieri, in cose che sicuramente non riguardavano me. Mi sentii ignorato, miagolai.
Mi guardò distratta. Mi strappò dal morbido cuscino  e mi prese in mano.
Attraversai la grande casa fino ad arrivare in una stanza viola, bellissima.
Era disordinata, cose sparse dappertutto. CD a terra, un computer acceso sul letto, cioccolatini e alcune carte sul tavolo. Una televisione trasmetteva il telegiornale, scaffali colmi di libri, alcuni stavano per cadere, libri per terra, sotto il letto. Calzini sparsi, una bottiglia d’acqua vicino al letto, vestiti sulla sedia.
Mi piaceva l’ambiente, confuso, un po’ come me.
La ragazza mi posò sul letto, ci guardammo negli occhi, i suoi brillavano.
-Sei molto bello sai ?-  Mi accarezzò. – Io adesso vado a scuola, aspettami qui, neanche la mamma e il mio stupido fratellino non saranno in casa perciò… -
- Come se ti potesse sentire ! – Intervenne il biondino facendo irruzione nella stanza.
La ragazza sospirò. Era proprio bella. Aveva una chioma di capelli corvini, gli occhi neri come abissi, misteriosi. Pelle  bianca. Viso dolce.
La ragazza prese lo zaino e si diresse verso l’uscita.
- Rosaline farai tardi! -  Gridò la signora.
Quel giorno Rosaline arrivò a scuola come al solito. Si sedette sulla sedia come al solito.  E come al solito sentì quella voce, irritante, troppo.
-Come ti senti oggi ? Hai mangiato stecchino ? Bè non si vede, sei anoressica. Sei cessa. -
- Vattene !-  Fu la sua risposta. Lacrime pervasero il suo volto. Pensieri negativi la sconvolsero, immagini riempirono il suo sguardo. Vecchi ricordi affiorarono come nuovi. E lei di nuovo fu distrutta.
Le lezioni passarono lentamente,  attimi di pensieri, di noia, incertezze, la voce indistinta della prof, e quella chiarissima voce – Guarda che stasera vomiterai di nuovo, ti guarderai lo specchio e ti dirai  “che schifo”, da sola, sei orrenda, viscida, MANGIA !-
Rosaline arrivò a casa, sentii il suo profumo quando entrò nella stanza. Io stavo giocherellando con un calzino. Lei posò lo zaino a terra e corse svelta in bagno, la seguii curioso.
Era davanti allo specchio, vedeva in se’ mille imperfezioni, lacrime amare rigarono il suo viso, un pianto la pervase, non resistette.
Mi guardò, urlò furiosa contro di me.
- Cosa vuoi ? Cosa ne puoi sapere tu del dolore, tu che te ne stai in casa a non far niente dalla mattina alla sera ? – Lanciò oggetti contro di me, me ne andai indignato.
Rosaline si guardò ancora una volta allo specchiò, si tolse la maglia.
Erano davvero i chili di troppo o il contrario a rendere la vita di una persona così difficile ?
Era davvero necessario essere perfetti per essere accettati ?
Era davvero necessario mangiare più del dovuto e non assimilare niente ?
Era davvero necessario soffrire così tanto per un nulla, un niente ?
Non rispose. Si sedette a terra, fragile.
Entrai nella stanza e lentamente mi avvicinai.
Mi guardò.
- Scusami – Mi disse. – Cambierò. -
Mi avvicinai piano, posai il muso sulla sua guancia e miagolai, fu un sussurro. 
                                        

                                                                                                                                     ***
Spero vi sia piaciuto il primo capitolo, continuerò al più presto!  P.s. Questa è la mia pagina di scrittura su facebook: https://www.facebook.com/pages/Langolo-delle-mille-parole/434202993282905

  

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Capitolo 2
*** La ragazza dai bei capelli corvini. ***


                                                           
                                                                                               

                                                                            L a   r a g a z z a   d a i   b e i   c a p e l l i   c o r v i n i. 

