Pronto...?

di L_Fy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima telefonata ***
Capitolo 2: *** Seconda telefonata ***
Capitolo 3: *** Terza telefonata ***
Capitolo 4: *** Quarta telefonata ***
Capitolo 5: *** Quinta telefonata ***



Capitolo 1
*** Prima telefonata ***


“Ciao, amore

Milano, Marzo 2007

Il telefonino ronzò, segnalando una chiamata in arrivo da un nebuloso “numero sconosciuto”.

“Pronto?” rispose Etienne, dubbioso.

“Ciao, splendore!”

Voce squillante, solare, vulcanica: una voce che innamorava al primo ascolto. Etienne fece un mezzo sorriso continuando a camminare per la via assolata e luccicante di negozi.

“Ciao.” rispose allegro, ma la voce al telefono lo ignorò mitragliando parole con una deliziosa voce cantilenante.

“Non hai assolutamente idea di  chi ho incontrato in un negozio in centro, due minuti fa… a proposito, ho comprato una maglietta nuova e un reggiseno coloro pesca. Te lo dico subito, così eviti di farmi la ramanzina sul color pesca e sull’esercito di magliette inutilizzate che ho nell’armadio: ho dovuto comprare qualcosa, mi è venuto un forte attacco di shopping compulsivo e prima ancora di mettere in moto il neurone avevo già lo scontrino in mano…”

“Non ci sono cure farmacologiche per certi disturbi?” domandò Etienne con un sorriso.

“Buon Dio, spero di no!” rispose accorata la voce “Sto pensando di abbandonarmi ad un altro attacco, quando arrivo davanti ai saldi della Rinascente. Vuoi che compro qualcosa anche a te?”

“No, se mi prometti di prestarmi il reggiseno color pesca.”

“Lo farò se tu mi restituisci il perizoma leopardato di Versace che ti ho prestato la settimana scorsa… scherzi a parte, per stasera riesci a passare al take away giapponese a prendermi una confezione di Wasabi?”

“Perché non la prendi tu, visto che sei in pieno delirio da compere?”

Una risata cristallina e ricca come acqua di sorgente uscì dall’auricolare: Etienne ne rimase incantato.

“Lo shopping compulsivo riguarda solo generi di inutile necessità, quindi le cibarie e i medicinali sono esclusi. Mi sorprende che tu non lo sappia.”

“Che lacuna.” approvò Etienne sogghignando.

“Vergogna, non hai studiato.”

“Sono un cattivo, cattivo scolaro. Ti va di sculacciarmi, maestra?”

“Potrei valutare la proposta. Se mi porti il Wasabi.”

“Sono davanti a una profumeria: entro, compro una maschera all’avocado e la spaccio come Wasabi. Dici che funzionerà?”

“Con Rosaria di sicuro” rispose la voce pensierosa “perché credi che il Wasabi sia finito? Quella cerebrolesa l’ha usato per farsi una maschera facciale. Doveva uscire con quel sottoprodotto agricolo piemontese, come si chiama…? Luca, Marco, o qualcosa di simile pieno di fantasia…Ah, mi stavo quasi dimenticando! Sai mica chi ho visto due minuti fa in un negozio in centro…”

“Direi che ormai sono passati almeno dieci minuti” rettificò Etienne rispondendo magnanimo al sorriso ispirato di una passante che si era girata a guardarlo “La storia del reggiseno pesca ha portato via appena qualche secondo, ma il Wasabi ci ha tenuti impegnati parecchio.”

Altra risata sincera e scoppiettante: Etienne si fermò ad assaporarla, quasi suo malgrado.

“Oh, finalmente ti sei ripreso! Erano tre giorni che facevi il musone…”

“Il miracolo l’ha compiuto la prospettiva della sculacciata” annunciò Etienne sornione “Ho il Wasabi sottobraccio, quindi prepara la cattedra.”

“Diamine, c’è il frustino in lavanderia” chiocciò la voce allegra “Se ti sculaccio con il registro delle assenze va bene lo stesso?”

“Insomma…”

“Vuoi che ti avvolga nella cartina politica dell’Europa?”

“Non hai quella con la Germania dell’Est…”

“Allora ti sodomizzo con il mappamondo.”

“Vada per il registro delle assenze. Spalmato di Wasabi, però.”

“Valerio, Valerio…” sospirò la voce, quasi con rimpianto “Dov’eri stato tutto questo tempo?”

“Cercavo un reggiseno pesca, ma a quanto pare l’hai trovato prima tu” rispose Etienne piacevolmente “E comunque, a dire il vero io mi chiamo Etienne.”

“Bello” rispose la voce, per niente scalfita “Esotico, direi. Cognome?”

“Marchetti.”

“Etienne Marchetti. Sembra il nome di un mafioso marsigliese. Mamma francese?”

“No, papà psicopatico. Non lo trovi più esotico?”

“Magari se fingi un accento da mangiarane…”

“Non so nemmeno sbadigliare, in francese. Però posso provare a mangiare qualche rana lo stesso: ho il Wasabi per condirle.”

“Secondo me ti conviene sceglierti un altro nome, Valeriuccio.”

“Il papà psicopatico non sarebbe contento.”

Breve silenzio da parte della voce cristallina. Etienne smise di camminare.

“Pronto? C’è un reggiseno pesca che può rispondermi?”

“Tu non sei Valerio.”

Non era una domanda, ma una constatazione. Etienne provò quasi dispiacere.

“Accidenti” rispose però con allegria “Speravo te ne accorgessi solo alla fine della sculacciata.”

“Chi sei?”

Curiosità guardinga e genuina.

“Etienne Marchetti” rispose lui lentamente scandendo bene le parole “Ti faccio lo spelling o ti accontenti del registro delle assenze?”

La voce cristallina fece una risatina imbarazzata.

“Accidenti” chiocciò garrula “Devo aver sbagliato numero.”

“Uff, voi femmine” si lagnò Etienne ironico “Siete tutte uguali. Mi illudete col miraggio di una sculacciata poi sul più bello fingete di aver sbagliato numero.”

“Uff, voi uomini” rispose prontamente la voce cristallina “Siete tutte uguali. Pronti a rifilare maschere all’avocado al posto del Wasabi a tutte le poverette affette da diarrea verbale e da shopping maniaco compulsivo.”

