'Wait for me' - Rory & Jess

di Kimberly Heiwa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** You're not alone... ***
Capitolo 2: *** I just want you to know who I am ***
Capitolo 3: *** Storm ***
Capitolo 4: *** A runaway who can wait forever ***
Capitolo 5: *** How To Dream ***
Capitolo 6: *** She's lost in paradise ***
Capitolo 7: *** May I... ***
Capitolo 8: *** Can it be the way it was? ***
Capitolo 9: *** 'Cause it's a deadly game ***
Capitolo 10: *** Just... kiss me slowly. ***
Capitolo 11: *** If I ain't got you ***



Capitolo 1
*** You're not alone... ***


You are not alone...

 

- Prendere un po' di zucchero e versarlo nella ciotola con il latte... Ok... Dopodiché mescolare con un cucchiaio di acciaio e amalgamare bene... Oh, ma questo è di legno! Uffa! Basta, ordino una buona pizza e la finisco qui. Noi Gilmore non siamo fatte per cucinare!- esclamò Rory scuotendo la testa.

Quella sera aveva finito piuttosto presto di lavorare e, guardando un programma di cucina in televisione si era fatta prendere dalla voglia di mettersi dietro i fornelli per preparare una deliziosa torta al cioccolato. Ma le sue aspettative si erano rivelate un disastro. Rory si leccò golosamente il cioccolato rimasto sulle dita come una bambina prima di afferrare il telefono bianco e comporre il numero di una delle pizzerie migliori di New York.

-Salve, sono Rory Gilmore... Ah ah, sì, una pizza e patate fritte! Ormai mi conoscete troppo bene...Ok, a dopo!- schiacciò il pulsante rosso e staccò. Si portò il telefono al petto e guardò l'ora. Erano solo le sette e mezza; forse era ancora in tempo per chiamare Lorelai prima che si recasse al locale di Luke e passasse una serata romantica. Compose il numero di casa Gilmore e si lasciò cadere sul piccolo divano giallo, aspettando che la madre rispondesse.

-Pronto!- esclamò Lorelai vivace come una bambina.

-Ciao mamma!-

-Oh Rory! Come stai? Quand'è che verrai a salvarmi dalle grinfie dell'uomo della locanda?- disse recitando scherzosamente e indicando Luke che la osservava divertito con le braccia conserte sulla soglia della cucina.

-Subito, donzella mia!- improvvisò a sua volta la figlia.

Entrambe risero divertite e poi Lorelai ricominciò a parlare.

-A parte gli scherzi tesoro, come stai? Va bene a lavoro?

-Sì, sto bene... a lavoro è tutto ok, oggi per fortuna sono riuscita ad uscire alle sei invece che alle otto...- rispose Rory giocherellando con una ciocca di capelli.

-Bene! Senti un po', quand'è che verrai a trovare la donna che ti ha dato alla luce? Le manchi, sai?-

-Anche tu mi manchi! Sarò lì sul prossimo camion di cipolline! Molto presto spero...

Lorelai sorrise dietro la cornetta guardando il camino acceso.

-Ti aspetto tesoro...

Rory sorrise a sua volta e abbassò lo sguardo. Il campanello suonò e si ricordò improvvisamente della pizza.

-Oh mamma ti devo salutare! È arrivata la pizza! Ho provato a mettermi a cucinare, ma i fornelli, i cucchiai e le pentole si ribellano ogni volta!- esclamò alzandosi e dirigendosi alla porta.

-Oh lo so, lo so! Capita anche a me! Ah, noi Gilmore non siamo portate per cucinare!

- Infatti! Ora ti devo proprio lasciare... un bacio e non far arrabbiare Luke!

- Oh ma perché?! È divertente farlo arrabbiare!- esclamò con voce contrariata Lorelai.

-Mamma...

-Ok, d'accordo! Ciao tesoro!

-Ciao mami!-concluse Rory sorridendo.

Lorelai staccò e un po' malinconica, guardò la legna ardere nel caminetto.

Questa si consumava pian piano, diventando rossa e brillante, poi si afflosciava su se stessa e diveniva cenere.

Luke si avvicinò alla moglie e l'abbracciò. Lorelai gli sorrise e lo strinse a sua volta.

-Su, è tardi. Dobbiamo andare...- lo incalzò dolcemente la moglie.

Luke si limitò ad annuire e mormorare un “ok”.

Si alzarono e, prendendosi per mano uscirono chiudendosi la porta alle spalle.

Rory nel frattempo aveva ritirato la sua gustosa pizza ai peperoni e la buona dose di patate fritte e se le stava godendo seduta al tavolino blu in cucina.

Tra un boccone e l'altro, si stufò del silenzio e così decise di accendere la televisione. Purtroppo non c'era nulla quella sera; continuò a fare zapping per un paio di minuti ma senza trovare alla fine qualcosa di interessante. Sbuffò e spense l'apparecchio. Si guardò intorno alla ricerca di qualcosa che la intrattenesse ma non notò niente. Arricciò le labbra seccata e optò per un libro. Con delle patatine fra le dita si recò alla sua libreria casalinga e provò a scegliere un buon libro. Era troppo difficile! Chiuse gli occhi e lasciò la scelta al destino. L'indice si posò su un libro dalla copertina scura, non molto spesso. Finì di masticare lentamente e lo tirò verso di sé.

-The Subsect...- mormorò nel leggere il titolo.

-...scritto da Jess Mariano...-aggiunse deglutendo.

Quel nome le fece venire i brividi nel pronunciarlo e tutto ad un tratto chiuse bruscamente gli occhi per scacciare via i ricordi, ma questi investivano la sua memoria come un fiume in piena e lei non fu capace di fermarli.

Le venne in mente l'episodio di Philadelphia, la libreria, il piccolo romanzo e quel bacio...

Ripensò a quanto lo aveva ferito; a come si era involontariamente approfittata del suo amore; a quello sguardo addolorato ma incapace di agire sulle sue scelte nel vederla andare via; ripensò a come lo avesse illuso... si sentì un mostro in quel momento.

Jess non si meritava tutto ciò: l'aveva fatta ragionare sulla sua condizione, l'aveva convinta a ritornare a scuola, le aveva permesso di uscire da un mondo dal quale Lorelai era scappata anni prima.

Neanche accorgendosi si mise a piangere, sentendosi terribilmente in colpa.

Gli doveva tutto e non meritava di essere trattato così. I ruoli si erano invertiti ora, lei era quella che scappava e lui quello che la faceva tornare sui suoi passi.

Versata l'ultima lacrima e fatto uscire l'ultimo singhiozzo si sedette sul letto e cominciò a rileggere il libro, pensando che avrebbe dovuto ringraziarlo, un giorno.

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Capitolo 2
*** I just want you to know who I am ***


 

I just want you to know who I am

 

 

 

 

Pioveva a dirotto quella mattina di febbraio. I gas fuoriusciti dai tubi di scappamento dei tanti taxi gialli newyorchesi avvolgevano la metropoli nascondendo l'opaco e fioco sole. La gente non si era fatta intimorire tuttavia da quelle gocce e il traffico era addirittura aumentato. Di certo il silenzio non regnava sovrano su quell'enorme ingorgo di automobili e un frastuono di clacson e imprecazioni facevano diminuire la tranquillità alle persone.

Quella mattina Jess Mariano non riusciva a concentrarsi sul lavoro. Era impossibile leggere e correggere bozze di libri di aspiranti scrittori con quel fastidioso rumore nelle orecchie. Seduto alla scrivania sommersa da fogli svolazzanti e manoscritti si massaggiava la fronte con l'indice sinistro, nel tentativo di far sparire quell'insopportabile mal di testa. Sbuffò varie volte prima di raccogliersi il viso tra le mani e sospirare, arrendendosi a quel picchio che proprio quella mattina aveva deciso di beccare la sua corteccia cerebrale. Si alzò dalla sua sedia e prese a guardare fuori dalla finestra il traffico infernale, dondolandosi leggermente con le mani in tasca.

-Ehi Jess!- esclamò Matt bussando alla porta.

Jess distolse l'attenzione da quella visione dell'ingorgo di New York e si girò verso l'amico.

-Ehi Matt...

-Disturbo?- chiese, avanzando verso la scrivania e chiudendosi la porta alle spalle.

-No, no... Siediti pure. Dimmi.- rispose tranquillamente accompagnando le parole con la mano destra.

Matt si sedette e dopo lo seguì anche Jess.

-Sono entrato perché volevo comunicarti che sei.. diciamo... “candidato” per il premio di “Migliore scrittore emergente” qui a New York!

-C-cosa?- esclamò Jess sgranando gli occhi, incredulo.

-Sì amico! E non è tutto! Se ci va bene anche la casa editrice sarà premiata... e noi diventeremo famosi!- Matt ormai non faceva più trasparire la sua felicità nel comunicare la notizia.

-È fantastico,Matt! E come lo hai saputo?- anche Jess era quasi euforico.

-Beh... è scritto su tutte le riviste letterarie e c'è anche qualche articolo su internet...-

rispose Matt con finta aria di sufficienza.

-Cavolo! Cavolo!

-Già, amico!- esclamò Matt ridendo.

Jess era davvero felice per la bellissima notizia e non stava più nella pelle.

-Se dovessimo farcela dobbiamo assolutamente festeggiare!

-Certo!- rispose Jess alzandosi e dando una pacca sulla spalla dell'amico.

-Bene... ora sarà meglio andare! Ah, c'è una certa Janet Brooklet all'ingresso che vorrebbe mostrarti alcune bozze...

-Janet... Brooklet? Non mi ricordo questo nome...

- È la prima volta che viene qui. È arrivata questa mattina... la potresti ricevere adesso?

-Sì, certamente. Falla pure entrare. Comunque grazie per avermi dato la buona notizia, Matt!- lo ringraziò Jess sorridendo. Quella notizia lo aveva messo di buon umore e il mal di testa era sparito.

Matt gli sorrise a sua volta e uscì dall'ufficio.

Jess ritornò a contemplare il panorama urbano di New York pensando a quel premio che bramava ormai da tanto tempo... Gli sfuggì un sorriso.

La porta si aprì e si affacciò una donna imponente afroamericana sulla trentina.

-Si può?- chiese. La sua voce era piuttosto rauca e non molto femminile. Jess si voltò verso di lei e le fece cenno di entrare. La donna annuì con il capo e un po' goffamente chiuse la porta.

La sua camminata era piuttosto virile,con le gambe allargate che molleggiavano sulle ginocchia e che davano al passo un certo ritmo.

-Salve, io sono Janet... Janet Brooklet.- disse porgendo la mano a Jess.

-Piacere, Janet. Io sono Jess Mariano.- rispose a sua volta Jess.

Provò un dolore lancinante quando Janet gli strinse la mano. Si sforzò di non fare smorfie di dolore

provocate da tutta quella forza che gli stava fracassando le ossa.

-Allora, Janet... Ehm... hai scritto qualcosa?- domandò con la voce che ancora risentiva della stretta. Si sedette e, sotto la sedia aprì e chiuse la mano destra per fare in modo che riacquistasse la sensibilità di prima.

-Sì... ho scritto questo... si chiama The colour”. L'ho scritto io, con questa mano che prima ha stretto la sua ma non mi chieda come ci sia riuscita!- rispose gesticolando e ridendo.

Appoggiò i fogli sulla scrivania e Jess li avvicinò e prese a sfogliarli.

-Hai scritto parecchio,vedo...

