Dangerous Secrets

di Nicolessa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ancora insieme tra sangue e violenza. ***
Capitolo 2: *** I cacciatori non sono fan di Twilight. ***
Capitolo 3: *** Ogni scelta ha una sua dolorosa conseguenza. ***
Capitolo 4: *** Sul filo di un rasoio. ***
Capitolo 5: *** Guardami. ***
Capitolo 6: *** Il francese provoca sonnolenza. ***
Capitolo 7: *** Acari grossi come gatti. ***
Capitolo 8: *** Ho sempre desiderato un peluche. ***



Capitolo 1
*** Ancora insieme tra sangue e violenza. ***


1
Capitolo 1 - Ancora insieme tra sangue e violenza.



America.
Duluth.
Periferia disabitata.
Covo di soliti vampiri montati e con la convinzione di essere belli come chissà chi.
Machete alla mano, Jo e sua madre Ellen, tentavano di stanare quei bastardi per tagliare qualche testa.
Sì, sua madre, Ellen Harvelle era andata con lei.
Erano a caccia, insieme.
Jo si chiedeva ancora come avesse fatto ad accettare una situazione simile.
In realtà quella era un'emergenza: Rufus qualche ora prima aveva chiamato a casa Harvelle e aveva chiesto ad Ellen di mandargli dei rinforzi.
Di certo il cacciatore non avrebbe mai immaginato che la donna si sarebbe fatta avanti di sua spontanea volontà.
Era arrabbiata, eccome se lo era... eppure era anche impaurita dall'ultima catastrofe che aveva colpito la famiglia: la RoadHouse era andata a fuoco.
Non sapevano perchè, come, quando, non sapevano nulla.
Solo che Ash non era riuscito a salvarsi, solo questo.
Ogni volta che Jo ci ripensava le si formava un nodo in gola.
Era meglio non pensarci, non ora che stavano lavorando almeno.
Da quanto erano riuscite a capire, i vampiri avevano fatto fuori (o meglio ancora dire "prosciugato") una decina di ragazze nel giro di soli quattro giorni.
«Quanto siete stupidi.» si lamentò la ragazza pulendosi gli schizzi di sangue in faccia con la manica della giacca «Non avete nemmeno pensato di mettere qualcuno di guardia alla porta pur sapendo che uccidere tante ragazze in soli quattro giorni potesse risultare sospetto!» proseguì in tono disgustato, seguendo la madre che si inoltrava nel magazzino. 
«Per di qua, Jo.» attirò l'attenzione sua madre con occhi vispi e attenti.
Jo fece strage di chiunque le si parò davanti in un modo più che cruento secondo le sue abitudini e le parolacce a mo di sfogo erano come un ritornello infinito.
A malincuore dovette lasciar perdere la rabbia repressa e seguire sua madre, che le apriva altruisticamente -quanto protettivamente- la strada.
Non appena arrivarono in un grande atrio, la situazione si complicò giusto un pochino, tanto da costringere Ellen ad urlare qualcosa di simile ad un "Torniamo indietro!" alla figlia confusa.
Una schiera di vampiri era parata di fronte a loro due con una prepotenza degna di ogni vampiro montato.
«Oh, merda.» mormorò Jo passando lo sguardo su quei bastardi e sperando di uscirne illesa, per non dire viva.
Come comandato da Ellen, iniziarono a correre verso il corridoio, rintanandosi poi una piccola stanza che forse avevano costruito anni prima come "ripostiglio per strumenti da fai da te".
«Siamo in trappola come topi.» bisbigliò Ellen abbattendo con sole cinque parole l'adrenalina di Jo.
Le cose non si mettevano bene, per niente.


Da giorni ormai la situazione era cambiata radicalmente: Dean era diventato più ribelle e menefreghista del solito;
Sam, invece, più apprensivo e pressante.
Dopo quella notte sarebbe stato impossibile che qualcosa non mutasse, perché ciò che Dean aveva fatto per il fratello minore era innaturale, completamente sbagliato.
Vendere la propria anima, fare un patto con un demone dell'incrocio per salvare un'altra vita umana era un errore colossale. Eppure il maggiore dei Winchester non se n'era pentito.
Se gli avessero dato la possibilità di tornare indietro nel tempo, lui avrebbe rifatto esattamente la stessa cosa.
Vedere Sam morire con i propri occhi era un dolore che non avrebbe potuto sopportare; sapere che il sacrificio di John (lo stesso che Dean aveva fatto per Sam) era stato vano non l'aveva aiutato. L'unico modo per sentirsi meglio e stare in pace con se stesso era riportarlo indietro, e così fece.
Adesso se la spassava. Sesso, colesterolo alle stelle, caccia continua, alcol e a volte anche fumo illegale.
Se Sam era preoccupato per il suo comportamento? Certo che no! Era normale per entrambi una reazione del genere, Dean voleva soltanto vivere ogni secondo della sua vita fino allo scadere dell'anno.
Già, un anno. Non gli aveva concesso di più la stronza. Era così desiderato all'inferno, che non vedevano l'ora di "abbracciarlo".
Sam faceva di tutto per soddisfare il volere del fratello maggiore, ma cercava anche di far passare quel lasso di tempo nel modo migliore possibile, lentamente.
Non sprecava poi il tempo libero; quando Dean era fuori a sballarsi, lui cercava in tutti i modi una soluzione al loro nuovo piccolo problema. Fin'ora non aveva trovato nulla, però.

«Dove sono finiti?!» urlò Dean guardandosi attorno con gli occhi sbarrati, un machete tra le mani e il batticuore nel petto.
Sam non rispose, ma continuava a girare su se stesso, all'erta. In lontananza riuscì ad intravedere un movimento dietro un auto, nel giardino di una casa vuota, proprio come tutte le altre.
«DEAN!» gridò Sam indicandogli il punto. 

I due cacciatori cominciarono a correre verso quella piccola villetta dall'aria estremamente inquietante, d'altronde proprio come il resto del quartiere. 
Quella zona era completamente isolata. I vampiri avevano ucciso chiunque vi abitasse in meno di un'ora. Dubitavano altamente che avrebbero ritrovato dei sopravvissuti.
L'unica cosa che li sollevava, anche se non era esattamente il caso di esserlo, era che almeno non li avevano trasformati ma soltanto uccisi. 

Si ritrovarono alle spalle di una schiera di vampiri senza nemmeno sapere come. Tutti tentavano di entrare in quella maledetta villetta, visibilmente affamati. Che ci fosse qualcuno lì dentro, e non qualcosa? 
«Dobbiamo trovare un modo per entrare lì dentro senza essere visti.» mormorò Sam aggrottando la fronte, restando nascosto dietro la carrozzeria di un auto. 
All'improvviso però uno di loro si voltò nella loro direzione. Che fosse stato in grado di captare il sussurro di Sam? 
«Oh, andiamo! Vogliamo scherzare?!?» fece Dean innervosito mentre il resto dei vampiri si avvicinava ai due cacciatori. 
«E' il tuo sangue, Winchester! E' troppo forte per essere ignorato.» disse colui che sembrava il capo del branco. 
Sam abbassò lo sguardo, sconfitto. Dean indietreggiò di qualche passo evitando di rispondere alla provocazione del sangue di demone del fratellino. 
«Basta con la caccia al tesoro, ok? Adesso fatevi uccidere senza storie e mettiamo un bel punto a questa storia.» 
Il vampiro sorrise sghembo e si voltò a guardare i suoi "amici". 
«Mandiamo Dean all'inferno prima del tempo, ragazzi.»



«Dobbiamo trovare una soluzione! E in fretta anche.» ansimò stanca Jo forse un po' provata dalla maratona fatta per scampare dalla schiera di vampiri.

Tutta quella situazione era molto più che sospetta. 
Insomma, un sacco di vampiri riuniti tutti in uno stesso posto a fare baldoria come se non ci fosse un domani.
La loro forza era spiegata dal fatto che fossero sazi di sangue e quindi al massimo del loro "splendore" ma che diamine aveva quella città di così particolare da attirare un pericolo così elevato? Pochi cacciatori nei paraggi? Povere ragazzine illuse di avere a che fare con il prossimo Edward Cullen? Cosa??

Mentre Jo pensava e ripensava ad un motivo, sua madre le ricordò saggiamente che si trovavano chiuse in uno stanzino e con un esercito di vampiri al di là di una porta che avrebbero certamente sfondato senza alcuna fatica.
«Una soluzione tipo??» chiese Ellen con topo preoccupato facendo resistenza sulla porta e non mollando dalla mano il machete ovviamente.
«Sai perchè preferisco gli zombie, mamma?» domandò poi esasperata la ragazza dandole una mano.. o meglio una spalla. «Perchè loro con un colpo di pistola in testa crepano!» si sfogò nuovamente urlando, ricevendo in riposta solo una fragorosa risata da parte dei vampiri affamati e assetati di vendetta: le Harvelle avevano pur sempre ucciso una decina di loro parenti.
«Jo!» la riprese Ellen come ad incoraggiarla a starsene zitta e trovare una soluzione.
Odiava i vampiri, Dio quanto li odiava. Se avesse potuto torturarli fino alla morte l'avrebbe fatto.. anche se teoricamente poteva tranquillamente già farlo considerato il suo lavoro.
Passava lo sguardo ovunque in quel buco di stanzino. 
Cosa avrebbe mai potuto aiutarle in quella situazione? Una bomba atomica.. ma certamente ma non avevano né l'occorrente per costruirla né tanto meno voglia di morire per dei vampiri del cazzo.
«Mamma...» la chiamò dandole una piccola gomitata mentre il suo sorriso iniziava ad apparirle sulle labbra rosse per via del sangue.
«Cosa c'è??» domandò la donna non degnandola di molta attenzione.
«Mamma!» disse con più decisione e con tono più sicuro mentre con la mano indicava una specie di armadio retinato.
Oggetti da giardinaggio.
«Brava la mia bambina!» si complimentò Ellen avendo visto ciò che le aveva indicato Jo.
«E' ora di staccare qualche testa ad un paio di vampiri ma.. con più classe.» esclamò contenta accogliendo tra le braccia una docile e simpatica sega elettrica.
Iniziava improvvisamente ad amare il giardinaggio.
«Al mio tre.» ordinò Ellen smettendo di spingere contro la porta che, con pugni e spintoni, pareva essere destinata a crollare la dì a poco.
«Al diavolo!» si ribellò come al solito la ragazza aprendo la porta e attivando quel meraviglioso oggetto sanguinario. «Non ridete più, eh stronzi??» li insultò Jo mentre una cascata di sangue le rovinava gli abiti.
Brutta scena quella. In un film sarebbe stata sicuramente una scena splatter al decimo livello.
«Muoviti!» la esortò la madre continuando a farsi strada con il suo piccolo ed innocente machete.
Corsero fuori dalla casa guardandosi intorno alla ricerca di Rufus, sparito dopo la sua chiamata.
«Stai attenta con quello, fa davvero male!» disse proprio la voce di Rufus a Jo, arrivandole alle spalle.



A quelle parole Sam e Dean si guardarono più che sorpresi.
Il fattaccio era accaduto più o meno un mese fa, come avevano fatto a saperlo? E soprattutto cosa ci trovavano di divertente? Ovviamente il fatto che Dean andasse a marcire all'inferno! Quello per loro era molto divertente.

«Oh, non fai più lo spiritoso...» mormorò il vampiro avanzando verso di lui con passo lento e inquietante.

I due fratelli indietreggiavano, ma senza paura.
Entrambi sapevano come comportarsi con i vampiri. Non erano esseri estremamente intelligenti, ma non erano nemmeno stupidi. Alcuni di loro erano furbi e astuti, di solito soltanto quelli riuscivano a cavarsela. Quello che avevano di fronte era di quell'esemplare. Speravano soltanto di mozzargli la testa il più presto possibile.

«Vedo che hai letto il giornale sta mattina!» rispose Dean ironico, abbozzando un sorrisetto.

«Nah! Sono, più che altro...»
Il vampiro gettò un'occhiata ai suoi compagni e poi continuò. «...voci di corridoio!» 
Quella frase fu seguita da una sonora risata da parte del branco di vampiri.
Sam irrigidì le mascelle con nervosismo, Dean invece restò a guardare la scena impassibile. 

«Mi fa piacere che a voi pettegole piacciano certi generi di gossip.» continuò il cacciatore ironico, beccandosi un'occhiataccia dal capo dei vampiri. 
«Sai, non pensarci non ti aiuterà, Winchester. Quando l'anno finirà tu morirai, ma la tua anima continuerà a vivere in quel posto, e credimi se ti dico che non è una passeggiata in mezzo a dei prati verdi.» 
Dean rabbrividì così come Sam, solo che il primo non lo diede a vedere. Si inumidì le labbra e abbassò di poco lo sguardo abbozzando un ghigno divertito. 
«Se è così... vorrà dire che tu mi farai compagnia. SAM ORA!»
Sam si scagliò contro i vampiri e cominciò a decapitarli uno dietro l'altro.
Il capo di essi guardava la scena, adesso un tantino più adirato del solito.
Si voltò verso Dean e gli si avvicinò minacciosamente mostrando la sua bella e perfetta dentatura appuntita.
Cominciarono a lottare: Dean fu scagliato un paio di volte contro la parete, si beccò un bel pugno nello stomaco e un bel po' di tagli sulla faccia.
Dopo aver perso il machete dalle mani, tentava disperatamente un'altra via di fuga. Sam era troppo impegnato per aiutarlo e così l'unico modo era scappare. Si trascinava a terra come una lucertola, ma ancora fu bloccato dal vampiro. Lo prese per i capelli e lo voltò con forza verso di lui, piegandosi sulla schiena per guardarlo dritto in faccia. 

«Non ti salverai Dean Winchester. Nessuno può farlo. Tu andrai all'inferno adesso. Oh non preoccuparti, non sentirai nulla te lo prometto... o forse si.» 
Stava per morderlo, o meglio azzannarlo. Quando ad un tratto sentì una voce famigliare dire: «Sangue di uomo morto figlio di puttana!» 
Il vampiro si accasciò accanto a Dean dopo qualche secondo.
Quando il ragazzo alzò lo sguardo vide Ellen sorridergli con la sua solita espressione da mamma preoccupata. 

«Ellen?» 
«In carne ed ossa. Ti aiuto ad alzarti, tesoro.» rispose lei porgendogli poi una mano per aiutarlo ad alzarsi.



Mentre Ellen aiutava Dean, Jo era ancora all'oscuro di quella sorta di "riunione di famiglia". Infatti, appena dopo che Rufus l'avvertì di un vampiro alle sue spalle e decapitatolo con una certa rapidità grazie alla sua nuova arma, si voltò verso la madre, non riuscendo a scorgervi chi vi fosse dietro la sua figura.

I vampiri parevano non finire mai e la stanchezza dei cacciatori iniziava a farsi sentire: ora dall'attacco erano passati nuovamente alla difesa.

Doveva essere un covo davvero importante.
«Vai all'inferno!»
Soliti insulti che spiccavano il volo dalla bocca di Jo, sempre più arrabbiata per via della stanchezza.
«Jo?» Si sentì chiamare da una voce familiare.
«Sam?» rispose un po' vaga, non immaginando che i fratelli Winchester avessero seguito la loro stessa caccia.
«Abbassati!» urlò la ragazza a Sam così da avere la via libera per mozzare una testa dietro le spalle del minore dei Winchester.
Vampiri che colpivano alle spalle: sempre più codardi.

Non appena Sam accennò un "grazie" seguito da un sorrisetto in segno di saluto, Jo scrollò le spalle come a rispondere "Di niente, è il mio dovere!", cosa che pareva farlo ridere.
Interminabili minuti di lotta, sangue ed insulti: fine.
La biondina aggressiva spense l'oggetto infernale che aveva determinato la riuscita del caso e lo mollò per terra, liberando un sospiro di sollievo nell'aria.
Per fortuna era abituata ad alzare pesi consistenti con le braccia. Ringraziava ora come non mai il fatto di lavorare alla RoadHouse... di averci lavorato almeno.
Ahia. Di nuovo dolore.
Per distrarre la sua mente da quel pensiero, passò lo sguardo tutto intorno a lei: corpi giacevano ovunque, per terra il sangue riempiva ogni crepa come se una pioggia di globuli rossi avesse travolto l'intera ed estesa città, tanto da non riuscire a vederne la fine.
Wow, che disastro.
Ora sì che riusciva a vedere a chi stesse donando il suo aiuto sua madre... o in ogni caso ci era arrivata secondo un semplice ragionamento logico.
«Ciao Dean.» lo salutò con viso stravolto e marchiato dal sangue altrui. Bello schifo.
«Credete che ce ne siano altri?» chiese Rufus mentre sopprimeva un senso di nausea e stanchezza.
«Spero proprio di no, per oggi ne ho avuto abbastanza del giardinaggio!» confessò ironica passandosi la manica della giacca sulle labbra.
«Voi avete scoperto qualcosa? Perchè erano qui? E perchè erano così tanti?» 
La curiosità di Ellen spiegava in modo chiaro da chi avesse preso Jo.
«Possiamo parlarne altrove?» propose Dean spinto probabilmente dalla stanchezza. 
Era esausto e ammaccato, più dei tre cacciatori appena incontrati, anche psicologicamente parlando.
Questa volta ad essere ignara della situazione di Dean era proprio Jo, riguardo l'inferno.
«Concordo con il ragazzo! Davanti ad una bella bottiglia di alcol, magari.» lo spalleggiò Rufus, conosciuto per la sua fama di bevitore incallito.
«Già...» mormorò quasi impercettibilmente Jo abbassando lo sguardo sul sangue che le impiastricciava la suola delle scarpe.


Ellen aveva il viso segnato e non in senso letterale, ma figurato. Qualcosa sul suo viso gli faceva pensare che stesse soffrendo. Aveva qualche ruga in più, gli occhi spenti e un sorriso amaro e poco convincente a disegnarle le labbra. Poteva immaginare il motivo per il quale stesse in quelle condizioni. Aveva perso il suo lavoro, la sua casa e... beh, Ash. Ash era un grande e uno della famiglia. Mancava a tutti.

«Come stai, tesoro?» chiese lei, il suo tono era sempre lo stesso: gentile, calmo e premuroso.

«Non c'è male!» rispose Dean restando sul vago. «Come mai sei qui?»

«Rufus aveva bisogno di una mano. Io e Jo siamo qui con lui.» rispose Ellen indicando i due alle spalle del cacciatore, ai quali poi si era aggiunto anche Sam.

Dean si voltò indietro. Sì, aveva avuto il piacere di conoscere Rufus un paio di settimane prima, quando gli aveva chiesto una mano per il suo piccolo problema. Non era esattamente il classico tipo socialmente affabile, ma a chi sapeva come catturare la sua attenzione - per esempio con dell'ottimo whisky - donava tutto l'aiuto del mondo.

«Guarda un po'...» mormorò tra sé e sé non appena vide l'uomo di colore.

Poi, quasi meccanicamente, il suo sguardo si spostò sul vido di Jo, anch'esso spento come quello della madre. Sorrise appena quando incontrò i suoi occhi castani e decise di avvicinarsi spalleggiato da Ellen.

«Dean!» fece subito il fratello avvicinandosi a lui con fare preoccupato.

Prima che potesse aggiungere qualche sua frase melodrammatica, alzò una mano in segno di divieto, come a dire ''sto bene, chiudi il becco!''

«Sei sicuro?»

«Sto bene, Sammy.» rispose in tono secco, attirando l'attenzione di tutti, soprattutto quella di Rufus che lo guardava come a scrutarlo meglio.

Per lui probabilmente Dean era soltanto un morto vivente, un pezzetto di carne, un'anima che presto avrebbe lasciato il mondo terreno. Non aveva tutti i torti infondo.

«Dean Winchester! Ci si rivede...» osservò quest'ultimo con ostentata freddezza.

«Perché questo tono sorpreso?» domandò lui ironico, riuscendo a strappargli un mezzo sorriso e una smorfia di disappunto da parte di Sam.

Poi si rivolse a Jo e le sorrise ampiamente in segno di saluto. Non aveva idea del perché, ma aveva come una strana sensazione... Jo era un po' più fredda e agguerrita, o sbagliava? Tutti quei vampiri chi li aveva uccisi? Non di certo tutti Rufus o Sam.

Si guardò attorno e poi si inumidì le labbra ferite e sporche del suo stesso sangue.

«Abbiamo un vincitore di là. Cosa ne facciamo? Lo uccidiamo o lo portiamo con noi?» chiese, tanto per avere il parere di tutti.

«Non l'avete ucciso?» intervenne Sam che fino a quel momento sembrava essere sparito dietro la montagna dei suoi cupi pensieri.

«Ho usato del sangue di uomo morto. Non avevo altro con me in quel momento.» rispose Ellen annuendo.

