The Hanging Tree

di Bloody_Rose3
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La mietitura ***
Capitolo 2: *** Cinna e la Ghiandaia Imitatrice. ***
Capitolo 3: *** Ma non tutto era per le telecamere... ***
Capitolo 4: *** Perché lei è venuta qui insieme a me. ***



Capitolo 1
*** La mietitura ***


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Are you, are you

Coming to the tree?

Wear a necklace of rope, side by side with me...
Strange things did happen here

No stranger would it seem

If we met up at midnight in the hanging tree.

 

Come sempre, Effie Trinket esclama: «Prima le signore!» e a quel punto raggiunge la boccia di vetro che contiene migliaia di striscioline bianche che riportano i nomi delle ragazze. La piazza si fa immediatamente silenziosa, tutti trattengono il fiato. L'unica cosa a cui riesco a pensare è come faccia lei ad essere così briosa e allegra il giorno della mietitura. Dice sempre di essere felice qui nel Distretto 12, ma è chiaro che un posto simile non può piacere a un abitante di Capitol City, abituato alle comodità della città. D'un tratto sento un groppo in gola quando i miei pensieri registrano la parola “signore”. Ed io prego soltanto che non sia lei, che non sia lei!

Effie Trinket torna sulla pedana e liscia la strisciolina con calma. Apre lievemente la bocca, e l'intero Distretto 12 pende dalle sue labbra.

«Primrose Everdeen» l'ha detto. Con l'accento strano di Capitol City, sì, ma l'ha detto. Le ragazze si lasciano andare in un sospiro di sollievo, ma nel frattempo si guardano in giro per vedere chi è la sfortunata. Allungo il collo solo per scorgere una ragazzina bionda e minuta che dimostra poco o più di undici anni, ma ne ha sicuramente dodici. La cosa è assurda perché il suo è l'unico nome tra migliaia. Sembra sul punto di piangere; le è appena crollato il mondo addosso. Le tremano leggermente le gambe e avanza a piccoli passi, senza rendersi conto che l'orlo della camicia penzola sulla gonna. Perché proprio lei? Non voglio cercare con lo sguardo sua sorella, ma non posso farne a meno, perché ad un certo punto sento la sua voce che si leva tra i brusii. Disperata e forte.

«Prim!» urla. La calca si fa da parte a destra e a sinistra, lasciando passare la ragazza del Giacimento. Oggi non ha la solita treccia, i suoi capelli bruni sono raccolti in un'intricata pettinatura; indossa un abito azzurro che le sta d'incanto, ma non posso ignorare la sua espressione sconvolta. Di solito ha sempre un'aria truce o al massimo impassibile, ma stavolta riesco a leggere il suo dolore. Sembra rendersi conto di aver lasciato trapelare le sue emozioni, e subito si ricompone. «Prim!» la chiama un'altra volta, e raggiunge la sorella minore prima che quest'ultima salga le scale verso il palco. Con un rapido gesto la tira dietro di sé.

«Mi offro volontaria!» ansima, ma è come se non sia soddisfatta del suo tono di voce, perciò ripete: «Mi offro volontaria come tributo!» e stavolta è più convinta. Ho pregato inutilmente che lei non venisse scelta, ma pare che la buona sorte non sia dalla nostra parte. La gente si agita. Il Distretto 12 non ha volontari da... forse non li ha mai avuti. Nei distretti come il 2 i giovani non vedono l'ora di ritrovarsi nell'arena per sfoggiare le proprie capacità, ma qui, dove per molti è già tanto arrivare alla fine della giornata, essere pescati da Effie Trinket è sinonimo di condanna a morte certa. Effie blatera qualcosa, ma non la ascolto. Sono troppo preso da questa situazione. Katniss ha un gran fegato, e ha appena dimostrato di amare sua sorella offrendosi volontaria per salvarla, perché sa che una ragazzina come Prim non può farcela contro i bestioni che si ritroverà nell'arena.