-Già.- si limitò a ribattere Janet.

-Ok... darò un'occhiata in questi giorni e ti farò sapere tra una settimana circa, d'accordo?

-Va bene.

Calò il silenzio tra i due e ormai come sottofondo ritornava ad esserci il rumore dei clacson dei taxi.

-Cavolo, che ingorgo!- esclamò improvvisamente Janet.

-Già! Allora, tu abiti qui a New York?- le chiese. Aveva intenzione di rompere il ghiaccio e di conoscere un po' quella bizzarra donna.

-Sì, sono nata a New York e la maggior parte della mia vita l'ho passata qui... Tu invece?

-Anch'io sono nato qui... ho vissuto per un po' nel Connecticut e a Philadelphia però...

Janet si limitò ad annuire e a guardarsi intorno.

-È la prima volta che ti butti nel campo della scrittura?

-Sì... beh, non lo avrei mai fatto se non mi avesse convinta il mio ragazzo...

Jess era piuttosto interessato adesso. Con uno sguardo glielo fece capire e lei alzandosi, continuò.

-Io non so molto di libri... sono nata nel Bronx in una “famiglia” che non faceva altro che mettersi nelle grane per una cosa e per l'altra e che era in continua fuga dagli sbirri. Quindi non c'era il tempo di fermarsi a sfogliare un libro come facevano tutti gli altri bambini... sono vissuta in strada fino a quando mia madre è stata arrestata per traffico di droga e mio padre rimasto ucciso in una sparatoria... all'età di quindici anni mi hanno mandata in orfanotrofio e io non facevo altro che mettermi nei guai- rise al ricordo-Poi una famiglia di Manhattan decise di adottarmi e non so tuttora come abbiano fatto a sopportare il mio caratteraccio! Mi fecero frequentare la scuola superiore ma il preside li convocava in continuazione perché diciamo che ero molto propensa alle risse... è a causa delle cinquanta assenze e delle note disciplinari che mi bocciarono. I miei genitori adottivi decisero di farmi cambiare aria e mi trasferirono in un altro liceo. A sedici anni lo conobbi, anzi, lo intravidi. Andavamo nella stessa scuola e quindi lo vedevo spesso. Lui era il tipico ragazzo per bene e di certo non avrebbe mai e poi mai calcolato una teppista come me...-

Jess la ascoltava in silenzio e gli sembrava di riconoscersi in parte in quella donna. Rivedeva la sua vita a Stars Hollow e rivedeva Rory...

-Un anno dopo incominciai ad interessarmi a Louis... e mi innamorai. Sinceramente era una cosa nuova per me ma successe... e non mi lasciò mai. Louis cominciò a notarmi e, nonostante la sua reputazione da urlo e le sue mille spasimanti scelse me, una ragazza di strada che di certo, essendo anche di colore, avrebbe provocato molte critiche. È di questo che parla il mio libro: del pensiero razzista che si ostina a governare le menti della gente, che spinge a formulare stupidi pregiudizi attribuiti a noi afroamericani e agli stranieri in generale... Quel verme che mangia dall'interno la mela in apparenza buona... prima dell'ultimo anno ci mettemmo insieme ma i guai sembravano mi inghiottissero e la paura di perdere Loius, l'unica cosa importante, cresceva sempre più... finché...

-Finché ti avvolse completamente sino ad avverarsi...- continuò serio Jess. Sapeva molto bene cosa si provava; anni prima quella stessa paura aveva avvolto anche lui.

Janet chiuse gli occhi trattenendo il pianto imminente e annuì.

-Mi bocciarono, di nuovo. Louis aveva acquistato i biglietti per il ballo, l'abito... ma io non potevo partecipare. Così scappai, lasciando tutto e tutti, senza una spiegazione... alla ricerca di non so cosa, rovinando tutto...-

A quelle parole Jess si rivide su quell'autobus per andare in California, alla ricerca di un padre, se così si può chiamare, il quale alla fine si era rivelato incapace di poter occupare quell'importante posto nel suo cuore. Aveva lasciato Rory, Luke, Stars Hollow... tutto, per poi non ottenere niente se non l'odio e il rancore. Annuì e fece proseguire Janet.

-Louis ci è rimasto male, molto male. Credo che mi abbia giustamente odiata anche se non lo hai mai ammesso veramente. Dopo un anno ritornai in città e la mia famiglia mi accolse nuovamente... nonostante tutto. Tornai anche da Louis. Sapevo benissimo che non potevo riottenere tutto come prima, conoscevo perfettamente tutte le conseguenze a cui andavo incontro... inizialmente fu difficile riacquistare la sua fiducia ma dopo tentativi su tentativi e una dichiarazione che arrivava dall'interno del mio cuore, ce la feci. Non lo abbandonai mai più e capì finalmente i miei errori. Non voglio dire di essere diventata una nuova donna, perché quello accade solo nelle favole, ma sono rimasta io, Janet Brooklet. Solamente sono cresciuta, sono più matura, responsabile e consapevole. E tutto ciò lo devo a Louis e alla mia famiglia. Spero che il libro ti piaccia.- concluse commossa.

Era strano vedere quella donna così imponente sciogliersi in lacrime. Jess le sorrise annuendo.

Janet gli aveva dato un'importante lezione di vita... lui era cambiato, come lei, ma non aveva nessuno che lo stesse aspettando. Forse qualcuno c'era, ma quella persona probabilmente non sarebbe stata Rory. Ora lei stava con quel Logan e lui non era nessuno per farle cambiare idea.

Ma era sicuro di una cosa: era ancora in tempo per annullare la sua cattiva reputazione.

-Sono sicuro che sarà fantastico, Janet.- le rispose porgendole un fazzoletto.

-G-grazie...- era visibilmente commossa, nonostante cercasse di nasconderlo.

Jess le sorrise e le diede una pacca amichevole sulla spalla.

-Beh ora forse è meglio che vada. Grazie Jess, aspetto tue risposte- gli disse avvicinandosi alla porta.

Jess la salutò sorridente e chiuse la porta. Ritornò alla finestra e si rimise a guardare fuori.

-Rory... dove sei?- sussurrò nella speranza che lo potesse sentire e aspettare, come lui stava attendendo lei.

 

 

NOTA DELL'AUTRICE: Capitolo 2, il titolo arriva da Iris dei "Goo Goo Dolls". Riuscirà la comparsa di Janet a stimolare Jess a fare un passo avanti?
Grazie a chiunque sia passato di qui! 
Al prossimo capitolo!

Litlover

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Capitolo 3
*** Storm ***


 

 


Storm

 

 

Le undici e un quarto di sera. Rory era china sul computer a scrivere il suo articolo riguardante il premio di “Miglior scrittore emergente” di New York city. Erano ore che scriveva recensioni di libri e le palpebre le si stavano chiudendo da sole. A volte si piegava sulla tastiera del portatile presa da un colpo di sonno ma alla fine non si riposava, perché la sua testa schiacciava mille pulsanti e l'articolo era da riscrivere ogni volta. Le sue dita erano ormai indolenzite e gli occhi le facevano male. Dopo una miriade di sbadigli in successione, si accasciò a lato del computer e si addormentò, esausta.

Driiin! Driin! Driin!

-Mm... Mm?! Ma che ore sono?- sobbalzò Rory ancora addormentata dopo essere stata svegliata

dallo squillo insistente del suo cellulare.

-Pronto?- rispose sbadigliando e con gli occhi socchiusi.

-Rory! Ma che fine hai fatto?!

-Lizzie? Sono a casa... perché?

-Come perché?! Sono le nove e mezzo! Dovresti essere qui da un bel pezzo! Va tutto bene?- le chiese preoccupata.

-Coosa?! Le nove e mezzo?! Ma com'è possibile?!- incredula si alzò dalla sedia e si diresse verso la cucina per guardare l'ora.

-Oh mio Dio! Scusami, Lizzie! È che mi sono addormentata mentre stavo scrivendo l'articolo per lo spazio recensioni e per il premio di “Migliore scrittore” e...

-Rory calmati! Prendi fiato!

Rory sospirò dispiaciuta.

-Senti, fai che stare a casa oggi... dirò al capo che sei malata.

-No, no! Devo venire, ci metto un attimo a prepararmi!

-Rory... Rory! Stai a casa e non ti preoccupare! Ci vediamo domani alle otto. Stai tranquilla!

-Ma... l'articolo?

-La consegna è per oggi pomeriggio... riesci ad inviarmelo una mail entro le due? Ci penso io, tranquilla.

-Sì, certo! Te lo mando il più presto possibile! Grazie mille Lizzie, davvero!- le rispose sorridendo.

-Ok, allora aspetto l'articolo. Riposati oggi e per il resto ci penseremo domani, ok?

Ora vado ad avvisare il capo. A domani, Rory!

-A domani Lizzie! E grazie ancora!- concluse Rory staccando.

Lizzie era la sua collaboratrice al giornale e ormai erano diventate molto amiche. Quando era appena arrivata a New York l'aveva da subito accolta benevolmente mostrandole l'ufficio e spettegolando anche un po' sui dipendenti del giornale.

Rory si rimise a scrivere l'articolo per poi inviarlo a Lizzie più tardi.

Quella mattina non era l'unica tuttavia ad essersi addormentata sul lavoro...

Giaceva così tranquillo sopra manoscritti e libri di ogni tipo mentre Matt lo osservava con le braccia conserte e con un sorriso divertito stampato in faccia.

-Mm...

-Buongiorno bello addormentato!

-Matt... che diavolo ci fai qui alle -si girò per vedere l'ora- nove e mezzo di mattina?

-Jess, ti sei addormentato come un bambino ieri sulla tua scrivania... non ti pare un po' strano?- Matt tratteneva a stento una risata, rimandandola giù con un colpo di tosse.

-No, non mi pare affatto strano! Ero stanco, ok?- gli rispose infastidito alzandosi in piedi.

-Certo, tutto quello che vuoi amico, ma... il lavoro ci aspetta!

-Matt, sputa il rospo.

-Cosa? Quale rospo?

-Tu sputalo e basta. Avanti, non mi prendere in giro! A quest'ora del mattino per di più!

-Non capisco Jess!- rispose Matt corrugando la fronte.

-Non è la prima volta che mi addormento sul lavoro e tu non sei mai venuto qui dentro per svegliarmi! Eri talmente crudele da puntarmi una sveglia che ero costretto a scaraventare contro il muro per spegnerla! E poi cos'è tutta questa allegria di primo mattino? Allora, cos'ha provocato questo cambiamento?- ora era lui a divertirsi.

Matt rimase in silenzio e Jess ridendo esclamò “Beccato!”, mimando un eroe che torna trionfante da una battaglia.

-Ok ok, mi hai beccato! Ora basta darsi delle arie!- rispose infastidito Matt, rassegnandosi.

-Sputa il rospo.

-Sai che giorno è oggi?

-Il 12 febbraio se non sbaglio, perché?

-Beh? Non ti viene niente in mente?

-È il tuo compleanno! Ah, auguri Matt!- esclamò aprendo le braccia.

-Ma no, Jess! Non è il mio compleanno! Uh, vergognati, non sai neanche quand'è il mio compleanno!

-Ehi, capita a tutti di sbagliare, amico!

-Quando fa dodici più due?

-Cos'è Matt, ti sei dato alla matematica?- esclamò divertito.

Matt gli lanciò un'occhiataccia che lo obbligò a rispondere.

-Quattordici.. Ma continuo a non capire dove tu voglia arrivare.

