Per l'Amor del Cielo

di RiHamma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The dark side of the moon ***
Capitolo 2: *** La speranza è l'ultima a morire ***
Capitolo 3: *** Incredibile ***
Capitolo 4: *** Buongiorno ***
Capitolo 5: *** Tristezza e Rabbia ***
Capitolo 6: *** In caso di piume - prima parte ***



Capitolo 1
*** The dark side of the moon ***


 

Fandom: Supernatural
Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester, Lucifero, Castiel, nuovi personaggi.
Rating: Giallo
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico.
Avvenimenti: Guerra civile in Paradiso e caos sulla Terra.
Capitoli: 1/?
Parole: 5167 circa
Beta: SabakuNoKatrine 
Note: Dopo la morte di Bobby la storia non segue la trama della settima stagione. Come avete potuto capire gli angeli ritorneranno i protagonisti. Non mancheranno sicuramente scene Destiel *-*

 



Capitolo I

The dark side of the moon

 

 Il rumore del motore dell’Impala sembrava riprodurre il tumulto dei suoi pensieri. Troppe le preoccupazioni e troppi i desideri di vendetta per riuscire a trovare una via d’uscita dal labirinto che era diventato la sua mente. Lo sguardo intenso, illuminato e poi spento dal rincorrersi delle luci arancioni dei lampioni, rimase fisso sulla strada pressoché deserta, fino all’istante in cui Sam emise un forte gemito che lo fece girare di scatto.
Dean Winchester osservò suo fratello dormire sul sedile accanto al suo come se non fosse successo nulla e, benché turbato dall’improvviso lamento, non provò a svegliarlo. Dedicate tutte le sue forze a fare ricerche, infatti, Sam era crollato pochi minuti dopo essere entrato in macchina.
Forse era un bene, pensò Dean, perché così aveva evitato un’insopportabile sfilza di domande su quanto non riuscisse ad affrontare la morte di Bobby, o forse era un male perché, malgrado non volesse accettarlo, soffrire in solitudine generava solamente altra solitudine.
In quel momento, infatti, non poteva non sentirsi dannatamente solo.
Il ragazzo cresciuto come un soldato desiderò di poter rigurgitare quella deprimente sensazione che tutt’ad un tratto si era impossessata di lui. Era riuscita ad abbattere il muro difensivo che giorno dopo giorno, mattone dopo mattone, aveva abilmente innalzato.
Ma tutto ciò che riuscì a fare fu colpire violentemente il volante con la mano destra lasciandosi sopraffare dalla rabbia. Non si pentiva di aver dedicato la sua intera vita a distruggere quei fottuti figli di puttana, ma allo stesso tempo non riusciva più a sopportarne il peso delle conseguenze. Dal momento in cui aveva sceso di corsa le scale della vecchia casa di Lawrence ancora in fiamme, stringendo forte tra le braccia il piccolo Sammy, Dean non aveva più avuto una madre, non più una dimora fissa, non aveva più ricevuto uno di quei sorrisi spensierati da suo padre, nessun amico, non un briciolo di serenità. Crescendo imparò a rinunciare davvero a tutto, ma non lo considerò mai un peso perché si trattava degli affari di famiglia, perché prima di tutto doveva occuparsi di Sam. Ma adesso dopo tutti quegli anni che cosa gli era rimasto? Quasi più niente. O meglio, quasi più nessuno. Mamma, papà, Hellen e Jo, quel pennuto di Castiel e ora anche Bobby. Tutti morti.
Il dolore divampò dentro di lui e invase il profondo vuoto della sua anima. Un vuoto ben coperto dal mare di stronzate che ogni giorno si ripeteva per andare avanti: mio padre non è morto per salvarmi, non è colpa mia se non ho resistito alle torture infernali dando il via all’Apocalisse, non sono stato un cretino a lasciare che Sam mettesse in atto il suo stupido piano per intrappolare Lucifero, non ho sbagliato ad avercela con Castiel perché non voleva rovinare la falsa vita perfetta che mi ero costruito, non ho costretto Sam a riprendersi la sua anima e a soffrire di allucinazioni. No.
Come aveva potuto credere di riuscire a mentire a se stesso? Idiota.
A quel pensiero, gli si piazzarono davanti agli occhi tutte le volte in cui Bobby l’aveva rimproverato chiamandolo in quel modo. Rivivendo quei momenti, Dean abbozzò un mezzo sorriso e si lasciò poi sfuggire qualche lacrima, convinto che dopo sarebbe stato meglio, che dopo sarebbe riuscito ad affrontare anche quell’ ennesima pugnalata al cuore.  
- Dean! - un altro urlo di Sam interruppe i suoi ricordi e il suo dolore.
Dean si asciugò in fretta il viso con il palmo di una mano e tentò di calmare il fratello che continuava ad agitarsi come dopo uno dei suoi soliti incubi.
- Sam! Oh, Sam! - urlò sempre più forte afferrandolo ad un braccio - Sono io! Hey, va tutto bene. Ci sei?
Quell’espressione assente e impaurita del fratello gli faceva sciogliere il sangue nelle vene tutte le volte. Dean non si sarebbe mai abituato a vederlo così fragile, impotente e potenzialmente pericoloso. In effetti la prima volta che Sam l’aveva guardato così quasi si era beccato un colpo di pistola al posto di Lucifero!
Sam, ancora un po’ disorientato, annuì, ma poi vedendo la testa del fratello girarsi di scatto, prima verso di lui e poi verso la strada, borbottò più volte di sì per fermare quella trottola impazzita.
- Stai bene?
- Adesso sì, Dean - sussurrò rassicurato dalla vista del fratello e sereno di essere uscito da quell’orrenda visione che l’aveva straziato fino a pochi istanti prima. Quando Dean si rigirò per averne conferma, Sam lo guardò dritto negli occhi e capì di essere riuscito a tranquillizzare anche lui. Notò, però, anche qualcos’altro.
- E tu, come stai? -  gli chiese.
Dean si aspettava quella domanda. E proprio in circostanze come quella, la odiava profondamente. Non voleva raccontargli la verità, sarebbe stato come riaprire la scatola dei suoi sentimenti momentaneamente sigillata, ma non poteva nemmeno inventarsi una balla perché gli occhi gonfi e lucidi avrebbero smantellato qualunque bugia. Optò per una mezza verità.
- Sono solo un po’ stanco, al prossimo motel ci fermiamo - rispose con tono seccato.
- Che scenetta commovente! Voi due siete la mia soap-opera preferita! - la voce di Lucifero proveniva dal sedile posteriore dell’auto. Sam tentò inutilmente di scacciarlo via premendo forte con il pollice la ferita semiaperta sull’altra mano. 
Lucifero se ne stava lì a sgranocchiare pop-corn come un ragazzino capriccioso che aveva scoperto un nuovo modo per divertirsi.
- Su dai raccontagli cosa è successo! Penso proprio che muoia dalla voglia di saperlo! - continuò a stuzzicarlo divertito. A quelle parole, seguite da un diabolico ghigno, Sam inorridì.
Ora lo torturava ad intermittenza, facendogli assaporare attimi di libertà per poi strapparglieli via.
- Mi sei sembrato più agitato del solito. Cosa hai visto? - cominciò Dean - Sam! - insisté quando non ricevette risposta.
- Sì, questa volta ha dato il meglio di sé! Ha deciso di mostrarmi te… all’Inferno… torturato - sintetizzò così, in poche parole interrotte da profondi respiri, le immagini che ricordava alla perfezione.
- Andiamo, posso fare anche di peggio! - contestò Lucifero con la bocca piena assumendo una posizione più comoda sullo schienale posteriore dell’Impala.
- Ah, vuoi dire, me con un gancio conficcato nel cuore, appeso chissà dove, trafitto contemporaneamente da non so quanti demoni. Fico! - esclamò Dean tutto d’un fiato per sfogarsi. 
- La situazione si fa intrigante! - Lucifero si drizzò con la schiena - Impara Sam! Lezione di sarcasmo numero  uno!
Sam rimase abbastanza di stucco per l’insensibilità dimostrata dal fratello, tuttavia non se la sentì di discutere e si voltò lentamente verso Lucifero rivolgendogli un’occhiata ostile.     
Dean, all’oscuro di tutto ciò, realizzò di non essere stato affatto delicato e tentò di sopprimere il suo risentimento  - Ehm, senti, mi dispiace. Questa relazione a tre è difficile anche per me, ok? Lucifero è in mezzo a noi e non sappiamo nemmeno se è davvero lui, come dici tu, o se è solo il ricordo della macedonia della tua anima! - il tono inizialmente addolcito si fece sempre più inasprito.
Sam non accettava il solito comportamento del fratello sempre in bilico tra la subordinazione di un cane bastonato e l’aggressività di un padrone di casa armato di fucile. In altre circostanze avrebbe replicato in difesa della sua opinione, ma in quel momento si limitò a guardare il paesaggio scorrere fuori dal finestrino. Avevano già litigato un paio di giorni prima per lo stesso motivo e non era finita affatto bene: - Adesso saresti la sua puttana! Tu sei completamente pazzo! - gli aveva urlato Dean quando lui aveva cercato di spiegargli che in qualche modo si sentiva ancora legato a Lucifero; e anche Sam c’era andato giù pesante definendolo un catorcio che non aveva né desiderio né motivo di restare in vita. Da quel pesante litigio Dean gli aveva parlato solo per questioni di lavoro e da perfetto orgoglioso di sicuro ancora adesso gli teneva il muso, perciò sarebbe stato inutile reagire, perché tanto suo fratello non poteva capire, pensò Sam, non poteva capire cosa aveva significato diventare una cosa sola con un essere così potente. Quelle non erano allucinazioni, Sam ne era più che convinto.
- Ma tu sei sempre il migliore, Sam. Tu fai funzionare la testa. E’ per questo che ho scelto te.
Lucifero approfittò del silenzio di Sam per rivolgersi a lui con tono serio. La sua voce si mescolò perfettamente ai pensieri più intimi del ragazzo diventando sempre meno fastidiosa.
- Tuo fratello è come tutti gli altri, un lurido, miserevole, lagnoso… umano - sembrava quasi che il diavolo avesse una lista di dispregiativi ancora più lunga per descrivere Dean Winchester ma avesse preferito trattenersi  - Sam, smettila di dare ascolto ai ricordi e credimi: tu sei speciale!
Il cacciatore ripensò alle volte in cui aveva dovuto lottare contro la sua famiglia perché considerato diverso. Dio solo sapeva quanto aveva sofferto e quanto ancora soffriva ad essere additato come un mostro, o come un malato di mente!
Dopo le visioni pre-morte, la storia della dipendenza dal sangue demoniaco, dopo aver offerto il suo corpo per tentare di fermare l’Apocalisse e dopo averne passate così tante, la sua anima ammaccata desiderava solo ricevere parole e gesti d’affetto.
A causa di quella testa dura di suo fratello, Sam in quel momento poteva solamente accogliere le parole di Lucifero e trarne conforto. Il bisogno di sostegno che pulsava impetuosamente dentro di lui e il dolore che derivava dalla sua mancanza erano così forti da fargli dimenticare perfino chi le avesse pronunciate. Lui era diverso, diverso e speciale. 
 
   I Winchester rimasero in silenzio per molti chilometri. Oltrepassarono il confine che divideva lo stato del Nebraska da quello del Kansas e si fermarono in un motel alla periferia di St. Joseph. Dean fu il primo a scendere dall’auto, si guardò intorno per essere sicuro di aver lasciato la sua piccola in un posto sicuro per poi avanzare verso l’ingresso del motel. Sam lo seguì a ruota contento di poter finalmente mettere piede fuori da quella claustrofobica auto.
Il rombo assordante di un gregge di Harley Devidson li fece, però, voltare entrambi verso la strada. Dovevano essere più di una decina per fare un rumore simile.
In un secondo sfrecciarono accanto l’Impala provocando uno stridio che si sentì forte nonostante il frastuono delle moto.
- Figli di puttana! - sbraitò  Dean sperando di sovrastare quell’odioso rumore e accorrendo verso la sua bambina come per salvarla dal male che gli avevano appena procurato. Una profonda linea solcava la lucida carrozzeria nera.
 - Dean, no! - lo ammonì Sam traducendo gli scatti nervosi tipici di una bestia furiosa - cosa credi di fare?
Si era avvicinato allo sportello più vicino poggiandoci le muscolose braccia col tentativo disperato di poter bloccare l’auto che nel frattempo Dean aveva già rimesso in moto.
- Li farò rimpiangere di essere nati! Bastardi..
- Ma ti senti? Fai tanto il superiore e poi sei così pieno di rabbia che non riesci a controllarti! Arriveresti a torturare delle persone! Dean, non mostri, non demoni… ma delle persone! La verità è che tu stai peggio di me e neanche te ne accorgi! - proseguì Sam con voce tremante, non riuscendo più a trattenere il risentimento nei confronti del fratello. Una parte di lui avrebbe voluto tirarlo fuori da quella stupida auto, prenderlo a pugni e accusarlo di essere la causa di tutto il dolore che sentiva… ma restò lì immobile.
Dean osservò il fuoco del rancore accendersi nei piccoli occhi verdi che aveva di fronte.
Quel Sam che aveva riavuto indietro aveva dannatamente ragione.
Abbassò lo sguardo e inumidì il labbro inferiore distendendo la lingua. Si era lasciato nuovamente trasportare dalla rabbia e ciò non prometteva nulla di buono. Forse se suo fratello non lo avesse fermato sarebbe arrivato davvero a scaricare i suoi desideri di vendetta su quella sottospecie di uomini.
- Batman si è trasformato in Hulk!
Dean fece spallucce spalancando gli occhioni verde Winchester e tirando fuori un buffo sorriso.
Non solo si era calmato, ma con quella faccia da schiaffi era riuscito a placare anche l’animo ribelle del fratello.
- Entriamo, forza - disse Sam staccandosi solo adesso dallo sportello dell’auto. In fondo, per quanto stupido e prepotente potesse essere suo fratello non l’avrebbe cambiato con nessun altro al mondo.
- Ma Sam! Non posso assentarmi per un momento che ti lasci abbindolare come un bambino. Sei troppo ingenuo, tesoro! - Lucifero comparve all’improvviso di fronte al giovane cacciatore che sobbalzò spaventato.
- Ti ha dato il benvenuto anche qui? - ironizzò Dean considerando il fatto che avevano appena messo piede in quel buco circondato da quattro mura.
- Questa notte sarà davvero buia… - si scoraggiò Sam.
- Si, a quanto pare qualcuno vuole risparmiare sull’elettricità!
C’era una sola lampadina accesa all’ingresso che illuminava ben poco e tutto dava l’impressione di essere capitati in un motel più inospitale del solito.
- C’è nessuno?
I ragazzi si avvicinarono alla reception ma non ricevettero alcuna risposta. Sam s’incamminò  verso il cupo corridoio sulla sinistra mentre Dean fu attirato da una strana chiazza sul vecchio bancone di legno che poi associò alle altre macchie sulla sudicia parete ingiallita alla sua destra.
- Questo è sangue, Sam. Ci avrei scommesso: la puzza si sentiva… Sam? Sammy!
Dean non chiamava più suo fratello con questo diminutivo da quando si era accorto che quello che credeva essere il suo Sam aveva lasciato che un peloso vampiro lo trasformasse in una versione cazzuta di Edward Cullen.
Evidentemente adesso doveva trovarsi in uno stato d’agitazione tale da non poter frenare alcun sentimento.
S’incamminò nella stessa direzione del fratello tirando fuori dalla giacca la sua pistola pronto a fare il culo a chiunque gli si fosse parato davanti.
- Auch! Dean stavo giusto per… - cominciò Sam massaggiandosi il braccio dopo essersi scontrato corpo a corpo con il fratello uscendo dallo stanzino dove era entrato.
Dean non ebbe neanche il tempo di allentare la presa sull’arma.
- E voi chi siete? Cosa siete venuti a fare nel mio motel?
Un grassone, comparso a pochi metri da loro, li interruppe puntandogli contro un vecchio fucile. L’uomo era così spaventato e disperato che Dean reagì subito afferrando il braccio di Sam con entrambe le mani per spostarlo di peso dietro sé.
Proprio in quell’istante infatti accadde ciò che Dean temeva: il proprietario del motel fece partire un colpo che avrebbe di sicuro ferito Sam se lui non fosse stato in grado di cogliere le emozioni del grassone solo guardandolo negli occhi. Ma come ci era riuscito?
Dean fece un profondo respiro per calmarsi e cercare di risolvere la situazione. Trattenere la rabbia gli risultava davvero difficile, soprattutto in quel momento, ma doveva farlo se voleva capire cos’era successo in quel dannato posto.
- Mettiamo giù le armi, ok? - cominciò allontanando il mirino dal torace dell’uomo  - non vogliamo farti del male.
- Ci siamo solo fermati per la notte - continuò Sam con espressione accigliata assecondando il consueto piano che utilizzavano in quelle circostanze per ottenere informazioni.
L’uomo dai capelli bianchi si calmò appena, abbandonando l’arma al suolo. Anche Dean ripose la sua nella giacca.
- Mi dovete scusare… ho visto la porta dello stanzino aperta e credevo che…mi dispiace - si scusò l’anziano proprietario.
- Che ci fanno quei due corpi lì dentro? Chi ha ucciso quelle persone? - chiese Sam indicandoli. Dean osservò meglio il piccolo spazio retrostante la porta e solo allora si accorse di quei cadaveri gettati sul fondo nascosti tra vecchie coperte e pezzi di ricambio di sedie e armadi.
- Dovevo farlo…stavano per dare fuoco al MIO motel! - l’uomo scoppiò in lacrime - Questo posto è tutto quello che mi è rimasto, mi capite? - si coprì il volto con le tozze mani.
- Ma certo - continuò Sam da bravo investigatore.
- Questa situazione è davvero grave! - disse Dean con un tono misto di irritazione e sarcasmo, considerato anche lo squallore al quale il vecchio sembrava così affezionato.
L’ occhiataccia del fratello, che invece credeva ancora che quello fosse un caso per loro, non si fece attendere. 
Sam si accomodò con l’uomo dietro al bancone e attaccò con le tipiche domande, assumendo quella sua faccia da cucciolotto, mentre a Dean spettò come al solito il lavoro sporco: sotterrare i due cadaveri nel giardino sul retro.
 