«Portiamolo con noi come souvenir. Magari possiamo estorcergli qualche informazione quando si sveglia.» propose Rufus. 
Dean annuì e così fecero anche gli altri. Sam e Rufus andarono a prendere la carcassa dormiente del vampiro, mentre Ellen, Jo e Dean restarono in silenzio a guardarsi.


Sguardi indagatori. Questa era decisamente catalogabile come scena imbarazzante o quantomeno ambigua.

Quindi stavano nuovamente lavorando allo stesso caso, i Winchester e la piccola Harvelle?

Lei credeva proprio di sì, visto che Rufus non avrebbe mollato la presa sui vampiri nemmeno se i Winchester gli avessero staccato la mano a morsi. Cosa che non avrebbero fatto comunque.
Quindi questo era un sì. 
L'unico mistero era se Ellen avrebbe lasciato sua figlia nelle mani dei ragazzi.
A questo quesito Jo avrebbe dato eco alle ipotetiche parole della madre con un sonoro "te lo scordi".
La stava a guardare proprio per capire cosa stesse aspettando per vietarle poi di proseguire la caccia.
«Volete una mano?» chiese Ellen a Sam e Rufus, spazzando via ogni domanda dalla mente di Jo. 
Aveva detto di sì. Cosa l'aveva spinta a farlo, considerando la sua poca fiducia?
«Chi se ne frega!» pensò in risposta Jo abbandonandosi ad un sorrisetto rilassato. Era strano poter essere rilassati nel bel mezzo di un campo di guerra.
Non appena i due cacciatori si avvicinarono al gruppo con il vampiro tra le braccia -una sorta di Bella Addormentata montata e sprovvista di movimento cardiaco-, scossero la testa verso Ellen. Sam si lasciò scappare un "va tutto bene", non riuscendo a reprimere la sua vena altruista, così lo caricarono sull'auto di Rufus a qualche metro dalla rete che divideva quel posto da un altro vasto acro di terra tutto attorno.
A cosa serviva perimetrare un'area nel bel mezzo del nulla? Di cosa avevano paura gli ex proprietari? Degli animali selvatici che non abitavano quella zona?
Tutto molto sospetto.
«Prossima meta?» chiese Dean non staccando lo sguardo dal cacciatore più esperto in quanto più anziano.
«Andiamo da Bobby. Potrebbe aiutarci con le ricerche.» propose saggiamente Ellen trovando accoglimento per la sua idea di radunare più cacciatori possibile. «E potremo anche riposarci un po'.» aggiunse poi lanciando un'occhiata a Jo che di rimando la fulminò con lo sguardo.
Perchè insinuava che Jo avesse bisogno di dormire o di riposarsi? Che anche lei avesse colto la sua vena fin troppo cruenta di cacciare? Probabile.
«E da Bobby c'è l'alcol.» completò Rufus generando risatine da parte un po' di tutti: conoscevano perfettamente il suo amore per l'effetto "benefico" degli alcolici.
«Vado con Rufus. Così, se si dovesse svegliare il vampiro, io sarei lì per riaddormentarlo di nuovo.» avvertì Jo senza esattamente chiedere il permesso. Anche lei aveva ereditato parte della saggezza della madre.
«Va bene. Andiamo?» li spronò la donna salendo poi in macchina e partendo verso casa Singer.
E così anche i Winchester ed il resto della combriccola.
Altro caso a cui Jo avrebbe dovuto lavorare con la testa tra le nuvole.



------------------------------------------------------- Spazio dell'autrice-----------------------------------------------


Inizio ansiogeno di Dangerous Secrets. Lo so, non odiatemi.
Avevamo pensato di iniziare con un po' azione, così, tanto per tenervi ben svegli fin dal principio...
...anche perchè in questa storia ci saranno ben pochi momenti in cui dormire ;)
Per chi non lo sapesse, questa è una sorta di continuazione di ben 2 storie basate sui Winchester e la "piccola" Harvelle:
- Dangerous Hunt (1)
- Dangerous Feelings (2)
Quindi (sempre che vi vada di leggerle), potete trovarle suo mio profilo :D

Continuo a ringraziarvi con il cuore per tutto il tempo che dedicate a me e a Moonlight93. 
Sul serio, vi adoriamo.
Se lasciaste una piccola piccola recensione potremmo anche pensare seriamente di costruirvi un altarino.
Arrivederci miei bellissimi lettori <3

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Capitolo 2
*** I cacciatori non sono fan di Twilight. ***


2 Capitolo 2 - I cacciatori non sono fan di Twilight.


  • Di nuovo in viaggio.
    Dopo essersi assicurato che la carcassa dormiente fosse innocua, Dean e Sam tornarono a bordo dell'Impala e si misero sulla strada che li avrebbe portati da Bobby, il caro vecchio Bobby Singer.
    Da quanto non lo vedevano? Ah sì! Praticamente dalla notte in cui Dean strinse il patto con quel demone dell'incrocio; lui, Bobby, Sam ed Ellen aprirono poi la porta dell'inferno. Da lì si liberarono tutte le anime più devastate, i demoni più malvagi che potessero esistere. Ciò che faceva strano a tutti era che dopo un mese dalla vicenda non era ancora successo nulla di eclatante. Dean per primo si aspettava una specie di piccola apocalisse e invece tutto giaceva... beh, giaceva come al solito insomma. 

    «Dean?» 
    Sam che era seduto accanto al fratello maggiore, sul sedile destro dell'auto, si voltò a guardarlo con un'espressione preoccupata e dubbiosa stampata sulla faccia. Era abbastanza ovvio che stava per porgli uno dei suoi quesiti irritanti. 
    «Mh?» mugugnò Dean senza però rivolgergli nessuna attenzione, gli occhi fissi sulla strada. 
    «Ellen...» fece una pausa e irrigidì le mascelle abbassando lo sguardo. «Tu credi che Ellen... insomma...» 
    «Che Ellen sappia del mio patto? Non lo so, può darsi.» rispose lui senza smontarsi, un tono gelido e distaccato. 
    Non gli importava di andare all'inferno, era stanco. La sua vita, il suo lavoro, tutto ciò che lo circondava ogni giorno, il peso che gravava sulle sue spalle... erano responsabilità troppo importanti da sopportare ancora.
    Occhi Gialli era morto, finalmente, e Sam non era più in pericolo. Sua madre, Jessica e John erano stati vendicati. Il solo pensiero che presto sarebbe tutto finito gli dava sollievo.
    L'unica cosa... l'unica sua preoccupazione era il pensiero di dover abbandonare suo fratello. Sam però se la sarebbe cavata anche senza di lui, era in gamba e non aveva bisogno più di una balia.
    Il suo compito era finito. 

    «Che ne dici di un po' di musica?» e accese lo stereo. Sam scosse la testa e spostò lo sguardo fuori dal finestrino. 
    Odiava che Dean fosse così strafottente riguardo a quel "discorso".
    Lo odiava anche Bobby; Dean ricordava ancora le parole dell'uomo barbuto e rozzo: "Che diavolo hai nella testa? Che cos'hai fatto? Pensi che Sam ti abbraccerà quando lo scoprirà?! Come pensi si sentirà?! Hai una così bassa opinione di te stesso?!? Tale padre, tale figlio!". 

    Bobby... 
    Bobby era stato come un padre per i Winchester. In realtà lo era ancora. 
    «Non posso crederci.» borbottò non appena aprì la porta e accolse il gruppo da poco formatosi. 
    Dean abbozzò un sorrisetto, Jo mostrava come sempre la sua perfetta dentatura, Ellen si limitò ad un cenno del capo e Sam e Rufus - che reggevano il vampiro privo di sensi - si fecero strada in casa.
    Il primo salutò il vecchio brontolone e gli sorrise, l'altro invece disse: «Ho bisogno di bere!» 

    «Che diavolo ci fate qui?» chiese. 
    Come se non sapesse già la risposta! 
    «Ahm... abbiamo organizzato una piccola partita di football e abbiamo pensato di renderti partecipe.» rispose Dean ironico annuendo. 
    Bobby finse una risata. 
    «Siete gentili, ma in questo momento ho altro da fare!» fece lui di rimando, strappando un sorriso al più giovane dei Winchester. 
    «E' bello rivederti, Bobby.» 
    «Sì, anche per me ragazzo!» 
    Diede una piccola pacca sulla spalla al gigante buono e poi gettò un'occhiata a Dean che, prontamente, evitò spostando lo sguardo su Jo.
    Cavolo, Jo! Non la vedeva da secoli, gli sembrava quasi più grande. Era cresciuta... era cresciuta bene. Le rivolse un sorriso e poi si inumidì le labbra. 

    «Alcol!» si lamentò Rufus che aveva steso il vampiro sul pavimento, come se fosse un tappetto di cotone. 
    «Serviti pure!» disse Bobby, poi abbassò gli occhi su quello che apparentemente sembrava un uomo. «Con cosa abbiamo a che fare sta volta?» 
    «Vampiri!» annunciò Jo allegramente. 
    «Oh mio Dio. Siete appena arrivati e già sto nutrendo dell'odio nei vostri confronti.» mormorò a bassa voce ma non tanto da non farsi sentire da tutti gli altri. 
    Dean aveva immaginato che Bobby li avrebbe detestati. Probabilmente gli avevano rovinato la giornata, ma infondo anche a lui faceva piacere rivedere la bella famigliola.


    Ebbene sì, ora erano dall'amato e scorbutico zio Bobby.
    Certo, Jo non avrebbe mai avuto il coraggio di richiamarlo così: l'aveva fatto fino a otto anni e rievocare quei periodi era a dir poco imbarazzante e fuori luogo, nemmeno ci pensava a dire il vero.

    Fatto stava che, in ogni modo lei volesse considerarlo, le era mancato e vederlo in piena forma la tranquillizzava. Perfetta forma parlando in ambito di caccia chiaramente.

    Quel sorrisetto quindi le uscì abbastanza spontaneamente sul viso, interropendosi poi a causa di una richiesta di Rufus: aveva detto molto chiaramente di aver bisogno di alcol e ora voleva solo delle direttive su dove questo si trovasse.

    Tutto sembrava avere posto a casa di Bobby, come se fossero contenti di essere lì, a parlare di vampiri e di prossimi disastri continentali.

    Erano una famiglia, questo gli bastava. E anche se Rufus preferiva essere definito come il solito lupo solitario e ubriacone.. beh, veniva considerato come tale, anche se come partecipe occasionale di quella coraggiosa e altruistica famiglia di cacciatori sventurati.

    Inizialmente Jo riuscì a cogliere una strana occhiata tra Bobby i Winchester e sua madre ma non ci fece molta attenzione: sapeva di una caccia particolare, delle porte dell'inferno ma niente di più.

    E forse per un certo verso era meglio così per lei, decisamente.

    «Non odiarci Bobby, infondo ti abbiamo portato un passatempo che ti distrarrà per almeno un paio d'ore!» scherzò lei scrollando le spalle e controllando che il vampiro fosse ancora al suo posto con la semplice funzione di tappezzeria. 

    Niente male per un non-morto infondo.

    «Ne avrei volentieri fatto a meno, Jo.» rispose Bobby in un tono seccato che ormai tutti conoscevano come suo marchio ironico e brontolone.

    Anche Ellen si concesse una risatina questa volta. Anche sua madre sembrava recuperare un po' della sua luce quando era lì.

    Persa in quei piacevoli pensieri si accorse appena in tempo della semi-coscienza del vampiro, che tanto avrebbe voluto reggersi sulle sue gambe per farli tutti a pezzi.
    Già, se solo ne avesse avuto le forze!

    «Accompagno Mr. Cullen nella sua nuova suite.» sbuffò la biondina scostando una ciocca di capelli dal viso con un semplice movimento della testa, come se quell'atto le stesse pesando immensamente «Sono convinta che le piacerà, sa? E' così rustico.. ha per caso problemi con la claustrofobia?» domandò retorica al vampiro ricevendo in risposta un semplice ringhio strozzato.
    Le faceva quasi pena. Quasi.

    «Non ci sono molte finestre effettivamente.» le resse il gioco Bobby conoscendo bene la sua panic-room: la stanza ideale per interrogare qualcuno o.. anche per farcelo morire. Non che fossero dei sadici o roba del genere, era solo lavoro.

    «Sta attenta.» le raccomandò Ellen dopo aver visto la figlia rifiutare l'aiuto di Sam nell'accompagnare il succhiasangue nel suo prossimo incubo.

    «Sempre.» disse facendosi carico del braccio del vampiro sulla propria spalla.

    «Se solo provi a mordermi o a muoverti, ti uccido.» lo avvertì cruda non tralasciando però un suo sorrisetto, uno dei più minacciosi.

    Lo scaricò poco amabilmente su una specie di brandina al centro della stanza, lamentandosi poco dopo del suo peso con una specie di frase tipo "sei pesante per essere un morto vivente".

    «Vi ucciderò tutti biondina, contaci. E riuscirò anche a fuggire di qui.» minacciò il vampiro ancora stordito dal sangue di uomo morto.

    «E dimmi, vincerai anche la lotteria?» lo prese in giro lei assicurando i polsi del mostro alle cinghie del letto, tentando di limitare i danni alla stanza. 

    I vampiri generalmente erano rabbiosi e snob, se avesse provocato danni alla stanza sarebbe stata una bella seccatura.

    «Anzi, ucciderò solo te e quell'altro colosso buon a nulla. Tanto la maggior parte degli altri cacciatori in quella stanza morirà presto... quanto potrà rimanergli mai?» sputò fuori dalla bocca con acidità il morto vivente sperando di fare del male, anche se solo con le parole, a Jo.

    «Beh, grazie al cielo godono tutti di buona salute, come hai potuto costatare da solo, quindi non contarci troppo.»

    «Quindi tu non lo sai...» si aprì in un sorrisetto malefico lui, con occhi brillanti dal piacere.

    «Cosa dovrei sapere, sentiamo.» canzonò Jo stringendo ancora più forte la cinghia, tanto non avrebbe dovuto preoccuparsi di bloccargli la circolazione sanguigna.

    Era indifferente, come se stesse semplicemente parlando con un pazzo che non faceva che liberare al vento parole senza senso: in un certo senso lato della cosa, lui era drogato dal sangue di uomo morto, non avrebbe dovuto nemmeno riuscire a dire il suo nome, sempre che riuscisse a ricordarselo.

    «Qualcuno ha fatto il cattivo e tra meno di un anno ne pagherà le conseguenze. All'inferno.» scandì per bene l'ultima parole sputando poi un fiotto di sangue.
    «Pensa, tu ne pagherai le conseguenze tra... se ti va bene, massimo 24 ore.» difese senza colpo ferire quel qualcuno che non aveva nemmeno pensato di dover realmente collegare ad una sua qualche conoscenza nell'altra stanza.

  • Dopo che Jo si caricò il vampiro su una spalla e sparì dietro la scalinata che portava in cantina, calò uno strano silenzio imbarazzante.
    Rufus aveva preso posto dietro la scrivania di Bobby, al centro della stanza, continuando a versare del whisky invecchiato nel bicchierino, li vuotava praticamente subito come se stesse bevendo acqua fresca. Ellen aveva cominciato a mettere un po' d'ordine in cucina, passava anche uno straccio umido sui mobili impolverati e mangiucchiati qua e là della tarme. Bobby se ne stava in piedi ad osservare torvamente Dean, come se il ragazzo gli avesse fatto il più grande dei mali. Sam, invece, con una spalla appoggiata allo stipite della porta aspettava con ansia Jo, sperando che laggiù procedesse tutto alla perfezione. Dean se ne stava seduto sulla scrivania e fissava il pavimento, sapendo che qualcuno lì lo stava osservando. Aveva anche una certa idea su chi fosse, ma era meglio non incrociare quegli occhi. 

    «Allora? Ce ne staremo tutto il tempo in silenzio? Siamo qui per un motivo, oltre all'acol.» fece Rufus stizzito, reggendo lo stesso bicchierino già vuotato. 
    Sam annuì e si voltò verso gli altri, pronto ad ascoltare le novità. 
    «Oh, andiamo! Perché avete portato un vampiro qui a casa mia? Cosa volete che ne sappia un maledetto succhiagole?!» 
    Bobby aveva ragione.
    I vampiri "viaggiavano" da soli, in branco e soltanto con vampiri, esemplari della loro stessa specie. Era impossibile che sapessero qualcosa sulla porta dell'inferno aperta un mese prima.
    Eppure c'era qualcosa che non quadrava... 

    «Io non ci scommetterei, Bobby.» intervenne Dean alzando finalmente lo sguardo verso il vecchio. 
    L'uomo aggrottò la fronte, non tanto perché si era permesso di aprire bocca, ma perché si era deciso a guardarlo. Secondo Bobby, Dean adesso era come "esiliato" da tutto: non poteva parlare, muoversi, ridere e fare l'ironico. Non poteva fare nulla perché non poteva permetterselo, era una sorta di punizione per lui. Lo odiava per ciò che aveva fatto. 
    «Che vuoi dire?» 
    «Il vampiro sapeva del mio patto. E la cosa più incredibile era che conosceva tutta la storia, nei minimi particolari.» 
    Dean annuì e inarcò le sopracciglia spostando lo sguardo su tutti i presenti. 
    «Com'è possibile?» chiese Ellen che si asciugava le mani con uno straccio asciutto, appena apparsa alle spalle di Bobby. 
    «Le ha definite voci di corridoio.» disse Sam alzando gli occhi verso Ellen.
    La donna osservò i Winchester accigliata, poi si lasciò andare in un sospiro preoccupato. 
    «Credete che possano c'entrare i demoni con tutto questo?» domandò dopo una lunga pausa di silenzio. 
    «Non lo so, può darsi.» rispose Dean schiarendosi subito dopo la voce. 
    «Nah! E' impensabile. I vampiri non si lasciano condizionare dai demoni, anche se sono degli idioti per la loro razza tutto ciò che proviene dal sottosuolo è qualcosa di inferiore.» ragionò Rufus ad alta voce. «Credono di essere superiori a qualsiasi altra creatura sovrannaturale presente in questo mondo. Non si metterebbero mai a braccetto con dei demoni.»
    «Tanto meglio!» affermò Bobby. 
    «D'accordo, ma allora come faceva Cullen a sapere del mio patto?» 
    «Non ho finito.» fece Rufus spostando gli occhi neri verso quelli chiari di Dean. «Non si metterebbero mai in combutta con dei demoni, ma se i demoni avessero un grosso vantaggio su di loro?»
    Di nuovo silenzio. Dean aggrottò la fronte e gettò un'occhiata a Sam. 
    «Un vantaggio? Un vantaggio tipo un'arma?» 
    «No.» 
    Rufus fece una smorfia a Bobby, come per dirgli ''tanti anni passati a cacciare insieme e non ti ho insegnato niente''. 
    «Un pezzo grosso...» rispose Sam assottigliando lo sguardo. 
    La sua solita aria di chi aveva afferrato ogni cosa. Rufus schioccò le dita e si inumidì le labbra. 
    «Esatto!» 
    «I demoni hanno un capo temibile?» 
    Ellen osservò la scena e ogni tanto gettava un'occhiata alla porta che conduceva alla cantina. 
    «Potrebbe anche non essere un demone ma qualcosa che abbia abbastanza potere da spaventare vampiri e demoni.» precisò Sam annuendo, pensieroso. 
    «Beh, adesso mi sento meglio. Non sono soltanto io ad essere fottuto ora.» fece ironico Dean, abbozzando un mezzo sorriso. 
    Si beccò un'occhiataccia da tutti i presenti, anche se quella più inquietante fu decisamente quella di Bobby. 
    «Idiota.» borbottò a denti stretti.
  • «Non potete ammazzarmi, io vi servo.» svelò misterioso il vampiro osservando le mani fragili di Jo mentre lo assicuravano alla brandina «Non ti sei ancora chiesta perchè io sia ancora vivo? Voglio dire, io sono un semplice vampiro, vivevo qui ancora prima che le porte dell'inferno si aprissero... perchè domandare a me qualcosa che mi dovrebbe essere sconosciuto?» domandò cercando di confonderla... cosa che gli riuscì piuttosto bene a dire il vero.
    L'espressione di Jo infatti era più dubbiosa, con la fronte aggrottata come per dire "ora ti ascolto seriamente, non pensando che tu sia drogato di sangue di uomo morto".
    «Dove vuoi arrivare? E tu cosa ne sai delle porte dell'inferno se, come mi hai detto poco fa, tu eri in "vita" già da prima?» chiese fredda allacciando l'ultima cinghia e incrociando le braccia al petto. Sentiva proprio odore di imbroglio.
    «Te l'hanno tenuto nascosto, eh?» ridacchiò smorfioso mostrando i suoi bianchi canini insanguinati, non sbilanciandosi nel darle delle risposte.
    Una delle cose che i vampiri sapevano far meglio era proprio dare sui nervi. Sapevano come far innervosire qualcuno, come mandarlo fuori pista, come confonderlo con le sole parole. Per questo Jo non gli credeva più di tanto... solo che adesso il vampiro iniziava a lanciarle dei segnali di avvertimento, come a volerle sbattere in faccia il fatto che lui sapesse più cose rispetto a lei, cosa fondamentali vista l'espressione fiera che aveva sul volto pallido e morto.
    Jo rimase in silenzio a fissarlo dall'alto in basso, non muovendo un solo muscolo: sapeva come far paura o quanto meno come mettere a disagio la gente.
    «Biondina, sono davvero dispiaciuto del fatto che debba essere io il primo a dirtelo.» introdusse accennando una smorfia di falso dispiacere sulle labbra «Insomma, sei circondata da familiari che ti vogliono così bene e poi?? Non vengono a dirti nemmeno se hanno fatto un patto con un demone per salvare altruisticamente quanto scioccamente la vita ad un altro cacciatore? Cosa c'è, non hanno fiducia in te o non ti credono abbastanza forte?» continuò a rigirare il coltello nella cerne della cacciatrice, ora colta da un attacco d'ansia. 
    «E se stesse dicendo la verità?» pensò immediatamente Jo spalancando gli occhi per poi ripristinare la sua espressione fredda e trasparente. 
    No, non poteva essere.
    I vampiri mentivano, tutti i mostri lo facevano. Se davvero fosse successa una catastrofe del genere glie l'avrebbero detto, senza dubbio. 

