E tutto quello che devo fare, è lasciarmi andare.

di Freakyyep
(/viewuser.php?uid=153406)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Miglior incontro di questo, non poteva esserci. ***
Capitolo 3: *** Poi arriva Andrea e con lui sono diversa. ***
Capitolo 4: *** Si starà chiedendo che fine ho fatto? ***
Capitolo 5: *** Mi odio. ***
Capitolo 6: *** Un gran casino. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***



 

Prologo.


Non vedevo l'ora che questo momento arrivasse. Eccola qui, l'estate tanto attesa.
Io amo questa stagione. Insomma, mette fine a tutte le mie ansie e preoccupazioni. Almeno quelle riguardanti la scuola...
Dopo un inverno passato a farmi il culo sui libri per passare l'anno senza nessuna materia da dover recuperare, ora finalmente posso riposarmi. O meglio, vorrei riposarmi. Purtroppo i miei problemi non si limitano alla scuola, no. I miei problemi più grandi riguardano questa fottuta casa in cui vivo.
Io l'ho detto che prima o poi andrò via. Sì, scapperò a Londra con Michela, la città che entrambe sogniamo. Qualche anno ancora, ed io e la mia migliore amica compreremo un biglietto aereo di sola andata.
Io non ne posso più di vivere qui. Non ne posso più di mia madre, non ne posso più di mio padre, non ne posso più dei loro litigi. Ma ci sono abituata. Ho 16 anni e non ho nemmeno un ricordo della mia famiglia felice ed unita. Ormai chi ci crede più nella 'famiglia del Mulino Bianco'.
Chi però sta davvero male per questa situazione, è mio fratello Massimo. Lui è più piccolo di me. Ha solo 10 anni ed è il bambino più sensibile su questo mondo.

- Sofia, e che ci fai tu chiusa in camera? - eccolo qui, mio nonno. Potrei affermare che è l'uomo più importante della mia vita. Fortuna che viviamo sotto lo stesso tetto. Lui e la nonna sono i miei secondi genitori. - Che stai facendo? -
Faccio una smorfia strana con la bocca, una sorta di sorriso. - Non vedi? Sono stesa sul mio letto in compagnia del mio caro ipod. -
- Posso immaginare che tipo di musica stai ascoltando... -
- Esatto, ho in riproduzione solo musica depressiva. Precisamente 'How to save a life' dei The Fray. -
- Bhà, non so chi siano ma il titolo non ispira tanta felicità. -
Iniziamo a ridere contemporaneamente.
- Ma nonno, è bellissima. Dovrei farti leggere la traduzione. -
Ma non è che io lo faccia apposta. Tre quarti delle 781 canzoni che ci sono sul mio ipod, rientrano nella categoria depressiva, come la definisce nonno.
- Ma c'è una meravigliosa giornata fuori e tu sei qui, chiusa in camera tua ad ascoltare 'How to save qualcosa'? Vai a fare un giro con i tuoi amici, sù. - Mi lancia un'occhiatina d'intesa ed esce dalla camera, richiudendo la porta dietro di sè.
Bhe, in effetti nonno ha ragione. Cosa ci faccio qui? Afferro il telefono sul comodino e compongo il numero di casa di Michela.
Dopo mezz'ora, abbiamo organizzato tutto. L'appuntamento è alle 20.00 in paese.
Devo sbrigarmi, altrimenti non arriverò mai puntale.
Come sempre prima di uscire, sono in piedi davanti al mio armadio disordinato a fissarlo, sperando nell'arrivo di un'illuminazione per trovare qualcosa da mettere.
Quei pantaloncini di jeans strappati e già consumati che comprai al termine dei saldi estivi dell'anno scorso, mi hanno salvata. Ho abbinato una semplice maglia nera larga, con i miei amati stivali borchiati dello stesso colore.
Dopo un quarto d'ora veloce di 'ristrutturazione' facciale chiusa in bagno, finalmente sono pronta.
- Nonno, allora io vado! Non dovrei rientrare tardi. - Urlo mentre cerco le mie chiavi di casa in soggiorno.
- Va bene nipote, a dopo allora! -
Scendo di corsa le scale del palazzo e mi avvio verso il lungomare.
Amo il mio paese in questo periodo. Qui, già dal mese di giugno, è pieno di famiglie in vacanza. Durante l'estate, questo paese dimenticato dal mondo rinasce, dopo essere morto durante l'inverno.
Sono quasi vicina al luogo dell'appuntamento e intravedo quel gruppo di coglioni dei miei amici. Tra di loro, spicca Michela. Mi ha vista e con il suo quasi metro e settanta di altezza, agita la mano per farsi notare da me.
Micky è fantastica. E' la miglior 'migliore amica' che potessi avere, è la sorella che non ho mai avuto. Ci conosciamo da una vita e ormai io sono parte della sua famiglia e lei è parte della mia. E' la classica ragazza capace di ucciderti l'autostima, quella che ti fermi a fissare per trovarle un difetto ma proprio non ci riesci. I lunghi capelli color mogano, la carnagione olivastra e il suo fisico perfetto, mandano in palla in cervello dei maschietti. Ma nonostante abbia molti ragazzi del paese che le muoiono dietro, non ha avuto molte relazioni. Non è una ragazza facile e solo due sono i ragazzi che sono riusciti a far perdere la testa a Michela, ma questa è un'altra storia.
Mi viene incontro e ci abbracciamo.
- Oddio Sofy, tu non sai chi è in vacanza, o almeno spero, in questo schifoso paese! - Mi dice entusiasta ed eccitata. - Vieni che ti faccio vedere. - Mi tira verso il resto dei ragazzi.
- Grazie per questa meravigliosa accoglienza, Michela. -
Saluto velocemente tutte le 10 persone che conosco, su 25 che ce ne sono in questa comitiva.
Però c'è Simo, e Simo va abbracciato. Non si accorge neanche di me; lo abbraccio da dietro, lui si gira e mi stampa un bacio sulla fronte.
Simone è il mio migliore amico. Io, lui e la Micky formiamo un trio perfetto.
- Sofia, vuoi venire a vedere? - ecco Michela che, con il suo tono acido e irritato, rovina un momento di dolcezza infinita. Mi tira in disparte, senza neanche farmi spiccicare parola con Simo.
- Li vedi quelli lì? Qulli vicino il bar. - Indica tre ragazzi.
- Sì, ma evita di indicare. Potrebbero accorgersi che stiamo parlando di loro. -
- Oh, ma quanti problemi! Così magari ci notano. -
- Sai com'è, Micky, non voglio fare brutte figure per essere notata.-
Lei scoppia a ridere.
- Guarda quello con i capelli neri, è un figo assurdo!- Esclama a voce alta.
Non ho neanche il tempo di chiederle chi dei due, se quello con quella specie di cresta o quello con il ciuffo che gli copre gli occhi, perchè il caso vuole che proprio in quel momento, un figo assurdo si gira e ci trova lì impalate a fissarli.
Ecco la brutta figura che volevo evitare.
Di scatto mi giro e cammino velocemente verso Simone. Michela mi viene dietro e poi mi tira per un braccio. - Ma sei odiota o cosa? Perchè scappi via? -
- Forse per evitare che il tipo lì pensi di me che sono un'assatanata di ragazzi da, che ne so, scopare o robe del genere? -
- Dio santo Sofy, che ragazza pesante che sei. Ma che ne vuoi sapere tu? Magari pensa anche lui di te che sei una figa assurda. -
- O non pensa niente, dato che sono scappata via appena si è girato. Ed è meglio così, fidati. -

Mi avvicino a Simone e ad alcuni suoi amici. Michela va verso altri ragazzi che io non conosco bene, ma lei ormai è conosciuta da tutti e conosce tutti.

A volte mi chiedo come facciamo, io e lei, ad essere così amiche. Insomma, quella ragazza è il mio opposto. Lei ha gli occhi marroni, io azzurri. Lei ha i capelli mogano, io biondi. Lei ha la carnagione scura, io chiara. Lei è alta, ed io invece sono una nana da giardino di un metro e sessantadue. Lei ama stare tra le persone. Io invece sono timida, timidissima. Penso di essere tipo 'sociofobica'. Lei è sicura di sè e non se ne frega minimamente del giudizio che gli altri hanno di lei. Sa di essere bella e sa anche di far colpo sui ragazzi. Io no, io sono insicura e non ho per niente autostima. Devo dire che ci sono giorni in cui, guardandomi allo specchio, sorrido perchè mi vedo bella anche io. Ma poi ci sono giorni in cui odio il mio naso, odio i miei capelli, odio il mio corpo... mi odio. Questi sono i giorni in cui vorrei morire e vorrei rinascere nel corpo di Megan Fox per riuscire a stare bene.

Nonostante ora sia in compagnia di Simo e dei suoi amici, c'è qualcosa che mi distrae. Sono quei tre laggiù. I miei occhi cadono sempre su di loro, non so perchè. Sono certa, sono qui in vacanza. In paese ormai si vedono sempre le stesse facce di cazzo, ma loro credo di non averli mai visti prima.
- Sofia! Da quando sei arrivata non abbiamo avuto neanche la possibilità di salutarci bene. - Simo interrompe i miei pensieri su quei tre.
- Hai ragione amico mio, vieni qui! - Lo avvicino a me e lo abbraccio fortissimo. Voglio davvero un gran bene a questo ragazzo qui.
- Andiamo al bar a prenderci qualcosa da bere? - Urla Michela in lontananza con la sua forte voce. - Simo, Sofy, mi avete sentita? -
- Vogliamo andare? -
Chiedo.
Simo mi prende per mano e raggiungiamo Michela vicino il bar, che nel frattempo si era avviata.
I tre ragazzi sono qui vicino e Micky, ovviamente, ne approfitta per ricordarmelo. - Ma l'hai visto il ciuffo nero? Non credi anche tu sia 'tanta roba'? -
- Ti prego, possiamo parlare d'altro? Sono qui vicino, evita. -
E mi posiziono di fronte a Michela dando le spalle ai tre, ormai famosi, ragazzi.
- Quello con quei capelli strani neri alzati, ti sta guardando. -
- Mmh... secondo te cosa pensa delle mie bellissime spalle? Sù Micky, piantala. -
- Ora si è girato verso il figo assurdo e il biondino. Sta guardando verso noi e sorride. -
- Michela, hai finito di farmi il commento in diretta di tutto quello che questo ragazzo, di cui non mi importa assolutamente nulla, sta facendo? -

Mi si avvicina e mi da una pacca sulla spalla. - Per ora non ti interessa, cara mia. Magari tra un po'... è proprio come quei ragazzi che piacciono a te: giacca di pelle, maglie a righe e cose così. - Fa un sorriso a 32 denti.
- Ma cosa ne vuoi sapere tu dei ragazzi che mi piacciono? Questi tre se la tirano e basta. -
- Va bene, vedremo... -
Mi risponde convinta di sè.