Etienne sospirò, sinceramente dispiaciuto.

“Quindi, niente sculacciata.”

“Mi sa di no” rispose la voce, e anche lei sembrava dispiaciuta “Scusami per il disturbo, mangiarane; a mia discolpa posso solo garantirti che tu e Valerio avete la voce identica.”

“Non ti scusare: parlare con te è stato davvero spassosissimo.”

“Anche tu non sei male. Per essere un uomo, si intende.”

Naturellement.”

“Bestia, allora lo sai il francese!”

“Modestamente… ti confesso che ho davvero la mamma francese.”

“Eccolo, il tipico maschio burbanzoso, millantatore e fallocrate.”

“Sei adorabile. Sicura che non se ne fa niente per quella sculacciata…?”

“Addio, Etienne” rise la voce canzonatoria “Au revoir!!”

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Seconda telefonata ***


“Ciao, amore

Milano, aprile 2007

 “Pronto?”

“Valerio, sei uno STRONZO!”

Etienne riconobbe la voce cristallina alla prima sillaba e sorrise.

“Ciao tesoro” rispose allegro “Vedo che siamo di umore scoppiettante questa mattina, eh?”

“Mi spieghi perché diavolo non sei venuto, ieri sera? Mi hai lasciato da sola come una stronza con quel bradipo narcolettico di Enrico e il suo amichetto Mork che dopo dieci minuti che lo conosci si trasforma in un invertebrato marino dotato di mille tentacoli palpeggiatori…”

“Mork?” chiese Etienne dubbioso e la voce cristallina partì in quarta.

“Ti giuro, si chiama Moreno Chiesi e lo chiamano Mork come quello di Mork e Mindy, quando me l’hanno presentato volevo fargli nano nano, ma poi ho avuto pietà di lui, chissà in quanti glielo avranno detto… lo so bene io che sono del segno della vergine e mi sono sfrangiata le scatole per vent’anni sulle le battute da rancheros della gente… ma non cambiare argomento! Mi hai lasciata da sola a difendermi dagli attacchi di Mork da Ork! Ho provato a coinvolgerlo in una conversazione, ma nemmeno quando ho calato l’asso di briscola parlando di calcio sono riuscita a distrarlo dal suo obbiettivo, ovvero le mie tette. Ho dovuto difendere strenuamente la mia virtù che neanche i francesi con la linea Maginot hanno fatto tanto. E lui provava a mettere la mano sulla spalla e io gliela toglievo, e lui provava a mettere una mano sul ginocchio e io gliela toglievo…”

“Attaccava sia via terra che via mare” ghignò Etienne divertito “Andiamo, dovresti conoscerla, è la tecnica standard del generale Rommel.”

“Me ne sbatto delle tecniche di guerriglia irachena adottate da voi maschietti!” berciò la voce evidentemente alterata “A un certo punto mi sono stufata e stavo per tirargli un missile terra-aria, quando è rientrata Rosaria.”

“Esce ancora con Luca o Marco?” si informò educatamente Etienne.

Silenzio.

“Pronto? Mork chiama Orson… rispondi Orson!”

“Sei Valerio?”

“Non ho questo piacere.”

“Merda!”

“Bè, a dire la verità preferisco Etienne, è socialmente meno imbarazzante.”

“No, volevo dire… cazzo!”

“Insisto nel preferire Etienne, ma ti prego, continua a proporre alternative, prima o poi troveremo qualcosa che piaccia a entrambi.”

“Sto facendo una figura di merda cosmica: così tipica di me! Ci casco sempre, dev’essere una tara ereditaria o qualcosa a livello di DNA. Ho il gene delle figure di merda dominante.”

“Ti è andata bene” rispose Etienne comprensivo “Potevi avere quello della telecinesi come è capitato a quella poveraccia di Carrie.”

“Io… sono davvero dispiaciuta. Mi ostino a non voler memorizzare i numeri in rubrica e a forza di digitarli capita che mi sbagli…”

“Ti prego, non smettere di farlo” sorrise Etienne sincero “Chiacchierare per sbaglio con te è estremamente dilettevole.”

La voce cristallina tremò di riso represso.

“Dilettevole!” esclamò “Era da Orgoglio e Pregiudizio che non sentivo un’espressione del genere. Ti è  venuta naturale o l’hai usata apposta per impressionarmi?”

“Come natura crea… con qualche aiuto da parte della Treccani tascabile, devo ammettere.”

“Lo sapevo che c’era il trucco.”

“E’ una tecnica collaudata: quando una sconosciuta mi chiama, apro a caso il dizionario e le rifilo la prima parola che viene fuori. Avrei anche luculliano e demagogico da piazzare, ma non ho ancora trovato il contesto giusto.”

“Non è necessario, sono ancora stordita da dilettevole.”   

“Senti questa: non sarebbe dilettevole se io e te affrontassimo insieme un pranzo luculliano?”

Silenzio. Etienne aspettò, più teso di quanto volesse ammettere.

“Incontrarci io e te?” gorgogliò infine la voce cristallina “Potrebbe risultare demagogico.”

“Non vorrei infierire ma sei ancora in debito con me di un reggiseno color pesca” suggerì Etienne sollevato “E di una cena giapponese completa di Wasabi.”

Silenzio.

“Pronto?”

“Stai parlando seriamente?”

“A dire il vero, del reggiseno pesca posso anche fare a meno, ma la cena… si, mi piacerebbe.”

Silenzio di nuovo.

“Pronto? Sei in shock anafilattico o stai tornando su Ork?”

“Nemmeno sai come mi chiamo” si imbronciò la voce cristallina “Potrei essere una serial killer e sgozzarti come un maiale appena mi capiti a tiro.”

“Studi accertati confermano che i serial killer non usano reggiseno pesca” motteggiò Etienne con voce assolutamente convinta “E’ sempre scritto qui, nella Treccani.”

“Non lo sapevo.” si scusò la voce, contrita e ilare.

“Bè, informati, santo iddio.”

“E se Valerio fosse il mio fidanzato?”

“Sareste una coppia molto alternativa, visto che gli rifili la telecronaca del tuo appuntamento al buio con Mork di Ork.”

