Gioventù bruciata...

di MeiyoMakoto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'Erede di Isildur ***
Capitolo 2: *** Nuove amicizie, nuovi insegnati... stesse aspettative ***
Capitolo 3: *** Il richiamo ***
Capitolo 4: *** Dissapori e Dissennatori ***
Capitolo 5: *** La storia di Arwen ***



Capitolo 1
*** L'Erede di Isildur ***


 Erano una strana compagnia, quei quattro.
Grifondoro era alto, con un cipiglio severo che metteva quasi paura; per contrasto, il sorriso di Serpeverde gli dava un’aria accogliente e alla mano, anche se era impossibile non notarne la rigidità. Rowena Corvonero e Helga Tassorosso, come i loro colleghi, non potevano essere più diversi tra loro: lo sguardo veniva subito attirato dall’incredibile bellezza di Rowena e dalla fierezza che i suoi occhi scuri emanavano; eppure la donna sembrava lontana mille miglia dagli studenti, persa in riflessioni che nessuno tranne lei poteva comprendere, mentre la cicciottella Helga guardava gli allievi con un affetto e un orgoglio tali da farli sentire subito a casa.
Fu Serpeverde a prendere la parola.
‘Benvenuti!’, tuonò. ‘Io, come ben sapete, sono Salazar Serpeverde. Dopo anni e anni di lavoro, io e i miei colleghi siamo fieri di condividere con voi un momento di importanza colossale: avremo l’onore, cari studenti, di dare inizio al primo anno della prima Scuola di Magia e Stregoneria della Storia! Quindi diamo inizio alle dovute accoglienze, e vi auguro uno splendido percorso qui a Hogwarts; sono certo che saprete renderci orgogliosi di voi.’
Un fragoroso applauso accolse queste parole, tanto che ci volle un po’ perché gli studenti si rendessero conto che anche Helga Tassorosso aveva una annuncio da fare.
‘Cari ragazzi’, cominciò la donna con un sorriso impacciato. ‘Non voglio annoiarvi con lunghi discorsi; d’altra parte il nostro buon Salazar ha parlato a nome di tutti noi. Dovete però sapere che, per una questione di ordine, sarete divisi in quattro Case, ciascuna delle quali sarà affidata ad uno di noi. Ci sono dei criteri secondo i quali sarete selezionati; io per esempio accoglierò nella mia Casa gli studenti più leali, generosi e che non hanno paura di sporcarsi le mani per fare un buon lavoro.’
‘Nella mia verranno gli studenti che sanno di avere un avvenire, e con la determinazione sufficiente per ottenere ciò che vogliono. Ah, e un nobile sangue nelle vene non guasta.’, intervenne di nuovo Serpeverde sorridendo felino.
Il cuore di Aragorn cominciò a martellargli in petto: se fosse finito in quella Casa, sarebbe stato chiaro a tutti chi era e da dove veniva. Per l’ennesima volta maledisse il sangue di Isildur che gli scorreva nelle vene.
‘Per entrare nella mia Casa ci vuole coraggio.’, continuò Grifondoro. ‘Coraggio vero, però. Potete anche aver ucciso un drago a mani nude, ma se quando vedete una persona in difficoltà guardate da un’altra parte, allora non avete la stoffa adatta per essere dei miei.’
‘Io tutelerò i maghi e le streghe di spiccata intelligenza e creatività.’, fece Rowena Corvonero rivolgendo loro per la prima volta il suo sguardo penetrante. ‘Se siete saggi, acuti e dotati di grande immaginazione, la Casa di Corvonero è il posto giusto per voi.’
‘Quella è mia madre.’, bisbigliò orgogliosa una ragazzina accanto ad Aragorn. ‘E’ la strega più influente del suo tempo; è grazie a lei che Hogwarts è aperta anche a noi ragazze. Molta gente si è opposta, dicendo che le femmine devono ricevere un’educazione separata, ma la mamma ha detto che erano stupidaggini da Babbani, che tengono a casa le loro donne e le trattano come esseri completamente privi di ragione. Io sono Helena Corvonero, comunque.’
‘Piacere.’, borbottò Aragorn senza presentarsi a sua volta.
Intanto Grifondoro si era tolto il voluminoso cappello che portava e l’aveva posto su uno sgabello al centro del podio su cui si trovavano i Presidi.
‘Vi chiameremo uno alla volta.’, annunciò. ‘Una volta selezionati, vi dirigerete verso il tavolo indicatovi dal tutore della vostra Casa. Cominciamo: Aragorn, del Casato di Gondor.’
Aragorn si sentì avvampare mentre un mormorio eccitato invadeva la sala. Strinse i pugni e si fece largo tra la folla, tentando di ignorare gli sguardi curiosi dei suoi compagni.
‘Ho sentito che è il legittimo erede al trono di Gondor.’, udì sussurrare. ‘Ma che ha deciso di non rivendicarlo per paura di commettere gli stessi errori del suo antenato, Isildur.’
‘Quello che si è rifiutato di distruggere l’Anello del Potere?’, domandò un’altra persona.
‘Proprio lui. Con il suo coraggio ha sconfitto Sauron, ma per colpa sua adesso l’Unico Anello è perduto, e il Male non è ancora stato annientato completamente.’
‘Accipicchia…’
Finalmente il ragazzo fu fuori dalla folla, davanti allo sgabello. Salì sul podio e aspettò, tenendo gli occhi bassi per non incrociare lo sguardo di nessuno.
‘Allegro, Aragorn, non è nulla di pericoloso.’, ammiccò Serpeverde. ‘Devi solo sederti sullo sgabello ed io ti metterò il cappello di Godric. Devo dire che spero vivamente di averti nella mia Casa, ragazzo.’
Io invece spero proprio di no, pensò lui sedendosi. Serpeverde aveva a malapena posato il cappello sui suoi capelli scuri che subito questo gridò:
‘Casa di Grifondoro!’
Gli altri studenti applaudirono, ammirati dall’ingegnoso sistema di selezione, e Aragorn riuscì a malapena a trattenere un sospiro di sollievo. Alzò gli occhi verso Godric Grifondoro, che lo guardò da sotto le sopracciglia cespugliose e annuì brevemente.
‘Vai al tavolo più a sinistra.’, gli ordinò.
Il ragazzo obbedì prontamente; questo Grifondoro cominciava ad andargli a genio, anche perché con lui intorno sembrava improbabile che gli altri studenti lo tartassassero di domande sui suoi antenati e sul trono che ormai non gli apparteneva più.
La decisione l’aveva presa l’anno prima, il giorno del suo sedicesimo compleanno, quando il suo tutore lo aveva informato che presto sarebbe partito per Gondor, in modo da conoscere i suoi futuri sudditi. Ma Aragorn non si sentiva pronto a governare una terra che non aveva mai neanche visto, e aveva risposto che avrebbe lasciato volentieri il governo ai Sovrintendenti.