    E poi chi poteva essere così sciocco da scaricare così tanti sensi di colpa su un'altra persona?!
    «No, non può averlo fatto...» mormorò impecettibilmente non ricordando che di fronte a sé avesse un vampiro dall'udito sopraffino.
    «E invece sì, mia cara. Dean marcirà all'inferno tra meno di un anno e tu saresti rimasta all'oscuro... capisci perchè vi servo? Perchè so molte cose che voi non sapete.» scoppiò in una risata inquietante e rumorosa prima di tossire nuovamente sangue sulla sua stessa camicia.
    Immobile davanti al letto Jo si concesse quei pochi secondi per assimilare il tutto, costringendo la sua mente a marchiarlo come falso. 
    Eppure qualcosa che la spingeva a crederci c'era eccome.
    Colta da un aggressiva scossa di rabbia, ruppe il naso del vampiro con un pugno, ascoltandone il lamento subito dopo.
    Doveva uscire di lì. Subito.
    «Non finisce qui.» lo avvertì Jo preseguendo verso l'uscita e sigillandosi la porta alle spalle. Un debole "lo spero" le arrivò all'orecchio ma era meglio non badarci.
    Tornò quindi dai cacciatori nel salone e presto, come se fosse arrivata una spia internazionale, questi si ammutolirono. 
    Sospetto.
    «Iniziava a dare i numeri, credo sia stata per colpa del sangue.» annunciò dirigendosi poi verso il frigo di Bobby per alleggerirsi la mente con una birra.
  • «Abbiamo intenzione di risolvere la faccenda?» domandò Rufus versando altro whisky nel bicchierino, lo stesso bicchierino che aveva visto forse una ventina di giri liquidi. 
    «Se voglio salvare una delle persone più importanti della mia malandata vita dalle fiamme dell'inferno?» chiese ironico e retorico Bobby. 
    Dean roteò gli occhi e sospirò. Sam gettò uno sguardo spento al fratello maggiore. Ellen abbassò gli occhi sul pavimento con malinconia e Rufus sorrise appena con altrettanta ironia. 
    «Non mi riferivo al problema irrisolvibile.» cominciò il vecchio di colore, rivolgendo tutta la sua attenzione a Dean ora. «Sai meglio di me che non c'è modo di scampare ai cerberi.» 
    «Grazie, sei davvero molto rincuorante Rufus.» 
    Dean abbozzò un sorrisetto forzato e annuì, poi si schiarì la voce. 
    «Lui si riferiva al nostro nuovo grande problema. Il vampiro sa qualcosa; lo torturiamo e gli caviamo a forza informazioni. Chi ha un piano migliore si faccia avanti!» 
    Freddezza, subito dopo silenzio non appena si sentì il cigolio della porta che annunciava la tornata presenza di Jo.
    Tutti si voltarono verso la ragazza, ma il discorso si spense come una sigaretta ad una forte folata di vento.
    Sembrava essere stata metaforicamente spaventata, come se avesse appena visto un fantasma. Ovviamente a lei non avrebbe fatto effetto un vero e proprio spirito, ma era così che si diceva no? 

    «E' sveglio.» osservò Rufus voltandosi verso Bobby. 
    Bobby guardò Dean e lui distolse lo sguardo portando gli occhi verso la porta dalla quale era appena entrata Jo. 
    «Vado io.» 
    Si offrì volontario. Era meglio occuparsene di persona, era meglio non far conoscere altri orribili dettagli su come Dean se ne sarebbe andato agli altri. 
    «Dean...» 
    «Sam!» 
    Non disse altro.
    Lo guardò negli occhi e il piccolo Winchester capì che doveva tacere.
    Sam irrigidì le mascelle e Dean gli diede le spalle.
    Prima di scendere in cantina guardò gli altri ì, poi si soffermò su Jo. Aggrottò la fronte e si inumidì le labbra. Qualcosa gli diceva che laggiù il vampiro aveva parlato un po' troppo. Sperava soltanto di sbagliarsi. 

    Aprì la porta e dopo averla chiusa alle sue spalle, scese rapidamente le scale ripide e cigolanti.
    Arrivò fino alla porta della panic-room. Esitò per un momento, poi entrò in scena indossando un sorrisetto sadico e sarcastico. 

    «Dean Winchester...» mormorò il vampiro con voce strozzata, disteso sulla branda con gli arti ben legati. 
    «Figlio di puttana...» rispose Dean chiudendo l'enorme porta di ferro dietro sé. 
    «Oh, ma che linguaggio! Non lo sai che la scurrilità è un peccato mortale?» 
    Doveva ridere? 
    «Giusto! Beh, un motivo in più per finire all'inferno.» disse ironico avvicinandosi ad uno dei mobiletti che nascondeva dei "giochetti" fatti apposta per gli stronzi sovrannaturali. 
    «Ah, ho capito. Adesso mi torturerai per sapere un paio di cose sulla porta dell'inferno, non è così?» 
    «Perspicace!» 
    Dean sorrise ampiamente tirando fuori una siringa da un cassetto. Il vampiro cambiò improvvisamente espressione: da divertito, passò a spaventato. 
    «Vuoi giocare al malato e al dottore?» fece il vampiro tentando di dimostrarsi invincibile. 
    Dean non rispose.
    Mise del sangue di uomo morto nella siringa e poi si voltò verso di lui, avvicinandosi alla branda con passi lenti. 

    «Mi sono sempre chiesto: se un piccolo taglio fatto da un coltello intinto nel sangue di uomo morto vi fa quest'effetto... che effetto farà iniettato direttamente nelle vene?» 
    Il vampiro deglutì e Dean sorrise sghembo sollevando appena la siringa.




    ------------------------------------------------------- Spazio dell'autrice-----------------------------------------------
  • Concludiamo con un bel Dean sadico.
    Tanto è bello pure così... anzi, è ancora più sexy! :Q______
    Ok, basta.
    Chiedo scusa a tutte le fan di Twilight o di Edward Cullen ma era quello che i cacciatori avrebbero detto quindi...
    in un certo senso ho le spalle coperte xD
    Non occorre dirvi che non ho nulla contro di loro, nel modo più assoluto.
    Al di là di questo spero che il capitolo vi sia piaciuto e.. alla prossima! :*

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Capitolo 3
*** Ogni scelta ha una sua dolorosa conseguenza. ***


3
  • Capitolo 3 - Ogni scelta ha una sua dolorosa conseguenza.
  • In cucina Jo rimase seduta con i gomiti poggiati sul tavolo, bevendo quella birra che sperava potesse aiutarla a chiarire la questione... o ad annebbiarla fino a fargliela dimenticare.
    Le parole del vampiro le risuonavano in testa come il suono della nota più acuta di un pianoforte riecheggiava continuamente in una stanza enorme e vuota.
    Era quasi insopportabile.

    Sapeva che la porta dell'inferto si era aperta, tecnicamente non avrebbe dovuto saperlo, no? 

    Poteva essere tutta una montatura, magari era venuto a conoscenza della porta solo grazie a voci di corridoio o, perchè no, magari lui era uscito proprio da quella porta, negando alla cacciatrice di averne mai varcato la soglia. Era un vampiro che diamine, doveva mentire!
    Eppure un'altra dannata nota nella testa le ripeteva costantemente che aveva torto nel pensarla così.
    Bevve un altro sorso di birra, costatando amaramente di averne già toccato il fondo.
    «Tesoro, tutto bene?» mormorò Ellen presentandosi sulla soglia della cucina dove Jo si era rintanata per mettere ordine nella sua testa piena di complesse melodie.
    «Ti prego mamma, evitiamo queste scenate. Sto bene.» ringhiò quasi non degnandola di uno sguardo.
    Il primo campanello d'allarme per la madre.
    «Se sei stanca puoi andare di sopra, ci occuperemo noi del vampiro.» proseguì calma la donna non volendo discutere sul tono aggressivo di Jo, probabilmente era fin troppo stanca anche per per poterlo fare.
    «Mi pare che voi vi occupiate già di fin troppe cose. Sto bene, dormirò quando sarò stanca.» si alzò dalla sedia per poter gettare la birra nel cestino ed avvicinarsi nuovamente al frigo.
    Rapida Ellen le si affiancò, poggiando una mano sullo sportello dell'elettrodomestico come a bloccare l'azione di Jo.
    Un altro sguardo fulminante mandato al destinatario.
    L'ennesimo silenzio carico di parole: se solo fosse stato possibile, scientificamente parlando, in quella stanza si sarebbe condensata dal nulla una nuvola carica di pioggia e tuoni.
    «Cosa vuoi dire con quel "voi" così sottolineato, Joanna Beth?» domandò poi Ellen con sguardo severo misto ad una preoccupazione materna.
    «Ce l'ho ancora con voi perchè avete pensato bene di non chiamarmi quando avete deciso di aprire la porta dell'inferno.» rispose con un tono aggressivo fortunatamente credibile. 
    Non era da lei rimanere offesa come una bambina per qualche caccia negata (anzi, a quello ci era abituata) ma in quel caso, con quel movente così importante, tutto era credibile.
    «Oh...» sussurrò semplicemente Ellen facendo scivolare la mano sul fianco, lasciandola libera di aprire il frigo.
    «Perche mamma, a cosa credevi che mi stessi riferendo?» chiese pacata aspettando una risposta esaudiente. 
    Quella era la prova: poteva dirle tutto o poteva continuare a mentirle.. perchè sì, lei ormai era convinta che quel vampiro avesse fottutamente ragione.
    Solo un "niente", un vuoto e falso "niente" uscì dalle labbra della madre con gli occhi sempre più stanchi e doloranti.
    «Bene. Allora torniamo di là e discutiamo su cosa fare con il vampiro arrogante.» la invitò prendendo una bottiglia di birra per tutti e una di rum per Rufus dagli standard un po' più elevati per poi tornare dagli altri con la solita faccia da "Jo tranquilla" stampata addosso.
    Ringraziamenti a parte, i cacciatori si guardavano tra loro a fasi alterne, a volte sospirando come se stessero pensando a qualcosa di veramente pericoloso e serio.
    «Indovina un po' cosa farebbe sospirare Sam, Bobby ed Ellen così angosciosamente?» le disse una vocina nella testa che avrebbe voluto prendere a pugni. «Rassegnati, Jo.» la esortò infine prima di scomparire dietro un altro sorso di birra.



    «Cominciamo bene.» disse il vampiro spostando lo sguardo dalla siringa per aria agli occhi verdi e arrabbiati di Dean. «Quando andrai laggiù, avrai ottime possibilità di diventare quello che cacci.»
    L'idea era quella di spaventarlo, ma cosa poteva fargli più paura dell'inferno? Presto - mancavano soltanto undici mesi - allo scadere dell'anno sarebbe morto e la sua anima sarebbe scesa dritta nel covo dei demoni. Chissà cos'avrebbe passato lì, quali diavolerie avrebbero effettuato su di lui. Uno di loro glie l'aveva anche detto: non vedevano l'ora di occuparsene. 

    «Sta zitto.» fece Dean, adesso serio. 

    «Non lo sai? Da cosa pensi derivano i demoni, Dean?» 

    Il cacciatore non rispose e il vampiro roteò gli occhi scocciato. 

    «Non posso crederci. I demoni una volta erano perfetti umani, uomini e donne che sono finite all'inferno una volta morte.» 

    Dean aggrottò la fronte e squadrò torvo il vampiro. 

    «Quando sei lì dimentichi chi sei, non riesci più a distinguere il bene dal male e se hai la fortuna di uscire... beh... non sei più quello di una volta.» 
    Silenzio.
    Dean abbozzò un sorrisetto sarcastico e sospirò fingendosi amareggiato. 

    «Vorrà dire che mi auto-eliminerò se dovesse succedere. Ora, dimmi cosa sai sulla porta dell'inferno...» 
    «Sei pazzo se credi che parlerò tanto facilmente.» 
    Fece una pausa di silenzio e poi disse: «Beh, io ci ho provato.» Fece per infilare la siringa nel braccio del vampiro, ma lui lo bloccò con un "ASPETTA" più che sonoro. 
    «So soltanto quello che sai tu.» mormorò impaurito e con voce strozzata. «So che è uscita una mandria di demoni e so che hanno un piano.» 
    «Un piano riguardo a cosa?» 
    Silenzio.
    Il vampiro guardò la siringa e poi Dean. 

    «N-non lo so...» 
    Il cacciatore infilò l'ago nella vena del braccio destro del vampiro e quest'ultimo urlò, tentò di dimenarsi e mise indietro il capo.
    Delle vene viola gli si sollevarono su tutto il corpo e si accentuarono sul collo e sul capo pelato. 

    «PARLA FIGLIO DI PUTTANA!» 
    «Vogliono tuo fratello!!» urlò la creatura non appena il sangue nella siringa andò a finire del tutto in quel po' di sangue che gli circolava in corpo. «So soltanto questo...» sussurrò poi debolmente mentre una scia di liquido rosso gli usciva dalle labbra per colare sul mento. 
    «Chi lo vuole morto? Chi?» 
    Il vampiro boccheggiò e vomito sangue. Dean, col fiatone, lo scrutava con attenzione. Il mostro dai denti affilati si voltò con debolezza e scoppiò in una risatina divertita e rumorosa, inquietante. 
    «Voi due Winchester morirete prima di quanto vi aspettiate.» 
    Dean strinse i denti con rabbia, gli ringhiò quasi addosso per il tormento interiore che stava provando in quel momento. 
    «Beh, anche tu.» 
    Prese l'accetta da sopra il mobiletto più vicino e gli mozzò la testa in un solo e deciso colpo.
    Il sangue schizzò da tutte le parti, anche sul viso ferito del cacciatore, e il pezzo mancante rotolò fino a fermarsi davanti ad una parete.
    Lasciò l'arma per terra e tornò dagli altri, al piano superiore.
    Se avessero voluto nuove informazioni, le avrebbero avute in qualche modo. Non avevano bisogno di uno schifoso vampiro.
  • La conversazione non era granché nello studio di Bobby mentre nella panic-room le cose non si mettevano per niente bene. Riuscivano a capirlo dalle urla doloranti del vampiro evidentemente poco collaborativo.
    Poi queste si interruppero così bruscamente che a tutti fu abbastanza chiaro che il vampiro non godesse più del privilegio della vita... anche se la sua non poteva certamente chiamarsi vita.
    «Peccato, proprio ora che avevamo quasi stretto amicizia.» ironizzò Jo che pareva aver riconquistato la fiducia dei cacciatori con una battutina di così poco conto. 
    Sam era pietrificato al suo posto, in piedi, immobile, come se fosse parte integrante della struttura della porta, Ellen ripuliva la casa di Bobby come se fosse stata la sua, Bobby in risposta le ripeteva di lasciar perdere, che era tempo perso, e Rufus invece continuava a bere disumanamente. Jo non si chiese nemmeno se fosse ancora sobrio, figuriamoci.
    «Avrà scoperto qualcosa?» domandò Sam impaziente a Bobby che giustamente alzò le spalle.
    «Lo sapremo appena tornerà su.» lo rassicurò Ellen fermandosi dal suo "ripulire come segno di nervosismo", proprio come delle volte faceva Jo.
    I passi di Dean risuonarono per tutta la scala poi, quando questi cessarono, l'intero raduno di cacciatori alzò lo sguardo su di lui.
    Gli schizzi di sangue sulla maglia erano davvero il top, il massimo della classe.
    «Allora?» Ecco che Sam ora esigeva una risposta alla sua curiosità che lo stava uccidendo.
    «Cosa vuoi che ti dica, ragazzo? Che è sceso un angelo dal cielo e l'ha assolto da tutti i peccati?» si lasciò scappare Rufus accaldato dall'alcol che l'aveva reso oltretutto anche brillo. Non totalmente ubriaco purtroppo.
    «Rufus!» lo richiamò Ellen con una specie di voce dominante in gola, nemmeno di fosse tramutata in una leonessa pronta a sbranarlo.
    «Cosa vuoi, Jo? Un disegnino?» proseguì nella sua mente quella specie di demone che amava tanto tormentarla «E' dannato, tra un anno verrà sbranato dai cerberi e tu non potrai farci niente. Pensa, non avevi nemmeno il diritto di saperlo!»
    Quanto avrebbe voluto disconnettere il cervello.
    «Sa quello che sappiamo noi. Anzi, sapeva.» annunciò semplicemente Dean scrollando le spalle.
    «Sicuramente sapeva più cose di me.» disse tranquilla Jo lasciando sotto lo sguardo degli altri nient altro che un pallido sorrisetto ironico ed esausto a causa della voce interiore.
    «Non importa, troveremo qualcun altro che sappia dirci di più.» canzonò in tono pacifico Ellen come a voler donare speranza più a Sam che a Dean, dall'aria completamente assente, quasi come se non si stesse parlando della sua vita.. o della sua morte.
    «Già, è vero. Tanto abbiamo tutto il tempo del mondo, no?»
    Oh quanto si stava divertendo a lanciare frecciatine, sul serio. 
    Per un momento, anche la sua voce nella testa si era ammutolita per dedicarle un lungo e caloroso applauso.
    Finalmente quella voce, quell'ombra aveva un nome: Ira. O anche Delusione, per gli amici.
    Ora sì che aveva attirato l'attenzione.
    «Beh, chi se ne frega.» pensò immediatamente facendo un altro sorso e perdendosi nella piacevole sensazione di conforto che per quei pochi secondi quella bevanda le concedeva.
    «Ne vuoi un po'?» chiese con studiato menefreghismo, scuotendo la birra accanto al proprio viso mentre guardava Dean.
    Si era accorta eccome di avere il suo sguardo addosso da un po', non era certo una cretina.

    «Chi se ne frega.» pensò ancora all'unisono con la sua amata amica Ira.
  • Dean non voleva salvarsi, non voleva.
    Era stanco e l'idea di non dover sopportare più alcun peso era così rilassante da costringerlo a socchiudere le palpebre e sospirare. O almeno, lo era prima di sapere quello che aveva appena scoperto.
    I demoni volevano Sam morto? Prima Occhi Gialli, ora i suoi seguaci. C'era qualcosa sotto, ne era certo. Qualcosa di molto più grande di un semplice demone.
    Come avrebbe fatto a salvare suo fratello sta volta? I demoni non aspettavano altro lo scadere dell'anno per attaccare: senza Dean tra i piedi avevano più possibilità di uccidere Sam. Questo pensiero gli assalì la mente e divorò il suo cervello mentre percorreva la rampa di scale che portava al piano superiore.
    Poi, quando varcò di nuovo la soglia, tutti gli diedero il bentornato con uno sguardo curioso e preoccupato e Jo... beh, aveva capito. 

    Non rispose alla sua domanda ovviamente ironica ma continuò a guardarla con un'espressione che era sicuro non aveva mai avuto stampata sul viso.
    Abbassò lo sguardo e sospirò. 

    «Vogliono Sam.» disse improvvisamente quando il silenzio cominciò a regnare sovrano. 
    I presenti si voltarono a guardare Dean, adesso con decisa paura.
    Il cacciatore tirò su col naso e si passò una mano sulle labbra: classico gesto nervoso. 