«A che serve?» domanda il sindaco con voce rauca, il padre di Madge, l'unica ragazza che si siede al tavolo di Katniss, in mensa. «Lasciate che venga». Ed è allora che Prim si dibatte dalla presa di Katniss e la prega di non farlo con voce isterica.

«Lasciami andare!» sbotta infine Katniss con tono duro, dopo averglielo già detto prima. Mi chiedo come faccia a mantenere quell'aria così decisa. Un ragazzo alto con gli occhi da Giacimento, porta via con sé la sorellina di Katniss. Ho il suo nome proprio sulla punta della lingua, penso che si chiami... Gale. Lui e Katniss passano un sacco di tempo insieme, e si direbbe che siano anche parenti, data la loro incredibile somiglianza, ma non lo sono.

«Bene, brava!» esclama Effie Trinket «questo è lo spirito del programma! Come ti chiami?» vi è un po' di esitazione nella voce di Katniss, come se le sia difficile anche solo parlare. Forse sta tentando di non piangere, e malgrado io non le abbia mai parlato, so che i tipi come lei non piangono davanti a nessuno, tanto meno di fronte alle telecamere.

«Katniss Everdeen» risponde a fil di voce. Effie continua a parlare, ma riesco ad afferrare solo le sue ultime parole. Qualcosa riguardo ad un applauso, ma nessuno osa battere le mani. Poco dopo, accade qualcosa. Non me ne rendo conto finché i ragazzi vicino a me non lo fanno: portano le tre dita di mezzo della mano sinistra alle labbra e le protendono in direzione di Katniss. Mi unisco anch'io a questo gesto, e so che lei ora sta guardando il mare di mani che indicano grazie, ammirazione, e addio a una persona cara. Ma non sta guardando me. Mi ci sono abituato, con gli anni. Penso che non sapesse neanche della mia esistenza, finché, una volta, in un giorno di pioggia, stava appoggiata ad un albero, affamata. Mia madre era rientrata dopo averle gridato qualcosa, e pensai che avesse fame. Erano tempi duri per la sua famiglia, in seguito all'esplosione nelle miniere, che uccise suo padre. Feci cadere del pane di proposito nel fuoco, ma non lo bruciai troppo, e sapevo che mia madre mi avrebbe picchiato. Ma i lividi passano, la fame, invece, nel Giacimento è sempre dietro l'angolo. Così mi ordinò di darlo ai maiali. Tolsi la parte annerita e la gettai nel trogolo, in seguito lanciai il resto a lei.

Fuggii dentro casa prima che potesse dire qualcosa.

Successe anni fa... Se lo ricorda? Forse no, ma non mi importa.

Non sa quanto l'ammiro, ma non riesco a essere tranquillo senza pensare che ventitré tributi cercheranno di ammazzarla, mentre io devo stare qui a guardare dietro lo schermo. È impossibile che scelgano proprio me, ma visto che Primrose Everdeen è stata appena pescata, non è detto che io sia del tutto salvo. Ma è proprio dopo l'imbarazzante spettacolo di Haymitch Abernathy – l'unico nostro vincitore ancora in vita che si è dato all'alcolismo – che Effie torna a richiamare l'attenzione su di sé. La sua parrucca di un rosa carico casca un po' su un lato, in seguito all'abbraccio di Haymitch. È indignata e non vede l'ora di affondare la mano nella nostra boccia di vetro. Prego di non essere io, non perché ho poche possibilità di vincere, ma perché non voglio ritrovarmi nell'arena con Katniss. Stavolta Effie è più frettolosa, perciò legge il nome senza preamboli o pause per alimentare l'angoscia che ci logora da ieri notte.

«Peeta Mellark».

La fortuna non è dalla mia parte, oggi.

