Oh, per la miseria, adesso basta, eh!

di Bellatrix Skywalker
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo I ***
Capitolo 2: *** capitolo II ***
Capitolo 3: *** capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***



Capitolo 1
*** capitolo I ***


Salve a tutti! Questa storia ha inizio (nella mia mente) un caldo pomeriggio di metà Settembre. Viene poi scritto al computer circa il 20 Ottobre e successivamente pubblicato su questo sito. Dalla prima versione sono cambiate molte cose perché… capirete più avanti, non vorrete mica che vi sveli tutto adesso, no?
Ringrazio moltissimo chi ha recensito questa storia (le recensioni, soprattutto positive, fanno sempre molto piacere) e chi l’ha messa tra le preferite/seguite/ricordate!

Tre cose sono necessarie per un esecutore: l'intelligenza, il cuore e le dita.
-W. A. Mozart-



Allora eccoci qui, fratellino.
A Godric’s Hollow, dove abbiamo passato i primi anni della nostra vita. Davanti alla tomba dei coniugi Potter. Abbiamo fatto apparire una ghirlanda di gigli, rose e tulipani, i fiori preferiti di mamma, con edera, l’erba che preferiva papà.

“riprendi conoscenza di te stesso, Harry. Sono due ore che siamo qui. Ho tanto freddo, sto praticamente gelando! Ginny, James, Albus e la piccola Lily ti stanno aspettando al calduccio e la mia famiglia mi aspetta a casa!!!”
“arrivo, guastafeste di una sorella!”
“così mi piaci. Andiamo, dai” lo prendo per mano e ci materializziamo a Grimmauld Place, dove ora vive lui con felice famiglia al seguito.
Entrando in casa il casinista urla: “ciao a tutti! Siamo arrivati!”
“siamo arrivati? Ma davvero?” gli faccio il verso per prenderlo in giro e Ginny arriva di corsa.
“ciao Ginny! Ti ho riportato il marito”
“grazie Ellie. Senza di te sarebbe ancora là. Scommetto che vi siete gelati. Vuoi un the caldo?”
“no grazie, devo tornare in California, ho l’aereo tra poco. Alex mi aspetta e ho alcuni appuntamenti. Ci vediamo qui a Natale e da me a Capodanno? Non siete ancora venuti in quel periodo e vi assicuro che la California d'inverno è stupenda. Poi possiamo andare un po’ in montagna”
“dobbiamo vedere come siamo messi con gli impegni… sai, lavoro e scuola…” mio fratello è proprio un guastafeste!
“potete sempre venire su, mollare i ragazzi e tornare a prenderli!”
“già, hai ragione. Potremmo fare così. Ginny, cosa ne pensi? Secondo te si può fare?” chiede alla moglie; e menomale che è l’uomo a decidere per la famiglia! Nelle altre, almeno. Nella mia assolutamente no.

“sììììì! Voglio andare dalla zia! Quando partiamo, papà?” a parlare è stata Lily, l’unica figlia di mio fratello, quindi la principessina di casa.
“ciao Lily! Come stai tesoro? E i tuoi fratelli dove sono?”
“siamo qui, zia. Sei forse diventata cieca? O magari non ci volevi vedere perché Lily ti sta più simpatica?” James è arrabbiato e si fa pensieroso mentre Albus ribatte: “Jamie ci eravamo nascosti, come poteva averci visto?”
“ma tu rovini sempre tutto!”
“James smettila”
“avanti, mamma..”
“ho detto basta”

“comunque grazie, zia, io sto bene” a salvare la situazione come al solito è la mia nipotina.
“va bene” rispondo “io vado. Ci vediamo a Natale!”.
Un coro di “ciao” accompagna la mia materializzazione all’aereoporto, appena in tempo per salire sull’aereo diretto in California, la mia bella casa.