‘Gondor non ha bisogno di un re.’, aveva sospirato. Il tutore aveva scosso la testa, ma sapeva che quel ragazzo non era una persona che prendeva decisioni alla leggera, e aveva rispettato il suo volere.
Diciassette anni, un temperamento deciso e malinconico al tempo stesso, e capelli e occhi scuri a denunciare che le sue radici non erano del Nord dove aveva vissuto tutta la vita, Aragorn era un ragazzo più particolare di quanto non si rendesse conto. Aveva sempre attribuito l’interesse che suscitava alle persone al suo sangue reale, e sarebbe rimasto molto sorpreso se qualcuno gli avesse rivelato che era soprattutto il suo carattere risoluto e riservato ad attirare l’attenzione di chi gli stava intorno.
‘Boromir, del Casato dei Sovrintendenti di Gondor!’, chiamò Serpeverde.
Aragorn alzò gli occhi, colpito: non aveva mai incontrato nessuno della stirpe che governava il suo paese d’origine da generazioni. Si domandò se anche Boromir avesse reagito così quando avevano chiamato lui. Era un ragazzo alto e massiccio, con una smorfia ansiosa che gli storceva a bocca, ma uno sguardo determinato negli occhi nocciola. Poteva avere all’incirca l’età di Aragorn, al massimo un anno in meno.
‘Casa di Serpeverde!’, annunciò il cappello.
Il sorriso di Salazar Serpeverde s’increspò un po’, anche se indicò al suo nuovo pupillo il tavolo all’estremità destra della sala con la solita affabilità. Aragorn capì con rabbia che era deluso di non poter vantare l’erede di Isildur fra i propri studenti, e Boromir sembrò arrivare alla stessa conclusione, perché strinse i pugni mentre si allontanava.
‘Faramir, del Casato dei Sovrintendenti di Gondor!’
Un ragazzo più giovane di Aragorn, di forse tredici anni, si affrettò sul podio. La somiglianza con Boromir era evidente: aveva gli stessi capelli castano chiaro e gli stessi grandi occhi nocciola, che però, a differenza del fratello, gli davano un’aria timida e impacciata.
‘Casa di Tassorosso!’, annunciò il cappello. Aragorn sorrise, senza sapere perché: quel ragazzino che sembrava un pulcino spaurito gli suscitava una certa simpatia. Si chiese se sarebbe mai riuscito a farci amicizia, a dispetto del proprio Casato.
‘Helena Corvonero!’
Helena si affrettò verso il podio con un sorriso carico di aspettativa alla madre, che però rimase impassibile, come se ad essere chiamata fosse stata una studentessa qualsiasi e non sua figlia.
‘Casa di Serpeverde!’
Il sorriso della ragazza le morì in faccia mentre correva a sedersi vicino a Boromir, e anche Rowena sembrò leggermente delusa.
‘Dama Arwen!’
Aragorn  non fece in tempo a chiedersi perché Serpeverde non avesse detto il cognome o il casato della ragazza, perché quando alzò gli occhi su di lei non riuscì a pensare a nulla.
Poteva avere l’età di Aragorn, eppure sembrava in qualche modo più giovane e allo stesso tempo più vecchia di centinaia di anni. Ed era semplicemente stupenda.
I suoi occhi erano della stessa sfumatura argentea del cielo d’estate, nell’ora dopo il tramonto; i lunghi capelli lisci, neri come la notte, le ricadevano morbidi sulla veste, di broccato blu scuro e ricamata con piccole perle.
Sembra una stella, pensò Aragorn senza fiato. La prima stella del vespro.
‘Casa di Corvonero!’, annunciò il cappello, rompendo l’incantesimo.
Arwen si avvicinò a Rowena Corvonero, che le concesse un sorriso d’approvazione mentre le indicava il tavolo vicino a quello di Serpeverde con un cenno aggraziato del capo; accanto alla ragazza, appariva quasi insignificante.
Aragorn non sentì i nomi degli altri studenti selezionati; restò a guardare la compagna che aspettava composta, il viso imperscrutabile. Lei evidentemente percepì il suo sguardo, perché si voltò verso di lui e gli sorrise. Il ragazzo rispose al sorriso, raggiante, ma Arwen aveva già distolto lo sguardo ed era tornata alla sua espressione neutra.
‘Quindi tu sei Aragorn.’, disse una voce femminile accanto a lui. ‘Piacere, io mi chiamo Eowyn.’
Lui si riscosse e si voltò a guardarla. Era una bella ragazza di circa quattordici anni, con lunghi capelli biondi, un’espressione testarda negli occhi verdi e un sorriso impertinente; non c’era da meravigliarsi che fosse al tavolo di Grifondoro. C’erano anche altri studenti seduti con loro, ma evidentemente Eowyn era la prima ad avere tentato di rivolgere la parola all’Erede di Isildur.
‘Ciao!’, rispose lui, sollevato che qualcuno avesse fatto il primo passo. ‘Vieni dal Sud, vero? Lo capisco dal nome.’
‘Da Rohan.’, precisò lei. ‘Sono del Casato di Eorl. Siamo quasi tutti figli di nobili, eh? E sì che avevo sentito dire che qui potevano accedere tutti i maghi e le streghe… Almeno ci sono parecchie donne, però.’
‘Se è per questo non ci sono neanche Elfi, o Hobbit, o Nani.’, aggiunse un ragazzo seduto poco più in là, con l’aria di chi la sa lunga. ‘Eppure non sono solo gli Uomini a conoscere i segreti della Magia.’
Eowyn scrollò le spalle sbrigativa.
‘Forse col tempo arriveranno anche loro. Personalmente, mi basta che noi ragazze possiamo studiare qui; non avete idea dei salti mortali che ho fatto per convincere mio padre a lasciarmi venire… Ma quando gli ho detto che allora volevo un maestro di scherma, ha acconsentito subito.’
Aragorn scoppiò a ridere, e con lui la maggior parte dei ragazzi. Alcuni squadrarono Eowyn altezzosamente, bisbigliando fra loro, ma lei non sembrò farci troppo caso.
‘Cosa credete che ci faranno fare?’, chiese un ragazzino di circa undici anni, battendo i piedi ansiosamente. ‘Voglio dire, come funziona una scuola?’
‘Lo scopriremo presto.’, sorrise Eowyn.
‘Per prima cosa, spero che ci sarà un banchetto.’, sorrise Aragorn guardando Eowyn.
Lei scoppiò in una risata argentina, annuendo.
‘Spero che le libagioni siano all’altezza del signore di Gondor.’, fece pungente, improvvisando una riverenza.
In quel momento Aragorn capì che sarebbero diventati ottimi amici; non si accorse che la ragazza era arrossita leggermente quando lui le aveva sorriso.