   I cacciatori si rincontrarono nella camera 19 del motel quando era ancora notte fonda.
- Allora, com’è andato l’interrogatorio? - chiese il maggiore con tono stanco svestendosi della giacca di pelle marrone e della camicia a quadretti.
- Non molto bene  - rispose Sam abbassando lo schermo del portatile e alzandosi dal letto - Quell’uomo sembra solo un poveraccio a cui hanno tolto tutto: prima la casa, poi gli hanno ucciso moglie e figli e ora stava per perdere anche il lavoro e tutto questo nell’arco di due giorni - Sam non la smetteva di andare su e giù per la stanza - Ho fatto delle ricerche per cercare di capirci qualcosa di più e, allargando il campo, ho scoperto che il numero degli omicidi negli ultimi giorni è triplicato: il numero di omicidi in tutto il mondo! Quasi 3 milioni solo nelle ultime 48 ore e… ma mi stai ascoltando Dean?
Suo fratello si era gettato a peso morto sul letto e sembrava che il suo discorso fosse stato soporifero come il maggiore diceva sempre.
- Ho detto che avresti lavorato per nulla. Lui ha già preso la sua decisione e non ascolta nemmeno cosa hai da dire - il diavolo, dopo aver osservato la scena, si rivolse nuovamente a Sam con il tono allegro di chi sa di aver appena segnato un punto a suo favore - Io penso che tu abbia ragione, sai! Tutto questo sangue e questo dolore deve per forza nascere dal male. Vediamo…un banchetto organizzato dai Leviatani? Una riunione di fantasmi? Un’invasione di demoni? Che ne dici se andiamo ad indagare più da vicino?
L’angelo caduto non diede nemmeno il tempo al giovane di rispondere che toccò con due dita la sua fronte. Un attimo dopo nella stanza cadde il silenzio.
 
   Dean dormiva così poco e di rado che ormai si era abituato a convivere con la stanchezza, quella brutta bestia che non permette mai di riposare o di rilassarsi.
Ma ora si ritrovava ad osservare un posto straordinariamente bello e armonioso: un’ esplosione di colori e odori davvero gradevoli capace di riempire qualsiasi cuore di gioia.
Perfino il suo.
Dean restò a lungo immobile a guardare l’incantevole scenario nel quale era immerso e dal quale era stato serenamente contagiato. Era un giardino, forse.
Tutto ad un tratto una forte luce si rivelò, puntando nella sua direzione.
In un primo momento ne rimase così ammaliato da non riuscire a distogliere lo sguardo. Per quanto però spiccasse rispetto a quel meraviglioso paesaggio, vi si armonizzava perfettamente. La luce, infatti, si presentava ai suoi occhi come un irreale pallore inoffensivo. Tuttavia Dean, anche da quella distanza, riusciva a percepirne la potenza.
Successivamente, però, l’inebriante sensazione che aveva colmando ogni mancanza, ogni singolo desiderio, cessò lasciandolo di colpo senza alcuna speranza. Dean staccò gli occhi da quella misteriosa sagoma fluttuante e rimase ancora più sconcertato quando notò che questa, avanzando, aveva lasciato dietro di sé una scia di morte e distruzione. Come era successo al suo animo, ogni forma di vita si era spenta, divenendo di un triste grigio ammuffito.
Lo sbalzo di emozioni fu così forte da farlo trasalire e risvegliare di scatto nel letto. Il giovane si mi mise a sedere e si portò le mani alla testa premendo forte con le dita sulle tempie. Rimase così per un po’, con gli occhi chiusi e il peso del ricordo di quell’inspiegabile incubo, prima di scoprire che suo fratello non si trovava più in quella camera.
 
   Sam sentì il calore del fuoco invadergli la pelle e senza avere nemmeno la forza di urlare si ritrovò al centro di un incrocio di una metropoli impazzita, sotto un sole cocente. Appena si rimpadronì dei suoi sensi ebbe giusto il tempo di rotolare via per non essere investito da quelle che normalmente sarebbero state un mucchio di auto in fila nel traffico dell’ora di punta e che invece puntavano tutte nella sua direzione. Lo scontro fu inevitabile e le conseguenze si rivelarono tragicamente spaventose: in un baleno, da un denso fumo nero presero vita delle fiamme che divorarono gli uomini, le donne e i bambini all’interno delle loro auto.
- Dove siamo? -  chiese affannato, rimettendosi in piedi, sorpreso di ritrovarsi improvvisamente alla luce del sole.
- Non riesci ancora a capirlo? Eppure ci frequentiamo da tempo! Questa è la mia città preferita! Guardati intorno: non lo senti il profumo della storia!?
Lucifero inspirò ad occhi chiusi alzando teatralmente le braccia verso il cielo.
- Roma…
La maestosità del Colosseo si fece notare anche dietro quell’ orribile spettacolo di distruzione.
- La città eterna! E dimmi, Sam, cos’altro vedi? - gli sussurrò a un palmo da lui.
Sam cercò di comprendere cos’altro stesse accadendo senza essere sfiorato minimamente dal desiderio di aiutare quelle persone, come se queste facessero solo da sfondo. Dalla nube di fumo scorse sagome nere dagli occhi rossi prendere forma, le stesse che aveva visto torturare suo fratello in sogno.
- Demoni!
- E non è finita qui! - esclamò afferrando per un braccio il ragazzo, il quale si ritrovò di nuovo a vivere lo strazio delle fiamme dell’Inferno.
 
   Dean si vestì in un lampo, afferrò le chiavi dell’Impala e uscì di corsa dal motel, raggiungendo l’auto il più velocemente possibile. Non aveva la minima idea di dove cercare suo fratello, ma l’istinto lo spingeva a sperare di poterlo rivedere da un momento all’altro mentre passeggiava al lato della strada o usciva da una biblioteca aperto anche di notte o magari da un bar pieno di donne…tutto pur di non dare ascolto all’ossessivo pensiero che potesse essere in pericolo per colpa sua.
Castiel, l’unico angelo di cui un tempo si fidava cecamente, lo aveva avvertito che ci sarebbero state delle spiacevoli conseguenze nel riporre l’anima di Sam al suo posto, ma Dean non gli aveva dato ascolto.
Del resto aveva reagito come aveva sempre fatto: si era impegnato con tutto se stesso a risolvere il problema che gli si era presentato davanti senza preoccuparsi degli effetti delle proprie azioni. Risolvendo un casino per volta e creandone inevitabilmente un altro.
A poco erano servite le lezioni impartitegli da Zaccaria prima, e da Morte poi, se in ballo c’entrava la vita di Sam.
E adesso il momento di affrontarne le conseguenze era arrivato.
Doveva trovare Sam e mettere fine a questa storia delle visioni infernali, a costo di morire e ritrovarsi faccia a faccia con quel lurido verme che si nascondeva ai suoi occhi.
Questa volta era determinato a conoscere la verità e nemmeno la paura di tornare all’Inferno l’avrebbe fermato.
Dean svoltò senza scalare le marcie sulla strada secondaria. Proprio in quell’istante si sentì chiamare.
- Dean!
- Sam! Ma che diavolo…?
Suo fratello si era appena materializzato sul sedile accanto.
Il maggiore sterzò più volte percorrendo un bel tratto di strada a zig-zag e schiacciando il freno.
- Lucifero…è stato lui. Mi ha trasportato usando i suoi poteri angelico-demoniaci…
Sam parlò con incredibile naturalezza, come se quello che stesse dicendo fosse la cosa più ovvia che potesse essergli accaduta. Teneva lo sguardo perso negli orrori che il diavolo gli aveva mostrato e per cui solo in quel momento riusciva a preoccuparsi.
- Questo non è possibile… - pensò Dean ad alta voce sbottando in una risata nervosa. Avrebbe continuato a dare del pazzo a suo fratello se non lo avesse visto con i suoi occhi apparire magicamente dal nulla - e ora dov’è, eh? E’ ancora qui? Dì a quel figlio di puttana che deve fare i conti con me, mi hai capito?
- Dean, calmati. Sei di nuovo troppo agitato. Accosta e ti spiego tutto! - lo avvertì Sam, che vedeva il paesaggio fuori dal parabrezza scorrere sempre più rapidamente.
- D’accordo - disse l’altro con tono di sfida arrestando di scatto l’auto per poi scendere, sbattendo lo sportello - Sentiamo! 
- Lo so che per te è complicato. Insomma…non hai mai creduto che Lucifero potesse essere realmente presente -  Sam si appoggiò al cofano anteriore dell’auto, puntando lo sguardo preoccupato sulla sagoma in movimento del fratello - quando bastava combatterlo col dolore fisico nemmeno io ci credevo…
- Aspetta, mi stai dicendo che non funziona più? Da quando tempo? - lo interruppe Dean arrestando di colpo anche la sua camminata nervosa.
- Bè, da qualche settimana…
- Dannazione, Sam! - urlò sbattendo un pugno sul cofano, proprio accanto a dove si trovava il minore.
- Si forse avrei dovuto dirtelo, ma tu eri sempre così scontroso e arrabbiato e…
Sam arrestò le sue scuse quando il fratello fece scorrere lentamente la mano sul viso, premendo forte sulle labbra.
- Forse, se me lo avessi detto prima, adesso avrei già risolto tutto.
Dean ritornò in auto.
- Che vuoi fare? - lo seguì Sam.
- E’ chiaro che se Lucifero ti sta attaccato come cozza è perché vuole qualcosa, ed io devo scoprire cosa - chiarì con tono sprezzante accendendo la radio per poi tornare a sfrecciare con la sua bambina.
Sam non esitò a dire la sua, fregandosene del volume un po’ troppo alto, appositamente impostato per evitare di tenere una conversazione.
 - Potremmo provare catturando un demone, ne ho visti a centinaia! È l’unico modo per conoscere i suoi piani… - si fermò un attimo a riflettere prima di comprendere le vere intenzioni di Dean che probabilmente non gli aveva prestato nemmeno ascolto non avendo reagito minimamente a quello che gli aveva appena rivelato - A meno che tu non abbia pensato di riaprire…
- Sono stato io a combinare questo casino e sarò io a risolverlo!
Dean si girò verso Sam mostrando una forzata espressione di fierezza. Proprio in quel momento partirono le note di una canzone che, malgrado il maggiore conoscesse alla perfezione, aveva sempre evitato di riascoltare. All that you touch/All that you see/All that you taste/All you feel. Perso nella sua determinazione, però, quasi dimenticò il motivo di tanto astio e la lasciò suonare.
All that you love/All that you hate/All you distrust/All you save.
- NO! E’ una follia! Lucifero potrebbe non essere nella gabbia e tu rischieresti la tua vita per nulla!
Sam non riuscì a contenere il tremolio della voce, contagiata dai fremiti della sua anima, fragile come un petalo strappato dalla sua rosa.
All that you give/All that you deal/All that you buy, beg, borrow or steal
- Come al solito, fai e dici cose senza pensare - inveì
Dean quasi sorrise collegando automaticamente le parole di Sam a quelle della canzone.
All you create/All you destroy/All that you do/All that you say.
Si, certo! Aveva salvato la vita di Sam facendo un patto con il demone degli incroci, senza pensare. Aveva sempre detto di no al destino che gli angeli avevano programmato per loro, senza pensare, e aveva sempre continuato a vivere questa vita, senza pensare. 
All that you eat/And everyone you meet/All that you slight/And everyone you fight.
- E’ un rischio che dobbiamo correre! Andiamo, Sam! Siamo cresciuti senza conoscere il significato della parola paura, abbiamo sempre lottato… Dean inspirò profondamente e smise di parlare per ascoltare gli ultimi 20 secondi di Eclipse dei Pink Floyd. All that is now/All that is gone/All that's to come/and everything under the sun is in tune/but the sun is eclipsed by the moon - abbiamo vissuto sotto il lato oscuro della luna fin ad ora, perché dovremmo affezionarci alla luce del Sole proprio adesso? - continuò citando il titolo dell’album dal quale era tratta la canzone.
- Ma perché scegliere la strada più rischiosa? Vuoi farla finita, non è così? - gli rinfacciò Sam con tono sdegnato, spegnendo la radio.
- Non ricordavo di aver appuntamento con il mio psicologo!
Dean non gli diede corda nemmeno per un istante.
- Diamine Dean, sono serio! - si irritò subito l’altro voltandosi anche con il corpo verso di lui.
- Cosa vuoi sentirti dire, eh? Che sono stanco di tutto questo? Che non posso vivere col terrore di vederti scomparire di nuovo? Che adesso che siamo rimasti solo noi due è giusto che io provi a salvarti sperando di riservarti il futuro che hai sempre desiderato? - rispose Dean col suo tipico crescendo di tono severo.
Sam sentì la rabbia scuoterlo dall’interno.
- Ti mostri tanto protettivo quando in realtà sei codardo! Come pensi che mi sentirei se tu facessi una cosa del genere? Tu stesso hai perennemente paura che accada il contrario! Sei arrendevole, sei un… egoista patetico…
Dean perse il controllo e con uno scatto veloce abbandonò la guida per afferrare e scuotere il fratello con entrambe le mani. Sam finì per sbattere contro il finestrino la schiena e il capo, tenendo quest’ultimo stretto fra le mani e gemendo appena dal dolore.
- Visto? Cos’altro potevi aspettarti da uno così? Codardo. Arrendevole. Egoista. Patetico - ripeté quella malefica voce. Sam sentiva la presenza di Lucifero farsi strada nella sua testa, divenendo sempre più influente.
- Basta!
L’urlo sofferente si spezzò scemando in una vocina strozzata.
Dean lasciò andare il giubbotto del fratello quasi come se la stoffa bruciasse fra le sue mani, staccando con la forza gli occhi spalancati dalla figura tremante che era diventato Sam.
Riportò le mani sul voltante per poi notare un bagliore provenire dal fondo della strada.
Cercò di capire se anche Sam si fosse accorto di quella luce ora che sembrava stare meglio e aveva ripreso a dedicargli tutto il suo disprezzo con termini che non gli aveva mai sentito dire. Il maggiore dei Winchester dedusse di no e preferì ignorare le parole del fratello.
- Sei un maledetto bastardo figlio di puttana, Dean! Brucerai all’inferno! - Il diavolo plasmava i suoi pensieri, controllando le sue parole. Si nutriva della sua rabbia, del suo dolore, come un parassita di emozioni. Per Sam fu impossibile resistergli.
La macchina sfrecciava veloce e più si avvicinavano alla luce più questa gli ricordava quella, perfetta e spaventosamente pericolosa, che aveva visto in sogno.
Dean ne riconobbe il pallore e la potenza, non poteva sbagliarsi.
Il brivido della caccia lo accarezzò per poi diventare pura adrenalina. Con lo sguardo vigile di un leone che punta la sua preda più succulenta pigiò il piede contro l’acceleratore.
- …Dio! Sei anche cieco adesso!? Non vedi che quella ragazza sta attraversando la strada!? - imprecò Sam, rosso in volto per la sfuriata.
Una ragazza? Quella cosa non aveva nulla di umano.
Dean era come paralizzato: dare ascolto al suo subconscio o alla vista del fratello completamente su di giri?
- Dannazione, Dean, Frena!
Il tormento della scelta svanì quando anche lui riconobbe, circondata dalla luce, la sagoma di un corpo femminile che avanzava barcollando. Spinse forte il piede sul freno, ma ciò non bastò ad evitare l’impatto che produsse un rumore sordo, quasi spettrale.


