Il Destino della Rosa

di rosa_bianca
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La goccia che fa traboccare il vaso ***
Capitolo 2: *** Rivelazioni ***
Capitolo 3: *** Incontri-parte prima ***
Capitolo 4: *** Incontri-parte seconda ***
Capitolo 5: *** Lontananza ***
Capitolo 6: *** Pioggia di eventi ***
Capitolo 7: *** Verso Parigi ***
Capitolo 8: *** Scoperte ***
Capitolo 9: *** Favori ***
Capitolo 10: *** Ricordi del passato ***
Capitolo 12: *** Confusione ***
Capitolo 13: *** Un errore, una fuga ***
Capitolo 14: *** Delusioni ***
Capitolo 15: *** Insieme ***
Capitolo 16: *** Coraggio di madre ***
Capitolo 17: *** Meglio tardi che mai... ***
Capitolo 18: *** Il matrimonio ***
Capitolo 19: *** Addio ***
Capitolo 20: *** La lettera ***
Capitolo 21: *** Buio ***
Capitolo 22: *** Saluti e sorrisi ***
Capitolo 23: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** La goccia che fa traboccare il vaso ***


Oscar si lasciò cadere sul letto,un peso morto. I ricci biondi erano disordinatamente sparsi sul copriletto,gli occhi azzurri fissavano vuoti il soffitto affrescato. Con un gesto brusco,si mise a sedere,gettando il fioretto sul pavimento,ed emise un urlo di rabbia agghiacciante.
-AAAAAAH!- fece eco nella stanza.
Poggiò i gomiti sulle ginocchia, mettendo le mani a coprire il viso; quasi a voler nascondere le lacrime che le rigavano le guance ad una presenza invisibile nella camera.
Perché? Perché a me? Non ero diversa per lui? Non ero forse differente dalle mie cinque sorelle?,pensava infuriata.
Il solo pensiero che suo padre la vedesse come una ragazzina da maritare la inorridiva. Era forse stato solo un capriccio quello di farle passare la vita come un maschio? Solo un crudele,insano esperimento? Non poteva crederci. Non VOLEVA crederci.
Questa è la goccia che fa traboccare il vaso!
-Io non mi sposerò mai con Girodelle,che fino a poco fa era un mio sottoposto! Non lo farò!- esclamò decisa,le guance bagnate da gocce salate,scattando in piedi -No,questo non è il mio destino!-
Aprì bruscamente la porta e corse alle scuderie per fare una cavalcata con Cesar,nonostante fuori piovigginasse.
Ma si era scordata che anche André era in licenza,e proprio in quel momento,stava strigliando il suo cavallo.
-Oscar, che ti succede?- mormorò apprensivo, avvicinandosi a lei.
-Togliti, André- sussurrò Oscar fredda- TOGLITI!- ripeté urlando.
Andrè si spostò, amareggiato, e le prese un braccio, bloccandola. Bastò lo sguardo tanto deciso quanto sofferente di lei a fargli mollare la presa, seppur continuando a guardarla negli occhi.
Così la bionda montò a cavallo e trottò per le infinite proprietà dei Jarjayes, senza una meta.La rabbia le faceva bollire il sangue; tanto che si dovette fermare vicino ad un torrente per rinfrescarsi.
Aveva smesso di piovere ed Oscar si sdraiò su un prato a rimuginare.
Suo padre voleva che si sposasse. Nulla di più normale. Se fosse stata cresciuta come una ragazza, ovviamente.
Ma lei era speciale. Lei. Oscar François de Jarjayes, il “figlio” del Generale, il futuro erede di tutti i suoi possedimenti. Un soldato abile, determinato e capace. Dunque, cos’era?
Non era un maschio, dovendo sposarsi a breve con un uomo.
Non era una femmina, non avendo mai vestito o pensato come tale.
Lo scopo della sua vita non doveva essere sposarsi e fare figli. O, almeno, questo era ciò che le aveva fatto credere suo padre fino ad un’ora prima; quando l’aveva chiamata nel suo studio.
“-Oscar- aveva esordito –ho deciso che ti sposerai. Il Conte Victor Clément De Girodelle ha chiesto la tua mano, ed io ho accettato.”
Il mondo le era crollato addosso.
Il suo mondo, quello fatto di pistole,  lunghe cavalcate ed avvincenti duelli col fioretto.
Non era pronta ad affrontarne uno di soffocante cipria, strettissimi corsetti e dolorosi parti … no, non voleva ammetterlo, nemmeno a sé stessa,ma “Che ne sarà di André?” era la domanda che le annebbiava la mente, che sovrastava il pensiero di non potersi vestire più da uomo, di non poter più allenarsi con la spada.
André.
Cosa era per lei André?
Solo un servo? No, lo ammetteva.
Solo un compagno d’infanzia, solo un amico? Questo era ciò di cui voleva convincersi, ma sapeva che non era vero.
Era certa, dentro di sé, di amarlo.
E se lei fosse andata all’altare con Girodelle, cosa ne sarebbe stato di André? Nulla, un ricordo lontano. Colui che avrebbe descritto ai suoi figli, ai piccoli conti, come “un amico fidato, che ormai non vedo da anni.”.
No, questo no. Questo MAI.
Così galoppò veloce verso il Palazzo, intenzionata a parlare con suo padre, ora con una mente più lucida.

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Capitolo 2
*** Rivelazioni ***


Innanzitutto vorrei ringraziare le persone che hanno recensito, grazie, grazie, grazie del benvenuto =)
Abbiamo lasciato Oscar che galoppa verso casa, cosa dirà a suo padre?
Ovviamente opinioni, sia positive che negative, sono ben accette =)
Buona lettura ^.^
 
-Oscar!- esclamò il Generale vedendola piombare nel suo studio- Cosa succede?
-Padre,vi volevo parlare di ciò che mi avete riferito prima- iniziò lei, cercando di rimanere il più seria e composta possibile - Siete sicuro che mi vogliate sposata con Girodelle?
-Oscar, se è lui che non ti convince potrei organizzare un ballo, a cui invitare tutti i gentiluomini che vorrebbero chiedere la tua mano- disse il Generale, stranamente conciliante.
Oscar strinse i pugni e chiuse per un secondo le palpebre. “Ma perché non mi capisce?” si tormentava.
-Padre, mi riferivo al matrimonio in generale- continuò, cercando di rimanere il più calma possibile- Non è Girodelle che non mi convince, bensì l’idea di un matrimonio
Auguste si alzò in piedi, furente.
-Oscar- esclamò, iroso -celebreremo il tuo matrimonio con il Conte appena possibile- si rimise a sedere, più tranquillo –Questo è quanto, Oscar. E lo devi accettare. Ora vai- la liquidò con un cenno della mano, come si fa con delle mosche fastidiose.
Senza neanche congedare il Generale col saluto militare come aveva sempre fatto, la donna uscì dalla stanza, provando una rabbia sovrumana.
Decise di ritirarsi nei suoi appartamenti, ma davanti alla porta trovò il suo attendente.
-Oscar, spiegami che succede!- esclamò, più risoluto della volta precedente.
-André, vorrei stare da sola- mormorò la donna stancamente.
Si sentiva strana, non aveva bisogno di piangere, necessità che prima non aveva potuto non soddisfare. Era solo furiosa, solo arrabbiata ed in collera col mondo.
 Ed in quel momento si trovava davanti alla causa principale del suo scontento.
-Oscar, tu hai bisogno di parlare con qualcuno!- le disse deciso il moro, tenendo lo sguardo fisso sui suoi begli occhi color cielo –E noi ci siamo sempre detti tutto, Oscar. Ricordi?- André la fissava sempre più intensamente. Nella loro testa ripresero vita i ricordi di loro bambini, di loro adolescenti che si rivelavano sempre tutto, stesi sull’erba vicino al lago.
-Va bene- si arrese lei, esausta dalle emozioni della giornata che le stavano creando solo confusione.
Il giovane aprì la porta della camera di Oscar e si sedette sulla sedia accanto allo specchio.
-Sono qui solo per ascoltarti- la rassicurò lui, memore di ciò che era successo l’ultima volta che si erano trovati soli in quella stanza, dello sguardo impaurito di lei quando le aveva strappato la camicia.
-Sfogati, Oscar. Con me puoi farlo- le mostrò un sorriso dolce ed affettuoso, tipico di lui. Un sorriso che la aveva accompagnata in tutti i periodi più difficili della sua vita, un muto complice che la aiutava a superare i momenti bui.
E pensare che non potrò più vedere questo bellissimo sorriso, tra poco, pensava la ragazza, amareggiata.
Così gli spiegò tutto, sfogandosi con lui come non aveva mai fatto. Mai gli si era aperta tanto, confidandogli le sue emozioni, i suoi sentimenti.
Ed, improvvisamente, si placò, come un fiume in piena quando finisce la stagione delle piogge.
Rimase muta, a guardare quel suo occhio smeraldino, quei ciuffi neri, quel viso così perfetto; come se avesse voluto imprimere per sempre nella memoria i suoi tratti.
Sapendo che si sarebbero separati.
André era rimasto immobile, ma Oscar capiva che stava soffrendo in silenzio, semplicemente come aveva sempre fatto.
Così come aveva sofferto in silenzio tutte le volte che lei lo aveva trattato con sgarbo, per quando era stata lei la causa della perdita del suo occhio, per quando lei gli aveva detto in faccia che non l’amava.
-Oh André, sono un mostro … ti ho sempre fatto del male, ti ho sempre fatto soffrire…- mormorò guardandolo –Mi dispiace- sussurrò, chinando la testa.
André sorrise, di nuovo. –Oscar, tutto ciò che io faccio con te e per te lo faccio con piacere e gioia. Mi basta esserti vicino o vederti felice per essere felice anch’io.
Oscar sospirò. Gli aveva detto tutte le sensazioni che stava provando, tranne una, la più importante…
-André, io ti amo- disse semplicemente, con gli occhi imploranti di una donna che vuole farsi perdonare per tutti gli errori commessi, per tutto il dolore che aveva causato.
L’unico occhio di lui, brillante quanto un’agata, si spalancò, colmo di gioia.
-André, ti amo davvero. E tanto. Non sono mai riuscita a dirtelo, non lo potevo ammettere neanche a me stessa, ma è così.- sospirò di nuovo- Ed ora non potrò più amarti- concluse, con gli occhi umidi e tristi.
André si alzò e si appoggiò sul bordo del letto, accanto a lei.
-Sta tranquilla, andrà tutto bene- le sussurrò, e la baciò dolcemente, senza che lei si ritraesse. Fu il bacio più bello della vita di tutti e due, un bacio di consapevolezza. Sì, consapevolezza che si amavano a vicenda, e che, costi quel che costi, avrebbero vissuto la loro vita insieme.
-Come faremo ora?- Oscar ruppe il silenzio dopo il lungo bacio.
-Troveremo un modo vedrai. Ora che ci amiamo nessuno potrà separarci Oscar, nessuno.
I due si scambiarono un altro dolce bacio, interrotto però dalla voce di Nanny che proveniva da corridoio :”André!!! Dov’è quello scellerato di mio nipote!!!”
A quel punto il giovane scattò fuori dalla porta, pauroso di farsi scoprire abbracciato ad Oscar sul suo baldacchino.
-Eccomi, nonna!

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Capitolo 3
*** Incontri-parte prima ***


Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno scritto le recensioni.
Oscar ha rivelato ad André l’amore che prova per lui, dopo che Girodelle ha chiesto la sua mano.
Buona lettura ^.^
 Tu non cedere alle disgrazie, ma va loro incontro con più coraggio
-cit. Virgilio
 
Oscar non aveva fame,quindi declinò cortesemente l'invito di Nanny di scendere nella sala da pranzo; e si stese sul letto, pensando a quanto si erano detti lei ed André: certo che si sentiva proprio al sicuro con lui...
 E poi quel bacio…la cosa più bella della sua vita...
Oscar, smetti di pensare come unadonnicciola svenevole!, si aggredì lei, decidendo di spostare la sua attenzione su un altro argomento: il lavoro. Una dura giornata l’avrebbe attesa l’indomani: i soldati della Guardia Metropolitana erano proprio intrattabili! Non l’avevano accettata, in quanto donna, e lei avrebbe dovuto tirar fuori gli artigli per far vedere loro che non era una sciocca dama come quelle che si incontravano alla Reggia.
Ma in quel momento, quello era l’ultimo dei problemi di Oscar: ne aveva di ben più gravi!
Il solo pensiero di un matrimonio con Girodelle le faceva venire la nausea, soprattutto ora che lei aveva rivelato i suoi sentimenti ad André.
Tutte queste preoccupazioni non fecero che causarle un  breve sonno agitato e pieno di incubi.
 
                               *****************************
La mattina seguente, all’alba,i due si diressero verso Parigi, per riprendere il lavoro dopo una breve licenza.
André guardava da dietro i capelli di Oscar che ondeggiavano graziosi per il vento, e non potè fare a meno di pensare che mai l'aveva amata quanto il giorno prima, in cui gli aveva svelato l'amore che aveva sempre provato per lui.
Meno male che te ne sei accorta in tempo, Oscar....
Mentre cavalcavano su una strada di campagna, sentirono un cavallo in avvicinamento, cui cavaliere non esitò a salutare la donna.
-Buongiorno Mademoiselle!
Appena udita quella voce, un brivido freddo lungo la schiena scosse Oscar.
Si potevano contare sulla punta delle dita le persone che la chiamavano  così: Nanny, il dottore e Girodelle.
-Buongiorno Conte. Come mai così mattiniero?- esclamò con finta gaiezza, voltandosi –Non è vostra abitudine essere sveglio così presto al mattino- aggiunse con una picca di acidità, ricordando i pettegolezzi della corte sulla sua difficoltà nell'alzarsi al mattino dovuta ad una vita notturna alquanto frenetica.
Girodelle e destriero affiancarono Oscar, ed il Conte continuò a far finta di non vedere André.
-Mademoiselle, vostro padre il Generale deve avervi riferito qualcosa riguardo il mio conto, mi sbaglio?
Oscar stava sudando freddo, ma con la sua solita decisione esclamò –Mi spiace, Conte, ma ora io ed André siamo in ritardo per il lavoro, dobbiamo essere in caserma tra poco. Arrivederci, Girodelle.
Gli rivolse un'occhiata severa, mentre lei ed il suo attendente lo lasciavano indietro.
André stava morendo dallo voglia di scendere da cavallo ed iniziare una rissa con il giovane Conte, ma si trattenne, dimostrando una pacata tranquillità come suo solito.
-Ottimo lavoro, Comandante.- scherzò solo, guardandola con il viso  contratto in un'espressione gioconda.
Lei scambiò fuggevolmente lo sguardo, e spronò il cavallo, con un sorrisetto di sfida.
-Non hai scampo, tanto vinco io!- gridò André, come aveva fatto mille volte prima da ragazzo,lanciandosi al galoppo.
Ora sì che ti riconosco Oscar, pensò il giovane mentre correva verso il sole, che albeggiava, e verso il suo sole, che brillava più di qualunque altro astro. 

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Capitolo 4
*** Incontri-parte seconda ***


Raggiunta la caserma, Oscar si rattristò, pensando che non avrebbe mai fatto in tempo a conoscere i nuovi soldati, che se ne sarebbe dovuta andare prima a causa delle nozze imminenti.
Chissà che risate si faranno, quando sapranno che mi sposo!,sbuffò mentalmente, soprattutto quello scellerato di Alain…dannato matrimonio!
Dopo la fine del suo turno, Oscar era nel suo ufficio a firmare pratiche; quando udì delle grida provenienti dalle camerate.
-Stanno pestando André nel deposito armi, è uno spettacolo da non perdere!
-Sì, facciamoglielo vedere noi come si sta in caserma a quel galoppino orbo!
Oscar corse senza indugio nel deposito, dove trovò alcuni soldati che picchiavano a sangue André.
La visione la sconvolse, e non si attardò a far finire quella stupida rissa. 
-BAAAAASTA!- il suo grido riportò tutti gli schiamazzatori al silenzio -Vi sembra il modo di comportarvi questo?! Uno solo contro tutti! Che esseri vili dimostrate di essere!- sbraitò, cercando di non far  trapelare la preoccupazione per André.
Certo che ora non sembra per niente una donna…, pensò Alain, uno dei soldati che stava assistendo allo “spettacolo”, con un lieve ghigno. Più che una donna pare un leone...ma sì, ha anche la stessa criniera!
-Ora via, nelle camerate! E ritenetevi fortunati se non vi darò una punizione esemplare!- ordinò il "leone", perentoria.
-Alain, chiama un dottore- gli intimò Oscar, rossa in viso.
-Subito, Comandante.- e l’omone sgattaiolò fuori dalla sala.
Così rimasero loro due soli, la Comandante e il soldato,nella stanza tra fucili e spade.
-André, va tutto bene?- gli sussurrò dolcemente, chinata verso di lui, sentendo l'odore del sangue che le pungeva le narici.
-Oscar…sei tu?- domandò una voce confusa.
-Si, sono io André, sono la tua Oscar.
-Mi fa male dappertutto…- gemette lui, con fatica.
-Tranquillo, ora Alain sta portando qui un medico.
Proprio in quel momento, il gigante aprì la porta ed entrò insieme al dottor De Bois, un ometto dalla incolta barba bianca e gli occhialini rotondi. La donna aveva avuto il pronto riflesso dello scattare in piedi, appena aveva visto la maniglia muoversi.
Dopo un breve controllo in infermeria, appurò che c’erano lesioni abbastanza gravi, ma sarebbero bastate al soldato due settimane di assoluto riposo per guarire. Intanto Alain era ritornato nelle camerate, sotto ordine della sua Comandante. 
-Perfetto,dottore, domattina lo farò portare a Palazzo Jarjayes- disse Oscar, cercando di rimanere tranquilla.
-Non penso sia il caso, Monsieur, domani non sarà ancora in grado di affrontare un viaggio in carrozza.
Per un attimo, la donna rimase muta. Non poteva portare a casa André? Le condizioni dell'infermeria non erano certo quelle su cui contava per far rimettere in sesto il suo attendente:a Palazzo sarebbe stato meglio.
Però forse è meglio così...qui ci sono io..., ragionò, guardandolo nelle sue pupille verdi. 
-Capisco, allora aspetterò. Ancora grazie ed arrivederci.- la giovane aveva fatto presto a congedare il medico.
-Oscar, rimani qui con me…- la chiamava una voce flebile.
La donna sospirò e, prima di rispondere, aveva aspettato che De Bois avesse chiuso la porta.
Si sedette sui talloni per guardare il suo amato negli occhi, e gli tolse dei ciuffi neri che gli coprivano tutta la fronte.
-Vorrei, André, ma sai cosa direbbero i soldati se mi trovassero qui con te…- sospirò –Non ti scordare il perché di tutto questo- replicò indicando le sue fasciature.
 –Verrò stanotte, va bene? A dopo, André- lo salutò, malinconica e con un’assurda voglia di baciarlo; una voglia che lì, nel bel mezzo dell’infermeria, non poteva certo assecondare.
Lui le fece un piccolo cenno malinconico e la lasciò andare.
Dannazione Oscar, rimani!, erano le uniche cose che riusciva a pensare, sdraiato su quella branda così piccola rispetto al suo corpo, vedendo che lasciava la stanza.
Devo respirare un po’ d’aria fresca!,si disse Oscar, raggiungendo il cortile della caserma.
Era il tramonto, e i raggi del sole iniziavano ad affievolirsi, dipingendo il cielo di mille sfumature rosate. 
Si appoggiò su un muretto, con una gamba piegata poggiata alla parete, fece tanti respiri profondi.
Anche con la poca luce, riuscì ad intravedere una figura dai lunghi capelli mossi, vicino al cancello.
E la vide sempre più avvicinarsi verso di lei, fino a che non si accorse con esattezza chi era.
-Conte Girodelle, voi qui?- esclamò, tutt’altro che educatamente, con una punta d'acido sulla lingua.
-Buonasera Mademoiselle. Visto il vostro atteggiamento, ehm….evasivo, diciamo così, di stamattina, mi sono preso la libertà di venire a trovarvi qui- spiegò lui, senza fare una piega, ed il mutismo di Oscar lo spronò a continuare –Ho parlato con vostro padre, stamani. Mi ha detto di riferirvi che il nostro matrimonio si terrà il mese venturo, e che dovreste lasciare al più presto la Guardia Metropolitana.
Oscar era frastornata ed al contempo furiosa, non sapeva cosa ribattere.
Come fa a dirmi una cosa del genere con questa tranquillità?! 
-Ha detto, anzi, che dovreste chiedere le dimissioni stasera stessa, se possibile- seguitò, e dopo aver visto lo sguardo della donna aggiunse –Suvvia, non vorrete disobbedire ad un ordine di vostro padre?
L’istinto di Oscar le fece portare la mano alla spada, quasi si volesse difendere dalle parole di Girodelle.
-Conte,- si prese di coraggio la donna–io ovviamente intendo fare ciò che mio padre mi ha ordinato….ma sappiate che lo faccio per lui e nessun altro!- rispose decisa con un’occhiata tagliente quanto il fioretto che stava toccando, per darsi sicurezza.
Non poteva crederci: André era ferito in infermeria, Girodelle era lì davanti a lei, dicendole di lasciare il lavoro…per sposarlo!
-Andate, chiedete al Generale Bouillé di dimettervi dall’incarico, così entro sera riusciremo a tornare a Versailles.
Oscar era incredula, e non nascose la sua sorpresa spalancando poco elegantemente gli occhi.
-Torneremo a Versailles insieme? Ma…il mio cavallo…- per Oscar cercare una giustificazione era l’unica soluzione possibile al momento.
-Oh, lasciate stare, mia cara, di quello si occuperà un mio servo a cui ho già spiegato di riportarlo a casa vostra.
E la mia promessa? Se tornassi stasera con Girodelle, André mi aspetterebbe invano!
-Conte, il mio dovere mi chiama qui, ho mille carte da firmare!- replicò, pensando che la scusa del lavoro sarebbe stata l’unica via d’uscita.
-Mademoiselle, il vostro dovere di figlia vi chiama invece a casa, da vostro padre… per non contare quello di fidanzata- protestò Girodelle con tono severo.
Diavolo! Non posso più ribattere!
-Allora,vogliate scusarmi…- gli disse, e marciò triste verso l’ufficio del Generale Bouillé.
Lì, il grasso omone si complimentò per la scelta di suo padre nel farla sposare perché “non si può costringere cotanta bellezza femminile in una rozza uniforme”.
Mio padre e Bouillé non sono mai andati d’accordo…ma ovviamente, ora che si tratta di decidere della vita di un’ essere insignificante come una donna, non può che pensarla come lui!,ragionò amaramente l’ ex-Comandante.
Sempre più abbattuta, si diresse verso l’infermeria, per salutare la persona più importante del tutto il suo vecchio reggimento: André.
Decise di non riferirgli che si sarebbe sposata il mese dopo, gli disse solo –André, io devo tornare a Palazzo, mio padre mi richiede lì- dopotutto non era una menzogna completa, ma solo una piccola omissione di un piccolo particolare.
-Appena possibile, ti farò trasferire a casa, tranquillo- continuò apprensiva.
Dopo aver sentito i deliranti balbettii del giovane, probabilmente sotto l’effetto del laudano, continuò –André, torno presto. Ci rivedremo tra poco, te lo prometto…
Ed una lacrima, una sola, calda e perfetta, cadde sull’uniforme del soldato semplice Grandier.



