Red Memory [traduzione di Kit_05] di floorcoaster (/viewuser.php?uid=25063)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte Prima ***
Capitolo 2: *** Parte Seconda ***
Capitolo 1 *** Parte Prima ***
Disclaimer:
HarryPotter&Co sono di proprietà di JKRowling,
nessun diritto si ritiene leso.
Nota
della Traduttrice: Rieccomi qui,
stavolta con una fanfiction di floorcoaster, scrittrice americana
relativamente nuova nel fandom, dotata di una vivace inventiva e
originalità, nonché di uno stile vivido e
coinvolgente.
Questa
fanfiction nasce come one-shot (e come one-shot la potete leggere su
fanfiction.net), ma nel pubblicarla ho preferito, data la sua
lunghezza, adottare la divisione in due parti che la stessa
floorcoaster ha usato per archiviarla su colouredgrey.com
Tutti i
credits aggiuntivi li troverete a fine seconda parte, mentre a fine
capitolo sono segnate le mie consuete note di traduzione.
Se volete
leggere questa o altre opere di questa autrice, potete trovarle o su
fanfiction.net sotto il nick luckei1 o su
colouredgrey.com sotto il nick floorcoaster.
E con questo
ho finito di tediarvi. Sperando di aver reso onore a questa autrice,
buona lettura!
Kit_05
Red
Memory
Ogni mattina
Draco Malfoy vive lo stesso sogno. È vivido, tagliente; le
immagini scorrono su uno sfondo nero. Si muovono velocemente
– troppo velocemente – e deve combattere per
ricordarle quando si sveglia. Sono tutte in bianco e nero e sfocate, e
non riesce a capire cosa stia succedendo. Poi il sogno finisce con un
lampo di luce rossa e lui cede al panico. Vuole ricordare il sogno,
è certo che sia importante – deve esserlo.
Perché tutto è così familiare, come se
l’avesse già vissuto in precedenza.
Il lampo di
luce e poi si sveglia.
Non ricorda
nemmeno che c’è qualcosa da ricordare, non ricorda
il sogno. E accade questo da quasi tre anni. Due anni e undici mesi,
per essere precisi.
Questa
mattina è diversa, però. Appena dopo il lampo
rosso e il panico, si sveglia. Gli occhi ancora chiusi, si chiede
perché stia ansimando.
I suoi occhi
si spalancano, ardenti, e vede il lampo rosso; poi vede se stesso,
infagottato, e fa freddo, tanto freddo, e fuori è tutto
bianco e nero. Sta camminando lungo una strada deserta ed è
veramente felice per qualcosa… qualcosa che ha appena
comprato. Poi percepisce… delle persone – cinque
persone. Una, una donna, ringhia verso di lui, dice qualcosa; lui cerca
la sua bacchetta, ma gli altri sono troppo veloci. È colpito
con una luce rossa, due maledizioni differenti, e poi –
Niente. Solo
bianco e nero. Un soffitto bianco. Lentamente si mette a sedere,
confuso. Le lenzuola del suo letto sono bianche, sta indossando
pantaloni grigi e una maglia bianca. E non ne è certo, ma
è abbastanza sicuro di non essere a casa, né a
Hogwarts. O in Kansas, dovunque esso sia.
Si guarda
intorno e vede altro. Pareti bianche, una sedia grigia, un tavolino
nero con una pila di libri neri, un mela grigia, una boccetta
d’inchiostro – la sua testa ritorna di scatto ai
libri. Uno di essi – vede il dorso – è
Rosso. Lo squadra con forza, aspettando che qualcosa –
qualsiasi cosa – accada, ma è solo un libro,
così rimane fermo lì.
Con
riluttanza continua a scandagliare la stanza. Tutto è nero o
bianco, o un colore nel mezzo. Tranne il libro e una cornice di una
fotografia vicina al suo letto; anch’essa è Rossa.
Non è sicuro di come faccia sapere cosa sia il Rosso, ma
è come una di quelle cose che nascono spontaneamente nella
propria mente. Non ha idea di cosa sia il soggetto della fotografia,
è solo un grande gatto grigio.
Non crede che gli piacciano i gatti, ma non ne è sicuro. Sa
anche che c’è qualcosa di veramente, veramente
sbagliato con tutto quel bianco e nero, ma non riesce a ricordare cosa.
Dovrebbe esserci… di più, crede, ma non riesce a
pensare.
L’arredamento della stanza è composto solo dal
letto, un tavolo, una sedia e un comodino. Si acciglia, notando che la
sola sedia significa che non ha molta compagnia.
Poi nota una
finestra e si alza per guardare fuori. L’immagine davanti a
lui è un mare di sfumature di grigio, e sa che sono case e
tetti, così capisce di essere in alto. Sopra alcune cose, ma
ancora sotto ad altre. Ma c’è troppo grigio, e la
sua testa inizia a fargli male, mentre si sforza per vedere attraverso
quella monotonia. Vuole vedere il libro Rosso e altre cose ancora
così. Sono importanti anch’esse, lo sa, ma quando
tenta di pensarci la sua testa pulsa.
Si risiede
sul letto, e una porta che non aveva notato si apre. Una ragazza
dall’aspetto stanco entra e lui sbatte le palpebre, sorpreso.
Indossa un vestito Rosso che le arriva alle ginocchia, sotto a un
camice bianco. I suoi riccioluti capelli neri – ma sa che
c’è qualcosa che non va in questo – sono
raccolti in una coda legata con un elastico Rosso. Sa che lei
è bellissima – basta guardarla.
E lui la
guarda, con una intensità che la sorprende. Hermione gli
sorride e tira fuori una cartelletta e una piuma.
“Buon
giorno, Signor Malfoy,” dice, guardando la cartelletta.
“Come si sente?”
“Di
solito non vesti in nero?” chiede e non è sicuro
da dove quello sia venuto fuori, ma sa che è vero.
Lei
è colpita e il suo cuore manca un battito. Non è
cambiato nulla per tre anni, tre lunghi anni ed è
colta da una passeggera sensazione di gioia e paura perché
questo è diverso…
Era stato
portato al San Mungo una fredda notte d’inverno, portato al
quarto piano, il reparto riservato ai lungo degenti. Non
dimenticherà mai la lettura della sua diagnosi. È
per sempre marchiata nella sua memoria.
Coma; danni
cerebrali permanenti. Cause: sconosciute.
L’aveva
preso come suo paziente e ogni mattina sin da quella fredda notte
invernale ha seguito la stessa routine. Va nella sua stanza, lo saluta,
gli pone una serie di domande. La sua menomazione è tale che
ogni mattina ricomincia tutto da capo. Lui non ricorda il giorno
precedente. Nessuno dei Guaritori che sono stati consultati ha mai
sentito di un caso del genere e la teoria più diffusa
è che sia una maledizione che ricomincia da capo ogni
giorno. In ogni caso, ci sono enormi crateri nella sua memoria. Non
è più veramente se stesso.
La lista di
domande è rigorosa e inflessibile. Non cambia mai: (1) Come
si sente questa mattina? (2) Qual è l’ultima cosa
che ricorda? (3) E prima di questo quanto ricorda? (4) Sa chi
è? (5) Sa dove si trova? (6) C’è
nient’altro che ricorda?
Le risposte
sono solitamente simili ogni giorno, a volte identiche. (1) Bene, okay,
confuso, stanco. (2) Pansy ad Hogwarts, il suo ultimo anno, lei che gli
stava urlando contro perché lui si era rifiutato di aiutarla
con un compito di Difesa contro le Arti Oscure, era troppo impegnato
con il suo, di progetto. (3) Alcune cose, immagini vaghe, tutto. (4)
No, sì. (5) Non lo so. (6) La sua risposta a questa domanda
variava, ma mai si giungeva a qualcosa.
Poi
solitamente lui s’innervosisce e lei se ne va. È
sempre controllato, quindi sanno che si arrabbia e tira oggetti per la
stanza e urla, ma dopo che si è calmato gli portano il
pranzo. Lui mangia, poi legge per un paio d’ore –
sempre lo stesso libro – e alla stessa ora ogni giorno
– quattro e quarantasette nel pomeriggio – si
gratta il braccio sinistro, ora libero da ogni marchio.
Quindi si
calma e vaga per la stanza, infine va alla finestra e fissa
l’esterno per un poco. Hermione ritorna, o Harry che lavora
anche lui al suo caso sebbene non così da vicino come la
ragazza, e passa un po’ di tempo con lui. A volte fa delle
domande e lei gli dice tutto quello che vuole sapere. Beh, quasi tutto.
Ha tentato di dirgli alcune cose e si è solo fatta male in
ritorno, così quelle non gliele ripete di nuovo.
A volte
giocano a qualcosa, scacchi o Spara Schiocco, e a volte rimane per la
cena. E poi lei va a casa e piange fino ad addormentarsi. Draco legge
finché non gli si chiudono gli occhi. E il giorno successivo
tutto riinizia da capo, fanno le stesse cose solo con piccole varianti.
È
diventato troppo per lei, e ha chiesto al suo capo un trasferimento.
L’anziana donna le ha sorriso compassionevole e lo ha
concesso. Oggi è l’ultimo giorno di Hermione con
Draco e Ron la porterà fuori per cena a celebrare. A simbolo
che lei, Harry e Ron si stanno lasciando Draco alle spalle e stanno
cercando di andare avanti. Perché hanno detto loro ancora, e
ancora e ancora, che lui non migliorerà mai.
A dire il
vero Harry e Ron stanno bene; è lei quella che sta avendo
grandi difficoltà ad andare avanti. È oltre un
anno che Ron le chiede di uscire e ha dovuto ripetere la sua richiesta
dieci volte prima che lei dicesse sì. E Ron è
stato veramente paziente con lei, anche se ormai era giunto al limite.
Questo è parte del motivo per cui sta per dire addio a Draco
oggi. Un ultimo addio, che lui non avrebbe ricordato
l’indomani.
Quindi il
suo commento sul suo abbigliamento scuote Hermione.
“Spesso
vesto di nero” dice, sedendosi alla sedia del tavolo,
mantenendo una facciata calma, fredda, composta.
Lui scrolla
le spalle.
“Allora,
Signor Malfoy. Ditemi come vi sentite questa mattina.”
Si muove di
nuovo verso la finestra e osserva il vetro appannarsi sotto il suo
respiro. Un flash, e ricorda una notte nebbiosa. Solo
un’impressione, ma comprende che è importante. Si
aggrappa ad essa, la tiene con tutta la sua forza, ma dopo un istante
se n’è andata.
“C’è
qualcosa che non va in questa stanza,” dice.
“E’
troppo calda? Troppo fredda?” chiede, non lasciando che
questo nuovo cambiamento significhi qualcosa per lei.
Scuote la
testa e lei pensa a quanto soffici siano i suoi capelli. Cerca di
ricordare l’ultima volta che li ha toccati, che ha fatto
scorrere le sue dita su di essi, ma non ci riesce.
“Non
è nulla del genere,” dice. Poi la guarda.
“E’ giusto che tutto sia o bianco o nero? E se
così, perché quel libro è
rosso?” chiede, indicando la pila. “E quella
cornice?”, indicando ora la cornice. “E il tuo
vestito?”
Il suo cuore
batte adesso furiosamente. Questo è qualcosa di
completamente nuovo…
“Che
libro?” chiede, incapace di pensare a cosa voglia dire la sua
ultima domanda.
S’avvicina
alla pila e ne estrae uno dal mezzo. Guarda il titolo e ha un altro
flash, sente risa e qualcuno che dice di ridare indietro il libro, lui
obbedisce e il flash finisce. La ragazza lo sta osservando
curiosamente, il braccio di lui è steso, il libro in mano.
Prende il
libro e lo guarda, lui vede che i suoi occhi si stanno inumidendo, ma
non sa il perché.
“Non
so perché questo libro sia Rosso”, risponde,
continuando a osservarlo.
Lui
è seduto sul letto e la studia ed è strano,
perché lui sa di sapere chi sia, ma questo è
tutto quello che sa. È tutto così –
nebbioso – ed è frustrante.
“Vorrei
farti delle domande,” prosegue Hermione, guardando la sua
cartelletta e rimettendo il libro sul tavolo.
“Okay”,
dice, strapazzando le lenzuola. Solo non dovrebbero essere bianche;
s’acciglia; dovrebbero essere – verdi?
“Qual
è l’ultima cosa che ricordi?”
Aggrotta la
fronte, è quello che sta cercando di capire da tutta
mattina. Le cose sembrano stratificate, come se avesse già
fatto tutto questo in precedenza. Come se avesse guardato fuori da
quella finestra un centinaio di volte, o forse più.
È una sensazione, e non ne può essere sicuro, ma
allo stesso tempo, lo è. Sa alcune cose, ma non come o perché.
Sa che lei
prende il tè con due cucchiaini di zucchero e niente latte.
E perché mai sulla faccia della terra dovrebbe sapere questo?
“Cosa
c’è che non va in me?” chiede, e lei
sembra presa in contropiede.
“Cosa
vuoi dire?”
“Mi
sento – intrappolato. Come se tutto questo fosse
già successo, e voglio fermarlo, ma non ci riesco. So che
c’è qualcosa che non va.”
Lei prende
un profondo respiro. “Sei in ospedale. Sei stato colpito con
una maledizione sconosciuta che ha colpito la tua memoria. Ogni giorno
dimentichi il precedente. Ricominci da capo, se così si
può dire.”
“Da
quanto?” chiede, calmo, non veramente sorpreso. Come se
l’avesse già sentito.
“Due
anni, undici mesi.”
Neanche
questo è nuovo. “Dimmi qualcosa che non mi hai mai
detto prima.”
Lei
s’acciglia. “Vediamo… Mi piace la
pancetta.”
Con un gesto
la ferma. “Lo so questo. Dimmi qualcosa che non
conosco.” I suoi occhi s’inumidiscono di nuovo e
ciò causa una fitta di dolore in lui, qualcosa di familiare,
e si spaventa. “Di solito non succede questo,
vero?” chiede. Lei scuote la testa.