Sarà un lungo viaggio, penso, meno male che non mi da fastidio l’aereo… almeno posso dormire, visto che come scenderò di qui sarò travolta di lavoro. Sorrido da sola, perché in realtà adoro ciò che faccio.
Sono massaggiatrice, principalmente, ma a volte Isabel mi chiede di aiutarla in alcune terapie (lei è psicologa, ha ereditato lo studio da sua madre) e facciamo un mix dei due lavori: una tecnica nuova ma alquanto efficace.
 È stato così che ho conosciuto Alex, mio marito. La nostra storia è stata (e a volte è tuttora) difficile.
Io e Isabel avevamo da poco iniziato a lavorare e un giorno lei mi ha chiamato dicendo che forse aveva bisogno del mio aiuto per un paziente. 
Non era la prima volta che mi chiamava, ma sembrava preoccupata. Ho accettato di aiutarla e il paziente ha accettato di sottoporsi alla terapia. Era disposto a tutto, per veder migliorare poiché non sarebbe mai riuscito a crescere un neonato da solo. La sua storia era in un certo senso ‘normale’ ma non per questo migliore.
Lui e la sua fidanzata avevano avuto un figlio. Era piccolo, lei allattava e un ‘bel’ giorno scoprì che aveva un cancro al seno.
Smise subito l’allattamento e iniziò le cure, ma furono tutte vane.
Se ne andò tre mesi dopo.
E Andrea aveva appena un anno. Alexander si era ritrovato solo con un neonato e senza la minima idea di come crescerlo. Per me e Isabel fu una delle terapie più lunghe e difficili, ma riuscimmo a farlo migliorare, perfino guarire.
Dopo la fine della cura, io e Alex ci tenemmo in contatto, iniziammo a uscire e nel giro di un anno ci mettemmo insieme.
Adoravo Andrea, ed ero ricambiata: non ricordava la vera madre, e iniziò a vedere me come sostituta.
Fu lui, infatti, il primo a capire che sarei diventata la sua ‘mamma’.

Ripercorro con la mente il matrimonio, il più bel giorno della mia vita e mi addormento a metà del ricevimento.
Mi risveglio quando il pilota, neanche a farlo apposta, inizia l’atterraggio.
Su questa costa il sole è appena sorto per via del fuso orario. Quando arrivo a casa vado direttamente sulla terrazza e mi calo lentamente fino alla spiaggia, dove ammiro il mare illuminato dal sole nascente.
Il momento della giornata che preferisco è questo, insieme al tramonto.
L’idea che il Sole (da sempre considerato simbolo della vita) in un certo senso muoia e rinasca tutti i giorni mi ha sempre affascinata.
Con questa meraviglia negli occhi decido di fare una corsetta sulla riva, per tenermi in forma e rilassare la mente. Finita la corsa vado in terrazza, dove mi fermo a bere qualcosa di fresco per riprendermi.

Mentre sorseggio il mio the mi perdo nei meandri della mia complicatissima mente in preda ai ricordi…

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Capitolo 2
*** capitolo II ***


Ringrazio moltissimo chi ha recensito questa storia (le recensioni, soprattutto positive, fanno sempre molto piacere) e chi l’ha messa tra le preferite/seguite/ricordate!
 

La verità è tanto più difficile da sentire quanto più a lungo la si è taciuta
 

- Anne Frank -
 


Quello che è successo la notte del 31 Ottobre lo sappiamo tutti, è inutile ripeterlo.
Quello che invece non sa nessuno è cosa è accaduto subito dopo alla ‘trasformazione’ di Voldemort.
Da parte mia, posso dire che non ricordo molto: solo una forte luce verde, un urlo e il nulla. Non sentivo più niente, solo quello che anni più tardi ho identificato come senso di abbandono e solitudine. I miei ‘ricordi’ riprendono una settimana dopo (ma potrei sbagliare, ero troppo piccola per avere una reale percezione del tempo) in America.

Quello che è successo appena dopo la morte dei miei genitori lo scoprii 10 anni più tardi, quando Dorcas, amica di mamma e papà, si riprese dalla depressione: fu lei la prima ad arrivare.
Sirius, con cui lei stava a quell’epoca, era andato da Peter e le aveva ordinato di restare a casa al sicuro; ma lei non lo ascoltò e aspettò che uscisse di casa per materializzarsi a Godric’s Hollow, dove viveva la mia famiglia.

Arrivati a questo punto le tremava sempre la voce, e passava a raccontare di quando mi aveva presa in braccio e portato via.
Si era materializzata da dei suoi parenti in America, che sapevano già cosa sarebbe successo (Katherine, quella che sarebbe diventata mia madre è una sensitiva) e ritornò indietro per prendere anche mio fratello, ma arrivò troppo tardi: Hagrid lo aveva già preso e non riusciva a capire dove fosse Sirius. Rimase due giorni a cercarli, mangiata dai sensi di colpa. Quando scoprì che Harry era da Petunia e Sirius ad Azkaban cadde in depressione, e dopo essere passata da Katherine e David si trasferì in Alaska, per stare da sola.