“Cavolo, hai ragione. E se fossi un rudere tipo la Levi Montalcini?”

“Mangeremmo solo semolino morbido, per non danneggiare la dentiera, disquisiremmo per ore di assiomi matematici e mi perderei nella tua opulenta chioma azzurrata.”

“Potrei essere minorenne.”

“Da quello che ho capito, abiti insieme a una tua amica dai dubbi gusti in fatto di cibo e di uomini: ho dedotto che come minimo vai all’università. Se ci vai e sei minorenne, sei un genio e da qui si ritorna alla Levi Montalcini. Solo che invece di semolino morbido potremmo permetterci qualcosa di più croccante.”

“E se fossi un mostro, brutta gobba e grassa come una balena spiaggiata, gli occhi storti, l’acne purulenta e la gamba di legno?” 

“Ti porterei dritta a Lourdes, che domande.”

La voce uscì con una risata cristallina assolutamente irresistibile.

“Sei troppo simpatico, Ettie. Sono tentata di accettare la tua proposta.”

“Mi fa piacere. Ma se mi chiami ancora Ettie, divento io un serial killer.”

“Però non lo sei, vero?”

“No. Non sono nemmeno la versione maschile della Levi Montalcini, sono maggiorenne e la gamba di legno la riservo solo per le occasioni speciali.”

“Devo prima parlarne con Valerio e Rosaria.”

“Mi sembra giusto; a me pare già di conoscerli, tanti sono i dettagli intimi e imbarazzanti che so di loro, è giusto che ricambi il favore. Magari ci scappa anche un consulto con Mork di Ork.”

Nuova risata, fresca come l’acqua quando si ha sete.

“Ok, Ettie. Ti richiamo per sbaglio uno di questi giorni.”

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Capitolo 3
*** Terza telefonata ***


“Ciao, amore

Milano, maggio 2007

“Pronto?”

“Sono nei guai, Valerio, continuo a pensare a quel tizio del telefono…”

“Mi sembrava più grave la gonorrea.”

“Sembra così divertente e ironico… usa termini ricercati da intellettuale ma scherza come un gigione… sembra sempre che rida, di sicuro non è uno dei soliti prozachiani che becco io… e poi, ha una voce che mette i brividi, mi è venuto caldo sul collo quando mi ha chiesto di incontrarci…”

“Allora richiamalo.”

“Per dirgli cosa? Ciao, sono quella psicopatica che ti telefona sempre per sbaglio, quella con la diarrea verbale e la figura di merda nel DNA… Ma dai! Nemmeno so quanti anni ha, magari è sposato con tanti figli da farci una squadra di calcetto, oppure è un cesso con tanto di turca…”

“Bè, almeno sapresti dove dirigere i conati di vomito.”

“Metti che accetto di incontrarlo e lui puzza? Ho la psicosi delle puzze, lo sai…”

“Potresti dirgli di farsi un bagno prima dell’appuntamento. Oppure ti porti dietro un Arbre Magique al pino silvestre e glielo piazzi sotto l’ascella in un momento strategico.”

Silenzio.

“Sei svenuta al solo pensiero della puzza? Ehi, allora è grave davvero.”

“Ti prego, dimmi che sei Valerio.” sussurrò la vocetta accorata.

“Sono Valerio.”

“Giura!”

“Ehm…”

“Gesù!”

“No, sono Etienne. Però sono lusingato del tentativo, dopo Merda e Cazzo pensavo di non poter aspirare a niente di meglio.”

“Oddio, oddio, oddio, che figura di leeeegnoooo! Questa le batte tutte! Sono malata, sono proprio allo stadio terminale…”

“Rilassati, dolcezza” rise Etienne serafico “La medicina omeopatica aiuta in questi frangenti e anche i fiori di Bach fanno miracoli.”

“… ho le metastasi ovunque, tra un po’ avrò davvero bisogno di Louders anche se non sembro una balena piaggiata…”

“Ti dirò, l’aspetto fisico non ha importanza per me, ma sapere che non sei una balena piaggiata mi riempie inspiegabilmente di sollievo. Ti sembro demagogico?”

“Non lo so, sono troppo impegnata a sprofondare per la vergogna al centro della Terra per verificare.”

“Allora occhio alle puzze, mi hanno detto che a un certo punto della crosta terrestre c’è uno strato di zolfo…”

La voce cristallina fece una risata timida, esitante.

“Come fai a farmi sempre ridere? Non voglio rilassarmi, voglio morire di vergogna.”

“Ti prego, non farlo. Sono troppo contento che hai sbagliato di nuovo numero, avevo voglia di risentirti.”

“Ehm…”

“Stai arrossendo.”

“Non è vero!”

“Sì che è vero” ghignò Etienne esilarato “Sembri un pomodoro da sugo!”

“Uffa! E cos’altro sai fare, oltre a leggere nel pensiero e scatenare la mia tristissima imbranataggine?”

“So fare un castello con le carte da briscola, il nodo alla cravatta, alzare la tazza del water prima di fare pipì, cucinare il gulasch e toccarmi i gomiti dietro la schiena. E tu?”

“Oh” sorrise la voce, più rilassata “Io so camminare coi tacchi sui sampietrini, lavarmi i denti e rispondere al telefono contemporaneamente, depilarmi l’ascella destra con la mano sinistra e preparare la sfoglia per le tagliatelle.”

“Wow” sorrise Etienne estasiato “Che meraviglia!”

“Già, me l’ha insegnato mia nonna che è emiliana, e mi viene davvero bene.”

“La sfoglia?”

“No, camminare sui sampietrini.”

“Descritta così sembri una creatura meravigliosa e mitologica, al pari della fenice o della silfide.”

“Di sicuro ne posseggo la grazia.”

“Davvero?”

“No. Mi muovo come un Panzer dell’armata tedesca.”

“Per me la goffaggine è un pregio. Avrai pure qualche difetto!”

“A parte la completa mancanza di filtro tra cervello e  corde vocali? Vediamo… non sopporto la gente, in generale.”

“Misantropia?”

“No grazie, non assumo stupefacenti. Al massimo novocaina, ma solo dal dentista. Comunque, volevo dire che non sopporto la gente quando si trasforma in massa e perde individualità.”

“Non sei per il gregge, allora.”

“No. Però mangio volentieri le costolette di agnello.”