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Capitolo 2
*** Nuove amicizie, nuovi insegnati... stesse aspettative ***


 ‘Non sei nervoso?’, chiese per l’ennesima volta Eowyn. ‘Nemmeno un po’?’
Sembrava avere una particolare simpatia per Aragorn, anche se non erano pochi i ragazzi che le ronzavano attorno: era molto bella, e la sua allegria e la sua arguzia avevano conquistato molti di quelli che all’inizio l’avevano ritenuta troppo impertinente per i loro gusti. In meno di due giorni di permanenza a Hogwarts, comunque, lei e il ragazzo erano diventati inseparabili.
Lui alzò le spalle e fece levitare pigramente la punta della sua treccia.
‘Ho avuto un buon insegnante privato, penso di potermela cavare.’
‘E smettila!’, fece la ragazza abbassandogli la bacchetta con una risatina. ‘Non mi vorrai scompigliare i capelli poco prima dell’esame? Sai quanto ci tengo ad apparire come la principessina fragile e ordinata che sono!’
Scoppiarono tutti e due a ridere e si avviarono verso il giardino. Tutti gli studenti erano stati chiamati lì ad eseguire qualche prova, per poter essere divisi in quattro classi a seconda della loro abilità: Helga Tassorosso sarebbe stata l’insegnante dei meno esperti, Godric Grifondoro quello dei maghi di livello un po’ più avanzato, Salazar Serpeverde quello del livello successivo, e naturalmente Rowena Corvonero si sarebbe occupata dei maghi più dotati. Aragorn scorse Faramir che parlava concitatamente con un gruppo dei suoi compagni di Casa; pareva più a suo agio di quando era arrivato a scuola.
‘Sembra simpatico.’, disse ad Eowyn indicandolo con un cenno del capo. ‘Mi piacerebbe conoscerlo meglio.’
La ragazza inarcò un sopracciglio, infastidita.
‘Fai come ti pare…’, borbottò. ‘Quanto a me, ne ho davvero abbastanza di quella famiglia. Li conosco da quand’ero piccola, con tutte le visite ufficiali che ci siamo scambiati per consolidare l’alleanza tra i due regni eccetera eccetera, e non mi sono mai andati a genio: Boromir è presuntuoso quasi quanto il padre, e mi trattavano entrambi come se mi facessero un grande onore con la loro presenza. Faramir… In realtà se ne stava sempre in disparte, non ho mai fatto troppo caso a lui. So solo che ha la mia stessa età, più o meno.’
‘Andiamo!’, insistette l’altro. ‘Pensavo di essere io quello riservato, e invece sei tu quella che non ha voglia di farsi nuovi amici. Non vorrai passare tutta la vita solo con me, vero?’
‘E cosa ci sarebbe di male?’, mormorò l’amica.
Aragorn si voltò verso di lei, confuso, ma in quel momento con la coda dell’occhio vide qualcosa -o meglio qualcuno- che distolse completamente i suoi pensieri da Eowyn.
Pur nella sua semplice veste grigia, Arwen catturava immediatamente l’attenzione di chiunque posasse lo sguardo su di lei. Stava esaminando la sua bacchetta con un’insolita espressione preoccupata, rigirandosela tra le mani.
‘Pensi che abbia bisogno di aiuto?’, chiese Aragorn all’amica.
‘Ma figurati, è di Corvonero!’, gli fece notare lei prendendogli un braccio come per trattenerlo. Lui però si divincolò e schizzò verso Arwen, lasciandola perplessa e arrabbiata.
Una volta avvicinatosi, però, improvvisamente si rese conto di non sapere che dire.
‘Ciao…’, mormorò. ‘Io mi… mi chiedevo se…’
Lei alzò gli occhi e lo fissò in silenzio. Il ragazzo ebbe un sussulto; voleva disperatamente abbassare lo sguardo, ma qualcosa in quegli occhi argentei lo incantava talmente che non ci riusciva. Finalmente, la ragazza gli sorrise.
‘Non ho bisogno di aiuto, grazie.’, gli disse, come leggendogli nel pensiero. ‘Ma sei molto gentile ad offrirti. Come ti chiami?’
‘Aragorn.’
‘Io sono Arwen. Piacere di conoscerti.’
‘Anche per me.’, riuscì ad articolare il ragazzo. ‘E… insomma… da dove vieni?’
La fanciulla smise all’istante di sorridere.
‘Scusami.’, si affrettò a dire il ragazzo. ‘Non volevo essere indelicato.’
‘Lo so.’, rispose lei. ‘Il tuo cuore è buono, Aragorn figlio di Arathorn. Vengo da molto lontano.’
 ‘Ah.’, fece l’altro, non osando fare altre domande.
Per fortuna, proprio in quel momento gli insegnanti radunarono gli studenti delle proprie Case per dare inizio all’esame.
‘Io vado.’, borbottò Aragorn schizzando via senza aspettare una risposta. La ragazza lo guardò farsi largo tra la folla e sorrise fra sé e sé.
Sarà un grande re, pensò. Il suo destino è scritto nei suoi occhi.
 ‘Ah, ecco Aragorn. Ci siamo tutti?’, domandò Godric Grifondoro vedendolo arrivare. ‘Bene. Seguitemi, prego.’
Li condusse in una frazione di prato all’ombra di un salice piangente.
‘Il vostro primo compito è quello di far crescere un bucaneve. Sì, anche se siamo a settembre, abbassate quelle braccia. Cominciate.’
Gli studenti si sedettero a gambe incrociate e si concentrarono sull’erba davanti a sé.
‘E’ impossibile!’, si lamentò Eowyn con rabbia.
‘Basta far sbocciare una margherita e poi Trasfigurarla in un bucaneve.’, le suggerì Aragorn mostrandole il suo fiore. La ragazza si morse le labbra e annuì senza ringraziare, imbronciata. Riuscì appena in tempo a mettere in atto il consiglio dell’amico, perché in men che non si dica i due si ritrovarono Grifondoro alle spalle.
‘Da quella parte.’, ordinò l’insegnante sbrigativo. ‘Sotto il salice.’
Si alzarono e raggiunsero un piccolo gruppo di studenti che chiacchierava all’ombra dell’albero. Aragorn ebbe un tuffo al cuore nel vedere che con loro c’era anche Arwen. Alzò timidamente la mano e lei lo salutò con un sorriso.
‘Smorfiosa.’, sibilò Eowyn a voce troppo bassa perché l’amico potesse sentirla.
Dopo un po’, altri alunni si unirono a loro alla spicciolata. Erano principalmente fra i quattordici e i diciassette anni, ma c’era anche qualche ragazzo più piccolo, fra cui Faramir, che chiacchierava eccitato con suo fratello. Insieme all’ultima manciata di studenti c’era Salazar Serpeverde, con l’eterno sorriso stampato in faccia.
‘Congratulazioni!’, disse l’insegnante. ‘Avete superato la prima prova. Per la seconda dovrete portarmi gli ingredienti della Pozione Barbanano, tutti presenti in questo giardino. Avete mezz’ora. Buona fortuna!’
Eowyn ed Aragorn si guardarono allibiti.
‘Tu hai idea di cosa sia la Pozione Barbanano?’, chiese la ragazza.
‘Neanche per sogno. Che facciamo?’
Lei aggrottò le sopracciglia pensierosa, poi sorrise trionfante.
‘Se c’è una cosa che mi ricordo di Faramir, è che è un asso in questo genere di cose.’, disse. ‘Il fratello lo batteva sempre a scherma, perché era più forte, ma i loro maestri di Pozioni ed Erbologia cantavano sempre le sue lodi. Ehi, Faramir!’
Corse verso il ragazzo, ma Aragorn non la seguì.
‘Che ti prende?’, fece Eowyn contrariata.
‘Non possiamo barare. E poi non voglio che il figlio del Sovrintendente di Gondor mi consideri sleale.’
‘Non essere sciocco, Aragorn! Senti, facciamo così: gli chiederemo solo quali sono gli ingredienti, poi li cercheremo da soli.’
L’altro non si mosse.
‘Oh, andiamo!’, fece la ragazza torcendosi la treccia con impazienza. ‘Non eri tu quello che non vedeva l’ora voglia di legare con il principino di Gondor? Da qualche parte dovrai pur cominciare, no? Sbrigati, si sta allontanando!’
Stavolta aveva fatto centro: l’amico la raggiunse con un grugnito rassegnato. La ragazza sfoderò un sorriso vittorioso, corse verso Faramir e gli posò una mano sulla spalla. Lui si voltò e arrossì nel riconoscerla.
‘Ciao, Eowyn.’, mugugnò. ‘E tu sei Aragorn, giusto?’
‘A dopo le presentazioni!’, sbottò la ragazza. ‘Tu sai dove trovare gli ingredienti, vero? Ci puoi aiutare?’
‘Non importa, Eowyn.’, aggiunse Aragorn, che aveva notato un lampo di disapprovazione negli occhi dell’altro. ‘Dobbiamo provare a cavarcela da soli.’
‘Ma stai scherzando? Non sappiamo neanche da che parte cominciare! Smettila di fare l’eroe, una buona volta!’, fece lei dandogli una gomitata. ‘Andiamo, Faramir, per favore!’
Incrociò lo sguardo del ragazzo con  un’espressione talmente supplichevole negli occhi che lui avvampò ancora di più e annuì debolmente.
‘Sei fantastico!’, esultò Eowyn. ‘Grazie mille!’
‘Sì, grazie.’, ripeté Aragorn.
L’altro non rispose e li guidò in silenzio, a passo sicuro.
‘Com’è Gondor?’, chiese ad un tratto Aragorn, incapace di trattenersi. L’altro lo guardò di sottecchi, preso alla sprovvista.
‘E’ bellissima.’, rispose. ‘Una città antica quanto il mondo. La minaccia di Mordor, così vicina, è sempre presente, è vero, ma quasi non ce ne si rende conto. Solo che ogni tanto mi sveglio la mattina e sento qualcosa di strano nell’aria… Ma mio fratello dice che sono paranoico. Spero che un giorno si accorgerà anche lui che c’è qualcosa che non va, altrimenti quando salirà al trono…’
S’interruppe bruscamente, mordendosi le labbra.
‘Tranquillo.’, lo rassicurò Aragorn. ‘Ho scelto io di rinunciare alla corona, per il bene della nostra… voglio dire, della vostra terra. I Sovrintendenti hanno governato Gondor per generazioni, e in modo eccellente; chi sono io per fare di meglio?’
‘Il legittimo Erede di Isildur!’, esclamò Eowyn piccata. ‘Saresti un re cento volte migliore di Boromir, e scommetto che lui lo sa. Senza offesa, Faramir.’
Lui non rispose, ma gettò uno sguardo penetrante ad Aragorn, come se stesse cercando di valutarlo. Infine gli comparve sul volto un mezzo sorriso, e l’altro seppe di aver superato l’esame.
 ‘Qui c’è il primo ingrediente.’, annunciò Faramir sorridendo loro orgoglioso. ‘Resina di pino secolare.’
 