Dopo molto mi ripresi, soprattutto grazie a Kate, che non cercò mai di prendere il posto di Lily, e si limitò a volermi bene.
Lei e David fecero di tutto per me e con il tempo imparai a volere loro bene.
Andai in una scuola privata, all’inizio, perché temevano per me: la mia salute era terribilmente fragile, mi ammalavo continuamente in modo molto grave. Quando poi a 10 anni ricevetti la convocazione per l’inizio delle lezioni dalla scuola di magia americana (la Academy of Magic and Dramatic Arts) si preoccuparono molto e ci volle tutta la mia forza di volontà per convincerli a non farmi studiare a casa seguita da un tutore, ma a mandarmi a scuola. E vinsi.

Mi ‘innamorai’ molto presto della scuola: la AMDA era simile ad Hogwarts, ma non più di tanto. Gli anni di studio, ad esempio, erano otto ma il settimo era possibile studiare in un liceo non magico. Io andai a studiare a New York.

La vera differenza stava nell’uso delle bacchette: la prima era la più debole, serviva a imparare a controllare la magia. All’inizio del terzo anno si cambiava, e questa serviva a controllare gli incantesimi e a incanalare la magia. Al sesto anno si iniziava a studiare la magia pura, senza bacchetta. In ordine, avevo avuto una bacchetta di Castagno e una in Mogano.

Le materie erano sia magiche che non magiche: incantesimi, trasfigurazione, pozioni, astronomia, Arti Oscure (sia difesa che vero e proprio utilizzo), matematica, fisica, letteratura antica e moderna, filosofia, arte (pittura, scultura, architettura), vari tipi di danza e musica in tutte le salse (bella battuta NdA), teatro e recitazione, canto.
Un’altra grande differenza era la suddivisione degli studenti: eravamo divisi solo per anni e materie di studio, non c’erano Case.
 
Il governo magico americano aveva stabilito la maggiore età a 18 anni, età in cui si terminava la scuola. Il diploma preso a scuola poteva valere anche all’Università (frequentai Interpretazione e Traduzione, mentre lavoravo come fisioterapista).
 
 
 

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Capitolo 3
*** capitolo III ***


“tesoro, ancora un po’ e ti uscirà il fumo dalle orecchie”
“hey ma’. Come stai?”
“oh, una meraviglia” risponde lei con tono ironico “stavo bene, sì. Prima che mi dicessero che mia figlia è tornata e non mi ha avvisata”
“sono le 7 del mattino. Aspettavo almeno le 10, di solito ti alzi tardi…”
“in questo caso sei perdonata”
“ti eri arrabbiata sul serio? Pensavo stessi scherzando”
“certo che no. Ti abbiamo sempre lasciato i tuoi spazi, tesoro, ora hai 35 anni, non arriverò di certo io a fare la mamma iperprotettiva”
“non lo sei mai stata, in effetti”
“dove sei andata di bello?”
“di bello da nessuna parte. Sono tornata in Inghilterra. Volevo salutare mamma e papà; è il trentesimo anniversario. E sono stata con mio fratello”
“come sta?”
“i figli lo prendono molto. E guarda Ginny come se dovesse ancora realizzare che è sua moglie. Dovrei iniziare a chiamarlo ‘faccia da pesce lesso’. Perché è davvero la sua faccia”
“beh, non l’ho mai conosciuto bene, ma mi sembra una persona sveglia”
“sveglio è sveglio. È il concetto di famiglia che non gli è molto chiaro”
“è cresciuto con tua zia, che ancora non aveva accettato la sorella. Figuriamo il figlio di quello svitato di James”
“papà era un grande... Sai, mentre ero là, e in realtà tutti i giorni penso che Lily, Beatrice, Albus, James, William e Andrea non conosceranno mai i nonni materni nel mio caso o paterni in quello di Harry. E questo pensiero non mi piace molto”
“sono certa che dispiaccia anche a loro, perché sia i tuoi figli che quelli di Harry sono dei pargoletti adorabili”
“se ti sentisse Andrea! Ha 15 anni. Odia che gli venga dato del ‘pargolo’”

“anche tu alla sua età ti sentivi grande. Però eri anche Peter Pan al femminile. Speravi di rimanere piccola”
“non ho mai voluto diventare grande. Per il semplice motivo che diventare grande significa affrontare le conseguenze delle proprie scelte e decisioni. I miei hanno pagato per questo”
“eri già grande quando ti abbiamo adottata, Helena. Avevi visto cose di cui anche un adulto ha paura”
Le sorrisi. Una caratteristica di Katerine, mia madre adottiva, era che a modo suo riusciva a tirarmi su di morale. Una donna tutta particolare profondamente femminista.

