-Spells&Love-

di Medy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -Prologo- ***
Capitolo 2: *** -Primo Capitolo- ***
Capitolo 3: *** -Secondo Capitolo- ***
Capitolo 4: *** -Terzo Capitolo- ***
Capitolo 5: *** -Quarto Capitolo- ***
Capitolo 6: *** -Quinto Capitolo- ***
Capitolo 7: *** -Sesto Capitolo- ***



Capitolo 1
*** -Prologo- ***


 



-Spells&Love-
-Prologo-

 

 

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Le luci rossastre del tramonto colorarono il paesaggio di una tiepida e romantica luce, il sole pian piano si immerse nello specchio d’acqua che le circondava, e il castello , imponente e antico di secoli, fu inghiottito, dolcemente, dall’oscurità della notte , che avanzò in punta di piedi. Tutto tacque , solo qualche sussurro della natura infrangeva e squarciava, dolcemente e senza violenza, la quiete intorno. Quello spettacolo magico e naturale passò inosservato ai viaggiatori, che distrattamente passarono accanto a quella bellezza fatta di pietra, pietra silenziosa  e per alcuni priva di anima.
“Johanne dove ci troviamo?” Uno dei viaggiatori si fermò ansimando, stanco e sudato. Avevano camminato molto, prima di ritrovarsi in quel luogo solitario e spoglio. Johanne si voltò con la cartina a qualche centimetro dal suo naso, e mordendosi il labbro, esitò prima di fornire la traiettoria al suo accompagnatore. Era giunta la sera sera, e lei non aveva idea di dove si trovassero.
“Non né ho idea Blacke…” Rispose dopo un po’ , accartocciando quella carta inutile, e gettandola sul prato che pian piano sparì alla sua vista, inghiottito anche esso dall’oscurità della sera. Blacke imprecò tra i denti, e rassegnatosi si distese sull’erba alta e soffice, gettando lo sguardo verso il cielo, gia diventato scuro e colmo di stelle che brillavano allegre e fiere, deridendo gli sciocchi umani, che cercavano speranza in loro, disinteressate ai loro desideri. Johanne si trascinò accanto a lui, e lo affiancò, soffermandosi ad ammirare la medesima meta di Blacke, quelle stelle lontane e irraggiungibili .
“Sulla cartina non è riportato alcun luogo simile…” Rivelò Johanne, provocando in Blacke altro sconforto.
“Bene..ci siamo persi nei meandri oscuri e misteriosi della Scozia” .
“ Magari incontriamo qualche folletto o fata… La Scozia è assediata da creature magiche.” Il pensiero di incontrarne qualcuna le fece brillare gli occhi, provocando in Blacke altro fastidio e sconforto.
“ Johanne , la magia e creature magiche NON ESISTONO” lo urlò alla notte , oltre che a Johanne che sbuffò sonoramente.
“non c’è bisogno di urlare in questo modo… Era solo per scherzare…. Guastafeste” Johanne Si sistemò meglio sul letto d’erba, e continuò a fissare il cielo, divenuto più scuro e intenso, con  altre stelle che  lo dominavano. Blacke, suo migliore amico ,  era sempre pronto a distruggerle i sogni, sempre pronto a catapultarla nella realtà.  Consapevole della sua adorazione per le sue congetture  , anche se assurda , che il mondo non era occupato solo da insulsi esseri umani, continuava a urlarle contro, che tutto ciò che farneticava nella sua testa, non era altro che pura  e mera fantasia, fantasia che Johanne non avrebbe mai abbandonato.
 Qualcos’altro condivideva le bellezze della terra, forse ammirandole e apprezzandole più di quanto un uomo potesse fare. Johanne amava sognare e immaginare che i racconti fiabeschi non fossero altro che narrazioni di eventi realmente accaduti, un tempo lontano e diverso da quello.  Ecco perché lo aveva trascinato nei meandri della Scozia, speranzosa di incontrare casualmente qualcosa che avrebbe reso quelle convinzioni reali, e convincere lo stesso Blacke, che di malavoglia l’aveva accompagnata verso quel viaggio insulso e inutile. Avrebbe preferito altre mete a quella, ma l’amicizia che li legava aveva avuto la meglio, e quindi , adesso, doveva trascorrere gran parte dell’ estate alla ricerca di esseri immaginari , frutto di menti troppo folli e deliranti.  Rimasero ad ascoltare il silenzio che pian piano scese intorno a loro.  Era tutto silenzioso, come se fossero in attesa di qualcosa, come se la natura stessa stesse pazientemente attendendo. Un sottile vento scosse i capelli di entrambi, e un buon profumo di fresco ed erba si alzò nell’aria. Johanne lo respirò a pieni polmoni, sperando che ciò non fosse altro che un richiamo, per avvertirli che qualcosa sarebbe accaduto , qualcosa che sarebbe giunto se solo loro avessero atteso e soprattutto, se solo avessero creduto davvero.
“Credo che dovremmo incamminarci . Non ho voglia di trascorrere la notte all’aria aperta” Blacke come sempre riuscì a rovinare quel momento di attesa , distruggendo quel silenzio, che aveva reso al paesaggio un panorama magico. Anche le rovine che si ergevano di fronte ai loro occhi erano spettacolari per Johanne, ma non per Blacke, che alzatosi, le porse una mano, incitandola a lasciare quel luogo.
“ Perché no?Si sta cosi bene. C’è un buon profumo nell’aria, e inoltre ho voglia di visitare le rovine di quel castello” il capo di Johanne si indirizzò all’ammasso di roccia , che a stento, si teneva in piedi. Era lugrube e instabile, lo si poteva vedere anche in lontananza che quelle rovine sarebbero potute crollare sulle loro teste . Solo lui riusciva a vedere quanto fosse brutto quel luogo, e solo Johanne poteva trovare affascinante tutto ciò. Non strinse la sua mano, ma rimase distesa sull’erba , a mostrarsi contrariata. Non si sarebbe alzata di li tanto facilmente, forse nemmeno le maniere forti l’avrebbero convinta  a incamminarsi alla ricerca della strada maestra che li riavrebbe ricondotti in città. Blacke pestò violentemente l’erba, infastidito da quel comportamento infantile. Avrebbe dovuto annotare un pensiero importante che gli attraversò la mente: “non seguire mai più Johanne e le sue folli idee”. Avrebbe dovuto farlo, ma la mancanza di carta e penna, non glielo permise.
Altro silenzio cadde tra di loro, e Blacke si rassegnò,  sedendosi pesantemente di fronte all’amica, che continuava a rimanere stesa a fissare incantata il cielo, ed ascoltare , ammaliata e rapita, la voce della natura. Avrebbero dormito all’aperto, questo ormai era assodato, ma la visita di un terzo componente non era in programma. Sentirono dei passi avanzare cautamente verso di loro. Johanne rimase sdraiata, mentre Blacke estrasse dallo zaino la torcia, che aveva smesso di funzionare molto prima che calasse la notte. Forse sarebbe servita più come arma che come torcia stessa. Non potè puntare la luce verso l’erba alta, ma la figura, che per un attimo sembrò incerta , fu illuminata con folgore dalla luce della luna, che rivelò un vecchio uomo. Alto , magro, dalla lunga barba Bianca. La più lunga Barba bianca che Blacke avesse visto in vita sua. Aveva un naso adunco e storto, sul quale erano poggiato degli occhialini a mezzaluna, che nascondevano due grandi occhi cristallini. Ciò che colpì Blacke fu soprattutto l’abito blu come quella notte che l’uomo indossava. “Solo un maniaco pazzo ci mancava” Sussurrò tra i denti, sussurrò che non sfuggì ne a Johanne che volse il capo verso l’uomo , sobbalzando e indietreggiando verso Blacke, e né all’uomo stesso che sorrise.
“Vi siete persi , ragazzi?” Sembrava divertito, eppure non fece ulteriori passi verso di loro, ma rimase li, a fissarli con aria benevole, aria che insospettì Blacke, che stringendo a sé Johanne, la fece avvicinare ancora di più, fino a trascinarla dietro le sue spalle, impugnando saldamente la torcia.
“S-si , signore” Boccheggiò lui, sentendo Johanne alle spalle,che si allungava curiosa, per guardare meglio l’uomo. Maledetta Johanne e la sua curiosità.
“è molto pericoloso stare qui. Potreste imbattervi in persone poco raccomandabili” Sussurrò, sorridendo ancora. Blacke annuì , sentendo la gola divenire secca e le parole scivolare giu, e perdersi nello stomaco. Erano soli in mezzo al nulla, con un vecchio matusalemme , stravagante e fin troppo sorridente. Era uno psicopatico.
“Signore, ci scusi… Potreste dirci come raggiungere la strada. Abbiamo lasciato la macchina li, e adesso non siamo in grado di trovarla” Johanne lo fece da parte, e gattonò in avanti , non permettendoli più di proteggerla. Maledetta Johanne e le sue stupide domande.
L’uomo sorrise ancora, sistemandosi appena gli occhialini poggiati al naso, che per poco , rischiarono di scivolargli giu.
“Mi dispiace ragazza mia, temo di non potervi aiutare” La risposta fece sbuffare Johanne e gettare Blacke in una nuova furia. Se non sapeva come aiutarli, cosa diamine ci faceva li? Anche lui si era perso? O semplicemente era in cerca di turisti sciocchi e inesperti, per poter appagare i suoi istinti omicidi, nascosti bene da quello sguardo benevole e sorridente.
“ Posso accomodarmi qui? Adoro sollevare gli occhi al cielo, soprattutto quando lo spettacolo è mozzafiato” Aggiunse, ricevendo da Johanne il permesso di unirsi a loro. Blacke continuava a tenersi lontano, attento a scattare verso di lui, se qualsiasi sua azione gli fosse parsa sospetta e pericolosa. Ma l’unica azione pericolosa , soprattutto per le sue ossa, fu sedersi sul manto erboso e soffice, poggiandosi sulle mani a fissare il manto stellato che si estendeva nel cielo. Rimase a fissarlo allungo, in silenzio, non dando peso agli sguardi curiosi di Johanne e quelli diffidenti di Blacke.
“Signore , si è perso anche lei?” Johanne fu la prima a parlare. Incuriosita più che mai di scoprire chi fosse quell’uomo dall’aria cosi stravagante. L’uomo abbassò lo sguardo verso di lei, continuando a mantenere sul suo viso un sorriso vivo.
“No, certo che no” Rispose, per poi ritornare a fissare il cielo.
“Allora perché non sa dirci come trovare la strada? Se lei non si è perso , vuol dire che conosce molto bene questi luoghi” Johanne non la smetteva di ciarlare, e Blacke avrebbe volentieri zittito quella vocina con qualche ciuffo di erba,ma rimase immobile a fissare la reazione dell’uomo che non mutò. Sorrise ancora, distogliendo lo sguardo dall’incanto di quella notte.
“ Conosco bene questi luoghi, ma non la strada che dovete trovare voi…” Risposte ambigue…Era un pazzo, inconsapevole di dove si trovasse o di chi fosse.
“ Eravamo diretti verso Inverness…Ma ci siamo fermati, perché abbiamo visto in lontananza questo meraviglioso castello, e allora abbiamo deciso di fermarci e ammirarlo da vicino…” Johanne non sapeva se quell’informazione sarebbe importata all’uomo, ma sentiva che poteva parlare liberamente, senza temerlo. Blake era fin troppo diffidente , e restarsene in disparte non lo avrebbe aiutato a trovare la strada .
“ Si, questo è un meraviglioso castello, con storie che lo riguardano altrettanto meravogliose” L’uomo abbandonò del tutto lo spettacolo  che si ergeva sopra le loro teste e  si concentrò sui due ragazzi. Sorrise ancora, non la smetteva. Johanne rispose di rimando mentre Blacke era cupo e arcigno.
“ adoro le storie” Confessò Johanne, rapita da quel sorriso che le recava solo pace e sicurezza. Gli occhi limpidi scintillavano nell’oscurità , e la chioma argentea sembrava brillare con le stelle. Quell’uomo aveva qualcosa che non lo accostava ai semplici umani, e Johanne sperò  che le sue sensazioni non fossero ingannevoli.
“ se avete tempo da dedicarmi posso narrarvi la storia che circonda la nascita di questo castello…. “ Blacke lanciò per un attimo la sua attenzione alle mura ormai consumate dal tempo, e si soffermò ad osservare le poche torri che si ergevano verso l’alto, sfiorando appena il cielo. Era maestoso, nella sua fragilità, era tenebroso , nell’oscurità di quella notte. Le storie legate ad esso erano sicuramente storie che non lo avrebbero fatto dormire. Magari era dimora di uno scienziato pazzo, o di un vampiro assetato di sangue e vergini innocenti e ingenue.
“Ci piacerebbe molto…Vero Blacke?” La voce di Johanne lo fece voltare per incontrare il suo sguardo, curioso che implorò , silenziosamente, di ascoltare cosa quell’uomo aveva da dire.
“Si, perché no…dobbiamo comunque rimanere bloccati qui. Una storia può rendere la notte meno noiosa” Si distese nuovamente sul prato, e ritornò a fissare le stelle. Sentì l’uomo ridacchiare divertito, e schiarirsi la voce.
“ Questo non è un castello qualunque. Qui si ergeva, un tempo, una scuola. Non una scuola qualunque. Una scuola di Magia, chiamata Hogwarts” Blacke sentì la voce dell’uomo estendersi in quel silenzio. Divenne calda e soffice, piacevole. Sentì Johanne trattenere il respiro, eccitata all’idea di ascoltare una storia che riguardava la MAGIA. Lasciò l’attenzione a quei particolari, per dedicarsi alla voce dell’uomo che ritornò a squarciare il silenzio. Riprese, e questa volta non si sarebbe interrotto.
“La sua fondazione è datata nel 993, arriveremo anche a questo, ma prima è importante conoscere ciò che ha preceduto la fondazione. Gli eventi che diedero al destino gli elementi giusti per far incontrare i suoi futuri fondatori. Quattro maghi, i più potenti al mondo. Questa parte della storia non è conosciuta da molti, ma io la reputo molto importante , e interessante, anche perché rivela la debolezza che anche un mago potente possiede…. Tutto ha inizio, nel 983, oltre questi luoghi , al di là dei colli, dove adesso l’asfalto e lo smog ha sostituito le bellezze della natura che circondavano un tempo questi luoghi… Vi racconterò la storia di quattro semplici maghi, che si incontrarono per caso, e scoprirono, oltre la propria magia e la propria potenza anche , l’amore, l’ira, la gelosia, l’incertezza e la saggezza…..”
Blacke sentì le palpebre divenire pesanti, e senza volerlo, senza poterlo impedire, si addormentò sotto il cielo ricamato di stelle, ma la voce dell’uomo era ancora viva e piacevole. Si addormentò , ascoltando ogni singola parola pronunciata da quell’uomo misterioso, apparso magicamente sul loro cammino.
 


Angolo Posta:
Salve a tutti, e benvenuti coraggiosi che siete riusciti a leggere tutto senza finire in bagno a vomitare, oppure senza che il vostro pc sia volato dalla finestra per l'indignazione che questa prima parte della mia fic vi abbia potuto recare. Sono tornata con una nuova Fic ( che si va ad aggiungere alle altre ancora in fase di scrittuta e da completare, ma va be , chi più ne ha più ne metta :D ) ...Da questo prologo spero che si sia capito cosa ho in mente... la storia dei Fondatori, prima di creare Hogwarts,e  anche dopo.... e ho trasfomrato tutto in una storia d'amore....eh gia... quindi qui troverete cambiamenti molto radicali nei personaggi.... ci saranno particolari inventati esclusiavemente invenatati da me! e altri invece riporteranno la realtà....spero solo che questa mia idea, balenata nella mia mente a causa di un disegno trovato nel web, possa piacervi.... quindi.... spero di ricevere qualche piccolo commentino..... eeee....alla prossima!!!!!!!
Sfiammella.....<3
P.s Johanne e Blacke non avranno alcun ruolo importante, ma sono due personaggi da "transito", e l'uomo che hanno incontrato, bhe....INDOVINATE UN Pò CHI  è ?? hahahahah!!!! A prestooooooooooooooooooooooooo!! <3 <3 <3 !

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Capitolo 2
*** -Primo Capitolo- ***


 

-Spells&Love- 
-Primo Capitolo-

 

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La terra di THE FENS , zona situata nella parte Orientale della maestosa e potente Inghilterra, non aveva mai vantato di gran bellezza e prosperità  . Con le sue paludi che impedivano la coltivazione anche del più semplice foraggio , con il cielo sempre grigio, che non lasciava trasparire il minimo raggio di sole, che potesse donare a quel luogo un’anima viva e allegra. Anche gli abitanti avevano risentito degli effetti della palude , divenuti arcigli e poco amichevoli. Lavoravano come muli, per ottenere risultati degradanti e poco soddisfacenti. Solo con l’arrivo di  una famiglia di nobili Duca , eleganti e con ricchezze inaudite , sul quale aleggiavano storie inquietanti che rendevano lo spirito degli abitanti più cupo e sospettoso, la Terra aveva iniziato a risorgere e progredire. Gli Slytherin , erano giunti lì improvvisamente, nessuno riusciva a collocare la loro provenienza, anche perché le caratteristiche fisiche non erano ben definite e difficili da collocare.Avevano visi sottili, occhi perfettamente delineati, e pelle olivastra, del tutto differente da quella giallognola e molliccia degli abitanti di THE FENS.
 Con il loro arrivo , THE FENS aveva iniziato a progredire, e le paludi , non erano divenute più un reale problema e la malaria o la dissenteria, dovuto alle acque malsane , furono disfatte da quella terra , dando agli abitanti la possibilità di vivere qualche anno in più.
 Ma nonostante ciò, Si raccontavano storie raccapriccianti sul loro conto, anche perché, il vecchio e ricco Duca Slytherin era un noto e talentuoso farmacista, e creatore di intrugli capaci di eliminare pustole abominevoli o tossi isteriche. Molti accostavano questo talento al sospetto che il Duca Slyetherin avesse stretto un patto con il diavolo stesso, ma dopo la sua morte, avvenuta per cause naturali, i Villani avevano abbandonato queste teorie bigotte e poco realiste, e avevano iniziato a guardare il forte e la famiglia Slytherin come la salvezza che avrebbe donato a quelle zone malsane e paludose un futuro e una speranza. La Duchessa Slytherin donna di brillante e indescrivibile bellezza, dopo la morte del marito, trascorreva gran parte delle sue giornate all’interno del castello, ma aveva dimostrato subito grande solidarietà e benevolenza, ospitando all’interno della sua dimora, donzelle che l’aiutassero a gestire l’enorme e maestoso luogo  , con in cambio generose donazione di denaro che molti pensavano sgorgasse come acqua in un fiume in piena. L’unico a insospettire ancora i Villani, nonostante le numerose imprese di generosità ricevute prima dal Duca, poi dalla Duchessa, era l’unico erede di quella famiglia. Il giovane Salazar Slytherin. Solo soffermandosi sul viso si poteva scorgere qualcosa che non andava giu a molti di loro. La bellezza ereditata dalla madre, era deturpata dai grandi occhi neri e cupi, che guardavano e scrutavano ogni cosa con fin troppa bramosia . Erano aggressivi,penetranti e oscuri , molti li definivano gli occhi del Diavolo. Salazar appena sedicenne poteva essere considerato un uomo bello e fatto ma non si ostinava a trovare moglie. Molti Villani , avrebbero dato volentieri la propria figliola , nonostante il sospetto della malvagità del ragazzo, che non si degnava minimamente di porgere   un solo sguardo sulle  giovani donzelle che si presentavano al suo cospetto. Qualcosa non andava in quel ragazzo, e i Villani di THE FERS accostavano quella  stranezza , quella indifferenza al corpo femminile, e quel silenzio che accompagnava il suo passaggio, alla mano del Diavolo, poggiata su di lui .
 
 
“Salazar !” Il vaso di cristallo che lievitava per l’enorme ed elegante salone, illuminato da alcune candele si frantumò sul pavimento di pietra , cospargendolo dei suoi cocci , che rotolarono in direzione differenti . Il giovane appena richiamato si voltò contrariato verso la donna ,che con passo affrettato e affannato, lo raggiunse. Gli occhi neri come la notte  del giovane la fissarono torva, mostrando il disturbo che gli aveva appena recato .
“Rischiare cosi imprudentemente di venir colto dai domestici” Rimproverò l’elegante donna , assottigliando appena il tono della voce, temendo di essere ascoltata e tradirsi involontariamente. 
“Madre , stavo solo esercitando il mio potere. Inoltre non dovremmo permettere a degli insulsi babbani di occupare la nostra dimora” Il giovane Salazar, distolse lo sguardo dalla madre, per puntarlo sui frammenti di cristallo , che si sollevarono secondo il suo volere , per ricomporsi e formare nuovamente il vaso che si adagiò con delicatezza sul piano di marmo. Era ritornato esattamente come prima. E il giovane aveva disobbedito alle richieste della madre, che sospirò stanca e rassegnata.
“Non possiamo rischiare di mostrarci ai babbani . Salazar, conosci bene i limiti della mente di questa gente. Sono ignoranti e superstiziosi, e mostrare la nostra magia ci condurrebbe solo ad una vita di persecuzioni” La donna , la Duchessa di The Fers, si avvicinò  al giovane, che scostandosi da un abbraccio dato al vento, la sfidò con gli occhi cupi e penetranti.
“Potremmo soggiogare la mente di questi stolti, condurli persino alla pazzia se solo volessimo. Renderli succubi di noi, renderli schiavi, invece tremiamo alla loro presenza, nascondendo la forza che racchiudiamo. Che senso ha avere cosi tanto potere e non poterlo usare?” le candele si spensero di colpo, dando al buio il consenso di scendere su di loro e nascondere lo sguardo spaventato della donna. Suo figlio, Salazar Slytherin , giovane mago, ancora inesperto nelle arti magiche, era capace di incuterle terrore.  Nonostante fosse buio, e alcuna luce pareva provenire dalla palude che circondava il forte situato nella zona di THE FENS , Sul giovane e sottile viso era visibile la rabbia , rabbia dovuta al dover essere costretti a nascondersi, a causa delle persecuzioni che da anni  ormai aveva reso la vita dei Maghi e delle Streghe che occupavano i territori della Gran Bretagna, un inferno in terra. La Duchessa dovette  cercare tutta la forza che racchiudeva nel suo corpo per trovare la calma necessaria e non tradirsi mostrando il terrore che in quel momento provò verso il suo giovane e unico erede . In suo figlio era rinchiuso un enorme potere, potere che non sarebbe stato assopito  per abbastanza tempo. Era bramoso Salazar, astuto e curioso. Curiosità che lo avrebbe condotto alla grandezza, ma anche verso una strada difficile e oscura.
“Mio caro figliolo. Noi siamo esseri superiori, non abbiamo bisogno di mostrarci al mondo. Possiamo vivere nel nostro piccolo angolo e osservare come la vita di questi insulsi Babbani, prosegue senza poter divenire migliore. Cresceranno e moriranno nella loro ignoranza, nelle loro credenze, mentre noi, vivremo una vita priva di rinunce, paure o povertà. Noi Slytherin siamo destinati alla grandezza , alla potenza, a dominare sul mondo magico . Non lasciare che il limite della mente Babbana ti conduca verso la rabbia e l’odio” quelle parole fecero cadere il silenzio tra di loro, interrotto poi da un debole suono . La Duchessa sentì le mani del figlio giocherellare con la catena che portava al collo. Il medaglione che dimostrava l’appartenenza ad una delle famiglie magiche più potenti al mondo. Il medaglione della sua casata, che gli avrebbe sempre ricordato, la sua superiorità innata. Quel medaglione ereditato dal padre, morto solo anni prima, lasciando ogni suo tesoro nelle sue mani inesperte e giovani. Tesoro che Salazar non aveva mai trovato invitante o entusiasmante, a differenza dei libri antichi e potenti, racchiusi nella libreria , anche essa ereditata . Trascorreva ore e ore in quel luogo buio, sperimentando ogni cosa, sperimentando anche le magie proibite . E la madre, disperata non sapeva come frenare quell’impulso di bramosia e sete di conoscenza. Le candele si riaccesero nuovamente, dando luce all’ambiente. Salazar era fermo, immobile  a fissare il medaglione, esattamente come la madre aveva previsto. Sorrise dolcemente la donna, aspettando un sorriso come risposta. Ma le labbra non si curvarono, non assunsero alcuna forma che poteva essere accostata ad un sorriso. Lo sguardo rimase arcigno e le labbra assottigliate, prive di forma o espressione. Forse non avrebbe mai più visto un sorriso che illuminava quel volto tanto bello e cupo. Forse Salazar era destinato a non ritrovare mai più l’espressione dolce, che l’adolescenza si era portata via.
“Madre , ho bisogno di uscire…” Sospirò, alzando il capo, e voltandosi verso di lei.
“Ti faccio preparare un cavallo….” Ma prima che potesse chiamare uno degli stallieri, Salazar la fermò per un braccio.
“Madre, si conceda del tempo per lei. Posso fare da solo. Ormai sono uomo” Le strisciò accanto, e senza accertarsi che il suo consiglio potesse essere preso in considerazione, uscì da quel luogo cupo e freddo, lasciando la donna annegare nelle preoccupazioni e nel timore. Suo figlio aveva marchiato addosso il destino della strada verso l’oscurità, che lo avrebbe divorato e reso vuoto, privo di sentimenti, privo di cuore, privo di anima, assetato solo di rabbia  e conoscenza. Ingorda e insaziabile conoscenza.
 
Salazar era stanco di quegli insulsi , bigotti, ossuti, sdentati e maleodoranti babbani che occupavano gli angoli della sua dimora , degradandola e rendendola putrida e priva di eleganza. I suoi studi, i suoi tentativi di migliorare la sua magia, avveniva in segreto, come se ciò che lui era fosse una vergogna. Avrebbero dovuto vergognarsi loro per non essere nati come lui. Maghi potenti, con una gran fame di conoscenza e di potere. Ogni giorno doveva assistere alle imprese poco interessanti di quegli insulsi esseri, che conducevano una vita all’insegna del nulla. Non conoscevano nulla. Non ammiravano il cielo di notte per scoprirne i segreti e le meraviglie che gli astri avevano da offrire, non assaporavano la bellezza dei libri,  custodi di conoscenza e di potere. Non cercavano in alcun modo di comunicare con la natura, forte, indominata , malvagia e dolce. Erano solo ingordi e lussuriosi. Più li guardava e più ringraziava gli astri di avergli donato quella forza che fremeva dentro di lui, prepotente e desiderosa di uscire per mostrarsi al mondo, per mostrarsi anche a quel mondo.Uscì dal forte e   Indossò il mantello, per coprire il suo corpo dall’umidità che circondava quel luogo, e incamminandosi nel fango raggiunse i boschi, perdendosi nei fitti alberi di muschio. Avrebbe raggiunto la sua meta non a cavallo. Quell’animale non era destinato a trascinare pesanti carichi o uomini troppo pigri da poter utilizzare le gambe. Quell’animale era destinato a correre libero, senza meta, senza vincoli e senza timore, per i boschi, per i prati, per la terra, senza che nessuno potesse dominarlo. E lui non avrebbe utilizzato quella bellezza per raggiungere la sua meta, anche perché  era molto lontana dal luogo in cui si trovava in quel momento. Si incamminò ancora per un po’ nella fitta e cupa foresta, allontanandosi sempre di più dalla sua dimora e dagli occhi indiscreti dei villani.Raggiunse il punto più fitto e oscuro che la foresta aveva da offrirgli. Si guardò intorno e assicurandosi di non essere visto o seguito, chiuse gli occhi , allontanando da se qualsiasi forma di pensiero. Si concentrò , restando in ascolto solo del proprio cuore che palpitava frenetico. Si concentrò ancora, fino a zittire anche quell’ultimo rumore. Sentì solo un vuoto allo stomaco, sentì la melma abbandonare i suoi piedi, e il freddo e l’umidità cancellarsi dalle ossa. Riaprì gli occhi, e l’enorme vallata che si estendeva ai suoi piedi fu uno spettacolo che gli mozzò il fiato , quasi a farglielo mancare del tutto. Era la prima volta che osava utilizzare quella magia, trovata per caso in qualche libro,uno dei numerosi libri della sua enorme biblioteca. Si era allontanato dalla sua dimora , abbastanza da tenere sua madre, sciocca donna , fuori dai suoi affari. E adesso era solo desideroso di incamminarsi per quelle valli, tracciarne ogni angolo e scoprirne ogni bellezza. Il sole era alto e brillava fiero nel cielo limpido e cristallino. Quel luogo era completamente diverso dalla sua dimora, e per la prima volta, Salazar  , sentì una pace scaldargli il cuore, esattamente come il sole in quel momento gli scaldò il viso. Un buon profumo si poteva assaporare per quel luogo, e Salazar si incamminò , incerto e inesperto per quei luoghi, tralasciando il particolare di non conoscere dove si trovasse.
In lontananza scorse un piccolo villaggio, con case molto rudimentali, e un gran numero di abitanti che si si sperdevano in quel verde lucente. Più si avvicinava a quel luogo e più sentiva il  cuore divenire leggero, e quando si trovò abbastanza vicino a quel villaggio, potè notare la spiazzante differenza che rese THE FORSE l’opposto di quel luogo misterioso. Cosa aveva pensato quando aveva deciso di lasciare il luogo cupo? Cosa aveva ricamato nella sua mente, per essersi ritrovato li? Nulla, oltre il desiderio di allontanarsi da ciò che non riusciva a definire casa sua.  Rimase incantata ad osservare i gesti quotidiani e semplici di quei villani, che parvero non accorgersene della sua presenza. Le donne ridevano nel compiere i lavori duri e casalinghi, i bambini si rincorrevano e si gettavano nel laghetto che al contatto con la luce , creava un manto cristallino che lo ricopriva del tutto, e alcuni uomini rientravano , con carichi di legna e pietra, mantenendo un aria allegra e priva di sforzo o dolore. Erano babbani del tutto diversi a quelli che lui era costretto a incontrare ogni giorno. Era tutto diverso in quel luogo, e per la prima volta , non si sentì disgustato di fronte a loro.
“Qual buon vento la spinge in questi luoghi, My Lord?” Salazar voltò appena il capo, richiamato da una voce frizzante e dall’accento marcato . Una donna anziana, bassa e tarchiata, con tra le braccia un grosso cesto colmo di mele, lo guardava sorridendo. Aveva grandi occhi nocciola, curiosi.
“ Nessun vento, donna. Ho solo curiosità di sapere dove mi trovo” Si voltò del tutto fronteggiandola. Il sorriso non fu cancellato dal suo viso, nonostante avesse incontrato lo sguardo cupo e freddo del giovane, che non fu influenzato da quel volto curioso e dolce.
“In Scozia, my Lord. Precisamente nel Glen di Madama Revenclaw. Scommeto il mio cesto che lei si trova qui per chiederle la mano. Lei è un giovane di Gran bellezza , non c’è dubbio, ma non credo che basterà questo per convincere la benevole Helga. Sono giunti anche altri uomini come lei, anche un principe, si vociferava , ma tutti sono andati via a mani vuote, e il Glen è ancora solitario, in mancanza di un uomo che lo possa condurre avanti.  Ma non si faccia scoraggiare dalle sciocche parole di una vecchia signora. Lei è giovane e la forza non le manca. Avrà altri mille qualità, e forse Helga con lei sarà più clemente” Quella donna parlava un po’ troppo, la voce era fin troppo gracchiante, e gli occhi fin troppo curiosi , eppure riuscì a sollecitare la curiosità di Salazar, che voltò lo sguardo verso la vallata, intravedendo in lontananza un enorme castello, che maestosamente guardava e sorvegliava il piccolo villaggio che si estendeva ai suoi piedi. La stessa curiosità che lo avrebbe condotto a solcare i cancelli di quella dimora per incontrare la Dama , del quale tutti, secondo le parole della Babbana, erano invaghiti. Nei suoi progetti non era presente il desiderio di trovare moglie, ma ciò non lo avrebbe fermato e non lo avrebbe trattenuto lontano da quel luogo che lo affascinava, nonostante fosse immobile pietra.
“ Se vuole posso farla accompagnare” Aggiunse la Babbana. Salazar scosse stancamente la mano, sperando che si zittisse, e senza dare risposta si incamminò verso quel castello. Lo avrebbe raggiunto da solo, senza l’aiuto di alcun Babbano.
Lo raggiunse, ma per farlo dovette impiegare tempo e forza. Aveva iniziato a incamminarsi quando il sole era ancora alto, ed era giunto quando il sole era  calato, quasi   a sfiorare il lago, lasciando dietro di se una scia bluastra e rosea , che pian piano illuminò il luogo di una luce aranciastra, tramontale  . Entrò nel perimetro di quel luogo, fermandosi a pochi metri dai cancelli che si protendevano eleganti e maestosi verso l’alto, e  sentì un brivido percorrergli la schiena, brivido non di paura, ma brivido di sensazione. Quel castello non era un castello qualsiasi, Salazar percepì un potere quasi intenso e potente come il suo. Potere che apparteneva alla Signora di Quella dimora. Forse avrebbe avuto il piacere di incontrare qualcuno come lui, desideroso di potere e vittoria. Desideroso di conoscenza . Si avvicinò ai grandi cancelli e stendendo un mano verso di loro,  cercò di spalancarli, ma egli non si mossero. Rimase allungo a fissarli, cercando di trovare il modo do piegarli al suo volere. Si concentrò su di essi, e protese nuovamente la mano.
“Alhomora” Urlò, ma questi non si spalancarono, ma ciò che accadde fu la prova ai sospetti di Salazar. Quel castello era una dimora magica e la sua padrone lo sarebbe stato altrettanto. Un viso fatto di ferro battuto si formò al centro dell’entrata. Un volto privo di pupille, privo di lingua, denti o altro. Solo una sagoma, simile ad un volto di donna.
“ Se tu qui vuoi entrare, una mente brillante mi devi mostrare. Spalancare le mie porte non è un arte soprattutto se la tua mente è di malaparte. Se vuoi conoscere i miei segreti, fatti avanti senza insulsi apoforeti. Io premio la mente brillante che con le sue parole saprà mettermi da parte…” . Salazar accigliò appena , sorpreso di scoprire un modo tanto originale per tenere i lenti di mente, lontano da quel luogo e magari dalla stessa donna. Per lui non sarebbe stato un problema, la sua mente era veloce e brillante e avrebbe costretto quei cancelli a spalancarsi al suo cospetto.
“Sono pronto” Esclamò, mostrando la sua ostinata voglia di varcare i cancelli. La sagoma sorrise e ritornò con le sue rime roche.
“ Se una prova supererai nei miei giardini ti avvicinerai. Se invece la tua risposta non mi soddisfa l’unico rimedio è quello che ti disfa” Salazar incrociò le braccia al petto, gia stanco di ascoltare quelle cantilene poco stimolanti ed originali. Attese ancora , poi la sagoma di ferro si contorse ancora, e la voce cambiò. Questa volta era sottile, calda, e ammaliatrice. Il sole iniziava ad imbrunire, ma il color aranciastro era ancora dominante nel cielo.
“La pozione Magica deve bollire per 45 minuti esatti poi ne berrai una coppa. Così il potere sarà tuo.