 
 
«Quella mattina il canto di un uccellino mi svegliò. Si udì un leggero battito d’ali e un soffio di vento mi punzecchiò il muso. Aprii gli occhi, i primi raggi del sole illuminarono la stanza facendola diventare dorata, fasci di luce penetrarono il mio sguardo e la mia anima, fu uno spettacolo.  »

 
 
Mi ero dimenticato di essermi addormentato accanto a Rosaline la notte prima. Mi voltai, ma non la vidi.  Balzai agilmente dal letto, la porta era aperta, la attraversai. Udii passi svelti e furtivi provenire dal bagno, ero curioso e molto fortunato, la porta del bagno era socchiusa. Entrai lentamente, vidi qualcosa che mi stupì davvero molto. Rosaline si voltò, un filo di rossetto rosa le colorava le labbra, aveva un po’ di mascara agli occhi accompagnato da un leggero passaggio di matita dorata che esaltava il tutto.
I capelli erano leggermente spettinati, vidi lei sorridente intenta ad acconciarli. Per la prima volta la vidi felice, riuscivo a percepire la felicità nel suo sguardo, nello specchio della sua anima.
Ma era veramente bastato così poco a farle cambiare umore in così poco tempo?
Era davvero questo il sapore, il gusto della felicità ?
Ma soprattutto, era realmente felice ?

In quell'istante, in quel frammento di attimo non m'importò. Mi travolse un’ondata di allegria vedendola, come potevo non esserlo ? Come potevo non essere contagiato dalla sua dolcezza, contentezza e dalla sua gioia che era così forte da pervadere anche il più freddo degli uomini ?
Non miagolai, non mi avvicinai, semplicemente mi scaraventai addosso a lei.
Mi guardò e si mise a ridere,  mi prese in braccio e iniziò a danzare per gioco.
- Vuole accettare questo ballo signore ?-  Disse prendendomi la zampa.
E come una bambina avrebbe fatto con il suo pupazzo, lei iniziò a roteare, saltellando qua e la’ per la casa. Ormai avevamo raggiunto il salotto, Rosaline mi lasciò sul divano.
- Ci vediamo dopo signor ballerino, ora vado o farò tardi a scuola - 
Mi lasciò  un‘ultima carezza e si avviò. Si udì lo sbattere della porta, sentii il suo profumo svanire lentamente.
Rosaline entrò in classe con dieci minuti di ritardo, si voltò, i compagni la guardarono lusingati. Era una bella sensazione, era una soddisfazione.
La ragazza ebbe il coraggio di guarare in faccia colei che per tutti questi anni l'aveva tormentata. Una ragazza riccia e bionda sedeva distratta dietro il suo banco, intenta a copiare qua e la' compiti altrui, essa masticava continuamente il chewingum con fare arrogante. La riccia posò lo sguardo su Rosie e immediatamente cambiò espressione. Rosaline si sedette spensierata, finalmente era senza pensieri, finalmente era libera, era se stessa, finalmente sorrideva davvero. Finalmente aprì gli occhi e la prima persona che vide fu Henry il suo compagno di banco. Era così buffo vederlo scrivere; teneva sempre uno sguardo concentrato e gli occhi socchiusi nonostante ci vedesse benissimo. In testa aveva un simpatico ciuffo biondo, gli occhi erano di un color verde acqua leggermente opaco perché era mischiato ad un acceso azzurro cielo il quale si confondeva con esso. 
- Che ti guardi ? – Disse il ragazzo notando lo sguardo di Rosaline.
Lei arrossì violentemente, quelle che prima erano candide guance si colorarono di un rosso acceso.
-Che hai ? Ho detto qualcosa che non va ? – Domandò Henry.
-Non ho niente! Intanto tu scrivi, non fare caso a me, sennò poi io da chi li copio gli appunti ? -
Il ragazzo la guardò allibito – Non pensare che io ti faccia copiare tutto questo ! – Esclamò indicando il mucchio  di fogli sparsi sul tavolo.
 Suonò la campanella che ricordava la fine dell’ultima lezione e prima che il biondino potesse mettere via la roba Rosaline scattò agilmente verso gli appunti afferrandoli con la mano.
- Sono miei. – Sussurrò.
 In quell’istante iniziò l’inseguimento. Rosaline attraversò velocemente la porta con Henry alle calcagna.
-Rosaline non scherzare !-
-Non sto scherzando !-
E lì fu la fine, il biondino rincorse Rosaline anche dopo l’uscita della scuola, attraversarono il corso, e dopo uno o due isolati svoltarono in un’altra strada. Rosaline correva ridendo, ad un tratto si fermò e si voltò. I ragazzi si guardarono ansimando.
Henry si avvicinò lentamente a lei, ormai erano vicinissimi…
- MA SEI SCEMA ? – urlò.
-Io no, ma tu sì ! – Rosaline scappò via correndo ancora con gli appunti in mano.
-Rosaline ridammeli ! – Urlò l’altro.
-Prendili !- E con un semplice gesto, come fosse la cosa più naturale del mondo, la ragazza gettò i fogli per aria, essi volteggiarono come foglie in autunno e quando toccarono terra, la ragazza dai bei capelli corvini aveva già voltato l’angolo.
 