“Sono vegetariano.”

“Oh! Io odio il radicchio trevigiano, vorrei debellarlo dall’albo delle cose viventi.”

“Io invece non so bere il brodo senza fare un terribile rumore di risucchio.”

“E io mi mangio le unghie dei piedi, quando sono a mollo nella vasca.”

Etienne rise, deliziato.

“Credi di aver vinto tu, ma in fatto di vergogna sei solo una dilettante. Io mi sono fatto la pipì addosso.”

“Adesso?”

“No, in panchina durante la finale del torneo di calcio di due anni fa.”

“Giochi a calcio?”

“No, alleno i pulcini della parrocchia.”

“Sarai mica un prete?!?”

“Non te lo avevo detto? Bè, convertiti e credi al Vangelo, gioia.”

“Silenzio.

“Pronto? Stavo scherzando, eh. Sono felicemente laico io.”

“Mi hai fatto prendere un colpo.”

“Non devi avere una bella opinione dei preti per aver sospettato così prontamente di me.”

“Non si tratta di fiducia nei preti, è che ho una sfiga patologica e cronica che quando qualcuno mi piace, io…”

Silenzio brusco. Un lento sorriso distese le labbra di Etienne mentre il suo cuore accelerava i battiti.

“Pronto? Stai avendo una visione mistica?” chiese con leggerezza.

“No” rispose la voce dopo un po’, lugubremente “Sto contando quante figure di merda ho fatto con te.”

“Quando arrivi a dieci, avrai in premio un orsacchiotto.” la informò magnanimo Etienne.

“Comunque non è che tu mi piaccia davvero… cioè, sei simpatico e interessante e hai una voce bellissima…”

“Anche la tua è adorabile” la interruppe Etienne con un tono improvvisamente serio, facendo alzare la temperatura di parecchi gradi “Squillante, irruenta, piena di vita… vien voglia di berla.”

Silenzio. Ondate di calore uscivano dalla cornetta come onde anomale su una spiaggia assolata. Etienne aspettò guardingo una risposta che non arrivava.

“Pronto?” disse infine, scoraggiato “Senti, non devi credere che io…”

“Elisa.”

Etienne ammutolì sbalestrato.

“Come?”

“Elisa. E’… il mio nome.”

“Oh.”

Etienne sorrise senza nessun motivo al mondo.

“Piacere, Elisa. Io sono sempre Etienne, ma se vuoi chiamarmi Merda o Gesù, per me va bene. Purchè non sia Mork di Ork…”

Elisa rise, intimidita.

“Devo essere impazzita” confessò riottosa “Forse adesso è meglio che vada.”

“Va bene.”

“Allora… ciao.”

“Ciao, Elisa. Nano nano.”

Risatina incontenibile, deliziosa.

“Senti… non è che potresti sbagliare numero domani, verso le due, due e mezza? Potremmo farci due chiacchiere mentre io fingo di lavorare.”

“Tu lavori…?”

“Bè sì, dico messa in chiesa fino alle tre, ma se vuoi rimandare…”

Altra risata, stavolta più piena e decisa.

“Mi sbaglierò domani alle due e un quarto, padre.”

“Amen. La forza sia con te.”

 

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Capitolo 4
*** Quarta telefonata ***


“Ciao, amore

Milano, maggio 2007

“Pronto?”

“Dimmi qualcosa di te” cinguettò la voce vulcanica di Elisa “Voglio sapere i tuoi più reconditi segreti.”

“Oddio. Se dici così me la faccio sotto.”

“Sei recidivo, allora. Non è stato due anni fa che ti sei fatto la pipì addosso in panchina mentre allenavi i pulcini?”

“Sei crudele a ricordarmelo così. Comunque, era la finale, non c’era un bagno nel raggio di dieci anni luce e c’era un freddo che sembrava di essere in Groenlandia. Mi è scappato mentre starnutivo. Non è che abbia riempito il lago d’Iseo, è stata appena una spruzzatina involontaria… un piccolo momento di defaillance.

“Ecco che torna fuori il francese che c’è in te.

“Scusami, oggi non ho preso la pozione per reprimerlo.

“Allora, queste cose di te? Sto aspettando.

“Uhm, vediamo… che mi tocco i gomiti dietro la schiena, te l’ho già detto?”

“Sì.”

“Allora ho finito le notizie emozionanti.

“Davvero? Sto sbadigliando.”

“Facciamo che tu dici una cosa a me e io dico una cosa a te?”

Quid pro quo? Come Hannibal Lecter e Clarice Starling? Foooorte!”

“Sì, però senza fegato e Chianti.

“Le lenticchie le teniamo buone?”

“Guarda che erano fave.”

Ops. Touchée, così mi francesizzo anche io. Allora, che lavoro fai?”

“Il prete. Punto a diventare abate entro i trent’anni, vescovo a 35, cardinale a 40 e per i cinquant’anni divento Papa.

“Dai, Ettie, non essere blasfemo.”

“Wow, blasfemo, che bel parolone… ti sei comprata anche tu la Treccani tascabile?”

“Sì, ed è da dieci minuti che tento di piazzare il verbo inficiare senza trovare il contesto giusto. Allora, Ettie, che lavoro fai?”

“L’assessore. Punto a diventare sindaco entro i trent’anni, consigliere a 35, deputato a 40 e per i cinquant’anni divento Presidente della Repubblica.

“Sto sbadigliando di nuovo. Ti decidi a dirmi la verità?”

“No, finché continui a chiamarmi Ettie.”

Ma è così carino e puccioso!”

“Appunto.”

Ok, lo cambio. Allora, che lavoro fai, Ennie?”

“Lo studente. Punto a laurearmi entro i trent’anni, insegnante a 35, ricercatore a 40 e per i cinquant’anni divento Rita Levi Montalcini.

“E’ la verità?”

“Nuda, cruda e croccante come un gambo di sedano. E tu invece, Sasà, cosa fai nella vita?”

“La studentessa. Contavo di laurearmi entro i trent’anni, diventare insegnante a 35, ricercatrice a 40 e per i cinquant’anni evolvermi in Rita Levi Montalcini, ma adesso che so che il posto è già stato preso ho le idee un po’ confuse.”

“Ho inficiato le tue aspettative?”