    «E ha ragione Rufus. C'è qualcosa molto più grande di loro a comandarli.» aggiunse. 
    Come se non bastasse il primo e il secondo problema! 
    «Devoto ad Occhi Gialli?» fece Bobby accigliato. 
    «Ho pensato la stessa cosa, ma credo che Occhi Gialli fosse niente in confronto...» rispose Dean alzando gli occhi verdi verso il vecchio. 
    Sam continuava a guardare il profilo di Dean con una faccia che avrebbe commosso chiunque l'avesse guardata. 
    Nessuno dei due fratelli pensava alla propria vita o alla propria morte.
    Dean aveva paura di quello che sarebbe potuto succedere a Sam dopo che i cerberi sarebbero venuti a prenderlo; Sam temeva di perdere il fratello maggiore e avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non far arrivare la sua ora. 

    Dean alzò il viso verso quello di Sam.
    Quest'ultimo scosse la testa con rabbia e uscì dalla dimora di Bobby senza dire una parola, andandosi a rifugiare tra le vecchie e inutilizzabili auto.
    Dean guardò gli altri e poi andò a raggiungere il fratello, camminando con passo lento e apparentemente tranquillo.
    Restarono per un po' in silenzio a guardarsi, poi Sam scoppiò. 

    «Non avresti dovuto!» cominciò il ragazzo, non esattamente a voce bassa. «Non avresti dovuto farlo!» 
    «Di che stai parlando?» 
    «SAI BENISSIMO DI COSA STO PARLANDO, DEAN!» urlò poi senza degnarsi degli amici che, molto probabilmente, - anche se involontariamente - stavano ascoltando la loro discussione. 
    «Sam sta calmo!»
    «Non dirmi di stare calmo! NON DIRMI DI STARE CALMO!» 
    Cominciò a marciare avanti e indietro sul terriccio. 
    «Tu sei un idiota!» 
    «Oh grazie!» rispose ironico Dean, sorridendo impercettibilmente. 
    «Non sto scherzando. Sei un idiota, lo sei. Tu morirai e non ti importa nulla. Andrai all'inferno, Dean!» 
    Silenzio. Si guardarono ancora negli occhi. Sam il volto rigato dalle lacrime, Dean accigliato e cupo. 
    «Perché l'hai fatto? Perché?» 
    Si avvicinò così minacciosamente che Dean dovette indietreggiare.
    Poi un pugno in pieno viso. 

    «Avresti dovuto lasciarmi morire!» 
    Dean si copriva il volto insanguinato, il naso perdeva sangue. 
    «Non potevo, Sammy. Io non posso vivere se tu muori...» 
    Di nuovo silenzio, poi Sam si scagliò contro di lui come una furia.
    Non l'aveva mai visto così... arrabbiato.
    Dean non alzò un dito per difendersi, si lasciò picchiare dal fratello minore perché infondo sapeva di meritarlo e se Jo si fosse aggiunta a quella rissa non ne sarebbe rimasto sorpreso.
    Bobby e Rufus arrivarono quasi subito per fermarlo. Gli bloccarono le braccia e lo allontanarono da Dean, disteso per terra con il volto quasi sfigurato. 

    «Calmo ragazzo! Ma che ti è preso?» 
    Riusciva a sentire in lontananza le voci dei due uomini, anche se non distingueva quella di Bobby o Rufus.
    Sospirò quando vide il volto di Ellen oscurare la luce del sole. 

    «Oh mio Dio...» sussurrò quest'ultima spaventata. «Vieni tesoro, ti aiuto ad alzarti.» 
    Quella era la seconda volta nell'arco della giornata.
  • Le cose non andavano affatto per il verso giusto. 
    Ogni volta che Jo si chiedeva se potesse succedere qualcosa di ancora più disastroso di ciò che stava già accadendo... beh, questo accadeva, proprio come una puntuale ed inquietante maledizione.
    Le urla che tutti i cacciatori sentirono fuori dalla casa erano in un certo senso comprensibili, non si poteva certo biasimare l'ira disumana di Sam. Solo non credevano che questo potesse addirittura arrivare a picchiare il fratello.
    Immediatamente tutti si mobilitarono, precipitandosi verso la soglia della porta.
    Preoccupata, Jo, come tutti gli altri membri di quella meravigliosa e disastrosa "famiglia allargata", lasciò la bottiglia sulla scrivania e corse all'esterno dell'edificio.
    «Non credevo fosse possibile.» rifletté tra sé e sé la ragazza vedendo Dean per terra e Sam tra le braccia dei due cacciatori più anziani mentre tentavano pazientemente di farlo ragionare.
    Continuava a dimenarsi, a chiedere al fratello il perchè della sua avventata e, a suo parere insensata, decisione di morire al posto suo. Di andare all'inferno per lui. 
    Sicuramente per Dean erano più dolorose le parole che il pugno in sé per sé mollatogli sul naso con una certa violenza.
    Quando Ellen si avvicinò a Dean per aiutarlo, Jo si avvicinò a Sam, ansimante per le urla e con le vene del collo gonfie come se non avesse respirato per minuti e minuti.
    Il suo viso era ancora rosso e i capelli appena scompigliati dalla foga del momento. 
    Era certa di non aver mai visto Sam in quelle condizioni. 
    Così scoprì il lato dei Winchester che non andava, quello di cui ignorava l'esistenza.
    Il loro volersi difendere a vicenda in modo così morboso, quella era la scogliera infrangibile.
    «Sam.» lo chiamò calma lei, invitandolo con lo sguardo a calmarsi e a prestarle attenzione. «So che adesso non riesci nemmeno a riconoscermi per via della rabbia, ma devi ascoltarmi.» lo esortò cercando di comunicargli la sua totale comprensione.
    Ovviamente non era la stessa cosa. Jo era Jo mentre Sam.. Sam era suo fratello, vi era un'immensa differenza. 
    Ma su qualsiasi piano essi si collocassero, soffrivano entrambi.
    «No Jo, tu non-»
    «Io cosa? Non capisco?» completò la sua frase lei scuotendo la testa e lasciando che il suo sguardo attraversasse la retina di Sam per arrivare fino al sistema nervoso come un sedativo immediato. «Sam, tuo fratello è grande e vaccinato, ha la capacità di intendere e di volere. Credi che non sappia cosa lo aspetta?»
    «Ma Jo, lui.. ascolta-»
    «No, ascoltami tu.» lo costrinse quasi evitando di puntargli l'indice contro come solitamente faceva con Dean. «Capisco che tu possa sentirti sepolto dai sensi di colpa ma, diversamente da ciò che pensi tu, non è colpa tua. Non hai deciso di morire, non hai deciso di costringere Dean a stringere un patto con un demone per salvarti. Sai di chi è la colpa?» domandò retorica facendo un piccola pausa per riprendere fiato. «Sua.» disse con non-chalance indicando con il capo il ragazzo sanguinante alle sue spalle.
    «Proprio per questo!» commentò il fratello minore non riuscendo più a seguire il filo logico del discorso.
    «E chi è responsabile delle azioni di Dean?» continuò a fissarlo, questa volta pretendendo una risposta alla sua domanda seppur retorica. «Sam?» lo chiamò come a fargli notare che aspettava una sua risposta.
    «Dean.» mormorò poco convinto Sam scuotendo la testa. 
    Non la pensava così, non la pensava come lei, ma almeno si era calmato.
    Era esattamente quello che Jo voleva.
    «Già. Adesso rientriamo. Abbiamo bisogno di riposarci...» propose riacquistando il suo tono gentile e pacato, notando con la coda dell'occhio l'ammirazione di Bobby e Rufus per lei. «... un po' tutti.» concluse poi voltandosi verso Dean per guardarlo.
    «Ci sa fare la ragazzina con le parole.» commentò Rufus staccando le mani dalle braccia di Sam.
  • «Grazie Ellen.»
    Ed ecco, di nuovo a ringraziare per la seconda volta quella donna.
    Quel giorno era davvero uno dei peggiori che lui avesse vissuto in tutta la sua vita. Uno dei peggiori, sì, perché ne aveva avute tante di giornatacce, forse una più frustrante dell'altra.
    Giorni orribili e indimenticabili allo stesso tempo, purtroppo. Momenti che se avesse potuto avrebbe cancellato senza pensarci due volte.
    L'unica cosa che rendeva quella situazione più sopportabile erano loro: Ellen, Bobby, Rufus, Sam... e Jo.
    Non stette ad ascoltare le parole della ragazza, era troppo lontana dal punto in cui Dean giaceva per poterla ascoltare, ma vide che in qualche arcano modo era riuscita a calmare Sam. 

    «Forza, tirati su!» fece Ellen tentando di metterlo in piedi, mettendosi un braccio del ragazzo dietro al collo. «Appoggiati a me, tesoro.» 
    Dean continuava a guardare la scena a pochi metri da lui.
    Rufus e Bobby erano forse sorpresi quanto i due cacciatori. Non aveva mai visto Sam tramutarsi in quel modo barbaro, ma non aveva mai visto Jo prendere il toro infuriato per le corna. 

    «Ci sa fare la ragazzina con le parole.» disse Rufus quando Jo diede le spalle ai tre per tornare in casa. 
    Dean la seguì con lo sguardo e ricambiò la sua occhiata, colpevole. 
    Aveva tutti i motivi di questo mondo per avercela con lui, non la biasimava e non biasimava nemmeno l'ira funesta del fratellino. Soltanto glie l'avrebbe fatta pagare per quel pugno sul naso. 
    «Entriamo in casa...» sospirò Ellen rivolgendo un dolce sorriso a Dean. 
    Il ragazzo annuì e gettò uno sguardo a Sam, era più un'occhiataccia. 
    «Stronzo.» borbottò appena, ma non tanto da evitare di farsi sentire. 
    «Idiota!» ribatté l'altro di rimando. 
    «La piantate?» intervenne Bobby zittendoli all'istante. 
    Una volta dentro casa si ritrovarono tutti nella stessa posizione in cui erano prima di lasciare i loro posti: Rufus a bere dietro la scrivania, Bobby al centro della stanza e scrutare Dean con serietà, Sam appoggiato allo stipite della porta - adesso anche lui osservava Dean con un'espressione omicida - ed Ellen e Jo in cucina, la prima a pulire e l'altra a scolarsi la birra. 
    «Quella ferita andrebbe medicata.» suggerì la donna, che passava di nuovo lo straccio sui mobili. 
    «Oh, ahm...» Dean si schiarì la voce e e si sfiorò appena il naso con due dita «...non è niente. E' soltanto un po' di sangue. Per fortuna Sam non ha idea di cosa sia un pugno.» 
    Fu l'unico a ridacchiare in quella stanza.
    Tutti lo guardavano come se avesse appena ucciso qualcuno.
    Sam scosse la testa e arricciò le labbra in una smorfia di disgusto. Dean sospirò e abbassò il capo chiudendo gli occhi. 

    «D'accordo, sto zitto.» mormorò tra sé senza aggiungere altro. 
    «Jo, tesoro... te ne occupi tu?» domandò gentilmente Ellen alla figlia, indicando con un cenno Dean seduto in "soggiorno" - se così si poteva definire quella stanza - su una sedia cigolante.




    ------------------------------------------------------- Spazio dell'autrice-----------------------------------------------
  • Quando quei due se le danno di santa ragione o anche solo quando uno dei due piange... beh, io muoio.
    Lentamente e dolorosamente: agonizzo proprio, a dire il vero.
    Questo capitolo è na tristezza, lo so, ma lo adoro.
    Dimostra che Dean e Sam la pensano in modo diverso, che non vanno sempre d'amore e d'accordo.
    Cosa abbastanza ovvia, concordo, ma solitamente si tende a descrivere la loro parte ironica, la loro complicità...
    che in teoria è una delle cose più belle dei Winchester.
    Basta, sono semplicemente fiera nel nostro lavoro.

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Capitolo 4
*** Sul filo di un rasoio. ***


4
  • Capitolo 4 - Sul filo di un rasoio.
  • Se poteva occuparsene lei?? Oh certo, non vedeva l'ora di farlo!
    Ma per cortesia.
    Bere quella birra, vederne il fondo e maledire la velocità con la quale aveva svuotato la bottiglia: quello non vedeva l'ora di fare.
    Evidentemente qualcuno nei piani alti non era molto propenso a farla incamminare verso il buon cammino della confusione da sbornia.

    Lanciò un'occhiata alla madre, pronta a rifiutare ma, colta da una specie di doppio senso di colpa, sia per la madre stranamente gentile sia per Dean dal naso ormai violaceo, sospirò lasciandole la bottiglia di birra sotto il naso, come ad invitarla a finirla: ormai aveva capito che non era destino sentire l'alcol scorrerle nella gola, proprio no.
    Raggiunse l'altra stanza trascinando quasi i piedi e strofinandosi gli occhi con un sentore di stanchezza: quanto stress avrebbe dovuto sopportare ancora?
    Se solo il vampiro avesse avuto ancora la testa attaccata al collo, le sarebbe piaciuto molto dargli un altro pugno sul naso: l'aveva trovato molto liberatorio durante la loro amichevole conversazione mascherata da tragica rivelazione emotivamente traumatica.
    Ecco, forse in quella circostanza un pugno soltanto non sarebbe bastato.
    Guidata dallo stridio che come un lamento produceva la sedia di Dean, gli si avvicinò paziente, scostando poi la mano dagli occhi.
    Solo un rapido scambi di sguardi e successivamente Jo si voltò verso Bobby, come ad aspettare una sua risposta ad una domanda mai pronunciata ma che era comunque presente nell'aria.
    «È di sopra, accanto al vecchio armadio di legno.» le diede le indicazioni il padrone di casa, staccando gli occhi severi dalla figura di Dean solo per pochi secondi.
    Dean aveva ormai capito le sue intenzioni e, risoluto e testardo come al solito, era pronto ad aprire bocca per ribattere.
    «Se provi anche solo a pensare le parole "sto bene", giuro che l'altro pugno te lo do io.» confessò a cuore aperto ma senza alcuna espressione eccessivamente minacciosa.
    Forse il ruolo del vampiro poteva essere rimpiazzato infondo.
    Ecco una frase che fece ridere Ellen nell'altra stanza, orgogliosa del "caratteraccio" della figlia, di tanto in tanto. «E sai bene quanto facciano male, i miei.» si lasciò scappare un sorrisetto, non riuscendo la rabbia a non farle filtrare quel gesto socievole attraverso i movimenti del volto. 
    Sperava solo che se lo ricordasse a questo punto. Il pugno, ovviamente.
    Continuavano a fissarsi, quasi come se non riuscissero a capirsi con il solo linguaggio che avevano a disposizione. 
    Come se lo sguardo fosse fondamentale per riuscire a carpire alcune informazioni vitali per una buona comunicazione: si stavano studiando in sintesi. E il loro non riuscire a trovare una risposta, anche solo una, li faceva sembrare degli stupidi. 
    «Cosa devo fare, prenderti di peso, per caso?» lo punzecchiò inarcando le sopracciglia e scuotendo la testa per poi avviarsi verso le scale.
  • Non aveva chance: Dean era piuttosto testardo - lo era eccome - ma quando Jo ci si metteva riusciva ad essere più testarda del sottoscritto.
    Avrebbe tanto voluto dire la frase ''sto bene'', dirla e ripeterla più e più volte se fosse stato necessario, ma a cosa sarebbe servito se poi si sarebbe dovuto sottomettere comunque comando/consiglio di Jo? Il problema non era soltanto lei, a dire il vero. Non si trattava soltanto della ragazza bionda, no. Si trattava di tutti i presenti: se non fosse stata lei ad insistere sarebbe stata Ellen, o Sam - forse non in quel momento visto che lo stava odiando con tutto se stesso - o Bobby o... no, forse Rufus no; aveva come la sensazione non stargli proprio simpatico. 

    Dean guardava Jo intensamente, in un certo senso leggermente intimorito da tanta determinazione.
    Sospirò e roteò gli occhi non appena un sorrisetto convinto le spuntò su quel bel viso che si ritrovava. Si schiarì la voce e si alzò dalla sedia molto tranquillamente, come se avesse tutto il tempo del mondo. 

    «D'accordo, andiamo..» mormorò. 
    Non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che Jo era già su per le scale.
    I suoi passi erano così sonori che anche il vampiro nella panic-room l'avrebbe sentiti, ovviamente se avesse ancora la testa attaccata al collo. Se quei passi fossero stati parole, Dean ne era certo, sarebbero state imprecazioni contro di lui. 

    Dopo qualche secondo la seguì su per la lunga scalinata.
    Una volta arrivato in cima, si fermò al centro del corridoio e si guardò attorno; per un breve istante immaginò una scena straziante e distorta: Jo che spuntava da un angolo con in braccio una motosega e gli andava incontro minacciosamente. Forse era stata la scena di poche ore prima a condizionarlo a tal punto da immaginare certe cose, - aveva ucciso un sacco di vampiri la biondina con quell'affare - o forse era stata la tensione che si era creata tra i due. 

    Avanzò verso la fine del corridoio, dove ad aspettarlo c'era Jo che rovistava in un piccolo armadio di legno, dal quale poi tirò fuori il kit d'emergenza con dentro tutto l'occorrente. Gli gettò un'occhiata e gli indicò la stanza da letto di Bobby. 
    Oh certo! Non poteva medicarlo in un posto più popolato? Nah! In un'altra occasione avrebbe dato qualsiasi cosa per passare un po' di tempo da solo con Jo, ma adesso... beh, non riusciva nemmeno a guardarla senza sentirsi in colpa. 
    Di nuovo la seguì, entrò nella stanza dopo di lei.
    Si guardò nuovamente attorno, come per assicurarsi che il vecchio brontolone non avesse fatto nessun cambiamento oltre alle lenzuola, e poi si avvicinò al lettone sedendosi sul bordo sinistro del materasso. Per qualche secondo Dean osservò Jo - gli dava le spalle - sistemare il necessario e l'occorrente per la medicazione, poi, quando lei si voltò, abbassò lo sguardo sul tappeto disteso ai piedi del letto. 

    «Alza il viso.» gli suggerì poco simpaticamente lei. 
    Dean sospirò e obbedì cercando di sopportare in tutti i modi possibili quella drastica situazione. In più si metteva a tamponare senza delicatezza! 
    «AH!» mugugnò lui allontanando la testa dalla sua presa. 
    «Oh andiamo, non fare il bambino!» 
    «Fa male!» si ribellò lui guardandola accigliato. 
    D'accordo, d'accordo. Dean era un po' stronzo e lei ce l'aveva con lui con tutte le ragioni di questo universo, ma non per questo le era permesso di contribuire alle sue sofferenze fisiche. 
    Jo alzò gli occhi in aria, come per cercare conforto sul soffitto, poi tornò a tamponare il gonfiore sul naso di Dean con un po' di ovatta inzuppata di qualche disinfettante, e questa volta in modo delicato.
  • Il povero Dean soffriva per colpa della cattiva Jo che aveva un'espressione abbastanza severa stampata in faccia. 
    La cattiva Jo avrebbe tanto voluto cambiare i connotati al povero Dean che si lamentava della sua poca delicatezza nel curarlo.
    Una scenetta fantastica.
    La voglia di conversare era praticamente inesistente mentre quella di litigare era alle stelle... almeno da parte di Jo. Anche se litigare senza l'ausilio delle parole sarebbe stato un vero dilemma.
    Lamentele a parte, nella stanza non si era ancora creato nessun clima di ostilità pericolosa, quel tipo di ostilità che avrebbe permesso a Jo di far avverare il suo desiderio di concludere l'operato di Sam. 
    Operato di cui si stava occupando proprio in quel momento, mentre tamponava il suo naso con aria pressoché assente.
    «Fa male, tze!» ironizzò Jo scuotendo la testa e lasciandosi trasportare da un sorrisetto sarcastico «Ma sentilo! Si lamenta per così poco!»
    Adesso anche lei iniziava a seguire le orme del Winchester: si lamentava.
    Oh quanto ne aveva bisogno.
    «Credo che ci sarà ben poco da fare.» mormorò poi lei attirando l'attenzione del cacciatore.
    No, non aveva ritrovato la voglia di conversare. 
    Non voleva parlare della sua situazione, del fatto che tra meno di un anno sarebbe dovuto andare all'inferno. Non voleva parlare della sua odiosa sconsideratezza che credeva potesse renderlo forte agli occhi degli altri, non voleva sbranarlo vivo perchè non l'aveva nemmeno avvertita del suo patto, non voleva dargli del suicida perchè non voleva trovare, o almeno cercare, una soluzione a quel casino, non voleva dimostrargli la sua delusione ora che aveva fin troppi problemi per la testa.
    Non in quel momento almeno, nonostante si chiedesse tra sé e sé se ce ne sarebbe stata più occasione nell'arco di quel maledettissimo anno rimanente.
    «Riguardo al naso, ovviamente.» aggiunse subito dopo accantonando l'argomento in quel reparto del cervello dove conservava tutta la sua collera verso l'intero universo. «Ti sei beccato un pugno, non ti hanno sparato. Non c'è niente da estrarre, niente da ricucire e niente per cui bere litri d'alcol per alleviare il dolore.» spiegò facendo spallucce e continuando a tamponare, visto che era l'unica cosa che potesse fare.
    «Niente per cui bere?» ripetè lui volendola correggere. 
    Lui lo voleva l'alcol, eccome. Sarebbe potuto tranquillamente annegarci dentro, a quel punto.
    «Sai cosa intendo...» rispose schiva tentando ad ogni costo di deviare l'argomento. 
    Eppure prima, in salotto, gli stava allegramente sbattendo in faccia il fatto di saperlo, nonostante lui glie lo avesse tenuto segreto? Nascosto? Nemmeno lei sapeva come pensarla. 
    Fatto stava che rimaneva una ragazza strana.
  • Aveva sbagliato, aveva sbagliato. Cosa doveva fare? Frustarsi? Andare in chiesa a confessarsi per i suoi peccati? Anche la chiesa gli avrebbe sbattuto il portone in faccia in quella situazione, ne era certo.
    Quello che aveva fatto di sicuro non era normale, era tutto tranne che normale. Strano, sbagliato, pericoloso, imprudente, innaturale e molte altre cose... ma nonostante questo l'avrebbe rifatto se gli avessero dato l'occasione di tornare indietro col tempo. Lui avrebbe rifatto la stessa identica azione, lo stesso identico patto. Probabilmente non era una persona sana di mente, ma chi lo era se aveva passato l'intera vita a salvare la gente dai mostri? Persino Jo, che era una specie di novellina nel campo, era un po' schizzata.
    Dean non poteva vivere senza Sam. Egoismo? Sì, molto e troppo. Era egoista, ma non se ne vergognava. 