 
                                                                                                                           
                                                                                                           ***
 
Eccolo qua ! Il secondo capitolo, io lo trovo molto "misterioso" non spiega bene i particolari, lo trovo intrigante. 

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Capitolo 3
*** La donna dagli occhi tristi e dal forte carattere. ***


                                                                                                                                                              
 
                                                                        L a  d o n n a  d a g l i  o c c h i  t r i s t i  e  d a l  f o r t e  c a r a t t e re.

 
 
 
« Mi svegliai di soppiatto, lunghi capelli neri coprivano il mio muso, dalla finestra scorgevo qua e là gocce di pioggia, alcune di esse scivolavano sul vetro rigandolo come fossero lacrime. La stanza era oscura, immersa nelle tenebre. Il buio mi circondava provocando in me un’ambigua e confusa sensazione.»
 
Scossi i capelli con la zampa, Rosaline dormiva beata avvolta nelle coperte, dovevano essere le cinque di mattina. La luce della cucina si accese all’improvviso, scattai agilmente piombandomi in corridoio e con passi incerti raggiunsi la destinazione. Un’agitata signora camminava su e giù per la cucina persa nei suoi pensieri, mi avvicinai ad essa, era molto turbata. Mi guardò un istante e sussultò.
 
- Ah sei tu ! Vieni qua, micio ! Rosaline te l’ha già dato un nome ? -
Un nome ?  Non avevo mai fatto caso a questo particolare ! Io non avevo nome,  io non volevo un nome ! Uno di quei stupidi nomi come “Bubu”, “Beli”, “Dodo”  oppure “Cip “. Io ero gatto, semplicemente Gatto!
- Mhh.. vediamo un po’. - Disse la donna accarezzandomi il pelo. – Sei un gatto molto bello, hai gli occhi verdi e il pelo… il pelo  color arancio ! Ma certo ! Ti chiameremo Arancio ! -
Sospirai. Arancio, sì, era meglio di gatto.
Quella mattina la passai cullato dalle morbide mani della gentile signora, sembrava molto distratta, le sue carezze quasi diventavano meccaniche, così di tanto in tanto miagolavo per attirare la sua attenzione.
Rosaline somigliava molto alla donna, entrambe tenevano capelli lunghi e neri, gli occhi della padrona però erano di un azzurro intenso, e sul suo viso si distinguevano un poco alcune cicatrici ormai sbiadite. Doveva averne passate tante, quella fragile donna dal forte carattere; si capiva dallo sguardo, triste ma sicuro allo stesso tempo.
Chiusi gli occhi tentando di addormentarmi.
Sentii il cigolio della porta, Rosaline era sveglia nel momento meno opportuno. Udii passi svelti provenire dal corridoio, Rosaline stava per spezzare la tranquillità.
- Mamma ! Cosa stai facendo ? – Sussurrò la ragazza ancora in pigiama.
La padrona sussultò di nuovo. – Rosaline per l’amor del cielo, mi hai fatto prendere un colpo ! -