Okay, odio la mia migliore amica.
_____


Salve a tutti!
Eccomi qui con il prologo della mia prima esperienza nel campo della scrittura, definiamola così. In realtà ho già scritto questo racconto quest'estate. Un giorno, non avendo niente di meglio da fare, iniziai a scrivere. Ma rileggendo, mi sono resa conto che faceva davvero pena e allora ho deciso di cambiarlo completamente.
Spero di riuscire a pubblicare velocemente gli altri capitoli, scuola permettendo cwc però dai, manca poco, e poi saremo tutti liberi(?) e anche io uu
Il giudizio di tutta 'sta roba che la mia testolina ha buttato giù, lo lascio a voi. Abbiate pietà di me! ee
se vi può interessare, sono
@freakyyep su twitter c:
ora la smetto di annoiarvi. Bacioni!

Freakyyep.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Miglior incontro di questo, non poteva esserci. ***




Miglior incontro di questo, non poteva esserci.

Tre fottutissimi giorni di odiosa pioggia.
Tre fottutissimi giorni che non esco da questa casa.
Li ho passati buttata sulla sedia della mia schifosa scrivania, davanti al computer in videochiamata con Micky e Simo, chiusa in camera mia. Non avevo per niente voglia di metter piede fuori dalla porta.
E’ più forte di me. Quando piove, l’unica cosa che vorrei fare, è rimanere stesa su un letto avvolta in un piumone a leggere un libro o ad ascoltare musica. Ma in estate, purtroppo, la vedo un po’ difficile come cosa dati i 40° gradi anche all’ombra.
Ma questi tre giorni sono stati difficili, eh. Un minuto di più qui dentro ed impazzisco. Le grida di mamma nei litigi con papà mi rimbombano ancora nella testa.
Ieri sera hanno toccato il fondo poi. Il motivo per cui hanno iniziato a litigare mica l’ho capito, io. Ormai litigano per ogni minima stronzata e sinceramente, non mi interessa più.
Massimo non riusciva a dormire dopo l’infinita litigata e mi ha chiesto di poter venire a dormire nel mio letto. Me l’ha chiesto con gli occhioni azzurri lucidi e non ho saputo dire di no. Mi sono addormentata attorcigliando l’indice della mano destra nei suoi ricci biondi.
Non nascondo di essermi addormentata anche pensando a quei tre. Non ricordo neanche bene le loro facce, non avendoli guardati per più di tre secondi consecutivi. L’unico che ricordo meglio, è quello più bassino, biondo e riccio. Mi ricorda tanto la versione cresciuta di mio fratello… forse per questo è quello che mi è rimasto più impresso.
Ma quello che più mi incuriosisce, però, è Mr. ‘giaccadipelleconlamagliaarighe’. Forse Michela ha ragione, è il tipo di ragazzo che mi piace. Ma questo non lo ammetterò mai davanti a lei. Detesto darle ragione.
Ma io sono strana e il motivo per cui mi attira non lo conosco neanche io.

Stamattina ci ha svegliati la suoneria irritante del telefono. Era Michela e dato che oggi è il primo giorno di sole dopo questi tre giorni di ininterrotta pioggia, insieme abbiamo deciso di andare al mare. Porto anche Massimo con me, lo farò distrarre un po’.
Nonna ha preparato latte e caffè per colazione. Ci siamo solo noi quattro in casa stamattina, mamma e papà sono al lavoro per fortuna.
Ho messo il primo costume che mi è capitato cercando nel disordine del cassetto.
Ho raccolto i capelli in uno schifoso chignon spettinato e indosso un vestitino abbastanza corto rosa antico con la fantasia a fiori, ognuno di un colore diverso.
Vado in camera a preparare il mio Eastpak azzurro, ormai scolorito e rovinato. Spazzola, crema solare, cellulare, ipod, asciugamano… credo ci sia tutto.
- Massimo, sei pronto? – Urlo mentre ricontrollo lo zaino per l’ultima volta.
- Sì, eccomi! – Mi giro e me lo ritrovo dietro. – Puoi mettere la mia asciugamano nel tuo zaino? Mi scoccia portarla in mano. –
- Certo, dai a me. –
La prendo, la piego e la sistemo insieme alle altre cose.
Salutiamo i nonni e ci dirigiamo in spiaggia.
Abbiamo percorso tutto il viale ridendo e scherzando ma, verso la fine, diminuisco il passo.
- Che ti prende? –
Da un cancelletto nascosto tra le folti piante del giardino che dà sul marciapiede, esce un ragazzo con un’aria familiare.
Oh mio dio.
E’ il ragazzo, quel ragazzo, quello che mi attira di più tra i tre.
Non ha i capelli ordinati e perfettamente alzati come quella sera. Ha una canottiera aderente nera, un pantaloncino di tessuto grigio con il cavallo basso e al piede un paio di Nike Blazer nere consumate. Ha con sé un borsone enorme appeso alla spalla destra. Indossa anche dei Wayfarer neri che sottolineano il suo essere figo.
Continua a camminare spedito. Ed io, dietro, in silenzio. Sperando non si volti a guardarmi. Già lo so che con le mie pippe mentali su di lui, con un semplice sguardo, diventerei tutta rossa e farei solo la figura della cogliona.
- Niente Massy, andiamo. -
- Niente? E allora perché hai rallentato di botto? E soprattutto, perché hai già la faccia tutta rossa senza neanche prendere un po’ di sole? –
E inizia a deridermi.
- Ma sta zitto e cammina, diosanto!

Come non detto.
Niente, non è successo un bel niente.
E’ uscito dal cancello, mi è passato davanti, non mi ha guardato neanche per una frazione di secondo… e allora perché solo la sua presenza mi ha fatto arrossire?
Forse il punto è che dopo questi tre giorni chiusa in quella casa, non sono sul punto di impazzire, ma già lo sono. Arrossisco quando degli sconosciuti mi passano davanti e non mi degnano neanche di uno sguardo.
Bene.

Dopo un breve tratto, lui svolta per la piazzetta, mentre io e Massy proseguiamo per la spiaggia.
Per strada incontriamo Simone. Saluta Massimo strofinandogli la mano tra i capelli. Poi mi abbraccia e mi riempie di baci.
Simo non è il tipo di ragazzo su cui ti cade l’occhio quando cammina per strada. No, lui non è come quei tre. Però Simo è il ragazzo più dolce che io conosca ed è per questo che piace.
Da piccola ero innamorata di lui. Il primo giorno d’asilo, mi colpirono i suoi lunghi capelli castano scuro. Ora che è cresciuto, i capelli non li porta più lunghi, ma credo sia diventato ancora più bello.
Sono gelosa di lui, lo ammetto. Ma solo come amico.
Ormai la cotta mi è passata.

Dopo dieci buoni minuti, arriva Michela correndo.
- Micky, sei sempre la solita! – Le dice Simo.
- La solita ritardataria! – Continuo io.
- Oh, vi chiedo scusa per avervi fatto aspettare, okay? Ora andiamo in spiaggia. – Risponde con il suo tono indisponente.
Troviamo un posticino libero e ci sistemiamo lì. La spiaggia è affollatissima.
Loro si sfilano subito i copricostume da dosso.
- E tu che ci fai ancora vestita? – Mi chiede Simo.
- Vado un attimo al bar a prendere qualcosa da mangiare che ho ancora fame, voi andate a fare il bagno. Vi raggiungo dopo. -


Non nascondo che spero di incrociare di nuovo quel ragazzo con la canottiera nera e i Wayfarer neri. Ho voglia di rivederlo perché… perché forse i discorsi di Michela mi stanno condizionando troppo. Dovrei frequentarla di meno. Io l’ho detto che la odio.


“ And she'd rather feel nothing than the pain. ’’

Percorro le vie del paese come se fossi la protagonista del video musicale tutto mio di ‘Astronaut’ di Professor Green, canzone che il mio ipod sta riproducendo. Il volume della musica al massimo, mi isola completamente dal mondo che mi circonda.
Presi i tre pacchi di patatine alla paprika dolce delle 11.30 del mattino, ritorno in spiaggia.
Di quel ragazzo neanche l’ombra. Un po’ ci sono rimasta male.
Arrivata, butto lo zainetto vicino le altre borse. Sfilo velocemente il vestitino e raggiungo Simo, Micky e Massy in acqua.
- Dai, vieni qua! L’acqua è caldissima. – Mi grida Simone.
- Se, magari tra mezz’ora riuscirò a raggiungervi. -
Ho sempre odiato l’impatto con l’acqua fredda. Impiego ore per tuffarmi. Ricordo che da piccola, quando frequentavo il corso di nuoto, il mio istruttore mi spingeva in acqua quando meno me l’aspettavo altrimenti a causa mia le lezioni non sarebbero mai iniziate.
- Se non ti muovi a venir tu qui, veniamo non lì e ti schizziamo fino a quando non ti tufferai per la disperazione! – Minaccia Michela.
- Arrivo, non mi pressate! Con calma, prima o poi, arriverò. -
Mentre mi muovo a riva, cercando di far abituare il mio corpo alla temperatura glaciale dell’acqua, qualcuno a pochi centrimetri da me si tuffa in acqua, bagnandomi tutta.
- Ma che cogl… -
Non faccio in tempo a finire la frase che dall’acqua riemerge quel ragazzo, proprio quello.
Spero vivamente non mi abbia sentito.
Faccio l’indifferente. Aumento il passo e cerco di raggiungere Simo, Micky e Massy.
- Ti chiedo scusa, non era mia intenzione bagnarti! -
Mi fermo subito e mi giro.
Mi sorride.
Gli sorrido, con la piccola differenza che il mio è un sorriso da ebete.
- Ma no, non preoccuparti. E’ solo un po’ d’acqua. – Gli dico con una vocina intimidita che sarebbe meglio non avessi fatto.
Nel frattempo arrivano a riva quegli altri due ragazzi. Si stanno ammazzando dal ridere.
- Solo un po’ d’acqua? Allora, tu insulti le persone per un poco d’acqua. – Esclama il ragazzo moro con il ciuffo nero. Dio, quanto mi sta già sul cazzo.
Sto zitta, non dico niente. Quasi mi giro e raggiungo gli altri.
- No dai, scusaci. O meglio, scusali. So che stai pensando che questi due sono due imbecilli, ecco. In realtà non lo sono… o forse sì. – Dice il biondo riccio, il più normale dei tre. Iniziamo tutti a ridere. – Comunque io sono Marco, l’arrogante alla mia destra è Mattia ed il ‘coglione’ alla mia sinistra è Andrea. –
- Ma cosa succede qui? –
Mi giro e mi trovo Michela dietro.
- Niente, va tutto bene. – Rispondo prontamente.
Micky non toglie gli occhi da dosso quel Mattia. Sembra ipnotizzata.
- La tua amica definisce ‘coglione’ chi la bagna in riva al mare. – Dice quell’arrogante odioso.
- Dai Mattia, piantala! Hai scartavetrato la minchia con ‘sta storia. – Controbatte Andrea. – Lasciala in pace. -
- Ah ma Sofy è una pesantona. Una sedicenne pesantona. –
E inizia a ridere. Michela e quel tipo stanno benissimo insieme. Sono simpatici allo stesso modo.
Nel frattempo arrivano anche Simo e Massy.
- Comunque io sono Michela, lei è Sofia e loro due sono Simone e Massimo, il fratellino piccolo di Sofy. -
Marco si avvicina subito a mio fratello. – Oddio, questo bambino mi assomiglia troppo! -
Ecco. Non era solo una mia impressione allora.
Mi sento osservata mentre rido per quello che Marco ha appena detto. Spero sia Andrea. Non ho il coraggio di guardarlo e faccio l’indifferente.