-E che giorno sarà il 14 febbraio? Non rispondere con cose stupide!

-Mamma mia, Matt! Sembri una donna in questo momento, lo sai?- lo guardò ridendo.

Matt lo guardò impassibile.

-Ok ok, la smetto. Non lo so...

-San Valentino, Jess, San Valentino! Se lo chiedessi al cane di Joanna saprebbe rispondermi! Anche i bambini dell'asilo lo sanno!

-Sai, lo immaginavo che ci fosse una donna dietro a tutto questo.- continuò Jess dirigendosi verso la macchinetta del caffè.

-Senti, io vorrei festeggiarlo con Meredith ma non so cosa organizzare e cosa regalarle...

-Hai sbagliato persona alla quale chiedere consigli sull'amore, Matt.

-Ma come! Hai un'aria da spacca-cuori tu, con il fascino dello scrittore maledetto...- disse Matt indicandolo come se fosse un esemplare di uomo perfetto.

Jess scosse la testa sogghignando.

-Allora? Tu che idee hai?

-Nessuna. Io non lo festeggerò.- rispose stringendosi nelle spalle.

-Avanti, Jess! Avrai qualcuna con cui festeggiarlo... proverai qualcosa per una donna, ti sarai innamorato almeno una volta nella tua vita!

-Sì, una volta. Ma è finita, ormai.-rispose estremamente serio abbassando la voce.

-Jess, ascolta...

-No ,Matt! Ascoltami tu! Io non so niente di queste cose! È inutile chiedermi consigli, perché rovinerei il tuo rapporto perfetto con Meredith o come diavolo si chiama!- ribatté Jess urlando furioso.

-Ma che diavolo ti è preso ora? Io volevo solo...

-Io non ho niente! Tu cosa?! Io lo so benissimo che il 14 sarà San Valentino ma non posso festeggiarlo!- era fuori di sé.

-Jess... Jess, sta' zitto e ascoltami!

Jess tacque e ascoltò l'amico.

-Siamo amici, no? Bene, anche se non vuoi festeggiarlo potresti consigliarmi! Non m'importa che diamine diresti, se proponessi cose stupide le scarterei. Volevo solo confrontarmi con un amico ma a quanto pare, mi sbagliavo sul tuo conto.- Matt era visibilmente deluso dal comportamento dell'amico e si diresse verso la porta per uscire.

-Matt... scusami. Dai, torna qui. Ti aiuterò.- si rese conto che stava per rovinare un rapporto d'amicizia a causa del suo caratteraccio ancora una volta, e non gli sembrava il caso.

Matt si sedette e dopo lo seguì anche Jess, offrendogli del caffè.

-Dove la vorresti portare?

-Avevo pensato ad una cena romantica e poi... non so... regalarle una collana o un anello...

-Da quant'è che vi frequentate?

-Un anno... è il nostro primo San Valentino insieme.

-Perché non la porti al cinema? O le regali che so... un cd?

-Jess, abbiamo ventiquattro anni, non diciassette.

-Ok... beh, potreste affittare un DVD e festeggiare a casa, così avreste più intimità. La collana mi pare una buona idea, l'anello mi sembra un po' troppo affrettata come cosa.

-Sì, mi pare un ottimo consiglio. Grazie Jess.- era contento ora, si leggeva nei suoi occhi innamorati.

-Figurati, amico. Senti, il primo incontro con uno scrittore ce l'avrò alle due... che ne dici se andassimo adesso a noleggiare il DVD o semplicemente a dare un'occhiata?

Matt annuì e si alzò. Jess prese la giacca e uscì seguito da Matt.

***

-Ho tutto il giorno libero... cosa mi consigli di fare?

-L'oracolo dice... Shopping!

-Mamma, lo sai che senza di te fare shopping non ha senso!

-Oh tesoro! Mi manchi...

-Anche tu! Allora oracolo, cosa mi consigli?

-Non so... perché non affitti un DVD?

-Mi pare più logica come scelta. Va bene, e DVD sia! Uno a caso?

-Tappati gli occhi e fai scorrere l'indice sui DVD; soffermati solo quando ne sarai convinta.

-Va bene! Come sta Luke? Lo stai ancora torturando?

-No, cara la mia paladina della giustizia!- rispose Lorelai facendole il verso.

-Sta bene, sta bene! Ti saluta...

-Grazie, ricambia. Hai già pensato al regalo di San Valentino?

-Non lo so... in realtà sono indecisa tra un nuovo berretto da baseball o un porta spazzolino a forma di Brontolo dei sette nani!

-Assolutamente la seconda!- esclamò Rory ridendo.

-Va bene, sarà fatto. E tu, lo festeggerai?

-No, non credo proprio. E poi il 14 ci sarà una consegna del premio di “Migliore scrittore emergente” quindi sarò presa dal lavoro. Ma mi va bene così.

-Dal tuo tono non si direbbe... sembri malinconica...

-Sto alla grande mamma, davvero. Ora è meglio che vada, altrimenti non ce la faccio a scegliere il DVD in poco tempo! E poi a quest'ora non ci sarà nessuno.

-Ok, ti lascio. Baci tesoro mio! Ci sentiamo più tardi.

-Ti voglio bene mamma!

-Ti voglio bene anch'io , piccola.

Entrambe sorrisero dietro la cornetta e attaccarono.

Rory uscì e si diresse al negozio di noleggio DVD.

***

-Ehi Jess! Che ne dici di questo?

-Nah! Vado nell'altra sezione. Tu continua a cercare, però!

Era entrata e si diresse verso la sezione dei film drammatici.

Fece come le aveva detto Lorelai e il suo indice si posò su un DVD che aveva visto mille volte: “Almost Famous”.

Si trovavano a due passi l'uno dall'altra. Jess si avvicinò a dove lei si trovava, intento a scegliere un DVD per l'amico. Quando intravide un'ombra, si girò verso sinistra e restò immobile, non sapendo né che fare e né che dire. Il cuore prese a battergli più forte tanto che ebbe paura che potesse fare rumore. Deglutì, incantato dalla sua figura . Rory, sentendosi osservata, girò piano la testa verso destra fino a guardarlo negli occhi. Era proprio lui, era lì, era Jess. Deglutì anche lei. La mano le tremava e il DVD le stava per scivolare. Era imbarazzante quella situazione, ma scappare sarebbe stato da codardi.

-Ciao- esordì Jess.

-C-ciao...- rispose Rory con la voce tremante.

Gli parve terrorizzata ma era incredibilmente bella.

-Che ci fai qui?

-Ci vivo.- le rispose stringendosi nelle spalle sorridendole.

-Ti sei trasferito a New York?

-Già. La Truncheon Books si è ingrandita troppo per Philadelphia e così... eccomi qui.

-Oh...

-Come stai? Tutto bene?

-Sì, sì. Mi piace New York, mi sono ambientata.- rispose sorridente. Si era tranquillizzata e sembrava addirittura felice di vederlo.

-Bene.

-Senti, Jess... mi dispiace per l'ultima volta che ci siamo visti, sono stata molto maleducata...- decise di scusarsi, approfittando dell'occasione. Le dispiaceva davvero, glielo si leggeva negli occhi.

-Non fa niente... ormai non ci penso più...- mentì spudoratamente. Ci pensava eccome, e ogni volta una fitta lo colpiva in pieno petto.

-Meglio così.- disse Rory sollevata.

-Allora... cosa noleggi?

-Oh, questo.- rispose mostrandogli il DVD.

-”Almost Famoso”... è da un pezzo che non lo rivedo!

-Beh, credo che ti saranno bastate tutte quelle volte che mi hai costretta a guardarlo insieme a te!- ribatté completamente a suo agio.

-Ehi, era il mio film preferito!- disse in tono scherzoso.

-Sì ma che barboso!- esclamò sbuffando per poi scoppiare a ridere.

-A quanto pare però ne sentivi la mancanza!

-Già! Mi mancava, hai ragione! Mi mancavano i vecchi tempi...- si morse il labbro zittendosi dopo aver capito che aveva alluso ad un doppio senso.

-Anche a me...- Jess lo aveva capito e non si fece scrupolo tuttavia di mostrare i suoi sentimenti, almeno in parte.

Rimasero a fissarsi negli occhi per qualche secondo e fu Jess a far ritornare entrambi alla realtà.

-Tieni. Buona visione e guardalo anche per me!- esordì restituendole il DVD.

-Sarà fatto.

-È stato bello rivederti. Magari un giorno ci rincontreremo, chissà!

-È stato bello anche per me. Ciao Jess.- disse perdendosi nei suoi occhi color caffè.

-Ciao Rory.- la salutò fissandola in quegli occhi azzurri come il mare.

Rory si diresse verso la cassa e uscì dal negozio, mentre Jess la seguiva con lo sguardo.

Matt aveva osservato la scena e si avvicinò all'amico.

-Ho trovato il DVD giusto.

Jess non rispose, preso ancora dai suoi pensieri.

-È lei, vero?

-Lei chi?

-Quella di cui ti sei innamorato.

-Sì, è lei. Era proprio lei.- rispose dopo una lunga pausa, rendendosi conto che gli anni erano passati ma l'amore che provava per Rory era rimasto invariato.






NOTA DELL'AUTRICE: Il titolo arriva da Storm dei "Lifehouse". Finalmente, si sono incontrati e, come la maggior parte delle volte, casualmente.
E ora? Cosa succederà dopo questo incontro imprevisto? Riusciranno a sciogliere il ghiaccio tra loro?
Al prossimo  capitolo e commentate! :)
Grazie a chiunque abbia dato uno sguardo!

Litlover


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Capitolo 4
*** A runaway who can wait forever ***


 

A runaway who can wait forever

 

 

Mattina del 13 febbraio, New York city.

-”Ed è così che il libro del giovane Adam Norson si conclude, alludendo ad una seconda vita nella quale si potrebbero risolvere i problemi del passato, recuperare eventi persi, amare una persona come non si aveva mai fatto prima, in modo che non scappi più...”

Rory guardò impaziente Lizzie in attesa di un suo commento cercando di capire a cosa stesse pensando.

-Beh... che dire?

Rory aggrottò le sopracciglia, confusa.

-Lo trovo molto... molto poetico da un certo punto di vista...

-Ma?

-Nessun ma, Rory! Brava, va bene questo articolo!- concluse Lizzie con un sorriso.

-Grazie!- borbottò contenta.

Lizzie, presa come ogni volta da mille incarichi, lasciò l'ufficio mentre Rory si godeva gli ultimi momenti dei complimenti ricevuti. Era felice che i suoi articoli fossero ben scritti e, a dirla tutta, era curiosa di sapere chi mai l'indomani avrebbe vinto il premio di “Miglior scrittore emergente”.

Immersa nei suoi pensieri, si oscillava sulla sua sedia girevole come una bambina capitata per caso nell'ufficio dei suoi genitori.

-Rory, mi sono dimenticata di farti recensire questo libro... è di un certo Jess Mariano e il titolo è “A runaway who can wait forever”.- esordì Lizzie piombando nell'ufficio di Rory posando sulla scrivania il libro per poi uscirne con la stessa fretta, non lasciandole nemmeno il tempo per aprir bocca.

Rory arrestò il moto della sedia girevole e rimase a fissare il libro con le labbra schiuse, come per iniziare una frase, ma il fiato era rimasto bloccato nei suoi polmoni.

Con cautela prese il libro tra le mani, con lo sguardo fisso sul nome dell'autore.