Indugio un poco prima di farmi avanti, e vedo Katniss che si sforza di mantenere la sua solita espressione. Alla fine mi metto in testa che devo essere coraggioso e forte. Non mi importa vincere, è Katniss che deve tornare a casa, e nessun altro. Effie chiede se ci sono volontari, ma so che non ce ne saranno per me. Dopodiché il sindaco si fa forza e legge il lungo e tedioso Trattato del Tradimento, è obbligato a farlo. È così monotono, e ho dovuto ascoltarlo ogni anno, per cui non mi premo molto di ascoltare. L'unica cosa a cui riesco a pensare è che presto dovrò uccidere qualcuno, che Katniss forse mi ammazzerà con il suo arco e le sue frecce. Quando mia madre non è in casa, lei baratta degli scoiattoli con mio padre in cambio di pane. È illegale, ma deve pur mantenere la sua famiglia in qualche modo. Ho notato che prende sempre con precisione l'occhio, e di certo non ci metterà molto ad abituarsi all'idea di dover uccidere una persona invece di uno scoiattolo. Quando il sindaco Undersee termina il noioso soliloquio – visto che nessuno gli dà retta, adesso – fa cenno a me e a Katniss di stringerci la mano. Cerco di rassicurarla con questo unico gesto, sperando di non farle troppo male. E senza volerlo, incrocio i suoi occhi grigi da Giacimento. Rivedo la bambina di cinque anni con due trecce anziché una, che indossava un vestito rosso scozzese. Durante la lezione di musica intonò la canzone della valle, e mi parve che l'intero Creato si fosse zittito solamente per ascoltare la sua voce. Gli uccelli che dapprima cinguettavano al di fuori della finestra, ora erano appollaiati sui rami in un religioso silenzio. Ricordo che mio padre me la indicò il primo giorno di scuola e disse: «Vedi quella bambina? Volevo sposare sua madre, ma lei è scappata con un minatore di carbone».

Allora gli chiesi il perché, e lui rispose: «Perché quando canta... si fermano ad ascoltare persino gli uccelli».

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Capitolo 2
*** Cinna e la Ghiandaia Imitatrice. ***


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Are you, are you

Coming to the tree?

Wear a necklace of rope, side by side with me...
Strange things did happen here

No stranger would it seem

If we met up at midnight in the hanging tree.

 

La pesante seta bianca sembra emettere un dolce richiamo. Mi sento quasi in dovere di alzarmi dalla poltrona e ricontrollare – per l'ennesima volta – il mio ultimo capolavoro. Brilla davanti alle luci della città, di Capitol City. Non mi vanto dei miei lavori, ma riconosco la fatica e la bellezza, e ripudio la falsa modestia. In confronto, gli altri costumi di Katniss sono nulla dinnanzi all'abito da sposa votato dal pubblico, e scelto dal presidente Snow in persona in occasione dell'ultima intervista, prima dei Giochi.

Fortunatamente mi ha letteralmente minacciato abbastanza in tempo da permettermi qualche accorgimento. So che pagherò con la vita per questo affronto, ma so anche che la Ragazza in fiamme non mi deluderà: non l'ha mai fatto, e capirà presto quali sono le decisioni giuste da prendere, a dispetto di quello che Plutarch Heavensbee o la Coin potrebbero ordinarle di fare. Snow, Coin. Dov'è la differenza? Sono stato nel Distretto 13 un paio di volte, e mi è parso dispotico quanto Capitol City, se non fosse per l'aria angusta che ogni singola particella di quel luogo possiede.

Lascio ricadere le dita sul candido tessuto e sospiro, felice di essere stato al servizio di un personaggio come Katniss Everdeen. Sono conscio della sua sofferenza, e sappiamo entrambi che non ci rivedremo mai più, ma non sarà lei a morire. Prendo il pesante abito da sposa, e mi imbatto in Portia mentre ci dirigiamo verso i nostri rispettivi tributi. Ne approfitto per ringraziarla dell'aiuto che mi ha dato nel ritoccare l'abito nuziale, e lei replica solamente col suo silenzio. Ha gli occhi umidi, per cui mi affretto ad abbracciarla.

