Ho sempre pensato che se lascio aperta la finestra prima o poi entrerà tutto il cielo.

di clakis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The rain in my heart. ***
Capitolo 2: *** Fatto sta che,chi ti ama rimane, ***
Capitolo 3: *** Non mi piace quando le cose svaniscono, si perdono. Non mi piace fingere di aver dimenticato. Io non dimentico. ***
Capitolo 4: *** 1 parte -Stefan: E' scientificamente provato che le cose più belle possono distruggerti. ***
Capitolo 5: *** Spesso ci si imbatte nel proprio destino sulla strada presa per evitarlo. ***
Capitolo 6: *** 2 parte Stefan-E' scientificamente provato che le cose più belle possono distruggerti. ***
Capitolo 7: *** Non tirarti indietro, se l'amore bussa alla porta.. apri. ***
Capitolo 8: *** Così scelsi l'opzione migliore forse non feci nemmeno in tempo, il mio cuore aveva già scelto ***
Capitolo 9: *** Io non dimentico. ***
Capitolo 10: *** I love you. ***



Capitolo 1
*** The rain in my heart. ***


 

    Ho sempre pensato che se lascio aperta la finestra prima o poi entrerà tutto il cielo.
 

                       - Autrice: Clod
 

Primo  capitolo - The rain in my heart.

 



 

 Fuori pioveva,erano solo le sette del mattino ed era scoppiata una bufera. Tipica giornata di merda che comincia male già dal principio. Di solito amavo la pioggia, mi piaceva sentire le goccioline farsi sempre più scricchiolanti sopra l'ombrello. Sentire il volto bagnato e sguazzare i piedi sopra una media pozzanghera rovinando qualche povero paio di scarpe. L'amavo quando non dovevo andare a scuola e ciò significava che avremmo passato la ricreazione rinchiusi in classe e sinceramente dopo quel brutto periodo che ancora non era passato, mi spaventava un pò rimanere in aula insieme a quelle persone che la popolavano ogni giorno. Sia perchè l'aria già diventava pesante dalla prima ora e quindi non avrei preso nemmeno uno spiffero fuori, sia perchè ero diventata uno zombie asociale. I miei lunghi capelli mogano non avevano più l'aspetto di una volta e le occhiaie sembravano voler diventare sempre più intense e dileniare  l'intero volto. Mi aspettavano cinque lunghe ore di malinconia e di noia totale. Nonostante questo presi coraggio e indossai i jeans più pesanti che avevo. Capii che i capelli erano impossibili e così decisi di metterci sopra un cappello di lana blu. Scesi le scale con calma cercando di non cadere ad ogni minimo scalino. Dopo cinque minuti di intenso traffico arrivai a destinazione. La mia scuola era una delle più fighe della città. Innanzitutto godeva di un'alta cifra di alunni presenti poichè erano tre scuole messe insieme "Ragioneria,Industriale e Tecnologico". Per me era la scuola migliore perchè andavo in classe con i miei due migliori amici "Marco e Lorena" le mie ragioni di vita. Marco si definiva per scherzare "figlio unico" visto che il suo sconosciuto fratello aveva deciso molti anni prima di voltare le spalle al loro padre e alla sua fissazione di far diventare i suoi figli avvocati e così decise di studiare medicina  a Valencia e gli fù proibito di tornare a casa. La madre ne soffriva molto ma la sua voce restava sempre fra le mura di casa visto che lo chiamava 24 ore al giorno. Io non avevo mai visto suo fratello nonostante io e Marco eravamo migliori amici da un sacco di tempo. Ma avevo sentito la sua voce in una telefonata fatta al fratello. Direi che l'aggettivo che poteva descriverla era interessante soprattutto perchè il timbro era un romano-valenciano. Marco era dolce, simpatico,altruista,intelligente,era la mia ancora..la mia ~salvezza». Era semplicemente tutto ciò che ti aspetti di avere dalla vita, una persona che ti sta accanto in tutti i momenti della tua esistenza, una persona che non avrei mai potuto amare  perchè sprigiona amicizia da tutti i pori e solo quella!. Lorena era molto diversa, era una persona con la testa fra le nuvole, era perennemente distratta! Lei era la perfetta visione della semplicità ..era bella.. anzi bellissima e non perchè fosse la mia migliore amica ma perchè la sua pelle chiara e lucida faceva risaltare in maniera eccezionale i suoi grandi occhi verdi. Era una che piaceva tanto ai ragazzi ma nonostante questo ne aveva avuti pochi perchè  credeva poco nell'amore alla nostra età. Al contrario mio che avevo creduto troppo .. restandone delusa,scossa,umiliata,con il cuore in mano e fottutamente triste.

——————————————————————————————————————————————————  Fine primo capitolo.
Ho iniziato a scrivere questa storia perchè mi piace immaginare la vita delle ragazze che invento. Mi piace poter fare accadere le cose,essere padrona di un'altra vita anche solo fantasiosa.Mi piace sapere che noi giovani abbiamo sempre tante cose da dire e tanti sogni da voler realizzare e crediamo ancora nella scrittura, possiamo ancora prendere una penna e sfogarci quando abbiamo molte porte chiuse e tante bocche piene di grida. Perchè scrivere è il miglior sfogo silenzioso. 

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Capitolo 2
*** Fatto sta che,chi ti ama rimane, ***


Ho sempre pensato che se lascio aperta la finestra prima o poi entrerà tutto il cielo.

Secondo capitolo- Fatto sta che, chi ti ama rimane. 
 

Parcheggiai il mio liberty bianco lucido accanto una vespa. La scuola sembrava essere deserta. . Era muta come il mio cuore,come la mia mente. Il vento mi scompigliava i capelli che volavano sopra i miei occhi dandomi un fastidio tremendo. Eppure ricordavo che il vento mi piaceva.. pochi mesi prima.
  . . .
«Kristen smettila di correre così veloce ,non riesco a stare al tuo passo!»


«Vedi? E tu che dicevi che ero una frana in bici

«Okay mi stai sfidando. Chi arriva ultimo paga la cena!»


Mi ricordo che avevo corso così tanto che il sudore gocciolava da ogni parte.Lui era davanti a me, il ramato dei suoi capelli che si perdevano in aria e i suoi occhi azzurri si confondevano con le immense distese di campi celesti. Ricordo che alla fine vinsi io perchè mi fece vincere. Dopo 10 minuti di pura corsa ci fermammo stremati. Mi ritrovai il suo volto davanti al mio e il suo profumo che dava di mente mi fece entrare in iperventilazione. Non ricordavo nemmeno il mio nome.

«Ti amo Kristen
Mi
 aveva sussurrato all'orecchio.
Eppure se fosse stato veramente così..




...
Risalii da quel flashback improvviso, mi mancava l'aria e sentivo la bocca asciutta. Ero seduta ancora sul mio motorino e proprio in quel momento mi accorsi dei goccioloni che fuoriuscivano e rigavano il mio volto. Ero tornata con la mente a 4 mesi prima, poco prima che Riccardo mi lasciasse. La mia vita in quei mesi era PERFETTA. Lui era perfetta, NOI eravamo perfetti. Quel Noi che lui aveva buttato da un giorno all'altro. Quel Noi che sapeva di infinito, di qualcosa di impossibile. Eppure lo sapevo,sapevo che le cose belle non durano mai PER SEMPRE. Che il per sempre è solo una grande presa per il CULO. Eppure mi ero lasciata andare, per la prima volta avevo aperto il mio cuore a qualcuno e ne ero uscita disintegrata. Già erano tre mesi che non sentivo nè vedevo il suo volto. Lo amavo ancora? NO. Amavo il suo ricordo, indelebile proprio dentro di me.
Gettai lo sguardo alla massa di ragazzi che entravano dal cancello e fra la folla notai i suoi ricchi biondi. Marco lo riconoscevo tra la folla. Asciugai le lacrime con la felpa, non mi andava  di dare spiegazioni e far preoccupare il mio migliore amico. Quando Marco mi vide mi corse incontro e mi strinse forte. Adesso il mondo aveva preso colori migliori.

«Buongiorno Scema, studiato

«Certo.. che no. Che razza di domande fai?»

«Si come sempre che poi ci prendi 8. Ah brutta raccomandata!»

Accompagnò l'ultima parola con una smorfia teatrale poi il suo viso s'illuminò. Sicuramente si era ricordato qualcosa di importante.


«Sabato dormi a casa mia e anche domenica!Mio padre è fuori città e ho chiesto a mia madre se posso organizzare una festa. Ci sta cazzo ci sta! Portati tutto il necessario e lo zaino per la scuola così lunedì ci andiamo direttamente.»

Il suo viso era di una gioia incontrollabile,per nessun motivo al mondo avrei potuto dire di no.
Amavo i suoi sorrisi e la gioia che emanavano i suoi occhi. Era davvero molto contento.E anche io.

 «
Cavolo certo che ci sto! Ci spariamo fuori!»

Finalmente avevo trovato un motivo in più per sorridere. Il fine settimana era vicino e avrei potuto divertirmi di nuovo, come un tempo..
I miei pensieri furono scossi dal rumore assordante della campanella.


« Dai andiamo in classe, ma dov'è Lorena? SOLITA RITARDATARIA!»

Passai la prime due ore assorta nei miei pensieri. Come facevo a dirgli alla prof che di Renzo non me ne fregava proprio un bel niente! Lui era fortunato, nonostante tutto il caos aveva ancora la sua Lucia.Anche se combatteva per sposarla lei era lì con lui. Aveva una ragione per continuare a sorridere. Io sì, nonostante tutto avevo le mie ragioni. Avevo i miei amici che davano un senso alle mie giornate ma nonostante questo mi sentivo come un vuoto dentro, incolmabile. Come se mi mancasse sempre qualcosa.
Lorena mi faceva segno per farmi rivenire sulla terra, le sorrisi debolmente.La testa mi scoppiava.. e vaffanculo a Riccardo, alla pioggia e soprattutto a te ALESSSANDRO MANZONI!

Alla terza ora venne  il professore di economia aziendale,un uomo alto giovane e bello che passò l'intera ora a scrivere cose sul registro e sulla sua agenda. Così presi le cuffie e la diedi una a Marco, il mio miglior-amico-compagno di banco. Così l'ora volò fra le note di Nesli, Fedez e Marracash.
Così anche la ricrezione suonò. Pioveva ancora e quindi iniziai a girovagare con i miei due amici più fidati. I minuti passavano e così si concluse anche il tempo di svago.
Mi aspettavano due ore di matematica,cercai di non far notare il mio viso sconvolto.

«
Lorena quindi sabato ci sei pure tu?»

Marco era speranzoso, vedevo dai suoi occhi quanto ci teneva alla sua presenza. Aveva uno sguardo da cucciolo.. INNAMORATO. No no, mi sbagliavo. Sicuramente mi stavo facendo un film mentale. Dovevo allontare subito il pensiero. Eppure era fisso lì, sembrava non volermi lasciare.

«  
Posso mancare io  ?»

Lorena gli sorrise e il volto di Marco si illuminò. Mi trovai davanti alla classe e corsi verso il banco con la professoressa di mate che mi guardava con sguardo di rimprovero.Dopo di me entrarono Marco e Lore e il volto di Clara,l'insegnante, fu rosso di rabbia.

« 
La campanella è suonata da un pezzo.» Il suo tono di voce salì di due ottave.
 
«
Prof è colpa mia se ho bisogno di Amplifon?»

Marco voleva mettersi nei guai, menomale che era il suo giorno fortunato. La Clara, come eravamo solito chiamarla tra noi,gli gettò uno sguardo di odio e iniziò a spiegare qualcosa che non capì nemmeno il nome. So solo che mi persi nei miei pensieri contando ogni singola goccia nella finestra. Una dopo l'altra.. fin quando le ore finirono e io sobbalzai dalla sedia. Finalmente quella lunga mattinata era FINITA.

—————————————————————————————————————————————————— Fine secondo capitolo.


  m  





































 

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Capitolo 3
*** Non mi piace quando le cose svaniscono, si perdono. Non mi piace fingere di aver dimenticato. Io non dimentico. ***


Ho sempre pensato che se lascio aperta la finestra prima o poi entrerà tutto il cielo.

Terzo capitolo- Non mi piace quando le cose svaniscono, si perdono. Non mi piace fingere di aver dimenticato. Io non dimentico.


sono riuscito ad averti vicino ma questo non significa non averti dentro. Sai cosa sarò io per te? Sarò sempre quel piccolissimo particolare che ogni tanto scorgerai nell’aria, nelle cose che guardi, nella loro bellezza. Il diversivo, il tempo di un sorriso quasi inatteso che ti confonde i respiri, il dejà vu, la sponda di un sogno. Le storie finiscono mentre quel piccolo particolare, quel quasi niente, mi farà restare con te per sempre.
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I due giorni successivi passarono rapidamente fra le noiose ore di scuola accompagnate da una pioggia a catinelle che sembrava infinita. Per mia fortuna nel fine settimana passò e il cielo sembrava essere una grande distesa di calma. Le nuvole, vaporose e quasi trasparenti non davano segno di un'altra bufera in arrivo. Tutto sembrava essere calmo, perfetto. Erano appena le sette di sera e il mio zaino era così pieno che sembrava voler scoppiare da un momento all'altro.

«Kriss gli asciugamani sono pronti, vieni a prenderli

Mia madre urlava dal piano di sotto. Mancano solo gli asciugami ora sì che non ci sarebbe entrato più nulla!
Scesi le scale e vidi la mia bonaria madre alle prese con il ferro da stiro e il volto pieno di rughe. Ogni ruga era un segno di sacrificio. Ne andava molto fiera perché nonostante le rughe fossero tante, tutti i sacrifici che aveva fatto fino ad oggi erano per me e mia sorella Anna che adesso studiava nel miglior college di Londra. Era fiera di noi, lo notavo dai suoi occhi e dal modo in cui mi parlava e guardava. Lo ripeteva sempre alle sue amiche. Non ne potevo essere più grata.

«Grazie Mà, mi mancherai in questi pochi giorni!!»