Ma attenzione ! Se la lascerai bollire un minuto in più od in meno la pozione metterà fine alla tua vita e finirai nel regno degli inferi….

Sei in una caverna non ci sono clessidre o altri strumenti per calcolare il tempo e fuori nella fredda notte il cielo è coperto dalle nuvole, è buio e non ci sono le stelle.
Hai solo due corde incatramate, ognuna di esse brucia in un ora esatta
Le due corde incatramate sono irregolari e di diverso spessore e lunghezza.
Come fai a calcolare 45 minuti esatti con solo due corde incatramate da un’ora l’una
?”. Aveva lasciato le rime per dedicarsi a indovinelli in relazione ai numeri e alle pozioni. Salazar sentì che la fortuna quella sera era dalla sua parte. Chi migliore di lui avrebbe potuto indovinare il responso finale? Lui che con la sua mente brillante sarebbe arrivato ovunque, e quella dimora non sarebbe stato un limite per lui. La risposta era gia pronta nella sua mente, balenata quasi subito dopo aver ascoltato le parole del viso. Ma rimase in silenzio , per dare a quella sfida il particolare gusto dell’incertezza, gusto che sarebbe mutato in quella della dolce e succosa vittoria. Ghignò appena, e sistemandosi il mantello che poggiava sulle spalle, si schiarì la voce .
“Prenderò  la prima corda e la accenderò  da entrambe le estremita'.
Contemporaneamente accenderò  anche un estremo della seconda corda.
Quando la prima corda brucia completamente sarà passata mezz'ora.
La seconda corda nel frattempo sarà bruciata per una sua parte E ne resterà mezz’ora quindi . Accenderò  in quel momento l'altra estremita' e quindi in altri 15 minuti si brucerà completamente” Il volto rimase immobile per alcuni secondi,per poi aprirsi in un sorriso benevole. Non disse altro, ma i cancelli si spalancarono di fronte a lui, e Salazar potè entrare nel maestoso ingresso di quell’incantevole dimora. I giardini erano magnifici. Piante esotiche, rare e mai viste si aprirono di fronte a lui. Piante carnivore si dimenavano solitarie, un Platano Picchiatore sospirava al centro di un giardino, circondato da fiori che si lasciavano al vento , trotterellando come fate intorno ad esso. Un buon profumo gli pizzicò il naso , e un debole sorriso diede a quel viso la bellezza che meritava. Quel luogo era magnifico e il potere che scaturiva in esso, diede a Salazar un motivo in più per conoscere la dama che occupava quei luoghi, e per rubare i segreti che racchiudeva in esso. Camminava senza fretta, ammirandone le bellezze piantate in quel luogo . Chi se ne curava, aveva una mano esperta e dolce. Le piante erano cresciute con dedizione e amore, lo si poteva scorgere dal modo in cui si muovevano o brillavano. Camminò ancora, per poi fermarsi. Una lieve musica, dolce, ammaliante, proveniva da uno dei giardini posti verso l’oriente. Era una musica che Salazar non potè fare a meno di ignorare, e desideroso di scoprire chi fosse l’artista di tanta bellezza, si diresse verso la fonte di quel suono e quando la trovò qualcosa cambiò dentro di lui. Ciò che vide potè essere considerato una bellezza priva di nome, di descrizione e appellativi. Aveva lunghi capelli neri la ragazza , che allegramente, danzava a passo di quella musica, proveniente da un’arpa che suonava solitaria. L’abito blu come la notte le cingeva il corpo sottile , dando la libertà alle spalle di mostrarsi nella sua bellezza. La pelle era di un chiarore quasi cristallino, e quel volto non potè trovare confronti. Era sottile, con guance ben pronunciate e labbra rosse e piene, e gli occhi, spiazzarono il giovane Salazar. Di un celeste tanto limpido da avvicinarsi al chiarore del cielo in quel momento, che piano si colorava di stelle. Era occhi mai visti quelli, occhi che lo resero sciavo. Sentì qualcosa cambiare dentro di lui. Sentì un dolore al cuore, come se un coltello , agilmente e silenziosamente, lo avesse lacerato appena. Le gambe forti sembrarono cedere, e incollarsi al prato, e il suo sguardo fu rapito completamente da ella. Non riusciva a distaccarsi da lei, non riusciva a non guardarla, scorgendo ogni debole e sottile particolare, perfetti, forse intramontabili. Sarebbe rimasto li, per sempre , pur di vederla danzare, pur di vederla semplicemente. Sul capo aveva un piccolo diadema, che brillava con lei. Forse lei era la dama tanto ambita? Adesso le parole della Babbana assunsero un senso logico e condiviso da Salazar. Rimase ancora, in silenzio, in disparte, fuori dal mondo, a fissarla, tanto da non notare la sera scendere su di se, tanto da non notare che la meravigliosa melodia cessò.
La ragazza si voltò, notando quella presenza estranea, e solo quando tirò un sospiro di paura, Salazar rinvenìì da quel sogno. La ragazza indietreggiò, impaurita, portandosi una mano al cuore?
“Chi è lei? Come ha fatto a varcare i cancelli?” la voce era rotta da un tono timoroso, eppure Salazar avrebbe ascoltato quella voce, più volte, perché come quella non né aveva mai ascoltate.
Non rispose, solo lei avrebbe parlato, perché se l’avesse interrotta quella voce melodiosa sarebbe stata distorta, rovinandone la perfezione. La fissava con i suoi occhi scuri e cupi, la fissava con il suo viso serio e privo di gioia, la stessa gioia che aveva scorto nella danza della dama.
“Perché non risponde? Non ha la lingua?” La ragazza si sporse appena verso di lui, incuriosita e impaurita allo stesso modo. Salazar continuò a rimanere in silenzio. Non avrebbe parlato. Non lo avrebbe fatto. Non avrebbe rovinato quella perfezione.
“ Se non parla, non saprò mai chi è lei” Aggiunse, facendosi scivolare via quel timore che l’aveva assalita un momento prima. Rimase a fissare il giovane, apprezzandone la bellezza, ma temendone lo sguardo. Era bello, ma privo di gioia. Era alto e aitante, ma privo di grinta . Non era un cavaliere, ma i suoi abiti parlavano per lui, come il medaglione che portava al collo. Era un nobile, forse un principe o un Duca. Ed era bello.
“ Siete qui per chiedere la mia mano?” Domandò speranzosa. Di tutti quelli giunti al suo cospetto nessuno avrebbe retto al giovane che continuava a rimanere zitto. Avrebbe tanto voluto ascoltare la sua voce. Forse era altrettanto bella.
“Se non è per questo, allora , siete qui per Helga? Siete anche voi un suo discepolo?” Continuò a rimanere zitto, e la dama iniziò a innervosirsi. Pestò con ira il piede sull’erba, e il volto si contorse appena in una smorfia di rabbia.
“Insomma! Parli” Ordinò, ma Salazar rimase zitto.
“Rowena, sii più garbata con il nostro ospite” Una terza voce raggiunse i due. Una donna dai lunghi capelli rossi come il tramonto e dal viso dolce e luminoso, raggiunse con passo adagiato entrambi i ragazzi, posizionandosi alla sinistra della Dama,che finalmente aveva un nome: Rowena. Mai più bel nome l’udito di Salazar avrebbe ascoltato.
“ Helga, scusa la mia aggressiva voglia di far prendere parola al nostro ospite. È riuscito a varcare i cancelli e adesso avrà anche il diritto di riscuotere il premio” Rowena voltò lo sguardo verso Helga. La stessa Helga, che a detta della Babbana avrebbe deciso per lei. Salazar sentì la voglia di osservare ancora quello sguardo che si era appena distolto da lui e per farlo avrebbe dovuto aprir bocca e dar adito alle parole.
“Mia signora, perdoniate la mia curiosità, ma sono giunto qui, desideroso di conoscere i segreti che i cancelli nascondevano al loro interno. Io sono Salazar Slytherin, Duca di THE FENS” Rowena si voltò verso di lui, esattamente come aveva previsto, sorridendo appena. Quella voce era come lui , bella e forte, cupa e roca. Se lui fosse stato il suo destino, lo avrebbe accettato più che volentieri. Helga sorrise alle parole del giovane.
“Salazar  , giovane e curioso mago, nella nostra dimora , chiunque è ben accetto. Quindi anche tu sei il ben venuto” Gli si avvicinò, e con la stessa dolcezza del suo volto, lo strinse in un caloroso abbraccio.
“Nessuno mai è cacciato via, soprattutto se non ha ancora assaggiato le delizie che io stessa mi prodigo a sfornare. Giovane Salazar , permettimi di invitarti nella dimora dei Rewenclaw” E cosi facendo, lo affiancò, spingendolo con delicatezza verso il castello. Rowena gli camminava accanto, curiosa e affascinata da quel giovane, che con portamento fiero , camminava senza degnarle di un solo sguardo. Non si retrasse , ma accettò l’invito della donna, incamminandosi silenziosamente in quel luogo.
Helga spalancò le porte del castello, con un solo movimento della mano. Aveva percepito la forza del giovane ancora prima che potesse varcare i cancelli. Era potente Salazar, era dotato di una forza mai sentita prima. Ma in lui Helga scorse anche una traccia di oscura conoscenza e sapeva che non sarebbe stato in grado di gestirla facilmente. Invitarlo ad entrare fu la scelta migliore, e con un po’ di fortuna lo avrebbe convinto a rimanere li, e a permetterle di dargli i giusti insegnamenti esattamente come ormai faceva da quattordici anni con la sua adorata Rowena.

 

Angolo Posta: ECCOMI con il primo capitolo!!!! Allora, ho iniziato con Salazar Slytherin… il motivo? Bhe…lo adoro! XD !! Il giovane Salazar è stupendo, e l’ho reso molto simile a ….TOM RIDDLE! Bramoso di conoscenza, voglia di potere, arrabbiato verso i babbani che lo costringono a doversi nascondere!! Si vede che sono parenti?? Hahahaha…
L’ho reso un Duca… anche perché non so realmente quale sia il suo vero titolo nobiliare, è di mia invenzione… però dai, dite la verità, gli dona!!....Per quanto riguarda Rowena e Helga , anche loro hanno qualche tratto di mia invenzione. Rowena è la più giovane, ed Helga invece no…L’ho resa la madre dei quattro ( per adesso sono tre, ma Godric non tarderà ad arrivare) e avrà un ruolo importantissimo, anche perché a questa povera casa non si da mai un’importanza che merita. Sarà la guida di tutti!!..... Comuqnue, spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto e spero di ricevere qualche commentino, anche critiche non preoccupatevi!!! ;) …A prestooooo!!!! Un baciooo….
Sfiammella! <3

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Capitolo 3
*** -Secondo Capitolo- ***


Spells&Love
-Secondo capitolo-
 

 
“Dove vuoi portarmi?” Rowena alzò lo sguardo cristallino verso Salazar , che accennando appena un sorriso le aveva porto la mano, invitandola a seguirlo, e lasciare il suo studio al dopo. Era tardo pomeriggio, e le lezioni di Helga erano concluse. I due giovani erano liberi , e Salazar avrebbe sfruttato quella libertà al meglio.
“Seguimi….” Rispose, sperando di trasmetterle la   giusta sicurezza che l’avrebbe indotta a seguirlo, con il solo sguardo. Rowena esitò per un po’, guardò più volte il libro antico. Le morbide e rosee labbra furono martoriate per un po’, prima di allargarsi in un sorriso, e acconsentire a quell’invito. Salazar sentì il calore della sua pelle, la morbidezza di quella piccola e delicata mano, stringersi in segno di fiducia. E in un attimo, senza dar conto al tempo impiegato per attraversare il lungo corridoio del castello, si ritrovarono ad assaporare la freschezza di quel pomeriggio. L’aria profumava di buono, e quel vento era rinvigorente. Il sole era opaco eppure riscaldava ogni cosa. La mano di Rowena era ancora stretta alla sua, e anche quando Salazar la trascinò fuori il castello , lei non la lasciò. Stringeva e sorrideva, correva , cercando di mantenere il suo passo, nonostante il lungo abito glielo impedisse.
“Helga si infurierà se usciamo fuori i cancelli….” La voce di Rowena era spezzata dalla fatica, ma il tono divertito non passò inosservato a Salazar, che facendo attenzione a non mostrarlo , sorrise, felice di poter condividere qualcosa con lei. Era giunto li da poco, eppure tra i due si era creata un’intesa speciale. Lui sentiva il cuore tremare, ogni volta che le era accanto, e sapeva che con lei poteva mostrarsi. Nonostante la sua aria burbera e oscura, Rowena era sempre li, accanto a lui, a strappargli un sorriso, come in quel momento.
“Helga non si arrabbierà” Esclamò lui, sicuro di se e delle sue parole. Attraversarono il cancello di ferro battuto, e scesero per il sentiero, che aveva condotto Salazar in quel luogo. Rowena non si fermava, continuava a correre con lui, a correre con il vento, che ad ogni passo , diveniva sempre meno presente. Non era mai andata oltre i cancelli, non conosceva cosa ci fosse oltre quelle mura,e quando il villaggio fu intercettato dalla sua vista, Rowena rimase senza parole. Rallentò il passo, e rimase incantata di fronte al paesaggio verdeggiante che si estendeva imponente e magnifico. Salazar sentì la mano scivolare via dalla sua presa, e temendo di poterla perdere, si voltò, ammirando lo stupore dipingersi sul suo volto.
“Non ho mai visto questo posto…Helga ha sempre ritenuto giusto tenermi al sicuro su al castello” Sospirò lei, ammirando i prati , il lago che sembrava ricoperto da piccoli cristalli, le donne, che sorridendo, compievano piccoli lavori domestici e i bambini che con le loro risa e urla riempivano l’aria.
“ I Babbani possono essere pericolosi, quindi Helga ha avuto le sue buone intenzioni se non ti ha mai permesso di uscire dal castello” Salazar spostò lo sguardo sul paesaggio, comprendendo il motivo per cui Helga aveva tenuto Rowena lontano da quel mondo , fatto di pregiudizi. Una creatura come lei, bella, dolce e potente sarebbe stata vista solo come un mostro , sarebbe stata perseguitata, perché l’ignoranza di quelle persone non permetteva di guardare oltre e ammirarla in tutta la sua perfezione. I maghi e le streghe venivano perseguitati violentemente, e nonostante la loro immensa potenza, si nascondevano come reietti. Salazar non riusciva a non provare odio e disgusto, nonostante in quel luogo, l’accoglienza, mesi prima, era stata cordiale. L’incontro con quella donna avrebbe potuto cambiare l’idea di molti, ma lui rimaneva saldo alla sua. I babbani non avrebbero mai apprezzato e accettato la convivenza con esseri diversi, superiori. Li avrebbero perseguitati fino a quando non li avrebbero distrutti.
“Ma come possono essere pericolosi? Guardali, sorridono, giocano, lavorano esattamente come noi. Siamo uguali, non vedo alcun pericolo” Rowena sorrideva allegra, amando quel luogo , gustandosi quelle risa che si aprirono nell’aria, riempendosi gli occhi di quella gioia e semplicità. Salazar rimase ancora a soffermarsi sul suo volto, e per un attimo si sentì deluso. Rowena forse non avrebbe mai guardato i Babbani nel modo in cui lui li guardava, forse le sue idee non sarebbero mai state apprezzate, ma nonostante ciò, quel legame non lo sentì scivolare via, perché loro avevano altro. Avevano molto. Avevano l’amore per la conoscenza, il potere, la possibilità di divenire grandi, di poter soggiogare chiunque e forse un giorno si sarebbero amati come giusto fosse. Anche se, il loro amore era ancora acerbo, giovane, si vergognava ancora di mostrarsi. Ma Salazar avrebbe atteso. Le strinse nuovamente la mano. Non le avrebbe detto ciò che provava, ma forse glielo avrebbe mostrato. Odiava i babbani, ma non le avrebbe negato di conoscerli. Le strinse la mano , e combattendo con se stesso, la condusse giu la vallata , gettando da parte ogni disprezzo, ogni odio. Dando solo importanza alla felicità di Rowena, che senza esitare lo seguì, strinse quella mano forte e calda,lasciando che fosse condotta tra quel prato verde e vivo. Giunsero li, e Rowena fu stupita dall’accoglienza che ricevette. Sguardi di stupore, sorrisi di ben venuto e risolini allegri di bambini.
Le donne sussurravano stupite , e molte bambine si avvicinarono a lei, ammirando il magnifico abito e la magnifica ragazza che sorrideva raggiante, e non si ritrasse quando prendendola per mano la invitarono a danzare con loro.
Si lasciò trascinare in quel mare di allegria. Anche le donne del villaggio avendola riconosciuta subito , lasciarono da parte il proprio lavoro per omaggiare la dama Rewenclew di cui bellezza ed eleganza ne avevano solo sentito parlare.  Non avevano mai avuto l’onore di poterla ammirare da vicino, ne  avevano ricevuto solo la bontà e adesso volevano ripagarla con quella semplicità che caratterizzava le loro vite. Salazar rimase in disparte ad ammirarla e ammirare quella felicità. Iniziarono giochi , danze e quando gli uomini fecero ritorno dalla foreste, carichi di cacciagione e stanchi di lavoro, iniziò una festa solo per quella ragazza giunta li senza un reale motivo. Rowena si lasciò andare, seguendo i passi che le giovani del villaggio le insegnarono e che lei subito apprese. Giocò con i bambini e assaggiò ciò che le veniva offerto, assaporando ogni cosa con gusto e passione. Salazar continuava a rimanere in disparte, sorridendo appena a tutto quello. Esplodeva di gioia, di vita. Solo guardarla lo rendeva vivo, non aveva bisogno di gettarsi in quelle danze, assaggiare qui cibi o suonare qui strumenti primitivi, che producevano una musica strana, stridula , ma che coinvolgeva tutti, eccetto lui. La musica divenne sempre più viva e Rowena imparò sempre più in fretta quei passi, tanto da danzarli con la stessa eleganza con cui si muoveva tra i luoghi del suo castello. Sorrideva e danzava, viveva e gustava ogni cosa con felicità. Il sole pian piano si abbassò, immergendo ogni cosa nel buio, ma la musica non smise, le canzoni, i giochi e l’allegria non sparirono con il sole. Salazar si, rimase nell’ombra, lontano. Ma il suo sguardo lo intercettò ed era più luminoso ai raggi di luna. Con il fiato corto e con ancora l’allegria che pulsava dentro di lei, lo tirò, coinvolgendolo in quella festa , scoppiata improvvisamente, senza preavviso. Salazar esitò per un po’, ma lei era in grado di gettare ogni suo scudo o corazza giu, privandolo di quella tristezza, di quel buio che sembrava appartenergli. Lo trascinò in quella festa, lo costrinse a danzare con lei, e riuscì a strappargli un reale sorriso, che coinvolse gli occhi e che gli illuminò il viso. E Rowena riuscì a vederlo per ciò che era davvero. Riuscì a trovare, sotto quel fango, oro. Riuscì finalmente a vedere la bellezza del suo volto, del suo sguardo , dei suoi occhi. Gli strinse le mani, gli volteggiò accanto, si strinsero per poi allontanarsi e stringersi ancora. Il mondo era rimasto fuori, mentre loro vivevano lontani, dentro a quel luogo che piano si materializzò. Non c’era nulla intorno, ma solo i loro corpi che danzavano all’unisono, i loro sguardi che non si lasciavano nemmeno un secondo, i loro sorrisi che sembravano essere legati. Danzarono e provarono gioia e felicità inspiegabile. Danzarono anche dopo. Quando la musica smise, quando tutto cessò, quando i focolai delle case si spensero e ogni cosa intorno a loro tacque. Danzarono lontano dal villaggi, lontano dal castello. Danzarono ancora, come se il tempo per loro fosse divenuto eterno e le stelle non comunicassero che era tempo di tornare.
“ è  stato tutto cosi magnifico” Rowena si lasciò cadere sul prato umido della notte, e Salazar gli si accasciò accanto, volgendo i loro occhi al cielo drappeggiato di stelle che scintillavano fiere.
“ Si…” Riuscì solo a dare conferma alle sue parole. Non riusciva a dire nulla, la felicità gli schiacciava il torace e manteneva  le parole immobili nella mente. Avrebbe desiderato dirgli tanto, dirgli quanta gioia provasse in quel momento. Fu tentato a svelarle ogni cosa. Come il suo cuore aveva realmente iniziato a battere quando il suo sguardo si era posato su di lei, quando rinunciare al suo forte ed eredità a THE FERS non gli era importato, perché stare li con lei, lo rendeva ricco, più dei tesori appartenuti alla sua famiglia per generazioni. Fu tentato di chiederle di divenire la sua dama per l’eternità, di non farsi spaventare dalla loro immaturità, dalla loro giovinezza, di non abbandonare mai ciò che avevano. Ma tutto ciò rimase fermo immobile, e lui non disse nulla.
“Grazie Salazar” Esclamò, mantenendo ancora un sorriso raggiante, e facendosi rapire dalle stelle. Salazar voltò lo sguardo e si incantò a guardarla. Avrebbe fermato il tempo se solo ne avesse avuto il potere. Avrebbe ridato a Rowena quella felicità altri mille giorni. Avrebbe reso ogni cosa bella come quella. Ma , nonostante la sua forte magia, la sua potenza, il suo talento, l’unica cosa che avrebbe potuto fare era quella di ammirarla, e amarla silenziosamente. Non avrebbe dato peso al tempo, perché con lei ogni cosa diveniva eterno e magnifico.
 
                                                                                                                                  *
 
 



Il tempo non contava, quando i loro sguardi si incrociavano, e quell’alone di timidezza ricopriva il suo volto. Il tempo non contava, quando i silenzi, e il fruscio delle pagine, ricoprivano le loro giornate. Il tempo non contava, quando da lontano ammirava quel suo danzare, elegante, libero , privo di tristezza. Quel tempo che non parve scorrere, eppure, il sole si era calato molte volte, lasciando spazio alla notte e ai pensieri tormentati, per poi ritornare e donare a lui un nuovo giorno, in quel luogo , che casualmente, solo per la sua spiccata curiosità, era divenuto SUO. Forse il primo vero luogo, che potesse essere considerato casa. THE FERS ormai non gli apparteneva più. Li nascevano i suoi giorni. E con lei era rinato davvero. Ma ciò che provava non poteva essere spiegato con semplici e rudimentali parole, sciocche, insensate. I suoi giorni trascorrevano nel guardarla e ammirare quella bellezza priva di aggettivi che potessero renderla giustizia. E quindi in quel tempo, trascorso lentamente, aveva nascosto ogni cosa. Lasciando al suo sguardo cupo il permesso di parlare per lui e lasciando che la bellezza dell’amore potesse sfuggirgli tra le mani.
Ma a lui sarebbe bastato solo starle accanto, e non rovinare ciò che avevano. I pomeriggi trascorsi in un silenzio di pace. Il tempo trascorso a dar anima alla propria magia, potenziandola, rendendola magnificente. In quel tempo trascorso lentamente, la perfezione si era plasmata involontaria, e nessuno e nulla l’avrebbe intaccata.
 
“Salazar! Ti ho trovato finalmente” Il silenzio di quel pomeriggio , che lo aveva condotto verso un riposo dolce e privo di sogni, fu interrotto dalla voce di Rowena, spezzata dallo sforzo della corsa appena fatta. Con il viso arrossato era ancora più bella, e Salazar non fu dispiaciuto nell’aprire gli occhi per concedersi quella visione paradisiaca.
“ Sono sempre stato qui” Disse lui, non lasciando trasparire in lui la minima felicità . Era più forte di lui. Non riusciva a sorridere, anche se dentro di se lo stava facendo.
“Helga vuole parlarti. È una cosa molto importante ha detto” Continuò lei, accomodandosi al suo fianco. I grandi occhi azzurri si spostarono verso il cielo, divenuto limpido. Una brezza leggera si alzò intorno a loro, dando la libertà ai lunghi capelli corvino di essere scossi e danzare liberi. Rowena era sovrappensiero, e lui lo lesse nel silenzio dei suoi gesti e occhi.
“Sono stanca, aspettiamo un po’ prima di raggiungerla…” Aggiunse, interrompendo ancora il silenzio. Stava parlando con lui, ma non lo fissava, ed era la prima volta. Salazar annuì, senza chiedere , senza sperare di conoscere il perché di quel silenzio e del perché non gli fosse concesso di guardare quegli occhi, rivolti al cielo . ritornò  a sdraiarsi sul prato umido, che fu schiacciato nuovamente dal suo peso. Chiuse gli occhi, lasciando al buio aranciastro, di colpirlo nuovamente. Rowena gli era accanto, immobile e silenziosa. Ma poteva sentire la sua presenza, il suo profumo. Sentì il leggero fruscio dell’abito , e seppe che rimase ancora un po’ prima di alzarsi e incitarlo a seguirla.
“Helga ha da dirci qualcosa di importante….” Ripetè in un sussurro e senza attendere di essere seguita corse verso il castello , lasciando a Salazar il tempo di alzarsi dal letto di prato e soffermarsi a guardarla . Era distante, lo sentiva. Da quando era giunto li erano diventati un'unica cosa, non c’era giorno che non trascorrevano insieme, non c’era attimo in cui Rowena non lo rimpinzava di parole e di pensieri. Eppure quel giorno, il cambiamento si sentiva nell’aria, qualcosa sarebbe accaduto che avrebbe rovinato ciò che era nato tra loro, quella perfezione creatasi in quei quattro anni, in cui non solo i loro poteri erano cresciuti, ma anche il loro rapporto, ciò che entrambi provavano, ma che non trovavano il coraggio, o le semplici parole per esporlo liberamente. Dal suo arrivo nessun pretendente era giunto , per il volere di Rowena, e ciò era un chiaro messaggio che anche lei sentiva quel legame , divenuto profondo. Eppure quel giorno, sentiva la distanza , sentiva che Rowena gli era ostile, per un oscuro motivo. Lasciò scivolare gli innumerevoli pensieri, e raggiunse a passo lento  il castello.
 