 
Eccoci qua.
Se sei arrivato fino in fondo hai avuto molto coraggio. Credo che possiamo definirla una vera e propria long.
Ho dedicato a questo capitolo tanto tempo, (non vi dico quando ho cominciato perché è scandaloso xD) e ora che è terminato mi sono resa conto che è stato come preparare un esame universitario: una prima
"scrittura" veloce, un casino di idee in testa da posizionare nei punti giusti, e una revisione finale che sembrava non avere mai fine.
Per questo, voglio ringraziare la mia splendida sorella (SabakuNoKatrine che ha realizzato anche la bellissima foto che avete trovato appena aperta la pagina): ha messo molto del suo durante la revisione, dedicando del tempo a questa storia, tempo che avrebbe potuto impiegare per scrivere la sua e che mi sostiene nei momenti di blocco dello scrittore contribuendo a realizzare nuove idee.
Io credo che sia perchè sono riuscita a conquistarla con l'evoluzione della storia.
Spero vivamente di aver incuriosito anche voi il tanto che basta per affezionarvi a questa mia piccola grande opera.
Sotto coi voti :D

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Capitolo 2
*** La speranza è l'ultima a morire ***


1 SD


Capitolo II

La speranza è l'ultima a morire

     I Winchester videro atterrare il corpo della ragazza qualche metro più avanti e scesero prontamente dall’auto lasciando i fari accesi. La giovane si era issata a fatica sulle ginocchia e continuava ad oscillare lievemente in tutte le direzioni. I capelli scuri, lunghi e spettinati le coprivano in parte il volto mentre evidenti erano i segni di violenza sulle braccia e sulle gambe completamente scoperte.
- Sta bene, signorina? - chiese Sam con apprensione e una vena di dolcezza nella voce mentre la scrutava, ancora a distanza - Dean, chiama un ambulanza! - urlò - ci dispiace tanto, è.. è stato un incidente - continuò con lieve affanno a pochi centimetri da lei.
La vittima dell’incidente teneva la testa china e, sebbene sembrasse soffrire parecchio, non emise alcun gemito.
- Stai dietro, Sam! - lo ammonì impaurito Dean che ancora correva: il fratellino era sempre più veloce di lui, complice la sua statura da gigante.
Sam non aveva visto alcuna luce e continuava a non vederla, mentre a lui, invece, appariva pallida e potente. La vedeva circondare quello strano essere dalle sembianze umane e restringersi sempre più come fosse linfa risucchiata dalle proprie radici.
- Ma sta sanguinando - controbatté l’altro, convinto che la cosa più ovvia da fare fosse soccorrere la ragazza il prima possibile.
Tutto a un tratto sembrava che la bestia assetata di sangue si fosse abbattuta e Sam fosse tornato ad essere il cagnolino docile di sempre. Ma Dean non si fece ingannare. Estrasse il pugnale e lo drizzò contro quella nuova entità soprannaturale.
Quella luce avrebbe potuto scatenare la più potente delle catastrofi e lui doveva eliminarla.
Stava per colpirla quando il bagliore incriminato svanì. Quella che ai suoi occhi adesso sembrava essere solo una povera ragazza, perse completamente le forze, sbilanciandosi in avanti. Sarebbe sicuramente crollata a terra se, d’istinto, non si fosse abbassato ad afferrarla sotto le spalle con entrambe le mani.
Il cacciatore sentì il corpo minuto tremare forte. Era freddo come un cadavere, probabilmente rimasto scoperto per ore in quella notte particolarmente umida di fine settembre.
Al contatto, sotto le dita della mano sinistra, Dean avvertì anche la leggera canotta inumidirsi velocemente di sangue. Concentrò l’attenzione sul viso che la ragazza sollevava con difficoltà e la osservò mentre dischiudeva gli occhi mostrando due grosse iridi scure.
In quell’esatto momento la luce, che prima di spegnersi la invadeva dall’esterno, esplose improvvisamente dal suo corpo sprigionando una potenza accecante.
- Dean! - gridò Sam avvicinandosi a lui con un braccio a proteggere la vista.
Il maggiore serrò gli occhi all’istante e sobbalzò all’indietro per aumentare la distanza fra il suo corpo e quello che fino ad un attimo prima aveva fra le mani. Sentendosi, poi, afferrare per un braccio riaprì gli occhi. Dean fu stupito di notare che la luce circondava nuovamente del suo pallore innocuo la sagoma della ragazza, che adesso si teneva rigida come un tronco e aveva la testa rivolta al cielo, gli occhi spalancati e le mani strette in pugni.
L’entità luminosa doveva aver preso il controllo di quel gracile corpo, pensò.
- La vedi anche tu quella luce, adesso? - chiese Dean in modo altero mettendosi in piedi.
- Che cosa può essere? - domandò l’altro battendo più volte gli occhi.
La risposta si palesò non appena dalla schiena della ragazza spuntò una grossa ala bianca: la videro, prima espandersi al punto da poterne distinguere ad una ad una tutte le piume e, poi, ripiegarsi lentamente su se stessa come fosse il mantice di un’ enorme fisarmonica.
 
    L’ angelo si agitò più volte prima di adattarsi completamente a quella forma che trovò essere ancora più stretta di quanto avesse mai immaginato.
Riempita ogni minima parte di quel tramite, provò a comportarsi come da copione riuscendo a conquistare un regolare movimento della testa.
Non durò a lungo. La pelle cominciò a pulsare fino a bruciare. Provò inutilmente a mantenere il controllo e finì per perdere l’equilibrio.
 
Questa volta fu Sam a evitarle di cozzare contro l’asfalto afferrandola lateralmente per poi circondarla con le braccia.
- Che hai intenzione di fare? - gli domandò Dean sbigottito dall’ingenua e a dir poco avventata reazione del fratello.
- L’abbiamo investita. Tu l’hai investita! Non vorresti mica lasciarla qui a morire!? - gli rinfacciò Sam mentre cercava di tirarla su. La ragazza era ancora cosciente ma sembrava non voler collaborare.
Certo che sì, Sam! - esclamò Dean con tono ovvio, alzando la voce.
Ora che quella cosa aveva mostrato la sua vera natura, sicuramente non meritava di essere presa in salvo.
 
L’angelo avvertì un calore benefico sfiorare, contrarre e poi invadere la pelle del suo tramite. Alzò lentamente gli occhi per comprenderne la causa, ma non ebbe modo di voltarsi verso tale sorgente perché rimase incantata da ciò che inaspettatamente le si parava di fronte:
il chiarore delle stelle macchiato da piccoli astri rossicci …
le perfette sinuosità delle vallate…
il colore delle oasi combinato alla profondità degli abissi marini…
Era lui.
- D-Dean - riuscì a sibilare poco prima che una potente energia risalisse dallo stomaco facendo pressione sui polmoni per poi accumularsi negli occhi e concludersi col bagnare il suo volto umano.
Adesso poteva anche lasciarsi morire.
 
Dean era rimasto altrettanto sconcertato alla vista dei suoi occhi, ora gonfi di lacrime: uno era diventato di un blu intenso, l’altro manteneva ancora il suo colore scuro tranne che per una piccola goccia di blu adagiata sul fondo dell’iride. Quel colore l’aveva subito associato a Castiel.
 
Il Winchester si agitò non appena si sentì chiamare.
- Sbrigati Sam, mi avvicino con la macchina! - gridò mentre correva verso l’Impala.
Sam distese delicatamente la ragazza sul sedile posteriore e aspettò di essere entrato in auto prima di cercare di capire perché il fratello avesse cambiato idea così in fretta.
- Ha detto Dean, non è vero?
- Si - rispose freddamente con il volto rivolto verso la strada - la nostra fama ci precede - continuò.
Il maggiore tenne ben nascoste le sue supposizioni sull’angelo cercando di mascherare il più possibile la sua ardente curiosità.
- Dovremmo portarla in ospedale - suggerì Sam
- Come no! Così la sostituiscono ai neon! - esclamò Dean notando la luce dallo specchietto retrovisore.
- La ferita dietro la schiena è parecchio profonda per metterci a giocare all’allegro chirurgo, senza contare che potremmo aver causato qualche emorragia interna al momento dell’incidente…- cercò di spiegare lasciandosi prendere a poco a poco dal nervoso.
- Ascolta, Doctor House, ci fermeremo in un posto più sicuro - sentenziò Dean.
Sam sbuffò e si voltò verso la ragazza-angelo che sprigionava luce ad intermittenza. Più la osservava e più si sentiva sensibile alla sua sofferenza e responsabile di quel dolore.
- Compassione.
Lucifero si mostrò agli occhi di Sam come un fermo immagine sbiadito.
- Compassione. Compassione - continuò a ripetere apparendo tutte le volte che la luce dell’angelo spariva.
Il ragazzo, preso dall’impeto di volerla salvare e dalla consapevolezza di essere l’unico a poterlo fare, spinse il fratello verso il finestrino e urtò con la testa sotto il tetto di quell’auto, un po’ troppo bassa per i suoi gusti, prima di riuscire, dopo un paio di manovre, a raggiungere il sedile posteriore e ad accovacciarsi con cautela accanto a lei.
Nevrotici scatti delle gambe e continui inarcamenti della schiena accompagnavano le frequenti emissioni di luce.
- Amore. Amore. Amore. Amore
- Guardami…ci sono qua io adesso, stai tranquilla - cercò di calmarla spostandogli con una carezza i capelli dal viso e fissandola dritto negli occhi dopo averla delicatamente sollevata per controllarne lo stato delle ferite. Il corpo era irrigidito e il solco dietro la schiena faceva davvero paura. Il dolore doveva essere atroce.
- Trilly è ancora fra noi? - chiese Dean non sentendo più il rumore di quel corpo luccicante strusciare contro gli interni in pelle della sua piccola. Abbassò lo specchietto retrovisore per controllare di persona.
- Affanno. Affanno. Affanno. Affanno. Affanno.
- Dimmi che hai un whisky… un liquore…qualcosa di forte - disse Sam velocemente ignorando la sua domanda e la fastidiosa voce del diavolo.
- Ce n’è un po’ nella fiaschetta di Bobby…
- Avanti passamela! - lo interruppe Sam.
Dean si allungò verso il cruscotto e la lanciò al fratello che l’ afferrò al volo.
- Paura. Paura. Paura. Paura. Paura. Paura.
Non basterà, pensò Sam mentre si spogliava del giubbotto e della camicia.
- Resisti, ti prego - sussurrò in continuazione mentre le tamponava la ferita più compromessa con una porzione di tessuto bagnata di alcool.
Sam rabbrividì quando l’angelo si lasciò andare a grida di dolore. Qualche minuto dopo la luce si limitò a comparire sporadicamente fino ad estinguersi del tutto.
Nemmeno Dean restò indifferente di fronte a quelle strazianti urla.
Un angelo non dovrebbe piangere.
Un angelo non dovrebbe soffrire in quel modo.
Cercò di essere d’aiuto accelerando la corsa.
 
Dopo poco l’auto si arrestò bruscamente e Sam Winchester sgattaiolò portando fuori prima le gambe e poi il busto incollato al corpo dell’angelo.
- E questo sarebbe il posto più sicuro?! – esclamò Sam quando vide, illuminato dalle prime luci dell’alba, di nuovo quell’inquietante motel.
Dean spalancò la porta e fissò inquieto il corpo inerte tra le braccia del fratello mentre quest’ultimo si precipitava ad entrare.
- Ha perso conoscenza, Dean. Ho paura che sia troppo tardi… - confessò Sam preso dallo sconforto.
- Ma voi due chi siete?
Il vecchio proprietario restò seduto dietro il suo bancone e li osservò incredulo trasportare la ragazza su per le scale.  
- Presto, poggialo sul letto!
Castiel.
Il pensiero si fece sempre più ossessivo facendosi strada tra le altre supposizioni e le battute ironiche.
Che avesse davvero trovato il modo di restare in vita?
Dean si avvicinò all’angelo per accertarsi delle sue condizioni e seguendo un gesto involontario ne controllò il respiro e il battito.
- Figlio di puttana! Respira?!
Era meravigliato ma allo stesso tempo particolarmente accigliato e con quella strana espressione sul volto posò lo sguardo sul fratello che, dall’alto della sua altezza, sgranò gli occhi.
Dean sperò intensamente che gli angeli avessero bisogno di respirare, mentre gli ritornava alla mente che, di fronte ad un altro corpo esangue e in treanch coat, aveva sperato esattamente il contrario.
Aveva bisogno di Castiel. Aveva bisogno di togliersi uno dei tanti macigni dal cuore.
Il respiro, dapprima lento e delicato, si fece però sempre meno profondo e regolare.
 