    "Tuo padre ha dato la vita per te! Cosa pensi farebbe sapendo che tu l'hai gettata via in questo modo?" - "Almeno sono servito a qualcosa." 
    Furono quelle parole a mandare Bobby in bestia. Per questo non riusciva a non lanciargli inutili occhiatacce, per questo lo odiava e aveva voglia di torturarlo.
    Dean aveva sempre ritenuto inutile il sacrificio di suo padre. Per un lungo periodo aveva un chiodo fisso nella testa: come avrebbe fatto a vivere sapendo che John era morto a causa sua? Ma da un paio di mesi lo aveva capito, pensava di avere una missione, la stessa missione che suo padre gli aveva assegnato prima di lasciarlo. Doveva badare a Sam e doveva impedire che gli accadesse qualcosa. Infondo lui aveva soltanto fatto il suo lavoro. Ma quando sarebbe andato all'inferno, chi avrebbe salvato Sam dal misterioso 'capo dei demoni'? 

    «Jo, ahm...»
    Jo non rispose, sollevò soltanto gli occhi verso i suoi per brevi istanti. Dopo di ché tornò a guardare il suo naso gonfio e violaceo. Dean si schiarì la voce, tossicchiò.
    «... dobbiamo parlare.» 
    La ragazza inarcò le sopracciglia e sorrise visibilmente ironica.
    Sembrava gli stesse dicendo "parlare? Io non voglio avere più nulla a che fare con te!".
    Come poteva darle torto?

    «Per favore.» aggiunse poco dopo, non appena notò la sua espressione stizzita. 
    La guardò dritto negli occhi e quando tornò ad essere seria, Dean sospirò.
  •  «Esattamente quello che mia madre voleva.» disse perennemente ironica e facendo spallucce, accogliendo a braccia aperte quell'espressione dubbiosa di Dean. «Avanti, sul serio credi che mia madre fosse così preoccupata per un semplice pugno sul naso?» domandò retorica questa volta un po' più seria di prima, continuando a tamponare con la delicatezza richiesta dal "paziente-bambino". «Se n'è accorta. Beh, credo che un po' tutti si siano accorti del fatto che io... sono davvero incazzata nera con te. E tu vuoi parlare con me solo perchè, stranamente, anche tu ti sei reso conto di quanto io sia furiosa.» spiegò calma mentre dentro un esercito tentava di fermare una sanguinosa ribellione. 
    Dean non si azzardava a parlare. Riuscì perfettamente a capire da solo che Jo aveva così tante cose da sputargli amaramente in faccia che l'unica cosa che gli rimaneva da fare era stare zitto ad ascoltarla ed incassare i colpi che da una parte pensava di meritare mentre e da un'altra no.
    «E quindi? Di cosa vorresti parlare, Dean? Perchè davvero, non mi va di parlare della mia ira. Anche perchè, a dirla tutta, non so nemmeno il motivo che mi abbia spinta ad incazzarmi con te.» 
    Oh-oh. Quello sembrava quasi uno sfogo.
    «Ti conosciamo Dean. Tutti. Io, Bobby, mia madre, Sam.. penso che anche Rufus abbia capito il tuo caratteraccio. Sapevamo che se fosse capitata una cosa come la morte di tuo fratello, tu avresti fatto un patto anche con Satana in persona per riportarlo indietro. Quindi questa novità non avrebbe dovuto farmi alterare così, no?» motivò con un intercalare di voce tormentato, come se avesse una lista infinita di motivi per non detestarlo. «Pensi che sia per il fatto che tu non abbia voluto dirmelo? Non erano affari miei. Allora perchè sono stata l'ultima a saperlo, o meglio, a scoprirlo? Non erano affari miei. Saperlo o non saperlo, ora, non cambia niente.» si fermò non potendo più dare fiducia alle sue mani e al suo auto-controllo di ferro. «Come non sarebbe cambiato nulla se fossi stata lì con te mentre partorivi quella geniale idea suicida. L'avresti fatto comunque.» scosse la testa senza aspettarsi una risposta, non ne aveva bisogno.
    Era fin troppo convinta delle sue parole. «Renderti partecipe della mia insensata ira non porterebbe a nulla se non ad un tuo accrescimento di sensi di colpa... e non ne hai certo bisogno.» finì di dire con quella sua razionalità che aveva salvato Dean dalle urla. «Quindi... ecco, non parliamone.»
  • Silenzio.
    Dean aveva ascoltato ogni sua singola parola e queste erano come lame taglienti che gli perforavano il petto e centravano dritto il cuore. Il suo ne aveva di cicatrici, ma quella nuova ferita... non lo sapeva, era strano soffrire così tanto per delle parole.
    Non ebbe nemmeno il coraggio di aprire bocca, restò semplicemente a guardarla a denti stretti.
    Cosa avrebbe dovuto dirle? "Mi dispiace per non averti detto del mio patto col demone"? Sarebbe stato stravagante, inopportuno e sarebbe stata anche una bugia. Non si era pentito di non averle raccontato del suo breve incontro col demone dell'incrocio, ma odiava il fatto che lei l'avesse scoperto in quel modo. 

    Abbassò lo sguardo - incapace di tenerlo fisso ancora per molto sul suo - si schiarì la voce e sospirò. 
    «Dobbiamo parlarne invece.» 
    Il suo tono di voce era roco, come se stesse trattenendo un nodo in gola. Il cuore gli batteva così forte che per un momento pensò che Jo avesse sentito le sue palpitazioni. Tornò a guardarla.
    «Non avresti dovuto saperlo.» 
    A quelle parole un sorriso - a Dean parve di disprezzo - si disegnò tra le labbra della ragazza. 
    «Non avrebbe dovuto saperlo nessuno, nemmeno Sam.» aggiunse poco dopo, annuendo. «Lo so, mi detesti. Tutti mi detestano in questa casa, ma sai cosa? Non mi importa.» fece una breve pausa e poi sorrise ironico. «Voi non capite, non potete capire. Io senza mio fratello sono perso, se l'avessi lasciato a marcire sarei durato meno di un anno.» 
    Ed era vero. Sam era la sua forza, la sua speranza, il sangue del suo sangue, la ragione per la quale era ancora in piedi, era suo fratello. Non poteva lasciarlo morire. 
    «E non pensi a lui?» domandò con rabbia Jo, guardandolo con un'espressione rabbiosa. «Non credi che anche lui provi le stesse cose nei tuoi confronti?» 
    «Meglio io che lui.» rispose il cacciatore prontamente, alzando debolmente le spalle. 
    «E non pensi a noi?» 
    «Voi ve la caverete benissimo anche senza di me.» 
    Dean abbassò di nuovo gli occhi deglutendo quantità esagerate di saliva. 
    «Non pensi a me?» 
    Quella domanda lo spiazzò, infatti alzò lo sguardo sorpreso e tacque per una bella manciata di secondi. 
    "Sì, forse anche troppo" pensò, ma non ebbe il coraggio di esprimere il suo pensiero a voce alta. Probabilmente perché continuava a sopprimere i propri sentimenti come uno stupido liceale. 
    «Sono stanco, Jo.» mormorò abbozzando un amaro sorriso. «Sono stanco della mia vita, del mio lavoro. Vorrei soltanto che tutto questo finisse.» 
    Calò di nuovo il silenzio e i due restarono a guardarsi mentre il cuore di Dean continuava a pulsare impazzito più di prima.




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Posso darvi un consiglio che siete liberissimi di non seguire?
Provate a leggere il prossimo capitolo con "So Cold" di Chris Brown come sottofondo: io mi sono letteralmente sciolta.
Sono entrata nel loop, un bellissimo loop.
Mi diaspiace lasciarvi in questa situazione, con un Dean ed una Jo sul filo del rasoio ma...
cerchiamo di creare un po' di pathos, no?
A presto e vi inondo di baci :*

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Capitolo 5
*** Guardami. ***


5
  • Capitolo 5 - Guardami.
  • Quella era la prova che dimostrava quanto Jo fosse forte senza nemmeno saperlo, di quanto fosse sincera senza sembrare una patetica ragazzina alle prese con degli stupidi problemi di cuore. 
    Se la loro vita fosse stata come tutte le altre, ignare del pericolo nascosto nel buio, probabilmente quei due maledettissimi cacciatori non ci avrebbero pensato mille e mille volte prima di compiere una determinata azione o pronunciare una determinata parola. O magari non si sarebbero mai incontrati.
    Per un istante la ragazza pensò che sarebbe stato meglio così, non avere qualcuno da rimpiangere... o da compiangere.
    Eppure lo capiva... forse perchè anche lei avrebbe dato di matto se qualcuno non l'avesse lasciata fare qualcosa per salvare una persona a cui teneva, anche se avrebbe dovuto donare la propria vita.
    Niente cambiava il suo stato d'animo però, nessun tipo di riflessione l'avrebbe fatta sentire meglio.
    Richiuse il disinfettante avvitandone il tappo e lo ripose nella cassetta, evitando quello sguardo che pareva volerle comunicare qualcosa, un qualcosa che non era assolutamente in grado di codificare.
    «Ok.» mormorò annuendo e litigando con i gancetti metallici della cassetta di Bobby. «Ok, afferrato.» disse soltanto contenendo in quelle due parole ogni sua volontà di scontro diretto.
    «Jo...» la chiamò lui in un sussurro, come se adesso sentire qualsiasi altra parola, anche se detta dalla sua stessa voce, gli mettesse paura.
    «Sei un egoista.» ruggì a denti stretti lei allontanandosi da lui con la plausibile scusa del riporre la cassetta nell'armadio. «Sei un fottutissimo egoista, Dean! È questo che vuoi davvero sentirti dire? È come se volessi tirarmelo fuori dalla bocca ad ogni costo!»
    Ok, non ce la faceva più. 
    Addio forza tanto invidiata da chiunque. 
    Lacrime? No, quelle no. Quasi, ma proprio lacrime no.
    Sbraitare era una delle cose che le riuscivano meglio. Che potessero sentirla fin dal piano di sotto? Se ne fregava altamente. Probabilmente questa volta sarebbe accorso Sam a calmare lei, così, tanto per ripagare il favore.
    Sarebbe stato imbarazzante, fuori luogo ed incoerente, tutto in un solo attimo, ma sarebbe stato meglio che qualcuno l'avesse calmata.
    «L'importante è che tu stia bene, che sia tu quello che non soffre, che sia tu quello che se ne sbatte.» 
    Sguardo inquietante, quasi capace di incenerire qualsiasi cosa avesse di fronte. 
    Male. 
    «Tanto noi staremo bene, tanto noi e Sam ce la caveremo senza di te. Sai, è facile pensarla così. E la cosa peggiore è che non posso nemmeno dirti nulla perchè se non l'avessi fatto non saresti stato tu! E tu sei un dannato egoista!»
    Inutile dire che ogni singolo "tu" fosse stato puntualmente sottolineato da un particolare tono di voce degno di Joanna Beth Harvelle, un tono che, grazie a Dio, Dean non aveva mai avuto l'occasione di ascoltare prima.
    Si appoggiò faticosamente all'armadio, evitando a malapena di stringersi i capelli tra le mani.
    «Il tuo naso sta meglio adesso.» concluse quell'infantile scenata con quella frase, come se avesse detto "Ok, adesso il mio sfogo mi ha fatta stare meglio, relativamente".
  • Jo aveva ragione? Certo che sì! Aveva perfettamente ragione: Dean era egoista. 
    Aveva fatto quel patto per riportare Sam indietro è tenerlo per sé, perché aveva fallito. Il compito che gli era stato dato dal padre... non era riuscito a portarlo a termine, non del tutto. Sam era morto e, nonostante Dean sapesse quanto fosse sbagliato - l'aveva provato sulla sua stessa pelle -, non era riuscito a starsene con le mani in mano. Doveva fare qualcosa per suo fratello anche se per lui non c'era più speranza. Doveva recuperare in qualche modo! E lo fece.
    L'idea di passare un'intera vita, quella vita poi, senza di lui era insopportabile. Avrebbe preferito una morte straziante, lenta e dolorosa piuttosto che andare avanti con la consapevolezza di non aver salvato la sua famiglia. 

    «E' mio fratello!!» urlò all'improvviso mettendosi in piedi, guardandola con un'espressione indecifrabile. 
    Sì, era rabbia. Rabbia incontrollabile. 
    «Io non sono niente senza di lui! Niente Jo!» 
    Strinse i denti e allargò le narici per l'improvviso respiro affannato. Il suo petto si gonfiava e sgonfiava in una frazione di secondo. Il nodo della gola sembrava essersi rinforzato e a stento riuscì a trattenere le lacrime che gli avevano già riempito gli occhi. 
    «Ero nel panico.» disse dopo essersi calmato un po', passandosi una mano sulla faccia. «Lui era lì e...» 
    In un momento chiare immagini di quell'orribile notte cominciarono a scorrergli nella testa. Alzò la testa verso la ragazza e una lacrima gli rigò il viso. 
    «Non sapevo cosa fare. Stavo diventando pazzo. Sam non respirava più, aveva la spina dorsale in due e io non sono riuscito ad evitarlo.» 
    Rozzamente asciugò la lacrima con il palmo della mano. 
    «Hai idea di come ci si senta? Perdere tutto ciò a cui tieni in un solo stupido istante.» 
    Ingoiò un'altra enorme quantità innaturale di saliva e poi sorrise amaramente, inumidendosi le labbra. Abbassò lo sguardo e sospirò. 
    «Sai, lui vuole salvarmi.» mormorò adesso con un mezzo sorriso di fierezza per suo fratello. «Crede di poterci riuscire, secondo me è tutto inutile.» 
    «Non vuoi salvarti...» sussurrò lei accigliata. 
    Dean non rispose, ma tornò a guardarla con il volto privo di espressioni.
    Lei si portò una mano davanti alla bocca e scosse la testa. Sembrava quasi che volesse rifiutarsi di credere a ciò che aveva inteso. Il cacciatore fece qualche passo verso di lei, le si fermò di fronte. 

    «Jo...» sussurrò il suo nome. 
    «Non toccarmi.» fece lei rabbiosa più di prima. 
    «Guardami.» le ordinò quasi. «Ti prego.» aggiunse subito dopo. 
    Dean le sollevò il viso da sotto il mento e la guardò negli occhi. 
    «Un anno, sarà un lungo anno e...» si schiarì la voce e si inumidì le labbra. «... so che è chiedere troppo, soprattutto adesso che tutti sono contro di me, ma... vorrei viverlo in pace.» 
    Jo non parlò e il silenziò tornò a regnare.
    I loro occhi lucidi però continuavano a fissarsi e il cuore di Dean adesso sembrava esplodere.
    Questa volta però non per il discorso tanto acceso tra i due. Gli venne quasi d'istinto, non ci pensò nemmeno su: avvicinò il viso al suo e sfiorò le labbra della ragazza con le proprie.
  • Pietrificata sul suo posto con le spalle contro l'armadio che la sorreggeva e le braccia penzolanti, vedeva la vicinanza di Dean come un pericoloso coltello a doppia lama e senza manico a cui aggrapparsi per evitare di farsi male... e lei con i coltelli ci sapeva fare.
    La questione era scegliere quale delle due lame le avrebbe fatto meno male: avvicinarsi a Dean, permettere che quel bacio la liberasse di vecchi e nuovi demoni, per poi pensare che tutto quello che stava succedendo o che stava lasciando accadere fosse considerato come un evento sporadico dell' ultimo anno di vita del ragazzo oppure allontanarsi in qualche modo dal pericolo di rendere tutto più difficile, sentendosi dilaniare lo stomaco secondo dopo secondo, rimpiangendo un momento carico di tensione risolvibile solo in quel modo.
    In quei brevi istanti, proprio mentre la sua mente decideva cosa fare e quale delle due vie scegliere, Jo non riuscì a ricambiare quel bacio nemmeno con un involontario tremolio delle labbra. 
    Sembrava immobile, totalmente impassibile agli eventi, più che presa dai suoi enigmatici e autolesionistici pensieri.
    Quindi voleva trascorrere un anno, il suo ultimo anno, in santa pace? In cosa consisteva esattamente la sua "pace"? Non voleva essere salvato? Era talmente stanco da non provare nemmeno a cercare una soluzione?
    Turbinio di domande nella sua testa; parte seconda.
    Jo non era tipa da piagnistei, da disperazione più totale tanto da perdere la razionalità... e fino a quel giorno non era nemmeno tipa da urla e sfoghi emotivi. Che fosse Dean a causarle quei dubbi era assolutamente certo ma intimamente aveva paura di scoprire se un giorno, quel giorno in cui Dean se ne sarebbe andato all'inferno per esempio, qualcos'altro nella sua lista avrebbe accolto un bel segno di "visto"... per esempio la seconda voce riguardante la perdita della ragione e tutti i collegamenti ad esso allegati.
    Diamine quanto ne aveva paura.
    La rabbia aveva abbandonato il campo, perdendosi chissà dove.

    Quasi come se Dean si fosse accorto dell'impassibilità della ragazza, si allontanò pochi millimetri dal viso di Jo fissandola con uno sguardo indagatore e colpevole. Chissà perchè lei riusciva a prevedere quello sguardo in altre spiacevoli occasioni che sarebbero sicuramente avvenute.
    Smeraldi ai quali non poteva mentire e che a volte odiava... e che altre volte ancora le mancavano.
    Jo non poté far altro che fissarlo di rimando con degli occhi che minacciavano di lasciar libera qualche lacrima.
    Il cacciatore sospirò (cosa che faceva frequentemente ultimamente) e mentre azzardava un passo indietro, Jo lo riavvicinò a sé tirandolo per la giacca con uno strattone e finalmente gli diede quel bacio che non era riuscita a ricambiare secondi prima, una specie di equilibrio tra due eccessi che la stavano massacrando.
    Degli attimi interrotti da situazioni e persone ora trovavano il loro spazio, un loro ordine.
    Quando un rumore accanto alla sua testa distrasse la ragazza, il bacio si interruppe, lasciandola con gli occhi spalancati.
    Dean aveva appena sfogato con un pugno la sua rabbia (o frustrazione che fosse stata) sul povero armadio di Bobby.
    Un gesto che urlava alle orecchie di Jo un "perdonami" o comunque un'imprecazione impronunciabile.

    «Se vuoi davvero vivere questo anno in pace.. dovresti smettere di odiare te stesso per primo.» mormorò accennando un sorrisetto consolatorio non dei più credibili a quella mascella irrigidita dalla stretta dei denti. «Sei stato bravo, Dean. Non avresti potuto fare nient'altro.»
    Gli accarezzò il viso notando con sollievo quell'espressione dura svanire sotto il suo tocco.
  • Delusione.
    Oh, andiamo! Cosa si aspettava? Non poteva di certo essere così spontaneamente incoerente.
    Un attimo prima stava per ucciderlo quasi, non si sarebbe messa a baciarlo soltanto perché lui si era mostrato debole ai suoi occhi, cosa che non aveva mai fatto prima ad ora.
    Dean non piangeva spesso, lo faceva soltanto quando proprio non ce la faceva più, quando stava per scoppiare. Il più delle volte era da solo e le uniche persone che l'avessero mai visto con il viso rigato erano Sam e Bobby. Adesso si era aggiunta anche Jo, ma... quelli erano soltanto dettagli.
    Pensare di aver sbagliato ad avvicinarsi così tanto alla ragazza non fu difficile. Anzi, fu la prima cosa che gli venne in mente non appena sfiorò le labbra di Jo con le proprie.
    Quel contatto era spento, privo di vita, senza alcun senso. La cosa migliore da fare era andare via da quella stanza. 