Quando entrò nella vasta sala principale, quel cambiamento fu evidente come il sole. Lo travolse in pieno, e ciò che aveva percepito si materializzò ai suoi occhi. Un ragazzo, che sorrideva fin troppo, forse più di lui, parlava con Helga. Un’armatura scintillante, rendeva i suoi movimenti goffi, eppure parve essere a suo agio, in quella latta di metallo tenuta  bene, che scintillava con i raggi. Rowena sembrava fosse incantata alle sue parole, sorridendo ogni volta che quello sguardo le veniva rivolto, e parve non accorgersene della sua presenza.  Chi fosse, non gli fu detto, fino a quando , con fastidio, si accomodò al grande tavolo di legno. Solo quando sbattè violentemente i piedi sul tavolo, l’attenzione gli fu finalmente rivolta. Rowena si incupì nuovamente, mentre Helga e il giovane , sorrisero dalla sua parte, accogliendolo.
“Salazar. Aspettavamo proprio te” il tono di Helga era pacato e caloroso. Il solito tono che non mancava mai di rivolgergli, come quello sguardo di una dolcezza infinita. Si accomodò anche lei, e fece cenno all’ospite di fare lo stesso. Il ragazzo si accomodò accanto a Rowena, non staccandole gli occhi di dosso, e lei parve lusingata, da quello sguardo cristallino, che sorrideva. Si guardarono allungo , e Salazar sentì la rabbia prendergli le budella, e torcendole tanto da fargli salire l’acido. Quel bamboccio dall’aria fresca, dai capelli d’orati, e dall’armatura scintillante era giunto li per rovinare la SUA perfezione. Con un movimento della bacchetta , Salazar fece apparire un cesto di mele verdi, e iniziò a giocherellare con una di esse. Non aveva voglia , ma la rabbia, e la gelosia che lo stava logorando, fu scaraventata su quella mela, che fu girata e rigirata più volte , prima di essere disintegrata per divenire polvere.Helga non si fece sfuggire quel particolare, che non le fece cancellare dal volto la sua aria dolce, e Rowena era del tutto presa da quel ragazzo che non la smetteva di parlare, farneticando sulle sue imprese eroiche e di come il suo villaggio aveva cambiato nome, in suo onore, che lo aveva liberato da un drago fin troppo violento. Salazar lo ascoltava , ascoltava ogni parola, guardava il modo con cui si poneva, il modo in cui accennava alla sua spada, al suo scudo, e non riusciva a provare stima per lui, ma solo un irrefrenabile odio e disprezzo. Erano fin troppo vicini, sorridevano fin troppo, e Rowena gli stava permettendo di guardare i suoi occhi, di ammirarne le bellezze. Lui aveva avuto questo onore per anni, e adesso quello sconosciuto si era inoltrato e aveva preso il suo posto. Perché Rowena?
“Salazar, ragazzo mio mi ascolti?” Helga aveva parlato, ma i pensieri avevano zittito la sua voce, avevano urlato tanto da non fargli ascoltare una sola parola di ciò che aveva detto. Si voltò verso di lei, con l’ennesima mela tra le mani, che piano stava assumendo un colore scuro, acre, marcio.
“Helga perdonami, ero sovrappensiero” Rispose, in un filo di voce.
“ Ser Godric Gryffindor è giunto dal West Country , con una proposta che ha sollecitato il mio interesse, e anche quello di Rowena.” Salazar guardò nuovamente il giovane, che sentendo il suo nome , distolse lo sguardo da Rowena , per sorridere, presuntuosamente in sua direzione. Quel sorriso sarebbe stato cancellato da quel viso in uno schioccar di dita, ma sapeva che se solo avesse tentato , Helga e Rowena non sarebbero state più magnanime. Guardarlo ferocemente, assottigliando lo sguardo, mise in chiaro che in quel momento lui era il suo nemico, e che si trovava nel SUO territorio. Chi o cosa lo aveva condotto li,  e quale proposta aveva dato al volto di Helga una nuova luce. Perché Rowena non la smetteva di guardarlo affascinato , evitando il suo di sguardo, quando fino a pochi giorni prima, solo di lui aveva bisogno per sorridere in quel modo? Pura e intensa gelosia , che gli offuscava la mente, che non permetteva di dar conto alle seguenti parole che Helga gli rivolse, e che lui sentì appena, lontane, offuscate e non chiare.
“Salazar, cosa ne pensi? È un’idea molto allettante…” Helga posò la sua mano su quella di Salazar che ritornò alla dura e snervante realtà . Si voltò, scuotendo appena il capo, sperando di trovare la limpida attenzione.
“Scusami Helga… oggi non sono in vena di ascoltare” Nuovamente si scusò, e nuovamente dovette resistere nel gettarsi a capofitto su quel ragazzo, che rideva , senza preoccupazioni, di lui.
“Forse i fumi delle pozioni, vi hanno offuscato la mente. Helga mi ha riferito che voi siete molto dotato nell’arte di creare intrugli. Io personalmente preferisco i duelli, sono giovane, ma non ho ancora incontrato nessuno che non sia stato sconfitto dalla mia bacchetta o dalla mia spada” Anche il tono di voce era irritante. Grossa, pomposa, arrogante. Rowena era del tutto rapita non solo dal suo bell’aspetto ma anche dalle sciocchezze che uscivano da quella bocca arrogante.Sguainò  la spada, splendida e lucente, tempestata di rubini e diamanti, e la posò lentamente sul tavolo. Rowena sembrò impazzire. Spostava lo sguardo dalla spada a Godric, non smettendo di sorridere, un sorriso che Salazar non vide splendente. Era insulso, stupido e non rispecchiava la sua vera essenza. Era ammaliata da quello stupido oggetto. Lui di tesori ne aveva, li possedeva, ma non aveva mai dato sfarzo di loro, in quanto non lo rappresentavano. Come poteva, lei, essere tanto perfetto, poter essere ammaliata dalla superficialità di quell’oggetto. Si accarezzò il lieve rivolo di barba che ricopriva il suo viso sottile, per poi afferrare un'altra mela, sostituendo quella ormai resa scura e molle.
“Ser Gryffindor, dar vita ai cosiddetti intrugli non è tanto semplice, come invece è la padronanza di una spada. Occorre avere forza, ma la testa non è certo richiesta” Salazar addentò con forza la mela verde che stringeva tra le mani, lasciando che il suo sapore fresco e dolce , rendesse quell’incontro migliore, meno amaro.
“Mi sta dando dello stolto? “Quel sorriso fu cancellato . Uno sguardo duro si dipinse sul suo volto, e Salazar sentì una flebile vittoria.
“Mi sta mettendo lei questa parole in bocca” Ghignò divertito, addentando nuovamente quel gustoso frutto. Ghigno che scomparve, quando intravide lo sguardo di delusione dipingersi sul SUO volto. Cosa stava accadendo? Perché tutto stava cambiando, nello scorrere di attimi, semplici e brevi? Perché Rowena lo guardava in quel modo? Perché il silenzio di poco prima, perché quel sorriso non rivolto a lui? Avrebbe tanto voluto scaraventare ogni cosa via, far sparire quell’odioso e arrogante giovane, e stringerla tra le braccia, e assicurarsi che nulla fosse cambiato, ma non lo fece, perché sapeva che qualcosa era cambiato. Rowena sembrava completamente ammaliata , sembrava fosse rapita , incantata, soggiogata. E verso di lui cosa stava provando in quel momento? Odio? Poteva mai odiarlo? Anni trascorsi  nella silenziosa paura di spaventarla con una semplice parola che potesse fargli comprendere quanto fosse importante per lui, lo aveva condotto a farsi odiare? Come poteva essere possibile? Che la smettesse di guardarlo in quel modo, perché non riusciva proprio a sopportarlo. Che la smettesse di sorridere a quell’individuo estraneo, e continuasse a rivolgersi a lui.
Lasciò il frutto , che rotolò piano sul tavolo di legno, e alzandosi con finta tranquillità, si scrollò della polvere inesistente dall’abito, calando gli occhi in basso, per non essere costretto a ricevere altri tormentosi sguardi deludenti.
“Qualunque proposta  abbia fatto Ser Gryffindor e faccia piacere a voi, allora, va bene anche a me… Ora se vogliate scusare la mia mancanza di galanteria e buone maniere , vado a dedicarmi ai miei intrugli che offuscarmi la mente…” un sorriso sarcastico e privo di felicità , fu rivolto ad entrambi, e cercando di non incrociare lo sguardo , dolce e rimproveratore di Helga, lasciò la sala, non conoscendo l’idea esposta da quello sconosciuto , piombato li senza invito. Lo aveva odiato dal primo istante in cui il suo sguardo si era posato su quel viso, differente da lui in ogni punto. Disgustosamente solare, sorridente e coraggioso, pomposo e arrogante . E Rowena pendeva dalle sue labbra . Quell’armonia e quella perfezione erano stati intaccati e distrutti  . Si erano sgretolati come sabbia al vento.
 
                                                                                     *
 
 
I giorni si susseguirono velocemente, e Rowena ormai era dedita solo a rendere omaggio a  Ser Gryffindor rimasto a perfezionarsi esattamente come aveva fatto lui anni prima. Quell’idea che lo aveva condotto li non era ancora giunta al suo orecchio, e Rowena continuava a donargli quell’indifferenza , priva di motivazione. Era una tortura dolorosa, vederli passeggiare per il giardino, sorridere ai raggi , sorridersi. Rowena lo aveva rimpiazzato velocemente, senza preoccuparsi di ferire e sgretolare il suo cuore, che ogni giorno diveniva arido come il deserto. Il buio dei sotterranei, i fumi delle pozioni, e il silenzio della notte erano divenuti i suoi compagni.
Ormai era divenuto un fantasma, facendosi vedere di rado, parlando poco, e partecipando il meno possibile alle lezioni che Helga si prodigava di impartire ai tre suoi diletti, che stavano crescendo. Godric aveva dimostrato in poco tempo, non solo Galanteria e bravura a sguainare e sventolare la spada, ma anche una gran capacità di Trasfigurare ogni cosa, a suo piacimento, stupendo ancora di più Rowena, che non faceva altro che sorridergli e ammirarlo. Elogiava tra sorrisi sottili e risa stridule, quella sua capacità di plasmare e trasformare oggetti. Salazar non poteva non sentire e provare odio e disgusto, e pian piano la sua presenza  venne sempre più a mancare, fino a quando , decise di non parteciparvi più e dar alla sua potenza la possibilità di trovare nuovi imput e incoraggiamenti. Era solitario, e non aveva bisogno di nessuno. I suoi occhi, il suo profumo, la sua voce e il suo talento potevano essere messi via, seppellirli insieme alla voglia di starle accanto. Quel suo allontanamento sembrò non essere notato da Rowena, ormai rapita dai racconti , quasi inverosimili, che Godric raccontava con enfasi e tono teatrale. Li guardava appena, sperando di vederli sparire ogni volta che le loro sagome divenivano piccole e quasi invisibili.
“Nuovamente solo?” Salazar distolse lo sguardo dai due, che si allontanavano con calma e tranquillità, lasciandosi alle spalle lo stupido che doleva d’amore. Helga lo affiancò, e quel sorriso dolce, immancabilmente dolce, non gli fu negato. Quella straordinaria grazia, dolcezza , e mancanza di rabbia o odio la rendeva di uno splendore unico, nonostante il viso , fosse stato tracciato dai segni del tempo , che scorrevano anche per lei.
“Adoro stare solo…” Rispose lui, trovando interessante un ciuffo d’erba scosso da leggeri spifferi primaverili.
“Ti da la possibilità di pensare, e di comunicare con  te stesso…” Aggiunse lei, aprendo l’abito che si sparse in terra, e accomodandosi accanto a lui.
“ Non ho molto da dire a me stesso” Esclamò in un sorriso sarcastico. Prese quel ciuffo d’erba, che continuava a muoversi appena, per strapparlo, e privarlo di altro movimento. Lo posizionò al centro della sua mano, e lo fece librare , con delicatezza ed eleganza.
“Ma hai da dire molto a Rowena…” azzardò lei , in un sorriso. Helga era divenuta importante per Salazar , in lei si concentrava  la bellezza di una madre, la gentilezza e l’amore. Era bella Helga, nel corpo e nell’animo. Era dolce, amorevole, ed era l’unica a leggere quell’animo cupo, quei silenzi, e quegli sguardi che Rowena non avrebbe mai decifrato. Anche perché adesso la sua attenzione era rivolta altrove.
“che è del tutto rapita da Ser Godric.”Nel mostrare disprezzo , Salazar non trovava  difficoltà. Gli occhi erano scuri come la notte, e il lieve sorriso, che la presenza di Helga gli aveva strappato, si era cancellato dal volto con il pronunciare il nome del nuovo e indesiderato componente di quel gruppo . Era un intruso, appropiatosi della sua perfezione. Era entrato prepotentemente nella sua vita, gettandolo da parte, e attirando su di se l’acclamazione e il rispetto. Dichiararlo suo nemico mortale poteva sembrare presto, eppure lui lo sentiva tale. Ser Gryffindor avrebbe attirato su di se tutto il suo odio e disprezzo.   
“ è solo curiosa di conoscere bene Godric, e se anche tu ti sforzassi a farlo, forse cambieresti opinione su di lui. È un giovane valoroso, talentuoso ed è giunto qui non solo per migliorarsi, ma anche per una proposta che anche tu riterrai allettante se solo la tua mente non fosse offuscata dall’odio e dalla gelosia…” Salazar soffiò infastidito, e non riuscì a sorridere. La sua mente non era offuscata, era lucida e in grado di poter valutare bene quell’individuo, che non mancava mai di mostrare la sua gloria . Non vedeva nulla in lui che potesse essere elogiato, anche la spada, che non mancava mai di trascinarsi dietro, era fin troppo appariscente e volgare. Che motivo c’era di trascinarsi quell’oggetto se nel Glen non si correva alcun pericolo. Era solo un modo per dimostrare di essere migliore, un modo per poter conquistare Rowena, ormai gia conquistata.
“Qual è questa proposta che vi ha reso succube di quell’individuo?” Helga si alzò , e si scrollò dal suntuoso abito qualche ciuffo d’erba rimasto incollato ad esso. Gli concesse altra dolcezza.
“ Dovrai chiederlo a lui, Salazar. E spero di vederti più tardi all’orto. Stasera si schiuderanno i fiori lunari, è uno spettacolo che vorrei assistessi. Buon pomeriggio, ragazzo mio” Si sporse verso di lui, e sfiorò la guancia con le labbra. Fu un bacio delicato, sfiorato,elegante, eppure fu colmo d’affetto. Salazar sorrise .  Lasciò che si allontanasse, senza dargli conferma dell’invito. Si stese sull’erba, e lasciò che la rabbia e il pensiero di Rowena, potesse essere portato via, danzare con il vento, e sperò di poter dimenticarlo per un attimo. Ma non accadde, con occhi chiusi e la mente altrove, Rowena era presente.
 
 
 
 
 
Fu più forte di lui , combatte con il suo orgoglio e con la sue mente, ma alla fine, quando il sole fu sparito dietro le montagne e l’oscurità colorò il paesaggio, Salazar si indirizzò verso il giardino di Helga. Avrebbe assistito allo schiudersi di quei fiori rari, ma la presenza di Ser Godric avrebbe rovinato quello spettacolo. Erano radunati intorno al piccolo orto. Helga parlava con tono carezzevole quei piccoli fioti, ancora chiusi su se stessi, preparandoli al viaggio che avrebbero affrontato. Rowena era poco distante da lei, e nel suo abito era perfetta, e la presenza di Godric era onnipresente. Le era accanto , a sussurrarle parole che le strappavano dolci sorrisi. La tentazione di sfidarlo fu forte, ma Helga intervenne prima che ciò potesse accadere. Si voltò verso di lui, accogliendolo amorevolmente.
“Sapevo che non saresti mancato . Adesso siamo davvero completi” Gli porse una mano, per attirarlo in quel gruppo. Rowena cancellò quel sorriso, rimasto sul suo volto fin quando non si era accorto di lui, mentre Godric lo accolse con un leggero inchino, regale ed elegante, esattamente come lui. Salazar non rispose, ma si concentrò su quei gusci soffici e bianchi, scossi dal leggero vento che proveniva da oltre le montagne.
“I fiori lunari sono fiori rari, che si schiudono solo una volta ogni dieci anni solo con la luna piena. Stasera è la notte ideale. Questi fiori non hanno alcun potere, ma i loro petali sono ingredienti fondamentali per veleni potenti e letali" Lo sguardo di Helga si spostò su Salazar, che a quell’informazioni iniziò a provare maggior interesse per quelle piante immobili .
“ Non mi stupirebbe vedervi alle prese con questi fiori …” Godric si rivolse a Salazar, che manifestò il fastidio che quella voce gli procurava, esattamente come la sua presenza.
“La consiglio di fare attenzione al cibo che mangiate , Ser Gryffindor. Potrei decidere di rendervi una mia cavia per testare gli effetti…” Rispose a tono lui, ricevendo l’ennesimo sguardo deluso da Rowena. Non riusciva ancora a capire il motivo per cui Rowena si era allontanata da lui in quel modo. Non era accaduto nulla. Non avevano discusso o litigato in alcun modo, eppure lei gli era ostile. Helga si schiarì la voce, sperando di non dover assistere ad altri battibecchi, e non rischiando di farli sfociare in altro. Prese parola, prima che Godric potesse ribattere, lasciando altri insulti in sospeso.
“Salazar, ho preso qualche petalo per te e per le tue pozioni…” Disse lei, porgendogli un sacchetto di velluto nero. Salazar lo prese, e la ringraziò con un solo accenno di sguardo. Sentiva Helga dalla sua parte, e fu molto importante per lui. Si sentiva abbandonato da Rowena, sentiva quel distacco che lo gettava in un vuoto gelido. Si trovava in un tunnel confuso, e non riusciva a vedere la mano di Rowena allungarsi verso di lui, ma la vedeva farsi sempre più lontana e sapeva che sarebbe sparita. Ma c’era sempre Helga, quella donna che lo aveva accolto nella sua dimora , ammirando quella potenza che aveva spaventato sua madre, e gran parte dei discendenti della sua casata, quella potenza che aveva imparato a gestire, solo grazie a lei , al suo amore, a quella dolcezza infinita che non mancava mai di riservargli.
Helga riprese parola, raccontando dettagliatamente ogni cosa riguardante quei fiori che ancora immobili attendevano di essere richiamati dalla luna. E quando accadde lo spettacolo illuminò gli sguardi dei presenti. Quei deboli gusci si aprirono dolcemente, irradiando il buio con una luce bianca, simile a quella della luna. Piano piano i fiori, schiusi , si librarono nel cielo , creando luci spettacolari in quel manto scuro. I capi erano rivolti li, ad ammirare quello spettacolo. I fiori danzarono ancora prima di allontanarsi sempre più per poi sparire del tutto. Vita breve eppure magnifica.
Salazar rimase ancora con lo sguardo rivolto al cielo, nonostante fosse caduto nuovamente nel buio. Le stelle erano innumerevoli e bellissime, e per un attimo ritornò alla mente sere come quelle , di anni passati, in cui lui e Rowena trascorrevano insieme. Dando promesse alla notte, sussurrando piano parole che sarebbero state ascoltate solo da loro e dal vento. Mentre adesso, con l’arrivo di quell’intruso, tutto ciò era solo un dolce ricordo,a cui Salazar non avrebbe dovuto mantenersi.
“Ser Godric, le ho mai fatto vedere il platano picchiatore, che io e Rowena piantammo?” Helga agì nuovamente a favore di Salazar, trascinando Godric lontano dal giardino e permettendo a Salazar di rimanere solo con Rowena, immobile ad ammirare le bellezze della notte. Rimanere in silenzio non lo avrebbe aiutato a capire il perché di tale distacco, il perché stesse rinunciando a loro. A piccoli passi le fu vicino, e l’osservò allungo, non dando peso allo sguardo sfuggevole di Rowena.
“Potresti dirmi il perché?” Le parole presero forma , prima che lui potesse pensarle. Fu rapido e preciso. Non aveva bisogno di spiegazioni dettagliate o giri di parole, aveva bisogno solo del perché . Rowena staccò i due lapislazzuli dal cielo, per puntarli nei pozzi profondi e oscuri di Salazar.
“Perché mi sei ostile e distante?” Rowena cercò di defilarsene , dirigendosi verso Godric e Helga, ma Salazar la frenò, costringendola a voltarsi . Sul suo volto era dipinta la paura, per la prima volta , Rowena temeva una qualsiasi reazione di Salazar.
“Rowena…” Sussurrò il suo nome, tristemente, leggendo quel terrore dipinto sul volto e provando delusione e sconforto.
Rowena rimase ancora in silenzio, forse in cerca di giuste parole che gli avrebbero spiegato ogni cosa, senza rischiare di portare la sua rabbia a gestire le sue azioni.
“Ti temo Salazar. Ho paura di te, perché tu non hai limiti” la voce tremava, terrorizzata e piagnucolante. Salazar sentì le labbra divenire secche. Ciò che aveva letto nel suo sguardo non era stato solo una credenza, ma era realtà. Aveva letto paura, perché paura provava per lui. Strinse ancora di più la presa intorno a quelle sottili braccia, e chiese altro. Non poteva concludersi cosi.
“ Conosco il tuo odio per i Babbani, me ne parlasti . Ma non avrei mai creduto che questo tuo odio potesse essere manifestato con tale malvagità. Ti ho visto l’altro giorno. Ti seguìì quando , di nascosto , scendesti giu al villaggio. Ti vidi e li ho capito che tu non hai limiti. Adori la magia Oscura esattamente come adori la conoscenza … Ti ho visto, mentre cercavi di aizzare un grosso serpente ad uno degli uomini del villaggio. Hai il potere di parlare con loro, di dare ordini .Comunichi con una voce malvagia, strisciante… “ Salazar ascoltava quelle parole, ricordando ciò che era accaduto pochi giorni prima. Il potere di comunicare con i serpenti era sempre stata un dono appartenuto alla sua famiglia. Anche suo padre era in grado di farlo. Era un dono  che solo loro possedevano. Si era sempre ritenuto migliore di qualsiasi mago, proprio per quella dote rara, ma adesso, non poteva che considerarsi un mostro, un mostro che aveva indotto Rowena a temerlo. Non parlò, non si difese, ma lasciò che Rowena continuasse , e che gli spiegasse il perché , quel perché doloroso.
“Ho anche frugato la tua collezione di libri , che tieni chiusa nella tua stanza, e non potevo crederci quando mi sono imbattuta in manuali oscuri. Salazar tu sei un grande mago, ma sei anche oscuro… Ho paura di te…” Salazar sentì un peso gravare su di lui. Rowena aveva paura di lui, lo considerava oscuro e malvagio, non capendo che il suo interesse per la magia oscura era dovuto solo al fatto di voler trovare dei modi per contraccarla. Non l’avrebbe mai usata per far del male a nessuno , soprattutto a lei. Però non riusciva a dire una sola parola, come se stesse accettando quelle accuse.
“ Salazar non hai onore. Ti ho visto realmente , e non sei chi credevo che tu fossi…” Altre parole taglienti. Rowena non aveva colto la sua vera essenza. Si era fatta soggiogare dalle apparenze esattamente come quegli insulsi e inutili babbani. Se solo avesse saputo, che aveva salvato quell’uomo dall’attacco di quel serpente, ordinandogli di non attaccare, se solo avesse saputo che aveva creato incantesimi in grado di respingere quelle magie oscure che aveva letto e provato. Non c’era nulla di malvagio in lui, c’era solo bramosia , voglia di conoscenza e desiderio di migliorare. Ma tutto ciò non sarebbe mai stato visto da Rowena accecata dalle apparenze. Salazar si vide sconfitto, lasciò la presa , e rimase immobile a fissarla.
“Ser Godric ha più onore di me. Nobile e fiero. Ti ha rapito in poco , facendoti dimenticare ciò che sono stato io per te negli ultimi anni” Gli occhi di Rowena si coprirono di un velo di tristezza e le labbra iniziarono a tremare.
“Non ho dimenticato ciò che sei per me. Sei stato un buon amico , ma adesso stai trasformando la tua natura, solo per bramosia…” Salazar avrebbe preferito mille spade trapassargli il cuore, piuttosto che quelle parole. Non poteva essere considerato un buon amico, non da lei, non quando le aveva comunicato , silenziosamente, che l’amore che provava lui era ricambiato. Non Poteva ferirlo in quel modo, abbandonandolo , lasciandogli la mano. Sentì il vento freddo raggelargli le ossa, e desiderò di sparire con la notte, di essere cancellato, di volare in alto con i fiori che avevano abbandonato le proprie radici per vivere altrove. Rowena si asciugò frettolosamente, le lacrime che le scivolarono sulle guance rosee, e Salazar desiderò farlo per lei. Non l’aveva mai vista piangere, e quella visione fu straziante. Ma non si mosse, rimase a guardarla , apparentemente disinteressato di quel dolore.
“Ser Godric è valoroso, romantico e gentile. Sorride, quando tu non sei in grado. E non odia i babbani come li odi tu. Ha idee geniali, e il coraggio che gli illumina gli occhi. Mentre in te vedo solo tristezza e oscurità” Salazar non poteva ascoltare altro, se fosse rimasto solo un altro minuto in sua compagnia, non sarebbe stato in grado di controllare le sue azioni. Sentiva la rabbia salirgli lungo il corpo, sentì le ferite divenire sempre più dolorose, e la voglia di cacciar via quell’intruso, che aveva distrutto la sua armonia, si faceva spazio in lui.
“ Se è cosi, non vedo motivo per rimanere. Vado via, in modo da lasciare a te e Godric la libertà di amarvi…e non rovinare la vostra armonia con la mia tristezza e malvagità” Non pensava a ciò. Avrebbe preferito sfidarlo , lottare fino alla morte, pur di rimanere li, accanto a lei. Avrebbe anche sopportato di vederla tra le sue braccia, pur di rimanere a riempirsi gli occhi dei suoi sorrisi, di donare al suo udito la bellezza della sua voce, di assaporare, anche da lontano , il suo profumo. Allontanarsi da lei sarebbe stata la tortura più grande e dolorosa. Ma l’orgoglio , non poteva essere messo da parte in quel modo. Questa volta fu lui a incamminarsi lontano, e questa volta fu lui ad essere fermato. Sentì la presa stringersi intorno al suo braccio, sentì il piccolo corpo aderire alla sua schiena , scosso da singhiozzi.
“Non andare via…promettimi solo di non usare più magia oscura, e di accettare Godric come tuo amico e non come rivale…” Non avrebbe lasciato quel luogo, ma non avrebbe rinunciato a se stesso, non avrebbe smesso di odiare Godric e non avrebbe smesso di sperimentare la sua potenza. Per la prima volta, Salazar agì contro di lei.Le sue richieste non sarebbero state realizzate, e lui l’avrebbe delusa. Si scostò dalla sua presa, nonostante fosse dolce , e desiderata. Non voltò il viso, timoroso di incontrare quelle lacrime e sentire la colpa logorargli l’animo. Rimase di spalle, e il tono fu il chiaro segno che le richieste appena pronunciate , non sarebbero state realizzate.
“Non accetterò mai Godric Gryffindor come mio amico, non smetterò mai di operare con la magia oscura e non tollererò mai la presenza di babbani su questo mondo. Sono malvagio e lo sarò per sempre” Non ascoltò la preghiera di Rowena di rimangiarsi tutto, non ascoltò più il suo pianto, non si fermò al suo richiamo. Si incamminò a passo di marcia verso il castello, raggiunse la sua stanza, e chiudendosi la porta alle spalle, decise che quella notte sarebbe stato l’inizio del suo cambiamento. Rowena non lo avrebbe mai apprezzato, non lo avrebbe mai amato,quindi che motivo c’era per mostrarsi migliore? Avrebbe indossato quella maschera di malvagità, avrebbe dipinto sul suo volto l’oscurità , l’odio e l’ostilità, e avrebbe indossato tutto ciò per sempre, cacciando da se ogni forma d’amore.
  
 
 

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Capitolo 4
*** -Terzo Capitolo- ***


Prima di iniziare, voglio ringraziare
·      Free4ever  Odrina thera  , per le recensioni, e soprattutto per il sostegno ! Sperando che questo capitolo non vi  deluda….GRAZIE RAGAZZE! <3

 

 

-Spells&Love-
-Terzo Capitolo-

 

 
 