Come è strano. Ho passato tutta la giornata a sperare di incontrarlo ed ora so anche come si chiama. Bel nome Andrea. L’ho sempre amato.

_____

Buonasera!
Finalmente, dopo secoli, rieccomi con il nuovo capitolo. Mi dispiace avervi fatto aspettare così tanto, ma la scuola non mi lascia un po’ di tempo libero. Soprattutto nell’ultimo periodo. Non ne posso più.
Comunque, ringrazio le tre bellissime donne che hanno recensito il prologo :') e poi tutte le altre ragazze che si son complimentate con me su twitter. Grazie davvero, siete fantastiche.
Inoltre, sono stata sgamata. I presta volto di Andrea e Mattia sono rispettivamente, Jonathan Gerlo e Giuseppe Giofrè. Per chi non lo sapesse, sono i due ballerini dell’edizione di quest’anno di “Amici”.
Io li adoro. Ho la preferenza per Johnny, si nota tanto? AHAHAHAHAHAHA.
Forse sono stata dettagliata con la loro descrizione ee
AHAHAHAHAHHAHAHA.
ora scappo e vi lascio alla lettura di questo capitolo. Magari fatemi sapere cosa ne pensate con una piccola recensione. uu
Alla prossima!

Freakyyep.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Poi arriva Andrea e con lui sono diversa. ***




Poi arriva Andrea e con lui sono diversa.


- Ti raccomando, stasera non conciarti come una barbona con quelle maglie extralarge! – mi raccomanda Michela.
- Ma saranno problemi miei cosa mettere stasera? -
- Scusami, eh. Siamo migliori amiche e le migliori amiche solitamente si danno consigli. Io, come tale, ti consiglio di indossare qualcosa che ti evidenzi le forme, qualcosa che metta in risalto la tua bellezza… tu stasera, hai bisogno di essere notata. -
“ Grazie Michela per avermi ricordata che sono invisibile per le persone che popolano questa terra. ”
Si, mi capita spesso di sentirmi letteralmente invisibile per gli altri. Mi capita spesso di sentirmi proprio come se io non ci fossi, come se io non esistessi.
- Ma di essere notata da chi? Da quel tipo? Certo che te sei ‘na fissata. Manco ci dovessimo sposare io e quell’Andrea. -
Micky è tutta euforica per stasera. Dovrebbe capire che io non lo sono poi così tanto per il programma della serata.
Tutto è iniziato da uno stupido “ oh, ma stasera siete anche voi in piazzetta? Probabile che ci becchiamo lì allora. Non avendo niente di meglio da fare, credo che andremo a prendere qualcosa al bar. ”
Michela ha iniziato a ridere come una cogliona. Anche se io, a dir la verità, in questa frase ci trovo ben poco da ridere. Anzi, assolutamente niente. Ma lei è fatta così e i suoi ‘innamoramenti improvvisi’ la portano anche a far questo.
Con questa discussione, ci siamo lasciate. Ci rivedremo direttamente stasera in piazza intorno alle 22.30.
Io e Massy facciamo una corsa verso casa.
Mamma è già rientrata da lavoro, papà non ancora. Nonna è ai fornelli a preparare la cena mentre nonno invece, è in terrazza a fumare la sua solita sigaretta.
Massimo si è subito andato a lavare. Ora è asciutto e pulito, pronto per dedicarsi alla sua Playstation in attesa che la cena sia pronta.
Mi chiudo in bagno per lavarmi. Io, a differenza di mio fratello, ci impiego ore.
Sotto il getto dell’acqua calda, riesco a sentire il rumore della porta d’ingresso. Qualcuno l’ha aperta. Forse è rientrato papà.
- Vieni un attimo in camera nostra. -
- Che vuoi? -
- Niente, dobbiamo solo chiarire una cosa. Vieni in camera. -
Okay, è di sicuro papà. Il suo tono di voce prepotente e costantemente arrabbiato quando parla con mamma, lo riconoscerei tra mille persone.
Si chiudono in camera e per non sentire le loro voci, accendo la radio gialla che è fissa sul davanzale della finestra del bagno.
La canzone che questa stazione radio sta trasmettendo, è davvero brutta. È una di quelle canzoni da discoteca, quelle con il ritmo martellante. Le odio. Per me questa è musica insignificante. Ma non fa niente, tutto pur di non sentire i miei genitori discutere e godermi questa doccia.
- Sofia, abbassa il volume della musica. Ora la starà sentendo tutto il vicinato! – mi viene a gridare nonno fuori la porta. Faccio finta di averlo sentito.
Esco dalla vasca e indosso il mio accappatoio leopardato. Riordinato il bagno e raccolti i miei vestiti qua e là, vado in camera mia per vestirmi.
Mentre cerco una tuta da indossare nel caos del mio armadio, sento una porta della casa richiudersi violentemente.
- Sai solo mettere fine alle discussioni in questo modo, eh? Urli e sbraiti, poi quando non sai più che rispondere alle mie domande, scappi via incazzato. Come se alle fine, io avessi anche torto quando poi tu sai benissimo che non è così. – sento mamma gridare con la voce tremante, quasi rotta dal pianto.
Nessuna risposta.
La situazione sembra apparentemente calmarsi.
Penso subito a Massimo. Avrà collegato le cuffie al televisore, Sempre meglio sentire le grida dei mostri del videogioco piuttosto di quelle dei nostri genitori…
- Venite a tavola, la cena è pronta! – Ecco mia nonna che parla come se non fosse successo niente. – Muovetevi che si fredda! -
A volte può sembrare anche inopportuna con questo comportamento ma lo fa per tranquillizzare principalmente me e mio fratello, pe non farci pesare tutto questo.
Attenta a seguire quello che stava succedendo al di fuori del perimetro della mia camera, non mi sono ancora vestita. Infilo la tuta e la maglietta rossa in una frazione di secondo e corro in cucina.
Sono già tutti seduti intorno alla tavola, seduti davanti i piatti contenenti gli spaghetti con il pomodoro.
Mamma e papà sono seduti in due punti opposti della tavola. L’atmosfera è pesante, l’aria è pesante. Si respirano odio e rabbia.
Avevo fame anche io prima di sedermi su questa sedia. Tutto ad un tratto, mi si è chiuso lo stomaco.
Inizio a girare e rigirare gli spaghetti nel mio piatto senza neanche toccarne uno.
A tavola nessuno parla. Gli unici rumori che si sentono sono quelli delle forchette che urtano contro il bordo dei piatti di porcellana e poi la voce di un conduttore di un programma in prima serata, proveniente della televisione.
Basta, non reggo più. Tutto questo mi provoca solo ansia, agitazione, preoccupazione.
Mi alzo di scatto.
- Dove vai? Non mangi? -
- No nonno, non ho fame. Vado a prepararmi che tra un po’ devo essere in piazza e non voglio arrivare in ritardo. -
Nonno ha capito che il motivo per cui non ho mangiato non dipende dal fatto che mi preoccupo di far tardi. Avverto che lui ha capito tutto. Infatti mi lascia andare senza controbattere, anche se non avrebbe voluto rimanessi digiuna stasera.
Mi chiudo in camera. Ora cerco di sgombrare la testa da tutti ‘sti pensieri strani e mi concentro sui miei vestiti.
Che cazzo mi metto stasera? Non do retta a Michela sicuro, devo stare a mio agio questa sera.