     L’angelo, stordito dal rumore dei propri battiti, riaprì improvvisamente gli occhi avvertendo un incontrollato bisogno di ossigeno. Arcuò la schiena e portò le mani alla gola quando percepì che i continui aspiri d’aria non gliene concedevano abbastanza.
- Calma, calma, calma - ripeté la sfocata figura umana che le stava di fronte. Avvertì di nuovo quella fonte di calore e allungate le mani verso di lui, gli si avvicinò il più possibile, poggiando la testa contro il suo petto, ascoltandone il lineare e spontaneo movimento.
Provò in quel modo a regolare il respiro e il battito del cuore.
Non era minimamente preparato ad affrontare tutto questo, pensò mentre tentava di salvarsi la vita, di nuovo.
 
Perché Castiel avrebbe dovuto abbracciare Sam? pensò subito Dean.
Sam fu felice di rivedere quegli incantevoli occhi ancora una volta. Si perse nello spicchio di luna blu e provò una sensazione così bella nel momento del timoroso abbraccio da non volersi più staccare da lei.
- Ma che sta succedendo? - sbottò il terzo incomodo, stanco di restare a guardare quella romantica scena da film - Sam!? - provò a chiamarlo per svegliarlo dallo stato di trans in cui sembrava essere piombato all’improvviso. Rimase poi imbambolato di fronte all’espressione di serenità comparsa sul volto del fratello.
Riusciva a percepire la sua emozione come se la stesse vivendo direttamente: era schifosamente rassicurante. Tutto gli sembrava così perfettamente ordinato, limpido e puro come durante l’incubo in cui aveva visto quella luce per la prima volta.
Così, pochi minuti dopo, anche Sam cambiò di colpo espressione manifestando terrore e agonia.
- SAM!
Dean  piombò su di lui per allontanarlo dalla pericolosa entità luminosa rinchiusa in quel corpo da innocente.
Il minore barcollò, fece piccoli passi indietro e si accasciò poi a terra tremante di dolore.
Il cuore di Dean si arrestò per poi ripartire all’impazzata.
La sua speranza di rivedere Castiel morì all’istante.
Con furia il cacciatore si scagliò contro quel maledetto angelo per renderlo inoffensivo.
Un solo, deciso destro bastò.
 
Il litigio con Dean in auto. La voce di Lucifero nella sua testa. L’invasione di demoni. Dean torturato all’Inferno. Ancora litigi con Dean. Dolore. Fuoco. Lucifero. Ghiaccio. Michele. Bobby muore. Castiel muore. Leviatani. Apocalisse. Gli angeli. Dean muore innumerevoli volte. I sigilli. Lilith. Sangue di demone. Ruby. Il demone dagli occhi gialli. La colt. Papà muore. Jessica muore. Le visioni. Dean. I motel. Litigi con papà. L’università.
 
    L’angelo si risvegliò con le mani legate dietro la schiena. Era bloccato su di una costruzione in legno. Provò a divincolarsi, ma la solida stretta logorava i polsi del tramite ad ogni suo movimento.
Dove si trovava?
L’aria era più calda e l’ambiente più luminoso.
Si sforzò di mettere a fuoco.
E che cos’era accaduto? pensò pervaso dalla smania di ripulire il fastidioso rivolo di sangue che bagnava  labbra e mento. Smania alla quale doveva inspiegabilmente sottostare.
- Ce ne hai messo di tempo…
Non capì ciò che quella voce aveva pronunciato e nemmeno da quale direzione provenisse. Sentiva solo un suono rauco fatto di parole che non riusciva a comprendere.
Poi lo vide apparire a un palmo dal suo viso, come una splendida visione.
La vicinanza ai suoi grandi occhi verdi azzerò ogni pensiero.
- …chi diavolo sei? -  scandì Dean con lo sguardo saldo come una roccia.
L’angelo avvertì il suo respiro sul volto. Lo inspirò profondamente rilasciandolo poi in piccoli soffi. Di riflesso  i muscoli si rilassarono e la mente s’annebbiò ancora di più perdendosi in una dimensione d’infinito.
- RISPONDI! Cosa hai fatto a Sam?
La voce, severa e pungente, arrivò forte alle sue orecchie facendolo ripiombare sulla Terra.
Sam, sì… era quello il nome del giovane uomo al quale si era aggrappata per sopravvivere.
- COS’HAI FATTO A MIO FRATELLO??
Allungò lo sguardo, raggiungendo la sagoma di Sam, disteso a pochi metri di distanza.
- Ti conviene rispondere se non vuoi farti male!
Osservò la fronte aggrottata, le narici dilatate e il movimento deciso delle labbra e non distolse l’attenzione da quel viso neanche quando, di colpo, si scostò. Al gelido distacco l’angelo ansimò. Notò poi che il ragazzo aveva uno strano aggeggio appuntito che si rigirava tra le mani e non capì cosa stesse per fare.
Cercò di seguirlo con lo sguardo mentre gli girava intorno, ma fu obbligato a bloccare la testa prima da una parte e poi dall’altra ogni volta che il collo non gli permetteva di andare oltre. Al terzo giro il rumore dei passi si arrestò proprio dove non riusciva a vederlo.
- Vediamo se con questo ti torna la voglia di parlare – sussurrò avvicinandosi al collo ma evitando abilmente il contatto.
Si sforzò di capire, ma non ne ebbe il tempo.
Il freddo della lama era penetrato bruscamente nella sua carne amplificando il bruciore che dietro la schiena non si era ancora interrotto.
Dean l’aveva colpito esattamente nel punto più debole. Urlò e strinse forte gli occhi dai quali fuoriuscì nuovamente quel tiepido liquido che lavò via il sangue dagli zigomi.
- Dean smettila! Dean basta!
La voce si ripeté più volte e riuscì a far cessare l’ingiusto supplizio.
L’angelo vide la figura grande e possente di Sam avvicinarsi e desiderò incoscientemente il suo tenero calore.
 
- Sam, stai bene? - disse Dean, perdendo qualsiasi interesse nei confronti della creatura.
- Si, io sto bene adesso…ma, diamine! Sembri tu quello impossessato!  
Sam era sconvolto. Non poteva credere che suo fratello avesse fatto una cosa così crudele. Si precipitò a sciogliere la spessa corda che circondando i polsi della giovane la tenevano legata ad una sedia.
Dean osservò il fratello prendere in braccio quel corpo, dirigersi verso il letto e distenderlo nello stesso modo in cui, pochi minuti prima, lui aveva disteso suo fratello.
- Sono convinto che c’è qualcosa che non va in lei ma.. – concordò Sam sedendosi per tamponarle nuovamente la ferita dietro la schiena con la sua camicia inzuppata di liquore che fino ad allora aveva fatto da rozza medicazione.
  - Ok. Mettiamo in chiaro che quella cosa potrebbe non essere una lei! - lo interruppe l’altro con sdegno.
- ..Ma… tutta quella luce…non hai pensato nemmeno per un secondo che il tramite potesse essere  ancora vivo? Che LEI possa essere viva!
No. Non ci aveva pensato. Aveva solo agito.
- Questo spiegherebbe il pianto, le urla e le ferite… - borbottò Dean tra i denti per poi voltarsi mostrando un’espressione afflitta. Se Sam aveva fatto centro, lui aveva seriamente bisogno d’aiuto. - E’ così? - provò a chiedere avvicinandosi di più.
La ragazza sussultò facendo aderire la propria schiena al petto di Sam e portando velocemente le ginocchia verso il suo. Dean riusciva a leggere la paura nei suoi occhi e nei ripetuti gemiti che accompagnavano il continuo agitarsi.
 
Si stava avvicinando di nuovo. Non appena se ne rese conto, il cuore cominciò a battere sempre più forte. Dean…perché?   
Cercò di spiegare le ali per volare via, ma non ci riuscì.
 
- Ovviamente l’hai spaventata!
- Oh! Allora perché non provi tu a farla parlare? - s’indispose Dean.
Sam non si era ancora completamente alzato dal letto che la ragazza gli afferrò un polso con una forte stretta.
 
- Non me ne vado, non preoccuparti.
La sua voce, soffice e delicata riuscì a rassicurarla.          
- Mi dispiace tanto per quello che ti ha fatto Dean. Lui è solamente…è stato solo un grosso sbaglio. Non devi più aver paura di lui, perché non ti farà più del male. Te lo prometto. - continuò Sam rannicchiando le lunghe gambe contro il letto e stringendo con la mano libera quella che la ragazza aveva usato per bloccarlo.
Dean, indignato, si avvicinò al centro della stanza e rigirò la spalliera della sedia verso il letto per poggiarci su le braccia.
Questa volta non voleva proprio perdersi la scena.
 
- Dimmi, come ti chiami?
Sam Winchester stava chiedendo il suo nome.
L’angelo gli lasciò il polso, abbassò lentamente lo sguardo seguendo i contorni definiti del suo petto e rimase concentrato per alcuni secondi, durante i quali regnò il silenzio.
 
- Ha…Hani…el - rispose poi a fatica.
- Sei un angelo allora? -  chiese subito Sam non appena aggiunse l’ultima sillaba.
- No… - rispose timidamente – arc…angelo – disse alzando di colpo lo sguardo.
Dean osservò gli occhi di quell’essere puntare su di lui e deglutì per la loro improvvisa e sorprendente luminosità. Subito dopo fu pervaso da un brivido di amarezza e delusione.
 
- Che cosa ti è successo, Haniel? - domandò ancora Sam.
Haniel rispostò lo sguardo sul Winchester più vicino e scosse forte la testa.
Per allontanare Dean aveva funzionato.
 
 - Puoi fidarti di noi
Sam cercò di essere il più convincente possibile, ma non servì a risolvere la questione.
L’arcangelo riprese a gemere pian piano.
Dean si alzò dalla sedia e si avvicinò ai due.
- Può bastare Sam… - disse poggiando una mano sulla spalla del fratello invitandolo a tirarsi su - almeno adesso abbiamo un nome - sentenziò leggendo l’angoscia nei delicati lineamenti della ragazza.
Qualcosa gli diceva che in qualche modo anche quella doveva essere una tortura. 
Sam acconsentì e seguì Dean all’altro angolo della stanza.
- Che cosa dovremmo fare adesso? - iniziò Sam.
- Niente…voglio dire…non lo so! Prima della tua interpretazione da Oscar l’avrei sicuramente ucciso…o uccisa…come ti pare!...e invece ora…insomma guardala…sembra solo una stupida bambina indifesa! - si esasperò l’altro tremendamente confuso e maledettamente dispiaciuto perché le cose non erano evolute come lui aveva sperato.
Sam si girò verso l’arcangelo e lo vide dondolare con il viso affondato tra le ginocchia flette al petto, un po’ avanti e un po’ indietro, un po’ a destra e un po’ a sinistra.
- Per lo meno possiamo dire che non è un pericolo… - pronunciò incautamente.
- Hai sbattuto un po’ troppo forte la testa quando sei caduto? Quella cosa lì ti ha steso con la sua spada laser invisibile e tu sei rimasto incosciente per ore! - esclamò subito Dean fissando il fratello in attesa di una spiegazione.
- Deve aver risvegliato in qualche modo i ricordi della mia anima. Anche se effettivamente non mi ha conficcato alcun braccio nel torace - rivelò Sam ricordando lo strazio provocato da Castiel al povero bambino che aveva barattato la sua anima per un pezzetto dell’armeria del Paradiso.
- Ho bisogno di una birra.
Dean si diresse verso l’uscio della porta.
- Credo che dovremmo curarla - dedusse Sam sorprendendo la ragazza a leccarsi le ferite sulle braccia come un gatto.
- Comincia pure Sam! Stai attento a non farti fare di nuovo l’animoscopia, perché… - rispose Dean voltandosi prima di uscire - …ookay, ho visto abbastanza - aggiunse quando comprese il motivo per cui Sam si era preoccupato d’intervenire. 

 

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Capitolo 3
*** Incredibile ***



Capitolo III


Incredibile

 
Non era Castiel.
Figlio di puttana.
Haniel. Un altro fottutissimo arcangelo.
- Ma dove corri, coglione! - gridò Dean distendendo bruscamente il braccio sinistro fuori dal finestrino dell’Impala contro il quale era appena sfrecciato un grosso Gip che si era portato via anche lo specchietto retrovisore. Come se non fosse già abbastanza nervoso.
Il Winchester aveva gentilmente concesso al fratellino di occuparsi del nuovo problema con le ali e si era messo alla ricerca di un supermercato dopo aver cercato invano qualcosa di commestibile nel motel.
Nella peggiore delle ipotesi si sarebbero fermati lì per un paio di giorni.
Svoltò alla fine della strada e parcheggiò stizzito. Appena messo un piede fuori dall’auto, sentì la canna di una pistola fare pressione dietro la sua schiena.
- Hai scelto la persona sbagliata e nel momento sbagliato - pronunciò con tono stranamente calmo prima di disarmare facilmente quel giovane ladruncolo in tuta grigia - la mia piccola non si tocca! - concluse mentre faceva partire un pugno dritto nello stomaco dell’adolescente.
- No! Non mi colpire, ti prego, ho solo bisogno di soldi…- frignò il ragazzo apparendo completamente innocuo.
- Mio padre ha appena perso il lavoro e ho un fratellino piccolo e.. e quella è la sua pistola giocattolo! -   Dean allargò le braccia incredulo lasciando che quel ladro improvvisato scappasse via a gambe levate e s’incamminò verso l’ingresso del supermercato col passo di un orangotango a corto di banane. Entrato, cominciò a girare per gli scaffali e dopo qualche minuto giunse alla cassa sbirciando il giusto percorso tra la massa di scatole, barattoli e bottiglie che teneva tra le braccia.
- Sam avrebbe preso il carrello. Il carrello è roba da femminucce - brontolò tra le labbra appoggiando tutto sul tappeto scorrevole dietro il quale ridacchiava divertita una giovane e bella cassiera. Mentre la guardava a Dean sembrò particolarmente sollevata, come se non le capitasse di ridere così da un bel po’ di tempo.
Ma cosa gli passava in mente? Cosa ne poteva sapere lui della vita di quella cassiera?
Le dedicò un sorriso forzato prima di tirare fuori dal portafogli  la falsificata carta di credito.
 
