Poesie Hetaliche

di Rico da Fe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** San Martino ***
Capitolo 2: *** Tanto gentile e tanto onesto pare ***
Capitolo 3: *** Il sabato di Hetalia ***
Capitolo 4: *** Io voglio del ver Ucraina laudare ***
Capitolo 5: *** Chi è questa che ven ch'ognun la mira ***
Capitolo 6: *** S'i fosse favella, 'nsulterei il mondo ***
Capitolo 7: *** Il trionfo di Olanda e Danimarca ***
Capitolo 8: *** A Italia ***
Capitolo 9: *** X agosto ***



Capitolo 1
*** San Martino ***


San Martino

La nebbia gl'irti colli
Piovigginando sale
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar.

Ma per le vie di Hetalia
Dal ribollir dei tini
Va l'aspro odor dei vini
Francia a rallegrar.

Gira su ceppi accesi
Lettonia piagnucolando
Sta la Russia fischiando
Sull'uscio a rimirar

La tra le rossastre nubi
Stormi di Stati neri
Com'esuli pensieri
Nel vespero scappar. 
 

o

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Capitolo 2
*** Tanto gentile e tanto onesto pare ***


Tanto gentile e tanto onesto pare
Russia-chan, quand'egli altrui saluta
Ch'ogne lingua deven tremando muta
E li occhi non l'ardiscon di guardare.

Egli si va, sentendosi adulare
Benignamente di malvagità vestuto
E par che sia uno Stato venuto
Dalla Siberia in Europa, a miraKol mostrare.

Mostrasi sì infantile a chi lo mira
Che da per li occhi una paura al core
Che 'ntender non la può chi non la prova

E par che dalla sua labbia si mova
Uno spirito soave e pien d'orrore
Che va dicendo all'anima: kol kol kol. 

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Capitolo 3
*** Il sabato di Hetalia ***


Il sabato di Hetalia

L'Ungheretta vien dalla campagna
in sul calar del sole,
colla sua padella; e reca in mano
un mazzolin di rose e viole,
onde, siccome suole, ornare ella si appresta
dimani, al dí di festa, a Prussia il crine.
Siede con le fatine
su la scala a ricamar l'Inghilterra,
incontro là dove si perde il giorno;
e novellando vien del suo buon tempo,
quando per i sette mari ei navigava,
ed ancor sano e snello
solea colonizzar le terre intra di quei
ch'ebbe compagni nell'età piú bella.
Già tutta l'aria imbruna,
torna azzurro il sereno, e tornan l'ombre
giú da' colli e da' tetti,
al biancheggiar della recente luna.

Or la squilla dà segno
della festa che viene;
ed a quel suon diresti
che il cor si riconforta.
Italia e Romano gridando
su la piazzuola in frotta,
e qua e là saltando,
fanno un lieto romore;
e intanto riede alla sua parca mensa,
fischiando, lo Svizzera pastore,
e seco pensa al dí del suo riposo.

Poi quando intorno è spenta ogni altra face,
e tutto l'altro tace,
odi il martel picchiare, odi la motosega
dell'America, che veglia
nella chiusa bottega alla lucerna,
e s'affretta, e s'adopra
di fornir l'opra anzi al chiarir dell'alba.

Questo di sette è il più gradito giorno,
pien di speme e di gioia:
diman tristezza e noia
recheran l'ore, ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier farà ritorno.

Nazioncello scherzoso,
cotesta età fiorita
è come un giorno d'allegrezza pieno,
giorno chiaro, sereno,
che precorre alla festa di tua vita.
Godi, Sealand mio; Stato soave,
stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo'; ma la tua indipendenza
ch'anco tardi a venir non ti sia grave.
 
 

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Capitolo 4
*** Io voglio del ver Ucraina laudare ***


Io voglio del ver Ucraina laudare
Ed asembrarli la rosa e lo giglio;
Più che stella dïana splende e pare
E ciò ch'è lassù bello a lei somiglio.

Verde river a lei rasembro, e l'âre
E tutti color di fior, giano e vermiglio
Oro ed azzurro, e tette da toccare
Medesmo amor per lei rafina meglio.

Passa per via tettona e sì gentile
Ch'abbassa i seni a cui dona salute
E fa'l de nostra fè se non la crede.

E no'lle po' appressar nazion che sia vile
Ancor ve dirò, ch'ha maggior vertute:
Nulla nazion po' mal pensar se la vede (dietro le tette). 