“Dimmi.”
Un altro
respiro profondo. “Ero qui quando ti hanno
portato.”
Sapeva anche
questo. “No. Qualcosa che io assolutamente non
conosco.” Inizia a spazientirsi; perché non lo
– accontenta?
“Harry
ha un figlio.”
Ah-hah! Si
rende conto che è differente. Questo non lo sapeva. Lei lo
sta guardando con aspettativa e poi un altro lampo rosso, e la vede,
sta ridendo, i suoi capelli sotto un cappello e ha una sciarpa intorno
al collo. Infagottata, solo il viso è scoperto; stanno
camminando mano nella mano attraverso un parco ed è autunno,
ci sono colori intorno a loro – colori – che si
intonano a lei, e il suo sorriso è caldo, pieno di
–
Ritorna al
presente, e lei lo sta squadrando. “Allora, qual è
il suo nome?” chiede.
“James.”
“Prevedibile.”
La guarda e vede che è di nuovo sorpresa.
“Dimmi
di più,” dice. “Noi eravamo –
amici, vero?”
Annuisce,
esitante.
“Solo,
eravamo qualcosa di più. Ho ragione, giusto?”
Lei
s’irrigidisce e strabuzza gli occhi, le sue labbra si aprono
leggermente.
“Hermione,”
dice, e in qualche modo la ricorda. Un momento, nulla, e il successivo
la ricorda. È come andare in banca. Un momento non hai soldi
in mano, l’istante dopo, sì. In un attimo i soldi
sono lì; qualcosa è cambiato, ed è la
stessa cosa, adesso. Non ricorda i tre anni precedenti; solo lei,
prima. E sono per lo più impressioni, non memorie
specifiche. Sa che l’amava, questo è dolorosamente
ovvio. E l’ama ancora, dopo tutto; per lui sono passati solo
attimi dall’ultima volta che sapeva consciamente di amarla.
Lei
è intontita da quello che vede nei suoi occhi –
esattamente quello che aveva visto l’ultima notte che lo ha
veramente visto. E la spaventa. Oggi è il suo ultimo giorno,
ma eccolo qui, che ricorda qualcosa. Come
è possibile? Tutti i Guaritori hanno detto che non
c’era speranza, specialmente con il passare del tempo.
Avevano provato tutto quello che sapevano e nulla aveva oltrepassato il
muro eretto intorno alla sua mente da qualunque fosse la maledizione
che l’aveva colpito.
È
terrorizzata. Pensava di essere pronta ad andare avanti, a lasciarlo
andare, ad affidarlo ad altri Guaritori, a lasciarlo vivere in questa
stanza d’ospedale fino a che… questa parte la spaventa
ancora di più. L’avrebbe semplicemente lasciato
lì a morire? Da solo? Dopo tutto quello che…
“De-
Devo andare” balbetta, perché non riesce a pensare
a nient’altro da dire, nient’altro da fare. Vuole
correre via, il più velocemente possibile. Improvvisamente
ha difficoltà nel respirare, la stanza sta diventando
bollente e, se non trova dell’aria, sta per svenire.
Così corre fuori dalla stanza, lasciandolo lì, un
impercettibile sorriso sul suo volto.
ooo
Sa che ha
ragione. Semplicemente lo sa. Ma sa anche che lei è andata
avanti. In fin dei conti sono stati quasi tre anni per lei. Un giorno per lui,
però. Così fa male come nient’altro che
abbia mai sentito prima, solo è un tipo di dolore
disconnesso. Il suo cuore sa che dovrebbe frantumarsi, così
è quello che fa. Ma non sente tutto il dolore,
perché ricorda solo le impressioni, le sensazioni, le
emozioni. Come immagini annacquate, viste attraverso una finestra
quando fuori tormenta. Così è come ricorda lei. E
loro. Tutto quello che sa è che l’ama
terribilmente, e lei se n’è andata e lo ha
lasciato alle sue spalle.
Ha lasciato loro alle sue spalle.
Si sente un
po’ frastornato, così si siede sul letto. Tempo
indefinito passa e la porta si apre. Un uomo alto con capelli neri,
pantaloni grigi e maglia bianca entra. Come Hermione, anche lui indossa
un camice bianco. E indossa un paio di occhiali. E ha una strana
cicatrice sulla fronte.
“Malfoy,”
dice, e Draco nota che ha condotto un carrello con sé. Il
panico gli inonda il corpo, ma l’uomo sta sorridendo e poi
Draco vede che il carrello contiene del cibo. Il suo stomaco brontola e
capisce di essere molto affamato.
Draco guarda
l’uomo posare il vassoio sul piccolo tavolo e poi voltarsi a
guardare lui.
“Come
ti senti oggi?” chiede.
“L’ha
già chiesto lei,” risponde, frustrato per la
ripetizione non necessaria.
“Lo
so. Vorrei però che mi rispondessi tu, se va
bene.”
Draco alza
le spalle. “Sto bene. Confuso però, ad esempio sul
perché vedo solo in scala di grigio. Sono abbastanza sicuro
che non dovrebbe essere così.”
L’uomo
s’acciglia e Draco quasi ricorda il suo nome. “No,
non è normale. Non hai mai accennato al vedere le cose solo
in bianco e nero prima d’ora. È qualcosa di
nuovo?”
Lo sguardo
di Draco si fa torvo. “Come potrei saperlo?”
L’uomo
arrossisce. “Oh, giusto. Naturalmente. Scusami.”
È
allora che Draco ricorda. “Potter.”
L’uomo
lo guarda con occhi acuti, poi con una scintilla di
eccitazione. “Sì, è il mio nome. Ti
ricordi altro di me?”
Draco
aggrotta le ciglia e pensa con tutta la forza di cui dispone.
“No, mi dispiace.” È come una
vibrazione. Draco immagina una lunga corda sottile, le vibrazioni sono
portate dalla corda. Quelle vibrazioni sono memorie, o impressioni, e
quando si avvicinano abbastanza alla sua mente a volte può
afferrarle.
“Bene,
mangia il tuo pranzo. Parleremo dopo.”
Draco
annuisce e l’uomo lo lascia solo. Si porta al tavolo e
esamina il suo cibo. Non sembra molto buono, dal momento che tutto
è sfumato di grigio. Ma mangia comunque, e mentre mangia
legge quel libro rosso. “Storia di Hogwarts”
è il titolo e, mentre legge, afferra tantissime di quelle
vibrazioni. Memorie di scuola, di amici, di insegnanti e classi, e di
altri libri. Nulla di concreto, di nuovo, solo frammenti di
conversazioni o lezioni, o paragrafi. E per qualche ragione, lei
è nella maggior parte di loro e lui si chiede quanta parte
della sua vita l’abbia inclusa. Una sensazione insistente gli
dice che in verità non è molto che lei ne ha
fatto parte, ma non può essere sicuro di nulla.
Solo
impressioni di lei, circondata da colori, quando è con lui.
E che lui la ama.
Lei ritorna,
due ore dopo che lui ha finito di mangiare. È seduto sul
letto, la fronte corrugata per la concentrazione perché sta
cercando di ricordare di più.
“Come
era il pranzo?” chiede, e lui alza lo sguardo verso di lei.
Alcune ciocche di capelli sono fuoriuscite dall’elastico e le
incorniciano il volto, e lui non riesce a ricordare nulla che sia
altrettanto bello. Ma a dire il vero, non riesce a ricordare molte
cose. Però sa che è vero.
Scrolla le
spalle. “Okay.” Poi una di quelle vibrazioni
colpisce direttamente il suo cervello. “Dove sono i vestiti
che avevo quando sono stato portato qui?” chiede.
Lei reclina
un poco la testa di lato. “Nel secondo cassetto del
comodino.”
S’allunga
e apre il cassetto. Trova un pesante mantello, un paio di pantaloni e
una camicia. Tutto nero. Per qualche ragione estrae il mantello, lo
annusa. Ricorda ancora come lei profumava quella notte, quando
l’aveva salutata con un abbraccio. Come latte e miele.
Respira profondamente e percepisce anche un odore di bruciato.
Un altro
lampo rosso, ma va bene questa volta.
Poi la
guarda e le rivolge un timido sorriso. Trova la tasca segreta nel suo
mantello, quella che è stata incantata per poter contenere
praticamente ogni cosa, di qualsiasi dimensione. E quello che contiene
al momento ha un alto valore. La guarda ancora prima di mormorare la
parola d’ordine: Meissa. Il nome che
avevano deciso di voler dare alla loro prima figlia, era il nome di una
stella.
Ritorna a
rivolgersi al mantello prima di poter vedere gli occhi di lei
inumidirsi. Ma sa che si sono inumiditi.
La tasca
segreta si apre e lui ne estrae una piccola scatola. Sorride al ricordo
della ricerca e della scelta del suo contenuto. Tiene la scatolina tra
le sue mani e la apre, attento a far sì che Hermione non
possa vedere cosa sia. Quando vede l’anello, che ha fatto
fare apposta per lei, il suo cuore si stringe e il dolore è
tale che deve combattere le lacrime. È irritato che non
riesca a ricordare tutto, gli sembra quasi che stia male per un
fantasma, non per qualcosa di tangibile, non per la ragazza seduta
nella stanza con lui.
“Cos’è?”
chiede e lui non riesce a trattenere un sorriso. È curiosa,
così come lo è sempre stata.
“Niente,”
risponde, anche se sa che lei non gli crederà.
Lei si alza
e si dirige verso di lui, prontamente lui rimette la scatola nel
mantello. “Se è qualcosa della notte che sei stato
colpito, potrebbe essere utile per determinare quello che ti hanno
fatto,” dice, un po’ irritata, un po’
curiosa, un po’ spezzata.
“Non
lo è, te lo assicuro. È quasi completamente
scorrelato da quella notte.” S’acciglia.
“Credo.”
“Magari
dovresti lasciare che siano i Guaritori a deciderlo,” dice e
allunga una mano. C’è un altro flash e rivede la
notte che le ha detto che l’amava. Erano a un ballo e lei
indossava un abito blu scuro. A lui solitamente non piaceva ballare, ma
quando lei aveva steso una mano, implorandolo con i suoi occhi
scintillanti, aveva accettato. E mentre danzavano era stato colpito in
pieno da quello che lei significava per lui e glielo aveva detto di
botto, lì. Lei aveva riso e s’era rigirata tra le
sua braccia, aspettando che la canzone finisse prima di dirgli che lo
amava anche lei.
“No,”
dice, scacciando il macigno che s’è formato nella
sua mente con il ricordo. “Non è utile.”
Lei sospira
e torna al tavolo. “Come va? Da stamattina, intendo. Sembra
che stai facendo dei progressi,” dice, cercando di suonare
clinica e distaccata, e se lui non l’avesse conosciuta meglio
avrebbe potuto ingannarlo, ma lui la conosce, così non viene
ingannato.
“E’
la terza volta, oggi, che me lo si chiede. Sto bene. A parte per il
fatto che non riesco a ricordare molto, mentre so che non dovrebbe
essere così, e che non riesco a vedere bene, e che tu sei
maledettamente – diversa.”
È
ferita di nuovo, lo sa con certezza. Proprio allora la porta si apre e
Harry – questo il suo nome – entra.
Parla sottovoce con Hermione, che all’inizio sembra
controbattere, poi annuisce riluttante e, con un’occhiata a
Draco, lascia la stanza.
“Allora,
Draco, vorrei che mi dessi una lista completa delle cose che ti
ricordi.”
Guarda
intensamente l’altro uomo. “E’ difficile
da spiegare”, dice, dopo aver deciso che il suo desiderio di
sapere cosa ci sia che non vada in lui, e di sistemarlo, è
più forte del suo desiderio di essere se stesso e di dire a
Potter di andare a farsi fottere. Sorride all’idea,
però.
“Ho
avuto solo pochi lampi di memoria. Il resto – mi è
tornato in mente. Quello che non c’era prima, adesso
c’è, improvvisamente. E per la maggior parte sono
solo impressioni, o idee. Ricordo cose, senza sapere i come e i
perché dietro di esse.”
Potter inala
profondamente. “Come Hermione.”
Draco lo
squadra, poi annuisce.
“Che
cosa sai esattamente di
lei?”
“Perché
dovrei condividerlo con te? Sono sicuro siano cose tra me e
lei.”
“Sto
cercando di aiutarti. Più mi dici, più materiale
ho per cercare di capire cosa ti sia successo.”
“Mi
sfugge il perché conoscere specifiche memorie mie possa
aiutarti, a parte che per soddisfare la tua
curiosità.”
Harry
sorride e sogghigna. “Non posso credere di stare per dirlo,
ma mi è mancato il tuo atteggiamento polemico. Fin da quando
sei stato portato qui sei stato cooperativo, e piacevole –
non proprio te stesso. Ed è bello vederti di nuovo fare il
difficile.”
Draco lo
guarda torvo. “Torna all’argomento,
Potter.”
Harry
annuisce. “Suppongo tu abbia ragione. Non ho bisogno di
sapere esattamente cosa ricordi.”
“Io
so che io – io l’amavo. Tutti qui, per il momento.
Il resto sono solo annebbiati dettagli, o a dire il vero, mancanza di
dettagli. Annacquate impressioni di lei, e di noi.”
Harry
scribacchia qualcosa sulla sua cartelletta.
“Non
voglio che lei sappia questo,” dice Draco, una nota di
avvertimento.
“Va
bene. Non glielo dirò.”
“Davvero?”
“Davvero.”
Draco fa un
cenno con la testa. “Bene. C’è
altro?”
“Niente.
A meno che non ci sia qualcosa che vuoi dirmi.”
“Nulla.
Solo – credo mi abbia lasciato alle spalle,” dice,
sperando in una conferma delle sue paure, sperando per un diniego,
contemporaneamente. A questo punto non sa veramente quello che vuole.