Buon pomeriggio dall'autrice =) 
Oscar deve fare i conti con un André ferito in caserma e con un Girodelle impaziente di portarla a Versailles con lui.
Come si evolveranno i fatti? Lo saprete tra qualche giorno...

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Capitolo 5
*** Lontananza ***


Buongiorno =)
Abbiamo lasciato Oscar sul cancello della caserma, davanti a Girodelle che la vuole portare a Versailles e con la mente ad andré, ferito in una rissa tra soldati.
Cosa succederà? 
Ricordate che recensioni e pareri(positivi e negativi) sono ben accetti =)


La lontananza che rimpicciolisce gli oggetti all'occhio li ingrandisce al pensiero.

-cit. Schopenahuer.

Oscar strinse i denti.

Non si trovava certo in una situazione in cui poteva ribellarsi, non poteva fare nulla.
Non posso scappare! Non sono così codarda!
Così, salì nella spaziosa carrozza con lo stemma dei Girodelle, sedendosi di fronte al Conte.
-Françoise, vi prego, sedetevi vicino a me- le disse gentilmente.
Françoise?!, pensò la donna, spalancando gli occhi dalla sorpresa.
-Françoise, avete detto?- domandò cercando di mostrarsi il più spigliata possibile, come se l’avessero sempre chiamata così e lei avesse semplicemente udito male. Non voleva apparire troppo sgarbata davanti al Conte, avrebbe trovato altri modi per fargli notare la “sgradevolezza” della sua presenza, più in là.
Credono di potermi avere in pugno…illusi!
-Ma certo, mia cara.- rispose il Conte sorridendo –Vostro padre mi ha detto anche che gli farebbe piacere che ora voi abbiate un nome più consono alla vostra nuova vita- spiegò amabilmente, come fosse la cosa più naturale del mondo.
Oscar ebbe l’improvviso desiderio che nella carrozza fosse presente anche il padre, per mozzare la testa con la spada a quei due uomini che pensavano di poter decidere per lei.
-Temo che non mi abituerò mai a questo nome, Conte- rispose tagliente.
L’uomo tentennò un attimo, indeciso su ciò che dire, minuscole goccioline di sudore gli imperlavano la fronte.
Non era certo facile discutere con Oscar!
-Questo è un ordine del Generale, e sapete meglio di me che non è abituato negoziare sulle decisioni che prende.- e cercò di cambiare argomento –Vorreste cortesemente spostarvi qui, accanto a me, Françoise?
Per Oscar era troppo.
Al diavolo l’educazione!
-Preferirei che mi fosse tagliata la testa!-sbottò acida.
-Sentite attentamente,Conte Girodelle: io sono qui con voi perché non posso fare diversamente. Ora gradirei che mi lasciaste un po’ in pace! –  chiarì,e si voltò a guardare dal finestrino la pioggia che scrosciava.
Girodelle preferì non dire nulla, si limitò a pensare.
Voglio proprio vedere come farete con vostro padre, Oscar, ragionò mentre vedeva le gocce fare a gara per scendere prima.
Ed un imbarazzato silenzio occupò la carrozza, sulla via per Versailles, in quella giornata di fine inverno.
                             ***************************
Arrivarono a Palazzo Jarjayes, dopo ben quaranta minuti di interminabile silenzio.
Era buio, e trovarono la grande tavolata nella sala da pranzo apparecchiata elegantemente.
Oscar la osservò e non potè fare a meno di ricordare dei lunghissimi(e per lei noiosissimi) pranzi nelle rare occasioni in cui tutta la famiglia era presente: quella stanza si riempiva immediatamente di sorelle, cognati e nipoti,  che creavano insieme un caos memorabile. Era una delle cose che rovinavano il giorno del suo compleanno, che coincideva con quello di Natale: i troppi parenti di cui non ricordava neanche tutti i nomi, i noiosi ed incomprensibili discorsi degli adulti a tavola, le ore passate sedute su una sedia,l’assenza di André alla ‘tavola dei padroni’.
Perché riesco a pensare solo a lui?
Ma una voce la riportò al presente: -Mademoiselle, andate di sopra a vestirvi: ho messo sul vostro letto un elegantissimo abito cucito apposta per voi!
Era Marron, che , gaia come non mai di vederla con il fidanzato, la esortava a cambiarsi.
-Grazie, Nanny,ma non ne vedo il motivo- rispose decisa la giovane, evitando veloce l’argomento e, senza darle il tempo per ribattere, si diresse verso il salotto da ricevimento, dove il Conte e il Generale si erano accomodati.
-Françoise!- esclamò il padre vedendola-Vai immediatamente a vestirti come si conviene ad una dama! Non vorrai certo presentarti così alla cena?!- la redarguì severamente.
Nella sala si udì un solo, impercettibile rumore: quello del cuore di Oscar che andava in mille pezzi.
Ma come?Come una dama?Mi parla così come se lo fossi sempre stata!Cos’ha in testa?!
Da quando era bambina aveva venerato il padre: così bravo nella scherma, così colto,così risoluto...c’erano stati periodi in cui si chiedeva il perché della sua scelta di farla crescere come un maschio; ma poi si era convinta che vivere la vita come le sue sorelle non l’avrebbe mai soddisfatta, che così avrebbe avuto molte più possibilità nella vita; e, in cuor suo, continuava a ringraziarlo.
Ma ora? Senza neanche parlarle del cambiamento del nome, senza chiederle il consenso per il matrimonio, senza domandarle se avrebbe gradito vivere come una donna; il Generale aveva deciso per lei.
E questo Oscar non poteva accettarlo; ma si sentiva come in balia delle onde in una giornata di tempesta, sentiva che la sua vita non apparteneva a lei, ma ad altri, certi di cosa avrebbero voluto farne.
Era la seconda volta che le succedeva, e la prima dopo aver indossato l’uniforme delle Guardie reali.
Così deglutì, strinse i denti e si avviò nei suoi appartamenti.
Per ora è meglio accontentarli, anche se non so fino a quanto reggerò…
Vi trovò Marron, intenta a sistemare il vestito sul manichino.
-Oh, vi siete decisa, finalmente!- esclamò felice.
L’ex-Comandante non disse nulla, si limitò a farsi aiutare ad indossare il corsetto e l’abito.
Oscar era sovrappensiero, e la mente le tornò alla prima ed ultima volta che aveva indossato un vestito.
 Era così abbagliata dal fascino di quel conte svedese che aveva ceduto al suo sciocco desiderio femminile di ballare con lui,in abito da sera.
Fersen non si era accorto che era lei la dama con cui aveva danzato, se non un paio di settimane dopo. Ed aveva avuto luogo una discussione tra i due.
“-L'amore può portare a due cose. Alla felicità completa, o ad una lenta e triste agonia.
-No! No, Oscar… per quanto ne so io, l'amore porta solo… ad una lenta e triste agonia!”
Ogni volta che le tornava in mente quella discussione le montava su una tristezza che difficilmente riusciva a scacciare.
Quando si erano detti addio Oscar era amareggiata a causa di quel rubacuori svedese. André non aveva più risposto delle sue azioni a vederla ridotta così per l’amore di quel conte da due soldi, e aveva cercato di violentarla.
“-Una rosa è una rosa che essa sia bianca o rossa. Una rosa non sarà mai un lillà.  Io ti amo, Oscar! Credo di averti sempre amato!”
Come le avevano fatto male quelle parole, e come era stata cieca! Come aveva potuto non notare il suo sguardo, quando si era preparata per il ballo…come aveva potuto non pensare a quanto male gli avrebbe fatto vederla vestita in quel modo per un altro uomo!
-Voilà, Mademoiselle. Siete semplicemente stupenda!
Interrotta dai suoi pensieri, Oscar fu portata alla realtà da Marron, che la guardava entusiasta.
Si avvicinò allo specchio, e si osservò, stupefatta.
Sono io quella? No, non può essere!
-Acc…Nanny, questo non è un corsetto, è uno strumento del demonio!- esclamò quasi senza riuscire a respirare.
-Ma cosa dite, Madamigella?! Tutte le dame ne portano uno!
La ragazza le riservò uno sguardo tagliente più della sua spada.
-E se io non volessi essere una dama? Non vi siete mai posti questo problema, tu, mio padre e quel conte da strapazzo?!
E uscì di scena platealmente, sbattendo la porta della sua camera per andare nella sala da pranzo, augurandosi che tutto sarebbe finito presto.
O magari lo potrei far finire io…ma no! Devo resistere!
 Così Oscar fece il suo ingresso nella sala, splendida. Peccato solo che la sua espressione stonasse con la sua bellezza angelica.
Da che era seduto, vedendola, Girodelle si alzò in piedi e la raggiunse, spinto da una molla invisibile. Dopo un galante baciamano( che fece disgustare non poco la ragazza), le sussurrò mielosamente - Siete stupenda, questa sera, Françoise-  ed aggiunse ad alta voce –Dovrò proprio abituarmi ad una tale bellezza nella mia casa!- suscitando le risa del Generale.
Oscar si sforzò a tenere un sorriso tirato, palesemente finto, ma tanto a nessuno sembrava importare come si sentiva lei.
Sicuramente non si trovava a suo agio in quella situazione.
 Non le apparteneva; così come il vestito, lo chignon, il trucco e il viscido baciamano di Girodelle.
Semplicemente si girò ed uscì dal salone.
 BASTA!
Corse(quanto velocemente le permettevano l’ingombrante vestito e le scarpe col tacco) fino alle scuderie, dove montò Cesar, cavalcando sotto la pioggia.
Le parve strano non trovarvi André, e pensare nuovamente a lui non fece che peggiorare il suo stato d’animo.
Quando Girodelle raggiunse, trafelato,  l’entrata dei giardini, Oscar non era che un puntino lontano, offuscato dall’alluvione.

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Capitolo 6
*** Pioggia di eventi ***


Galoppò finché poté, sotto una pioggia incessante che non voleva saperne di smettere.
La caserma..devo raggiungere la caserma!,si convinceva, stremata, mentre cavalcava.
Era zuppa d’acqua e si sentiva vicino al perdere i sensi.
Era sulla via di Parigi, quella che tante volte aveva percorso con André per andare alla Guardia Metropolitana, quella che sapeva ormai a memoria.
Mi starà aspettando!
-Vai, Cesar, corri!- le uniche parole che sovrastavano il rumore dei tuoni nella campagna addormentata.
Grida strazianti, ma piene di forza e decisione.
La gola le faceva male, e tossì diverse volte: impallidì sgranando gli occhi quando vide la sua mano insanguinata.
Oh no! Un’altra volta!,era spaventata, ma in quel momento la sua tosse poteva aspettare. Doveva aspettare.
Ecco Parigi!
Era l’una di notte e neanche i vicoli delle locande dove gli uomini usavano passare la serata erano affollati.
Sarà il brutto tempo….acc! Ho la pioggia nelle ossa!
Probabilmente non era mai stata così bagnata, sentiva l’acqua penetrarle al di sotto della pelle.
Era sfiancata, sentiva di non poter proseguire. Anche il suo cavallo stava dando segno di stanchezza.
Ma  non si volle arrendere.
Un altro colpo di tosse. Un'altra macchia scarlatta sull'elegante vestito di seta, pieno di merletti e trine.
Ma ora non aveva importanza.
Continuò al trotto, risoluta.
Ce la devo fare!,si convinse, sorridendo al pensiero di poter vedere André.
Ma poi fu un attimo.
Cesar slittò sulla strada bagnata, facendo cadere  violentemente la donna, che scivolò sbattendo sulla porta di una casa.
-André,Andrééé!- fu il grido che le uscì spontaneamente dalla gola.
Poi il buio.
                                                                                                               ***********
Si era appena svegliato ed era intontito dal dolore sovrumano che provava.
-O…Oscar, dove sei?—mormorò flebilmente, steso su una branda decisamente troppo stretta e corta per lui.
Lo aveva destato il tuono che proveniva da fuori. Pioveva a dirotto, sebbene stesse arrivando la primavera.
Aveva dimenticato tutto ciò che le aveva detto la sua amata appena tre ore prima…era certo che Oscar dovesse venire a fargli visita proprio in quel momento.
Dove sei, amore?
Così, convinto che la giovane fosse nel suo ufficio, lottò contro il dolore lancinante delle sue membra mortificate, alzandosi senza svegliare il guardiano, che dormiva.
Ad ogni passo gli pareva di morire ma, più si avvicinava alla stanza di Oscar, più gli sembrava che il dolore si alleviasse.
Quando, abbassando lentamente la maniglia, non trovò nessuno, il giovane si ricordò improvvisamente delle parole che si erano scambiati e si accasciò a terra, vinto dalla stanchezza e dal dolore.
Un lampo attraversò la stanza, facendola brillare per qualche momento.
-Oscar, Oscaaar!- gridò debolmente, prima di svenire.
              ***********
Il Generale accese la sua vecchia e fidata pipa, preoccupato.
-E ora?- chiese, davanti ad un impaziente Girodelle che camminava in tondo, nel suo ombroso studio.
Era sprofondato sulla sua poltrona, girato verso al finestra.
La pioggia produceva un ticchettio fastidioso che non faceva che aumentare il nervosismo del Conte e del Generale, che però riusciva a mantenere un'impressionante calma esteriore.
Dannata pioggia! 
-Signore, penso che l’unica soluzione sia quella di far pattugliare la zona da persone fidate. Non penso potrebbe essere un bene che lo venga a sapere tutta Versailles- affermò continuando i suoi girotondi, guardandosi gli stivali.
-Avete ragione, Conte. Dobbiamo mantenere l’affare segreto, la Corte non deve venirne a conoscenza. Manderò alcuni miei uomini domattina presto. Direi di iniziare dalle vicinanze, non può essersi allontanata molto, con quest’alluvione…
-Già. Sono preoccupata per lei, Generale. Dopotutto, è la mia futura moglie…
Le labbra di Augustin si incresparono lievemente.
-Preoccuparvi? Conte, vi rivelerò un segreto: per mia figlia non bisogna mai preoccuparsi. Sa cavarsela in tutte le situazioni, state tranquillo.-esclamò ,tirando placidamente una boccata alla pipa.
Poi osservò Girodelle che prendeva un altro bicchiere di brandy, un altro, ed un altro ancora…
Diamine! È veramente preoccupato!- pensò mentre lo vedeva tracannare un calice dopo l’altro.
Poi il Conte decise di andare, dimenticando di fare il saluto militare, ed ondeggiò malamente fino alla carrozza, bagnandosi sotto l'acqua,stordito  all’alcol.
Il Generale si sedette sulla sua poltrona, sovrappensiero.
-Oh, sì, ci potete scommettere…la mia Oscar sa cavarsela in tutte le situazioni…
                                                                                                             ***************
Lo svegliò Alain, che lo aveva trovato sdraiato accanto allo stipite della porta della stanza di Oscar, appena tornato da una nottata a Parigi.
Aveva diluviato tutto il tempo, e lui era rimasto rintanato in una locanda a bere birra.
Non che in quel momento non piovesse: l'acqua entrava nelle pareti della caserma, creando delle venature scure sui soffitti.
-Ma chi casp…?- aveva esclamato sorpreso -André?!- realizzò, vedendolo stretto nella sua divisa insanguinata, privo di coscienza.
-Lasalle, chiama il medico! Corri!- ordinò all’amico.
Perché è qui,davanti all’ufficio della De Jarjayes? Possibile che non sappia che la Comandante se n’è andata…sicuramente non gliel’avrà detto, ha voluto giocare coi suoi sentimenti, quella lurida nobilastra!
Intanto André aveva iniziato a sbattere le palpebre, confuso.
-O…Oscar?
-Cacchio,ma sei davvero cieco, allora!- schiamazzò l’altro, divertito e preoccupato al contempo.
-Sono Alain e non ti ho svegliato col bacio del vero amore come farebbe la tua Comandante, sappilo!- scherzò, come suo solito - Che ci fai qui, André?
-Dov’è Oscar?
Alain non seppe che rispondere.
-Si assenta per qualche giorno…- mentì, evasivo.
Se per ‘ per qualche giorno’ s’intende ‘per il resto della sua vita’, allora non ho detto una bugia! , rifletté il gigante, con un lieve sorriso.
Intanto, Lasalle arrivò, col fiatone, accompagnato dal dottore.
-André, perché ti sei spostato? Saresti dovuto rimanere nel tuo letto!- lo incalzò il medico, che chiamava per nome tutti i soldati.
Ma il giovane era rimasto spiazzato dalla notizia.
-Aveva detto che mi sarebbe venuta da me, non capisco….
Era come se tutto ciò attorno a lui gli fosse estraneo, come se esistesse solo lei. Ed, effettivamente, in quel momento per André esisteva solo lei, tutto il resto passava in secondo piano.
Il Dottor De Bois lo guardò negli occhi e scosse la testa.
È proprio confuso, poveraccio!,pensò.
-André, ora ti riporteremo in infermeria, e dovrai starci per altri 5 giorni. Poi dovresti essere nelle condizioni per affrontare un breve viaggio, penso che ti farà meglio l’aria di Versailles che quella di Parigi.- disse, non sapendo che la Comandante aveva lasciato il lavoro,ed aggiunse –Alain, Lasalle, portatelo in infermeria, devo cambiargli le bende e somministrargli del laudano.
André era confuso, non riusciva a realizzare ciò che gli succedeva attorno: riusciva solo a fissare i lampi che squarciavano il cielo buio.
Vieni da me, Oscar, come quando da bambini durante le tempeste t'intrufolavi nella mia stanza e nelle mie coperte...io ti porgevo la mano Oscar, ti aiutavo a salire sul mio letto...vieno qui da me,Oscar, porgimi la mano...