Mi dispiaceva tantissimo lasciarla sola in quella casa enorme. Da quando mio padre se ne era andato, circa tre anni fa,( e fu un sollievo per tutti noi) mia madre restava quasi sempre sola quando io non c'ero. Ormai sembrava esserci abituata e anche i mobili e tutto il resto ne godevano delle mie poche assenze. Riempiva le ore pulendo tutto ciò che gli passava sotto il naso..

«Comportati bene e non fare scemenze

Annuii e alzai il mignolo come gesto di promessa. Mia madre mi abbracciò e corsi su a prepararmi. Ci misi un'ora buona per la doccia e per i capelli che avevo piastrato e ripiastrato più volte ottenendoli lunghi e lisci. Mentre provavo un vestito confetto, trovato nelle ante dell’armadio, il telefono squillò.

«Pronto

«Ehi Kris, sono Marco. Mia madre ha deciso di andare da mia nonna per il fine settimana. Non è super-bellissimissimo??!!!»

La felicità fuoriusciva dal telefono. Era decisamente una bella notizia.

« Stra-wow. è Tutto perfetto! A che ora vengo?»

« Un'ora massimo che mi serve aiuto

«  Okay scemo a dopo

Riattaccai velocemente il telefono e corsi dritto l'armadio. Dovevo provare una ventina di vestiti ,tutti completamente diversi. Rimboccai le maniche e mi tolsi gli indumenti di dosso. Il primo abito che provai era molto carino ma corto. Di un color turchese e molto scollato con un cinturino marrone chiaro. Non mi andava tanto a genio. Successivamente ne provai sei, tutti diversi tra loro e come il primo abito scartai anche loro. Ormai il sudore mi gocciolava dalla fronte. E se non avessi  trovato il vestito giusto?
Un'ondata di panico mi invase. Poi eccolo lì ,davanti ai miei occhi spuntò il vestito PERFETTO. Era un abito né corto né lungo. Era della lunghezza perfetta, composto da un corpetto bianco unito a una gonna dello stesso colore. Sopra al corpetto ,alla gonna, era stata cucita una sopraveste di pizzo blu trasparente, che andava dal corpetto fino alla gonna. Lo provai subito e guardandomi allo specchio strizzai gli occhi per capire se ero veramente io. Il volto della persona allo specchio sembrava di aver ripreso colorito. Il vestito aderiva perfettamente alle curve sinuose del mio corpo ed erano ben evidenti le chiazze rosse che mi si erano piazzate sulle guance. Per la prima volte in vita mia mi trovai bella. La mia altezza faceva apparire le gambe, sotto quel vestito stupendo, sottili e lunghe. Mancavano soltanto i tacchi e così ne scelsi un paio dalla lunghezza media di un blu zaffiro. Nulla poteva rovinare la magnifica serata che mi aspettava . Con il sorriso sulle labbra uscì di fretta dalla mia dimora salutando con un bacio mia madre che aveva una faccia stupita e rassicurante.
Salì sul moto e corsi verso casa di Marco. Le occhiate che notavo in giro erano del tutto strane. Un ragazzo su una Kawasaki si fermò accanto a me al semaforo. Mi sorrise e i suoi 32 denti erano lì in bella vista. Poi mi fece l'occhiolino e ripartì. Rimasi stupita da quel giovane dalla carnagione scura. Poi mi accorsi che il verde era già spuntato e corsi via. Correndo il ricordo prese vita e le sue parole erano proprio lì.. Riccardo sembrava a due passi da me.
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 «Cavolo c'è l'arancione. Solita sfiga! Sbaglio o mi capita sempre quando ci sei tu

Eravamo a un semaforo vicino la piazza in una mini-Cooper blu. Esattamente l'anno prima. Il suo sorriso illuminava tutto ciò che mi circondava. Questa volta se la prendeva con il semaforo, era il tipico ragazzo sempre di corsa.

 «Pura coincidenza. I modà alla radio, sù alza il volume

Mi obbedì e cantammo "come un pittore" a squarciagola. Dei passanti ci guardarono male. Eppure non mi importava, non mi importava di nulla. Solo di me e di lui e di quella canzone che avrei portato sempre nel cuore. Una mezzoretta dopo mi ritrovai sul letto di ospedale, uno stupido ragazzo con la Kawasaki ci aveva preso in pieno. Né uscì con un polso rotto e una lieve frattura alla gamba mentre Riccardo né uscì illeso, solita fortuna spacciata!
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Ritornai alla realtà e svoltai la strada per arrivare a casa di Marco. Il cuore mi batteva forte da far male, mi succedeva sempre quando i ricordi mi colpivano in pieno e mi schiaffeggiavano. Ricordai che mi aspettava una festa, ricordai che mi ero promessa di rendermi felice, di svagarmi. Così posteggiai il moto davanti l’enorme villetta del mio migliore amico e con tutta la forza che avevo sorrisi. Speravo che il sorriso rimanesse incollato.
——————————————————————————————————————————————————Fine terzo capitolo.


 

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Capitolo 4
*** 1 parte -Stefan: E' scientificamente provato che le cose più belle possono distruggerti. ***




Ho sempre pensato che se lascio aperta la finestra prima o poi entrerà tutto il cielo.
Quarto capitolo-1 parte Stefan-
E' scientificamente provato che le cose più belle possono distruggerti.
 

La gente non nasce stronza, ma lo diventa dopo aver dato tutto e ricevuto niente.


 Ancora mezzo addormentato scendo dal letto e poggio i piedi per terra.
Ho la schiena a pezzi e sono distrutto. E naturalmente, non ricordo cos'ho fatto ieri sera. Chi era stata la povera ragazza che avevo usato per fare diminuire il mio dolore? Chi mi ero scopato senza amore?
Le donne erano diventate un passatempo giornaliero. Tutte diverse. Ero un mostro, un povero perso nel mondo senza cuore. Non aspettavo un cambiamento, non mi aspettavo più niente. Il vero amore.. quante cazzate. Me ne basta uno di amore, il calcio. Ebbene si, non avevo bisogno d'altro. Era così bella quella mattina a Valencia, il sole sembrava ricoprire tutto ciò che mi circondava. Perfino i miei occhi erano accecati. Naturalmente poteva non essere una bella giornata per Valencia? Finalmente lo sfruttatore, il mostro, il marpione se ne andava . Ritornava alla patria. Al solo pensiero il mio cuore diventata minuscolo. Come avrei potuto lasciare questa meravigliosa città? Come avrei potuto dire addio al mio meraviglioso college pieno di ragazze facili?. Come sarei potuto ritornare nella città del dolore? I miei piedi si misero in moto. Raccolsi tutta la roba mia in giro. Avevo finito gli studi eppure sembrava che fossi arrivato proprio ieri. Ero appena sceso dall'aereo con gli occhi che mi bruciavano e il mio cuore faceva male. Io non me ne ero andato da Roma.. io ero scappato. Avevo fatto le valigie ed ero scappato dal dolore. La scena che avevo in testa era sempre quella. Più di tre anni fa..
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Avevo le mani in tasca e facevo volare le pietre con i piedi. Giocavo con me stesso, più le pietre andavano lontano più mi sentivo realizzato. Avevo gli occhi bassi e mi guardavo le scarpe. Accanto a me un numero sproporzionato di negozi che sembravano essere tutti uguali. Non so cosa attirò la mia attenzione e neppure in che modo ma tutto ad un tratto fui spinto da una forza interiore e mi avvicinai a un grande negozio di gioielli. Mi sentivo uno stupido innamorato. Avevo dato completamente il mio cuore ad una ragazza della mia scuola. Credevo anzi ero sicuro che lei fosse diversa. A lei piaceva il calcio, piaceva mangiare i maxi panini e riempirsi la bocca di ketchup. Amava vestirsi ogni giorno con un colore diverso ed aveva una voce sensazionale. Me ne innamorai la prima volta che la vidi, al secondo superiore. Stavamo insieme già da tre anni ed ero convinto che lei era per me ..il vero amore. Quello che si trova una volta sola nella vita. Nella vetrina illuminata scorsi un piccolo gioiello. Al centro, proprio accanto a un bracciale d'argento, l'anello era in bella mostra sopra un cofanetto nero. E brillava, brillava tantissimo da accecarmi gli occhi. In questi casi ti poni solo una domanda.. vuoi passare con lei il resto della tua vita? Se sai rispondere sai cosa fare. Così entrai, accecato completamente dall'amore. Ero felice quasi al settimo cielo. Immaginavo i suoi occhi brillare il suo sorriso colorare tutto lo spazio che ci circondava. Avrebbe risposto di sì.. ne ero così sicuro. Con lei facevo l'amore non il sesso. Facevamo l'amore quello vero, quello che ti fa battere il cuore fino a scoppiare. La commessa mi guardava incerta. Sapevo cosa stava pensando. Un giovanotto di appena 18 anni vuole sposarsi e rovinarsi la vita. Perché quel pensiero non colpì anche me in quel momento? Perché proprio quel giorno vidi la vetrina?.
Era un passo importante ,il più importante della mia vita. Quel giorno doveva essere segnato nelle cose più belle che avevo mai fatto. Ero sicuro, innamorato e pazzo. Pazzo d'amore. Quando la donna impacchettò l'anello sentivo l'adrenalina scorrermi. Come gliel' avrei chiesto? In che mondo potevo segnare quelle emozioni?
Ci pensai molto nella strada che feci verso casa sua. Ricordo come se fosse ieri, la gioia che mi inondava le vene. Mi ero buttato senza pensare a niente. Accecato dall'amore.
 Vidi da lontano la luce della sua stanza essere accesa. Erano le otto di sera.
La scala che dava sulla sua stanza era lì, poggiata perfettamente. Era l'unico modo per entrare in camera sua senza farmi vedere.
La casa sembrava muta al contrario del mio cuore che scoppiettava frenetico.
Salì uno scalino per volta, piano piano. Volevo fargli una sorpresa. Invece fu il contrario.  Un'immagine che avrei portato dentro tutta la vita. Eccola lì, era così bella. Con la pelle limpida e le guance chiazzate di rosso. Era fra le braccia di Salvatore, il mio migliore amico. Si baciavano con foga e con eccitazione. Una voragine nel mio petto si aprì. Fui un masochista, restai impietrito a guardare fin quando non fu troppo anche per qualsiasi altra persona nella mia stessa situazione. Le lacrime sgorgavano come se fossero lunghe scie di veleno sotto gli occhi. Mi sentivo tradito, umiliato. Mi sentivo per la prima volta perso e solo. Così presi subito in considerazione la via più facile, scappare. E così scappai, scappai dall'amore che mi aveva reso debole e vulnerabile. Quel giorno giurai a me stesso che non avrei più lasciato che il mio cuore si fosse aperto a un'altra persona. Non dissi niente a nessuno di quella vicenda e feci credere a mio padre che scappavo da lui, dal suo lavoro che voleva fosse anche il mio. A me piaceva il suo lavoro, lo avrei fatto con tutto me stesso . Avrei dimostrato a mio padre che io ero meglio di lui. Nessuno capì.. Giada(la traditrice) finì per rassegnarsi. Si chiedeva ancora perché ero andato via senza salutarla. Mi mandò un messaggio ogni giorno per un anno. Poi capì che era tutto inutile e sicuramente si buttò fra le braccia di qualche altro uomo che aveva a sua volta un migliore amico traditore.
Quello che doveva essere un grande giorno finì per essere il peggiore della mia vita.
Dopo quella vicenda usai le donne solo per fine di divertimento. E ogni giorno me le ritrovavo nel mio letto ,speranzose di ricevere una chiamata il giorno dopo. Accumulai circa una ventina di numeri mai richiamati e non avevo mai avuto l'intenzione di farlo. Un mostro assetato di sesso, un mostro che si uccideva da solo. Il mese successivo fu un inferno. Non mangiavo e bevevo quasi sempre. Ero indietro con gli studi e sfogai tutto il mio malessere in palestra ottenendo un fisico che oltre ad essere bello attraeva altre ragazze quindi la solita routine. Il mio salvatore fu il mio compagno di stanza, Adams. Mi raccolse da terra tutte le volte che mi ritrovai ubriaco perso per strada. Mi aiutò con lo studio e fu l’unico che mi fu accanto. Era il mio salvatore. Lui era un bravo ragazzo, aveva i capelli rossicci e la pelle era bianchissima e delicata, come quella di un bambino. Un essere così innocuo non meritava di avere vicino il diavolo. Non meritava di avere una palla al piede, un rompiscatole. Eppure lui, con la sua calma e la sua gentilezza riuscì a salvarmi dall’incubo, a farmi uscire da quel circolo vizioso. E grazie al suo aiuto i miei voti aumentavano, ricominciai a mangiare e per un breve periodo rimasi in astinenza. Nonostante il cambiamento rimasi sempre il solito stronzo, testardo, menefreghista e sfruttatore. Spesso si cambia per le troppe delusioni ed io ero cambiato. L’unico che avevo a cuore, l’unico che non avrei tradito era Adams, per il resto.. vaffanculo al mondo.