Dopo circa tre quarti d’ora di ricerca, trovo l’abbinamento giusto: pantaloncini di jeans sgambati e a vita alta con una canotta grigia corta e poi le mie Vans azzurre ormai rotte e consumate. Le amo, sono tra le paia più vecchie che ho e poi sono del mio colore preferito. Ormai ci sono affezionata.
Piastra, trucco, preparazione della borsa, giacca di pelle… okay, sono pronta.
Quando sono vicino la porta per uscire, mi ferma nonno.
- Guarda che prima ha citofonato Simone e tu non te ne sei neanche accorta. È qui sotto, ti aspetta così andate in piazza insieme. -
- Va bene, ora però io dovrei and… -
- Eccoti 10 euro per stasera. Ti raccomando, comprati qualcosa da mangiare. Tu già sei pelle e ossa, poi salti anche la cena... -
- Ma magari fossi così magra come dite. Grazie mille nonno, sei il migliore che potessi avere. A più tardi! –
Lo abbraccio e scappo giù per le scale. Ad aspettarmi c’è Simo.
- Devo aspettare ancora? -
- Scusami, non sapevo fossi qui giù. -
- Dai non preoccuparti, so che ti devi far bella per quello lì. –
Ride.
- No Simone, ora anche tu? Ma basta, io non esco più con voi. – Aumento il passo e mi avvio avanti lasciandolo dietro, da solo.
- Scherzavo Sofy, dai. Tanto lo so che tu ami solo me. -
- Certo. Non c’è nessun altro ragazzo all’infuori di te. –
Gli rispondo sorridendo. Lui mi raggiunge con una veloce corsetta e mette il suo braccio attorno al mio collo, facendolo passare per sotto la massa di capelli biondi e lasciando la mano cadere sulla mia spalla sinistra.
Arriviamo in piazza così. Sembriamo una coppietta felice.
Michela è già lì, stranamente. È in compagnia di alcuni suoi amici che però subito saluta.
- Eccovi finalmente. Io sono arrivata prima oggi. -
- Sei ancora euforica? –
Le domando.
- Non sono euforica. -
- Stamattina sembrava dovessi incontrarare chissà quale cantante famoso che desideravi tanto incontrare. -
- Non è vero. Sono solo felice di averli conosciuti. Non nascondo che quel Mattia mi interessa e non poco. -
- Sei la solita! -
Scoppiamo a ridere tutti e tre. Ma proprio mentre ridiamo, da una delle stradine che portano in piazza, sbucano quei tre.
- Eccoli, oddio. Eccoli. Che facciamo? Andiamo da loro? – Michela inizia a dare letteralmente i numeri.
- Non eri euforica, no… - Le dice Simo.
- Ma sei idiota? Andiamo lì e poi? L’unica cosa che sai di loro è il nome. Quindi noi stiamo fermi qui e basta. – Arrivo io e la smonto completamente.
- oh, guarda chi si rivede! Ciao pesantona. – Mi giro e mi ritrovo Mattia dietro.
- Ciao simpaticone! – Mi fa una smorfia strana e poi si avvicina a Michela.
Saluto Marco e poi… e poi Andrea. Stasera è bello nel modo in cui in ragazzo deve essere bello. Ma in realtà, è stato sempre così. Tutte le poche volte che l’ho incontrato fino ad ora.
- Ciao Sofia. - gli sorrido e lui mi si avvicina e mi da un bacio sulla guancia. Io ferma, immobile, imbarazzata e con un sorriso stampato sul viso.
- Allora, avete voglia di fare qualcosa? – Chiede Marco.
Io in realtà starei morendo di fame. Vorrei mangiare, ecco cosa vorrei fare. ”
- No, niente in particolare. –
Risponde Michela. Io zitta a sopportare il mio dolore allo stomaco.
- Dai, andiamo al bar a prenderci qualcosa. – Propone Simo. La mia salvezza.
Occupiamo uno dei tavolini del bar e subito arriva un ragazzo a prendere le ordinazioni.
Alla fine ho preso una granita alla fragola. Anche se non credo che con del ghiaccio riuscirò a calmare il mio stomaco che continua a reclamare cibo.
Mi vergogna mangiare davanti a tutti, ecco. Ho questo blocco. Ma ho già detto che sono strana.
Mentre tutti ridono e scherzano, mi avvicino a Micky e le sussurro: - Io ho un disperato bisogno di mangiare. Stasera non ho cenato, vado a prendermi un panino al banco. -
Mi alzo e mi do una sistemata veloce al pantaloncino che nel frattempo, si è alzato tutto.
- Ragazzi vado un secondo in bagno a sciacquarmi le mani. Torno subito. –
Mi precipito al bancone e prendo l’ultimo hot dog rimasto da riscaldare.
- Lo mangio qui e lo pago escluso dal conto del tavolino. -
Mentre sto per addentare il panino, mi ritrovo Andrea dietro.
- Mi spieghi per quale assurdo motivo hai ordinato una granita alla fragola e ora stai mangiando un hot dog? – Inizia a ridere. Ora che ci rifletto, è ancora più carino quando ride. Ha dei denti perfetti.
Però io, dopo questa, potrei anche andare a sotterrarmi viva.
Figura di merda epica. Figura di merda che rimarrà nella storia delle figure di merda.
Credo di aver cambiato colore del viso per l’imbarazzo. Giallo, rosso, blu e così via.
- Non ho cenato stasera perché andavo di fretta e ora, sto morendo di fame. -
- E allora perché mangiare qui, sola soletta? -
- Semplicemente perché sono una cretina e mi da fastidio mangiare davanti a voi. Non voglio assistiate alla mia reazione come se non mangiassi da secoli. –
Ridiamo insieme. – Ma piuttosto, perché tu sei qui? -
- Mi sono alzato per prendere un pacchetto di gomme. Ma ora rimango qui con te se non ti dispiace, mi dispiace lasciarti sola in compagnia del tuo hot dog. –
- Vabbene, resta. -
Non so se ho fatto una cazzata o meno. Fatto sta che avevo voglia di rimanere sola con lui. Senza Michela che mi pressa e senza Mattia che fa il coglione.
Usciamo e ci sediamo su un muretto.
- E così hai 16 anni. Sei piccolina, eh? – Dice sorridendo.
- Perché tu sei un uomo con tanta esperienza, eh? Quanti anni hai? -
- Puoi dirlo forte. Ho 19 anni. -
- Wow, immagino. In 19 anni se ne fa tanta di esperienza. Hai una vita intera alle spalle praticamente. -
- Queste prese per i fondelli così, non le accetto. -
- Ma sei tu, uomo vissuto, che me le hai servite su un piatto d’argento. -
Scoppiamo a ridere entrambi.
- Ma dimmi invece, tu sei di qui? –
- Sì, nata e cresciuta in questo schifoso paese. E tu? -
- Sono qui in vacanza con Mattia e Marco. È la seconda vacanza che facciamo da soli. I miei genitori hanno un amico che aveva una casa libera da affittare. E così, ci siamo trovati qui. -
- Che uomini, anche in vacanza da soli? -
- Ma la smetti? Ma ‘sta zitta e mangia il panino che al tavolo, secondo me, ci hanno dato per dispersi. -
Mi spinge ‘amichevolmente’ e sorride.

- Già lo hai finito il panino? -
Non l'ho mangiato questo hot dog, l'ho divorato. In tre morsi l'ho finito. Un po' perchè avevo fame ma poi soprattutto perchè aspettavo per dare i morsi che Andrea si distraesse. Appena iniziava a guardarsi intorno, ne approfittavo per dare un morso al panino.
- No, che dici. Ora lo guardavo tutto il tempo aspettando che si mangiasse da solo! -
- Non ti ho vista dare un solo morso. -


Non sembro io mentre parlo con lui. Non sono mai stata così aperta e spigliata con nessuno che non conoscessi bene.
Poi arriva Andrea e con lui sono diversa. Bello.

_____

Buonasera!
Rieccomi con il nuovo capitolo dopo tantissimo tempo ee
Sono stata presa dalle ultime interrogazioni e dagli ultimi compiti in classe ma ora, finalmente, è finitaaaa! :')
Ringrazio tutte le bellissime donne che hanno recensito perchè mi fanno venir voglia di continuare a postare AHAHAHA. Però un ringraziamento particolare lo faccio alla mia
UnLuckyStar perchè è la mia ciccia, scrive benissimo, la adoro e mi incoraggia a scrivere. Poi ringrazio anche tutte le ragazze che si complimentano con me su twitter. siete troppo tenere jsdhsgkjf. E se vi può interessare, ripeto, su twitter sono @freakyyep
uu
Ora la smetto di annoiarvi. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. E vi ricordo che le recensioni sono sempre ben accette AHAHHAHA.
Al prossimo capitolo.

Freakyyep.



Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Si starà chiedendo che fine ho fatto? ***




Si starà chiedendo che fine ho fatto ?


Oggi niente mare. Oggi niente sole, niente bagno… anzi, forse un bagno lo sto facendo. Sì, di sudore.
In questo pullman siamo tutti compressi come sardine in scatola.
Io sono aggrappata alla tracolla di Michela, per paura di perderla tra la folla. È una cosa ridicola, lo so, ma ho sempre avuto questa fobia.
Tra dieci minuti arriviamo in centro, finalmente. Io e Micky abbiamo deciso di fare shopping oggi. Lei aveva dei soldi da parte e a me rimanevano ancora degli avanzi di denaro che avevo ricevuto dai miei parenti per il mio sedicesimo compleanno.
Era da tempo che non facevamo shopping insieme. Quasi mi mancavano queste giornate così. Però stamattina avrei preferito andare al mare con il caldo che c’è.
Ecco, questa è la nostra fermate. Ci facciamo spazio tra la folla racchiusa in questo lurido pullman e usciamo.
- Finalmente la terra ferma! -
- Finalmente aria! –
L’unica cosa che desidero in questo momento, è una doccia, ma chiedo troppo.
Michela entra in un bar disperata e mi tira con sé. Compra due lattine di CocaCola ghiacciate che per lo meno, riescono a farci stare un po’ meglio.
Apre la lattina e scarta la cannuccia monouso. - Ma secondo te, i ragazzi si accorgeranno che manchiamo dalla spiaggia oggi? – Tira sù una goccia di Coca.
- Vuoi sentirti dire “oh sì, Mattia si starà disperando in questo momento a causa della tua assenza”, per caso? –
- Idiota, sei un’amica idiota. –
- Grazie tesoro, ma muoviamo il culo ora. Il mio portafoglio non vede l’ora di esser svuotato. -

Tiro sù un po’ di CocaCola anche io e aumento il passo, convinta che Michela mi seguisse.
- Ma non parliamo di Mattia… parliamo di Andrea. Secondo te si starà chiedendo che fine hai fatto? –
“Maledizione Michela, ti odio.”
Questo era proprio il tipo di domanda che avrei preferito evitare.
Spero che Andrea se lo starà chiedendo. Il pensiero che in questo momento possa stare a preoccuparsi di me, mi fa sorridere.
- Ora saranno tutti felici perché non hanno le due rompicoglioni tra i piedi. Adesso ti muovi? - Nego tutto quello a cui il mio cervello sta pensando, ma non serve a niente. Michela mi guarda con una faccia che lascia intendere che ha capito che sto mentendo.