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Capitolo 7
*** Verso Parigi ***


La svegliò una ragazza castana dagli occhi bruni.
-Mademoiselle?- domandò insicura, scuotendola dolcemente le spalle.
Sicuramente non capita tutti i giorni di vedere una ragazza così bella e vestita in maniera così ricca sulla porta di casa…che devo fare?
Provò a svegliarla,ma invano. Allora la trascinò in casa, dove la accomodò sul suo lettino di ferro arrugginito, che cadeva quasi a pezzi. Ma continuava a non sapere come era meglio agire.
Pensò che erano quelli i momenti in cui sua madre le mancava: quando aveva bisogno di consigli, di sicurezze.
Guardò la sedia dove la vedeva sempre ricamare con un fazzoletto premuto sulla bocca, per non sporcare ciò che stava cucendo con il sangue che la sua malattia le faceva tossire.
Poi si voltò a guardare di nuovo la ragazza stesa sul lettino.
Bionda, occhi azzurri, lineamenti perfetti…le sembrava di averli già visti…
Scommetterei che è la  Comandante di mio fratello, se non fosse per questi abiti femminili!
Diane decise di toglierle quel vestito bagnato, sporco e strappato, e di farle indossare un suo abito che avrebbe dato meno nell’occhio in un quartiere così misero e malfamato di Parigi.
Mise quello della sconosciuta nel vecchio baule che teneva sotto il suo letto, sovrappensiero.
Chissà cosa mi dirà al risveglio?
Poi andò al mercato a spendere i pochi soldi che le rimanevano, da ragazza di buon cuore qual era, per preparare un pranzo decente alla ragazza svenuta.
Così, lasciò la casa e si diresse verso Rue Montmartre, domandandosi se al suo ritorno la misteriosa giovane si sarebbe svegliata.
                                 ***************
Le indagini erano iniziate.
Alle sei di quella mattina un gruppo di venti soldati fidatissimi era stato mandato dal Generale Jarjayes a trovare Oscar.
-Si dia inizio alle ricerche!- aveva annunciato solenne mentre il sole si alzava ad est.
Speriamo vada tutto bene…,si augurava, mentre dava ordini alla pattuglia ed a Girodelle, che si era offerto per partecipare.
-Serve qualcuno che li comandi, Generale, non possono andare da soli!- si era lamentato, ed il risultato era quello: si era dovuto svegliare prestissimo per iniziare le ricerche della sua fidanzata.
Speriamo vada tutto bene…, si augurava, mentre iniziava a marciare per i vasti possedimenti dei De Jarjayes.
                                       **********
Marron Glacè era sulla sua sedia a dondolo, che cuciva nervosamente.
Gli avvenimenti della giornata precedente l’avevano preoccupata.
La “sua bambina” era fuggita da casa sotto un acquazzone , non sapeva dov’era finito “quel disgraziato di suo nipote”.
Rabbrividiva al solo pensiero che Oscar potesse essere stata rapita, tremava ipotizzando che André fosse lì con lei.
O, addirittura, che potesse esser stato la causa della sua fuga. Non le veniva complicato pensare una cosa del genere ricordando lo sguardo triste ed afflitto di Oscar mentre si vestiva da donna per poter cenare col Conte Girodelle.
Dove siete, bambini miei?, singhiozzava con ago e filo in mano.
Ad un tratto la porta della camera si aprì, lasciando entrare la Contessa De Jarjayes. Era bella come sempre, nel suo vestito turchese, ma qualcosa nella sua espressione suggeriva che non si sentiva bene.
In altre situazioni, l’anziana governante avrebbe cercato di darsi un contegno e di cacciar via le lacrime, ma sapeva che in quel momento la sua padrona soffriva quanto lei.
Se non più di lei.
-Marron, avrei bisogno di parlarti.- la donna si abbandonò stanca sulla sedia, con la voce rotta dal pianto.
-Penso di non essere mai stata una brava madre per Oscar.- iniziò, senza molti giri di parole- O Françoise, come si ostina a chiamarla mio marito da qualche giorno.-aggiunse con un pizzico di disgusto.
Le due donne si guardarono. Entrambe avevano passato la notte in bianco, lo provavano le pesanti occhiaie presenti sui loro volti.
-Perché dite così? È il Generale che non vi ha mai dato l’occasione di conoscerla, non è colpa vostra- aveva iniziato Marron, cercando di rincuorare quella donna che solo in un'occasione aveva visto così affranta: quando suo marito aveva scelto per Oscar una vita da soldato.
-Ecco, io…non riesco a sopportare  che…che tu la conosca meglio di me. Mi fa sentire veramente una cattiva madre. Con le mie altre figlie non è stato così.- rispose abbassando gli occhi.-Ho sempre cercato di parlarle, ma tra gli insani allenamenti di scherma con Augustin e il tempo passato con André…praticamente io di lei so pochissimo! Non so quali libri prediliga, quale sia il suo fiore preferito! Non so nulla di lei!- si sfogò, teneva dentro quelle parole da anni.
E finalmente aveva trovato l’occasione di parlarne.
-E ora…ora, non so nemmeno se sia viva o morta, dove sia, con chi!,…ma se non  mi avessero detto che ieri è fuggita, non mi sarei neanche accorta della sua mancanza! Ti rendi conto, Marron?!
L’anziana l’aveva guardata a lungo, aveva osservato quel volto così turbato, con un sorriso gentile ed amaro allo stesso tempo.
-Ma lei sa che la amate. Le basta questo, Contessa. Anche solo sentirsi amati è bellissimo, non serve averne la prova tutti i giorni.-poi le sue labbra si curvarono tristemente all'ingiù.
-Ora io non so nemmeno dove sia il mio André…dovrei cercarlo in caserma, e scommetterei che c’entra qualcosa con la fuga di Oscar…temo, scusate l’ardire, che la la mia bambina...Pardon! Che vostra figlia sia andata da lui.
Marguerite sorrise all'errore della governante. Poi aggiunse malinconicamente:
-E’ possibile, se c’è una cosa che mi sono accorta di mia figlia è il suo sorriso quando è con André…sì, potrebbe averla spinta ad andare da lui. Forse dovremmo andare a cercarlo.
Le donne si osservarono un attimo, con sguardo complice.
-Basta non far sapere nulla al Generale- chiarì Marron.
-Lui sarà con i suoi soldati chissà dove a cercarla…abbiamo tempo! Presto, andiamo!
E le due si alzarono dalle poltrone, pronte per un viaggio segreto verso Parigi.
Buonasera, lettrici =)
In questo capitolo abbiamo scoperto chi ha trovato Oscar la mattina dopo l'alluvione. Ve lo sareste aspettate? ;)
Inoltre abbiamo assistito al discorso di una madre che sente di essere stata poco presente nella vita di sua figlia e che  pensa "chi fa' da sé fa per tre", e, insieme a Marron, decide di mobilitarsi personalmente nella ricerca di Oscar.
Al prossimo capitolo =)

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Capitolo 8
*** Scoperte ***


La carrozza si era fermata proprio davanti al cancello, e le due donne ne erano uscite di fretta, quasi correndo verso l'edificio.
Calpestavano  noncuranti tutto il fango lasciato dall’alluvione del giorno prima, in quel momento per loro contava solo far presto.
-Buongiorno, Monsieur. Vorrei vedere mio nipote, André Grandier- aveva iniziato Marron, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi ad un uomo alto e barbuto all'entrata.
–Mi spiace, Madame, ma oggi non è giorno di visite, ripassate domani.- aveva chiarito perentorio, ma dopo un secondo di attesa si ricrebbe –Aspettate…potete vedere Grandier: è in infermeria, e i parenti possono entrare.
Marron sgranò gli occhi dalla sorpresa, tormentando la gonna del suo vestito nero.
In infermeria? Sta male?Un secondo...Questo vuol dire che non sa nulla della fuga di Oscar, che non l’ha aiutata a scappare!
-Cosa? È ferito? Perché non ho ricevuto nessuna lettera?-aveva chiesto preoccupata.
-Perché  la sua Comandante aveva garantito che l’avrebbe fatto presente ai familiari, anche se ora mi risulta che si sia licenziata. Comunque, vostro nipote è stato picchiato dai suoi commilitoni…passava troppo tempo con la sua superiore, e questo ai soldati non andava bene! Lìho sempre detto io che mettere una donna a capo di un esercito è un'idea malsana...comunque quella giovane è sempre stata strana, davvero strana; se volete saperlo!
La bocca della Contessa si contorse impercettibilmente in una smorfia.
Povero André…mia figlia è la sua rovina! E poi, come si permettono di parlarne in questo modo?
-Voi restate qui, io vado a parlare con André. Aspettatemi, farò il prima possibile!
Marguerite non ebbe il tempo per ribattere,che Marron stava già percorrendo il lungo corridoio guidata dall’uomo;allora ritornò nella carrozza, pregando per sua figlia e per l’unico ragazzo che,aveva realizzato tempo prima e questa vicenda ne era la conferma, la poteva far felice.
                                                                                                                                       ********
La donna era appena entrata nel grande ambulatorio, con passi piccoli e veloci.
Era una stanzona scarsamente ammobiliata, con un solo armadietto poco fornito di medicine, e una ventina di brande sgangherate messe l’una di fronte all’altra.
Su una di esse riconobbe suo nipote, e ricordò di quando l’aveva visto per la prima volta.
Ai tempi era un bambino piccolo, magrolino, con dei bellissimi occhi smeraldini e ricci neri in testa. Non ne voleva sapere di vedere nessuno dopo la morte dei suoi genitori, avevano faticato persino per organizzare l’incontro con la nonna. Ma poi era bastato uno dei suoi rassicuranti sorrisi e qualche parola dolce per farlo salire sulla carrozza con lei, alla volta di Palazzo Jarjayes.
Al ricordo delle sottili lacrimucce apparvero sulle sue ciglia, ma lei fu veloce a cacciarle.
Ed eccolo ora, invece, con gli occhi semiaperti e pieno di fasciature, steso sul lettino con un’espressione stanca e stordita.
-André...sono la nonna- gli aveva detto piano.
Il ragazzo, riconosciuta la voce familiare, si svegliò completamente, salutandola.
-Buongiorno nonna…che ci fai qui? Perché non sei da Oscar, che è tornata finalmente a casa?
La donna lo guardò perplessa.
A casa? Allora non sa proprio nulla!
-Emh…sì, certo, volevo solo vedere come stavi, sai, mi ha detto che eri ferito…lei mi ha pregato di non andare, ma sai come sono fatta!- finse al meglio che le riusciva.
Chissà chi gli ha detto che è tornata a casa? Forse volevano evitargli il dolore del sapere che si è licenziata…
-Bene, André, vedo che ti manca poco per riprenderti! Una settimana e potrai ritornare a lavorare, credo!
-Già, pensavo di riprendere proprio quando Oscar tornerà dalla licenza.
A queste parole Marron si fece sempre più confusa.
La licenza?! Santo cielo, André, vorrei tanto poterti dire la verità…
-Ma certo, ovvio...ma non avere fretta: prenditi tutto il tempo che ti par necessario per guarire…non scappare a lavorare subito! Detto questo, André, direi che ci vediamo…ehm…ci vediamo! Au revoir!
Che strana che è oggi…, pensò il nipote, che non l’aveva mai vista balbettare in quel modo: lei, che imponeva ordini precisi a tutta la servitù, che non aveva mai un attimo di incertezza!
Mha…sarà sconvolta perché sono ferito…, e la sua preoccupazione finì lì.
L’antidolorifico gli faceva effetto: non sentiva più molto male; ma causava un’acuta sonnolenza.
Senza neanche avere il tempo di vedere la nonna allontanarsi dalla stanza, André cadde in un sonno profondo.
 
 
                                                                                                              *****
-Oh, si sta svegliando!- esclamò la ragazza bruna davanti al lettino.
-Mhh…cosa…dove…?- Oscar non riusciva a capire dove si trovava, era confusa e stordita.
Osservò la camera strabuzzando gli occhi.
Era una cantina piuttosto squallida, l’unico arredo consisteva in altri due letti di ferro, una tavola di legno marcio con due sedie ed un cassettone divorato dalle termiti.
-Buongiorno. Siete in casa De Soisson, Madamigella,io sono Diane. Vi ho trovata la sera scorsa sulla mia porta.
-Cosa? E perché ero lì?- chiese più a se stessa che alla giovane che aveva davanti.
-Un secondo…ma come avete detto che mi chiamo?- continuò a domandare.
-Non..non l’ho detto, Madamigella- rispose incerta e stupita Diane –Speravo me lo diceste voi, sinceramente.
-Oh!-fu l’unica cosa che riuscì a dire.
Allora, concentrati…chi sei? Cosa hai fatto ieri per trovarti qui? Dove vivi? Quanti anni hai?
Un brivido le attraversò le ossa.
Non ricordava più nulla.
Si sentiva come non fosse stata una persona, ma una cosa: niente ricordi, niente nome, niente…un oggetto inanimato, sì, era proprio così.
-Scusate, ma…non vi ricordate chi siete?
-Io…no,certo che so chi sono!- si era difesa, mentendo.
Era troppo orgogliosa per dire la verità, che comunque traspariva chiaramente.
 Oscar aveva iniziato a scuotere la testa e si era seduta scansando le coperte, nel tentativo di concentrarsi.
-Non mi sapete dire nulla di voi? Avete…avete perso la memoria?
Diane era spaventata, non aveva mai assistito ad una scena del genere.
Sì, le era capitato di trovare delle persone davanti alla sua porta, qualche mattina, ma per lo più si trattava di giovani ubriachi che la sera prima avevano bevuto troppo. Non le era mai capitato di accogliere una ragazza che avesse perso la memoria.
Non le passò neanche per la mente di farle vedere l’abito con che aveva indossato fino a poche ore prima, ormai era chiuso nel baule, quello dove teneva i pochi vestiti che possedeva da bambina.
Diane osservò la chioma della ragazza, bionda e riccioluta, muoversi mentre lei ragionava assorta sul letto.
-Devo ricordare,devo ricordare, devo ricordare…- cantilenava sottovoce.
-Coff!- una macchia di sangue sporcò di un rosso vivace il letto di Diane.
-Oh Cielo…- eclamò quella portandosi una mano alla bocca.
Era una scena che Diane aveva già visto.
Pensò a sua madre, a quanto la malattia l’aveva fatta star male, a quanto cercava di nasconderla, a quanto non ci riusciva, a dove l’aveva portata quel male.
Intanto Oscar aveva spalancato gli occhi, incredula e spaventata.
-Io…non pensavo…scusate!
-No, state tranquilla, penso che il problema sia ovvio. Avete perso la memoria e ora so che siete anche malata…chiederò a mio fratello di portare qui un suo amico medico, lui potrà aiutarvi. Intanto potrete rimanere, non mi recate alcun disturbo.
Oscar aveva scosso la testa, troppo fiera per accettare aiuti dagli sconosciuti.
-No, non c’è bisogno, io…troverò un modo di arrangiarmi, non vi dovete preoccupare per me, siete stata fin troppo gentile.
Aveva cercato di alzarsi, ma era inciampata nelle sue gonne.
Diane, che aveva dato al motivo della caduta il nome di “svenimento”, l’aveva sorretta, insistendo .Poteva mai pensare di avere davanti l’unica donna di Francia che aveva indossato un abito solo due volte?
-Visto? State male, non vi reggete nemmeno in piedi! Ora vi preparerò qualcosa di caldo e domattina andrò a trovare mio fratello in caserma.
Non vorrei approfittare troppo della sua ospitalità, però non ho un soldo in tasca, non so chi sono e sono malata…meglio non fare la difficile!
Così si sedette sul letto, cercando di pensare ad un qualsiasi ricordo.
Chiuse gli occhi.
Buio.
Niente di niente.
Sospirò e ritentò.
Nulla, non ancora.

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Capitolo 9
*** Favori ***


Era uno splendido mattino di inizio primavera, il sole brillava alto nel cielo di Parigi.
La ragazza prese una boccata d’aria, riempendosi i polmoni.
Portava con sé un cestino vuoto, pronta a vederlo riempito col cibo che puntualmente le donava Alain.
Che bravo ragazzo, pensò, e s’inorgoglì al pensiero di avere un fratello che si preoccupava tanto per lei.
Spero che mi riesca ad aiutare anche con Cécile.
Ripensando al nome che aveva dato alla sconosciuta smemorata, la mente le andò alla sua vecchia bambola, bionda esattamente come la ragazza che da poche ore abitava con lei.
Persa nelle sue riflessioni, Diane aveva raggiunto il cortile della caserma, dove già la attendeva il fratello.
-Alain!- aveva esclamato, correndogli incontro.
-Diane!-le aveva sorriso lui.
-Hai chiuso dentro i tuoi compagni, come al solito?- chiese divertita, vedendo i suoi commilitoni che osservavano la scena dalle finestre.
-Naturale, non posso permettere che si avvicinino a te!- rispose l'uomo, tra il serio e lo scherzo.
Le aveva dato già il pacchetto dove aveva nascosto tutto il cibo a cui aveva rinunciato durante quelle due settimane, e ora la guardava sorridendo.
-Alain, devo chiederti una cortesia…- cominciò lei, con voce dolce e supplichevole.
Dopo aver raccontato brevemente la storia, calcando su quanto Cécile avesse bisogno di un buon medico per tutti i suoi problemi, Diane si fermò, aspettando ansiosa la risposta del fratello, che la guardava dubbioso. Erano attorniati da moltissimi rumori, ma la ragazza sembrava non accorgersi di nulla, mentre attendeva la replica di Alain.
-Sì, effettivamente, se ben ricordo, Philippe mi deve ancora un gran favore…-aveva risposto poco convinto, guardando la felicità accendersi negli occhi di sua sorella.
-Fantastico! Philippe, giusto, quello era il suo nome! Pensa che l’avevo già scordato,è passato troppo tempo! Ma come è diventato medico?
Alain scosse la testa, improvvisamente seccato.
-Non mi pare che questo ti riguardi, Diane!
La ragazza indietreggiò, stupita dalla sua reazione tanto brusca.
-Va bene, fratello, scusa…
-Comunque tra qualche giorno verrà il dottore,- aveva ricominciato lui, sbrigativo- gli dirò di essere da voi il prima possibile. Tra pochi giorni sarò in licenza, ci vediamo presto a casa.
Le fece una carezza leggera e la lasciò andare.