Cazzo, mi hai rubato la battuta!”

“Scusami, quando mi chiamano Ettie divento idrofobo. Altre domande?”

“Come sei fatto?”

“Credo di essere stato fatto col metodo tradizionale, tramite fornicazione per intenderci.

Che scemo. Dai, descriviti, come sei? Alto, basso, grasso, magro, occhi, capelli, eczemi, verruche?”

“Oddio, da dove comincio… vabbè, te lo dico subito così mi tolgo il sassolino dalla scarpa. Ho tre occhi, di cui uno di vetro.

“Caspita. Di che colore?”

“Verde bottiglia. Quello di vetro, eh. Gli altri sono marroni.”

Uff, che banalità. Allora sei normale.”

“Anche considerando l’occhio di vetro e la gamba di legno, direi di sì.

“Marrone come?”

“Come marrone come?”

Ettie caro, se mi stai prendendo in giro ti mando con la corrente.”

“Non riesco a tradurre il tuo lessico, fai delle domande surreali. E mi chiami Ettie, cosa che danneggia irreparabilmente le mie sinapsi. Poi, che diavolo è la corrente?”

“Riformulo la domanda con i sottotitoli per bradipi alla pagina 777. Che tipo di marrone sono i tuoi occhi?”

“Sto ancora galleggiando nella corrente.”

Uff, che tardo che sei. Marrone nocciola, marrone dorato, marrone scuro… color pulce, Terra di Siena, cacca di stercorario, concime muschiato… insomma, che tonalità di marrone?”

“Oh, adesso è tutto più chiaro… dunque, per rimanere in tema frutta secca, direi che gli occhi sono color ghianda con qualche sfumatura anacardo al centro. I capelli, invece, buttandoci sul faunistico, sono decisamente un marrone setole di cinghiale.”

“Oh, eccoti arrivato finalmente.”

“Dove?”

“Nella corrente.”

“Adesso ti faccio un domandone imbarazzante, così arrivi anche tu nella corrente: che fine ha fatto il reggiseno color pesca?”

“Credo che l’abbia preso in ostaggio Rosaria.

“Quindi, non ce l’hai addosso.”

“Direi di no. Ma se vuoi do una sbirciatina e verifico.

“Brava, fai così. Anzi, fammi una telecronaca dettagliata di quello che vedi, che è meglio.

“Ci sei dentro fino al collo, Ettie.”

“Alla corrente?”

“Ovvio.”

“Tu non vuoi farmi la telecronaca.”

“Cambiamo argomento, che sennò mi viene caldo. Hai dei consanguinei?”

“Una sorella di nome Maria.

“Ma come… a te hanno dato un nome figo come Etienne e tua sorella si è beccata un mortorio come Maria? Questa è discriminazione sessuale.”

“Puoi protestare formalmente con i miei genitori, credo che ci sia già un comitato apposito gestito da Green Peace. E tu, hai fratelli o sorelle?”

“Due e due, ma sulla sessualità di uno non ci metterei la mano sul fuoco.

“Cinque fratelli? E che siete, mormoni?”

“Lo so, è terribile. Io sono la più grande e potendo avrei obbligato mio padre a sottoporsi a vasectomia subito dopo la mia nascita.

Silenzio dubbioso da parte di Etienne.

Ettie? Sei ancora lì?”

“Continuo a pensare a quella telecronaca.

“Sarebbe noiosissima, non c’è niente di nuovo da raccontare.

“Parla per te, è dalla prima telefonata che continuo a pensare a quel reggiseno pesca e a quello che ci va dentro.

Sei un porco, lo sai?”

“E tu sei arrossita di nuovo… sei adorabile.

La voce di Elisa mancò per un po’.

“Elisa? E’ caduta la linea con Rivombrosa?”

“Non dovresti usare quel tono” continuò lei incerta “Mi agita.

“Pensa a quanto sono agitato io, qui a dibattermi nella corrente.

Elisa rise, ancora esitante.

“Ecco, adesso affogo.”

“Povero. Che è successo? Hai incontrato uno scoglio?”

“La tua risata. Il suo effetto sulla mia circolazione sanguigna è peggio del pensiero della telecronaca.

Ops, sto scivolando nella corrente… non capisco che vuoi dire.

“Voglio dire che mi piace da morire.”

Nuovo, brusco silenzio da parte di Elisa: la voce di Etienne era scesa morbidamente di qualche ottava risultando all’improvviso tiepida e vibrante come una carezza.

“Mi piace la tua voce, perchè è fresca e allegra come primavera; mi piace come la usi buttandoti a capofitto nei discorsi, lasciando che le tue emozioni viaggino su ogni sillaba. Mi piace l’ironia di quello che dici perchè dimostra una mente brillante e un cuore grande.”

Nessun suono usciva dall’auricolare, a parte un leggero e rapido respiro discontinuo. Etienne aspettò qualche secondo che il suo cuore rallentasse i battiti.

“Ecco, adesso che te l’ho detto posso tranquillamente affogare nella corrente. cambiò infine tono, tornando ad essere allegro e solare: si sentiva però una leggera forzatura di sottofondo, ancora più marcata nella successiva risposta di Elisa.

Oh-ah… la corrente, certo.”

“Stai bene?” domandò Etienne, vagamente malizioso.

“A dire il vero, non molto. C’è un caldo mostruoso qui.

“Dove sei?”

“In una cella frigorifera.”

Etienne rise, incantando Elisa dall’altra parte della cornetta.

“Credo che questo sia il complimento più criptico che io abbia mai ricevuto.”

“Ti dirò, non so nemmeno da dove mi è venuto fuori. Magari dalla corrente.”

“Elisa… quando ci incontriamo?”

Ci fu un breve silenzio teso e quasi cupo.

“Non credo che sia una buona idea.” mormorò infine esitante la voce della ragazza.

“Guarda che la storia dell’occhio di vetro era finta. In realtà sono un ragazzo normale. Anzi, secondo mia madre possiedo una bellezza animale e travolgente.”

“Ne sono certa” rispose Elisa col sorriso nella voce “Si sente che sei un tombeur des femmes da come usi quella dannatissima voce.

“Oh la là, un altro complimento… addirittura in francese!”

“Guarda che ti stavo dando dello stronzo.”