«Cosa ne sarà di noi... di te?» mormora, lanciando un'occhiata alla borsa che contiene la mia condanna a morte, ma anche il mio orgoglio più grande.

«So badare a me stesso» rispondo, sorridendole. In seguito la incoraggio a nascondere il suo dolore, perché Peeta se ne accorgerebbe di sicuro. Ci separiamo quando dobbiamo completare il nostro compito. Katniss è insieme a Venia, e hanno entrambe un'aria irrequieta. Immagino che gli altri due stiano versando un mare di lacrime. Quando congedo Venia, pare sollevata di andarsene, e suppongo che anche lei debba sfogarsi un po'. Tiro fuori il vestito, e un verso carico di sgomento trapela dalle labbra di Katniss. Le spiego che sono stato costretto dal presidente Snow, e un velo di comprensione cala sul suo viso. «Be', sarebbe un peccato sprecare un vestito così bello», non dico niente, più che altro mi sbrigo a metterglielo addosso. Si accorge subito che è più pesante rispetto all'altra volta. Le faccio infilare le scarpe, ed infine aggiungo la parure di perle ed il velo; le ritocco anche il trucco, perché se c'è qualcosa che non sopporto, sono le più piccole imperfezioni. Cammina adagio, poiché il peso di quel che indossa la costringe ad avanzare con una certa cautela; trascina le lunghe maniche con lo stupore stampato in viso. Le calza a pennello, ed è bellissima. Le raccomando di non sollevare le braccia al di sopra della testa, dato che il corpetto è molto aderente. Non lo deve fare, non prima della sua giravolta. Katniss sembra non capire, ma si fida abbastanza di me da farlo senza dubitare neanche un poco. So che lo farà, e a quel punto... Dio solo sa cosa potrebbe succedermi. Ma siamo arrivati a questo punto, e non voglio vanificare decenni di cospirazioni e tanta, tanta morte per la giusta causa. Inoltre, il pensiero che tutto andrà per il meglio mi induce ad andare avanti. Ci dirigiamo in ascensore, e quando Katniss e Peeta si avviano dietro le quinte, io e Portia prendiamo i nostri posti.

Durante l'intervista, Katniss ha tutta l'aria di una ragazza innocente che purtroppo non può arrivare all'altare. Non si gira verso di me per ricevere il segnale. Ad un certo punto la vedo alzarsi, e girare, girare e girare su se stessa, sollevando volute di fumo tutto intorno a lei. Le perle che dapprima la ricoprivano ovunque, ora rimbalzano sul palco con deboli tintinnii. È uno spettacolo strabiliante, e in quel breve istante, dimentico di essere in pericolo. Fuoco e pezzi di seta carbonizzati la avvolgono in un vortice senza fine, di cui lei stessa è l'occhio. Improvvisamente, le fiamme si spengono. Ed è ora che i tempi da Ragazza in fiamme terminano. Non è quaggiù che deve stare, e non deve solo bruciare. È in alto il suo posto, dove potrà creare incendi in tutta Panem. Solleva le lunghe maniche nere screziate di bianco con un'espressione sbalordita, e allora la situazione si fa chiara agli occhi di Katniss. È la Ghiandaia Imitatrice.

Dopo l'intervista di Peeta – a quanto pare Katniss è incinta – il pubblico va in delirio. So che è solo un modo per ingraziarsi Panem. Per cui mi alzo e lascio tutto quanto alle spalle. È tutto finito, ormai. Domani vedrò Katniss per l'ultima volta, sempre che io riesca ad arrivare nella mia stanza indenne. Ma per il momento la dispotica Capitol City mi lascia in pace. È Plutarch Heavensbee, il nuovo Capo Stratega, che mi viene a cercare.

«Plutarch» esordisco, stringendogli la mano. Lui sorride come se avessimo già vinto questa guerra.

«Cinna» dice lui di rimando. «Ottimo lavoro» fa una breve pausa, «non le hai detto nulla, vero?»