Bene, ora mi servono solo carta e piuma…
                                                                                                                                    ***
“Philippe,
sì, hai letto bene, non ‘Egregio Dott. Charté’ , sai che con te non ho bisogno di tutti questi inutili convenevoli!
Bhe, dopo tutto ciò che ho fatto per te questo mi sembra il minimo!
Ti devo chiedere il favore che ricambierà quello che io feci a te ormai otto anni fa…
La situazione è complessa: mia sorella Diane( esatto, proprio la piccola Diane che hai visto nascere! Scommetto che ricordi ancora di lei!) ha trovato davanti alla sua porta una ragazza, e l’ha ospitata in casa nostra.
Il giorno dopo, quando la sconosciuta si è svegliata, si è accorta di non ricordarsi nulla della sera prima e di tutta la sua vita precedente; almeno, questo prima che iniziasse a tossire sangue.
Le sue condizioni mi sembrano gravi: ha perduto la memoria ed in più ha la tisi, diciamo che potrebbe star meglio!
Vieni al più presto a casa nostra, ci potremo vedere tra pochi giorni, quando prenderò una licenza.
P.S: non c’è bisogno che tu risponda a questa lettere, sarebbe solo inchiostro sprecato, so bene che non puoi rifiutarmi questa cortesia, Philippe!
Buon pomeriggio =)
Questo capitolo è abbastanza breve, ma già introduce un nuovo personaggio, che né manga, né anime menzionano.
Si tratta di Philippe, conoscente di Alain, un medico che potrebbe aiutare Oscar a superare la malattia...
Spero di avervi incuriosito, al prossimo capitolo =)

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Capitolo 10
*** Ricordi del passato ***


Chevreuse, luglio  1779 , otto anni prima.
La donna stava sistemando due minuscoli bauletti di legno sulla carrozza, un vecchio calesse malandato del defunto marito. Il sole splendeva alto nel cielo e l’afa era quasi insopportabile.
-Figlio mio, sei sicuro della tua decisione?- aveva domandato al ragazzo alto  e dalle spalle larghe vicino a lei.
-Sì, mamma, sono sicuro. Il viaggio non sarà un problema per voi due, ve la caverete benissimo anche senza di me. Io devo sistemare alcune carte per la vecchia casa di papà…poi vi raggiungerò a Parigi.- il ventenne stava guardando negli occhi la madre, passando poi ad osservare la sorellina.
-Diane, mi raccomando, non far disperare la mamma!
La bambina l’aveva guardato ridendo, dandogli un colpetto sulla gamba.
-Lo sai bene che quello che fa disperare mamma sei tu, Alain!- aveva ribattuto, con un sorrisone.
-Va bene, va bene, basta, vostro padre non avrebbe voluto che litigaste,ragazzi miei…
I due figli la guardarono, notando la tristezza nei suoi occhi velati dalle lacrime.
-Stavamo solo scherzando, mamma, e papà adorava scherzare con noi!- aveva detto la più piccola, seria, avvicinandosi a lei.
-Alain, ora dobbiamo andare,non vorrei aspettare ancora. Ci metteremo qualche giorno, ma sono certa che andrà bene, vero Diane?
-Sicuro,mamma!- aveva risposto convinta la bambina.
Sia Diane che la donna avevano baciato il ragazzo malinconicamente, e poi erano salite sulla carrozza malandata, alla volta di Parigi, lasciando solo una nuvola di polvere dietro di loro.
 
-Psst, Philippe, sono andate via! Puoi venire fuori!- aveva bisbigliato Alain quando la madre e la sorella erano già lontane.
Da un cespuglio sbucò un ragazzotto biondo dai brillanti occhi color nocciola.
-Perché bisbigli, scemo? Non c’è nessuno!- aveva gridato all’amico.
-Vabbè, a te che importa? Ora devo solo sbrigare le ultime cose e potremmo partire anche noi per Parigi. Mi raccomando, se vengo a sapere che spendi le monete che ti ho prestato in vino o in donne, ti ammazzo! E sai che quando dico così non scherzo!- continuò guardando il livido alla spalla che aveva lasciato al ragazzo qualche giorno prima.-Ricordati che erano i soldi che mi ha lasciato mio padre prima di morire, e che li sto dando tutti a TE!
Philippe l’aveva guardato con un sorriso amaro.
-Sai che non ti farei mai una cosa del genere,chi credi che sia?! Ci conosciamo da sempre, praticamente da quando siamo nati!
-Sì, ma quando ti sei invaghito della mia Clairette non ti sei sprecato in tante spiegazioni con me…bell’amico davvero! Sei andato subito al sodo, con la ragazza di cui ero innamorato, vero Philippe?
-Ma che vuoi che sia Alain, tu vivi nel passato! Si tratta ormai di due anni orsono! Ora chissà dov’è quella ragazza, potrebbe essere ovunque!- aveva ribattuto con indifferenza il biondo, ravviandosi i capelli.
-Se lo dici tu…non ho molta voglia di litigare, ora! Senti, vediamoci domani all’alba: partiamo presto. Ciao, Philippe.
-A domani!-aveva salutato il ragazzo, avviandosi per la propria strada.
I due si erano lasciati, con la promessa di vedersi di lì a poche ore.
                       
                                                                                                                                 *****
L’uomo stava camminando pensieroso per le vie di Parigi.
Aveva ventotto anni, ed era divenuto da cinque medico. Aveva dovuto lavorare sodo, per raggiungere il faticato obiettivo, ma a nulla sarebbe valso il sudore senza il suo migliore amico: gli aveva prestato i soldi che necessitava e l’aveva aiutato nella fuga verso la città.
I suoi genitori non avrebbero mai permesso che lui si allontanasse dalle terre di suo padre, figurarsi se gli avrebbero acconsentito a vederlo diventare medico a Parigi.
Per questo Philippe Charté ringraziava,in cuor suo, Alain, senza di lui probabilmente  in quel momento starebbe zappando la terra di Chevreuse.
Continuava ad inoltrarsi nelle viuzze della città, tenendo stretta la sua borsa da medico, ripensando alla lettera che il suo amico gli aveva spedito.
Diceva di venire al più presto, che una ragazza trovata in strada dalla sorella di Alain aveva perso la memoria ed era affetta dalla tubercolosi.
Il dottore tentò di ricordare Diane: anche quando aveva undici anni, all’epoca che i De Soisson avevano lasciato Chevreuse, era una bellissima ragazza.
Era sempre affascinato da quella stupenda bambina dai capelli bruni e gli occhi color miele e dal rapporto che aveva col fratello. Infatti  Alain, gli aveva confidato dopo la morte del loro genitore, cercava di essere per lei un padre: con Diane rideva e giocava, ma la rimproverava all’occorrenza.
Chissà come è divenuta bella, in questi otto anni!
Philippe arrivò all’indirizzo che Alain gli aveva riferito tanto tempo prima, quando si era trasferito. Conosceva la zona, che da sempre, ma maggiormente negli ultimi anni,era popolata da miseria, scarsa igiene e povertà.
Bussò forte alla porta, chiedendosi chi si sarebbe trovato davanti.
Pochi attimi, e la dolce creatura che aveva visto crescere gli apparve davanti, più radiosa che mai.
-Buongiorno Philippe! Come stai?- lo aveva salutato invitandolo ad entrare.
-Diane, che bello vederti! Come sei cresciuta, sembri un’altra persona!
I due si scambiarono un abbraccio, incuranti dell’etichetta, come facevano da bambini.
-Vieni, ti presento Cécile. Visto che non sappiamo il suo vero nome, ne abbiamo scelto uno nuovo.-aveva aggiunto sorridente.
Oscar si alzò riluttante, ed il dottore le fece un elegante baciamano.
Un brivido le percosse il corpo, provò una fastidiosa sensazione; ma non ci diede conto, e salutò educatamente il medico.
Poi Philippe le fece molte domande sul suo passato, le chiese se ricordava qualcosa;ma lei non poté fare a meno di rispondere sempre con un deciso “no”. Dopo andò avanti con la visita chiedendole di tossire, e constatò tristemente che i suoi polmoni erano gravemente danneggiati.
Allora fornì Diane di alcune medicine che aveva portato da casa sua, raccomandandole di far mangiare in modo sano Oscar e di procurarsi vesti più calde.
Infine estrasse dalla tasca un sacchettino colmo di denaro, bisbigliandole all’orecchio:
-Questo ad Alain non farlo sapere, Dio solo sa quant’è orgoglioso e cocciuto! Usali per Cécile, e vedrai che con pasti equilibrati e abiti più pesanti starà meglio.
Dopo salutò le due donne ed uscì dalla casa, pronto per ritornare nel suo alloggio. Il giorno dopo avrebbe rincontrato il suo vecchio amico Alain, e non vedeva l’ora.



Nota dell'autrice:
Chevreuse è una comunità francese situata nella regione dell' Ille-De-France. Dalle immagini che ho visto l'ho immaginata una possibile città natale di Alain, perchè né nel manga che nell'anime si parla del suo passato ed io ho voluto approfondire un po' questo personaggio, che è il mio preferito (ebbene sì, l'ho detto!). 

Questo, come alcuni dei capitoli a seguire, saranno  corti rispetto ai precedenti, ma cercherò di aggiornare più frequentemente. 
A presto =)

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Capitolo 12
*** Confusione ***


Intanto, a Palazzo Jarjayes, le ricerche continuavano, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Il Generale era sempre più preoccupato nel non trovare la figlia.
Dannazione! Sto setacciando tutta la Francia, ma Françoise non si trova! Che dirò a Girodelle?
Per calmarsi, decise di accendere la pipa e sprofondare nella sua amata poltrona dello studio.
Possibile che solo qui io possa stare in pace?
Dall’altra parte della casa,nelle cucine, invece, Nanny ripensava all’incontro con André, incupendosi.
Forse ho fatto male a portarlo qui, da bambino…chissà quanto dovrà soffrire, ancora!
Da quando Oscar se n’era andata, pensava, non si era più sentito nessuno  ridere, in quella casa.
Se solo ci fosse il mio André…
                                                                                                         ***
Il giorno era finalmente arrivato.
Alain si avviò tutto felice verso casa sua, contento di lasciare la caserma, seppur per pochi giorni.
Camminava gaio sotto il sole di Parigi, con passo veloce ma rilassato.
Si domandava come sarebbe stata la ragazza che la sua sorellina aveva ospitato, si chiedeva se somigliasse almeno un po’ alla sua adorata ex-Comandante…
Diavolo, smettila di pensare a lei!, si ordinò, dando un calcio ad un sasso sulla strada.
Alain aveva lasciato André in infermeria con la promessa di ritornare appena lui fosse guarito, pochi giorni dopo; ed aveva visto la tristezza che aveva negli occhi.
Cos’è che ti fa’ star male,André? È Oscar, è lei?
Purtroppo conosceva già la risposta, e non sapeva come avrebbe potuto prenderla il suo amico non appena avrebbe scoperto che si era licenziata.
Ma prima di tutto devo pensare a me stesso!, si convinse, tentando di dimenticare la bellissima donna bionda che gli aveva conquistato il cuore.
Anni prima non l’avrebbe mai detto…poteva Alain, che usava a suo piacimento le donne, lui, così fiero e potente,innamorarsi?
Gli era successo solo in un'occasione, quand’era un ragazzino di sedici anni, di invaghirsi di una giovane, Clairette. Ed ora, lo strano fenomeno si ripeteva. Ma, differenza della prima volta, Alain sapeva che non avrebbe mai potuto avere quella donna per sé, lei che era nobile e ricca…
Continuò a rimuginare, abbandonato a quei pensieri bui; finchè non scorse la sua casa.
Ah, ci siamo!
Bussò forte alla porta e gli venne ad aprire sua sorella. I due si salutarono con affetto ed Alain entrò dentro, ansioso di conoscere Cécile, almeno così l’aveva chiamata Diane.
Si trovò davanti una ragazza bellissima, e per lui fu come se il tempo si fosse fermato, per degli attimi che gli parvero secoli.
Squadrò il suo candido pallore, gli occhi del color del cielo in primavera, i capelli di soffice oro.
Deglutì, serrando la mascella.
Non può essere! Ho anche le allucinazioni, ora!
-Bene, fratello, questa è Cècile.- aveva annunciato Diane sorridendo, senza accorgersi della reazione di Alain.
La ragazza gli si era avvicinata ed aveva mormorato-E’ un piacere conoscervi, Monsieur.
Lesse nei suoi occhi che era confusa, ma era evidente che cercava di mascherare la sua paura con un portamento fiero ed una voce decisa. Faceva quello che aveva sempre fatto: dimostrarsi sicura per gli altri, mentre dentro di lei regnava il dubbio.
Oh mio Dio, non sbaglio, questa è Oscar!
-Il piacere è mio, Madamigella- aveva esclamato baciandole la mano.
Oscar provò di nuovo quella sensazione di disagio, ma, ancora una volta, non vi diede peso, cercando si osservare meglio il volto di quell’uomo.
Sono certa di averlo già visto...
Intanto, Alain era ancora sconvolto, anche se adesso era certo che non si fosse trattato di un abbaglio: lei era lì davanti a lui, più vera che mai.
Come può Oscar essere finita qui? Cosa l’ha spinta  a venire a Parigi di notte?
Poi la motivazione gli sovvenne.
André.
Ma allora l’hanno costretta  a licenziarsi! Perché l’avrebbe fatto spontaneamente, volendo continuare a vederlo?!
Alain aveva davanti due scelte: poteva dirle tutto, raccontarle il suo passato e cercare di farle tornare la memoria, lasciando che lei tornasse da André.
Oppure poteva non dirle nulla, ed avere finalmente una possibilità con lei, una possibilità che desiderava da tanto,troppo tempo.
Confuso ed emozionato qual era, scelse la seconda opzione. Non fece in tempo a dire una parola alla ragazza, che qualcuno bussò alla porta.
Ne entrò un uomo che dimostrava l’età di Alain, e che non tardò a venirgli incontro.
-Alain! Amico mio, quanto tempo! Otto anni non passano in fretta!
-Philippe! Che bello rivederti, hai ragione!
I due si abbracciarono, felici di rivedersi. Non c’era un motivo per cui in quegli anni non si erano incontrati, semplicemente Philippe aveva sempre da lavorare ed Alain non poteva sfuggire ai pesanti turni di ronda.
Oscar fissò quella scena, un po’ confusa. Sentiva di aver già visto Alain, ne era certa, ed ogni volta che i suoi occhi posavano lo sguardo su di lui ne era sempre più sicura.
Sarà perché sua sorella me ne ha parlato così tanto…, tentò di spiegarsi, pur sapendo che non era quella la verità.
Provava una sensazione strana: era come se quello che stava accadendo, quello che provava, non le appartenesse. Come se quella non fosse la sua vita, non fosse lei. Come se fosse bloccata in un corpo sconosciuto.
Ma la sua determinazione nel voler trovare una risposta a tutte le sue domande non cessava; decise allora che presto sarebbe uscita da quella casa. Appena si sarebbe sentita meglio, appena la tosse sarebbe diminuita, lei sarebbe andata via. Per ritrovare sé stessa e i suoi ricordi.
Alain, Philippe, Diane e Oscar pranzarono insieme con una minestra di verdure e poi il medico li salutò, dicendo che aveva troppo lavoro arretrato.
Oscar osservò con curiosità che, per tutta la durata del pranzo, Philippe non aveva mai abbassato gli occhi da Diane.
Non sapeva perché, ma si sentì un po’ più tranquilla quando il dottore lasciò la casa, sentiva di voler stare da sola, e una persona in meno in quegli angusti spazi la faceva tornare a respirare.
Notò Alain che la guardava in maniera strana, quasi fosse ammaliato da lei. Se quella fosse stata casa sua l’avrebbe cacciato, indispettita, ma visto che era lui che la stava ospitato, non poté fare a meno di subire quelle occhiate.
Per tutto il pomeriggio,Diane le raccontò del suo passato: di com’era più tranquilla e silenziosa la campagna in cui vivevano rispetto a Parigi, dei loro vecchi amici, della morte del padre,del trasferimento e della devastante malattia della madre.
Oscar era stata tutto il tempo a sentire, rapita; ma non poteva fare a meno di essere triste,ad ogni particolare sulla sua infanzia che Diane raccontava,lei s’incupiva. Come poteva avere tanti ricordi, mentre lei non ne aveva nessuno?
Forse la giovane intuì i pensieri della propria ospite, perché le rivolse un gran sorriso e le disse:
-Ma ora ti avrò già annoiato, smettiamo di parlare di me. Che ne dici se ci mettiamo un po’ a cucire, Cécile?
Oscar non seppe che rispondere, perché non rammentava (né conosceva,d’altronde)alcuna tecnica di cucito. Però si sedette sul bordo del suo letto e, guidata dalla paziente Diane, iniziò a rammendare dei vecchi abiti consunti.
Alain si era fatto sempre più discreto nel guardarla,e questo tranquillizzò un poco Oscar.
Persino a cena, quando mangiarono gli avanzi del pranzo, lui fu silenzioso e distolse finalmento lo sguardo da lei.
Meno male!, pensò Oscar tirando un sospiro di sollievo. La faceva sentire a disagio avere quegli occhi puntati su di lei, e le parve strano che Dine non se ne fosse accorta per nulla.
Poi andarono a dormire e, dato che non c’erano abbastanza letti per entrambi, il giovane si offrì prontamente di dormire sulla sedia.
Oscar si sdraiò e calò subito in un sonno profondo, con ancora tutte le sue domande senza una risposta.



Nota dell'autrice
Allora, abbiamo visto che Alain ha scoperto che l'ospite di sua sorella non è che la sua amata Oscar. Lei, dall'altra parte, si sente leggermente a disagio a causa delle sue continue occhiate, e sta cercando faticosamente di ambientarsi in casa De Soisson.
Voglio premettere che, nello scrivere, mi sono ispirata soprattutto all' Alain del manga: più giovane di André, un po' immaturo e possessivo, soprattutto riguardo le persone che ama...facendolo rimanere però lo stesso "colosso"  allegro e compagnone dell'anime. 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, si accettano recensioni positive e negative. =)
Alla prossima,
rosa_bianca.