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Pensare al passato mi rendeva nervoso e soprattutto ansioso che la voragine ,ormai seppellita da più di due anni, si aprisse di nuovo. Adams era ancora buttato nel letto, solito dormiglione! Eppure mi mancherà svegliarlo la mattina, mi mancherà bere e parlare fino alle 5 del mattino.. mi mancherà tutto. Dovevo lasciargli un ricordo di me. Qualcosa che gli rimanesse per sempre. Il mio volo partiva all’una e il suo alle tre. Andava a Milano, a cercare qualcun altro da salvare. Un altro povero scemo che credeva ancora nell’amore. Mi aveva promesso che avremmo passato Agosto insieme. Alla fine erano solo due mesi e potevo aspettare. Giurai a me stesso di non lasciarmelo scappare, l’avrei chiamato tutti i giorni per ricordargli di me.. Nella vita sono poche le persone come lui, quindi dovevo tenermelo stretto. Mi venne un’idea, un po’ pazza e poco irrazionale. Uscì di corsa lasciando la valigia vicino il letto. Nel college vi erano pochi ragazzi ,qualcuno ubriaco. Per il resto tutto era muto come un pesce. Andai al centro ed eccolo lì, in bella vista il negozio. Entrai con un po’ di paura ma con tanta soddisfazione. Un’ora e mezza dopo uscì con la sua iniziale e una catena tatuata nella caviglia. Ero molto soddisfatto, non mi erano mai piaciute queste cose, tatuarsi le lettere o i nomi di qualcun altro per dimostrargli qualcosa. Infatti io non volevo dimostrare niente. Volevo tenere quel ricordo per sempre e non c’era modo migliore che tatuarmelo addosso. Ero entusiasta. La catena era segno della nostra amicizia, l’aveva disegnata una sera mentre ero depresso e ne aveva fatto un quadro. Mi aveva detto che la nostra amicizia 
è come una catena, si ammacca, si arrugginisce, ma è sempre sana e non si rompe. Non avrei mai conosciuto un’altra persona sulla faccia della terra migliore di lui. Corsi le scale e bussai forte nella stanza. Mi aprì mezzo nudo, con i capelli arruffati e gli occhi lucidi. Gli sorrisi e lui ricambiò il sorriso un po’ confuso ma sincero.

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Capitolo 5
*** Spesso ci si imbatte nel proprio destino sulla strada presa per evitarlo. ***



Ho sempre pensato che se lascio aperta la finestra prima o poi entrerà tutto il cielo.

Quarto capitolo- Spesso ci si imbatte nel proprio destino sulla strada presa per evitarlo.

Varcai la soglia e vidi Marco e Lorena che sistemavano le tovaglie.

«Sono arrivati i rinforzi, serve una mano?»

Sorrisi con tutta la forza che avevo e questa volta ci riuscì.
Marco mi sorrise e il suo ciuffo biondo cadde sulla fronte. Era proprio tenero.

 «Solo una? C-E-N-T-O!»

Poi mi guardò dall'alto in basso e il suo viso s'illuminò.

«Sei bellissima.

Il suo volto divenne un pastello di colori. I suoi occhi si illuminarono e mi regalò uno dei suoi più grandi sorrisi. Come non si poteva voler bene Marco?
Il destino ci aveva uniti, mi aveva fatto conoscere un angelo. Un angelo dai ricci d'oro. La persona più vera e sincera.
Sarà forse scappato dal Paradiso?

«Oh Marco, grazie! Anche tu sei bellissimo, questa camicia è stupenda!!»

Marco era un tipo di ragazzo che si sapeva vestire. I pantaloni blu scuro cadevano perfettamente nelle gambe lunghe e magre e la camicia bianca dava mostra ai suoi pettorali ben lavorati. Era il tipo che tutte le ragazze sognano.
Mi gettai fra le sue braccia. Ormai la sua stretta era la miglior medicina. Sembrava che le sue braccia fossero fatte apposta per me. Lo strinsi forte al petto .I nostri cuori battevano uno di fronte all'altro. Dio mio quanto gli volevo bene! Poi corsi e abbracciai anche Lorena. Aveva un abito rosso fuoco che risaltava il suo volto chiaro dove vi erano nascoste poche lentiggini sul naso. Adesso il suo sorriso divenne anche il mio .Si poteva essere più fortunati di me?!

«Adesso mettiamoci al lavoro su, Lorena metti i bicchieri e l'alcol. Kristen prendi tutti i cd di quest'anno e inseriscili nello stereo, io scappo a finire la piscina!»

Mi misi subito a lavoro. Presi i cd e ne inserì uno allo stereo. Misi la prima traccia a tutto volume= fly projet.
Presi i tavoli grandi e con l'aiuto di Lorena gli portai fuori, accanto all'enorme piscina. Sistemai bene i bicchieri a forma di cocco e posizionai perfettamente gli ombrellini. Infine riuscì a trasportare 30 bottiglie di puro alcol dalla cucina al giardino.

«Brave ragazze è tutto pronto! Fra meno di dieci minuti arriveranno tutti»

Quel tutti mi terrorizzava. Chi aveva invitato? Tutta la scuola?
Mi salì un nodo in gola. Non ero brava a fare conoscenza, non ero brava nella comunicazione essere umano-essere umano.
Era la mia prima festa dopo l'abbandono di Riccardo. Il mio scopo era divertirmi quindi della gente che veniva non me ne doveva importare nulla.
Ma perché avevo così paura delle persone?
Poi tutto accadde velocemente, mentre stavo seduta in una sdraio del giardino il campanello suonò e la casa si riempì anzi si stra-riempì. La metà delle persone erano per me estranei. Ogni tanto scorgevo qualche viso famigliare, un alunno del quinto ,diversi del terzo.. perfino un fratello di uno del primo. C'ERA IL CAOS. Neanche il tempo e tutta la marmaglia si buttò sull'alcol, come se non ne potessero fare a meno. Come se prima di uscire di casa avessero detto "bene andiamo a divertirci, andiamo a bere!". Da lontano scorsi i riccioli di Marco impegnati in uno scambia-saliva con Lorena. Scacco matto, finalmente erano usciti allo scoperto. E se ciò avesse rovinato la nostra amicizia? No, adesso non c'era tempo per pensare. Bisogna buttarsi nella mischia e divertirsi. Così mi alzai dalla sdraio che aveva preso la mia forma e mi gettai nella massa. Ballavo accanto a un'amica del quarto e dietro di noi cinque maschi allupati, dal viso sconosciuto, quasi strisciavano sui nostri vestiti. Poi il mio sguardo si diresse verso le scale che davano al secondo piano, delle spalle larghe salivano con fare circospetto. Da lontano notavo soltanto le Nike e un fondoschiena da paura. Era un ladro o qualcuno che voleva andare in bagno? Meglio andare a controllare. Optai per andarci da sola visto che Marco "aveva da fare". Sorrisi di nuovo alla coppia. Mi allontanai dalla mia amica che mi guardò con faccia incupita, l'avevo lasciata sola con cinque maschi. Scusa gli urlai con lo sguardo. Speravo avesse capito. Strattonai un bel po’ di persone ma alla fine arrivai alla mia meta. Salì i gradini di corsa e intravidi le stesse spalle di poco prima nella porta che dava alla stanza di Marco. Analizzai la situazione senza farmi vedere. Quel tipo strano era disteso sotto il letto alla ricerca di qualcosa. Poi si alzò ,fece tre passi avanti e due indietro e aprì circa 4 cassetti. Era sicuramente un ladro alla ricerca di qualcosa da portarsi a casa. Peccato per lui, non era la serata giusta. Varcai la soglia con foga e gli puntai l'indice sulle spalle. Sentivo l'adrenalina scorrere nelle vene. E se mi avesse fatto dal male? Su Kristen scaccia questo brutto pensiero!

«Cosa stavi cercando ladruncolo? Vieni alla feste per bere, rubare e andare a casa? Peccato per te che non è la serata giusta! »

Il corpo del giovane si voltò. Poteva essere alto 1,78 circa. I suoi occhi fini erano di un colore turchese accompagnato da ciglia lunghe e sottili. Le sue labbra erano rosse come il sangue e carnose. Il suo naso era la perfezione e i suoi capelli, neri corvino, sembravano essere usciti dal parrucchiere .Erano ondulati e qualche ciuffo si abbassava quasi sopra gli occhi. Che fosse bello non c’erano dubbi ,ecco perché il mio cuore svolazzò via come un colibrì. Mi accorsi che lo sconosciuto mi analizzava poi un sorriso da angelo vendicatore si dipinse in quel volto di marmo che sembrava essere disegnato.

«Cos’è un modo per abbordarmi? Se vuoi il mio numero basta chiedere non c’è bisogno di essere isteriche. »

Rimasi a bocca aperta, il mio stomaco si rigirò. Che stronzo, ma chi si credeva di essere? Peccato, sarebbe stato meglio se fosse rimasto zitto, era accettabile. Adesso andava nella mia lista degli stronzi + stronzi conosciuti in vita mia e si posizionò secondo dopo Riccardo.

«Senti tutto muscoli e zero cervello, che ci fai qui? Cosa stai cercando? »

Persi le staffe e alzai di due toni la voce, questo specie di ragazzo mi stava facendo perdere tempo.

«Che bel soprannome, sono a una festa no? Sto cercando qualcuna da farmi! »

Il formicolio nelle mani iniziò ad essere presente, avrei voluto scagliarli un pugno in piena faccia a quel prepotente , se solo l’avessi saputo fare! Cercai di prendere fiato e di far andare via la rabbia. Inspirai due volte.. ecco adesso andava meglio. Ad un tratto il prepotente si avvicinò al mio volto. La sua faccia, bella da impazzire, fu a 5 centimetri dalla mia. Adesso potevo vedere i lineamenti dei suoi occhi e mi ci immersi. Non avevo più lucidità ,mi stavo perdendo. Le sue labbra furono quasi sulle mie .. cercai di staccarmi dalla presa che le sue forti mani avevano su di me. Sembravano cemento. Così rimase l’ultima soluzione (l’unica che pensai in quel momento). Con tutta la forza che avevo puntai le mie scarpe nei suoi “gioielli di famiglia”, gli diedi un colpo netto e deciso. Lo vidi gettarsi a terra e dal dolore contorcersi. Forse non ero stata tanto fine e un poco mi dispiacque. Ma solo un pochettino, in fondo agli abissi del mio cuore.

«Cazzo sei pazza? Questi mi servono!! »

«Dimmi cosa ci fai qua o te ne do un altro!! »

«No, no tranquilla. Sono venuto per la festa e adesso me ne vado»

«Ecco, Bravo! E non tornare più! Ladro e anche maniaco! »

Forse esagerai un po’ ma alla fine come dovevo comportarmi con uno sconosciuto che cerca fra la roba del mio amico?  Anzi come dovevo comportarmi con uno sconosciuto bellissimo che cerca fra la roba del mio amico?
Sicuramente non avrei dovuto fargli così male ma cosa avrei potuto fare? Restare fra le sue braccia e farmi trasportare?
Non se ne parla nemmeno! 
Ok era una festa ma io non ero una troia e non me ne andavo con il primo che capita e soprattutto che ruba !
Mi ci vollero 3 minuti buoni per alzarmi dal letto e riordinare le idee. E se non se ne fosse andato?
Se aveva setacciato un’altra stanza alla ricerca di qualcosa da rubare?
Mi alzai di corsa e scesi le scale. Sembrava che la folla fosse aumentata. Sgranai gli occhi e cercai Marco con lo sguardo. Il mio cuore si bloccò così come il mio fiato. Accanto a lui, con un bicchiere in mano, l’angelo vendicatore gli parlava a gesti. Ero in un film horror o cosa? Sembrava che Marco lo conoscesse o forse era troppo ubriaco per distinguere le persone. Corsi con tutta la forza rimasta e spinsi almeno una ventina di persone che erano “incollate” fra di loro. Gli avevo persi.. il pensiero prese il sopravvento. Marco che faceva a botte con l’angelo, esso avrebbe vinto. Il mio migliore amico era in compagnia del diavolo!
Corsi ancora più veloce e poi li vidi. Uno di fronte all’altro sul bordo della piscina. Come se volessero sfidarsi. Il mio cuore ormai batteva all’impazzata. Mi precipitai da Marco e la preoccupazione che sgorgava nelle vene salì alle stelle. Poi l’angelo vendicatore e il mio migliore amico mi sorrisero.

«Kristen questo è mio fratello Stefan, è tornato dalla Spagna poche ore fa. »

Il mio stomaco non riusciva ad ingoiare quelle parole.. l’angelo vendicatore era il fratello del mio migliore amico. Avevo dato un calcio là sotto a Stefan! Questo era un incubo o cosa? E poi ecco che quadrava tutto.. Stefan era salito per cercare delle cose sue nella stanza di Marco. E perché mentire? E perché comportarsi da ladro e marpione?
Alla fine non avevo fatto bene a difendermi dalle sue labbra?
Ci guardammo in cagnesco, stupido stupido e fottutamente bellissimo!

«Ma vi conoscete? »

Chiese Marco analizzando i nostri sguardi.

«Mai visto in vita mia . »

Risposi tutto ad un fiato.
L’ang..ossia Stefan sembrava volesse dirmi con lo sguardo di andarmene, di sparire.
Avrei dovuto dire tutto a Marco o stare zitta? Come l’avrebbe presa il mio amico sapendo che suo fratello ,appena tornato dalla Spagna, cerca di mettere la sua lingua nella bocca di una sconosciuta che per lui era la sua migliore amica? Così decisi la via più facile e consona. Avrei tenuto per me quei pochi minuti. Bruciai con lo sguardo Stefan e sorrisi a Marco.

«Vabbè Marco sono stanca vado sopra a fare un leggero riposo. Quando finisce tutto chiamami  e ti aiuto a sistemare

Pregai con tutta me stessa che le occhiate di Stefan fossero rivolte a qualcuna dietro di me.
Eppure sembrava analizzarmi di sottecchi.

«Okay, Stefan stasera dormi in stanza con Kristen? Lì c’è l’unico letto libero e poi potete fare maggiore conoscenza. Non è una bella idea? »

Soffocai un grido di disperazione e il mio volto divenne di pietra. Al contrario di quello di Stefan che disegnò un sorriso ammaliatore.

«Noooooooooooooooo! Cioè sarebbe una grandiosa idea ma io russo, russo fortissimo come un maiale e potrei disturbare il suo sonno. Non mi sembra giusto! »

Sperai che Marco notasse fra le righe che non volevo minimamente dormire con il suo super-montato e pompato fratello. E se mi avesse messo le mani addosso mentre dormivo? Il pensiero mi colpì e un’ondata di panico m’invase.

«Sai Kirsten, in collegio un mio compagno di stanza russava fortissimo e ci sono così abituato che se non russa qualcuno non prendo sonno.»