«Certamente. Senti...» mi incammino verso la mia camera e trovo il cassetto chiuso a chiave. Nessun luogo è sicuro, qui, per cui evitiamo di parlare in modo troppo diretto. Plutarch mi aspetta pazientemente fuori. Non che mi piaccia particolarmente, ma è un uomo potente ed è dalla nostra parte, anche se possiede la tipica mentalità sadica di uno Stratega. «Questo è per Katniss. Daglielo quando avrà capito cosa fare» sussurro, e capisco che non sarò in grado di sopportare tutto questo a lungo. Gli tendo un album, e lui lo sfoglia con delicatezza, inarcando le sopracciglia ogni volta che i suoi occhi avidi si posano su un'immagine.

«Davvero... impressionante, Cinna» commenta, chiudendo l'album con cura, come se potesse sbriciolarsi a momenti. «Dico sul serio. È un peccato che tu...» non riesce a proseguire. Si passa la mano sul viso e alla fine dice: «I migliori se ne vanno sempre. Abbiamo goduto poco della tua presenza, e me ne rammarico tanto, credimi.» Mi dà già per morto, ma perché fingere che io possa ancora vivere a lungo? Plutarch dice sempre le cose per come sono, anche se la realtà fa male. «Riavremo di nuovo i vecchi, e mediocri stilisti di sempre».

«Non credo che Panem ne avrà più bisogno» ribatto io. «Perlomeno, non per vestire i tributi» mi affretto a dire. A questo punto mi accorgo della reazione di Plutarch, come se io abbia detto qualcosa di assurdo ed inconcepibile. La mia stanza è completamente buia, solo le luci di Capitol City gli illuminano il volto attraverso le ampie finestre. Non sono sicuro delle mie intenzioni, adesso. Ma confido in Katniss, Haymitch, Peeta, e chiunque altro abbia il buon senso di eliminare definitivamente gli Hunger Games. «Aspetta, devo aggiungere una cosa» esclamo d'un tratto, allungando la mano per riavere indietro il dono che ho in serbo per Katniss. Nell'ultima pagina, una ghiandaia in volo è imprigionata in un anello. È uno schizzo della spilla di Katniss. Prendo una penna e appoggio la punta sferica poco più sotto del disegno; per un attimo dimentico cosa voglio scriverle. Volevo metter giù qualcosa di più lungo e magari più poetico, qualcosa che le faccia capire che io tengo a lei e che, in qualche modo, la accompagnerò sempre. Ma alla fine mi ritrovo a rileggere il mio messaggio mentre una lacrima mi riga la guancia. Anche se non può sentirmi, leggo a bassa voce, sovrastato dal ricordo dei suoi primi Giochi: «Io scommetto ancora su di te».

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Capitolo 3
*** Ma non tutto era per le telecamere... ***


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Are you, are you

Coming to the tree?

Wear a necklace of rope, side by side with me...
Strange things did happen here

No stranger would it seem

If we met up at midnight in the hanging tree.

 

Un grido terrorizzato mi perfora i timpani.

Mi guardo intorno, ma pare che nessuno sia stato svegliato dalle urla di Katniss, o in caso contrario, sta facendo finta di niente. A causa di un imminente attacco di Capitol City siamo stati tutti portati in una specie di enorme caverna sotterranea. Tutti considerano mia sorella mentalmente confusa, ma io so cosa l'ha resa così. O meglio, chi. Gli incubi non se ne vanno mai, e sospetto che non lo faranno neanche in futuro. L'Arena l'ha distrutta, l'ha cambiata. Ma del resto, chi non è rimasto immutato dopo questa serie di cambiamenti? Perfino io mi sento diversa, certe volte penso di essere in grado di occuparmi di mia madre, la cui mente è ancora intrappolata sotto terra insieme a mio padre, così come Katniss non ha mai abbandonato l'Arena. «Peeta!» strilla ancora, e a questo punto non so proprio cosa fare. È difficile capire quale sia la situazione peggiore: la realtà o il suo incubo? Se la scuotessi, si accorgerebbe che in effetti Peeta Mellark è realmente in pericolo, ma se la lasciassi dormire, nessuno di noi riuscirebbe a riprendere sonno. Sento mia madre agitarsi e cambiare posizione, ma c'è qualcos'altro: una luce fioca e lontana ondeggia verso di noi, illuminando il pavimento nel raggio di un metro, quanto basta per capire dove mettere i piedi.

