Siamo a cavallo!
La sala d'aspetto ha le pareti tinte di un giallo canarino e il pavimento, come tutto ciò che ha a che fare con gli ospedali e gli studi medici sulla neurologia e il resto del corpo umano, è fatto di mattonelle di marmo bianche. Seduta su un'anonima sedia nera, aspetto insieme a mia madre, il turno per entrare nello studio della signora Russo. Respiro pesantemente, devo ammettere di avere un po' paura. Che diavolo.. Non voglio che studi il mio cervello, che sappia cosa faccio e chi sono.. La prossima volta farò meglio a non farmi sgamare onde evitare queste figure di merda.
Mi giro verso mia madre e nervosa, le dico:
<< Ti prego.. Andiamo a casa.. >>
<< Non se ne parla >>
<< Non lo faccio più... Giuro. >>
<< Solite promesse mai mantenute. >>
La gamba inizia a vibrare nervosamente, tipico tic di chi è ansioso e stressato. Sbuffo ogni secondo e ad un certo punto, la porta dello studio si spalanca e dopo che dei pazienti sono usciti, una donna di mezz'età, in camice bianco e con un targhettino con scritto il suo nome attaccato al taschino, dice a voce alta e sicura di sé:
<< Il prossimo! >>
Mia madre mi prende per il polso e si alza in piedi trascinandomi con sé. Vorrei svenire ed evitare ogni tipo di fastidioso imbarazzo davanti ad un estraneo, ma sfortunatamente rimango cosciente. Vorrei essere come un opossum che per sfuggire ai predatori finge di essere già morto.
Ma prima che possa accorgermene, sono già dentro allo studio sterile della signora Russo. Le pareti sono azzurre, di un azzurrino chiaro. C'è un divano di pelle color panna che a vista d'occhio sembrerebbe abbastanza confortevole, una scrivania con una serie di risme e cianfrusaglie da dottore in piena carriera, una poltrona altrettanto confortevole, un tavolino in legno e una serie di librerie colme di libroni sullo studio della psicologia eccetera eccetera.
<< La prima volta qui? >> chiede la signorina, più che signora, con un tono amichevole e per nulla rigido.
<< Sì >> risponde mia madre sfogiando un sorriso che personalmente ritengo falsissimo. << Sono qui per mia figlia, Isabel >> aggiunge rivolgendomi uno sguardo, io sorrido nervosamente, date le circostanze.
<< Oh, ho capito. Beh, se è così allora devo chiederle di lasciarci sole. >> risponde la signorina Russo sedendosi alla propria scrivania mettendosi a firmare una serie di carte per poi porgerne una a mia madre. << Firmi qui e la passi a prendere tra un'ora >> aggiunge sorridente.
<< Mh, ho capito >> dice mamma firmando con una penna per poi darmi ua pacca sulla spalla. << Fai la brava >> dice guardandomi di sottecchi e io annuisco sorridendo nervosamente, mentre lei stringe la mano dell'altra e si dirige verso la porta. Mia madre si è richiusa la porta alle spalle ed io e questa sconosciuta che cerca d'infondermi fiducia e tranquillità, rimaniamo sole.
<< Prego siediti >> mi dice indicando il divanetto. Io mi siedo. << Stenditi, mettiti comoda, fai come se stessi a casa tua, rilassati >> dice tranquilla alzandosi dalla propria scrivania e andando a sedersi sulla poltrona difronte a me, con una penna ed un'agenda in mano. A quel punto io penso.. Devo fare come se stessi a casa mia? Allora posso accendere il computer? No, ok, meglio evitare.
Io mi stendo e metto i piedi per aria, non voglio sporcarlo.
<< Allora, Isabel.. Perché tua madre ti ha portato qui? >>
<< Non lo so. Dice che devo smetterla di vivere nel mio mondo dei sogni e che devo iniziare a vivere la vita reale. >>
<< A quale mondo dei sogni si riferisce? >>
<< Al role-play.. Al fantamondo... Alla scrittura.. >>
<< Di cosa si tratta? >> chiede facendosi curiosa e iniziando a prendere qualche appunto sulla sua agenda.
<< Il role-play è un gioco che si fa su internet. Nei forum, su facebook o su qualsiasi altro social network che possa permetterlo. Si tratta di creare dei personaggi immaginari, e di farne le veci. Possono essere dei personaggi inventati da te, oppure già esistenti come.. Mh, che ne so.. Hermione Grenger di Harry Potter o magari l'attrice stessa.. Insomma, quello. >>
<< In che senso "farne le veci?" >>
<< Interpretarlo a modo tuo.. In pratica si scrivono delle role, dei post, dei testi insomma, in cui il tuo personaggio fa una certa cosa, una cosa qualsiasi. Si scrivono le azioni del proprio personaggio tra asterischi, e lì ci puoi aggiungere pensieri, descrizioni sull'ambiente, riflessioni, ricordi, qualsiasi cosa che abbia a che fare con la sfera emotiva di un comune mortale. Mentre fuori dagli asterischi ci metti le parole, ovvero ciò che dice il pg, nel discorso diretto o indiretto. Poi qualcun'altro, un altro giocatore, risponde a questo post con il proprio pg e si sviluppano svariate situazioni interessanti. >> mi sorprendo a dire "pg" senza accorgermi dell'abbreviazione, ma lei non fa domande a proposito, sembra averlo capito da sé.