- Mamma perché sei sveglia a quest’ora ? Da quanto tempo sei qui ? -
La donna si guardò attorno, guardò dai mobili più antichi alle più recenti fotografie che la cucina conteneva, guardò i tanti ricordi sparsi sugli scaffali e le buffe ditate sul frigorifero, guardò i suoi fiori preferiti messi nel vaso regalatale dalla figlia stessa, guardò le piccole scritte quasi senza colore che Rosaline, la sua Rosie, aveva lasciato con il pennarello quando era ancora piccola e ingenua, guardò Rosaline e scoppiò in un pianto improvviso, la ragazza si avvicino per consolarla.
-Mamma, cosa sta succedendo ? -
- Dobbiamo trasferirci, ho perso il lavoro da  tempo e non ho potuto pagare l’affitto, ormai la padrona di casa ha deciso di sbatterci fuori, tuo padre sai com’è.. Non ha intenzione di darci una mano, sempre a spasso con quella puttanella. Ci trasferiremo dalla nonna, le diremo semplicemente che la città è noiosa. -
Rosaline tremava, un’ondata di emozioni indefinibili la pervase. Non sapeva nemmeno lei cosa stesse provando. Avrebbe potuto urlare, piangere,  sfogarsi o almeno sospirare, ma niente, nessun suono fluì dalla sue labbra. Si sentì smarrita, guardò la madre un altro istante e si avviò verso la sua stanza, io la seguii.
Quando entrammo essa chiuse la porta lasciandosi alle spalle emozioni, le quali tentarono inutilmente di entrare in quell’ambiente che in così poco tempo per me, era diventato tanto familiare.
Guizzai sul letto e mi accomodai nell’angolo più comodo che trovai, vidi i lunghi capelli di Rosie svanire dietro l’armadio, la ragazza stava rovistando tra i libri. Quando la ragazza comparì di nuovo aveva in mano un libro, molto semplice, rivestito da una copertina nera che tanto mi ricordava i capelli della giovincella che si sedette accanto a me.
Rosaline aprì il libro le cui pagine erano vuote e iniziò a scrivere molto velocemente, aveva una calligrafia elegante. A volte sbagliava e con pazienza andava a correggere tutti gli errori, altre volte invece, pareva stufa e scarabocchiava le parti che ancora doveva riempire, altre volte pareva distratta e dimenticava le parole per poi ritrovarle e scriverle ancor più velocemente con la paura di dimenticarle di nuovo.  Altre volte la penna rimaneva bloccata e lei con rabbia strappava il foglio riempendo quello successivo carico di sentimento,  a volte guardava la stanza, guardava la porta, forse per paura che le emozioni entrassero all’improvviso e che i ricordi appassissero come fiori.
La porta si aprì portando con se’ i cattivi pensieri, la signora dallo sguardo triste si irrigidì facendolo diventare severo.
-Rosaline, sono le sette, devi prepararti per la scuola, è meglio che tu ci vada, sarà l’ultimo giorno che passerai in compagnia dei tuoi amici.-
Rosie mi guardò. – Proprio così furbone ! Anche oggi non mi avrai tra i piedi !-
E mentre la ragazza si preparava, appoggiata alla porta c'era la donna dagli occhi tristi e dal forte carattere, che con uno sguardo materno la osservava. 
 