 
 
‘Complimenti a tutti quelli che sono riusciti a completare la prova!’, fece Serpeverde.
‘Sì, complimenti, Aragorn.’, sibilò Boromir alle sue spalle. ‘Ma non ci sarà sempre mio fratello a darti una mano.’
Non era riuscito a trovare gli ingredienti, e il la vista di suo fratello che aiutava quello che già considerava un rivale era stata veramente troppo. Serpeverde finse di non sentire e proseguì imperterrito.
‘Quelli che hanno trovato gli ingredienti, con me. Gli altri, seguite Godric.’
Li guidò fino al cortile interno della scuola, dove c’era un grande albero cavo.
‘Qui dentro si nasconde un Molliccio.’, spiegò. ‘Per quelli di voi che non lo sanno, i Mollicci prendono la forma di quello che il loro avversario teme di più al mondo. Lo affronterete uno alla volta, poi io gli darò il colpo di grazia. Dama Eowyn, a te l’onore del primo colpo.’
La ragazza marciò in avanti, la bacchetta stretta in pugno. Quasi subito, dal cavo dell’albero fece capolino una figura decisamente inquietante: era identica a lei, ma aveva i polsi cinti da pesanti catene e negli occhi verdi era dipinta un’espressione di puro terrore. Era più minuta della vera Eowyn, e aveva un’aria così spaurita che faceva pietà a vederla.
Riddikulus!’, gridò Eowyn con rabbia, e all’istante il suo doppio venne avvolto in una comica veste di pizzo. Molti compagni sghignazzarono, e la ragazza si ritirò, le guancie imporporate.
‘Molto bene, Eowyn.’, fece Serpeverde. ‘Da quella parte, prego. Avanti il prossimo.’
Mano a mano, il Molliccio assunse le forme più svariate, dal mostro marino all’albero parlante. Aragorn fu sorpreso di vedere che parecchie volte ci fu bisogno dell’intervento dell’insegnante per sedare la creatura, e le file di quelli che non avevano superato la prova andavano allargandosi. Per Faramir il Molliccio prese la figura di suo padre, per cui il ragazzo non se la sentì di attaccarlo: umiliato, si allontanò a testa bassa verso le file dei bocciati. Aragorn gli diede una pacca solidale sulla schiena.
‘Aragorn, tocca a te.’, chiamò in quel momento Serpeverde.
Il ragazzo sgusciò tra la folla e raggiunse l’albero. Sotto al suo sguardo sbalordito, il Molliccio si trasformò in un guerriero con l’albero argenteo di Gondor sulla corazza.
‘Aragorn, figlio di Arathorn, per le imperdonabili mancanze commesse sei bandito dalla nostra terra per l’eternità, e così i tuoi figli, e i figli dei tuoi figli.’
Aragorn rimase fermo a bocca aperta, e il guerriero ne approfittò per sguainare la spada.
Riddikulus!’, si affrettò a gridare Serpeverde. ‘Mi dispiace, giovanotto, non hai superato la prova. Il prossimo.’
Il ragazzo strinse i pugni e si ritirò, colpito dalla visione.
‘Tutto bene?’, chiese Faramir timidamente. ‘Sembri un po’ scosso.’
Lui alzò le spalle.
‘Tutto bene. Tu?’
‘Sì. Vediamo come se la cavano gli altri.’
Era arrivato il turno di Arwen. Il Molliccio sembrò esitare, come se faticasse a trovare nulla di cui la ragazza avesse paura, poi si trasformò in un enorme occhio fiammeggiante, che sembrava vedere tutto e tutti. Molti gridarono spaventati, e persino Serpeverde rimase impietrito, ma Arwen lo fissò, fiera e imperturbabile; senza alzare la bacchetta, aprì la bocca e sussurrò parole che non  appartenevano alla Lingua Corrente. Il Molliccio si ritirò nel cavo dell’albero con uno strillo terrorizzato.
‘Ma che ha detto?’, ansimò Faramir, fissando la ragazza che si sistemava con noncuranza insieme agli altri che avevano superato la prova. ‘Quella lingua… Sembrava quasi…’
‘Elfico.’, completò Aragorn. ‘Ha detto: Qui non c’è posto per te. Vai via.
 ‘Tu parli l’Elfico?’, fece l’altro ammirato.
‘Me l’hanno insegnato da piccolo, insieme a un paio di altre lingue. Il mio tutore diceva che un re dev’essere poliglotta.’
‘Beh, ha ragione. Anche a Boromir hanno insegnato qualche parola di Elfico, ma dalle nostre parti nessuno ne sa più di tanto; tu dove l’hai imparato?’
‘Il mio tutore ha trascorso molti anni a Lothlorièn e a Gran Burrone in gioventù. Mi chiedo chi l’abbia insegnato ad Arwen, però.’
Per qualche secondo Faramir non rispose.
‘Chi è il tuo tutore, Aragorn?’, chiese infine.
‘Uno stregone dell’Ordine di Saruman il Bianco; gli sono stato affidato alla nascita. Dice che doveva istruirmi per compiere a dovere il mio destino, ma temo di averlo deluso.’
‘Ti riferisci alla Profezia?’
Aragorn incrociò il suo sguardo, allarmato.
‘Come fai a saperlo?’
‘Non c’è bambino, a Gondor, a cui non venga raccontata la leggenda della Lama Che Fu Rotta e del grande re che la riparerà, unendo sotto la sua corona tutti i regni degli Uomini.’
L’altro non rispose, imbarazzato.
‘Io credo che quella leggenda abbia un fondamento, sai?’, continuò Faramir. ‘Forse il nostro destino è già scritto… forse le Profezie dicono il vero.’
‘Forse.’, borbottò Aragorn. ‘Ma non sono io che le farò avverare.’
‘E allora chi, Boromir?’, insistette l’altro inarcando un sopracciglio. ‘Mio fratello è leale e coraggioso, ma troppo… turbolento; dubito che abbia la stoffa per guidare tutti i popoli degli Uomini.’
Prima che l’altro potesse ribattere, Serpeverde chiamò a sé tutti quelli che avevano fallito la prova.
‘Siete tutti ad un livello superiore alla norma.’, commentò pensieroso. ‘Abbiamo voluto mettere alla prova la vostra prontezza di spirito e i vostri riflessi insieme alla tecnica, quindi non avete di che preoccuparvi riguardo alla vostra abilità magica; non nego però che c’è ancora molto su cui lavorare, se volete imparare ad usare la vostra magia prontamente e con destrezza… Io sarò il vostro insegnante. Nel giorno dell’Equinozio d’Inverno sarete sottoposti ad un esame, e i più esperti passeranno nella classe di Rowena. I corsi iniziano domani alle nove in punto; subito dopo colazione vi aspetterò nella serra, non sono tollerati ritardi. Potete andare… Aragorn, permetti una parola?’
 ‘Naturalmente, professore. C’è qualche problema?’
‘Al contrario: volevo esprimerti la mia soddisfazione di avere un alunno del tuo calibro nella mia classe, è un tale onore per me… A proposito, congratulazioni per il tuoottimo rendimento nelle prime due prove.’
Accennò a Faramir, che si stava allontanando insieme ad altri Tassorosso, e strizzò l’occhio con aria cospiratoria; Aragorn si sentì avvampare di vergogna.
‘Mi dispiace per l’accaduto… Frequenterò il corso di Grifondoro, se…’
‘Caro ragazzo, non hai sentito quello che ti ho detto? Sono onorato di averti nella mia classe, e sono disposto a chiudere un occhio sull’ “accaduto”, a condizione che la cosa non si ripeta, s’intende. Mi è venuta una piccola curiosità, però: come mai il pupillo di Gandalf il Grigio, eminente stregone dell’Ordine di Saruman, ha deciso di passare a quattro umili insegnanti come noi? Oh, non dubito che le doti di Rowena siano giustamente decantate, e anche noialtri ci siamo guadagnati la nostra fetta di celebrità, ma… Tu capisci… Uno stregone conosce segreti che vanno al di là della nostra immaginazione! La tua formazione sarebbe stata più completa se fossi rimasto da lui, non credi? Non che non siamo felici di averti, s’intende.’
‘In questa scuola potrò imparare più della sola magia.’, rispose lentamente Aragorn, guardandolo negli occhi. ‘Hogwarts è la prima tappa della mia formazione. Una volta completati gli studi ho intenzione di viaggiare per tutta la Terra di Mezzo.’
‘Una saggia decisione.’, approvò Serpeverde scrutandolo attentamente come avrebbe potuto fare con un animale raro in una gabbia. ‘Un re non può essere di vedute ristrette, dopotutto.’
‘Non sono un re, signore. Con permesso…?’ 
‘Vai, vai.’
Aragorn fece un piccolo inchino e girò sui tacchi, sentendosi ancora addosso lo sguardo penetrante dell’insegnante.