<< Mh, deve essere divertente.. >> sorride la signorina.
<< Certo che lo è.. Io ho tanti personaggi con tanti partner e ogni volta è sempre divertente.. >>
<< Quindi, in poche parole, si tratta di un altro mondo, un mondo di fantasia, in cui tu, interpreti un altro personaggio e vivi un'altra vita? >>
<< Esatto. Tante altre vite.. >>
<< E in tutta sincerità, tu preferisci quelle vite a questa? >> io abbasso lo sguardo e sospiro un po' abbattuta.
<< Sì >> ammetto a testa bassa.
<< Capito. >> dice semplicemente, prendendo altri appunti. Io alzo un sopracciglio, tutto qui?
Il resto della seduta si svolge in un contrapporsi di domande e risposte sul personale. Mi dice di essere sincera, di non mentire, ma io non sto mentendo..! Prima che io possa accorgermene, lei punta lo sguardo sull'orologio da polso e dice << Beh, abbiamo finito, mia cara >> e torna a sorridermi lieta. Io prendo le mie cose ed esco dall'ufficio della signorina Russo, trovando mia madre in macchina, che mi aspetta fumando una sigaretta e ascoltando Madonna in radio. Abbassa il volume e mi tempesta di domande mentre mi riaccompagna a casa. È ancora presto per andare a coricarsi.
Sembra strano ma a volte, quando sto su facebook e leggo "manga" di sfuggita, mi sembra di leggere per un istante "magia". Forse è solo un errore del mio occhio, o forse una suggestione della mia mente. Non lo so, non sono mica la signorina Russo, io. Però è vero. I manga possono essere davvero magici alle volte. Perciò boh. Magari i giapponesi hanno preso in considerazione quella parola e ce ne hanno costruito un'altra sopra. Eppure penso che l'assonanza sia diversa nella loro lingua.
Ah, basta. Mi sto facendo troppe pippe mentali come al solito.
Ma è l'unica cosa che mi rimane, dal momento che mia madre mi sorveglia neanche fossi un pluriomicida chiuso in una camera murata. Ogni tanto apre la porta della camera guardandomi con quei suoi occhi severi e duri, già pronta a cogliermi in flagrante, senza successo però. Ed ogni volta Io la guardo da sotto al mio numero 10 di Kuroshitsuji per un istante, abbastanza sufficiente da fulminarla con gli occhi. Ma è impossibile scalfirla, quella donna. Persino quando papà se n'è andato di casa non ha fiatato, senza neanche chiedere spiegazioni, come se fosse la cosa più naturale del mondo è tornata alle sue faccende quotidiane in tutta tranquillità. Forse è perché se l'aspettava. Papà non era mai a casa ed entrambi sembravano ogni giorno più distanti.
Non nutro rancore nei suoi confronti. Anzi, stranamente lo comprendo. Insomma, mamma è vecchia. Lui è più giovane, può ancora godersi la vita con altre donne migliori. Ognuno è libero di fare le sue scelte. Mamma è una rompipalle, ci mancherebbe che papà non si fosse scocciato. Fortuna che il mantenimento ce lo dà ancora, però.
Ed eccola che appare sul ciglio della mia camera, di nuovo. Mi sento come se avesse udito i miei pensieri e sia accorsa a farmi un culo grande quanto quello di Emily Green; una povera sfigata con le gambe così atrofizzate dal suo stesso grasso che non riesce neanche ad arrivare alla saponetta in cima alla doccia per insaponarsi. È questa la giustificazione che ha dato quando le abbiamo chiesto perché non si lavasse.
<< Vado a comprare le sigarette. Vedi di non accendere quel fottuto computer. >>
Io annuisco senza distogliere lo sguardo dal mio numero 10. Eppure, appena chiude la porta guardo altrove senza timore e riposo il manga sul comodino. Aspetto che mia madre si chiuda la porta d'ingresso alle sue spalle, prima di alzarmi dal letto e avvicinarmi al pc. Lo guardo per qualche secondo. Chiedendomi se sia davvero necessario farla arrabbiare di nuovo e farmi portare di nuovo dalla signora Russo.
Abbasso lo sguardo e mentre mi perdo nei miei pensieri il tempo si ferma. Si ferma, finché il rumore di qualche pietrolina che sbatte contro la finestra non lo lascia scorrere di nuovo riportandomi con i piedi per terra. Mi avvicino alla finestra un po' stranita e lo vedo di nuovo, dall'alto del mio primo piano.
<< Hey! >> esclama sorridente per poi ributtare a terra le piccole pietroline che poco fa era in procinto di buttare ancora alla mia finestra.
