Wolfpack

di Delyassodicuori
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Prologo ***
Capitolo 2: *** 2. incontro e rapimento ***
Capitolo 3: *** 3. casa del ladro ***
Capitolo 4: *** 4. perché? ***
Capitolo 5: *** 5. amore ***
Capitolo 6: *** 6. “Grotta per Lupi” ***
Capitolo 7: *** 7. i due su una lama affilata ***
Capitolo 8: *** 8. progetti per fuga ***
Capitolo 9: *** 9. arresto ***
Capitolo 10: *** 10. verità e celle ***
Capitolo 11: *** 11. dolce e amara sorpresa ***
Capitolo 12: *** 12. secondo tentativo di fuga... ***
Capitolo 13: *** 13. help me, my love! ***
Capitolo 14: *** 14. adrenalina in crescita ***
Capitolo 15: *** 15. finalmente si scappa! Ci voleva tanto? ***
Capitolo 16: *** 16. epilogo ***



Capitolo 1
*** 1. Prologo ***


Come al solito, al locale, c’era sempre tanta gente. C’erano  persone di tutti i tipi: famigliole felici che facevano insieme colazione con uova e bacon, coppiette felici che prendevano insieme la cioccolata calda, abbracciandosi, mentre si dicevano tra di loro cose sdolcinate, uomini d’ufficio che bevevano solo una tazza di caffè o tè mentre leggevano concentrati il giornale, ragazzi che facevano colazione insieme prima di recarsi a scuola… Anche i camerieri del locale sembravano felici, mentre offrivano i pasti e i menù ai tavoli. Tutti erano felici… tranne una ragazza che stava al lavello dietro il bancone. La ragazza era alta e slanciata, aveva un peletto di muscoli sulle braccia e sulle gambe. Si era legata poi i capelli corti lisci e neri a coda di cavallo, per rispettare le regole del locale, che vietavano a tutte le cameriere di portare i capelli sciolti. La sua pelle era bronzea, visto che è originaria di una tribù di nativi americani, mentre i suoi occhi erano color cioccolato fondente. La ragazza stava pulendo un bicchiere, cercando di distrarsi il più possibile dalle risatine dei clienti. Lei odiava tutto e tutti. 10 anni fa, infatti, aveva perso il padre, che di mestiere faceva il poliziotto. E la madre dopo due anni si era risposata con l’ispettore Capo Swan. Odiava anche lui. Anche se poteva sembrare buono e gentile ( e lo era, la ragazza stessa lo doveva ammettere), alla ragazza sembrava quasi che quell’uomo volesse sostituire in qualche modo suo padre. E la cosa, ovviamente, non riusciva a digerirla. Non aveva né amici né un ragazzo. Mai avuti. Non ne ha mai avuto bisogno. “A che mi servono gli amici se poi ti pugnalano alle spalle?” pensava sempre la ragazza, irritata, mentre riponeva al suo posto il bicchiere. Si girò e andò alla cassa, tanto perché non aveva niente da fare. Nessuno chiedeva ordinazioni da lei, non perché la odiassero… ma perché avevano paura di lei.  La ragazza vide con la coda dell’occhio tre uomini sulla ventina, con tanto di giacca in pelle e sigaretta alla bocca, che si allontanavano dal tavolo con un ghigno soddisfatto. La ragazza notò che al loro tavolo c’erano solo piatti e bicchieri sporchi, ma nessuna mancia. Aspettò che si fermassero alla cassa. Niente, anzi, andarono avanti, verso la porta di vetro, facendo finta di niente. La ragazza ringhiò, stringendo i denti, e si precipitò alla porta, appoggiandosi al muro del mini corridoio e fermando i bulli con un piede appoggiato al muro di fronte a lei.
-Ehi, ma che fai, cocca?!?- domandò ghignoso l’uomo calvo davanti agli altri due, che se la ridevano sotto i baffi. –Chi non paga non esce da qui!- disse scontrosa la ragazza, fissando i bulli con aria di sfida.
-Paga? Ma stai scherzando? Per due pasti?- disse ridendo il bullo. Questo fece bollire di rabbia ancor di più la ragazza. Lei odiava, sin dalla morte del padre, ogni tipo di crimine. Anche quello più stupido, come non pagare la mancia, rubare un lecca lecca ad un bimbo, buttare la spazzatura a terra… erano cose che le davano sui nervi.
-Avete mangiato ben 16 portate! Dovreste pagare, sapete? C’è gente qui che si fa un culo così per servirvi! Dovreste quindi portare rispetto!- disse la ragazza, con aria schifata e severa.
-Senti un po', bellezza…- disse l’uomo, afferrandole con forza il polso. La ragazza strinse i denti e gli diede un forte calcio alla pancia con il piede che aveva poggiato al muro. L’uomo lasciò la presa e cadde a terra, con lo sguardo impietrito dei suoi compagni e degli altri clienti.
-Brutta stronza!- disse l’uomo, ma la ragazza con il solito piede gli serrò la gola, facendolo soffocare.
-Allora, vuoi pagare o no?- chiese dolcemente la ragazza, mentre pestava sempre più la gola all’uomo.
-O-ok… eccoti a mancia…- disse senza fiato l’uomo, mentre prendeva i soldi dal giaccone in pelle e li buttava a terra. La ragazza mollò la presa e si spostò a sinistra.
-Grazie per essere venuti, tornate presto!- disse la ragazza, sorridendo, mentre i tre uscivano correndo dal locale. La ragazza prese i soldi da terra, mentre i clienti tornavano a mangiare i loro pasti, facendo finta di niente. Per questo avevano paura di lei. Da piccola il padre le aveva insegnato le mosse del Kung-Fu e all’età di 8 anni aveva preso la cintura nera! La ragazza tornò alla cassa, la aprì e ci ficcò dentro i soldi, soddisfatta.
-Leah Clearwater!- urlò il capo uscendo dal suo ufficio, rivolto alla ragazza.
-Si?- rispose Leah, senza troppa cura, mentre andava al tavolo dei bulli a sparecchiare.
-Lo sai che i clienti non vanno menati, vero?- chiese il capo ciccione, mentre Leah andava al bancone per mettere le stoviglie al lavello.
-Certo- rispose lei –Ma non li ho menati. Anzi ho dato un calcio e l’ho mezzo soffocato-
-Pure peggio!- disse il ciccione –Così mi mandi via i clienti-
-ti mando via quelli che non pagano, semmai! La gente dovrebbe portare un po' di rispetto qui!- disse Leah, severa, mentre prendeva la spugnetta e lavava un piatto. Il ciccione boccheggiò, dopo di che se ne tornò nello studio, lasciando in pace la ragazza.
 
 
La porta esplose in mille frantumi. Del fumo usciva dalla banca. La polizia aveva circondato l’edificio… ma non aveva notato due individui che saltavano dalla finestra del secondo piano fino ad atterrare sul tetto di un negozio di vestiti. I due individui erano veloci e agili, e riuscivano a saltare molto lontano. La polizia era ancora impegnata con la banca, mentre i due si erano già allontanati di dieci metri. Dopo aver sceso l’ultimo tetto, corsero per le strade buie di New York City. I due individui si nascosero poi in un viale buio e desolato, mentre riprendevano fiato.
-Cavolo, che corsa!- disse uno di loro, un ragazzino di circa 15 anni, alto e muscoloso, i capelli neri e corti e gli occhi scuri.
-Puoi dirlo forte, Seth!- disse l’altro, più grande, alto e muscoloso, con i capelli neri e corti (ma più corti del ragazzo) e gli occhi scuri. Il ragazzino si era tolto dalla testa il sacchetto di plastica bucato, con i capelli che si erano appiccicati alla fronte sudata, mentre il ragazzo (più o meno 23enne) teneva in mano una busta di plastica nera. La portò all’altezza della testa, ma di colpo fece un verso che spaventò il ragazzino.
-Cosa succede, Jacob?- chiese Seth, preoccupato. Seth aveva poi un visino dolce e tenero, ed era molto simile a Jacob quando era più giovane.
-Il sacchetto… il bottino… Vuoto!- ansimò Jacob, fissando il sacco bucato e vuoto.
-Mannaggia! Adesso Sam ci ammazza!- disse Seth, tenendosi le mani alla testa, nervoso.
-Non se andiamo a recuperare la refurtiva!- disse Jacob.
-Ma sei scemo?- fece Seth –Con gli sbirri alle calcagna?-.
Jacob ci pensò su un attimo, guardò la strada vuota, si girò e disse:-Ok, tu torna al rifugio, vado io a prendere le cose!-
-Ma così…- ribatte Seth, ma Jacob lo zittì con una mano. –Vai, ho detto!- ordinò Jacob. Seth si voltò scoraggiato, prese il sacchetto di plastica bucata, se lo mise in testa, disse:-Buona fortuna, fratellone!- e corse via.
-Grazie fratellino- disse Jacob, mentre saltava su un tetto.

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Capitolo 2
*** 2. incontro e rapimento ***


-Uff, e anche oggi ho fatto!- sbuffò Leah, uscendo dal locale a mezzanotte, mentre si scioglieva i capelli. Detestava tenerli chiusi. Ma non le piacevano nemmeno se sciolti. Per lei erano troppo corti (arrivavano a metà collo), ma per il volere della madre era stata costretta a tagliarseli. Infatti Sue Clearwater (ora Sue Swan) diceva che ce li aveva troppo lunghi.
“A papà piacevano lunghi…” pensò triste la ragazza. Chiuse il locale a chiave, se la mise nella borsa e camminò lungo il marciapiede. La sua auto era parcheggiata a cinque chilometri di distanza (questo perché non era riuscita quel giorno a trovare un parcheggio più vicino). Mentre camminava, si teneva stretta la borsa a tracolla. Dentro non c’erano solo cellulare, chiavi, chiavi del locale e portafogli, ma anche un taglierino e uno spray al peperoncino. “Non si sa mai!” si disse la ragazza, mentre camminava sotto il cielo stellato. Improvvisamente sentii puzza di bruciato. Svoltò l’angolo e trovò una squadra di pompieri intenti a spegnere un incendio alla banca, mentre dei poliziotti giravano qua e là. Leah rimase lì fissa a guardare, quando notò una strana figura saltare sul tetto di una casa di due piani vicino a lei. Leah lo osservò meglio. La figura aveva i contorni di un uomo muscoloso con un sacco pieno alla schiena.
“Un ladro….” Pensò subito la ragazza, terrorizzata. Eppure non riusciva a staccare gli occhi dall’uomo. Questo saltò su un'altra casa, di un piano, poi atterrò sul cassonetto chiuso della pattumiera lì a fianco e infine atterrò con un balzo sul marciapiede, proprio a due metri da Leah. I due si scambiarono per un attimo lo sguardo, ma quell’attimo, per entrambi, sembrava durare in eterno. Il ragazzo aveva i capelli neri e cortissimi, la pelle bronzea e gli occhi scurissimi. Di colpo a Leah venne in mente ciò che stava facendo Charlie prima che lei uscisse per andare al lavoro…
“Accidenti, d’accordo che il capo della banda è Sam, ma questo qui non si fa proprio prendere!” sbraitò Charlie al computer, mentre Sue gli stava portando una lattina di birra. Leah stava per aprire la porta per uscire, ma per un attimo aveva scorto l’immagine di un uomo sullo schermo, assieme ai suoi dati. La prima impressione che ebbe la ragazza era “cavolo, non è messo mica male…” ma poi si picchiò la testa e si disse “Accidenti a te, Leah, è un ladro, non una persona!”
“Ma certo!” pensò Leah, fissando il ladro “è lo stesso della foto!”. I due continuavano ancora a fissarsi e ognuno di loro pensava la stessa cosa: che l’altro era uno schianto assoluto. Entrambi arrossirono, sempre fissandosi, ma poi una sirena li interruppe. Il ladro capì che non poteva ancora fissare la ragazza bellissima che aveva di fronte e corse via con la refurtiva. Leah, intanto, lo osservava, scioccata, mentre lui si allontanava di corsa.
 
-Cavolo era ora, ce ne hai messo di tempo!- disse un uomo sui ventiquattro anni, pelle bronzea, occhi scuri e capelli neri e corti.
-Scusa, ho avuto un imprevisto…- disse Jacob, sedendosi di fronte alla scrivania. Dall’altra parte Sam, il capo della banda dei ladri di cui Jacob e Seth ne facevano parte, sfogliava diverse pagine di uno strano archivio, mentre sbuffava di continuò.
-Cosa c’è? Qualcuno dà problemi?- chiese Jacob, curioso.
-La polizia è un problema!- disse secco Sam, gli occhi fuori dalle orbite per la rabbia.
-Ma dai?- disse sarcastico Jacob. “Come se ci lasciassero in pace da anni” pensò il ragazzo “ ma d’altro canto, che gusto c’è se non c’è un po' di adrenalina?”
-Certo!- rispose Sam, facendo uscire un foglio da una pellicola, esaminandola meglio. -In particolare questo sbirro!- disse poi, buttando davanti a Jacob il foglio, mentre prendeva il suo pacchetto di sigarette. Jacob osservò meglio. Erano i documenti dell’ispettore Capo Swan, con una sua foto.
-E questi dove li hai presi?- chiese Jake, confuso.
-Ho mandato Jared!- disse Sam, mentre faceva uscire dalle narici il fumo.
-Ah…- disse Jacob. Poi il ragazzo continuò:-Fammi indovinare: sto’ tizio qui ha una famiglia e tu vuoi ucciderli tutti, vero?-
-Si e no!- rispose Sam, mentre prendeva dalla tasca dei pantaloni due foto, buttandole sopra i documenti di Charlie. Jacob le prese e osservò. La prima mostrava una donna sui quarant’anni, capelli neri e occhi scuri. La seconda, invece, lo lasciò senza fiato: era la ragazza che aveva incontrato mentre stava scappando!
-Pazzesco, vero?- fece Sam, il gomito sul tavolo, il mento sulla mano e la sigaretta in bocca. Jacob arrossì di brutto.
-Ma…ma… è la figlia?- chiese il ragazzo, incredulo, mentre fissava gli occhi di Leah.
-Già, una gnocca assurda, non trovi?- disse Sam, dando una boccata alla sigaretta.
-Si… - rispose Jacob, rapito. Infatti quando l’aveva incontrata, aveva subito pensato che era bella… anzi, era bellissima!
-Ecco cosa devi fare- disse Sam, mentre spegneva la sigaretta –Ho scoperto che questa ragazza, Leah Clearwater, è la figliastra del capo degli sbirri. Ha 22 anni, laureata, vive con i suoi, e lavora al locale Da BoB. Dietro la foto ci sono gli orari di turno. Quindi, per farla breve, tu devi andare da lei, rapirla, e portarmela qui. Ma non subito. Prima portala da te e dopo fammi uno squillo. Ti dirò io quando portarla qua-.
Jacob fissava Sam, incredulo, poi tornò alla foto di Leah. La voltò e trovò gli orari. Avrebbe lavorato anche oggi, dalle 18 alle 24!
-Perciò… vuoi chiedere un riscatto alla famiglia?- chiese Jake, conoscendo però la risposta.
-Esatto, ma non chiederemo solo 1.000.000 di dollari- precisò Sam, con un ghigno malvagio stampato in faccia –ma chiederemo anche l’Immunità!-
-L’Immunità?- chiese Jacob, perplesso.
-Certo, ovviamente dovranno giurare di lasciarci in pace, d’ora in poi, se rivogliono la ragazza- spiegò Sam.
-Lavora anche stasera. Devo andare per forza…- chiese il ragazzo
-Esatto!- disse l’uomo, prendendo un mazzetto di soldi dalla tasca. –E ovviamente se farai bene il lavoro, questa sarà la mancia!- aggiunse, facendoli danzare davanti al naso di Jacob il mazzo di dollaroni.
-Mmm… e va bene!- disse Jacob, alzandosi dalla sedia e uscendo dall’ufficio di Sam. Non appena il ragazzo chiuse la porta, l’uomo ghignò mentre pensava “E magari, se ha anche un bel corpo, potrei farla mia!”
 
 
-Ehi, cameriera, vogliamo ordinare!- urlò un uomo sula cinquantina, con la faccia da drogato e la sigaretta in mano.
-Arrivo- sbuffò Leah, prendendo il block-notes. Evidentemente il tizio era proprio fatto, perché non si era reso conto da chi aveva appena chiesto l’ordinazione. Quando Leah si avvicinò al suo tavolo, con aria schifata e la voglia di vomitare per la puzza dell’uomo, chiese:-Cosa vuole?-
-Mmm… tu?- fece l’uomo, buttando la sigaretta a terra e poggiando la mano sul sedere della ragazza. Lei, ovviamente, reagì d’impulso. Mentre stringeva i denti incazzata, prese per il colletto della maglietta l’uomo e lo scaraventò a terra senza troppa fatica. L’uomo tossì e urlò:-Pazza!-.
-Pazzo sei tu, che ci provi con le cameriere e butti i mozziconi a terra! Esistono le posaceneri, sai?- urlò Leah, nervosissima. Non solo odiava il crimine, ma anche essere molestata o palpata. Quello infatti lo considerava un crimine bello grosso!
Il drogato corse via, uscendo dal locale. “Tsk” pensò Leah, mentre raccoglieva il mozzicone da terra. Per fortuna era l’unico cliente rimasto quella sera. Leah guardò l’orologio. Le mezzanotte. Andò allo spogliatoio, si tolse la divisa da lavoro, si massaggiò disgustata il sedere cercando di scacciare via la sensazione orrenda, indossò un paio di pantaloni neri, una canottiera blu scura e un maglioncino giallo arancio. Si slegò i capelli, si guardò allo specchio e uscì dal locale, chiudendo come sempre la porta a chiave. Andò verso l’auto, ma quando la trovò, sul cofano vide un pezzetto di carta e una ganascia alla ruota. “Merda” pensò subito Leah. Prese il foglietto. “Una multa di cento dollari solo perché non ho pagato in tempo il parcheggio? E una ganascia? Ma che cazzo vuol dire?!?” pensò la ragazza, seccata, mentre stringeva il foglio. Contò fino a dieci, si calmò e mise la multa in tasca. –Pazienza, andrò a piedi!- si disse la ragazza, imboccando il marciapiede, senza accorgersi che sul viale buio e stretto che aveva appena superato c’era una figura che la stava spiando. Leah, ignara, camminava tranquilla, mentre Jacob usciva dal viale, seguendola, ma a passo lento, per non lasciarsela scappare. Per essere sicuro che la polizia non lo trovasse così per caso si era messo il cappuccio in testa. I due camminava lungo il marciapiede vuoto e desolato a due metri di distanza. Leah si accorse dei passi dietro di lei e capì subito la situazione… o almeno credeva. Si fermò di colpo, e con lei anche Jacob, che la guardava perplesso, chiedendosi che intenzioni avesse. La ragazza prese la borsa, togliendosela dalla spalla, la afferrò saldamente per la tracolla e respirò a fondo. “Stavolta non mi faccio sfuggire un ladro!” pensò subito, mentre faceva di scatto una giravolta, facendo roteare non solo il suo corpo ma anche la borsa. Jacob la schivò appena in tempo.
-Ehi, ma sei scema?!?- urlò lui, fissando la ragazza, che riprendeva l’equilibrio.
-Vuoi la borsa, no? Vieni a prenderla!- disse Leah, cercando di frustare il ladro con la borsa pesantissima. Jacob la schivò di nuovo, pensando “Questa mi ha scambiato per un borseggiatore! Non credevo di essere sceso in un livello così basso!”.
Leah riprese la borsa e provò di nuovo a colpirlo, ma Jacob bloccò la borsa, afferrandola saldamente e la tirò via dalle mani di Leah. Lei rimase lì a fissarlo, mentre lui, scocciato, buttò la sua borsa sulla strada.
“Non è la borsa che vuole…” pensò la ragazza, terrorizzata.  Strinse i pugni, pronta a colpire, se necessario.
Ma il ragazzo non le diede il tempo di prepararsi. Prese dalla tasca interna del giubbotto in pelle marrone la pistola e la puntò sulla ragazza.
-Ti conviene non fare scherzi!- disse lui, togliendo la sicura. Leah tremò, la schiena attraversata da mille brividi, il cuore accelerare e il sudore scenderle lungo il viso.
“Cazzo, sono nei guai!” pensò subito.
-Adesso tu vieni con me!- disse Jacob –Altrimenti non solo ucciderò te, ma anche il tuo padrino ispettore e la tua mammina!-
Leah deglutii. Conosceva sua madre e il suo padrino. Non aveva scelta…
-Dove mi vuoi portare?- chiese lei, abbassando la testa, facendo capire al ragazzo che avrebbe fatto la brava. Jacob le afferrò il polso e la strascinò a sé. Ripose la pistola, prese poi le manette dalla tasca del giubbotto e le bloccò le mani.
-Vedrai!- disse, trascinandola verso un auto nera metallizzata.

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Capitolo 3
*** 3. casa del ladro ***