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Capitolo 13
*** Un errore, una fuga ***


Alain stava tentando di prendere sonno, ma non vi riusciva.
Era seduto sulla sedia con la testa poggiata sul tavolo, e già le ossa iniziavano ad accusare quella posizione così scomoda.
Per Oscar, questo ed altro…, aveva pensato, non appena Diane aveva annunciato la mancanza di un giaciglio per ciascuno.
Ed ora si era ritrovato lì, seduto a pensare.
Forse dovrei dirle tutto, farle ricordare il suo passato…ma a quel punto ritornerebbe con André! Se non voglio vederla fuggire via, c’è solo una soluzione: nasconderle tutto, almeno per il momento…
Un sospiro riecheggiò nella piccola stanza.
Dunque, il mio egoismo mi ha portato a prendere una decisione…ma che ne sarà di André? Dopotutto è mio amico, e non voglio che soffra!
Ripensò alla prima volta che l’aveva vista. Si erano sfidati a duello, sotto la pioggia, e lei, agile e sottile qual era, aveva vinto.
Alain sorrise.
Poi la mente gli tornò a quando lei aveva trovato André nella sala armi, sanguinante dopo la rissa.
Aveva la stessa espressione che aveva notato poche ore prima. Ferita, confusa,ma allo stesso tempo era decisa e ferma,come se stesse indossando una maschera.
Nessun ripensamento, Alain!, si convinse. Hai fatto la tua scelta, ormai. È ora di pensare un po’ a te stesso!
Così si sistemò come meglio poteva sulla sedia di legno e si addormentò, cadendo in un sonno agitato.
                                                   *******
Quando il fioco sole dell’alba iniziava a passare dall’unica finestrella della casa, Oscar era già sveglia.
Era rimasta distesa, nel silenzio che la circondava. La sera prima aveva iniziato a prendere delle medicine, e già iniziava a sentirsi meglio; sebbene avesse ancora i brividi e delle fitte lancinanti al petto.
Si sedette sul letto, facendo attenzione a muoversi cautamente per non farlo cigolare; e si voltò a guardare Alain.
Era seduto su una sedia malconcia con la testa appoggiata sul tavolo di legno. Si alzò, e gli si avvicinò per scrutarlo meglio, voleva  approfittare di quel momento per studiare quel volto che le sembrava conosciuto.
Appena gli si accostò, però, un colpo di tosse le scosse la gola e fece eco nella stanza,svegliando i due fratelli.
-Eh?- mugugnò Alain alzando la testa di scatto. Appena vide Oscar si tranquillizzò.
Non era niente…ma perché mi stava così vicino?
I due si fissarono per un breve momento, in muto silenzio.
-Io vi ho già visto…-sussurrò lei talmente piano che sembrava un respiro.
Vedendo il momento d’imbarazzo che si era creato, Diane prese in mano la situazione.
-Cécile! Buongiorno, cara! Come mai sei già in piedi?Oh, e sei così pallida! Vieni, ora ti preparo qualcosa di caldo, tu intanto indossa questo- le aveva detto tutto d’un fiato, porgendole una vecchia coperta e spingendola con lei verso l’angolo dove stava accendendo delle braci.
Oscar aveva preso il vecchio lenzuolo stringendoselo addosso perché, anche se era già primavera, l’aria era abbastanza fredda. Distolse lo sguardo da Alain, anche se sentiva che lui la stava ancora osservando.
-Ora mi dovrò assentare perché avevo promesso a Madame Fleur che l’avrei aiutata nel suo negozio, stamattina. Tornerò tra qualche ora, se dovessi avere dei problemi puoi rivolgerti ad Alain- aveva dichiarato Diane, frettolosamente.
Oscar non aveva avuto il tempo di dire “Aspetta!” che già aveva visto la sua sottile figura che usciva dalla porta avvolta in uno scialle rattoppato.
-Sai, è sempre così…se ha una cosa da fare non attende neanche un secondo!- aveva detto una voce alle sue spalle.
-Forse è un bene, non trovate?- gli aveva domandato lei, voltandosi nella sua direzione.
-Già, forse-aveva ribattuto sorridendo-Ma preferirei che mi dessi del tu, come faccio io con te, Cécile.
Oscar non rispose, si limitò a sedersi.
Devo cercare di capire perché lo ricordo!
-Raccontami della caserma, Alain. Com’è essere un soldato?
L’uomo non credé alle sue orecchie, che mondo era quello in cui la sua Comandante gli chiedeva com’era essere un soldato?
Davvero,Oscar, me lo domandi?
-E’ faticoso, Cécile. I turni sono lunghi, la paga è da miseria e le camerate cadono a pezzi. Ma,oltre questo, va tutto bene- rispose abbozzando un sorriso.
-Non immaginavo che amassi tanto il tuo lavoro!- ribatté lei sarcastica.
-Che fai, mi prendi in giro?!- esclamò, scherzando.
Alain si era alzato in piedi e si era messo vicino alla brace. Allora lei lo seguì, mettendo nella piccola pentola un po’ d’acqua.
Più la guardava, più sapeva di essere innamorato di lei. Ogni volta che la guardava, sentiva del fuoco che gli fiammeggiava in tutto il corpo, proprio come la prima volta che l’aveva vista. Aveva percepito subito che si trattava di un essere unico e speciale, inimitabile.
Ora o mai più, Alain!
Si voltò di scatto verso di lei e la baciò, spingendola sul muro,stringendola a sé. Non sapeva cosa lo spingesse a fare un gesto del genere.
Fatto sta che lo desiderava da quando l’aveva conosciuta.
Oscar spalancò gli occhi e cercò di liberarsi dalla stretta che le bloccava i polsi, ma invano. Respirava a fatica, non capiva cosa stesse succedendo.
Dopo pochi brevi secondi Alain si placò, lasciandola.
Era confuso, aveva agito impulsivamente e sul suo volto si leggevano terrore e preoccupazione.
Oh Mio Dio, perché l’ho fatto?
-Scusami…- mormorò, fuggendo velocemente dalla stanza.

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Capitolo 14
*** Delusioni ***


André stava sempre meglio, a parere del dottor Du Bois.
Le ferite stavano guarendo, le ossa si stavano ricostituendo e ormai sembrava quasi pronto per poter tornare a lavorare.
-Sarà la primavera, ragazzo,ma sembra che tu stia migliorando molto in fretta!
Andrè aveva salutato Alain poco prima che tornasse a casa per la sua licenza di due giorni, e stava pensando che qualcuno avrebbe dovuto aiutare sua sorella. A quanto gli raccontava il suo amico, era sempre sola in casa e girava continuamente per Parigi in cerca di lavoro.
“E di un fidanzato!” aveva aggiunto Alain “E pensa che ne ha trovato uno! È un nobile come noi, tra poco si sposeranno e la mia Diane ultimamente brilla di felicità”.
André sorrise al pensiero del volto contento che aveva sfoggiato il suo compagno quando aveva pronunciato quelle parole.
Persino Oscar è in licenza…, pensò, ricordando le parole che Alain gli aveva rivolto il mattino in cui l’aveva trovato svenuto davanti all’ufficio della Comandante.
Anche se non capisco come mai non sia venuta a trovarmi…da piccola mi assisteva sempre quand’ero malato…,ricordò mentre l’immagine di una Oscar bambina che stava vicino al suo letto si faceva strada nella sua mente. Appena Nanny usciva dalla stanza, lei vi s’intrufolava veloce e passava i pomeriggi leggendogli qualche libro sapientemente sottratto alla biblioteca del padre, oppure gli raccontava le storie dei suoi antenati, quelle che le sorelle le narravano quando,raramente, facevano visita a Palazzo Jarjayes.
Ma tra poco ti rivedrò, Oscar,e non posso pensare ad altro che a te…
                                               ****
Oscar era rimasta in piedi vicino alla porta, cercando di capacitarsi di ciò che era successo appena pochi minuti prima.
Non può essere! Mi ha baciata! Come si è permesso?!
L’avrebbe seguito volentieri, se l’aria pungente di quella fredda mattina non fosse stata un pericolo per lei.
Ma il dottore aveva detto a Diane: “Deve prendere le sue medicine e stare al caldo il più possibile, mi raccomando!”
Ma non voleva starsene con le mani in mano.
Devo raggiungerlo, devo andare! Ma andare dove?
Non fece in tempo a riordinare i suoi pensieri che entrò in casa Diane, con un’aria tetra e cupa.
Oscar dimenticò in un attimo i suoi problemi, come spazzati via della fesca brezza di Parigi,e le chiese:
-Diane, è successo qualcosa?
-Io…il mio fidanzato…è scappato con un’altra ragazza!- aveva risposto con la voce incrinata dal pianto, abbandonandosi sulla sedia.
-Oh, mi spiace…- se nella sua “vita precedente” Oscar non era brava a confortare la gente, non si stava smentendo. Tuttavia, decise di dare un po’ di sostegno a quella creaturina così fragile accasciata sulla seggiola.
-Lei…è la figlia di un ricco mercante, e Donatien…lui l’ha preferita a me!- aveva singhiozzato a bassa voce.
Non sapendo che fare, l’amica si avvicinò a lei e la strinse in un abbraccio.
Si accorse di non ricordarsi come si faceva, ma provò lo stesso, avvolgendo goffamente la sorella di Alain.
La ragazza era afflosciata stancamente sulla sedia, fragile come un ninnolo di cristallo, pallida e con gli occhi gonfi di lacrime.
-Mi dispiace, Diane, posso fare qualcosa per te?
-No, non puoi fare niente- aveva mormorato a mezza bocca-Aspetta…dov’è Alain?
Un brivido attraversò le ossa di Oscar.
Non posso dirle la verità!
-Emh…era semplicemente stanco di stare in casa ed è uscito. Ma non so quando tornerà…
-Veramente un buon padrone di casa! Lasciarti qui, sola e malata, dove non conosci nessuno!-aveva esclamato adirata, in un momento di rabbia.
Poi si placò e sospirò.
-Non doveva finire così,Cécile, stavo per sposarmi...ed è finito tutto così in fretta!
Si sentiva come se fosse per quei mesi si fosse solo illusa di poter essere la donna giusta per lui, come se fosse inadatta e inutile.
Poggiò i gomiti sul tavolo e affondò la testa nelle mani, dandosi ad un pianto  disperato.
-Non importa, se è fuggito con un’altra vuol dire che hai fatto bene a non sposarlo. Non capiva quanto tu fossi importante: se l’avesse fatto, non ti avrebbe lasciata- disse Oscar, tutto d’un fiato, dopo aver cercato le parole adatte.
Diane sollevò un poco la testa, consolata.
-Tu credi?
E bastò un suo piccolo sorriso a confortarla.
                                                *****
Era una mite sera di primavera, il cielo era di un blu scurissimo e,benché fosse tardi,Parigi era piena di vita.
Alain era seduto davanti al bancone della sua taverna preferita e, insieme ad altri soldati, si stava godendo una serata di libera uscita.
-Non capisco,Alain, ti lamenti sempre di vedere poco tua sorella, ed ora che sei in licenza trascorri il pomeriggio in infermeria con André e la sera qui con noi? Ma che ti passa per quel cervello bucato?- gli aveva chiesto Pierre, dopo aver alzato un po’ troppo il gomito.
-Che vuoi che sia successo? Sono abbastanza grande per scegliere dove, quando e con chi stare,io!- aveva ribattuto lui alzando il boccale semivuoto.
-Oste, un altro giro!-aveva urlato, tanto da farsi sentire da chiunque nel piccolo locale.
Alain afferrò il suo quinto boccale di birra della serata ripensando a quanto era successo poche ore prima.
Gli tornò in mente lo sguardo di Oscar mentre lui la baciava. Era terrorizzata e smarrita, glielo aveva potuto leggere in quegli occhi cristallini che adorava così tanto.
Perché diavolo l’ho fatto?, si domandò, specchiandosi nella sua birra.
Rivedendo quel volto, non poté che fare a meno di disprezzarsi, per come aveva baciato Oscar e per come aveva mentito ad André quel pomeriggio quand’era andato a trovarlo in infermeria.
“Sì, stai tranquillo, non è venuta perché avrà mille cose da fare…dopotutto ti vedrà non appena tornerà in caserma, dico bene? Ora smettila di affliggerti, André!” gli aveva detto non appena l’amico gli aveva confidato che non si spiegava il motivo per cui Oscar non fosse ancora venuta  a fargli visita.
Beh, avrei forse dovuto dirgli che a quest’ora starà dormendo sul mio vecchio letto? Non penso proprio!
Passarono le ore, e i boccali di birra aumentarono sempre di più…all’alba Alain ritornò in caserma insieme a i suoi commilitoni.
Finalmente questa licenza di schifo è finita!






Nota dell'autrice
Buonasera =)
Diciamo che la situazione in cui si trovano i nostri personaggi è abbastanza complicata, quindi mi pare di dovere fare un breve riassunto dei fatti.
Allora: André è convinto che Oscar si trovi in licenza a Palazzo, e non si spiega come mai non gli abbia fatto visita; Oscar non riesce a seguire Alain(dopo che lui l'ha baciata), perché arriva in casa Diane, disperata perché il suo fidanzato (di cui ho inventato il nome)ha annullato il loro matrimonio; infine Alain si ubriaca per dimenticare di ciò che ha fatto ad Oscar, e delle bugie che continua a dire ad André.
Spero di aver chiarificato un poco,
rosa_bianca 

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Capitolo 15
*** Insieme ***


Era passata una settimana dal bacio di Alain.
Oscar si mise in piedi, stanca, guardando l’alba dalla finestrella. Anche Diane era già sveglia, e stava iniziando a cucinare una minestra di verdure per il pranzo.
-Tutto bene, Cécile?- le chiese, con un largo sorriso.
Quella ragazza è straordinaria,pensò Oscar, appena una settimana fa piangeva tutte le sue lacrime per un fidanzato sciocco, ed ora ha già ritrovato il sorriso!
-Sì, sì, certamente…ti volevo ancora ringraziare per le coperte e le medicine, Diane.
-Oh, Cécile, ma sai che per quelle l’unica persona degna di prendersi il merito è Philippe! Dovresti ringraziare lui, non me- rispose mescolando quello che sarebbe stato il loro pasto.
-A proposito di Philippe…hai notato come ti guardava quando è venuto a qui?- azzardò Oscar, allungando un poco il collo per vedere la reazione di Diane.
Lei si bloccò, voltandosi verso l’amica.
-E co..come mi guardava, scusa?- chiese imbarazzata, con le due guance di fuoco.
-Davvero non te ne sei accorta? Se vuoi saperlo, ti guardava come si può guardare un angelo…
La ragazza arrossì ancora più violentemente, girandosi verso il vecchio pentolino.
-Dici che…? Quando ha detto che sarebbe venuto?
-Non ne ho idea, non l’ha detto. Comunque devo dire che mi sento davvero meglio, potrei già uscire. Per prendere un po’ d’aria, sai…
Non ce la faceva più a stare segregata in casa, ma voleva dirlo con più tatto possibile all’amica che l’aveva ospitata gentilmente.
-Non credo che sia ancora una buona idea, però effettivamente non esci da giorni…forse una buona passeggiata ti gioverebbe!
-Hai ragione! Vado subito!- esclamò l'altra, per non farsi sfuggire l’occasione.
Afferrando lo scialle,si catapultò in strada.
Dopo essersi chiusa la porta alle spalle, sorrise voltando finalmente il viso al sole.
Ahhhh…non so perché, ma ho l’impressione di non essere mai stata una persona abituata a vivere tra quattro mura…
Ma un passante non si accorse di lei, camminava spedito perso anche lui nei pensieri.
-Pardon, Madame!- si scusò subito, guardando a terra- Cécile?! Che ci fate qui?- era Philippe, che si stava proprio dirigendo da Diane.
-Oh, niente, volevo prendere solo un po’ d’aria…sto già molto meglio!- e prima di scappare via veloce, gli sussurrò enigmaticamente:
-Oggi è il giorno giusto per chiederglielo, dottore!
Aveva lasciato il medico a bocca aperta mentre lei sfrecciava per le viuzze di Parigi.
E ora…alla caserma!
                                                      ****
Alain si era rifugiato nel cortile, per pensare un po’ da solo.
“Tranquillo, ti copro io col Comandante!” gli aveva assicurato Lasalle, prima di vederlo sgusciare via verso il giardino.
Si appoggiò sul muro con una gamba piegata come aveva fatto tante altre volte.
Ora André l’ha scoperto…non poteva andare diversamente dannazione!
Ripensò a quando il suo amico era stato dimesso dall’infermeria e uno dei soldati gli aveva detto poco delicatamente: “Andrè, ma dove vivi? È da due settimane che la tua Comandante si è licenziata, come facevi a non saperlo? Forse Alain non te l’ha detto?”, questa era stata la sua esclamazione, seguita da una risata di scherno.
Ovviamente dopo Alain non aveva esitato a cambiargli i connotati, ma André era rimasto comunque sconvolto dalla notizia e dal comportamento sleale del suo amico.
“Non posso credere che tu non mi abbia detto niente!” aveva esclamato con sdegno.
“Da te non me lo aspettavo, Alain!” erano le parole che risuonavano,amplificate,nella mente dell’uomo appoggiato al muretto.
Sollevò la testa, per osservare meglio il sole.
Almeno è una bella giornata…, aveva pensato malinconicamente.
Voltandosi, Alain notò una figura che si muoveva al di là dei cespugli che attorniavano il grande cancello, provocando un lieve fruscio.
Ridusse gli occhi a due fessure, per vedere meglio.
Non…non è possibile!
La figura si era avvicinata a lui, con passo veloce e regolare.
-Alain!- aveva chiamato Oscar –Penso che noi due dobbiamo parlare!- aveva esclamato con voce di ghiaccio, mantenendo lo sguardo fisso su di lui.
-Già…- accennò lui, schivo.
-Io non ti capisco…perché l’hai fatto? C’era un motivo particolare, una ragione? Hai forse una scusa valida?- lo aggredì lei, mantenendo gli occhi sui suoi . Aveva trovato il coraggio di dirgli ciò che aveva tenuto per sé una settimana, e non le importava molto di apparire maleducata.
-Se avessi avuto una ragione, un motivo ben chiaro, una scusa, pensi che sarei scappato?Eh?- col suo sguardo severo l’aveva immobilizzata come se i suoi occhi fossero catene.
-Io ti amo da quando…- Alain s’interruppe, stava per raccontarle del suo passato, se n’era finalmente deciso, quando si accorse di avere una persona accanto, una persona che non si aspettava di vedere in quel momento.
Dannazione, André!
Il ragazzo la guardava allucinato e stordito.
I suoi occhi erano spalancati, in un misto di incredulità e rabbia.
-Oscar?- mormorò a mezza bocca. –E’ Oscar, Alain?- ripeté rivolgendosi all’amico con un tono di voce molto più alto.
Oscar?Mi ha preso per un uomo?, pensò sdegnata la ragazza, convinta ancora di chiamarsi Cécile .
Ho già sentito questo nome, però...
Guardò bene la figura che stava vicino ad Alain.
Quest’ultimo era rimasto interdetto, in muto ed imbarazzato silenzio.
Oscar avvertì un dolore fortissimo alla testa, provò una fitta così forte che quasi non cadde a terra, sorretta da André.
Appena le sue braccia la toccarono, s'illuminò, provò una sensazione di indescrivibile felicità.
-André!- aveva esclamato guardando bene il suo occhio smeraldino.
Lo aveva già visto, sapeva di aver già avuto più occasioni di rimirare quel volto così perfetto.
Ed un ricordo, finalmente.
“-Sta tranquilla, andrà tutto bene. Troveremo un modo vedrai. Ora che ci amiamo nessuno potrà separarci Oscar, nessuno.”
E la sua vita le passò davanti agli occhi.
Ecco perché rimembrava quel sorriso, quel ciuffo, quell’occhio. Erano quelli che da bambina l’avevano accompagnata nei pomeriggi di allenamento con la spada; che le avevano ribadito di diventare una donna; quelli che l’avevano confortata quando stava per sposarsi.
-André!- aveva gridato, baciandolo con passione.
L’uomo aveva sgranato gli occhi, sorpreso, ma le mille domande che le voleva fare scivolarono via lente, mentre era tra le sua braccia.
Alain intanto non credeva ai suoi occhi, ed appena vide le loro labbra sfiorarsi,mormorò un lieve “Sarete felici insieme…” e corse dentro l’edificio.
Si sentì come se il mondo gli fosse crollato addosso, e fece l'unica cosa che riusciva a fare in queste situazioni: scappare.
I due non se ne accorsero, si guardavano fissi negli occhi, ignorando tutto ciò che succedeva intorno a loro.
-Oscar!-aveva detto Andrè dopo il bacio –Cosa è successo?
Avrebbe voluto fare molte più domande, ma si limitò a chiederne una, non avrebbe avuto la forza di formularle tutte.
Oscar gli raccontò ogni cosa per filo e per segno, senza tralasciare alcun particolare.
Il ragazzo l’aveva guardata stupito per tutto il suo narrare, e non poteva sembrargli vero.
-La nonna…lei mi aveva detto che eri a casa!
-L’avrà detto per non ferirti, per non farti preoccupare della mia fuga…-poi si fermò e lo guardò negli occhi.-Scusa per la mia irruenza prima, è che…mi sono ricordata tutto di colpo, ed ho agito d’istinto!
-Perché, pensi che mi sia dispiaciuto?- rispose divertito lui, stringendola e baciandola di nuovo.
-Non ti lascerò mai più, sei la mia rosa...- le bisbigliò dolcemente all'orecchio.
-Siamo di nuovo insieme…- sussurrarono contemporaneamente, stretti in un abbraccio che parve durare secoli.