Ma stava forse cercando un’altra bella botta o cosa? Non so quante volte nella mia mente lo mandai all’inferno. Lo bruciai con un solo sguardo e sentivo che la voglia di violenza dentro di me cresceva, l’avrei preso a botte da un momento all’altro se non fossi stata così educata e fine.

«Vabbè raga io vado a divertirmi , Krì è una festa.. fallo pure tu!

Avrei voluto gridarli di non lasciarmi sola con il diavolo.
Poi i riccioli di Marco si persero fra i cento ragazzi buttati in salotto.
Davanti a me il figlio del Dio Greco sorrideva. Ma era stupido o cosa?

«Smettila di sorridere, te lo sogni che dormi con me! »

«Senti ragazzina, potrei dormire con tutte le ragazze in questa stanza quindi se sono obbligato a stare in stanza con te ..consideralo un regalo sceso dal cielo! »

Le sue parole mi fecero ridere e scoppiai in una risata fragorosa.
Era così convinto ed estremamente infantile. Stefan mi guardò in cagnesco.

«Speriamo che questo sia l’ultimo regalo che mi fa il cielo.. ma qualcosa di meglio non c’era? Magari un iphone, un tablet.  Vabbè ciao Stefan e un saluto anche alla tua convinzione! »

Voltai le spalle al giovane e ingoiai tre bicchieri di vodka senza rendermene conto e con un po’ di sollievo in più: Non lo avrei visto fino all’indomani. Non ne potevo essere così contenta e così estremamente turbata, come se mi aspettassi le sue parole sceme e il suo sguardo addosso. Come se ne sentissi la mancanza. Sicuramente questi pensieri erano per l’effetto dell’alcol. Sarei dovuta andare a dormire e sotterrarli nel posto più cupo della memoria. L’orologio segnava le tre del mattino ..ecco perché ero così stanca e così fragile. Non ero pronta per andare a letto, non ero pronta per rivedere dentro le mie palpebre i suoi occhi turchesi . Non ero pronta per affrontare il caos che era arrivato tutto in una volta. Così, come sempre, scelsi la via più facile : Altri due bicchieri , un tuffo in piscina e scatenarmi fino alle cinque del mattino. Non so cosa mi spinse e non so cosa mi prese. Mi spogliai e mi gettai in piscina (per fortuna indossavo il costume). Iniziai a chiacchierare fragorosamente con un gruppo misto di ragazzi e ragazze. Qualche giovane del quinto venne verso di me e io ,come una stupida,rimasi a galla. Gli rispondevo ad ogni domanda con risposte del tutto diverse. L’alcol prese il sopravvento su di me. Il giovane si chiamava Luca.. o Carlo boh. Iniziò a mettere le mani su di me e a baciarmi il collo. Io ero rimasta immobile, il mio cervello non ragionava. Non sapevo cosa mi sarebbe successo ma sapevo che non avevo paura.  Ad un certo punto ,mentre LU-CARL era arrivato con le mani nel sotto del mio costume ,qualcuno mi prese dal braccio strattonandomi fuori dalla piscina. Non guardai nemmeno chi era stato a salvarmi o a portarmi con lui all’inferno. Sentivo soltanto le sue grandi spalle sotto la pressione delle mie mani. Mi prese in braccio con una leggerezza, come se pesassi 15 chili e non cinquantacinque. La sua camminata dondolava e sentì il vomito iniziare a salire sempre più veloce.

«Portami in bagno subito! »
La testa girava e la villetta del mio amico sembrava essere una giostra continua. I miei occhi furono sul viso del mio trasportatore e quando incrociai i suoi occhi, di nuovo, l’organo che avevo dentro la gabbia torica esplose . Batteva incontrollato. Ero nelle braccia dell’angelo mezzo diavolo, Stefan mi conduceva sopra le scale per portarmi in bagno. Lasciò il mio corpo scosso a due centimetri dal gabinetto e con tutta la forza che avevo lo feci uscire chiudendo a chiave la porta. Di corsa mi avvicinai al wc e buttai tutto lo schifo che avevo bevuto. Mi sentì una stupida, mi sentì umiliata, salvata dal più grande degli stronzi. Doveva essere una serata perfetta non un incubo. Un po’ tutto quel casino era solo colpa mia. Se non avessi seguito Stefan ,tutto questo non sarebbe successo.

«Kristen tutto bene là dentro? »

La sua voce sembrava essere lontana e io mi sentivo così persa senza il mio volto sul suo petto. Mi alzai da terra e ripulì tutto. Mi vergognavo a parlare, mi vergognavo ad uscire da quella porta. Stefan era pronto a umiliarmi, a fare una battutina e a farmi stare più male di quanto non stavo già. Avevo bevuto tanto e mi ero buttata nelle braccia del primo che capitava. Non ero io quella persona. Non era da me comportarmi in quel modo. Non avevo giustificazioni se non solo il dolore e la consapevolezza che l’amore mi odiava e mi voltava le spalle continuamente.
«Apri sta porta prima che la sfondo! »
Inspirai profondamente. La sua voce suonava preoccupata o forse stavo solo immaginando  che lo fosse. Dopo 20 secondi contati mentalmente e circa 14 respiri profondi aprì la porta.
____________________________________________________________________________Fine quarto capitolo.

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Capitolo 6
*** 2 parte Stefan-E' scientificamente provato che le cose più belle possono distruggerti. ***




Ho sempre pensato che se lascio aperta la finestra prima o poi entrerà tutto il cielo.
Quarto capitolo-2 parte Stefan-
E' scientificamente provato che le cose più belle possono distruggerti.




«
Finalmente sei sveglio!»


«Eh sì.. mi sono ricordato che devo tornare alla patria. Ma dove sei stato?»

«In giro..»
 
«Non mi convinci. Che hai combinato?»


«Ho fatto una cosina niente di che..»

« Mi sto preoccupando. » 

«Non ce né bisogno.»

«Fammi vedere.»


Segui gli ordini e misi in bella mostra la caviglia arrossata con la catena doppia e l’iniziale spessa. I suoi occhi si accesero e non riuscì a contenere l’emozione. Si fiondò su di me e mi abbracciò.
«Sei proprio un coglione, cazzo è fichissimo!»

Lo guardò e riguardò varie volte chiedendomi quanto fossi pazzo e quanto male aveva fatto. Risposi con naturalezza e sinceramente mi aveva fatto un male cane. Dopo tutti i complimenti che mi aveva fatto per il tatuaggio capì che era ora di sistemare e di tornare a casa, dove la sua famiglia lo aspettava. E a me chi mi aspettava? Non avevo neanche avvisato mia madre, sarei stato in un hotel lontano da mio padre fino al verdetto. Per la prima volta poteva essere fiero di me. Sarei diventato avvocato. Non so cosa fu, forse la gioia che mi provocava l’amicizia con Adams, forse la gioia di rivedere Roma o forse la gioia che finalmente avrei reso contento mio padre. Forse erano tutte queste cose messe insieme e per la prima volta dopo tre anni, mi sentì felice.
Per fortuna riuscì a prendere l’aereo puntualissimo come un orologio svizzero. Il viaggio fu lento e gradevole. Si sedette accanto a me una bionda platino con un abbandonante seno che fuoriusciva dal vestito striminzito. Una mezzoretta dopo me l’ero fatta senza ritegno nel bagno dell’aereo. Il mostro dentro di me emergeva sempre. Le ultime ore prima dell’arrivo le passai dormendo, speravo di non russare. Alle sette di sera  arrivai nella mia bella e calorosa Roma. Il cielo era calmo e tutto sembrava non essere cambiato. Mezzo rincoglionito andai a prendere i bagagli che arrivarono una mezz’ora dopo. Mi sedetti a fumare una Marlboro tranquillo e con gli occhi stavo attento alle mie valigie. Il cellulare era muto, come il mio umore. Non sapevo esattamente come mi sentivo. Scosso lo ero di certo ma non tanto. Già mi mancava Adams ma non ci facevo troppo caso. Finita la siga noleggiai un’Honda Civic nera tirata a lucido. Avevo un sacco di soldi messi di lato, nonostante mio padre non mi potesse vedere mi mandava un po’ di soldi al mese che mi avanzavano sempre. Mi fermai davanti a una nuova pizzeria perché mi accorsi che morivo dalla fame. Rimasi lì un bel po’ di tempo, non avevo un bel niente da fare. Fumai altre sigarette e verso le dieci salì in macchina. Mentre mi dirigevo verso l’hotel passai davanti casa mia. Definirla “casa” mi suonava strano, da circa tre anni non ci mettevo piede. Era tutta illuminata e dalla finestre notavo che era piena di persone. Eppure anche la musica era forte. Avevo sbagliato casa? Eppure il numero era quello, come la porte, le finestre e i fiori che coltivava e curava mia madre. Mio fratello dava una festa? Era meglio andare a controllare. Cosa mi avrebbe detto? Già immaginavo la sua voce scoppiettante e le sue guance rosse. Ormai era diventato grande.. forse era più alto di me. L’avrei riconosciuto? Certo che sì. Era sangue del mio sangue. Non sapevo cosa fare, bussare o no? Neanche il tempo di pensarci su e due ragazzi uscirono tutti ubriachi lasciando la porta aperta. Tutto era identico come l’avevo lasciato. A parte l’alcol e i tavoli spostati dove una coppia ci amoreggiava sopra. Mi indirizzai verso la camera di Marco, salì le scale una ad una e mi fiondai subito a vedere cosa era cambiato. Forse qualche foto, forse il letto. Mi abbassai per notare se era sempre lo stesso. Sorrisi, non era cambiato nulla a parte le coperte. Indagai dentro i cassetti, era tutto normale e tutto identico. Mi sentì di nuovo a casa. Il mio sesto senso mi fece notare qualcuno alle mie spalle ma non ci feci nemmeno caso perché la felicità mi apparteneva. La figura si avvicino e mi puntò un dito sulla spalla sinistra.

«Cosa stavi cercando ladruncolo? Vieni alla feste per bere, rubare e andare a casa? Peccato per te che non è la serata giusta! »

La voce era piena di autorità e limpida. Distaccava le parole perché avessero un senso di incazzatura in più. Una voce così bella doveva essere accompagnata da un volto bellissimo ,così mi girai per curiosità . Quello che vidi non fu facile da spiegare e nemmeno le emozioni che mi corsero dentro, ammassandosi una sopra l’altra. Stupore, dolcezza, amore.. tutto in una volta. Fui sbalordito da tutte quelle emozioni che mi inondarono le vene , dopo tanto tempo iniziavo a provare qualcosa. Tutti quei sentimenti nascosti erano riemersi tutti in una volta. Gli occhi della ragazza bellissima erano grandi e azzurri come se il cielo fosse caduto d’improvviso e si fosse fiondato su di essi. I capelli erano neri e lunghi e dei boccoli incorniciavano il suo viso bianco come il latte. Le labbra erano schiuse e carnose. Ed erano rosee e perfette. Poche lentiggini navigavano il suo naso. Quando le sue guance si colorarono di un rosa limpido ,il mio cuore si risvegliò ed emise battiti lenti a singhiozzo. Così attratto dal suo viso non feci caso al suo fisico e quando i miei occhi si posarono su di esso capì che la perfezione esisteva ed erano le sue gambe . Mi sentì scosso, preso da tutte quelle emozioni. Ripresi lucidità e iniziai a mettere in moto il cervello. Tanta bellezza e fragilità significavano solo una cosa: dolore. Se avessi lasciato il mio cuore perdersi per una ragazza così bella di cui non conoscevo nemmeno il nome sarei rimasto di nuovo distrutto e la voragine si sarebbe riaperta. Al solo pensiero mi vennero i brividi. Così il mostro dentro di me riprese possesso del mio corpo e della mia mente e divenne uno scudo sopra il mio cuore.

«Cos’è un modo per abbordarmi? Se vuoi il mio numero basta chiedere non c’è bisogno di essere isteriche. »

Stupido stronzo. Sono solo uno stupido stronzo. Stavo scappando di nuovo dal dolore .. il suo viso divenne illeggibile e la sua smorfia arrabbiata mi fece uno strano effetto,mi veniva voglia di abbracciarla in una maniera che doveva essere considerata illegale.

«Senti tutto muscoli e zero cervello, che ci fai qui? Cosa stai cercando?»

Avrei voluto dire un sacco di cose, tutte per lo più sdolcinate. Avrei voluto dire che avevo smesso di cercare e avevo trovato ciò che mi avrebbe reso la vita perfetta. Avrei voluto dire la verità, che ero un povero mostro scappato dal dolore più di tre anni fa. Così lasciai che fosse la mente a parlare e non il mio cuore e naturalmente continuai a rovinare l’aria con le mie insulse parole non vere.

«Che bel soprannome, sono a una festa no? Sto cercando qualcuna da farmi!»

Non stavo cercando nessuno, tutto ciò che avrei voluto in quel momento era la persona che avevo davanti. Bella e perfetta. Sembrava anche lei persa nel mondo e prima o poi due cuori persi dovevano ritrovarsi no? La sua espressione sembrava stranita come se mi stesse leggendo. Analizzava ogni mio singolo movimento come se aspettasse un mio improvviso cambiamento di umore. Mi avvicinai al suo viso perché la curiosità di analizzarlo da vicino  mi mangiava vivo. Mi immersi nel profondo dei suoi occhi e non avrei voluto essere in nessun altro posto. Sembrava che fossi nato soltanto per guardare e riguardare i suoi occhi e le sue labbra. Avrei voluto provarle, vedere se fossero così morbide come sembravano. Mi avvicinai piano, spinto dalla curiosità e dall’attrazione che bolliva dentro di me. Ero quasi arrivato alla meta quando sentì la sua scarpa trafiggermi i miei “gioielli”. Partì un dolore allucinante che mi fece sedere a terra. Era anche brava a dare calci.
«Cazzo sei pazza? Questi mi servono!! »

«Dimmi cosa ci fai qua o te ne do un altro!! »

«No,no tranquilla. Sono venuto per la festa e adesso me ne vado»


«Ecco, Bravo! E non tornare più! Ladro e anche maniaco!»