Jacob aprì la portiera del passeggero e ci buttò dentro Leah. Sbatte la porta abbastanza forte, facendo tremare la ragazza per un istante. Si sistemò meglio sul sedile (facile a dirsi che a farsi, visto che aveva le manette) mentre il ragazzo si sedeva sul posto di guida e chiudeva la portiera. Mentre infilava le chiavi, si tolse il cappuccio dalla testa. Leah ebbe un tuffo al cuore.
-Ma.. tu sei…- disse, incredula.
-Già!- disse sorridendo il ragazzo, quando ha notato che Leah stava arrossendo di brutto. –L’altra volta non abbiamo avuto il tempo di presentarci- disse Jacob, accendendo il motore dell’auto –Io sono Jacob!-
-E chi se ne frega!- rispose la ragazza, guardando fuori dal finestrino. La macchina partì a tutta velocità. Jacob guidava tranquillo, mentre Leah stava per avere le vertigini per la troppa velocità. Jacob tirò fuori una sigaretta dalla tasca dei jeans e un fiammifero, ma si accorse che la sua sigaretta era già stata consumata.
-E che cazzo!- disse il ladro, aprendo il finestrino dell’auto e buttando fuori il mozzicone.
-Ma che cavolo avete tutti co sti’ mozziconi di merda??- sbraitò Leah, incazzatissima. Era già la seconda volta che se lo doveva sorbire questo atto “da criminali”.
-Mh? Che vuoi?- chiese Jacob, alzando un sopracciglio.
-Non si butta una sigaretta così a cazzo!- disse Leah, abbracciandosi le ginocchia, nervosa.
-Quindi fammi capire bene- disse Jacob, fissando la strada –tu ti preoccupi più per i mozziconi che per la tua vita stessa?-. Leah non rispose. Non aveva voglia di parlare proprio con il rapinatore. Già da quando si era svegliata di prima mattina aveva capito che la giornata sarebbe finita in un disastro. E aveva ragione.
Con la coda dell’occhio fissò il ragazzo, mentre questo svoltava l’angolo. –Che cosa vuoi da me?- chiese lei, nascondendo il viso tra i capelli (nonostante questi fossero corti).
-Sesso?- fece Jacob. Leah si immobilizzò e tentò di allontanarsi il più possibile da lui.
-Stavo scherzando, scema!- disse, ridendo sotto i baffi –In realtà e per chiedere un riscattino, una cosuccia da niente-.
Leah tornò nella posizione di prima, sospirando. –Sei di quella banda dei ladri che guida Sam, dico bene?- chiese lei. Jacob la guardò con la cosa dell’ occhio. –Si, esatto- rispose soltanto. “Fantastico” pensava Leah.
Dopo aver passato due o tre curve, l’auto si fermò davanti al marciapiede. Leah guardò dal finestrino. Erano giunti davanti a degli appartamenti rosso sbiaditi. Le crepe erano così grosse che se ci fosse stato una scossa avrebbe fatto crollare gli edifici in un baleno. L’edera cresceva un po' ovunque, ma non riusciva lo stesso a nascondere le crepe sui muri. Alcune finestre erano persino rotte. Delle scale con le terrazzine si affacciavano alle finestre, mentre al piano terreno c’erano sacchi di immondizia ovunque.
-Ma dove siamo?- chiese la ragazza, schifata.
-Casa mia!- disse Jacob, scendendo dall’auto. Aprì la portiera del passeggerò e tirò fuori tenendo per il gomito Leah. Poi la trascinò verso la porta rotta dell’appartamento. Salirono le scale e arrivarono all’ottavo (ovvero il penultimo) piano. Jacob svoltò a destra e si fermò davanti ad una porta in legno. Prese le chiavi e le ficcò dentro la serratura. Leah intanto cercava di riprendere fiato, per via delle numerose scale. Jacob, con un po’ di fatica, riuscì finalmente ad aprire la porta e vi trascinò dentro la ragazza. Il ladro chiuse la porta alle sue spalle, mentre Leah guardava la casa. Era tutta un’unica stanza, con delle mensoline e un mezzo muro che separavano la stanza da letto dal salotto. La cucina era praticamente attaccata alla sala, e in fondo c’era un solo bagno. La stanza era tutta in disordine, il divano sepolto dai vestiti, i ripiani della cucina sporchi e altre schifezze qua e là.
Jacob prese per il gomito Leah e la trascinò verso la “camera da letto”. Oltre ad un letto matrimoniale vecchio senza testiere, c’erano anche due poltroncine rosse. Il ladro fece sedere l’ostaggio su una di esse.
-Si tratta di soldi, vero?- chiese Leah, mentre il ragazzo prendeva il telefono.
-Si- rispose lui, mentre digitava i numeri. Leah lo fissò, nervosa, mentre Jacob parlava al telefono con qualcuno. –Quindi tra quanto…- chiese il ragazzo alla cornetta –Mercoledì? Mmm… ok a che ora?... va bene… si è qui….  Si si… certo… ok… te l’ho detto, va benissimo! Ok a dopo… ciao!-
“Stava parlando con il capo della banda?” si chiese Leah, mentre Jacob riattaccava. Poi si sedette sulla poltroncina di fronte a lei e disse:-Beh, fra due giorni incontri il capo!-
-Wow- disse sarcastica Leah. Sbadigliò.
-Se hai sonno, dormi nel letto- consigliò Jacob.
-Certo, così intanto tu ne approfitti!- disse Leah, facendo il muso.
-Cosa? Ma sei scema? Ti pare che vado a scopare con la prima che mi capita a tiro?-
-Eeee, non si sa mai!-
-Sei matta!-
-Cavolo, non sembri uno di quei ladri che mentre tengono l’ostaggio per il capo intanto se la fanno!- disse Leah –Sembri invece fare seriamente le cose…-
-Che vuoi dire?-
-Non hai mai avuto una ragazza, ho indovinato?- chiese Leah. Jacob arrossì, ma non solo per il nervoso, ma anche per la rabbia. “Questa qui è insopportabile!” pensò il ragazzo.
-E con questo? Nemmeno tu?- chiese. –No- rispose Leah –Non mi sono mai preoccupata di queste scemenze-
-Sul serio?- chiese Jacob, incredulo.
-Si!- rispose lei. Jacob si alzò, andò nella “cucina” e prese dal frigo una bottiglia di birra. Tornò poi da Leah, mentre beveva tutto d’un fiato.
-Ma come? Bevi a quest’ora?- chiese lei.
-E allora? È un problema?- rispose lui. Leah annuì. –Tu sei matta!- disse il ladro, grattandosi la testa con la bottiglia. Senza accorgersene, però, l’aveva voltata all’incontrario e tutto il contenuto colò sul pavimento.
-Ehi, ma che fai?!?- Urlò Leah, indicando con le mani bloccate il pavimento.
-O cazzo!- disse Jacob, mettendo la bottiglia sul tavolino. Fissò il pavimento e sbuffò. –Merda!- disse –Non sono bravo a pulire… questo pavimento rimarrà appiccicoso…-
Leah ci pensò su, si guardò le manette e poi disse, fissando Jacob:-Beh, se tu mi togli le manette potrei pulirti il pavimento-
-Come?- chiese lui, incredulo.
-Hai capito bene!- disse lei. –E chi mi assicura che non proverai a scappare?- chiese lui, avvicinandosi a lei. appoggiò le mani sui braccioli della poltroncina, bloccando la ragazza. I loro visi erano vicinissimi. Leah sentiva il cuore batterle forte e le guance divampare.
-Ti giuro che non lo farò- disse la ragazza, cercando di sembrare sicura di sé.
-A si?- disse Jacob, avvicinandosi sempre di più a Leah. Anche a lui il cuore batteva forte, ma provò a non farci caso.
-Si…- disse lei, senza fiato, nervosa.
-E va bene- disse lui, prendendo la chiave delle manette dalla tasca dei jeans. Tolse le manette dalla ragazza e subito le afferrò per i polsi, facendola alzare. La trascinò poi verso di sé, i loro visi erano di nuovo vicinissimi. Leah deglutì e Jacob le disse, sibilando:-Guarda che mi fido, eh!-
-V-vai tranquillo….-  disse lei, mentre il ladro la lasciava andare, il cuore di entrambi che batteva ormai troppo forte.
Dopo cinque minuti il lavoro era ultimato. Leah guardò soddisfatta il pavimento, mentre, senza accorgersene, Jacob prendeva le manette e la bloccava ad un paletto attaccato agli scafali. Mentre lei si divincolava, cercando di liberarsi sbraitando:-E che cazzo!-, Jacob esaminava il pavimento. Lo sfiorò. Era liscio e luccicante.
-Cavolo, ma sei brava!- disse lui, guardando l’ostaggio.
-Grazie al cazzo!- disse lei –Senti non puoi lasciarmi mica così, cavolo! Non posso stare sempre in piedi!-
-Sei una cacca, uffa!- sospirò il ladro, mentre la liberava dallo scafale e le chiudeva bene le manette attorno alle mani. Poi la trascinò verso il letto e ce la buttò sopra.
-Ehi, ma che cazz..- disse lei, mentre Jacob, da una scatola, tirava fuori tante trappole per topi e le posizionava ai lati del letto, dalla parte di Leah.
-Ma cosa…- fece lei, mentre Jacob prendeva la pistola e se la metteva sotto il suo cuscino.
-Sicurezza- disse lui, sdraiandosi sul letto al fianco della ragazza. Lei si lasciò cadere sul letto, nervosa, incazzata e stanchissima. Chiuse gli occhi, cercando di dormire, nonostante le manette…
 
 
Il sole filtrava dalla finestra aperta. Il vento fresco soffiava sul letto, spostando un ciuffo nero di Leah. Lei aprì gli occhi, confusa, e poi si sedette, guardandosi attorno. “Allora non era incubo…” pensò triste.
-Giorno, dormigliona!- disse Jacob, mentre finiva di bere il caffè, seduto sulla poltroncina di fronte a lei.
-Dormigliona a chi, scusa?- chiese lei, stropicciandosi a fatica gli occhi. I polsi le facevano male, ma non voleva dimostrarlo.
-Sono le cinque del pomeriggio, sai?- disse il ladro, appoggiando la tazza sul tavolino. “Merda” pensò lei “ho dormito troppo….”. improvvisamente, però, Leah ebbe l’urgente bisogno di liberarsi di un peso…
-Ehm… devo andare in bagno..-disse lei. Jacob la fissò. –Il bagno è l’unica porta sul muro a destra- disse lui.
-Grazie, scemo, ma come faccio con queste?- disse lei, mostrandogli le manette. Il ladro strinse i denti e le afferrò la ragazza per il polso.
-Come mi hai chiamato, stronza?- le chiese, sibilando.
-Uh?- fece Leah, confusa. Che aveva detto di male?
-NON OFFENDERMI PIU’! DETESTO FARMI CHIAMARE COSI’!- disse Jacob, avvicinando la ragazza a sé.
-O…ok… non ti incazzare…- disse lei. Si strinse le gambe… non poteva resistere…
-Senti, io ho davvero bisogno di fare pipì, toglimi subito le manette per cinque minuti!- disse la ragazza, nervosissima.
Jacob tirò fuori la chiave delle manette e la infilò nella serratura. Si sentì improvvisamente un crack  sonoro. Jacob tirò fuori la chiave… spezzata.
-Ops…- fece lui. Leah non ce la faceva più…
-Merda, e ora?- fece lei, cercando di resistere. –Beh… non ho altra scelta!- disse Jacob, trascinandola in bagno.

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Capitolo 4
*** 4. perché? ***


Jacob chiuse dietro di sé la porta del bagno, sbattendo contro il muro Leah.
-Ma che cazzo fai?- chiese lei, irritata, con la schiena dolente. –In questo momento fai finta di essere una bebè!- disse Jacob, avvicinandosi alla ragazza.
-Uh, pardon?- fece lei, alzando un sopracciglio. –Riesci a toglierti i pantaloni da sola?- chiese lui, sempre più vicino.
-Se ce la facevo- disse lei, mentre tentava di resistere ancora un po’ –Non ti avrei chiesto di liberarmi da queste manette del cazzo!-
-Appunto, lo sapevo!- disse lui e, senza dare il tempo a Leah di dire qualcosa, le slacciò la cintura.
-Waaaa! Ma che fai, pervertito?????- urlò lei, cercando di dare una ginocchiata al ragazzo. Questo la schivò e la bloccò alla parete. –Senti, preferisco farti da baby sitter, piuttosto che sentire puzza di piscio per tutta la casa!- disse lui, fissandola negli occhi. Leah arrossì di colpo.
-Tranquilla- disse infine Jacob –Non ti guardo mica!-.
Leah se ne stette zitta, mentre il ladro le toglieva, cercando di non guardare, imbarazzato, i pantaloni e le mutande. Leah si sedette sul water, mentre Jacob si voltava dall’altra parte per non guardare. Quando Leah finì, Jacob, di nuovo senza guardare, le rimise su le mutande e i pantaloni. “Imbarazzante…” pensò Leah, tutta rossa. Dopo che il ragazzo le allacciò la cintura lei si lavò le mani e uscirono dal bagno. Jacob la ricondusse nella “stanza” e lei si sedette silenziosa nella poltroncina rossa.
-G-grazie…- fece lei, abbracciandosi le ginocchia e nascondendosi sempre di più. Jacob rise. “Quando è imbarazzata è proprio carina!” pensò, ma poi si diede un colpo alla testa. Non poteva di certo pensare ad una cosa simile. Non con un ostaggio.
-Figurati- rispose lui, sedendosi di fronte alla ragazza.
-Guarda che non c’è bisogno di nascondersi!- disse lui, appoggiando una mano sul braccio di Leah. Lei sobbalzò, imbarazzata. Si fissarono di nuovo negli occhi, come quella notte. Entrambi non riuscivano a staccarsi… le loro iridi avevano la stessa tonalità di cioccolato fondente. Ed entrambi pensavano, arrossendo, che l’altro aveva dei bellissimi occhi…
Le loro fantasie si interruppero quando si sentì un rumore nella stanza. Leah si massaggiò la pancia, sbuffando.
-Fame, eh?- chiese Jacob, divertito.
-Già…- disse lei. Jacob si alzò e andò verso la “cucina”. –Ti porto qualcosa allora- disse, mentre si allontanava. Leah spostò improvvisamente lo sguardo alla finestra. Era aperta. “Ma come?” pensò “mi lascia qui con la finestra aperta, senza nemmeno preoccuparsi?”. Senza volerlo la ragazza si alzò e si avvicinò alla finestra. “Questa è una buona occasione per scappare…” pensò, rimanendo però bloccata lì, a fissare i palazzi di fuori. “Eppure” continuò a pensare “Qualcosa mi impedisce di farlo… vorrei scappare… ma allo stesso tempo non voglio andarmene… ma perché?...”.
Non fece in tempo a cercarsi da sola una risposta che sentì una presenza alle sue spalle. Deglutì, intuendo già chi fosse. Voltò lentamente la testa e fissò terrorizzata gli occhi di Jacob, in fiamme. Lui la afferrò per le spalle e la sbatte contro il mini muro. Leah sentiva di nuovo male alla schiena, ma anche una forte paura crescerle nel cuore. Jacob le strinse le spalle, furioso.
-Stavi provando a scappare, vero?- sbraitò lui, secco.
-No, ti sbagli!- esclamò Leah, ma la rabbia di Jacob aumentò:-Bugiarda! Volevi farmi finire nei guai, eh? Lo sai cosa succede a che non porta a termine un compito dato da Sam? Lo sai, si o no??-
I suoi urli rimbombavano per tutta la stanza. Leah cominciava a sudare freddo. Era sicura che il ladro avrebbe preso la pistola e le avesse sparato alla testa, ma niente. Lui continuava a urlare, incazzato. Ma poi Leah riprese un po’ del coraggio che possedeva e urlò contro di lui:-Falla finita, stronzo, ti ho detto che non voglio scappare, chiaro???-.
Silenzio. Jacob la fissava, sempre più incazzato. –Come mi hai chiamato?- chiese, sibilando, la pazienza che stava andando a fumo come il suo cervello.
“O cazzo!” pensò la ragazza. “Mi sono ficcata nei casini da sola!”.
Leah si aspettava uno schiaffo, un pugno, una pallottola al cervello, ma non accadde niente… anzi, Jacob continuava a fissarla, sempre con gli occhi in fiamme, aspettando una risposta.
-Scu-scusa… non volevo….- si giustificò subito lei, sperando che almeno così la risparmiasse. Jacob, però, avvicinò di colpo il suo viso a quello di Leah, tanto che le loro fronti si toccarono.
-Jacob…- disse lei, sempre più rossa, il cuore che cominciava a battere sempre più forte, l’aria che cominciava a mancare…
-Taci!- urlò lui, nelle stesso condizioni della ragazza. Per un attimo la fissò negli occhi, con uno sguardo da “ho voglia di ucciderti”, e poi il suo istinto prese il sopravento. Di colpo Leah si ritrovò con le labbra appiccicate a quelle di Jacob. Visto che lei prima aveva la bocca aperta per il fiatone, per lui fu più facile far passare la lingua dentro la sua bocca. Mentre Jacob con la lingua segnava i contorni della bocca di lei, sempre più intensamente, Leah teneva gli occhi aperti, scioccata. Il suo cuore stava decisamente scoppiando, come quello di Jacob. Le sue guance erano fin troppo rosse, ormai. I loro petti erano così attaccati che ognuno sentiva i battiti cardiaci dell’altro. La lingua di Jacob entrò in contatto con quella di Leah, facendola arrossire sempre di più. Ormai sembrava un pomodoro!
La ragazza appoggiò i pugni sul petto di Jacob, nel tentativo di allontanarlo, senza riuscirci. Lui la strinse a sé per i fianchi e lei chiuse a forza gli occhi, per concentrarsi e trovare un modo per farlo smettere… anche se, a dir la verità, non voleva che smettesse. Voleva che andasse avanti, voleva che la toccasse ovunque, che continuasse a baciarla così intensamente…
Jacob passò subito dalle labbra morbide di Leah fino al suo collo. La sua pelle era così liscia e morbida che il ragazzo quasi non se ne voleva staccare. –J-Jacob.. basta…- ansimò Leah, un attimo prima che Jacob tornasse alla bocca. Appoggiò le mani al muro, bloccando definitivamente l’ostaggio.
Quando per un attimo si staccò da lei per riprendere fiato, Leah ansimò di nuovo:-Per favore, basta!!-.
Lui continuò a baciarla, ma solo dopo cinque secondi di accorse di quello che stava facendo. Aprì di scatto gli occhi e si staccò di colpo da lei. Le mani erano sempre appoggiate al muro. Entrambi tremavano, sudavano, con i cuori che sobbalzavano e le guance arrossate. Entrambi si fissavano negli occhi ed entrambi avevano il fiatone. Jacob si allontanò da lei, prese pistola, cellulare e chiavi e uscì di corsa dall’appartamento, senza chiudere la porta a chiave. Leah, invece, cadde lentamente a terra. Non riusciva ancora a crederci. Come poteva… piacergli? Come poteva provare un emozione simile? Si sdraiò su un fianco, le mani con le manette vicine al suo viso, mentre con le dita si toccava le labbra… le stesse che Jacob ha baciato pochi secondi fa… la sua mente era occupata solo da quell’attimo, da quel bacio così appassionato che il ladro le aveva regalato… già, un ladro! Un criminale! Proprio il genere di persona che Leah odiava… gli occhi cominciarono a bruciarle e subito due lacrime scesero lungo le guance.
“Perché?” si chiese disperata Leah, piangendo “Perché una cosa così sbagliata dovrebbe piacermi? Perché? Perché?”
 
 
“Porca puttana, perché? Cosa cavolo mi è saltato in testa?” pensava continuamente Jacob, mentre assieme a Seth saltava per i tetti, fino a raggiungere il tetto di una gioielleria.
-Ehi, fratellone!- disse Seth, attirando la sua attenzione –Cos’hai? Sei tutto rosso e hai una faccia…-
-Sto’ bene!- disse in fretta Jacob e i due scesero dal tetto. La gioielleria era chiusa, ma non c’erano chissà quali trappole. Jacob e Seth lo sapevano bene. Infatti, prima di andare a derubare qualche banca o negozio, spiavano sempre i proprietari, cercando di capire quanto fossero “furbi”.
Jacob riuscì ad aprire piano la porta. I due, prima di entrare, centrarono con le pallottole le telecamere della sicurezza. Ovviamente prima avevano disattivato i sensori di allarme, quando sono entrati prima che chiudesse, facendo finta di guardare qualche gioiello. Perciò i due presero le cose senza troppa agitazione. Sfracassarono i vetri e riempirono le buste con collane, braccialetti, anelli e orecchini d’oro, argento e gemme preziose. Ma proprio quando stavano per uscire, una macchina della polizia, che passava di lì per caso, si fermò davanti a loro. –Merda, corri, Seth!- urlò Jacob al ragazzo con il sacchetto in testa. Mentre i due correvano a perdifiato (ed erano anche molto veloci), l’auto della polizia li seguiva, nel tentativo di catturarli. Saltarono su un cassonetto chiuso e da lì saltarono sul tetto. Continuarono a scappare attraverso i tetti, mentre la polizia perdeva le loro tracce.
 
Salì le scale, con il sacco pieno di refurtiva, e arrivò alla sua porta. La aprì ed entrò dentro. Accese le luci e lasciò cadere il sacco a terra, chiudendo la porta con il piede. Raggiunse la “camera da letto”, dove trovò la ragazza che dormiva per terra. La stessa che aveva baciato circa un ora fa… quelle sue labbra morbide, la pelle liscia, il suo alito fresco, il suo profumo sul collo, i suoi fianchi slanciati… Jacob batte un palmo della mano contro la fronte. Possibile che per un ora non era riuscito a togliersela dalla mente? Possibile che aveva ancora voglia di baciarla? Si avvicinò a Leah e si inginocchiò davanti a lei. notò poi che aveva le guance bagnate e la sua espressione era triste… per qualche ragione ignota, si maledisse da solo, pensando che la causa del suo pianto fosse la sua… Sbuffò e prese la ragazza in braccio, stando attento a non svegliarla. La fece sdraiare poi sul letto e le rimboccò le coperte. Poi si sedette per terra, di fianco a lei, mentre le stringeva la mano. Intanto fissava il suo viso. “E’ proprio bella…” pensò lui, rapito. Poi di colpo Leah strinse gli occhi e la sua espressione mutò. Non era più triste, ma spaventata… questo perché stava facendo un incubo.
Jacob si avvicinò a lei, mentre Leah, nel sonno, disse, lacrimando:-No.. non lasciarmi… Jacob non andartene!-.
Di nuovo Jacob si fece guidare dal suo istinto e baciò sulle labbra la ragazza. Stavolta si staccò subito, tenendosi una mano alla bocca. Leah, intanto, non era più spaventata… la sua espressione ora era felice.
Jacob si abbracciò le ginocchia. “Ma perché?” pensava. “Ovvio perché” rispose la sua coscienza “Perché tu sei innamorato di lei”.