 
   Sam Winchester ce l’aveva fatta.
Si sollevò dalle gambe dell’arcangelo, sulle quali si era poggiato per bloccarne i frenetici calci e si gettò a peso morto sulla sedia. Ricucire quei lembi di pelle così corrosi era stata un impresa davvero ardua.
Si voltò verso Haniel che, stremata, se ne stava immobile con la faccia conficcata nel cuscino e si domandò se avesse agito nel modo giusto.
Per un attimo aveva pensato di smettere, spinto delle urla disumane che l’angelo aveva emesso, ma il secondo dopo si era impegnato perché il lavoro finisse il prima possibile provocandole probabilmente ancora più dolore.
Sam si alzò improvvisamente e indietreggiò verso il fondo della stanza fino a sentire il parato vecchio e ruvido dietro la schiena. Conquistata l’intera visuale della stanza, si guardò intorno terrorizzato all’idea di trovarsi nuovamente faccia a faccia col diavolo, ma non scorse alcuna traccia di quegli scavati occhi color ghiaccio.
Strano, pensò, rispostando a poco a poco l’attenzione sulla ragazza. Più volte durante l’operazione aveva sperato di sentire il rombo dell’Impala e quindi di ricevere l’aiuto del fratello. Guardò l’orologio. Era sera ormai e di Dean nemmeno l’ombra. Decise di telefonarlo.
- Ti voglio bene anch’io, Sammy. Fai in modo che le tue chiappe restino al sicuro! - gli rispose la voce registrata.
Sam liberò un sorriso pensando di essere sulla buona strada per mettere fine ai soprusi della sua anima.
Doveva raccontare tutto a suo fratello.                                                                                            Sentirne nuovamente il bisogno era incredibile.
 
    Anche Sam voleva ucciderlo.
Haniel cominciò a pentirsi di essersi rinchiuso in quel tramite. Era diventato debole, spento, inutile.
Se solo avesse avuto scelta.
Strinse le palpebre facendo giungere nuovamente quel liquido salmastro fin sulle labbra e affondò ancora di più la testa su quel morbido oggetto rischiando quasi di affogare.  
Incredibile quanto potesse essere fragile un corpo umano.
 
    Il Winchester entrò spalancando la porta della camera 19 così forte che questa tornò a chiudersi dopo essere sbattuta contro il muro.
- Dean! Ma dove sei stato?
- Hanno bloccato la strada per uno stupido incidente d’auto che avrà coinvolto una decina di auto! Non chiedermi più nulla perché ho già speso tutte le mie migliori imprecazioni. Sono stanco e affamato - rispose frugando tra le buste della spesa senza degnarlo di uno sguardo.
- D’accordo
- Che mi dici dell’arcangelo? - chiese sottolineando l’ultima parola con fare canzonatorio prima di addentare un sandwich e stappare una birra.
- E’ ancora sotto shock - constatò il minore, provando a destarla.
In realtà voleva sapere se Sam avesse scoperto qualcosa in più grazie alle sue brillanti ricerche, ma non riformulò la domanda.
- E tu, in un intero pomeriggio, non hai avuto il tempo di darti una ripulita e di rivestirti! - esclamò sbigottito nel ritrovare macchie di sangue spalmate ad opera d’arte sulle braccia e sul petto ancora nudo del fratello.
- Sta’ zitto! Non hai idea di che strazio sia stato… la sento ancora urlare… - impallidì Sam.
- Ma perché non ci vai adesso, invece di restare imbambolato?!
Ma perché continuava a fissare quel corpo?!, aveva pensato invece.
Sam non poté che dargli ragione, ma a Dean sembrò ancora parecchio turbato all’idea di doversene allontanare.
- Ci sono qua io adesso – insisté il maggiore cercando in quel modo di convincerlo, nonostante restare a fare la guardia ad un arcangelo fosse l’ultima cosa che avrebbe voluto fare.
Sam gli dedicò una serena espressione di approvazione e si chiuse in bagno.
Pur essendo ricoperto di sangue, con un’andatura trasandata e la chioma spettinata, suo fratello non mostrava più quei segni di angoscia e terrore che inquietavano anche lui.
Che stregoneria era mai quella?
Dean si ritrovò a fissare quel corpo disteso a pancia in giù come se potesse dargli una risposta.
L’infermiera Winchester aveva fatto proprio un bel lavoro: non c’era più nessuna traccia di sangue su quella pelle chiara, ricoperta da un numero di fasce, superfluo per l’entità delle ferite, rispetto alla benda appositamente creata per coprire la schiena all’altezza delle clavicole e ben fissata anche sulle spalle.
Non aveva mai visto Sam avere così tante premure per qualcuno estraneo alla sua famiglia.
Dean ripercorse ancora una volta con lo sguardo le aggraziate curve di quel corpo seminudo divenuto il tramite di un arcangelo.
Non sapevano ancora nulla sul suo conto ma, che fosse pericoloso oppure innocuo, non importava.
In ogni caso non sarebbe riuscito a fidarsi di lui.
L’aveva già provato con Castiel: un estraneo finisce sempre per tradire.
Il Winchester sperò di sbagliarsi - se Sam si era già affezionato, forse l’arcangelo meritava di avere un’occasione - ma il battito accelerato del suo cuore non volle sentire obiezioni.
Decise di smettere di pensarci e di finire un altro triste sandwich.
 
    Haniel concentrò le poche energie per muovere i muscoli.
La gola ardeva e lo stomaco si contorceva.
Mugolò quando facendo forza sulle braccia, queste tremarono finendo per farlo cascare con il fianco destro su quel suolo duro e freddo. Proprio con quello che gli stava dando più problemi.
Avrebbe gridato aiuto, se solo ne avesse avuto la forza.
Ma chi l’avrebbe aiutato? Non di certo Dean. E neppure Sam.
Doveva andare il più lontano possibile dai Winchester. Ma forse prima doveva trovare dell’acqua.
Avanzò aiutandosi dapprima solo con i gomiti e poi anche con le ginocchia quando si rese conto che la pelle non strusciava facilmente ma si attaccava al suolo rendendo il tutto ancora più complicato.
 
Dean restò a guardare l’arcangelo fin quando si rese conto che da solo non sarebbe riuscito ad alzarsi in piedi.
- Cos’è? Hai saltato le prime lezioni di “Come usare il proprio tramite”? - lo schernì accovacciandosi per tirarlo su. Il cacciatore cercò di essere abbastanza delicato nei movimenti  nonostante considerasse piuttosto ridicolo il suo attuale stato di convalescenza.
 
Haniel si sentì avvolgere dal suo calore.
Era piacevole. Era umano. Era incredibile.
Il corpo che occupava cominciò a tremolare e Haniel si abbandonò alla sua presa pur sapendo di non essere al sicuro nemmeno tra le sue braccia.
Tra le braccia del suo Dean.
 
Il ragazzo lo riportò a sedere sul letto e questo cominciò a muovere le braccia in un disperato tentativo di difesa.
- Calma. Calma! Non voglio torturati questa volta - gli disse mettendosi a debita distanza.
L’arcangelo si placò e Dean si soffermò a studiarne il volto: nessun accenno di rughe o di occhiaie. La ragazza doveva avere più o meno la stessa età di suo fratello. Chissà se la poverina aveva avuto scelta o se invece era rimasta intrappolata nelle cazzate angeliche che tutti chiamano comunemente “destino”.
- Cos’è stato? Si è ripresa?
In un secondo la voce in lontananza di Sam si tramutò in presenza.
Il maggiore sgranò gli occhi nel vedere suo fratello sinceramente contento: erano mesi ormai che non lo vedeva sorridere. Con un gesto veloce Sam si sistemò la criniera semi-asciutta prima di appoggiare una sua camicia sulle spalle della ragazza.
- Ha detto qualcosa? – chiese.
- Non ti sei perso nulla - rispose Dean passandogli la birra dalla quale aveva appena fatto un sorso.
 
Haniel allungò entrambe le braccia verso quello strano contenitore d’acqua. C’era quasi. Ma Dean lo avvicinò velocemente a sé.
Come poteva..?
Alzò a malapena le palpebre.
 

- Vola basso, gabbiano!
- Prima piange, poi urla, ora ha sete… - cominciò Sam acciuffando la bottiglia dalle mani di Dean e ripercorrendo i pochi passi che lo separavano dal bagno.
- Ma lascia almeno che…
Troppo tardi: Sam aveva già gettato la birra nel lavandino.
- E’ tutto così…strano -  disse riflettendo ad alta voce.
- Tu dici?
- Ecco, bevi. Non sarà granché ma è il meglio che sono riuscito a fare - continuò, di ritorno, avvicinando la bottiglia di vetro alla bocca della ragazza.
Haniel accidentalmente cominciò a tossire.
- Non tenerla troppo in alto…così, così va meglio - pronunciò timidamente portando la bottiglietta all’altezza giusta perché non fuoriuscisse troppa acqua.
Dean alzò gli occhi al cielo tornando a sedere sul letto attiguo a quello sul quale stava avvenendo la scena più imbarazzante che avesse mai visto.
 
Haniel poggiò entrambe le mani intorno quella grossa del Winchester.
Qual era la parola giusta? Si sforzò di ricordare prima di lasciarla andare.
- Grazie… - pronunciò lentamente con un filo di voce.
I cacciatori si scambiarono una fugace occhiata d’intesa.
- Haniel, dicci qualcosa in più su di te. Per favore - iniziò Sam.
- Io non…
Haniel spinse forte le dita contro il proprio collo mentre questo tremava nel produrre quel suono.
- Non sai parlare?
Dall’espressione sul volto della ragazza Sam seppe di aver fatto centro.
- Fantastico! - esclamò Dean con tono sarcastico.
- Però riesci a capire. Come? – chiese gentilmente Sam.
- Castiel
L’arcangelo pronunciò quel nome in modo così tenero e fluido da far venire la pelle d'oca.
Incredibile quanto spesso nelle ultime ore Castiel era spuntato nella sua mente, pensò Dean.
- Cosa dovremmo fare adesso!? Sai benissimo che non possiamo fargli da balia, giusto? Ci sarebbe solo d’intralcio!
Il maggior s’impegnò ad usare un tono che lo facesse sembrare meno indispettito di quanto in realtà fosse.
- Lo so, Dean. Ma…lasciami spiegare…
Sam prese a passeggiare nervosamente per la camera guardando di striscio l’espressione seria del fratello.  
- Io…credo…insomma…di sentirmi meglio in sua compagnia.
Sam non riuscì a dirgli altro. Non riuscì a menzionare Lucifero.
- Questo l’ho notato anch’io - sentenziò atono.
- Non pensi che sia ridicolo? Non pensi che… ? - chiese sorpreso il minore seguendolo con lo sguardo.
- No. Vi lascio soli. Buona notte.
 
   Anche se tutte le altre camere del motel erano vuote, Dean si diresse verso l’ultima stanza del corridoio. Avrebbe voluto trovarsi ancora più lontano dalla crocerossina e dal muto alato, ma quello gli sembrò un buon compromesso.
Ovviamente aveva mentito: tutta quella situazione era completamente ridicola e il sol pensiero di dover passare ancora del tempo con quel disgraziato incidente lo rendeva molto nervoso.
Ma ancora una volta si sarebbe messo da parte per il bene di suo fratello.
Se avere un arcangelo tra i piedi comportava la serenità di Sam, avrebbe potuto sopportare questa convivenza forzata.
Si spogliò dei vestiti e si distese su l'unico lettone della stanza sperando di riuscire perlomeno a rilassare i muscoli.
 

 

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Capitolo 4
*** Buongiorno ***



    Probabilmente si stava immaginando tutto.
Il suo desiderio di avere un corpo umano doveva averlo spinto al limite questa volta.
Tra 6 miliardi di persone sulla Terra…incontrare proprio i Winchester! E poi…riuscire a “sentire”…Pff! Lo sapevano tutti in Paradiso che era ormai vietato da millenni…
Doveva aver completamente  perso  il senno.
Il comportamento dei Winchester doveva essere una messa in scena influenzata da ciò che dicevano sul loro conto. E anche quello che era successo con i suoi fratelli doveva essere tutto frutto della sua disperata invenzione.
Sì, non c’era altra spiegazione.
Haniel si fece trasportare dalle sue fantasie fin quando, d’un tratto, il ragazzo dai bei capelli castani si mosse liberando un mediocre profumo di gelsomino.
 
Quando Sam riaprì gli occhi nella penombra della stanza si ritrovò quelli dell’arcangelo puntati su di lui.
Haniel lo stava scrutando dalla fessura che aveva creato avvolgendosi, fin sopra la testa, con la sua camicia a quadretti azzurri. Sembrava un vigile e curioso animaletto domestico.
- Buongiorno - disse Sam tirando giù la camicia, che prese a scivolare lungo il collo della ragazza.
Lei strizzò gli occhi dedicandogli un’espressione arricciata. I lunghi capelli scuri si erano leggermente elettrizzati al contatto con la stoffa e il labbro e la guancia sembravano meno gonfi.
- E’ un saluto. Quando incontriamo un’altra persona siamo soliti augurarle un buon giorno e l’altra persona educatamente ricambia facendo lo stesso - spiegò per rompere il silenzio.
- Buongiorno - disse lei rilassandosi in volto.
Sam la guardò compiaciuto. La sua voce era ancora rauca, forse aveva bisogno di riscaldarsi un po’.
- Ti va di farlo ancora?
- Buongiorno - ripeté subito.
- No, no - rise -  segui me, ok?
 
Haniel vide i denti del ragazzo scoprirsi velocemente e due fossette  formarsi ai lati della bocca. Gli occhi mostrarono una luce diversa mentre un piacevole suono echeggiava nell’aria.
Gli umani hanno in serbo tanta bellezza. Forse è per questo che gli si perdona sempre tutto.
Quelle parole si evocarono dai suoi ricordi riportando alla luce momenti del suo passato.
Diverse sensazioni si mescolarono all’interno di quel corpo che sembrava conquistare inspiegabilmente sempre più autonomia.
 
Il Winchester tirò fuori dal borsone la sua agenda. Adocchiò anche un paio di jeans e li infilò velocemente.
- Queste che sto per mostrati sono le lettere che usiamo per formare le parole - disse poi spedito scrivendo frettolosamente l’alfabeto - Prova a dirmi qualcosa che inizia con la lettera “A”.
Indicò la lettera e guardò teso l’arcangelo.
- Arto - pronunciò dopo un po’ gesticolando verso il braccio con la stessa eccitazione con cui un bambino farebbe vedere alla maestra d’asilo il suo disegno.
- Perfetto! - esclamò Sam contento - Continuiamo con la lettera “B”.
 
Haniel percepì un senso di leggerezza evadere dai pori della pelle che spinse le sue labbra ad imitare quelle del ragazzo.
 