La copertina era liscia e rossa, con i caratteri in bianco. Non doveva essere molto spesso, contava duecento pagine al massimo. Con calma incominciò a sfogliarlo, leggendo anche laddove le parole non erano state battute dalla macchina da scrivere.

Quello doveva essere il libro più recente di Jess, probabilmente quando si era già trasferito a New York. Senza mettersi troppa fretta iniziò a leggere il primo capitolo, intitolato “Such Great”.

Le pareva abbastanza familiare, come se lo avesse già letto in precedenza...

Mi bocciarono, di nuovo. Louis aveva acquistato i biglietti per il ballo, l'abito... ma io non potevo partecipare. Così scappai, lasciando tutto e tutti, senza una spiegazione... alla ricerca di non so cosa, rovinando ogni cosa... Dopo un anno ritornai da Louis. Sapevo benissimo che non potevo riottenere tutto come prima, conoscevo perfettamente tutte le conseguenze a cui andavo incontro... inizialmente fu difficile riacquistare la sua fiducia ma dopo tentativi su tentativi e una dichiarazione che arrivava dall'interno del mio cuore, ce la feci. Non lo abbandonai mai più e capii finalmente i miei errori. Non voglio dire di essere diventata una nuova donna, perché quello accade solo nelle favole, ma sono rimasta io, Janet Brookrlet. Solamente sono cresciuta, sono più matura, responsabile e consapevole. Perché anche un fuggitivo può aspettare per sempre.

-Janet BrookletThe colour

Io non so cosa tu stia cercando, non so dove io abbia sbagliato. Ma ciò che so è che voglio restare qui, voglio aspettare il tuo consenso per entrare nel tuo cuore. Lasciami tempo, lasciami speranza, lasciami lì dove sono, perché anche un fuggitivo come me può aspettare per sempre.

-Matt NotwinsPoetry of a word called Love

Ad ogni capitolo c'era un pezzo di una storia di varie persone, seguita poi da un commento di Jess, da un suo punto di vista personale.

Arrivò all'ultimo capitolo, intitolato “I'll wait for you” e la dedica questa volta era di Jess.

Lo so che stai leggendo questo libro. Non c'è bisogno che io specifichi la persona a cui mi sto riferendo, lei lo sa. Ho fatto tanti errori nel corso degli anni... ma se potessi tornare indietro, non cambierei nessun evento, sai perché? Beh, la risposta è semplice: se non fossi stato quello che sono stato, nessuno mi avrebbe spedito nel Connecticut; non avrei potuto prendere in giro quella stramba città chiamata Stars Hollow e soprattutto, non avrei conosciuto te.

Sembra una cosa stupida da dire, ma alla fine anche gli errori sono serviti a qualcosa. Lo so che sono stato incapace di affrontare i problemi che intercorrevano tra noi; sono a conoscenza del fatto che ho rovinato tutto scappando dai miei guai senza mai risolverli; so che nessuno di voi meritava un personaggio così fuori programma e così complicato nelle vostre vite, vi ho sconvolti.

Non pensare che io me ne sia andato per quello che non è accaduto a casa di Kyle, io sarei stato semplicemente a guardarti negli occhi per un tempo indefinito... eri l'unica che mi portava in superficie per prendere aria, dopo tutto quel tempo che ero stato in apnea sul fondale di un oceano senza fine. Mi hai permesso di cambiare, hai fatto in modo che divenissi uno scrittore, convincendomi a tirarmi su le maniche. Ora non so dove tu sia e con chi tu sia, ma io ci sarò sempre per te, starò ad aspettarti vicino al ricordo di noi due al ponte. Spero che tu possa essere felice, ma mi dispiace che non sia io il motivo attualmente dei tuoi sorrisi sinceri. Ripensandoci ho capito il motivo del tuo rifiuto a Philadelphia e ti do ragione. Hai tutto il diritto di odiarmi, ma voglio che tu sappia che mi dispiace e che anche un fuggitivo come lo sono stato io è in grado di aspettare per sempre.”

-Jess Mariano

 

Rory chiuse il libro lentamente e lo posò accanto al computer. Si era commossa e un senso di oppressione le stringeva il petto. Era diventato maledettamente bravo a scrivere, proprio come aveva previsto. Si sedette sulla sedia girevole, scrivendo velocemente la recensione che le aveva chiesto Lizzie. Per fortuna erano solo le otto di sera ed era ancora in tempo per consegnare il tutto alla collega. Si alzò e uscì dal suo ufficio, ripensando alla dedica di Jess e alla frase che si ripresentava in ogni capitolo: “perché anche un fuggitivo può aspettare per sempre”. Non riusciva a coglierne il messaggio.

-Ecco qui, Lizzie.

-Rory! Cavolo, lo hai già finito!

-Già... finirà sull'articolo di domani?

-Sì, esattamente domani mattina, prima che inizi la consegna del premio di “Miglior scrittore emergente”.

-Bene. Ora vado a casa Lizzie, sono davvero esausta...

Lizzie annuì e le diede la buonanotte.

Rory si stava incamminando verso l'uscita quando si arrestò di colpo. Ripensò alle righe del libro, alla frase e alla dedica... trovato! Si guardò intorno e tornò velocemente nell'ufficio di Lizzie, chiedendole dove fosse la Truncheon Books.

-È sulla West 4th street, vicino a Washington Square Park. Dovresti trovarla ancora aperta se arrivi entro le otto e mezzo.

Rory la ringraziò e si incamminò verso la libreria.

***

-Che ore si sono fatte?

-Le otto e venti... è quasi ora di chiudere.

Jess sbadigliò e si diresse verso il suo ufficio.

***

Parcheggiò vicino a Washington Square Park alle otto e ventiquattro. Estrasse le chiavi dal cruscotto, aprì la portiera e uscì dalla vettura. Un senso d'ansia cresceva nella sua cassa toracica ma cercò di non pensarci più di tanto. Guardò l'ora: le otto e ventisette. Accelerò il passo ma non servì più di tanto: il semaforo era rosso.

***

Un libro dallo scaffale sulla destra cadde e si fermò per raccoglierlo.

-Lo dicevo io che era troppo in bilico...- borbottò tra sé e sé Jess.

***

-Avanti, scatta!- mormorò a denti stretti.

Le otto e ventinove.

***

-Jess, sono le otto e ventinove. È meglio che io vada da Meredith. Ricordati di chiudere!- disse Matt mettendosi la giacca.

Jess annuì mentre accompagnava l'amico alla porta.

***

Trenta secondi e la Truncheon Books avrebbe chiuso. Camminare non servì a nulla, così si mise a correre.

Cinque secondi. Arrivò con il fiatone all'altra parte della strada della libreria. Scorse due figure, una delle quali stava chiudendo la porta alla sue spalle.

Rory sgranò gli occhi e attraversò la strada. Il semaforo era di nuovo rosso. Le otto e mezza in punto. Vide Jess uscire e chiudere a chiave la porta.

-Da quando è diventato così puntuale?!- mormorò tra sé sconvolta, piegando il collo.

Si era già incamminato e il semaforo scattò. Non le sembrò il caso di rincorrerlo ancora, cosa avrebbe potuto dirgli? Lo guardò allontanarsi e, stringendosi nella giacca, si allontanò a sua volta, corrugando la fronte. Probabilmente non era il giorno giusto per incontrarlo...

 





Che ve ne pare? Commentate gente, commentate! :) Alice.

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Capitolo 5
*** How To Dream ***



How to dream

 

-Ora potete scambiarvi le cartoline di San Valentino, bambini!

È arrivato, finalmente. San Valentino è giunto in città colorando la fredda atmosfera di febbraio con un caldo colore rosso, come l'amore che riscalda i cuori...

È giunto il giorno delle dichiarazioni, dei regali, dei fiori da parte di ammiratori segreti e della consegna del premio tanto atteso di “Miglior scrittore emergente” di New York city... sono solo le dieci del mattino e l'evento si svolgerà a partire dalle sei in punto.

-Rory! Ciao tesoro, come stai oggi? - esclamò Lizzie più frizzante del solito.

Rory, intenta a scrivere un articolo su un libro, si arrestò per un momento alzando la testa sorpresa da tutto quell'entusiasmo nel tono della collega e si girò verso di lei.

-Ehi Lizzie... ciao...! Tutto bene, grazie... e tu? - la sua voce era incerta.

-Io? Alla grande...- sembrò che avesse la testa fra le nuvole.

-Come mai così felice, oggi? - indagò l'altra.

-Oh,beh... oggi è San Valentino...- esclamò tutta contenta.

-Sì, questo lo so...- si alzò, cercando di evitare l'argomento e si diresse verso la macchinetta del caffè.

-Allora? Non ti rende felice?

Infatti, eccola lì a bomba.

-Sì...- continuò versandosi del caffè nero.

-Sai, oggi ho ricevuto dei fiori...- esclamò soddisfatta.

Ecco dove voleva realmente andare a parare...

-Uh, interessante...- disse sorseggiando la bevanda.

-Non ti mette di buon umore questa festa?

-Beh... certo, è una “festa” allegra e romantica ma... diciamo che non la reputo poi così tanto importante... insomma, se si ama una persona la si ama sempre...

-Sì, questo è vero... ma è un'occasione per festeggiare il proprio amore...- ribatté stringendosi nelle strette spalle.

Rory si limitò ad annuire troncando la conversazione. Quella mattina non era di buon umore.

***

-Auguri, tesoro! Certo che possiamo pranzare insieme oggi! Oh, Meredith, ti va di venire con me al ricevimento che ci sarà stasera per la consegna del premio a cui parteciperemo io e Jess? Perfetto! Ti vengo a prendere alle sei meno dieci. Ti amo anch'io... a più tardi!

-Finito?

-Mamma mia, Jess... come sei suscettibile stamattina!- esclamò Matt sbuffando.

-È solo che non mi va ogni 14 febbraio sentire le conversazioni sdolcinate con la tua ragazza! - ribatté facendogli il verso.

Matt girò gli occhi e gli fece una smorfia.

-Bando alle ciance, prima del premio c'è del lavoro da sbrigare.

-Sì, e tu devi leggere questo!- disse mettendogli il giornale sulla scrivania.

-”The New Yorker”... lo conosco, è un giornale come altri.

-Apri e leggi l'articolo di un certo o certa “L. Gilmore” sul tuo libro.-disse masticando un confetto.

Jess aprì il quotidiano e un odore di carta lo invase; non gli aveva mai dato fastidio, anzi, lui aveva da sempre adorato quell'odore di libro, come preferiva chiamarlo, che dava alle pagine bianche o giallicce un qualcosa di misterioso, come se fosse stato nascosto in una cantina sottoterra per tanto tempo, consumandosi ogni anno...

Eccolo. Lesse il titolo “A runaway who can wait forever, il nuovo romanzo di Jess Mariano” e l'autore: L. Gilmore. Gli sembrò familiare.

Velocemente, come al suo solito, gli occhi scorsero rapidi sulle poche righe dell'articolo, mangiandosi in fretta le parole battute a macchina, ma lo lasciarono perplesso.

-Strano, eh? Quando l'ho letto ho pensato che fossi tu ad averlo scritto sotto il nome di un altro...- disse accomodandosi sulla poltrona davanti a Jess.

Rilesse tutto daccapo e si soffermò su quel “L. Gilmore”. Gilmore era il cognome di Rory ma l'iniziale era una L... e da quanto ne sapesse lui, Lorelai non si era mai addentrata nel mondo del giornalismo. Restava solo Rory, la possibilità più logica.