    Osservò i suoi occhi castani, li fissò così intensamente. 
    Quanto avrebbe voluto sapere cosa stesse pensando in quel momento, quanto avrebbe voluto entrare nella sua mente, ricavare ogni pensiero formulatosi in quel preciso istante, strapparglielo dal suo tenero sguardo, sapere ogni cosa riguardante la sua opinione su Dean.
    Di certo non era migliorata dopo quello che aveva scoperto quel giorno. 

    Si inumidì le labbra e abbassò lo sguardo.
    Fece per voltarsi indietro, ma non ebbe nemmeno il tempo di farlo: Jo lo afferrò per i lembi della giacca rossa che indossava. Lo portò a sé, quasi lo costrinse ad appiccicarsi al suo corpo e lo baciò.
    Un bacio che Dean non dimenticò di ricambiare. Un lungo brivido gli percorse la larga schiena e, in quella frazione di secondo, la rabbia prese il sopravvento. 

    Capì tutto.
    Si rese conto di avere una piccola cosa - molto importante - alla quale non voleva assolutamente rinunciare. Aveva Jo, ma presto o tardi l'avrebbe persa. 

    Come una reazione involontaria, senza nemmeno accorgersene, diede un pugno all'armadio in legno di Bobby, quello sul quale Jo era appoggiata. Il bacio si interruppe: la ragazza, spaventata, sobbalzò e Dean strinse ancora di più la presa del pugno, tanto da far diventare le nocche di un colore bianco pallido. I denti stretti e le mascelle irrigidite per trattenere ancora quella rabbia improvvisa. 
    Odiava dover essere ciò che era e non poter essere qualcun altro. Odiava dover comportarsi come uno stronzo insensibile, non lo era davvero. Odiava dover fare quella vita e odiava aver fatto del male ad una delle persone più importanti della sua vita. Se quel pugno fosse stato una parola, sarebbe stata "perdonami". 
    Quell'ira e quella collera furono calmate da un solo gesto, una sola azione: Jo alzò una mano verso Dean e gli accarezzò il viso. Il ragazzo chiuse gli occhi e sospirò lasciando scivolare la mano lungo il legno rovinato e mangiucchiato dalle tarme dell'armadio. 
    Era questo ciò di cui aveva bisogno, qualcuno che approvasse ciò che aveva fatto anche se in realtà era pura finzione, anche se in realtà era sbagliato.
    Qualcuno che lo facesse stare bene, che gli sorridesse nonostante il suo patto demoniaco, qualcuno che lo aiutasse a passare i suoi ultimi mesi in allegria fin quando la fine non sarebbe giunta, fin quando non se ne sarebbe andato. Era il suo ultimo anno di vita e voleva passarlo in modo da ricordarlo anche dopo la morte. 

    Accennò un breve sorriso e appoggiò la fronte contro quella di Jo.
    Le accarezzò il viso e socchiuse gli occhi deglutendo. 

    «Grazie...» mormorò appena, quasi impercettibilmente. 
    Non aveva bisogno di dirlo a voce alta, lei era lì e l'avrebbe sentito. 
    Riaprì gli occhi, la guardò ancora per qualche secondo e poi la baciò ancora. Poi ancora una volta e un'altra ancora.
  • Oh dannazione, Jo era persa.
    Se lei avesse dovuto stabilire l'ordine delle priorità proprio in quel momento, probabilmente il risultato sarebbe stato imbarazzante, benché fosse riuscita con molta fierezza a svolgere un compito di gran lunga molto più importante e difficile degli altri: far tranquillizzare Dean. A dire il vero quella che doveva essere calmata era lei: il termine giusto da usare con Dean era "dargli fiducia". 
    Sì, stava riponendo fiducia nel gesto sconsiderato e nella meravigliosa persona che infondo era pur sempre Dean.
    Lui aveva fatto una cazzata che gli sarebbe costata tutta la serenità che chiunque si aspettasse al di là di una vita difficile e pesante ma l'aveva fatto ad un buon prezzo. 
    Ora anche a Jo non risultava difficile immaginare la vita di Dean senza il suo fratellino... o magari era semplicemente il fatto di averlo attaccato al viso che le stava facendo cambiare lentamente opinione.
    La stessa morbidezza della pelle che aveva accarezzato istanti prima Jo, ora era costatata dal suo viso rilassato e senza segno di alcuna ira omicida.
    Grazie. Una sola parola che le fece capire l'importanza della sua presenza in quella disastrata vita da cacciatore stanco. 
    Se ci ripensava sentiva formarsi nella gola un nodo ben teso e alquanto doloroso. Teso come un corda di violino che, se veniva sfiorata, rischiava liberare nell'atmosfera uno stridente singhiozzo.
    A pensarci bene quella parola le faceva venire in mente anche altro, un ricordo che la tratteneva dal suonare una melodiosa traviata di addio per quella persona così... sorprendentemente importante.
    A quel flashback non poté che sorridere contro le labbra di Dean.
    Questa volta il suo sguardo non nascondeva sofferenza, questa volta lo sguardo dell'enigmatico Dean Winchester voleva dire esattamente ciò che la sua espressione lasciava intendere: una dubbiosa curva sulle labbra piegate in un sorriso condizionato involontariamente da quello di Jo chiedevano il perchè di quella serenità così apparentemente fuori luogo.
    Di rimando Jo scosse la testa e ampliò il brillante sorriso scorgendo stupita una strana luce negli occhi verdi di lui.
    Proprio come una sorta di tortura, era costantemente lei ad interrompere quei baci che iniziavano ad essere ogni secondo sempre meno innocenti rispetto a tutti gli altri che in precedenza ebbero occasione di scambiarsi.
    Uno sorta di vendetta personale che Dean non avrebbe colto. Jo era troppo vanitosa per accettare l'eventualità di un "colpo di genio" da parte del ragazzo.
    Peccato che quella vendetta non durò per molto: era stanca di privarsi di qualcosa che le avrebbe fatto bene... o almeno, che in quel preciso momento riteneva benefico.
    Gli passò una mano sulla nuca che le solleticava appena il palmo per via dei corti capelli alla base e provò a respirare meglio il suo profumo per tenerlo ben impresso nella memoria mentre lo baciava. Non per niente si diceva che il senso che risvegliava la più grossa fetta della memoria era proprio l'olfatto. Anzi, al di là delle cazzate, il suo profumo gli piaceva e basta.
    «Dovremo smetterla di ringraziarci, un giorno.» mormorò in spiegazione lei non dandogli modo però di rispondere, tenendogli la bocca occupata, insomma.

     
  • Poche volte si era sentito così in vita sua. Per esempio era successo con Cassie Robinson.
    Con lei era andata piuttosto male; ci uscì seriamente per qualche settimana, ne perse la testa, le disse tutta la verità su chi realmente fosse e sul suo lavoro e lei gli diede del matto. In più gli sbatté la porta in faccia e gli consigliò di non farsi più rivedere. Un classico. Un anno dopo quella vicenda - successa quattro anni fa - ricevette una sua telefonata nella quale gli chiedeva aiuto per una stranezza successa nella sua città. Quando si videro fecero subito pace, ma Dean non poteva avere distrazioni, John gli aveva affidato l'incarico di proseguire sul cammino della caccia, così andò via. In ogni caso aveva provato qualcosa, qualcosa che non riusciva a spiegarsi, e quel qualcosa lo stava provando per Jo da un bel po' di tempo ormai.
    Un pensiero per lei c'era sempre nella sua bacata e testarda testa. E, peggio ancora, ogni volta che la pensava sorrideva come un idiota. Esattamente proprio come in quell'istante... 

    «Che cosa c'è?» mormorò contro le sue labbra, non riuscendo proprio a trattenersi dal sorridere. 
    Era impressionabile il modo meccanico col quale la mente e il corpo di Dean funzionavano: bastava vederla e il suo cuore prendeva a palpitare un po' più veloce e rumoroso, bastava beccarla ridere e rideva anche lui, bastava vederla giù di morale o arrabbiata che lui subito si preoccupava.
    Jo scosse la testa e allargò il sorriso che già portava da sé sulle labbra. 
    Ciò che lo spiazzò un secondo più tardi, fu la convinzione di quei baci non esattamente casti e puri.
    Le loro lingue si intrecciavano e i loro respiri affannati si fondevano come ferro al fuoco. 

    Dean ci aveva sempre "provato" con quella ragazza, sempre, dal primo giorno in cui posò gli occhi su di lei e il suo perfetto lato B. L'aveva sempre incuriosito in qualche modo: quell'aria da ragazza sfacciata, da supergirl in gamba, quel modo di porsi diretto e poco sofisticato. Aveva sempre pensato fosse una persona forte, anche se in principio la considerava soltanto come una ragazzina ingenua, una liceale, una scolaretta. Adesso che l'aveva così vicina a sé, che la assaporava con dei baci e aveva il suo corpo tra le braccia, si sentiva... soddisfatto? Forse perché dopo tanto tempo aveva ceduto al suo maledetto fascino. O forse perché era felice di non allontanarsi nemmeno un centimetro da quella che ormai era diventata una donna. 
    «Non ci penso nemmeno.» mormorò tra un bacio e l'altro. 
    Quello era il loro modo di dire grazie? Beh, se non aveva mai pronunciato quella parola, da quel momento in poi avrebbe cominciato a farlo.
    Ovviamente soltanto con la cacciatrice bionda. 

    Improvvisamente si rese conto di quanto la situazione fosse precipitata: erano in quella stanza per una semplice ferita da disinfettare o per lo meno per discutere di quanto fosse avvenuto, e invece si erano ritrovati contro l'armadio di Bobby a pomiciare come due ragazzini innamorati.
    Se avessero continuato così non sarebbe riuscito a dirsi di no riguardo ad un suo certo principio naturale. 

    Si staccò dalle sue labbra - anche se avrebbe tanto voluto restarci attaccato per sempre - ed inumidì le sue deglutendo subito dopo. Sospirò e poi le rivolse un mezzo sorriso mentre la guardava dritto negli occhi. 
    «Forse dovremmo tornare dagli altri o cominceranno a salire uno ad uno.» suggerì con un certo tono divertito. 
    Lei rise quasi di gusto e Dean si allontanò, questa volta per davvero. Si sgranchì la schiena portando indietro le braccia e poi si toccò il naso leggermente gonfio. 
    «Sei una brava infermiera, Jo. Il dolore è svanito.» 
    Ovviamente non si riferiva davvero al livido sul naso, ma al fatto di quanto fosse brava a scambiare effusioni e di quanto fosse stata buona con lui a tirarlo su.



    ------------------------------------------------------- Spazio dell'autrice-----------------------------------------------


    Mi ritiro per deliberare.
    Non ho molte parole a questo punto: penso di averle esaurite scrivendo/rileggendo questo capitolo.
    Mi piace da morire, punto.
    Spero solo che a voi piaccia quanto è piaciuto a me.
    Vi adoro, alla prossima!
    L'udienza è tolta! <3

    P.s: Chris Brown la fa la differenza o no? ;)

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Capitolo 6
*** Il francese provoca sonnolenza. ***


6 Capitolo 6 - Il francese provoca sonnolenza.



  • Effettivamente quella situazione era precipitata: completamente sconvolta da un mare di sentimenti e tutti diversi per di più!
    Erano passati dalla frustrazione all'ira, fino a quello che non erano comunque riusciti a denominare.
    Passo dopo passo, tanto da aver percorso una maratona in una manciata di minuti.

    O almeno, quelli che li erano sembrati minuti.
    Quando Dean le si allontanò motivando quel suo gesto, Jo non riuscì a non ridere immaginando la scena. Ci sarebbe stato un po' di scompiglio con Ellen (o magari l'anticipo dell'Apocalisse) ma... era meglio non pensarci.
    Ora la sua mente giocava brutti scherzi, immaginando sua madre con una qualche arma letale tra le braccia.
    Scosse la testa continuando a ridere come una stupida e riprese il controllo di sé stessa.
    «Sì, lo so. Faccio spesso pratica!» disse lei come a volergli mandare una frecciatina mentre sbatteva le sue lunghe ciglia da ragazza tornata improvvisamente innocente.
    Il carattere di Jo era impossibile: complicato come qualsiasi donna del mondo, forte come quello di una cacciatrice ed incomprensibile come le Harvelle.
    «Ah sì?» domandò come sorpreso lui, inarcando le sue sopracciglia in un modo quasi buffo.
    «Come mai ti stupisce tanto?» rispose lei con un'altra domanda mentre si dirigeva verso le scale passandogli accanto accentuando di proposito il suo già spiccato "charme". «Attento a non farti sanguinare il naso, Dean.» gli consigliò sfacciata dalla rampa delle scale voltandosi verso di lui ancora imbambolato nel centro della stanza, notando il suo sguardo su di lei. «E smettila di guardarmi il sedere, se ci riesci!» ruotò poi gli occhi al cielo iniziando a scendere i primi gradini per tornare dal resto del gruppo che avevano dimenticato temporaneamente.
    «Ti muovi?!» gli urlò dal piano di sotto scuotendo la testa, raggiungendo poi la ciurma riunita in consiglio. 
    Avevano una gamma di espressioni talmente varia che Jo non riuscì nemmeno a codificarle tutte.
    «Avete trovato qualcun altro da interrogare?» investigò come se niente fosse lei, evitando delle spiegazioni inutili e probabilmente campate in aria senza capo né coda.
    «No... tu hai dei suggerimenti?» chiese Ellen con un'aria praticamente arresa al fato, nascondendo un senso velato per cui credeva di aver a che fare con una figlia molto più aggiornata di lei sulla questione.
    «Ho visto abbastanza sangue per oggi. Ci dedichiamo ai libri?» propose Jo gettando un'occhiata a Sam quasi ad aspettarsi una conferma e poi una a Dean, trattenendosi a stento dal ridere. 
    «Credo di avere qualcosa di utile qui dentro.» disse prontamente Bobby aprendo il cassetto della vecchia scrivania. 
    Ecco che il club del libro si mobilitava in modo meno cruento e più rilassante: si faceva sempre più tardi e la stanchezza si vedeva chiaramente sui loro volti. 
    Era stata pur sempre una caccia pesante. 
    «Lasciate stare, sarete stanchi. Continuo io qui.» si offrì volontaria Jo ricevendo prontamente una risposta da tutti: Sam voleva partecipare attivamente alla ricerca, Rufus (non potendosene fregare di meno) andò al piano di sopra a riposarsi, Bobby insistette per rimanere con loro ed Ellen, nonostante non si reggesse in piedi, si mise a riordinare casa.
    Tutta quell'energia era invidiabile.






  • Improvvisamente Dean, alle parole della ragazza, sentì lo stomaco contorcersi come uno scarafaggio faceva nel tentativo di tornare sulle proprie zampe.
    Un formicolio lungo tutta la larga schiena; qualcosa gli diceva che quel piccolo mostro verde - la gelosia - era tornato a fargli visita e per molto tempo, lui sperava non tanto, sarebbe stato lì sulla sua spalla destra a fargli compagnia. 

    Non concepiva l'idea che Jo potesse baciare qualcun altro, in realtà non lo sopportava. La immaginava con qualcun altro, magari molto più attraente di lui, alto e più piazzato, in gamba, con la testa sulle spalle e un lavoro sul quale contare, e diventava rosso dall'invidia. 
    «E' impossibile, pff. Figuriamoci se Jo ha delle esperienze in quel campo lì...» pensò guardandola scrutante. 
    Aggrottò la fronte e subito dopo alzò gli occhi al soffitto, ripensandoci. 
    E perché no? Perché Jo non avrebbe dovuto avere un certo tipo di esperienze? Era una bella ragazza, simpatica, forte, sexy e divertente, perché non dovrebbe voler uscire con qualcuno? Perché non dovrebbe voler avere un certo tipo di rapporto con qualcuno che non fosse Dean? 
    Tornò a guardarla: il sorrisetto della cacciatrice diceva tutto. 
    «Che c'è, Dean? Credi di essere il primo di una lunga fila? Ti sbagli, bellezza.» 
    L'aveva sentito parlare quel maledetto sorrisetto, o forse era la sua mente che gli aveva tradotto ciò che lei intendeva dirgli silenziosamente.
    «Magari è quell'idiota di Miles il primo della fila, no? Perché se non sono io, sicuramente è qualcun altro che ti piace più di me...» pensò ancora assottigliando lo sguardo mentre la seguiva fuori la stanza di Bobby. Restò immobile per qualche secondo, osservandola avviarsi verso le scale. «... sono sicuro che c'è qualcosa tra di voi. E sono altrettanto sicuro che è scappato più di un bacio mentre Ellen non guardava.» 
    Abbassò lo sguardo sul suo bel posteriore e abbozzò un sorrisetto divertito quando si sentì urlare 
    «...e smettila di guardarmi il sedere, se ci riesci!». Dopo di ché la seguì, scese le scale e raggiunse gli altri che erano ancora in attesa del loro ritorno. 
    «Avete trovato qualcun altro da interrogare?» 
    «No. E voi?» chiese ironico Bobby gettando un'occhiata a Dean. «Che cosa avete trovato nel mio armadio? Narnia?» 
    Dean guardò accigliato il vecchio per la pessima battuta appena fatta e pensò seriamente che la vecchiaia lo stesse rincretinendo.
    Sam accennò un sorriso divertito e Jo roteò gli occhi scuotendo la testa. Per un momento, per un solo orribile ed inquietante momento, Ellen osservò Dean come se avesse in mente una lenta e dolorosa morte in serbo per il cacciatore.
    Che avesse capito cos'avevano fatto tutto quel tempo soli soletti? Beh, sperava di no. 

    «Ok, forza. Basta con le stronzate, mettiamoci a lavoro.» disse Rufus mentre si avviava su per le scale che portavano al piano superiore. 
    Sam inarcò le sopracciglia e spostò lo sguardo su Bobby, stranito. 
    «Ha la sindrome del leader incallito.» giustificò con una battuta il comportamento dell'uomo di colore. 
    Un'ora dopo erano tutti ai propri e riservati posti: Ellen aveva messo a soqquadro un'intera casa, era diventata quasi irriconoscibile senza la polvere e il disordine sparso per tutte le stanze; Dean e Sam, dietro la scrivania del proprietario della dimora, cercavano qualcosa tra le pagina giallastre e impolverate di un'alta pila di libri; Bobby e Jo, invece, seduti in cucina alternavano la loro attenzione tra vecchie enciclopedie sovrannaturali e il computer portatile di Sam. 
    «Credi si tratti di un demone?» sussurrò quest'ultimo quasi a non voler disturbare il lavoro degli altri. 
    Forse pensava di essere in biblioteca?
    Dean però non rispose.
    Seduto su una sedia girevole, con le gambe incrociate sulla scrivania, un libro su di esse e una matita tra i denti, fingeva di studiare la situazione con acuta attenzione. In realtà il suo sguardo era fisso sulla bella ragazza bionda aldilà della stanza della quale i Winchester si trovavano. 

    Sam sospirò tenendo gli occhi puntati sulla lettura scorrevole sotto il suo naso. La fronte mantenuta dalla sua mano grande e gli occhi incredibilmente stanchi e dalle palpebre pesanti.
    Sospirò.

    «Se non vuoi parlarmi fa lo stesso, io... volevo solo...» 
    Ma quando alzò gli occhi verde scuro sul fratello, notò che quest'ultimo stava viaggiando con la mente. 
    «Dean?» 
    Niente.
    Gli scioccò le dita d'avanti agli occhi e fu allora che Dean gli rivolse la sua distratta attenzione. Sbatté le palpebre più volte e deglutì.

    «Che c'è?» 
    «Mi stai ascoltando?» 
    «Certo, certo.» gli assicurò con poca convinzione. 
    Sam aggrottò la fronte e si voltò indietro, alle proprie spalle, proprio al punto esatto che Dean stava fissando, corrispondeva il corpo di Jo. Sam tornò a guardarlo incredulo e con un mezzo sorrisetto stampato sulla faccia.
    Sentendosi osservato, il maggiore dei Winchester, finse di leggere il libro che portava sulle gambe, continuando a sgranocchiare quella matita come se fosse qualcosa di commestibile. 