Dopo una mattinata così, non ne posso più di vestiti. Scarpe, pantaloncini, gonne, accessori… basta.
Cammino per le strade con una sola misera busta. Ho preso dei pantaloncini corti di jeans borchiati e un vestitino a righe blu.
Michela, invece, ha svaligiato i negozi. Ha una busta per ogni singolo negozio in cui siamo entrate.
- Mangiamo qualcosa prima di tornare a casa? – Mi chiede.
- Mmh… mi piace l’idea. Che mangiamo? -
- Che ne dici di un pranzo a base di gelato? –
- Ci sto! -
Andiamo nella gelateria antica, quella che sta lì da prima che mio nonno nascesse, quella di fianco alla libreria.
- Due coni, grazie. Uno per me vaniglia e cioccolato e l’altro fragola e limone. -
Michela prende sempre ‘fragola e limone’. Non ha mai cambiato gusto di gelato in tutta la sua vita. Dice che sua nonna era fissata con questi gusti e l’ha influenzata. Ora il gelato così, continua a mangiarlo perché crede sia più dietetico e vuole mantenere la sua linea, la sua perfetta linea.
Ci avviamo alla fermata del pullman. Aspetteremo ore prima che ne passi uno che ci porti di nuovo nel nostro paesino sperduto nel mondo.
Rimaniamo sedute in silenzio a divorare in gelato sulla panchina.
Ci siamo solo noi per strada. È ora di pranzo e si muore dal caldo, quindi sono tutti chiusi in casa a mangiare un bel piatto di pasta, rinfrescandosi con il getto di un condizionatore.
Noi siamo le uniche due barbone che sono in giro a quest’ora a pranzare con il gelato.
In lontananza vedo il nostro pullman.
- Pulisciti i baffi di cioccolato, cogliona! – Mi urla contro Michela, ridendo. – L'autobus sta arrivando, attaccati alla tracolla. -
Il pullman non è molto affollato. Dopo tre fermate si liberano due posti e ci sediamo. Ci aspetta ancora un quarto d’ora di viaggio.
Tiro fuori l’ipod dalla mia borsa. Una cuffia io e una cuffia Micky. Lega i suoi lunghi scuri capelli in una coda alta e poggia la testa sulla mia spalla.
- Beauty queen of only eighteen, she had some trouble with herself… - Accenna Michela a bassa voce.
È partita ‘She will be loved’ dei Maroon 5.
Io fissa con lo sguardo rivolto verso il finestrino. Poi mi giro verso Michela, non si accorge che la sto guardando. Ha un’espressione tenerissima.
- I don’t mind spending everyday, out on your corner in the puoring rain. Look for the girl with the broken smile. Ask her if she wants to stay awhile and she will be loved… -
Il ritornello lo cantiamo tutte e due a voce bassa. Ci guardiamo e sorridiamo. È un momento perfetto, questo.
Ma la canzone finisce e arriviamo di nuovo nel nostro schifoso paese.
Scendiamo alla stessa fermata, ma ci separiamo. Io abito più distante.
Mi incammino verso casa con la mia unica busta stretta nella mano e la tracolla che mi urta contro la gamba ad ogni passo.
Arrivata all’ingresso del viale, inizio a correre verso il mio palazzo giallino. Arrivo sul mio piano e apro la porta velocemente.
- Sono tornata! -
Entro in camera mia, lascio cadere tutto sul pavimento e mi butto sul letto. Sono sfinita.
Non so dove trovo la forza per alzarmi e andare in bagno a farmi una doccia.
Mi rivesto in fretta e lascio i capelli bagnati. Raggiungo nonno che è fuori in terrazzo.
- Non ce la faccio, sono stanchissima. Le compere con questo caldo non mi hanno fatto per niente bene. -
Nonno sta fumando una delle sue amate sigaretta. Aspira il fumo e apre la bocca per buttarlo fuori.
- Tu e Michela siete due pazze. Avete il mare sotto casa, e preferite andarvene in giro per la città con questo caldo. -
Mi siedo sulla sedia, accanto a lui.- Non ho voglia di far niente fino a domani. -
Non lo finisco neanche di pronunciare, che in terrazza arriva anche nonna. – Sofy, stamattina non sono potuta andare a fare la spesa perché ho fatto tardi dal medico. Non è che puoi andare tu a comprare delle cose nel supermercato qui, sotto casa? -
Devo proprio, nonna?”
Nonno ride. –Sofia non aveva voglia di far niente!-
Gli do una pacca sulla spalla e sorrido. Posso mai dire di no a nonna? Se non fosse per lei, questa casa sarebbe decadente in questo momento. Già fa abbastanza. Con la spesa aiuto io oggi.
Ho un pantaloncino di jeans e una maglietta grigia di papà a maniche lunghe, esco così di casa, non fa niente. Tiro le maniche su e lego i capelli, sono ancora bagnati. Infilo le infradito rosa e vado in cucina.
- Qui c’è la lista delle cose che devi comprare e questi sono i soldi. -
Metto tutto in borsa e scappo in strada.
Passo davanti casa dei ragazzi e lancio un’occhiata veloce dentro. È tutto chiuso. Sono le 17.23, saranno al mare, ovviamente. Sono qui in vacanza.
Appena entro nel supermercato, mi saluta Elena. Elena è una delle cassiere. Ha 20 anni e si è ritrovata a crescere un bambino, Leonardo, che ora ha 3 anni. Aveva 17 anni quando ha scoperto di essere incinta. Leo è stato un errore, è stato concepito in una notte d’incoscienza. Ora non so neanche che fine abbia fatto il suo papà. Ma Elena non avrebbe mai voluto che suo figlio crescesse senza un papà, non avrebbe mai voluto che suo figlio crescesse come è cresciuta lei. I suoi genitori sono separati e il padre se ne andò di casa quando lei era molto piccola, lasciandola da sola con la madre. Fortuna che la sua mamma le è sempre stata vicino, anche quando venne a sapere che alla famiglia si sarebbe aggiunto Leo.
Inizio a girovagare tra tutti gli scaffali del supermercato in cerca delle cose che nonna aveva segnato sulla lista.
Il latte. Bene, quel fottuto litro di latte è sull’ultimo ripiano del frigorifero.
Poggio il piede sul ripiano più basso e mi do la spinta per raggiungere l’ultimo, almeno con la mano. Ma niente.
Ci riprovo la seconda volta. Stavo rischiando di cadere.
- Oh, ma ti serve un aiuto? – Sento una risata dietro di me. Mi volto. È Andrea. Che ci fa qui? Non dovrebbe essere al mare?
- Ehm… già. Mi faresti un favore. -
Mi sorride, mi piace come muove la bocca. Si avvicina al frigorifero e gli basta alzarsi in punta di piedi per prendere la bottiglia di latte.
- Grazie. -
- Ma figurati, ti ho vista in difficoltà. –
Ride, di nuovo.
- Non è colpa mia se sono alta quanto un nano da giardino. -
- Piccola. -
- Simpaticone. -
Distoglie lo sguardo. Si gira verso il frigo, in cerca di qualcosa.
- E come mai oggi non vi abbiamo visto in spiaggia? -
- Siamo andate in centro. -
È questa la domanda che aspettavo. “Si Micky, si è chiesto che fine avessi fatto.”
- E tu come mai sei qui e non sei in spiaggia? -
- Oggi tocca a me fare la spesa. -
Ora con me a girovagare tra gli scaffali, c’è anche Andrea. Facciamo la spesa insieme, come una coppia di anziani sposati da cinquant’anni. Sorrido al solo pensiero, mentre lo guardo prendere un pacco di pasta dal ripiano dello scaffale.
Andiamo a pagare. Elena mi chiama alla sua cassa e mi lancia un’occhiata di intesa vedendomi vicino quel bel ragazzo.
- Conti separati, giusto? -
Andrea sembra quasi divertito a mettere tutto nelle buste. Lo aiuto e poi paghiamo, prima io e poi lui.
Salutiamo Elena e usciamo. La differenza tra la temperatura fresca del supermercato e quella che c’è fuori, è incredibile.
- Dammi una delle tue buste, ho una mano libera. – Mi ferma prendendomi per un braccio.
- Ma no, non preoccuparti. Ce la faccio. -
- Dammela, sù –
Mi tira la busta di mano.
- Ora già che ti trovi, accompagnami anche a casa e portale sul mio piano. -
- Non ho problemi, guarda. Dov’è che abiti? -
Ditemi che sta scherzando.
- Proprio in quel viale lì. – Dico indicandolo.
- Che coincidenza, anche io ho casa lì. -
“Uh guarda, non lo sapevo.”
- Ma sai che io stavo scherzando per il fatto di accompagnarmi a casa? -
- Io invece no. –
Sorride.
Camminiamo vicino. Io ho solo una leggerissima busta e mi sento in colpa per tutto il peso che lui sta portando.
- E stasera che ne dite di onorarci della vostra presenza? – Mi chiede, all’improvviso.
- Dove? -
- Una serata in un locale che dovrebbe essere il ‘QueenBee’ tipo, dovresti saperlo meglio tu che io. Il barista oggi ci ha detto di questa serata. Andiamo a ballare, per lo meno facciamo qualcosa di divertente.-
“Divertente niente.”
No, la discoteca no. Tutto, ma la discoteca no. Odio andare a ballare. Odio la gente che frequenta quel locale. Odio quel locale.
- Ora ne parlo con Michela e Simone e vi faccio sapere. -
- Io ho una vespa e Mattia e Marco hanno il loro motorino. Quindi se avete problemi su come arrivare e ritornare, vi diamo uno strappo noi. -
- Certo che vi siete trattati bene quest’estate. Pure i motorini vi siete portati. –
Ridiamo.
- Sì, abbiamo pagato il biglietto anche a loro e li abbiamo portati con il treno. -
Arriviamo all’ingresso del mio palazzo.
- Ecco, io sono arrivata. -
Posa la mia busta sulle scale.
- Vuoi il mio numero di cellulare? Così mi fai sapere. -
- Sì, se vuoi ti do anche io il mio. -
Ci scambiamo i numeri e poi ci salutiamo. Mi da un bacio sulla guancia, mi strofina una mano sulla testa, spettinandomi e va via.


_____

Buonasera gente!
Oddio, è passato un mese dall'ultima volta che ho postato cwc chiedo perdono. Ma purtroppo mi si è rotto il computer e non ci sono stata proprio a casa in questi giorni. Si sa come sono le vacanze estive... in più, ho avuto anche il cosiddetto blocco dello scrittore. Non avevo idea di come continuare. ee
Per questo motivo qui, questo capitolo è veramente brutto, è uno di quei capitoli di passaggio in cui non succede niente di dfghjksl.
Però lascio sempre a voi il giudizio. Abbiate pietà di me nelle recensioni çç che ovviamente, son sempre ben accette. uu
Ora la smetto di annoiarvi, vi chiedo di nuovo scusa.
Al prossimo capitolo.

pace&amore,
Freakyyep.


Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Mi odio. ***




Mi odio .