Sul volto dell’arcangelo spuntò un sorriso talmente maestoso che lo fece sentire un misero uomo al cospetto di una gemma celestiale.
- Battito
- E..esatto. Lettera “C”.
L’imbarazzo di Sam sembrò non avere alcun effetto su di Haniel che continuò a fare piccoli saltelli agitandosi con la schiena.
- Cuore…calore
- Magnifico! L’altra è la lettera “D”
La ragazza si arrestò improvvisamente e guardò verso la porta.
- Dean
Abbassò a poco a poco lo sguardo e prese a mordicchiarsi il labbro inferiore. 
In quell’istante si sentì bussare alla porta.
Di sicuro non era suo fratello.
- Signor Long? E’ lì dentro vero?
Dylan Long era il nome segnato sulla sua finta carta d’identità.
Era stato Dean ad occuparsene: diceva che era divertente e facile da ricordare.
- Posso entrare?
La voce era quella pacata del proprietario del motel.
- Sì, ha ragione. Abbiamo prenotato per una sola notte e per due persone e invece…
- Non sono venuto per i soldi!
Il vecchio avanzò sorridendo con un tono scherzoso di rimprovero. Aveva tra le mani un vassoio porta-colazione di legno con sopra un piatto di uova strapazzate e un bicchiere di succo di frutta.
Era rilassato e ben vestito. Sembrava decisamente un’altra persona.
- Buongiorno - disse Haniel osservandolo con interesse.
Sam accennò un sorrisetto.
 - Ah, buongiorno a lei, signorina. Io sono James Walker - si presentò col baciamano dopo aver poggiato con cautela il vassoio accanto alla ragazza.
- Lei è…- il cacciatore avrebbe dovuto inventarsi un nome, ma preferì non complicare troppo le cose - …Haniel
- Come si sente, Haniel?
- Buongiorno - rispose lei con lo stesso tono che aveva usato un attimo prima.
Sam rise di nuovo.
- Vuole dire che è tutto okay.
- Sono contento! - si voltò verso Sam - quando vi ho visti rientrare non stava affatto bene. Così sono uscito e le ho comprato dei medicinali!
Il proprietario gli allungò una bustina trasparente.
- Ehm, grazie… - disse il ragazzo confuso e sorpreso da tanta premura.
- Ha fame? - continuò il vecchio rivolgendosi ancora ad Haniel - le ho portato la colazione. Anche se siamo un tantino fuori orario per chiamarla colazione… - sghignazzò.
- Fuori orario? - gli domandò Sam.
- Sì beh, sono quasi…le due! - rispose l’altro controllando l’orologio sul polso.
Il cacciatore soffermò solo adesso l’attenzione sulle imponenti tende della finestra della camera. Erano ancora chiuse dalla sera prima e lasciavano penetrare poca luce. Le aprì per avere la prova schiacciante delle sue parole.
Quella notte aveva aspettato che Haniel si addormentasse, ma erano passate solo un paio d’ore prima che ciò accadesse. Possibile che avesse dormito così tanto?
- Ha visto l’altro ragazzo che era con noi? - chiese ancora affacciato quando si accorse che l’Impala non era più parcheggiata accanto l’entrata.
- Sì, l’ho visto uscire questa mattina. Non ho avuto modo di parlargli però.
Perlomeno aveva avuto il buon senso di fermarsi a riposare.
Sam riportò all’interno della stanza lo sguardo pensieroso che si tramutò subito in sgranato non appena cadde su di Haniel, che a gattoni sul letto, annusava con cautela il contenuto del vassoio.
- La ringrazio signor Walker, è stato molto gentile.
Cercò di congedare così il proprietario.
- Chiedete pure di me se avete bisogno.
Il vecchio uscì non prima di aver regalato ad Haniel un altro grosso sorriso.
 
Un profumo l’aveva riconosciuto: era l’arancia. L’altro, invece, era completamente nuovo.
L’arcangelo si avvicinò ancora un po’.  
- Haniel…
La voce di Sam gli fece perdere la concentrazione e finì con l’immergere il naso in quella poltiglia bollente.
- Auh
 
- Non è così che si fa.
Il cacciatore l’aiutò a tornare seduta e le asciugò con un fazzoletto il cibo rimastole attaccato sul naso.
- Si prende il cucchiaio e si porta alla bocca. Se è troppo caldo ci puoi soffiare un po’ su…così!
Le mostrò come fare assaggiando un boccone.
Per fortuna Dean non era lì a guardare altrimenti gli avrebbe ricordato ridendo quella scena per i prossimi giorni della sua vita.
Le diede il cucchiaio e si allontanò alla ricerca del cellullare.
Dopo un paio di squilli suo fratello rispose.
- Sam, tutto bene lì?
Il minore ricevé anche il rumore dell’Impala.
- Sì. Dove sei? - gli chiese serio.
- Nessuna visita dall’ Inferno?
Dean aveva dormito poco e il restante tempo prima di partire l’aveva impiegato a riflettere su cosa fare. L’idea che suo fratello potesse essere preso ancora di mira dai trucchi di Lucifero era ciò che, sulle prime, lo aveva spinto a non allontanarsi da quel motel.   
- No
- Altri corti circuiti causati dalla lampadina?
Il timore di ciò che avrebbe potuto scatenare quel nuovo arcangelo era l’altro motivo per cui si era sentito combattuto.
- No Dean, dove sei? - insisté Sam.
Il suo tono non era affatto arrabbiato, ma conscio, constatò il maggiore rilasciando un respiro più profondo.
Sapeva che suo fratello avrebbe compreso la situazione.
- A lavoro, fratellino. Ho letto di una serie di morti improvvise a Boonville e ho pensato di farci un salto.
L’immagine fiera di suo fratello al violante si disegnò nella mente di Sam.
- Che cosa diceva?
- L’articolo parlava di 5 annegamenti nel fiume Missouri avvenuti la scorsa notta.
- Nient’altro?
- Nient’altro…dovrò scoprirlo da solo.
- Chiamami, ok?
- Certo, se avrò bisogno di noiose ricerche...
- No chiamami e basta - lo interruppe - voglio essere sicuro che vada tutto bene.
- Okay.
Dean accompagnò un sorriso alla chiusura della chiamata.
L’insopportabile angoscia che si portava dentro d’ora in poi sarebbe stata solo un altro brutto ricordo da aggiungere alla collezione. Non aveva più ragione di preoccuparsi di vedere sopraggiungere la fine: suo fratello sempre più consumato e il loro rapporto, ridotto in briciole, destinato a scomparire per sempre insieme alla vita di uno dei due.
Non aveva più ragione di preoccuparsi perché finalmente Sam era tornato.  
Dean sentì l’eccitazione scorrergli nelle vene pensando a quanto duramente aveva lottato contro il tormento e la paura e a quanto dolce fosse adesso il sapore della sua vittoria.
Prima di lasciare St. Joseph, non aveva creduto ai suoi occhi quando, entrato nella stanza 19, aveva visto suo fratello dormire beatamente. A causa di quel figlio di puttana di Lucifero, infatti, quelli di Sam erano diventati riposi sempre più brevi e discontinui.
Per una buona mezz’ora era rimasto lì, seduto sulla sedia accanto al suo letto.
Gli era mancato. Cazzo, se gli era mancato!   
 
     Sam Winchester si portò via quegli oggetti, ormai vuoti.
- Senti un po’, ma la schiena non ti fa più male? - gli disse ancora distante.
La schiena…cosa?
Haniel ricordò le urla e le lacrime e percepì un fremito proprio lungo la schiena.
- Posso controllare? Forse non hai più bisogno delle bende.
Il ragazzo si voltò e lo guardò intensamente.
Quello non poteva essere lo sguardo di qualcuno che voleva ucciderlo.  
- Fidati, questa volta non ti farò urlare.
 
Il ragazzo fece attenzione a non scoprirle del tutto il seno e si allungò oltre la spalla sinistra per controllare la ferita: era ancora molto arrossata. Mentre con una mano le reggeva la benda sul petto, con l’altra scaraventò fuori il contenuto della busta dei medicinali e trovò proprio quello di cui aveva bisogno. Svitò la bottiglietta e con il contagocce sparse il disinfettante sulle cuciture.
Haniel si scosse leggermente.
- Sì…è un po’ freddo, però cerca di restare ferma.
Le rifasciò, infine il busto con la stessa benda.     
- Ecco fatto! Servirà ancora del tempo per guarire, ma almeno così siamo sicuri che non prenda infezione.
Sam continuò con lo slegare le stoffe bianche che aveva arrotolato in alcuni punti delle braccia e delle gambe dell’arcangelo.
- Le piccole ferite guariscono presto e hanno bisogno di respirare.
 Non riusciva a non dirle tutto ciò che gli passava per la testa ora che aveva avuto la certezza di poter conquistare con delicatezza e premura la sua fiducia.
Che fosse una creatura angelica l’avevano scoperto la notte dell’incidente, ma che non fosse una semplice ragazza lo poteva dedurre dai suoi comportamenti decisamente poco umani.
Anche in quel momento poteva intuire dalle sue lievi inclinazioni della testa che stava seguendo tutti i movimenti che faceva per srotolarle le bende.
Quando ebbe finito si fermò un istante a guardarla.
Una cosa era certa: le era debitore e non avrebbe smesso di offrirle tutto il suo supporto.
Il pensiero ritornò allo stato indecente in cui era giunta la sua esistenza un attimo prima di incontrarla.
- E’ stata una vera fortuna averti trovata, Haniel - bisbigliò perdendosi nei suoi occhi bicolore.
Di risposta l’arcangelo posizionò pian piano i polpastrelli sulle sue guance.
- Le tue gote sono rosse
L’espressione e il tono erano quelle di un piccolo scienziato di fronte alla sua prima scoperta.
 
 
 

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Capitolo 5
*** Tristezza e Rabbia ***




Capitolo V 

    Dean si accomodò sul divano del sofisticato salotto arancione di casa Brown.
Eveline Brown, una donna bionda sulla quarantina, era seduta di fronte a lui.
Nonostante si fosse presentato come agente dell’FBI e fosse entrato per indagare sulla morte del marito, lei aveva insistito perché gli preparasse del té.
Forse le era servito del tempo per metabolizzare.
O forse era semplicemente una patita del té delle 5 di pomeriggio. 
- Mio marito era un celebre chirurgo, un uomo molto amato dai suoi colleghi e dai suoi amici del golf… - disse nascondendo parte del volto dietro la lunga tazza.
Per educazione Dean avvicinò a sé l’altra tazza poggiata sul decorato vassoio di porcellana al centro del tavolino.
- Sarebbe stato un ottimo padre...se solo avesse potuto - aggiunse con voce tremolante.
- Che vuole dire con “se solo avesse potuto”, era forse sterile?
La donna si chiuse in sé e Dean sorseggiò il suo tè.
- Non lui – rispose poi a fatica.
Il Winchester percepì l’opprimente senso di colpa della donna e cambiò prontamente discorso per attutirlo.
- Mi racconti cos’è successo la scorsa notte.
- Nulla di insolito. Christian era uscito per recarsi a lavoro.
La sua voce cominciava a farsi sempre più stridula.
Dean allora le fece la stessa domanda che aveva posto alle altre 4 famiglie.
- Conosceva le altre persone decedute in quel fiume?
- No, non le avevo mai viste prima…io davvero non capisco…diceva di amare il suo lavoro e diceva di amare me…
Come una scena di un film che si ripete, anche la signora Brown pianse incessantemente.
- Mi dispiace molto: rispondere alle mie domande il giorno dopo la morte di suo marito deve essere difficile, ma c’è ancora un’ultima cosa che ho bisogno di sapere.
Il cacciatore aspettò che la donna gli desse un piccolo segno di ripresa. 
- Ultimamente ha notato qualcosa di strano? Christian le ha raccontato di aver visto o sentito qualcosa?
La risposta negativa di Eveline fu abbastanza convincente.
La ringraziò per l’indesiderato thé e, appena fuori dal cortile, telefonò suo fratello.
- Ahn Dean…
Un sottofondo incomprensibile di voci accompagnava quella sfuggente di Sam.
- Hey, cos’ è quel tono vago?
- Ma niente, è solo…In cosa posso esserle utile signore?
La voce squillante di una ragazza interruppe il suo blaterare confuso.
- Mi scusi, sono libera adesso, che tipo di abbigliamento devo cercare?
 
La commessa si avvicinò al Winchester con tutta l’ intenzione di essere presa in considerazione.
Il tono sorpreso di Dean non tardò ad arrivare.
- Sei in un centro commerciale!
- Ehm… beh, qualcosa di casual per la mia amica, lì davanti allo specchio…
Sam indicò Haniel mettendo in pausa la conversazione col fratello arrivata proprio nel momento sbagliato.
- Ho capito, non è molto ferrato in queste cose, non si preoccupi, è in buone mani! 
Il minore vide la commessa sparire tra le grucce di abiti femminili posizionati alla destra dei camerini.
- Non avrebbe potuto continuare ad indossare solo la mia camicia, non credi?
Il suo tono in cerca di approvazione arrivò dritto a segno.
- D’accordo, farò finta di non aver sentito nulla. Tu, invece, ascolta questo. Ho appena finito di parlare con i parenti delle 5 persone annegate nel Missouri ieri notte. In tutti i casi pare essersi trattato di un banale suicidio. Niente conti in sospeso, niente rumori molesti, niente allucinazioni o incubi, niente di niente…solo una giovane che ha partorito un bambino morto, una madre con un figlio disabile, un ragazzo omosessuale, un povero vecchio abbandonato e un chirurgo con una moglie sterile.
- Da quello che dici suppongo che non si conoscessero.
- Fratellino perspicace! Apparentemente non c’è nulla che permetta di fare un collegamento tra i suicidi.
- Quindi…che hai intenzione di fare?
- Voglio aspettare le 24 ore per conoscere i risultati delle autopsie. Sono ancora convinto che ci sia qualcosa sotto come lo è anche Marshall Smith, marito della giovane donna: l’articolo pubblicato a poche ore dall’ accaduto porta la sua firma. Appena hai finito con lo shopping tra donne, vedi un po’ cosa riesci a dirmi su Boonville. Qualsiasi informazione potrebbe essere fondamentale.
- Ti chiamo io.
Sam riposò il cellulare in tasca e tornò ad occuparsi del suo di caso che, dal momento in cui erano entrati, non aveva smesso di fissare la sua immagine riflessa.
 
Quelli erano i suoi capelli, corposi come rami di quercia.
Quello era il suo volto, rosato e prezioso come un giovane pelargonium (*).    
Quelli erano i suoi occhi, una noce e un pezzetto di cielo.
Quelle erano le sue labbra, graziose come perle.
Quelle erano le sue mani, agili come cespugli di foglie sottili mossi dal vento.
Quello era il suo corpo, da donna. Ed era fin troppo bello per essere vero.   
- Haniel, la signorina vorrebbe farti provare dei vestiti.
Anche la figura di Sam spuntò in quello strano oggetto che nascondeva la magia dell’acqua.
- Andiamo che abbiamo molto da lavorare.
 
La commessa le appoggiò le mani sulle spalle e prese a spostarla dallo specchio.
Sam si mise a sedere e lanciò un occhiolino per rassicurare l’espressione turbata che Haniel aveva un istante prima di sparire dietro le tende dei camerini.
Di sicuro adesso stava già sorridendo al suo abito preferito, pensò.
Il suo splendido sorriso era spuntato più volte quel pomeriggio: quando era riuscita a leggere tutte le parole che le aveva scritto, quando si era appoggiata a lui per provare a muovere alcuni passi e quando dopo un po’ ci era riuscita senza il suo aiuto. Non aveva potuto vederla, ma era più che convinto che avesse sorriso anche quando aveva tirato fuori la testa dal finestrino dell’auto che il signor Walker si era gentilmente offerto di prestargli per giungere ai grandi magazzini.  
Stavano imparando in fretta: lei a vivere; lui a conoscerla.
Quando la tenda si riaprì, Haniel uscì con indosso un vestito lungo che lasciava le spalle scoperte. La stoffa di un colore neutro molto chiaro appariva morbida e leggera. Pieghe sottili si prolungavano fino alla gonna e due fasce colore argento, di cui una all’altezza del girovita, le donavano freschezza e luminosità. A completare lo stile romantico: tre fiori di un colore simile all’altezza del seno.
Sam deglutì.
Quello era esattamente il tipo di abito che avrebbe disegnato pensando ad una donna-angelo..
- Ha insistito per provare questo. Non è esattamente casual, ma sembra che sia stato fatto apposta per lei…
Anche la giovane commessa sembrava non aver mai visto niente di simile.