Ranuncolo mi si raggomitola tra le braccia, dividendo me e Katniss, e poi soffia verso l'estraneo che avanza sempre di più nella nostra direzione, quasi strascicando. Stringo il mio gatto al petto, ed immediatamente si calma ed affonda il muso sotto il mio mento. Riesco a vedere i piedi nudi di un uomo, e quando questi si siede sui talloni proprio accanto a Katniss, posso riconoscere il suo bel viso. Finnick Odair la sta fissando con un'aria assente, e presumo che non sia l'unico a volere che mia sorella smetta di agitarsi. Nel frattempo sta creando un nodo con un nuovo pezzo di fune: anche lui è leggermente impazzito, non fa che giocare con la corda.

«Mh... sai, abbiamo tutti bisogno di dormire, anche se è difficile...» esordisce, alzando gli occhi su di me. La luce sotto di sé crea delle ombre profonde nei suoi lineamenti. Ha gli occhi arrossati e trema visibilmente. Per un po' ho paura. Lancio un'occhiata sopra di noi, pensando se si riferisca alle tonnellate di terra che ci sovrastano o alle urla di Katniss. Io non riesco a chiudere occhio per entrambi i motivi...

«Anche se la svegliassi, una volta ripreso a dormire i suoi incubi ricominciano», per questo dorme poco. Finnick annuisce tra sé, e allora mi sussurra: «Ho saputo che quando dormiva con Peeta non faceva incubi...». Katniss che dorme con Peeta? Immagino che in altre circostanze né io né mia madre approveremmo una tale abitudine. Mi chiedo come abbia fatto Finnick a scoprirlo, ma accantono l'idea di chiedergli altri dettagli. Durante l'Edizione della Memoria Peeta le aveva donato qualcosa, ed è allora che mi ricordo della perla. Una volta l'ho sorpresa mentre se la passava sulla guancia piangendo, ma non penso che si sia accorta di me. Adesso Katniss sta passando quel breve attimo di calma che io chiamo pausa e ha ripreso a respirare regolarmente, ma so che a momenti tornerà a scappare dalle sue paure. Odio il modo in cui Snow la uccide lentamente, perché è questo che le sta facendo. Giorno dopo giorno la sento sempre più lontana. Non so se la perla possa attutire il suo dolore, ma è pur sempre un frammento di Peeta, no? E poi, tentar non nuoce. Suppongo che la mia idea sia scritta in fronte, perché Finnick mi sorride e si alza, per poi tornare a camminare fiaccamente nel suo spazio, preceduto da un cerchio di luce. I suoi passi cadenzati si fanno sempre più distanti, e d'un tratto la luce scompare rapidamente.

Tasto il terreno in cerca della bisaccia di Katniss, mentre lei ha ripreso a mugugnare e a strepitare ogni tanto. Trovo una torcia e illumino l'interno. Ci vuole un po' prima che le mie dita si racchiudano in un paracadute argenteo. Faccio scivolare la perla tra le mani, colta dalla tentazione di ammirarla, ma non voglio sopportare le grida di mia sorella ancora a lungo, perciò mi curvo su di lei e le scrollo le spalle cautamente. Tengo la torcia bassa, ma nonostante ciò strizza gli occhi di scatto e comincia a sbraitare.