Salgo su e nonno viene ad aprirmi la porta.
- Ti sei fatta un nuovo amico, eh? -
- Nonno, ma ora mi spii anche dalla finestra? –
E ridiamo.
Mio nonno è un amico per me. Gli racconto tutto. È il mio confidente. So che quello che gli dico, alla fine rimane solo tra noi due.
- Comunque l’ho conosciuto in spiaggia. Lui e i suoi due amici sono qui in vacanza. Si chiama Andrea e mi ha dato una mano a portare la spesa dato che l’ho incontrato al supermercato. Ecco, ora sai tutto. -
- E ti piace un pochino? -
"Si vede così tanto?
È così evidente?"
- Nonno guarda, sei peggio di Michela! -
- Lo prendo come un si. –
Mi arrendo, basta. Ha vinto lui.
Poso le buste sul tavolo e mi chiudo in camera. Accendo il computer per avvisare Micky e Simo.
Appena avvio la videochiamata e introduco l'argomento ‘andare a ballare’, loro già hanno accettato e già cercano di convincermi. Alla fine mi lascio convincere, ma solo perché c’è anche Andrea... per me, potrebbero anche fallire tutti i locali di questo mondo che organizzano serate.
Michela cenerà da me stasera. Ci prepariamo insieme e poi usciamo.
Riordino la camera per renderla un po’ più accogliente. Micky, diversamente da me, è una maniaca dell’ordine.
Suonano al campanello. Mi affaccio alla finestra per vedere chi è.
- Aprite, è la Micky! -
Me la ritrovo fuori la porta con il suo borsone rosa fluo con tutto l’occorrente per questa serata.
- Buonasera nonni! -
Nonno e nonna sono felici di rivederla, era un po’ che non veniva a casa e per loro ormai, è diventata come una nipote.
Va in camera mia a posare il borsone e poi si dirige in camera di Massy.
- Vado a rompergli un po’ le palle. – La lascio fare.
Nel frattempo mando un messaggio ad Andrea per avvisarlo. Mi risponde dopo poco.
Allora alle 23.00 in piazzetta. A dopo.
Nonna chiama tutti a tavola per la cena.
Massimo esce correndo dalla sua camera e Michela lo segue ridendo.
Mamma e papà non ci sono. Lei cenava con delle amiche e lui aveva un impegno a lavoro e sarebbe rientrato più tardi.
Dopo aver mangiato, rimaniamo a vedere la televisione ma il film che stanno trasmettendo ci ha preso così tanto che non ne io, ne Michela, ci accorgiamo che è tardi e quindi corriamo a prepararci.
Iniziamo dalla piastra per capelli. Io li stiro a lei e lei li stira a me.
Poi passiamo allo smalto, o meglio, lei passa allo smalto. Io non ho un’ombra di unghie a causa della mia brutta abitudine di mangiarle fino a che non iniziano a sanguinarmi le dita. Ha scelto il nero, così si intona al colore del vestitino.
Facciamo la pulizia del viso e poi andiamo in camera a vestirci.
Michela indossa un tubino nero che le sta divinamente, con un paio di tacchi sotto dello stesso colore.
Io invece, ho deciso di mettere un vestitino merlettato color panna a mezze maniche e poi scollato dietro, sulla schiena. Sotto, la mia migliore amica, mi obbliga a mettere un semplice paio di scarpe con il tacco nero. Però io sono negata a camminare su quei trampoli, quindi non so come farò per tutta la serata.
- Questo vestito mi fa grassa e queste scarpe sono le più scomode del mondo. – Dico mentre guardo la mia immagine riflessa allo specchio, cercando di trovare un mio solo pregio.
- La smetti di essere paranoica? Sei bellissima, hai bisogno che ti dica altro? – Mi riprende Micky.
- Smettiamola di dire stronzate. – Le rispondo squadrandola dalla testa ai piedi. – È facile parlare così quando hai un fisico perfetto e quando tutti i ragazzi di questo mondo farebbero follie per te. -
- Sofia, guarda, manco ti rispondo. Smettila di essere paranoica, te lo ripeto. Ora vado a prendere un bicchiere d’acqua. –
Si sfila i tacchi ed esce per andare in cucina.
Mi lascio cadere sul letto dietro di me.
Okay, l’ho fatta incazzare. È vero, paranoica ci sono ma le ho detto solo quello che penso. È così, non può negarlo. Stasera tutti avranno occhi solo per lei e nessuno noterà quell’essere con quel vestito ridicolo addosso e con quella strana andatura, causata dal dolore che le provocano le scarpe, che le cammina affianco. Ma ormai ho fatto l’abitudine anche a questo, anche se spero sempre che un giorno la realtà possa cambiare. Spero sempre che un giorno riesca a cambiare me stessa… ora me lo prometto, un giorno sarò una persona migliore, anche senza che arrivi il principe azzurro a stravolgermi la vita.
Michela rientra in camera interrompendo tutti i miei pensieri.
- Ci finiamo di preparare che tra un quarto d'ora dobbiamo essere in piazza? -
Mi alzo dal letto, raccolgo le cose che mi servono e la seguo in bagno.
Nessuna delle due parla. Io mi metto di fianco al lavandino, di modo da occupare solo l’angolo destro dello specchio. Il resto dello spazio lo lascio a lei.
- Trucca poco gli occhi e metti il rossetto rosso, stasera. Ti sta benissimo. – Dice, all'improvviso.
- Tu dici? Non credi sia un po’ eccessivo? –
- No, a me piaci tanto quando ti trucchi così. Sembri venuta direttamente, che ne so, dagli anni ’50. Ecco, sembri una di quelle bellissime donne dei film d’epoca. -
Ci guardiamo e sorridiamo.
- Va bene, allora vada per il rossetto rosso. -
Dopo aver messo una quantità indefinita di mascara sulle ciglia, sono pronta. Aspetto Michela che finisce di mettere il rossetto color carne e ritorniamo in camera ad organizzare la borsa e a mettere le scarpe.
- Micky, te lo giuro, camminare su queste scarpe è un suicidio. -
- Eh, se ti scoraggi già da ora in piazza non ci arriveremo mai. -
- Ommiodio, dobbiamo arrivare fino alla piazza. Io morirò. -
Michela mi prende per mano e mi trascina fino alla porta.
- Noi scappiamo che abbiamo fatto tardi! A dopo. – Urla e richiude la porta. Già per le scale, riesco a sentire un “fate attenzione!” gridato da nonno.
- Mi spieghi come fai a camminare senza problemi su questi trampoli? – Le chiedo.
- Semplicemente perché non provo un amore incondizionato per le Converse, Vans e tutte queste scarpe qui. -
- Sembro uno struzzo con una zampa fratturata con queste scarpe. -
- Ma che dici? Pensa che da te mi sarei aspettata anche peggio. Stai andando bene! –
Dice e scoppia a ridere.
- Grazie Michela, eh. – La fulmino con lo sguardo.
- Dai Sofy, che siamo già quasi in piazza. – Continua a ridere.

In piazza c’è una vespa azzurra che noto subito.
Andrea è di spalle, seduto sulla sella di pelle nera. Affianco a lui ci sono Marco e Mattia sui loro motorini. Appoggiata al motorino di Marco, c’è una ragazza. Capelli castani ricci, vestitino alquanto corto e aderente azzurro, e scarpe con il tacco fuxia.
Mentre ci avviciniamo a loro, mi squilla il cellulare. Un nuovo messaggio:
Sofy, scusami ma io stasera non posso venire. Mamma non si sente bene ed è da sola a casa. Rimango a farle compagnia. Divertitevi… e non ti dar troppo da fare con il ‘tipo’. Ti raccomando, tieni sotto controllo anche Michela. Ahahah a domani. Ti voglio tanto bene. Simo. <3”
No, Simone non può non venire. Dovevo andare in motorino con lui. Ho bisogno di Simo stasera… voglio ritornare a casa se lui non c’è.
- Micky, Simone stasera non viene. -
- Ti ha avvisata ora? -
- Si, mi ha mandato un messaggio. Rimane a far compagnia alla mamma che non si sente bene. È da sola a casa stasera. -
- Spero non sia niente di grave. -
Michela si gira e riprende a camminare verso i ragazzi, con un sorrisone stampato sul viso rivolto a Mattia che la sta guardando.
“Ormai è troppo tardi per tirarmi indietro.”
- Buonasera ragazze! – Ci saluta Marco, seguito poi dagli altri due. – La riccia qui è Laura, la ragazza che ha prenotato il tavolo per noi stasera. – È la barista di cui mi ha parlato Andrea oggi pomeriggio.
- Allora, che ne dite se andiamo? – Chiede Mattia, aggiustandosi la giacca di pelle che indossa.
- Aspetta, ma manca Simone. – Gli risponde Andrea.
- No, stasera non viene. Ci ha avvisate poco fa. – Interviene Michela.
- Beh, allora possiamo andare. Chi deve venire in vespa con me? – Dopo la domanda di Andrea, si girano tutti a fissarmi.
- Ovviamente Sofia. – Risponde Marco, ridendo. La mia faccia assume un’espressione non molto felice, ecco. Non per Andrea, ma perché provo imbarazzo ad andare con lui. Insomma, dovrei ritenermi fortunata. Ma mi conosco e in situazioni così, il mio cervello va in palla e mi faccio conoscere come la Sofia che non sono.
Mi avvicino, cercando di non barcollare, alla vespa. Andrea mi porge un casco nero.
- Attenta al vestitino quando sali. – Ride. Io in automatico, divento tutta rossa.
Dopo questa, non ci salgo più sulla vespa. Voglio tornarmene a casa, portatemi a casa.”
- Stavo scherzando, eh. –
Mi dice, osservandomi mentre salgo sulla vespa attraverso lo specchietto retrovisore. Riesco ad accennare un sorriso.
Allacciamo i caschi e ci avviamo al locale.
- Comunque ti giuro, vado piano. Non sono spericolato sulla vespa. – Mi dice Andrea all’improvviso.
- Cosa? -
- Non ti ho vista molto entusiasta di venire con me. So che avresti voluto tanto andare con Simone, lo conosci bene quindi con lui… -
- No aspetta Andrea, hai frainteso. –
Lo interrompo. – Il problema non sei tu, il problema sono… sono le mie scarpe. Mi fanno malissimo. Ho questa faccia da quando ho iniziato a camminarci. – La prima giustificazione che mi è passata per la testa.
- No perché credimi, con me puoi stare tranquilla. Non devi avere paura. -
- Non è da me avere paura. –
Gli rispondo con una convinzione assurda. Lui sorride.
Accelera per raggiungere gli altri due motorini che ormai sono molto più avanti di noi.
- Comunque bella la vespa. L’azzurro è il mio colore preferito. – Dico alzando il tono di voce per sovrastare il clacson irritante di una macchina bloccata nel traffico.
- Davvero? È una vespa Pk 125 dell’82. Era in condizioni pietose quando l’ho presa. Ora però è come nuova. Ho cambiato tutti i pezzi della carrozzeria e il motore. -
- È davvero bella. -
Allungo la mano sulla gonna del vestito e la tiro giù cercando di bloccarla con le mani, in modo da non arrivare praticamente nuda al locale.
- Ti avevo detto di stare attenta al vestitino! – Mi dice ridendo.
- Lo so, purtoppo non sono vestita in modo consono al tuo mezzo ma la serata che ci aspetta richiedeva questo tipo di abbigliamento. -