“va bene. Oramai sono le sette e mezza. Devi svegliare tuo…”
“heilà, belle signore” questo è mio marito.
“come non detto” finisce mamma.
“ciao Kate! Come stai?”
“molto meglio, grazie. Volevo solo una chiacchierata madre-figlia”
“e ci sei riuscita senza avvisare? Io devo prendere appuntamento 48 ore prima”
Hahaha. Davvero molto simpatico, mio marito.

“no, andate pure avanti come se io non ci fossi”
“Helena! Non ti avevo notata!”
“simpatico” dico e gli faccio una linguaccia. A volte, con lui mi comporto come una bambina piccola.

Mia mamma ci saluta e se ne va. Deve andare in Francia e ha l’aereo tra poco.
Io e Alex rimaniamo da soli.

“allora: Andrea è a scuola, William pure e Beatrice è da Alice, la sua amica del cuore, ricordi?”
“giusto. Alice. Quindi?”
“tu hai la giornata più o meno libera. Io ho ne presa una di riposo. Che facciamo?”
“e me lo chiedi!?”

Ovviamente giro a New York.


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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Capitolo IV

Dopo una lunga ed estenuante giornata (anche di shopping) ritorniamo tranquillamente a casa, in California  e andiamo interrazza a prendere un caffè.

“Alex, lavori domani?”

“purtroppo sì, Ellie. Perché?”

“uff… Volevo andare in Alaska a trovare Sirius e Dorcas”

“e vacci, no? Sto io a casa con la piccola; tra una settimana tornano i ragazzi da scuola e non credo che dopo riuscirai ad andare”

“ok, adesso sento se hanno impegni”

Chiamo velocemente Dorcas e ci mettiamo d’accordo per vederci. Come chiudo la chiamata entra in casa Beatrice con Giles, il doorman del grattacielo: il One California Plaza .

La prima cosa che quella peste fa è lanciarsi sullo sventurato padre che rischia di cadere a terra per il contraccolpo e decide anche che è il momento buono per annunciare, probabilmente a tutta Los Angeles se non all’intera California, che si è sposata con matrimonio ‘ebraicio’ con il suo migliore amico, Jack. Io e Alex ci guardiamo stupiti, ma non più di tanto. Giusto un mesetto fa il cognato di sua cugina si è sposato con una donna ebrea e a Beatrice il matrimonio era piaciuto così tanto che ne aveva parlato ininterrottamente per una settimana.

“e ora tu e il tuo sposo che cosa fate?” chiedo io, giusto per sapere.

“niente!” risponde lei. Finché è contenta così…

“adesso è ora di andare a nanna. Dai la buonanotte a papà e fila a letto!”

“ma io non sono stanca… - tenta di ribattere lei – ok, buonanotte papà!”

“buonanotte piccola! Dormi bene”

E va su a prepararsi. La raggiungo per la favola della buonanotte e torno giù da mio marito che mi fa notare l’ora e decidiamo di andare a dormire anche noi nella nostra bella stanza con il salottino privato che ha una parete a vetrata che da sulla spiaggia. La vista è fantastica.

La prima cosa che noto il mattino dopo è il grigio plumbeo delle nuvole in cielo. Temporale in arrivo.

Mi vesto e mi concentro bene per la Materializzazione: sulle lunghe distanze risulta molto facile perdere la concentrazione e la probabilità di Spaccarsi in questo caso aumenta in modo esponenziale. Per fortuna all’arrivo noto che è andato tutto bene. Devo camminare solo per qualche centinaio di metri per arrivare a casa Black, una deliziosa villetta a schiera bianca con rifiniture (indovinate un po’) rosse.

Mi invitano a entrare e tra le chiacchiere su lavoro, famiglia, scuola e figli e la mattina scorre veloce. Dorcas prepara un ottimo pranzetto veloce e poi si congeda per tornare al lavoro.

Quando rimaniamo da soli, io e Sirius ci perdiamo nei ricordi della battaglia e post, quando mi vennero a trovare tutti quanti in America per festeggiare la caduta di Voldemort e il mio matrimonio con Alexander Hayes.

E ripercorriamo insieme il momento in cui Dorcas decise di affrontarsi e tornare da lui. E tutto ciò che successe dopo il suo arrivo.

Lo ricordo ancora come se fosse ieri…

Io e Alex eravamo tornati da poco dalla luna di miele e avevamo ripreso a lavorare. Dorcas mi aveva chiesto di aiutarla invitando Sirius e Remus. Lo feci. Sapevo a cosa stavamo andando in contro, più o meno.