 
La neve danzava leggiadra  , con il freddo gelido d’inverno. Il paesaggio scozzese era candido e soffice, e il lago era ricoperto da un sottile e cristallino strato di ghiaccio, leggero e pericoloso al tocco. Il Glen era sommerso dalla gelida neve, ma gli innumerevoli camini donavano calore alla fredda pietra. Ma quel calore non riusciva a penetrare nel cuore ormai reso freddo e rigido, di Salazar. L’arrivo di Godric Griffindor aveva anticipato di mesi quel freddo, quel disagio , quell’intorpidimento del suo animo, che piano sembrava affievolirsi tanto da non sentire più di possederne uno. Non era più sicuro di essere un posseditore di animo . Helga aveva scorto quel suo disagio solo guardando i suoi occhi, che di rado entravano nella sua traiettoria, come di rado la sua presenza passeggiava tra i corridoi del castello. Era preoccupato per il suo allievo, ma poteva solo zittire quella preoccupazione e attendere che fosse lui a cercarla, per parlarne , parlare di qualunque cosa stesse accadendo nella sua vita. Di darle la possibilità di alleviargli quel dolore che non poteva essere nascosto nel silenzio o nell’indifferenza. Helga conosceva Salazar, adorava quel ragazzo come un figlio, e come tale sapeva quando qualcosa lo turbava e lo rendeva inquieto.  E lei aveva scorto quel qualcosa che lo stava trasformando, che lo stava rendendo un involucro solo di carne  e nulla più.
Salazar ormai era divenuta l’ombra di quel Glen: usciva quando il cielo era ricoperto dalla brina violacea di primo mattino  e rientrava quando le stelle illuminavano il cielo silenzioso. Salazar non era altro che silenzio e ricordo. I suoi passi erano assenti, la sua magia era solo un miraggio, come il suo sguardo . Rientrare con il calar della notte gli permetteva di sottrarsi al dolore dell’indifferenza della sua amata Rowena, e gli impediva di scagliarsi sul suo nemico Gryffindor, che era giunto li, strappandogli via ogni cosa. Risparmiandogli solo il piacere di poter osservare silenziosamente il movimento confuso che avveniva al di la dei vetri spessi e illuminati dalle luci delle candele. Quando rientrava dalle lunghe cavalcate, che lo conducevano oltre quel paradiso, scoperto per puro caso, Ammirava nel buio il passeggiare incerto di Rowena, che manifestava il suo animo irrequieto. Ammirava , nascosto nel buio, il suo sguardo che si sporgeva verso il cielo, cercando le risposte a domande che non aveva svelato a Salazar. Si sentiva un meschino a rimanere nell’ombra e spiarla , ma non riusciva ad affrontarla e cercare di trovare ciò che c’era stato tra di loro fino ad allora.
 Rowena sentiva quell’assenza forte e viva. Sentiva la mancanza della sua voce, bruta, del suo sguardo cupo, e del suo raro e accennato sorriso. Ma aveva imparato l’orgoglio, e non avrebbe mai ammesso che tale mancanza le faceva del male. 
“ Ti sento turbata mia Rowena, c’è qualcosa che posso fare per te?” Quella domanda era ripetuta ad ogni ora del giorno , con la medesima voce  soffice e gentile di Godric , che  lei riusciva a sentirla appena. Le attenzioni di quel cavaliere erano state ben accettate, apprezzate, ma adesso, che Salazar aveva deciso di girarle le spalle, e non essere più il suo fedele amico, ogni presenza, ogni voce, ogni bontà e gentilezza, sembrava essere ignorata, non ascoltata, abbandonata nella mente. Sepolte dal ricordo di ciò che c’era stato tra loro, quel qualcosa che si ostinava a nascondersi, e non ammetteva di esistere. Rowena si svegliava con il cuore freddo e dolorante e si addormentava con calde lacrime che le accarezzavano il viso. La mancanza di Salazar era una punizione per la sua troppa vanità, vanità che l’aveva condotta a dimenticarlo, per un solo attimo, e sostituirlo a quel giovane cavaliere , fiero, coraggioso e sincero con i propri sentimenti e con lei. Non nascondeva quell’interesse incentrato sulla sua bellezza e intelligenza. Non nascondeva la piacevole sensazione che provava quando era in sua compagnia. Non nascondeva quel sorriso che si apriva ogni volta che la  vedeva e le parlava. Godric era innamorato, mentre lei era confusa. La mancanza di Salazar era viva ma l’amore di Godric era piacevole. Le sue parole erano dolci, sofisticate , prive di malvagità o tristezza. A differenza dei soli sguardi di Salazar che racchiudevano tutto ciò.   Salazar mancava a quel luogo, esattamente come a Rowena, che si preoccupava a mostrarlo, sentendosi una sciocca nel provare un sentimento tanto forte per un uomo colmo d’odio e disprezzo. Avrebbe dovuto cancellare la presenza di Salazar nella sua vita, e da più spazio a quel cavaliere che accompagnava i suoi giorni illuminandoli di semplice allegria. Ma l’arrivo della neve, portò con se molti cambiamenti e  il ritorno di quell’ombra, più malvagia e arrabbiata che mai.
Rowena era seduta elegantemente sul tappeto di drago, che Godric , con grande folgore e coraggio le aveva procurato, assicurandosi di tener al caldo quel corpo tanto delicato. Il fuoco scoppiettava , inondando la stanza di luce soffusa e opaca. Il libro che Rowena stringeva tra le mani aveva perso interesse gia dalla seconda pagina, e il profumo proveniente dalle cucine era invitante. Helga era alle prese con la cena di quella sera, donando all’ambiente l’invitante profumo. Godric era disteso, su un fianco ad ammirava il danzante fuoco. Non c’era necessità di proferire parola, solo un delicato e rilassante silenzio poteva accompagnare quella piacevole serata. Fuori quel luogo la tempesta di neve non sembrava minacciosa, perché le mura di pietra si sarebbero preoccupate a proteggere tutti. Ma quella calma , quel silenzio  , improvvisamente e inaspettatamente , trovò il suo disturbatore e venne squarciato . Le porte della sala  si spalancarono con violenza , permettendo ad un vento gelido di spegnere il fuoco, e far ricadere ogni cosa nel buio. Rowena non riusciva a vedere nulla, ma sentì Godric sguainare la spada, e Helga correre per accertarsi che fosse tutto al giusto posto. Ma la sua voce, crudele , fredda, le  fece raccapponare la pelle, e il tremore alle mani sembrò essere incontrollabile. Il freddo della tempesta e del vento irrotto prepotentemente, non era paragonabile al freddo provocato dalla consapevolezza di ritrovarsi a pochi metri da lui .
“ Gryffindor può anche posare la sua spada..Sono solo io. O il mio stare lontano vi ha fatto dimenticare di me?” Il fuoco ritornò ad ardere con un schiocco di dita, e con esso la luce ritornò a ravvivare l’ambiente. Salazar si fece largo nel luogo, con passo beffardo e arrogante. I stivali di cuoio erano ricoperti di neve, e tra le mani stringeva un lungo e acuminato pugnale, con la quale giocherellò , incentrando la sua attenzione interamente su di esso. Helga guardò di sottecchi Godric che irrigidì i tratti del volto e  riponendo di riluttanza la spada,  si  accomodò nuovamente accanto a Rowena, che abbassò lo sguardo nuovamente sul libro. Non vedeva quel volto da molto, e rivederlo non le provocò alcuna sensazione piacevole. Il cuore iniziò a battere tanto forte da colpire con ferocia la cassa toracica, e il ventre sembrò colmo di farfalle che lo solleticavano fastidiosamente. Le nocche erano divenute pallide, tanto che la prese era forte intorno alla copertina rigida del libro, e chiudersi in  se stessa fu inevitabile. Soffriva dinanzi alla sua presenza, alla sua arroganza malefica e dispettosa. Sentì i piedi poggiarsi violentemente sul tavolo di legno duro, e sentì la lama del coltello infilzarsi al suo interno. Salazar lo aveva conficcato con violenza , trapanando il legno.
“ Non ci siamo dimenticati di te, Salazar. La tua presenza è gradita, sempre e comunque qui al Glen…Spero che avrai fame. È da molto che non  mangi”Helga gli si avvicinò, e lo accolse come era suo solito fare. La sua mano dolce si posò sulla spalla, accogliendo la sua presenza , lasciando da parte , quel suo comportamento, non accettabile.
“Grazie Helga…” Salazar affievolì il tono di voce, formulando quel ringraziamento con sincerità, che lasciò scivolare subito via,riportando la sua aria arrogante e sfacciata a dominare i lineamenti sottili. Rowena non riusciva ad alzare il capo in sua direzione. Si rifiutava di guardare il suo volto, temendo di leggere negli occhi ciò che temeva, quel cambiamento che l’avrebbe terrorizzata. Quel cambiamento ascoltato nella voce, e percepito nei movimenti e gesti. Ma sentiva che lui la guardava. Sentiva una leggera pressione dietro la nuca, e percepì il suo sguardo su di lei. Salazar la osservava con prepotenza, non preoccupandosi del dolore che le stava impartendo.
“ Come mai è ritornato prima, Salazar?”  il volto di Salazar fu attirato dalla domanda di Godric, che notando l’insistenza dello sguardo su di Rowena, decise di distogliere quegli occhi dalla sua dama, e dar modo di notare che ormai aveva perso quel premio prezioso. L’uso di quel tono tanto formale, era in chiaro segno che tra i due la rivalità era forte e nessuno dei due sembrava demordere. Godric Gryffindor sentiva di avere la vittoria in pugno ma Salazar non era ostinato ad arrendersi di fronte alla prima difficoltà. Se non avesse avuto Rowena, il gusto della vendetta avrebbe attraversato le sue labbra e sarebbe stato gustato dalla sua lingua, con gusto e avidità. Quel pomposo cavaliere avrebbe smesso di ridere tanto. Salazar avrebbe trovato il modo di cancellare in lui tutta la sicurezza che ardeva come fuoco.
“ Non credo di dover dare a lei spiegazioni su ciò che voglio o non voglio fare…” Salazar strappò dal legno il pugnale, che scintillò minaccioso tra le sue mani. Lo sguardo non si staccò dalla’ ’avversario, che percepì la rabbia , e il desiderio di vendetta. Fece scivolare con lenta calma , la mano sul manico della sua spada, e attese. Salazar non lo avrebbe trovato impreparato. Era nato per combattere, era nato nel folgore del duello, nella voglia di vincere e non tirarsi mai indietro. Ma l’arrivo di Helga , accompagnata dai piccoli e allegri elfi, mise fine a quella tensione, gustosa ed eccitante. Era una scarica d’adrenalina, ciò che attraversava entrambi. Si sentivano motivati , sentivano di doversi affrontare, prima o poi. Per troppo tempo erano rimasti ad ignorarsi, ma adesso era giunto il momento di duellare e mettere in chiaro chi fosse degno di rimanere li, accanto a Rowena.
“Prima che si raffreddi, venite e gustate le mie bontà, e tu Salazar , tira giu questi piedi. Non è da degno signore stare scomodo nella propria sedia” Salazar obbedì senza ribattere, e liberandosi della pelliccia che ricopriva le sue spalle, accettò di condividere la cena con il suo nemico, e sulla dama che lo aveva tradito con violenza , senza preoccuparsi del suo cuore. Helga era l’unica che sembrava non risentire di quella carica negativa che aleggiava intorno a quella tavola. Sorrideva ai presenti, parlando con dolcezza e assaporando la buona cena, preparata con cura.
“Salazar , ragazzo mio, sei dimagrito molto! È da imprudenti gettarsi nella neve e nel freddo senza prima aver dato al corpo il giusto nutrimento” Helga accarezzò quel viso, sciupato e smorto. Gli occhi, neri come la notte, erano circondate da profonde e preoccupanti occhiaie, e la pelle olivastra, stava risentendo dei rischi di mangiare poco e soffrire troppo. Salazar accennò appena un sorriso, non riuscendo a dedicare ad Helga uno sguardo colmo di quell’odio che si era impossessato di lui. Era giunto li, dopo mesi di cavalcate lontane, e idee nell’andar via, perché una spiacevole notizia era giunta al suo orecchio, notizia che accostò all’idea avuta da Godric Gryffindor del quale lui non si era mai realmente interessato.
“Helga, in realtà sono ritornato prima questa sera per un solo motivo…” Rowena finse indifferenza, assaporando il buon brodo caldo, che piano le scivolò lungo la gola, portando nel suo corpo un pizzico di calore. Continuava a tenere gli occhi bassi, impiantati nella ciotola fumante. Non riusciva a guardarlo, e quando sentì la sua voce, infuriata e infastidita, non potè evitare di sentire i sensi di colpa premerle sul cuore. Strinse saldamente il cucchiaio di legno, sperando di non vederlo sfilare via, e tradirsi con i soli gesti.
“Sono stato allungo oltre questa vallata, e ho conosciuto molte famiglie di maghi che mi hanno informato, di sgradevoli notizie, che ho sperato non fossero reali” Helga ascoltava silenziosamente, e Godric sembrava in attesa di una qualunque reazione che gli avrebbe permesso di sguainare nuovamente la sua spada e infilzarla nel torace del nemico. Ma Salazar manteneva la calma, manteneva la sua eleganza. Assaggiò altro di quella gustosa cena, sorseggiò il suo buon vino, e poi , riprese a parlare, solo ed esclusivamente ad Helga, come se in quella stanza non ci fossero che loro due.
“ Senza che io potessi saperlo, noi quattro, abbiamo deciso di dar vita ad una scuola per giovani apprendisti maghi e streghe. Per insegnare a questi acerbi giovani le arti magiche e aiutarli a gestire i loro poteri. Adesso mi chiedo: Se io non sapevo nulla, chi ha dato il permesso di accettare a nome mio?” Lo sguardo si spostò su Godric, infuocandosi di luce rabbiosa.  Godric ritornò ad assaporare la sua cena, non nascondendo un ghigno divertito. Una nuova vittoria era entrata nelle sue tasche.La sua folgorante e geniale idea non solo era giunta oltre il glen, ma forse avrebbe gettato Salazar via di li, lasciando spazio libero solo a lui, Rowena  e Helga, gli unici degni a rimanere li, e dar insegnamenti giusti a giovani maghi e streghe.  Salazar non era degno di quel ruolo e se avesse lasciato il Glen , Godric avrebbe incassato la vittoria, non macchiandosi della colpa di averlo indotto a farlo.
“Cosa ti da più fastidio, Slytherin? Il condividere la tua magia con altri o il non aver pensato prima a questa geniale idea e prenderti il merito?” Godric non demordeva, lo avrebbe fatto cedere, avrebbe strappato la furia che ardeva in lui e lo avrebbe cacciato via dal Glen. Salazar sorrise beffardamente, capendo il gioco di Godrci, gioco al quale non avrebbe partecipato. Non avrebbe dato a Godric Gryffindor, beffardo sconosciuto, giunto senza un invito nel suo Glen , nel suo paradiso, a scacciarlo via, e piantare sul suo terreno le sue radici.
“ Nessun fastidio, Godric. Volevo solo partecipare, magari dando aiuto e idee su questo progetto che appare alquanto interessante” il sorriso forzato non fu convincente. Ma fu abbastanza da impartire una lieve sconfitta a Gryffindor, che ritornò a cenare, cancellando dal suo volto quel sorriso fastidioso. Rowena alzò appena il capo, guardando entrambi di sottecchi. Guardò Godric, e lesse rabbia nei suo tratti che di solito comunicavano solo bontà e coraggio, e individuò Salazar, che voltandosi verso Helga,le  regalò , involontariamente, uno splendido sorriso di vittoria, che la coinvolse, e la fece sorridere di rimando. Ma nascose quel sorriso sorseggiando, silenziosamente il suo vino.
“ Comunque , Salazar, mi sono permessa io di coinvolgere anche il tuo nome nel progetto di Godric. Abbiamo parlato con il consiglio dei Maghi, e hanno considerato la nostra proposta molto interessante. Ed io non potevo tener fuori un talento come il tuo. Sarai anche tu uno dei quattro fondatori della nostra Scuola per giovani apprendisti maghi. Darai il tuo insegnamento, e parteciperai con noi nella scelta del luogo in cui verrà eretta la scuola. Non potevo tagliarti fuori , sei un mio caro allievo, ti ho cresciuto e ho visto la tua magia crescere. Posso considerarti un figlio, concedendo alla tua carissima madre tutto il rispetto e la gratitudine per aver , fin da sempre , riposto la sua fiducia in me. Salazar non potevo tenerti lontano. Ma se tu non vuoi, non ti costringerò. Sei libero di scegliere se essere o no , uno dei fondatori” La mano di Helga scivolò verso la sua, stringendola in un tocco delicato.  Gli occhi di Helga , sembrarono parlare per lei, implorandolo di fare ciò che sentiva più giusto, ma dando il chiaro segno di non riuscire ad accettare di vederlo andar via. Salazar era in debito nei suoi confronti. Accettarlo fin da subito nella sua dimora, non negandogli insegnamenti importanti, che lo avevano aiutato a diventare un gran mago, potente e invincibile, nonostante la sua giovane età, non negargli mai un sorriso , un gesto dolce. Helga era la sua unica guida, colei che non lo avrebbe mai tradito. A differenza di Rowena, che non gli degnava nemmeno di un solo sguardo , nonostante si trovasse di fronte a lui.sembrava non ascoltare le parole di Helga, o il battibecco appena terminato, tra lui e Salazar. Non lo vedeva, non lo considerava. Aveva deciso di cancellarlo dalla sua vita, solo per un malinteso , o solo per qualche gentilezza che quel maledetto era capace di dedicarle, a sua differenza, che preferiva il silenzio alle parole, gli sguardi ai gesti. Maledirla non sarebbe servito, anche perché l’amore che provava per lei era più forte dell’odio che la sua indifferenza gli procurava. Avrebbe potuto ferirlo violentemente, tradirlo, accettando le braccia di Godric alle sue, schiaffeggiarlo con parole forti e cattive, pugnalarlo con una lama arugginita e tagliente, strappargli via il cuore e calpestarlo, ma lui avrebbe sempre visto quella dama , che quattro anni orsono, aveva rapito il suo cuore, la stessa dama che aveva danzato con lui, che aveva sorriso con lui, che aveva confidato a lui le sue paure, la mancanza di quella famiglia sottrattale con violenza la gratitudine verso Helga e il desiderio, di condividere un giorno, la vita con lui, lontano dalle paure , dai pregiudizi che conducevano i Babbani ad odiarli e temerli. Ma adesso tutto ciò era lontano, era sparito senza lasciare traccia di se, senza lasciare una spiegazione che avrebbe potuto mettere pace nel suo animo. Salazar si sentiva abbandonato, ma anche grato a quella donna, che con volontà malvagia, lo aveva reso freddo, cinico, disinteressato a quel sentimento più oscuro e violento della malvagità stessa , dell’odio e del disprezzo. Ringraziava Rowena per averlo reso gelido e freddo esattamente come quella neve, che si poggiava con delicatamente sui prati , sugli alberi, su ogni luogo, donando agli occhi un paesaggio desolato e triste.
“ Allora mi vedo costretto ad accettare. Sicuramente sarò molto più utile io,che il bamboccio con l’armatura” Helga corrugò lo sguardo, rimproverando il tentativo di Salazar di provocare Godric, provocazione che lo colpì in pieno. La sedia di Godric scivolò sul pavimento con un tonfo, e i piatti che occupavano il suo spazio furono scaraventati contro la parete. La spada sguizzò nuovamente fuori, scintillando minacciosa, e il temperamento di Godric uscì silenziosamente dalla stanza, lasciando spazio all’orgoglio, appena ferito.
“ Il bamboccio con l’armatura può farti assaggiare la sua lama  , e strapparti il cuore con le sole mani” Rowena non aveva mai visto tale furia essere sprigionata da Godric, e non aveva mai visto tanta indifferenza dipingersi nello sguardo di Salazar, che alzandosi con calma si avvicinò al suo avversario, non temendo la lama , non temendo il folgore del cavaliere, non temendo la morte.
“Ti sarebbe impossibile strapparmi il cuore, perché nel solo momento in cui tu lo stai pensando, la tua vita avrebbe gia smesso di esistere!” Salazar pronunciò quelle parole, facendole strisciare maleficamente tra i denti, rendendole un sibilo, simile a quello dei serpenti. Gli occhi erano terrorizzanti, tanto da paralizzare il coraggio di Godric. Helga rimaneva in disparte, sapendo che il suo intervento non sarebbe servito, e Rowena sentì altro odio verso quell’essere immondo e indegno, che non smetteva di amare ardentemente. Sentì la voglia di farlo ritornare da lei, sapendo che forse sarebbe stato impossibile, perché vedeva il suo Salazar perso nell’oblio dell’oscurità e sentiva che nulla lo avrebbe salvato. Era forse colpa sua? Colpa del suo abbandono? Colpa solo della sua vanità? . Si alzò da tavola, sentendo le labbra e la gola divenire aride. Avrebbe voluto urlare contro di lui, farlo rinvenire, e sussurrargli che tutto sarebbe andato bene, esattamente come stava andando mesi prima, prima dell’arrivo di Godric, ma non trovò il coraggio e la voglia di farlo. Lasciò semplicemente la sala, lasciando dietro di se i due rivali, che non avrebbero mai smesso di odiarsi con la folgorante passione , che poteva essere accostata all’amore ardente e senza tempo.
 
 
 
 
 
 
Sentì battere delicatamente sulla porta, e nonostante avesse riconosciuto il tocco leggero, Rowena sperò che il volto che si fece largo nella stanza, non appartenesse a Helga. Ma non potè rifiutare quel sorriso, che sembrò ridonarle un pizzico di leggera spensieratezza, che si cancellò non appena lo sguardo ritornò a fissare  la tela posta di fronte a lei. Dipingere al chiaro di luna era stata fin da sempre la sua arte preferita. Riportare i silenzi della notte, il romanticismo che la luna era in grado di irradiare nel suo cuore, la speranza di ricevere piccoli segnali dalla notte silenziosa che potessero regalarle pensieri concreti e non contrastanti, come ormai accadeva da molto tempo. Sentì i passi di Helga alle sue spalle, farsi più vicini, fino a sentire la sua mano poggiarsi sulla sua spalla.
“Godric è rientrato nelle sue stanze, chiedendo di te, mentre Salazar…”
“è andato nuovamente via…” Concluse Rowena, gia conoscendo l’esito di quel battibecco. Lo aveva visto dalla sua stanza. Aveva visto la sua figura coperta dal mantello della notte, cavalcare lontano da quel luogo, fino a sparire. La tormenta di neve stava diventando ancora più violenta, ma Salazar aveva il freddo dentro di se, e quello della neve , non sarebbe stato un problema che lo avrebbe fermato.
“ Si…è andato nuovamente via , ma ritornerà domattina, aveva solo bisogno di sbollire la rabbia” Helga accarezzò dolcemente i lunghi capelli di Rowena, coccolandola, come faceva da vent’anni. Aveva visto crescere quella ragazza, piano e dolcemente, l’aveva vista diventare splendida e intelligente, e aveva promesso a se stessa e ai suoi genitori di proteggerla, da qualunque cosa, anche dal dolore. Ma in quel momento si sentiva impotente, di fronte al dolore che solo le delusioni e il cuore spezzato poteva imporre.
“Come possiamo costruire un qualcosa, se due persone si odiano cosi tanto? Non possiamo allearci senza rischiare di vederlo crollare sotto i nostri occhi” Rowena aveva accettato la proposta di Godric, immaginando i volti di molti ragazzi impauriti e inesperti di fronte alla propria potenza trasformarsi, prendere coscienza di se ,della propria magia e potenza. Aveva immaginato il prezioso aiuto che i giovani apprendisti avrebbero ricevuto, i vantaggi per loro, e aveva immaginato , o solo sognato, che quel progetto avrebbe portato nella coscienza di molti babbani, la voglia di poter accettare i Maghi e le Streghe che da tempo condividevano il mondo a loro insaputa. Aveva immaginato i volti dei giovani studenti illuminarsi di gioia e stupore, di curiosità e gratitudine. Ma Salazar, come sempre, aveva fatto decadere tutto, distruggendolo con violenza. Non potevano creare nulla fino a quando l’odio divideva quel gruppo , fin quando la rivalità ardeva in loro.
“ Salazar ha accettato, con la consapevolezza di dover cambiare atteggiamento nei confronti di Godric, e lo stesso farà Godric. Deporranno le armi, per il bene di tutti, e per amor tuo” Helga abbracciò la sua piccola Rowena, sperando di poterle infondere amore e sicurezza. Sperando di rassicurarla sulle sue sorti, e cancellare dal suo volto quella tristezza violenta. Rowena si dilettò di quel calore, di quell’amore materno, lasciandosi coccolare dalla sua fedele balia e mentore, verso il quale avrebbe riposto la propria vita.
“ e tu , dovresti essere sincera con te stessa e con entrambi…in modo da rendere questa convivenza più pacifica e meno dura” Rowena  alzò il volto  verso di lei, con lo sguardo confuso, ma con la coscienza che sosteneva le parole di Helga, condividendole, ma soppressa dalla non volontà di Rowena di ammettere che in parte la colpa era anche sua.
“Stai insinuando che la colpa è mia? È Colpa mia se Salazar è diventato cosi…Bruto?”
“ Non puoi nemmeno non ammettere che questo atteggiamento di Salazar sia dovuto all’arrivo di Godric e alle attenzioni che non riservi più a lui” Helga non aveva mai negato a Rowena la verità, e anche se questa era contro di lei, era dolorosa e inaccettabile, sarebbe stata sempre presentata, non nascondendola con codardia o temendo di poterla ferire. Rowena si divincolò dalla dolce presa di Helga, allontanandosi dalla sua voce che sputava sentenze e accuse vere, ma che non avrebbe mai accettato, solo per non sentire le colpe schiacciarla violentemente.
“ Non è colpa mia se Salazar abbia deciso di dedicarsi alle arti Oscure, se odi i Babbani tanto da desiderarli morti, e odi anche Godric, solo perché è ciò che lui non potrà mai essere! Salazar ha lasciato che l’odio facesse parte della sua vita, ha permesso all’odio di gestire le sue azioni, di comandare le sue parole e i suoi gesti. Non è colpa mia” Ripeterlo non avrebbe reso le sue parole veritiere, soprattutto se ciò che veniva pronunciato apertamente era in contrasto con ciò che lei pensava davvero. Salazar odiava i babbani solo perché questi avevano reso la sua infanzia un continuo nascondersi , un continuo vergognarsi della sua natura. Amava le arti oscure solo per la sua spiccata curiosità, e lei sapeva che mai le avrebbe usate, lo conosceva da troppo tempo per pensare che potesse farlo. E odiava Godric solo perché , apparentemente, era riuscita a rapire il suo cuore, non sapendo che quel cuore era e sarebbe sempre appartenuto a lui. Helga sembrò ascoltare la voce del cuore e non quella appena udita apertamente. Riuscì a leggere ciò che pensava realmente Rowena.
“Conosci bene Salazar, molto più di Godric. E sai che ogni suo atteggiamento, ogni sua parola, o sguardo è solo di un uomo ferito, ferito nel cuore e nell’orgoglio. Rowena , tu lo hai abbandonato senza dargli le giuste spiegazioni. Lo hai lasciato solo e adesso lui non ha più motivo per essere migliore, perché lui lo faceva solo per te! Ma forse se dimostri …” Rowena zittì            quelle parole con una semplice alzata di mano. Non voleva sentire altre accuse, non voleva caricarsi di altre responsabilità, non voleva che tutto ciò che stava accadendo fosse solo una sua colpa. Voleva rimanere nella convinzione che Salazar era malvagio, e lo era diventato solo per sua scelta e non per colpa sua.
“sono stanca, per favore , lasciami sola” Non aveva mai cacciato Helga dalla sua stanza. Aveva sempre lasciato che rimanesse con lei, fin quando il sonno non avrebbe preso possesso di lei, ma quella notte , avrebbe dormito da sola, sola con se stessa e con le sue colpe. Helga non ribattè, non cercò di riprendere parola, non cercò di convincerla che ciò che stava facendo era un tipico comportamento da principessa Boriosa ed arrogante, aggettivi che non le appartenevano. Non disse nulla, ma lasciò la stanza, e prima di farlo, non le negò il dolce bacio sul capo, che le augurò una dolce notte, sperando che non fosse una notte insonne e colma di pensieri che non le avrebbero fatto chiudere occhio. Lasciò la stanza e Rowena, sperando di essere cercata l’indomani, e considerata ancora una volta, la giusta mentore a cui avrebbe continuato  a fare riferimento, con la consapevolezza che non l’avrebbe mai lasciata.
 
 
Quella notte fu unica, non ce ne furono altre simili. Salazar come da parola aveva deciso di riporre le armi, e permettere quindi di poter iniziare i preparativi di quel progetto. Avrebbe dovuto combattere con se stesso  , ma lo aveva promesso ad Helga, e non avrebbe calpestato la parola data. Iniziò a rifrequentare il Glen , come una volta, ritornò a frequentare le lezioni che Helga ancora impartiva ai tre e iniziò nuovamente a partecipare ai pranzi e alle cene, fingendo indifferenza di fronte alla presenza sgradita di Gryffindor e cercando di non tradirsi , nel far comprendere ai presenti, quanto sentisse la mancanza della sua Rowena.  Girava il volto ogni volta che intravedeva quel sorriso , allegro e sincero, non rivolto a lui, e diveniva sordo, volontariamente, ogni volta che quella voce si estendeva nella stanza, divertita, allegra e spensierata. Avrebbe potuto resistere a tale affronto? Sarebbe stato in grado di dimenticarla, nonostante fosse sempre , perennemente presente? Forse sarebbe morto, forse l’odio e il dolore lo avrebbero divorato, ma aveva promesso, aveva promesso di non negare ai giovani maghi, la sua conoscenza. Avrebbe aiutato Helga a dar vita ad una grande scuola, che avrebbe accolto i maghi e le streghe con il più grande potenziale , aiutandoli a scoprirsi e controllarsi, esattamente come Helga si era preoccupata di fare con lui.
Attesero molto, attesero che le acque si calmassero e acquetassero prima di dare inizio alla prima riunione che avrebbe reso quel progetto concreto e non solo un idea. Salazar con riluttanza prese posto accanto a Godric, che con dispettosa indifferenza, stringeva la mano di Rowena, mostrando al rivale, che ormai lei era sua, e non apparteneva più a lui, e Salazar in cuor suo , dovette ammettere che forse lei non le era mai realmente  appartenuta. Helga entrò in sala, con un gran sorriso che le dipingeva il volto, tanto radioso che avrebbe potuto sciogliere il ghiaccio che ricopriva ancora il glen e il villaggio, immerso dalla neve e dal silenzio. Si accomodò al suo solito posto, accanto a Salazar, e diede inizio a quella prima riunione. Le idee erano molte, contrastanti, diverse, e poche furono accettate senza trovare una rivale, che potesse renderla nulla e vana.
“ Fornire alla scuola una vasta biblioteca. Potrei donare quella posseduta dalla mia famiglia da secoli” Salazar intravide gli occhi di Rowena scintillare di fronte a quella proposta, che non trovò confutazione e non fu ribattuta. Godric dovette accettarla con riluttanza, ed Helga accettò senza tralasciare di congratularsi con lui.
“ Magari possiamo donare alla scuola la capacità di pensare! Rendere la pietra viva e non immobile e fredda! Donarle un anima, in modo da far sentire gli studenti parte di essa “ La proposta di Rowena manifestò il suo spirito sensibile , e per un piccolo momento, che Salazar si gustò piacevolmente, tra loro ci fu un contatto visivo colmo di complicità, quella che li aveva uniti per molto. Helga e Godric accettarono compiaciuti, Salazar non proferì parola, ma nel suo intimo e nascosto pensiero, considerò quella proposta esattamente come lei. Splendida e unica. Magica come lo era lei.
“ Permettere agli studenti di conoscere le arti del duello permetterebbe di dar vita a nuovi cavalieri forti e regali! Privi di codardia , ma con il cuore colmo di coraggio indomito” Salazar sorrise beffardamente. Quella proposta aveva tardato ad arrivare, ma era giunta comunque, come predetto silenziosamente da Salazar . Godric Gryffindor non avrebbe mai rinunciato nel mettere in risalto quella sua dote, forse unica, che lo rendeva famoso in tutta la Gran Bretagna.
“  Ovviamente parteciperanno solo i giovani, le dame le lasciamo al ricamo” Ironizzò Salazar, non rinunciando ad un piccolo e piacevole battibecco con il suo rivale preferito. Rowena intercetto lo sguardo di Godric, sperando che quell’insinuazione trovasse una confutazione, ma si adirò quando Godric sostenne quelle parole.
“Le donne non sono adatte al duello” Quelle parole furono una dolce e gustosa soddisfazione per Salazar, perché causarono indignazione in Rowena, indignazione che fu scaraventata per la prima volta sul fiero cavaliere.
“Le donne sono adatte al duello come lo sono gli uomini, e se introdurremo nella NOSTRA scuola tale arte, le donne non saranno congedate ! Ne faranno parte “il candido viso di Rowena assunse un colore rossastro, che coinvolse appena le guance ben pronunciate. Gli occhi furono incurvati da una linea di rabbia e la voce assunse un tono più alto del solito. Helga guardò Salazar , capendo il suo intento. Sapeva quanto Rowena tenesse nel mettere in chiaro che la differenza tra donne e uomo doveva essere abbattuta, nonostante il periodo non lo permettesse.  Salazar conosceva bene quello spirito combattivo, che Rowena , di rado faceva balzar fuori, e sapeva che quando accadeva era giusto darle ragione senza ribattere.
“Mia cara Rowena , non vedo come una giovane donna possa armeggiare con una spada . il debole corpo non lo permette” Godric cercò di farle capire ciò che lui riteneva ovvio. Ma quelle parole alimentarono la tempesta . L’intervento di Helga fu d’obbligo, e come sempre mise fine a quel primo battibecco tra i due  fondatori.
“Il duello magico richiederà SOLO l’utilizzo di magia, nessuna arma babbana, a meno che non venga richiesta dal allievo o dall’allieva” Salazar accettò senza intervenire con altre parole che avrebbero potuto rovinare  quella momentanea tranquillità. Il volto di Rowena ritornò sereno, e soddisfatto, dalla proposta modificata da Helga, a suo favore, mentre Godric fu più ostile , ma accettò comunque, per amor della sua Rowena e anche per dimostrare a Salazar di essere propenso ad accettare le proposte diverse , anche se in contrasto con quelle esposte da lui, a differenza sua, che si ostinava a farle apparire sciocche . Era una continua sfida tra i due, a chi fosse più bravo a dimostrare di essere il migliore. In attesa del verdetto finale, che avrebbe decretato il vero vincitore, decreto che avrebbe permesso al vincitore di ottenere la stima e l’amore della bella Rowena e il consenso di Helga , di prenderla in sposa. Tutto ciò , però , avveniva in gran segreto, solo tra loro due, mettendo da parte entrambe le dame, ignare di quella sfida .
Altre idee furono esposte, molte delle quali furono accettate senza reclami. Altre invece , furono gettate via, senza attendere una spiegazioni più concreta che potesse convincere gli altri tre  a darle più considerazione. Giunse la sera , ma i quattro fondatori erano ancora alle prese con il decidere cosa fosse giusto introdurre oppure no. Non si accorsero del cielo divenire buio, non si accorsero del brontolio dello stomaco, o delle ore tarde che avrebbero dovuto accompagnare il sonno dei quattro. Erano in piena fase di creazione,  e quella pace, anche se fittizia e forzata, non si sarebbe più ritrovata. Quei quattro maghi erano riuniti per dar vita a qualcosa che avrebbe cambiato il mondo magico, e forse anche quello babbano. Stavano dando vita ad una scuola che avrebbe donato a giovani maghi la possibilità di non nascondersi più, di dar vita alle proprie potenzialità, di accogliere chiunque si fosse sentito diverso e a disagio, a causa dei propri poteri. Ma quella tranquillità, quella pace, non sarebbe durata in eterno. Era destinata a trovare un solco che avrebbe diviso ancora di più i quattro fondatori.
“ Al di là del fiume , c’è un altro colle, sul quale potremmo ergere la nostra scuola” Salazar aveva viaggiato molto di più degli altri, e aveva scoperto altri luoghi, anche più distanti da dove si trovavano adesso, ma lui riteneva quel luogo perfetto per dar vita alla scuola. Li si racchiudeva tutto ciò che era stato importante per lui, tutto ciò che lo aveva plasmato . Li era la sua vera casa, e non riusciva ad immaginare luogo diverso che avrebbe rappresentato per gli altri, ciò che quel luogo rappresentava per lui. Helga percepì in quella proposta la voglia di restare legato, anche se solo con il ricordo, al luogo che lo aveva ospitato con cura e amore. Percepì un pizzico di malinconia  e non vide la necessità di passare quella proposta ai voti. Sarebbe stata accettata senza ribattere. La scuola sarebbe stata eretta esattamente li, nella splendida e verdeggiante Scozia, lontano dagli occhi dei Babbani, e nascosta dalla magia che avrebbe tenuto nell’oscurità quel luogo, fin a quando i Babbani non avrebbero accettato la loro esistenza.
“Domani mattina andremo oltre il fiume, e inizieremo a perlustrare il luogo, adesso credo che sia ora di riposare. Abbiamo lavorato abbastanza per questa sera” Helga si congratulò con i suoi discepoli, che stavano contribuendo magnificamente alla creazione di quel progetto innovativo che avrebbe cambiato la storia della Magia. Sarebbe stata la prima scuola che avrebbe fornito ai giovani maghi i giusti insegnamenti per affrontare il mondo esterno. Molte dovevano essere organizzate, ma la notte era scesa, e le menti erano stanche. L’indomani sarebbe iniziato un nuovo giorno e nuove idee avrebbero preso forma. Si congedarono tutti nelle proprie stanze , con ancora molte idee desideroso di scoppiare fuori.
 