“Oh, scusa, non avevo capito. Sai, tutta ‘sta corrente… Perché non vuoi incontrarmi?”

Di nuovo silenzio, improvvisamente teso.

“Elisa? Rispondimi, tanto non verrò col defibrillatore, sento che respiri.

“Devo andare.” sentenziò Elisa, gelida.

Ops… ti ho fatto arrabbiare?”

“Sì” rispose Elisa, aggressiva “Mi fa incazzare il tuo modo di piazzare le domande imbarazzanti nel bel mezzo della frase, quando sono più indifesa. E usando quel tono di v-voce alla Barry White che mi manda in confusione…”

“Non lo faccio apposta. E’ solo che ti voglio incontrare.

Silenzio, tesissimo e rovente.

“Devo andare.” pigolò infine Elisa, esausta, e riattaccò.

 

 

 

 

 

NOTE DELL’AUTRICE:

 

Questa storia sarà brevissima e mooolto leggera… ringrazio con tutto il cuore la mia Unica e Insostituibile Lon Trinomia per la tripla recensione (ammmmora!!! Anche voi mi mancate, non sai quanto…), la mia Pappy numero uno, Marzy (booooni i muffins!!), Lemmy on the rocks, Roby (forza milan!!), Armonia e i suoi Teddy Bear che mi hanno ispirato tanto, Kif e Ciocco  con tutto il cuore per l’entusiastica partecipazione. Purtroppo, il firewall mi blocca qualsiasi accesso a forum, chat e quant’altro, quindi non posso comunicare con voi in nessun altra maniera se non così, dandovi il mio cuore un poco alla volta aggrappato alle mie storie. Vi sbaciuzzo tutti (soprattutto i maschietti, of course!)

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Capitolo 5
*** Quinta telefonata ***


“Ciao, amore

Milano, Maggio 2007

“Pronto?”

“La verità è che ho una fifa del diavolo. Ecco, adesso l’ho ammesso, contento?”

“Uh, come siamo aggressivi oggi. Ti sei messa anche lo stivalone di vernice fetish o ti limiti allo scudiscio uncinato?”

Piantala di ironizzare. Voglio rimanere arrabbiata con te e se mi fai ridere non ci riesco.”

“Arrabbiata con me? E che ti ho fatto?”

“Niente. E’ questo il punto, vedi?”

“Non vedo né punti né virgole e nemmeno apostrofi. Brancolo nel buio più totale, hai mica un cane guida da prestarmi?”

“Etienne, tu sei… troppo.”

“Ti giuro che peso meno di settantacinque chili, di cui uno di materia cerebrale, quindi non fa testo.

“Uffa, perché rendi le cose così difficili?”

“Perché intuisco che stai rimuginando delle stronzate, e visto che non hai filtro tra cervello e corde vocali, tento di distruggerle in fase embrionale prima che scendano giù.

Breve silenzio da parte di Elisa.

Ma non eri antiaborista, tu?” mormorò alla fine, divertita suo malgrado.

“Non se si parla di stronzate e mi sa che tu ne hai parecchie per la testa, adesso.

Infatti” confermò lei imbronciandosi di nuovo “Vedi che vieni anche tu dalla mia parte?”

Etienne fece un breve silenzio dubbioso.

Ops, forse mi sono perso di nuovo nella corrente.

“Etienne, voglio essere sincera con te” sentenziò Elisa con decisione “Non ci possiamo incontrare: in ogni caso sarebbe una tragedia annunciata e io non sono nella situazione adatta per gestirla.

“Che vuoi dire?” si lamentò Etienne “Fammi un diagramma di flusso perché non ci sto capendo dentro niente.”

“Te la faccio ermetica, così è più indolore per entrambi: io mi sto quasi prendendo una cotta per te anche solo sentendoti al telefono, e sono ragionevolmente sicura che se ti incontrassi sarebbe ancora peggio perché da quanto ho capito esteticamente non sei del tutto repellente e comunque la tua voce è una cosa così sconvolgente, da far venire i brividi, che se faccio tanto di chiudere gli occhi in qualsiasi momento sono fregata, a meno che il tuo odore non sia così orribile, ma hai fatto intendere di sapere dell’esistenza degli Arbre Magique quindi qualcosa sul fattore puzza devi averlo studiato, e comunque anche la puzza andrebbe in secondo piano perché quando sento la tua voce che si abbassa io comincio a vibrare come un maledetto diapason e sento quasi il bisogno fisico di dare una faccia a quel batticuore! E io, con la mia incontinenza verbale e i miei sessanta chili di peso, con gli occhiali e la sclerosi galoppante, io con il mio set completo di gaffes e gli occhi color topo di fogna, che figura ci farei davanti a te? So già come andrebbe a finire, con te che mi offri un caffé stampandoti in faccia un sorrisetto mentre pensi Gesù, chi  me l’ha fatto fare di voler incontrare questa cozza?; andiamo in un bar giusto per poter mettere un tavolino tra di noi e a me viene un attacco di colite verbale e ti vomito addosso tutta la mia vita, compresi gli anni di scuola materna e le vacanze dalla nonna, e tu ti fai chiamare da un tuo complice appostato all’angolo che ha visto quanto sono racchia e finge di essere tuo padre che chiama dall’ospedale dove hanno ricoverato tua nonna per una trombosi cerebro spinale e tu dici che devi correre via e che mi richiamerai, ma io non ti sentirò più e rimarrò a bere quel maledetto caffé chiedendomi perché con i ragazzi mi va sempre tutto male, e sai qual è la cosa più triste? Che io odio il caffé!”

Elisa riprese fiato, lasciando che scariche elettrostatiche invadessero il silenzio attonito dall’altro capo del telefono.

“Wow” mormorò infine Etienne, impressionato “Fortuna che questa era la versione ermetica. Lasciatelo dire, Ungaretti si sta rivoltando nella tomba.

Elisa si decise a infuriarsi, sollevata.

“Dì un po’, hai sentito o no quello che ho detto?”

“Una parola su tre, ma il senso è chiaro: hai paura di non piacermi e odi il caffé. Hei, mi sa che questa è la versione ermetica.

“Oh. Effettivamente, così è molto sintetica, ma si perdono un sacco di particolari interessanti.”