«È tutto okay» dico con voce sommessa, tirandole indietro i capelli. Credo che in parte sia ancora immersa nei suoi sogni, perché il suo sguardo è altrove. La accarezzo per un paio di minuti, districando i capelli e portandoglieli dietro l'orecchio. Le canticchio una strofa e lei si rasserena. A confermare il fatto che non sia del tutto conscia sono le sue braccia che intrappolano un Ranuncolo a disagio. In seguito dice qualcosa prima che io vada a riporre la perla al suo posto, qualcosa che lei non mi direbbe mai una volta sveglia. Immagino che domani non si ricorderà niente: «Lui ci ha salvati, sai?»

«Sì» bisbiglio, «lo so».

«Ho sempre cercato di salvarlo, ma alla fine è sempre stato lui a tenermi in vita» borbotta. Non le rispondo, mi limito soltanto a riempirla di carezze pur di indurla a coricarsi di nuovo. Riesco ad avvertire i sospiri di alcuni quando cala finalmente il silenzio. In verità Katniss non sta ancora dormendo, e mi accorgo che sta fissando le mie dita chiuse in un pugno. Le apro lentamente e faccio cadere la perla sul suo palmo già pronto ad accogliere quel che resta di Peeta. Una bomba colpisce di nuovo in profondità, ma non scalfisce minimamente il nostro rifugio sicuro; io e Katniss leviamo lo sguardo in alto, e forse quel colpo l'ha riportata alla realtà. Scuote leggermente la testa e le spalle, spingendo via Ranuncolo bruscamente. Lui le soffia contro e si rifugia tra le mie braccia, cercando di acchiappare con la zampa il cerchio di luce a pochi centimetri dalla mia gamba.

Una lacrima scende lungo la guancia di Katniss, scintillando come la perla che le ha regalato Peeta. Scaccio la goccia salata e riprendo la perla quando realizzo che Katniss sta veramente dormendo senza urlare, in seguito la faccio scivolare nuovamente nel paracadute, dentro la bisaccia.

Scopro che in realtà i suoi incubi peggiori sono quelli più inquieti e silenziosi, quelli che la costringono a stare immobile e sopportare tutto il dolore, perché ad un certo punto sento la sua voce affranta, ma so che si è assopita davvero: «Ma non era tutto per le telecamere».

Spengo la torcia e torno accanto a lei, riflettendo sulle sue ultime parole, le quali mi conducono, infine, agli Hunger Games. 

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Capitolo 4
*** Perché lei è venuta qui insieme a me. ***


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Are you, are you

Coming to the tree?

Wear a necklace of rope, side by side with me...
Strange things did happen here

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If we met up at midnight in the hanging tree.


 

 

Con Katniss è stato più arduo tirar fuori una gran conversatrice, ma la sua piroetta di fuoco è bastata per mandare in delirio l'audience. Peeta Mellark, invece, non sembra provenire dal suo stesso distretto: affabile, solare, tutto ciò che manca a Katniss, che appare fredda e distaccata, ma nonostante tutto il pubblico l'adora grazie al suo grande coraggio. E in un posto remoto, chiusa in casa, sua sorella Primrose ci starà guardando. Dopo esserci annusati l'un l'altro, gli chiedo se una ragazza lo attende, e lui nega, ma leggo nei suoi occhi un abisso profondo. Insisto.

Un ragazzo bello come lui, che non viene neanche considerato dalla donna che ama! Le signore sospirano, condividendo la frustrazione del mio ultimo intervistato.

«... Vincere... non servirebbe nel mio caso».

«E perché mai?» sconcertato, non posso credere che stia battendo la fiacca davanti a tutti. Peeta si fa immediatamente rosso in viso, e biascica alcune parole. Mi sporgo verso di lui, per udire quel debole sussurro, e alla fine riesce a rispondermi: «Perché... perché... lei è venuta qui insieme a me». Tratteniamo tutti il fiato, e poi c'è un gran clamore. Dopo aver parlato un altro po' riguardo a Katniss, siamo costretti a salutarci. Nessuno ha mai osato così tanto per procurarsi degli sponsor, e ora mi chiedo se sia tutta una finzione per la propria sopravvivenza, o se sia davvero sotto la cattiva stella. L'Arena li attende, silenziosa, ma inesorabile. So come si sentono, ed è ardua intervistare diversi tributi ogni anno, leggerli, affezionarglisi, e vederli morire senza poter far nulla. Avanzo a passo spedito nella grande sala dei ricevimenti, dove gli Strateghi, Seneca Crane ed il presidente Snow godono di un ricco buffet. Prelevo un dolcetto ed un aperitivo, mentre vengo accolto calorosamente da Plutarch Heavensbee – si dice che durante la sessione di Katniss sia caduto nel punch – e da altri Strateghi. Disposti nella propria bolla di estasi e divertimento, vi sono anche altri ospiti speciali, che potrebbero essere la salvezza dei tributi.