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Capitolo 5
*** 5. amore ***


Leah aprì gli occhi di scatto, con il fiatone e il sudore sulla fronte. Un incubo… la ragazza, mentre fissava il soffitto giallo, ripensava al suo sogno… Lei che rimaneva in un angolino, con delle manette alle mani e ai piedi, mentre davanti a lei Jacob stava per andarsene. Lo aveva chiamato, più volte, ma alla fine aveva urlato. Aveva persino urlato il suo nome. E solo dopo averlo fatto lui tornò da lei e la baciò. Quel bacio, anche se era sbrigativo e veloce, era comunque troppo vero…
Si sedette sul letto, con le mani agli occhi. Non riusciva a capirci niente, era troppo confusa. Più ripensava la sogno o al bacio di quella notte, più lei arrossiva e sentiva la testa scoppiare.
-‘Giorno- la salutò Jacob, seduto sul letto ai suoi piedi. Leah sobbalzò e si appoggiò alla parete, cercando di allontanarsi il più possibile da lui.
Il ladro guardò il pavimento, con un espressione triste. –Hai paura di me, vero?- chiese, fissando le sue scarpe. –N-no- disse Leah, abbracciandosi le ginocchia.
-Allora mi odi?- chiese di nuovo lui.
Normalmente Leah avrebbe risposto “Certo, cazzo, sei un ladro, porca puttana!”, ma stavolta il suo istinto le disse di rispondere in un'altra maniera.
-No…- rispose lei, fissando il ragazzo.
Jacob alzò la testa e la fissò negli occhi. –Ma sono un ladro, ti ho rapita, ricordi?- disse, con uno sguardo agghiacciante. Leah continuava a fissarlo. È vero, era un ladro, ma per qualche ragione non lo odiava… anzi, lo desiderava. La ragazza abbassò la testa e disse:-Io ho sempre odiato il crimine in generale, anche quelle cose stupide che non si dovrebbero fare comunque, come buttare la spazzatura per terra o robe varie… ma con te è diverso… anche se lo volessi, non riuscirei ad odiarti…-
Jacob la fissò, incredulo. Si avvicinò a lei e questo la fece tremare. –Tranquilla, non voglio farti niente- disse, alzando una mano, per calmarla. -Piuttosto- chiese –Come mai sei così fissata? La gente di solito non conta queste cose…-
Leah abbassò di nuovo la testa e sospirò, triste. –Mio padre, Harry Clearwater, era un poliziotto –Raccontò lei –Ma un giorno ci fu una rapina in banca. I ladri uscirono e avevano preso come ostaggio un bimbo di dieci anni. Mio padre cercò di trattare con loro, per cercare di salvarlo. Quando li convinse (o almeno così credeva), il bambino fu tratto in salvo, ma il capo di questi, che aveva sete di omicidio… lo… lo…-
La ragazza non riuscì a finire il racconto. Il ricordo di ciò che era successo a suo padre dieci anni fa la tormentava. Lasciò andare le ginocchia  e mise la testa tra le mani, singhiozzando. Jacob la guardò, triste. E d’istinto la prese per le spalle e la strinse forte a sé. Con le braccia muscolose circondo la sua schiena, poggiò la testa sulla sua e le accarezzò i capelli, mentre lei si faceva coccolare da lui, piangendo sulla sua spalla.
-Da quello che mi hai raccontato, tuo padre doveva essere proprio un uomo coraggioso- disse lui, stringendola sempre di più. Il loro petti erano di nuovo uniti, e i loro cuori battevano frenetici.
Leah annui, ripensando al padre. Era coraggioso, gentile, leale e altruista. Lui non aveva fatto niente di male per meritarselo. Stava solo cercando di salvare un bambino….
Leah sentì il ladro sospirare sui suoi capelli. Avrebbe voluto sentire il suo alito sulla sua bocca…
-Anche io ho perso mia madre- raccontò Jacob, facendo tornare con i piedi per terra la ragazza.
-Quando avevo dieci anni, io e lei eravamo in auto, poi accadde un incidente… nemmeno io ricordo come, ma la nostra auto si era sfracellata. Io sono sopravvissuto per miracolo, anche se con qualche graffietto e due costole rotte, ma mia madre…-
Leah sentì il ragazzo stringerla sempre di più. Notò poi che le sue braccia tremavano. Se solo non fossero per le manette, a quest’ora avrebbe ricambiato l’abbraccio, dalla quale non voleva staccarsene…
-Mi dispiace- disse triste lei, facendosi coccolare.
-E a me dispiace per tuo padre- disse Jacob. Eppure sapeva di aver sentito da qualche parte il nome di Harry Clearwater, ma non ricordava dove…
I due, a malavoglia, si staccarono e Leah tornò a sedersi.
-Dopo quell’incidente… cosa è successo?- chiese lei, spaventata dall’idea di ferirlo in qualche modo.
-Ero solo, mio padre e mia madre erano divorziati, all’epoca- raccontò Jacob –Ma il padre di Sam, Levi Uley, mi trovò proprio quel giorno. Stava passando li con l’auto e ha visto la nostra sfracellata. L’ambulanza non era ancora arrivata… così Levi mi vide, mi chiese se c’era qualcuno con me. Guardai mia madre e risposi di no. Così lui mi ha portato via e mi ha insegnato a diventare un ladro… ecco, questo è tutto-
Leah non sapeva così dire. Le dispiaceva molto per Jacob, nonostante fosse un ladro.
Jacob poi le prese i polsi e li esaminò. Il cuore della ragazza andò a mille, per il solo semplice contatto.
-Ti fanno male?- chiese lui, riferendosi ovviamente alle manette.
-No…- rispose lei, mentendo spudoratamente. Le facevano malissimo, a dir la verità. Jacob, che ovviamente capì che la sua era una bugia, la fece alzare dal letto e la portò in soggiorno.
-Ma che fai?- chiese lei, facendola sedere su una mini-scrivania, con tanto di lampada e attrezzi da meccanico.
-Vedo di togliertele- disse lui, prendendo un enorme pinza di ferro.
-S-sul serio?- chiese lei, incredula. –Ovvio- rispose Jacob –Non posso mica portarti stasera da Sam con queste manette! E poi hanno lasciato dei lividi sui polsi-.
Leah le osservò meglio. In effetti c’erano delle linee circolari nere sui polsi. Jacob riuscì a tagliare le manette in due, spezzando la catenina, poi taglio i due cerchietti. Leah sentì finalmente le mani libere. Si massaggiò i polsi, mentre Jacob buttava sulla scrivania quel che rimaneva delle manette.
-Wow, sei… bravo…- disse Leah –Ma come fai?-
Jacob rise, poi spiegò:-Ognuno della banda di Sam deve essere bravo in qualcosa, non solo a rubare. C’è Jared, esperto nel setacciare o procurarsi vari materiali, come documenti. C’è Paul, il più antipatico, che fa da spia, poi c’è Quil, il cuoco in persona, Embry, quello che porta a tutti prostitute dette da lui “di buona qualità”…-(Leah lo fissò, con uno sguardo misto di gelosia e incredulità. Jacob ovviamente capì la ragione)-Tranquilla, non sono quel tipo di ragazzo, io. A dir la verità, non mi interessano le puttane, mi fanno vomitare! Tornando a noi, Colin e Brady sono invece quelli che fanno la guardia al rifugio, Seth, il più giovane, grazie al suo visino dolce, riesce a distrarre le commesse e questo mi aiuta a rubare un po’ di tutto senza che se ne accorgano. Infine ci sono io, che non solo faccio da braccio destro a Sam, ma sono anche il meccanico della banda-.
-Caspita, siete tutti specializzati in qualcosa, allora- disse Leah, stupita.
-In più, la nostra banda ha un nome proprio, che tutti i poliziotti di New York City conoscono- disse Jacob, sorridendo, divertito –ovvero Wolfpack. Infatti ci facciamo considerare come un branco di lupi, tutti a seguire il loro alfa. Forte, no?-
-Wolfpack…- ripeté sorpresa Leah. Charlie li aveva nominati un miliardo di volte. Poi di colpo le venne in mente una cosa:-Jake, la polizia, in particolare Charlie, mi sta cercando, giusto? E voi avete già…-
-Si…- rispose Jake, senza entusiasmo -1.000.000 $ più l’immunità-
-eh?-
-L’immunità, ovvero i poliziotti non hanno più il diritto di dare la caccia a noi “Lupi”- disse Jacob.
Silenzio più totale. 1.000.000 $ e l’immunità… solo per salvare Leah? La cosa per lei sembrava altamente esagerata.
-Beh, io vado a fare una doccia e… fattela anche tu dopo, che ne dici?- disse Jacob, alzandosi dalla sedia e andando in bagno.
-Ok…- rispose Leah. Dopo un quarto d’ora Jacob uscì dal bagno, i capelli bagnati e con addosso una t-shirt rossa e dei pantaloni neri.
-Vai tu, ora- disse, asciugandosi la testa con l’asciugamano.
-Ma non ho il cambio!- disse Leah. Jacob andò al divano, rovistò tra i vestiti e lanciò a Leah una maglia verde e larga e dei pantaloni da ginnastica neri, larghi anche quelli.
-Ti staranno larghi, ma meglio di niente, no?- disse lui. Leah andò in bagno e chiuse la porta. Lasciò i vestiti a terra, si spogliò, entrò nella doccia, chiuse le tendine e aprì l’acqua. Il getto, freddo come il ghiaccio, la colpì sulla nuca, ma lei non ci badò. Aveva bisogno di rinfrescarsi, dopo tutto ciò che ha passato. Possibile che provava qualcosa nei confronti di un ladro che conosceva solo da due giorni? Leah prese lo shampoo di Jacob, e si lavò i capelli, strofinandosi la testa per bene, cercando di non pensarci. Si sciacquò la testa, ma subito rimase immobile sotto il getto dell’acqua. Si toccò di nuovo le labbra. Aveva davvero voglia di baciarlo… Leah abbassò la testa, lasciando che l’acqua scivolasse lungo i capelli neri. Doveva ammetterlo a sé stessa. Si era innamorata del ladro che l’aveva rapita due giorni fa. Leah finì di lavarsi. Chiuse l’acqua e uscì. Si asciugò e indossò gli indumenti. Ovviamente le stavano larghissimi e i pantaloni erano troppo lunghi. Uscì dal bagno, con Jacob che l’aspettava fuori.
-Senti, Jacob- disse lei, mentre il ragazzo la fissava –Tu… pensi di essere cattivo, vero?-
Jacob si stupì dell’affermazione. –S-si…- rispose, incredulo –Ma come l’hai capito?-
-Lo si vede dalla tua faccia- disse lei –Credi di essere cattivo, ma non lo sei. Di solito la gente giudica senza conoscere, come nel mio caso. Forse all’inizio ti odiavo proprio perché dei un ladro, ma dopo ho capito che mi sbagliavo di grosso. Non sei cattivo, sei buono. Tu mi hai aiutato a vedere le cose da un’altra prospettiva. Non tutti quelli che fanno cose cattive sono cattivi per davvero. Magari lo fanno perché non hanno altra scelta. Ma tu, a prescindere di tutto, sei buono…-
Silenzio assoluto. Jacob cambiò espressione, assumendo una strana faccia. –Cos’è, un modo per dirmi che ti piaccio?- chiese, sempre con la stessa faccia da cretino. Leah arrossì e tremò.
-No, pezzo di scemo, era un complimento!- urlò lei, nervosa, ma poi si tappò la bocca. Lo aveva appena chiamato “pezzo di scemo”. Ora si che era nei guai…
Jacob si avvicinò di scatto a lei, la prese per i polsi e la bloccò alla parte, ma con più calma. Di nuovo il cuore di Leah batteva all’impazzata, mentre le sue guance diventavano rosse come il pomodoro. Jacob non sembrava arrabbiato. Anzi, la guardava negli occhi, rapito, come la volesse stringere a sé per sempre…
-Scusa… non volevo… mi è sfuggito…- disse Leah, pensando che lui volesse solo controllare la rabbia. Ma non era quella che cercava di controllare…
-Leah…- disse lui. Lei sgranò gli occhi. Fin ora non gli aveva detto il suo nome. Probabilmente l’avrà spiata… in qualche modo lo avrà scoperto!
Jacob abbassò la testa, le braccia tremanti.
-Jake, che…- disse lei, cercando di capire il suo problema.
-Io non ce la faccio più!- disse lui, sibilando –Io… Io ti voglio, qui e ora!-.
Il cuore di entrambi batteva ormai troppo forte. Jacob fissava Leah, in attesa di una qualche reazione da parte della ragazza.
-Se le cose stanno così…- disse lei, calma –Non controllarti…-
-Come?-
-Se continui così, potresti andare di matto. Non controllarti…- disse lei.
Jacob avvicinò il suo viso a quello di Leah. Le loro fronti si sfiorarono e i loro nasi si toccarono.
-Sei sicura di quello che dici?- le chiese. Leah riusciva a sentire il suo alito. Il ragazzo mise le mani il muro, mentre Leah gli prendeva il viso tra le mani, socchiudendo gli occhi.
-Si- rispose lei, sicura. Non aveva più paura di niente. Tutto quello che succedeva là fuori non aveva più senso. C’erano solo Leah e Jacob. Non erano più il ladro e l’ostaggio. Per loro, questo, non contava più.
Leah avvicinò il viso di Jacob al suo e i due si sfiorarono le labbra. Poi aprirono entrambi la bocca, facendo ballare insieme le loro lingue infuocate. Il bacio si fece sempre più intenso e passionale, tant’è che i loro cuori scoppiavano. Jacob la afferrò per i fianchi e Leah gli circondò la testa con le braccia. Entrambi si strinsero ancor di più. La lingua di lei leccava quella di lui, mentre quest’ultimo, dopo, le morsicava il labbro, desiderandola sempre di più. Poi le sue mani passarono dai suoi fianchi alle sue gambe. Le sollevò e lei gli circondò con le gambe la vita, mentre lui la teneva per il sedere. Jacob spostò la bocca sul collo della ragazza. Le leccò la pelle liscia e bronzea, mentre Leah gli mordeva l’orecchio. Poi tornarono entrambi a baciarsi, sempre più in intensamente. Jacob, tenendola in braccio, la portò nella “camera” ed entrambi si buttarono sul letto, Jacob sopra e Leah sotto. Mentre continuavano a baciarsi, lui spostò le mani sui fianchi di lei e le alzò la maglietta larga. Si staccarono e le tolse la maglia, buttandola a terra. Mentre lui leccava di nuovo il suo collo, Leah gli tolse la T-Shirt rossa, buttandola sopra la maglietta verde. I due si strinsero ancor di più, leccandosi le labbra a vicenda. Leah strinse con le braccia la schiena di Jacob, mentre gli circondava i fianchi. Lui le leccò di nuovo il collo, poi infilò una mano sotto il reggiseno di lei, accarezzandolo. Leah gli baciò la guancia, costringendo il ragazzo a tornare alle sue labbra.  Poi la mano passò dal seno fino alla pancia, per poi infilarsi nei pantaloni e nelle mutande. Se Leah non avesse avuto la bocca occupata con quella di Jacob, avrebbe di certo ansimato. Il ragazzo spostò la mano e tornò a stringere i fianchi della ragazza. I due continuavano a baciarsi intensamente, finché il telefono di Jacob non squillò. I due smisero di baciarsi e si fissarono negli occhi. Avrebbero voluto andar avanti, ma se non fosse stato per quella chiamata improvvisa ci sarebbero riusciti. Entrambi sudavano, nonostante la doccia, ed entrambi avevano il fiatone. Il telefono non la smetteva di squillare. Jacob lo prese dalla tasca dei pantaloni e controllò il display.
-Merda, è Sam!- disse, rimanendo sdraiato su Leah. Appoggiò la guancia sul suo petto, sentendo i battiti del suo cuore, mentre portava all’orecchio il cellulare, premendo il tasto di risposta. Leah gli abbracciò  la testa, recuperando a fatica il fiato, mentre Jacob sentiva ciò che aveva da dire Sam.
-S-si?- disse lui, mentre Leah gli accarezzava i capelli, guardando il soffitto. In quel momento si sentiva… troppo felice. Non era mai stata così felice prima. Avrebbe voluto che quell’idiota del capo di Jacob non li avesse interrotti.
-Cosa? Adesso?- chiese Jacob alla cornetta –V-va bene… si certo… ok arrivo…-
Jacob riattaccò il telefono, sospirando:-Cazzo-
-Cosa c’è?- chiese Leah.
-Dobbiamo andare, ora- disse lui, alzandosi dal letto. I due si rivestirono, Jacob prese anche la pistola e se la ficcò nei pantaloni.
Quando stavano per uscire, però, Jacob si voltò a guardare Leah.
I due si fissarono e lei gli saltò addosso, baciandolo. Lui la strinse con un braccio solo per il fondoschiena. Si staccarono e Jacob disse:-Andiamo, forza!-
-Ok- rispose Leah, tutta rossa, ed entrambi uscirono dall’appartamento.

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Capitolo 6
*** 6. “Grotta per Lupi” ***


L’auto sfrecciava lungo la strada, verso la zona industriale. C’era una parte di questa zona completamente abbandonata.
Jacob parcheggiò l’auto davanti ad una catapecchia, con i vetri rotti e la porta spaccata in due.
-Ma dove siamo?- chiese Leah, che non conosceva la zona.
-Questo è il nostro rifugio!- rispose Jacob, un po’ emozionato e un po’ nervoso. Sapeva molto bene poi il perché di tanta agitazione. Di solito, quando l’ostaggio era una ragazza, lui la voleva vedere non per interrogarla o chissà che, ma per farsela. Per questo Jacob aveva paura. Sam poteva toccare chiunque, prendersi tutte le donne della città, ma non lei. Non Leah. Le strinse forte la mano, cercando di controllare la sua rabbia. Se solo l’avesse sfiorata, lui….
-Ehi, calmati, cos’hai?- chiese lei, notando che la stretta di mano era troppo forte.
-Niente, tranquilla- disse Jacob, facendola entrare nella casetta vuota. Era tutta impolverata e disordinata. Jacob la portò in fondo alla stanza e si piegò sul pavimento. Tolse da terra il tappetino impolverato e Leah poté vedere che sotto il tappetino c’era una botola. Jacob la aprì, scoprendo una scalinata di dieci gradini, dove conducevano ad un corridoio stretto, illuminato da torce poco luminose. I due scesero e il ladro chiuse la botola sopra le loro teste. Scesero le scale e arrivarono al corridoio. In fondo c’era una porta. A metà strada, però, Jacob si bloccò. Leah rimase immobile, fissando il ragazzo, chiedendosi cosa lo spaventasse tanto. Lo aveva capito dalla stretta della mano che c’era qualcosa che non andava.
-Jake, che hai?- chiese lei, avvicinandosi a lui.
-Leah…- disse Jacob, sospirando, mentre prendeva la ragazza per i fianchi e la stringeva a sé. La baciò con intensità, tanto da mandare in palla le loro menti. Le loro lingue, mentre danzavano, bruciavano di passione. Leah trascinò ancor più a sé la testa del ragazzo, mentre lui le massaggiava il sedere. I due si staccarono e Leah baciò la guancia di Jacob. Lui la abbracciò forte. Leah sentiva che era molto più spaventato di quanto immaginasse, ma non riusciva a capirne il motivo. Per cosa si poteva spaventare un ladro, oltre alla polizia?
Jacob baciò la testa della ragazza e disse, sibilando a denti stretti:-Qualsiasi cosa succeda là dentro, io ti starò sempre vicino. Non lascerò che ti facciano male!-
A Leah si mozzò il respiro. Erano i suoi il problema?
Jacob la prese per mano e la portò verso la fine del corridoio. Il ladro bussò uno, due, uno e due volte alla porta. Questa aveva un buco, che si aprì, facendo intravedere due occhi scuri.
-Parola d’ordine?- chiese l’uomo dall’altra parte.
-Colin, fammi il favore, sono io!- disse Jacob, seccato.
-Lo so, ma sai com’è Sam. Dì la parola e ti faccio entrare!- disse Colin, annoiato.
-Uff… “gli Uley regnano”!- disse Jacob, alzando lo sguardo al soffitto basso. Il buco si chiuse e si aprì la porta.
-Visto? Non ci voleva tanto!- disse Colin, sorridendo, anche se annoiato.
-Grazie!- disse Jacob, sarcastico, tenendo per mano Leah. Colin chiuse la porta, mentre i due attraversavano un secondo corridoio. Questo, a differenza del primo, aveva le pareti color menta, era illuminato e aveva diverse porte ai lati. Jacob prese la seconda a sinistra e la aprì. Entrambi si ritrovarono in un ampio salone, con due divani e quattro o cinque poltrone rosse. Le pareti erano verde scuro, mentre il pavimento era in moquette rosso mattone scurissimo. C’erano diversi uomini all’interno, tutti con occhi scuri, capelli neri e corti e pelle bronzea.
-Fratelloneeeeee!!!- si sentì urlare per la stanza. Leah si guardò intorno e vide che un ragazzino di circa 15 anni, con un po' di muscoli, i capelli un peletto più lunghi e un sorriso a trentadue denti stampato in faccia, correva verso di loro, agitando le braccia.
-Ehi, Seth!- salutò Jacob. I due si diedero il cinque, poi Jacob con un braccio chiuse la gola di Seth e gli strofinò i capelli con la mano chiusa a pungo.
-Eddai!- disse il ragazzino, liberandosi dalla presa. Spostò poi lo sguardo su Leah, che intanto lo guardava scioccata.
-E’ lei l’ostaggio?- chiese Seth, indicandola.
-Si, è lei!- rispose Jacob, dandogli un colpetto sulla spalla.
-E ti pareva che aveva chiesto per forza lei- disse Seth, massaggiandosi la spalla- Sai com’è, è piuttosto carina, questa!-
-Grazie…- disse Leah, continuando a fissarlo scioccata. Poi agitò la testa e decise di chiedergli:-Scusa, ma tu quanti anni hai?-
-15, perché?- disse il ragazzino. Leah spalancò la bocca e posò lo sguardo su Jacob, che alzò le spalle.
-E’ lui il più giovane!- disse il ladro –Ma … ehi non fare quella faccia! È lui quello che voleva stare qua, io non l’ho costretto mica!-
-Dici sul serio?- chiese Leah, fissandolo con uno sguardo da rimprovero.
-Parola d’onore!- disse Jacob, alzando le mani.
-Ehi, sarò un ragazzino, ma sono anche sveglio e fico!- disse Seth, sorridendo.
-Ma sei anche LENTO!- disse Jacob, dandogli una gomitata.
-Siete fratelli, quindi?- disse Leah, fissando i due. Jacob e Seth si guardarono, guardarono Leah e scoppiarono a ridere come dementi.
-Ma che ho detto?- chiese Leah, seccata e irritata.
-Non siamo proprio fratelli, ci consideriamo così- disse Jacob.
-Ma siete così simili…- disse Leah, guardando prima Seth e poi Jacob.
-Si, è vero! Ma non siamo parenti!- disse Seth, mentre tentava di trattenere le risate.
-Ehi, brutto idiota, non vale!- disse un uomo, della stessa età di Jacob, con una frangia lunga sugli occhi.
-Chi hai chiamato brut…- stava per dire Jacob, ma l’altro ragazzo lo interruppe:-Sono io quello incaricato a portare le gnocche qui, non tu-
-E’ l’ostaggio, scemo!- disse Seth.
-Scusa…- disse Leah, la voce fredda, lo sguardo gelido e il pugno alzato –Mi hai appena dato della troia?!?-.
Prima che il ragazzo potesse reagire, Leah gli diede un pugno violento sulla testa, facendolo crollare a terra, mentre una fontanella di sangue fuoriusciva dalla testa.
-Questo è Embry- disse Jacob –Quello che si occupa di portare prostitute e… si, è un idiota totale!-
-Suonato!- ammise Seth.
-Ehi, non è che tu…- disse Leah, rivolgendosi al ragazzino.
-Cheeeee? Ma neanche per sogno!- disse Seth –Io non voglio mica andare a letto con delle donne che vogliono solo soldi!-
La ragazza sospirò di sollievo. Almeno il ragazzino era ancora a posto con la testa.
-Ehi, Jacob!- salutò un altro uomo, con i riccioli corti e neri –Sam ti sta’ aspettando nel suo studio-
-Ok, grazie Quil- disse Jacob, nervoso. Prese per mano Leah e la fece uscire dalla stanza.
-A dopo Fratellone!- salutò Seth, chiudendo la porta. I due camminarono lungo il corridoio. La mano di Jacob che teneva quella di Leah tremava.
-Stai calmo, sembri una foglia!- disse lei.
-Sono calmo- mentì Jacob. Si fermarono davanti ad una porta in legno nero, con scritto “Studio di Sam Uley” a caratteri minuscoli su una targa d’oro.
-E’ qui?- disse Leah, la tensione crescerle in petto. Se prima era tranquilla, ora tremava come Jacob. Avrebbe incontrato colui che ha organizzato il suo rapimento… e aveva paura. Se la voleva vedere doveva esserci una ragione valida… ma lei aveva paura di saperla, perciò non chiese niente a Jacob.
Il ragazzo la abbracciò forte, e poi le diede un bacio rapido. Si staccò da lei, tenendola però per mano, e bussò alla porta.
-Avanti!- disse una voce maschile.
Jacob aprì piano la porta, mentre stringeva forte la mano di Leah. Entrarono in uno piccolo studio, poco illuminato, con le pareti e la moquette neri. Al centro c’era una scrivania con due sedie davanti e una dietro. Un uomo sui 24 anni stava poggiato alla scrivania, ghignando con appena vide Leah.
-Bene Bene, hai fatto un buon lavoro, Jacob- disse Sam.
-Grazie…- disse lui, senza alcun entusiasmo. Leah tremava da capo a piedi. Quell’uomo le faceva paura.
Senza pensarci due volte si strinse al braccio di Jacob, cercando poi di nascondersi dietro di lui, tenendo però la mano intrecciata alla sua.
-Ehi, cosa fai, ti nascondi?- scherzò Sam, avvicinandosi.
Jacob strinse la mano di Leah. Avrebbe voluto ucciderlo, in quel momento. Poco importava se era il suo capo. Non gli era mai piaciuto Sam. Si dava sempre troppe arie solo perché comandava la banda.
-Dai, fatti vedere bene, Leah- disse Sam. La ragazza non si mosse da lì. Allora Sam la afferrò per un braccio e la allontanò a forza da Jacob, sbattendola contro il muro. Jacob strinse i pugni, la rabbia crescere sempre di più, mentre rimaneva immobile, inerme.. cosa poteva fare? Meditava sul modo più veloce per uccidere Sam e scappare con Leah, ma mentre ci pensava, il capo-banda bloccava la ragazza alla parete, afferrandole il viso.
-Sai- disse lui –Sei molto più sexy dal vivo-
A Leah veniva voglia di piangere. Avrebbe potuto benissimo sputare in faccia a quel bastardo, ma aveva troppa paura. Il pomeriggio precedente, quando Jacob si era incazzato con lei… la paura in quel momento era nulla in confronto a quella di adesso.
-L-lasciami!- urlò Leah, ma Sam la afferrò per il collo, facendola tacere. Intanto le toglieva la maglia verde di Jacob e leccava la sua pelle.
-AAAh, che schifo, lasciamiiii!!!- urlò la ragazza, ma Sam continuò a fare quello che gli pareva. Jacob strinse i denti, a testa bassa. Un pungo? Una bottiglia rotta? Una pallottola in fronte? Un coltello? Cosa poteva fare? E come?
Leah cercò di divincolarsi dal maniaco, ma non ci riuscì. Provò a dargli una ginocchiata, che lo colpì in pancia. Questo fece piegare Sam in due, ma non era abbastanza forte il colpo, perché lui non aveva mollato la presa. Leah provò allora a dargli un pugno, ma Sam afferrò il suo pugno in tempo, fissando la ragazza con una faccia da maniaco.
-Pessimo errore, ragazza!- disse.
“Possibile?” pensò lei. aveva fatto Kung Fu con il padre da bambina. Che abbia scordato tutte le tecniche da quando è stata rapita?
Sam continuò a fare lo sporcaccione e questo fece urlare Leah:-BASTAAA! JACOB, AIUTO!-
Jacob aprì di scatto gli occhi. Non ce la faceva più!
Andò da Sam e lo bloccò, mettendogli una mano sulla spalla.
-Nh? Che vuoi?- chiese Sam, seccato, guardando il ragazzo.
“Lasciala stare, lei è mia, brutto coglione di merda” avrebbe voluto dire Jacob. E invece disse con una voce freddissima:-Non è il caso di smetterla? Quando la dovremo consegnare sarà in uno stato penoso. E tanti cari saluti ai soldi e immunità!-
Sam ci rifletté su, poi lasciò andare la ragazza e rise:-Certo che tu pensi proprio a tutto, eh?-
Leah cadde lentamente a terra, tremando, disgustata.
-E va bene- disse Sam –Portala via allora. Se non la posso scopare non ho idea di cosa farmene!-
Jacob sospirò, prese per il braccio Leah e la maglietta. Lei si rivestì in fretta e uscirono dallo studio, con lui che teneva per mano lei. camminarono per il corridoio, ma invece che andare nel salone di prima, Jacob portò Leah in un’altra stanza, che solo dopo lei realizzò che si trattava di un bagno enorme.
Jacob fece sbattere Leah contro la parete, chiudendo la porta del bagno a chiave. Poi si avvicinò a Leah e appoggiò le mani alla parete.
-Io quello…- disse Jacob, cercando di controllare la sua rabbia –Quello lo ammazzo… bastardo.. coglione!-
-Puoi fare di meglio, invece di ucciderlo…- disse Leah, che ancora tremava.
-Cosa?- chiese lui, alzando la testa, freddo e incazzato.
-Vieni qui- disse Leah, afferrandolo per i capelli e trascinandolo verso di sé. Il suo alito si mischiò a quello del ragazzo, mentre entrambi si baciavano con foga.  Jacob strinse a sé la ragazza e due scivolarono sul pavimento di marmo bianco. Jacob passò al collo di Leah, notando solo in quel momento che le aveva lasciato un succhiotto, poco prima di uscire da casa.
A Jacob sorse un dubbio. Tolse la maglietta dalla ragazza e fissò il suo corpo, tenendo le braccia a terra. Leah intanto lo fissava. Voleva baciarlo a tutti i costi, dimenticare il tentativo di stupro di prima…
L’espressione di Jacob si fece disgustato, mentre diceva:-Merda! Quel gran pezzo di merda…-
-Che mi ha fatto?- chiese terrorizzata lei, guardandosi il corpo, tenendosi per i gomiti. Aveva della bava un succhiotto enorme sul petto e sulla pancia.
-Che schifo!- urlò lei, disgustatissima.
Jacob la prese in braccio e la mise dentro la vasca.
-Un momento, che vuoi fare?- chiese Leah, confusa. Jacob aprì il rubinetto, facendo riempire la vasca, con Leah al suo interno. E vestita.
-Aspetta, fammi togliere i vestiti, prima!- disse, cercando di alzarsi, ma Jacob la immobilizzò con un bacio e la fece risedere nella vasca. Sempre baciandola, chiuse il rubinetto quando la vasca fu abbastanza piena e le tolse i pantaloni da ginnastica, completamente bagnati. Leah accarezzava i capelli del ladro, segnando con l lingua i contorni della sua bocca, mentre lui le toglieva mutande e reggiseno. Si staccò un attimo da lei, prese spugna e doccia-schiuma, e cominciò a lavarle il corpo.
-Ma mi ha … solo nella pancia…- disse Leah, quando Jacob cominciò a pulirle la gamba.
-Hai comunque quel suo odore schifoso addosso!- disse lui, freddo. Quando finì di lavarla, le passò un asciugamano e lei uscì dalla vasca, coprendosi.
Lui prese un phon dal cassetto e le asciugò velocemente i capelli e i vestiti, senza che lei glielo chiedesse. Poi Leah si rivestì e Jacob la riabbracciò forte. La ragazza si sentiva finalmente al sicuro tra le sue calde e forti braccia. E il suo odore la faceva sentire felice. Lo abbracciò forte e gli baciò il collo. Poi lui le baciò la testa e le disse:-Usciamo da qui, forza-. Leah annuì e i due uscirono dal bagno. Ripercorsero i corridoi, salutarono Colin e Brady e uscirono dal rifugio, che Jacob la definiva “Grotta  per lupi”.
Il ladro e la ragazza salirono in auto e questa sfrecciò per la strada.