Harry evita
di guardarlo. “Questo è qualcosa tra te e lei,
credo.” Si alza. “Adesso hai il resto del
pomeriggio per te. Hermione ritornerà più tardi
per salutarti. È il suo ultimo giorno qui, oggi.”
Un dolore
acuto, sordo, nella sua testa, ed è costretto a capire
quello che Harry gli sta dicendo esattamente. È andata oltre
veramente. L’ha lasciato indietro. Annuisce verso Harry, che
chiude la porta dietro di sé. Suona così
definitivo. Lui è rimasto intrappolato in una stanza di
ospedale, mentre la vita è andata avanti per quasi tre anni.
Quasi senza accorgersi che lui non era rimasto al passo.
ooo
Lei torna
alla fine del suo turno, appena prima che Ron passi a prenderla per la
loro cena. Esita, perché ha paura di quello che lui ricorda
dall’ultima volta che l’ha visto, ed ha anche paura
che magari abbia dimenticato tutto.
È
seduto alla sedia, a guardare fuori dalla finestra, quando sente la
porta aprirsi. Si volta e rifiuta di mostrare una qualsiasi emozione
quando incontra il suo sguardo.
Lei si
avvicina al suo letto, ma non si siede, sebbene sia l’unico
posto dove potrebbe farlo. Si sta contorcendo le mani e Draco vede la
preoccupazione nei suoi occhi. Strano, pensa.
“Volevo
dirti… E’ il mio ultimo giorno, oggi. Harry
prenderà in mano il tuo caso.”
Lui si
limita a guardarla e lei è innervosita dalla chiarezza che
vede nei suoi occhi. È come se la stesse leggendo, come quel
libro che è aperto a pagina centoquarantasette sul tavolo.
Draco si
alza e cammina verso di lei, che sembra farsi piccola, e questo gli fa
male, perché non ne capisce il motivo. Si ferma con la
fronte aggrottata.
“Che
c’è? Non hai paura di me, vero?” chiede.
“Cosa?
No, oh no. Non è – non è nulla. Mi
dispiace,” dice, frettolosamente.
“Harry
mi aveva detto che era il tuo ultimo giorno. Non c’era
bisogno che me lo dicessi anche tu. Quindi, perché sei
qui?”
Si guarda i
piedi e sposta il peso da una parte all’altra.
“Volevo vedere se c’erano stati dei
progressi,” dice, lanciandogli occhiate furtive.
“E?”
la incalza, perché la conosce, e sa che lei
è lì per qualcos’altro.
“E”,
dice, di corsa. “Se la mia paura più profonda si
realizzasse domani mattina e tu non ricordassi oggi, allora ho bisogno
di dirti, di dire a te, di me. La persona
che è stata in questa stanza negli ultimi tre anni non sei
stato tu. E io credo che
oggi tu sia veramente te stesso. Così, mentre tu sei tu, io
ho bisogno di parlarti.”
Lui annuisce
e incrocia le braccia.
“Stavo
lavorando il giorno che ti hanno portato qui. Ti ricordi che ero una
Guaritrice?” Lui scuote la testa. “Oh. Beh, lo ero.
E stavo lavorando quel giorno. Sei stato in coma per due mesi, poi ti
sei svegliato e non puoi nemmeno immaginare quanto felice fossi. Ma non
ti ricordavi di me. Non ricordavi praticamente nulla di nessuno. Ed
è stata dura. Ho dedicato tutto il mio tempo a cercare di
capire cosa ti era successo, cosa c’era che non andava in te.
Io -”
Alza una
mano per fermarla, poi prosegue lui a parlare. “Passavi tutto
il tuo tempo qui, da mattina a sera. A volte dormivi anche qui. Hai
studiato le mie condizioni, hai provato a capire chi mi avesse fatto
questo. Ti sei buttata via e poi, dopo un tre mesi, hai avuto un
esaurimento. I tuoi amici ti hanno detto di prenderti una pausa, in
effetti probabilmente ti avranno detto di lasciare che fosse un altro
Guaritore ad occuparsi del mio caso. Hai accettato la pausa, ma poi sei
ritornata determinata quanto prima.”
“Solo
che questa volta sei stata un po’ più discreta e
un po’ più cauta. Ci sono voluti quasi nove mesi
prima del secondo esaurimento. Questa volta perché non stavi
mangiando, né dormendo. Eri concentrata unicamente sul
guarire me, e questo ti ha quasi ucciso, un paio di volte. I tuoi amici
ti hanno convinto a prendere una lunga pausa e ti sei resa conto che
avevano ragione, non potevi continuare a lavorare a quel ritmo.
Così hai accettato. E poi, quando sei tornata, ti sei data
una regolata e ti sei sforzata di lavorare le tue ore, di mangiare, di
dormire. Lentamente sei caduta in questa routine e lentamente sei
andata oltre. Ero solamente un altro paziente.”
“No,”
lo interrompe. “Non sei mai stato solo un altro
paziente.” Sta così male, perché ha
completamente ragione su tutto il resto. La conosce così bene, dentro e fuori. E
vedere lui, veramente lui, è
magnifico e orribile allo stesso tempo. Perché potrebbe
essersene andato, domani.
“Hermione,”
dice, guardandola negli occhi, avvicinandosi a pochi centimetri da lei.
“Voglio che tu sappia sempre che ti ho amato.” Non
riesce a portarsi a dire che l’ama ancora; è
naturale che l’ami ancora. Inoltre, lei dovrebbe saperlo.
“Più di ogni altra cosa. Non dubitare mai di
questo.”
Lei ha, di
nuovo, le lacrime negli occhi, e le lascia cadere. Sembra che stia
piangendo molto, oggi. Per abitudine, lui allunga una mano e le asciuga
via. Lei abbassa lo sguardo. “Ti ho amato anch’io,
Draco. Allo stesso modo.”
Vuole
baciarla. Vuole farlo più di qualsiasi altra cosa abbia
voluto da lungo tempo. Più del cibo, più
dell’acqua, più del respiro. Ma non lo fa, lei
è andata oltre. Un bacio non
cambierebbe quello che è accaduto in quei tre anni.
Poi,
così come era abituata a fare, gli cinge le braccia al collo
e affonda il volto nel suo petto, piangendo. Lui si sente dilaniato.
Vorrebbe confortarla, portarle vie quel dolore, ma anche lui sta male.
Anche lui ha bisogno di essere confortato. Con esitazione la stringe
tra le sue braccia e così la sorregge. La sua testa sa di
non ricordare il passato, ma il suo corpo sa di non averla tenuta
così da quasi tre anni e l’istinto prende il
sopravvento. La porta più vicina – molto vicina
– e una mano è nei suoi capelli, ed è
immerso nella sensazione di lei, nel suo profumo – ancora
latte e miele – nel peso leggero di lei, avvolta intorno a
lui.
Poi la porta
si apre.
“Hermione,
stai – ehi! Che sta succedendo?”
Draco sente
Hermione venirgli strappata via e si volta con sguardo truce sul
colpevole. Weasley. Lei non lo sta guardando, piange con le mani sugli
occhi. Ron la abbraccia e ricambia l’occhiataccia a Draco.
“Cosa
stai facendo, Malfoy?”
Non
risponde, non riconosce la presenza della testa rossa. Sta guardando
Hermione, che finalmente, da dietro Ron, alza gli occhi bagnati verso
di lui.
Alza un
sopracciglio, e sa che lei ha capito la sua domanda silenziosa,
“Lui?”, e una nuova ondata di lacrime la sommerge e
lei sposta lo sguardo, verso il muro.
“Esci
dalla mia stanza, Weasley,” sputa e torna alla finestra.
Non vede gli
occhi di Ron spalancarsi, non lo vede alternare la sua attenzione tra
lui e Hermione, non vede i suoi occhi fissarsi sulla sua nuca. Questo
lo sente, però, e lo ignora. Improvvisamente le macchine e
le persone che stanno camminando nella strada sottostante sono le cose
più interessanti che Draco abbia mai visto.
Li sente
andarsene e la stanza si riempie di silenzio. Non crede che il suo cuore
possa sopportare qualcosa ancora. Weasley. Lei è con Weasley. È quasi
come un tradimento, anche se parte di lui comprende perché
lei abbia voluto andare oltre. Ma con lui? Questo è
il punto. Weasley non è degno di lei, non lo è
mai stato, non lo sarà mai. Lui l’ha sempre
saputo, ha sempre pensato che lo sapesse anche lei.
Va a sedersi
sul letto ed estrae nuovamente l’anello. Lo fissa, guarda la
luce riflettersi sulla gemma – tutti i diversi colori della
luce –
E
c’è un lampo verde – verde, questa
volta. Poi, come onde di marea, immagini si abbattono sulla sua mente.
Immagini di dolore, di morte, di urla, di tortura, di orrende maschere
e vesti nere e risa crudeli e –
Si sdraia
sul letto e tre ore dopo Harry lo trova in posizione fetale, gli occhi
in fuori, sbarrati, ciechi, vitrei. La sua mano sinistra è
quasi bianca per la forza con cui da ore sta stringendo un oggetto.
Prova a scuoterlo per svegliarlo, ma nulla sembra raggiungerlo.
Harry
cammina avanti e indietro per la stanza, cercando di decidere cosa
fare. Cosa fare! Non sa nemmeno cosa
è successo, ancor meno da dove iniziare. Torna da Draco e
cerca di togliergli l’oggetto dalla mano. È
inutile, è quasi come se Draco fosse morto e le sue membra
si fossero irrigidite. Ma sta respirando, Harry può vederlo
per quanto il respiro sia debole.
Proprio in
quel momento la porta si apre e Harry alza lo sguardo. Ron e Hermione
entrano, lei con guance striate di lacrime (lacrime recenti,
stabilisce) e lui con una smorfia irata sul volto. Con
un’occhiata Hermione s’accorge che Draco non sta
bene e corre al suo fianco.
“Harry,
cosa è successo?” chiede.
“Non
lo so. Sono entrato per controllare come andava e l’ho
trovato così. Non ho idea da quanto sia in questo
stato.”
“I
suoi occhi”, la sua voce è spezzata.
“Hermione,
va’ a casa. Non c’è niente che puoi
fare. Non credo ci sia nulla che si possa fare per lui. Dobbiamo solo
aspettare e vedere.”
“Già,
Hermione,” interviene Ron, il viso deformato in una nuova
smorfia. “Sai che sarà ritornato al suo solito
domani. Non c’è motivo di rimanere. Harry si
prenderà cura di lui d’ora in avanti.”
Harry
rivolga un’occhiataccia a Ron, ma nessuno lo nota.
“Vuoi
veramente passare il resto della tua vita ad aspettarlo? Ad aspettare
che si svegli e che magari ti ricordi per un giorno? Io sono qui, Hermione. Sono
sempre stato qui. Ad aspettare te. Devi deciderti. Me
o lui. Me, qualcuno che ti ama, che ti amerà sempre, che ti
tratterà meglio di quanto lui non abbia mai fatto, come
meriti. Qualcuno con puoi ridere e con cui puoi ricordare. O
lui,” dice, la malizia nella sua voce. “Che
può solo farti male, Hermione. Che vuoi?” pretende
di sapere, le braccia incrociate, un cipiglio fiero sul suo volto.
Lei sta
piangendo di nuovo e guarda Harry, che tenta di dirle che è
una decisione che spetta a lei, che lei ha bisogno di decidere cosa
vuole fare con Draco, ma che magari Ron non è la persona
migliore che possa aiutarla nel processo. Solo, lei non può
vedere tutto questo in una singola occhiata, così si volta
verso Ron, poi verso Draco, con occhi ancora umidi e sfocati, e di
nuovo verso Ron. Poi fugge dalla stanza e Ron corre dietro lei,
lasciando Harry da solo con Draco.
Harry cerca
una volta ancora di carpire l’oggetto dalla presa di Draco,
ma non ha fortuna. Decide di sedersi e aspettare.
Dopo
un’ora Harry osserva Draco e vede che i suoi occhi sono
chiusi. Si avvicina al letto per esaminarlo e nota che il suo respiro
è più regolare. Fa per andarsene, ma viene
fermato.
“Potter,”
dice Draco, con voce pesante. Come se fosse stato drogato.
Harry si
gira, Draco lo sta guardando, ancora raggomitolato sul letto.
“Che
c’è?” chiede, sollevato che almeno Draco
si ricordi ancora di lui.
Draco guarda
Harry finché questi non torna alla sedia e la porta vicino
al letto.
“Che
tipo di – persona – sono? Ero?”
Harry si
acciglia. “Cosa vuoi dire?”
“Voglio
dire – sono stato sommerso da immagini che mi hanno
attraversato la mente. Ho fatto male a delle persone. Ho – ucciso delle
persone.” Come può essere anche solo mai piaciuto
a una ragazza come Hermione?
Harry guarda
Draco con gentilezza. “Beh, Draco, un tempo eri un
Mangiamorte. Ti ricorda cosa vuol dire?” Draco fa un cenno di
diniego. “Ah, un Mangiamorte era un seguace di Voldemort, un
mago molto malvagio.”
“Ricordo
quel nome,” dice Draco, rafforzando la presa intorno
all’oggetto.
Harry
annuisce. “Tu – tu hai fatto del male e ucciso
persone. Ma sei cambiato. Ti sei unito a noi, hai combattuto con noi e
hai tradito Voldemort. Sei stato fondamentale nel liberare il mondo
dalla sua crudele tirannia.”
Draco
assorbe l’informazione. “Così ero
cattivo, poi buono.” Harry annuisce. “E’
stato a causa sua, di lei?”
“No.
È stato perché ti sei reso conto di quello che
Voldemort voleva veramente, di quello che fosse il suo scopo ultimo e
tu non volevi che accadesse. Così sei venuto da noi
– da me, in effetti – e ti sei offerto come spia-
Come ho detto, sei stato molto utile. Senza di te innumerevoli vite
sarebbero state perdute perché ci sarebbe voluto molto
più tempo per sconfiggerlo.”