                                                                                                         ***
 
Ciao a tutti !! Questo è il mio terzo capitolo, non volevo concluderlo in questo modo, ma il quarto sarà sicuramente pieno di emozioni ! Spero vi sia piaciuto ! Sarei davvero entusiasta se qualcuno di voi mi desse un parere ! 

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Capitolo 4
*** -Portami via con te.- Disse tristemente. ***




                                                                         


                                                                                                             P o r t a m i    v i a    c o n    t e. 

 


<< Le prime foglie di autunno iniziarono a staccarsi aggraziate dai rami, esse volteggiarono in aria; alcune parevano voler precipitare veloci, in cerca di una meta, una fine. Altre, Invece, parevano rallentare fino a quasi fermarsi a mezz’aria, immobili, per poi raggiungere le altre vorticando rapidamente. Altre ancora si scontravano tra loro, unendosi in un’unica e meravigliosa foglia per poi tornare in fretta come prima allontanandosi insicure l’una dall’altra. E come esse anche la giovane mente di Rosie vorticava tra i pensieri e i ricordi, le parole non dette e quelle ancor da dire. >>

 Una leggera brezza arruffava un poco i neri capelli di Rosie, che un po’ malinconica e con passo svelto si dirigeva a scuola, una scuola che avrebbe salutato una sola, un’unica e ultima volta. I capelli svolazzavano qua e là solleticandole la vita, le  automobili correvano velocemente producendo un rumore che fu per Rosaline come un sussurro, concentrata com’era a non pensare, a non ricordare..
Non era un bruttissimo avvenimento, il trasferimento, anzi, avrebbe incontrato persone nuove, volti nuovi magari con animi diversi, con pensieri migliori. Magari un luogo dove i ricordi sapevano di felicità, magari un luogo dove correre spensierati, magari un luogo in cui non fosse necessario l’aggiunta del trucco ogni mattina, un luogo dove essere se stessi, un luogo dove poter innamorarsi, un luogo dove poter cantare a squarciagola anche a tarda notte, un luogo dove raccontare i segreti alle amiche, un luogo dove divertirsi, ballare, scherzare, litigare, imbrogliare, dimenticare, ricordare, parlare, guardare e osservare con occhi diversi.
Un posto, uno spazio, un attimo, un istante, un momento in cui poter fare tutto, tutto il possibile per essere migliori, felici.
 Entrata in classe Rosie si stupì, l’aula era vuota, guardò meglio e vide il caro Henry intento a ripassare i suoi preziosissimi appunti.
-Ciao !- Urlò lei.
Il biondo sobbalzò. –Ciao, anche oggi sarai così pazza ? Non ti permetterò di farmi correre come l’altro giorno. -
-Ah no ? Hai paura di perdere chili ? Comunque non ti preoccupare, toglierò il disturbo, da domani non mi vedrai più.- Affermò la ragazza con un sorrisino.
Il ragazzo impallidì, sbarrando gli occhi color ghiaccio.
-Mi trasferisco.- Concluse lei.
Henry scattò verso il volto di lei e improvvisamente, quasi fosse irreale, la baciò.
Fu un bacio senza emozione, fu un bacio da non ricordare, fu un bacio che però, valeva la pena di essere vissuto. Un bacio rapido, le due lingue danzarono in armonia per un istante per poi staccarsi dispiaciute poiché quello fu un bacio di addio, un bacio triste e bagnato, un bacio bello.
-Perdonami.- Disse il biondo quando i due volti si allontanarono e le guance di Rosie si accesero di un rosso brillante.
La ragazza sorrise. –Lo sai? Non mi è affatto dispiaciuto. Ti voglio bene Henry, molto.-
Detto questo lo baciò sulla fronte e si voltò allontanandosi sempre più fino a sparire, e con lei anche la vista dei suoi splendidi capelli corvini dilettarono Henry per un’ultima e indimenticabile volta.
-Portami via con te. – sussurrò tristemente.
Quel giorno Rosaline vagò spensierata per le vie della città, passeggiando accanto alle vetrine, non si domandò neanche il perché in classe non ci fossero stati i suoi compagni. Non le importò.  Se davvero questo era l’inizio della sua nuova vita, voleva viverlo al meglio, assaporandone gli attimi più belli, trascurandone i peggiori.
Quando la giornata terminò e gli ultimi raggi di sole illuminarono la città, Rosie decise di tornare a casa, ormai si era fatto tardi e doveva prepararsi per il lungo viaggio.
Aprì lentamente la porta, io la stavo aspettando sul davanzale, aprii un occhio, sentii i suoi soliti sbuffi e i passi maldestri, così balzai distrattamente sul divano scivolando sotto il termosifone, rimasi incastrato.
Quando Rosei arrivò in cucina iniziò a cercarmi invano, miagolai, lei mi guardò e rise forte, rise con gusto.
- Come diavolo hai fatto a finire là sotto, Arancio ? -  mi tirò fuori e mi accarezzò dolcemente. –Sei proprio un idiota.- 
                                                                                                                           
Domenica/10/12
Quella mattina mi svegliai ed ero ancora stanco, gli occhi tendevano a chiudersi, la testa girava un poco, forse non era la testa, forse era il posto in cui mi trovavo a girare, a muoversi ?
Mi guardai attorno, ero in una di quelle macchine umane che spesso osservavo un po’ impaurito dal balcone, la macchina si muoveva a gran velocità, alberi sfrecciavano dietro di noi, automobili ci superavano, automobili superavamo anche noi. Era proprio divertente, guizzavo da un sedile all’altro per osservare meglio i vari paesaggi, balzavo da un finestrino all’altro, mi arrampicavo sui capelli di Rosie fino a toccare il cofano.
-Buongiorno piccolo esploratore !- Esclamò la ragazza.
Le ore passarono lente, e i paesaggi cambiavano continuamente. Dall’affollata città passammo alla bella campagna e da questa a un deserto paesino di montagna.
Il sole stava cadendo dietro ai monti e Rosaline a stento riusciva a tenere gli occhi aperti, così non resistette e cadde in un sonno profondo. Insieme a lei mi addormentai pur io seduto scomodamente sulle sue ginocchia.