......

SCUSATE TANTO, SOLO ORA SONO RIUSCITA A FINIRE QUESTO CAPITOLO. SPERO CHE VI PIACCIA LA STORIA :D 

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Capitolo 7
*** 7. i due su una lama affilata ***


I due arrivarono a casa di Jacob, affamati e ancora scossi. Leah si sedette sul divano, mentre Jacob tirava fuori un sacchetto di biscotti.
-Scusa- disse lui, sedendosi accanto a lei –Ma a casa ho solo questi-
-Fa nulla- rispose Leah, prendendo dal sacchetto un biscotto con i pezzetti di cioccolato. La ragazza aveva così tanta fame che si sarebbe mangiata anche i vestiti.
Sgranocchiò il biscotto, felice di accontentare il suo stomaco. Il telefono di Jacob squillò, e i due rimasero immobili. –Ma questo qui deve sempre rompere?- sbraitò Jacob, quando vide che sul display c’era una chiamata da parte di Sam. Premette il tasto e portò il cellulare all’orecchio.
-Si, che c’è?- chiese Jacob.
-Jake, accendi la tv al canale 28- disse Sam, riattaccando subito dopo.
-Al canale 28?- fece il ladro, spegnendo il telefono.
-Cosa c’è?- chiese Leah. Jacob prese il telecomando e accese la Tv al canale 28. C’era il notiziario stranamente a quell’ora. Ma la cosa che sorprese entrambi è che stavano facendo un intervista in diretta all’ispettore Charlie Swan.
-Charlie????- urlò Leah, incredula.
-Ma che…?- fece Jacob, alzando il volume.
-Questo pomeriggio, l’ispettore Charlie Swan di New York City, ha deciso di mandare un messaggio via intervista e in diretta ai rapinatori che hanno preso come ostaggio la figlia Leah Clearwater, ovvero il gruppo di ladri di New York City chiamata WolfPack, che hanno mandato un messaggio via radio alla polizia circa due giorni fa. Infatti i ladri hanno chiesto la cifra di 1.000.000 di dollari, più l’immunità. Ispettore Swan, cosa vuole dire a questa banda di rapinatori? Che decisione ha preso al riguardo?-
Leah e Jacob trattennero il respiro, aspettando una risposta da parte di Charlie.
-Io e altri miei colleghi abbiamo deciso- disse Charlie in tv -… se state ascoltando Wolfpack, vi dirò questo: avete vinto, avrete i vostri soldi e anche l’immunità, ma non fate del male alla ragazza-.
-Charlie…- disse l’ostaggio, incredula. Non pensava che potesse preoccuparsi per lei. era disposto davvero ad arrendersi?
Jacob spense la tv e sbuffò:-No, c’è qualcosa che non torna…-
-Ovvero?- chiese lei, curiosa.
-In passato abbiamo preso non so quanti ostaggi, spostandoci sempre ogni volta che avevamo il bottino… i poliziotti di solito non si arrendono così facilmente, e se lo fanno, lo fanno una settimanella dopo… questo invece ha deciso in due giorni! Secondo me, la cosa puzza di imbroglio, e forse anche Sam l’ha capito-
-Imbroglio?- fece Leah, fissando il ragazzo, che stava fissando il pavimento, pensieroso.
Leah riflette. Voleva tornare da sua madre e alla sua vita di sempre… ma allo stesso tempo non voleva lasciare Jacob. Con lui si era sentita felice, felice come non mai. Lo desiderava a tutti i costi e non voleva staccarsi da lui un solo istante… ma cosa poteva fare? Leah sapeva sin dall’inizio che il loro era un amore proibito. Ladro e ostaggio non potevano amarsi… non avrebbero avuto una vita facile e felice…
-Già…- disse lui –E’ ovvio che sta escogitando qualcosa… avrà trovato un modo per salvarti e condurci in prigione…-
-Tu…- disse Leah, avvicinandosi a Jacob –Non sei mai stato là, dico bene?-
-Esatto…. E nemmeno Seth…- disse Jacob, con un espressione poco felice.
-Se… se dovessero prendervi… manderanno in galera anche lui?- chiese la ragazza, prendendo la mano di Jacob.
-Si, probabilmente…- disse lui –E… non voglio che questo succeda-. Il ladro stava decisamente tremando dalla rabbia. Non voleva che suo fratello finisse nei casini. Aveva sempre paura per lui. E adesso aveva paura che il giorno in cui Seth sarebbe finito in galera si stesse avvicinando sempre di più…
-Cosa posso fare io?- disse improvvisamente Leah. Jacob si voltò verso di lei.
-Insomma…- disse lei, la testa bassa –io… voglio tornare a casa… ma… non riesco a starti lontana un solo istante… e se.. e se ti dovessero prendere… io non saprei che fare…-
Jacob senza pensarci due volte abbracciò la ragazza. Lei si strinse a lui, sempre con la testa bassa.
-Non succederà, fidati…- disse lui, come per consolarla. Le accarezzò la testa e le baciò la fronte. Lei lo strinse forte e i due si baciarono. Il ladro le prese il volto e la fece sdraiare su di sé. La strinse poi per la schiena, mentre lei gli accarezzava i capelli. Jacob le alzò un po' la maglietta verde e le massaggiò il sedere, mentre Leah faceva danzare la sua lingua con quella del ragazzo. Poi i due, sempre baciandosi, si sedettero, lei su di lui, accavallando le gambe intorno alla sua vita. Lui la strinse sempre di più a sé e le baciò il collo, per poi leccarlo. Leah lo baciò all’orecchio e i due tornarono a far entrare in contatto le loro bocche. Poi Jacob, tendendo per il sedere la ragazza, si alzò dal divano. Lei gli circondò la testa con le braccia, morsicandogli il labro inferiore. I due continuarono a rimanere in quella posizione a baciarsi, finché non sentirono un urlo vicinissimo a loro. –Jacob, che cazzo faiiiiiiiii???-
I due sobbalzarono, e caddero sul pavimento. –Ahi, ma che…- disse Jacob, massaggiandosi la testa.
Leah guardò verso la porta. Seth stava lì, immobile, la bocca spalancata e la faccia tra il preoccupato e l’incazzato.
-S..seth…- fece Jacob, senza sapere cosa dire.
-Ma che ti sei fumato, deficiente?????- sbraitò Seth.
Leah e Jacob si alzarono, la prima confusa per la reazione del ragazzino, il secondo preoccupato.
-Ascolta, Seth, non devi spaventarti….- provò a dire Jacob, ma il ragazzino gli prese il colletto della t-shirt e lo scosse forte.
-Cosa. Ti. È. Saltato. In. Testa?- urlò ancora Seth, fuori di sé.
-Adesso basta, così gli fai male!- urlò Leah, afferrando il braccio del ragazzino, cercando di calmarlo. Seth rimase immobile, la testa bassa e le braccia che tremavano.
-Perché urli? Cosa c’è che non và?- chiese lei.
Seth lasciò andare Jacob, incredulo.
-Non le hai detto niente? Siete andati avanti con questa cosa… senza farglielo sapere???- urlò il 15enne. Con gli occhi fuori dalle orbite. Jacob abbassò la testa, triste.
-Cosa non mi hai detto?- fece Leah, prendendo il braccio di Jacob.
-Se uno di noi.. dovesse provarci con un ostaggio di Sam, o addirittura innamorarsi… - disse Jacob.
-…Sam lo ucciderebbe senza esitare, sia lui, che la ragazza!- finì la frase Seth. A Leah si mozzò il respiro. Sia lei che Jacob stavano camminando insieme sulla lama di un coltello. Una mossa falsa e avrebbe portato i uno in prigione, l’altra alla disperazione, o nel peggiore dei casi, entrambi alla morte…. Erano in un vicolo cieco… e ci erano finiti sapendo che era sbagliato. “Ma come puoi rifiutare qualcosa di sbagliato se ne sei innamorato?” pensò la ragazza.
-E Jacob…- disse Seth, rivolgendosi a Leah –E’ l’unica famiglia che ho…. Io.. non voglio perdere mio fratello!-
Di colpo il ragazzino si mise a piangere, con la testa bassa, e con la testa piena di immagini orribili, quali fra tutti spiccava quella di Leah e Jacob morti.
Jacob e Leah si guardarono, tristi, poi il ragazzo andò dal fanciullo e lo abbracciò. Seth continuava a piangere, senza muovere un muscolo.
-Va’ tutto bene, Seth, non lo verrà a sapere- disse Jacob, consolando il fratello. Si staccò un po’ da lui e Seth si asciugò le lacrime con il braccio, vergognandosi per la figuraccia appena fatta.
-Ma Jake…- disse Seth –Sei davvero sicuro di quello che fai? Vuoi davvero stare con lei?-
-Si- rispose sicuro Jacob, prendendo per mano la ragazza –Sono sicuro-.
Seth alzò lo sguardo e sorrise, dicendo:-Beh… allora, riguardatevi entrambi-.
-Sta tranquillo, Seth- disse Leah, accarezzandogli la testa.
 
Era tarda sera, ormai. Seth era rimasto un po’ con loro per sapere come ha avuto inizio la loro storia. Loro raccontarono tutto a Seth e lui ascoltava, attento. E anche lui, come Jacob, pensava che quella di Charlie era una dichiarazione falsa.
-Dai… magari la prigione non è orribile- disse Seth.
-Ah si?- fece Jacob –Ti ricordo che Jared ci è entrato una volta, è riuscito ad uscirne per fortuna, ma quando è arrivato da noi, aveva graffi e lividi ovunque. e da quello che ci ha raccontato, i criminali lì ti bastonano senza una ragione precisa!-
Seth e Leah deglutirono.
-Ooook, forse è terribile come cosa… ma come facciamo a scappare se dovessero arrivare gli sbirri?-
-Non lo so, questo lo devi chiedere a Sam…- disse Jacob, sibilando alla parola “Sam”.
Seth dopo un ora se ne andò, augurando ai due buona fortuna e promettendo a loro che non avrebbe rivelato a nessuno il loro segreto. Ma mentre scendeva le scale, non si era accorto che una figura nera stava nascosto al piano di sopra, e che per tutto il tempo aveva sentito ogni singola cosa….

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Capitolo 8
*** 8. progetti per fuga ***


Per il resto della giornata, sia Leah che Jacob non hanno fatto altro che pensare ad un rimedio, uno qualunque, per poter stare insieme senza tutti quei problemi.
Leah stava seduta al letto, pensierosa, quando arrivò Jacob dal bagno e si sedette accanto a lei.
-Forse un modo c’è- disse, piano, mentre guardava per terra.
-A si? E sarebbe?- chiese Leah, curiosa.
-L’unica… è scappare… lontano da qui- disse lui, guardando la ragazza.
-S-scappare?- chiese lei, incredula. Lasciare tutto quanto, casa, lavoro e famiglia… per stare con il ragazzo che amava? Quando Leah sentì quelle parole all’inizio si spaventò, ma poi si fece coraggio e lasciò che Jacob continuasse a parlare:-Si… non c’è alternativa… se restiamo qui… al massimo moriremo entrambi-.
-Ma… Jacob..- disse Leah, avvicinandosi al ragazzo –Come farai con Sam? Lavori o no per lui? Non ci darà la caccia?-
-Non mi importa più niente di Sam!- disse sibilando lui, facendo tremare la ragazza –Io non ho mai voluto lavorare per lui, l’ho sempre odiato quello! Almeno stavolta ho una buona scusa per andarmene, cosa che pensavo di fare da un pezzo… e comunque, se scappassimo, quando lo saprà sarà troppo tardi, perché saremo di sicuro lontani dalla città-.
Leah era senza parole. Jacob le prese la mano e chiese:-La domanda fondamentale è questa: Tu saresti disposta ad abbandonare tutto? Tua madre e tuo “padre”?-
Senza pensarci due volte, Leah abbracciò il ladro, stringendolo forte.
-Io… non voglio stare lontana da te!- ammise la ragazza –Sin dalla morte di papà io non ho fatto altro che soffrire, vivere nella depressione… per dieci anni non ho più sorriso, o riso… ma quando sei arrivato tu le cose sono cambiate… io… non mi sono mai sentita così bene e felice in tutta la mia vita, e lo sono solo quando sto con te! Non mi importa più niente, io do solo problemi a mia madre e Charlie… se non ci sono, per loro sarebbe meglio, credimi! Io… sarei disposta a tutto, anche a scappare da qui, per stare con te! Casa mia non è qui! Casa mia… sei tu!-
Jacob rimase senza parole, rosso in viso. Ricambiò l’abbraccio della ragazza e le baciò il collo. –Allora è deciso?- chiese lui, allegro.
-Assolutamente si!- rispose lei, guardandolo negli occhi e sorridendo, allegra. I due si scambiarono un bacio veloce, poi Jacob si alzò e disse:-Beh, allora meglio se preparo la roba. Si parte domani mattina!-
-Caspita, così presto?- chiese Leah, alzandosi.
-Più stiamo qui, peggio è! E le autostrade di sera non mi piacciono affatto!-
-Come mai?-
Jacob ci mise un po' a rispondere, ma poi disse:-Perché ho incontrato Levi di sera!-
Leah si tappò subito la bocca, maledicendosi. “E che cazzo, non potevo stare zitta?!?” pensò.
-Ti do una mano!- disse la ragazza, andando verso la “cucina”.
-Allora prendi questo e mettici dentro tutto ciò che puoi!- disse Jacob, lanciandole uno zainetto nero. Leah lo prese al volo e andò ad aprire il frigo. Seth aveva portato prima un po' di provviste, così il frigo era pieno rispetto a prima. Leah ci mise dentro tutto ciò che le capitò a tiro, poi passò agli scaffali. Buttò via ciò che era ormai scaduto, mentre Jacob infilava tutti i vestiti, soldi e ricariche per cellulare e pistola in una sacca grigia e nera. Leah guardò pietrificata i soldi che Jacob stava mettendo nella borsa. Il ladro si accorse di avere il suo sguardo addosso e si voltò.
-Uh… c-che c’è?- chiese lui, spaventato per la faccia di Leah.
-Eh? O niente…- disse lei, voltandosi subito e continuando a riempire lo zaino.
-Piuttosto…- fece lei, mettendo dentro un sacchetto di patatine. Jacob rimase immobile in ascolto.
-Tu… cosa farai? Insomma… continuerai a rubare, vero?- chiese Leah, con un po’ di timore. Ma non perché lui potesse continuare a fare il ladro. Aveva paura che lo potesse offendere in qualche modo.
-No, non credo!- disse lui, con tanta naturalezza. Leah si voltò verso di lui, stupita.
-A dir la verità- ammise il ladro –Era da un po' che la volevo smettere con questa cavolo di vita. Rubare non mi era mai piaciuto più di tanto. L’ho fatto perché non avevo altra scelta… io.. in realtà volevo lavorare in un officina come meccanico-.
-Sul serio?- chiese Leah, chiudendo lo zaino, incredula.
-Si- disse Jacob.
Anche Leah avrebbe voluto da tanto fare qualcosa nella vita, come andare all’università. Ma per quello ormai ci aveva rinunciato da tempo. Ma aveva un’altra aspirazione, che la coltivava da tempo..
-Io potrei aiutarti con i soldi…- disse pensierosa, porgendo lo zaino al ladro.
-Cioè?- chiese Jacob, curioso.
-Beh… o potrei fare la cameriera come facevo prima…- disse lei –Oppure… potrei insegnare il Kung-Fu!-
Silenzio totale. Jacob la fissò, chiedendosi se stesse scherzando, ma poi non resistette e scoppiò a ridere. Questo fece arrabbiare Leah al tal punto da  stenderlo a terra con una velocissima mossa di Kung-Fu, bloccandogli braccia e gambe.
-Ahi…- fece Jacob, rendendosi conto che aveva sbagliato a ridere di lei.
Leah lo lasciò libero e gli porse la mano. –Scusa- disse sorridendo.
Jacob si alzò e disse, massaggiandosi la guancia:-Scusami tu.. piuttosto… mi spieghi perché l’altra volta non hai usato questa mossa contro Sam?-
-Avrei voluto farlo, credimi- disse lei, seria –Ma avevo troppa paura… cavolo, non me lo ricordare!-
-Giusto, scusa!- disse Jacob.
I due andarono nella “stanza” e si sdraiarono sul letto.
-Verso che ora partiamo?- chiese lei.
-Facciamo per le 6. A quell’ora la strada dovrebbe essere libera- disse lui, modificando la sveglia sul suo cellulare. Lo mise poi sul comò e si voltò su un fianco verso Leah, come aveva fatto lei d’altronde.
Si presero la mano, guardandosi negli occhi, poi lui la baciò nella fronte e disse:-Ti amo, Leah-.
La ragazza sentì il cuore batterle forte  e le guance avvampare. Sorrise al ragazzo e disse:-Ti amo anche io, Jacob-.
Leah di avvicinò a Jacob e i due si scambiarono un lungo e appassionato bacio, che ben presto si trasformò in amore…
 
…………………………….
 
La sveglia continuava a suonare. Jacob aprì gli occhi. La luce dell’alba splendeva la stanza. Prese il cellulare e spense l’allarme. Sospirò. Stava abbracciato a Leah, che dormiva beata, con la testa sul suo petto, sorridente. Solo dopo si accorse che erano entrambi nudi sotto la coperta. Arrossì di colpo e dal suo naso uscì in rivolo di sangue. Se lo pulì velocemente e continuò a fissare la ragazza. La sua ragazza. La ragazza che amava. La strinse forte a sé e sorrise. Le baciò sul naso, facendola svegliare.
-Oh… ‘Giorno Jake- disse Leah, aprendo gli occhi.
-‘Giorno- fece Jacob, dandole un bacio sulle labbra. La ragazza si sentì di nuovo avvampare. Gli prese il viso tra le mani e lo baciò a sua volta. Jacob, a malavoglia, si staccò e disse:-Dai alzati, è ora che andiamo-
-Ok…- disse Leah. I due si alzarono e si vestirono in fretta.
-Jacob!- disse Leah di colpo, mentre si infilava i pantaloni da ginnastica –E Seth? Non lo dovremo avvertire?-
-CI stavo giusto pensando- disse lui, digitando il numero sul telefono. Stava per pigiare il tasto di chiamata quando il cellulare squillò. Era Seth.
-Che strano…- si disse Jacob, premendo il tasto e portando il telefono all’orecchio.
-Ehi, Seth…-
-Jake, Leah, scappate subito!-
-Cosa? Seth che succede?-
-Quel gran figlio di puttana di Paul. Ieri sera vi ha spiati! Lo ha mandato Sam in persona! Adesso lui sa tutti e stà venendo da voi! Scappate finché siete in…-
Bip……Bip……Bip……
-Pronto? Seth?- fece Jacob, quasi urlando. Riattaccò il telefono. –Cazzo!-
-Cosa c’è?- chiese Leah, prendendo lo zaino.
-Dobbiamo andarcene subito!- disse Jacob, prendendo la sacca. I due si presero la mano e Jacob aprì la porta. Ma sia il ladro che l’ostaggio rimasero immobili come macigni.
-Ciao Jacob- disse Sam, dall’altra parte della soglia.

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Capitolo 9
*** 9. arresto ***