 
 
 
Raggiungere l’isolotto indicato da Salazar la sera precedente fu facile. Il cielo era ancora ricoperto da una sottile nebbiolina violacea, che preannunciava una splendida giornata di sole, quando i quattro fondatori si misero in viaggio. Cavalcarono fino al villaggio, e una volta giunti al lago, ancora ricoperto dal ghiaccio sottile, si smaterializzarono all’unisono. Salazar sentì il leggero tocco di Rowena , poggiarsi sul suo braccio e desiderò per un momento poter andare  via da quel luogo solo con lei, con ancora quella delicata mano che lo stringeva. Era da mesi che non c’era un contatto tra loro, e nonostante quello fu lieve, fu abbastanza intenso da provocargli una piacevole sensazione di abbandono. Si smaterializzarono nella nebbia mattutina, lontano dagli sguardi dei Babbani, e si ritrovarono con i piedi immersi nella soffice neve, che ricopriva il piccolo isolotto solitario, selvaggio e privo della mano dell’uomo che avesse potuto rovinare lo spettacolo che si apriva ai loro occhi. Salazar sentì la presa di Rowena scivolare via e la vide allontanarsi con la mano stretta a quella di Godric che la condusse per quel luogo, magico e incantato. C’era un silenzio piacevole e ovattato, e qualche lieve raggio di sole illuminava appena alcuni alberi lontani, che davano vita ad una foresta.
“ è stupendo questo luogo” Helga affiancò Salazar, non nascondendo l’ammirazione che provava per quel luogo, rimasto allungo nascosto al suo sguardo. Non aveva mai lasciato il Glen e non aveva mai assaporato le bellezze che si presentavano al di fuori di esso, lasciando che potessero sfuggirle via e ignorare involontariamente. Salazar non rispose, accennando il consenso con un leggero accenno di capo. Si misero a perlustrale il luogo, per accertarsi che fosse l’ideale per poter ergere la loro scuola, ancora priva di fondamento e nome. Quel particolare lo avrebbero lasciato per ultimo, dovendo creane uno che avrebbe dato giustizia al luogo. L’enorme lago circondava l’isola, permettendo di raggiungere quel luogo solo ed esclusivamente con barche o smaterializzandosi. La foresta , che poteva essere scorta in lontananza sarebbe stata perlustrata, anche se l’aria era minacciosa e poco ospitale, e l’enorme spazio che si apriva tutto intorno offriva ai quattro fondatori la possibilità di fornire a quel luogo tutto ciò di cui avrebbe avuto bisogno.
“Potremmo dotare alla scuola una magnifica serra! Li, in quel punto” Rowena raggiunse Helga, facendole notare un piccolo spazio, esposto più degli altri verso il sole. Rowena aveva il viso arrossato, per aver corso troppo, e il sorriso largo e divertito. Salazar aveva trovato quel luogo, sapendo che avrebbe reso Rowena felice. Aveva più volte pensato di condurla li, e condividere con lei le bellezze che quel luogo aveva da offrire, ma non c’era stata occasione, non gli era stato permesso fare quel gesto, che forse , le avrebbe fatto capire quanto fosse legato a lei.
“ Si, è perfetto” Helga sentì un eccitazione stringerle lo stomaco e seguì Rowena verso quel luogo, colorato da piccoli ciuffi d’erba e da qualche fiore, resistito al freddo e al vento. Salazar silenziosamente le raggiunse, e rimase fermo ad ammirare come entrambe contemplavano quella bellezza della natura. Nonostante il freddo, la neve, e il vento che forte tirava in quel luogo, quel semplice e delicato fiore, composto solo da qualche bocciolo candido, che assomigliava molto a soffici batuffoli di cotone, era rimasto li, a manifestare la sua forza, e la sua semplicità. Rowena si inginocchiò al suo fianco, accarezzandolo con delicato amore, come se si trovasse di fronte ad una propria creazione. Lo portò al volto, gustandosi del suo profumo.
“Helga, che fiore è? È magnifico” Rowena si voltò verso il suo mentore, che conosceva ogni cosa di quelle bellezze che la natura poteva donare. Di quei colori che dipingevano la tela del mondo. Salazar era in disparte ad ammirare non la bellezza della natura, ma la bellezza di Rowena , prendere vita di fronte ad essa. Ammirava con silenzio il suo sorriso e la sua curiosa attenzione verso le parole di Helga.
“Questi sono fiori che crescono prevalentemente in campi e non ai piedi delle rocce. È molto strano che questi fiori si trovino qui, anche perché la stagione non è prospera per loro. Hanno bisogno di calore e sole e adesso ce ne molto poco” Rowena pendeva dalle sue labbra incantata da quel fiore di tale semplicità. E Salazar sembrava rapito dall’incantevole Rowena. Perché doveva assaporare la dolorosa e opprimente costrizione di dover ignorarla, di non poterla parlare, di non poter ridere con lei, e gustarsi la bellezza di quel fiore. Perché doveva fingere di provare solo odio nei suoi confronti quando quell’odio non era affatto intravisto in lui, e il desiderio di provarne un po’, un pizzico era forte esattamente come quell’amore che lo paralizzava in ogni punto. Era stanco di sentire quel distacco da lei, era stanco di vederla con Gryffindor e non poter condividere quel progetto che li avrebbe potuti rendere solo più uniti. Era stufo di rimanere nell’ombra per poterla vedere, per poter donare ai suoi occhi il privilegio di guastarsi del suo splendore.
“ Hanno un nome molto strano. Sembra essere inventato…si chiamano Hogwarts” Rowena si illuminò a quel nome, e lopronunciò  gustandosi di ogni lettera. Lo pronunciò più volte, lo fece passare più volte al vaglio del suo udito, immaginando come sarebbe parso all’udito di altri, all’udito degli studenti che avrebbero preso parte a quel luogo. Immaginò le voci eccitate e frizzanti degli studenti, che pronunciavano quel nome, che indicavano la loro seconda casa, con quel nome, cosi strano eppure con un suono delicato, forte e unico esattamente come quei fiori, esattamente come coloro che avrebbero attraversato la soglia di quella scuola. Rowena sentiva che quei fiori non erano li a caso, ma erano li per suggerire a loro il nome che avrebbero donato alla loro scuola, e Hogwarts sarebbe stato il nome perfetto.
“ Hogwarts sarà il nome della nostra scuola! La scuola di Magia e stregoneria di Hogwarts, e lo stemma sarà questo fiore, che darà esempio di semplicità e  forza, esattamente le qualità che risiederanno negli animi dei nostri studenti! “ Rowena non si rivolgeva più solo ad Helga, aveva il viso illuminato di gioia, e lo rivolgeva anche a Salazar, cancellando per un attimo l’ostilità che li aveva divisi. Quell’idea apparve geniale,  era un idea che solo Rowena avrebbe potuto dar vita. Donare a quel luogo un significato profondo, dar ai propri studenti delle qualità da tener alte e fiere, senza mai lasciarle. Donare ordine e rigore. Quella scuola sarebbe stata ricordata anche dopo la loro morte, anche dopo decenni e secoli. Sarebbe stata il punto di riferimenti per molti , e adesso sarebbe stato il loro. Helga accettò senza ribattere e lo stesso fece Salazar.
“Dov’è Godric?” Rowena sembrò notare quell’assenza un po’ troppo tardi. Si era persa nel suono di quel nome, e nella bellezza di quei fiori, si era persa in quel tuffo nel passato, dove Salazar non era solo una figura silenziosa che si perdeva alle sua spalle. Helga si gettò , senza attendere, alla ricerca di Godric, e con lei anche Rowena. Salazar si accomodò ai piedi della roccia che ospitava i fiori, e si mise ad ammirare i fiocchi di neve, che piano, cadevano dal cielo. Il sole , preannunciato dalla nebbiolina violacea, aveva fatto un breve ingresso, prima di lasciare spazio alla neve. Il nome di Godric fu urlato al cielo, ma nessuna risposta parve provenire. Rowena e Helga sembravano preoccupate, mentre Salazar sapeva che Godric sarebbe apparso con qualche gesto teatrale degno di lui. Magari avrebbe cavalcato un Drago, o un centauro. Magari sarebbe uscito dal ghiaccio , con il fuoco che gli ardeva intorno. Avrebbe trovato un qualsiasi modo per apparire perfetto agli occhi di Rowena, per mettere in risalto il suo coraggio. Quindi non si preoccupò di gettarsi nelle ricerche, ma rimase in disparte a godersi il freddo pungente della neve.
Ma ciò che accadde fu un sovrapporsi di cose, un mischiarsi di avvenimenti, che avrebbe plasmato la vera storia di tutto, che avrebbe dato a Salazar altre motivazioni per apparire burbero e malvagio. Lo sguardo cupo era rivolto in alto nel cielo, opaco e grigio. Sentiva i piccoli fiocchi poggiarsi sul viso, e intorpidirlo con il loro tocco freddo. Era vuoto il cielo, oltre qualche nuvola minacciosa. E scorgere un fagiano non fu difficile per Salazar. Un fagiano elegante, con bellissime piume brune planò verso di lui, posizionandosi di fronte a lui e puntando il suo sguardo in quello di Salazar, fece cadere una pesante pergamena ai suoi piedi, per poi planare nuovamente via, e confondersi tra il cielo ugioso. Erano anni che non riceveva lettere , e forse non era per lui. La prese tra le mani, nello stesso istante in cui Godric uscì allo scoperto, e come predetto da Salazar, la sua apparizione fu plateale. Cavalcava qualcosa di invisibile, che chi sa come , poteva vedere solo lui. Era poggiato su qualcosa che gli permetteva di rimanere sospeso , e distaccato dal prato innevato. Stringeva ancora quella misteriosa lettera, ma la sua attenzione era dedicata alla reazione di Rowena, che eccitata spiegava il come e il perché Godric si trovasse su quel qualcosa di misterioso.
“ è un Thestral , cavallo alato dotato del potere dell’invisibilità , può essere visto solo da coloro che…hanno visto la morte…Godric come puoi vederli tu?” Salazar sentì la voce di Rowena, affievolirsi e intenerirsi all’idea che Godric avesse assistito alla morte. Helga porgeva le mani verso il nulla, ma con la guida di Godric riuscì ad individuare quella creatura , che non aveva forma , ma era dotata solo di presenza. Si potevano vedere le orme crearsi sulla neve, che manifestavano la sua presenza.
“ Ho assistito alla morte di molti quando quel drago ha attaccato il mio villaggio…Non ti auguro di vederli anche tu , Rowena cara, ma credimi, sono creature stupende” Salazar si sentì ribollire di rabbia, di fronte a quella pomposa aria di eroe coraggioso che Godric non la smetteva di mettere in mostra. Forse un giorno gli avrebbe fatto smettere di darsi tante arie, e gli avrebbe sottratto quel piedistallo, sul quale adorava stare. Stufo di assistere ad altre moine, si dedicò alla sua lettera, che ancora stringeva tra le mani. Solo allora notò il sigillo della sua casata, il serpente uguale a quello riportato sul suo medaglione, brillava su quella pergamena umida. Rimase a fissarla , cercando di capire, senza il bisogno di leggere le parole che si trovavano rinchiuse al suo interno, cosa avesse condotto sua madre a scrivergli.Non lo faceva ormai da quando aveva accettato di donare ad Helga il compito di crescerlo al posto suo, quando aveva rinunciato ad occuparsi di lui, perché ingestibile. Strappò via quel sigillo, e dispiegò la spessa carta, e piano iniziò ad assorbire quelle parole, non scritte da sua madre. Era stato qualcun altro ad avvisarlo della morte della Duchessa Slytherin, presa e gettata a morte sul rogo, per accusa di stregoneria e patti con il diavolo. Più le parole venivano formulate nella mente, più un odio saliva alla gola, al petto, al capo. Sentì le mani tremare, il corpo essere gettato in tremori convulsi e incontrollabili. Sentì la neve sciogliersi ai suoi piedi, sentì il fuoco ardere in lui. Lo stomaco in subbuglio e il volto divenire rigido come marmo. Sua madre si era fatta ammazzare esattamente come un insulsa babbana, nonostante la sua potenza era inspiegabile. Aveva permesso a quei luridi , vili e viscidi villani di porre le loro mani schifose sul suo corpo, martoriarlo, torturarlo e deturparlo con il fuoco, con le fiamme. Perché aveva permesso che ciò accadesse? Perché si era dimostrata tanto debole, quando avrebbe potuto far pagare a quegli insulsi esseri ogni loro colpa, solo con uno scocco di dita. Perché si era lasciata morire con tale ferocia, e perché aveva permesso ad una babbana di avvertirlo? Le ultime parole gli comunicarono che tutte le ricchezze da quel momento in poi appartenevano solo ed esclusivamente a lui, esattamente come il forte di THE FENS e se avesse voluto, avrebbe potuto raggiungere quel luogo e continuare l’opera della madre. Salazar sentì altro odio. Non avrebbe donato a quei vili nulla più, non aveva nulla da dare a loro, che senza pietà avevano ammazzato la loro salvatrice, la loro benefattrice che aveva reso quella terra paludosa e priva di vita, un luogo abitabile. Avrebbe ridato ai villani ciò che avevano sempre avuto. Morte, pestilenza e fame. Avrebbe donato a quei meschini ciò che meritavano. Non rispose al richiamo di Helga, che sentì appena. Si smaterializzò da quel luogo, e quando giunse a THE FENS la sua furia fu scatenata con tutta la furia che possedeva in corpo. Non ci fu alcuna lacrima che avrebbe potuto manifestare il dolore che stava provando in quel momento. Non  riusciva a dedicare a sua madre il dolore, il rimpianto. Ma donò alla sua memoria solo rabbia e odio. Non prese nulla da quel luogo, solo la vasta biblioteca che avrebbe trasportato con un semplice incantesimo di riduzione. Quando ritornò al Glen, dietro di se , aveva lasciato solo sangue e disperazione e la convinzione viva e radicata, che i Babbani non avrebbero mai avuto l’onore di conoscere il mondo della magia.
 
 
Rientrò al Glen, con gli abiti fradici di melma paludosa e con il volto pallido e sconvolto. Rivedere THE FERS , rivedere il luogo dove aveva trascorso i primi anni della sua vita, ridotto in macerie e fumo, aveva scatenato in lui un’ira tale che aveva governato le sue azioni. Aveva sterminato senza pietà gli abitanti di quel luogo, non risparmiando nessuno , nessuno che avrebbe potuto parlare e accusarlo di ciò che aveva fatto. Era divenuto un assassino, e non sentiva colpe. Ciò che aveva fatto gli era stato tirato da dentro con prepotenza, era stato costretto a farlo. Quando fece il suo ingresso al Glen, Helga , Rowena e Godric erano seduti a tavola, a consumare la loro cena. Non riusciva a stabilire quanto tempo era stato fuori. Il sole stava sparendo dietro i colli, e il buio stava prendendo possesso del cielo. Era stato lontano per molte ore, e per molte ore aveva scatenato il suo odio su babbani dai visi sconosciuti, che come lui , non avevano avuto pietà per la splendida donna che aveva dominato per anni quella palude. Era ritornato al Glen , senza badare alla preoccupazione che la sua assenza aveva procurato ad Helga e Rowena. Senza preoccuparsi di spiegare cosa lo avesse indotto lontano da li.
“Salazar, ragazzo mio , dove sei stato?” Helga si alzò di tutta fretta, raggiungendolo per stringerlo in un’abbraccio preoccupato. Salazar non rispose. Scivolò via dall’abbraccio di Helga e si sedette al suo posto, fingendo che nulla fosse accaduto. Godric sembrava poco interessato dallo stato in cui si era presentato Salazar, e riprese il discorso che stava tenendo con Rowena, che ormai non lo ascoltava più. Guardava Salazar , preoccupandosi del suo silenzio, del suo stato, di quegli abiti imbrattati e sporchi, dello sguardo basso e poco beffardo. Desiderava conoscere cosa fosse accaduto, ma desiderava che fosse lui a dirlo, senza domane, come accadeva un tempo. Desiderava comunicare con lui attraverso lo sguardo, conoscere ciò che lo aveva reso in quello stato, leggendo tutto ciò nei suoi occhi. Ma lui sembrava assente. Il suo corpo era li, ma la sua mente altrove.
“ Salazar , ti piacerà sapere che il luogo scelto è stato considerato perfetto, e da domani inizieremo i lavori per la sua creazione. Naturalmente ci faremo aiutare da elfi e gnomi. E doteremo del castello degli opportuni incantesimi per tener alla larga, per il momento i babbani. Inoltre , ci sono giunte numerose richieste da molte famiglia di Maghi, che ci hanno chiesto di ospitare la propria prole nella scuola, e Helga conosce molte famiglie babbane, con figli dotati di magia…” la voce di Godric era fastidiosa, esattamente come la sua presenza. La sua sopportazione era giunta al culmine, e smessa la maschera dell’indifferenza , zittì quella voce, gettando ogni cosa per aria. Il pavimento fu ricoperto di cibo, e il tavolo di legno fu ribaltato oltre la stanza. La rabbia era viva nello sguardo di Salazar, pietrificante, e questa volta le parole di Helga non sarebbero bastate.
“NESSUN SCHIFOSO MEZZOSANGUE VARCHERà LA SOGLIA DELLA MIA SCUOLA! “ Rowena si portò una mano alle labbra, soffocando un sospiro di dolore, Helga si alzò con furia , intollerante di fronte a quel gergo , volgare e Godric sguainò la spada e questa volta la lama fu attaccata alla gola di Salazar, che fu scaraventato con le spalle al muro.
“ non osare utilizzare tale vocaboli . Non tolleriamo le discriminazioni , tutti saranno accettati ad Hogwarts , senza distinzioni di origini. Nati Babbani e non varcheranno la soglia di Hogwarts,e  non sarà il tuo odio a impedirci di accogliere chi ne avrà bisogno” non fu abbastanza la furia di Godric, non fu abbastanza la pressione della lama alla gola. Salazar sorrise , ma non c’era nulla di divertito in quella smorfia. C’era rabbia, era isterico e nervoso.Scaraventò Godric al di la della stanza, senza l’uso di alcuna formula magica. Il potere che c’era in lui era più forte di qualunque incantesimo o magia. Il suo potere era governato dall’odio e dall’oscurità che ormai si era impadronito di lui. Rowena era paralizzata dalla paura, e Helga, non riusciva ad accettare tutto quel frastuono e confusione.
“Impartirò la mia conoscenza solo a maghi puri di sangue, in modo che le conoscenza non vengano imbrattante dal sangue sporco… Io selezionerò membri di nobile famiglia, di astuzia e desiderio di osare. I miei studenti impareranno l’arte delle pozioni, l’arte degli incantesimi, con la medesima dedizione che dedicheranno alle arti oscure… Non accetterò babbani , non accetterò stolti o presuntuosi. I miei studenti saranno i migliori e scriveranno la storia della magia”  Quelle parole furono sputate con presunzione e odio, e nessuno trovò il modo di ribattere a quelle richieste. Salazar aveva parlato chiaramente, e nulla lo avrebbe persuaso a rimangiarsi ogni cosa. Qualunque cosa fosse successa, Rowena seppe, che era riuscita a strappare il suo Salazar , lasciando il posto a colui che si presentava in quel momento. Privo di bontà, privo di spirito, privo di clemenza. Salazar Slytherin incorporava la malvagità più assoluta.
“Bene, Salazar, se è ciò che vuoi ciò avrai. E ognuno di noi selezionerà gli studenti che riterrà degni di trovare in Hogwarts il giusto luogo dove riporre la propria magia” Helga con un leggero tocco riportò la stanza al giusto ordine, e ritornò ad accomodarsi al suo posto, questa volta,e  forse prima, senza il solito sguardo dolce. Era adirata più che mai, ed era ostinato a punire quella violenta rabbia , appena manifestata da Salazar. Avrebbe reso Hogwarts un luogo di conflitti e confronti, esattamente ciò che stava accadendo in quel momento tra loro.
“ Facendo questo i nostri studenti diverranno rivali e il simbolo di Hogwarts perderà il valore datogli”il tono implorante di Rowena non fu abbastanza convincente. Helga parve non ascoltarla. Avrebbe impartito una punizione a tutti, stanca di assistere ogni giorno a lotte inutili e prive di significato.
“ I miei studenti prediligeranno il duello, la cavalleria e l’onore. Saranno al servizio dei più deboli e nemici dei malvagi” Godric non cercò di opporsi alla proposta di Helga, scorgendo la possibilità di mostrare a tutti, e soprattutto a Salazar, che i suoi valori avrebbero soggiogato i suoi, e avrebbe avuto occasione di mostrarsi migliore. Rowena guardò Godric incredula di quelle parole, pronunciate velocemente, cogliendo l’occasione al volo e non sostenendo il suo tentativo di riportare tutto esattamente come era stato progettato solo qualche ora fa.
“ I miei studenti saranno leali, cortesi e mai saranno guidati dalla competizione , e mai arriveranno ai propri fini a discapito di altri. Impiegheranno le proprie forze e sarà accettato chiunque si senta disorientato o confuso. La mia sarà la casa dove tolleranza e pazienza saranno regine, e dove la bontà animerà gli animi” Helga manteneva uno sguardo che non le apparteneva, rigido e privo di bontà e Rowena si sentiva spaesata in quella confusione  che non aveva chiesto . Perché stava cambiando tutto con tale velocità da non poter rimediare. Prima Salazar e adesso i progetti tanto accurati che venivano gettati nel fuoco e sostituiti con altri che avrebbero reso tutto diverso e più difficile. Perché permettere all’odio di plasmarsi tra giovani e innocenti studenti? Perché permettere alla rivalità , che gia ardeva prepotentemente tra due fondatori, si insediarsi tra i vari membri della scuola. Non riusciva ad accettarlo, ma avrebbe dovuto farlo, per sopravvivere a quei cambiamenti che l’avevano travolta ancora.
“ Io ammetterò solo studenti con ingegno sopraffino e creatività. Non ammetterò persone lente di mente e prive di ingegno e fantasia. E non ammetterò studenti presuntuosi e malvagi” Con quest’ultima conclusione, il suo sguardo saettò su Salazar, e fu quella l’ultima volta che l’ultimo erede della casata dei Slytherin avrebbe avuto l’onore di ammirare i suoi occhi.
Quella notte cambiò ogni cosa, cambiò le sorti di quattro potenti maghi, che furono divisi dalle differenze e dall’odio di uno solo. Quella notte cambiò le sorti di due cuori, che non si sarebbero ritrovati per lungo tempo, che sarebbero vissuti lontani, sanguinando di dolore . Quella notte fu la notte della nascita di Hogwarts, scuola divisa in quattro case, quattro case che si sarebbero affrontate per dimostrare chi fosse la migliore. Quella notte fu la notte in cui un amore venne distrutto, dallo stupido orgoglio, dal doloroso dolore inflitto da altri. Quella notte fu la notte in cui una scuola, ancora priva di fondamenta, avrebbe scritto , con caratteri incisivi e profondi, la storia del mondo Magico.  
 
 

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Capitolo 5
*** -Quarto Capitolo- ***


   

-Spells&Love-
-Quarto Capitolo-
 




Hogwarts si plasmò sotto i loro occhi, ad ogni scoccar del giorno. Ogni mattone fu parte di quel progetto, che piano, con lento ma meditato andamento, gli fu data una forma, spessore e un’anima. In pochi mesi l’imponente castello in pietra, costituito da torri che si innalzavano verso il cielo, tanto da poterlo  solleticare  con la loro estremità , padroneggiò la piccola isola, fino ad allora rimasto nascosta  ed ignorata . I quattro fondatori si preoccuparono loro stessi di dotare a quel luogo tutto ciò di cui aveva bisogno per essere considerata la miglior Scuola Magica del mondo: Godric Griffindor donò  a quel luogo la splendida Sala Grande, dove ogni studenti si sarebbe ritrovato , con amici di altre case, dove avrebbe consumato pranzi e cene in compagnia dei propri compagni, lasciando le differenze fuori quel luogo.   Diede vita a luoghi di ritrovo per gli studenti appartenenti a comuni case , e una stanza nascosta , che si sarebbe presentata a chiunque avesse avuto la “necessità” di trovarla.
Helga Hufflepuff si dedicò alle cucine, permettendo agli elfi della famiglia Rewenclew di seguirla ad Hogwarts, e far beneficiare a chiunque dei loro servigi.  Innalzò una splendida serra , in cui le sue adorabili piante poterono trovare spazio in cui crescere fiorenti e forti. Il Platano Picchiatore non rimase al Glen, ma con accortezza  fu spostato con cura all’interno dell’enorme spiazzale che fu dedicato solo a lui, in modo che potesse crescere privo di interferenze.
Rowena Rewenclaw fece in modo che il castello fosse vivo, e non semplice roccia fredda e inanimata. Gli diede il potere di cambiare percorsi e idee. Gli permise di  proteggersi da attacchi minacciosi. E si preoccupò di permettere agli splendidi gigli, da cui aveva preso nome, di crescere liberi intorno alla roccia. Coltivò fiori che donarono a quel luogo lucentezza e colore.
Salazar Slytherin concesse , come promesso, la sua biblioteca, appartenuta ai suoi avi. La conoscenza tramandata di generazioni in generazioni tra i Duca di THE FENS ormai apparteneva ad Hogwarts e alle menti che avrebbe plasmato.
Concesse a quel luogo la conoscenza, l’elemento più importante che avrebbe donato credibilità a quel luogo.  
E ogni casa si divise nei quattro angoli del castello. La Torre Ovest fu il punto di ritrovo per i Rewenclew , protetta da indovinelli da dover risolvere, indovinelli posti solo agli appartenenti alla sua Casa, giovani pronti di mente e amanti del bello. La Sala dei Gryffindor fu posta nella Torre Est. Un vecchio dipinto, appartenuto alla dimora di Godric Gryffindor, fu posto in sorveglianza. Chiunque avesse desiderato entrarvi , avrebbe dovuto conoscere la parola d’ordine, che i soli membri della casa si tramandavano con riservatezza. Gli Huflepuff furono sistemati vicino le cucine. Helga si preoccupò di donare alla sala Comune un aspetto accogliente e caloroso. Fu decorata da splendide piante che scendevano leggiadre lungo il soffitto. E per entrarvi , sarebbe bastato solleticare il punto esatto di un vecchio dipinto di NATURA MORTA.
Gli Slytherin , invece, furono gettati nei meandri oscuri e umidi dei sotterranei. Una parete di pietra proteggeva quel luogo, e la parola d’ordine cambiava ogni ora. Astuzia e furbizia erano gli elementi cardini che ogni studente Slytherin doveva possedere, e Salazar avrebbe messo alla prova i suoi adepti.
Hogwarts in poco tempo divenne la guida di giovani maghi e streghe, che giunsero in quel luogo desiderosi di imparare  , conoscere e controllare la propria forza. Molte famiglie Purosangue , furono propensi a donare i propri eredi nelle mani di Salazar, che nonostante la sua giovane età , si dimostrò ben presto un grande mentore e guida.
Famiglie antiche, come i Malfoy del Wilthschire, i Black  dell’Essex, i Yaxley del Galles  e i Dolohov del Bedfoschire , sostennero a pieno l’idea di Salazar di impartire la conoscenza solo ed esclusivamente ai Purosangue,  rifiutando, come lui, i “Mezzosangue” , che misero piede, in quel luogo, denigrandolo.
Godric Gryffindor , ignorando del tutto la decisione di Salazar, di tener lontano i Mezzosangue o i nati Babbani, si preoccupò lui stesso di andare alla ricerca di giovani costretti a nascondersi per il loro potere , donando la possibilità a future menti di essere coltivate e sperare nella nascita di maghi forti e degni del potere che possedevano , di cui non conoscevano origine.
In poco tempo Hogwarts fu la dimora di molti, la casa desiderata di anime perse, di anime reiette, e di speranzosi di crescere nello spirito e nella mente. In poco tempo quel luogo divenne il punto di riferimento di molti. E in poco tempo, l’odio nato tra Godric e Salazar si radicò anche nei componenti delle rispettive case, tanto da dividere quel luogo e rendere ogni giorno una sfida. 
Gli anni trascorsero tra quelle mura. I fondatori crebbero, divennero maturi e forse più coscienziosi,ma ciò che li aveva segnati anni prima non scomparve, ma dilaniò ancora di più i loro animi e rese la distanza incolmabile.
 