 
    Dean arrestò il motore dell’Impala all’ingresso dell’ Harley Park e scese dall’auto.
Il sentiero molto largo che stava percorrendo andava ramificandosi a vista d’occhio in una distesa di verde molto curata. Il parco doveva essere inanimato perché tutto ciò che udiva erano versi confusi di uccelli e fruscii di foglie mosse dal vento.
Erano già tutti usciti oppure nessuno aveva messo piede lì dentro dopo quello che era successo?
Il cacciatore proseguì il cammino guardandosi intorno alla ricerca di possibili indizi che potessero aiutarlo nel risolvere il caso. In lontananza poteva già intravedere il fiume Missouri riflettere le luci del tramonto. Era tutto di una normalità spiazzante. Tutto tranne il cicalare continuo di un gufo.  

  
    Camminare era sensazionale. Ma correre lo era ancora di più.
Haniel lo aveva visto fare ad un cucciolo di uomo e non aveva aspettato molto prima di imitarlo.
Poteva creare il vento.
 
- Fai attenzione a non finire contro le persone! - le disse Sam a gran voce, carico di buste, quando la vide distendere le braccia come fosse sulla prua del Titanic.
Per fortuna gli diede ascolto e per evitare di urtare le altre persone che passeggiavano al centro commerciale iniziò ad alzare e abbassare le braccia finendo per assomigliare ad un bambino che gioca a fare l’aeroplano.
Qualche metro più avanti si arrestò davanti a una vetrina, dando il tempo al Winchester di raggiungerla.
Il suo naso era spiaccicato contro la “a” di Little Italy, attraverso cui poteva osservare una coppia gustare a turno il trancio di una margherita.
- Entriamo, forza! - esclamò Sam spingendo la porta del ristorante.
La ragazza saltellò dalla gioia facendo oscillare la gonna a fiori che portava alta in vita, sopra una magliettina a lunghe maniche con un ampio scollo ovale.
Un giovane cameriere vestito di nero li fece accomodare a un tavolo rotondo e prese le loro ordinazioni.
- Due Margherite, una birra e una pepsi - ripeté lui prima di allontanarsi.
- Dobbiamo aspettare un po’- spiegò Sam allo sguardo perso dell’arcangelo.
Il cacciatore decise quindi di approfittare di quel breve tempo per aiutare Dean. Prese il PC dal suo zaino e cominciò a navigare alla ricerca di informazioni sulla città in cui si era cacciato senza di lui, o meglio, senza di loro.
 
    Da troppo tempo gli occhi di Sam svolazzavano in ogni direzione come fossero insetti.
L’arcangelo avvertì un’ irrefrenabile voglia di acciuffarli per riportarli dritti su di sé.
Perché aveva smesso di parlargli?
- Sam - provò a chiamarlo, ma la sua voce non fu abbastanza forte - SAM!
Il ragazzo si mosse di scatto.
- Haniel! Mi hai spaventato!
La nuova espressione che vide spuntare sul suo volto gli fece bloccare il respiro. 
- Cos’è successo?
Quel tono brusco era già sparito.
Haniel dischiuse le labbra, ma riuscì soltanto a rilasciare il respiro e distogliere lo sguardo dalla sua figura.
Che cosa mai avrebbe dovuto dire?
- Non rattristarti. Non è accaduto nulla. Io ero concentrato a leggere, tu hai urlato improvvisamente ed io mi sono arrabbiato inutilmente.
Tristezza e rabbia. Ne aveva solo sentito parlare fino a quel momento.
Un profumo delizioso venne poggiato proprio sotto il suo naso.
- Grazie
- Buon appetito!
Haniel ne ascoltò solamente le voci.
- Cucchiaio?
Aveva provato a cercarlo prima di chiedere.
 
- Il cucchiaio…per il dolce. Sì…prendiamo anche il dolce.
Sam intervenne prima che il cameriere, richiamato dalla richiesta della ragazza, potesse azzardare una qualche reazione.
- Gelato alla vaniglia o al cioccolato?
Il Winchester guardò la ragazza come per cercare in lei una risposta.
- Vaniglia.
Delicata e raffinata.
Il ragazzo li lasciò soli e Sam tagliò a fette le due pizze.
- La pizza puoi mangiarla con le mani.
Haniel s’illuminò, ne prese un trancio e lo avvicinò verso di lui, imitando la coppia che avevano visto all’ingresso.
- Puoi mangiarla! E’ la tua…io ho qui la mia.
L’arcangelo l’assaggiò con un piccolo morso e dopo aver mandato giù il primo boccone continuò con morsi sempre più grandi tramutandosi nella copia esatta di Dean.
Se inizialmente si era sentito sollevato di non dover sentire le sue battutine, adesso ne avvertiva un amorevole bisogno.
Lo avrebbe voluto lì, seduto al tavolo con loro ad ingozzarsi e farsi un paio di sane risate. Anche a discapito della sua dignità.  
Quando arrivò il gelato, Sam telefonò suo fratello.   
 
- Heylà, sei ancora vivo! Cominciavo a credere di averti perso per sempre nel “favoloso mondo del fashion” - scherzò Dean imitando la voce e le fattezze di una modella. Quando il cellulare aveva cominciato a squillare era appena sceso dall’Impala e continuò a percorrere sculettando il breve tratto per raggiungere l’ingresso di un motel.
Sam, che poteva solo immaginarlo, ridacchiò.
- Diciamo che ho dovuto aspettare il momento giusto per mettermi al pc.
- L’angioletto ti ha dato problemi?
- Non esattamente…
Il maggiore, dopo aver mostrato un documento, prese le chiavi e si diresse in camera.
- Hai qualche notizia interessante?
- Boonville ha un’ottima reputazione, ha vinto per 20 anni di seguito il premio di “città per il verde”. Ha tanti parchi, tutti incustoditi: vengono lasciati aperti 24 ore su 24 perché sono di comune proprietà. Pare che ognuno si occupi di aiutare con lavoretti di cura e manutenzione. Quindi se ti stai chiedendo se ci sia mai stato qualche episodio spaventoso, la risposta è negativa!
- Che palle!
Dean lanciò lontano le scarpe che aveva slacciato e si gettò a peso morto sul letto.
- Sei ancora sicuro di non voler abbandonare il caso? Dean, guarda che se sei sparito per…
Aveva già capito dove Sam volesse andare a parare e prima che iniziasse a parlare della nuova amichetta lo interruppe.
- Se domani non avrò scoperto nulla, tornerò giusto in tempo per rovinarvi il pigiama party!
Il maggiore terminò così la chiamata.
C’era ancora qualcosa che poteva fare: godersi la serata.
Si allentò la cravatta e si spogliò della divisa per ritornare, dopo una doccia veloce, ai suoi comodi vestiti.     
 
   
     - Dove entriamo adesso Sam?
Dopo altre due ore di cammino frenetico tra i negozi, Haniel cominciò a cedere alla stanchezza e mentre ripeteva per l’ennesima volta quella domanda cascò contro il suo braccio.
- Adesso “entriamo” in auto, perché se dovessi addormentarti non riuscirei a portarti in braccio, ho già tutta questa roba… - le rispose scuotendo le tante buste che aveva tra le mani.
- Ma io non voglio addormentarmi - disse lei tornando dritta sulle sue gambe.
Sam non le aveva mai parlato usando il verbo “volere”… ma il cameriere, invece, sì!
Era davvero formidabile il modo in cui riuscisse ad apprendere così velocemente soltanto osservando quello che accadeva.     
Haniel sbadigliò rumorosamente.
- Dai, appoggiati che siamo quasi all’uscita.

Sam Winchester alzò il braccio contro cui aveva finito per cadere un attimo prima e lo avvolse intorno le sue spalle. In un attimo si ritrovò attaccato al suo corpo.
In quel modo era più semplice camminare.
Gli occhi si chiusero e dalla sua bocca uscì di nuovo quello strano suono.
- Sam, che cosa…? - provò a chiedere.
- Che cos’è quello che hai appena fatto?
Strofinò il volto contro la sua calda camicia.
- E’ uno sbadiglio. Un segno che oggi abbiamo imparato abbastanza.
- Tu hai imparato?
 
Bene, questa volta si era fregato da solo!
- Certo - ripose Sam varcando le porte del centro commerciale.
L’arcangelo si arrestò improvvisamente: aveva gli occhi al cielo e la bocca aperta dallo stupore. Guardò anche lui quel cielo stellato e sorrise della sua reazione.
Era semplicemente adorabile.
 

      Dean adocchiò un pub sulla strada che collegava il quartiere nord a quello sud di Boonville.
Ottimo, pensò, il posto migliore dove trovare cibo, alcol e tette.
Con non poche esitazioni parcheggiò l’auto e s’incamminò verso l’entrata svalutando le proprie aspettative: la reputazione di “città per il verde” non poteva coincidere con quella di “sesso, droga e rock&roll” .
Il locale, però, non era niente male: c’erano tavolini, poltroncine e perfino musica dal vivo.
Nonostante fosse da solo, snobbò gli sgabelli al bancone e prese posto in sala.
Un bel faccino come il suo doveva essere messo bene in vista.  
Durante l’assolo di chitarra una biondona occupò il posto rimasto libero al suo tavolino.
Bingo.
Mangiarono e scherzarono insieme per una buona mezz’ora e proprio quando erano sul punto di alzarsi per bere qualcosa al bancone, Dean si accorse di movimenti troppo animati tra due uomini al lato opposto della sala. Subito partirono pugni e spintoni e si precipitò verso di loro per bloccarne la rissa. Ne placcò uno, ma incassò un sinistro dall’altro. Sebbene il colpo fosse abbastanza forte, il Winchester mantenne salda la presa sulle braccia dell’ uomo che si dimenava con assurda veemenza e prima che potesse accorgersene qualcun altro riuscì ad immobilizzare anche il secondo.
Quella era sicuramente rabbia repressa. Nient’altro avrebbe potuto scatenare una violenza così improvvisa. Lui la conosceva bene, non poteva sbagliarsi.
Quando la situazione fu affidata all’autorità degli agenti di polizia, Dean tornò al bancone, dove la biondona, che lo stava aspettando ammiccando, lo invitò a casa sua per curarlo.
L’eroe ferito eccita le donne.
Non che lui ne avesse bisogno.    


(*) pelargonium è il nome latino del geranio 

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Capitolo 6
*** In caso di piume - prima parte ***




Capitolo VI

 
     Sam si avvolse ancora un po’ nel torpore prima di aprire gli occhi al nuovo giorno. 
Anche quella mattina Haniel si era svegliata prima di lui, dedusse trovandosi di fronte un letto sfatto e un disordine allucinante: jeans, t-shirt, calzamaglie, slip e tutti gli altri indumenti, che al ritorno dal centro commerciale aveva piegato per bene mostrandole come fare, erano ora sparsi in ogni angolo di quella piccola stanza.
- Haniel…
Pronunciò il suo nome con un misto di stizza e scoraggiamento.
Questa volta si sarebbe mostrato risoluto e autorevole. Doveva farlo. Solo così avrebbe potuto insegnarle un po’ di disciplina.
Era sul punto di alzarsi per cercarla e farle una ramanzina, ma si fermò ancor prima di mettere piede fuori dal letto non appena la vide spuntare, in canotta bianca sportiva e graziosi calzoncini verdi, dalla porta che dava accesso alla camera.
- Buongiorno Sam!
Trasportava un piatto con impaccio, ma gli sorrise. In quell’istante tutto quello che avrebbe dovuto fare passò in secondo piano mentre veniva colpito in pieno da tutto quello che invece non avrebbe dovuto provare: temperatura elevata, battito accelerato e lievi spasmi allo stomaco.  
- Hey…che hai tra le mani? - le chiese schiarendosi la voce, cercando di controllare con quel gesto anche le sue emozioni.
L’arcangelo gli si avvicinò porgendogli il piatto di pancake ancora caldo per poi portare una per volta le ginocchia sul suo letto e mettersi a sedere di fronte a lui spingendo le lunghe gambe all’indietro.
- Dove l’hai preso?
- Il signor James Walker!
Il suo sorriso divino era ancora lì. E con esso anche tutto il resto.
 
- Quindi…è la tua colazione?
Sam abbassò più volte le palpebre verso ciò che Haniel aveva ottenuto dall’uomo dai capelli bianchi.
- No…sì…no - disse confusamente.
Il ragazzo emise un soffio più forte e un veloce suono.
Forse sul suo volto di giovane e bella ragazza era apparso qualcosa di nuovo. Forse ora erano spuntate lunghe corna di renna oppure il suo naso era diventato grosso come quello di un maialino...o forse…
Haniel smise d’immaginare cosa potesse aver causato quando Sam fermò l’agitare caotico delle sue mani.
- Prova a spiegarti…dimmi perché sì e perché no.
- Il signor James Walker dice a me “mangia”…io voglio che tu “mangia”…
 
Sam non corresse la sua grammatica e tornò a guardarla fisso negli occhi.
Avrebbe potuto anche non rispondere, perché tanto lo avevano già fatto loro.
- D’accordo. Io mangio, ma tu rimetti in ordine i tuoi vestiti nel trolley - le disse cortesemente, sereno di poter evitare il rimprovero.
L’arcangelo si alzò sulle ginocchia e avvicinò il busto fino ad arrivare a pochi centimetri dal suo naso. Il Winchester, che aveva indietreggiato fino a trovarsi con le spalle contro il muro spostando repentinamente anche il piatto poggiato tra di loro, rimase fermo, trattenne il respiro e aspettò ansiosamente la sua prossima mossa.
Haniel carezzò delicatamente la guancia sinistra contro la sua.
- Grazie - gli sussurrò all’orecchio prima di scendere dal letto.
Merda.
Ne era coinvolto fin sopra i capelli.
 