Avevo insomma invitato i due ‘ex’ Malandrini da me. Dopo il the erano rimasti a chiacchierare un po’ e… ad un certo punto li avevo fermati dicendo che avevo qualcosa di importante da dire in particolar modo a loro due.

“Ellie? È tutto il pomeriggio che… non so. Sei strana. Ti è successo qualcoso di cui ci devi parlare?” Remus era preoccupato ma manteneva il tono gentile.

“ok, vi devo dire una cosa. Ma non è successo niente a me. A voi… forse tra poco sì”

“che cosa stai dicendo?” Sirius si stava iniziano a preoccupare

“beh, ovviamente a 5 anni non potevo fare niente da sola, no? Ma sono in America. E…”

“chi ti ci ha portato?”

“ora ci arrivo, Sirius. Immagino sappiate che quando Voldemort arrivò, quella sera, eravamo a casa tutti e quattro. Tutti quelli che sanno cosa è successo credono che il primo ad arrivare a casa nostra prima di te fu Piton. E sbagliano, perché quando lui entrò io non ero già più in quella casa. La prima persona ad arrivare fu una donna che conoscevate e credevate morta”

A qual punto sospirai e Dorcas entrò nella stanza. Il silenzio regnava sovrano. Remus tentava di dire qualcosa ma l’unico risultato era la sua bocca che si apriva e chiudeva senza che lui pronunciasse parola. Sirius era sul punto di svenire. Il suo istinto gli diceva di chiudere gli occhi e andarsene velocemente via da lì ma il suo orgoglio e soprattutto il suo cuore, che quando era entrata la sua amata aveva saltato qualche battito, gli dicevano di restare lì.

La prima cosa che Dorcas disse fu: “Sirius, io…” prima di venire soffocata dall’abbraccio dell’uomo che aveva sempre amato. Ci sarebbe stato tempo più tardi per le spiegazioni; ora si limitavano a tenersi stretti come se l’uno fosse l’ancora di salvezza dell’altra. Una scena molto dolce.

Finito il momento degli abbracci Sirius ritrovò un po’ di autocontrollo e tornò al suo posto mentre Dorcas si accomodava vicino a me. Sospirò e prese parola.

“eravamo entrambe sconvolte da ciò che era appena successo. Non pensai a nient’altro che alla salvezza della piccola e la prima cosa che feci fu prenderla e portarla lontano da quella casa, dove il dolore ci avrebbe soffocate. La portai in America, in Texas, dove a quel tempo viveva Katherine, una mia lontana cugina che è veggente. Quello che non ho mai detto a nessuno, nemmeno a te, piccola, è che… eravamo già d’accordo su questo. Lily immaginava che le sarebbe successo qualcosa e mi disse che se le fosse capitato qualcosa avrei dovuto portarti via dall’Inghilterra e o crescerti io o affidarti a una persona a cui avrei affidato la mia vita” ero sorpresa. Non me l’aveva mai detto, ma ciò spiegava molte cose, in realtà.

“poi che cosa è successo?” chiese Remus ritrovando il dono della parola.

“la portai quindi da questa mia cugina e tornai subito in Inghilterra a cercarvi e a cercare Harry. Ma quando arrivai in casa c’erano solo i corpi senza vita dei coniugi Potter. Harry in viaggio per andare da sua zia e tu, Sirius, eri in viaggio per il Ministero, per poi essere portato ad Azkaban. Ma questo lo scoprii solo dopo tre lunghi giorni di ricerca, e quasi impazzii. Non avevo più motivo per rimanere in Inghilterra, quindi tornai qui. Rimasi altri tre giorni con Ellie, ma ogni cosa di lei mi ricordava la mia migliore amica e ogni minuto che passava era una sofferenza. Alla fine crollai. Kate mi portò in una clinica, dove forse sarebbero riusciti a farmi uscire dalla mia prigione mentale. E ci riuscirono. Mi trasferirono in un ospedale in Alaska, il migliore. Lì rimasi qualche anno, mentre lentamente mi riprendevo. Rimanevo fedele al tuo ricordo, Sirius, ero certa che prima o poi ci saremmo rivisti. Quando Ellie venne da me per raccontarmi della fine della conclusione della guerra questa mia certezza si era rafforzata. Ma non sapevo come affrontarvi: il leggendario coraggio Grifondoro era venuto a mancare. È stata lei a convincermi, a ridarmi forza”





Salve salvino popolo di Efp! Torno con un nuovo capitolo di questa fantastica storia… spero vi piaccia!

Bella Skywalker

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