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Capitolo 3
*** Il richiamo ***


 ‘Allora? Com’è andato il primo giorno?’, chiese Aragorn mentre lui ed Eowyn collassavano al tavolo di Grifondoro. Il pranzo era già imbandito, e le pietanze emanavano un profumo che faceva venire l’acquolina in bocca ai ragazzi, affamati dopo una lunga mattinata; la maggior parte di loro, però, aveva ricevuto un’educazione da figli di nobili, e avevano imparato a contenersi, acquolina o meno.
‘Abbastanza bene.’, rispose Eowyn con un’occhiata famelica al fagiano ripieno di spezie davanti a lei. ‘Corvonero è rigida come un manico di scopa, ma le sue lezioni sono divertenti: è molto difficile starle dietro, quindi siamo sempre obbligati a dare il massimo… Una sfida, insomma. Tu?’
‘Serpeverde sa il fatto suo, anche se fa già molte preferenze. Il suo criterio è semplice: se hai un cognome altisonante, con lui hai una marcia in più; se appartieni alla sua Casa, poi, tanto meglio.’
‘Quindi tu sei a cavallo!’, osservò lei con un ghigno provocatorio. ‘Il tuo albero genealogico ha più nomi illustri di quelli di tutti gli altri studenti messi insieme.’
‘Senti chi parla, principessa di Rohan! E dei compagni di classe? Tra i miei c’è Faramir; è davvero simpatico, sai?’
‘I miei sono tutti troppo concentrati sulle lezioni per pensare a fare amicizia.’
‘Mi stai dicendo che nessuno ha ancora provato a farti la corte? Guarda che me ne accorgo, di tutti i ragazzi che sospirano al tuo passaggio…’
 ‘Idiota!’, ridacchiò lei dandogli un colpetto alla spalla. ‘Ti sembrano domande da fare a una fanciulla perbene?’
‘Sì, una fanciulla perbene che sa usare la spada quasi meglio di me… Ma davvero non hai parlato con nessuno? Neanche con… Arwen? Sembra… amichevole…’
‘Quella?!’, fece lei inviperita. ‘Amichevole?! Carina, questo sì, ma con una puzza sotto il naso che fa paura. Ma dico, l’hai vista? Non sorride quasi mai, e quando ti guarda sembra che ti voglia vedere dentro, non so se mi spiego. E se proprio vuoi saperlo, con la bacchetta è negata: la tiene come se avesse paura che si spezzi al suo tocco. Eppure riesce a seguire la lezione senza problemi… Credimi, ha qualcosa di strano.’
‘Ah.’, fece lui, accorgendosi che era meglio lasciar perdere. ‘Senti, mi dispiace, ma devo scappare: Serpeverde ci ha detto di portare domani gli ingredienti di una pozione che ci ha spiegato stamattina, e ho detto a Faramir che subito dopo pranzo saremmo andati a cercarli nella foresta.’
‘Ma non ci siamo visti per tutto il giorno! Sono davvero così antipatica da non poter passare più di dieci minuti con me?’
‘Non fare la sciocca, sai che non è così. Ci vediamo tra un’oretta in Sala Comune, d’accordo?’
‘Neanche per sogno, vengo con te adesso. Non posso certo lasciarti per un ora solo con il principino muto, altrimenti finirai per appenderti a un albero… Sei davvero riuscito a farlo parlare? E di cosa?’
‘Gondor.’, borbottò Aragorn.
Lei alzò gli occhi al cielo e gli sorrise affettuosamente, posandogli una mano sulla spalla.
‘Sai, se Boromir pensasse alla sua terra la metà di quanto fai tu, sarebbe il più grande Sovrintendente che Gondor abbia mai avuto.’
 
 
 