«Oh, poveri Peeta e Katniss!»

«Se solo potessero vivere entrambi...»

«Terribile... !»

«E lei che ne pensa, signor Flickerman?» Seneca Crane distoglie la mia attenzione dalle altre conversazioni, tirandomi per il gomito e invitandomi ad abbuffarmi come tutti fanno. In seguito, si va a vomitare, per poi ricominciare a riempirsi lo stomaco.

«D-di.. di cosa?»

«Degli Innamorati Sventurati. C'è chi sostiene che sia solamente una trovata, per dare finalmente al Distretto 12 un vincitore».

«Vorrei che fossero due» ribatto, mesto.

«Quindi lei ci crede?»

«E perché no?» Seneca scuote la testa sfoggiando un sorriso beffardo. Mi dà qualche pacca sulla schiena, ma infondo so che anche lui ci crede. Come dubitare delle parole di quel ragazzo?! Solo Snow è rimasto imperturbabile.

«Detto tra noi... non metto in dubbio tutto ciò, ma rivelarlo in questo modo, pare una mossa azzardata per assicurarsi degli sponsor».

«Ognuno fa quel che può» borbotto, «se un tributo non possiede forza e sangue freddo, perché non utilizzare la compassione, l'amabilità, l'amore?» vi è una pausa in cui ci dedichiamo solamente ai nostri piattini, mentre passeggiamo per il largo corridoio tra una fila di tavoli. «Finché non infrangono le regole, è tutto okay, no? Sappiamo entrambi che certe norme vengono trascurate, come per i Favoriti...» Seneca affonda le dita nella mia spalla, come per impedirmi di parlare troppo, ma lui non può farmi niente, poiché Panem mi ama troppo. Perché infondo non è il più forte a sopravvivere, ma il più amato. E questo Peeta Mellark l'ha capito. «Perché negare una speranza al Distretto 12?»

«Perché Katniss Everdeen ha da sempre infranto la legge così come suo padre ha fatto. Cacciare è illegale, sa?»

«Vuol dire che...»

«Pensava davvero che una strisciolina fra milioni sarebbe stata pescata?! Caesar... nemmeno il più remoto tra i Distretti può sfuggirci.»

«Anche allenarsi prima dei Giochi è illegale!» replico, e non capisco perché sto prendendo le difese del Distretto 12.

«Shh! Nessuno deve sapere, intesi? Lo sappiamo benissimo cosa succede là fuori, ma i Favoriti ci garantiscono uno spettacolo indimenticabile, mentre Katniss... be', ci ha solamente disobbedito, e a nostro svantaggio. Pensi come la prenderebbero gli altri, se scoprissero che Capitol City chiude un occhio su certe cose...»

«Scoppierebbe una rivolta».

«Esatto. Il presidente Snow mi chiama... buona serata, e felici Hunger Games!»

Mi accascio su una poltrona immacolata e rifletto su tutto ciò che ho scoperto. Domani cominceranno i Giochi, e non so se augurare la buona sorte a quei due giovani possa bastare. Loro non sanno che l'Arena va oltre i confini e i luoghi irreali: si estende in tutta Panem, coinvolgendo anche chi se ne sta all'ombra delle civiltà. Inconsapevolmente, siamo tutti sugli schermi, e solo il più amato sopravvive.

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