Mi sentì un pezzente, rifiutato e scacciato da una creatura così dolce e fragile. Uscì dalla stanza a passi lenti come se non mi volessi allontanare mai perché temevo di non risentire più il suo profumo e il suo volto. Avrei scalfito quei pochi momenti nel cuore per poi riviverli in tutte quelle notti insonni dove non trovavo la voglia di addormentarmi . Non sapevo bene dove andare o cosa fare. Sapevo soltanto che quella notte sarebbe stata diversa perché in quella notte avrei rivisto il suo viso tutte le volte che volevo perché ormai bastava chiudere gli occhi. Non mi andava di uscire di casa, non mi andava di andare in un albergo e di dormire in una stanza vuota più vuota di me. Così in mezzo a quella folla cercai mio fratello . Dal tavolo più grande presi un bicchierone di alcol e lo sorseggiai appena. Da lontano intravidi i riccioli d’oro di Marco e corsi subito nella sua direzione. Quando mio fratello si girò notai che nel suo volto viaggiavano emozioni incontrollate come se non sapesse come sentirsi. Poi ,grazie a Dio, mi sorrise e mi abbracciò fortissimo.
 
«Stefan, cosa ci fai qua? Cazzo sei diverso! Sei  più bello e più muscoloso! Porca vacca sei anche un bordello più alto! Ma quando sei tornato? Com’è andato il viaggio? »

Mi bombardava di domande e mentre parlava i suoi occhi brillavano. Altre emozioni corsero dentro di me, emozioni del tutto nuove e inaspettate.

«Sono tornato due ore fa ,il viaggio è andato benissimo. Anche tu sei diverso, sei più grande! Ma sempre gli stessi riccioli! Ma a proposito, questa festa? »

Marco mi sorrise e in quel momento pensai che era così facile volergli bene o amarlo così tanto quando sorrideva.

« Lunedì finisce la scuola e ho organizzato una festa per l’inizio dell’estate. Però papà non sa niente perché è fuori città per una settimana e mezza al contrario di mamma che sa tutto ma resta dalla nonna fino a lunedì. Ma non sono troppo bravo? »

Ridemmo all'unisono. Avrei rimandato la confessione a mio padre  per una settimana e mezza e in quei giorni avrei goduto il mare, il sole e tutto ciò che mi circondava. E nel mio cuore speravo di rivedere quella ragazza. Cercai con tutte le forze di non pensarla.
D’improvviso Marco sorrise davanti a sé.

«Kristen questo è mio fratello Stefan, è tornato dalla Spagna poche ore fa.»

Quando i miei occhi si direzionarono sulla stessa direzione di quelli di Marco restai impietrito. Kristen era la bellissima ragazza conosciuta in camera di mio fratello. Kristen, che bel nome, lo avrei portato per sempre nel mio cuore. Notai che all’inizio fu leggermente stupita dalle parole di Marco ,successivamente mi guardò in cagnesco. Non aveva tutti i torti, le avevo mentito. Mi ero preso gioco di lei. Sono proprio un gran bastardo! Marco si accorse dei nostri sguardi.
«Ma vi conoscete? »

«Mai visto in vita mia »


Era così bella quando mentiva . Avevo una paura che non volesse vedermi più. Ed era proprio così. Non dovevo vederla più, era meglio per me e soprattutto per lei. Il mio cuore non era d’accordo e cercai di nascondere la tristezze che quei pensieri mi procuravano. Mi bruciava con lo sguardo. Avevo perso in partenza. Stupido mostro dentro di me!
«Vabbè Marco sono stanca vado sopra a fare un leggero riposo. Quando finisce tutto chiamami e ti aiuto a sistemare.»
Voleva andarsene, voleva andare via da me. Le gambe divennero molli, il mio stomaco si chiuse. I miei occhi corsero sul suo viso e sul suo corpo per tenere in mente più dettagli. Così potevo ricordarmi il suo viso ogni volta che volevo , pescandolo nei ricordi più belli della mia memoria.

«Okay, Stefan stasera dormi in stanza con Kristen? Lì c’è l’unico letto libero e poi potete fare maggiore conoscenza. Non è una bella idea?»

Da quelle parole capii che amavo alla follia mio fratello. Una bella idea? Bellissima era dire poco. Sicuramente Kristen avrebbe  rifiutato di avere  vicino un mostro l’intera notte. Di solito le persone normali scappano dai mostri, non ci dormono accanto. Sorrisi più che potevo, speravo che accettasse. Lo speravo con tutto il mio cuore.

«Noooooooooooooooo! Cioè sarebbe una grandiosa idea ma io russo, russo fortissimo come un maiale e potrei disturbare il suo sonno. Non mi sembra giusto!»

Che gran cazzata. Stava cercando una scappatoia. Che ci voleva a dire “io non dormo con questo essere?” Non ci sarei rimasto male, aveva tutte le ragioni di questo mondo per pensare cose sgradevoli su di me. Nonostante sapevo che potevo farle ribrezzo cercai anche io uno svincolo. Era diventato un pensiero fisso quello di vederla dormire. Vedere la sua espressione e i capelli arruffati. Non avevo un’altra occasione.

«Sai Kirsten, in collegio un mio compagno di stanza russava fortissimo e ci sono così abituato che se non russa qualcuno non prendo sonno.»

Che gran bugiardo che sono. Adams non russava quasi mai ed era la persona più tranquilla del mondo. Dal suo sguardo sembrava volesse uccidermi o darmi un altro calcio. Al ricordo un brivido mi corse dentro.

«Vabbè raga io vado a divertirmi , Krì è una festa.. fallo pure tu!

Sorrisi come un ebete mentre la guardavo , non vi erano difetti in questa ragazza. Quando perdevo i miei occhi nei suoi sentivo che la mia vita eraa completa, mi sentivo felice e finalmente a casa. Era una sensazione ambigua.

«Smettila di sorridere, te lo sogni che dormi con me!»
Aveva proprio ragione, sicuramente quella notte avrei sognato me accanto a lei, sopra un gran lettone. Avrei sognato di dormire insieme, non di fare l’amore. L’amore lo sanno fare tutti. Dormire insieme a una persona ,magari sopportarla russare o farsi le coccole tutta la notte. Risposi senza pensarci, lasciando sempre che il veleno uscisse dalle mie parole. Lasciando che la mia mente fosse in una grande battaglia con il mio cuore. Avevo dentro dei sentimenti contrapposti, da un lato volevo donare a quella sconosciuta la parte migliore di me. Volevo donarle amore e dolcezza ogni secondo della mia vita. Dall’altra non volevo espormi a situazioni o relazioni che a lungo andare avrebbero potuto far riemergere tutto il dolore nascosto. Questa volta non sarei scappato e questo rendeva tutto più difficile. Dovevo allontanarmi.

«Senti ragazzina, potrei dormire con tutte le ragazze in questa stanza quindi se sono obbligato a stare in stanza con te ..consideralo un regalo sceso dal cielo!»

Kristen scoppiò a ridere per la mia stupidità. Anche io avrei riso di me stesso.

«Speriamo che questo sia l’ultimo regalo che mi fa il cielo.. ma qualcosa di meglio non c’era? Magari un iphone, un tablet. Vabbè ciao Stefan e un saluto anche alla tua convinzione!»

Mentre se ne andava lontano da me vidi che ingoiò tre bicchieri di vodka. Dovevo andarmene. Cosa ci facevo ancora lì? Ero venuto da circa mezz’ora e avevo rovinato già tutto. Avevo fatto lo stronzo con la ragazza più bella mai vista . Dovevo chiudermi in albergo , stare solo per un po’ di tempo. Non avevo più l’appoggio di Adams. Non mi ero mai sentito così solo, mai in tutta la mia vita. Mio fratello voleva che restavo a dormire lì, avrei sentito il profumo di Kristen fra le mura di casa. Non volevo deludere di nuovo mio fratello e non volevo dimenticare il profumo della sconosciuta. Vagai attorno alla casa, alla ricerca di un passatempo. Quando arrivai ai pressi della grande piscina vidi una situazione che non avrei mai voluto vedere. Kristen ubriaca in piscina nelle braccia di un bastardo sconosciuto. La rabbia diventò gelosia acuta. Non potevo essere geloso di una sconosciuta, non potevo provare tutti quei sentimenti . Senza pensarci due volte strattonai Kristen dalle braccia di quel biondo tinto che mi guardò dapprima con rabbia e poi con un volto neutrale. Sicuramente non voleva mettersi contro i miei muscoli. Kristen si appoggiò al mio petto senza guardarmi per vedere chi fossi, era completamente ubriaca. Camminai verso la cucina e ad un tratto i suoi occhi si posarono su di me. Mi guardò e il mio cuore riprese a battere incondizionato.
 «Portami in bagno subito! »
Urlò e le sue parole furono ordini per me. Mi precipitai verso il bagno e la feci scendere a due centimetri dal gabinetto. Le lasciai un po’ di privacy e lei mi chiuse letteralmente la porta in faccia. Sentivo la preoccupazione attraversare ogni mia cellula. Ogni singola parte del mio corpo. Ero impaziente che quella porta si aprisse.

«Kristen tutto bene là dentro?»

 Gli chiesi aumentando il tono della m
ia voce. Le mie gambe quasi tremavano aspettando una sua risposta. Ma niente, il silenzio assoluto. La paura si trasformò in ansia impaziente. Il mio cuore aumentò la velocità dei battiti e il sudore mi gocciolava dappertutto.
«Apri sta porta prima che la sfondo! »
Fui abbastanza brusco ma l’ansia prese il sopravvento. Dopo pochi secondi Kristen aprì la porta.
Il mio corpo fu sorpassato da un sollievo improvviso.

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Capitolo 7
*** Non tirarti indietro, se l'amore bussa alla porta.. apri. ***


 


Ho sempre pensato che se lascio aperta la finestra prima o poi entrerà tutto il cielo.
                  Quinto capitolo :
Non tirarti indietro, se l'amore bussa alla porta.. apri.

  


 

I nostri occhi si cercarono impazienti.
Mi sorrise e nel momento esatto che lo fece ,ogni mia singola particella di corpo vibrò estasiata.
Non riuscivo a parlare, ero scossa e bloccata dall’intensità delle sue pupille.
Il mio cuore gorgogliava di emozioni forti, i bruchi divennero farfalle e svolazzarono dentro la mia pancia.
Non mi sentivo così da molto tempo, forse nemmeno Riccardo mi aveva mai sprigionato tutte quelle emozioni.
Non avevamo bisogno di dirci niente, i nostri occhi facevano un discorso fra di loro.
Ma cosa mi succedeva? Come potevo provare tutte quelle emozioni per uno sconosciuto che fino a pochi secondi prima pensavo fosse un mostro?
Ero agitata e anche terrorizzata.
Non potevo permettermi di provare così chiaramente quello che sentivo.
Il silenzio divenne pesante, ci scrutavamo, nessuno dei due sapeva esattamente cosa dire.
Poi ,grazie al cielo, Stefan fu il primo a parlare.

 
« Come ti senti? »


Sembrava davvero interessato a sapere la risposta.
Nella mia vita , mi avevano fatto  in molti questa domanda ma nessuno era mai stato interessato veramente della risposta.
Per loro era solo un modo per fare discorso.
Per la prima volta sentì che quella persona fosse interessata veramente a come mi sentivo, a cosa provavo.
E quando una persona te lo chiede in quel modo, in tono dolce e premuroso, non puoi mentirgli.
Ti tocca per forza gettare la spugna e dire veramente come ti senti.


«Scossa, triste, fuori dal mondo, umiliata da me stessa..e tu? »

Il suo volto divenne di pietra, strinse i pugni.
Si passò la mano destra fra i capelli e successivamente infilò le mani in tasca. Sembrava del tutto perso.. nel mondo.
Non sapeva se rispondermi sinceramente o dire qualche cavolata.
Il dubbio era ben leggibile nei suoi occhi.

 
« Siamo nella stessa barca. »

Le sue parole mi strinsero il cuore.
Anche lui si sentiva come me. Un altro perso nel mondo alla ricerca dell’ancora da gettare e fermarsi.
O forse mi stava prendendo ancora in giro ma i suoi occhi erano pura verità, sembrava un libro aperto.
Mi sentivo esausta, le gambe erano pesanti e mi girava ancora la testa per l’alcol.
Era meglio andare a dormire
.