-Sei ancora vivo?- gli domandò ridendo.

-Sì, sì... strano, davvero strano...- si fermò ancora a riflettere per qualche secondo, dopodiché si rimise a lavoro.

*** Ore 17, New York

-Troppo lungo, troppo stretto! Troppo vecchio, troppo nuovo, troppo stravagante! Ok, ho bisogno di un aiuto.- compose velocemente il numero della madre.

-Oh, menomale che ci sei tu! Non ce la facevo più a reggere tua nonna!

-Io mi arrendo.

-Cosa? Tesoro, la scommessa su Taylor l'ho stretta con Babette, non con te! Come fai a sapere che vincerò?! Sei diventata veggente, eh?

-Che scommessa?- il tono di Lorelai la incuriosì.

-Oh, beh... è una lunga lunga storia! Appena ci potremo vedere te la racconterò, così potrai assaporare con me il retrogusto della vittoria!- esclamò esaltata.

-Non vedo l'ora! Ho bisogno di aiuto, e anche subito!

-Che è successo?

-Stasera ci sarà la consegna del premio, esattamente tra un'ora e io sono ancora qui davanti allo specchio mentre ammiro il mio armadio riversato sul letto come se un ladro stesse cercando qualcosa prima che io finissi la doccia!

-Oh... ok, dai, ti do una mano. Dimmi i vestiti della cassaforte sul letto.

-Cassaforte?

-Sì, insomma, il ladro, la cassaforte che sarebbe il tuo armadio.- esclamò divertita.

-Non fa ridere.

-Ma tesoro, un po' di spirito! Non sei divertente quando sei tesa!

-Mi vuoi dare una mano o no?

-Ok capo! Io essere al suo servizio!

-Sono indecisa tra quattro vestiti: rosso, verde, giallo o viola...

-È San Valentino, metti il rosso!

-Ok... scarpe? Rosse, bianche o nere?

-Mm... nere, per spezzare.

-Perfetto! Corro a prepararmi! Grazie mille!

-Ehi, non vuoi sentire la storia su Taylor e gli elfi della foresta cattiva?

-Mamma, sono di fretta!

-Va bene, ti lascio solo perché sei di corsa... ma quando sarai qui accanto a me non avrai scuse!- recitò con voce malefica.

-D'accordo! Saluta Luke e buon San Valentino! Ah, alla fine gli è piaciuto il regalo?

-Non gliel'ho ancora mostrato. Ti invierò un messaggio dopo, socia!

-Lo aspetto! A dopo, ti voglio bene!

-Anch'io! Baci!- e riattaccò.

Rory corse a vestirsi, buttando sul letto disordinato il telefono bianco.

*** Ore 18, Times Square, New York

-Eccoci qua!- esordì Matt.

-Già, eccoci qua.- continuò Meredith.

Jess entrò subito dopo la coppia, affidando al guardarobiere il proprio cappotto.

La libreria “The ancient story teller” era semplicemente enorme ed elegante.

-E così... quanto hai detto che durerà tutta questa roba?- domandò con ironia Jess, avvicinandosi alla coppia.

Matt gli lanciò solo un'occhiata che disse tutto e l'amico sollevò le mani in segno di arresa, sbuffando.

Si separò dai fidanzati e si diresse verso il salone principale, in cerca di cibo.

Fu in quel momento che lei entrò.

-Lizzie... è questo il posto?

-Sì! Posa il tuo cappotto e seguimi, ti voglio far conoscere una persona.

Rory seguì le indicazioni dell'amica e si sfilò il cappotto. Era semplicemente incantevole:

il vestito di velluto rosso scendeva morbido fino alle ginocchia stringendosi in vita, mettendo in risalto quindi il collo allungato e le spalle sottili evidenziate dallo scollo a V che scendeva delicatamente senza apparire volgare. Le scarpe nere spezzavano con la tinta unita rossa dell'abito e mettevano in risalto le caviglie sottili dalla carnagione candida.

-Meredith!

-Ehi Lizzie! Come stai?- si girò verso la donna aprendo le braccia per abbracciarla.

-Bene, eccoci qui. Lei è Rory, lavora con me al giornale.

-Hai detto Rory? Non mi ricordo di una Rory che scrive articoli...

-Beh, scrivo sotto il nome di “Lorelai Gilmore”, che sarebbe il mio nome per intero.- intervenne Rory sorridendo anche se un po' imbarazzata.

Matt, intento a versare il vino nei bicchieri, al pronunciare di quel nome, si arrestò per un secondo. Tese l'orecchio per essere più sicuro che quella Rory fosse la stessa che aveva scritto l'articolo sul libro di Jess come se ne fosse stata lei l'autrice. Decise di voltarsi per guardarla in faccia: era la stessa ragazza del negozio di DVD. Jess gli aveva appena accennato il suo rapporto con lei, ma dopo quel giorno Matt si fece più sicuro nel pensare che qualunque cosa mai vi fosse, una strana alchimia regnava tra loro due.

-Lui è Matt, il mio fidanzato. Matt, lei è Lizzie, mia sorella. E questa è Rory, una sua collaboratrice al giornale.- presentò Matt alle due ragazze, cingendogli le spalle con il braccio sinistro.

-Piacere.- disse Matt stringendo la mano a Lizzie.

Rory lasciò la sua mano a mezz'aria, concentrandosi sul volto di Matt: lo aveva già visto... si rese conto però di mostrarsi maleducata e così gliela strinse abbozzando un sorriso. Rory subito dopo si allontanò per cercare cibo. Mentre si diresse verso la sala principale, assorta ancora nei suoi pensieri, non si accorse di urtare un ragazzo sulla sua traiettoria.

-Oh! Scusa tanto! Io...- si fermò un attimo vedendo che era Jess la persona da lei urtata.

-Rory... che ci fai qui?- domandò curioso dopo una pausa, utilizzata per ammirare la bellezza e l'eleganza di Rory sottolineata dal vestito rosso.

-Io... sono qui per lavoro... tu?- le sue gote arrossirono per l'imbarazzo.

-Anche io. Sono tra i candidati per il premio.- la sua voce le apparve nervosa, come se non fosse più preparato ad incontri accidentali del genere.

Il vociferare della gente della sala, le risate e i colpi di tosse per il freddo, sembrarono non riuscire a sorpassare il silenzio che regnava tra i due.

Jess la guardò di sfuggita varie volte; Rory alternò il suo sguardo su Jess quando lui non era attento e sugli invitati quando si sentiva osservata.

-E così... ci rivediamo...- esordì Jess, dondolandosi leggermente.

-Già...- disse lei. Le sue mani non sapevano più che fare: si torcevano l'una con l'altra in avanti e indietro, poi i pollici si toccavano per allontanarsi subito dopo.

-Signore e signori, giornalisti e scrittori, vi preghiamo di prendere posto per la consegna del premio. Grazie!- annunciò il giudice, nonché proprietario della libreria ed acclamato scrittore.

-Credo sia meglio andare- disse Jess, indicando con il dito destro il palco alle sue spalle.

-Sì, accomodiamoci.

Rory lo seguì, ma non riuscì a stargli vicino perché Matt e Meredith avevano già occupato i posti. Si sedette accanto a Lizzie, circa quattro sedie dopo Jess.

Senza rendersene conto, si girò varie volte alla sua sinistra, nella direzione di Jess; lui di certo non ne fu intimidito, anzi, la imitò. Lizzie si accorse di tutto questo e, ogni volta guardò i due con uno sguardo che la sapeva lunga.

-Rory, credo che tu e...

-Bene, iniziamo!- esclamò il giudice e interrompendo i sussurri di Lizzie verso Rory.

La donna si arrese e si dedicò al vero e proprio evento.

-È così che, dopo aver analizzato libro per libro e tutte le relative recensioni, negative e positive, che abbiamo deciso di assegnare il premio di “Miglior scrittore emergente” di New York a...- momento di silenzio per la suspense- Jess Mariano! Prego, ci raggiunga sul palco, giovanotto!

Jess si alzò e, mentre tutti lo applaudivano per il suo tanto bramato traguardo, salì sul palco e prese il premio con orgoglio. Il giudice McBody si congratulò con lui, gli strinse vigorosamente la mano e lo invitò a rilasciare un breve discorso.

Jess lo colse alla lettera: fu chiaro e conciso. Prima di scendere dal palco della vittoria, guardò intensamente la persona che, in fin dei conti, lo aveva portato a diventare quello scrittore che stava vincendo un premio: Rory Gilmore, in terza fila, quinta sedia a destra. Il suo sguardo era riconoscente, come se lei avesse previsto tutto.

Rory si commosse e ricambiò lo sguardo. Era così orgogliosa di lui: si era finalmente realizzato, era diventato uno scrittore approvato e lei lo aveva saputo fin da quando, in veste di ragazzino arrabbiato con il mondo, aveva messo piede a Stars Hollow.

La distanza forse, alla fin fine era servita a qualcosa, lo aveva fatto crescere.

-E siamo felici di annunciare che il merito della vittoria del signor Mariano è anche dovuto alla sua casa editrice, la “Truncheon Books”, la miglior casa editrice emergente! Complimenti!

Jess lo ringraziò una seconda volta; gli strinse la mano e dedicò questa vittoria a Matt, che si era già alzato per applaudirlo.

-Ora, dato che è il 14 febbraio, abbiamo preparato alcune musiche per farvi ballare! Apriamo le danze con “When I fall in love” di Nat King Cole, un classico degli anni cinquanta! Buon divertimento!- concluse McBody facendo partire il disco in vinile.

Meredith e Matt, dopo essersi congratulati con Jess, scesero in pista da ballo, godendosi la serata di San Valentino. Lizzie trovò ben presto un cavaliere, un certo Adam, un inglese amico e collega della sorella Meredith.

When I fall in love, it will be forever

Oh I never fall in love

Rory si trovò invece senza un cavaliere per danzare. Se ne stette vicino al bancone fino a quando Jess si avvicinò a lei. Il ragazzo stette lì a guardarla per un po' con uno sguardo furbo, sorridendo con un solo angolo della bocca.

-Posso avere questo ballo?- le chiese con molto garbo, porgendole la mano.

Rory asserì con il capo e gli prese la mano.

Trovò piuttosto strano Jess così melenso, quasi non l'avrebbe riconosciuto.

In a restless world like this is,

love is ended before is begun

Con sguardo complice scesero in pista e cominciarono a ballare lentamente.

-E così... sei tu il vincitore...- sussurrò Rory con gli occhi fissi su Jess.

-A quanto pare... - disse lui con aria di sufficienza.

Non ci poteva credere: stavano ballando, loro due stavano ballando. Erano passati sei anni dal ballo di fine anno, al quale non ne ebbero l'occasione, purtroppo.

Rory cercò di non stare troppo appiccicata al petto del ragazzo, ma Jess con la mano dietro la sua schiena la strinse a sé, mantenendo una distanza di trenta centimetri.

Era rigida, percepiva la sua freddezza nei suoi confronti. Non aveva tutti i torti, però: erano stati distanti per tanto tempo e, oramai, erano quasi due estranei.

And too many moonlight kisses

seem to cool in the warmth of the sun

 

Non riuscì, tuttavia, a continuare ad essere rigida. Era Jess, con lui non c'era bisogno di fingere, l'avrebbe scovata ben presto e l'avrebbe convinta a raccontargli tutto.