Ed ecco l’insegna luminosa ‘QueenBee’. Il neon della ‘e’ finale, deve essere fulminato perché si accende ad intermittenza.
Lasciamo i motorini nell’area riservata al parcheggio del locale e ci avviamo all’ingresso.
Percorriamo un corridoio aperto, con ai lati file di palme palesemente finte, illuminate dal riflesso della luce verde dell’insegna. La musica ad alto volume del locale rimbomba fino a fuori.
Ad accoglierci all’ingresso, la ragazza addetta alla cassa. Ognuno di noi paga e lei ci mostra il nostro tavolo.
Ecco, siamo dentro.
Una nuvola di fumo ci assale e quasi inizio anche a lacrimare. È in prevalenza buio e le lucine blu, rosse e verdi, danno un fastidio tremendo agli occhi. La musica è una delle più brutte che abbia mai sentito, ma qui è pieno di gente che si scatena.
Ci facciamo spazio tra la folla e riusciamo a raggiungere il tavolo.
- Andiamo a ballare, su! – Qualcuno mi prende per mano e mi trascina verso la marea di gente che balla. È Mattia.
- Ma sei pazzo? No, io non ballo. -
- Mi spieghi che senso ha venire in una discoteca e non ballare? –
Non rispondo, mi limito a fargli una smorfia strana.
L’ho detto io che te sei una pesantona! – Gli sorrido e allungo una mano tra i suoi capelli, scompigliandogli il ciuffo. Poi mi giro e ritorno al tavolo.
- Micky, vieni tu? – Grida, agitando la mano per farsi notare.
- Non ha funzionato? – Mattia dall’altra parte, gli fa segno di ‘no’ con la testa.
- Cosa doveva funzionare? – Domando a Michela.
- Nulla, cercavamo solo di renderti più partecipe alla serata. – Mi risponde camminando sorridente a ritmo con la musica, verso Mattia.
Bene, ora anche i ragazzi sanno quanto sono un’emarginata sociale grazie alla mia migliore amica che non tiene mai la sua boccaccia chiusa.
Marco e Laura raggiungono Michela e Mattia, mentre Andrea è ancora lì, poco distante da me, a sistemarsi la manica della camicia.
- Non balli tu? – Mi chiede, continuandosi a sistemare con accortezza il risvolto della manica.
- No, non mi va e poi sono negata. -
Guarda che non c’è bisogno di aver studiato danza per anni, per poter ballare in discoteca. – Mi risponde ridendo.
- Lo so, ma quando provo a muovermi, mi sento ridicola e goffa. -
Mi fissa per qualche secondo.
Sei strana, te l’hanno mai detto? -
- No, hai l’onore di essere il primo. -
- Non mi sono mai sentito così onorato in vita mia, guarda. -
- Ma non preoccuparti però, tu scatenati con gli altri. Io vado a prendermi qualcosa al bar. -
- Ma ti pare che ti lascio andare a bere alcolici da sola? Sei ancora piccina tu, te lo ricordo. –
Mi guarda con una certa aria di superiorità, e poi sorride.
- Nessuno ti ha chiesto di farmi da ‘baby-sitter’ stasera, sei venuto qui per divertirti quindi vai a divertirti. So badare a me stessa anche da sola. – Gli dico con tono più freddo e con un’espressione seria.
Mi giro e mi dirigo verso il bancone del bar. Lui fermo lì a fissarmi mentre cammino.
Mi siedo sul primo sgabello libero che trovo. Non so ancora che ci faccio qui.
- Che prendi? – Mi chiede il bar man, un tipo biondo con gli occhi azzurri.
- Ehm… vodka pesca-lemon. -
Mentre mi prepara la mia vodka, mi giro a guardare la folla. Riconosco subito Michela, che si muove in perfetta sintonia con la musica di fianco a Mattia. Marco e Laura sono vicino a loro. Andrea invece è più distante e… non è solo. Chi diamine è quella bionda lì?
Gli si struscia addosso con una faccia alquanto felice. Andrea sembra indifferente.
- Ecco a te. -
Afferro il bicchiere con una velocità assurda e subito mi rigiro per tornare a guardare quella terribile scena.
Andrea la lascia fare, si lascia far toccare il culo tranquillamente e ogni tanto si diverte a far lo stesso anche con lei, sorridendole compiaciuto.
Ma perché son qui a commentare quello che sta succedendo con disprezzo? Non dovrei essere gelosa di una persona che a malapena sa il mio nome.
È un ragazzo giovane e bello che è qui per divertirsi, ed ecco, lo sta facendo.
Voglio tornarmene a casa, portatemi a casa.”
Il bicchiere di vodka e Lemon Soda è già finito. Lo lascio sul bancone, mi alzo e torno verso il nostro tavolo. Lì ci trovo Michela e Mattia, seduti uno vicino all’altro.
- Dov’eri? – Mi chiede Micky.
- Ero al bar. -
- Hai preso la CocaCola? –
Mi chiede Mattia. È davvero coglione. Manco lo rispondo.
Mi siedo affianco a Michela. – Micky, ti giuro, voglio andarmene a casa. Non ce la faccio più qui. –
- Sofy non ho capito un cazzo. Ripeti! -
Mentre mi accingevo a ripeterle che non ne potevo più di star lì, ritornano al tavolo anche Marco e Laura e Michela subito concentra tutta la sua attenzione su di loro.
- Si crepa dal caldo qui. Perché non usciamo fuori? – Propone Marco.
- Buona idea. – Interviene Michela. – Sofy, vieni con noi? -
- Aspettate, ma avete visto Andrea come si sta dando da fare con la bionda lì? –
Grida Mattia e scoppia a ridere.
Michela si gira a guardarmi e subito capisce cosa le stavo dicendo prima.
- Ritornando a noi, Sofy, allora vieni anche tu un po’ fuori? -
- Perché non lo vai a chiamare? –
Mi chiede Mattia.
- Ma ti pare? Guarda come è impegnato. Non voglio disturbarlo. – Dico ironica. – Rimango ad aspettarlo, che se si perde non so come ritornare a casa. – Ridono tutti.
- Se non viene qui entro i tre minuti, esci fuori anche tu. Non va bene questa cosa che stai qui da sola. -
- Sei carino a preoccuparti di me ma stai tranquillo. –
Mi sorride, e poi raggiunge gli altri tre che praticamente erano già fuori.
Io rimango seduta lì ad assistere al divertimento tra quei due. Mi viene il vomito.
Dopo poco, improvvisamente Andrea alza lo sguardo e mi vede. Si stacca subito dalla bionda. Le sussurra qualcosa nell’orecchio, le accarezza la guancia e viene verso di me.
- Non è come sembra. -
- Non hai bisogno di darmi spiegazioni. È una tua amica, diciamo così, “stretta”? -
- Sì. No, cioè. No. È solo un’amica e basta. È inglese e si chiama Jenny. L'ho conosciuta qui. -
- Oh, capisco. –
Mi alzo dalla sedia e mi sistemo il vestitino. – Gli altri sono nello spazio esterno del locale. Dobbiamo raggiungerli anche se io non ne ho per niente voglia. Spero ce ne andremo presto da qui. -
- Andiamocene io e te, allora. -
Sono meravigliata. Poi non so se essere felice o meno. Si è dato da fare con Jenny e poi si ricorda che esisto anche io…
- E lasciamo loro qui? -
- Si, ora li avviso. Mando un messaggio a Mattia. -
Mi afferra per il braccio e mi trascina fuori a passo veloce, vicino la sua vespa.
Indossiamo i caschi e ripercorriamo la strada che avevamo fatto dalla piazza a qui, all’indietro.
- È ancora presto! andiamo al bar a prenderci qualcosa?!
- Si, va bene. -
Ci fermiamo davanti all’ingresso della spiaggia perché in piazza c’è tanta gente e sicuramente non ci sarà posto.
Arriviamo a piedi fino al bar.
- Tu che prendi?- Mi chiede.
- La mia solita granita alla fragola. -
- Allora vedi se per caso riesci a trovare un tavolino libero, io vado ad ordinare. -
Faccio un giro di tutto lo spazio esterno ma niente, non c'è manco mezza sedia libera.
Raggiungo Andrea e lo informo della situazione. Lui prende il suo gelato dal bancone ed io la mia granita, poi mi prende per mano.
- Vieni con me! - Io arrossisco.
Arriviamo sulla spiaggia e ci sediamo sulla sabbia.
- Hai la fissa tu con la granita alla fragola, eh? – Mi dice mentre è intento a mangiare il gelato.
- Si, è più comoda da mangiare rispetto al gelato. Tipo il lato al cioccolato del tuo cono, si sta completamente sciogliendo. -
- Oddio dove? – Subito gira il cono in cerca del cioccolato.
- Sbrigati a mangiarlo altrimenti ti sporchi tutto. -
Ecco, come non detto. Tutto il lato della bocca sporco e io non posso fare a meno di ridere.
- Che hai da ridere? Aiutami che sono in crisi. Hai dei fazzoletti? -
Controllo la borsa e ne ho proprio un pacchetto che chissà da quanto tempo è lì.
- Sofia, sei la mia salvezza. Grazie! -
Prende un fazzoletto e inizia a pulirsi la bocca.
- Aspetta che sei ancora sporco un po’ qui. -
Gli prendo il pacchetto di fazzoletti dalla mano e ne tiro fuori uno. Mi inginocchio sulla sabbia e mi giro verso di lui e cerco di pulirgli il cioccolato che da solo non era riuscito a togliersi.
- Ricordami quanti anni hai, per favore. -
- Piantala che sei molto poco simpatica. –
Inizio a ridere come una cretina.
- No sai com’è, qui c’è gente che pensa che io sia piccina. – Dico, mentre ritorno a sedermi come prima. Lui mi sorride.
Siamo in silenzio. Vorrei rimanere per tanto ancora così, a guardarlo sorridere senza fare niente, senza fare rumore.
Poi però poggia la mano sulla mia gamba e inizia ad avvicinare il suo viso al mio, sempre più.
Il mio stomaco ormai è tutto aggrovigliato, il mio cuore pompa all’impazzata.
Non posso farlo. Non posso baciare un tipo che non mi ha minimamente considerata per tutta la serata perché era troppo impegnato con una certa Jenny, e che poi magicamente si ricorda di me a notte fonda.
Continua ad avvicinarsi finchè le sue labbra non toccano le mie e, delicatamente, inizia a baciarmi.
Assaporo quel bacio per pochi secondi.
- Non posso, non posso. – Strizzo gli occhi e stacco la mia bocca dalla sua.
“Quando li riapro, voglio che Andrea si sia dissolto, sia evaporato.”
Li riapro e lui è ancora lì, fermo e in silenzio a guardarmi.
- Scusami, davvero non avrei voluto andasse così. - Mi alzo e scappo via, come una bambina. Infondo lui ha ragione. Io sono una bambina. Non ho neanche un pizzico di coraggio. Non ho avuto le palle per fare ciò che più volevo, ora. Mi sono fatta schiacciare da un mostro inglese con i capelli biondi, che per lui magari non conta neanche niente.
Il punto è che sono stanca di ricevere delusioni e non mi va di soffrire per via di esseri inutili chiamati ragazzi.
Perché non parlarne? Perché non spiegare il mio problema ad Andrea e vivere per sempre felici e contenti?
Perché, idiota di una Sofia, sei sempre così istintiva e ci arrivi sempre dopo?


_____

Buonasera!
ormai lo avete capito che sono la più lenta del mondo a postare ee però dai, mi sono fatta perdonare con un capitolo più lungo e che sicuramente ha più senso di quello precedente uu
è scritto malissimo, non mi piace per niente, ecco. però non mi insultate la Sofy per non aver baciato Andrea. dai, ha i suoi motivi. AHAH
ringrazio tutte le belle donne che recensiscono, vi adoro! *w*
ma un particolare ringraziamento va sempre a lei,
UnLuckyStar. lo vedete il bannerino a inizio di ogni capitolo? è tutto merito suo. grazie mille ancora tesoro c:
e niente, credo di aver detto tutto. la smetto di rompervi i coglioni e scappo via, lol.
al prossimo capitolo!

- Freakyyep.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Un gran casino. ***


Un gran casino .


- Micky, ho combinato un casino. -  Lei, dall’altra parte del telefono, fa uno strano verso.
- Michela, dio santo, ci sei? -
- Sofia, sai che ore sono? -
- È che non riesco a dormire. -
- Chiudi gli occhi e non pensarci, ne riparliamo domani. -
- Bell’amica che sei. Inutile che mi ripeti, persino nel post di auguri per il mio compleanno su facebook, che per me ci sarai sempre… sai che il ‘sempre’ comprende anche le 3.00 del mattino? –
Michela sospira.
- E va bene, ormai sono sveglia. Dimmi tutto. -
- Andrea mi ha baciata. -
- Wow, roba da non dormirci la notte. –
Mi dice ironica.
- Ma hai sentito la parte dove ti dicevo che ho combinato un casino? Il problema non è questo. -
- E allora qual è? -
- Il problema sono io che non l’ho baciato. -
- Cosa c’è nel tuo cervello che non funziona come dovrebbe? -
- Non mi pento di non averlo baciato, sia chiaro. Mi pento del comportamento che ho avuto. Sono scappata via e l’ho lasciato lì, sulla spiaggia. -
- Mi spieghi per quale motivo non l’hai baciato? Cos’ha di sbagliato quel ragazzo? È perfetto. -
- Devo raccontarti di come si è divertito con Jenny? –

- Jenny? Chi è Jenny? -
- La sua cara amica biondina, inglese. Ho sempre amato le inglesi, le ritengo tutte delle strafighe. Ma con quella tipa, parte della stima che avevo per loro, è svanita.-
- Con questa Jenny si è divertito in discoteca, ma sei tu quella che voleva baciare. -
- Semplicemente perché la tipa l’aveva baciata prima di me e in quel momento in spiaggia c’eravamo solo io e lui. Non poteva baciare nessun altro. -
-  Ma che ne puoi sapere tu? Non vi conoscete ancora bene.
- Proprio perché non ci conosciamo ancora bene… dio, non avrebbe dovuto baciarmi. A maggior ragione se prima ci ha provato con la bionda.
-
- Senti Sofy, non riesco più a seguirti. Dai, ora ti devo lasciare che ho sentito un rumore dalla camera di mamma e papà. Ho paura di svegliarli. Se mi trovano a telefono con te, si incazzano parecchio. Tu promettimi che ora ti addormenti… -
- Ci provo. A domani. -
- A domani? A tra qualche ora! Dormi bene. -
 
Parlare con Michela mi fa sempre stare meglio. Eppure non mi ha tranquillizzata, ne tanto meno mi ha sostenuto nei miei ragionamenti contorti.
Controllo la sveglia che è sul comodino. Sono le 3.18. Io continuo a non avere sonno e la notte è ancora lunga.