Draco
annuisce, poi attenua la stretta sulla scatola. Lentamente si mette a
sedere. “Tutto quello che riesco a vedere sono brutte
immagini. Quello di orribile che ho fatto io.”
“Non
posso nemmeno iniziare a immaginare come sia.”
“Mi
hanno colpito, come un Bolide impazzito.”
Harry
sorride. “Cosa hai in mano?”
Draco lo
osserva con occhi acuti per un momento, poi gli lancia la scatola.
“Ricordo che eravamo amici,” dice.
Harry
afferra la scatola, annuisce, poi la apre. C’è un
anello, un anello d’argento, con un granato rosso scuro
incastonato tra due piccole perle. Non è grande, non
è piccolo; è perfetto per la strega per cui
è stato fatto.
“Wow,
Malfoy. Non ne avevo idea.”
Draco
scrolla le spalle e fa segno a Harry di ridargli la scatola. Una volta
che è nelle sue mani la guarda ancora. “Era stato
fatto a misura per lei. Ha un mucchio di incantesimi speciali. La banda
è stata fatta su un modello unico, apposta per questo
anello. Il mio nome, con tutto quello che porta con sé, era
stato messo in
questo anello. Questo può fare la magia, infondere
l’essenza in un oggetto. Stavo per propormi il giorno dopo
che sono stato attaccato. San Valentino.”
Guarda
Harry. “Lo so quello che stai pensando. Non è da
me e oh, così clichè. Ma in verità
quel giorno è stata una scelta casuale. Come quando mi sono
reso conto che l’amavo e glielo ho detto lì al
momento, mi sono reso conto che volevo sposarla e ho fatto
l’ordine per l’anello in meno di un’ora.
Il vecchio mi aveva mandato un gufo per dirmi che era pronto e io sono
andato a ritirarlo, quella notte.” Guarda di nuovo
l’anello, sospira, e lo posa nel comodino.
“Malfoy,
non sapevamo che stavi per chiederle di sposarti.”
Draco
sogghigna. “Non è quella l’idea? Una
sorpresa?”
“Beh,
sì, ma – neanche lei ne aveva idea.”
Draco alza
le spalle. “Sono stato spontaneo poche volte nella mia vita.
Per quello che posso ricordare.” Una risata, soffocata.
“Ma sono abbastanza sicuro che questa fosse una di quelle
volte. Non le avevo detto nulla. Non ne avevo parlato –
niente. Volevo che fosse una completa sorpresa.”
Harry lo
guarda con occhi tristi.
“Va
bene, Harry. La vita non è giusta. Credimi, lo
so.”
“Quindi,
ricordi?”
“No.
Solo sempre più di lei, e ora – tutto questo.”
Strofina il suo braccio sinistro. “Posso quasi vederlo, che tenta di
bruciarmi la pelle,” dice. “Ho paura, Harry. E se
– e se non ricordassi? Domani. Potrei svegliarmi e non
ricordare più nulla.”
Harry si
alza. “Lo so. Tutti noi siamo preoccupati per
questo.”
“Noi?”
dice Draco e ride. “Noi. Giusto.”
“Cerca
solo di riposare. Okay? Verrò a trovarti subito domani
mattina.”
Draco
annuisce e un’ondata di stanchezza lo colpisce. Harry se ne
va. Draco striscia sotto le coperte e rabbrividisce, non
perché ha freddo, ma perché ha paura di
addormentarsi; ha paura di risvegliarsi.
ooo
Vive lo
stesso sogno che ha vissuto ogni altra notte.
Sorride
mentre esce dalla gioielleria, l’anello riposto al sicuro nel
suo mantello. Quattro passi dopo aver svoltato a sinistra è
circondato. Cinque persone in tutto, i cappucci neri sollevati e le
bacchette spianate, puntate al suo cuore.
Si ferma, il
sorriso prima congelato, poi svanito.
Conosce
queste persone. Le ha condannate a morte, ma queste sono sopravvissute.
Invano cerca di prendere la sua bacchetta.
Con una
risata stridula la persona più vicina – una strega
– sua Zia – lo disarma.
“Stupido
nipotino,” dice, tirando indietro il cappuccio. Gli altri
fanno lo stesso. Tre non li conosce, il quinto è Rabastan,
il cognato di Bella.
“Credevi
veramente che non saremmo venuti a cercarti? Che non ti avremmo trovato? Che saresti stato
al sicuro? Ci hai traditi. Ho
perso tutta la mia famiglia – la tua famiglia
– a causa tua.” Gira intorno a lui, fermo a testa
alta.
Quando torna
a guardarlo in volto sogghigna, poi conficca la bacchetta nella sua
gola. “Ti abbiamo trovato, Draco. E adesso ci divertiremo con te, prima di
ucciderti.” Ride ancora, così come Rabastan.
Gli lanciano
contro maledizioni, lo colpiscono, ma curano i segni esterni
dell’attacco. Infine, nonostante un mal di testa lancinante,
Draco cerca di Smaterializzarsi. Appena prima di riuscirci Bellatrix e
Rabastan lo colpiscono con due maledizioni, contemporaneamente,
entrambe Rosse. C’è un lampo Rosso.
Si sveglia
con un sussulto e si mette seduto sul letto. Si guarda intorno e nota
che tutto è colorato, e lo trova strano. Poi si rende conto
che è bizzarro notare la presenza del colore e capisce che
è nuovo per lui sapere che c’è qualcosa
di diverso dal giorno prima.
Il giorno prima.
Si allunga
verso il comodino e apre il cassetto. Cerca nell’angolo
sinistro e afferra la piccola scatola nera. La tira fuori, la apre e
vede l’anello.
E questa
mattina ricorda tutto. Non gli ultimi tre anni passati in ospedale, ma
quello che è successo prima. Tutto.
Perché
ha lasciato il Signore Oscuro. Come Hermione ha catturato per la prima
volta il suo interesse. Quando lo ha baciato la prima volta per farlo
stare zitto e come erano andati
avanti a baciarsi un dieci minuti buoni prima di rendersi conto cosa
fosse successo.
Il loro
primo appuntamento, quello che indossava; la prima volta che si sono
tenuti per mano. Tutto.
Harry. Ron.
Ginny. L’Ordine. I suoi genitori. La medaglia al merito
ricevuta dal Ministro – una medaglia che ha dato a Hermione.
La notte che
le ha dato un bacio di buonanotte ed è andato a ritirare un
anello. E tutto quello che è accaduto nel mezzo.
La
comprensione lo fa quasi stare male fisicamente. Era tutto –
lì – e sa che non sempre è stato
così, così accessibile.
Poi, guidato
da un sussurro nella sua mente, guarda alla cornice accanto al suo
letto. È Grattastinchi, ma quello che è strano
è che la cornice è azzurra, non Rossa. Si alza e
si avvicina alla pila di libri. Storia di Hogwarts è
marrone. Corruga la fronte.
La porta si
apre e Harry entra. “Buon giorno, Signor Malfoy. Come
-”
“Di
che colore era vestita ieri Hermione?” lo interrompe Draco
con impazienza.
Harry
s’acciglia. “Rosso.”
“Sei
sicuro. Era Rosso.”
“Sì.
Un vestito Rosso. Draco -”
“Che
colore è questo libro” chiede, tenendo in mano il
vecchio volume, Rosso solo fino a poche ore prima.
“Marrone.”
Draco
attraversa la stanza fino al comodino. “Questa
cornice?”
“Azzurra.
Draco, perché queste domande?”
Draco fissa
Harry. “Ieri erano Rosse.”
“Ieri.”
Annuisce.
“Ti
ricordi di ieri?”
Annuisce
ancora.
“Allora
di certo ti ricorderai che è una grande novità
per te ricordare ieri.”
E allora
Draco si lascia cadere sul letto, lo sguardo fisso sul muro di fronte a
sé. “Sì,” conferma.. Poi si
prende la testa tra le mani. “E’ tutto vero, eh?
Sono passati quasi tre anni.”
Harry
annuisce e Draco si stringe tra sé. Hermione è
veramente con Ron. Non è stato solo un terribile incubo.
Tutto quello –
“Vorrei
farti alcune domande, Draco.”
Fa un cenno
di assenso.
“A
chi ho dato metà della bacchetta di Voldemort?”
“A
Remus.”
Harry
conferma. “E che cosa mi ha detto Molly quando sono tornato
dalla battaglia?”
“Ha
detto Harry
Potter, mettiti un maglione o ti prenderai un raffreddore. Ma stava ridendo e
ti stava abbracciando e stava piangendo, tutto insieme.”
“Che
cosa aveva programmato Ron per Luna per il giorno di San Valentino che
hai, uhm, saltato?”
La testa di
Draco scatta per incontrare lo sguardo di Harry. È veramente
arrabbiato. “Perché mi chiederesti questo?“
“Perché
sei una delle sole tre persone a conoscere la risposta.”
Lo sguardo
di Draco verso Harry è assassino. “Voleva portarla
al parco per farle fare un giro su una carrozza trainata da cavalli.
Cosa che, suppongo, non è mai avvenuta.”
“Uhm,
no. Eravamo tutti qui quel giorno.”
Draco
sospira e si passa una mano tra i capelli. C’è un
dolore costante, sordo, che gli attanaglia il cuore e le interiora.
Harry gli
sorride con calore. “Tieni, la tua bacchetta” dice,
porgendola a Draco. La prende e un poco di quel dolore e di quel
disagio scompare.
“Adesso
ti chiederò di fare alcuni incantesimi.” Draco
sbuffa. “Giusto per essere sicuro. Ti prego di
sopportarmi.”
“Levitazione…
Appello… Disillusione…
Patronus…”
Draco li
esegue uno dopo l’altro, con facilità.
È annoiato.
“Bene,”
conclude Harry. “Credo tu sia pronto, puoi raccogliere le tue
cose e seguirmi nel mio ufficio.”
Draco sbatte
le palpebre. “Vuoi che lasci questa stanza?”
“Sì.
Sto per dimetterti.”
Sta andando
a casa. Cede al panico. Casa. Non
c’è bisogno di fare domande per chiedere in che
stato sia la sua casa. No, aspetta. Lui sa tutto di come sta messa la
sua casa. È la
sua abitazione di cui non sa nulla. No, casa se
n’è andata.* Così, Draco ubbidisce e
raccoglie i suoi averi. Non ha molto, solo l’anello e i
vestiti che indossava e che indossa, per uscire.
Una volta
nell’ufficio di Harry, si rilassa. Ma Harry nota che il suo
colorito è verdognolo.
“Draco?
Stai bene?” gli chiede, porgendogli un bicchiere
d’acqua.
“Sì.
È solo – è accaduto anche ieri. La mia
testa, il mio cervello, sa che non posso ricordare gli ultimi anni. Ma
c’è una parte di me, sprofondata in me, che sa che
sono stato in quella stanza per tanto tempo. E quella parte inizia a
cedere al panico. Ma starò bene, ne sono sicuro. Una volta
che mi abituo a questo -” Si ferma, perché non sa
come chiamarlo. Una nuova vita? Un nuovo stato delle cose? Un nuovo
mondo? Non ne è sicuro.
Harry
aggrotta la fronte. “Magari dovresti parlare con
qualcuno.”
“A
chi? A un Guaritore per la testa? No, grazie, Potter. Posso farcela da
solo.”
Harry gli
rivolge un sorriso saputo. “Sapevo che avresti detto qualcosa
del genere.” Poi si mette a sistemare alcuni fogli sul suo
tavolo. “Questi sono i fogli per il tuo rilascio. Io
– gli ho preparati la scorsa notte, giusto in caso. Firma
dovunque vedi una ‘X’. T’ho ridato la
bacchetta e hai preso le tue cose. Le tue proprietà e le
rendite finanziarie sono state curate tutte da Hermione. Ti saranno
ridate subito, con effetto immediato.”
Draco rimane
interdetto. “Hermione?”
Lo sguardo
di Harry è preoccupato. “Sì. Ti
– ti ricordi di lei, vero?”
“Sì,
certo,” risponde. “Ma perché
lei?”
Harry
scrolla le spalle. “Voleva farlo e ha chiesto i permessi al
Ministero. Si sono detti d’accordo, a patto di ricevere un
piccolo ammontare degli interessi.”
L’espressione
di Draco è sarcastica. “Giusto.
Piccolo.”
“Sono
sicuro che sarà felice di farti un rapporto sullo stato
della tua compagnia.” I loro sguardi si incrociano ed
è Harry ad allontanare per primo gli occhi.
“Ne
sono sicuro”, dice Draco, anche se non è molta la
voglia di ricevere un rapporto dei suoi affari da Hermione-
“C’e
nient’altro di cui hai bisogno?” Gli chiede infine
Harry, una volta firmati tutti i fogli.
“No,”
replica Draco, a disagio. Tuttavia c’è qualcosa di
cui avrebbe bisogno. Di avere indietro la sua vita, tanto per
cominciare. “Ho fatto un sogno la scorsa notte, solo che non
credo fosse un semplice sogno. Riguardava la notte in cui tutto questo
è successo.”
Harry si
mette sull’attenti. “Oh? Cosa hai visto?”
“Tutto. Esattamente come lo ricordo.”
“Chi-
chi è stato?”
Draco si
lascia andare a un sorriso amaro. “Zia Bella. E altri quattro
Mangiamorte. Dicevano che era solo questione di tempo prima che mi
trovassero e mi ripagassero per averli traditi. Anche Rabastan era con
lei, entrambi mi hanno colpito con differenti maledizioni mentre
tentavo di Smaterializzarmi. E la cosa che ricordo dopo questo
è svegliarmi ieri mattina e vedere tutto in bianco e
nero.”
“Sei
arrivato qui.”
“Era
quello il mio obiettivo. Sapevo di essere ferito, gravemente. Volevano
che mi pentissi veramente di quello che avevo fatto. Prima di
uccidermi, ovviamente.”
“Ovviamente,”
gli fa eco Harry, con una smorfia. “Bellatrix
è l’unica Mangiamorte ancora alla macchia. Gli
altri quattro, Rabastan incluso, sono stati presi.” Si ferma
e guarda Draco. “Malfoy, mi – mi dispiace per
quello che è successo.”