Il cuore di Leah batteva forte per la paura. A Jacob tremava invece la mano che stringeva quella della ragazza.
-Stavi andando da qualche parte, per caso?- chiese Sam, fingendo di far finta di niente, con un ghigno malvagio stampato in faccia.
Jacob non rispose. Ringhiò in silenzio. La sua pistola era bella carica. La sentiva bruciare nella tasca dei jeans. Moriva dalla voglia di tirarla fuori e sparare in testa al suo ex-capo.
-Beh, è un peccato- sbuffò Sam –Perché eri il migliore di tutti…-.
Il capo-banda tirò fuori la pistola dai pantaloni e la puntò sulla testa di Jacob, togliendo la sicura.
-Ma sai, le regole sono regole, e anche i ladri certe volte le devono rispettare-.
Leah non ci pensò due volte e lanciò lo zaino con tutta la sua forza in faccia a Sam, facendogli mancare la mira. La pallottola colpì la parete dietro di loro e Jacob si trascinò dietro Leah di corsa, approfittandone della distrazione di Sam. Scesero in fretta e furia le scale, i cuori che saltellavano, l’adrenalina farsi viva, mentre Sam tornò a concentrarsi su di loro. Sparò dalle scale verso di loro, mancandoli per un soffio. Li rincorse scendendo le scale dei terrazzini, mentre i due pensavano di averla scampata. Poi di colpo si fermarono, quando Sam saltò dal terrazzino più basso, bloccando loro la strada. Erano alla soglia della porta, perciò non avevano più vie di uscita. Jacob tirò fuori subito la pistola, ma prima di riuscire a togliere la sicura, Sam sparò, colpendo in pieno la sua mano. Jacob lasciò cadere la pistola, urlando di dolore, mentre il sangue usciva dalla sua mano.
-Jake!- urlò Leah, scossa e agitata. Sam rise di gusto. La ragazza prese la mano sanguinante di Jacob, guardando a mò di sfida il capo-banda. Ringhiò e si posizionò davanti al ragazzo.
-Leah, che diamine…- fece Jacob, riprendendo fiato.
-Oh, andiamo, pensi di spaventarmi, ragazza?- disse Sam, sarcastico. Leah non si mosse. Rimase lì a far da scudo al ladro che amava. Non avrebbe permesso a nessuno di fargli male. Non le importava molto la morte. Per lei la vita di Jacob era più importante di qualsiasi altra cosa.
-Non.te.lo.permetterò!- urlò la ragazza, sicura di sé. Poi di colpo sentirono tutti e tre delle sirene in avvicinamento.
-Ma che…?- fece Jacob, tenendosi la mano e cercando di affiancare Leah. Sam rise di nuovo e disse:-Sono puntuali a quanto pare, gli sbirri qui!-
-Che? Li hai chiamati tu???- urlò Jacob, rosso di rabbia.
-Certo che si, ma da un numero sconosciuto, ovvio- rispose ghignando Sam –Ho detto loro che potevano tenersi i soldi, l’immunità e riprendersi la ragazza, a patto che arrestassero solo te, Jacob!-
-Maledetto…- sibilò tra i denti Leah. Un auto della polizia superò la curva, sbucando fuori dal palazzo di fronte a quello di Jacob. L’auto era seguita da altre cinque auto della polizia, e a capo di tutte al volante c’era Charlie.
-Beh, addio gente!- disse Sam, correndo verso la parte opposta e scavalcando le terrazzine.
-Merda!- disse Leah, la paura prendere posto al coraggio di prima.
-Leah…- disse Jacob, la testa bassa. Il ragazzo si era accorto che non potevano più fare niente. A quanto sembrava, era destino. Non potevano vivere felici assieme. Lo sapeva sin dall’inizio. Ma non pensava che sarebbe successo in questo modo. La ragazza si voltò verso di lui. Ebbe un nodo alla gola. Aveva paura di quello che poteva dire Jacob. Le auto ormai stavano quasi per fermarsi. Era solo questione di secondi e…
-Jake… non…- disse Leah, ma il ragazzo con la mano sana la prese per i fianchi, avvicinandola a se. La baciò in fretta e disse:-Scusami, scusami, scusami-.
Leah capì cosa volesse dire solo quando Jacob le diede uno schiaffo in faccia. La ragazza barcollò, mentre Jacob abbassava il capo. Non aveva altra scelta. A questo punto era meglio finire in prigione e far vivere Leah. Metterla nei guai era l’ultima cosa che voleva. L’auto dell’ispettore si fermò bruscamente e scesero Charlie e un altro poliziotto, biondo con gli occhi dorati.
-Mani in alto, Jacob Black!- urlò Charlie, mentre il poliziotto biondo, affiancato da altri due (uno dai capelli rossi e dagli occhi verdi e la pelle pallida, mentre l’altra dai capelli e occhi scuri e la pelle olivastra), raggiungeva Leah. Jacob alzò la mano sana, mentre l’altra gocciolava.
-Sembra ferito!- disse il biondo.
-L’ho notato Carlisle- disse Charlie, la pistola puntata, mentre si avvicinava al ragazzo, che teneva ancora la testa bassa. Altri 2 poliziotti affiancarono Charlie (uno alto e grosso dai capelli neri e gli occhi dorati, e l’altro biondo come Carlisle, ma più giovane e dagli occhi dorati), mentre tre poliziotte (una donna dai capelli marroni, un’altra bassa dai capelli neri e la terza bionda) salivano le scale per esaminare l’appartamento.
Leah fissava il ladro, il suo ragazzo, mentre si faceva legare con una manetta allo sportello dell’auto. Carlisle andò a medicare la sua mano, mentre la mora e il rosso cercavano di calmare l’ostaggio.
“Perché?” si chiese Leah a mente “Perché lo stai facendo? Stupido!”
-Va tutto bene, Leah!- disse la mora –Io sono Isabella, mentre lui è Edward. Va tutto bene, sei salva-.
Alla ragazza veniva voglia di strappare i capelli a Isabella, urlare, dire in giro che no, non era salva, non stava bene! Stava bene con Jacob, era salva con Jacob. Senza era niente. Le venne il voltastomaco quando la poliziotta le sfiorò il braccio per cercare di tranquillizzarla. Leah fissava ancora Jacob, non riusciva a toglierli gli occhi di dosso. Sapeva che quella, molto probabilmente, sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe rivisto il ragazzo che amava.
-Ho fatto, Charlie, dovrà tenere le bende per un po- disse Carlisle, mentre bloccava e mani di Jacob con le manette.
-Ci sono un sacco di gioielli e soldi rubati dentro, più oggetti rubati nelle case altrui- disse la nana dai capelli scuri, mentre usciva con le altre dal palazzo.
-Bene, Carlisle, Esme, Jasper e Emmet, portate via quell’idiota- disse Charlie. A Leah venne voglia di urlagli in faccia. Non poteva mica chiamare il suo amore “Idiota”.
Jacob si trattenne dal dare un pugno all’ispettore e salì in auto affiancato da Jasper e Emmet.
-Bella, Edward, voi accompagnate Leah a casa, io vi raggiungo fra un po'- disse Charlie –voi altri venite con me in centrale-
-Su, andiamo- disse Edward.
-Ora puoi tornare a casa, Leah!- disse Isabella
“questa mi ha data della ritardata o cosa?” pensò Leah seccata, mentre fissava Jacob dal finestrino dell’auto. Lui voltò la testa verso di lei. la sua espressione era triste, la più triste che Leah avesse mai visto. Jacob senza farsi vedere mimò con le labbra “Ti amo” a Leah, mentre l’auto cominciò a partire. Leah rimase immobile. Non ascoltava più Isabella e Edward che cercavano di smuoverla. Nella sua testa c’era solo l’immagine di Jacob che le mandava quel messaggio silenzioso, dolce e triste allo stesso tempo. Una lacrima scese dall’occhio di Leah. Non era riuscita a fare niente e non poteva fare niente. Jacob ci sperava, e lo sapeva. Per il bene di Jacob, doveva stare zitta e buona. Ma sapeva che non sarebbe durato a lungo il suo silenzio.

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Capitolo 10
*** 10. verità e celle ***


Era passata una settimana da allora. Leah non andava più al lavoro. Non ne voleva proprio sapere. Il capo l’aveva licenziata per la sua pigrizia. Non le importava molto di questo. Tanto non ci guadagnava chissà quanto. E quel locale le faceva schifo. Se ne stava tutto il giorno in camera sua, e usciva solo per mangiare o andare in bagno. Non parlava né con la madre né con il padrino.  Soprattutto con Charlie. Ce l’aveva con lui per aver arrestato il ladro, quello di cui si era innamorata la ragazza. Non osava nemmeno guardarlo in faccia. Secondo Charlie era solo lo shock per il rapimento, ma Sue era sveglia. Sapeva che non era questo a costringere in quello stato la ragazza.
Mentre Leah se ne stava seduta sul letto con la schiena al muro, le ginocchia abbracciate, la testa appoggiata sulle braccia e per metà nascosta dai capelli, ripensando a tutto ciò che le era successo in quei giorni di felicità, entrò sua madre, senza nemmeno bussare. Sapeva che tanto non avrebbe risposto. Accese la luce, ma la figlia disse, fredda:-Spegni, mi fa male-.
Sue spense di nuovo la luce ed entrò, chiudendo la porta. La luna splendeva alta in cielo e illuminava la stanza. La donna avanzò verso il letto e si sedette, il più vicino possibile alla figlia.
Sbuffò, cercando di capire da dove iniziare il discorso. Poi dopo un po' disse:-Tesoro, non sei scioccata per il rapimento, vero?-
Leah sospirò, ma non rispose. Continuò a fissare i suoi piedi nudi. Una lacrima le scese sulla guancia ma la asciugò subito.
-Leah, non sono stupida. So che c’è dell’altro. Me lo vuoi dire?- chiese Sue, la testa rivolta verso la figlia.
Leah avrebbe voluto dire un mucchio di cose: che odiava Charlie, che odiava tutto e tutti, e che voleva stare di nuovo con il ragazzo che amava e che quel ragazzo era lo stesso che quella sera l’aveva rapita.
Era tutto iniziato da quel rapimento banale, ma poi i due si erano innamorati. E ora non potevano nemmeno sentirsi.
Leah scosse la testa, pensando che se l’avrebbe fatto, Sue l’avrebbe presa per pazza. Forse lo era, si, ma era pazza d’amore. Avrebbe rinunciato a tutto per lui. Voleva riaverlo, ma non poteva fare niente. Niente!
-Senti, io mi preoccupo per te- disse Sue –sono tua madre! Dimmelo, andiamo….-
-Non te lo posso dire, mamma!- urlò improvvisamente Leah, fuori di sé. Ormai stava piangendo a dirotto.
-Perché no?-
-Perché… è sbagliato… è contro la mia stessa natura… ma a me non importa un bel niente, perché ormai è troppo tardi!-
-Tardi per cosa?- chiese Sue, cercando di sembrare più calma, anche se a dirla tutta era bella agitata.
Leah rimase zitta per un po', poi disse, sibilando:-Mi prenderesti per matta!-
-No, invece!- disse Sue, appoggiando una mano sulla sua spalla –Non lo farei mai. Sei mia figlia, e qualsiasi cosa tu abbia, io posso sempre aiutarti. Sono qui per questo-.
La ragazza sospirò. Ormai il suo cuore era a pezzi. Non poteva andare peggio di così…
-Io…- disse Leah, con la voce soffocata –Mi sono innamorata-.
Sue  rimase ferma a fissare incredula la ragazza, poi scoppiò a ridere.
Leah la guardò, curiosa e confusa. Cosa aveva da ridere?
-Tutto qui? e io ce pensavo chissà ché! E chi sarebbe, scusa?- chiese Sue, ridendo.
Leah tornò a guardarsi i piedi, poi rispose:-E’ questo il punto…. Lui.. è il ladro che mi aveva rapita quella sera… il ladro che Charlie aveva arrestato pochi giorni fa… lo stesso che era ferito alla mano, e lo stesso che non si faceva mai prendere fino ad ora…-
Sue fissò di nuovo Leah, senza parole.
-Sul serio?- chiese lei, scossa.
Leah mosse la testa in segno di si. Nascose la testa tra le ginocchia, per paura di una strigliata. Ma questa non arrivò. Alzò un po' il capo e da dietro due ciocche nere fissò sua madre.
Sue si avvicinò alla figlia e la abbracciò forte. La ragazza non capiva. Non era agitata? Non era arrabbiata?
-E’ normale- disse Sue –Che qualcuno si innamori di una persona che.. beh… hai capito, no? Ma non devi aver paura, Leah. Se davvero lo ami, se davvero lui ti rende felice, lo sono anche io. Da quando tuo padre non c’è più.. tu non hai mai sorriso… e quando sei tornata eri messa anche peggio. Io non ti voglio vedere così…-
-M-mamma….- disse solo la ragazza. Ricambiò l’abbraccio della madre. –Cosa posso fare…?- chiese Leah-Come… posso aiutarlo? Lui… non voleva più essere un ladro.. se lo faceva… era costretto… per favore… dobbiamo farlo uscire da lì!-
-Credimi, ti aiuterei volentieri- disse Sue –Ma lo sia com’è fatto Charlie. Non lo mollerebbe neanche un secondo-.
Leah ringhiò silenziosa. Lo sapeva bene.
 
Le celle erano rumorose. Criminali di New York non facevano altro che urlare, litigare, e sparare tante cavolate. Ma, nonostante tutto quel rumore insopportabile, Jacob non sentiva niente. Per lui c’era solo silenzio. Vedeva le bocche dei prigionieri muoversi continuamente, senza riuscire a sentire cosa usciva fuori da esse. Si chiese se stesse diventando sordo.
“No, non sei sordo” si rispose “è solo che non ti importa niente di loro”.
Il ladro si strinse le ginocchia. Stava seduto tutto il giorno nella sua cella, uscendo solo per mangiare o per fare dei lavori “Forzati”. Non parlava con nessuno. E non fiatava nemmeno agli interrogatori di Charlie. Quando era giunto alla prigione, per prima cosa lo avevano portato in una stanza, con un tavolo e due sedie.
-Tipico- aveva sospirato Jacob, seccato.
Lo avevano fatto sedere e dopo un po' era arrivato Charlie. Si era seduto di fronte a lui e lo fissava, come se volesse prendere la sua pistola e sparargli in faccia. Jacob non lo guardava neanche. Non osava guardarlo.
-Allora- diceva Charlie –Si può sapere perché sei così? Uno come te poteva benissimo andare all’università, diplomarsi e trovare un lavoro! Capisci? Sai cos’è un LAVORO? Non quello che fate voi, pirati della città!-
Il ragazzo aveva sbuffato. “che rottura!” pensava.
-Non rispondi, eh? Bene, allora dimmi: dove vi nascondete voi lupi ? quanti siete, esattamente?-
Di nuovo Jacob teneva la bocca chiusa. Una cosa simile non sarebbe mai e poi Mai andato a dirlo proprio a lui.
-Ancora niente?- chiedeva Charlie, sul punto di scoppiare –Bene, allora ti faccio un’ultima domanda: Cosa hai fatto a mia figlia? L’hai maltrattata? O peggio, stuprata? Parla!-
Jacob sentiva il sangue ribollire dalla rabbia. Strinse i pugni e ringhiò.
Charlie se ne era accorto e ora voleva stuzzicarlo ancora:-il tuo silenzio mi fa pensare una cosa sola, Jacob Black. L’hai maltrattata, vero?-
-NO, NON L’HO FATTO, SBIRRO BAFFUTO!- aveva urlato improvvisamente Jacob. La rabbia che si teneva dentro era uscita fuori con quella frase.
Cadeva il silenzio. Charlie sbuffava:-Direi che per oggi basta così-.
Dopo quel giorno Jacob non apriva più la bocca. Nella sua mente c’erano soltanto i volti di Seth e Leah. Si chiese, guardandosi le scarpe, se li avrebbe rivisti un giorno.
-Ehi… mi ascolti? Terra chiama compagno di cella?-
Jake alzò un po' lo sguardo. Da un po' condivideva la cella con uno strano tipo. Dall’aspetto avrebbe detto che era un barbone.
-Era ora! Allora ci senti!- disse il barbone –Io sono Garret, e tu?-
Jacob non rispose. Non gli importava niente di niente, ormai. Abbassò di nuovo la testa e Garret sbuffò.
-Non sei uno che parla, vero?- chiese il compagno di cella. Silenzio.
-Non mi dire? Non sai chi è quello?!?!?- sentì Jacob. Un prigioniero, grasso e con la barba rasata, stava nella cella di fianco alla loro. Si era appoggiato alle sbarre e fissava sia Garret che Jacob.
-Ehm, spiacente, ma non lo so. Questo qui non parla mai!- disse Garret, indicando con il pollice il suo compagno di cella, che nel frattempo cercava di non sentirli.
-Quello è Jacob Black, uno dei più ladri famosi di New York City! Fa parte di quel gruppo di ladri che si muovono tutti come se fossero atleti!-
-Intendi.. Wolfpack?- chiese Garret, stupito.
-Ovvio! Si diceva che Jacob non si faceva mai catturare. È piuttosto strano che sia andata diversamente, stavolta!- disse il ciccione, con uno strano ghigno in faccia. Jacob lo notò e gli venne voglia di sputargli in faccia. Cosa aveva da ridere quello?
-Ah si? Come mai ti hanno catturato, Jackie?- chiese Garret al ladro.
-Jacob!- disse lui, secco.
-Qual è stato il suo ultimo furto grande?- si chiese ad alta voce il prigioniero, stappandosi l’orecchio –Ah, ecco! Aveva rapito una ragazza, la figliastra dell’ispettore Swan, per 1.000.000 £ e l’immunità!-
Garret fissava il ladro di fianco a lui, stupito, mentre Jacob stringeva i pugni.
-Hanno mostrato una sua foto al telegiornale- continuava il prigioniero privo di tatto –Non era messa male, anzi, era proprio una bella gnocca!-
Jacob si morse la lingua, sentendo il sapore del sangue.
-Ah si?- chiese Garret al ciccione, stavolta per niente sorpreso. Quella notizia l’aveva già sentita.
-Eh, già! Di un po'- fece il ciccione, urlando a Jacob –Te la sei fatta, vero? Dai, ammettilo!-
“ora lo uccido” pensò subito Jacob, alzandosi. Andò dal ciccione e lo afferrò per la gola, con una stretta fortissima e uno sguardo da assassino.
-Dillo un'altra volta- fece Jacob, la voce fredda e piena di ira, mentre stava strozzando il prigioniero –E giuro che ti strappo le budella, palla di lardo!-
-O…ok….capito…lasciami….- fece il ciccione, senza fiato.
-Dai, smettila! Così lo uccidi!- disse Garret, alzandosi.
-Che succede qui?- si sentì da fuori le celle.
I tre voltarono le teste.
-Tu, se non vuoi finire nei guai, molla il prigioniero!- disse Edward rivolto a Jacob. Il ladro guardò di nuovo il ciccione e disse:-Ti è andata bene- e lo lasciò cadere di peso a terra.
-Che non si ripeta più una cosa del genere!- lo rimproverò Isabella, che affiancava Edward. I due se ne andarono, e Jacob andò a sdraiarsi sulla panca.
-Ma come? Adesso dormi?- chiese Garret, confuso.
-Ho sonno!- rispose secco Jacob.
Il viso sorridente di Leah non voleva proprio andarsene dalla sua mente. Poi improvvisamente ricordò il ritorno di Jared dalla prigione.
Nessuno si aspettava che sarebbe tornato. Quando varcò la soglia del salotto dove si riunivano tutti, gli altri gli andarono incontro, abbracciandolo e ridendo.
-Come hai fatto, Jad?- chiese Seth, euforico.
-E che ti sei fatto? Sei pieno di lividi!- disse Jacob, osservando il ladro.
-Tutto a posto, tranquilli- disse Jared, sorridente, prendendo qualcosa dalla tasca –ricordatevi una cosa, però. Andate sempre in giro con questi fermagli. Vi saranno utili!-
Jacob riaprì gli occhi, dopo aver rivissuto quel ricordo. Prese dalla tasca il suo fermaglio e lo fissò.
“forse esiste un modo per uscire da qui…” pensò lui, rimettendo in tasca il fermaglio, aspettando che tutti quanti in prigione prendessero sonno.

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Capitolo 11
*** 11. dolce e amara sorpresa ***


Erano ormai le tre del mattino. Jacob aveva finto di dormire per ben tre ore. Si alzò dalla panca e andò verso le sbarre. Fece passare la testa attraverso queste e osservò le altre celle. Tutti i loro occupanti dormivano, russando o parlando nel sonno. Due guardie erano passate pochi secondi prima che Jacob si alzasse. I poliziotti erano svaniti dietro l’angolo. Li sentiva parlare tra loro.
Prese dalla tasca il suo fermaglio e lo aprì ben bene, cercando di rimetterlo dritto. Poi lo conficcò nella serratura. Agitò il fermaglio per qualche secondo, finché non sentì un lieve clack. Il ladro guardò allarmato l’angolo dove erano spariti gli sbirri. Sospirò di sollievo. I due continuavano a parlare, senza rendersi conto che una cella si era appena aperta.
Jacob tornò verso la panca e agitò il braccio di Garret, che dormiva sulla panca appesa al muro sopra la sua.
Garret fece qualche verso e agitò le braccia, come se cercasse di liberarsi da una mosca.
-Psss, Garret, sveglia!- disse sottovoce Jacob, strattonandolo più forte. Il barbone si svegliò di colpo, tossendo. Aprì gli occhi e si guardò attorno, come se cercasse di visualizzare il perimetro. Quando si fermò a guardare Jacob, si stropicciò gli occhi e disse, sbadigliando e guardando fuori dalla finestra a sbarre:-Che c’è? È tardi…-
-Ma è l’ora esatta per andarcene!- disse piano Jacob, cercando di portarlo giù. Garret lo guardò, confuso, chiedendosi che razza di droga avesse preso.
-Ma… stai bene?- chiese il barbone, scendendo dalla panca.
-Non vuoi uscire?- domandò Jacob, la mano appoggiata alla sbarra.
-Ovvio, il mio è uno spirito libero, ragazzo- disse l’altro, grattandosi la testa e stiracchiando le braccia. Jacob aprì piano la cella e Garret spalancò la bocca, incredulo.
-Come….?-
-Ricordati sempre di portarti dietro una di queste!- disse Jacob, mostrandogli il fermaglio. Lo rimise in tasca e i due uscirono dalla cella, facendo piano, stando attenti a non fare il minimo rumore. Jacob cercava di trattenere il respiro, mentre si avvicinavano all’angolo dove stavano ancora i due poliziotti.
-Fai come faccio io- parlò sottovoce Jacob. Garret annui, intuendo il suo piano.
I poliziotti stavano di spalle e bevevano una tazza di caffè.
-Al mio tre…- fece Jacob piano –Uno… due…. Tre!-
I due presero da dietro per il collo i due sbirri, tappando le loro bocche con le mani, mentre questi si divincolavano e cercavano di urlare. I due ladri tirarono fuori dalle loro cinte dei bastoni neri e con questi colpirono sulle loro teste. I due poliziotti caddero svenuti a terra, mentre il loro caffè veniva rovesciato sul pavimento.
-Ok, e fin qui è filato liscio- disse Garret, dando un calcio sullo stomaco di uno per assicurarsi che fosse svenuto per davvero –Ma adesso?-
-L’idea non mi entusiasma molto, ma se vogliamo uscire da qui illesi…- fece Jacob, togliendo il giubbotto al poliziotto svenuto.
 
L’area era praticamente deserta. C’erano solo dei lampioni che illuminavano la prigione.  Due uomini uscirono con le teste basse e i volti nascosti dai cappelli verso il cancello. Uno di loro frugò nella tasca del giubbotto e trovò la tessera che cercava. Lo fece passare attraverso un macchinario e questo fece aprire loro il piccolo cancello di fianco a quello grande per le auto.
I due uscirono, camminarono finché non svoltarono l’angolo dell’edificio più lontano dai controlli della polizia, sospirarono di sollievo e si tolsero giubbotti e cappelli, buttandoli a terra.
-E’ andata bene!- sospirò Garret, togliendosi il cappello.
-Già- precisò Jacob, mentre saliva saltando su un cassonetto per l’immondizia.
-Ma che fai?- chiese il compagno di cella.
-Devo andare, ho una cosa urgente da prendere- disse Jacob, saltando poi sugli scalini e salendo sul tetto.
-Parli per caso della ragazza che avevi preso come ostaggio?- chiese Garret, alzando un poco la voce.
Jacob si bloccò non appena arrivò al tetto. Si voltò e disse:-Si, devo andare da lei….-
-Buon per te!-
-Ma tu cosa farai, Garret?- chiese Jacob.
-Io sparirò dalla circolazione per un po', non mi piace stare nella stessa città per più di un mese. Io ho bisogno di avventure e brividi e adrenalina, se sai cosa intendo- rispose Garret, alzando le spalle –Ti auguro buona fortuna, Jacob. Nei avrai bisogno-.
-Grazie, anche a te!- disse Jacob, a mò di addio. Corse e saltò per i tetti. Sapeva perfettamente dove andare. Sapeva perfettamente dove trovarla a quell’ora. Era scritto nel fascicolo di Charlie. Aveva bisogno di rivederla, e subito…
 