Le sfuggì un sorriso al solo pensiero e si lasciò trasportare dalla musica. Jess si mise a ridere perché non capì il motivo della risata di Rory.

When I give my heart, it will be completely

or I never give my heart

 

-Perché stai ridendo?- le chiese divertito.

-Uh? Niente, niente... una cosa stupida...- rispose smettendo di ridere e riprendendo a guardarlo negli occhi di caffè.

And the moment I can feel that

you feel that way too

 

-Sai, ho letto il tuo articolo proprio oggi...- le sussurrò in un orecchio.

-Che articolo?

-Quello sul mio libro... mi vuoi rubare la scena, eh?

-No, io... non è mia intenzione...

-Rory, stavo scherzando!- concluse sorridendo e stringendola più a sé.

Lei sorrise e si lasciò cullare dalla musica.

Is when I fall in love... with you...

Non c'era più niente intorno a loro: la musica era

giusto un sottofondo dolce; le persone erano scomparse; le risate si erano ovattate...

Chissà se anche al ballo di fine anno si sarebbero sentiti così...

La musica finì, ma loro rimasero abbracciati ancora per un po', finché non si accorsero di essere fissati da tutti gli invitati. Si staccarono piuttosto imbarazzati e si diressero verso l'uscita. Lizzie si avvicinò a Rory non dicendo niente.

-Che c'è?- le chiese mentre si abbottonava il cappotto.

-Oh, niente... siete una bella coppia!- esclamò facendole l'occhiolino.

-Lizzie!- la rimproverò Rory.

Lizzie sbuffò come una bambina, salutò la collega e tornò da Adam.

Rory salutò tutti e uscì dalla libreria. Si sentì strana: il cuore le batteva all'impazzata e le gambe quasi non la reggevano...

-Ciao!- disse Jess avvicinandosi al suo fianco.

-Ciao! Vuoi farmi prendere un colpo?- disse scherzosamente.

Jess rise e si mise le mani in tasca.

-Mi sono divertito stasera...

-Anch'io...

I loro occhi erano attratti gli uni dagli altri come si ci fosse una calamita.

-Senti, che ne dici se... ecco... ricominciassimo a parlare? Ad essere amici, intendo...- il suo tono era vago, ma era tutto una messa in scena.

-Va bene... ci possiamo vedere domani a pranzo, se ti va...- il tono di Rory invece non era finto, era davvero imbarazzato.

-Ok...- disse arrestandosi.

Rory si fermò davanti a lui e i suoi occhi erano di nuovo incollati a quelli di Jess.

Le sorrise e quello fu il momento più bello di tutta la serata.

-Ora devo andare... buon San Valentino...

-Buon San Valentino anche a te...

Una strana voglia di non lasciarla neanche un secondo si impossessò di lui, ma la sua parte razionale tuttavia vinse.

Si scambiarono un ultimo sorriso e Rory volse le spalle, stranamente euforica.

Jess sorrise e la osservò allontanarsi. Gli sembrò di tornare alla serata in cui lo aveva salutato con “Buonanotte, Dodger”. Ed era così, erano di nuovo all'inizio di tutto, ma un inizio nuovo e speciale.

 

 

 

 

Cosa ne pensate? Buona vigilia!;) Alice

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Capitolo 6
*** She's lost in paradise ***


 

She's lost in paradise

 

 

Driin! Driin!

-Mm... ma che diamine...? Cosa?! Oddio com'è tardi!- sobbalzò dal letto quella mattina soleggiata post-San Valentino.

Erano appena scattate le sette e mezza quando Rory si era alzata; proprio quel dannato giorno in cui non poteva ritardare.

Si stropicciò gli occhi per darsi una minima svegliata, ma servì soltanto a farle prendere in pieno con il piede sinistro il tavolino in soggiorno.

-Dio! Che male!- gemette, portandosi la mano sulla bocca per non urlare dal dolore.

Afferrò in fretta e furia la spazzola colorata dal cassetto in bagno e con la mano libera, una volta tornata in camera zoppicante, aprì le ante dell'armadio alla ricerca del completo adatto.

Si maledì per essere un'eterna indecisa e, dopo aver dato un'occhiata veloce all'orologio che segnava le sette e trentacinque, afferrò mentre si dava colpi di spazzola a vuoto, un tailleur nero da poco acquistato. Sorrise per la scelta e lo posò sul letto. Corse verso il il bagno e si arrestò davanti al tavolino maledetto guardandolo come per dire “No, ora non mi freghi più, caro mio!”. Gli passò di fianco fissandolo mentre sogghignava e per poco non prese in pieno l'appendiabiti. Si immobilizzò di fronte al piccolo albero per giacche ed emise un sospiro di sollievo.

-Ma perché proprio questa mattina la mia casa doveva ribellarsi?!- esclamò.

Afferrò lo spazzolino e il dentifricio mentre posò la spazzola sul bordo della vasca bianca e cominciò il lavaggio dei denti. Sputò la schiuma biancastra che sapeva di fluoro e menta; sciacquò lo spazzolino e chiuse la porta per lavarsi il resto del corpo.

Dopo cinque minuti e quaranta secondi uscì e si vestì velocemente. Corse piano per evitare di scivolare sul pavimento liscio con i collant ed acchiappò le scarpe nere della sera precedente.

Le sette e quarantadue: non ce l'avrebbe mai fatta, pensò.

Dopo aver preso giacca, borsa e fogli vari, chiuse la porta a chiave e scese le scale con velocità.

-Signorina Gilmore!- la bloccò la signora Barlow, del quinto piano, ancora in vestaglia.

-Giorno signora Barlow!

Cercò di evitarla e raggiungere il portone rosso, ma le sembrò quasi che l'anziana la marcasse come si fa nel gioco della pallacanestro, cercando di rubarle la palla stabilendosi davanti a lei.

-Ha sentito anche lei la polizia, stanotte?- disse scuotendo la testa.

-Sì, sono stati molto rumorosi.- disse frettolosamente.

-Infatti!- esclamò l'altra, indignata – Per fortuna hanno trovato lo spacciatore e hanno sequestrato tutto, anche l'appartamento!

-Già, menomale... non sono riuscita neanche a dormire, stanotte.- disse Rory, come se stesse pensando ad alta voce – Ora mi scusi, ma sono in ritardo per il lavoro...

-Anche il mio povero Barney non ha chiuso occhio – disse accarezzando il cane.

-Devo andare, ci vediamo signora Barlow!- la salutò abbozzando un sorriso.

-Certo, certo, arrivederci! E buon lavoro!- ricambiò ormai davanti al portone chiuso, riscuotendo la testa.

-Andiamo, Barney. - disse al labrador accanto a lei.

Erano le otto meno un quarto, era tardissimo.

Camminò veloce, per poi mettersi a correre, scontrando le spalle dei passanti sul marciapiede e scusandosi mortificata.

Il semaforo della West 4th street era appena scattato rosso.

Si arrestò con l'ansia alle stelle e quasi si mise ad implorare quella dannata luce verde di accendersi e dichiarare “WALK”.

Appena scattò la scritta verde, allungò il passo più che poté ma si sentì bloccata tutto ad un tratto da un piede: il tacco della sua scarpa nera si era incastrato nella fessura di un tombino.

-No, no, no, non può essere così!- disse in preda al panico.

Cominciò a sudare freddo e ad andare in iperventilazione.

Si piegò nel cercare di liberare il tacco ma niente, non ne voleva sapere.

-Ti prego!- implorò a denti stretti, quasi sul punto di piangere.

La gente che passava sembrò quasi non vederla; Rory riuscì a sentirsi sola nonostante fosse immersa in una metropoli come New York, pullulante di persone.

-Dio santo!

La mano rossa si accese e gli automobilisti le suonarono con i clacson, cercando di evitarla.

Una macchina nel traffico arrivò a tutta velocità e Rory, nel vedere quasi da vicino la targa, mosse con un gesto deciso la scarpa e il tacco si staccò dalla suola. Claudicante arrivò all'altra sponda della strada e guardò l'auto investire completamente quel che restava della scarpa.

Ora non poteva più correre e stava andando tutto storto.

Continuò per la sua strada e dopo cinque minuti una signora si piegò per recuperare le monete che le erano cadute ma con l'altra mano, il frullato ai frutti di bosco si rovesciò su gran parte del tailleur di Rory.

-Mi scusi tanto! Mi dispiace, davvero! Lasci che...- disse mortificata e cercò di asciugarle le macchie ancora umide.

-No, - disse Rory bloccandole la mano- lasci stare.

L'altra rimase ancora più mortificata e Rory si allontanò, disperata e arrabbiata.

***

-Non so che dire, signori... di solito è sempre puntuale...

-Beh, sarà, ma noi abbiamo altro da fare.

-Lizzie, chiama Gilmore, per favore.- sussurrò spazientita il capo Alcott.

-Certo, lo faccio subito.

A Rory squillò il cellulare.

-Pronto?

-Rory, sono Lizzie. Dove sei?

-Sono a cinque minuti da lì. Che ore sono?

-Sono le otto e cinque, è questo il punto.

-No... perché proprio oggi?- disse portandosi una mano al viso, disperata. - Sono già lì, vero?

-Sì, e Margaret si sta spazientendo.

-Io non so che diavolo sia successo! Stanotte è arrivata la polizia, poi...- cominciò ad elencare.

-La polizia?- chiese preoccupata.

-Sì... c'era uno spacciatore nel condominio, per fortuna sono riusciti ad arrestarlo. Sono uscita di casa e mi ha bloccato la signora Barlow; in strada il mio tacco si è incastrato in un tombino e adesso zoppico; una signora mi ha versato addosso il frullato... ci manca solo la pioggia.

-Rory...mi dispiace davvero tanto. Spero di convincere la signora Alcott, almeno. A dopo!- e staccò, lasciando un minimo di speranza alla collega.

-Signora Alcott, Rory sta arrivando. Ha avuto dei problemi...- cercò di giustificarla Lizzie.

-Beh, si è fatto tardi. Abbiamo altri colloqui e quindi, - disse la signorina MaryJane Nash del New York Times - o ci presentate qualcun altro al posto della signorina Gilmore, oppure... buona giornata.

Lizzie si morse il labbro inferiore varie volte, prima di decidersi ad intervenire.

-Mi scusi signorina Nash, io credo che la Rory Gilmore meriti quel posto. L'ho fatta entrare io in questa redazione, ho tenuto io il suo colloquio e so molto bene quanto valga!

Lei riesce a scrivere una recensione di un romanzo come se ne fosse stata l'autrice, si immedesima nel racconto, assorbe i sentimenti dei personaggi e il risultato finale è fantastico.

Se non mi crede, provi almeno a degnarsi di leggere un suo articolo! Oppure chieda a chiunque la conosca!- esplose Lizzie in difesa di Rory.

-Lizzie!- la riprese la signora Alcott. - Prova ancora a rivolgerti così e sei licenziata!- continuò a bassa voce con sguardo torvo.

Il signore accanto alla Nash, Robert Young, aspettò un attimo prima di alzarsi dalla sedia. Forse Lizzie aveva ragione. Ma prima che potesse aprir bocca, la Nash, con sguardo crudele, girò i tacchi.

-Arrivederci. - disse la Nash.

Rassegnato, anche Young salutò e fece per andarsene.

-Aspetti!- disse la Alcott – vi vorrei presentare Catherine More, dello spazio moda.

Lizzie la guardò indignata.

La Nash si arrestò sulla soglia per poi girarsi verso la Alcott.