Sospira.
“Anche a me.”
C’è
un momento di silenzio, poi Harry chiede, “Che farai
d’ora in poi?”
“Cercherò
di rimettere la mia vita in ordine. Poi darò la caccia a zia
Bella. Se gli altri fossero ancora liberi, darei la caccia pure a loro.
Ma c’è solo Bella, e che Bella sia. Non sono
sicuro di quello che farò una volta che
l’avrò trovata. Sia chiaro, Harry, la
troverò.”
“Se
c’è qualcuno che può, Malfoy, quello
sei tu. Voglio che ritorni tra qualche settimana per un controllo.
Niente di che, solo per essere sicuri che tu stia bene,” dice
Harry. “E se succede qualcosa prima, vieni qui
subito.”
Draco
mormora il suo assenso e Harry scrive una data su un fogliettino.
“Malfoy,
è – è bello riaverti con
noi.”
E’
chiaro che Harry non lo stia dicendo per circostanza e Draco cerca con
tutte le sue forze di sorridere, ma non riesce a metterci il cuore.
È un misto tra un sorriso, una smorfia e un groviglio di
dolore. Ma Harry lo comprende e annuisce.
“E
Draco, se hai bisogno di qualcosa non esitare. Non sei un estraneo.
Vieni a vedere James.”
Draco esita,
poi annuisce e si alza, pronto per lasciare l’ospedale.
“Va bene. Mandami un gufo.”
“E
non inviterò Hermione e Ron.”
Draco si
irrigidisce e un’ondata di rabbia lo travolge.
“Sarebbe saggio, suppongo, se vuoi che venga a fare una
visita. Saluta Ginny da parte mia, okay?”
“Sicuro.”
“Grazie,
Harry, per tutto quello che hai fatto per me. E – e se vedi
Hermione, per piacere estendi i miei ringraziamenti anche a
lei,” dice, una espressione triste sul volto.
Harry
annuisce, poi dice, “Non essere così depresso,
Malfoy. Casa tua è lì dove l’hai
lasciata.”
Draco si
ferma con la sua mano sulla maniglia e replica, a bassa voce.
“La mia abitazione è
rimasta dove l’ho lasciata. Non casa mia.” Poi
abbassa la maniglia e lascia la stanza.
ooo
Un’ora
più tardi Hermione arriva al San Mungo. Si dirige verso la
stanza di Draco e quando ci arriva spalanca la porta. Solo per trovare
qualcuno che sta pulendo la stanza, cambiando il letto, e scuotendo i
cuscini.
“Cosa
sta facendo?” chiede, una nota di panico che si fa largo
nella sua voce.
“Pulendo
la stanza,” risponde la donna.
“Ma,
perché?”
“Il
paziente se n’è andato.”
Il panico si
moltiplica, per due, per tre, per dieci. L’ultima volta che
ha visto Draco era in uno stato catatonico, raggomitolato su se stesso.
Di certo non può essere – morto; non
può essere. La vita non le farebbe questo, giusto?
“Cosa
è successo?” chiede, freneticamente.
La donna
alza le spalle. “Deve chiedere al Guaritore. Io mi limito a
pulire le stanze.”
Hermione
corre fuori dalla stanza, corre nell’ufficio di Harry. Deve
bussare sei volte prima di sentire la sua voce invitarla ad entrare.
“Dov’è?”
chiede, mentre sta ancora entrando.
“Malfoy?”
Hermione gli
rivolge un’occhiataccia. “No. Il paziente nella
stanza 200. Certo che Malfoy!” Sta praticamente urlando.
“Sta bene?”
“Hermione,
ti prego, calmati. Sì, sta bene. Siediti, prendi una
caramella al limone**,” dice Harry, indicando una sedia
sistemata di fronte a lui e una coppa ripiena di dolcetti gialli.
Si siede, ma
non prende nessuna caramella.
“Dov’è?” chiede di nuovo,
stavolta calma, come se tutta la sua energia si fosse evaporata una
volta scoperto che stava bene.
“In
questo momento, sarà probabilmente arrivato a casa.
L’ho dimesso.”
Gli occhi le
fuoriescono dalle orbite. “Tu l’hai lasciato andare?“
“Sì.
S’è svegliato stamattina con tutti i suoi ricordi
intatti. Tranne che per il tempo trascorso qui, naturalmente. Non
c’erano ragioni per trattenerlo. Gli ho fatto delle domande,
gli ho chiesto che eseguisse alcuni incantesimi minori, e poi
l’ho lasciato andare.”
Lei sembra
affondare ancora più nella sedia. “Non gli ho
nemmeno detto addio***.”
Harry la
guarda con occhi acuti. “Pensavo gli avessi detto addio
ieri.”
“L’ho
fatto, ma…” si ferma, non sapendo cosa dire
esattamente.
“Hermione.
Lo sai che ti voglio bene. E lo so che questi ultimi giorni sono stati
un terremoto. Ma devi dargli un po’ di tempo
perché si riabitui alla vita. Il suo intero mondo gli
è stato tolto da sotto i suoi piedi, l’ultima cosa
che ricorda è darti la buonanotte in una fredda notte
invernale e poi venire attaccato da dei Mangiamorte.”
Lei
sussulta. “Si ricorda quello che gli è
successo?”
Harry
annuisce. “Sì. Sua zia e pochi altri.”
“Oh,
povero Draco. Sta bene?”
“E’
forte. Si rimetterà. Come ho detto, ha bisogno di tempo,
Hermione. Specialmente per digerire le novità che
– che ti riguardano.”
“Che
riguardano me?” chiede, arrabbiata.
“Di
te e Ron.”
“Oh,
al diavolo! Io e Ron abbiamo avuto un’enorme litigata ieri
sera.”
“Su
di lui?”
“Certo.
Cosa si aspetta? Draco è stato di gran lunga la cosa
più importante nella mia vita, e ora sta bene.”
“Credo
che la domanda sia, qual è la cosa più importante
nella tua vita ora? Ron?
C’è qualcosa? Vuoi che sia Draco?”
Lei
balbetta, non pronta ad affrontare queste domande. “I-io non
lo so, Harry.”
“Credo
che tu abbia bisogno di decidere, Hermione.”
Fine
Prima Parte
Note
di traduzione
*) Nell’originale vengono usati i termini
“Home” e “House” la cui
traduzione italiana letterale è, per entrambi,
“Casa”. Tuttavia il primo porta con sé,
oltre al siginificato di abitazione, anche i concetti di famiglia, di
affetto e di intimità che sono assenti nel secondo. Non
esistendo in italiano una simile distinzione, ho scelto le traduzioni
“Home -> Casa” e “House ->
Abitazione” sperando si notasse la maggior freddezza del
secondo rispetto al primo.
**)Nel primo
capitolo di Harry
Potter e la pietra filosofale,
Silente offre alla professoressa McGranitt un ghiacciolo al
limone:
in realtà, sherbet lemon (o
lemon drop
nell’edizione americana) indica, oltre
al sorbetto, anche un tipo di caramelle al limone molto diffuso nel
Regno Unito.
***)
Nell’originale Hermione dice ad Harry che non
è riuscita a dare il suo “Goodbye” a
Draco. In questo contesto il significato di
“Goodbye” è un po’
più forte del nostro arrivederci e contemporaneamente un
po’ meno definitivo del nostro addio.
Ulteriore
nota.
La frase
iniziale originale è “Every
morning Draco Malfoy has the same dream” la cui
traduzione letterale sarebbe “Ogni mattina Draco
Malfoy fa lo stesso sogno”. Il
verbo fare,
però, in questo contesto non mi convinceva proprio. Come
avrete capito Draco non ha nessun controllo sul suo sogno/ricordo e
usare un verbo “attivo” come
“fare” che prevede, quindi, una qualche
compartecipazione di Draco, non mi piaceva.
Inizialmente avevo pensato di tradurre la frase come “Ogni
mattina Draco Malfoy ha lo stesso sogno”,
sfruttando la doppia traduzione dall’inglese di “to
have a dream” sia in “fare un sogno” che
“avere un sogno”, tuttavia nell’accezione
italiana la seconda forma ha un significato e un uso leggermente
diverso da quella inglese che avrebbe reso il testo poco scorrevole.
Nel bel mezzo dei miei dubbi mi è venuta in soccorso merryluna,
che ringrazio tantissimo, suggerendomi l’utilizzo del verbo
“vivere”, un ottimo compromesso tra il rispetto del
senso originale della frase e la non storpiatura
dell’italiano.
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Capitolo 2 *** Parte Seconda ***
RM II
Disclaimer:
HarryPotter&Co sono di proprietà della Rowling,
nessun diritto si ritiene leso.
Red
Memory - Seconda Parte
È
la notte prima
di San Valentino, tre anni da quando Draco ha avuto i suoi ricordi
strappati via. Non ha reagito bene a quello che gli è
successo;
per lo più è arrabbiato, un po’
rassegnato. Riceve
un gufo dal San Mungo che gli ricorda che la sua visita di controllo
è fissata per l’indomani.
Draco riesce
persino a
sorridere quando si rende conto che Harry gli ha fissato un
appuntamento per San Valentino. Probabilmente solo per esser certo che
non combini qualcosa di stupido, o se ne stia a letto tutto il giorno,
o si riduca il cervello in poltiglia a furia di bere. Quello che
farebbe un buon amico. Quando il suo sorriso si dissolve getta il
bicchiere di Firewhiskey nel camino.
La notte sta
calando e
decide di andare a trovare il vecchio che ha forgiato
l’anello.
L’anello che tiene riposto nella sua tasca segreta, al sicuro
dietro una parola d’ordine più che preziosa.
Aspetta fino
a dopo l’orario usuale di chiusura dei negozi, sperando di
evitare… la gente, nel suo complesso.
Quando pensa
che sia
giunto il momento Draco si copre per la passeggiata al freddo che sta
per intraprendere. Sono quasi le dieci e mezza e spera che magari,
semplicemente magari, il vecchio abbia ricevuto una commissione
all’ultimo minuto da parte di qualche altro tizio sfortunato
e
sia ricurvo sul suo tavolo da lavoro, a infondere magia. Sicuramente
gli chiederà se la signorina è rimasta
soddisfatta dal
suo lavoro e Draco si rende conto che teme dover dare la riposta a
questa domanda.
Con un
ultimo controllo
si assicura di avere tutto con sé – bacchetta,
anello,
mantello, cappello – e si Smaterializza.
Arriva a
Diagon Alley.
Cammina verso la gioielleria e scopre con sua sorpresa che ora, al suo
posto, c’è un café*. Il vecchio, pensa,
deve essere
morto. Fissa la vetrina, cercando di rimpiazzare le mensole con le
vetrinette, l’ambiente intimo con il polveroso laboratorio.
Riesce quasi a vedere il fantasma del vecchio, chino sul bancone, a
lavorare.
Draco era arrivato un po’ in anticipo, l’anello non
era ancora finito.
Si erano
seduti e avevano
chiacchierato un po’, mentre il vecchio portava a termine il
lavoro, e il vecchio gli aveva raccontato come avesse incontrato sua
moglie. La loro storia era un poco simile a quella di Draco ed
Hermione, sebbene senza lo stesso astio. Erano in Case rivali ad
Hogwarts e si erano cordialmente odiati fino al loro ultimo anno,
quando erano stati appaiati per un progetto di Pozioni. Le loro liti e
la loro animosità si erano presto tramutate in aperti flirt
e
sguardi rubati, e da lì non si erano più voltati
indietro. La strega in discussione era allora entrata nel laboratorio,
portando a Draco e al marito del tè, e s’era
fermata con
loro.
Aveva
raccontato a Draco
delle loro notorie lotte, che a volte erano risultate in muri crepati,
ritratti squarciati e sedie divelte. Solo per citare qualcosa,
ovviamente. Poi gli aveva chiesto della ragazza per cui era stato
intarsiato l’anello.
Draco aveva raccontato alla vecchia coppia la sua
storia e naturalmente sapevano chi era, lui e la sua famiglia, e la
loro vicinanza con tutto ciò che è Oscuro.
Sapevano anche
che era stato coinvolto nella sconfitta del Signore Oscuro.
Raccontò loro come lui e Hermione erano simili a loro due,
in
Case rivali, a punzecchiarsi di continuo, o per lo meno ogni volta che
lui ne aveva voglia. Si odiavano veramente l’un
l’altra e
il loro odio era persistito per tutta la scuola e oltre. Quando Draco
aveva deciso di unirsi all’Ordine avevano ripreso da dove si
erano lasciati, solo che ora le loro lotte erano ancor più
cattive e cruente.
Lei lo
odiava per essere
la causa, per come vedeva le cose, della morte di Silente e nulla le
avrebbe mai fatto cambiare idea. Almeno finché lui non aveva
fatto qualcosa di completamente insolito, almeno per come lei vedeva
lui. Qualcosa per lei.
Il suo
compleanno si
stava avvicinando, ma nessuno sembrava ricordarsene. La Guerra stava
impazzando e nessuno ne parlava. Si accorse che se ne stavano per
dimenticare completamente – solo lui sembrava ricordarsene.
Ma,
per qualche motivo non chiaro in lui, non voleva vederla ferita,
così come lo sarebbe stata dalla dimenticanza dei suoi
amici.
Dopo tutto quello che lei aveva fatto per loro – per
l’Ordine – dopo tutti i sacrifici che aveva fatto,
si
meritava almeno un giorno in cui sentirsi speciale.
Aveva
così
ricordato a Harry che al suo compleanno mancavano solo tre giorni.
Harry aveva assunto un color pomodoro e balbettando aveva ringraziato
Draco per averglielo ricordato. Poi l’aveva detto a Ron e al
resto dei Weasley, e Hermione s’era ritrovata con una festa a
sorpresa assolutamente enorme
quando era tornata da una missione con Ron. Draco pensava che avessero
un po’ esagerato, probabilmente sentendosi un po’
in colpa
per essersene quasi dimenticati. Lui, durante i festeggiamenti, era
rimasto nel retro, l’aveva vista aprire i primi regali e,
senza
aspettare che arrivasse al suo, se ne era andato.