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Capitolo 16
*** Coraggio di madre ***


L’uomo, intrufolato nei cespugli, non poté fare a meno di guardare la scena a bocca aperta.
L’ho trovata!,aveva pensato,l’ho trovata, finalmente! Ecco da chi era scappata…ha subito raggiunto André, appena ha potuto…ma in fondo, Victor, sapevi di non avere speranza con lei! Le è sempre stato attorno, sapevo che sarebbe finita così!
Provava una rabbia sovrumana.
Perché lui e non me? Lui non possiede nulla, non può garantirle la stessa vita che le garantirei io!
Però, nel suo cuore, una risposta la sapeva. Si amavano, e l’amore non guarda ai beni materiali.
Spero di provarlo anch’io un giorno…,pensò mentre lasciava il suo luogo di appostamento, sconsolato.
Intanto, però, il Generale lo deve sapere!
Ed era corso via col suo cavallo verso Palazzo De Jarjayes.
                           
Il Generale era appena tornato in casa dopo l’ennesima spedizione fallita.
Santo Cielo, da qualche parte dovrà pur essere!, aveva pensato ritirandosi nel suo silenzioso studio, dove aveva chiamato la moglie.
Non era sua abitudine farvi venire Marguerite, ma doveva comunicarle, seppur a malincuore,l’esito delle ultime ricerche e, per comodità, l’aveva invitata nello studio.
Proprio mentre stava accendendo la sua solita pipa consolatrice, fece irruzione Girodelle, rosso per l’affanno e con il fiatone.
-Buongiorno, Generale- salutò -Contessa…- aggiunse, con un piccolo inchino.
-Riposo,Girodelle, riposo. Sembra che abbiate fatto una scoperta alquanto importante, illustrateci,vi prego- lo esortò Augustin, con un sorriso divertito sulle labbra.
-L’ho trovata, Generale. Era nel cortile della caserma della Guardia Metropolitana, vestita da donna, che, ehm…baciava André.-ammise con vergogna, ancora ansimante.
Il Generale sgranò gli occhi, imitato da Marguerite.
Com’è potuto accadere? André aveva detto a Marron di non averla vista, di non sapere addirittura della sua fuga!,pensò quella, abbandonando istantaneamente il suo cucito.
-Giordelle, ne siete certo? Penso che siate solo stanco, questi giorni i vostri nervi devono essere molto tesi…ci sono molte ragazze bionde a Parigi, ma questo non vuol dire che si tratti di Françoise!- aveva chiesto Augustin, scettico, posando lo sguardo svogliato su alcune carte sulla scrivania.
Victor guardò con durezza il Generale, affermando convinto:
-Credetemi, non mi sono sbagliato. Riconoscerei vostra figlia tra mille.
Il Conte De Jarjayes si accarezzò dubbioso il mento, alzando gli occhi.
Che tenacia, Girodelle!, pensò sarcastico.
-In tal caso, non ci resta che andare a Parigi e riportarla qui.- dichiarò sicuro.
A quelle parole, una voce che mai i due si sarebbero aspettati di sentire, fece eco nello studio.
-Marito! Non potete prenderla e portarla qui, come se nulla fosse! Se anche quello che Girodelle ha detto fosse vero,- continuò, voltandosi un attimo verso l’uomo all’entrata -non potremmo mai fare una cosa del genere! Nostra figlia Oscar, perché è così, che l’avete voluta chiamare non Françoise; è uno spirito libero, non può farsi domare. Ce lo ha già dimostrato e penso che dovremmo darle ascolto.
La donna aveva detto a suo marito ciò che aspettava di dirgli da anni, finalmente aveva trovato il coraggio.
Poi un tuono.
-COSA?- sbraitò il Generale-COSA AVETE DETTO?
-Sapete benissimo cosa ho detto, non avete ancora l’età per esser sordo, marito!-aveva ribattuto. Non sapeva nemmeno lei da dove stesse tirando fuori tutto quel coraggio e quella sfacciataggine, ma di una cosa era certa: esprimere le sue opinioni la faceva sentire bene.
-Non vi sono forse bastate cinque figlie obbedienti e sottomesse? Quei due sono innamorati, Augustin, innamorati!- aveva aggiunto, completando il suo concitato discorso.
Il Generale era sempre più incredulo, con gli occhi sgranati ed un’impressione che più che ad un militare si attribuirebbe ad una trota appena pescata.
Girodelle, intanto, era rimasto sulla porta quasi immobilizzato.
Ecco da dove ha preso Oscar!, aveva pensato, ridendo sotto i baffi, ma al contempo anche lui sorpreso.
-Moglie,io…penso che Fran…Oscar, in quanto mia figlia, debba rispettare le mie volontà. Esattamente come hanno fatto Josephine, Ortense, Marie Anne, Clothilde e Catherine!
"Non credevo che vi ricordaste persino i loro nomi!",avrebbe voluto ribattere, ma si limitò a guardarlo addolorata ed insieme severa, dimenticandosi completamente della presenza di Girodelle.
Non..non l’ho mai vista così…mia moglie…non l’ho nemmeno mai ascoltata!
-Forse avete ragione. Prima di tutto voglio che andiate voi a vedere, Marguerite. Andate, e reputate ciò che vi pare meglio per mia…nostra figlia.
La donna quasi si commosse. Non aveva mai sentito suo marito parlarle in questo modo, considerarla nelle scelte.
-E voi, Girodelle, che fate ancora lì? Tornate a casa, riposatevi un poco, vi farò avere notizie- lo aveva liquidato il Generale con un cenno sbrigativo della mano.
L’uomo, scoraggiato, non osò dire nulla, si limitò a congedarsi ed a tornare a Palazzo Girodelle.
Forse un po’ di riposo  mi farà solo bene...





Nota dell'autrice:
Allora, in questo capitolo Victor osserva la scena tra Oscar ed André avvenuta in "Insieme", andando subito a riferire la notizia al Generale. Ed ecco il colpo di scena: Marguerite si ribella al marito, imponendogli quasi di lasciare libera Oscar. E, stranamente, Augustin acconsente(non si starà un po' pentendo, finalmente?!), così Marron e Marguerite intraprendono un nuovo viaggio a Parigi. Cosa succederà stavolta?
Al prossimo capitolo,
rosa_bianca
P.S: ringrazio tutti coloro che hanno scritto delle recensioni o hanno anche solo letto la storia. E' la prima volta che scrivo qualcosa, quindi mi fa piacere pensare che ci sia anche qualcuno che la legga ^.^



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Capitolo 17
*** Meglio tardi che mai... ***


La Contessa Jarjayes intraprese un secondo viaggio verso Parigi.
Aveva trovato la sua bambina  e non poteva essere più felice, camminando verso la caserma, ancora una volta affiancata da Marron.
Tutte e due sorridevano felici, allegre per la bella notizia del ritrovamento di Oscar.
-Madame…-disse Marron -io capisco che voi possiate non accettare l’amore tra mio nipote e vostra figlia, comprendo che non sarebbe vantaggioso né per voi né per Oscar…
-Marron, non dire sciocchezze! Io sono felice che loro due si amino, ho intenzione di lasciare mia figlia libera di fare ciò che preferisce. Almeno stavolta. Con le altre non ho potuto farlo, ma con lei ho finalmente questa occasione, e non voglio sprecarla!
Detto questo, raggiunsero finalmente l’edificio.
L’uomo alto e barbuto che avevano trovato dei giorni prima era sempre all’ingresso, con la sua espressione scorbutica.
-Buongiorno, Monsieur, vorrei vedere mio nipote,André Grandier.
-Mi spiace, Mesdames, oggi non è giorno di visita…-ripetè seccato.
-E’ una questione urgentissima! Si è verificato un grave lutto in famiglia, e mio nipote lo deve assolutamente sapere!-finse magistralmente Marron, tirando il fazzoletto candido dalla tasca per asciugare delle finte lacrime.
-In tal caso…-mormorò,svogliato, seppur non credesse a nessuna delle parole che l’anziana signora aveva detto.
Così le due si fecero strada fino al cortile dove si tenevano le esercitazioni.
Stettero per qualche minuto a guardare l’ultima che stava finendo, facendo poi dei cenni ad André per chiamarlo.
Il ragazzo li colse subito e,un po’ sorpreso della loro presenza lì, le raggiunse senza farsi vedere dai commilitoni.
 -André! Vedo che stai meglio!-commentarono quasi in coro Marguerite e Marron.
Lui le guardò, un pelino imbarazzato,e si affrettò a fare l’inchino alla Contessa.
-André, ascoltami caro:-aveva iniziato Marguerite –so che sai dove si trova Oscar. Ti prego, ti imploro di dircelo, sta’ tranquillo, non lo riferirò a mio marito…non le succederà niente, promesso, ma io devo sapere come sta mia figlia!-era una supplica disperata e struggente.
-Contessa, io penso che lei non lo vorrebbe… glielo dovrei chiedere prima…-mormorò incerto lui, colto impreparato dalla sua richiesta.
-André! Ti ricordo con chi stai parlando, brutto maleducato!-lo interruppe sua nonna, puntandogli contro l’indice.
-No, Marron, non ti preoccupare, so che lui non me lo dirà solo perché sono la sua padrona, è un ragazzo dal cuore d’oro e scommetto che farà un piacere ad una madre preoccupata- ribattè Marguerite, guardando teneramente André.
-Sai bene che non la manderei da mio marito o dal Conte Girodelle, non sarei capace di fare una cosa simile. Voglio solo accertarmi che stia bene- aveva aggiunto infine, sperando di ottenere una risposta affermativa.
Cosa devo fare?, si tormentava André,Cosa devo fare?
-Capisco che vi amate e non voglio fare nulla per ostacolarvi. Ti prego, André…
Cosa? E lei come lo sa, è così ovvio?...ma devo farlo! È pur sempre sua madre, santo cielo!
-Va bene, chiederò ad un soldato di coprirmi e vi porterò da lei-aveva affermato, dileguandosi in cerca di un compagno che gli doveva un favore.
Si ripresentò dopo una decina di minuti, conducendo con passo spedito la Contessa e sua nonna a casa De Soisson.
Speriamo che Oscar non si arrabbi…probabilmente si preoccuperà vedendole all'uscio!
Si trovarono in poco tempo davanti alla porta, alla quale André bussò vigorosamente.
Diane aprì la porta con uno dei suoi bellissimi sorrisi.
-Buondì, André…oh!-esclamò vedendo il suo seguito-Buongiorno, Mesdames- aveva salutato con un accenno di inchino. Anche lei era un poco spiazzata, ignorava le identità delle ospiti.
Oscar si era rizzata in piedi davanti alla porta,rigida, con nel cuore un misto di timore e gioia.
-Nanny?Madre?-aveva mormorato reggendosi alla vecchia sedia.
Si era immobilizzata, temendo il peggio. La sua pelle, già pallidissima, era diventata di un bianco cadaverico.
André le rivolse un timido sorriso, per incoraggiarla.
Ahi,ahi, Oscar, ho visto la faccia che hai fatto...
-Oscar! Figlia mia, vieni qui!-cinguettò commossa Marguerite, stringendola forte.
-Madre, sono felice di avervi qui, ma…qual buon vento?-chiese preoccupata di dover ricevere notizie riguardanti le volontà di suo padre, come fin troppe volte era avvenuto.
Torturava nervosamente il vestito che le aveva prestato Diane, che era costretta ad indossare per non farsi riconoscere dalle guardie che il Generale stava disseminando per Parigi. Un abito lungo, rosa per giunta, per niente nel suo stile, ma in condizioni come quella si era dovuta adattare.
Marron guardava felice la sua bambina, vedendola tra l’altro vestita da donna, senza darsi il disturbo di asciugarsi le lacrime di gioia che le rigavano le guance.
-Oscar, tuo padre ha deciso finalmente di darmi la possibilità di scegliere per te, per il tuo futuro.
Dopo aver colto dallo sguardo della figlia che non aveva compreso a pieno le sue parole, o forse pensava di aver capito male,continuò:
-Ma non devi preoccuparti, perché ho deciso che dovrai essere tu a scegliere ciò che vuoi fare.
La tradì l'emozione, che fece sembrare quelle parole dette a metà, ma voleva vedere la reazione di Oscar, che non si lasciò attendere: spalancò gli occhi ed esclamò –Davvero, madre? Questo vuol dire che…
-Potrai decidere tu per te stessa ,esattamente.-la interruppe la Contessa-Non avrei nulla in contrario se volessi continuare a vivere qui, con André, magari.-continuò lanciando un dolce sguardo al ragazzo, visibilmente imbarazzato. -Devi solo promettermi una cosa: vieni a farmi visita, ogni tanto. Ora che ho scoperto cosa vuol dire perderti, non ho più intenzione di provare una cosa del genere!
Oscar non poté trattenere le lacrime, mentre si lanciava in un abbraccio con Marguerite, cosa per lei a dir poco inusuale. Non era abituata a quel tipo di contatto con lei, e si disse che era il momento di darle la gioia che una figlia da’ alla propria madre, ovvero un gesto d’affetto sentito.
-Madre…grazie! Vi ringrazio,mi state offrendo un’opportunità che il Generale non mi avrebbe mai dato…come avete fatto a convincerlo?
-E’ una lunga storia, te la racconterò, un giorno-le sussurrò continuando a mirare la sua figlia più bella.
-André, maleducato che non dei altro, ringrazia la Contessa!- l’apostrofò sua nonna, accompagnando il rimprovero con uno scappellotto.
-Vi ringrazio, Madame, questo vuol dire molto per me ed Oscar.
-Madamigella Oscar, nipote degenere!-continuò imperterrita Marron, suscitando le risate dei presenti.
-Altro che Madamigella Oscar…tra poco sarai Madame Grandier…-bisbigliò André all’orecchio dell’amata.
Diane osservava la scena stupita dall’atmosfera di famiglia che si era creata nella sua piccola e triste casa.
Grazie, Oscar, che hai portato tanta gioia nella mia vita…,pensò emozionata.
-André, vai a prendere un po’ di vino, penso che sia ora di brindare- gli disse Oscar sorridendo. Il ragazzo corse via corse come una scheggia, verso il negozio del droghiere.
Intanto Nanny si stava divertendo a raccontare a Diane degli aneddoti su quando i suoi “bambini” giocavano allegri e spensierati a Palazzo Jarjayes.
André fu di ritorno in pochi minuti, con vino e bicchieri.
Oscar si schiarì la voce e cominciò:
-Mesdames, Messieurs, vorrei proporre un brindisi per festeggiare la decisione di mia madre…
-Il vostro amore…-continuò rapida Nanny.
-Ed il mio matrimonio!-aggiunse la vocina di Diane, inaspettatamente.
-COSA?-esclamò André,sorpreso, pensando:Ma Alain questo lo sa?; mentre Oscar, con l’aria di chi sa già tutto,sfoggiò un bel sorriso mormorando enigmaticamente:
-Penso che Philippe abbia avuto una spintarella…
Diane, troppo emozionata per prestare attenzione a ciò che aveva detto la sua amica a mezza bocca, prese un bicchiere di vino, che non aveva avuto quasi mai il lusso di bere nella sua vita.
-La cerimonia sarà tra quattro giorni!- esclamò entusiasta.
-Davvero?! E ce lo dici solo ora?- si stupì Oscar.
Il suo pensiero andò ad Alain, al modo in cui era fuggito mormorando “Sarete felici insieme…”, al bacio che si erano scambiati ormai quasi un mese prima. Era consapevole che Diane gli voleva un bene dell’anima, e non avrebbe voluto ferirlo tanto, ma lui doveva darle delle spiegazioni per ciò che aveva fatto…poi era arrivato André, e con lui la memoria, e non lo aveva più visto.
I due soldati cercavano di parlarsi il meno possibile e voci di corridoio, in caserma, affermavano che si sarebbe trasferito presto, che sarebbe fuggito lontano. Ovviamente nessuno lì sapeva con precisione l’accaduto, e nemmeno che la loro Comandante si trovava a Parigi.
Oscar cacciò questi pensieri, congratulandosi con Diane per l’imminente matrimonio.
-Scusate, Mesdames, ma ora devo ritornare a lavoro, altrimenti potrebbero scoprire che non sto facendo il mio turno-aveva detto André, e si era defilato dopo aver dato un bacio sulla guancia ad Oscar, aver salutato con un inchino la Contessa e con un cenno della mano Diane e Marron.
A quel punto Marguerite prese la parola:
-Oscar, sono felicissima di averti visto, ora io e Marron torneremo a Palazzo. Non dirò dove sei a tuo padre, lo informerò solo della decisione che ho preso, immagino che Girodelle ci rimarrà assai male, ma dopotutto non si può pianificare tutta una vita, giusto?
Ad Oscar non pareva di sentir dire quelle parole così libertine uscire dalla bocca di sua madre, una nobile che abitava a Versailles, sempre così composta e sottomessa. Si domandò perché non le avesse pronunciate prima, quando abitavano ancora insieme.
Meglio tardi che mai…
-Ti auguro di stare bene, figlia mia…
A queste parole, Oscar ripensò alla sua malattia, che stava via via scomparendo.
Meglio non dirglielo, mobiliterebbe tutti i medici di Corte! Grazie alle cure di Philippe sto meglio, non mi serve altro…
-Grazie, madre. Vi auguro ogni felicità possibile. Arrivederci, Nanny.
-A presto, Madamigella…
Appena un secondo prima di uscire, Marguerite bisbigliò all’orecchio della figlia:
-In caso di un eventuale matrimonio, ce lo farai sapere, vero?
Oscar rise, rispondendo con un cenno affermativo della testa.
Le due donne uscirono da casa De Soisson, mettendosi in viaggio verso Versailles.
-Sai Marron, non mi aspettavo che in così pochi giorni potesse essere così cambiata…
-Già, anche André…sono proprio fatti l’uno per l’altra.
-Ti rivelo un segreto, Marron: io questo l’ho sempre saputo…





Nota dell'autrice:
Ed ecco un altro gesto che vi farà ammirare la Contessa: concede ad Oscar di decidere per sé il proprio futuro. Durante la visita di Marron e Marguerite, si scopre una novità: il matrimonio di Diane e Philippe (come molte di voi avevano già predetto ;) ).
Mi scuso anticipatamente per il ritardo con cui pubblicherò il prossimo capitolo, causa feste e quant'altro.
Bene, a presto
rosa_bianca

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Capitolo 18
*** Il matrimonio ***