“Tranquilla, ho memorizzato tutto. Anche se devo avvisarti che non esiste la trombosi cerebro spinale e non ho capito bene a cosa corrisponde il color topo di fogna.

Comunque, hai capito adesso perché non voglio incontrarti?”

“Francamente no, ma confido di riparlarne dopo il caffé.

Ettie, non fare così” mormorò la voce improvvisamente rotta di Elisa “Non essere così intrigante, o va a finire che mi innamoro sul serio e se dopo divento una psicopatica come Glenn Close in Attrazione Fatale? Devo prima laurearmi, santo cielo…”

“Elisa, Elisa” sospirò Etienne vagamente divertito “Tu sei un vulcano di deliziose e inutili domande, però ti perdi e non arrivi mai a fare quella giusta.”

“Ma se te ne ho fatte pochissime” berciò Elisa adombrata “Devo ancora informarmi su tutto il settore abbigliamento, hobbies, sport, letture, dati sanitari e fiscali… Merda! A pensarci bene, noi due non ci conosciamo! Com’è che sto per diventare Glenn Close con un perfetto sconosciuto?”

“Tesoro, non farti prendere dal panico” rise Etienne, rilassatissimo “La domanda che volevo mi facessi è un’altra.”

“Visto che io sono così tarda da non arrivarci, perché non te la fai da solo?” mugugnò lei, offesa.

“E va bene” sospirò Etienne paziente “Ettie, dove abiti?”

Silenzio.

Elisa si morse il labbro, irritata.

Cazzo, è davvero una domanda intelligente. ammise riottosa.

“Grazie” sorrise Etienne con modestia “Non come la tua sulla tonalità di marrone dei miei occhi, ma si lascia ascoltare.

“Allora?”

“Allora cosa?”

“Di dove sei, Ettie?”

“Di Milano.”

Una vampata di calore raggiunse le corde vocali di Elisa, che vibrarono.

“Oh. Anche io.”

“Lo so. Hai un accento lombardo che innamora, più tipico della Madunina.

Merda, non avevo valutato il fattore dialettico: come CSI varrei una cippa lippa.”

“Credo che ti fossi già giocata il posto con la camminata modello Panzer tedesco. Non ti viene in mente nessun’altra domanda inerente ai luoghi dove viviamo?”

“Ehm… abiti in un condominio?”

“Acqua, acqua…”

“Abiti sui Navigli?”

Sii seria, dai.”

“Magari frequentiamo gli stessi posti.”

“Fuochino…”

Elisa trattenne bruscamente il fiato con un improvviso singulto.

“Etienne!” strillò scandalizzata “Frequenti l’Università?”

“Fuoco!”

“Oh, merda…”

“Eh, i bei vecchi nomignoli… mi mancavano quasi, sai?”

“Tu… tu… tu mi conosci?!?

Fuocone!”

Un leggero tramestio interruppe brevemente la comunicazione.

Che è successo?” domandò Etienne sogghignando “Ti è venuta una trombosi cerebro spinale?”

“Mi è caduto il cellulare” grugnì Elisa di malumore riprendendo la comunicazione “Ma stavo per dirti… BASTARDO!”

Etienne allontanò la cornetta, improvvisamente assordato.

“Dai, non ti arrabbiare” sorrise poi premuroso “E’ stato un caso davvero singola…”

“STRONZO!”

“Su, su, non ti fa bene agitarti così, dopo va a finire che ti viene davvero una trombosi cerebro spinale…”

“Tu mi conosci!! Tu sai chi sono… e hai fatto lo stesso tutta questa sceneggiata?!?”

“Prima di tutto, non ho fatto nessuna sceneggiata: ho capito che eri tu solo dopo la seconda telefonata, quando hai parlato di Mork da Ork. E poi non è che ci conosciamo intimamente: ci siamo incrociati un paio di volte, in segreteria. Io faccio giurisprudenza e tu sociologia... ho firmato una tua petizione, una volta: avevi una sciarpa gialla, i guanti con tutte le dita colorate e il naso rosso come Mastro Ciliegia.”

“Petizione… sciarpa gialla… avevi un cappotto blu?”

“No, una giacca a vento.”

“Giacca a vento, giacca a vento….”

“Nera con un dragone sulla schiena.”

Silenzio pesantissimo, come se Elisa avesse interrotto la comunicazione.

“Ehm… Rivombrosa, mi sentite?”

“Animale!”

, almeno è più vicino alla realtà di minerale o vegetale.

“Tu sei quel figquel pez… quel ragazzo con i capelli lunghi e il piercing sul labbro che va sempre in giro con quel cerebroleso dal cappello jamaicano e i rasta fino al sedere?”

“I capelli li ho un po’ tagliati” ghignò Etienne serafico “Il cerebroleso, invece, è sempre quello, fatto e sputato. Per la cronaca, si chiama Andrea, anche se cerebroleso rende meglio l’idea.

“Oh, merda…”

“Non dirlo così, sembra che implori la Madonna.

“Oh, Madonna…”

“Ecco, adesso comincio davvero a pensare che quella cosa della trombosi cerebro spinale sia fattibile.

“Io… tu! Non avevo idea… le mie figure a mitraglia… Mastro Ciliegia?!? Se solo… oh, merda.”

“Vedo che il dono della sintesi sta entrando a far parte del tuo DNA” rise Etienne “Anche se in maniera un po’ confusa, a dire il vero.

“Voglio morire” pigolò Elisa con voce querula “Voglio annullarmi, disintegrarmi, porre per sempre fine a questo coacervo di imbarazzanti figuracce!”

“Ti prego vivamente di non farlo” sorrise Etienne ispirato “Almeno, non prima di aver sentito la mia proposta.”

Silenzio dubbioso di Elisa, lungo un’eternità. Il cuore di Etienne rombava di attesa come un motore a scoppio.

“Proposta?” sospirò alla fine Elisa, timida come il primo fiore di primavera “Sentiamo.”

Etienne inspirò a fondo, sentendo uno strano e vittorioso calore salirgli al viso.

“Prima di tutto, fammi indovinare: sei in giro a fare compere.

“Va che intuito” sbuffò Elisa sprezzante “Sai che offro di shopping compulsivo già dalla prima telefonata!”