Poi era
tornato ai suoi
compiti di spia, e la volta successiva che era tornato al quartiere
generale dell’Ordine tutti l’avevano guardato in
maniera
diversa, e la cosa l’aveva spaventato, all’inizio.
Aveva
creduto che sospettassero un suo tradimento, cosa che era assurda, ma
le persone si possono convincere di tante cose. Poi Hermione era stata
carina con lui e gli aveva passato il burro quando
gliel’aveva
chiesto, ed era bastato porgere la richiesta una volta sola. Con un
lampo di comprensione aveva capito che Harry e Ron dovevano averle
detto quello che aveva fatto, o perlomeno dovevano averla convinta che
lui non fosse quel bastardo freddo e insensibile che voleva far
credere.
Da
lì le cose
erano precipitate ed esplose e non molto tempo dopo erano insieme.
L’aveva sorpreso scoprire che il suo corpo tremava ogni volta
che
era vicino a lei. Aveva sempre pensato che avesse a che fare con
l’odio che si irradiava tra loro, ma dopo che
l’odio
s’era spento, i tremiti erano rimasti. Quando un giorno le
loro
mani s’erano sfiorate e lui s’era sentito
contorcere fino
alla punta dei capelli, aveva capito come stavano le cose. Per
convincere lei, ovviamente, c’era voluto molto più
tempo,
ma poi l’aveva baciato, apparentemente per zittirlo, e dopo
quello anche lei si era convinta.
Il vecchio
aveva finito
l’anello e Draco l’aveva pagato, un largo sorriso
sulle
labbra, sentendosi ancora più leggero che in precedenza.
L’aveva riposto nel suo mantello, assicurato la tasca magica
con
la preziosa parola d’ordine e aveva augurato la buona notte
alla
coppia.
Stare in
piedi fuori dal
negozio, sforzando la sua mente a ricordare ogni particolare, ogni
immagine fugace di quella notte gli fa dimenticare che è
Febbraio e che sta congelando. I ricordi si dissolvono, il
café
ritorna e Draco non sente quasi più il suo naso. Lo riscalda
strofinandolo con una mano guantata, poi si gira e cammina via.
È
una notte molto
fredda, e tranquilla, la tranquillità di una via ricoperta
di
neve, senza suoni se non quelli della neve che si compatta sotto il suo
peso, mentre cammina. Un passo alla sua sinistra e il suo cuore sta
martellando. Due passi, e le sue mani sudano e la presa sulla sua
bacchetta si fa ferrea. Tre passi, e fa fatica a respirare. Quattro, e
i suoi occhi dardeggiano a guardare tutto intorno a lui, e lui
è
quasi immobile per la paura.
Poi cinque
passi, e sente
i polmoni contrarsi e venir colpiti dall’aria fredda che ha
inalato. Sei, e la presa sulla bacchetta si fa meno forte, sette e sta
respirando normalmente. Otto passi, e si volta per vedere il luogo in
cui la sua vita è cambiata.
Sembra
uguale a ogni
altro punto di quella strada – ricoperto di neve e freddo.
Non
c’è un solo cartello a gridare
“È successo
qui!”, nulla che dica ai passanti che è
lì che
Draco Malfoy è stato privato della sua vita. Solo un ricordo
nella sua testa e le ombre dei Mangiamorte nella sua mente.
Fissa il
punto, mentre il
suo respiro si condensa davanti a lui. I pochi lampioni e la luna
argentata tingono d’argento anche la neve. È
tardi, ormai,
il tempo è passato mentre lui rimaneva in piedi fuori dal
café e tutti i negozi sono chiusi. Questa notte, nessuno
è in giro.
Inizia a nevicare e le luci illuminano i fiocchi nel loro volteggiare
verso il terreno, facendogli distogliere lo sguardo da quel
punto. Vede solo la neve che cade intorno a lui, ma è
bellissimo, e vorrebbe non essere solo a vedere quel miracolo della
natura. È così tranquillo che può
quasi sentire i
fiocchi colpire il suolo. Rimane in piedi, la neve lo circonda, respira
l’aria gelata, e ora non riesce più a sentire del
tutto il
suo naso.
Ascolta le sue scarpe scricchiolare nella neve e lasciare una traccia
del suo cammino mentre si dirige al Paiolo Magico.
ooo
Il giorno
seguente si
sveglia con uno strano misto di paura e pace, tutto insieme.
È
San Valentino, tre anni da quando aveva programmato di dichiararsi a
Hermione. E invece che svegliarsi accanto a lei, è solo.
Non
l’ha vista da
quel giorno in ospedale e i suoi sentimenti sono contrastanti.
È
triste e arrabbiato, perché lei dovrebbe essere sua.
Ma è anche sollevato perché lei non è
sua e non
è sicuro di riuscire a sostenere una conversazione civile
con
lei, anche mettendosi d’impegno. È ancora
così
arrabbiato con la sua situazione, con quello che gli è
successo.
Lentamente
si prepara per
il suo appuntamento. Si sveglia alle otto e la visita è alle
dieci, ma non vuole fare tardi. Si Materializza a qualche isolato di
distanza e ricopre il resto della distanza camminando. È
vestito
completamente di nero, non elegante, visto che non sa che cosa
vorrà fare poi. Ha anche un paio di occhiali da sole, nel
mezzo
di Febbraio. In questo modo non deve rispondere agli sguardi delle
persone che lo guardano.
È
dall’altra
parte della strada, guarda il magazzino abbandonato che funge da
ingresso all’ospedale. Rimane lì in piedi e
guarda, e non
sa per quanto. Dovunque sposti lo sguardo, vede lei. Ogni strega o
mago, che si guarda fugacemente intorno prima di entrare, è
Hermione.
Lei
è
l’ospedale. Ha lavorato lì in passato, lavora
lì
ora. Ha lavorato lì per tutto il tempo in cui è
rimasto
ricoverato. Non aveva pensato fino ad ora che avrebbe potuto
incontrarla andando alla sua visita con Harry. Anche se non
è un
suo paziente, lo è stato per tre anni e sa
che vorrà sapere come sta andando.
E
così non
può andare. Non può entrare. Si limita a fissare.
Centinaia di persone gli passano accanto, ma nessuna lo sfiora. Si
sente come un masso in mezzo a un fiume.
Infine
distoglie lo
sguardo e si volta, controcorrente. Non è ancora passata
l’ora di pranzo, ma un drink gli sembra un’ottima
idea. Che
modo migliore c’è di passare questo giorno, il
più
orribile dei giorni, che con un bicchiere senza fondo da un parte e
un’alta bottiglia piena di promesse dall’altra?
Solo,
è già
stato lì la scorsa notte e il vecchio Tom lo riconosce e si
mostra preoccupato. Preoccupato che forse stia bevendo troppo. Ma Draco
gli rivolge il più disarmante dei suoi sorrisi e, ben
più
importante, i suoi soldi e Tom borbotta che ‘non è
un suo
problema, non è un suo problema’ e serve a Draco
l’ambrosia richiesta.
Dopo tre
bicchieri si
sente quasi male. Dal giorno prima non ha mangiato nulla e sono quasi
le due del pomeriggio. Vorrebbe mangiare, ma crede che starà
male di sicuro se lo facesse. Così si mette la bottiglia in
tasca ed esce in strada. Non è sicuro di dove sia
più
improbabile vederla, Diagon Alley o Londra, ma crede che probabilmente
stia lavorando, così sceglie Londra.
Cammina per
il parco
gelato e avvolto in una coperta di neve. Odia sentirsi così.
Amaro, vuoto e arrabbiato. In quello che per lui era il mese precedente
era felice. Maledettamente felice. Solo, sono passati tre anni, in
realtà. Non riesce sempre a tenerlo presente. È
andato a
letto una sera e s’è svegliato la mattina
successiva senza
avere più nulla. Questo è quello che importa.
Divelto
come un vecchio quadro scrostato.
Ci sono
alcuni bambini
che corrono intorno a lui e pensa che vorrebbe avere una famiglia. Una
famiglia vera, dove i genitori si amano l’un
l’altro e
giocano in parchi ghiacciati con i propri figli. Si chiede se
dovrà fare qualche sorta di patto con Hermione per decidere
chi
potrà tenere i nomi dei bimbi.
Si sgrida con forza per aver pensato a lei, di nuovo.
Ma mentre avanza faticosamente, senza prestare attenzione a dove stia
andando, non può esimersi dal dirsi che ha il diritto di
pensare
a lei. A tutto quello che vuole! E a volte vuole che lei bussi alla sua
porta e inizi a parlare – di tutto. Del tempo, o della
riunione
noiosa a cui è appena stata, o dei prezzi dei pizzi e dei
merletti.
Ma
è anche
arrabbiato. Alla vita, al mondo, al sistema dell’universo. Sa
che
ha fatto cose orribili, ma chi non le ha fatte? Perché lui? Ma pensa anche,
perché non lui?
Perché lui dovrebbe avere
tutto quello che vuole? E ancora, è lei tutto quello che
lui vuole. Per il mondo lei è solo una ragazza, ma per lui,
lei è tutto.
Ed è arrabbiato con lei, e odia anche questo.
Quando
finalmente alza lo
sguardo non riconosce il posto in cui si trova, cosa non del tutto
sorprendente visto che è nella Londra Babbana. È
su una
panchina ai bordi del fiume, a fissare l’acqua che serpeggia
verso il mare.
Decide che
è il
momento di smetterla di essere così preso da se stesso.
Momento
di smetterla di pensare a lei così tanto. Lei è
andata
avanti. Dovrebbe farlo anche lui. Si è dato un po’
di
tempo, e adesso è tempo di lasciarsela alle spalle. Di
iniziare
il tentativo di lasciarsela
alle spalle. Sospira e si appoggia alla panchina, le mani in tasca e
senza più gli occhiali da sole, che il sole sta ormai
finendo il
suo cammino.
Qualcosa
attira la sua
attenzione e si volta per trovare accanto a lui un bambino, con capelli
scuri. Il piccolo lo guarda e gli rivolge un largo sorriso sdentato.
Draco risponde al sorriso e per la prima volta non sente nessun
briciolo di amarezza.
Poi il
bambino si alza e
gli mette in mano un pezzo di pane. Draco lo accetta con uno sguardo
curioso, ma il bimbo si è avvicinato alla riva e sta
gettando
pezzi di pane nel fiume. Draco si avvicina, si ferma accanto a lui e
guarda l’acqua. Le anatre si stanno radunando sotto di loro,
attaccano le briciole di pane galleggiante. Il bambino alza di nuovo lo
sguardo su Draco, sorride e riprende la sua attività.
Draco si
unisce a lui e
silenziosamente gettano pezzettini di pane nell’acqua sporca.
E
Draco pensa di nuovo che vorrebbe una famiglia. In quel momento quel
bimbo è la sua famiglia.
“Sai
cosa dice
mamma quando torna a casa dal lavoro ed è troppo stanca per
fare
nulla e si mette di fronte alla tv con qualcosa che puzza come il
dopobarba del nonno?” chiede il bambino.
Draco è sorpreso, riesce solo a formulare un debole,
“Cosa?”
“Anche questo deve passare.”
Draco
annuisce, ha
capito. Finisce il suo pezzo di pane e osserva le anatre litigare per
prendersi le briciole più grosse. Rimette una mano in tasca,
aspetta che anche il bimbo abbia finito. Poi sorride e arruffa i
capelli del ragazzino. “Grazie, amico.”
Ritorna al
Maniero, alla
sua casa enorme e insopportabilmente vuota, e zigzagheggia verso i
giardini, immaginando una bimba di tre anni con ricci biondi che corre
verso di lui, finché non raggiunge il suo posto preferito.
Poi
immagina un bambino dai capelli castani, forse un poco più
grande della bambina, che le corre dietro. È un pensiero
bello e
lui rimane in giardino finché non sente più il
suo naso.
ooo
Un paio
d’ore
più tardi, quando l’orario per ricevere visite
è
alle spalle da molto, qualcuno bussa alla porta. Il capo degli elfi
domestici lo avverte, e lui si fa forza per alzarsi.
“Chi è?” chiede.
L’elfo
domestico lo
informa che non ha aperto la porta, vista la tarda ora, e ha solo
informato il Padrone del visitatore. Draco annuisce e fa cenno
all’elfo che può andarsene, poi si alza e si getta
addosso
una veste da camera. Arriva al portone principale e sente un leggero
bussare.
Apre.
E lei è lì, in piedi sotto il suo portico,
evidentemente raffreddata, nervosa e speranzosa.
Lui non riesce a parlare, così si limita a fissarla.
“Ciao” gli dice, sbattendo i denti.
Dopo aver sbattuto le palpebre un paio di volte, risponde,
“Ciao.”
Si fissano l’un l’altra per un momento o due, poi
lei sbotta, “Hai qualcosa da mangiare?”
Quasi ride, quasi. “Certo, Uhm, vieni dentro.”
Entra,
strofinandosi le
braccia per riscaldarsi. È sorpreso di vederla vestita con
solamente un cappotto leggero, una camicia a maniche lunghe e un paio
di jeans, e un cappello. Niente sciarpa, niente guanti, e nessun
incantesimo riscaldante.
Una volta
nell’atrio del massiccio ingresso frontale, riprendono a
guardarsi. Draco sente la rabbia, come bile, rivoltargli lo stomaco. Ma
lei sembra così piccola che si sforza a non sciogliere le
briglie lì, dove sono.
“La cucina è da questa parte,” dice,
iniziando a camminare.
Lei lo
segue, sebbene
stia camminando velocemente, e presto perde il passo. Servono loro un
paio di minuti prima di raggiungere la cucina, minuti passati in uno
strano silenzio.