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Capitolo 5
*** Chi è questa che ven ch'ognun la mira ***


Chi è questa che ven ch'ognun la mira
Che fa tremar di stalking l'âre
E mena seco orror, si che parlare
Russia non pote, e ciascun sospira?

Oh Polonia, che sembra quando gli occhi gira
Dica'l Francia, ch'i no'l savria contare
Cotanto di beltà nazion mi pare
Ch'ogne altra ver di lei 'i la chiam' ira.

Non si porria contar la sua piagenza
Ch'a lei s'inchin ogni gentil nazione
E io Lituania per mia dea la mostro

Non fu si alto già l'ingegno nostro
E non si pose in noi tanta salute
Che propriamente n'avian canoscenza. 

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Capitolo 6
*** S'i fosse favella, 'nsulterei il mondo ***


S'i' fosse favella, 'nsulterei 'l mondo
s'i' fosse Francia, lo stuprerei
s'i' fosse oceano, i' l'annegherei
s'i' fosse terra mandereil'affanculo.

S'i' fosse America, sare' allor giocondo
Ché tutti gli Stati imbrigherei
s'i' fosse Russia, sa' che farei ?
a tutti spaccherei lo capo a tondo

S'i' fosse morte, andarei da Spagna
s'i' fosse vita, fuggirei da lui
similemente faria da Germania.

S'i' fosse Romano, come sono e fui
torrei le belgie giovani e leggiadre
e vecchie e laide lasserei altrui. 

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Capitolo 7
*** Il trionfo di Olanda e Danimarca ***


Il trionfo di Olanda e Danimarca

Quant'è bella indipendenza,
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Quest'è Olanda e Danimarca,
belli, e l'un dell'altro ardenti:
perchè 'l tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.
Questi regni ed altre genti
sono allegri tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Questi lieti staterelli,
delle nazioni innamorati,
per caverne e per boschetti
han lor posto cento agguati;
or, da Olanda un po' drogati,
ballon, salton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Le nazioni anche hanno caro
da lor essere ingannati:
non può fare a Amor riparo
se non Stati rozzi e ingrati:
ora, insieme mescolati,
suonon, canton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
 
Questa soma, che vien drieto
sopra l'asino, è Francia:
sì perverso, è ebbro e lieto,
se non può star ritto, almeno
ride e gode tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Svizzera è drieto a costoro:
ciò che tocca, oro diventa.
E che gioia aver tesoro,
s'altri poi non si contenta?
Che dolcezza vuoi che senta
chi ha sete tuttavia?
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Ciascun apra ben gli orecchi,
di doman nessun si paschi;
oggi siàn, repubbliche e regni,
lieti ognun, femmine e maschi;
ogni tristo pensier caschi:
facciam festa tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Stati e staterelli amanti,
viva Dan e viva Nore!
Ciascun suoni, balli e canti!
Arda di dolcezza il core!
Non più guerra, non dolore!
Ciò c'ha esser, convien sia.
Chi vuol'esser lieto sia
Di doman non c'è certezza.
 
 
 

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Capitolo 8
*** A Italia ***


A Italia

Italia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieto e pensoso, il limitare
di gioventù salivi?

Sonavan le quiete
stanze, e le vie d'intorno,
al tuo perpetuo canto,
allor che all'opre femminili intento
sedevi, assai contento
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così menare il giorno.

Io gli studi leggiadri
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d’in su i veroni del berlinese ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
quel ch’io sentiva in seno.
 
Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Italia mio!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? Perché di tanto
inganni i figli tuoi?

Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,
da chiuso morbo combattuto e vinto,
perivi, o tenerello. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
la dolce lode or delle negre chiome,
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le nazioni ai dì festivi
ragionavan d’amore.

Anche perìa fra poco
la speranza mia dolce: agli anni miei
anche negaro i fati
la giovinezza. Ahi come,
come passato sei,
caro compagno dell’età mia nova,
mia lacrimata speme!
Questo è il mondo? Questi
i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi,
onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte delle umane nazioni?
All’apparir del vero
tu, misero, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano.
 

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Capitolo 9
*** X agosto ***


X agosto

San Lorenzo , io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.

Ritornava Inghilterra al tetto :
l'uccisero: cadde tra i rami;
egli aveva nel palmo gli scones:
la cena dei suoi americani.

Ora è là, come in croce, che tende
gli scones a quel cielo lontano;
e America è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.

Anche Russia tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono ;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.

Ora là, nella casa, Ucraina
e Bielorussia aspettano invano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male! 

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