<< Esistono i citofoni e i campanelli al giorno d'oggi. Non devi per forza scalfire i vetri di casa solo per fare il coglione da telefilm americano. >> dico io una volta che mi sono affacciata al balcone verde. Non m'importa che qualcuno possa sentirmi. E non m'importa neanche del fatto che in fin dei, conti, quell'Alexander non lo conosco per niente e l'ho appena chiamato Coglione da telefilm americano.
<< Oh, hai ragione scusa. Penso che sia proprio quella la motivazione. Volevo fare il coglione da film americano. Se vuoi posso ripagarti i vetri o leccare il culo a tua madre finché non si fa passare la voglia di tormentarti.>>
Ridacchio. << No okay. Non fa nulla. >>
<< Dai, scendi? >> mi invita lui infilandosi le mani nelle tasche. E perché no? Posso lusingare mia madre dicendole che sono uscita e infondo quel ragazzo mi intriga. Sospiro appena facendo la parte della sostenuta, come se la scelta fosse davvero difficile, ma alla fine cedo.
<< Okay. >> e rientro in camera. Mi guardo allo specchio, mi do una sistemata e mi metto la giacca scozzese rossa e nera che mi ricorda tanto la gonna figa di Maka Albarn. Ma non l'ho comprata per quello. L'ho comprata semplicemente perché era figa e perché si abbinava bene con le cose che indosso di solito.
Lui mi aspetta all'ingresso del portone e quando mi vede chiede << Dove la porto dolce donzelletta? >>
Io lo guardo male e poi sospiro << Lontano da qui. Comunque tu guardi troppi film. >>
<< Dai, che si sa che sei la prima che sta sempre davanti ad un computer a guardarsi i migliori cartoni animati giapponesi, telefilm e quant'altro. >>
Io sbarro gli occhi più attonita che mai. Chi diavolo è costui? Sembra sapere troppe cose... Sono una persona così trasparente?
<< Cosa te lo fa pensare? >>
<< Boh, da quanto ho visto stai spesso in casa e dato che non mi sembri molto studiosa.. Dovrai pur impiegare il tuo tempo in qualche modo.. E poi... Mi dispiace dirtelo ma sei un po'.. Trascurata. Sicuramente stai così flippata con quelle cose che non ti rimane neanche un po' di tempo per guardarti allo specchio e vedere cosa è rimasto della tua femminilità, di te. >>
Io deglutisco e gli do le spalle. Le sue parole mi hanno ferito in qualche modo.
<< Tu.. Non sai nulla di me. >>
<< Ho azzeccato, eh? Mi capita spesso con le tipe come te. >>
<< Che cosa vuoi da me adesso? Tutti a dirmi cosa devo fare, cosa non devo fare.. A me piace vivere così va bene? Non me ne frega un cazzo che non mi piglia nessuno. Se devo rinunciare al mio mondo per fare spazio a questa realtà così marcia preferisco morire. >>
<< Io non ho mai detto niente di simile. Non mi sembra di aver detto che sia sbagliato. Sei tu stessa a pensarlo e scarichi la colpa su di me. Isabel, non mentire a te stessa. >>
<< I-isabel? Come fai a sapere il mio nome? >> chiedo ancora più stranita di prima. La situazione si sta facendo alquanto ambigua e confusa. Questo qui, secondo me sa più cose di me, di quanto io stessa sappia sul mio conto.
<< L'avrò letto da qualche parte quando sono venuto a casa tua. >>
La cosa rimane comunque sospetta, ed io dico di dover tornare a casa. Inizio a provare un certo timore nei suoi confronti. Sembra un ragazzo tanto amichevole e solare, ma allo stesso tempo inquietante e iperscrutabile.
Mi spaventa, decisamente. Adesso che mi sono resa conto di quante cose sappia di me, non riesco ad immaginare che siano pure casualità, è contro la mia indole.
Quando gli ho detto che sarei tornata a casa, non ha battuto ciglio. Mi ha lasciato andare via senza corrermi dietro. Come se sapesse che facendolo, non avrebbe fatto altro che far aumentare i miei sospetti nei suoi confronti.
Non mi piace guardare il telegiornale, ma ogni tanto si viene a sapere in giro che persone normalissime, con le loro tranquille vite, e le loro perfette coperture, sono in realtà assassini pluriomicidi con doppie vite.
È anche per questo che cerco sempre di non fidarmi degli estranei soprattutto in una città così schifosa come quella in ci vivo... Eppure, lui sembra diverso. È come se l'inquinamento, lo schifo, la corruzione e l'ingiustizia che impregnano tutta la città, lo evitino. Forse c'è qualcosa nel suo sguardo, nei suoi modi spontanei, che mi fanno pensare che magari, c'è qualcos'altro che nasconde. Qualcosa di positivo.
Non lo so. Come sempre mi crogiolo nei miei dubbi tutto il tempo e anche oggi, metto in atto il mio piano di evasione dalla realtà che da sempre perseguo tramite il sony ericsson fallito che si connette a stento, facendo fermentare in me questo sentimento di tensione e rabbia sempre maggiore che per poco non mi spinge a lanciarlo dal balcone.
No, per carità. Ci manca solo quello adesso e siamo a cavallo!
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