Una volta
lì,
Hermione inizia immediatamente a rovistare tra le credenze e la
dispensa, alla ricerca del cibo. È sorpreso che lei sia
così a suo agio in quell’ambiente, ma poi si
ricorda che
probabilmente è venuta lì spesso durante la
sua…
assenza. E ora sta mangiando come se non avesse mangiato da settimane.
Vuole iniziare a parlare, apre la bocca e tutto, ma non sa come
chiamarla. Hermione gli pare troppo
personale, ma Granger
troppo duro, persino considerando quanto arrabbiato si senta. Ha
giurato che non avrebbe mai più pensato a lei in quel modo,
solo
come a un nome, e questo significa che non l’ha chiamata
“Granger” da molto tempo. Decide infine di non
chiamarla
del tutto.
“Quand’è stata l’ultima volta
che hai mangiato?” chiede.
Lo guarda. “Qualche giorno fa. Hai cenato?” Ha un
pacchetto di cracker in mano e lo scuote.
Alza un
sopracciglio.
“È quasi mezzanotte; sì, ho
cenato.” Non si
preoccupa di dirle che la sua cena sono stati quegli stessi cracker.
“Oh,”
dice.
Poi si dirige verso il frigo e fruga alla ricerca di qualcosa da bere.
E lui non riesce a permetterle di bere dal cartone, così le
toglie il succo di frutta di mano e lo rimette a posto. Lo guarda con
occhi interrogativi.
“Siediti. Ti preparo qualcosa da mangiare. Non mangerai come
un Weasley nella mia cucina.”
Lei abbassa
gli occhi, ma
si siede comunque su una sedia. Draco s’ingegna a preparare
un
piatto semplice ma gustoso – ha degli standard, dopotutto
–
e Hermione, con ostinazione, guarda dappertutto tranne che verso di
lui.
È veloce a prepararlo e dopo pochi minuti le porge un
sandwich. Guarda il piatto, poi guarda lui, poi ancora il piatto.
“Perché sei qui?” le chiede,
più rudemente di quanto non avesse voluto, ma non gli
importa.
Lo guarda prima di prendere un morso. Poi dice, “Hai saltato
il tuo appuntamento.”
Lui ride e mormora tra sé, “certo.”
“Io- noi- eravamo preoccupati. È importante andare
ai controlli.”
“Che
cosa
sconsiderata da parte mia. Causarti una preoccupazione,”
dice, la
sua paura di essere incapace di rimanere civile che si fa vera.
Lei sembra
ferita, ma lo
maschera velocemente. “Lasceresti che ti esamini io?
Così
non dovresti prendere un altro appuntamento.”
Lui scrolla le spalle.
“Harry era impaziente di vederti.”
“Sono necessarie tutte queste
formalità?” Il suo tono è secco.
Di nuovo lei non dice nulla. Finisce il suo panino ed estrae una piuma
e un documento. “Allora. Come va la memoria?”
“Alla grande,” mormora, sedendosi di fronte a lei.
“Hai avuto delle ricadute? Momenti in cui ti sei dimenticato
di qualcosa?”
“No.”
“Ti ricordi del tempo passato in ospedale?”
“No.”
“Hmm,”
dice,
mordendosi il labbro e guardando con curiosità i suoi fogli.
“Ho una teoria,” inizia e, prima che lui possa
dirle che
non potrebbe interessargli meno delle sue teorie, prosegue.
“Che
non ti ricorderai mai del tempo trascorso in ospedale. Che
sarà
sempre come se quegli anni non fossero mai esistiti.”
“Beh,
non è
troppo male, no? Non mi ricorderò di tre anni di inutili
giorni
a girare in tondo nella mia testa.”
Lo guarda,
un po’
preoccupata, un po’ curiosa.
“C’è stato
qualcosa di anormale? Qualche spiacevole effetto collaterale? Qualsiasi
cosa?”
Le rivolge uno sguardo torvo. “Nulla di
inaspettato.”
Lei si muove
a disagio
sulla sua sedia, e lui è certo di aver colpito un nervo
scoperto. È sempre la stessa, può ancora premere
i tasti
giusti per ottenere una reazione, e in qualche modo questo è
confortante. “Va bene. Ho solo bisogno che rispondi a queste
tre
semplici domande. A chi ha dato Harry metà della bacchetta
di
Voldemort?”
Sospira sonoramente, con impazienza. “Remus.”
“E qual è il nome del figlio di Harry?”
“James.”
“E infine, che cosa avevi programmato di fare in questo
giorno, tre anni fa?”
Fa una smorfia. “È un colpo basso, Granger. E
fuori discussione.”
Lei sospira
e mette via
la sua piuma. Il cuore di lui si stringe dolorosamente,
perché
significa che ha finito e non è sicuro che sia pronto a
lasciarla andare. Non è nemmeno sicuro di volere che
rimanga,
però. Lei si prende il suo tempo per sistemare la sua borsa
e
infine lascia cadere le pretese di essere in partenza.
Invece, chiede, “Come stai?”
Quasi ride. “È una domanda professionale? O ti
interessa veramente?”
Lo guarda, sul limitare della tristezza, ma non esplode. “Mi
interessa veramente.”
“Beh, sto da cani, grazie per averlo chiesto.”
I suoi occhi si spalancano. “Cosa?”
Con un gesto
la ferma.
“Basta parlare di me. Come stai tu?” chiede,
nonostante sia
difficile tenere l’amarezza lontana dalla sua voce.
“Sto… bene,” risponde.
Non riesce
più a
trattenersi, così chiede, “Perché sei
venuta qui?
Veramente, voglio dire. Sarebbe potuto venire Potter a farmi quelle
domande, senza dover coinvolgere te.”
Finisce di bere il suo bicchiere di succo prima di rispondere.
“Volevo vedere come stavi.”
“Mi ripeto: è quasi mezzanotte.”
“Sono passata prima, ma non c’eri.”
“Ah. Giusto. Ho avuto una giornata piena.”
Si acciglia. “Cosa c’è che non va,
Draco? Sembri – arrabbiato. Tanto.”
Ora scoppia a ridere. “Io? E perché mai al mondo
dovrei essere arrabbiato?”
“Smettila.
Ti
prego, dimmi solo come sei stato da quando hai lasciato
l’ospedale. Harry mi ha detto che sta ancora aspettando che
tu
accetti il suo invito per una cena.”
“Sono stato molto occupato.”
I tratti di
lei passano
dal mostrare preoccupazione ad ira in un istante. “Ascolta,
Draco. Comprendo che sei arrabbiato con me e posso accettarlo.
L’ho capito. Possiamo andare avanti? Voglio sapere come
-”
“Sto.
Va bene, va
bene. Te l’ho già detto: da cani. Sto passando
tutto il
mio tempo a rimettermi in pari con quello che ho saltato.”
Suona
così amaro, anche alle sue stesse orecchie, che si ritrae.
“Novità, la mia compagnia, gli amici,
tutto.” Si
ferma e la guarda. “Devo dire, però, che hai
maneggiato
gli affari della mia famiglia meglio di quanto non avessi immaginato.
Non solo hai fatto andare tutto liscio, ma hai anche incrementato
i guadagni. Ti ringrazio.” Sogghigna. “Non ti dico
quanti
mi hanno detto che, per quanto siano felici che sia tornato, dovrei
assumerti, che hai fatto un ottimo lavoro al mio posto e della fortuna
che ho avuto che ci fossi tu.”
Poi torna
alla sua ira.
“Oh, ma poi c’è anche quella parte
sull’accettare di averti persa. È stato un mucchio di divertimento.”
“Draco -” inizia.
“No,
l’hai
chiesto. E ora ascolti la risposta.” La squadra, la sua mente
che
turbina con il pensare su cosa dire ora, ma si ferma quando nota quanto
piccola sembra. “In effetti, ho finito. Il tuo
turno.”
Prende un
profondo
respiro e si alza per mettere un pentolino d’acqua sul
fornello.
Accende il fuoco e tira fuori la scatola con le bustine da
tè.
“Cosa vuoi sapere? Com’è stato
l’ultimo mese?
O gli ultimi tre anni?”
Scrolla le spalle. “Sorprendimi,” dice, come se non gli importasse.
“Va
bene, allora.
Avevi visto giusto nel tuo ricostruire il primo anno dopo il tuo
attacco. Harry e Ron mi convinsero a rallentare un po’ il
ritmo,
e lo feci. Ron mi chiese di uscire dieci volte prima che gli dicessi di
sì -”
Alza una mano, i suoi occhi bruciano. “Non siamo al punto in
– cui desidero sentir parlare di te e di Weasley? Chiaro?”
Gli rivolge un’occhiataccia. “Oh cresci, Malfoy.
Gli ho detto di sì, ma poi mi sono tirata indietro
-”
Ora è livido. “CRESCI? Cresci? Sei seria?
Mi hai appena detto di crescere?” E ora sta urlando.
Solo, sta
urlando anche
lei. “- e poi, dopo altre due richieste di appuntamento, sono
uscita effettivamente con lui, ed è stato terribile!
Piangevo
tutto il tempo -”
“Bene! È quello che avresti dovuto fare! Il tuo ragazzo era in ospedale per
danni cerebrali, nello stesso ospedale in cui lavoravi, e tu sei uscita con qualcun
altro!”
“- mi sentivo malissimo, perché mi sembrava di
starti tradendo -”
“Lo stavi facendo!”
“- e Ron era veramente comprensivo -”
Ringhia. “Cosa ho detto? Non
voglio sentire -”
“Tu ha chiesto e adesso
tu ascolti la
risposta!”
“Stavo solo facendo la persona educata! Non mi
importa!”
Solo che entrambi sanno che non è vero, e lei smette di
urlare,
e lui vede i suoi occhi inumidirsi, e quella parte di lui che
è
ancora follemente innamorata di lei si stringe e cerca di costringere
il suo corpo ad avvicinarsi a lei per confortarla.
È felice che l’altra parte di lui, quella
arrabbiata, è al momento molto più forte della
prima.
Si rifiuta
di prendere
nota delle sue lacrime, e lei continua, con più calma.
“Sono venuta qui per parlarti di – di tutto. E il
minimo
che potresti fare è stare a sentire.”
Lui non dice nulla, così lei prosegue.
“Ron è – un mio amico. E credo stesse
tentando di aiutarmi ad andare avanti -”
“Che carino. Molto gentile da parte sua, così
altruistico!” sputa.
“- perché voleva quella che era meglio per me. Lui
-”
“Quello che era meglio per te? No, lui
voleva te. E tu ti sei
lasciata ingannare dalla sua sceneggiata.”
Si
schiarisce la gola e
gli rivolge un’occhiata torva. “Era comprensivo e
premuroso
in un periodo in cui mi sentivo completamente sola. Non hai idea di
come sia, vederti tutti i giorni e sapere che tu non avevi nessuna
idea
di chi ero. Non mi sono mai sentita così insignificante
–
così inutile – in tutta la mia vita. Mi guardavi
con
quegli occhi ciechi e rispondevi alle mie domande, e tutto quello che
io volevo fare era urlarti di ricordare, baciarti e farti
ricordare di me! Ma non potevo, i miei colleghi mi avevano avvisato che
sarebbe stata la cosa peggiore che potessi fare – cercare di
forzare la tua mente a qualcosa per cui non era pronta. Così
aspettavo, e stavo male, e piangevo.”
Lo guarda, aspettando che la interrompa, ma lui la sta semplicemente
fissando, con una fredda espressione e occhi fieri.
Tremando si versa il tè nella tazza, cercando di trattenere
le lacrime. Ha quasi finito, ormai.
“Ci
sono voluti
quasi tre anni, ma Harry e Ron mi hanno convinto ad andarmene, a non
averti più come paziente. E-”
“Mi hai lasciato andare, in più e più
modi, no? Dopotutto eri perfettamente felice con lui.”
Lei apre la bocca, ma lui la ferma. “Non lo capisco,
Hermione.” Il suo nome ha il sapore della segatura sulle sue
labbra, e vorrebbe non averlo detto. “Mi avevi detto che mai,
mai,
avresti avuto dei sentimenti per lui. Che era l’ultima
persona
sulla faccia della terra che avresti -” Non riesce a finire,
perché è troppo.
Lei si
guarda le mani,
unite nel suo grembo. “Lui- lui era confortante –
quando
così tanto della mia vita era traballante. Era familiare, e
carino. Ha sempre avuto paura che ti risvegliassi,
però.”
“Sapeva che l’avrei maledetto da qui al prossimo
universo.”
“Sì,
qualcosa del genere,” dice, con un timido sorriso. E questo
lo fa
traballare un poco. Lei lo guarda, il sorriso andato. “Mi sei
mancato ogni singolo giorno, ogni singolo momento. Così
tante
volte ho pensato che sarei morta perché di certo nessuno
può soffrire così tanto e vivere ancora. Ma
vivevo e
lentamente il dolore si soffocava. E ho creduto di essere pronta per
andare avanti con la mia vita.” Ora la sua voce è
solo un
sussurro. “Non ho più creduto che saresti
migliorato. Ho
rinunciato a sperare, Draco. Per questo, mi
dispiace.”
“Colpa
tua. Come
hai potuto farlo?” dice, la rabbia che danza sulle sue
parole.
“Io t’avrei aspettato. Non avrei mai dubitato per
un secondo che le cose
sarebbero andate per il meglio. Io ti avrei aspettato.”
Lei lascia
che una
lacrima scivoli via, e dice, in un mormorio sofferente, “Lo
so.
Lo so, adesso, e so che è quello che avrei dovuto
fare.”
Lui non
può
più mantenere il suo tono amaro, che viene rimpiazzato da
rimpianto, e nostalgia, e tristezza. “Di tutto quello che
avevo
– soldi, prestigio, il mio nome – di tutto questo,
avrei
potuto perdere tutto finché avessi avuto te. E non avrei
rimpianto nulla per un secondo. E invece, adesso, ho tutto quello, ma
ti ho perso.” Scuote la testa e si volta, mette le stoviglie
nel
lavabo. Fare qualcosa di normale sembra una buona idea, in questo
momento.