______

- E quelle occhiaie? Ancora non ti sei ripresa da ieri sera? -
- A dir la verità non ho fatto niente. Anzi, la serata è stata davvero noiosa. - Rispondo a nonno mentre riscaldo il latte.
- E quell’Andrea? Sei uscita con lui ieri sera? -
- Si, c’era anche lui ma è successo un casino. - Nonno mi  sorride. Preparo una tazza di latte e caffè e mi siedo vicino a lui per raccontargli della serata precedente.
Durante il mio lungo e articolato discorso su quello che è successo tra me e Andrea, nonno non  si è distratto dall’ascolto neanche una volta.
- Parlagli. – Mi dice dopo qualche minuto di silenzio.
- Ma sei pazzo? Con quale coraggio vado lì da lui a parlargli? “ciao Andrea, sono la psicopatica che prima non ti bacia e poi si sente in colpa per come ti ha trattato”. Poi sinceramente non mi va che mi bacia dopo non avermi considerata minimamente tutta la serata per pensare ad una biondina con le tette che straboccavano dalla scollatura del vestitino. -
- Hai un problema con lui, no? Parlagli e risolvilo. – Di scatto si alza, rimette a posto la sedia e dopo avermi sorriso, si allontana nel corridoio verso la sua camera lasciandomi in cucina da sola con la mia tazza di latte e caffè.
Prendo un altro cucchiaino di zucchero, esagero sempre con quello e poi mi lamento di essere grassa.
Giro e rigiro il cucchiaio nella tazza guardando attentamente il vortice che si crea nel latte, finchè non afferro la tazza e butto tutto giù d’un sorso.
- Sofy,  ha squillato il tuo cellulare!- Mi grida nonno dalla sua stanza.
- Si, vado a controllare. -
Lavo velocemente tutto ciò che mi è servito per prepararmi la colazione e corro in camera mia.
Un nuovo messaggio, Michela:  “Preparati, sto per venire sotto casa tua. Usciamo.”
Stamattina non ne ho la minima voglia, sono stanchissima. Magari nel pomeriggio…”
Dopo più di un quarto d’ora, ancora nessuna risposta. Si sarà offesa, sicuro. Odia quando mi rifiuto di uscire, soprattutto quando organizza lei l’uscita.
Vado in bagno a farmi una doccia per riprendermi. Amo rimanere ore sotto il getto d’acqua a toccare i capelli bagnati che scendono lungo la schiena, oppure ad attorcigliare con l’indice qualche ciocca davanti che mi scende lungo il viso, arrivandomi fino ad un po’ più giù del seno.
Dopo la rilassante doccia, mi fiondo sul mio letto isolata nella mia camera. Prendo il mio quadernino e inizio a scrivere tutte le mie paranoie. Appoggiata con la schiena al muro e con le gambe incrociate, inizio a riportarle con la penna su carta. Mi svuoto.
Il suono del campanello mi interrompe. Mi affaccio alla finestra per vedere se per caso riesco a vedere chi è giù che bussa.
Subito scorgo una figura snella che guarda in direzione della finestra dalla quale sono affacciata.
- Scendi ora, cogliona! – Si, è proprio Michela. Come pensavo.
- Non hai letto il messaggio? -
- Sì che l’ho letto. -
- Perché sei qui, allora? -
- Per salvarti dal suicidio. Ti conosco troppo bene. Hai già iniziato a scrivere la tragedia su quell’odioso quadernino con la copertina a fiori? – Mi scappa una risata. - Muoviti, aprimi che salgo su. Aspetto che ti prepari e poi usciamo. -
Nello stesso momento entra nonno in camera. - Noto che già ti sei accorta che c’è Micky giù. -
- Sì. Sta salendo. -
Inizio a scavare nell’armadio in cerca di qualcosa di comodo da indossare. Intanto sorrido pensando a quello che Michela mi ha appena risposto. Non posso credere di aver una migliore amica così, davvero. Non so neanche io come definirla. Ha la capacità di farsi odiare e amare contemporaneamente.
Esco dalla camera con una gonnellina di tessuto verde acqua e una canotta semplice bianca piegate tra le mani. Incrocio Michela in corridoio mentre raggiungo il bagno.
- Brava Sofia, mi hai reso più semplice il lavoro. Pensavo di doverti convincere e invece già sei in bagno a prepararti di tua spontanea volontà. Ti ringrazio. – Sorride, ed io le sorrido a mia volta nel chiudere la porta del bagno.
- Però devi smetterla di convincermi su tutto. – Le grido, ma non mi risponde. Forse non mi ha sentito.  Conoscendola, è in camera mia e già si è appropriata del mio letto.
Mi preparo come un fulmine, non mi va di far aspettare molto Michela.
Infilo le infradito rosa e subito sono da lei. - Allora, andiamo? -
- Certo che andiamo. Sono stanca di aspettarti ancora, principessina. Temevo ne avessi ancora per molto. -
- Dai, che son stata velocissima! -
- Veloce come una lumaca. Andiamo ora! -
Mi spinge con la mano, amichevolmente, e scoppiamo a ridere.

______

- I ragazzi devono essere al mare. - Dico lanciando un’occhiata veloce su casa loro. - È tutto chiuso. -
- Perspicace Sofia. Sai com’è, è quasi mezzogiorno. Siamo le uniche due coglione che non sono al mare con una giornata così. - Sorrido e non controbatto. Ha ragione ed in fondo, è colpa mia se non è al mare oggi.
Mi squilla il cellulare, un nuovo messaggio. Simone: “Ma buongiorno! Dove sei? Io sono in spiaggia, ci sono anche i ragazzi qua. Vi stiamo aspettando… ma che fine avete fatto tu e Micky?"
- Micky, è Simo. Dice che è in spiaggia e ci sono anche gli altri. Lo chiamo e gli dico di raggiungerci? –
- No, andiamo noi da lui. -
- Ma sei pazza? Io l’avevo detto che non volevo uscire… -
- Qual è il tuo problema? -
- qual è il mio problema? QUAL È IL MIO PROBLEMA? Michela ma soffri di Alzheimer giovanile, per caso? Ho passato tutta la notte a spiegartelo e tu continui a chiedermi qual è. - Sbuffa.
- Andrea, dio santo, Andrea. – Prende una pausa. - Muoviti bionda, chiama Simone. -
Compongo il numero sulla tastiera qwerty del cellulare e chiamo Simo.
- Sofiaaaa! Finalmente. Credevo fossi deceduta. Non ti sei fatta proprio sentire. -
- No ciccio è che è successa una cosa che devo raccontarti e per questo motivo, non avevo voglia di uscire. -
- Devo preoccuparmi? -
- Certo che no. -
- No allora… mica hai perso la verginità? -
- Ma cosa dici? Sei pazzo? -
- Okay, bene. Menomale. Già mi stavo preoccupando. Allora se sei ancora vergine… Hai preso una sbronza? -
- Ma no, non ho bevuto niente. Diciamo… - Non riesco più a trattenere la risata.
- Non me la racconti giusta. Muoviti a venir qui. -
- Non posso venire in spiaggia. Fatti trovare all’ingresso. Io e la Micky stiamo arrivando! – Dico di fretta e attacco, senza lasciare a Simone il tempo di chiedermi spiegazioni.
Continuiamo a camminare e lo troviamo seduto sul muretto che da sulla spiaggia.
- Simo! –
- Finalmente! –
È seduto lì, con un sorrisone stampato sulla faccia. Corro ad abbracciarlo.
- Ma sei tutto bagnato, Ti odio! Ora lo sono anche io. -
- Poco prima di venire qui ho fatto il bagno e non mi avete dato il tempo di asciugarmi. -
Michela gli si avvicina e sempre con i suoi modi “affettuosi”, gli tira uno schiaffo sulla testa. Mentre lui, per ricambiare il brusco saluto, le afferra il braccio e la morde leggermente.
- Perché io e te non possiamo avere un rapporto come quello che abbiamo io e Sofy? – Le chiede Simo ridendo.
- Perché siete dei mostri! – Rispondo io, per non so quale motivo, ed iniziamo a ridere tutti insieme.
Tutt’ad un tratto mi blocco. Smetto di ridere, cambio espressione, mi irrigidisco.
Andrea stava venendo verso di noi.
Simo e Micky mi guardano in modo strano, poi si girano e per lo meno Michela, comprende subito il motivo della mia reazione.
- Oh Andrè! Come mai qui? – Gli chiede Simone. Avrei voluto tirargli un pugno diritto in faccia per farlo star zitto.
- Sto tornando a casa. Non sono dell’umore per stare in spiaggia oggi. - Parla con Simo e mi guarda con la coda dell’occhio, ogni tanto. Poi si avvicina a Michela e la saluta con un bacio sulla guancia.
Si volta verso di me. Stringo i pugni. Devo riuscire a parlare.
- Ciao Sofy. – Pronuncia agitando la mano in aria molto delicatamente. Mi ha salutata contro voglia, come se qualcuno lo avesse costretto a farlo. Non ha il coraggio di guardarmi, guarda in basso.
- Ciao. – Rispondo sottovoce.
- Vado allora. Ci si vede. – Si allontana piano piano verso casa.
“L’unica persona con cui dovevo rimanere oggi, sono io. Dovevo rimanere sola a casa con me stessa per evitare tutto questo.”

_____


Buongiorno gente!
E FREAKYYEP E' FINALMENTE TORNATA!
Dio, non so come farmi perdonare per la luuuunga pausa che mi sono presa. Ma sappiate che in tutto questo tempo non mi sono dimenticata di questa storia. Nono.
E' stato solo un periodo strano. Il rientro a scuola non è stato come mi aspettavo e sto attraversando un po' una crisi AHAHAHA.
Non avevo idee su come continuare la storia... però poi ieri, presa dall'ispirazione improvvisa, ho buttato giù questo capitolo.
Ora non ho idea di come continuerò, però continuerò, questo è sicuro. uu
Dato che siamo in tema "perdono", vi chiedo anche di perdonarmi per questo schifoso e breve capitolo di passaggio. I colpi di scena arriveranno...
Ringrazio tutte le persone che non si sono dimenticate di me :') vi comprendo se in questo momento vorreste schiaffeggiarmi AHAHAHAHA. Insomma, dopo due mesi. Bhè, mi schiaffeggerei da sola. çç

Ora devo scappare. Vi ringrazio per l'attenzione. djsfh
Al prossimo capitolo!
Un bacioooone.

- Freakyyep.


 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1056644