 
Salazar non sentiva alcun rumore intorno a se. La sala degli Slytherin posta nei meandri dei sotterranei, era sommersa dalle acque gelide del lago nero, invaso da creature mostruose e misteriose. Nulla poteva interrompere lo studio dei suoi allievi, o il suo riposo. C’era un silenzio calmo, soffuso. Un silenzio che costringeva Salazar ad ascoltare altre voci. Le voci del ricordo, che urlavano contro di lui. Urlavano dolorose verità, che non riusciva a zittire. Quei ricordi che si insediavano, strisciavano nella sua mente, sperando di riportare alla luce la sua anima buona, ma facendola ricadere e schiantare ogni volta che Salazar doveva convivere con la dolorosa verita:Quei ricordi sarebbero rimasti tali, nulla gli avrebbe ridonato ciò che c’era stato. Lo aveva perso , gli era scivolato dalle mani con fin troppa fretta. Tanta da non permettergli di godersene per un ultimo istante, tanto velocemente da aver strappato in lui anche l’ultima traccia di anima. Si appiattì contro la poltrona della sua stanza, e coprendosi la mano con una mano, gettò la sua mente a tempi addietro. Ai suoi tempi PERFETTI. Tempi dei suoi sorrisi e della loro complicità. Aveva bisogno di ciò, ne aveva bisogno per permettersi di sopravvivere in quel luogo divenuto un inferno ormai……
 
…Era sera, una calma sera . L’aria leggera e fresca , irrompeva nel salone d’ingresso del Glen, portando con se solo piacere. Era tutto silenzioso, oltre qualche suono della natura che irrompeva a disturbare la quiete. Salazar era giunto li da qualche giorno, e non aveva ancora deciso se rimanere o meno in quella dimora, che gli era parsa d’avanti agli occhi, solo pensando ad un luogo da poter chiamare “Casa”. Ma nonostante fosse giunto li, non riusciva a denominarla tale. Come poteva essere definita casa un luogo di cui si conosceva poco? Di cui degli  abitanti non si conosceva né storia e né vita? La dama di quel luogo l’aveva rapito con il semplice sguardo , ma lui poteva mai rinunciare a ciò che aveva a THE FENS , quel poco che possedeva in quella paludosa terra, solo per i grandi occhi azzurri e limpidi di quella giovane donna, conosciuta per caso, con cui aveva scambiato poche parole? Poteva mai rinunciare a tutto solo per quelle deboli eppure coinvolgenti sensazioni provate ? Troppe domande si accalcavano nella sua mente, prive di risposta che potessero soddisfarlo. Quegli occhi lo avevano reso schiavo, e lui non riusciva ad accettare tale affronto. Lui non aveva bisogno di nessuno , aveva bisogno solo di se stesso per poter rendere la sua vita soddisfacente. Eppure,quel giorno, sembrò essere trascorso fin troppo velocemente, e con il calar della notte, Salazar fremeva di attesa. Attesa per il giorno che lo avrebbe ricondotto da Rowena, la dama che aveva rapito il suo cuore. I grandi occhi cupi del giovane erano rivolti al cielo. Quella notte era limpido, e la luna era uno splendore. Manifestava tutta la sua bellezza in quel pallore candido ; pallore che rischiarava il buio, che metteva luce nelle tenebre. Era poggiato sulla grande finestra che affacciava su quel mondo, nuovo e misterioso per Salazar. Fissava un punto impreciso di quel luogo, non riuscendo a trovare sonno. Dondolava un piede, gettato al vuoto, mentre l’altra gamba, era stata portata al petto, in modo da essere un ottimo appoggio per la testa. Gli occhi cupo del giovane si spostavano tra un punto impreciso all’altro, in cerca di qualcosa o di qualcuno. Il silenzio era sceso su tutto il Glen, e Salazar riusciva ad ascoltare solo i suoi respiri lenti. Ma quel silenzio, quei pensieri, quella solitudine furono interrotti, da leggiadri passi di piccoli piedi,che calpestavano la pietra con dolcezza ed eleganza. Salazar fine di non ascoltare , finse indifferenza. Ma quando quel profumo, che avrebbe riconosciuti tra molti, gli pizzicò i sensi, avvertendolo, non potè più fingere. Voltò piano la testa e trattenne ogni parola, ogni esclamazione. Non si tradì . Lui non era un semplice e insulso babbano. La sua forza era maggiore. Il suo autocontrollo era forte , e non lo avrebbe tradito. Rowena era distante da lui di qualche metro. Indossava un’elegante e raffinata vestaglia in stoffa e perle, e  i capelli corvino le ricadevano disordinati sul volto, ancora impastato di sonno. Sonno interrotto per un oscuro motivo. I delicati e sottili piedi erano nudi, e Rowena era splendida. Aveva le mani giunte, come incerta se proferire parola o rimanere in silenzio a fissarlo. Rimasero cosi, a guardarsi, a scorgere ogni dettaglio. Ad attendere che una qualche parola, una sola sillaba, appena pronunciata , potesse rendere quell’incontro, involontario, meno imbarazzante. Rowena aveva gli occhi puntati su di lui. Come calamite, non guardava altro. E Salazar sosteneva quello sguardo, non per sfida, ma solo per godersi di quella bellezza. La guardava come se i suoi occhi non avessero mai visto realmente. Come se fino ad allora era stato cieco, completamente ignorante del mondo e delle sue bellezze. Quel sentimentalismo lo avrebbe reso debole, era consapevole di ciò. Quei sentimenti cosi “umani” e privi di trascendenza , lo avrebbero reso succube delle emozioni, della fragilità che ogni insulso babbano o essere inferiore abbracciava con gioia.
“Non riesco a dormire…” Sussurrò Rowena, con innocente incertezza. Quelle parole sembrarono risuonare come un aiuto, aiuto per ritrovare quel sonno perso. Salazar alzò appena le spalle, assorbendo quella notizia, ma non sapendo cosa fare. Avrebbe voluto conoscere la soluzione all’inqueietudine di Rowena, ma l’unica cosa che gli venne in mente fu il silenzio. E rimase zitto , ad osservarla in attesa di altre parole che potessero aiutarlo.
“Anche voi  non riuscite  a dormire?” Chiese lei avvicinandosi appena, con passo incerto e insicuro. Salazar sentì il cuore prendere battiti accelerati. Batteva forte, e ad ogni battito sentiva un dolore quasi insopportabile, eppure non voleva che smettesse. Quel battito lo rendeva vivo. Gli dava prova che anche lui poteva provare qualcosa, che anche lui era fragile come vetro.  
“Non riesco a dormire….” Mosse piano le labbra e in un soffio pronunciò quelle parole che confermarono le preoccupazioni della bella Rowena .Salazar  Ingoiò le altre. Le gettò giu, zittendosi e ritornando cupo. Rowena sorrise, come se quelle parole ebbero un effetto incoraggiamento. Scivolò accanto a lui, e con un salto accennato, si accomodò accanto a Salazar, che sentì la testa divenire leggere, e abbandonare pensieri contorti e privi di risposta.
“Quest’oggi avete mostrato grandi doti nell’arte delle Pozioni. Mi complimento” Quel tono cosi distaccato era contrastante con il sorriso caloroso che gli fu rivolto. Manteneva quel finto distacco, solo per un costume che le era stato fatto indossare con forza. Rowena era giovane, eppure i suoi modi richiamavano l’eleganza e la regalità delle nobildonne. Quei gesti, quei passi, quelle parole, le erano state inculcate con cura nella sua mente.
“Anche voi siete molto dotata” Salazar stava pian piano trovando quelle parole che aveva cercato di gettare giu. Ma che , contro il suo volere, erano balzate fuori , per comunicare a quella ragazza la stima che provava per lei. Quella creatura cosi perfetta, dotata e talentuosa. Di spirito nobile, di un’eleganza innata. La perfezione racchiusa in quel sottile eppure forte corpo. Ammirava ogni cosa di lei.
Rowena abbassò il capo imbarazzata da quell’elogio che giunse improvviso ed inaspettato, ma non lasciò che il suo sorriso potesse cancellarsi dal volto. Poi i grandi occhi brillanti si spostarono al cielo.
“Magnifica notte. Cosi limpida e silenziosa…..” Sussurrò , come intimidita da quelle osservazioni non inerenti al discorso iniziato poco prima. Salazar seguì la traiettoria del suo sguardo e si soffermò sul suo medesimo punto. Entrambi stavano fissando il cielo, con le sue stelle , e i sogni che scaturivano la loro visione. Quelle stelle cosi lontane , impossibili da raggiugere, eppure che trasmettevano coraggio e vogli di provare. Salazar provava ciò ogni volta che i suoi occhi si spostavano sul manto stellato. Ogni volta, che osservava gli astri. Vedeva in loro la speranza, la bellezza, l’irraggiungibile vittoria di qualcosa.
“ Si, magnifica notte…” Sussurrò , con tono basso e intenso. L’attenzione fu spostata dalla bellezza della notte alla bellezza della Dama, che sembrò non accorgersi di essere ritornata il panorama più bello che Salazar aveva dinanzi ai suoi occhi, quel panorama che avrebbe guardato infinite volte, senza mai chiudere gli occhi, o distoglierli per soffermarsi altrove. Le stelle avevano da invidiare la lucentezza del suo sguardo, esattamente come la luna, che se avesse potuto, sarebbe impallidita.
“Sono felice che lei è giunto qui…” Quella confessione interruppe ancora quel silenzio calato su di loro. La voce cristallina e dolce di Rowena fu il suono di parole che Salazar non avrebbe mai atteso. Non avrebbe mai pensato potessero essere pronunciate.
“Ho sempre vissuto con Helga, e dopo la morte dei miei cari genitori, non ho avuto amici…Mai… Solo pretendenti più interessati alle mie ricchezze che alla mia essenza. Mentre voi, siete giunto qui perché avete sentito il mio spirito…la mia forza e non perché eravate a conoscenza di chi io fossi ….” Salazar sentì il cuore palpitare velocemente, e le parole scendere nuovamente giu, lungo la faringe. Rowena sapeva che lui l’aveva sentita. Sapeva che era stato condotto li da quella forza che aveva sentito attraversargli la schiena. Quella forza che aveva fatto percepire al giovane mago di trovarsi di fronte ad un suo simile. Salazar era stato condotto li dalla sua forza, ma a trattenerlo era ciò che provava per lei. Ciò che era nato con il solo poggiare il suo sguardo su di lei.
“Anche io ho sentito la vostra forza, come Helga…ma io di più. Ma ho finto di non percepirvi…” Rowena ritornò a fissare il burbero Salazar, lasciando il manto stellato solitario nella sua bellezza. Le gote si colorarono appena, e gli occhi divennero ancora più splendidi. Gli stava confessando qualcosa che avrebbe preferito tenere per se, segregato  nel suo cuore.
“ è come se noi fossimo destinati a ….” Si bloccò, nel notare lo sguardo, apparentemente indifferente del giovane Duca Slytherin. Rimaneva cupo, distante. Eppure lui in quel momento sentiva una frenesia invadergli ogni fibra del corpo. Era ciò che sentiva anche lui. Un legame che non richiedeva nulla, oltre quel semplice e povero contatto di sguardi. Quel legame che non richiedeva nulla, oltre loro.
“Sono una sciocca, e parlo troppo. Mi perdoni. Sicuramente lei era qui a ritrovare un po’ di pace dopo una giornata frenetica e stressante, mi perdoni” Si strinse nell’elegante vestaglia, e si concentrò sul pavimento di pietra , sentendosi una sciocca per aver pronunciato, con fin troppa superficialità quelle parole. Forse il Duca di THE FENS non aveva provato nulla nel vederla o nel starle accanto, perché quindi ricercare qualcosa che non c’era, che solo lei aveva immaginato che potesse esserci.
“ In realtà si, ero qui per trovare un po’ di pace…” Rowena alzò uno sguardo deluso sul giovane, che aveva preso parola. La fissava ancora. Il volto era rigido, privo di espressione, privo di sentimento che potesse essere letto nei grandi profondi oscuri. Nulla, era una maschera di marmo, priva di movimento. E quelle parole furono come uno schiaffo doloroso. Era ciò che temeva Rowena, l’indifferenza, di quel ragazzo, e la sua ostilità nella sua compagnia.
“ Ma la sua compagnia è molto più piacevole del silenzio della notte, e la sua voce è molto più gradevole del tubare dei gufi… “ Quelle parole costarono molto a Salazar. Scosso da sentimenti sconosciuti, da volontà non desiderate. Stava parlando apertamente di ciò che provava, stava mostrando il suo pensiero liberamente, non chiudendolo in sé. Il volto di Rowena si trasformò , e un sorriso dolce, soffice, caloroso e amorevole padroneggiò , tanto da offuscare ogni cosa. Da cancellare la notte, le stelle, la luna e la stessa stanza in cui erano riuniti.
“ascolterei volentieri ciò che ha da dire…” Concluse Salazar . Rowena si avvicinò ancora di più a lui, mantenendo un sorriso radioso sul volto. Felice di quell’invito che fu accettato senza ripensamenti o meditazioni.
“Guardi li…” Il candido e sottile dito si protrasse verso il cielo. Salazar seguì il punto indicatogli e si soffermò sul cielo , colorato da miriade di stelle che danzavano e brillavano allegramente. Rowena però puntava verso due in particolare. Due stelle, molto vicine, tanto da sembrare unite.
“Quella è la stella degli amanti…” Sussurrò a fior di labbra, imbarazzata, ma al contempo affascinata da quei due puntini in cielo, indivisibili. Salazar guardò allungo quel punto, in attesa della storia che trattava quelle due meravigliose stelle, apparentemente messe li a caso. Ma lui percepì che non erano state messe li per una pura e affascinante casualità . Erano li, unite,da un segreto, da quella storia, che Rowena fremeva per raccontarla. Rimasero ancora in silenzio, e forse la dama lo tradusse come un’attesa. Si rivolse ancora a Salazar, mantenendo sul volto uno sguardo affascinato .
“Si narra che  siano le anime di due amanti, che hanno affrontato la morte insieme. E hanno avuto la gioia di vivere l’eternità uniti…per sempre…” Salazar ascoltò quelle dolci parole, fingendo indifferenza. Ma quella storia lo affascinava, e rimase ancora zitto, ad attendere altre parole della bella dama.   Sedevano entrambi su quel davanzale in pietra fredda, e Salazar , rimasero li, ad ascoltare ciò che Rowena aveva  da dire riguardo a quella magnifica storia, di quei due innamorati , con l’unica magia, capace di sconfiggere tutte le altre : L’amore. Salazar ascoltò con attenzione ogni parola, non facendosi sfuggire una sola sillaba, un solo suono che usciva da quelle labbra cosi dolci, piena, rosee. Non si lasciò sfuggire alcun gesto della mano, che si muoveva con eleganza. Alcun movimento del capo, che gettava i lunghi capelli, su di una spalla, per poi essere nuovamente lasciati scivolare lungo la schiena. Non lasciò alcun broncio, sorriso, sguardo torvo o curioso, inosservato o ignorato. Colse ogni cosa, con attenzione. Non si lasciò sfuggire nulla di lei, ma fece si che ogni cosa rimanesse improntato nella sua mente.
Di quelle sere ce ne furono altre, ce ne furono molte, in cui parole non erano sciocche o ripetitive, o di cui sorriso non erano stati gia visti. Ogni notte era una nuova notte. E ogni incontro fu come il primo. E ad ogni primo notte di ogni primo incontro, i due iniziarono a conoscersi, scoprirsi,  e segretamente ad amarsi….
 
 
Salazar ridiede luce al suo sguardo, soffermandosi sulla sua stanza, silenziosa e sola esattamente come lui. Silenzioso e solo. Privo di ciò di cui aveva bisogno, di colei di cui aveva bisogno. Dov’era finito quel legame percepito ancora prima che i loro occhi potessero incrociarsi. Dove erano finite quelle notti, in cui le loro risa, le loro parole, erano state ciò che aveva reso completo il loro mondo. Dove erano finiti loro? Dove era finita LEI?.
Salazar si alzò con furia dalla sua poltrona, e si diresse verso la vetrata che donava agli occhi solo l’oscurità del lago nero. Poggiò la fronte sul vetro freddo, e attese che la rabbia sbollisse e lasciasse il suo corpo. Ma ciò che sperò andare via, si scaraventò sul vetro, tanto da creare piccole crepe , rischiose crepe che avrebbero potuto fracassare quella protezione . Quella rabbia continuava ad umentare in lui, ad ogni pensiero rivolto a Rowena, e a quegli anni, maledetti anni in cui la sua indifferenza ormai perseguitava la sua permanenza in quel luogo. Quel luogo che aveva preso forma sotto le sue mani, aveva preso anima secondo il suo volere. Quel luogo che avrebbe tanto desiderato chiamare “casa”, ma l’unica casa, ormai era stata abbandonata, lasciata oltre le sponde di quel lago. Quel Glen in cui ogni ricordo felice era rimasto improntato nella fredda pietra.
I pensieri si dissolsero come fumo, quando la porta in legno fu battuta con poca grinta. Piccoli tocchi la colpirono, e Salazar , voltandosi verso di essa, diede il permesso a chi si trovasse oltre , di farsi largo,e mostrarsi.
Un giovane, magro, smilzo dai folti e ribelli capelli rossi , entrò titubante e incerto nella stanza. I grandi occhi azzurri, si spostarono in sala, fin quando non si posarono su Salazar.
“Ser, perdoni la mia intrusione…ma, la stiamo attendendo per la lezione di Astronomia, la notte sta calando” La voce era sottile, tremante, come se temesse il giovane uomo, che si staccò dalla finestra , soffiando stancamente. Quella sera avrebbero guardato le stelle, condividendo la Torre Ovest con Rowena, e i giovani appartenenti a quella casa.
“Ora giungo da voi, Merlino… “ Sussurrò stancamente, e congedante il promettente mago, si caricò di coraggio e sperò di assopire quella rabbia che gli avrebbe offuscato la ragione.
 
 
 
Quella notte era limpida, e in cielo le stelle erano visibili anche ad occhio nudo. Dalla Torre Ovest di Hogwarts , lo spettacolo era incedibile. Il cielo era dipinto con colori candidi e soffici , da scie di stelle che brillavano arrogantemente. Non ci fu il bisogno di costringe gli studenti a rivolgere il loro sguardo a quel dipinto donatogli dalle forze celesti. I giovani maghi, erano completamente rapiti e soggiogati da quello splendore.
I giovani Slytherin avevano preso posto accanto ai Rewenclaw , e Rowena era in disparte, in attesa di Salazar che tardava ad arrivare. Le mani erano in tormento, come il suo cuore,che non la smetteva di battere freneticamente. Fingere indifferenza , era ogni giorno una tortura, che avrebbe barattato con altre più dolorose, ma non poteva mostrare quanto le mancasse la sua voce, i suoi deboli e accennati sorrisi, la sua semplice compagnia, o la sola consapevolezza di averlo accanto. Non si parlavano da anni, da quando la disastrosa notizia della morta della Duchessa di THE FERS avevano reso Salazar un involucro di rabbia e male. E aveva reso lei una donna insensibile. Non gli era stata accanto , non aveva cercato di farlo ragionare, ma aveva lasciato che scivolasse nel buio e abbandonarla. Salazar era insostituibile, era da sempre stato il suo punto di riferimento, ma il suo cambiamento aveva rovinato ogni cosa…
 
“Salazar ! Sta nevicando” La voce eccitata e allegra di Rowena si sparse per il glen, e Salazar non potè negarle un sorriso. Uno dei pochi che riservava solo a lei.Un sorriso che coinvolse gli splendidi occhi scuri, illuminandoli appena.
 Rowena si era catapultata fuori il castello, accogliendo la neve con eccitazione: girava su se stessa, a braccia spalancate, come se in un abbraccio stesse coinvolgendo un intero mondo, e dal cielo, scendevano, lenti e candidi fiocchi di neve, che si posavano con dolce lentezza sul prato del Glen, e su Rowena. Nonostante l’aria gelida, e l’abito sottile, non si era fermata sulla soglia, ma aveva continuato a correre lasciando che i fiocchi le si poggiassero sulla pelle, raffreddandola.
Salazar ammirava come la sua Rowena giocasse con la neve, e come quel candore fosse perfetto sul suo viso , arrossato dalla gioia .
“Rowena, vieni qui! “ Helga tuonò indignata sulla soglia del castello. Nonostante il tono adirato e preoccupato, il volto non aveva abbandonato la sua aria bonaria. Rowena scosse il capo, rifiutandosi di ascoltare le parole preoccupate della sua mentore.
“No, Helga! È splendida la neve! Ed io l’adoro…Salazar vieni , fammi compagnia…” Rowena piroettò ancora su se stessa , poi si fermò e stese una mano verso Salazar, invitandolo ad unirsi alla sua folle danza. Salazar scosse il capo, rifiutando con gentilezza quell’invito. Rowena ritornò a danzare, senza distogliere lo sguardo da lui. Senza interrompere il loro contatto.
“Rowena , ti prenderai un malanno” Helga adorava vederla allegra, spensierata. Non la vedeva in quel modo dalla morte dei suoi genitori, e sapeva che l’artefice di quel sorriso, di quell’allegria che sprigionava ovunque, era solo merito del giovane Duca, che pareva incantato, ammaliato dalla giovane Dama. Erano uniti da qualcosa, qualcosa che Helga aveva colto molto prima, quel qualcosa che non si poteva scorgere ad occhio nudo, ma solo con gli occhi del cuore.
“Salazar provvederà a curarmi! Vero Salazar?” Rowena non aveva bisogno di conferma, sapeva bene che lui ci sarebbe sempre stato. Le avrebbe sempre dato prova del suo bene. Salazar non accennò nulla, ma questo non preoccupò Rowena, che continuò a danzare e godersi della neve.
Poi sentì del calore poggiarsi sulle spalle. E si fermò, addolcendo il suo viso, lasciando che il caldo mantello in pelliccia di Salazar la coprisse e la riscaldasse, e non solo il corpo. Sentì il cuore farsi caldo, sentì qualcosa sollecitarle lo stomaco. Solleticarlo piacevolmente. Sentì la sua presenza, dietro di lei, e il suo amore riscaldarle ogni fibra del corpo.
“ Copriti..”La voce di Salazar le giunse in un sussurro  caldo, e lei si lasciò coprire, senza ribattere. Quando sentì le mani poggiarsi sulle spalle, le coprì con le sue, e condusse i suoi gesti, lasciando che l’abbracciasse, e poggiasse il viso sulla spalla , in modo da proteggersi a vicenda da quel freddo, che faceva male nelle ossa. Rowena, era ferma, non danzava più, eppure non la smetteva di sorridere. Perché la sua felicità era li, in quell’abbraccio. Chiuse gli occhi e lasciò che in quel posto, dentro di se, in cui c’era il gelo, potesse trovare calore in lui, che non l’avrebbe mai abbandonata…..
 
Rowena sobbalzò quando la porta della Torre Ovest si spalancò di botto. Salazar entrò con prepotenza , e quando il suo sguardo fu sfuggente, Rowena sentì il cuore sgretolarsi piano, con dolorosa lentezza.
“Slytherin non imparerete nulla rimanendo seduti . E questo tetto rovina lo spettacolo” Il suo tono era aspro e duro. I giovani Slytherin sobbalzarono dalla loro sedie come se fossero roventi, e lui, con un lieve movimento della mano , cancellò la barriera di pietra, che divideva lo sguardo dal cielo. Permettendo al cielo di mostrarsi nella sua maestosità. Permettendo alle stelle di entrare in quella stanza. Anche i Rewencla si alzarono, senza attendere il permesso del loro mentore. Tutti in quella stanza guardavano il cielo. Colmo di sogni e speranza, di stelle e bellezze da scoprire. Tutti tranne Salazar, che , notando l’attenzione di Rowena rivolta altrove, si mise a guardare la sua stella, tralasciando le altre, ignorandole, non riuscendo a sostituire la bellezza della sua dama.
“Ser, mi scusi…Quelle due stelle, perché sono cosi vicine?” La voce inconfondibile del giovane e curioso Merlino interruppe nuovamente i suoi pensieri, come accaduto poco prima. Salazar distolse l’attenzione da Rowena, per spostarsi su quelle due stelle, che dominavano il cielo solitarie, senza la necessità di appartenere ad alcuna costellazione, avevano bisogno di loro, di stare unite , eternamente. Il cuore di Salazar mancò di un battito, e riportò alla mente la storia delle “stelle dei due amanti”, narratagli da Rowena, in una splendida notte come quella. Vide la sua Dama arrossire, e sorridere appena. Si portò le mani al petto, come per frenare il rumore del cuore, che Salazar potè giurare  sentire. Lui sentiva ogni cosa di lei, poteva leggerle il pensiero, poteva leggerle dentro, ma aveva lasciato perdere da quando il suo viso e il suo sorriso erano divenuti rari.
Salazar si schiarì la voce e fece qualche passo in direzione del suo allievo più brillante.
“Quelle sono le stelle degli amanti…”  si fermò, ricercò la forza di rivivere quella storia, di rivivere la sua storia con Rowena, gli splendidi giorni con lei. Rivolse gli occhi al cielo, e ricordò ogni parola , riportò alla mente ogni dettaglio e raccontò con cura .  Non avrebbe storpiato quella meravigliosa narrazione, non avrebbe rovinato il racconto di quei giovani amanti, che avevano meritato l’infinito.
Erano giovani, ma ciò non negava ciò che c’era tra loro. Si amarono fin dal primo sguardo che si rivolsero. Si tennero per mano allungo senza mai confessare quel loro amore, che continuava ad ardere come fiamme indomabili. Un giorno, un uomo giunse per chiedere la mano di lei, e i suoi genitori le imposero di sposare quell’uomo, e lei si vide costretta ad accettare, spezzando il cuore al suo amato. Ma lui non si arrese, perché l’amore non si arrende. Combatte fino a quando non è stanco, e non è mai stanco l’amore. Sfidò l’uomo , nonostante fosse più forte . Lo sfidò nonostante non fosse un degno duellante. Rischiò pur di vedere nuovamente la sua amata tra le sue braccia. E quando scesero sul campo, il giovane ebbe la peggio, ma all’ultimo colpo di spada, colpo mortale per lui, la giovane amante si contrappose tra il corpo del giovane e la lama affilata, che uccise entrambi. Piansero la morte dei due, inconsapevoli di aver regalato ad entrambi l’immortalità. Le loro anime divennero stelle, e si innalzarono verso il cielo, amandosi per sempre, restando uniti per l’eternità…..”
Silenzio scese in quella stanza. Le giovani allieve sospirarono romanticamente a quell’amore impossibile, vincitore della morte, mentre i giovani, non trovarono parole per manifestare ciò che avevano provocato quelle parole. Salazar chiuse gli occhi, sperando di non mostrare chiaramente il dolore che quella storia gli provocò, involontariamente. Ma li riaprì subito dopo, quando sentì i passi frettolosi di Rowena , abbandonare la stanza. Senza pensare , senza preoccuparsi di lasciare gli allievi soli, si gettò dietro Rowena. Velocizzò il passo, fino a ritrovarsi a correre, affannosamente lungo le scale, fin giu al corridoio , dove con sollievo la trovò. Era appoggiata alla parete, con il volto del tutto coperto dai lunghi capelli neri, e le spalle scosse da singhiozzi. Stava piangendo. Stava tremando. Si mosse con passo calmo verso di lei, si avvicinò abbastanza , tanto da sfiorarsi con i corpi, da sentire il suo buon profumo, da sentire quel dolore colpire anche lui, violentemente. Rowena si accorse di Salazar, senza il bisogno di voltarsi. Sapeva che era lui alle sue spalle, lo sentiva, glielo comunicava il cuore.
“Perché vuoi torturarmi?” Salazar corrugò il viso , incredulo di quelle accuse.
“Torturarti? Mai, Rowena. Mai potrei farlo” Lo confessò lascando la maschera che aveva indossato per troppo allungo, gli scivolasse giu, e scoprisse il suo vero volto. Il suo vero “io” quello fragile e succube di lei.
“Invece si, lo fai da anni ormai! E lo continui a fare…Sparendo , ignorandomi, e rinfacciandomi i miei sbagli” Rowena si era voltata con furia verso di lui, permettendo di ritrovarsi vicini, pericolosamente vicini. Si appiattì contro la pietra fredda, ma il viso di Salazar rimase vicino al suo, quasi sfiorandolo. Salazar la guardava implorante, come se le stesse chiedendo qualcosa. Le stesse chiadendo di smetterla. Smetterla con quella finzione. Con quel dolore. La smettessero di pugnalarsi, di ferirsi. Salazar scosse il capo, confutando le sue accuse. Lui non spariva, si nascondeva solo per non vedersi costretto a guardare il suo sorriso rivolto a Godric. Si nascondeva come un serpente nella sua tana. Si nascondeva nella sua camera, costruita all’oscuro degli altri fondatori, solo per rimanere nell’ombra, per essere un fantasma e smettere , per un po’ , di soffrire. La ignorava solo perché non farlo avrebbe rischiato mettere in mostra i suoi sentimenti, sbandierarli e rendersi ridicolo. Non le rinfacciava nulla, perché nulla aveva da rinfacciarle. Ogni cosa accaduta era solo colpa sua e della sua incontrollabile gelosia. Aprì appena la bocca, desiderando ardentemente confessarle ciò che realmente sentiva, dando finalmente prova dei suoi sentimenti, e giustificando le sue azioni. Ma l’unica cosa che riuscì a fare fu allungare una mano verso di lei, e stringere tra le dita una ciocca, ribelle, che le ricadeva sul viso arrossato di rabbia. Non riusciva a parlare. Temeva le sue stesse parole. Abbassò il capo, nascondendosi ancora.
“Perdonami Rowena…” Sussurrò appena , e si fece ancora più vicino. Quella notte era la loro notte, e lui non avrebbe fatto sfuggire altre parole. Le avrebbe confessate a pieni polmoni, con il cuore completamente riporto nelle sue mani.  Aprì nuovamente bocca, ma Rowena lo zittì con parole più dolorose , che ruppero il suo cuore, completamente , questa volta.
“Godric ha chiesto la mia mano… ed io credo che accetterò” Rowena tremava, e i suoi occhi non brillavano. Non era felice, non era convinta della decisione presa. Non era lei che aveva deciso. Non era lei che lo guardava con quegli occhi. Non era lei che aveva pronunciato quelle parole dolorose , eppure vere. La stava riperdendo, nuovamente, dopo averla sfiorata appena. Dopo aver sperato di riaverla nuovamente. Si allontanò da lei, non riuscendo a parlare. Si allontanò da lei, senza chiedere il perché gli stava facendo quel male. Si allontanò con troppa rabbia che ardeva in lui. Con troppo odio, con troppo male.
La Camera dei Segreti si spalancò ai suoi occhi,e lui si perse nel buio e nei sotterranei di quel luogo, misterioso, nascosto, SUO, e li, tutto l’amaro, tutto il dolore scoppiò fuori. Le statue che la ornavano si disintegrarono ,senza che lui potesse impedirlo, le acque al suo interno si alzarono, sommergendo ogni cosa, eccetto lui, e lacrime amare e di dolore riuscirono a sprigionarsi, dopo anni rimaste chiuse e incatenata dentro di lui. Rowena era nuovamente andata via, e Godric Gryffindor aveva vinto ancora. Aveva vinto , ma questa volta lui non sarebbe rimasto in disparte. Avrebbe riavuto la sua adorata Rowena, e avrebbe lottato, sarebbe morto, ma avrebbe lasciato che il suo amore, si rivelasse , e questa volta nulla lo avrebbe frenato.