Il silenzio
li avvolge
mentre lava i piatti e le posate, e lui cerca di far durare
l’operazione a lungo, ma non è una di quelle cose
che
possono durare all’infinito.
La guarda e può giurare che stia pensando.
“Cos’hai fatto oggi?” gli chiede.
Scrolla le
spalle.
“Niente di che.” Poi decide che non può
venir del
male a dirle la verità. “Sono andato
all’ospedale,
ma non sono riuscito ad entrare. Poi sono andato al Paiolo Magico e ho
fatto amicizia con il fondo di un bicchiere. Poi mi sono fatto un giro
per Londra, finendo al fiume.” Crede di aver avvertito la
scatolina muoversi nella sua tasca ed è così
dilaniato
che vorrebbe urlare. “Perché?”
Alza le spalle. “Ero solo curiosa. Se avessi
pensato… beh, di noi, per un istante.”
La sua risata è amara. “Se ho pensato a noi due,
chiedi? Merlino! Onestamente, cosa credi? Come avrei potuto non
pensare a noi? Considerando…” La sua voce si
spegne e lui
rimpiange anche quell’unica parola. Sa che lei non
lascerà
perdere.
I suoi occhi scattano a incontrare quelli di lui. “Cosa?
Considerando cosa?”
Stringe le spalle. “Cosa?”
“Cosa stavi per dire?”
Dibatte tra
sé se
deve dirglielo o meno. Se lo fa, che accadrà? Le
farà del
male? Le importerà? Scuote la testa; certo che le
importerà. Lui vuole buttarsi tutto alle spalle e magari
dirglielo è il modo giusto per farlo.
“Considerando quello
che avevo programmato per noi, tre anni fa.”
“Per San Valentino?” chiede, incredula, e lui fa un
mezzo sorriso.
“Sì.”
“Ma io odiavo San Valentino.”
“Lo so. Era capitato per quel giorno, tutto qui. Lo sai come
sono le mie improvvisate.”
Fresche lacrime le riempiono gli occhi. “Odio questo giorno.
Non mi era mai piaciuto prima,
ma dopo che tu sei stato ferito… è stato in
questo giorno
che mi hanno detto che eri in coma, con danno cerebrale. Ogni anno, in
questo giorno, ho pianto tutte le mie lacrime. Volevo vederti oggi e
cercare di alleviare un po’ questo. Tutto questo
mese… da
quando ti sei ripreso, sono stata completamente dilaniata. Volevo
vederti, ma volevo anche lasciarti guarire, lasciarti trovare il tuo
spazio.”
“E poi c’era anche il problema di capire cosa
stesse andando per la mia
testa, cosa che mi ha preso un po’ di tempo –
troppo,
effettivamente, ma mi conosci, dovevo essere sicura. Poi questo giorno
è arrivato, e il dolore è ancora forte, e
intenso. Odio
Febbraio per questo giorno, odio il sole che si alza in questo giorno.
Perché è come sale strofinato sul mio cuore, a
ricordarmi
che il mondo continua ad andare avanti, anche se per me si è
fermato in questo giorno, anni fa.”
Non sa
perché, ma
ora vuole dirglielo. Tutto. Adesso. “Vuoi sapere
com’è stato per me?” le chiede, incerto
se voglia
farle ancor più male o solo dirglielo perché lei
lo
conosce, lei lo ha sempre capito.
“Sai che per me è come se fosse passato solo un
mese.” Lei annuisce. “Un mese non è un
periodo tanto
lungo, specie se comparato a tre anni.” Si ferma di nuovo e
lei
appoggia la tazza sul tavolo, sostenendo il suo sguardo.
“Seguimi. E prendi il tuo cappotto.” Si gira e
lascia la
stanza. Lei deve correre per seguirlo e tenere il passo mentre
attraversano la casa, e la porta sul retro, nei giardini.
La conduce nel luogo dove aveva pianificato di proporsi. È
in piedi, lo sguardo su un arbusto, il favorito di sua madre.
“Cosa?” chiede lei, i suoi occhi che scrutano
quello che la circonda.
Draco la
guarda e decide,
infine, che deve farlo, deve sapere quello che lei ha significato per
lui, tutto quello che ha significato. Se poi riuscirà a
lasciarsela alle spalle, se la lascerà alle spalle. Se
no… ci sarebbe riuscito, prima o poi. Mette una mano in
tasca e
pronuncia la parola d’ordine, e gli occhi di lei si
spalancano.
Continuando a tenere lo sguardo fisso nel suo, estrae la scatola e dopo
averla stretta leggermente tra le dita gliela porge. Lei la prende,
guardinga, senza mai distogliere gli occhi.
“Così
stavano le cose per me un mese fa. Uno. Questo – questo
è
quello che sento oggi. Quello che ho provato tutto questo mese, da
quando mi sono risvegliato.”
Lei apre la
scatola e le
lacrime le inondano il volto. Cade a terra, piangendo, stringendo la
scatola, e non trema nemmeno. Lui s’accorge che non
s’è messa il cappotto, così
l’avvolge con il
suo, mentre lei è seduta per terra, e piange.
Le lacrime
smettono di
scorrerle sul volto, ma non può smettere di fissare
l’anello. “Draco, è –
è –
bellissimo.”
“Ti piace davvero?” chiede, con gentilezza, ora.
Lei annuisce e vorrebbe metterselo, perché le sembra passato
solo un giorno.
“Speravo
ti
piacesse. Pensavo ti sarebbe piaciuto, perché non sei la
classica ragazza, ma a volte mi sorprendevi ed eri la classica
ragazza, così non ne ero sicuro.”
“Mi- mi piace davvero.” Vorrebbe dire che non solo
le piace: lo ama, ma quella
particolare parola sembra inopportuna, in quel momento.
“Draco,
non sto con Ron.” Non sa perché l’ha
detto,
né perché l’ha detto adesso, ma
è la cosa
più importante che l’è venuta in mente.
È
il suo turno di
sentirsi senza fiato. Pensa che il suo cuore stia per scoppiargli fuori
dal petto, sta battendo così forte, ma allo stesso tempo
così leggero, e la combinazione non può essere
buona, ma
è bello.
“Volevo
dirtelo, ma
non sapevo come. È successo la notte che ti sei ripreso, ed
è stata la cosa migliore che potesse capitare. Ed era
inevitabile, comunque, perché avevi ragione; non mi era
stato
vicino come amico per tutto quel tempo. Voleva solo che ti
dimenticassi. L’ho capito settimane prima che tu ti
riprendessi,
ma ero ancora così debole che continuavo a rimandare il
momento
in cui fare qualcosa. Dovevamo andare fuori a cena anche con Harry, ma
Ron aveva costretto Harry a non venire, e poi tu
stavi meglio e Harry è dovuto rimanere, e -”
Draco la
zittisce con un
dito sulle sue labbra. Tutto il suo corpo ricorda
com’è
baciarla e deve sopprimere l’istinto di farlo,
perché non
è il momento giusto, e magari lei non ha finito di dirgli
quello
che deve dirgli.
“Hermione,”
dice, ed ora è come miele sulle labbra.
“Capisco.”
Lei annuisce e lui si accovaccia di fianco a lei, e pensa che potrebbe
iniziare a galleggiare per come lo sta guardando.
“Ricordi
di quello
che hai detto sul perdermi?” Lui annuisce. “Sul tuo
denaro,
e sul tuo nome, e su tutto il resto, ma non me?” Lui annuisce
ancora. “Draco, tu non mi hai persa. Non mi hai mai persa.
Solo
– ero confusa e tutto era così distorto, e
– mi
dispiace.”
La zittisce
di nuovo, e
le toglie una lacrima dalla gota. “Sai dove sono rimasto io,
vero?” Annuisce lei, stavolta. “È
passato solo un
mese ed io volevo sposarti.
Devi aver capito che ti amo ancora. Ma sono passati tre anni per te,
non è possibile che i tuoi sentimenti siano gli
stessi.”
“Non
sono cambiati
di molto”, dice, con un piccolo sorriso. “Ma hai
ragione,
le cose sono cambiate, ora. Probabilmente anch’io sono
diversa.
Potresti scoprire che non t’interesso più
così
tanto.”
“Impossibile,”
replica, ricolmo di convinzione. Riprende la scatola con
l’anello. “Lo metterò via e lo
terrò al
sicuro.” Lo ripone nella sua tasca e lo assicura con il nome
di
sua figlia.
Lei fa un
cenno
d’assenso con il capo. “È veramente
perfetto, Draco,
per me. Lo amo,” dice, guardandolo negli occhi, sperando che
capisca che sta dicendo che ama anche lui. Gli occhi di lui brillano
per un istante, e lei crede che lui l’abbia compreso.
“Beh,
non ti
chiederò di sposarti stanotte,” dice, alzandosi e
porgendole una mano per aiutarla a rimettersi in piedi. “Ma
vorresti uscire a cena con me, domani?”
Gli getta le
braccia al
collo e grida, “Sì!”, in giardino e da
qualche parte
un stormo di uccelli prende il volo, irritato d’essere stato
disturbato nel suo sonno.
Poi la
bacia,
perché non può aspettare un secondo di
più e lei
ricambia il bacio, e il suo mondo è rimesso a posto. Anche
se
tre anni più tardi.
Fine
Nota
dell'Autrice: Fonti di ispirazione per questa fanfiction
sono state il telefilm Alias
e il film Memento
(sebbene questo tipo di menomazione della memoria, che impedisce la
creazione di nuovi ricordi, sia una condizione reale).
Nota
di Traduzione:
*) Café viene qui inteso come luogo di ritrovo, per leggere,
bere e stare in compagnia.
***********************
Ed ecco qui la fine, che spero non vi abbia deluso. Un grazie speciale
a Merryluna
per aver ricontrollato il tutto e vinto la mia pigrizia.
marygenoana:
Grazie, cara! Mi
fa sempre enorme piacere ritrovarti a ogni mia traduzione :) Spero di
non averti fatta aspettare troppo (perché i miei computer
hanno
il vizio di fracassarsi ogni due per tre? ^^) e che ti sia piaciuta
anche questa seconda parte. Un bacione.
PiperHG:
Grazie! Provo a
risponderti su Ron. Più che essere brusco e crudele
perché questa è una D/Hr, io credo che Ron sappia
davvero
esserlo specie quando si sente insicuro e tenta, a modo suo, di
"accaparrarsi" Hermione. Finora nei libri raramente è
riuscito a
esprimere se stesso e i suoi sentimenti in maniera chiara, diretta e
semplice. Ama (anche se io preferisco dire che "gli piace" o "ha una
cotta per" XD) Hermione, eppure nel sesto si comporta da cani con lei
(e con Lavanda^^). Qui è, più o meno, la stessa
cosa.
Come dice Hermione in questa seconda parte, le è stato
vicino,
l'ha consolata e supportata, ma nel momento in cui s'è
ritrovato
davanti la possibilità di perderla ha ceduto alla rabbia e
quelle reazioni che sono tipiche del Ron adolescente. Ecco,
probabilmente è un po' immaturo rispetto alla sua
età ;)
Su Harry e Draco è un po' una caratteristica di questa
autrice
andare a esplorare il terreno di una amicizia tra i due. Se mai ti
capiterà di leggerla, nella sua long-fiction We Learned the Sea lo
sviluppo del loro rapporto e l'amicizia che viene a instaurarsi tra
loro sono tra gli elementi chiave. Grazie ancora per i complimenti e
spero ti sia piaciuta anche questa seconda parte ;) Un bacio.
Malfoy_lover:
Grazie mille! Che bellissimi complimenti :D Spero questa seconda parte
non ti abbia deluso ;) Un bacio e grazie ancora :)
Gy_MrSMaLfOy: Ecco
qua tutte le risposte e le scelte dei nostri, un po' sofferte ma
sicuramente quelle giuste (Ron!
A cuccia! La tua opinione non è richiesta! XD).
Grazie mille per i complimenti e spero di non averti fatto aspettare
troppo :) Un bacio.
merryluna:
Carissima, eccomi
qua^^ Finalmente ce l'ho fatta ad impossessarmi del pc abbastanza a
lungo per sistemare il tutto. Sui ghiaccioli/sorbetti al limone, ti
dirò la verità, fino a questa fic non mi ero mai
posta il
problema. Mi sembrava un po' bizzarro, ma dopotutto si tratta sempre di
Silente. Poi quando ho visto Harry chiedere a Hermione se voleva un
"lemon drop" e poi indicare la ciotolina con delle caramelle gialle, ho
incominciato a capire che c'era qualcosa che non tornava^^ Cercando su
wiki ho scoperto l'arcano. Il resto credo di avertelo già
detto,
volevo solo ringraziarti ancora perché il sapere di essere
riuscita a trasmettere la stessa atmosfera dell'originale è
il
più bel complimento che potessi ricevere :) Grazie di tutto,
un
bacione.
lunachan62:
Sei gentilissima come sempre! Spero di non averti fatto aspettare
troppo ;) Grazie e un bacio.
gemellina: Grazie
mille!
Personalmente non conosco "Butterfly Effect". Oh beh, a dirla
tutta manco ho mai visto "Memento" o "Alias" (sono un disastro, eh?
XD), ma negli ultimi anni sono usciti parecchi film sull'argomento. E'
affascinante (per quanto tragico), così come sono
affascinanti e
complicati i rapporti e gli equilibri che devono riadattarsi durante e
dopo una situazione del genere. Grazie ancora e un bacio :)
Briseide: Ciao
Bri! Il tempo
è proprio una brutta bestia^^ Grazie per la fiducia sulle
mie
scelte e non preoccuparti per CS, che rimane lì e non scappa
(spero... quando c'è Draco in mezzo non si può
mai sapere
XD). Addirittura un mese senza infierire sul Sifilico, ehm Ron? Sei
troppo buona! Se ci riesci avrai tutta la mia ammirazione :P Grazie
mille e spero che questo finale sia stato all'altezza ;) Un bacio.
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