-Vogliamo gli articoli. Ci vediamo domani mattina alle otto in punto. Spero che almeno lei non si presenti in ritardo!- disse acida.

-Che cosa?! Perché per...- sbottò Lizzie, subito zittita dalla Alcott.

-A domani!- salutò Margaret Alcott.

-Colpo basso, Margaret. Colpo basso.- disse roca, scuotendo la testa in segno di disapprovazione.

***

Era appena entrata nella sede del giornale, sconvolta.

Vide scendere i signori del Times e realizzò che non l'avevano voluta aspettare.

Le passarono accanto e la signorina rise del suo aspetto e di lei.

Rory abbassò la testa e una lacrima, in totale silenzio, scese lungo il suo zigomo e le rigò il viso arrossato per la camminata.

Si portò la mano sulla guancia e se la asciugò.

Salì le scale fino all'ufficio e si trovò davanti Lizzie e la Alcott.

-Rory!- le corse incontro Lizzie, abbracciandola.

-Ho visto che se ne stavano andando -disse cupa.

Lizzie allentò l'abbraccio e la guardò dispiaciuta.

-Domani vogliono avere un colloquio con Catherine. Hai perso l'occasione, Rory.- disse la Alcott, quasi come se la volesse sgridare.

-Credo che tu, inoltre, non sia più adatta a scrivere sullo spazio libri, dopo questa mi devi riprovare il tuo senso del dovere. Lavorerai con Lizzie. Ah, ti lascio andare a casa prima se vuoi cambiarti i vestiti.

Rory si sentì come se fosse tutto un incubo tremendo. Guardò la Alcott andarsene e si lasciò cadere sulla sedia accanto alla scrivania.

Lizzie scosse la testa e si avvicinò a Rory.

-Beh, almeno ti ha messa con me...- cercò di consolarla.

-Già.- disse cupa.

-Avanti, ti aiuto a trasferire la tua roba. Andrà tutto bene, ci sono io. Tranquilla.- l'abbracciò forte.

***

-Buongiorno squadriglia! Ciambelle e caffè per tutti!- esclamò pimpante Matt spalancando la porta.

-Ehi, guardate un po' com'è cotto il nostro amico! Fatto baldoria ieri sera con la tua piccioncina, eh?- chiese maliziosa Joanna.

-Può darsi...- sogghignò Matt – dov'è il campione?

-Jess è in ufficio, ci sono dei giornalisti che lo stanno tempestando di domande.- disse Gabe mentre afferrava una ciambella.

-Ne avrà ancora per molto?

-Non lo so... sono lì da mezzora, ormai...- disse Alf con la bocca piena.

-Lo aspetterò.- disse Matt alzando le spalle e prendendo una ciambella.

Dopo un'ora si aprì la porta dell'ufficio di Jess da cui uscì una mandria di giornalisti.

-Jess? Sei ancora vivo?- scherzò Joanna.

-Eccolo! Ehi, perché non mi avete lasciato neanche una misera ciambella?- domandò giocoso.

-Sai com'è, l'attesa, la fame...- disse Gabe.

-Sì, come no. È l'invidia, non l'attesa! Ammettetelo...- esclamò Jess, vantandosi un po'.

Tutti gli altri gli fecero il verso per poi scoppiare a ridere.

-Comunque, per la cronaca, il tuo caro amico Matt ti ha conservato una ciambella!- intervenne Matt.

-Visto? Lui sì che è un amico! Grazie Matt!- disse dandogli una pacca sulla spalla.

-È Meredith che lo rende così dolce!- lo prese in giro Joanna.

-Beh, sapete che vi dico? Che ognuno di noi dovrebbe trovare la sua Meredith, soprattutto voi, così forse sareste più gentili!- disse Jess azzannando la ciambella.

-Ti ricordo che io l'ho già trovata...- disse Alf, guardando Joanna.

-Mm... Joanna è un caso a parte. È tutto tranne che dolce!- esclamò Gabe provocando risate a tutti.

Joanna gli tirò un cuscino del divano e gli fece la linguaccia.

-A proposito di Meredith, com'è andata ieri sera?- domandò Jess.

-Bene, abbiamo ballato, cenato e poi...- arrossì.

-E poi?- chiesero curiosi gli altri.

-Mica dovete sapere tutto!- esclamò Matt.

-Le è piaciuta la collana?

-Sì, ne è stata entusiasta. - rispose sorridente.

-Bene, sono felice per te!

Matt si alzò e condusse per una manica Jess nel suo ufficio. L'amico, un po' perplesso, arrivato nel suo regno, si accomodò sulla sua poltrona.

-Perché siamo qui?- chiese a bocca piena.

-Ieri sera c'era anche lei, la ragazza del negozio di DVD. Ci hai ballato e sembrava che ci fosse qualcosa fra voi due...- spiegò a mezza voce.

Jess abbassò la testa e buttò nel cestino la carta della ciambella.

-Sì, c'era anche lei... abbiamo ballato...

-Jess, siete stati abbracciati anche dopo la fine della musica... tutti vi stavano guardando. Perché non mi hai mai parlato di lei?

-È una lunga storia, Matt... io...

-Jess, lo sai che sono tuo amico e che con me puoi parlare di tutto.

-Lo so, lo so...- restò in silenzio per qualche secondo e poi cominciò a raccontare. - Lei si chiama Rory e non è una qualunque... è stata la mia prima vera fidanzata, la prima che abbia mai amato. L'ho conosciuta quando avevo sedici anni, lo stesso anno in cui mia madre mi mandò da mio zio in Connecticut, in una stramba città chiamata Stars Hollow. Io (sospiro) non ero il ragazzo perfetto per una come lei, già fidanzata con uno stangone troppo melenso e che sinceramente, ogni volta che lo vedevo lo avrei preso a pugni. L'ho fatto, ma solo due volte. Per Rory.

Matt sorrise.

-Comunque, mi sono innamorato ma abbiamo avuto un incidente, per colpa mia. Mio zio mi ha rispedito a New York ed era meglio così, pensavo; mi sarei tolto dai piedi.

Matt scosse la testa.

-Sempre il solito, eh?

Jess sogghignò.

-Lei non restò molto entusiasta della mia partenza e così mi venne a trovare, con il suo polso ingessato per la frattura. Le telefonai una sera da Washington Square Park e dopo un po' di giorni è partita, saltando mezza giornata scolastica, lei che era una studentessa modello.

Abbiamo passato un pomeriggio che non si può scordare, le ho fatto conoscere New York, il negozio di dischi, la metropolitana, gli hot-dog . Poi l'ho accompagnata alla stazione dei pullman e le ho chiesto perché fosse venuta a trovarmi, lei mi rispose perché non l'avevo salutata. Ed è stato lì che ho realizzato che anche Rory provava qualcosa per me, il ragazzo difficile di New York, sempre tra le grane e che non ne fa mai una giusta.

Decisi di tornare a Stars Hollow e di andarla a trovare. Quel giorno era ad un matrimonio ed era bellissima, in un abito turchese e con i capelli raccolti dietro le orecchie. Le dissi che ero tornato e lei... mi baciò. Il primo vero bacio di tutta la mia vita. Mi sentivo felice dentro, il mio cuore batteva solo quando lei mi era a fianco e quel bacio mi infuocò. Lei però, stava ancora con quel deficiente alto due metri e così scappò subito, lasciandomi senza parole.

-Anche il caro e vecchio Jess allora ha dei sentimenti, c'è qualcosa dietro quella corazza...

-Certo, c'è un uomo a tutti gli effetti. Per tutta l'estate non si fece sentire e quando la rividi ero arrabbiato. Insomma, mi aveva baciato! E così mi “fidanzai” con un'altra, una certa Shane.

-Jess, non è così che si fa!- scosse la testa.

-Avevo diciassette anni! - si giustificò Jess. - Abbiamo avuto una discussione e non ci parlavamo nemmeno perché eravamo troppo impegnati a farci ingelosire a vicenda. Alla maratona di ballo il suo ragazzo, Dean, si rese conto che Rory continuava a fissarmi, e non era la prima volta.

Così la lasciò sulla pista e lei se ne andò al ponte, il nostro rifugio, piangendo. Andai da lei e ci dichiarammo...

-E vi siete messi insieme. Tu hai lasciato Shane e lei... ah no, lei era stata già lasciata. Vai avanti.

-Esatto. Siamo stati insieme per un po' di mesi ma ogni volta sentivo che l'avrei persa da un momento all'altro perché non la meritavo. Dean poi, con la scusa di tornare amici, ci provava con Rory e io mi sentivo... minacciato. Insomma, lo so che era la stessa cosa che avevo fatto io tempo prima ma... non era giusto, punto e basta.

-Beh, ti ha ripagato con la stessa moneta, è stato crudele, ma come lo sei stato anche tu.

-Lo so. Grazie, grillo parlante.

-Prego, Pinocchio. Lo sai che la coscienza per te c'è sempre.- gli fece l'occhiolino.

-Comunque stava procedendo tutto alla grande, saremo andati al ballo insieme, la cosa che Rory desiderava più di tutte, io avrei messo il vestito da pinguino (solo per lei) e avrei ballato.

Ma non si può partecipare al ballo di fine anno se vieni bocciato. Non sapevo come spiegarle e così... non le dissi nulla. Cercai di godermi la serata a cui eravamo ospiti cercando di...

-Ho capito. Non voglio i particolari. - disse coprendosi gli occhi.

-Matt, sto raccontando, non c'è nulla di visivo!

-Vai avanti, allora.

-Lei non volle perché non era il posto e il momento adatto. Non aveva torto, ma io ero troppo arrabbiato per darle ragione. Stavo facendo tutto per lei e quello stupido preside non mi faceva andare al ballo. Litigammo e Dean mi prese a pugni. Ma mi difesi bene, mi sfogai per tutte quelle volte che mi ero trattenuto. Arrivò la polizia e Rory mi chiamò preoccupata.

Non ci parlammo per un po' finché un giorno arrivò mio padre che mi offrì di andarmene con lui. Io non so a cosa stessi pensando, non lo conoscevo neanche, ma ero arrabbiato, volevo scappare e poi mio zio mi avrebbe cacciato fuori se non avessi ripreso la scuola. Così ne approfittai e presi un pullman per la California. La trovai sull'autobus ma non riuscimmo a parlare e a chiarirci. Le dissi del ballo ma non di mio padre, era già delusa e non volevo che ci rimanesse ancora peggio. Tornai dopo un anno per riprendermi l'auto che mio zio mi aveva rubato e...

-Ferma ferma ferma! Tuo zio cosa?!

-Per farmi andare a scuola invece che a lavoro mi sequestrò la macchina.

-Ingegnoso, lo zio.

-Già... ritornai e le dissi che l'amavo.- Jess si incupì in volto e guardò nel vuoto.

-Che cosa? Tu te ne vai e poi torni dopo un anno e... ma che diamine hai in quella testa di scrittore?!- esclamò Matt.

Jess restò in silenzio.

-Cosa ti rispose, almeno?

-Io... non... non lo so.

-In che senso, scusa?

-Sto solo dicendo che me ne sono andato prima che potesse rispondere!- disse alzandosi in piedi e prendendo a fare avanti e indietro per la stanza.

Matt scosse la testa e incrociò le braccia.