Leah fissava il soffitto della sua stanza, mentre stava sdraiata sul letto. Continuava a pensare a lui, ai suoi baci e abbracci, al modo in cui la toccava, la proteggeva dalle grinfie di Sam, al modo in cui le aveva dimostrato il suo amore per lei…
I suoi pensieri furono interrotti da un rumore improvviso. Dei sassolini colpivano la finestra della sua stanza. Si alzò dal letto e andò a vedere, affacciandosi alla finestra. Un ragazzo, con i capelli neri e cortissimi, gli occhi scuri e un sorriso da addolcire il cuore la stava fissando, felice. A Leah per poco si mozzò il respiro. Chiuse gli occhi e li riaprì, sperando che non fosse frutto della sua immaginazione. Non lo era. Aprì la finestra e si protese in avanti.
-Non ci credo… come hai…?- chiese, mentre il ragazzo si arrampicava sul muro circondato dall’edera e con le mani si aggrappava alla finestra. Leah si allontanò di un passo e il ragazzo entrò con agilità dentro.
I cuori di entrambi battevano forti, come se volessero uscire dai petti. Leah arrossì di colpo, quando Jacob la salutò con un:-Ciao-.
La ragazza sentì il cuore sciogliersi. Non ci pensò due volte e saltò addosso al ragazzo. Lui la prese per il sedere, mentre lei circondava i suoi fianchi con le gambe, in quel momento scoperte. Jacob si rese conto solo allora di come era vestita, ovvero solo di una maglia grigia e larghissima.
Lei continuava ad abbracciarlo, circondandogli il collo con le braccia, mentre sentiva il cuore batterle forte per la felicità.
-Brutto idiota…- singhiozzò la ragazza, affondando il suo viso sulla spalla di lui –Non… non fare mai più una cazzata del genere!-
-Promesso, promesso, promesso!- disse Jacob ad ogni bacio che le dava sul collo. Con un braccio le circondava la schiena, mentre si sedeva sul letto, ancora con la ragazza aggrappata a lui come un koala.
-Mi sei mancata tanto, scema!- disse il ladro, baciandole il collo. Leah alzò la testa e prese tra le mani il viso di Jacob.
-Mi sei mancato anche tu, pezzo di imbecille!- disse lei. Jacob la attirò di più a sé e i due si scambiarono un bacio appassionato, che mai prima di allora si erano dati. Entrambi sentivano da molto la mancanza dell’alito dell’altro, del sapore delle sue labbra e della sua lingua, di come questa si muoveva con la propria o entrava nella bocca sua. Entrambi sembravano talmente affamati di baci che quando si staccavano, di tanto in tanto, dovevano riprendere tanto fiato. Jacob fece alzare un po' Leah e lei gli circondò la testa con le braccia, sempre baciandolo. Lui intanto massaggiava la sua schiena, i suoi fianchi e le sue cosce nude, lisce e morbide. Un brivido di piacere percosse la schiena dei due.  “Non ora, cosino, abbassati un po'!” ordinò Jacob a sé stesso. Il ragazzo passò al collo di lei, leccandolo avido, mentre Leah gli abbracciava la testa, con il cuore che batteva sempre più forte. Quanti notti aveva passato sognando una scena simile, per poi svegliarsi da sola e con il viso bagnato per le lacrime? Jacob la strinse sempre più a sé e la fece sdraiare sotto di lui sul letto.  Lei circondò la vita con le gambe, attirandolo sempre più a sé, mentre tornavano a baciarsi. Jacob passò le mani sotto la maglietta larga e salendo arrivò sotto il suo reggiseno. Poi le tolse via la maglietta e la lanciò a terra. Leah si strinse sempre più a lui, afferrandolo per i capelli, mentre si baciavano sempre con più foga di prima. Ora che si erano ritrovati non volevano affatto allontanarsi. Per loro quel momento era speciale e lo volevano godere al meglio che potevano. Lei tolse la t-shirt rossa di Jacob, buttandola a terra. Poi lui spostò le sue labbra sul suo collo, per poi andare più giù, ai seni.  Li baciò mentre la ragazza lo abbracciava di nuovo per la testa, arrossendo sempre di più. L’avevano già fatto una volta, ma era come se in realtà non lo avessero mai fatto. La sensazione, per lei era più che piacevole.
Jacob tornò alle sue labbra, cercando si assaporarle il più possibile. Continuarono a baciarsi, finché Leah non sgranò gli occhi. Questo non era di certo un posto perfetto per fare sesso. Erano nella sua stanza, nella sua casa, dove vivevano sua  madre  e il suo patrigno, che era lo stesso uomo che aveva arrestato il ragazzo con la quale in quel momento stava limonando.
-Jake… aspetta….- cercò di dire lei, mentre il ragazzo continuava a baciarla.
-Aspet…- cercò di nuovo, ma Jacob infilò la mano nelle sue mutande, facendo eccitare ancor di più la ragazza. Stava per cedere, ma riprese il pieno controllo di sé e con la mano libera (mentre l’altra cercava di allontanare il petto di lui) strinse forte nel suo punto delicato. Jacob quasi guaì mentre la baciava, ma ritornò poi alla sua bocca.
“Scusa, ma non mi lasci altra scelta!” pensò Leah e gli diede un fortissimo calcio nei marroni.
Jacob cercò di trattenere un urlo, mentre si stendeva del tutto  sulla ragazza, mordendosi il labro.
-Ma… che cavolo fai?!?- chiese lui a bassa voce, dolorante.
-Scusami, scusami, ma dovevo farlo…- disse lei, baciandogli la testa cercando di scusarsi.
-Perché….?-
-Lo sai dove siamo? Lo sia con chi vivo?- chiese lei. Jacob capì e si sedette, tenendosi le mani sugli stinchi.
-Dovresti pensare seriamente a fare l’insegnante di Kung Fu!- disse lui, sorridendo.
“Riesce ad essere sé stesso nonostante il calcio” pensò Leah, ricambiandogli il sorriso.
-Come… hai fatto ad uscire?- chiese lei, prendendogli la mano.
-Mai, e ripeto, mai sottovalutare un fermaglio!- disse lui, tirandolo fuori dalla tasca.
Leah sorrise e abbracciò il ragazzo. Niente avrebbe potuto renderla più felice. Il ragazzo che amava stava bene, forse ricercato ancor di più, ma stava bene. E anche la sua mano era guarita.
Jacob ricambiò l’abbraccio e le diede un bacio sulla guancia.
-Ho ancora intenzione di scappare con te, ragazza- disse lui. Leah alzò la testa e lo fissò negli occhi.
-Sempre se vuoi ancora venire con me- fece Jacob, sorridente.
-Sei scemo o cosa? – disse Leah –Sono stata qui come una depressa rincoglionita ad aspettarti quando invece ero io quella che doveva venire da te a liberarti ( e proprio stasera ci stavo pensando prima che tu entrassi nella mia stanza) e scappare insieme! Che domande mi fai?-
-Lo devo prendere come un “Si, pezzo di scemo, scappiamo e molliamo tutto in questa città che definirei topaia”?- disse Jacob.
-Certo che si!- disse Leah, baciandogli la fronte. I due tornarono a baciarsi, per poi staccarsi  e toccarsi le fronti accaldate.
-Per te va bene allora domani mattina presto?- chiese Jacob, impaziente.
-Alle 6 come l’altra volta, intendi?- domandò Leah, sapendo già la risposta.
-Si, sotto casa tua. Cercherò di non farmi vedere, tranquilla-
-Lo spero per te, altrimenti, se ti fai ricatturare, vengo da te e ti do un altro calcio!- fece lei, cercando di sembrare seria.
-Oooh, provaci e ti stupro!- disse lui, baciandole il collo.
-Per me non c’è problema! Se sei tu, ovviamente!- disse lei, baciandolo.
-Ora è meglio se te ne vai, prima che Charlie passi di qui!- disse lei, rimettendosi la maglietta. Anche Jacob si rivestì e andò insieme alla ragazza verso la finestra.
-A dopo, allora- disse lui, prendendola per i fianchi e baciandola.
A Leah sembrò quasi un bacio dolce e allo stesso tempo passionale. Lo ricambiò volentieri…
Un colpo secco alla porta fece balzare i due. Il capo Swan era entrato in stanza e aveva una pistola impugnata, mirata verso il ladro.
-Brutto idiota, dovevo immaginarmelo che eri venuto qui!- disse Charlie, nervoso, alla vista di loro due che si baciavano.
-Dai, Charlie, adesso calmati…-
-Stai indietro Sue!- urlò il poliziotto, sempre con la pistola puntata al ragazzo.
-Io lo distraggo…- disse a bassa voce Leah, in modo che solo Jacob la sentisse.
-E tu cosa farai…?- stava per chiedere, ma Charlie urlò:-Non la toccare nemmeno, allontanati da lei, schifoso ladro bastardo!-
-Vai!- urlò Leah e prendendo velocemente un cuscino che stava a terra, lo lanciò in piena faccia a Charlie. Jacob ne approfittò e andò fuori dalla finestra, arrampicandosi verso il tetto.
-Brutto…- fece Charlie, togliendo il cuscino, il viso rosso dalla rabbia.
-No! Lascialo stare!- urlò Leah, parandosi davanti al patrigno, cercando di toglierli la pistola di mano.
-Ma levati di mezzo!- urlò lui, dando uno strattone violento a Leah. La ragazza cadde a terra, con la madre dietro al marito che andava da lei per accertarsi che stesse bene. Charlie si precipitò alla finestra e sparò alla cieca verso il tetto. Ma ormai Jacob era sparito dalla sua vista.
-Cazzo!- si lasciò sfuggire Charlie, lui che di solito non diceva parolacce.
Tornò indietro e, noncurante delle urla della moglie, prese Leah per il gomito e la strattonò violentemente.
-Che cavolo ti è saltato in testa?!?- urlò Charlie, fuori di sé dalla furia.
-Charlie, ti prego…- lo supplicò Sue, ma il marito non l’ascoltava:-Disgraziata che non sei altro, buona a nulla, vai a stare con quello lì? Un ladro?-
-Che cazzo me ne frega di che cosa fa???!!!???- gli ribatte furibonda la giovane, urlando a squarciagola:-E smettila di trattarmi come se fossi tua figlia, ok? Tu non sei mio padre, quindi finiscitela di rompermi il cazzo!-
Non l’avesse mai fatto. Charlie le tirò uno schiaffo in piena guancia, facendola cadere nuovamente a terra.  Sue urlò, disperata, mentre il suo viso era bagnato dalle lacrime.
-E’ così, eh? Bene, vedremo se il tuo caratterino migliora quando quello lì sarà rinchiuso in una cella più sicura!- disse Charlie, uscendo dalla stanza e prendendo il telefono per avvisare gli altri poliziotti.
Leah era ancora a terra, immune, mentre si teneva la guancia con una mano.
Fissava il pavimento e una goccia d’acqua cadde al suolo, proprio sotto i suoi occhi. La sua guancia bruciava, ma era niente in confronto alla rabbia che provava. Doveva sempre esserci qualcosa o qualcuno ad ostacolare il suo rapporto con Jacob. Ma adesso cosa poteva fare? Voleva solo scappare di casa, e andarsene con Jacob, ma lui dov’era andato a ascondersi? Come lo avrebbe trovato, prima che lo facessero gli agenti? Un misto di odio, paura e frustrazione le pervase il cuore. Voleva urlare, spezzare la gambe a Sam e urlare in faccia a Charlie. Spezzare le gambe a Sam perché, se non fosse stato per colpa sua, lei e Jacob sarebbero scappati insieme. Poi pensò però che, se non fosse stato per Sam, magari non si sarebbero mai incontrati… o conosciuti, come quella sera quando Leah si era beccata una multa e doveva tornare a casa a piedi… urlare in faccia a Charlie, perché non capiva. Non capiva un accidente, secondo lei. –Leah, tesoro, mi dispiace…- fece Sue, abbracciando la figlia –due agenti di Charlie avevano telefonato qualche secondo fa dicendo che Jacob era scappato assieme ad un suo compagno di cella… e Charlie, non so come, ma ha capito che era qui…-.
Leah non riusciva a sentire quello che diceva la madre. Sentiva piuttosto quello che diceva l’ispettore al telefono, dall’altra parte della porta:-Voglio che venga trovato, catturato, e processato! Questa storia deve finire! E trovate, già che ci siete, il covo dei Wolfpack! Spicciate qualche parola da Jacob, fate qualcosa, basta che tutti quelli la dentro vengano arrestati, e subito!-
A Leah venne un groppo in gola. Seth… il piccolo e giovane Seth… e se lo avessero preso?
Charlie riattaccò il telefono e rientrò nella stanza, sempre con quello sguardo furibondo. Gli occhi erano fuori dalle orbite ed era paonazzo, anzi, viola in faccia.
-TU!- disse a Sue –Esci un momento!-.
-Ma..-
-Non voglio picchiarla, ma solo parlarle!- disse Charlie, con la pazienza arrivata al limite. Sue guardò la figlia, poi uscì dalla stanza a passo lento.
Quando fu fuori, Charlie disse a Leah, freddo e pungente, come la lama di un coltello:-TU, D’ORA IN AVANTI SEI IN CASTIGO, SIGNORINA. NON MI IMPORTA QUANTI ANNI HAI, MA QUESTO FATTO NON E’ DA MATURI, LEAH, E’ DA IRRESPONSABILI! MENTRE STARAI QUI, TI CONSIGLIO DI RIPENSARE A CIO’ CHE HAI FATTO!-
Leah non lo guardava neanche. Ringhiava dentro di sé. Charlie andò alla finestra, la chiuse a chiave (si, era una finestra con un lucchetto, idea di Charlie) e poi uscì, chiudendo a chiave anche la porta.
Leah si alzò goffamente da terra. Non riusciva a tenersi in piedi. Si sedette sul letto, mentre sentiva sua madre litigare con Charlie.
-E quello schiaffo, allora?-
-Allora cosa?-
-E’ mia figlia, non tua, Charlie, non puoi trattarla così!-
Basta, era troppo, anche per lei. prese il cuscino e si sdraiò a pancia in giù. Si ficcò il cuscino in testa, stringendolo alle orecchie, per non sentire quei due urlare.
Pianse, pianse, e soprattutto pianse.
“Jacob… Jacob… JACOB!”
 

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Capitolo 12
*** 12. secondo tentativo di fuga... ***


Il ragazzo saltò sul tetto, evitando per poco il proiettile. Cercò di riprendere il fiato, piegando la schiena ed appoggiandosi alle ginocchia.
“E adesso?” pensava Jacob, con il fiatone, lieto di essere ancora vivo. Guardò furtivamente dal terrazzino del tetto. Il poliziotto non c’era più. Anzi, si sentivano le sue urla, quelle della moglie e quelle di Leah…
-Che cazzo me ne frega di che cosa fa???!!!??? E smettila di trattarmi come se fossi tua figlia, ok? Tu non sei mio padre, quindi finiscitela di rompermi il cazzo!-. non aveva dubbi, quella che urlava era Leah. Jacob avrebbe voluto sbagliarsi, ma aveva sentito come una mano che schiaffeggiava un volto. Strinse i pugni per la rabbia. Che diritto aveva il suo padrino di picchiarla? Lei poi non aveva nessuna colpa.
-E’ così, eh? Bene, vedremo se il tuo caratterino migliora quando quello lì sarà rinchiuso in una cella più sicura!-.
A Jacob venne un colpo. Una cella più sicura? Una cosa era certa: ora si che era veramente nei guai. E solo perché si era innamorato di una ragazza.
-L’amore è bello, ma porta solo guai!-aveva detto una volta il suo amico Embry, quando Jacob gli aveva chiesto un giorno:-Scusa, ma hai mai pensato di innamorarti per davvero, invece che andare a cercare le puttane della città?-
-Per questo mi faccio di troie!-aveva infine risposto l’amico, aspirando a fondo la sigaretta.
“Forse non ha tutti i torti…” pensava Jacob “Ma non mi importa. Non rinuncerò a lei solo per evitare di finire ucciso o messo in prigione!”
Si sedette per terra, assaporando l’aria fresca della notte e osservando il cielo stellato. Era sicuro che un giorno lo avrebbe osservato assieme a Leah. Ci sperava, e non voleva perdere quel barlume di speranza.
 
 
Aprì gli occhi di scatto. La luce filtrava dalla finestra della stanza, picchiando il suo viso. Si mise a sedere di scatto, osservando la finestra di fuori. Guardò la sveglia sul comò. Fra circa cinque minuti Charlie sarebbe andato al lavoro, e molto probabilmente avrebbe setacciato Jacob ovunque. Leah si alzò dal letto, si cambiò, indossando dei lunghi jeans verde chiaro e una canottiera grigia con sopra una felpa marrone tronco. Prese la grossa borsa da viaggio che teneva dentro l’armadio da anni e la fissò, immergendosi nei ricordi passati.


I raggi del sole picchiavano sulla superficie del lago, creando un gioco di luce che alla giovane Leah piaceva. Aveva appena compiuto undici anni, e per il suo compleanno i suoi l’avevano portata in campeggio, come le avevano promesso. Da anni Leah sognava di campeggiare con i suoi in quel fantastico lago e pescare assieme al padre. Entrambi erano seduti alla riva e Leah faticava a portare fuori dall’acqua un pesce che sembrava avere delle dimensioni grosse. Harry la aiutò e insieme tirarono fuori una grossa trota. Gli occhi della ragazzina si illuminarono alla vista del bottino.
-Wow, ma è enorme!- esclamò lei, felice come una pasqua.
-Cosi grossa però non c’entra nel cesto- disse Harry, fissando il cesto ai loro piedi, già pieni di pesci.
-E come lo portiamo?- chiese Leah.
-Facciamo così- disse il padre, prendendo una grossa borsa da viaggio –Lo avvolgiamo in un sacchetto e lo mettiamo qui dentro, così lo possiamo portare. Attenta però a non dirlo alla mamma, intesi?-
-Intesi!- fece lei, contenta.


Rise. Era uno dei ricordi belli di suo padre (anche se alla fine la madre aveva scoperto della trota nella borsa e si era arrabbiata molto con entrambi, e li aveva costretti a togliere la puzza di pesce con olio di gomito), ma anche l’ultimo bel ricordo. Infatti, dopo una settimana, Harry perse la vita.
Leah sospirò, cercando di scacciare via quei ricordi. Non era questo il momento per pensare al passato. Ora doveva pensare ad un modo per fuggire.
Prese tutti i vestiti che aveva e li ficcò nella borsa, compreso cellulare, portafoglio, e vari documenti. Come era sua abitudine, poi, prese anche lo spray al peperoncino.
Chiuse la borsa e si arrestò davanti alla porta. Appoggiò un orecchio sulla porta.
-Bene, io esco, a sta sera allora- salutò Charlie alla moglie.
-Charlie, non penserai davvero di…?-
-Sue, è il mio lavoro- spiegò –Poi è stato lui a rapirla, ricordi? Non posso lasciarlo a piede libero!-
“E io non ti permetterò di ricatturarlo!” pensò Leah, furiosa.
-D’accordo..- sospirò Sue, triste. Charlie uscì dando un bacio sulla guancia della donna, chiudendosi la porta alle spalle.
La ragazza ex-ostaggio andò verso la finestra. Charlie uscì dal palazzo e salì sull’auto della polizia. L’auto partì e si allontanò, svoltando finalmente l’angolo.
-Bene, è fatta!- disse fra sé la ragazza. Prese la lampada che stava al comò e lanciò verso la finestra. Questa si spaccò in diversi frammenti, che caddero sul marciapiede. Intanto, sul tetto, nascosto da un enorme coperta, il ladro si svegliò di soprassalto, chiedendosi da dove venisse quel rumore. Guardò ingiù e vide dei pezzi di vetro spaccati. Poi una fune fatta di lenzuola cadere dalla finestra di Leah e la ragazza scendere, facendo ben attenzione a dove metteva i piedi.
-Ma tu guarda questa!- si disse lui, scendendo dal palazzo attraverso degli scalini.
Leah poggiò il piede sul terreno e lasciò andare il lenzuolo. Corse verso l’angolo, sperando che i vicini non l’avessero ancora vista. Si nascose dietro il muro, mentre una donna di mezz’età urlava dalla finestra del palazzo di fronte:-Ma chi è che rompe le finestre, adesso? Razza di teppisti!-
-Toh, se non avessi conosciuto Jacob, alla sua età sarei esattamente come lei- disse Leah, scrutando la strada e ridendo sotto i baffi.
-Già, che figura che ci facevi!-.
La ragazza si voltò di scatto. Bello come non mai, Jacob era dietro di lei, con un sorriso stampato in faccia.
Il cuore di entrambi riprese a battere forte per l’emozione. Erano l’uno di fronte all’altro, liberi.
Leah non ci pensò due volte. Lasciò cadere la borsa e strinse forte il ragazzo, affondando il viso sulla sua spalla. Jacob ricambiò l’abbraccio, stringendola a sé.
-Sei evasa… non è che adesso pure te mi diventi una ladra, vero?- chiese scherzosamente lui all’orecchio di lei.
Leah gli diede un piccolo morso all’orecchio per zittirlo. Jacob la sfidò a sua volta, le prese la testa e la avvicinò a sé. Il bacio era così carico di intensità e passione che entrambi sembravano non ricordare più altro. Erano di nuovo solo loro, Leah e Jacob. Il ladro e l’ostaggio, in quel momento, sembrava solo un ricordo. La lingua di lui entrò al contatto con quella di lei, mentre il ragazzo le stringeva i fianchi. Leah gli circondò il collo, afferrandogli i capelli, per avvicinarlo sempre più a sé. A malavoglia i due smisero di baciarsi e si guardarono in faccia.
-Sono le dieci, va bene lo stesso se scappiamo ora?- chiese Leah, sfiorando con il naso quello di Jacob.
-Che domande! Ora che sei qui…!- disse Jacob, baciandole la guancia teneramente.
Si presero per mano e uscirono dal viottolo, guardandosi intorno, stando attenti a non incontrare nessuno.
Jacob, però, sembrava nervoso, come quando doveva portare Leah al covo dei Wolfpack. La ragazza se ne accorse e gli chiese:-Tutto bene? Perché ti trema la mano?-
Il ladro cercò di tenerla a freno.
-Ho una pessima sensazione… è troppo tranquillo, qui…- disse, sottovoce.
-E fai bene a preoccupartene, Jacob!-
Leah sentì qualcosa alla testa. La pistola le era puntata contro da dietro. Jacob si voltò e sgranò gli occhi dalla rabbia.
-Ancora tu…- sibilò, mentre Sam afferrava per la gola Leah e la stringeva con il braccio sul collo, mozzandole il respiro.
Sam puntò di nuovo la pistola sulla ragazza, e lei smise di divincolarsi.
-Già, quanto tempo, eh?-









nota autrice: ooooh, che bello, sono riuscita finalemente a scrivere questo capitolo... scusate, ma mi è venuto breve..... ç.ç spero comunque che vi piaccia :D

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Capitolo 13
*** 13. help me, my love! ***


-Figlio di puttana!- sputò Jacob, tirando fuori dalla tasca dei jeans la pistola che aveva “preso in prestito” dal poliziotto. Sam tolse la sicura della sua e, con un largo ghigno, disse:-Non ti conviene, sai? Posso bucarle la testa senza pietà!-.
Le mani del ragazzo, che stringevano a forza l’arma, tremavano. Com’è potuto accadere? Perché il suo odioso ex-capo era lì? E che cosa voleva adesso da Leah? Jacob era sicuro che si fosse arreso, e invece era lì, di fronte a lui, con Leah in ostaggio per la seconda volta. Jacob abbassò piano la pistola, continuando a fissare Sam. Voleva solo ucciderlo, in quel momento. Sarebbe diventato un assassino, cosa che non gli andava a genio, ma non poteva permettergli di far del male alla ragazza che amava. All’unica cosa che lo attaccasse al mondo. Leah.
-Bene, vedo che cominci a ragionare…- disse Sam, ghignando ancor di più. Leah cercò di indebolire la presa. Il fiato continuava a mancarle sempre di più. E l’odore del ladro che la bloccava era pungente e decisamente disgustoso. Birra, sigarette, alcol, e forse anche… droga?
-Che cosa vuoi? Perché sei tornato?- chiese Jacob, cercando di allungare il tempo per trovare una soluzione.
-E lo chiedi?- sghignazzò il ladro. Strinse ancor di più la gola della ragazza e leccò la sua guancia.
-Argh, che schifo, lasciami!- gridò Leah, agitandosi ancor di più, schifata. Jacob strinse ancor di più la pistola. Che sia davvero venuto fin qui per questo?
Se non la posso scopare non ho idea di cosa farmene! Le parole di quella volta, quando Sam la voleva stuprare davanti ai suoi occhi, riemersero come fiori nella neve. Pensava che avesse rinunciato, e invece… voleva andare fino in fondo!
-Oh, su, cos’è? Solo per una leccatina?- Sghignazzò il ladro, divertito.
-Smettila…- sibilò Jacob, rosso di rabbia. No, nemmeno questo voleva. Leah era sua, e nessuno poteva toccarla. Senza accorgersene aveva di nuovo alzato la pistola.
-Ahia, perdi il controllo, tu!- gli fece notare Sam. Jacob se ne accorse, ma non abbassò la pistola, stavolta. Bastava solo una semplice, piccola distrazione…
La sirena che segnalava l’arrivo della polizia fece sobbalzare i tre. L’auto di Charlie svoltò l’angolo alla velocità della luce e si arrestò a pochi metri da loro.
“Merda, mi sono distratto anch’io!” pensò il ragazzo, tornando a concentrarsi su Sam, che a sua volta era di nuovo concentrato su Jacob.
-Fermo, lasciala subito, Uley!- urlò Charlie, uscendo dall’auto, mirando con la pistola alla testa di Sam.
-Peccato, ispettore dei miei stivali!- disse Sam. Jacob e Charlie lo fissarono perplessi. Poi il ragazzo capì.
-Merda!- urlò, quando dall’altro angolo della strada sbucò fuori un’auto gialla metallizzata. L’auto si arrestò dietro Sam e Jacob vide che al volante c’era Paul, e sui sedili posteriori Colin.
-Addio, teste calde!- salutò Sam, trascinandosi dietro Leah. Charlie e Jacob cercarono di avvicinarsi, ma Sam ripuntò la pistola sulla testa della ragazza, facendo arrestare di colpo i due.
Colin aprì la portiera dell’auto e Sam si buttò dentro assieme alla ragazza. L’auto partì di scatto nello stesso momento in cui Jacob cercò di sparare alle ruote, mancandole per un soffio.
-Cazzo! Fanculo!- sbraitò Jacob, pestando i piedi, mentre l’auto svoltava di nuovo l’angolo, sparendo dalla loro vista. Charlie, invece, aveva preso il telefono e stava parlando con qualcuno. Jacob si infischiò di quello che stava dicendo e corse verso un auto parcheggiata. Ruppe il finestrino con la pistola e ci ficcò dentro la mano, per aprire il blocco della portiera.
-Ehi, ehi, ehi, ehi! Che cavolo fai, razza di…?- stava urlando Charlie, ma Jacob ritirò fuori la pistola e la puntò sul poliziotto.
-Stammi a sentire bene! Sono decisamente incazzato in questo momento, e non ho bisogno che un poliziotto di merda mi rompa i coglioni in un momento simile, chiaro? Ah, che ti piaccia o no, io sono davvero innamorato di Leah, e credimi, farò qualsiasi cosa per riaverla qui! quindi, se ci tieni anche tu a salvarla, non mi rompere il cazzo, chiaro?!?-.
Charlie rimase a bocca aperta di fronte alle parole del ragazzo. Jacob tornò a concentrarsi sull’auto e ci salì dentro. Tagliò alcuni fili sotto il volante e ne unì altri, finché il motore non si accese.
Jacob chiuse la portiera, sotto gli occhi dell’uomo, e pigiò il piede sull’acceleratore. L’auto andò dritto per dieci metri, poi si girò e filò verso l’angolo dove erano spariti gli altri Wolfpack.
In quel momento non riusciva nemmeno a pensare a come Charlie avesse saputo della cosa e nemmeno gli importava. Voleva solo rivedere Leah, e portarla via da lì, assieme a suo fratello…
A Jacob venne un groppo in gola e per poco non frenava l’auto. Seth! Si era completamente scordato di lui! Quando lui e Leah volevano scappare, Seth li aveva avvertiti, ma il telefono si era riattaccato d’improvviso. Che fosse stato Paul a interrompere la chiamata? Che cosa era successo al ragazzino? Non ci pensò due volte e prese il cellulare dalla tasca. Se l’era ripreso mentre usciva dalla galera. Digitò velocemente il numero di Seth, mentre continuava a fissare la strada davanti a lui. Per fortuna, quel giorno, non c’era traffico. Jacob poggiò il cellulare tra l’orecchio e la spalla e dopo tre bip rispose una voce troppo adulta per essere quella di Seth.
-Jacob, sei tu, amico?-
-Embry?- esclamò Jacob, tra il furibondo e il sorpreso. –Dov’è Seth? Stà bene? Parla!-
-Calmati, Seth stà bene!- rispose Embry dall’altra parte –Anzi, se io e Quil non fossimo intervenuti, quel coglione di Paul lo avrebbe ammazzato! Ringraziaci!-
-Dopo! Prima devi passarmelo!-
-Non posso, ordine di Sam…-
-Embry, stammi a sentire, sono nella merda adesso, e non me ne frega un cazzo delle regole di quel gran figlio di puttana! Perciò passami Seth, e subito!-.
Ci fu un momento di pausa, durante la quale, dall’altra parte, sentiva la voce di Seth:-Jake sta bene? È fuori dalla prigione?-
-Seth! Fratellino, rispondi!- urlò al telefono il ragazzo. Dopo un paio di secondi si sentì chiaro e tondo la voce del ragazzino:-Jacob! Meno male, sei ancora vivo! Credevo che ti avesse ucciso!-
-Ma che dici? Tu stai bene?- chiese Jacob, sollevato e contento di risentire la sua voce.
-Ho un bernoccolo alla testa e un occhio nero, assieme ad altri lividi, ma stò bene. Piuttosto, che succede?-
-Ascolta, Sam ha rapito Leah e devo assolutamente raggiungerli, e…-
-Jake, ascolta, non siamo più al covo!-
-Cosa?!?- urlò lui. Per poco non andava a sbattere l’auto contro la ringhiera dell’autostrada. –Come non siete lì?-
-Sam ha cambiato posto, ovviamente!- spiegò Quil. Jacob rimase a bocca aperta nello sentire anche la sua voce.
-Che credi? Secondo gli ordini non potevamo passargli il telefono- spiegò Embry. Quil continuò:-Ma non ci ha mai detto che non si poteva usare il vivavoce!-
Sentì dall’altra parte dei risolini e anche Jacob sorrise. Almeno i suoi migliori amici non l’avevano tradito.
-Ok, ma torniamo a noi. Dove siete adesso?-
 