 
 
Angolo Posta:
Eccomi, con il quarto capitolo! Vi chiedo scusa per il mio scandaloso ritardo…ma purtroppo , L’università mi ha richiamato a rapporto…. Quindi ho poco tempo per scrivere, e troppo tempo per seguire le maledette lezioni :/ …Comunque spero che anche questo capitolo sia piaciuto… Ancora una volta i nostri Rowena e Salazar si sono “rincorsi” per poi riperdersi nuovamente. Ho inserito alcuni Flasch Back, per far capire un po’ come era il loro rapporto prima dell’arrivo di Gryffindor!.... Nel prossimo capitolo ho in mente qualcosa di davvero molto “piccante” e anche triste. Non so di quanti capitoli sarà questa FF ma non sarà di molti capitoli!....
In questo capitolo è apparsa la “camera dei segreti”. Ho dato un piccolo segnale. In origine la “CAMERA DEI SEGRETI”  non era stata costruita per lo sterminio dei babbani ma solo per ritagliarsi un luogo tranquillo , poi.. va be poi… lo scoprirete nei prossimi capitoli! XD …. Comunque voglio ringraziare  Free4ever   thera COME SEMPRE, per le loro recensioni, che mi incoraggiano a continuare e non fermarmi…Ringrazio  Sandyblack94 che mi segue e  Cadmus che l’ha inserite tra le preferite! Grazie ragazze!!!! …Alla prossima, sperando che non vi faccia attendere tanto! Un bacio…
Sfiammella! <3 

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Capitolo 6
*** -Quinto Capitolo- ***


-Spells&Love-

- Quinto capitolo-


 

Godric Gryffindor agitò con maestria la bacchetta e sotto gli occhi stupiti dei suoi discepoli, tramutò un piccolo e delicato colibrì , in un scintillante calice d’oro. Si alzò un coro estrefatto e d’approvazione e con andamento fiero e orgoglioso, il giovane maestro camminò tra i suoi giovani discepoli, per mostrare ciò che aveva appena compiuto con grande maestria e talento.
“Questo, mie giovani menti, è l’incantesimo FERAVERTO…Adesso voglio che proviate voi… Tu , come ti chiami?” Il volto degli studenti seguirono la line immaginaria creata dallo sguardo del maestro, e  voltandosi in gruppo, l’attenzione cadde  su  una ragazzina, che si teneva in disparte, a differenza dei suoi compagni,  con sguardo e atteggiamento impaurito e timoroso.Quella ragazzina era stata scelta dallo stesso Godric. Lui stesso l’aveva voluta nella sua casta, perché nonostante stesse sempre in disparte , in silenzio, ad osservare tutto ciò che avveniva intorno a se, Godric Gryffindor aveva scorto nei suoi occhi bassi una forza, nascosta, da tirar fuori, da spronare e incoraggiare. E lo avrebbe fatto, avrebbe donato  a quella ragazza la sua vera forza, quella che teneva segretamente custodita in sé.
  La pelle candida della giovane si colorò appena, e la giovane fece qualche passo verso di lui, inchinando appena il capo.
“Viviana* Ser…” Godric sorrise gentilmente. La sua voce era tremula, e una grande incertezza poteva essere scorta nei suoi occhi scuri. Godric avanzò di qualche passo, facendosi largo tra i suoi discepoli che continuavano a guardarlo rapito. Si fermò di fronte ad ella, e con gesto teatrale ridiede vita al calice, che ritornò nella sua vera forma. Il colibrì si levò  in aria, sbatacchiò le alette felici e sparì. Viviana guardò con aria confusa il suo maestro.
“Non temere giovane Viviana.. Ora chiama a te quel colibrì, e trasformalo in calice come ho appena fatto io” Quella richiesta sembrò un’impresa impossibile. Viviana era giunta li, inconsapevole del perché fosse stata portata in quel magnifico luogo, inconsapevole di cosa fosse la magia, gli incantesimi e tutto ciò che in quel luogo impartivano con passione e dedizione. Quel ragazzo era giunto al suo villaggio, raccontando molte storie, gran parte quasi impossibili, e l’aveva portata via, le aveva concesso una nuova vita, diversa , lontano, nuova.
Viviana tirò la sua bacchetta dal fodero che portava legato alla cintura in cuoio che fasciava l’abito lungo. Aveva le mani tremanti, il cuore che palpitava ad una velocità incessante. Il respiro era corto, e il timore di sbagliare martellava la testa. Assaporò in un boccone d’aria il profumo di fiori e d’erba. E sotto gli occhi di tutti fece ciò che Ser Gryffindor le aveva chiesto con gentilezza. Agitò la bacchetta e pronunciò a denti stretti l’incantesimo d’appello, imparato settimane prima,che ancora viveva nella sua mente, come se la spiegazione le fosse stata scritta con precisione in ogni solco del cervello. L’incantesimo funzionò nonostante la voce fosse uscita appena, e il piccolo Colibrì ritornò con forza , combattendo con se stesso. Cercava di volare lontano , cercava di librarsi nuovamente in aria e abbandonare quei giardini, ma la magia la ebbe vinta, e il piccolo e raro animale si ritrovò stretto tra una morsa gentile. Viviana non voleva maltrattare quella creaturina cosi splendida, mai vista prima di allora. Aveva un sottile becco, e colori splendenti ornavano ogni parte del suo corpicino piccolo e delicato. E le ali, erano quasi invisibili, quando venivano agitate con forza. Sembrava che si potesse librare in aria con la sola volontà e non con il piccolo e sottile aiuto che costituiva la sua natura. Viviana accarezzò il capo dell’esserino, e si sentì colpevole , quando , sotto gli occhi cristallini del SUO maestro, pronunciò la formula. Bacchettò per tre volte sul suo capo, e poi pronunciò appena l’incantesimo, trovandosi tra le mani non più l’animale, ma un calice che splendeva al sole. Un calice vero, nel quale si poteva versare del buon viso, per sorseggiarlo con piacere. Gli altri maghi non trattennero applausi di approvazione. Anche Godric applaudì, non mancando di riservare a quella ragazza un solare sorriso. Sorriso che la rincuorò molto.
“Visto. Non è stato cosi difficile e impossibile..Complimenti Viviana. Continua cosi e padroneggerai il tuo potere con successo” Le sottrasse con delicatezza il calice da mano, e nuovamente permise al colibrì di ritornare nella sua forma originale. Questa volta però fu liberato , e lo lasciò volare lontano, questa volta davvero libero. Viviana si inchinò nuovamente , con rispetto e ammirazione, e ritornò a mischiarsi tra i suoi compagni, questa volta con maggior coraggio che padroneggiava nel suo cuore. Con maggior desiderio di mettersi alla prova, e di mostrare quanto potesse valere.
La lezione continuò al cospetto della natura. Godric passeggiava lentamente per il palco, con i giovani maghi che lo seguivano a ruota, fedelmente e catturati del tutto dalla sua voce. Ogni parola veniva assorbita, resa immortale nella propria mente. Camminavano con calma, rendendo quella lezione piacevole.
Si fermarono nei pressi dell’immenso lago , che circondava quel luogo, che lo teneva distaccato dal mondo . Si accomodarono sulla ghiaia , e ascoltarono ancora le lunghe e interessanti spiegazioni di quel giovane uomo, che , eloquentemente, spiegava i segreti per effettuare perfetti incantesimi di Trasfigurazione. La passione da impiegare in ogni movimento della bacchetta, la fierezza nel tono della voce. Gli occhi erano puntati su di lui, rendendo la sua figura fiera, imponente , giusta per aumentare la sua autostima . La voce di Godric Gryffindor però ebbe una pausa, e i suoi occhi guardarono altrove. La mano scivolò sull’impugnatura della spada, e sembrò che tutto tacque, anche il lago sembrava fosse immobile e silenzioso come timoroso di interrompere ciò che sarebbe accaduto .
“Gryffindor!” Il ringhio burbero di Salazar Slytherin fece voltare gli studenti. Il duca di THE FERS, mentore dei giovani Slytherin guardava con sguardo furioso il giovane mago. Anche egli teneva la mano poggiata sull’impugnatura di una spada, ben riposta al suo fianco. Voleva duellare, lo si leggeva dallo sguardo, dall’espressione tesa con cui fissava colui che aveva appena designato come suo avversario. Godric lo comprese e con esso anche i suoi discepoli, che ritornarono a fissarlo.
“Non  credo che sia il luogo e il momento giusto per ciò che ha in mente, Slytherin…” Godric Gryffindor parlò piano, con finta calma, ma in cuor suo, nel suo profondo , fremeva dalla voglia di sguainare la spada e iniziare quel duello rimandato per troppi anni. Quel loro odio , nato non appena i loro sguardi si erano incrociati, quell’eterna sfida, che sembrava non volesse avere mai fine. La loro rivalità, non solo in amore, che non smetteva mai di desiderare di mettere in chiaro chi fosse il migliore, quello degno dell’approvazione di tutti. Loro erano destinati a quell’odio, a quella sfida, al continuo combattere, al continuo contendersi un qualcosa.
“Manda via i tuoi discepoli, e sfidami! Non vi concederò Rowena cosi facilmente” Un rumore metallico si levò in quel luogo, rompendo il silenzio.Salazar finalmente aveva deciso di uscire allo scoperto. Aveva deciso di rompere quelle catene che tenevano legato il suo cuore. Finalmente aveva deciso di combattere per l’unica cosa per cui valeva farlo. Per riprendersi ciò che aveva perso con la sua venuta. Riprendersi lei. La sua Rowena.
 Godric guardò i suoi discepoli. Non prendeva ordine da lui, ma non poteva coinvolgere le sue adorate menti in qualcosa di cui non avevano colpa, di quel qualcosa di cui avevano ricevuto fin troppa influenza. Sospirò, fingendo di essere rassegnato e costretto a dover accettare quel duello.
“ La lezione quest’oggi è finita, ritornate nella vostra sala Comune” Quell’ordine fu eseguito senza ribattere. I giovani maghi si alzarono di tutta fretta dalla ghiaia umida, e senza voltarsi diedero campo libero ai due maghi, che forse avrebbero sporcato quel luogo del loro sangue. Godric imitò Salazar, sguainando la lucente spada. La fece roteare con gesto teatrale nella sua mano. Se la passò da una mano all’altra, per poi posizionarla d’avanti al suo viso. Nessuno mai lo aveva sconfitto. Nessuno mai era uscito indenne da un duello con lui. Quella spada sarebbe stata imbrattata del suo sangue, avrebbe avuto il profumo della vittoria.
“Avete avuto la lieta notizia” Incidere sul suo dolore non lo avrebbe favorito. Era venuto a conoscenza di quella notizia che lo aveva svuotato, distruggendo ogni parte di lui. Scacciando via anche la più piccola parte di umanità , che forse, viveva in lui. Aveva ascoltato quelle parole con dolore. Ascoltandone ogni lettera lentamente, amplificata, ridondante . Quelle parole che non facevano altro che tormentare la sua mente. Ogni notte, ogni giorno, ogni attimo in cui poteva sapere di essere vivo.
“ Sono qui per sfidarvi, e riprendermi ciò che mi appartiene” Iniziò ad avanzare verso di lui, con la spada ben stretta tra le mani, con la rabbia che pulsava in ogni parte del corpo. Quella rabbia che aumentò al suono della risata divertita di Godric.
“ Siete sicuro che Rowena vi apparteneva realmente? Se è andata via, allora non è mai stata vostra “ Quelle parole furono zittite, con il primo attacco che Salazar sfoderò. Nessuna magia, nessun’incantesimo. Si sarebbero sfidati corpo a corpo, solo con spade, e nulla più. Salazar l’avventò su di lui, ma Godric riuscì a parare quel colpo, e le lor spade si scontrarono producendo un suono metallico che si estese prepotente. Era una sfida priva di testimoni, non bisognoso di avere occhi giudicatori puntati su di loro. Era una sfida tra loro, SOLO tra loro. Godric indietreggiò, per poi avanzare con passo esperto, naturale. Come se il duello fosse un’arte nata con lui. Come se prima di parlare, di camminare o di pensare, il giovane mago avesse imparato a padroneggiare la spada. Avanzava senza timore, muovendo la spada, colpendo, affondando, cercando di far penetrare la lama lucida nella pelle dell’avversario, privo di armatura che potesse proteggere la pelle , il corpo, il suo stesso cuore, che fu mirato più volte. Ma più volte quell’attacco fu respinto, più volte Godric indietreggiò, senza sentire odore di sangue e di vittoria mischiarsi e regalare al suo volto un sorriso. Salazar era talentuoso, padroneggiava perfettamente quella spada, padroneggiava perfettamente se stesso. Non aveva mai incontrato un tale avversario, e si gustava di quella sfida. Asciugò il sudore dalla fronte, tastò il terreno, e impugnò nuovamente la spada, questa volta più forte, con maggior desiderio di affondarla nella sua carne. Salazar era molto distante da lui, avanzava avanti e indietro, con testa bassa, come per recuperare la ragione, la spada strisciava con lui, poi , senza attendere un  attacco da Godric , si gettò su di lui, con la spada alta. Ci fu altro rumore metallico che si mischiò ai loro respiri, ai loro gemiti stanchi, stremati. Il sole era alto, e riscaldava. Era cocente, e le spade pesanti. Le mani sudavano e il respiro era corto. La battaglia però sembrava appena cominciata perché entrambi non demordevano ad abbandonare il campo. Entrambi erano dotati di una gran forza, forza interiore che li stava aiutanto a non cadere giu, a non arrendersi e non darla vinta al proprio avversario. Le loro spade si incrociarono ancora, i loro corpi furono sfiorati appena dalle lame affilate, i loro piedi scivolavano sulla ghiaia, ma loro continuavano a lottare, continuavano a battersi per un sorriso, per due occhi che parlavano da soli. Per LEI , che non stava assistendo a quell’unica prova d’amore che Salazar era in grado di donarle.
Si allontanarono ancora, ma i loro occhi erano vigili, i loro sensi tesi. Erano stanchi forse, il corpo era spossato, stanco, intorpidito dal peso che stava reggendo, ma il loro orgoglio gridava di volerne di più. Entrambi ripartirono questa volta, ma non arrivarono a far toccare le lame, che sentirono una forza, che impedì ogni loro movimento. Sentirono qualcosa prenderli per la gola, per le spalle, e scaraventarli in due direzioni differenti. Godric finì in acqua, mentre Salazar contro il salice che si poggiava in quelle vicinanze. Entrambi trovarono un ostacolo.
“Salazar, Godric. Irresponsabili e sciocchi ragazzini” La voce di Helga non era stata mai cosi adirata come allora. Avanzava di tutta fretta, con uno sguardo che non le apparteneva. Era severa, e arrabbiata, ma questa volta davvero. Si fermò in un punto dove il suo sguardo potesse arrivare ad entrambi, dove entrambi avrebbero sentito la sua indignazione. Godric si alzò fradicio dal lago, avanzando a tentoni verso la riva. Mentre Salazar si alzò a fatica. Aveva battuto la testa, e doleva pesantemente. Avanzò verso di lei, con il sole che lo accecava e con la rabbia che ancora padroneggiava il suo animo.
“ Sfidarvi di fronte a tutti i NOSTRI studenti! Dare il cattivo esempio. Siete deludenti. Siete privi di orgoglio, privi di morale. Dovreste vergognarvi” Entrambi voltarono i loro sguardi verso i pressi del castello,incontrando una miriade di sguardi, che assistevano silenziosamente a quello scontro. Godric abbassò il capo, perdendo ogni traccia di quell’orgoglio e fierezza cavalleresca che lo aveva caratterizzato. Pentendosi di aver accettato quella provocazione, pentendosi di aver dimostrato ai suoi discepoli l’astio che correva tra loro. Salazar puntò gli occhi su Helga, chiedendo scusa silenziosamente, anche se non c’era vera convinzione in quello sguardo. Non si pentiva di averlo fatto, non si pentiva di aver dimostrato ai suoi allievi che per ottenere un qualcosa bisognava lottare, abbattere il muro che frenava i propri istinti, e prendere tutto ciò che poteva essere preso.
“Non so come fare per evitare altri episodi del genere! Non desidero farlo, ma se continuerete cosi, dovrò esiliarvi da Hogwarts…e non permettervi più di ritornare” Salazar sentì una scossa all’altezza del petto. Guardò Helga , con sguardo sgranato. Quelle parole erano state più dure di uno schiaffo, più dolorose di una spada infilzata nella pelle. Essere cacciato via, non fare più ritorno li, dove davvero era iniziata la sua vita, dove la sua vita veniva manifestata da ogni mattone di quel castello. Salazar non poteva rischiare quel pericolo, non poteva rischiare di perdere nuovamente ogni cosa, per colpa di Gryffindor. Helga lo guardò severamente, e lo stesso sguardo fu rivolto a Godric.
“Adesso via, nelle vostre stanze! Quest’oggi ogni lezione è sospesa! “ L’autorità di Helga era forte. La sua forza schiacciava quei due animi irrequieti e indomabili, e come due bambini innocenti, sorpresi a giocare nel fango o rubare una mela, Salazar e Godric si diressero verso il castello, sotto lo sguardo degli studenti, che seguirono i loro mentori, ritirarsi nelle proprie stanze. Godric fu seguito dai suoi discepoli, che con devozione chiesero il permesso di potersi occupare di lui, mentre gli Slytherin seguirono il proprio mentore in silenzio, sapendo che una proposta del genere sarebbe stata rifiutata con furia e indignazione.
Salazar camminava silenziosamente e con lui anche il gruppo di Slytherin. Voltarono l’angolo e si diressero , senza freni, in direzione dei sotterranei. Quello scontro non era terminato, non poteva terminare cosi. Lui non l’avrebbe ceduta con tanta facilità, non poteva permettere di arrendersi. Rischiare Hogwarts? O Rowena? Il suo animo non era mai stato così combattuto, non aveva mai trovato tanto ostacoli tutti in un giorno. Non aveva mai spinto se stesso a scegliere tra due cose al quale teneva di più. 
Poi, come se il destino volesse aiuatarlo, come se volesse dargli una risposta alle sue domande, alle sue inquetudini, lungo la strada che lo avrebbe condotto nell’oscurità dei suoi pensieri e della sua anima, la incontrò. Aveva il viso pallido, e sconvolto, e gli occhi erano umidi. Aveva pianto. Aveva assistito allo scontro? Aveva visto la violenza che entrambi, erano capaci di sfoderare solo per lei? . Salazar si fermò di botto e con lui anche i suoi discepoli, che attesero in silenzio.
Salazar scrutava Rowena, e lo stesso faceva lei, ma i loro sguardi erano differenti, il loro modo di vedersi era differente. Salazar non aveva mai smesso di guardarla , non aveva mai smesso di soffermarsi su di lei, e amare ogni tratto. Anhce in quel momento, con gli occhi umidi, con le labbra distese in un’espressione tesa, rigida, e i capelli lasciati cadere sul volto, in modo sconnesso e disordinato, era splendida. Era bellissima, e lui era incantato , era completamente rapito.
Rowena lo guardava con occhi delusi, opachi. Guardava come quel ragazzo avesse cambiato la sua forma in quegli anni. Era sempre stato taciturno, silenzioso. Invisibile agli occhi altrui, come per nascondere la bellezza che aveva al suo interno. Quella bellezza che aveva mostrato solo a lei. Quella bellezza che ormai sembrava essere scivolata via, lasciando spazio solo all’uomo burbero, oscuro, privo di moralità, privo di freni. Quell’uomo che aveva imparato a padroneggiare magia oscura, che aveva allevato mostri , aveva creato pozioni mortali, e aveva sfidato un suo amico, quasi uccidendolo. Quell’uomo che non la smetteva di guardarla con lo sguardo buio, che lo rendeva bello , ma terrorizzante.
“Ragazzi, andate in sala Comune, vi raggiungo dopo” Salazar aveva bisogno di parlare con lei, e spiegarle una volta per tutte perché il suo essere era cosi sbagliato.Spiegarle che solo lei era capace di strappar via quella sua insensibile anima , e sostituirla con l’umanità. Doveva conoscere il motivo di tutto. Adesso , in quell’istante, prima che le parole potessere fermarsi alla gola, e non trovare la giusta via. I discepoli senza replicare proseguirono senza di lui. A testa bassa, salutando con un filo di voce la splendida Dama. Lasciandoli soli, in quel corridoio deserto. Rowena alzò il capo, fieramente, mostrando uno sguardo duro, privo di compassione o di fragilità. Gli occhi però mentivano. E lui percepiva quella bugia, la vedeva. La leggeva chiaramente.
“Perché Salazar? Perché continui a rovinare la pace che aleggia tra queste mura. Helga è distrutta, è stanca del tuo continuo modo di fare prepotente. Sei un egoista. Non pensi alle conseguenze che ogni tua singola azione potrebbe causare? Non pensi al dolore che provo ogni volta che vedo il mio migliore amico sfidare , insultare , schernire l’uomo che amo?” Quell’ultimo colpo fu più doloroso del solito. Continuava a negare l’evidenza, continuava a difendersi con quelle parole, con quelle bugie che suonavano cosi maledettamente vere, eppure lui sapeva, era sicuro che in quelle note c’era solo timore di ammettere ciò che realmente era. Non avrebbe più aspettato. Non si sarebbe più accontentato dell’ombra, del freddo, del nascondersi nell’ombra. Sospirò stanco, stanco di quelle bugie. Di quelle maschere che da anni coprivano il volto di entrambi. Gettò la spada ai suoi piedi,  e si avvicinò a lei. Nuovamente vicini come allora, quando le sue parole erano state lame taglienti e dolorose. Nuovamente i loro respiri mischiati, i loro profumi uniti, e i loro sguardi incatenati . Nuovamente insieme, come sarebbe dovuto essere fin dall’inizio. Sentiva il suo cuore, sentiva la sua anima .Sentiva lei. Quel viso fu preso con delicatezza tra le forti mani, con delicatezza fu accarezzato. Salazar chiuse gli occhi, lasciando che i sensi comunicassero la bellezza di sentire quella pelle sotto il suo tocco, sentire il suo respiro , sentire la sua paura di sbagliare, il suo timore che l’aveva paralizzata.
Rowena era immobile, era paralizzata. Sentiva quelle mani accarezzarle le guance, affondare nei capelli. Sentiva il suo profumo pizzicarle l’olfatto, la sua forza , il suo calore. Il calore che l’aveva fatta sentire al sicuro per anni, che lei aveva allontanato, per paura. Quella paura di innamorarsi dell’uomo sbagliato, di quell’uomo sbagliato agli occhi del mondo, ma giusto agli occhi del suo cuore. Erano soli in quel luogo, eppure Rowena non sentiva il silenzio, come non sentiva la solitudine. Perché acconsentire alla proposta di Ser Godric , quando li di fronte a lei c’era la persona che aveva sempre amato, la stessa persona che l’amava con passione. Quella persone che le era stata accanto per anni senza mai pretendere nulla. L’amore era li, a pochi centimetri dal suo cuore, e lei stava per sposare qualcuno che a stento aveva scalfito la corazza del suo animo. Non poteva…NON VOLEVA.
Quando Salazar sentì quelle dolci e morbide labbra poggiarsi sulle sue, sentì il cuore scoppiare completamente. Sentì un tremore all’altezza dello stomaco, un tremore che lo fece sorridere. Sorrideva Salazar, sorrideva coinvolgendo anche gli occhi. Quei profondi occhi neri, scuri come la notte, si illuminarono improvvisamente, come se una miriade di stelle fossero scoppiate all’unisono. Sentì il desiderio di stringerla ancora a se, e lo fece, ormai abbandonando del tutto la maschera che lo aveva bloccato per troppo tempo. Quel bacio aveva atteso anni, ma quell’attesa era stata meritata, era stata degna. Sentiva il bisogno di stare ancora cosi, con lei, uniti in quell’attimo cosi profondo, cosi intenso . Aveva bisogno di LEI in quel momento , voleva ogni cosa di LEI. La strinse più forte a se. Strinse quell’esile corpo, non forzando, non caricando forza. Era delicata e fragile, e non poteva rischiare di farle del male. Non poteva. Non doveva. Da quell’attimo in poi avrebbe fatto di tutto per renderla felice, per farla sorridere e per non far mancare nulla alla sua vita. Si strinsero ancora, e lei aprì la sua mente, esattamente come il suo cuore. Lasciò che Salazar leggesse ogni cosa, ogni segreto, ogni desiderio che teneva custodito nel suo cuore. Lo lasciò entrare. E lui si saziò dei suoi pensieri, ricordi;
Ogni cosa lo riguardava. Ogni ricordo, pensiero, ogni cosa riguardava lui. Sentì il cuore accellerare, e con esso quello di Rowena. Salazar la strinse ancora, e senza trovare ostacoli, si smaterializzarono entrambi. Desiderando di andare via , di trovare un attimo solitario solo per loro. Solo per ritrovarsi dopo essersi persi dolorosamente.
Si ritrovarono in una delle stanze dell’immenso castello. Una delle tante stanze in cui la loro magia era presente. Le finestre erano del tutto chiuse, e la luce era soffusa. Solo qualche candela donava luce a quel luogo. Erano uno di fronte all’altro, e si guardavano, ma questa volta i loro sguardi erano comuni, uguali. Si guardavano con la stessa intensità, con lo stesso luccichio negli occhi. Si guardavano come si erano sempre guardati. Con il cuore, con l’anima, con gli occhi di chi si ama.
Salazar avanzò nuovamente verso di lei, e con dolcezza attraversò nuovamente il suo viso. Accarezzandolo con dolcezza. Tracciando ogni angolo, accarezzando ogni linea che l’ornava. Scese al collo, scoperto. L’esile e sottile collo. Lo guardava come se avesse d’avanti qualcosa di perfetto, di irremovibile, di pregiato. Poi ripuntò nei suoi occhi, e li credette di morire. Erano splendidi come lo erano sempre stati. Lucenti, vivi, felici. Finalmente quello sguardo, che gli era stato negato, era ritornato da lui. Eccola li, la sua Rowena, di fronte a lui, finalmente consapevole di entrambi. Si guardarono allungo, prima che lei si lasciò scoprire completamente. Lasciò che piano, con dolcezza, senza fretta, l’abito scivolasse sul pavimento, lasciandola senza veli, non solo sul corpo, ma anche nell’animo. Le mani di lei erano tremanti, quando sfilò via gli indumenti di Salazar. Si unirono in quell’atto d’amore. In quell’atto dolce, proibito, forse sbagliato ma non per loro. Rowena sembrava ancora più fragile sotto di lui. Lui temeva per lei, ma mai le avrebbe fatto del male. La prese con dolce passione. La fece sua. Eternamente sua, solo sua.
Una piccola lacrima scese dagli occhi cristallini di lei, e Salazar la raccolse con dolcezza. La chiuse nella sua mano, e quando la riaprì un delicato cristallo le fu porto. Rowena sorrise tra quelle lacrime, non di paura, non di pentimento, ma di gioia, gioia infinita, di aver finalmente ammesso a se stessa che l’unica persona che avrebbe potuto possedere se stesse e il suo cuore era lui, Salazar Slytherin.
Il sole era ancora alto nel cielo, ma rimasero li, abbracciati, uniti, fin quando le stelle non reclamarono il loro posto. E anche allora, decisero di non lasciare quel luogo. Si amarono , infinite volte. Si sussurrarono promesse, piccole, delicate, eppure apparentemente infrangibili. Risero della loro stupidità, e attesero insieme l’arrivo dell’indomani, giorno in cui ogni cosa sarebbe cambiata.
 
 

 
Angolo Posta:
Eccomi con il quinto capitolo!!
Spero che questa volta sia piaciuto di più, anche perché – almeno credo- questo è il momento che tutti abbiamo atteso!!! Finalmente hanno deciso di mandare al diavolo Godric e amarsi!! :3 !!....
Dopo naturalmente il duello, frenato da un’incazzatissima Helga! Eh si , ci vuole!! Cioè non può mica essere permissiva per sempre! Un po’ di rabbia la rende bella!!! >.<
Comunque, questo capitolo è stato –insolitamente ahimè  >.< - corto… 5 pag, 4.057 parole… Di solito le mie fan fiction vantano di più pagine, ma il tempo è poverooooo… come gia detto, l’università è una catastrofe!!!!!! ….. tra corsi che non sanno quando devono iniziare, immatricolazioni che non vanno… e altreee mille “cacchiate”, il tempo per sedermi e scrivere non c’è! Anche perché… io che amo complicarmi la vita, mica ho solo questa fic da scrivere.! No certo che NO! Ho altre 3 !!!! …. E un’originale in corso!...che sto scrivendo per la mia sorellina! Come sono belle le sorelle quando sono piccine, ti danno soddisfazioni immense! Ok, sto dicendo cose che credo poco interessano! Ma va be!...è un modo x sfogare! :P
 
 
RINGRAZIAMENTI:
Ovviamente non potevano mancare!
Allora ringrazio in PRIMIS Free4ever &thera
Le mie due ragazzuole preferite! Che non mancano maiiii di recensire e incoraggiarmi!!! Ragazze siete splendidee!! Vi adoro!!!! <3
Poii naturalmente la splendida  Cadmus che l’ha inerita tra le preferite!! È un onorissimo, trovare la mia storia tra le tue preferite!!! E naturalmente e NON MENO IMPORTANTE,  Sandyblack94 che l’ha inserita tra le seguite!!!!!
Grazie davveroooooo!! Siete mitiche e vi adoroooooooo! <3 <3 !!
Spero che in qst capitolo non ci siano errori, di battitura o semplici errori di “cicciaria”…anche noi studentelli abbiamo lacune… e anche molte ! :P …. ( come mi giustifico bene eh! ;) ) cmq… spero di ricevere qualche recensione!.....e spero che vi sia piaciuto anche quest’ennesimo capitolo, che credo sia uno degli ultimi…altri tre massimi e tutto finirà!!! L triste io!!!!!!!!!!!!! …. Un bacioneeee <3 <3
Sfiammella! <3  

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Capitolo 7
*** -Sesto Capitolo- ***



Prima di iniziare vorrei scusarmi con TUTTI di questo imperdonabile ritardo! Sono desolata e mi scuso con tutti voi! Purtroppo l'università mi sta risucchiando brandelli di vita.... ogni giorno....ormai sono diventata un'automa.... e scrivere bhe.. è diventato molto molto difficile!!!! >.<  Ma non IMPOSSIBILE  Mi dispiace, ma non vi libererete maiii di meeeee! Muahahahahah!! Detto questo...voglio Iniziare con i Ringraziamenti, in modo da lasciarvi poi con la lettura( se sarà penosa, perdonatemi.....) 

 Free4ever.....Sei assolutamente ADORABILE!!!!! Ti ringrazio x la tua pasienza, x la tua disponibilità, x le tue minacce che mi fanno morire( se Bellatrix si trova a passare, falla venire con i Malfoy e magari anche con Sirius..... XD ) .... E scrivo questo x te, perchè mi sostieni! <3 .....Sei grandiosa, e spero di non deluderti.....<3 



 thera che non manca MAIIIIIIIII con le sue recensioni, e che è stata la prima a credere a questa storia....Se non mi avessi dato coraggio credo che non avrei continuato....QUINDI GRAZIE GRAZIEEE GRAZIEEEEEEEEEEEEE! <3 


MalandrinaFelpata Sandyblack94  Che mi seguono, nonostante la storia sia penosa :P ....siete davvero un'incoraggiamento UNICO! <3 !!!! 

Cadmus che l'ha inserita tra le preferite....CIOèè RAGAZZA TU SEI PAZZA! <3 MA ANCHE TROPPO GENTILEEEEE!!!! Spero che con il prosegure della storia non cambi idea! XD !!!! .....<3 Grazieeeeeeeeeee! .....

E infine , ma non meno importante..... whitesnow.. a te vorrei fare un discorso diverso....Allora.... Voglio ringraziarti non solo xk magari consideri il mio modo di scrivere decente.... xk pò tanto decente non è, ma ti ringrazio xk mi hai dato un pò di coraggio....quel coraggio ke mi mancava.... Forse dopo la nostra avventura rimarremo semplicemente noi, ma questo cammino semplice è bello, soprattutto se fatto con una persona alla quale si è molto legati! Quindi grazie xk leggi e soprattutto GRAZIE XK STAI AFFRONTANDO CON ME QUALCOSA DI RISCHIOSO E FORSE DELUDENTE! Ti voglio bene <3 .....