    «A cosa pensavi?» 
    «A niente.» rispose subito sulla difensiva, alzando gli occhi per guardare quelli del fratellino. «Ero... ero solo... mi sono distratto. Volevi dirmi qualcosa?» 
    Ci fu un attimo di pausa durante il quale Dean tornò a far finta di studiare, mentre l'espressione di Sam mutò in una delle sue personali da cane bastonato. Dean lo guardò di nuovo, accigliato, in attesa di risposta. 
    «Volevo scusarmi con te.» mormorò Sam inumidendosi le labbra. 
    Dean inarcò le sopracciglia e annuì. 
    «Mi dispiace per averti detto tutte quelle cose e... per averti... per averti tirato un pugno. Non so cosa mi è preso, scusa.» 
    «Ehi!» 
    Sam alzò il capo e Dean abbozzò un sorrisetto. 
    «È acqua passata ormai.» 
    Il ragazzo sorrise appena, l'altro ammiccò. 
    «Ringraziando il cielo, il tuo destro fa decisamente pena.» aggiunse dopo qualche secondo Dean abbassando per la milionesima volta gli occhi sul libro. 
    Sam rise debolmente e poi scosse la testa tornando a leggere.

  • Non sapeva nemmeno cosa cercare esattamente. Se ne stava lì, accanto a Bobby e alla sua immateriale stanchezza, sfogliando libri dopo libri con una attenzione che in realtà non avrebbe dovuto avere. Ecco come per Jo si manifestava l'energia delle Harvelle.
    Anche il vecchio cacciatore barbuto circondato da un forte odore di alcol si era accorto di questa "combustione forzata di energie in riserva": le aveva già chiesto una volta se volesse riposarsi, non l'avrebbe rifatto ancora. Non era certamente un tipo oppressivo o ripetitivo.
    «Esattamente, cos'è che cerchiamo?» domandò sbuffando la ragazza poggiando pesantemente la testa sul palmo della propria mano mentre con l'altra continuava a far svolazzare veli e veli di polvere sotto il suo naso.
    Domanda che non ricevette risposta, quasi come se non la meritasse nemmeno.
    Questa volta si abbandonò però ad un sospiro e stiracchiò le braccia in aria, risentendone il rumore e la vibrazione in tutta la colonna vertebrale.
    Ennesima occhiata incrociata con Bobby ed Ellen.
    «Ma come diavolo fanno?» pensò immediatamente aggrottando la fronte e fissandoli in modo alterno per declinare la loro offerta inespressa di continuare il lavoro.
    Lei non voleva arrendersi.
    Non poteva arrendersi.
    Fin troppe persone, a suo parere, lo stavano facendo.

    «Sto bene, devo soltanto stiracchiarmi le ossa!» ribadì testarda ignorando lo scuotere la testa di suo madre e il borbottare di Bobby. Una specie di "donne" bofonchiato con poco spirito combattivo.
    Meglio così in quel caso.
    Si alzò dal suo posto, prese un casto e lucido bicchiere d'acqua dal frigo, un foglio ingiallito dal blocchetto di Bobby e una penna mangiucchiata per scriverci i suoi soliti percorsi mentali che la aiutavano nei casi complessi a trovare un nesso o spesso e volentieri una vera e propria soluzione.
    «Bobby è tardi... e prima che arrivassimo noi hai dato una mano a Steven con un gruppo di rugaru. Vai immediatamente a riposare!» incitò Ellen con tono dolce verso l'inizio della frase per poi sfociare in uno più deciso e fermo verso la fine.
    Le palpebre del cacciatore ringraziarono la donna con tutto il cuore ma era abbastanza evidente il fatto che Bobby volesse continuare con quell'eterna ricerca.
    «Come fai a sapere dei...» provò a chiedere Bobby prima di essere brutalmente interrotto dagli occhi della donna.
    La seconda occhiataccia di Ellen però andò a segno. Bobby infatti si alzò dalla sedia e bofonchiò qualcos'altro, qualcosa simile a "guastafeste", rinunciando al nome della "talpa" che aveva parlato troppo.
    Chiaramente Bobby era fin troppo stanco per collegare proprio Steven come talpa e spia per conto di Ellen.
    Da quando William era morto, Ellen non sorrideva spesso: per questo era un piacere per Jo poter notare quella curva sul viso della madre crearle delle leggere rughe ai lati delle labbra.
    «Dovresti andare anche tu, tesoro.» la sollecitò nuovamente tentando di chiuderle in libro da sotto gli occhi. 
    Abilmente però Jo riuscì far guizzare la mano tra le pagine che stava leggendo, rifiutando senza molti giri di parole sperava l'ultimo invito di sua madre a farsi una sana dormita.
    «Jo...»
    «Finisco questo e arrivo.» assicurò risoluta come a volerla invitare a sua volta ad andare a dormire. 
    Da quanto diceva l'orologio a muro di Bobby, i cacciatori avevano passato diverse ore su quei dannati libri, in quelle quattro mura.
    Quando anche Ellen abbandonò il campo, l'ardita Jo continuò a leggere e tradurre dal latino tutto ciò che poteva, rimpiangendo di non aver scelto il sangue alla carta.
    Finì di studiare quell'interminabile libro, un altro ed un altro ancora... poi crollò come una ragazzina inesperta sulle prime pagine di un vecchio manoscritto in francese.
    E lei odiava il francese. Lo trovava così noioso, appunto: anche troppo noioso in quel caso.
    Tutto quello che era riuscita ad assimilare in quattro devastanti e notturne ore iniziava a vagarle nella testa sotto forma di sogno quindi di incubo. 
    Sognare demoni che smaniavano per avere la tua anima era abbastanza stressante anche se visto sotto un piano non reale.
  •  Il tempo era passato in un modo sorprendentemente veloce.
    Di solito, in situazioni del genere, le ore passavano lentamente e torturavano Dean facendogli pensare che non avrebbe mai trovato la soluzione al problema. Non che adesso avesse trovato qualcosa di concreto, ma quella volta gli orologi sembravano essere dalla sua parte.
    Forse era perché si era distratto più volte: guardare una mosca svolazzare per tutta la stanza, osservare le larghe narici del fratello minore e pensare di essere più bello di lui, fissare Jo per interminabili minuti. Insomma, cose del genere.
    Fatto stava che l'enorme pendolo di Bobby cominciò a suonare non appena la lancetta dei minuti raggiunse quella delle ore sul numero due. Erano le due di notte. 

    «Detesto quel fottuto orologio.» commentò Dean sottovoce, in modo da non farsi sentire dal vecchio brontolone. 
    Ma ovviamente Bobby, apparso improvvisamente alle sue spalle, si fece sentire a gran voce. 
    «Sta attento a come parli, ragazzo.» 
    Sam abbozzò un sorriso quando Dean sobbalzò. 
    «E' inquietante!» si giustificò per il commento inappropriato. 
    «Era di mia moglie, lo tengo soltanto per questa ragione.» ammise accennando un flebile sorriso. 
    Dean lo ricambiò sorpreso e annuì appena inumidendosi le labbra. 
    Come mai aveva messo via il broncio? Forse la troppa stanchezza gli aveva cancellato quel po' di lucidità che gli era rimasta. 
    «Avete trovato niente comunque?» domandò dopo qualche secondo di silenzio. 
    «No, niente che non sapessimo già.» rispose Sam. «E tu?»
    «Niente.» 
    «Fantastico! Ore ed ore di ricerca per un bel mucchio di niente.» mormorò tra sé Dean, tornando con gli occhi sul libro. 
    «Dovreste riposare, ragazzi.» consigliò Bobby, alternando lo sguardo tra i due fratelli. 
    «Ahm... sì, certo.» 
    «Dico sul serio, è frustrante anche per voi idioti. E togli le gambe da sopra la mia scrivania!» 
    Dean abbassò le gambe e poggiò i piedi per terra guardando l'uomo, accigliato.
    Sam sorrise divertito, probabilmente gli mancavano momenti così. 

    «Vado a dormire, o almeno a provarci. Non fate tardi!» aggiunse allontanandosi poi verso la scalinata che portava al piano superiore. 
    «Buonanotte Bobby.» disse Sam, come sempre educato. 
    «Sì, sogni d'oro.» fece Dean, invece, ironico. 
    Dopo una mezz'ora, forse anche di più Ellen li raggiunse in soggiorno, anche lei aveva la stanchezza segnata sulle palpebre pesanti. 
    «Che ci fate ancora qui?» 
    «Chiacchieravamo.» rispose Dean, alzando il capo verso di lei sorridendo. 
    Ellen scosse la testa e roteò gli occhi. 
    «Dean Winchester, sei sempre il solito!» 
    Il ragazzo ampliò il suo sorriso con soddisfazione e tornò a leggere il suo libro. 
    «Sam, tesoro, perché non vai a riposare?» 
    «Sì, tra un po'. Tu vai Ellen, non preoccuparti per noi.» 
    La donna rivolse un sorriso al ragazzo e poi si voltò verso Dean, dandogli due piccole pacche sulla spalla. Poi si allontanò verso le scale e anche lei sparì dopo i primi cinque gradini.
    Dean e Sam si scambiarono un'occhiata, poi entrambi tornarono concentrati sulle enormi pagine ingiallite che stavano sfogliando.
    Erano così presi dalle parole scorrevoli che riportavano quei libri che non si accorsero che il pendolo suonò ancora una volta, annunciando la tarda ora che erano arrivati a fare: le tre e mezza.
    Sam sospirò e chiuse il libro, alzando una piccola nuvola di polvere nell'aria. 

    «Ci conviene continuare domani a questo punto.» osservò, gettando un'occhiata all'orologio alle spalle del fratello maggiore. 
    Quest'ultimo sospirò e lasciò il libro sulla scrivania. Sbadigliò alzando le braccia in aria per sgranchirsi e poi annuì. 
    «Mh mh. Tu vai, ti raggiungo tra un minuto.» 
    Sam si alzò dalla sedia e andò anche lui a salire la lunga scalinata.
    Dean rimase da solo.
    Appoggiò la schiena contro la spalliera della sedia e cominciò a fissare un punto impreciso nella stanza.
    I pensieri lo assalirono; la notte in cui sarebbe morto, come sarebbe morto?
    Chi l'avrebbe scortato all'inferno?
    Sarebbe morto senza prima vedere Sam?
    O Bobby?
    O Jo?
    A proposito di Jo... era l'unica che non aveva ancora visto andare a dormire. Era ancora a lavoro? 

    Dean aggrottò la fronte, si sporse sulla destra e gettò un'occhiata nell'altra stanza: Jo era seduta a tavola e dormiva con la testa sul libro aperto. Se non fosse andato a dormire, anche lui avrebbe fatto quella fine.
    Tuttavia, prima, doveva svegliarla e obbligarla a seguirlo su per i gradini. Non poteva di certo lasciarla lì così.
    Entrò in cucina e le si avvicinò. Dolcemente scostò una ciocca dei suoi capelli dietro un orecchio. 

    «Jo?» 
    Ma non si svegliò. 
    «Ehi, Jo.» sussurrò ancora. 
    Niente di niente. 
    «Jo, svegliati...» 
    D' un tratto sussultò e si rizzò sulla schiena.
    Guardò Dean con un'espressione spaventata, come se avesse appena visto un fantasma. 

    «Ehi, tutto bene?» 
    «Cosa? Ehm... sì. È... era soltanto un incubo. Nulla di grave.» 
    Dean, accigliato, annuì e si inumidì le labbra. 
    «Ma che ore sono?» chiese lei lasciandosi poi andare in un lungo sbadiglio. 
    «E' tardi e tu sei stanca, andiamo a dormire.» 
    «Ma...» 
    «Niente ma, forza!» 
    Le rivolse un sorrisetto e poi le indicò le scale.
    Lei sospirò e si alzò dalla sedia senza dire una parola.

    Era bello quando perdeva la sua adorabile testardaggine.


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Andiamo tutti a dormire: yeeeeeeah! :D
Aspettate un attimo prima di gioire, brutti maniaci! u.u
Siamo tutti molto stanchi qui, quindi non azionate la parte pervertita di voi stessi. xD
Comunque, a parte gli scherzi, ringrazio chiunque sia arrivato fino a qui, seguendo questa storia
con tanta (ma tanta eh!) pazienza.
Vi voglio bene ragazzi. E OVVIAMENTE anche Moonlight93 ve ne vuole ;)
A presto!

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Capitolo 7
*** Acari grossi come gatti. ***


7 Capitolo 7 - Acari grossi come gatti.




  • Era inutile discutere con Dean, sopratutto quando aveva perfettamente ragione: in quel caso fargli credere il contrario sarebbe stato impossibile e Jo era fin troppo stanca anche per provarci.
    Dopo un lungo sospiro guardò il libro scritto in francese e ruotò gli occhi al soffitto, abbandonando completamente l'idea di portarlo con sé in stanza per riprendere ciò che aveva interrotto.
    «La tua autorità ha avuto la meglio questa volta.» borbottò contrariata nonostante non potesse trattenersi dal sorridere come una stupida ragazzina «Ma non illuderti, non capiterà un'altra volta. È solo perchè sono stanca!» mise in chiaro stropicciandosi gli occhi per rimuovere le ultime immagini dei suoi incubi dagli occhi.
    «Dimmi che hai trovato qualcosa!» lo pregò sfinita dando un'occhiata rapida alla sua postazione di lavoro, vedendo accantonati in un angolo libri e libri su chissà quale argomento demoniaco o giù di lì.
    Anche se davvero non voleva salvarsi, per lo meno aveva fatto finta di provarci per amore di Sam e per il quieto vivere.
    Quando Dean scosse la testa, Jo si lasciò trasportare da un altro sospiro pesante, massaggiandosi la fronte con le sue abili e sottili dita.
    «Troveremo qualcosa, lo facciamo sempre.» disse tentando di incoraggiare più sé stessa che il vero e proprio "condannato" della situazione. 
    Anzi, per essere ancora più precisi, lui si comportava proprio come se non gli riguardasse affatto, come se fosse un lavoro per il quale non avrebbe dovuto necessariamente trovarvi una soluzione.
    «Ricorda che sono costantemente, 24 ore su 24, sveglia o semi-addormentata che sia, pronta ad accoltellarti.» bofonchiò fuori tono incrociando le braccia al petto «Per caso si vede che mi sono svegliata con la luna storta?» ironizzò capendo di esser stata fin troppo "aggressiva" e acida per aver appena aperto bocca.
    Ok, aveva avuto a che fare con degli stupidissimi incubi, forse ne era ancora spaventata, ma questo non la autorizzava di certo a prendersela con lui... anche perchè era proprio l'ultima cosa che avrebbe voluto fare.
    Molto loquacemente Dean si diresse verso le scale, lasciandola a crogiolarsi nella sua stessa autoironia.
    Eppure il suo dannatissimo sorrisetto soddisfatto si vedeva comunque.

    «Ehi!» lo chiamò come per attirare la sua attenzione, seguendolo su per le scale e regolando di conseguenza il volume della sua voce: non voleva certo svegliare tutti. Anche perchè probabilmente, Jo o no, le avrebbero piantato un proiettile dritto nel cervello.
    «Che hai tanto da ridere?» domandò a bassa voce dandogli un innocuo pugnetto sulla spalla come a fargli intendere che in quel momento, avrebbe voluto picchiarlo. «Non mollarmi in asso mentre parlo, mi fai sembrare una vecchia pazza che parla da sola!» 
    Ecco che a quella affermazione Dean rispose semplicemente annuendo con la testa e abbozzando un "già" che moriva dalla voglia di scoppiare a ridere.
    «Ah sì, eh? Quindi sarei una vecchia pazza. Bene, bene. Me ne ricorderò al momento opportuno.» gli promise sarcastica contagiata da una punta di voglia di vendetta. Diciamo pure che lo minacciò in modo strategicamente velato.
    Arrivarono in cima alla rampa e Jo si guardò attorno, perlustrando le stanze.
    Rufus giaceva sul pavimento come se fosse stato un cane, Sam dormiva beato su una branda singola e con sorpresa notò sua madre occupare insieme a Bobby il suo unico letto matrimoniale.

    Non che le facesse impressione o rabbia, nel modo più assoluto. Anzi, era contenta di sapere che sua madre si fidasse tanto di qualcuno da accettare di dormirgli accanto.
    Avrebbe tanto voluto rivederla felice, così come lo era quando Anthony tornava da una caccia e varcava la soglia della RoadHouse in stile "Steve Mcqueen" come appunto aveva precedentemente raccontato a Dean in un'altra occasione, ma sapeva quanto fosse difficile per delle persone come loro.
    Una riflessione che la costrinse a sospirare nuovamente e a distogliere lo sguardo da quella stanza in penombra.
    «Se tutti i letti sono già occupati, io prenoto il divano!» si gettò avanti alzando una mano come segno di precedenza e sorridendo al ragazzo che riusciva a vedere a malapena.
  • Quando Dean era con Jo si creava una certa armonia nell'aria.
    Esclusi i momenti in cui si scannavano, metaforicamente parlando, come quello precedente, lui adorava passare del tempo insieme a quella ragazzina ribelle.
    Che fosse per una caccia o per una birra, avrebbe dato qualsiasi cosa per conoscerla meglio ogni giorno e sempre di più.
    Purtroppo il loro lavoro richiedeva solitudine, i rapporti emotivi e tutto ciò che si accoppiava ad essi, erano un optional del quale i cacciatori non erano privilegiati.
    In parte era meglio così; in tal modo non si rischiava di ammazzare nessuno. Dean non voleva sangue sulle proprie mani, specialmente quello di Jo poi. 

    «Sai, ti preferivo addormentata.» commentò sottovoce, sperando di non svegliare nessuno. 
    Abbozzò un sorrisetto divertito verso di lei e poi cominciò a salire la lunga rampa di scale cigolante. 
    Fare silenzio in quella casa era una missione impossibile: i gradini emettevano dei leggeri CRAC abbastanza inquietanti, le lancette del pendolo al piano terra si potevano sentire addirittura dalla stanza di Bobby, le porte cigolavano come nei classici film horror.
    Sì, in effetti la casa del vecchio barbuto era paurosa se vista di notte. 

    La penombra li sovrastò non appena si ritrovarono al secondo piano.
    Rufus russava senza sosta in un angolino della stanza, per terra e messo in una strana posizione. Sam, molto probabilmente, faceva finta di dormire o almeno si sforzava nel tentativo di addormentarsi. Ellen e Bobby condividevano il letto a due piazze. 

    «Hai capito lo zio Bobby...» mormorò mordendosi il labbro inferiore in un sorriso divertito. 
    Vedere quei due nello stesso letto gli faceva una strana sensazione. Forse impressione? Insomma... immaginare Bobby insieme ad una donna era troppo, figuriamoci poi se quella donna era Ellen Harvelle. 
    «Smettila!» lo zittì Jo dandogli un leggero schiaffo sul braccio. 
    Dean ridacchiò tra sé e continuò a prendere in giro la strana scena che avevano di fronte. 
    «Dean, andiamo. Piantala!» riprese la ragazza, anche lei nascondendo un sorriso altrettanto divertito. 
    «Non trovi che siano stupendi insieme?» 
    «Hai finito? Io prendo il divano.» 
    Oh, non perdeva proprio tempo la signorina. 
    Dean aggrottò la fronte e la guardò, o almeno pensava la stesse guardando. Nel buio era difficile non confonderla con altre ombre. 
    «Oh, certo. Lasciamo Dean sul tappeto accanto al caminetto!» fece ironico camminando verso il divano. 
    In un secondo si rese conto di aver creato una scomoda situazione: Jo corse alle sue spalle e tentò disperatamente di sorpassarlo per arrivare alla destinazione per prima e quindi prendere il posto sul divano. Peccato che un secondo non bastò per mettere in chiaro il tutto. 
    «Davvero vuoi lasciarmi qui? Vuoi che dorma per terra?!»
    «Puoi sempre condividere le mattonelle con Rufus. Sareste una coppia stupenda!» 
    Poteva sentirla sulla pelle: quella era la sua vendetta. 
    Inarcò le sopracciglia e poi sorrise sghembo annuendo. 
    «D'accordo, d'accordo. Carina, davvero carina.» 
    Scosse la testa e andò in cerca del tappeto per tutta la stanza, l'unica sua via di salvezza e appoggio per dormire.
  • Sapeva che quel momento sarebbe arrivato e adesso, nella sua mente, l'esatta riproduzione di sé stessa si era messa a ridere come una inquietante antagonista di chissà quale cartone animato.
    Si sarebbe volentieri data una pacca sulla spalla se quel gesto non fosse risultato alquanto insolito.