« Vado a letto. Notte»

«Buonanotte»

Mi incamminai verso la stanza di Marco, il dubbio mi percorreva la mente : Dove andava a dormire?
Ero certa della risposta.
Nonostante la mia mente allontanava l’idea che sarebbe venuto nella mia stanza ,il mio cuore lo sperava.
Arrivata ai pressi del letto, tolsi le scarpe che mi stavano disintegrando i piedi e anche il vestito che mi sopprimeva.
Libera da tutto indossai il pigiama a righe verdi e bianche, i pantaloncini erano abbastanza corti.
Mi appoggiai nel letto, stanca e stressata.
La mia mente ribolliva di immagini e l’unica che percorreva in continuazione gli strati della mia memoria  era solo quella :Il suo viso.
Mi giravo in continuazione nel letto, non trovavo la posizione giusta, il cuscino sembrava sempre troppo caldo.
E sudavo come non mai. Il nervosismo vagò nel mio corpo per una ventina di minuti.
La musica era troppo alta, rimbombava in continuazione . Non trovavo pace.
Ad un tratto mentre ero persa nei miei sogni ,qualcuno entrò silenziosamente dalla porta.
Feci finta di dormire. Cercai con tutte le mie forze di essere credibile.
I passi erano lenti e il dubbio di chi fosse entrato mi pervase.
Non riuscivo a tenere gli occhi chiusi. Né apri uno, scrutando tutta la stanza.
Davanti a me trovai Stefan in mutande. Per mia fortuna era girato e non si accorse di nulla.
Gli scrutai senza dignità il fondoschiena e in quel momento capì che non avevo mai visto niente di così sodo e perfetto.
Il sangue arrivò alle guance e iniziarono a bruciare di rossore.
Cercai di essere una brava attrice, mi girai su un fianco e respirai a tratti.
Sentì il rumore di un corpo che silenziosamente si poggia nel letto.
Mi sentivo così strana, un sacco di sensazioni mi percorrevano senza sosta.
L’idea che ci fosse Stefan accanto a me non mi lasciava un secondo tranquilla.
Pensavo soltanto una cosa : sdraiarmi accanto a lui e baciarlo come non avevo mai fatto.
Scacciai subito il pensiero. Era l’attrazione che provavo per lui che parlava e non io.
Passavano i secondi, i minuti. Tutto sembrava più tranquillo, la musica divenne soltanto un suono di sottofondo.
Era come trovarsi dentro un sogno, dove la Bella Addormenta aspetta il principe che la baci e la salvi.
Stefan non poteva mai essere un principe. Lui era troppo fuori dal comune.
I suoi modi erano sgarbati, il suo della sua voce troppo alto e il suo modo di vestire non corrispondeva certo
a quello di un reale ma di un modello di Vogue.
Eppure i suoi occhi, il suo modo di guardarmi, il suo modo di camminare..
erano degli aspetti che non passavano inosservati al mio cuore.
Lui doveva essere il cattivo della storia anche se poi non ne ero così convinta.
Sentivo come se avesse uno scudo di fronte a sé , uno scudo che lo allontana dalle persone.
E solo una cosa poteva spiegare la nascita di questo scudo: il dolore.
Forse in passato aveva sofferto o forse stavo pensando troppo.
Sicuramente era così di natura, così egoista e convinto.
Non dovevo perdere il mio tempo a pensare a lui.
Eppure sembrava che il pensiero non si volesse allontanare da me.
Aprii gli occhi e vidi subito  i suoi che mi fissavano.
Era dall’altra parte della stanza proprio di fronte a me. C
i guardammo per un minuto interminabile, i nostri corpi si attraevano , i nostri occhi parlavano.
Imbarazzata e con le guance rosse mi girai dal lato opposto e lui fece lo stesso.
Il mio cuore che batteva all'impazzata era ben udibile e ciò non fece che aumentare il mio imbarazzo.
Fissavo il muro di fronte a me, incapace di prendere sonno.
Non riuscivo a dormire perchè pensavo continuamente alla sua presenza a pochi centimetri da me.
Sentivo il bisogno di sfiorarlo, di guardare da vicino i suoi occhi , di udire il suono della sua voce.
Lui mi guardava come nessun altro aveva mai fatto. Si immergeva profondamente nei miei occhi e sembrava interessato,
come se fossi una scultura da ammirare o analizzare.
I pensieri divennero sempre più lenti, riuscivo a malapena a mettere a fuoco il suo viso.
Tutto diventava più buio e alla fine , nonostante lo sforzo , la stanchezza prese il sopravvento ed entrai in un sogno che sembrava essere vero.
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Mi ritrovai in una scogliera altissima, le onde battevano contro gli scogli e il sole era solo un ricordo.
Il mare era di un colore verdastro scuro e il buio sembrava volermi soccombere.
Nonostante mi sforzassi in una maniera assurda a rimanere in equilibro sopra la cima dello scoglio ,
qualcuno o qualcosa sembrava volesse spingermi sotto.
Non avevo paura nonostante gli scogli appuntiti posti nel mare non avevano un bell'aspetto.
Il vento freddo mi ghiacciava e i brividi percorrevano senza sosta il mio corpo. 
 Nonostante il buio,nonostante l'altezza , gli scogli e il vento ..non avevo paura.
Solo dopo pochi secondi capì il perchè. Tutta la situazione cambiò .
Ero io che volevo cadere giù, il buio non mi faceva paura e i brividi non erano per il vento ma perchè lì sotto,
sopra le onde .. un corpo si dimenava senza sosta, chiedendomi aiuto.
Quel volto l'avrei riconosciuto ovunque, che fossi mezza morta ,addormentata, in mezzo a una folla o fra una bufera di neve..
il volto di Stefan era fisso nella mia memoria. Il suo corpo, sotto litri di acqua, stava ghiacciando.
I miei piedi si mossero da soli e due secondi dopo , mi ritrovai nell'aria a una velocità devastante.
Nonostante cadevo in continuazione non arrivavo mai.
Il corpo di Stefan sembrava essere sempre più lontano, il suo volto era straziato dal dolore.
Cercai di dimenarmi ,di spingere con forza i piedi per arrivare a destinazione. Ma non ci riuscivo.
Stefan urlava il mio nome e la sua voce era turbata come se volesse rimproverarmi.
Il suo corpo andava sempre più giù e io non potevo fare nulla per aiutarlo. Mi sentivo inutile.
Quando il suo viso fu sorpassato dal mare, una forza sconosciuta mi spinse in acqua.
Mi tuffai dentro e cercai senza sosta Stefan. Alla fine , dopo aver nuotato per diversi minuti,
trovai il suo corpo senza vita in fondo all oceano. La sua pelle era pallida e le sue mani erano gelide.
Gliele strinsi con foga e speravo che la sua mano rispondesse. Nulla.
Intorno a me solo il vuoto e la tristezza. Non riuscivo più a respirare e mi lasciai trasportare dalla corrente.
Il mio corpo senza vita era ben visibile sopra le onde.
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Mi svegliai di soprassalto. Avevo la gola secca e tossivo in continuazione.
L'acqua salata sembrava essere veramente nella mia bocca. Mi allarmai, il letto di Stefan era vuoto.
Potevo vedere ancora chiaramente il suo corpo dentro l'oceano, il suo volto e le sue mani bianche.
Il panico mi invase, non riuscivo a respirare. Mi sentivo scossa e senza forze. Senza volerlo iniziai a piangere.


« Buongiorno »

Il tono della sua voce era ben udibile, non stavo sognando. Con tutte le forze mi girai nella direzione da dove proveniva il suono dolce e invitante. Quando scorsi i suoi occhi azzurri, le sue labbra rosse e il suo corpo così vivo e perfetto..
le lacrime iniziarono a sgorgare con velocità maggiore. Ma questa volta piangevo perchè Stefan era lì davanti a me.
Potevo ancora vederlo sorridere, arrossire o magari sentire una sua parola fuoriluogo.
Mi alzai dal letto con foga e con il volto pieno di lacrime e lo abbracciai. Il mio corpo sbattè contro il suo , i nostri cuori battevano all'uniscono. Per la prima volta mi sentì veramente a casa.

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Capitolo 8
*** Così scelsi l'opzione migliore forse non feci nemmeno in tempo, il mio cuore aveva già scelto ***



Ho sempre pensato che se lascio aperta la finestra prima o poi entrerà tutto il cielo.

 Sesto capitolo : Così scelsi l'opzione migliore forse non feci nemmeno in tempo, il mio cuore aveva già scelto.

 


Le sue mani scivolarono presto sui suoi fianchi. Non incrociò i miei occhi e il mio volto rigato di lacrime. Non osava incontrare il mio sguardo. Il nostro abbraccio era durato pochissimi secondi perché lui mi scrollò di dosso in meno di 5 secondi. La sensazione che attraversò il mio corpo fu del tutto nuova e diversa. Il rifiuto. Sentì il mio stomaco rigirarsi e le mani iniziarono a tremare. Non fu del tutto semplice sopportare i pensieri e quella sensazione strana. Stefan aveva il volto perso nel vuoto, non mi degnava né di una parola né di uno sguardo. Mi regalava solo un ammasso di silenzio. C’era così silenzio che mi veniva voglia di  urlare da un momento all’altro. Dopo pochi secondi si allontanò dalla stanza a passi frettolosi e dentro di me regnò l’umiliazione. Mi aveva lasciata sola in quella stanza enorme, senza dirmi una parola o farmi un cenno. Niente di niente. Avevo così tanto vuoto da poterlo vendere. Cercai di distrarmi e allontanare il pensiero del suo comportamento ambiguo e distaccato. Solo una cosa mi veniva in mente per spiegare la sua reazione: indesiderata. Non avrei dovuto comportarmi in quel modo, gettarmi nelle braccia di uno sconosciuto che poche ore prima mi aveva salvata dalle grinfie di un maniaco. Cosa c’era che non andava in me? Ero così superflua? Troppo normale per uno come lui? Forse era proprio qui il problema. Non mi sentivo bella, nient’affatto. Probabilmente non ero il suo tipo. Effettivamente io non ero il tipo di ragazza che piace ai ragazzi. Ma i suoi sguardi mi avevano illuso. Le sue occhiate mi avevano fatto capire il contrario. Sembrava essere interessato a me. Almeno così credevo. Dovevo smetterla di farmi film mentali!  Il vuoto e la fame iniziarono ad essere d’accordo. Avevo bisogno di cibo nonostante non avessi tanta voglia di mangiare. Uscì da quella stanza a passi lenti , terrorizzata dall’idea di incrociare di nuovo i suoi occhi. Amareggiata, ecco come mi sentivo. Scese le scale incontrai solo il suo bonario fratello che ingoiava biscotti al cioccolato. La sua faccia era davvero compiaciuta. Quando mi vide , il suo viso prese vita.
 
Buongiorno Kristen! Fammi compagnia a fare colazione!

Buongiorno! Certo, arrivo!




Mi precipitai nella sedia vicino la sua e analizzai circospetta le mura intorno a me. Non c’erano nessun tipo di rumori, tutto era così calmo e silenzioso. Pure il suo profumo era scomparso. Non sapevo se essere sollevata o dispiaciuta. Forse nessuno delle due. La parte razionale di me sperava di non vederlo mai più. Quella irrazionale aspettava con ansia la sua ricomparsa.
Stefan è uscito pochi minuti fa. Ha detto che aveva delle commissioni da fare.. era davvero sconvolto in viso! Cosa gli hai fatto?
Il mio cervello analizzava lento le parole di Marco. Aveva usato un aggettivo forte e strano : sconvolto. Un abbracciò può sconvolgere una persona? Sicuramente sì se le persona che avresti dovuto abbracciare ti fa obbrobrio. Ma Stefan poteva pensare questo di me? Non ero più sicura della risposta. Sapevo soltanto di avere sempre più domande e meno certezze. Almeno potevo rimanere lucida fin quando non sarebbe tornato. Se fosse tornato.. non ne ero poi così sicura. Sembrava frutto di un sogno: compare, fa la sua parte e se ne va. Non mi andava di dire a Marco che mi ero fiondata su suo fratello senza una spiegazione razionale, se non quella che il mio istinto mi aveva spinto verso di lui. Così mentii anche se mi dispiaceva farlo con Marco.


Io proprio niente. Si è svegliato e se n’è andato senza dirmi niente. È proprio strano!

Strano era un bell’aggettivo per descriverlo. Era strano che tanta bellezza fosse incorporata in una sola persona.

Stefan è fatto così! Sicuramente fra un po’ si rifà vivo. Mangia ,su, e non ci pensare!

Ma io non ci sto pensando!

Bugiarda bugiarda.. che brutta bugiarda che ero! Mentire al mio migliore amico, era la prima volta che mi capitava.

Ricorda, Kristen, che ti conosco meglio di te!


E questa volta ti sbagli.

Scandì l’ultima parola con cura. Non si sbagliava per niente, era quello il problema. Impaziente aspettavo un suo ritorno. Girai con violenza i cereali che erano dentro la mia tazza. Non mi ero mai sentita così nervosa. Marco alzò gli occhi al cielo per la mia risposta falsa.

Lo sai che ci aspetta un’ora di pulizie vero?

Lo sapevo.. eccome se lo sapevo!

Mettiamoci subito a lavoro allora!

Mi alzai dalla sedia e iniziai a mettermi a lavoro per allontanare i pensieri. Il sole batteva forte fuori la finestra, il caldo era afoso e di conseguenza iniziai a sudare in modo incontrollato. Mentre io e Marco lavoravamo fra chiacchiere e risate , la televisione trasmetteva un programma di musica e improvvisamente mi ritrovai a canticchiare quella melodia , il pensiero di Stefan si allontanò da me. Così come lui, non si fece vivo. Le ore passavano veloci, avevamo quasi finito di sistemare tutto. Alla fine di tutta quella fatica preparammo un bel pranzetto che successivamente divorai con foga. La tristezza voleva riaffiorare e travolgermi ma la posticipai per il ritorno a casa. Ogni mia singola particella sentiva la sua mancanza. Non era un’emozione razionale, come poteva mancarmi una persona che conoscevo appena da un giorno? Era da stupidi ed io ero una stupida illusa. Alla fine del pranzo aiutai Marco a sistemare le cose che avevamo messo in mezzo per preparare il cibo e ad un tratto le sue parole mi sorpresero.

Kristen posso dirti una cosa?

Feci cenno di sì con la testa.

Era da un bordello di tempo che non vedevo quella luce negli occhi di Stefan, ti guarda come se la sua vita è concentrata solo su di te. Forse sto sbagliando ma è così.

Rimasi a bocca aperta. Non volevo che il mio cuore si lasciasse cullare da quel briciolo di speranza e di illusione. Cercai di non badare troppo e di non dare peso alle parole di Marco. Era soltanto un pensiero, cercai di ficcarmelo bene in testa e di autoconvincermi.
A questo punto che senso aveva andarsene? 

Marco non ti fare troppi film, mi guarda come un ragazzo guarda una ragazza. Niente di più, niente di meno. Comunque non m’importa, lo sai che dopo Riccardo non voglio altre delusioni, voglio restare sola.

Le parole sgorgavano veloci dalla mia bocca e cercai anche questa volta di convincere me stessa e non Marco.


Comunque è meglio che torno a casa, mia madre è sola e voglio fargli compagnia! Grazie di tutto Marco, sei il migliore!