     Dean si fermò fuori casa di Eveline Brown e rimase qualche minuto in più in auto prima di decidersi a ispezionare il luogo del delitto.
Come poteva attingere dal buco nero delle sue esperienze, ritrovare cadavere una persona che poche ore prima gli aveva rivolto la parola sarebbe stato deprimente. Ma non quanto questa volta.
Varcata la soglia di casa Brown, recitò alla perfezione la parte dell’agente indifferente presentandosi alla squadra della scientifica. Uno degli uomini in tuta bianca monouso gli fece strada verso il salotto dove, sul divano sul quale si era seduto durante la conversazione delle 5 di pomeriggio, giaceva il corpo completamente sventrato della donna.
La scena che aveva davanti agli occhi sembrava fosse uscita da un film di Hannibal: tutte le interiora erano state asportate con precisione mentre le gambe e il resto del corpo dallo sterno in su erano rimasti integri. La spina dorsale e quel poco che ne restava dei tessuti muscolari facevano, quindi, da stomachevole involucro.
Era senz’altro opera di un mostro. Un mostro che a quanto pare doveva saperne molto di chirurgia.
Come previsto, la conferma che le sue presupposizioni sugli annegamenti erano giuste arrivò veloce e pungente come un pugno allo stomaco. Se non avesse allentato la presa così rapidamente e non si fosse concesso piacevoli distrazioni probabilmente Eveline non ci avrebbe rimesso la vita.
- Cosa avete trovato? - chiese costringendosi a tornare con la mente al presente.
- Cosa non abbiamo trovato è la domanda giusta!
Quello non era il momento adatto per fare ironie.
Dean gli lanciò uno sguardo intimidatorio.
Se avesse continuato a dire stronzate gli avrebbe lanciato anche qualcos’altro.
- C’erano parti di budella sul pavimento, i miei uomini hanno appena finito di imbustarle per le analisi in laboratorio e, come le dicevo, non abbiamo ritrovato alcuna impronta.
- Certo… - disse dedicandogli una forzata espressione di approvazione che terminò in un sorriso sarcastico.
E’ ovvio che non ci siano impronte. Coglione.
Il Winchester aggirò il divano lentamente per cercare qualcosa che solo alla vista di un cacciatore potesse suscitare sospetto. Doveva esserci da qualche parte.
Dopo aver guardato con attenzione il corpo da ogni prospettiva, si fermò sul retro del divano e iniziò a spingerlo leggermente finendo per invadere le stupide segnalazioni delle prove fatte sul pavimento dal fantastico gruppo di lavoro che quella mattina avrebbe fatto meglio a restare a casa.
Finalmente s’intravedeva qualcosa.
- Che cosa sta facendo? Così rovina il nostro lavoro!
- Come se servisse a qualcosa - mormorò Dean sovrastato dal rumore che fece il divano quando lo spinse con forza ancora un po’ più avanti. 
Si accovacciò, in fine, per raccogliere ciò che aveva trovato.
 
    Sam diceva che non si poteva correre per la strada,  che c’erano luoghi adatti per farlo, come ad esempio un parco. Anche se desiderava correre esattamente in quel momento, Haniel non ci pensò per molto poiché camminando poteva tenere il passo accanto a lui.
- Uh Sam! Gio-glio-ie-
Questa era più difficile da leggere.
- Gioielleria - pronunciò lui.
- Eh guarda, Sam! Ca-ff-e-tte-ri-a - gli disse subito puntando l’indice in alto.
- Sì, vuoi…? -
Anche lì c’erano così tanti esseri umani. “Persone” come diceva Sam.
- Buongiorno, caffetteria!
La sua voce si fece più potente pur non cogliendone fin da subito la ragione.
Si sentiva pieno d’energie. C’erano ancora così tante cose che voleva scoprire.
Haniel filò dritto incurante della confusione di espressioni e gesti che vide arrivare verso la sua direzione.
Dopo tutti quei secoli era finalmente libero.
Davvero importava che tutto ciò fosse solo finzione?
Sam lo afferrò per un polso.
- Hey, rallenta.
L’arcangelo indietreggiò appena e aspettò che il ragazzo mollasse la presa per agguantare la sua mano.
- Andiamo!
 
Sam allungò il passo lasciandosi trascinare.
In fondo con lui al suo fianco non le sarebbe accaduto nulla.
Fece segno alle auto di fermarsi nel momento in cui Haniel mise piede fuori dal marciapiede e insieme attraversarono la strada al suon di clacson.
Dopo poco arrestarono la corsa in una piazza, a pochi metri di distanza da una grossa fontana circolare che faceva da vasca ornamentale di un monumento al Pony Express (1) .
Il Winchester capì subito che non era l’imponente statua ad aver catturato l’attenzione della ragazza. Le lasciò lo stesso la mano. Un po’ d’acqua non poteva di certo farle male.
Haniel sgambettò verso la fontana, saltò sul bordo e cominciò a giocare con l’acqua allungando le braccia senza piegarsi sulle ginocchia in un gesto ginnico imprevisto.
A guardarla più da vicino non aveva le forme concave di una vasca, sembrava più una piscinetta scavata nel terreno. Che poi a cosa dovesse servire una fontana quando la statua…
- Sei lento!
Le sue riflessioni da critico d’arte autodidatta l’avevano distratto solo per qualche secondo e quel che ne ricavò fu la faccia ricoperta da schizzi d’acqua. Brutta mossa.
- Ah sono lento? Vediamo se tu sei abbastanza veloce da schivare questi! - esclamò ricambiando il favore. Haniel strillò e girandosi finì all’interno della fontana, ma poi ridacchiò quando lui continuò a spuzzarla a raffica seguendola per tutta la circonferenza della vasca mentre correva con gli avanbracci chiusi uno accanto all’altro a coprire il viso.
Non si era mai divertito così in vita sua. Forse perché in vita sua non aveva mai fatto divertire così qualcuno.
Sam la tirò su per i fianchi finendo per stringerla forte a sé.
Se non fosse per il fatto che doveva trovare un modo per farla asciugare non l’avrebbe più lasciata andare.
 
Il Sam Winchester che stava creando nella sua mente diventava sempre più…familiare.
 
    Dean entrò spavaldo nell’edificio e seguì la direzione indicatagli dal portinaio. Percorse i lunghi corridoi dell’obitorio e finalmente fece la conoscenza del medico che aveva effettuato le autopsie sui corpi ritrovati nel fiume. Quando gli ebbe spiegato il motivo del suo arrivo, l’uomo si mostrò parecchio sorpreso di ricevere, come riferì, un’altra visita dall’agenzia investigativa federale.
L’FBI? Sul serio?
In un battito di ciglia il cacciatore trovò cosa inventarsi.
- I miei colleghi si sono sentiti male prima che potessero fornici le informazioni ottenute da lei…sarà stata opera di qualche virus…lei è un dottore, sa cosa voglio dire…
Doveva aver azzeccato l’espressione giusta, perché l’uomo in camice bianco precipitò a picco nella sua allusione medica. Lo diceva che avrebbe dovuto fare l’attore, meglio ancora se di film per adulti!
- Dall’autopsia sui 4 corpi risulta che l’ora del decesso è la stessa, intorno alle 22:00 - disse mentre si accingeva a mostrargli i cadaveri.
Quello era proprio ciò che desiderava sentire. Restava da capire ancora una cosa.
- Probabilmente le sto per fare la stessa domanda che le hanno già fatto i miei colleghi - cominciò per restare nel personaggio, cancellando velocemente un ghigno impulsivo - sono state ritrovate piume come questa? - continuò tirando fuori dalla tasca quella a strisce marroncine che aveva recuperato sotto il divano della signora Brown.
- E’ probabile, si tratta comunque di un fiume nelle vicinanze di un parco ed è…curioso - l’uomo rispose velocemente per poi svelare sospetto - la domanda è la stessa, ma la piuma è completamente diversa…
Quindi l’FBI adesso andava in giro a mostrare piume? Ma che diavolo..!?
Avrebbe voluto saperne di più, ma fu costretto a improvvisare qualcos’altro per rappezzare il fantastico piano paraculo che, a causa della sua ultima mossa, cominciava a perdere acqua da tutte le parti.
- Su questo non posso parlare, si tratta di roba top secret…mi creda è meglio tacere.
Questa volta doveva aver esagerato con la deformazione professionale perché il medico restò perplesso, nel giusto mezzo tra “devo scappare subito da questo paese” e “devo denunciare questo stronzo che ho di fronte”.
Nel dubbio Dean decise che era arrivato il momento di lasciare l’uomo ai suoi cadaveri.
- E’ stato davvero…illuminante dottore - lo salutò riposando in tasca la piuma e accorgendosi solo dopo aver percorso i corridoi che “illuminante” non era stato esattamente l’aggettivo appropriato da usare.
  
    In tutto quel fantasticare c’era ancora una cosa, però, che non riusciva a spiegarsi: che fine avesse fatto Dean Winchester.
Mentre pensava all’ultima volta in cui l’aveva visto Haniel rimase immobile, seduto sotto il getto di aria calda che Sam gli aveva detto di accendere prima di entrare nel “bagno dei signori”.
Perché era andato via? Per quale motivo non poteva far apparire in quel momento il suo incantevole volto? E perché i battiti del suo cuore adesso stavano aumentando?
A rompere il vuoto di risposte che seguì, un rumore sempre più stridulo.
L’arcangelo si alzò in piedi e si coprì entrambe le orecchie per alleviare gli effetti di quel suono fastidioso. Chiuse anche gli occhi e abbassò il capo.
In quel frastuono poi riuscì a cogliere il suo nome e riaprì gli occhi ritrovandosi di fronte a una figura umana. A prima vista gli sembrò soltanto un giovane uomo dai ricci cioccolato, ma quando si soffermò sui suoi occhi color miele capì che non poteva che essere lui, il suo angelo messaggero.
- Haniel, finalmente ti ho trovato. Ti ho cercato ovunque.
- Eyael...che ci fai nel…
L’arcangelo tentò di spiegargli che nella sua fantasia non era stato previsto, ma era ancora parecchio stordito. 
- Abbiamo bisogno di te. Ci stanno annientando, Haniel. Di questo passo non ne rimarrà più nessuno.
Gli occhi dorati sempre lucenti del suo angelo messaggero si fecero cupi come solo in poche occasioni.
- Ma che cosa stai…?
- Ezechiele. Dopo quello che ha fatto, dopo quello che ti ha fatto, si è alleato con le Dominazioni. Noi siamo in numero maggiore, ma loro sono più forti.
Haniel sentì il corpo tremare e si appoggiò contro il freddo marmo dietro di sé per non cedere completamente a quella irrefrenabile reazione. Di risposta anche la voce si fece sottile, preavvertendo la resa.
- No, non è possibile…
- Non ti direi mai il falso - proferì lui con il suo caratteristico tono soffice.
A quelle parole l’arcangelo soffocò un gemito.
Non capì se fosse peggio veder crollare una ad una le sue false convinzioni oppure i suoi fratelli in Paradiso.
- Dopo che Castiel ha ucciso Raffaele, il conflitto non si è più arrestato. Ezechiele è al comando della fazione che vuole scatenare di nuovo l’Apocalisse e se non lo combattiamo…
- Io non… - decise di fermarlo. Ogni cosa che diceva agiva come un oggetto appuntito nel suo petto. - …sai già che il mio intervento si rivelerebbe inutile… - la sua voce ora era più instabile.
Aveva già provato a fermare Castiel, inutilmente. 
- Quello non era più il nostro Castiel - incalzò l’angelo rimarcando la questione che li aveva visti fin da subito discordanti. Eyael aveva cercato più volte di convincerlo che la colpa era delle troppe anime assorbite, ma Haniel, invece, era certo che Castiel avesse soltanto scelto il modo più esagerato e irrimediabile per svolgere la missione che lui gli aveva assegnato, la più importante di tutte: vegliare su Dean Winchester.    
- Ti sbagli, mio caro Eyael…
L’arcangelo non riuscì a continuare il discorso, tanto era pungente il ricordo del passato. Benché Eyael sapesse della missione segreta di Castiel, non poteva biasimarlo perché non riuscisse a comprendere nel profondo la situazione.   
- Haniel, hai finito? Sei asciutta?
La voce di Sam arrivò inaspettata per entrambi.
- Hai cercato Sam Winchester? - gli domandò Eyael mentre il ragazzo cominciò a fare rumori chiedendo ad Haniel di uscire.
- No! Non posso dirti altro adesso. Devi andare. - rispose in fretta mentre i rumori si facevano più frequenti.
- Haniel, c’è un’altra cosa che devi sapere.
Se l’angelo non aveva ancora ubbidito al suo ordine voleva dire che si trattava di una cosa seria.
- Castiel è morto.
No.
Castiel non poteva essere morto.
Non in quelle circostanze.
 
Sam aveva cercato di farsi sentire dalla ragazza senza esagerare, dato che la toilette del lussuoso albergo si trovava a una rampa di scale dalla hall e chiunque sarebbe potuto arrivare da un momento all’altro.
Per fortuna era tutta intera, pensò quando la vide uscire con una massa di capelli informe. Lanciò uno sguardo furtivo nel bagno delle signore e si sentì realmente sollevato solo quando fu certo che anche lì dentro fosse tutto al suo posto.
Non ebbe, però, il tempo di chiederle nulla perché il suo cellulare cominciò a squillare.
 
    Pensare troppo lo stava uccidendo.
Doveva rivedere Dean, subito.
 
- Haniel, dobbiamo tornare al motel. Ho…del lavoro da sbrigare - le annunciò Sam pur sapendo di essere compreso solo in parte.  La ragazza, infatti, non si mostrò eccitata né contraria. Si limitò a seguirlo senza dire una parola. Anche durante il percorso a ritroso, dal centro città al motel, fu abbastanza silenziosa.
Effettivamente non c’era nulla di nuovo di cui stupirsi.
Giunti nella camera 19, il Winchester iniziò subito la sua ricerca tra le leggende popolari e mitologiche: “morti per annegamento” e “piume d’uccello” erano gli indizi.
Non ne risultò granché finché non decise di restringere il campo riflettendo sulla descrizione della piuma fornitagli dal fratello. Appena inserì “piume di gufo” trovò quello che faceva al caso loro. Lesse con attenzione e infine prese il cellulare per informare Dean.
Nel momento in cui staccò gli occhi dallo schermo del pc scorse la montagna di coperta sotto la quale Haniel si era nascosta. Chissà da quanto tempo era lì sotto.
- Dean, ci sono! Si tratta di Strzyga, un demone che secondo la mitologia slava è la rincarnazione delle anime di uomini morti per annegamento, suicidi e altre morti estreme - mentre parlava si trovava in piedi e faceva alcuni passi intorno al tavolo - possono essere uccisi trafiggendoli con un chiodo, decapitandoli o bruciandoli - continuò tutto d’un fiato quando la ragazza si precipitò su di lui, aggrappandosi al braccio col il quale reggeva il cellulare.
- Ottimo lavoro - fu l’unica cosa che sentì dire mentre oscillava per liberarsi dalla presa dell’arcangelo.
- Haniel resta giù, per favore - le disse quando finalmente cadde a sedere sul letto.
- Questa è bella! - sghignazzò  Dean in lontananza - Cosa sta facendo?
L’arcangelo, che fino a quel momento non aveva smesso di agitarsi come in preda alla follia, si calmò. 
- Credo voglia sentire la tua voce - rispose il minore non portando ancora il telefono all’orecchio.
- Mi sente adesso? Ciao cagnolino!
Haniel cambiò velocemente espressione in un broncio corrucciato.
- Ti ha sentito - anche a Sam scappò un sorriso - tornando al caso…
- Sono vendicativi e non si sa il momento preciso in cui colpiranno… - esclamò il maggiore lasciando intuire un briciolo di stanchezza nella voce.
- Esattamente. Questo vuol dire che ti serve il mio aiuto, non puoi essere in 5 posti contemporaneamente - decretò Sam che aveva pensato di riunirsi al fratello ancor prima della sua défaillance.   
- Sam…
- Non se ne parla Dean! Prendiamo il primo autobus per Boonville. 
 
 
 
 
 
(1) Il Pony Express fu un servizio di posta prioritaria che attraversava da est (St. Joseph – Missouri) a ovest (Sacramento – California) il Nord America.
 
 
 
 
 

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