 
La ragazza stava tra i due ladri, ferma, immobile, cercando di trattenere il respiro. Una sola mossa e Sam si sarebbe ricordato della sua presenza. Il capo dei ladri fissava la strada dietro di loro, assicurandosi che nessuno li inseguissero.
-Ci siamo!- disse Paul, sorridendo. Leah sgranò gli occhi, sbalordita. Non erano più al covo dei Wolfpack, ma davanti ad un palazzo abbandonato di cinque piani. Intorno ad esso c’era solo vegetazione. L’edera saliva lungo le pareti, ricoprendo l’intero edificio, come se lo volesse mimetizzare, o renderlo parte di quel luogo misterioso e inquietante allo stesso tempo.
“Hanno cambiato posto!” pensò Leah, agitata. E adesso? Non sapeva nemmeno dov’era!
Sam e gli altri scesero dall’auto, una volta parcheggiato dietro ad un pino. Il capo-banda strinse il braccio dell’ostaggio e se la strascinò dietro. Leah cercò di liberarsi, ma la presa era troppo forte. Paul chiuse la porta alle sue spalle e si ritrovarono davanti ad un lungo corridoio, con davanti una sola rampa di scale. Gli altri si arrestarono alla porta, mentre Sam si trascinava dietro per le scale Leah. Salirono due piani, mentre Leah già pensava al peggio dei peggio. Come poteva uscire di lì? E Jacob? Cosa avrebbe fatto lui? Sarebbe corso a salvarla? Oppure non poteva, perché Charlie lo aveva arrestato di nuovo? Era così presa nei suoi pensieri che non si accorse nemmeno che erano entrati dentro una stanza, grigia e piena di muffa e polvere, con la centro un tavolo. Agli spigoli di esso c’erano allacciati degli strani lacci da polso. All’inizio Leah non capì, ma quando Sam chiuse la porta a chiave dietro di sé e ghignò, cercò di mollargli un pugno. Riuscì a beccarlo in piena guancia, facendolo barcollare un po’. Leah ne approfittò per cercare di aprire la porta, ma Sam, che aveva ripreso il controllo, la prese per le braccia e le diede un violento pugno sullo stomaco. La ragazza sentì le budella contorcersi e iniziò a vomitare sangue.
-Scusa, ma sai com’è. Se vuoi vivere, devi fare la brava!- disse lui, approfittandone della distrazione e della debolezza della vittima per farla sdraiare a forza sul tavolo. Prima che Leah potesse fare qualcosa, Sam le legò le caviglie e i polsi. Leah cercò di liberarsi, ma i lacci erano troppo stressi, persino il doppio delle manette che le aveva fatto indossare Jacob al loro incontro. Cercò di chiudere gli occhi, per non vedere quello che Sam aveva intenzione di fare con il suo corpo. Pensò a Jacob, al loro incontro, al tempo passato insieme a lui in casa sua, ai bacio che le aveva dato, a quella volta che avevano dichiarato apertamente il loro amore, a quella notte di sesso, quando le labbra di lui trovavano finalmente le sue, al sue arresto e al suo ritorno… lo avrebbe mai rivisto? Leah sentì qualcosa di viscido bagnarle il collo, mentre pensava a ciò. Strinse i denti, trattenendo un urlo. Avrebbe dato volentieri un calcio nei marroni di Sam, ma anche i piedi erano legati. Qualcosa poi toccò la sua pancia, per poi andare su, fino a stringerle i seni, facendole male. Leah a quel puntò non resistette e urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
-Stronzo! LASCIAMI!-
Ma Sam non mollava la presa, anzi, riusciva a godersi le urla di disperazione della ragazza.
Leah di divincolò ancora, fallendo. I lacci le stringevano troppo i polsi e le caviglie. Ancora la cosa viscida bagnò il suo collo, poi i suoi seni.
-Basta, ti prego, BASTA!- urlò Leah, ma non servì a niente. Sam si divertiva troppo ad usare il suo corpo. La ragazza si rese conto di non avere scampo. Sarebbe stata stuprata, ma stavolta non c’era Jacob a salvarla. “E’ la fine…” pensava triste lei. Una lacrima scivolò lungo il viso dell’ostaggio, mentre lo stupratore, con orrore di lei, prese il suo viso con la forza e la baciò, mordendola a forza. L’alito dell’aggressore era davvero pessimo, peggio dell’odore. Era la cosa più disgustosa che avesse mai sentito. Girò di scatto la testa, riuscendo a staccarsi dalla sua bocca, e sputò sul tavolo.
-Non sei gentile, di solito sono bravo in queste cose!-
-Ma che cazzo dici, coglione?- urlò Leah, tossendo –Fai schifo, lasciami!-
-Neanche per idea, mi sto divertendo da matti!- urlò Sam di gioia.
-Divertiti con questo!-.
Leah aprì di scatto gli occhi. Era un allucinazione? Era la sua voce? Era davvero lui? Uno sparo e un forte urlo di dolore le spaccò un timpano, poi qualcosa di caldo gocciolò sul suo volto. Un tonfo sul pavimento, ancora delle urla. Nel momento esatto in cui aveva aperto gli occhi un proiettile aveva colpito in pieno l’orecchio dell’aggressore, facendolo cadere con un tonfo dal tavolo. Sam si teneva le mani all’orecchio, imprecando. Leah alzò la testa. Non aveva dubbi. Jacob teneva la pistola in mano, dalla quale usciva un filo di fumo. La sua espressione era la più spaventosa che Leah avesse mai visto. Nei suoi occhi si leggevano la rabbia, tristezza, paura e goduria di fronte al dolore del nemico. Jacob si avvicinò al tavolo e liberò in fretta i lacci. Leah si mise di scatto a sedere e circondò il collo di Jacob. Il suo odore, che sapeva più che altro di benzina, era l’unico odore in cui si voleva immergere. Affondò il viso sulla giugulare di lui, mentre Jacob circondava la sua schiena con le sue enormi braccia, stringendola a sé. I cuori di entrambi battevano di nuovo, più vivi di quanto non lo fossero mai stati. Jacob abbassò con una mano la canottiera di Leah e le prese il volto tra le mani. Leah si immerse nei suoi occhi, cioccolato fondente, carichi di tristezza e rabbia, ma anche di sollievo, felicità e passione. Jacob sfiorò con la fronte quella di lei e le diede un bacio dolce, il più dolce che le avesse mai dato. Leah sentì il respiro mozzarsi di colpo, il cuore fare capriole per la gioia e i brividi di piacere salire lungo la schiena. Prese anche lei in viso di lui e ricambiò il bacio. Jacob la strinse sempre di più a sé per la schiena e passò le labbra sul collo di lei, leccandolo, avido. -Non.. permetterò a nessuno.. di farti del male..- sospirò Jacob con grande sorpresa di lei. Leah lo fissò negli occhi e lo baciò. Il bacio era pieno di passione come quello che si erano scambiati la mattina. Jacob ricambiò volentieri quel bacio, come se fosse affamato, come se non avesse bisogno d’altro se non di questo. Si strinsero sempre di più a vicenda, con lei che gli circondava la schiena con le gambe e lui che la prendeva per il sedere. Smisero di baciarsi solo quando sentirono un lieve click. Si voltarono di scatto, fissando Sam dall’altra parte del tavolo, senza orecchio, il viso sporco di sangue e gli occhi sgranati per la rabbia. La pistola era puntata su di loro, senza la sicura….
 
 
 

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Capitolo 14
*** 14. adrenalina in crescita ***


L’auto frenò davanti ad un edificio coperto solo dalla vegetazione. A Jacob risultava stranamente famigliare…
“il vecchio rifugio…”pensò, sconcertato. Si erano trasferiti da lì anni fa, come mai erano ritornati in quel posto? Jacob scese dall’auto, ma nel momento esatto in cui chiuse la portiera, delle sirene gli avvisarono l’arrivo della polizia. Non si fermò nemmeno a guardarli e corse verso la porta.
-Colin, Brady, aprite!- urlò, sbattendo i pugni contro la porta.
-Spiacente, non possiamo!- rispose Brady, secco. Jacob non ci pensò due volte e prese a dare i calci alla porta, finché questa non cadde ai suoi piedi. Colin e Brady stavano per tirare fuori le loro pistole, ma Jacob sparò alla mano di Colin e diede un calcio sulla mascella di Brady. Le due guardie caddero a terra, doloranti, mentre Jacob correva verso le scale. Salì il primo piano, ma vide sono Paul. Il ladro tirò fuori subito la pistola, ma Jacob fu più veloce e gli sparò alla gamba. Paul si rannicchiò sul terreno, stringendosi la gamba sanguinante, mentre urlava di dolore. Jacob lo afferrò per il colletto della maglia e lo sbatte violentemente contro la parete. L’ira dentro di lui cresceva sempre di più.
-Dov’è Leah? Parla, figlio di puttana!- urlò Jacob, sempre più arrabbiato.
-E perché dovrei dirlo a te?- sibilò ghignoso Paul. Jacob infilò allora la pistola tra i denti del complice di Sam e gli strinse con la mano la gola. –Non ho tempo da perdere, parla!-
Prima che Paul potesse rispondere, Jacob sentì altri rumori diversi. Delle sparatorie al piano di sotto, urla di uomini e di… una ragazza? L’urlo femminile veniva dal piano di sopra.
 -Stronzo! LASCIAMI!-
Non aveva dubbi, era Leah. E stava per essere stuprata! Jacob mollò Paul, dandogli però un pugno in piena guancia, facendogli perdere i sensi. Corse su per le scale, mentre sentiva ancora la voce di Leah rimbombare per il palazzo: -Basta, ti prego, BASTA!-.
No, non riusciva nemmeno a pensare a quello che le stava facendo. In quel momento sentiva solo il bisogno di sparare sulla testa di Sam. La pistola che reggeva sembrava diventare sempre più calda ad ogni passo che faceva. Sembrava anzi urlagli “Prendimi e spara!”
Riuscì ad arrivare davanti alla porta da dove provenivano le urla di Leah. Provò ad aprirla, ma sembrava chiusa a chiave.
-Non sei gentile, di solito sono bravo in queste cose!-.
Il ragazzo strinse ancor di più la pistola. Sentire la voce di Sam lo faceva vomitare per il disgusto.
-Ma che cazzo dici, coglione?- urlò Leah, tossendo –Fai schifo, lasciami!-
-Neanche per idea, mi sto divertendo da matti!- urlò Sam di gioia. Non ce la faceva più. Alzò la pistola, diede un violento calcio alla porta, e nel momento esatto in cui questa cadde al suolo, urlò: -Divertiti con questo!-. senza pensarci due volte sparò verso la testa di Sam, beccandogli l’orecchio. Questo però bastò a farlo cadere dal tavolo sopra la quale si trovava anche Leah, legata con dei lacci stretti ai polsi e alle caviglie. Sam urlava di dolore, tenendosi l’orecchio insanguinato. Leah alzò la testa. Jacob incrociò i suoi occhi, nella quale erano racchiusi tristezza e rabbia, ma anche sollievo e felicità. Avanzò verso di lei, poggiò la pistola sul tavolo e la liberò in fretta dai lacci. Leah si mise di scatto a sedere e circondò il collo di Jacob.
Affondò il viso sulla giugulare di lui, mentre Jacob circondava la sua schiena con le sue enormi braccia, stringendola a sé. I cuori di entrambi battevano di nuovo, più vivi di quanto non lo fossero mai stati. Jacob abbassò con una mano la canottiera di Leah e le prese il volto tra le mani. I suoi occhi non erano mai stati così belli, così pieni di felicità e timore allo stesso tempo e così luminosi. Era bella, anzi, bellissima. E non avrebbe permesso a nessuno di portargliela via. Jacob sfiorò con la fronte quella di lei e le diede un bacio dolce, il più dolce che le avesse mai dato. Ogni vibrazione del suo corpo diceva di farsela sua. Prese anche lei in viso di lui e ricambiò il bacio. Fin ora la bocca di Leah non gli era mai sembrata così dolce, morbida e calda.  Jacob la strinse sempre di più a sé per la schiena e passò le labbra sul collo di lei, leccandolo, avido. -Non.. permetterò a nessuno.. di farti del male..- sospirò Jacob con grande sorpresa di lei. Leah lo fissò negli occhi e lo baciò. Il bacio era pieno di passione come quello che si erano scambiati la mattina. Jacob ricambiò volentieri quel bacio, come se fosse affamato, come se non avesse bisogno d’altro se non di questo. Si strinsero sempre di più a vicenda, con lei che gli circondava la schiena con le gambe e lui che la prendeva per il sedere. Smisero di baciarsi solo quando sentirono un lieve click. Si voltarono di scatto, fissando Sam dall’altra parte del tavolo, senza orecchio, il viso sporco di sangue e gli occhi sgranati per la rabbia. La pistola era puntata su di loro, senza la sicura.
-E così… ci hai trovati, Black?- chiese con rabbia Sam. Jacob fece poggiare i piedi di Leah a terra e si mise davanti a lei, a mo’ di scudo. La sua pistola l’aveva poggiata sul tavolo, proprio davanti a lui. Se avesse tentato di prenderla, Sam avrebbe premuto il grilletto.
-Ma va? Non mi dire. Sai com’è, sono qua davanti a te!- disse sarcastico, ma senza alcun entusiasmo il ragazzo. Altri rumori provenivano dal piano di sotto, e si stavano avvicinando sempre di più. Qualcuno sembrava scendere le scale in fretta e furia dal piano di sopra. Jacob si chiese se si trattassero di Seth, Quil e Embry.
-Anche gli scagnozzi sono qui?- chiese Sam, sempre con la pistola puntata contro di lui, furibondo.
-Si, ma di certo non ho detto loro di inseguirmi!- rivelò Jacob, stringendo i pugni. Leah, dietro di lui, fissava Sam, chiedendosi se avrebbe davvero sparato. “Si… lo farà se non faccio subito qualcosa!” pensò la ragazza, guardandosi attorno, cercando qualcosa che potesse essere utile. Purtroppo, però, nella stanza l’unico oggetto presente era quel maledetto tavolo! Leah prese la mano di Jacob (dopo aver notato che questa tremava), facendogli rilassare i nervi. Jacob si sentiva più sicuro che mai grazie alla presa di Leah, ma sapeva che non bastava questo per uscire via da quella situazione…
-Molla la pistola, Sam!-.
La voce di un ragazzino richiamò i tre. Seth era alla soglia, l’occhio nero mezzo aperto, lividi sul viso e sulle braccia e la pistola puntata contro il capo.
-Ma fammi il piacere, Seth!- disse Sam, ghignando. –Sei codardo quanto Jacob. Voi due non siete mai riusciti ad ammazzare nessuno!-
-Ti ricordi che hai un orecchio andato, figlio di puttana?- gli ricordò Jacob, prendendo al volo la pistola e mirandola contro il petto di Sam.
Sam sembrava in difficoltà. Seth e Jacob avevano le pistole contro di lui, e nessuno dei due sembrava voler mollare la presa. Seth tolse la sicura, facendo agitare ancor di più il capo-banda.
-Tu non farai del male a mio fratello, quindi giù la pistola se non vuoi che spari!- urlò Seth, più furibondo del solito. Leah si chiese se fino ad ora avesse mai assunto uno sguardo simile. Sembrava proprio un mini-Jacob arrabbiato!
Sam stava quasi per riporre la pistola, ma la rialzò subito, ghignando.
Uno sparo, così forte da spaccare i timpani. Un urlo di dolore. Dal fianco di Seth usciva fuori una cascata di sangue. Jacob e Leah fissavano il ragazzino, terrorizzati e con la rabbia crescere fino alle stelle. Il ragazzino si tenne con il braccio su un fianco, mentre Paul, da dietro, rideva di gusto.
-Finalmente avrò l’occasione di ucciderti, mocciosetto!- ghignò Paul, sfiorando con la pistola la nuca del ragazzino.
-NO!- urlarono Jacob e Leah, terrorizzati. Prima che il ladro potesse anche solo premere il grilletto, qualcosa gli colpì con violenza la testa. Paul cadde a terra, svenuto, mentre Quil reggeva la sua mazza da Baseball e Embry un fucile.
-Cazzo, anche voi?- sbraitò Sam, sparando a Quil. Il suo braccio venne colpito dal proiettile e il ragazzo urlò di dolore, piegandosi sulle ginocchia. Embry stava per sparare con il fucile, ma Sam gli sparò alla mano e anche lui urlò.
-Smettila! Non è con loro che te la devi prendere!- urlò Jacob, furioso.
Leah, intanto, nel momento esatto in cui Paul si era accasciato a terra svenuto, si era inginocchiata per terra e avanzava da sotto il tavolo quatta quatta verso Sam. Né lui né Jacob se ne accorsero, con tutto il casino che stava succedendo. Leah, per fortuna, teneva sempre in tasca un taglierino. Non era molto, ma era sempre meglio di niente.
-Già, hai ragione- disse Sam, puntando la pistola contro il petto di Jacob –Ma devo prendermela con te!-
-NO, FERMO!-urlò Seth, che era in ginocchio sul pavimento, il fianco che continuava a perdere sangue.
Prima che Sam potesse sparare, Leah uscì dal nascondiglio, con il taglierino ben impugnato, e fece un taglio non molto profondo al braccio dell’aggressore, ma sufficiente da farlo arretrare.
-Brutta… troia!- urlò Sam, afferrandola per la gola con forza e la pistola puntata sulla sua fronte. Leah non riusciva più a respirare. Il taglierino le cadde di mano e la paura crebbe sempre di più. Questa era la fine, pensava. Jacob non ci pensò due volte e premette il grilletto. La pallottola colpì in pieno petto Sam, che mollò la presa su Leah, facendola barcollare per un po’. Lo sguardo del rapinatore era vuoto, come se il suo corpo fosse quasi privo di anima. Si appoggiò sulla parete, mentre il sangue usciva fuori dal petto. Leah rimase a fissare la scena con gli occhi fuori dalle orbite, incredula. Jacob sentiva le mani tremare. Era riuscito ad ucciderlo? Sam guardò la sua ferita, poi guardò Leah, e infine Jacob. Sorrise maliziosamente e sbuffò:-Ma guarda… alla fine… sei diventato… un assassino…-.
Chiuse gli occhi, sputando litri di sangue e il suo corpo scivolò sul pavimento. Jacob lasciò cadere la pistola, incredulo e scioccato, mentre Leah si avvicinava a lui, con uno sguardo stranamente comprensivo.
-Non… guardarmi così…- disse, quasi sibilando. Si mise una mano sulla fronte e disse, quasi sul punto di perdere il controllo:-L’ho ucciso… sono un assassino…-
-Non dire così!- gli sgridò addosso Leah. Jacob la fissò, sconvolto e sbalordito. La ragazza lo strinse forte a sé, appoggiando la testa sul suo petto.
-Non avevi altra scelta, quindi… smettila, ti prego!- disse, sul punto di piangere. Jacob la strinse a sé e le accarezzò la testa, baciandole i capelli neri e corti.
-Non è morto!- esclamò Quil di botto. Jacob e Leah lo fissarono, perplessi.
-E’ vero, respira ancora!- confermò Seth, indicandolo con il dito. Guardarono l’aggressore. Il petto si alzava e scendeva ad un ritmo lento.
-Non… l’ho ucciso…?- fece Jacob, stranamente sollevato.
-No… ma ti conviene uscire da qui subito!- disse Seth –gli scagnozzi stanno per salire qui! scappate voi due!-.