-E così, mancano solo quattro giorni, eh?-chiese Oscar all’amica, una volta che la casa era rimasta vuota. Avrebbe voluto chiederle “Alain lo sa?”, ma non le parve il momento giusto per affrontare la situazione. In realtà era solo una scusa per dire che forse, di Alain non ne voleva parlare.
Diane sfoggiò un sorriso a trentadue denti,rivolgendo lo sguardo ad Oscar.
-Tu e Philippe sarete molto felici, vedrai- le disse lei, mirando la contentezza nei suoi occhi.
-Ne sono certa anch’io,anche se…è passato solo un mese da quando stavo per sposarmi,non so se sono pronta…- la ragazza si strinse nelle spalle, facendo cadere tutti i fini capelli scuri all’indietro.
-Andrà tutto bene, tranquilla! Philippe è davvero un bravo uomo…e anche un bravo medico a quanto pare! Sto già molto meglio!- rispose posandosi una mano sul petto.
-Sono felice per te, Oscar.- concluse, perdendosi a guardare una parete spoglia, con occhi malinconici.
“A chi pensi?” le avrebbe chiesto, ma sarebbe stata una domanda sciocca. L’intuito le consigliava che la sua mente era ad Alain, che non vedeva dal giorno in cui si era volatilizzato. Diane aveva persino provato ad andare in caserma, durante la mattina in cui solitamente i soldati si riversavano allegri nei cortili, attorniati dai parenti.
Ma lui non c’era. O meglio, c’era, ma non voleva vedere nessuno.
“Mi spiace, ha detto proprio così…ho provato a farlo ragionare, ma lui è rimasto impassibile a fissare la parete vuota…” si era scusato André, dopo che Diane gli aveva chiesto di farlo uscire dalle camerate.
Irremovibile.
Ecco, una cosa in comune con Oscar ce l’ha…
La riportò alla realtà proprio lei.
-Non preoccuparti, verrà…se vuoi posso farglielo dire da André, vedrai come correrà qui, appena lo saprà!-aveva detto, cercando di farla sembrare una cosa divertente. Ma forse non serviva, così come era meglio non nominare il suo nome. Inutile.
-Non ne sarei tanto certa…penso che se la prenderebbe un po’ con Philippe, in fondo loro due sono amici da quando avevano 2 anni! Inoltre, lui gli aveva già rubato in passato una persona che amava…era un amore un po’ diverso, certo non parlo di quello tra fratello e sorella, ma…-aveva lasciato la frase interrotta, non c’era bisogno di ulteriori spiegazioni.
-Lascia perdere, non preoccuparti per lui. Sicuramente non serberà più rancore per Philippe. E comunque lo rivedrai presto, qualcosa mi dice che non si perderà per nulla al mondo il matrimonio della sua sorellina!
La discussione finì con una risata, ed Oscar era contenta di essere riuscita a tranquillizzare Diane.
Se sapesse ciò che mi ha fatto Alain…
                                      ***
Alain ed André camminavano tranquilli sotto il sole primaverile, raggiungendo la chiesetta che si trovava nella periferia di Parigi.
Era stata concessa loro mezza giornata libera in vista del matrimonio di Diane, e Alain pareva agitato.
-Sai, André- iniziò, guardando il cielo senza nuvole –mi pare ieri che la mia piccola Diane era una bambina, che scorrazzava felice nei campi di grano. È passato tanto tempo, ma così velocemente…!
André guardò l’amico, era stranamente impacciato e decisamente emozionato.
-Non ti starà venendo giù qualche lacrimuccia, eh, Alain?-lo prese in giro ridendo.
-Sei tanto bravo a scherzare, tu! Spero almeno che tu riesca a vedere il bellissimo abito da sposa di mia sorella, Grandier!-lo canzonò lui, continuando a camminare.
In realtà c’era un altro motivo che giustificava la sua agitazione.
Oscar.
Sicuramente l’avrebbe rivista, in quanto era diventata in poco tempo la migliore amica di Diane. Che le avrebbe detto?
Devo far finta che non sia successo nulla, Diane non deve sapere nulla di questa storia…
Le cose tra Alain ed André erano ritornate alla normalità, sebbene André avesse capito dell’amore dell’amico per Oscar. Era palese, anche da come si era comportato quando le era ritornata la memoria.
“Tranquillo, André, sono tornato solo per concedervi un po’ d’intimità…dimmi, il mio gesto è servito o no?” si era scusato, scherzando come suo solito, dopo quella fatidica mattina. Poteva immaginare quanta fatica gli fosse costato dire quella frase ridendo, soffocando la sua sofferenza.
Ma era una magra scusa, che non si reggeva in piedi. Ma André decise che era meglio lasciar passare la questione, con Alain non si sentiva di affrontare discorsi così seri, era troppo immaturo, ed il suo comportamento lo provava. Tanto, si disse André, tra poco tempo sarò ad Arras con lei, Alain non sarà che il ricordo di una vita passata, per noi.
Giunsero finalmente alla chiesa. Erano vestiti con degli abiti eleganti, gentile omaggio di alcuni commilitoni che da poco avevano partecipato a cerimonie del genere.
-Oscar!-gridò André, nel vederla appoggiata al muretto del cortile.
La donna si illuminò e, con i suoi soliti passi netti e decisi, si fece strada verso di lui.
C’è anche Alain! Sono felice per Diane…ora fai come se nulla fosse successo, Oscar, come  se nulla fosse successo, arriverà il momento di dirlo ad André ma non è certo questo!
-Ciao Alain! Ciao André!-li salutò, senza dispensare baci al suo uomo, dopo aver visto quanto tempo in isolamento era riuscito a passare Alain dopo una visione simile.
Era consapevole che lui era venuto solo per sua sorella, non per lo sposo(che, in fondo, era il suo migliore amico d’infanzia), né per rilassarsi, tantomeno per vederla! Furono tutti e due bravi a fingere davanti ad André, ma Oscar sentiva l’impellente bisogno di rivelarglielo.
Appena finirà la cerimonia…, si promise.
Poi tutti presero posto nella chiesa;André seduto su una delle poche panche, mentre Oscar ed Alain si trovavano ai lati rispettivamente della sposa e dello sposo.
La ragazza si sentiva felice per Diane, finalmente, dopo tante sofferenze, aveva trovato la strada giusta, una strada sicura ed accogliente da percorrere.
Anch’io l’ho trovata…pensò, rivolgendo lo sguardo ad una delle panchine vicino alla navata. Incrociò il suo occhio verde, e si rilassò. Poteva essere più felice, più realizzata?
Intanto, il prete aveva iniziato la cerimonia, ed Alain non poteva far altro che guardare Diane e Philippe. Come avrebbe potuto pensare ad un futuro insieme, per loro?
-Se, dunque, è vostra intenzione unirvi in matrimonio, datevi la mano destra ed esprimete, davanti a Dio e alla sua Chiesa, il vostro consenso.
-Io, Philippe Charté, prendo te, Diane De Soisson,come mia sposa e prometto...
Il mio migliore amico e mia sorella…
Poi vide Oscar, accanto a Diane. Era vestita con un abito simile a quello di André, con pantaloni e gilet grigi. Ora che il padre non le stava più dando la caccia, poteva permettersi di indossare i suoi soliti capi maschili.
Non cambierai mai,Oscar...






Nota dell'autrice
E così Diane si sposa con Philippe, ed Alain partecipa alla cerimonia per amor di sua sorella. Ma cosa succederà dopo il fatidico "sì"?
P.S: non ho idea di come si svolgessero i matrimoni in quell'epoca, così li ho fatti assomigliare a quelli odierni...scusate eventuali imprecisioni :) Buon Anno!
rosa_bianca

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Capitolo 19
*** Addio ***


La cerimonia terminò, e gli invitati si riversarono tutti allegri e festosi nel cortile della chiesetta.
Oscar, guardando Diane e Philippe, pensò di non avere mai visto due persone più allegre insieme. Sorridevano tutti e due, il viso della donna era incorniciato dal velo di famiglia, che scivolava fin sotto il semplice abito bianco.
Pensò che, quando suo padre le aveva imposto il matrimonio con Girodelle, non si sarebbe mai immaginata così felice ed allegra, ma ora aveva capito che il problema non stava solo nella nozze...ma soprattutto nel marito.
Lei ed André raggiunsero gli sposi per far loro le congratulazioni, mentre Alain conversava con qualche collega di Philippe.
-Sono felice che la cerimonia ti sia piaciuta, Oscar. Quando avremo noi l’onore di vederti in abito bianco?-aveva chiesto lo sposo.
La donna guardò André, sorridendo e cedendogli mutamente la parola.
-Probabilmente…mai!- rispose lui sorridente, mettendosi una mano dietro la nuca.-Abbiamo deciso di sposarci in una piccola chiesa, ad Arras, non ci saranno invitati. Solo io, Oscar ed il prete.
Diane li guardò con un'espressione curiosa e stupita.
-Davvero? Mi sarebbe piaciuto vederti vestita da sposa…
-Oh, anche se tu venissi, non  mi vedresti in un vestito…ma in un semplice completo bianco!
-Quando Oscar vuole una cosa, è difficile impedirle di ottenerla!- rise André, ricordando della richiesta della donna di sposarsi in abiti maschili.
Il discorso fu interrotto da Alain, che intanto li aveva raggiunti.
-Oscar, ti devo parlare, seguimi,.- le sue parole nette e precise fecero ricordare alla giovane tutte le sue preoccupazioni.
Andrè lo vide pensieroso, e lo guardò un po’ storto.
Cosa vorrà dirle? Si è deciso a rivelarle il suo amore? Mi sembra un po’ tardi ormai, Alain…
La donna fece un cenno al gruppo e si allontanò insieme all’uomo, titubante.
Era certa che Alain si sarebbe scusato, alla fine, lo conosceva e non era affatto un maleducato. Un po' testardo ed immaturo, questo sì, ma non maleducato. Ma cosa valevano le sue scuse solo ora?
-Non abbiamo avuto tempo di terminare la nostra discussione, l’altra mattina- disse lui appena raggiunsero un angolo soleggiato del giardino.
-Sì…poi è arrivato André- completò lei con un sospiro. Era decisa a mettere le cose in chiaro.
-Ascoltami, Alain, non voglio più le tue spiegazioni. Ora è diverso, ora ho di nuovo la memoria. Se non fosse successo due settimane fa, sarebbe successo oggi, lo sai meglio di me. Ricordo come mi guardavi quando comandavo il tuo reggimento, e avevo capito che prima o poi sarebbe accaduto.
L’uomo rimase senza parole a sentire il suo discorso. Non le pareva la donna smarrita che la guardava persa mentre lui la baciava.
No, questa non è Cécile. Questa è Oscar, colei che ho amato e che amo, e devo accettarlo. Di lei non mi posso approfittare…
-Allora, non mi sembra che resti molto da dirci, Oscar.
Aveva un' espressione concentrata e dura. La donna lo guardò negli occhi.
Vide solo orgoglio e dolore.
-Già…dopo oggi non ci vedremo più, lo sai questo?
Oscar colse il suo sguardo e spiegò.
-Io ed André ci trasferiremo ad Arras, tra due giorni.
Fu come una fitta al cuore per Alain. Lo sentì spezzarsi in due, sanguinare dolorosamente. Polverizzarsi.
Come poteva pensare che quel giorno sarebbe arrivato, e così presto?
-Ah…immaginavo che vi sareste trasferiti.
Parole di un uomo sconfitto.
Forza, Alain,non farglielo capire...non farle capire che stai soffendo!
-Addio Alain De Soisson, sei stato il miglior soldato che io abbia mai conosciuto.
Una lacrima furtiva rigò la guancia destra di Oscar, che non se ne vergognò né la ritrasse.
-E tu il miglior Comandante.
Si strinsero la mano, noncuranti della gente che rumoreggiava nel cortile.
In quel momento non c'erano altri che loro.
Spero solo che non gli abbia fatto troppo male...
Oscar si voltò per raggiungere André e salutarlo, i due soldati dovevano tornare in caserma.
Un ricordo le attraversò la mente, fulmineo.
Una sera, in infermeria.
“-E tu come sei finita in questo postaccio da Comandante, da Generale Di Brigata che eri?
  -Non so…forse perché volevo incontrare uomini come te…”
Addio Alain…


                                                   

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Capitolo 20
*** La lettera ***


-Mi ha detto proprio così,sai… “Tu hai trovato la tua strada,Diane, ora è bene che io trovi la mia. Non ti dovrò più proteggere, da oggi in poi, ci penserà Philippe. Sei in buone mani, sorellina.” Mi ha dato un bacio sulla guancia e si è voltato, se n’è andato.-raccontò stupita Diane ad Oscar.
-E’ un grand’uomo, Alain…
-Ma capisci, Oscar?- ripeté lei all’amica che pareva non ascoltarla. -Non ci siamo mai separati per tanto tempo, ed ora lui è scappato, fuggito via!-continuò imperterrita la neo-sposa, alzando lo sguardo al cielo.
-Non ti preoccupare, sa il fatto suo,lui…e poi vi rivedrete! Non prenderlo come un addio, Diane, magari ha solo sentito il bisogno di crearsi una vita tutta sua…immagino che tu possa comprenderlo, giusto?
Diane si morse un labbro, ancora col viso rivolto al sole rosso del tramonto.
Le due erano arrivate davanti alla casa di Philippe, lui stava aspettando la moglie dentro.
-E’ ora di salutarci, Oscar. Sicura che i soldi che hai ti bastino per dormire in una taverna, queste notti?
Oscar le fece un sorriso rassicurante.
-Stai tranquilla, Diane, non c’è motivo di preoccuparsi. Vi verremo a fare visita tra due giorni, prima di partire.
-Va bene, in tal caso…-mormorò la ragazza, annuendo.
-Ah, aspetta…ancora congruatulazioni!
-Grazie,Oscar! Ci vediamo presto!
Diane chiuse la porta dietro di sé, lasciando l’amica fuori.       
Bene, ora è meglio che trovi un posto dove dormire stanotte…
 
                                                           ***
La sala di ricreazione era colma di soldati allegri e schiamazzanti, benché non fossero che le sette di mattina.
Tutti stavano aspettando, chi più e chi meno diligentemente, il loro turno per ricevere la posta inviata dalle famiglie,mentre consumavano la loro colazione.
Era domenica ed avrebbero iniziato le esercitazioni più tardi del solito, e stavano attendendo il momento di iniziare a lavorare conversando della misteriosa mancanza di Alain in caserma.
-Avrà fatto tardi, chissà, magari era così sbronzo che dei poveri sfortunati l’hanno dovuto ospitare a casa loro! Doveva tornare all’ ora di pranzo ieri, me secondo me si è rifugiato in qualche bettola a bere…- ipotizzava Pierre, leggendo svogliatamente la lettera consegnatagli.
-E pensare che tu non l’hai mai visto ubriaco! Una volta, dopo aver bevuto nove boccali pieni di birra, l’ho dovuto portare io in caserma, caricandomelo sulle spalle…e ti assicuro che non è un peso piuma!-raccontava François, storcendo il naso al ricordo.
Sono più civettuoli delle damine di Versailles! Santo cielo, quand’è che finiranno di parlare? Non possono neanche immaginare quello che è successo ieri pomeriggio..., pensò André.
-Hey, Andrè! C’eri solo tu con lui, l’altra mattina! Che fine ha fatto?- fu la domanda di Lasalle, seguita dal rumore di circa quindici teste che si voltavano contemporaneamente verso il moro.
-Già, André, che avete fatto?
Dannazione!
-Non mi ricordo, avevo bevuto troppo dopo la cerimonia…-la buttò lì lui, e tutti i commilitoni ci crebbero, dato che era abitudine dei soldati nelle giornate libere prendersi una bella sbronza per “dimenticare i problemi”.
-Grandier!- urlò il Comandante.-Ti è arrivata una lettera.
André non si mosse, gli sembrava troppo strano aver ricevuto della posta…a lui non arrivava mai niente.
Di chi può essere?
-Allora, Grandier, vogliamo muoverci o aspettiamo che te la porti io lì?!
Prese la posta dalle mani dell’uomo basso e grassoccio, che così poco somigliava alla loro vecchia Comandante, e si sedette per leggerla.
La rigirò, cercandone il mittente.
“Palazzo Jarjayes, Versailles”.
Che strano…la nonna non mi ha mai scritto finora!
Aprì la lettera con estrema scrupolosità, facendo attenzione a non strapparla.
Lesse subito la firma in fondo per capire di chi fosse.
“Generale François Augustin Reynier de Jarjayes”, c’era scritto,con la calligrafia del suo vecchio padrone.
Il Generale! Cosa vorrà da me?!
André iniziò a sudare freddo, l’unico volto non allegro in quella sala chiassosa.
Forza! Devo leggerla…, si ordinò, anche se gli tremavano le mani.
Calmo André,non è più il tuo padrone! Non può più darti ordini!, si convinse, respirando a fondo.
Non rabbrividiva più, mentre scorreva con gli occhi la missiva.
“André,                                                                                     13 maggio 1787
  ti chiedo di incontrarci a metà della strada tra Versailles e Parigi, la notte del 14 maggio.
P.S: non dire assolutamente nulla a mia figlia; deve rimanere una cosa tra noi due, e lei non dev’essere a conoscenza di niente.
 So che di te mi posso fidare.
Generale François Augustin Reynier de Jarjayes”
Voleva incontrarlo. Di notte. In una strada abbandonata. Non voleva che Oscar sapesse niente. La richiesta proveniva da lui, l’uomo che probabilmente lo stava odiando per aver “rubato” a sua figlia l’eredità che le spettava.
Ma è stanotte!
Tutto ciò era decisamente sospetto, ma André non ebbe dubbi.
Qualsiasi cosa mi attenderà lì, porterò con me una pistola…spero solo di riuscire a mirare anche al buio, anche se ormai non distinguo quasi più i contorni degli oggetti…
-André, che ti succede?- tuonò una voce al suo fianco, risvegliandolo dai suoi pensieri cupi.-Non preoccuparti per Alain,  vedrai che se la caverà, come ha sempre fatto, del resto. Dico bene?
Lasalle non ricevette nessun segno dall’amico, che si limitò a seguirlo verso il cortile degli addestramenti.

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Capitolo 21
*** Buio ***


-Portatemi verso Versailles, vi dirò io quando fermarvi.
-Come desiderate,Monsieur.
André si accomodò nella vecchia carrozza, immerso nell’oscurità completa della notte.
Tirò un sospiro di sollievo quando tastò il risvolto della giacca e vi trovò la sua pistola.
Non so cosa mi attenderà lì, ma devo essere pronto…
Oscar, è meglio che tu non lo sappia…tu non mi avresti fatto andare, probabilmente, mi avresti pregato di fermarmi. Non so che succederà, Oscar, ma non sono un codardo…! Affronterò tuo padre come un uomo!
                                                   ***
La fioca luce della luna illuminava scarsamente la via di campagna dove i due si incontrarono. Erano le uniche persone in strada, completamente abbandonati, circondati solamente da un campo di grano. Il vento, insinuandosi tra le spighe, produceva un sottile sibilio che metteva i brividi.
André si avvicinò all’uomo più anziano.
-Bene, Generale, ho ricevuto la vostra lettera ed ora sono qui. Prego, esponetemi ciò che avete da dirmi.
Il suo tono era duro, sprezzante, voleva dimostrargli tutta la sua sicurezza  perché,ne era certo, avrebbe fatto di tutto per mettere i bastoni tra le ruote del suo rapporto con Oscar.
-André, io vi voglio aiutare- disse in un sussurro Augustin, enigmatico. Vide il volto del ragazzo contrarsi in un’espressione di stupore, così iniziò a spiegare.
-Mia moglie mi ha riferito del suo incontro con Oscar e con te. Mi ha detto…sì, mi ha detto che l’ha vista felice come non  mai. È vero, André?
-Generale, voi lo sapete, io ho vissuto con vostra figlia praticamente da sempre. E vi posso assicurare che la Contessa ha ragione, Oscar non è mai stata così felice, serena e soddisfatta della propria vita. Non lo è mai stata, quando viveva a Palazzo Jarjayes.
Abbassò il capo, in attesa di una risposta, di un chiarimento. Aveva detto al Generale ciò che pensava, ma temeva di aver azzardato troppo con le parole.
Cosa vuol dire tutto ciò? Dove vuole arrivare?
 -Vedi, io vi voglio aiutare.-sospirò ancora Augustin. –Ho provato ad imporre un certo tipo di vita a mia figlia, ma avrei dovuto accorgermi prima che stavo sbagliando. Fuggendo mi ha fatto capire i miei errori, ma in realtà me ne sono accorto quando ho visto tornare a casa la Contessa allegra e sorridente, dicendomi che Oscar era finalmente felice. Sì, ha usato proprio queste parole; come se anche lei che non passava mai tempo con lei, avesse notato il suo continuo scontento.
André si meravigliò di tante confessioni, lui che era il tipo più introverso di Versailles. Si preoccupava solo dei suoi affari, del suo lavoro, dell’ultimogenita, di servire il Re…non c’era mai stato altro nei suoi pensieri.
-Bene, ecco Andrè…ti voglio offrire un titolo. Così potrai assicurarti una vita a Versailles, con lei,non chiedo altro.
Il ragazzo era molto sorpreso, non si sarebbe mai aspettato un gesto del genere. Tuttavia non riflesse per un solo secondo.
-Un titolo…? Vi ringrazio signore, ma non ne ho bisogno! Io ed Oscar abbiamo deciso di andare a vivere in una piccola città, non vi chiederemo denaro, titoli od occupazioni…vogliamo vivere in semplicità, noi due soli.
Il Generale rimase sorpreso da tanta convinzione.
Chissà quanto tempo deve aver desiderato un titolo, anni fa…ed ora lo rifiuta! Perché ha deciso che vivrà con Oscar in un paesino!
All’inizio si arrabbiò, pensava che fosse una mancanza di rispetto nei suoi confronti…ma, vedendo il volto tranquillo e sincero di André si ricrebbe, mettendo da parte l’ira.
-Sei sicuro di questa vostra decisione? Non so se Oscar riuscirà ad adattarsi ad una realtà così diversa dalla sua…
-Generale,- lo interruppe André guardandolo negli occhi.-se c’è una cosa che so è che la mia Oscar sa cavarsela in tutte le situazioni...