‘Ho trovato l’altro artiglio di Avvicino!’, annunciò Aragorn trionfante infilandolo con cautela in una fiala di vetro. ‘Cosa manca?’
‘Piume di Ippogrifo.’, rispose Faramir controllando la lista. ‘Forse ne troveremo qualcuna nella foresta.’
‘Ottimo, non ne posso più di cercare nella sabbia.’
‘Ho sentito dire che in quella foresta vive un branco di Centauri.’, fece Eowyn pensierosa mentre i tre si allontanavano dalla riva del Lago Nero. ‘Credete che ne incontreremo qualcuno? Ci potrebbero predire il nostro futuro!’
‘No grazie.’, mormorò Aragorn. ‘Ne ho abbastanza delle profezie.’
La ragazza scosse la testa innervosita.
‘E tu, Faramir? Che ne pensi?’
‘Io… ecco… Non so…’
Aragorn cominciava a capire come il ragazzo si fosse guadagnato l’epiteto di “principino muto” da parte di Eowyn: quando l’aveva vista aveva abbassato gli occhi, mugugnando qualcosa di incomprensibile, e alle sue domande rispondeva a monosillabi. La ragazza incrociò lo sguardo di Aragorn ed emise un grugnito esasperato, ricevendo per tutta risposta un’alzata di spalle. Arrivarono al limitare della Foresta Proibita in silenzio, come una processione.
‘Gli Ippogrifi di solito vivono nelle radure.’, li informò Faramir. ‘Ricordate, se ne incontriamo uno dobbiamo inchinarci e fissarlo negli occhi finché non ricambia l’inchino. Poi possiamo fare qualsiasi cosa, anche cavalcarlo, purché stiamo attenti a non offenderlo.’
‘Davvero?’, fece Eowyn interessata. ‘Credi che sia molto diverso dal montare un cavallo? Dalle mie parti siamo piuttosto bravi a cavalcare, ma non ho mai provato con qualcosa di alato.’
‘N-non saprei…’, rispose Faramir sorridendo nervosamente. ‘Lì c’è… c’è una… una radura, possiamo… ecco…’
‘Andare a cercare lì, sì.’, abbaiò Eowyn. ‘Ci siamo capiti. Avanti, muoviamoci.’
Si avviò per prima a passo di marcia, tallonata da un avvilito Faramir. Aragorn stava per seguirli, ma all’improvviso ebbe la netta sensazione che non fosse quella la direzione giusta; non avrebbe saputo descrivere esattamente il suo presentimento, eppure… Sentiva che qualcosa lo stava spingendo sui suoi passi, come una specie di richiamo. Si voltò di scatto, e per qualche ragione puntò subito ad un sentiero accidentato che si attorcigliava tra i pini.
‘Devo andare di là.’, disse agli altri due.
‘Non è il momento di giocare al piccolo esploratore.’, lo rimbeccò Eowyn squadrandolo interrogativa. ‘Non abbiamo tempo, devo assolutamente tornare al castello prima di sera: guarda caso ho anch’io ho dei compiti da fare, sai.’
‘E comunque non ci è permesso inoltrarci così a fondo nella foresta.’, aggiunse Faramir adocchiando il sentiero. ‘E’ pericoloso, non sappiamo che cosa potremmo incontrare là dentro.’
‘Non importa, io vado.’, insistette l’altro.
‘Allora vengo anch’io.’, affermò Eowyn  con un sorriso curioso. ‘Stai a vedere che troviamo davvero dei centauri.’
‘No, devo andare da solo.’, rispose Aragorn.
Nessuno dei due amici avvertiva il richiamo: era chiaramente un messaggio rivolto a lui e a lui soltanto. La ragazza inarcò un sopracciglio e incrociò le braccia.
‘E perché, di grazia? Pensi che abbia paura? Dopotutto una brutta foresta cattiva è un posto di quelli che farebbero svenire le principessine impressionabili come me, vero?’
‘Non ho detto questo, e lo sai. Non puoi venire con me, Eowyn, punto e basta.’
‘Certo che per uno che dice di non voler essere re hai una bella voglia di comandare! Nessuno mi può dire quello che devo o non devo fare, neanche l’Erede di Isildur.’
Aragorn non aveva mai sentito la sua voce così gelida; il suo sguardo era affilato come una lama. Quella era una Eowyn diversa dalla ragazza allegra e ostinata che conosceva, una Eowyn che avrebbe fatto tremare qualunque avversario in battaglia, se la sua spada era tagliente come le sue parole e maneggiata con la stessa abilità.
‘Ragazzi, guardate!’, esclamò Faramir all’improvviso in tono sbalordito.
I due si scambiarono un’ultima occhiata risentita e si voltarono lentamente, indifferenti; ma quello che si trovarono davanti era veramente uno spettacolo straordinario.
Il sole faceva capolino fra le fronde, gettando sulla radura a pochi passi dai ragazzi centinaia di nastri di luce; uno stagno più o meno al centro del prato rifletteva i raggi sui tronchi degli alberi. Proprio accanto, un enorme Ippogrifo stava planando per abbeverarsi. Eowyn sorrise rapita e cominciò ad avvicinarsi all’animale.
‘Ricordati l’inchino!’, sussurrò Faramir in tono allarmato. ‘Non fare niente di brusco, altrimenti… E non abbassare lo sguardo, capito? Qualunque cosa tu faccia.’
Lei annuì distrattamente e proseguì. L’animale si voltò di scatto e le puntò addosso gli enormi occhi color ambra. Aragorn trattenne il respiro, ma la creatura non accennò ad attaccarla: sembrava aspettare. La ragazza si sollevò un lembo della gonna e calò in una riverenza, lo sguardo imperturbabile e la testa alta e fiera sotto gli occhi di fuoco dell’Ippogrifo. Faramir sfilò cautamente la bacchetta dalla tasca e la strinse in pugno.
‘Se solo accenna a farle del male, lo affatturo.’, sussurrò.
‘Sì, così se l’Ippogrifo non ti ammazza a unghiate ci pensa Eowyn.’, ribatté Aragorn; ma anche lui trasse fuori la bacchetta dalla tasca.
Proprio in quel momento, però, sotto lo sguardo sconcertato dei due ragazzi l’Ippogrifo si abbassò a sua volta in un inchino, senza staccare gli occhi di dosso ad Eowyn. Lei sorrise vittoriosa e gli si avvicinò.
‘Che ne dici se facciamo vedere a questi due che cosa sappiamo fare?’, bisbigliò accarezzandolo. ‘Non ti dispiace se ti salgo in groppa, vero?’
L’animale non rispose, naturalmente, ma neanche si alzò; sembrava davvero che la stesse invitando a salire. Approfittando della posizione china della creatura, la ragazza riuscì a saltargli sul dorso con un paio di balzi.
‘Allora? Che ne dite?’, rise senza guardarli, pronta a spiccare il volo.
‘Impressionante....’, mormorò Faramir. ‘Semplicemente impressionante. E’ davvero incredibile, vero, Aragorn?’
Si guardò intorno: dell’amico non c’era traccia.
‘E chi la sente adesso Eowyn?’, borbottò.
Approfittando della distrazione degli altri due, Aragorn era scivolato silenziosamente fra gli alberi; misurando i passi con cura, il ragazzo si fece strada fra le frasche fino a sbucare in una stretta radura. Era stranamente luminosa per essere nel bel mezzo di un bosco fitto di alberi secolari: sembrava che i raggi del sole facessero a gara per raggiungere quella piccolissima frazione di foresta. L’erba cresceva rigogliosa, non dovendosi fare strada tra le ingombranti radici che tappezzavano il suolo del bosco, ma in modo più ordinato di quanto ci si sarebbe aspettato in un terreno incolto. In effetti Aragorn aveva l’impressione di trovarsi in un giardino ben curato piuttosto che in mezzo a una foresta; c’era persino un roseto in fiore e una specie di minuscolo laghetto, con un giovane salice piangente che accarezzava l’acqua limpida con le sue foglie.
Sotto quell’albero sedeva una ragazza con il viso coperto da un’inconfondibile cascata di capelli corvini.
‘Arwen.’, sussurrò Aragorn incantato. Ora sapeva da dove veniva il richiamo.
Lei sussultò e alzò la testa di scatto (Come aveva fatto a sentirlo?) e lo fissò, allarmata. Aragorn ebbe la netta impressione che, se il richiamo veniva effettivamente da Arwen, lei non aveva idea di averlo inviato.
‘Scusami.’, balbettò il ragazzo avvicinandosi. ‘Non volevo disturbarti.’
Lei scosse la testa, come per scacciare quell’idea assurda; sembrava più serena del solito, come nel suo elemento. Anche Aragorn si sentiva meno teso di quanto fosse normalmente in sua presenza.
‘Lo so, tranquillo. E’ che non sono abituata a vedere altre persone in questo posto.’
‘Effettivamente non è facile da trovare… Tu come hai fatto?’
Lei alzò le spalle.
‘Istinto, credo. Qui è l’unico posto in cui mi sento davvero a casa.’
‘Capisco.’, rispose lui sinceramente.
Arwen lo fissò, sorpresa.
‘Sul serio?’
Lui annuì.
‘C’è una strana magia in questo posto… Non so perché, ma sembra adatto a te.’
Lei scoppiò a ridere. Aragorn non aveva mai sentito la sua risata; era diversa quando rideva, sembrava più spensierata, più... umana. Sorrise anche lui.
‘Che stavi facendo?’, domandò.
La ragazza esitò, poi tese le mani. In una aveva un coltellino, in un’altra una piccola bacchetta.
‘La bacchetta che ho preso alla bottega del signor Garrick non mi sembra adatta a me.’, spiegò. ‘Pare che mi abbia scelto, ma… E’ normale che non la senta giusta?’
Sembrava ansiosa di ricevere una risposta, ma Aragorn non sapeva bene cosa dirle.
‘Quindi te ne stavi fabbricando una nuova?’, domandò.
Lei annuì.
‘Per il legno ho usato quello del salice, per il cuore ho intrecciato un po’ di non-ti-scordar-di-me che crescevano qui. Che ne dici?’
Gliela porse in modo che potesse esaminarla. Era chiaramente diversa dalle altre bacchette, ma non era fatta in modo rudimentale, anzi: l’impugnatura era intagliata con disegni minuziosi, e i fiorellini celesti del cuore spuntavano fuori da minuscole cavità circolari, avvolgendo il legno in una spirale perfetta.
‘Molto bella.’, rispose Aragorn. ‘Ma funziona? E i fiori non appassiranno?’
‘L’ho già provata e mi ci trovo meglio che con l’altra.’
‘E i fiori?’, insistette il ragazzo, scettico.
Lei sorrise sibillina.
‘Esistono fiori che non appassiscono mai.’
‘Che intendi dire?’
La ragazza esitò.
‘Sai tenere un segreto?’
Prima che lui potesse rispondere, un grido lancinante echeggiò fra gli alberi. Non poteva essere niente di umano, somigliava di più al verso di un enorme uccello. Ad Aragorn sembrava di aver interrotto un bel sogno con un brusco risveglio, e a giudicare dall’espressione spaesata di Arwen anche lei doveva sentirsi allo stesso modo.
‘Eowyn.’, mormorò il ragazzo impallidendo. ‘Qualcosa dev’essere andato storto con l’Ippogrifo…’
‘Dobbiamo aiutarla.’, rispose secca Arwen.
Il suo sguardo e la sua voce adesso erano duri e freddi, ma Aragorn non aveva tempo per rimuginare sulla trasformazione; scattò verso il luogo dove aveva lasciato i due amici, tallonato da Arwen.
‘Che succede?’, gridò appena ebbe avvistato Faramir.
L’amico si voltò verso di loro, pallido come un cencio.
‘Non lo so, ma dobbiamo andare.’, disse con voce ferma. ‘Credo che l’urlo sia venuto da laggiù.’
Senza aspettare la risposta di Aragorn scattò verso la direzione che aveva indicato. L’altro esitò, ma Arwen era già corsa al suo fianco.
‘Sbrigati!’, gli gridò la ragazza. ‘Sa quello che fa.’

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Capitolo 4
*** Dissapori e Dissennatori ***


  
                                           Questo testo di Difesa Contro le Arti Oscure è così vecchio che chiama ancora i Dissennatori Spettri dell’Anello!”
                                                                     [Brian Holden, A Very Potter Sequel]

                     



Arwen si fermò di colpo.
‘Di qua.’, annunciò dirigendosi verso un groviglio di rovi.
‘Credo che sia dall’altra parte.’, obiettò Faramir. ‘Le tracce indicano che è passata per di là. Vedi i rami spezzati?’
La ragazza scosse la testa.
‘Ti abbiamo seguito finora, Faramir, ma adesso lascia fare a me. Non sentite? Eowyn sta gemendo, dobbiamo fare presto.’
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata.
‘Io non sento niente.’, disse Faramir lentamente.
‘Io nemmeno.’, aggiunse Aragorn. ‘Sei sicura di…?’
‘Fidatevi di me, è per di qua!’, insistette lei con una punta di urgenza nella voce. Fissò Aragorn negli occhi, come cercando il suo appoggio. ‘Dobbiamo aiutarla.’
Il ragazzo sostenne il suo sguardo.
‘Facci strada.’, rispose infine.
Faramir lo prese per il braccio.
‘Sei sicuro?’
‘Ha ragione lei.’, replicò l’amico. ‘Sa quello che fa.’
 