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Capitolo 15
*** 15. finalmente si scappa! Ci voleva tanto? ***


-Oh, andiamo, non possiamo lasciarti qui!- urlò Jacob, fuori di sé. Già una volta si era separato dal suo fratellino, non poteva permettere ai poliziotti di catturarlo! Era troppo giovane per finire in cella!
-Non pensare a me, scemo, scappate dalla finestra!- urlò impaziente Seth, che intanto perdeva litri di sangue dal fianco. Il ragazzino stava già cominciando a perdere i sensi…
-Seth, sei ferito! E anche loro due lo sono!- fece Leah, mentre lei e Jacob andavano vicini al piccolo ladro.
-Noi siamo feriti solo alle mani!- puntualizzò Quil, mentre strappava un lembo della maglia.
-Possiamo portarlo via, tranquilli!- disse Embry, strappando anche lui un po' della sua felpa.
-Ma…-
-Basta così, Leah!- sentirono urlare alle spalle dei due ladri. Charlie era solo, con la pistola in pugno, la mira sulla testa di Jacob. Embry e Quil arretrarono per evitare di farsi prendere dal proiettile.  Anche se era da solo, lo temevano ugualmente, e nelle condizioni in cui si trovavano non riuscivano di certo a reggere qualcosa.
-Cazzo…- sospirò la ragazza. Mentre Charlie si avvicinava a loro, Embry e Quil pensarono a fasciare Seth e Leah si posizionò davanti a Jacob, a mo’ di scudo.
-Falla finita! Sei completamente…- stava per dire l’ispettore, ma Leah urlò:-Pazza?-.
Il suo urlo riecheggiò per tutto l’edificio. La ragazza sentiva il bisogno di urlare, di sfogarsi. Di far capire a Charlie come stavano in realtà le cose.
-Charlie, io non ho la sindrome di Stoccolma, ok?- urlò di nuovo Leah, più furiosa che mai. Possibile che il poliziotto non capiva? Come glielo doveva dire? –Io… sono DAVVERO INNAMORATA DI JACOB, CHE TI PIACCIA O NO!-.
Gli occhi della giovane erano carichi di adrenalina e sicurezza. Charlie lo notò e abbassò un po' la pistola, la fronte aggrottata e un sopracciglio alzato.
-Per tutto questo tempo… sin da quando è morto mio padre…- continuò –non ho fatto altro che isolarmi da tutto e tutti. Avevo persino dimenticato come si sorrideva. Ma quando ho incontrato Jacob… le cose sono decisamente cambiate. Io… lo amo con tutta me stessa, e non mi importa che sia un ladro, un assassino, un bidello della scuola o un barbone, non m’importa! Non mi interessa cosa fa! Lui è Jacob e basta! Ho avuto l’occasione di conoscerlo, anche se ci conosciamo da poco. Lo so. Lui non è cattivo, Charlie. Lui è una persona buona!-.
Silenzio. Charlie riflette, poi domandò:-Se è davvero buono, come mai ha scelto questo stile di vita?-
-Sono in questo gruppo da quando ero piccolo- disse Jacob da dietro Leah. Lo fissarono tutti. –Ho perso mia madre in un incidente d’auto e all’epoca i miei erano divorziati. Levi Uley mi aveva trovato e mi aveva messo sotto la sua spalla. Non ho avuto altre alternative… o dovevo seguirli, o dovevo morire per strada-.
Charlie rimase senza parole. Alzò entrambe le sopracciglia, stupito. Anche gli occhi di Jacob erano carichi di sicurezza, ma non avevano niente di malvagio o crudele in esso. Che Leah avesse ragione?
-Presumo quindi che tu non abbia avuto scelta- disse, rimanendo in quella posizione.
-Già- affermò il ladro, che poi guardò Seth. Il ragazzino cercava di non svenire per seguire la scena. Charlie si accorse di dove stava guardando il ragazzo e per poco non fece un balzo, scoccato.
-Ma lui…- disse, anzi, balbettò- quanti… quanti ….-
-15!- rispose secco Seth, ormai senza forze. Quil strinse la benda e il ragazzino si appoggiò alla soglia della porta.
-Ma… ma… cosa…- fece di nuovo il poliziotto, con la mano che tremava.
-Uh… Charlie?- lo chiamò Leah, riportandolo alla realtà.
-Ah giusto!- fece l’uomo, mirando nuovamente la pistola sulla testa di Jacob –Come posso fidarmi di quello che dite, eh?-
-Charlie, cavolo!- fece lei –Come te lo dobbiamo dire?-.
Jacob prese per i fianchi la ragazza, attirandola a sé. La circondò con le braccia affettuosamente e si rivolse a Charlie:-Ascolta, ispettore. Io giuro che non le farò del male!-.
Lo sguardo di Jacob non era mai stato così serio. Leah arrossì e il poliziotto li fissò, incredulo. Stavano dicendo la verità?
-Charlie… mi ha salvata!- rivelò Leah, indicando Sam, steso a terra, che stava lentamente aprendo gli occhi.
Charlie rimase fermo e silenzioso per un minuto buono, dopo di ché tolse la sicura alla pistola.
-CHARLIE, NO!- urlò Leah, furibonda. Il poliziotto le fece cenno di tacere con la mano libera e disse, rivolto al ragazzo:-Prova solo a non mantenere il giuramento che hai appena fatto e rifinisci in galera con una pistola in fronte!-.
Le parole dell’ispettore lasciarono tutti a bocca aperta. Stava facendo sul serio?
-D-davvero?- chiese Jacob, incredulo. Charlie puntò la pistola verso Sam, che si stava risvegliando, e disse:-TU non ti muovere, e voi due… certo! Ho mai mentito, io?-.
-Fantastico!- disse Seth, felice, mentre gli si appesantivano gli occhi. Jacob baciò sulla nuca di Leah e lei si strinse a lui, sorridente come non mai. Finalmente il suo padrigno lo aveva capito.
-Ad una condizione!- fece serio il poliziotto, rimpiombandoli alla realtà –Vi darò un tot di tempo per scappare, ma finché non supererete il confine con il Canada, vi darò la caccia, statene certi. Sono pur sempre un poliziotto, io!-
Jacob rise (infondo scappare per lui non era niente di ché), mentre Leah abbracciò velocemente il patrigno.
-Grazie!- disse lei, staccandosi e stringendo la mano a Jacob.
-Si, si, ora andate, voi due!- ordinò Charlie e i due andarono verso la finestra. Jacob, però, si bloccò di colpo e guardò verso il giovane Seth, mentre chiudeva gli occhi, sorridente ma esausto.
-Non preoccuparti per lui –disse Charlie –Non lo arresterò-
-E noi due?- chiese Embry, leggermente spaventato come Quil.
-Voi due…- stava per dire il poliziotto, ma poi i due ladri schizzarono via al piano di sopra per scappare da un'altra finestra. Jacob scosse il capo, alzando gli occhi al cielo. Sapevano ormai che Seth era in mani sicure, quindi non dovevano temere per lui.
-Ma tu guarda questi… ehi, fermi, in nome della legge!- urlò Charlie, salendo le scale. Leah rise ed entrambi uscirono dalla finestra, arrampicandosi su un ramo vicino. Scesero l’albero e raggiunsero l’auto di Jacob senza farsi scoprire dagli altri sbirri, che stavano nel frattempo legando con le manette Jared, Colin e Brady. Altri poliziotti salirono ai piani superiori, per prendere Sam e aiutare Charlie. Salirono in auto e sfrecciarono fuori dalla boscaglia, sotto gli occhi increduli di Isabella e Edward.
-Non riesco ancora a crederci!- disse allegro Jacob. Se non fosse stato alla guida, avrebbe fatto salti di gioia.
-Nemmeno io! Da Charlie non me lo sarei mai aspettata!- disse ridendo Leah, più felice che mai. Erano liberi di fuggire insieme, finalmente.
-Era ora, però!- disse Jacob –Ci voleva tanto per scappare via?-
-Se tutto il mondo si mette contro di noi, ovvio che la cosa diventa complicata- fece Leah. Ripensò a sua madre, chiedendosi cosa le avrebbe raccontato Charlie.
-Grazie- disse improvvisamente lei, sorridendo.
-Ma io non ho fatto niente, stavolta sei stata tu, Leah- disse Jacob, imboccando l’autostrada che portava verso il confine.
-Non intendevo dire con Charlie, ma con Sam- spiegò la ragazza –Se non fossi arrivato, credo che..-
Non riuscì a finire la frase. Le vennero i brividi lungo le braccia e se le massaggiò. Jacob tese una mano verso di lei, aperta, come per dirle di afferrarla. Leah la strinse, sicura. Si calmò subito, con le dita intrecciate tra le sue, calde, morbide e sicure.
Viaggiarono tutto il pomeriggio facendo una sosta di tanto in tanto agli auto grill (ovviamente entrava Leah a comprare le cose con i pochi spiccioli in tasca, mentre Jacob si nascondeva in auto sperando di non farsi vedere), facendo a torni ogni tanto per guidare, finché non scese la notte.  Jacob (al turno di guida) aveva gli occhi rossi per la stanchezza e le palpebre pesanti. Ogni anto si stropicciava gli occhi, cercando di non dormire nel bel mezzo della guida. Dopo l’ennesima stropicciata, Leah si rese conto di quanto fosse stanco il ragazzo e disse, sbadigliando un po’:-Ehi, Jake, non credi che dovremo fermarci a dormire?-
A Jacob si illuminarono gli occhi. Dormire. Non poteva chiedere di meglio.
-D’accordo, naaaawww- disse, sbadigliando forte. Si guardò intorno e trovò, fuori strada, un enorme roccia. Perfetta per nascondere un auto nera nel cuore della notte. Rallentò e svoltò fuori strada, parcheggiando dietro all’enorme sasso. Spense il motore e sospirò, sollevato.
-Patatine?- fece lei, offrendo al ragazzo un sacchetto di patatine. Lui accettò ed entrambi mangiarono con calma. Mentre sgranocchiava una patatina, Jacob fissava Leah, rapito. Era come se, il corpo della ragazza, lo risvegliasse dal sonno. Non sentiva più il bisogno di dormire. Voleva, piuttosto, sentire la sua pelle calda al contatto con la sua, il suo alito fresco sulla sua bocca, la lingua al contatto con la lingua di lui…
-Che c’è?- chiese Leah, risvegliandolo dalle sue immaginazioni. La ragazza capì all’istante il perché la fissava in quel modo e arrossì.
-Uh… ecco…. Tu sei stanca?- chiese lui, rossissimo quanto lei. Leah guardò il sacchetto vuoto e rispose, timida:-N-no… tu?-
-Mi è appena passato- disse in fretta Jacob, scavalcando il sedile per andare a sedersi su quelli posteriori. Invitò la ragazza ad unirsi a lui e Leah obbedì senza esitare, rossa in viso. Jacob aprì le braccia e lei si fece coccolare da lui come una bambina. Gli baciò il collo, lentamente, facendo percorrere i brividi sulle loro schiene. Jacob prese il suo volto con le dita e l’attirò a sé. Le loro labbra si modellarono insieme e le loro lingue danzarono, infuocate, in un valzer. Il ragazzo la strinse sempre di più a sé, mentre lei circondava la sua testa con le braccia. La posò delicatamente sui sedili, baciandola il più dolcemente possibile. Leah arrossì sempre di più. I loro cuori martellavano così tanto che temevano potessero scoppiare. I brividi di piacere corsero lungo le loro schiene. Jacob infilò una mano sotto la sua canottiera, massaggiando la sua schiena liscia, fino ad incontrare la fascia del reggiseno. Si staccarono un secondo e in un attimo si tolsero la parte sopra dei vestiti. Leah rimase però ancora in reggiseno. Jacob tornò a baciarla, più intensamente e appassionatamente. Leccò le sue labbra morbide e bollenti e passò le sue sul suo collo, liscio e caldo. Mentre lo baciava, metteva le mani sotto le coppe del reggiseno di lei. Leah accarezzò i suoi capelli, respirando a fatica. Il ragazzo si tolse subito i pantaloni, rimanendo con i boxer neri. La ragazza circondò la sua vita con le gambe, stringendolo sempre più a sé, mentre lui, che stava leccando il collo avido, cercava di toglierle il reggipetto. Leah gli morse l’orecchio affettuosamente, riportando le labbra del ragazzo sulle sue. Finalmente l’ex-ladro riuscì a togliere l’intimo della ragazza, facendoli eccitare. Lo buttò davanti sui sedili anteriori, mentre la ragazza si bloccò di colpo. Jacob se ne accorse e smise di baciarla, fissandola negli occhi.
-Che c’è?- chiese, con l’affanno.
-Dovevo dirti una cosa prima…- disse lei, con il fiatone.
-Cosa?- chiese lui, sfiorandole la fronte con le labbra.
-Ti Amo!- disse lei tutto d’un fiato. Jacob rimase con le labbra incollate alla fronte di Leah, facendo preoccupare la ragazza. Aveva detto qualcosa di brutto? Ora si che la paura le stava crescendo in patto. Lui staccò la bocca dalla sua fronte e la fissò negli occhi. Non sembrava arrabbiato come temeva lei, ma… felice.
-Ti Amo!- disse lui, sorridendole. Leah avrebbe voluto picchiarsi in testa. Come ha fatto a dubitare così?
Sorrise anche lei, con gli occhi luminosi. Lo baciò diverse volte su tutto il viso, finché non arrivò finalmente alla sua bocca, leccandola avida. Lui ricambiò volentieri e le massaggiò la schiena con una mano, mentre con l’altra sfiorava il seno. Si tolsero gli ultimi indumenti rimasti e si avvinghiarono tra di loro, mordendosi, baciandosi, leccandosi e massaggiandosi. Sudavano entrambi, i cuori che scoppiavano, i volti rossissimi e l’eccitazione sempre più alta. Jacob smise di baciarle il petto nudo e le disse:-Lo sai che fare sesso in auto è un crimine, vero?-
-Ma non ci vede nessuno…- disse lei con il fiatone, mentre si scambiavano di posto. Stavolta era lei a trovarsi sopra il ragazzo.
-Da te non me lo aspettavo!- disse lui, incredulo e divertito.
Leah riuscì a vedere le gocce di sudore sulla sua fronte.
-Se è per questo, a quest’ora non saremo qui- disse lei, baciandogli la fronte.
-Giusto anche questo- fece il ragazzo, massaggiandole la schiena.
Continuarono ad avvinghiarsi in quel modo, finché Leah non si sdraiò definitivamente su Jacob, la testa sulla sua giugulare e le mani tra il petto di lui e le sue mani. Il ragazzo le baciò la testa ed entrambi si addormentarono, con i sorrisi stampati in faccia.

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Capitolo 16
*** 16. epilogo ***


-Caspita, diceva sul serio, allora!- rise Jacob al volante, mentre guardava lo specchietto in alto. L’auto della polizia li stava pedinando a gran velocità. Se non avesse attivato la sirena, Leah avrebbe continuato a pensare alla notte che aveva passato con Jacob, una delle migliori notti di sempre. Non si era mai sentita così bene, sicura e felice con nessun’altro. Sapeva stavolta di aver fatto la scelta giusta: stare con il ragazzo che ama. La mattina si erano entrambi svegliati starnutendo. Si erano accorti dopo cinque minuti che erano nudi e che per di più avevano sudato (meno male però che dentro l’auto non era così gelido come lo era fuori, anzi, era sopportabile). Si erano vestiti in fretta, tra un bacio e l’altro (Leah arrossì al ricordo di come Jacob le aveva rimesso il reggiseno, per poi baciarle il collo dolcemente) ed erano ripartiti presto. Avevano poi viaggiato per un altro giorno, con un’altra sosta notturna e un'altra nottata tra baci e abbracci. Erano poi ripartiti all’alba e solo dopo cinque minuti dalla loro partenza Jacob si accorse che l’ispettore Charlie Swan li stava seguendo. La ragazza ora si guardava alle spalle, sbirciando l’auto della polizia che si stava avvicinando sempre di più. Jacob, con un sorriso stampato in faccia per il gusto di sfidare l’ispettore, accelerò, superando addirittura il limite di velocità. Riuscirono a guadagnare terreno. Leah riuscì a vedere con la coda dell’occhio un cartellone, con su scritto:
 
QUEBEC, CANADA -> 10 KM RIMASTI
 
Continuarono a sfrecciare a gran velocità, quand’ecco che la ragazza notò finalmente la riga bianca che segnava il confine tra Stati Uniti e Canada. Dopo aver accelerato ancora un po', Jacob riuscì a superare la linea. Rallentò pian piano e si fermò, guardandosi alle spalle. L’auto dietro di loro era ferma davanti al confine. Sospirò di sollievo. Finalmente libero! Già respirava il vento di libertà! Poi il ragazzo pensò in breve tempo alla sua vita a New York City e il ricordo del giovane Seth lo fece scendere dall’auto. -Che fai?- chiese Leah, scendendo anche lei. Non rispose. Aveva in mente di chiedere al poliziotto tre domande fondamentali e di estrema importanza per lui. Charlie scese dall’auto, le mani ai fianchi e sbuffando. “A quanto sembra sperava di vincere” pensò Leah, guardando l’espressione delusa del patrigno.
-I miei complimenti, Jacob, ci sei riuscito- disse Charlie quando l’ex-ladro fu abbastanza vicino alla linea di confine –Anche se hai superato il limite di velocità…-
-Capo Swan, ho tre domande da farti!- disse serio Jacob. Non voleva parlare adesso di leggi e divieti con un poliziotto americano!
-Sentiamo- fece Charlie, incrociando le braccia, curioso, mentre Leah si avvicinava a Jacob.
-Primo- disse quest’ultimo –Seth, quello giovane che era stato ferito al fianco, sta’ bene? E che ne sarà di lui?-.
-Tranquillo, lui sta’ bene- rispose Charlie – E’ all’ospedale, in questo momento, e ci dovrà rimanere per due giorni. Quando sarà uscito…. Beh, pensavo di portarlo da voi al confine, che ne dite?-
-Per me va bene- disse Leah, sospirando di sollievo. Il ragazzino stava bene ed era fuori pericolo, almeno.
-Anche per me- rispose felice Jacob –Ora la seconda:Gli altri Wolfpack? E Sam?-
-Tutti arrestati, tranne Embry Call e Quil Ateara, che sono riusciti a scappare- rispose fiero Charlie –Per quanto riguarda Sam, anche lui è all’ospedale, ma sotto controllo di vari agenti. Quando uscirà verrà posto ad un interrogatorio e processato-.
-Bene- fece Jacob, contento. Sam se lo meritava alla grande, assieme a Paul, ovviamente. Con Jared non aveva grossi problemi, ma con Colin e Brady, dopo che avevano tentato di bloccarlo…
-Infine la terza, e non meno importante- fece lui, serio, ma imbarazzato. Leah lo notò e si chiese cosa potesse chiedere di tanto imbarazzante da farlo arrossire.
-E sarebbe?- lo incitò il patrigno di lei.
Jacob fece un bel respiro e chiese tutto d’un fiato:-Se sposo Leah è un problema?-.
Silenzio assoluto. Leah rimase immobile, a fissare il ragazzo, rossa in viso. Non riusciva a crederci… voleva davvero sposarla? Il cuore di lei batte forte, anzi, usava una mitragliatrice. Charlie lo fissò, prima con la voglia di farlo a fette, ma poi si ricompose e disse:-Beh, ok, non c’è problema!-.
-Evvai!- disse piano Jacob, che però non sfuggì agli occhi della ragazza, che arrossì il doppio.
Si salutarono dandosi una stretta di mano (la cosa era complicata, visto che non potevano varcare il confine) e i due salirono in auto e partirono.
Negli ultimi due giorni Leah non faceva altro che fissare Jacob, chiedendosi quando sarebbe arrivato il momento di fare la proposta alla sottoscritta. Anzi, alla fine lui stesso le aveva fatto la dichiarazione la notte prima di andare a prendere Seth al confine. Erano arrivati al Quebec, e lì vivevano il padre di Jacob e le sue sorelle, Rebecca e Rachel Black. Un tempo ci vivevano anche Jacob e sua madre Sarah, finché quest’ultima non divorziò dal marito. Lo raccontò a Leah mentre raggiungevano una villetta fuori città, nel bel mezzo della campagna. La casa aveva le pareti rosse e le tegole di un colore scurissimo che nemmeno Leah riuscì a capire di che colore si trattasse. Quando entrarono, trovarono un uomo sulla quarantina dai capelli neri e lunghi, ma seduto su una sedia a rotelle per via del diabete, e due donne, una con gli occhiali sul naso e sempre con i libri sotto il braccio, l’altra invece con un pennello dietro l’orecchio e una fede al dito (che per poco non fece impazzire Leah). La famiglia di Jacob lo riaccolse a braccia aperte e diede il benvenuto a Leah (che si imbarazzò moltissimo, quando il ragazzo la presentò al padre e alle sorelle come la sua “fidanzata”). Dopo aver sistemato la camera che un tempo apparteneva a Jacob (e che dovevano dormirci entrambi), avevano cenato tutti insieme allegramente, raccontandosi tutto ciò che avevano combinato in quegli anni di separazione. Quando Jacob raccontò la sua storia agli altri, ovvero di ciò che aveva fatto dopo la morte di Sarah, rimasero tutti scioccati (Leah temeva che raccontarlo ad un mezzo anziano potesse provocargli un colpo serio), ma si tranquillizzarono quando lui raccontò che l’uomo alla quale aveva sparato per salvare la ragazza era ancora vivo ma sotto controllo, e che loro due (più che altro lui) non erano più ricercati. Dopo cena, Leah aveva aiutato volentieri Rebecca a lavare i piatti, mentre la sorella del fidanzato le raccontava che era passata di qui per una settimana, che anche lei era stata lontana da casa per un po', visto che viveva alle Hawaii con il marito. Alla fine, a tarda sera, Leah tornò nella stanza di Jacob, con addosso il pigiama che le aveva prestato Rachel (una t-shirt bianca e dei pantaloni da ginnastica rossi). Lui la aspettava sul letto, con addosso solo dei pantaloncini beige. Leah arrossì di colpo e si sedette tra le braccia di Jacob, che la coccolò con dolcezza e tenerezza.
-Lo so perché fai quella faccia, sai?- fece lui, guardando in volto lei.
-Uh? Ehm…- fece invece Leah, senza sapere cosa dire.
-Di solito- disse Jacob con un mezzo sorriso –Bisognerebbe avere un anello a portata di mano, ma visto che non voglio più rubare, e sono a corto di soldi in questo momento…-. Leah trattenne il fiato, ma prima che potesse pensare che stava per accadere quello che pensava che potesse accadere, Jacob le prese il volto con una mano, la guardò dritta negli occhi e disse:-Sposami, ti prego!-. Il cuore accelerò il battito, tant’è che Jacob riuscì a sentirlo. Le guance di lei divennero rosse, anzi, tutto il viso divenne rosso. Gli occhi di Leah si fecero luminosi come non mai. Quel cioccolato fondente non era mai stato tanto bello e luminoso.
-Si….- disse, senza respiro, Leah –Si…. Si, si, SIII!!!-.
Si buttò su di lui, stringendolo forte, circondandogli la testa con le braccia. Jacob con le sue enormi braccia circondò la schiena di lei, con un sorriso a trentadue denti in faccia. Leah alzò la testa, anche lei sorridente, e si scambiarono un bacio appassionato, così dolce e morbido da mandare in iperventilazione entrambi.
Il giorno dopo partirono la mattina presto per andare al confine a prendere Seth. Jacob parcheggiò l’auto davanti alla linea, ed entrambi attesero fuori dall’auto. Quella di Charlie arrivò cinque minuti dopo, e sul sedile del passeggero stava seduto il piccolo ladruncolo. Si arrestò e Seth scese dall’auto, correndo verso i due in Canada. Superato il confine, saltò addosso a Jacob, e quest’ultimo barcollò quando il ragazzino lo abbracciò.
-Acc…- Seth, attento!- disse il ragazzo, stringendo però in un abbraccio fraterno Seth.
-Tutto bene, Seth?- chiese Leah, avvicinandosi, sorridente.
-Ohi, Leah, io bene, voi due?- chiese Seth, abbracciando la ragazza.
-Non male, fra un po' passiamo dai miei- rispose Jacob, abbracciando i due.
-Ah, ehm, Leah- la chiamò Charlie. I tre sciolsero l’abbraccio amichevole e lei si avvicinò al confine.
-Questa è di tua madre- disse lui, dandole una busta bianca. Leah la prese. Era piuttosto pesante per essere una lettera. –Lei spera che ti sia di aiuto- disse infine l’ispettore. Leah sorrise e lo ringraziò. Charlie le passò poi la borsa che aveva lasciato in strada quando voleva scappare, li salutò, augurando ai tre buona fortuna e partì verso New York City. I tre ragazzi rimasero al confine, mentre fissavano l’auto della polizia allontanarsi. Lei guardò la busta e la aprì, impaziente. Jacob e Seth la affiancarono, e i tre lessero:
 
Leah, piccola mia,
sono sicura che, se tuo padre fosse ancora qui, sarebbe fiero di te. Forse ne sarebbe rimasto scioccato sapendo che ora stai con un ladro (scusa, ex-ladro), ma sono sicura che avrebbe capito, come lo ha capito Charlie (o forse prima di lui e con un tocco più delicato. Questo a Charlie non glielo dire. È un nostro segreto!).
Anche io sono fiera di te, qualsiasi scelta tu faccia. Sappi che ciò che voglio è la tua felicità, e se stare con lui ti rende felice, lo sono anch’io per te.
Charlie mi ha detto poi che ti ha chiesto di sposarlo! E’ fantastico, tesoro, lo sai? Solo, un consiglio da mamma: Aspetta prima di sposarti. Secondo me è ancora presto per voi due, quindi io aspetterei ancora qualche mese, ma ovviamente la scelta spetta a voi. Ho chiesto a Charlie di passarti questa lettera e di passarti anche la sacca (quella che puzzava di pesce perché tu e tuo padre ci avevate messo dentro un pescione! Ricordi?). non cacciarti nei guai, intesi? E vedi di passare ogni tanto da noi (se però è un grosso problema per il fatto che Jacob qui è ricercato, verremo noi, ovviamente quando Charlie non sarà in servizio, Ah ah!)
Ti voglio un mondo di bene, tesoro.  Baci.
                                                                                                               Sue
P.S. i soldi dentro la busta dovrebbero bastardi.


Soldi? Quali soldi?
Leah esaminò dentro la busta e trovò delle banconote messe insieme con un elastico. Erano un bel mazzetto!
-Cavolo…. Dove li ha trovati 10.000 $?- chiese Jacob, che fissava il mazzetto.
-Co…cosa?- chiese incredula Leah.
-Sono sicuramente 10.000$! Da noi se non riuscivi a contare i soldi guardando semplicemente il mazzo venivi picchiato finché non imparavi a contare!- chiarì subito Seth.
-Oh… cavolo…. Mia madre tende sempre ad esagerare…- disse lei, sorridendo. Avrebbe conservato per sempre la lettera. Ma non sapeva cosa fare con quei soldi!
-Allora, andiamo? Non vedo l’ora di mangiare qualcosa!- fece allegro Seth.
-Certo! Billy e le altre due dovrebbe svegliarsi a momenti!- fece Jacob, mentre i tre salivano in auto.
-Ma quindi voi due vi sposate?- chiese Seth, facendoli arrossire.
-Si, e tu farai da testimone, piccoletto!- rispose il ragazzo, sorridente.
-EVVAIIII!!!- urlò di gioia Seth, mentre i tre si dirigevano alla casa a Quebec. Si, pensava Leah, Questa era la vita che voleva.
 
 
THE END

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