E infine..... BUONA LETTURAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA! <3 





-Spells&Love-

- Sesto capitolo-




Aprì gli occhi ,disturbati   dai raggi di quel sole pallido,   ma caloroso e rinvigorente, che prepotentemente, senza chiedere , entrò nella stanza, irradiando ogni angolo .Quella pallida luce lo  destò dal lungo sonno che lo aveva accompagnato in quella notte. Riprese senso della realtà, ritornò al mondo terreno, e sentì   una  strana leggerezza soffiare  sul cuore, sentiva una strana sensazione che invadeva ogni parte del suo corpo, compreso il volto, che contro la sua volontà, accolse quel giorno incurvandosi in un sorriso. Un sorriso mai apparso sul viso sottile e cupo, un sorriso che rimase li , che si propose a  fargli  assaggiare una nuova sensazione, quella sensazione solo sognata o vissuta su il viso degli altri. Quella sensazione mai assaporata, verso la quale aveva sempre provato invidia,  e avversione, dovuta alla consapevolezza che forse non avrebbe mai provato quella sensazione cosi pacifica, cosi calmante e inspiegabile . Ma quella mattina le sue convinzioni decaddero, esattamente come la sua invidia e avversione, perché quella mattina Salazar si sentiva finalmente felice, sentiva finalmente un leggero solletico al cuore, sentiva finalmente il suo animo ritornare al giusto posto, ritornare da lui. Quell’animo perso e affievolitosi negli anni. Voltò lo sguardo e il cuore riprese nuovamente a battere, pompando vita. Batteva nuovamente, come se si fosse appena riacceso un meccanismo rimasto fermo e immobile per troppo tempo, rischiando di arrugginirsi e deteriorarsi. Ma adesso aveva ripreso a funzionare, e funzionava alla perfezione. E lo doveva solo a lei, che dormiva ancora, che con ancora il viso disteso in un’espressione riposante e tranquilla, si perdeva nei suoi sogni, si lasciava ancora cullare dalle braccia di Morfeo che non accennava a volerla lasciare. Quella notte una promessa era stata sussurrata alla notte; Si erano legati in un giuramento eterno, che avrebbe cambiato ogni cosa. Rowena era ritornata da lui, si era lasciata andare con lui, aveva amato lui quella notte e non chi le aveva chiesto di divenire sua moglie. Salazar non avrebbe dovuto farlo, perché ormai lei aveva scelto, aveva scelto LUI, e Salazar l’avrebbe legata a se per sempre. Ora che era sua avrebbe fatto di tutto per tenerla con se, stretta al suo petto, stretta alla sua anima. Avrebbe fatto ogni cosa per non lasciarsela scivolare nuovamente via dalle mani. Rowena era sua, e mai nessuno avrebbe diviso i loro corpi, le loro anime, LORO.  Si sporse verso di lei, tracciò con delicatezza le curve della sua schiena, accarezzò la pelle ancora calda, morbida, quella pelle che aveva assaporato quella notte e della quale non ne avrebbe mai sentito la sazietà. Accarezzò i lunghi capelli che dispettosamente le ricadevano sul volto, coprendone una parte, non dandogli la possibilità di illuminarsi con la sua bellezza. Glieli scostò, appena, per darsi la possibilità di guardarla interamente, di illuminare i suoi occhi della sua bellezza. Non aveva mai amato Salazar , non aveva mai saputo cosa fosse l’amore, non era stato un allievo attento a quei concetti che avevano dato ispirazione a poeti, che avevano gettato persone alla pazzia. Eppure c’era una consapevolezza in lui, quella consapevolezza che ciò che aveva provato per tutti quegli anni, quella sensazione che stava provando adesso, quella stessa sensazione che donava al cuore movimento e battito, che rendeva il fiato corto , i sorrisi facili , la testa leggera , sgombra da pensieri tormentosi, era AMORE. Amava Rowena da sempre. Il loro era stato un legame di sguardi, perché era stato quello a legarli e renderli eterni.
Rowena in quel momento era il suo angelo, disteso accanto a lui, inconsapevole di quanta perfezione racchiudesse in quel semplice stato. Quanta perfezione trasmetteva restando immobile, con il sole che donava al suo corpo una luce reale che risaltava ogni aggettivo che Salazar non riusciva a classificare o esporre. Era sempre privo di parole al suo cospetto, era schiavo di lei. Tracciò ancora ogni centimetro del suo corpo, non stancandosi di ammirarla in quel silenzio. Ammirava l’unica cosa che aveva trasmesso al suo cuore arido un colpo vitale.
Le accarezzò dolcemente il viso come se volesse accertarsi che ella fosse reale, che ciò che si erano promessi a for di labbra non era stato uno scherzo giocatogli dal suo cuore, dal desiderio di ritrovarsi li. Accarezzò le morbide labbra, che al tocco si arricciarono appena. Toccò le palpebre rosee , che tremarono appena, per poi aprirsi con dolcezza. I due pezzi di cielo incastonati sul suo viso lo scrutarono , lo ammirarono, misero a fuoco il bel volto che le apparve d’avanti. Salazar la guardava con intenso sguardo, e sul viso era dipinto un magnifico sorriso, rimasto un raro dono, fino a quel momento. Sentì il risveglio in lei, ritornò a respirare finalmente, dopo anni in cui il suo respiro era rimasto imprigionato nei polmoni, dolendo , marcando quel dolore con prepotenza. Quel sorriso era ritornato da lei, PER LEI, e lo aveva riportato indietro. Salazar era finalmente ritornato, e ciò che era accaduto anni prima sembrò del tutto dimenticato. Ad eccezione del meglio che li aveva avvolti, ad accezione dei tremori del cuore che li aveva coinvolti, di quel legame che era nato con i loro incontro, fatto solo di quegli sguardi che comunicavano tutto ciò di cui si aveva bisogno. Loro erano cosi, non erano parole, ma solo anima,loro erano un tutt’uno che non avevano bisogno di parole futili, di inutili suoni tradotti in qualcosa di comprensibile. Loro avevano solo bisogno di entrambi, avevano solo bisogno di quegli sguardi per comprendere ciò che l’altro custodiva in se. Le labbra morbide di Rowena si aprirono in un sorriso, che si disegno leggiadro sul suo volto. Coinvolgendo gli occhi, coinvolgendo l’anima e il cuore.
“Buon Giorno….” La sottile voce mostrava un tono roco e ancora perso nel mondo dei sogni. Come lo sguardo, ancora velato, ancora sognante. Salazar fu attraversato dalla consapevolezza che attimi come quelli non gli sarebbero mai bastati, e fu travolto dalla consapevolezza che anima più bella non avrebbe mai incontrato. LEI era la sua strada, e quel giorno , quando i piedi e la mente lo condussero al Glen, il destino aveva scritto per loro, su di loro. Il destino lo aveva condotto li, e gli scontri, i malintesi, i dolori al petto e la mancanza di ossigeno, era servito solo per consolidare ciò che li univa, che li aveva sempre tenuti saldi, anche quando erano lontani. Il loro destino era stato scritto quel pomeriggio,  e Salazar lo aveva accettato senza ribattere.
“ Nessun giorno è stato mai cosi bello…” Sospirò lui, tra un sorriso, avvicinandosi a lei, sfiorandole le labbra con le sue, riconducendola da lui tra le sue braccia, assaporando il sapore delle sue labbra, sfiorandole la pelle calda e rendendo quel risveglio una folata di vita quasi eterna. Averla tra le braccia era un sogno che prendeva forma e colore, che si creava a passi lenti e guidati, ma ben meditati e perfetti. Poi Salazar dovette mettere fine a quell’attimo; Adesso che avevano deciso di ricominciare, adesso che tutto sarebbe proseguito per la giusta direzione, raggiungendo la direzione che segretamente si era prefissati, che tremando avevano creduto di non poter raggiungere. Salazar doveva parlare, le doveva dire ogni cosa prima che quei piccoli e irrilevanti segreti potessero rovinare quella perfezione trovata per caso.
“Rowena, ho da dirti una cosa molto importante….” Gli anni in quel luogo erano proseguiti con dolorosa lentezza, mettendogli d’avanti innumerevoli e dolorose realtà che lo avevano reso un’anima inquieta, uno spettro adirato e stanco, rischiando di divenire vendicativo e violento. Aveva agito alle spalle degli altri quattro, aveva agito alle sue spalle, e tenerle ancora nascosto quel piccolo punto lo avrebbe tormentato e lo avrebbe reso colpevole delle sue pene e sofferenze, una volta scoperto. Sospirò sperando che il suo essere sincero, quella sincerità gestita solo da quel sentimento tanto forte da renderlo del tutto schiavo , da strappargli via ogni dolore, ogni avversione e ogni sua vendetta, non le si ritorcesse contro, rovinando quella perfezione affannosamente trovata.Guardò i suoi occhi, bassi, sinceri, comunicativi. Le stava assicurando che le sue parole sarebbero state ascoltate e che avrebbe capito, qualunque cosa lui volesse dirle.
“Dirtelo non mi è facile . Ma non voglio che tu creda ancora che io sia oscurato dalla rabbia e che abbia desiderio di ricercare potere e magia oscura. Questo non è mai accaduto…. Il mio è sempre stato puro desiderio di sventarla, di eliminarla…e per farlo ho dovuta conoscerla….” Rowena lo zittì con le labbra, che premettero sulle sue, che si saziarono del loro calore, della loro morbidezza. Era stata una sciocca nel pensare che Salazar fosse un mago oscuro. Lo aveva conosciuto, aveva imparato ad accettare i suoi silenzi, i suoi sorrisi accennati. Aveva imparato a comprendere che il suo sguardo truce e iracondo non era altro che una maschera, che lei avrebbe potuto strappare con facilità. Quella maschera che ormai non nascondeva il suo vero animo.
“Ascoltami…. Non voglio segreti con te…. E quindi voglio svelarti l’unico che potrebbe rovinare questa meraviglia che ci è capitata. Ho paura di dirtelo, ho paura di rivederti ritornare nelle braccia di Gryffindor…ma non posso tenerti allo scuro. Ascoltami Rowena…” L’allontanò da se a malincuore , desiderando solo restare li, a riscaldare i loro corpi stando abbracciati, unendo ogni cosa di loro. Ma doveva parlare, doveva svelare quel piccolo segreto, prima di poter  ancorare per sempre Rowena a se , e rendersi un’unica cosa, un’unica essenza.
Rowena pendeva dalle sue labbra, guardandolo con dolcezza infinti, soffermando i suoi occhi sulle sue labbra, che si muovevano lentamente, timorose di pronunciare parole che avrebbero potuto rovinare quel momento che le teneva saldo il cuore, stringendolo , timoroso di ascoltare ciò che rendeva i suoi occhi, cupi e profondi, una maschera di dolore per se stesso . Qualunque cosa le avesse detto lei avrebbe provato a comprendere, a capirlo, a risolvere ciò che poteva turbarlo. Rowena non si sarebbe fatta sopraffare dagli sbagli che le avevano fatto rischiare di perderlo. Per la sua anima viziata, per il suo dispettoso tentativo di metterlo alla prova.Quella prova che aveva superato egregiamente, che le aveva fatto comprendere che lui l’amava davvero, che le aveva fatto comprendere che un amore come quello che Salazar le aveva da offrirle, quell’amore che ormai aveva colto anche a lei, arrivava solo una volta nella vita, oppure non arrivava affatto, e lei che aveva avuto la fortuna di sfiorarlo, e adesso, di stringerlo a se, non avrebbe rischiato di ritrovarsi nuovamente senza.
“Quando costruimmo il castello, decidemmo all’unisono cosa lo avrebbe composto, quali stanze avrebbero preso possesso dei luoghi immensi e spogli. Costruimmo tutto sotto la supervisione di tutti, senza decidere prima di non aver consultato ognuno di noi….”Rowena annuiva, riportando alla mente i primordiali progetti che avevano dato vita a quell’incantevole luogo, a quella casa ormai condivisa da anime bramose, spensierate, sole e sagge. Quel luogo che aveva visto la loro nascita, il loro odio, le loro lacrime il loro dolore, e che adesso stava assistendo alla LORO creazione.
Annuì ancora incitandolo a continuare. Gli occhi scuri si abbassarono , soffermandosi su una ciocca corvino , che sentitasi ribelle, rispetto alle altre, le scivolava lungo l’incavo del collo, standosene sola, lasciando dietro il resto della chioma fluente e setosa. Salazar l’attorciglio al dito, toccandone la morbidezza, portandoselo alle labbra, assaporando il buon profumo di pesca . Quanto amava quella donna era inspiegabile, e perderla adesso, avrebbe distrutto ogni parte di lui , che si sarebbero frantumati come cocci di creta gettati violentemente sul pavimento.
“Ho creato una camera…..La camera dei Segreti; è il mio luogo di…meditazione. I giorni ad Hogwarts erano divenuti insopportabili, e stare in quel luogo mi ha aiutato molto. Vederti con Gryffindor mi ha reso un uomo privo di anima, saperti al suo fianco mi ha strappato via la voglia di vivere…Ho desiderato di morire, Rowena….Ho desiderato di farla finita, di sfidarlo ad un duello mortale solo per mostrarti  che sarei disposto a tutto per te….” Gli occhi ritornarono da lei, e una dolce sorpresa gli curvò le labbra, strappandogli un sorriso. Rowena non era adirata, furiosa. Non mostrava indignazione per quella verità  giunta quella mattina di tutta fretta. Rowena si allungò verso di lui, e posò ancora le sue calde labbra su quelle di Salazar. Sentì le loro pelli aderire nuovamente, e i capelli scivolargli sul viso, invadendolo di quel dolce profumo che quella notte aveva assaporato con passione e dedizione.
“Scusami per tutto, Salazar…. Ho tenuto gli occhi chiusi per troppo tempo, ho costretto al mio cuore di zittirsi ogni volta che mi sussurrava che l’unico in grado di possederlo e di custodirlo fossi tu…. Ho cercato di tenermi lontano dall’amore che ho sempre sentito per te….Salazar , amarti mi è sempre stato cosi naturale. Non ho mai avuto bisogno di ricercare cosa potesse spingermi a farlo. Mi è bastato vederti quella volta, quell’unica volta, per sapere che TU eri il mio destino, che TU eri , sei e sarai l’unico….” La vita scorreva in lui ad ogni parola, che Rowena pronunciava con dolcezza, con pura sincerità. Vedeva l’azzurro dei suoi occhi divenire lucente, divenire  limpidi . Rispecchiavano la sua anima, si scorgeva la verità che c’era in lei, quella verità tenuta nascosta per troppo tempo. Se Godric Gryffindor avesse realmente letto nei suoi occhi, avrebbe capito da sempre che non lo avevano mai visto realmente, se solo avesse letto quelle leggere pagliuzze verdi, illuminarsi solo al suo passaggio, Godric Gryffindor avrebbe compreso fin da sempre che Rowena non avrebbe mai potuto porgli un posto nel suo cuore.
“Voglio mostrartela…Voglio che anche tu sappia dove andare quando avrai bisogno di restare sola….” Il cambiamento di Salazar era avvenuto in una sola notte. Una notte era bastata per renderlo l’amante, l’amico, una persona migliore. I suoi occhi trasmettevano una serena tranquillità e il magnifico sorriso, che ricreava piccole fossette ai lati del viso, lo rendevano splendido, e non accingeva a voler abbandonare il volto. Era splendido, era luminoso, era accecante. Rowena sorrise di rimando e fiondandosi nuovamente sulle sue labbra sussurrò piano.
“Se vorrò stare sola…. Cercherò le tue braccia, se avrò bisogno di sorridere cercherò te….se avrò bisogno di piangere, troverò la tua spalla, e se ho bisogno di gioia infinita, mi basterà guardare i tuoi occhi, che mi comunicano tutto ciò di cui ho bisogno” I loro sorrisi si mischiarono a baci dolci, colmi d’amore. Baci bramosi , desideriosi di farli restare incollati , di renderli indivisibili, renderli un’unica cosa, che nemmeno la morte avrebbe spezzato. Le loro labbra si trovarono, si unirono, si staccarono solo per assaporare non solo il loro sapore, ma per assaporare i loro sguardi, per assaporare i lineamenti dei loro visi. Salazar fece scivolare le mani lungo la schiena candida e morbida, strinse i sottili fianchi, immerse il viso nell’incavo del collo , assaporando il suo profumo, sentendo quel calore che invase ogni centimetro di se. La sentiva sotto la pelle, la sentiva dentro di lui. La sentiva ovunque, e l’avrebbe sentita per sempre….
 
 
 
 
 
Gli occhi di Godric si spalancarono, diltandosi, divenendo increduli. Sentì il cuore divenire polvere, le budella contrarsi in una morsa dolorosa e l’orgoglio venir schiacciato violentemente. Non riusciva a guardare il luccichio che l’anello in diamanti, forgiato con cura e dedizione dagli gnomi dell’EST, emanava con prepotenza, spiegando ciò che Rowena quel pomeriggio non era stata in grado di proferire a chiare parole. Rowena era posta di fronte a lui, con sguardo basso , con un’espressione di puro dispiacere che rovinava la bellezza del suo volto. Le mani era strette , tanto da rendere le nocche ancora più pallide. Rowena aveva abbandonato Salazar con un’unica promessa, quella promessa che non era mancata, quella promessa che era stata appena compiuta. Non poteva sposare Godric, non lo amava, non lo aveva mai amato. La scintillante armatura, il sorriso sempre pronto a rassicurarla, la galanteria pronta a farla sentire amata e adulata avevano offuscato la realtà del suo cuore, avevano reso quel sentimento puramente superficiale, lasciando che si soffermasse su cose tanto futili, lasciando ciò che realmente gli dava forma. Rowena aveva dimenticato la complicità, aveva dimenticato i piccoli gesti, i piccoli tentativi che Salazar compiva solo per assicurarsi che mai nulla e nessuno avrebbe potuto cancellare il bellissimo sorriso dal volto di Rowena. Piccoli gesti , piccole attenzione che non avevano mai chiesto nulla in cambio, oltre alla bellezza di poterla vedere felice. Ma adesso aveva ripreso coscienza, si era destata da quel sonno, da quel finto incanto, dopo aver mostrato la sua egoistica voglia di trovare sorrisi e semplicità. Aveva dovuto attendere anni prima che quell’egoismo l’abbandonasse e lasciasse posto ad una consapevolezza matura, ad una consapevolezza  di poter affrontare con Salazar ogni cosa, senza lasciarsi intimorire , senza permettere che la paura di non essere abbastanza forte la inducesse a lasciarsi sfuggire piccoli attimi di felicità pura e sincera.
Rowena guardava Godric , e poteva immaginare, vedere nella sua mente, nella sua immaginazione e nel suo pensiero,  il tormento,il dolore la delusione che gli attraversava l’animo e il viso. Nonostante avesse il capo basso e i capelli color oro ricadevano pesantemente sul viso, come per proteggerlo da quello schianto che lo aveva colpito dritto in pieno petto, Rowena sentiva quella rabbia, sentiva la delusione esplodere fuori, come un anima indipendente desiderosa di farle capire come le sue semplici parole, il suo semplice rifiuto pronunciato con fin troppa leggerezza , avesse provocato una dolorosa conclusione.Godric  Sentiva il cuore stritolarsi, divenire sempre più piccolo, fin a rendersi invisibile nel suo petto, sentiva il fiato corto e mancante e le mani erano tremanti. Non riusciva a capire cosa potesse aver fatto cambiare idea a Rowena, quell’idea apparsa fedele e salda fino a qualche giorno precedente. Quell’idea di voler divenire sua moglie e vivere insieme per sempre. Rowena era sembrata convinta, decisa ,FELICE. Alzò piano il volto verso di lei, non riuscendo a trattenere dentro di se ciò che stava provando in quell’istante che gli appariva cosi eterno, cosi irreale. Lo sguardo che le rivolse le fece raccaponare la pelle. Era rabbioso, rigido , colmo di disprezzo e , Rowena notò a malincuore, odio. Non l’aveva mai guardata in quel modo, aveva sempre riservato uno sguardo di adulato amore, una sorta di devozione verso di lei. Aveva creduto che un sentimento tale non poteva essere distrutto da un atto come il suo,  di sincerità, una sincerità punitiva. Una sincerità che aveva ottenuto occhi rabbiosi puntati su di lei, e rabbia pura tracciare ogni linea del viso dell’uomo che fino a poco prima le aveva riservato dolcezza e amore. Non poteva e non voleva biasimarlo, ma non poteva costringerla a fingere, ad accettare una vita di segreti, di bugie. Non era la vita a cui aspirava, non era la vita che aveva desiderato condividere con  Salazar. Voleva viverlo , voleva assaporare attimi di vita solo con lui, in piena libertà, senza temere , senza che secondi potessero essere sottratti al poco tempo che due giovani amanti avevano a disposizione. E per fare ciò doveva rifiutare l’altro amore; Quello il cui tormento non l’avrebbe mai travolta, perché non vero amore, quello di cui passione si sarebbe limitata a scambi di sguardi timidi e ingenui. Salazar la consumava, la rendeva immune, le faceva sentire le ferite scottanti di un amore desiderato, di un amore mai capito, era una parte di lei, quella parte che si annullava e si completava al contempo. Mentre Godric era un amore che amava semplicemente, senza darle quel giusto sapore che l’avrebbe reso UNICO.
“Spiegami cosa ha potuto influire sulla tua decisione….” Si alzò con finta calma, ma la voce si alzò di qualche tono. Godric tremava, e sentiva le ferite dolere, soprattutto quelle dell’orgoglio, stracciato con violenza. Sentiva nell’aria l’odore marcio di Salazar, sentiva che quel cambiamento , avvenuto di poco era dovuto al suo intervento, a qualche sua parola di troppo, a qualche suo gesto inopportuno. Solo il giorno prima avevano lottato per lei, e lei aveva cambiato subito atteggiamento, aveva cambiato subito pensiero, che aveva modificato , aveva cambiato tutto, rovinando ogni cosa.
“Godric non voglio che vi adirate per questo. Ma sarebbe stato un errore farlo, unirci in un vincolo tanto importante, quando in realtà i nostri cuori non erano sicuri di ciò che realmente volevamo….” Godric battè violentemente un pugno sulla scrivania in legno , facendo sobbalzare lei e le varie pergamene aperte su di esso. Quel rivolgersi a lui in tono tanto distaccato .Quell’utilizzo del “voi” cosi formale, cosi privo di quel piccolo particolare di intimità, scambiatosi dopo la proposta , dopo che lui le aveva aperto il suo cuore, quello sfioro di labbra, apparentemente freddo, in lui era stato fatale, lo aveva legato a lei con maggior intensità. Sentiva la rabbia salire in più parti, per concentrarsi in fine sul viso. Aveva le labbra secche, e non riusciva a stringere i pugni, tanto stretti, da poter stritolare le ossa di qualcuno, se fossero state tra le sue mani.
“Rowena, avete accettato la mia mano, avete promesso amore a me SOLO a me…e adesso mi state dicendo che non siete pronta per un passo tanto IMPORTANTE?” Le pergamene si librarono in aria violentemente all’ultimo urlo che uscì dalla gola di Godric. Aveva il viso in fiamme, esattamente come il suo animo che bruciava di rabbia e rancore per Salazar Slytherin. Rowena non lo avrebbe mai ammesso , ma lui SAPEVA che era stato lui a sottrargli Rowena, sapeva che era stato acquattato dietro un angolo per tutti quegli anni, e aveva analizzato perfettamente il tempo, la strategia giusta che gli avrebbe ridato giustizia. Voleva vendicarsi del male che lui gli aveva procurato quando , giunto al Glen, gli aveva sottratto colei che pensava fosse la sua anima gemella. Rowena non poteva accettare lui, non poteva amare lui, perché Salazar non meritava quella bellezza infinita, non meritava quella perfezione Era troppo marcio, era troppo oscuro per poter possedere tanta bontà, tanta perfezione. Aveva lo sguardo offuscato dalla rabbia, tanto da non riuscirla a vedere, tanto da non riuscir a scorgere le lacrime di paura che le scivolarono dal viso. Rowena rimaneva immobile, di fronte a lui, decisa a dargli le giuste spiegazioni, e ritornare nelle braccia di Salazar che le avrebbe donato la sicurezza, il conforto di cui aveva bisogno in quel momento. Desiderava essere stretta tra le sue braccia, sentire il suo tocco sul viso, sentire il suo profumo sulle labbra. Desiderava ritornare da lui, e lasciare che la notte cadesse su di loro, dimenticando ogni cosa, ricordando solo loro due. Ma doveva prima dare a Godric la possibilità di capire. Nonostante la paura ammontasse, rimaneva incollata al pavimento, in attesa che quella rabbia sbollisse e che le sue parole non provocassero altri danni.
Godric abbassò il capo, come per scacciare quell’animo adirato, e ritornare a controllare le sue parole e i suoi modi , divenuto improvvisamente bruschi. L’amore strappa dal petto la peggior parte, rendendola visibile a tutti, anche a se stessi, credenti di non possederla.  Quando rialzò lo sguardo provò una fitta al cuore, nel vedere gli occhi cristallini resisi umidi, le gote rosse e il labbro tremare. Rowena era terrorizzata da quel lato oscuro balzato fuori improvvisamente e contro la sua volontà. Girò intorno al tavolo, raggiungendola, e tirandola a se, la strinse quasi a stritolarla. Quell’abbraccio era doloroso, e fin troppo forte. Godric stava caricando troppa rabbia sul corpo esile di Rowena, che sentì brividi di rimorso percorrerle la schiena. Non erano quelle le braccia che desiderava, non era quello il profumo che voleva sentire, assaporare e amare, era Godric e non Salazar. Ma sentiva la forza venirle meno, e sentire le colpe gravare su di lei. Se fosse stata più saggia, se solo non avesse dato adito all’orgoglio e all’amore di spegnere il suo intelletto supremo, rendendosi una comune strega, una comune donna, resasi schiava del dolore, della credenza di non voler soffrire, forse non si sarebbero ritrovati a quel punto, in cui , i cocci di cuori , e anime erano disperse sul pavimento freddo e oscuro del castello. Riuscì a dividere i loro corpi, e lasciare che le conseguenze, date dal suo incosciente sentimentalismo, prendessero avvio e strada nella giusta direzione.
“Perdonatemi Godric, ma non posso …Non vi amo. Ho sempre amato Salazar, è sempre stato lui la parte mancante, quella che ci ostiniamo a cercare, talvolta in eterno “ Portò una mano al petto, e un sorriso ornò uno sguardo perso nel vuoto, la manifestazione dolorosa di un pensiero appena rivolto a Salazar Slytherin, che fece attorigliare le budella a Godric. Non poteva sopportare di vedere tutto ciò . Aveva le mani che tremavano e sudavano nervosamente, e la spada che lo chiamava a gran voce .Avrebbe trafitto quel balordo , lo avrebbe fatto, anche se farlo avrebbe indotto Rowena ad odiarlo per la sofferenza che le avrebbe recato. La voce di Rowena proseguì in quel perdono, non curante dei pensieri che avvolegavano la mente di Godric, rendendola folle, rendendola omicida.” Ho un dolore allucinante al petto, per il rimorso di ciò che le ho fatto. Ma se accettassi, questo dolore si estenderebbe a molti, e non voglio che io sia causa di altro dolore. Il tempo guarisce ogni ferita, e anche quella del cuore guariranno senza problemi….” Rowena si stupì della calma e della naturalezza con cui pronunciò quelle parole. Sapeva che erano dettate dal cuore e non dalla ragione. Stava confessando ciò che sentiva, stava dicendo a Godric Gryffindor che il suo cuore apparteneva ad un altro, a colui alla quale l’aveva sottratta senza riflettere.
 Quelle parole erano giunte come un fischio assordante, fastidioso . Avrebbe voluto urlare, e scaraventare ogni cosa per aria, lasciando alla rabbia di impadronirsi completamente di se, ma non poteva scendere agli stessi livelli di Slytherin, lui non era Slytherin, lui non era malvagio , violento, bramoso a tal punto da evocare magia oscura senza preoccuparsi del male che avrebbe potuto fare ad altri. Si allontanò da lei piano, disgustandosi di se stesso e dei pensieri che piano si insinuarono nella sua mente. La malvagità che l’amore gli stava trasmettendo era tale, da fargli pensare un qualcosa che avrebbe potuto rovinare quell’armonia , quell’amore che aveva appena letto sul viso di Rowena, che aveva attraversato il suo viso per un impercettibile attimo il cui pensiero era stato rivolto a lui. Avrebbe rovinato quella bellezza che rendeva Rowena raggiante, avrebbe rovinato la vita di tutti, avrebbe distrutto la stessa Hogwarts. Si voltò dandole le spalle, e strisciò verso la scrivania, rimasta coperta da pochi di quelle pergamene, ora posata in terra. Accarezzò la linea ruvida del legno, posò una mano sulla pergamena ruvida e giallastra, e quei pensieri malvagi si ramificarono ancora nella sua mente, presero possesso completamente di lui, e il dolore che sentiva al petto, sarebbe stato ricambiato senza ripensamenti. Stritolò una pergamena tra le mani, e ricordando eventi accaduti e notati mesi prima, decise di dare ad una verità, che non avrebbe deluso Rowena , quel particolare che le avrebbe spezzato il cuore….
 
 
 
 
 
 
“Salazar, ho bisogno di parlarti…” Il passo affrettato di Salazar fu bloccato dalla voce calda e gentile di Helga che avanzò in sua direzione con passo calmo, e il solito sguardo dolcemente aperto in un sorriso radioso. Il tono che aveva utilizzato non era adirato, ma felice. Helga irradiava quel corridoio di luce meravigliosa, di luce calda e avvolgente, e Salazar tradì il suo nascondere quella stessa radiosità, sorridendo in sua direzione.
“Non voglio sbagliarmi, ma è un sorriso ciò che vedo sul tuo viso?” Helga era sorpresa nel vedere le sottili labbra del giovane Slytherin, rimaste per troppo tempo incurvate verso il basso, disegnare una linea che si alzava agli occhi, socchiudendoli appena e rendendoli vivi, finalmente. Le mani calde e tracciate dal tempo si posarono sul viso, ricoperto appena da una sottile barba, nera come la notte. Accarezzò dolcemente il viso sottile, come se tra le mani avesse la cosa più cara che possedesse. Lo guardava con occhi di una madre amorevole, e il suo cuore colava di gioia. Vederlo felice era una delle cose che aveva sempre desiderato vedere, vederlo sorridere in quel modo era stato uno dei sogni che non aveva mai potuto considerare realizzati. Lo guardava e leggeva nei pozzi neri una gioia infinita, leggeva la storia di un amore tenuto per troppo tempo segreto, che finalmente aveva deciso di rivelarsi in tutto il suo splendore e felicità. Helga amava i suoi discepoli in egual modo, ma non poteva negare un qualcosa di evidente, come quel legame che li aveva sempre uniti, che li aveva sempre resi unici .
“No, non è un sorriso…” Rispose lui , sarcasticamente, sorridendo ancora, questa volta di cuore, coinvolgendo anche Helga che lo strinse in un abbraccio caloroso e avvolgente.
Ritornò a fissarlo, questa volta mantenendo uno sguardo più serio, ma non permettendo alla bontà di lasciare i suoi occhi.
“Ho bisogno di parlarti di una cosa molto importante, che richiederà un tuo sforzo enorme….” Lo prese sotto braccio, e insieme si incamminarono lungo il corridoio che li avrebbe condotti allo spiazzale sgombro, dove uno splendido sole illuminava ogni cosa. . I giochi di luce che si posavano sull’erba , donavano a quest’ultima piccoli cristalli colorati, confondendo i vari uccelli che cercavano di beccare e rapire. Le chiome degli alberi facevano ombra in alcuni punti, e Salazar comprese subito il motivo per cui Helga lo aveva condotto li. Sotto ad uno di quelle chiome erano sdraiati due ragazzi, che guardavano il cielo con occhi sognanti e speranzosi. Il ragazzo sorrideva allegramente ai giochi che la ragazza gli mostrava. Merlino e Viviana, sorridevano sotto il cielo limpido, non permettendo alla differenze di case di decidere per loro. Helga guardò il suo accompagnatore con la coda dell’occhio e sorrise nel vedere la dolcezza , che mai aveva inciso il suo viso, in cui guardava i due giovani, che innocentemente iniziavano ad amarsi.
“Ti ricorda qualcuno?” Helga si girò verso di lui, incidendo maggiormente sul motivo per cui lo aveva condotto li, e Salazar annuì, sapendo dove volesse giungere la sua vecchia e saggia mentore.
“Cosa vuoi che faccia….” Disse semplicemente, senza lasciarsi trasportare dai ricordi, senza lasciare che la consapevolezza di quella richiesta, che sarebbe giunta, non lo avrebbe reso molto felice, ma avrebbe rovinato quel prezioso stato d’animo non appena Helga avesse pronunciato le fatidiche parole.
“ Voglio che questa stupida guerra tra te e Godric finisca. Gettate via ogni rancore, passato e presente. Fatelo per i vostri studenti, fatelo per Rowena….” Salazar sentì una morsa al cuore, sentì  cateneinvisibili  stringere intorno ai polsi e forzarlo in qualcosa che non gli sarebbe piaciuto, ma che si vide costretto a compiere. La feliità di Rowena aveva sempre contato molto per lui, ma adesso era la sua massima priorità, il suo scopo, la sua missione. E se renderla felice voleva significare porre le armi e accettare una convivenza pacifica, allora Salazar lo avrebbe fatto, gettando i muri dell’orgoglio, infrangendo le barriere dell’odio, e fingendo indifferenza di fronte a quella figura che riusciva solo a recargli avversione. Ma tutto ciò lo avrebbe gettato, avrebbe distrutto tutto quell’odio, e lo avrebbe fatto solo per Rowena, e nel suo profondo, anche per dare la possibilità ai due alunni, che in quel momento gli ricordarono troppo vivamente, lui e Rowena un tempo, di coltivare quel sentimento che stava nascendo in loro piano e dolcemente. Sospirò , fingendo rassegnazione, ma quel sorriso, ormai lo tradiva in qualunque momento.
“Sarà dura, ma ci proverò…” Disse in un filo di voce, non volendo ancora realmente accettare di mostrare quella debolezza. Salazar stava mostrando il collo nudo ad una belva, e sapeva che non sarebbe rimasto in disparte, lo avrebbe attaccato violentemente , ma il pensiero volò a Rowena, e tutti gli apparve diverso. Helga lo prese sotto braccio nuovamente, e allontanandosi da li, per dar spazio ai due giovani, si diressero verso la Sala Grande.
Helga poggiava su di lui, e camminava lentamente, assaporandosi ogni tratto, caratteristica, crepa, increspatura di quel luogo. Amava la sua Hogwarts esattamente come i suoi allievi, che purtroppo, differenze e rivalità, avrebbero condotto alla rovina….
 
 
 

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