Eowyn era seduta su una roccia, intenta a fasciarsi il braccio sinistro con un lembo strappato dalla sua veste. Alzò a malapena gli occhi sentendoli arrivare.
‘L’Ippogrifo ha visto una preda ed è schizzato in picchiata per raggiungerla.’, ringhiò. ‘Altrimenti non sarei caduta.’
‘Lo sappiamo.’, le assicurò Faramir. ‘Adesso però dobbiamo portarti in infermeria.’
‘Ci so andare anche da sola, solo che prima dovevo fermare il sangue!’, ringhiò lei mostrandogli il braccio.
Incrociò lo sguardo di Aragorn, poi squadrò Arwen da capo a piedi.
‘Che caso incontrarvi qui, Dama Arwen.’, disse gelida, calandosi in una riverenza ironica.
‘Sei fortunata che sia qui, altrimenti non ti avremmo mai trovato.’, intervenne Aragorn.
Eowyn lo fulminò con lo sguardo.
‘In quel caso avrei trovato la strada da sola: so badare a me stessa, Aragorn, anche se non riesci proprio a capirlo. Forse se mi avessi visto in groppa a quell’Ippogrifo avresti potuto ricrederti, ma mentre lo cavalcavo tu eri occupato ad intrecciare margherite con la tua amichetta. Ora, con il permesso di sua altezza reale, dovrei andare in infermeria. Andiamo, Faramir.’
Prima che l’amico potesse ribattere marciò via, trascinandosi dietro Faramir per un braccio.
‘Non l’avevo mai vista così arrabbiata.’, sospirò Aragorn. ‘Quanto pensi che ci vorrà prima che mi perdoni?’
‘Non saprei.’, rispose Arwen in tono distaccato. ‘Dopotutto è stata veramente abile con quella creatura, avresti dovuto prestarle più attenzione. Tiene molto a te, sai.’
‘Non volevo piantarla in asso, è solo che… beh… Ho sentito come… come una specie di richiamo.’
‘Tra l’altro penso che si sia creato uno spiacevole malinteso: non vorrei che Eowyn pensasse che tra me e te ci sia… come dire… intimità.’
Il ragazzo cercò il suo sguardo, frastornato, ma lei continuò a fissare il vuoto con aria assente. Il contrasto fra quella Arwen e la ragazza della radura era quasi doloroso.
‘Sarebbe uno spiacevole malinteso.’, ripeté lui meccanicamente.
‘Esattamente.’, disse lei allontanandosi. ‘Ma non ricapiterà, Aragorn, stanne certo. Con permesso.’
 
 
 
‘Non ce la faccio più.’, sbottò Aragorn schivando la fattura di Faramir. ‘Eowyn mi lancia occhiate omicide ogni volta che mi vede, e quando provo a parlare con Arwen lei fa finta di non sentire. Ma si può sapere che ho fatto di così terribile? Sono passate due settimane ormai!’
‘Per quanto riguarda Arwen non so che dirti.’, rispose l’amico evocando un Sortilegio Scudo per bloccare il suo incantesimo. ‘Ma con Eowyn hai esagerato: che ti costava rimanere a guardarla? Dopotutto ha cavalcato un Ippogrifo, non è stata esattamente una cosa da niente!’
‘Lo so, lo so… Ho provato a scusarmi, ma non vuole sentire ragioni.’
Faramir aprì la bocca per ribattere, ma in quel momento Serpeverde chiamò a sé gli studenti.
‘Allora, ragazzi.’, cominciò pensieroso, scribacchiando qualcosa su una pergamena. ‘Facciamo un piccolo riepilogo: in Incantesimi siete tutti quantomeno nella norma, e la maggior parte di voi la supera di gran lunga. Siete tutti in grado di affrontare un duello magico, e all’esame non dovreste avere problemi in questo campo, così come in Erbologia. Astrologia e Antiche Rune sono sotto controllo, Divinazione preferirei lasciarla agli… ehm… esperti e concentrarmi su altre materie. In Pozioni dovete applicarvi di più, solo pochi di voi sono in condizioni di superare l’esame attualmente; poco male, ci lavoreremo. Quello che mi preoccupa di più è Difesa Contro le Arti Oscure: è un tema molto delicato, e non vi ho ancora accennato nulla a riguardo. Personalmente ho un approccio abbastanza aperto, ma i miei colleghi sono molto rigidi; a causa di questo spiacevole disaccordo ho tralasciato materia per troppo tempo, ma è ora di cominciare. Siccome vedo con piacere che eccellete ad Incantesimi, mi piacerebbe che all’esame presentaste un incantesimo estremamente complesso: l’Incanto Patronus. Come vedremo, esso serve ad affrontare i Dissennatori, o Nazgul. Qualcuno sa dirmi in breve di cosa si tratta? Aragorn, per esempio?’
Il ragazzo si sentì avvampare, e qualcuno alle sue spalle sussurrò qualcosa con un risolino.
‘I Nazgul, o Spettri dell’Anello, erano nove re degli Uomini, ai quali Sauron donò nove anelli, promettendo loro gloria e potere.’, cominciò Aragorn con riluttanza. ‘Invece ad uno ad uno i re divennero suoi schiavi, esseri raccapriccianti in bilico tra la vita e la morte; sono praticamente impossibili da uccidere, ma la loro vita è legata all’Anello del Potere, e finché esso continuerà ad esistere i Nazgul non saranno davvero morti.’ Esitò un momento prima di continuare. ‘Quindi se Isildur l’avesse distrutto, anche questa minaccia sarebbe stata sconfitta. I Dissennatori sono un’arma formidabile per le forze oscure, perché si cibano della felicità umana e sono capaci di succhiare via l’anima di una persona se si presenta l’occasione; lo chiamano il Bacio del Dissennatore.’
‘Molto bene, Aragorn.’, disse Serpeverde con noncuranza, apparentemente ignaro dello stato d’animo del ragazzo. ‘Per oggi abbiamo finito. Domani siate estremamente puntuali, mi raccomando, perché ho invitato un mio amico personale a parlarvi dei Dissennatori, essendo lui notoriamente esperto in materia, e ha gentilmente acconsentito. Vi prego di avere un comportamento adeguato davanti al nostro ospite. Potete andare.’
‘Fra venticinque studenti doveva chiamare proprio me?’, si lamentò Aragorn mentre lui e Faramir schizzavano in cortile. ‘Che strana coincidenza!’
‘Avrà pensato che eri preparato in materia, visto che ti riguarda personalmente.’, rispose l’amico. ‘E infatti è così.’
‘Forse hai ragione.’, ammise Aragorn. ‘Allora, che ti va di fare? Stiamo un po’ nel parco?’
 ‘Mi piacerebbe, ma devo andare in Sala Comune per studiare con alcuni amici.’
‘Questo  significa che devo tornare anch’io in Grifondoro, eh?’
Faramir annuì sorridendo.
‘Vedrai che prima o poi Eowyn si calmerà; anche se fa finta di non aver bisogno di niente e di nessuno, è più fragile di quanto voglia ammettere.’
Aragorn scoppiò a ridere.
‘Parli proprio come un innamorato!’, esclamò, correndo via prima che l’amico potesse ribattere.  

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Capitolo 5
*** La storia di Arwen ***