Nota dell'autrice:
Bene, dunque il Generale ed André si sono incontrati e, come aveva "azzardato" LeyLady, vuole solo aiutare la coppia. Ma André rifiuta ogni tipo di aiuto, esponendogli la loro decisione di andare a vivere lontano, da soli.
Al prossimo capitolo e grazie a chi recensisce,
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Capitolo 22
*** Saluti e sorrisi ***


I due si erano salutati, il Generale aveva lasciato André proprio davanti alla caserma. Si accommiatarono con immenso rispetto, mentre il ragazzo vedeva gli occhi velati di lacrime del suo vecchio padrone.
Non l’avevo mai visto piangere…
Ma decise di non dire nulla, per non farlo sentire a disagio. Era un uomo che odiava per le scelte che aveva imposto alla figlia, ma sarebbe mai potuta esistere la sua Oscar senza Augustin Reyner De Jarjayes?
No, sicuramente no. Inoltre quella sera si era dimostrato veramente un buon padre.
Ce l’ha fatta a cambiare idea…
Mentre guardava la carrozza fuggire via avvolta nel buio delle strade, André pensava a ciò che si erano detti. Lui aveva rifiutato educatamente un titolo nobiliare, cosa che appena pochi anni prima desiderava immensamente. Certo, perché a quei tempi non avrebbe avuto altro modo di sposare Oscar.
Ricordandosi che lei aveva ormai deciso di passare per sempre la sua vita insieme a lui, tirò un sospiro di sollievo, che andò mescolandosi alla calda aria notturna.
Forse è ora di rientrare…a domani, Oscar…
                                                ***
André firmò con convinzione il foglio delle dimissioni, quella mattina all’alba. Si era appena svegliato, e l’odore forte di inchiostro gli diede un poco alla testa. Salutò tutti i suoi compagni, dal primo all’ultimo, che si dispiacevano della sua partenza.
E se scoprissero che scappo con Oscar, si dispiacerebbero ancora di più!, pensò sorridente André, mentre riceveva la stretta di mano di Pierre.
-Ragazzi, se mai rivedrete Alain…salutatemelo, mi raccomando.- furono le sue ultime parole, uscendo nel cortile.
Sapeva che Oscar lo avrebbe atteso appena fuori dal cancello, per non farsi riconoscere; ma la trovò accanto alla porta da cui era uscito.
-Os…che ci fai qui?!- fu la sua esclamazione stupita.
Lei lo guardò ridendo, i suoi occhi erano ridotti a due fessure.
Oscar, Oscar…certo che non cambi mai!
I soldati erano rimasti tutti con la mascella che rasentava il lastricato, indecisi se dire qualcosa, ma sicuri di star vedendo tutti la medesima persona.
-Co…Comandante?-domandò Pierre incerto, guardando la figura esile e slanciata in camicia e pantaloni davanti a lui.
-E’ un piacere rivedervi, ragazzi- sorrise lei, compiaciuta di vedere la reazione che si aspettava.
-Comandante, Comandante!!!- un coro di voci, una decina di uomini che si riversavano nel cortile per salutare la donna che mancava loro così tanto.
-Comandante, non sapete come sarebbe felice di vedervi Alain…purtroppo è scomparso, sapete, non si vede più da due giorni!-esclamò Lasalle, malinconico.
Oscar serrò istintivamente i pugni, sbarrando gli occhi, ma solo per un attimo.
Alain…loro non sanno nulla…
-Penso che non si farà vedere tanto presto, conoscendolo…-rispose, fingendo di essere sovrappensiero.
E ci furono un quantitativo straordinario di abbracci, di addii e pianti.
Quando Oscar ebbe rivolto un’ultima parola  a tutti, si voltò, iniziando a camminare con André.
-Sai, mi sarebbe dispiaciuto non salutarli…- si scusò con il sorriso sulle labbra.
                                                                   ***
Oscar era sulla carrozza, pensierosa davanti a tutti i paesaggi campestri che le sfilavano davanti.
L’addio con Diane era stato doloroso, in fondo era stata per lei una persona importantissima.
Cosa avrei fatto se non mi avesse accolta in casa? Se non mi avesse dedicato delle cure appropriate?, si chiese Oscar con non poco sconforto.
“-Ti scriverò il prima possibile, Diane, vedrai, appena arriveremo! Ma…sai leggere?
  -Certo, mi ha insegnato Alain tanto tempo fa…non vedo l’ora di ricevere le tue lettere, Oscar, grazie di tutto…”
Versò una lacrima pensando al suo perenne sorriso, che aveva visto tramutarsi in pianto quando quello che sarebbe dovuto essere il suo matrimonio era stato annullato. Ora però era di nuovo felice, contenta di avere Philippe accanto.
André le sfiorò il naso dolcemente, vedendola immersa nei pensieri. Lei provò un’immediata e piacevole sensazione di calore, prima che la toccasse avvertiva solo freddo.
-Che c’è, Oscar? Vederti così taciturna non porta mai nulla di buono…
Le sorrise giocosamente guardandola negli occhi.
-Niente, non c’è niente…oh, guarda! Siamo quasi arrivati!- esclamò lei, vedendo i campi che circondavano Arras. Sin da piccola percorreva quella strada tutte le estati, non si poteva sbagliare.
-Hai ragione, siamo quasi arrivati.
-Passeremo davanti a Villa Jarjayes…
-Cos’è quella malinconia nella tua voce? Pensi che avrei dovuto accettare l’offerta? Avresti preferito vivere lì?- si rabbuiò André, pensando all’incontro col Generale, che le aveva raccontato nei minimi particolari.
-No, assolutamente! L’unica cosa che voglio è stare con te…non importa dove…
I due si baciarono, mentre attorno a loro il paesaggio si tingeva del giallo delle distese di grano.







Nota dell'autrice:
Buonasera a tutti,
siamo ormai arrivati al penultimo capitolo della storia. Abbiamo visto André che rifiuta gli aiuti del Generale e poi si licenzia dalla Guardia Metropolitana. Ad aspettarlo al cancello dell'edificio c'è Oscar, impaziente di salutare quelli che erano i suoi soldati. Poi i due partono per Arras, dove vivranno da soli.
Al prossimo capitolo (ovvero l'epilogo),
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Capitolo 23
*** Epilogo ***


L’uomo posò la zappa, portandosi il dorso della mano ad asciugare il sudore della fronte.
Si riparò dal sole cocente di una mattina estiva, infilandosi sotto la piccola veranda di casa sua. Allungando un poco il collo, scorse lontano, in mezzo alle distese ombrose di alberi,una donna, vestita completamente di nero.
Una vedova! Ce ne sono poche a Chevreuse, che io sappia…
Si alzò, qualcosa gli diceva che conosceva già quella donna, la sua figura non gli era estranea.
Si avvicinò, lentamente e con la precauzione di un bambino che non vuole essere sorpreso a fare marachelle dai genitori. La donna era seduta sotto un melo, sola, mangiando un frutto appena colto da quell’albero.
Aspetta un secondo…
Per un breve attimo, i due sguardi s’incontrarono, una scintilla si poté percepire nell’aria.
Alain...
-Alain…sei tu, Alain?- domandò incerta lei, fissandolo più intensamente e mettendosi in piedi.
-Clairette!- eclamò, sentendo il cuore gonfio di gioia.
L’unica donna che ho amato prima di Oscar…ti ho ritrovata!
Si unirono in un inconsueto abbraccio, come due grandi amici. Clairette, accanto ad una montagna massiccia come Alain, pareva un fiore delicato e fragile, con i suoi occhi verdi splendenti e le sue lentiggini scure.
-Come sta Philippe? È passato così tanto tempo, ma ricordo ancora la rabbia e la disperazione dei signori Charté quando la mattina non lo trovarono nel suo letto…
Fu come un pugno nello stomaco per l’ex-soldato. L’unica volta che aveva litigato col suo migliore amico era stato per quella ragazza, ed anche se aveva solo sedici anni, ricordava con dolore l’episodio.
Ancora non aveva realizzato di star parlando con lei, era accaduto tutto troppo in fretta.
È la tua prima preoccupazione? È lui? È a lui che spetta la tua prima domanda?
-Philippe sta bene, credimi. È un famoso medico di Parigi ora. Ehm…e si è appena sposato con mia sorella Diane.
La ragazza s’illuminò felice.
-La nostra piccola Diane? Oh, come sono contenta per lei! E anche per Philippe…è stato il mio migliore amico, sai, quando ancora abitava qui.
Solo il tuo migliore amico, Clairette? Niente più di ciò?
Alain continuava a guardarla, osservando come fosse cambiata negli anni. Da che era un piccolo ed esile bocciolo, era diventato un bellissimo fiore, dai colori vivaci ed allegri. I suoi capelli color rame cadevano liberi sulle spalle, incorniciando il semplice vestito nero.
Clairette si accorse che lo sguardo di Alain si era posato sul suo abito.
-Oh, questo…-iniziò, indicandolo -mi sposai, sei anni fa. Solo che…mio marito era un vecchio commerciante di tessuti, un odioso borghese arricchito. L’anno in cui compì sessant’anni, ovvero due orsono, morì per la tisi. Da allora sono una vedova libera, che può vagare tutto il giorno per i campi.
La giovane arrossì di botto, notando che tutte quelle parole le erano sfuggite dalla bocca, senza che lei potesse rendersene conto; ma Alain non sembrò far caso alla sua spontaneità nel parlare.
-Ma non dovresti essere alla casa di tuo marito?
-Oh, no. da quando aveva iniziato a stare male, i suoi affari erano andati in rovina. Il giorno dopo la sua morte, sono stata costretta a vendere la casa. Ora abito di nuovo qui, dove vivevano i miei genitori.
-Capisco…-bisbigliò Alain, incerto su che dire.
Era come se fosse ritornato l’insicuro adolescente che era quando si era innamorato di lei.
-E tu?-ruppe il silenzio lei. –E tu cosa hai fatto tutti questi anni? I De Soisson sono mancati a tutti, qui a Chevreuse, sai?
-Io?Mi sono arruolato alla Guardia Metropolitana di Parigi, ma qualche settimana fa ho sentito il bisogno di tornare qui…dalla morte di mio padre sono diventato io l’uomo di casa, ho cercato di proteggere sempre la mamma e Diane. Mia madre è deceduta anni fa, e mia sorella ora è sposata, mi sentirei di troppo a Parigi.
Clairette lo guardò sospettosa con i suoi  occhi color prato. Ad Alain parve addirittura che volesse indagare nella sua anima, talmente erano profondi.
-E così cerchi un poco di pace…sì anch’io non ne potevo più di vivere in città, non è cosa per noi campagnoli!- esclamò sorridendo comprensiva.
-Ehm…fa caldissimo quest’estate…vuoi entrare? Ti posso offrire dell’acqua fresca.-provò lui, fingendosi sicuro.
-E come potrei rifiutare un’offerta del genere?- scherzò lei, prendendolo a braccetto ed indicando i raggi del sole che penetravano tra gli alberi.
Non fu certo quella l’unica richiesta di Alain che accettò. Un fatidico giorno d’inverno lui si decise a farle la domanda più importante della  sua vita, e lei rispose con un sì. Fu così che si sposarono, e vissero la storia d’amore che da giovani non avevano avuto modo di vivere.
 
 
 
André, appena tornato a casa dal lavoro, era seduto sulla sua poltrona preferita, nel piccolo salotto. La vicinanza al camino acceso gli permetteva di godere del tepore che non si trova nelle strade, in quei giorni di dicembre. Mancavano poco a Natale, ed Arras si era trasformata in un paesino ancora più allegro e vivace.
Il crepitare del camino si confondeva con la voce di Oscar, proveniente dal giardino.
-Dai, Diane, mostrami ciò che sai fare!- gridò divertita, impugnando la spada. Davanti a lei c’era una ragazza di sei anni, tutta rossa per lo sforzo, anche lei tenendo in mano l’arma.
-Maman, sei troppo veloce! Non riesco a batterti!- esclamò lei, cercando di schivare i suoi colpi.
La donna si fermò, appoggiando una mano sulla spalla della figlia.
-Vedrai,Diane , quando sarai più grande sarai persino più abile di me!
La guardò negli occhi verdi,notando ancora una volta come quelle pupille fossero simili a quelle del marito, timide ma espressive.
-Non vi sarete stancate, voi due?- domandò ridendo André, appena le sentì varcare la soglia.
-Io un poco, invece la mamma non sembra mai stanca!-esclamò la piccola, stupefatta ancora una volta della resistenza di Oscar.
-Lei è abituata, Diane! Ha fatto anni e anni di esercizio!
-E quindi è più brava di te?-gli chiese puntandogli addosso i dolci occhi verdi.
-No, diciamo che quando eravamo giovani la lasciavo vincere spesso…-le bisbigliò, divertito.
-Ti ho sentito, André!- urlò Oscar dall’altra stanza, impermalita. Sorrise al ricordo delle giornate passate ad allenarsi a Palazzo Jarjayes, che le era apparso, spontaneo, alle parole del marito.
Prese in braccio il piccolo Grandier, nato da solo qualche giorno, con estrema cura e dolcezza.
Solitamente i neonati sono tutt’altro che belli, invece Alain era eccezionalmente carino. I suoi occhi azzurri sprizzavano gioia e vivacità, cosa ben particolare per un bambino così piccolo. I capelli neri si posavano sulla nuca fragile, stranamente folti.
André passava intere ore davanti alla sua culla, ad osservarlo, e si stupiva ogni volta di vederlo così perfetto.
Il piccolo dormiva tra le braccia della madre, quieto e pacifico.
Come suo papà…, aggiunse Oscar col pensiero.
André sorrise dolcemente alla moglie ed alla figlia, stringendo Diane in un caloroso abbraccio. Poi la piccola si accostò alla finestra, colma di neve, e disegnò un cerchio col calore del suo respiro. Vide, dietro agli alti e spogli alberi, una carrozza che si avvicinava.
-Maman, papa, guardate! Sta arrivando qualcuno!
André si alzò dalla poltrona, calmo come suo solito, ed aprì la porta incurante del gelo che avvolgeva Arras.
Osservò la carrozza che saliva piano la ripida via che dal paese portava alla loro casa, situata su un pendio che si affacciava al mare.
-Oscar…-si rivolse alla moglie –penso che siano arrivati.
La donna alzò la testa e mormorò:
-Bene, anche se non li aspettavamo così presto…
-Ah, quindi sono mamie, papi e Nanny?- chiese la bambina, ricordando dell’ultima volta che i nonni e la bisnonna si erano recati da loro.
-Sì, penso proprio di sì, Diane. Sai, saranno venuti per vedere il tuo fratellino.- rispose con un sorriso il padre.
La carrozza si fermò davanti alla casa, lasciando uscire quattro figure immerse nel buio serale.
Sono quattro?!, pensò André, strizzando gli occhi.Spero che la vista non mi inganni, ma a me sembrano quattro…eppure dovrebbero essere in tre!
Oscar intuì i dubbi del marito ed affermò sicura:
-Mha, vedrai che sarà una qualche mia sorella…
Camminando con non poca difficoltà sulla neve alta, riuscirono ad entrare in casa.
L’ultima figura era avvolta in un mantello bianco candido, ed Oscar la riconobbe appena la vide, con non poca sorpresa.
S’inginocchiò in fretta, mormorando:
-V…vostra Maestà…non vi aspettavo nella mia umile dimora.
La Regina rise, mostrando i suoi denti perfetti.
-Oscar, alzatevi, vi prego. Vi domando scusa per essere venuta senza preavviso, ma…erano anni che desideravo vedere la vostra casa e i vostri bambini.
Maria Antonietta rivolse uno sguardo affettuoso ad André.
L’ho visto crescere…accanto alla Comandante delle Guardie Reali..ho sempre sospettato che sarebbe andata così…
-Dunque, vorrei iniziare con le presentazioni- cominciò allora l’uomo, raggiante.-Allora, Maestà, questa è nostra figlia Diane.
La ragazza fece un grazioso inchino, sorridendo alla donna biancovestita.
-E questo è il nuovo arrivato, Alain.
-Oh, come sono graziosi!- esclamò la Regina, e poi si rivolse a Diane:-Mi ricordi tanto la giovane Maria Teresa, non è forse vero, Oscar?
La donna sorrise, ripensando a quando faceva ancora parte della Guardia Reale, al tempo passato con Maria Antonietta ed alla Principessa.
-Assolutamente, Maestà.
Marron e Marguerite, intanto, si intrattenevano con Diane, chiedendole come stava e cosa ne pensava del nuovo arrivato della famiglia.
Il Generale si avvicinò alla figlia. Vide nei suoi occhi un sottilissimo velo di lacrime. Lei non lo aveva mai visto piangere, né per la tristezza, né per la gioia. E, per sua fortuna, quella volta si trattava del secondo caso.
-Tu…tu ce l’hai fatta. È un maschio…
Oscar s’irrigidì, avvertendo il contatto della mano di suo padre sulla sua spalla. In quegli ultimi anni non si erano visti spesso e sentirlo accanto per lei era strano.
Riflesse su sulla perfidia del destino. Cosa avrebbe dato il Generale, anni prima, per un tanto sospirato maschietto? Ed ora Oscar se ne trovava uno tra le braccia, quando le sarebbe stato indifferente partorire una seconda femmina…
-Sono felice che siate compiaciuto, padre. Ma il suo sesso non lo rende certo più importante di Diane, per me.
Ricordò quanto l’aveva ferita, dover abituarsi ad essere qualcuno, qualcosa che non era.
-Fai bene a dire così. Per un genitore non ci dovrebbero esserci di queste differenze…
La Contessa interruppe la conversazione, avvicinandosi al bambino seguita dall’anziana governante.
-E’ proprio un bel piccolo! Oh, guarda, figliola, ha i tuoi occhi…e i capelli di André!
Oscar non la ascoltò.
“Per un genitore non ci dovrebbero esserci di queste differenze…”.
Cercò gli occhi di André, ed incrociò la sua rassicurante pupilla verde.
“Forza, Oscar, ti capisco, sono con te…”, sembrava voler dire.
-Avete ragione, madre. È proprio un bel bambino.
E il Generale sorrise.
 
 
 
 
 
 
 
Nota dell’autrice:
Purtroppo (o per fortuna, questo siete voi a dovermelo dire), siamo arrivati alla fine della fanfiction.
Due parole su questa conclusione: allora, alcune di voi potrebbero non approvare, o non comprendere le parole del Generale. Ma io ho immaginato che potesse averle detto quelle parole per farsi perdonare ancora delle sue scelte, ma nel modo goffo e impacciato tipico di chi non è abituato a chiedere scusa. Poi ho voluto che la Regina venisse a trovare Oscar, in fondo le due desiderano rincontrarsi, ed ho dato loro una seconda possibilità.
Va bene, smetto con le mie inutili chiacchiere :)
Desidero solo ringraziare un’ ultima volta tutti coloro che mi hanno supportato nella stesura di questa mia prima (e mi auguro non ultima) fanfiction, chi leggendola, chi recensendo  e dandomi spunti per continuare. Se la storia vi è piaciuta,se volete esprimere un parere, se avete dei consigli o delle critiche da farmi, scrivetemi e sarò felice di rispondervi.
Davvero grazie,
rosa_bianca

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