    Se ne stava seduta sul divano a ciondolare la gamba accavallata e a sorridere come se avesse appena vinto il Golden Globe. Non che lei avesse mai voluto fare l'attrice.
    «Credimi Dean, dopo un po' ti abituerai alla sua colonia alla birra. O al Rum. O al Whisky...»
    «Andrai avanti per molto?» domandò lui arreso e fingendo di essere quasi offeso dal gesto di Jo nel lasciarlo dormire per terra.
    «Aspetta un momento.» proseguì gustandosi la vittoria, alzando l'indice come per chiedergli il permesso a proseguire, cosa che avrebbe fatto comunque. «O alla Vodka. O al Jin. O alla Grappa. O allo Scotch. Ok, credo che adesso sia abbastanza.» concluse scrollando le spalle e seguendo il percorso di Dean con gli occhi, assaporando ogni suo singolo sbuffo.
    «Che strano, ora non ho più sonno!» affermò. Lo disse come se volesse fargli un dispetto, come se avesse potuto prolungare la sue pene pre-sonno-veglia.
    «Oh, ti prego!» si lamentò giustamente lui continuando a dannarsi per quello stupido tappeto.
    «Potrai anche stringere amicizia con gli acari. Si dice in giro che abbiano uno spiccato senso di accoglienza.» infierì questa volta nascondendo un troppo palese sorriso divertito sotto la sua mano.
    Eccolo che ora ruotava gli occhi.
    «La smetti di vagare inutilmente per la stanza? Mi fai venire mal di testa!» recitò accogliendo subito dopo una più che meritata occhiataccia scocciata. «Andiamo, credi davvero che ti lascerei dormire sul pavimento?»
    «Perchè, vuoi farmi credere che non ne saresti capace?» controbatté Dean convinto delle sue stesse parole.
    «No, non dico questo, io ne sarei capace eccome. È vero, una volta mi hai ceduto il letto, che non ho nemmeno utilizzato, per prendere il divano, e tutto in modo così cavalleresco, ma... aspetta, dov'è che volevo arrivare?» si interruppe poi aggrottando la fronte per poi riprendere «Ah sì. Non sono così crudele Dean. Ho avuto la mia vendetta ma perderei tutto il gusto se dovessi sentirmi in colpa questa notte per averti fatto ingoiare acari grossi come dei gatti.» 
    «Sentirti in colpa?» ribadì lui come a voler recuperare il filo del discorso.
    «Cosa c'è, solo tu puoi farlo?» rispose lei accigliata alzandosi poi dal divano e compiendo come una specie di magia.
    Ecco che con uno scatto il divano si aprì, trasformandosi in un divano-letto.
    «Non hai nemmeno pensato di guardare. Sul serio sei un cacciatore?» lo prese in giro scuotendo la testa «Perchè amico, scusa se te lo faccio notare, fai davvero schifo ad osservare "l'ambiente che ti circonda".» concluse allargando le braccia e sedendosi nuovamente sul divano ora con l'area più estesa.
    «Ah. Se mi tocchi, la tua testa farà compagnia a quella di Cullen, chiaro?» disse altezzosa con una graziosa espressione da falsa omicida coperta dal buio.
  • Per un momento pensò seriamente che l'avrebbe lasciato dormire per terra insieme a quell'ubriacone, che Dean era sicuro non stargli molto simpatico.
    Mentalmente ringraziò Qualcuno alzando gli occhi al soffitto, poi le si avvicinò nuovamente al divano d
    iventato magicamente letto e si ricordò di quella volta che Jo si improvvisò cacciatrice seguendo un caso con i due fratelli, ovviamente pensando che Ellen fosse allo'oscuro di tutto. 
    «C'è soltanto un letto.»
    «Oh, perfetto. Allora... tu dormirai lì, Sam prenderà il divano e io mi accontenterò della sdraio.»
    Ricordava ancora la sua espressione sorpresa quando Dean pronunciò quelle parole.
    Forse non se lo aspettava.
    Dean non era galante, certo, e non era nemmeno tipo da smancerie.
    Lei era l'unica donna e non l'avrebbe mai lasciata dormire su un divano o su una branda. Come in quel caso, ovvio. 

    «Buongiorno principessa!»
    «Come hai dormito su quel fantastico letto?»
    «Non ho dormito, ho riesaminato il materiale.»
    E non le era nemmeno venuto in mente di chiamarlo e dirgli "Dean, il letto è libero!". L'aveva odiata per questo. 
    Sorrise a quel ricordo e il sorriso si trasformò in una risata vera e propria quando lo minacciò con tanta serietà. 
    «Non ti starai montando un po' troppo la testa, mh?» 
    Lei si voltò a guardarlo e inarcò le sopracciglia, era evidente che stesse trattenendo un piccolo sorrisetto. 
    Dean non era un santo, non lo era mai stato e non lo sarebbe diventato perché il suo anno stava per scadere. Però non era uno che usava le mani in momenti meno opportuni, lui preferiva osservare e toccare quando ce n'era bisogno. 
    «E poi non sono mica un maniaco!» aggiunse poco dopo assumendo una smorfia, fingendosi offeso. 
    Si sedette sul bordo del letto e sfilò via le scarpe il più silenziosamente possibile e prese posto accanto a Jo, incrociando le braccia dietro la nuca.
    Sospirò pesantemente e socchiuse gli occhi. 

    «Hai intenzione di restare lì a fissarmi per tutta la notte?» mormorò dopo un paio di secondi passati in silenzio. 
    Si sentiva stranamente osservato ed era sicuro che fosse lei a farlo. Infatti girò la testa nella sua direzione e la colse sul fatto; sorrideva e si manteneva la testa con una mano. 
    «Che c'è?» 
    Dean abbozzò un sorrisetto e si inumidì le labbra. 
    «Non ti starai montando un po' troppo la testa?» sussurrò lei dispettosa e ampliò il suo sorriso sul viso. 
    Il ragazzo abbandono la testa sul cuscino e poggiò le mani sull'addome piatto. 
    «Non vorrei che mi fraintendessi, ma tu sei davvero una stronza!» 
    Jo rise e lui con lei. 
    «Beh, grazie.» rispose ironica. 
    «Non c'è di ché..» 
    Calò improvvisamente il silenzio e i due restarono a guardarsi con l'ombra dell'ultimo sorriso a tracciargli ancora le labbra.



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Salve gente! :D
Lo so, questo capitolo è un po' corto, me ne sono accorta anch'io. Chiedo perdono.
Stranamente oggi non ho molto da dire: la mia parlantina è andata a rifugiarsi sotto il divano-letto...
... se ci penso mi sento male *_*
Ok basta, a presto!
P.s: OVVIAMENTE grazie a tutti i lettori e tutti quei meravigliosi recensori che mi rallegrano l'esistenza <3
Vi adoro.

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Capitolo 8
*** Ho sempre desiderato un peluche. ***


8
Capitolo 8 - Ho sempre desiderato un peluche.




  • L'ombra non riusciva a coprire del tutto le loro figure a causa di qualche sprazzo di luce dalla provenienza sconosciuta, il fatto di dover dormire su un divano-letto praticamente sprovvisto di molle non era così tragico come normalmente l'avrebbero fatto apparire i due, le loro voci, benché fossero ridotte a semplici sussurri, riuscivano a farsi ascoltare con una certa attenzione e chiarezza.
    Tutta quella situazione, in sostanza, non poteva essere considerata reale. Non per quella loro realtà che i due erano costretti a vivere.

    Il loro sorridere, il loro prendersi in giro, il loro volersi sfiorare senza dare l'apparenza di essere vulnerabili: tutto era così attentamente studiato da risultare ormai normale. Gesti che di normale, per dei cacciatori responsabili quali si ritenevano, avevano poco e niente.
    Era come se il fissarsi fosse l' unico modo che conoscevano per amarsi.
    E non a caso era proprio quello che stavano facendo.
    O meglio, Jo lo fissava e Dean fingeva di esserne infastidito.
    «Non ci riusciamo proprio a fare i sentimentali, eh?» disse retorica lei, costatando quanto fosse veritiera quella sua affermazione.
    Sotto diversi aspetti lei e quel Winchester erano uguali... o per lo meno simili: riuscivano a capire quando non era il momento giusto, sapevano stabilire le loro priorità in modo ragionevole ed agivano d' impulso, tralasciando la testardaggine che ogni santissima volta finiva per fargli scontrare con urla e Dio solo sapeva cos'altro.
    Il luccichio negli occhi di Dean fece capire a Jo che la stesse guardando, non avendo voluto rinunciare al suo solito sorrisetto che avrebbe potuto rimpiazzare una lampadina in una stanza buia... come quella in cui si trovavano per esempio.
    In risposta lei ricambiò quel sorriso e poi crollò al suo posto con la schiena che aderiva perfettamente al divano, facendo rimbalzare assieme a lei i riccioli biondi che tanto la caratterizzavano. La ruggine che impregnava le pigre molle ebbe qualcosa da ridire riguardo al suo "brusco movimento azzardato", cigolando in maniera rumorosa e lamentosa.
    «Shh!» la rimproverò Dean aggrottando la fronte e portandosi l'indice alle labbra manco fosse sua madre che la esortava a maggior silenzio durante la caccia.
    «Che paragone inquietante!» ricordò di aver pensato mentre si immobilizzò al suo posto per non fare altro rumore.
    «Vuoi svegliare tutti?»
    «No! E poi io non riesco a dormire ferma come una mummia, è meglio che si abituino!» si difese prontamente la biondina inarcando le sopracciglia come a voler rimproverare lei, lui.
    Oh, quanto le riusciva bene.
    «Oh certo, saltaci sopra giacché che ci sei. Così Ellen, sentendo rumori ambigui, verrà a staccarmi la testa a morsi.»
    «Che tipo di "rumori ambigui" intendi?» lo stuzzicò lei trattenendosi dal ridere, ignorando lo sguardo eloquente di Dean.

  •  In un certo senso il rapporto tra i due era cambiato.
    Qualche anno fa si sarebbero presi a pugni soltanto per essersi guardati più di due secondi. All'epoca Dean considerava Jo come una bambina viziata che era pronta a fare stronzate soltanto per senti
    re il brivido del pericolo. Un po' come si sentiva lui a diciotto anni quando teneva la pistola tra le mani. Pensava volesse fare la cacciatrice perché dagli occhi di un'adolescente veniva vista diversamente, come se fosse un'attività da veri duri. Rivalutò la questione quando gli comunicò chi era stato ad uccidere William Antony Harvelle. Era stato John a farlo. Capì che voleva fare quel lavoro non per sentirsi forte o "figa", ma per tenere vivo il ricordo di suo padre, d'altronde era anche quello che faceva Dean. 
    «Non hai detto che sei piuttosto esperta? Una che si allena spesso dovrebbe sapere di che rumori ambigui parlo.» Rispose a tono il ragazzo, ovviamente in un non del tutto sussurro. 
    Quella sua risposta sembrò zittirla per il momento, un momento di grande trionfo per Dean Winchester. Non era facile zittire Jo, aveva sempre il modo per ribattere ed era convinta di possedere il privilegio dell'ultima parola. Sì, un po' la odiava per questo. 
    «Due a zero per me, bellezza.» La canzonò ridacchiando divertito. 
    «Oh, non credo proprio. Non mi faccio fregare da uno che ha paura di mia madre.» 
    Ecco che ricominciava con la solita storia, usata ovviamente come argomento di riserva per pararsi le natiche. 
    «Non sai come ribattere sta volta, vero? Mi dispiace.» 
    Dean mise fuori un bel musetto che avrebbe fatto invidia ad un bambino di tre anni. Jo rise e gli diede una piccola pacca sulla spalla. 
    «Idiota!» 
    Il ragazzo tacque per qualche secondo, poi si inumidì le labbra e aggrottò la fronte. 
    Sapeva che quello che stava per dire gli avrebbe fatto desiderare di usare ago e cotone per cucirsi la bocca da un'estremità all'altra. E forse... molto probabilmente gli sarebbe costata la dignità. 
    «Davvero ti alleni?» 
    «Che cosa?» 
    «Andiamo, hai capito!» 
    Vi fu un interminabile attimo di silenzio durante il quale Jo lo guardò stupita. 
    «È con quel Miles, non è vero?» 
    «Miles?» 
    «Sì, il coglione. Si vede da lontano un miglio che c'è qualcosa tra voi.» 
    Di nuovo silenzio e di nuovo lo stesso sguardo da parte della ragazza. 
    «Sei geloso?» domandò improvvisamente. 
    Dean scoppiò in una risatina abbastanza udibile anche se silenziosa. 
    «Perché dovrei esserlo?» chiese retorico e con un pizzico di ironica nel tono di voce. «Non sa nemmeno sparare.» Concluse poi tra sé e sé, spostando lo sguardo sul soffitto.
  • Da quando il loro argomento principale era diventato Miles? Anche perché, detto sinceramente, Miles era l'ultima cosa a cui Jo stava pensando al momento.
    Il suo rimanere dubbiosa di fronte a quelle domande non era fatto apposta, in faccia non aveva que
    lla sua solita espressione da "ti prendo in giro finché posso": in realtà aveva davvero delle incertezze che le arrovellavano il cervello.
    Il discorso della gelosia non era affatto una new entry nelle loro conversazioni, anzi. Erano giunti più di qualche volta ad un faccia a faccia catalogabile come "non esattamente pacifico", non essendoci poi motivo concreto per il quale sbranarsi a vicenda. Cosa che Jo non comprendeva ancora e che probabilmente non avrebbe mai capito, ma pazienza.
    Perché avrebbe dovuto esserlo? 
    Sì, proprio in quel momento, all'unisono con i suoi pensieri, Dean le rivolse quella domanda che pareva non dover essere retorica.
    «Beh, magari perché anche lui lo è di te.» ipotizzò lei ritornando stesa su di un fianco, poggiando la testa sulla mano.
    «Cosa?»
    «Cosa?» ripeté lei canzonandolo e ridacchiando come se si stesse avvicinando ad un pareggio dei conti.
    Jo non pensò nemmeno di far caso al suo sguardo, così da potersi aiutare a farsi strada nella testa bacata e complessa del cacciatore curioso.
    «Sai, credo che se non fosse per me, voi.. andreste d'accordo.» disse lei alzando le spalle ed immaginando un loro ipotetico incontro in un qualche locale a bere birra e parlare di armi e mostri andati al rogo.
    Dean e Miles non avevano avuto il tempo per conoscersi, non ne avevano avuto la voglia. Avevano iniziato con i piede sbagliato e la situazione non face che peggiorare ogni secondo che passava.
    «No, non credo.» controbatté lui trattenendo in modo evidente una sonora risata.
    «E perchè no?» gli chiese come se lui potesse saperlo o tanto meno spiegarlo. «Ci hai parlato sì e no un paio di volte e ti sei bucherellato una spalla per lui. Le premesse non erano delle migliori, questo lo capisco.» Fece come per riflettere ad alta voce perdendo involontariamente lo sguardo su quella sottospecie di "materasso" del divano.
    «Quindi questo sarebbe un modo contorto di rispondere sì alla mia domanda?»
    «No, è un modo contorto di farti sapere che Miles non è così idiota come credi tu. Lui è solo... e riesce a comprendere bene la solitudine degli altri. In questo modo capisce quali siano i momenti giusti o men-»
    «Oh, ti prego!»
    «Sul serio, Dean. È in gamba, è dolce, è comprensivo, e anche se è iperprotettivo, mi lascia cacciare con lui. Senza parlare del fatto che va d'accordo con mia madre...»
    «Il ragazzo perfetto praticamente.» Quanto suonava a sfottò quella frase.
    «Beh, no» rispose prontamente lei aprendosi poi in un sorrisetto perso, come se in realtà con la mente non fosse lì. «Con lui non litigo mai. E io ho davvero bisogno di urlare, rischiando di far crollare i muri!» ironizzò lanciando come una specie di occhiata di intesa.
    Sì, lo sapevano bene quanto fosse importante per lei fare la ribelle ogni tanto. Spesso. La maggior parte delle volte. «No, non dovresti esserlo.» concluse poi con un tono neutrale, come se non stessero parlando di qualcosa che li riguardava da molto vicino.
  • La cosa che più riusciva a dar fastidio a Dean era che Ellen adorasse Miles. Sì, aveva visto quanto quella donna tenesse al fatto che Jo cacciasse con quel ragazzo. Stranamente non aveva sollevato obbiezioni quella volta che Jo le chiese di occuparsi di un caso in compagnia dell'idiota.
    D'accordo, aveva i suoi motivi per non fidarsi dei due Winchester, ma tutta la storia che era successa tra John e William non riguardava certo i figli. Per quanto Sam e Dean potessero somigliare al padre, non avrebbero mai lasciato morire Jo e avrebbero fatto di tutto per salvarle la vita, anche perdere la propria. 

    «Non lo sono.» Mise in chiaro con un'evidente bugia. 
    Ammettere anche a se stesso di provare invidia nei confronti di Miles e gelosia nei confronti di Jo, sarebbe stato troppo da sopportare. Era già tanto il fatto di stare a parlare di quell'idiota come se fosse l'argomento principale della giornata, perché il solo nome gli procurava tormento. 
    «Non lo sei.» 
    «No.» 
    «Allora non dovremo stare a parlarne.» Disse lei con un certo tono compiaciuto. 
    Dean inarcò le sopracciglia e poi smorzò un sorrisetto poco convinto, ma molto ironico. 
    «In realtà dovremo dormire. Sono le tre e mezza e domani ci aspetta una lunga giornata.» 
    Jo trattenne un sorriso e annuì incerta.
    Dean tentò in tutti i modi di sistemarsi nella migliore posizione possibile su quel materasso dalle molle arrugginite e cigolanti, ma ogni suo brusco movimento era una minaccia per chiunque stesse dormendo in quella stanza. 

    «Ssssh!» fece Jo portandosi l'indice sulle labbra. «Non vorrai svegliare Ellen! Con tutti questi rumori ambigui rischieresti una decapitazione.» 
    Il cacciatore le gettò un'occhiata e sorrise beffardo, fingendo poi una risata divertita. 
    «Ah-ah-ah. Molto divertente!» 
    Si girò su un lato rivolgendosi direttamente verso di lei mentre dava le spalle a Bobby ed Ellen. 
    «Scommetto che se ci fosse Miles al mio posto, tua madre si sveglierebbe e si metterebbe a filmare la scena.» 
    «Addirittura!» 
    «Già, sarebbe capace di adottarlo soltanto per tenerlo appiccicato a sua figlia.» 
    «Non dovevamo dormire?» chiese Jo retorica, con un pizzico di compiacenza nella voce. 
    «Molto giusto.» Puntualizzò con un sorrisetto. «Buonanotte Jo!» 
    «Buonanotte Dean.» 
    Lei si girò dall'altro lato per dargli le spalle e lui la guardò per qualche secondo con un'espressione accigliata e pensierosa, come se quel suo voltarsi fosse stato un gesto che non avrebbe dovuto mai fargli. Scivolò lentamente sul materasso per avvicinarsi di più al suo corpo, sporse leggermente la testa verso il suo viso e le lasciò un bacio sul collo prima di abbracciarla e stringerla a sé come se fosse il morbido peluche di un bambino.
  • Avrebbe potuto sguazzarci a vita in quella situazione: era una specie di mix distruttivo di sicurezza, soddisfazione e sì, forse anche un po' di compiacimento.
    Jo non riuscì a trattenere un sorrisetto tentando di dimenticare quella sensazione di calore
     concentrata sopratutto sul collo.
    Era meglio non parlare, in quel frangente. Erano bastate le parole dette durante quella lunga ed estenuante giornata tra rabbia, delusione, inaspettato sentimentalismo e... pace. Anche se solo nella parte finale, dopo aver "accordato" una certa tregua riguardo il "piccolo problemino" di Dean ed il suo futuro soggiorno all'inferno. Più che tregua era un "non volerne parlare" ma andava "bene" comunque.
    «Oh no, non lo sei.» avrebbe voluto rinfacciargli fiera mentre sentiva le braccia circondarle il busto quasi con fare protettivo... ma se per quelle parole avrebbe dovuto pagare il prezzo di essere mandata a quel paese e dormire senza Dean appiccicato alla schiena, beh, preferiva di gran lunga tacere. Almeno per una volta.
    Wow, il profumo che Dean portava addosso e che stava investendo l'acuto olfatto di Jo era davvero strano. Metallico come il sangue e pungente come lo zolfo, addolcito da un armonioso dopobarba. Descritto così sembrava orribile ma in realtà.. aiutò parecchio Jo ad addormentarsi.
    Sperava solo di non avere incubi quella notte o sarebbero volti calci... e sarebbe stato spiacevole.
    Grazie al cielo ne dubitava molto, era come se si stesse addormentando a cuor e mente leggeri.

------------------------------------------------------- Spazio dell'autrice-----------------------------------------------

Tan tan taaaaan! Sì, questa sarebbe dovuta essere una canzoncina ansiogena.
Siete ansiosi? xD Beh, che voi lo siate o no, mi sono divertita a canticchiarla tra me e me.
Sto diventando pazza, lo so.
Comunque.... sì, questa storia è finita.
Sì, io e Moonlight93 siamo fiere di noi stesse e di voi. O meglio, di VOI, scritto con tanto di maiuscolo.
E sì, c'è già un seguito. Per la serie: "la storia infinita" ahahah xD
Spero comunque che continuiate a dirmi cosa ne pensate e a darmi consigli, io ne ho tanto bisogno.
Tipo un droga, esattamente u.u
Detto questo, io vi abbandono. 
Statemi bene pargoletti paranormali, ci sentiamo presto ;*

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