 Il giorno dopo ogni divisa era impeccabile, ogni studente seduto composto e in silenzio, ogni angolo della classe tirato a lucido. Serpeverde si lasciò sfuggire un sorriso soddisfatto.
'Prego, da questa parte. Date il benvenuto al nostro gradito ospite, ragazzi.'
Gli alunni ubbidirono in coro, e lo stregone concesse loro un cenno di approvazione col capo.
'Dovevo aspettarmelo.', sussurrò Aragorn all'orecchio di Faramir.
'Lo conosci?', replicò l'amico.
'Diciamo di sì. È il capo dell'Ordine a cui appartiene il mio tutore.'
Gandalf aveva sempre additato Saruman il Bianco come esempio e lo stimava moltissimo, così come gran parte della comunità magica, eppure ad Aragorn non era mai piaciuto. In parte era per i suoi modi solenni e distaccati, come se avesse sempre in mente cose troppo importanti per badare a quello che lo circondava; era soprattutto il suo sguardo, però, a innervosire il ragazzo. Anche adesso, in mezzo a tutti compagni, Aragorn aveva la netta impressione che lo stregone scrutasse direttamente lui.
'Saruman è il maggior esperto della storia dell'Unico Anello.', aveva spiegato Gandalf. 'È normale che tu lo incuriosisca.'
'Capisco.', aveva risposto il ragazzo, ma non poteva fare a meno di odiare quegli occhi freddi sempre puntati su di lui.
'È un piacere incontrare giovani così diligenti.', cominciò Saruman. 'Oggi sono qui per parlarvi di un argomento che mi sta molto a cuore: i Nazgul.'
Si dilungò sulla storia degli Spettri dell'Anello, che Aragorn aveva già sentito molte volte, e sulla loro precisa natura.
'Ci sono domande?', chiese infine.
Con grande sorpresa di Aragorn, molte braccia scattarono in aria, tra cui quello di Faramir.
'È interessante.', si giustificò lui di fronte allo sguardo accigliato dell'amico.
'Potrebbe mostrarci come si evoca un Patronus?', chiese una ragazza.
Le labbra dello stregone s'incresparono in un sorriso; alzò appena il suo bastone, pronunciò la formula e all'istante nell'aria si materializzò un enorme lupo azzurro.
'Per evocare un Patronus bisogna aggrapparsi ad un ricordo felice; in questo modo il Dissennatore si ciberà di esso, invece di attaccare voi direttamente, come con uno scudo.', spiegò. 'Per voi giovani è più facile, dato che siete ancora ingenui e ottimisti. Se non sbaglio in questa classe vi siete già cimentati in questo incantesimo, no?'
'Non ancora, a dire il vero.', rispose Serpeverde in tono leggermente mortificato.
'Che peccato.', disse Saruman, e di nuovo Aragorn si sentì il suo sguardo addosso. 'Mi sarebbe piaciuto osservare come se la cavano i giovani maghi in erba.'
'Contavo di iniziaredomani stesso.', gli assicurò l'insegnante. 'Ad ogni modo gli alunni di Rowena sono già preparati a riguardo, e sono certo che saranno più che felici di darti una dimostrazione.'
'E sia.', fece Saruman.
Sembrava meno interessato agli alunni di Rowena Corvonero di quanto non fosse a quelli di Serpeverde. Gli studenti di Corvonero entrarono in fila per due; Rowena stessa faceva da capofila, imperscrutabile come sempre. Non si poteva dire lo stesso dei ragazzi, che sebbene avanzassero dritti e impettiti avevano il nervosismo scritto in faccia: Eowyn stringeva la bacchetta così forte che le nocche le erano diventate bianche, e persino Arwen aveva uno sguardo da animale braccato. Uno alla volta, i ragazzi evocarono i loro Patroni. In men che non si dica l'aula si riempì di ogni genere di animale azzurrino che fluttuava sopra le teste dei ragazzi.
'Non ho mai visto niente di simile.', esalò Faramir.
Eowyn rise sollevata mentre la sua puledra le trotterellava intorno, per poi partire al galoppo e dissolversi nell'aria. Ormai mancava solo Arwen.
La ragazza prese un respiro profondo e fece un passo avanti; alzò la bacchetta, ma il braccio le tremava tanto che fu costretta ad abbassarlo.
'Va tutto bene.', cercò di comunicarle mentalmente Aragorn.
Per una strana coincidenza, proprio in quel momento Arwen alzò gli occhi e incrociò il suo sguardo, per la prima volta in parecchi giorni. Alzò di nuovo il braccio e pronunciò la formula con voce chiara e ferma:
'Expecto Patronum!'
Dalla sua bacchetta nacque una stupenda gru che spalancò le ali e si librò in volo. La ragazza rimase incantata a guardarla, come se non riuscisse a credere ai propri occhi. Poi si voltò verso Aragorn, strinse i pugni e si ritirò. Aveva gli occhi lucidi.









'Devo parlarti.'
Aragorn non poté fare altro che annuire. Arwen gli voltò le spalle e lo condusse in silenzio alla riva del Lago Nero; cominciava già a fare buio, e non c'era nessuno nelle vicinanze. La ragazza si sedette sulla sabbia, rigirandosi una conchiglietta tra le mani. Aragorn si sedette accanto a lei. Stettero così per alcuni minuti, senza parlare, senza guardarsi in faccia.
'Non ero mai riuscita ad evocare un Patronus prima.', rivelò lei. Esitò prima di continuare. 'Quando hai duemilasettecentoventisei anni è difficile evocare un ricordo felice; ci sono troppe cose che hai visto, sia belle sia dolorose. Dopo un po' si diventa apatici.'
Appoggiò delicatamente la conchiglia alle labbra.
'Ormai l'avevi capito, vero?'
'Sì.', ammise Aragorn. 'Ma ancora non comprendo bene, Arwen; cosa ci fa un Elfo in una scuola di magia? I vostri poteri sono infinitamente superiori ai nostri, cosa puoi imparare da esseri umani?'
'È quello che ha detto mio padre quando l'ho pregato di venire qui. Possibile che tu non capisca? Non sono a Hogwarts per studiare magia, ma per stare vicino agli Uomini. Voi non ve ne rendete conto, ma siete così tremendamente fortunati! Per voi ogni giorno è prezioso, vivete ogni attimo con la consapevolezza che non ritornerà più. Hai idea di cosa significhi svegliarsi la mattina e vedere la Terra sempre uguale a sé stessa? Cosa vuol dire avere tutto il tempo del mondo e non sapere che farne? Cosa vuol dire non essere più capaci di provare emozioni? Era da quando il mondo era giovane e gli alberi danzavano nelle notti di luna piena che non ridevo, Aragorn... Fino a quel giorno nella foresta, con te. È quello il mio ricordo felice... Quando ti ho visto, oggi, non ho avuto più dubbi.'
'Ma allora perché mi hai evitato finora?'
'Avevo paura. Tu mi fai uno strano effetto, sai? Quando sono con te mi sento quasi umana; è la sensazione più bella del mondo. Ma tu come reagiresti se la tua esistenza venisse sconvolta così? Se dovessi mettere in discussione ciò che sei?'
Il ragazzo esitò.
'Dipende.'
'Da cosa?'
'Dipende se ne vale la pena.'
Arwen lo guardò negli occhi e sorrise.
'Voglio essere umana.', disse. 'Con te.'
Gli accarezzò una guancia e gli si avvicinò. Lui non si ritrasse. Quando si staccarono, Aragorn le prese le mani.
'Non possiamo.', bisbigliò alzandosi in piedi.
'Perché?', chiese lei stupita.
'Io diventerò vecchio.', rispose lui lentamente. 'Morirò. Vuoi davvero fare lo stesso, Arwen? Vuoi davvero rinunciare alla vita eterna?'
'Sì.', rispose fermamente la ragazza. 'Ne vale la pena.'









'Sei di buon umore, oggi.', osservò Eowyn il giorno dopo a colazione.
Aragorn le sorrise.
'Anche tu devi esserlo, se hai deciso di venire a parlarmi.'
'Non per scelta.', replicò lei sostenuta. 'Serpeverde mi ha incaricato di dirti che devi presentarti nell'ufficio dei Presidi subito dopo colazione per un colloquio.'
Neanche questa prospettiva incrinò il sorriso di Aragorn.
'Mi sei mancata.', disse.
'Ah sì? Immagino che Arwen sia stata ben felice di consolarti in mia assenza.'
'Sei la mia migliore amica, Eowyn.'
Lei scosse la testa con un sorriso.
'Che onore inaspettato! Vuol dire che ho il permesso di non inchinarmi in tua presenza?'
'Solo se ti comporti bene.'
Lei scoppiò a ridere.
'Anche tu mi sei mancato.', ammise. 'Ora vai, Serpeverde non mi sembra uno a cui piace aspettare.'
Aragorn annuì e marciò fuori dalla sala, sereno come non lo era da tempo. Sapeva che non poteva durare, che se Eowyn avesse scoperto di lui e Arwen avrebbero litigato di nuovo, ma per ora aveva un buon motivo per mantenere il segreto.
'Dopo Hogwarts sarà diverso.', aveva detto Arwen. 'Ma per ora nessuno deve sapere: se mio padre pensasse che mi sono compromessa con un Uomo andrebbe su tutte le furie. Gli Elfi sono più pericolosi di quanto non sembri a prima vista, Aragorn; dobbiamo aspettare. Non devi raccontare a nessuno di noi due.'
E "nessuno", poco ma sicuro, significava "neanche a Faramir ed Eowyn". In realtà ad Aragorn sarebbe piaciuto consultarsi con l'amico che, ne era certo, non avrebbe mai tradito il segreto: si sentiva un po' stordito, all'improvviso aveva dei piani per dopo la scuola, un'innamorata che non era un essere umano... E tutto era successo in una serata. Non poté fare a meno di chiedersi se Arwen avesse davvero riflettuto abbastanza sulla sua decisione.
'Volevate vedermi?', chiese spalancando la porta dell'ufficio.
Un paio di gelidi occhi grigi incrociò i suoi.
'Sì, da molto tempo.', rispose Saruman.

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