                                                                                             
                                                                                                                               ***

spazio dell'autore:
Salve a tutti !
Ecco il quarto capitolo ! Un misto di avvenimenti che penso vi abbiano lasciati perplessi ! Il quinto sarà inquietante, molto ! Spero vi sia piaciuto questo, se è così non esitate a darmi un parere ! Grazie !
 

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Capitolo 5
*** L'urlo della morte. ***


                                                                       


                                                                                                           L'  u r l o   d e l l a   m o r t e. 

                                                                                                                    

Petali di rosa appassita caddero sul terriccio bagnato. Una cupa atmosfera assorbiva ogni traccia, ogni minima goccia o frammento di pensiero felice. Alberi tristi e spogli giacevano sparsi attorno alla lugubre e piccola casa. Il tetto era coperto di ghiaccio che  scintillava alla luce della luna. Una sfocata e debole nebbiolina avvolgeva una misteriosa fanciulla, ella camminava svelta, smarrita.
Entrò di corsa nella casa, sbattè forte la porta e appoggiò la testa su essa, tremava. Sentì un rumore alle spalle, non era sola, si voltò di scatto. L’atrio era enorme, oggetti antichi erano distesi sul pavimento pieno di crepature dalle quali guizzavano veloci ed enormi ragni, scarafaggi, vermi. Seguirono una serie di avvenimenti. Una piccola porta di legno, che la luce lasciava a stento intravedere, si aprì lentamente, quasi incerta. Liquido di un nero intenso e scintillante scorse rapidamente sul pavimento, esso catturò anche il più piccolo spazio vuoto, riempendolo tutto, circondò i piedi scalzi, nudi, della ragazza.
Aveva i capelli di un nero intenso, che tanto ricordavano le ali di un corvo, il viso pallido. Gli occhi, due misteriosi abissi che trasmettevano dubbio, orrore, panico, affanno, sgomento, coraggio. Lì, immersa nel sangue c’era una ragazza dalla corporatura esile e fragile, dai lunghi capelli scuri, che con un abito bianco sporco lungo fino alle ginocchia, sfidava il buio, la paura. Sentì grida, strilla, urla, presagi. Un brivido le percorse la schiena, si girò e si rigirò su se stessa guardando il soffitto, dal quale pendevano enormi ragnatele che ospitavano altrettanto inquietanti ragni.
Un’ombra oltrepassò l’atrio. La ragazza varcò rapida la porta di legno, entrò nella stanza.
In un angolo, nascosta dalle tenebre, una donna avvolta in un fascio di colore nero che permetteva di intravedere solo gli occhi, era ferma, immobile.
La sensazione era terribile, mani umide toccarono la ragazza sporcandole il vestito. Sudore freddo scendeva dalla sua fronte. La donna alzò la mano e strappò il fascio attorno al volto, che non permetteva la visione della faccia. Orrore. Pelle putrefatta  pendeva dalle ossa, si riconoscevano a stento le labbra tagliate, era letteralmente coperta di sangue, del sangue che si mischiava al fascio nero che l’avvolgeva e scendeva dritto sul pavimento, allagando la camera. La donna aprì l’enorme bocca, eppure non fluì nessun suono, solo sensazioni. La ragazza rabbrividì. Percepì urla, pensieri, attimi di angoscia, di malinconia, affanno,  battiti del cuore che sempre più rallentavano, sospetti, tradimenti, paura, terrore, rabbia, dolore. Ella sospirò,  il suo animo volò via assieme alle sue sensazioni, gli occhi erano morti, il suo sguardo si spense, le gambe non ressero più il peso del suo corpo, si inginocchiò, la testa girava e doleva, l’immagine della donna che aveva in sé una misteriosa per quanto terribile eleganza, si fece sempre più sfocata. Sentì un urlo spaventoso, atroce, violento, ma flebile. L’urlo della morte, che la persuase, la ingannò, la rapì e la catturò per l’eternità.
Rosaline aprì gli occhi di scatto. Si svegliò sobbalzando facendomi cadere dietro al sedile, era turbata e agitata.



Spazio dell'autore: 
Ecco il quinto capitolo, mooolto inquietante ! So di aver scritto poco... ma infondo è solo un sogno e io non sono portata per le storie paurose ...spero vi sia piaciuto lo stesso, grazie !

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