Va bene, ciao Kristen! Ci vediamo domani a scuola ..ti voglio bene.
Mi tenne stretta al suo petto per vari secondi e cercai di cullarmi nel suo abbraccio e di trovare un pizzico di colore in quello strato di grigiastro che incombeva sopra di me. Con Marco era facile aprirsi, raccontargli ogni cosa.. ma questa volta era diverso perché  non potevo dirgli ciò che provavo per suo fratello anche perché non sembrava neppure vero provare tutte quelle emozioni in poche ore. Mi sentivo come se fossi stata mesi e mesi senza avere un briciolo di sensazioni in corpo e che adesso si erano catapultate dentro di me, tutte in una volta,  senza chiedere il permesso. Il viaggio del ritorno non fu tanto difficile come pensavo. Cercavo di fare attenzione alla strada per non pensare a lui. Ci riuscì a malapena ma in quei pochi minuti potevo godermi il vento in faccia e quella straordinaria giornata di sole. Al mio ritorno trovai la casa vuota, brutto segno. Cercai in tutti i modi di perdere tempo ma esaurite tutte le attività mi gettai nel letto , esausta. All’inizio mi violentarono tutti i pensieri più nitidi e straordinari, come il suo profumo o i suoi occhi. Poi ripensai alle sue parole, alle sue risposte fredde e sgarbate, al suo rifiuto. Tutto sembrava essere un sogno o un ricordo lontano. La mia mente era ricoperta di immagini e tra queste prevaleva il suo viso . Mai visto niente di più bello, pensavo. Piano a piano le immagini divennero lente e sfocate e il sonno mi inghiottì trasportandomi nel bel mezzo del mondo dei sogni.


1 settimana dopo.
Le ore scorrevano lente, la scuola era sempre troppo noiosa e perlopiù non riuscivo mai a concentrarmi e questo mi rendeva nervosa, come la campanella , come i lunghi pomeriggi di quella settimana buia, come la sera così vuota nonostante la  presenza costante dei miei migliori amici. Ma niente poteva rendermi più nervosa dal pensiero di non aver visto più Stefan da quella domenica soleggiata. Ormai stavo smettendo di sperare in una sua apparizione e anche Marco era d’accordo con me.

Non torna, inutile che guardi le finestre di scuola con aria malinconica. Mio fratello è fatto così, si fa vedere quei due giorni e se ne va di nuovo . Pensavo che questa volta era diverso invece è il solito stronzo!
Q
uelle parole mi colpirono in pieno. Pensavo anzi speravo che restava a Roma. Poco importava se non si faceva vedere, magari un giorno l’avrei incontrato per strada o in un vicolo o magari al cinema! . Ma l’idea che andava in un’altra città mi fece salire la colazione. Iniziai a sentire molto caldo e le gambe molli. Non potevo accettare che un’altra persona se ne andasse così, senza un saluto o una spiegazione. Stavo sbriciolando di nuovo. Chi avrebbe raccolto i pezzi questa volta?

Marco non m’interessa, io non sto aspettando nessuno. Pensa a ripassare che sta venendo la prof!

Con questa scusa allontanai le attenzioni di Marco e cercai con tutte le forze di non pensare. Era davvero così, non l’avrei più rivisto? Quel pensiero divenne padrone della mia mente. Poggiai la testa sul banco e cercai con tutte le forze di scacciare la nausea e la tristezza. Ma perché reagivo in quel modo? Avrei dovuto essere razionale, allontanare quei pensieri ingarbugliati e il ricordo di quei pochi attimi. Ma non mi volevano lasciare. Avevo vissuto interi mesi con la consapevolezza di non fare entrare più nessuno nel mio cuore per potermi distruggere da dentro. Avevo allontanato da me l’amore. Questa volta invece fu diverso. Non volevo e non potevo allontanarlo. Ogni mia singola particella di corpo urlava il suo nome. Sapevo di esserci caduta di nuovo. Perché nonostante cadevo spesso l'ascesa al suolo sembrava sempre più leggera e indolore. L'amore a volte può far male ma amare e non fermarsi è il miglior modo per rendere il mondo un posto sempre migliore. Così scelsi l'opzione migliore forse non feci nemmeno in tempo, il mio cuore aveva già scelto. Dovevo cercarlo. E non m’interessava affatto quanto tempo avrei impiegato per trovarlo.. ma non avevo altra scelta. Dovevo lasciarmi andare all’amore.

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Capitolo 9
*** Io non dimentico. ***



Ho sempre pensato che se lascio aperta la finestra prima o poi entrerà tutto il cielo.
Settimo capitolo : Io non dimentico.






Quella mattina era molto più limpida delle altre. Era diversa, le nuvole erano abbastanza sparse e il sole era  ricoperto da esse. Il vento era leggero ma il caldo , afoso e incessante, era tipico di una mattinata di Giugno. Quel giorno presi una decisione, non sarei restata in casa nemmeno un minuto. Sentivo le guance avvampare di rossore, mentre i miei piedi sembrava volassero nel pavimento della mia stanza. Il mio unico pensiero che mi svegliava la mattina era uno solo: Stefan. La sera ormai era abitudine addormentarmi con il suo volto ben impresso davanti alle mie palpebre abbassate ed era anche abitudine svegliarmi e pensarlo. Come se non avessi mai smesso. Nemmeno la notte mi lasciava via libera, percorreva i miei sogni, anzi uno. Sempre lo stesso. Io che corro senza fiato in un bosco , corro nel tentativo di afferrarlo. Ma lui sembra essere ogni volta più lontano. Sempre duecento volte più veloce di me. Qui mi sveglio e il mio fiato è corto. Stringo le mie gambe al petto e cerco di calmarmi. Ogni mattina la solita storia ma adesso avevo deciso. Quel giorno nuvoloso di Giugno l’avrei cercato. Avevo bisogno di rivedere i suoi occhi, i lineamenti del suo viso e la sua voce. Avevo bisogno che il mio cuore cantasse ancora, perché quasi non lo sentivo nemmeno.  Avrei anche sopportato di essere rifiutata di nuovo anche se al sol pensiero ,il cuore accelerava. Ma cos’altro potevo fare? Dimenticarlo sembrava impossibile. Non potevo e non volevo. Ero una povera pazza che si appendeva a un ricordo sbiadito . Avevo perso troppo persone nella mia vita e non volevo che lui fosse il prossimo. Al solo pensiero di rivedere i suoi occhi , il mio cuore sussultò speranzoso. Se l’avrei rivisto, avrei ricominciato a vivere le mie giornate. Perché dopo la sua scomparsa, ogni giorno era un susseguirsi di noia totale e di tristezza assoluta. Avevo ricominciato a provare emozioni solo con la sua presenza . Ma da dove dovevo incominciare? E se avesse lasciato completamente Roma? Il pensiero tagliente mi colpì di nuovo e mi mozzò il respiro. No, non poteva essere così. Mi era rimasta un’ultima cosa: la speranza. Non potevo abbandonarla ,ora che finalmente era parte di me. Avrei setacciato ogni albergo della città solo per vederlo 5 secondi . Mi bastava . Non so se dopo l’incontro sarei tornata a casa integra ma volevo provarci perché volevo ricominciare a vivere le mie giornate. Non avevo più niente da perdere. Desiderosa di allontanarmi dalla mia casa vuota, visto che mia madre era già uscita , indossai le prime cose che trovai sotto mano e mi armai di beauty-case mentre mi dirigevo verso il bagno. Un quart’ora dopo ero pronta. Uscì di casa di corsa, solo pochi minuti dopo mi accorsi che erano ancora le sette e mezza del mattino. Ero così tanto euforica che non avevo guardato l’orario prima di uscire. Ma non m’importava, anzi era un vantaggio.. avevo più tempo. Decisi che per facilitare l’operazione di ricerca era meglio usare il mio motorino. Così a mente lucida mi diressi verso un albergo ,al centro della città. Era un albergo enorme, l’entrata ornata di fiori e di colonne quasi nuove, dava una sensazione ambigua, mi sentivo quasi in un film. Nonostante l’ora tutto era già in funzione. Le cameriere saettavano da una parte e dell’altra dell’enorme entrata ed erano appariscenti perché indossavano vestitini rossi con tacchi vertiginosi. Tutto lì dentro sembrava una fiaba o un film antico. Un uomo robusto e vestito per bene, mi sorrise dietro il bancone con la scritta “reception”. Era un sorriso distaccato, tipico degli uomini di alta società. Ricambia debolmente il sorriso, riflettendo sulle parole giuste da dire. Mi sentivo sottopressione.


Buongiorno. Sto cercando un ragazzo, Stefan Masen,  ha prenotato una stanza di questo hotel?

Le parole mi uscirono a strozzo, stupida timidezza!

Buongiorno signora..oh scusa signorina. Dovrei controllare, aspetti un secondo.

Da sotto il bancone lussuoso e lucido ,estrasse un libro enorme e si posò gli occhiali sopra il naso. Con l’indice scorse intere pagine e una smorfia anziana comparve sul suo viso pieno di rughe.

No, mi dispiace. Nessun Masen. Però se vuole abbiamo a disposizione camere insonorizzate o  camere perfettamente silenziose. Dove potrete  dormire sonni tranquilli senza essere disturbati da rumori molesti.

Mentre parlava perso nella sua solita routine di spiegazione che sembrava ormai sapere a memoria, aspettavo che finisse, non volevo essere maleducata. Non feci caso nemmeno alla sue parole e lo fissai, fingendomi interessata. Appena concluse si sistemò gli occhiali e mi guardò curioso, aspettando e sperando in una mia risposta positiva.

Ehm.. no grazie. Arrivederci e grazie ancora per l’informazione.
Frettolosa di uscire da quella fiaba e sotto le occhiate turbate dell’uomo ,camminai velocemente verso il mio motorino che mi aspettava silenzioso. Dovevo visitare ancora mezza città. Con un sospiro e con tanta voglia di rivedere Stefan ,mi diressi verso l’hotel successivo. Speranzosa e nervosa. Pochi isolati dopo, visitai il “Palm Gallery Hotel”, l’aria di benvenuto potevo respirarla. Era un hotel poco appariscente e l’entrata ad arco di pietra dava davvero una sensazione di casa. Avevano quello che stavo cercando? Colui che era più importante di 5 stelle, di una stanza lussuosa, di una sfarzosa piscina o di una doccia con sauna compresa? Non ci speravo troppo ma volevo provare. Mi avvicinai al solito bancone dove vi era una donna bassa, con occhiaie scavate sotto gli occhi e un taglio di capelli corti di un color  biondo cenere. Un sorriso di cortesia si dipinse sul viso della giovane. Ricambia timidamente.
Buongiorno, sto cercando un ragazzo di nome Stefan Masen, per caso ha prenotato una stanza di questo hotel?

Sospirai speranzosa e anche un po’ nervosa. Lo avrei mai trovato? Il pensiero bollente mi bruciò il cuore e cercai di trovare un po’ di quella speranza che mi era rimasta. La donna con il viso da bambina che sembrava non dormisse da tempo, abbassò lo sguardo sotto di sé e il suo viso si dipinse di un’espressione confusa e successivamente distaccata. Mi sorrise più forzatamente.