“Perché allora non prendi l’autobus o la metro e cominci a dirigerti verso Piazza dell’Ateneo?”

Ettie, io non…”

“Tranquilla, ho detto solo di cominciare. Fai in tempo a cambiare idea in qualsiasi momento.

Silenzio molto serio, così serio da non appartenere nemmeno a loro.

“E va bene” sorrise Etienne con gaiezza forzata “Fingiamo che stai prendendo l’autobus, va bene? Cos succederebbe secondo te?”

“Io ho già illustrato ampiamente la mia visione dei fatti” grugnì Elisa sottovoce “Dal mio punto di vista sono ancora là davanti a quel caffé. Anzi, ormai si sarà freddato.”

“Ti racconto la mia visione, allora. Dunque, c’è questo ragazzo in piedi in mezzo alla strada…”

“Posso suggerirgli di spostarsi sul marciapiede?”

“Non interrompere, Sasà. Allora, questo ragazzo in piedi…”

“Com’è vestito?”

“Non è rilevante ai fini della storia.”

“Per favore…”

“Uffa. Ha un paio di jeans e una camicia bianca.

“Qualcosa di più banale, no?”

“Se vuoi gli faccio togliere la camicia e lo costringo ad avvolgersela in testa come un turbante, così lo scambieranno per un integralista islamico e lo toglieranno dal fatidico marciapiede.

“No… non fa niente.”

“Bene.”

“Nemmeno una bandana o un cappellino per riconoscerlo…?”

Sasàààààà!”

Ok, scusa, prosegui.”

“Dunque… c’è questo ragazzo vestito in modo banalissimo che si vergogna da morire per la sua banalissima camicia bianca; sta pensando di suicidarsi per aver permesso a se stesso di indossare qualcosa di così anonimo quando finalmente si distrae perché arriva l’autobus che lui sta aspettando…”

“Si è tolto dalla strada? Non vorrei che l’autobus lo investisse prima ancora di iniziare la storia.

E’ sul marciapiede, ho detto. Ed è anche un po’ stufo dei dettaglio inutili, a dire il vero.

“…’usa…”

“Allora, arriva l’autobus. Le porte si aprono e arriva lei…”

“La signora Brambilla con la sporta della spesa e il bastone da passeggio che gli sfrangia via i maroni in un sol colpo… glielo avevo detto io di togliersi dalla strada!”

“Lei, dietro la signora Brambilla. E’ adorabile. Ha gli occhi più luminosi che lui abbia mai visto e un sorriso che non se ne vuole mai andare dalle sue labbra e che trascina sempre tutti gli angoli del viso all’insù.”

“E’ grassa come una balena” mormorò  Elisa dopo aver deglutito a vuoto un paio di volte “La signora Brambilla si sta chiedendo che diavolo ci trova quel bel ragazzo col labbro sforacchiato in una tale palla di lardo.”

“Lei non è una palla di lardo: lei è morbida. Ha un bel corpo pieno di curve e credimi, il ragazzo adora le curve.

“E lei ne ha fin troppe” sussurra la voce tremula di Elisa “Il poveraccio si è portato dietro il Travelgum?”

“Lui si avvicina e le dice: ciao, splendore. Non le offrirà un caffé. Non metterà nessun tavolo tra di loro, perché detesta l’idea di allontanarla; la vuole guardare da vicino perché da tempo aspetta di vedere come si accendono e si spengono i suoi occhi seguendo il filo del discorso… la vuole annusare, perché sa già che ha un profumo dolcissimo che sa di pulito. Spegnerà il cellulare per evitare che la sua arzilla nonnina si faccia cogliere da qualche improbabile malattia esotica proprio sul più bello e le chiederà di raccontarle tutto quello che le passa per la mente, accontentandosi di guardarla sprizzare vita da tutti i pori. Alla fine le chiederà un appuntamento ma continuerà a non offrirle nessun caffé. Anche  perché francamente lo detesta.”

Elisa non rispose. Lasciò che un silenzio quieto e definitivo scorresse nell’etere, legando il suo cuore a quello di Etienne con un fragile filo di speranza. Lo ascoltò mentre respirava, aspettando, decidendo.

“Metti giù.” mormorò alla fine, chiudendo la comunicazione.

*          *          *

L’autobus si fermò sussultando alla fermata, facendo stridere i freni esausti. Le porte a soffietto si aprirono, mostrando sulla soglia una ragazza dall’aria guardinga. Era vestita con una svolazzante camicia indiana, un paio di improbabili zatteroni di paglia ai piedi e i capelli arruffati che le davano un’aria simpatica e un po’ selvatica. Aveva due occhi grandi, luminosi e indifesi in maniera commovente. Quegli occhi si posarono su un ragazzo che stava in piedi sul marciapiede: aveva le mani in tasca, indossava una camicia bianca e un paio di jeans e sorrideva, rassicurante e malizioso allo stesso tempo. Era un bel ragazzo, pensò vagamente la signora Brambilla contenendo un attimo l’impazienza mentre aspettava che la ragazza si decidesse a scendere; peccato per quell’anella al labbro. Così triviale! Il giovane stava aspettando la ragazza e la ragazza stava chiaramente andando dal giovane; perché allora rimanevano impalati come due stoccafissi?

Sveglia, giovani, non abbiamo tutto il giorno libero!” berciò allora la signora Brambilla, severamente.

La ragazza sobbalzò e scese il primo gradino così precipitosamente che rischiò di inciampare.

Il giovane fu lesto ad allungarsi e sostenerla per un braccio. Quando si toccarono, per poco non partirono le scintille. Ah, l’amore!, pensò esasperata la signora Brambilla.

“Largo, largo.” grugnì sgomitando mentre la ragazza e il ragazzo si guardavano negli occhi, persi come se non esistesse nient’altro al mondo.

Mentre si allontanava brontolando, con la sua fida borsa della spesa che sbatacchiava sulla coscia, la signora Brambilla carpì le prime parole del giovane, dette con voce emozionata e traboccante allegria.

“Ciao, splendore.”  

 

 

FINE

 

Scritto da Elfie, maggio 2007

 

 

Un besito a todos!! Londolilyt, Marzy, Roby, Rik Bisini e chiunque passi di qui. Grazie !!!!!

 

 

 

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