No, mi dispiace cara. Nessun Masen.
Era stata veloce e decisa, niente da propormi, aveva capito che non bisognava sforzarsi a parlare. Sinceramente quella donna mi piaceva, era proprio adatta a fare quel lavoro. Le sfoggiai un sorriso sincero e la ringraziai calorosamente. Successivamente mi diressi verso altri due hotel e il risultato fu lo stesso. La speranza iniziava a scemare. Stavo cercando il nulla. Stavo cercando qualcuno che non voleva essere trovato. Che senso aveva cercare una persona che non ti vuole? Che senso aveva andare in giro per il paese alla ricerca di una persona che popolava ogni notte i miei sogni e riempiva la mia mente ogni santissimo secondo? A quel punto la sensazione di tristezza e di vuoto m’invase. Arrivai alla conclusione un po’ più tardi del dovuto. Non dovevo essere in quel posto. Non dovevo perdere il mio tempo. Avevo promesso a me stessa niente coinvolgimenti da parte di qualsiasi ragazzo. Ma Stefan poteva definirsi qualsiasi? Lui non era come tutti gli altri. Perlomeno, il mio cuore lo sapeva. Nessun altro ragazzo era in grado di farmi sentire in quel modo. Come se al suo solo sguardo.. il mondo ricominciava a sembrare un posto migliore, accettabile, vivibile. Avevo la gola riarsa dalla sete e camminavo in una stradina stretta, alla ricerca di un bar. Dopo pochi secondi notai l’esistenza di un vecchio locale , proprio davanti a me. Due vecchi signori leggevano il giornale su un tavolino di fuori. Tutto sembrava essere normale, come una normale mattina. Mi fermai sulla porta quando lo vidi. Entrai in iperventilazione. La paura si impadronì del mio corpo. Seduto su una sedia, accanto a una ventenne molto tinta, il volto di Paul Morgan era la cosa più bella e più tenebre della stanza. I suoi folti capelli neri, tirati con il gel , erano sempre gli stessi. Gli occhi piccoli e color nocciola, sembravano preoccupati. La sua espressione era persa nel vuoto. Quell’uomo, la persona che odiavo e che temevo da quasi una vita, era mio padre. Il dolore dei ricordi mi mozzò il respiro. E uscì di corsa dal bar , sotto lo sguardo di tutti. Speravo con tutto il mio cuore che non mi avesse visto. La paura e l’agonia  alimentava sempre di più l’energia e iniziai a correre sempre più veloce verso il mio liberty. Era da ben tre anni che non lo vedevo e la sua assenza aveva migliorato del tutto la mia vita. Come se prima di allora , non avevo mai vissuto davvero. Quando saltai in sella e accelerai con la mano tremante, il ricordo prese vita e le lacrime iniziarono a fuoriuscire, violentemente .
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Tre anni prima.
Era una gelida mattina di pieno inverno. Il vento sbuffava e mi stringevo sempre di più al mio caldo giubbotto. Era appena finita la lunga mattina di scuola e la gioia percorreva ogni mia singola particella di corpo. Tra pochi minuti avrei riferito a mio padre dei bei voti che avevo preso e dalla gita che doveva verificarsi a Maggio. La strada che percorsi per tornare a casa, era sempre la stessa. La scuola distava pochi isolati da casa mia. Il freddo era quasi insopportabile. Corsi veloce verso casa, i miei piedi volavano sull’asfalto. Desideravo tanto che mio padre fosse fiero di me per la prima volta. Lui non faceva altro che lamentarsi in continuazione. Passava le sue ore a borbottare della mia inutilità e riprendeva mia madre ogni volta che commetteva qualcosa di sbagliato. Era stressante. Era diventato morboso, geloso, insopportabile. Quella mattina, per la prima volta, poteva essere fiero di me. Quando arrivai ai pressi di casa, notai che la porta era già aperta. Sentivo delle urla, potevo udire chiaramente la voce strozzata di mia madre che supplicava. Mi precipitai di corsa in cucina, ignara di ciò che stava succedendo. Quando lo vidi, il ricordo straziante non se ne andò mai dalla mia mente. Sapevo che quell’immagine non l’avrei dimenticata mai, nemmeno se avessi vissuto cento vite. Mia madre accasciata a terra, nel pavimento una quantità esagerata di vetro e chiazze di un rosso accesso e bruciante, il suo sangue. Mio padre, anzi quell’uomo sconosciuto che non avrei più chiamato padre, aveva uno sguardo pieno d’odio e il suo volto era contratto dalla rabbia. Le sue mani sporche di sangue , si muovevano velocemente e con foga nel corpo di mia madre. Fino a quel momento non avevo mai odiato nessuno nella mia vita. Pensavo che l’odio era un sentimento quasi impossibile da covare. Ma quando mi precipitai con foga e rabbia, il mio volto e il mio cuore era accecato dall’odio, freddo e bruciante. Ne potevo sentire il sapore nella lingua e nell’aria che respiravo. Lo spinsi con tutta la forza che potevo ma fu inutile. Mi strattonò con forza e potevo sentire chiaramente il rumore del vetro che si spezza a contatto con la mia testa. Il dolore bruciante e lancinante mi lasciò pochi secondi bloccata, non sentivo nessun muscolo rispondermi. Poi l’istinto di sopravvivenza s’impadronì del mio corpo e cercai con tutta la forza e con tutta la voce che avevo di gridare più che potevo. L’urlo mi uscì straziante ed era molto più forte di quanto pensassi. Tutto il vicinato lo sentì e corse in nostro aiuto. Paul scappò via, codardo com’era. Quel bastardo non si fece più vivo e le due settimane che si succedevano ,le passai ricoverata in una stanza di ospedale, accanto a mia madre. Non ci riprendemmo mai del tutto. Certi ricordi, certe situazioni non si scordano mai. Sembrano scomparire del tutto ma quando meno te lo aspetti, eccole lì. Si fanno di nuovo vive ,mozzandoti il respiro e distruggendo la muraglia di pace che ti sei creata davanti con tanta forza e volontà. Ricordo come se fosse oggi ,lo sguardo perso nel vuoto di mia madre e le sue parole che sembravano rassicurare lei piuttosto che me. La mia vita cambiò del tutto, non trovai mai la felicità che mi aspettava. Non trovai mai nessun’altra forma di felicità.
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Ritornai al presente, avevo il viso bagnato di lacrime amare. Il cuore bruciava e sentivo ancora nella mente le urla strazianti di mia madre e il volto paonazzo di mio padre. Persi il controllo di me stessa e la mia mano destra premeva con forza l’acceleratore, vedevo a malapena la strada. Qualcuno popolò i miei pensieri. La sua sagoma ,bella e raggiante, camminava lenta su una stradina normale. Stefan era a pochi metri da me. Desideravo andargli incontro, abbracciarlo e placare tutti i miei timori. Sentirmi al sicuro nelle sue forti braccia. Vedere di nuovo il suo sorriso, abbandonarmi nella naturalezza dei suoi occhi e perdermi totalmente. Magari facendo fermare il tempo e conservando quel momento per sempre. Ma l’ultima cosa che vidi fu il terrore nei suoi occhi e il suo volto divenne di pietra. Il suo corpo, bello da impazzire, s’immobilizzò. Solo dopo pochi secondi capii il perché della sua reazione. Un rumore forte s’impadronì della mia mente, come un auto che sbatte a velocità devastante contro il cemento armato. Potevo udire chiaramente una frenata chiassosa  e il mio motorino che sbatte a terra, rumorosamente. Potevo sentire totalmente il dolore del mio corpo che sfrega contro la strada gelida e l’odore di ruggine e sale del mio sangue che si spalma sull’asfalto. Potevo sentire e vedere tutto. Ma non m’importava niente. Soltanto il volto dell’angelo terrorizzato era padrone della mia mente. ‘Fate calmare l’angelo’, ‘Dite a Stefan che sto bene ora che lui c’è’..volevo gridargli! Ma non ricordavo nemmeno come si emetteva una sillaba e non sapevo nemmeno se il dolore tremendo che provavo, mi avesse permesso di parlare o addirittura di gridare. Dopo pochi secondi non scorsi più nulla, il vuoto e il buio erano davanti a me. Non vedevo più l’angelo. Persi del tutto i sensi e mi abbandonai in un sogno buio e privo di sagome.

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Capitolo 10
*** I love you. ***


Ho sempre pensato che se lascio aperta la finestra prima o poi entrerà tutto il cielo.
Ottavo capitolo :  I LOVE YOU.


Quando ripresi conoscenza, sentivo il mio corpo spento poggiato su un materasso scomodo e duro. Non riuscivo ad aprire gli occhi nonostante una consapevolezza sbiadita si faceva spazio tra gli altri pensieri. Il mio corpo pativa dolore da ogni singola angolazione di pelle e di ossa. Nonostante non riuscivo a trovare la forza per aprire gli occhi ascoltavo attentamente tutto. Sentivo il rumore assordante di un bip leggero e monocorde. Sentivo l’odore ospedaliero che mi pizzicava le narici , un misto di assenza di medicinale e disinfettante. Sentivo la voce piatta di un passante del corridoio e delle grida acute e continue di un bambino. Sentivo il mio cuore che pulsava alla stessa regolarità di un altro, a pochi centimetri di distanza. Solo in quel momento mi accorsi del suo respiro costante che picchiava il mio viso e del  suo profumo, un dolce misto di miele e di aromi prelibati. Cercai di riaprire gli occhi ma mi bloccai al suono delle sue parole e della sua intonazione famigliare.


«"Ti prego Kristen, aprii gli occhi. Spero che tu riesca a sentirmi e capisci quanto sei importante per me. Forse da un lato voglio che tu stia dormendo così non puoi sapere  il modo disperato in cui ti voglio. Sono fuggito di nuovo lo sai? Sono un povero vigliacco, codardo, vile. Spero che tu riesca a trovare altri aggettivi più forti che mi descrivano. Tu sei tutto ciò che ho mai desiderato e io ho avuto sgomento. Paura dei tuoi occhi, quell’azzurro lapislazzuli così incantevole era il mio nemico più veemente. Terrore delle tue labbra, di quel vermiglio intenso che scatenava in me i più fulvidi pensieri. Paura della fragranza che irradia il tuo corpo e dell’odore dei tuoi capelli, un miscuglio degli odori più attraenti del mondo. Paura del tuo corpo così vivace, così perfetto. Ho avuto paura di innamorarmi di te, la creatura più bella del pianeta. E sai perché ho avuto paura? Perché sono stato innamorato una volta, ma era un amore diverso, meno intenso ma lo stesso importante. Mi ha polverizzato il cuore, non lo trovavo più, come se non l’ avessi. E sono rimasto senza cuore per tanto tempo, così tanto che ero convinto di non averlo mai avuto. Ma poi sei arrivata tu e mi hai stravolto. Ho iniziato a provare emozioni , non le stesse ma decisamente più incise, intense. E io ne sono rimasto terrorizzato. Tu eri così fragile davanti ai miei occhi, tu che irradi amore a tutto ciò che ti sta attorno. Tu che eri una tentazione così forte ma io non volevo risvegliare il dolore, non volevo mai più provare uno strazio del genere. Ma adesso sono qui, contro ogni mia aspettativa, contro ogni mia regola che mi sono imposto. E tu non riesci nemmeno ad aprire gli occhi e io mi sento inutile e straziato. E riesco a percepire la voragine che cerca uno spiraglio per riuscire. Sono qui e non so nemmeno se tutto quello che sto blaterando lo senti. Aprii gli occhi . Ti prego. Io ti amo.»

Non riuscivo a dare una forma coerente ai miei pensieri. Il mio cuore batteva incontrollato, pulsava spiragli di gioia e irradiava arcobaleni ovunque. Non riuscivo a credere a tutte quelle parole, non riuscivo a riceverne il messaggio. Le parole di Stefan danzavano nella mia mente e in quel momento avrei avuto voglia di saltellare e ballare ovunque. Avrei voluto gridarli che lo amavo anch’io, avrei voluto baciarlo, abbracciarlo. Avrei voluto sentire il suo profumo e respirare l’incenso che irradiava il suo petto. Ma non trovavo la forza, ero tremendamente timida e imbarazzata. Le ferite che fino a pochi secondi fa pulsavano frenetiche , adesso erano inondate di tutta la gioia che si espandeva dentro il mio corpo. Sentivo soltanto un corpo leggero che si avvicinava a me. Avrei avuto voglia di stringerlo forte tra le mie braccia e farlo restare sul mio petto per sempre. Mi limitai a non aprire gli occhi, mi limitai a non sperare. Avevo sperato troppo nella mia vita e ogni volta ne ero uscita frantumata. Quanti colpi mortali può ricevere un cuore prima che smetta di battere? Nonostante questo mi veniva difficile non sperare, le parole di Stefan mi balenavano in mente, e ogni singola sillaba erano ondate di felicità improvvisa. Nel bel mezzo del caos frastornato che avevo dentro , delle labbra fredde sfiorarono le mie. Non so bene cosa successe, so soltanto che il mio cuore iniziò a battere frenetico e che le ferite non pulsavano più. So soltanto che ogni mia singola particella di corpo vibrò estasiata e che il sapore delle labbra di Stefan era il migliore del mondo. E in quel breve tratto che le sue labbra sfiorarono le mie capì che ormai non potevo più farne a meno. Stefan era il centro del mio mondo, il centro dei miei pensieri. Non potevo vivere una vita dove lui non esisteva. Il mio cuore batteva incontrollato e capii che era il momento di aprire gli occhi. Anche perché la curiosità mi mangiava viva: cosa  avrei visto nei suoi ?  Contai lentamente nella mente, venti trenta ..quaranta secondi. Che codarda che ero. A fatica ma con successo, spalancai gli occhi. Ciò che vidi era più che speravo. Ciò che incontrai era più che perfetto. Il volto di Stefan, a due centimetri dal mio, era tutto ciò che avrei mai desiderato in vita mia. I suoi occhi, belli da star male, mi scrutavano attenti. Erano limpidi e mi guardava come se mi amasse. Non riuscivo a pensare ad una frase coerente, pensavo soltanto ai suoi occhi intrisi di amore. Il mio cuore balbettava e quando mi sorrise, con il suo sorriso sghembo che preferivo, esso iniziò a cantare. Alla fine riuscì a parlare. Speravo che la voce non mi si spezzasse.

«Ciao Stefan

Era tutto quello che riuscii a dire. Lui mi guardò e si avvicinò al mio viso. Non ricordavo più nemmeno il mio nome.

«Kristen.»

Pronunciò il mio nome con cura e detto con il suo tono di voce, il mio nome era il più bello di tutti. Non riuscii a capire tutto in una volta quello che successe ma mi ritrovai avvinghiata al suo petto, con il braccio gessato che urlava. Le sue labbra marmoree si avvicinarono di nuovo alle mie e al contrario del bacio passato, quello fu spettacolare. Le nostre labbra si muovevano in sincrono, i nostri fiati divennero corti. Ogni volta che furono lontane dalle mie , Stefan pronunciava il mio nome, in un modo tremendamente dolce. Entrai in iperventilazione e nella stanza si udiva solo il mio cuore impazzito. Era tremendamente bello scoprire la perfezione e la morbidezza delle sue labbra. Ero in paradiso. Stefan mi sorrideva ogni volta che ci guardavamo negli occhi e capii in quel momento che non avevo mai assaggiato la felicità prima di allora. Si allontanò da me pian piano e cercò di rallentare il suo respiro. Infine mi sorrise entusiasta.

«Anche io ti amo Stefan e ieri sono stata tutta la giornata a cercarti. Dov’eri finito?»

Riuscii a pronunciare le parole con cura. Era difficile ammettere ciò che pensavo. Il suo volto divenne di pietra, i suoi lineamenti divennero tristi.

«Mi dispiace per ciò che ti ho fatto , sei qui solo per colpa mia. Mi sono rifugiato in una casa e ogni giorno speravo di dimenticarti ma come vedi mi è impossibile. Mi dispiace ancora..»

Lo fermai subito. Non doveva dispiacersi per me. In fondo ero stata io a non essere attenta alla strada. Cercai le parole con cura e lo guardai dritta negli occhi.

«Non dispiacerti, non è colpa tua. Non devi nemmeno pensarlo. Adesso sono felice.. ma quanto male mi sono fatta?»

Il suo volto cambiò espressione ,capii che stava combattendo con se stesso cercando le parole giuste per non turbarmi. Mentre Stefan era avvolto nei suoi pensieri, una donna alta e bruna entrò . Era la dottoressa Omfort. Girava voce che era in gamba.

«Buongiorno, finalmente ti sei svegliata! Vediamo un po’.. ma tutti questi sbalzi?»

Scrutava attentamente il macchinario accanto a me, non sapevo bene cosa fosse.

«Sei stanca e hai bisogno di riposare. Fra pochi minuti arriva la tua mamma.»

Quando pronunciò “la tua mamma” mi sentii profondamente sollevata. La dottoressa mise qualcosa dentro la flebo e tutto cominciò ad essere sfocato ,tranquillo. Mi allontanai in un sonno tranquillo dove la pace e la tranquillità andavano a braccetto.
Il volto di Stefan era il centro dei miei sogni. 

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