-Non ci siamo più visti per un po' e poi sono andato a trovarla e le ho presentato il mio primo libro... sembrava che potessimo tornare amici e chissà... ma c'era un biondino figlio di papà in mezzo, come sempre. Mi è venuta a trovare a Philadelphia e io... ci siamo baciati. Ma lei ha preferito quel riccone che si era preso anche la briga di insultare il mio libro senza neanche leggerlo.- scosse la testa e guardò il traffico dalla finestra.

-Jess, che mi combini? Avevi quella ragazza e te la sei lasciata scivolare così facilmente? Mi pare di aver capito che tu abbia fatto di tutto per conquistarla, l'hai rubata al suo ragazzo gigante e poi te la sei lasciata scappare?! Ma dico io, ma sei completamente scemo?! E poi pretendi che sia stata lì ad aspettarti dopo tutto quello che le hai fatto? Io non riesco a capire la tua logica. Non ha senso fare così!

Jess si sentì colpito dalle parole dell'amico e si rese conto di quanto fosse stato uno stupido.

Non aveva senso fare così, nessuno aveva mai vinto, né perso e nessuno aveva mai posseduto l'altro veramente. Chiuse gli occhi per rivedere il suo viso, come per chiederle scusa.

-Ho del lavoro da sbrigare, Matt.

-È sempre stata la tua migliore abilità cambiare discorso quando ti senti in colpa, non è così?

Perché non la chiami invece di fare il difficile e continuare a fuggire? Metti fine a questo tira e molla continuo!

-Non ho il suo numero – rispose voltandosi verso l'amico – E poi non avrebbe senso, me lo merito il suo rifiuto e il suo odio.

-Ok, siamo tutti d'accordo che la tua testa è bacata.- disse Matt, alzandosi dalla sedia – Forse non mi sono spiegato bene: tu devi andare da Rory. Chiamala, vai a trovarla a casa, a lavoro, fai un po' come ti pare, ma in qualche modo va' da lei. Non preoccuparti, il fine giustifica i mezzi ma ascoltami Jess, secondo me potresti avere un'altra, ultima possibilità.

Jess sospirò un po' di volte, guardando la porta.

-Lo farai?- disse Matt avvicinandosi all'amico.

-Va bene, lo farò...- rispose con un'unica emissione di fiato.

Matt asserì con il capo e lo lasciò al suo lavoro. Jess meditò su quanto aveva appena promesso e si portò una mano al viso. Non aveva altre scelte.

***

Quella giornata infernale per fortuna era giunta al termine. Pian piano la luce del sole veniva meno e lasciava spazio ai neon delle insegne dell'enorme città di New York.

Salì le scale, aprì la porta, con un sospiro liberatorio la richiuse alle sue spalle: era finalmente a casa. Diede due giri di chiave e mise il gancio, buttò la borsa sul divano, si tolse le scarpe, le guardò con dispiacere perché non erano più uguali dopo l'incidente con il tombino, si tolse la giacca, l'appese al piccolo albero apposito guardandolo con odio per quanto era accaduto la mattina, passò dal soggiorno ma evitò il malefico tavolino ingombrante e si buttò sul divano. Accese la televisione e cercò qualche film adatto al suo umore.

Si ricordò poi che doveva ancora mangiare, lo sentiva dal suo stomaco rombante.

Così si alzò e aprì il frigo, in cerca di qualcosa di commestibile. Non aveva fatto ancora la spesa, così afferrò il telefono bianco e compose il numero del ristorante cinese che le aveva consigliato Lizzie, ordinò e staccò. Ritornò quindi al suo divano e al suo film e il suo umore era davvero sotto i piedi. Forse era addirittura restato anche lui incastrato con il tacco nel tombino della quarta strada. Qualcuno suonò alla porta. Rory restò sdraiata, non aveva la minima voglia di aprire, chiunque fosse.

Il suono del campanello si fece più insistente e così pensò che potesse essere importante. Si alzò mentre dall'altra parte qualcuno premeva con tutta la sua forza il povero campanello laccato-oro.

-Arrivo, arrivo! Un attimo...- disse mettendosi le ciabatte.

Aprì la porta e si trovò davanti Jess.

-Ciao...- disse lui.

-Che ci fai qui?- domandò incredula.

-Beh... passavo di qui.

-Come hai fatto a sapere il mio indirizzo?

-Ho i miei informatori – disse con un sorriso malizioso – Posso entrare?

Rory spalancò del tutto la porta e gli fece segno di entrare.

-E così questa è la tua vera casa...- esordì guardandosi attorno.

-Già.- era piuttosto nervosa, lo percepiva dalla sua voce.

Rory gli fece segno di accomodarsi sul divano e spense la televisione.

-Come mai quel film triste? Non sei di buon umore?

Caspita, la conosceva davvero bene. Si accorgeva di ogni particolare, di ogni minimo cambiamento in lei.

Rory si spostò i capelli dal viso e si sedette accanto a Jess.

-Oggi non è stata una giornata delle migliori...- disse guardando per terra.

Jess la scrutò e notò che aveva gli occhi arrossati e lucidi.

-E perché non è stata una bella giornata?

-Non credo che ti interessi...

-Se te lo chiedo penso proprio di sì.

Rory sollevò la testa e lo guardò negli occhi.

-Ho perso un'occasione di lavoro... al Times, per la seconda volta. Mi sono rotta una scarpa, ho potuto dire addio al mio tailleur nuovo e mi hanno declassato. Non ho più lo spazio recensioni.- disse con la voce spezzata da un pianto imminente.

Jess non sapeva se consolarla o lasciar stare, e se ne stette zitto ancora per un po'.

-Lasciamo stare- disse tirando su con il naso- Credo che per avermi di nuovo rifiutata ci sia una ragione.

-Io credo di no. Tu sei brava nel tuo lavoro, Rory.

-Non puoi saperlo...se non mi hanno accettata credo che non sia più tagliata per questo lavoro.- cominciò a singhiozzare piano ma cercò di nascondere le lacrime con i capelli facendoli scendere sul viso.

Jess la guardò dispiaciuto e le spostò la ciocca dietro l'orecchio. Le prese la mano nella sua e si fece più vicino.

-Hai ragione, io non lo so. Ma ti conosco e so quanto vali. Non sei una nullità, tu sei tagliata per questo lavoro... non è mai finita, ricordatelo. Ti accetteranno e se non lo dovessero fare, beh, non sanno che stanno perdendo una validissima giornalista e soprattutto... non ti meritano. Ma tu devi continuare per la tua strada e continuare a provare. - disse Jess, quasi con un sussurro.

Rory lo ascoltò, ancora incredula che le stesse stringendo la mano, che fosse lì quando ne aveva bisogno. Gli occhi blu erano attratti come da una calamita situata negli occhi scuri di Jess; sembrò che gli stesse leggendo dentro l'anima.

-Grazie- sussurrò un po' balbuziente.

Spostò lo sguardo sulle loro mani incrociate e si sentì stranamente felice.

Jess avvicinò la mano sinistra alla guancia umida di Rory e le asciugò la lacrima appena scesa.

Erano pericolosamente vicini, ma nessuno dei due si allarmò più di tanto.

Rory socchiuse gli occhi e il suo torace si contrasse per far uscire le lacrime che fremevano ad uscire. Jess le si avvicinò e gli venne naturale cingerle le sottili spalle in un abbraccio. Rory si aggrappò alle spalle del ragazzo eliminando lo spazio rimasto.

Ora non aveva più importanza il tempo, il lavoro, tutto ciò che circondava quell'abbraccio:

c'erano solo loro due ed era questo l'importante.

Jess cominciò a staccarsi dalla presa ma Rory lo strinse più forte.

-Resta ancora qui...- gli sussurrò nell'orecchio.

Jess allora rafforzò l'abbraccio e le accarezzò i capelli, come non faceva da molto tempo. Era tutto ciò di qui lei aveva bisogno in quel momento, di qualcuno che le stesse a fianco e la stringesse, e lui era la persona giusta.

 

 

 

 

 

 

Allora, che ve ne pare? Il titolo arriva principalmente da "Lost in paradise" degli EVANESCENCE ma varie canzoni hanno fatto da colonna sonora al capitolo come "Let it be" dei Beatles, "Don't cry" dei Guns 'n' roses, "Secrets" degli OneRepublic, "Breathe" di Sia e "You and me" dei Lifehouse. Lasciate commenti.... :)

Litlover

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Capitolo 7
*** May I... ***


May I

 

May I hold you

as you fall to sleep.

When the world is closing in

and you can't breathe,

may I love you.

May I be your shield

when no one can be found

May I lay you down

(Trading Yesterday – May I)


 

 

Schiuse leggermente gli occhi per poi richiuderli immediatamente a causa della luce mattutina filtrata da una qualche finestra. Inspirò a pieni polmoni ed espirò con un largo sbadiglio, cercando di riprendere i sensi. Finalmente, con gli occhi aperti, si guardò intorno, nel tentativo di ricordare qualcosa della sera prima.

L'atmosfera non gli era molto famigliare: i mobili e l'arredamento non erano nel suo stile, c'erano un po' troppe finestre per essere il suo appartamento e la fragranza di caffè che profumava la casa non gli ricordò nulla di suo. Si stirò la schiena e percepì uno scricchiolare delle vertebre; restò ancora fermo dove si trovava a contemplare il luminoso appartamento e a rimettere in ordine i suoi pensieri ancora piuttosto confusi.

In posizione supina osservò in particolare il soffitto: era stato da poco intonacato, si poteva percepire dalla sua consistenza ancora un po' molle e dall'odore di vernice fresca. Realizzò definitivamente di non trovarsi a casa sua poiché il suo soffitto non era stato più intonacato dal 1985, anno di morte del proprietario originario dell'appartamento di Jess, un certo Rupert Gowan, sul quale giravano voci che fosse morto di solitudine e delusione amorosa. Si mise a sedere sul divano giallo per ottenere un'altra prospettiva e girò più volte la testa per cercare di confermare l'idea che si era fatto su chi potesse essere il proprietario. Il piccolo appartamento era pieno zeppo di libri; vari tipi di quotidiani erano messi disordinatamente sul tavolino alla sua sinistra; una tazza sporca visibilmente di caffè era tutta sola nel lavabo nell'attesa di essere lavata; svariati volantini di pizzerie e di ristoranti multietnici posti accanto a una guida telefonica aperta sulla sezione Gastronomia si trovavano sul tavolo in cucina; il televisore era silenzioso e spento, ma le custodie di varie videocassette erano aperte, probabilmente nel tentativo di essere viste; l'aroma di caffè profumava ogni angolo, perfino i cuscini e le cuciture del divano. Sogghignò leggermente quando i segnali del piccolo appartamento gli confermarono la tesi.

Si alzò dal divano e con passo felpato avanzò verso la camera da letto.

Pochi passi e si ritrovò davanti ad una porta chiusa, vitrea e colorata di bianco.

La scostò piano con la mano destra cercando di fare il minimo rumore e si fermò davanti alla soglia. Davanti a Jess si trovava un letto matrimoniale sul quale giaceva lei, raggomitolata su se stessa, avvolta dalle coperte e dal piumone azzurro. I capelli un po' arruffati riflettevano la luce solare acquistando un sorprendente colore rosso; gli occhi chiusi dalle lunghe ciglia presentavano un residuo di lacrime, e la bocca, morbida e rosea, era schiusa. I suoi respiri erano leggeri e delicati, accompagnati dall'alzarsi e abbassarsi del ventre. Le mani sottili erano allungate verso il cuscino, come se volessero abbracciarlo. Jess, non sapendo cosa fare, restò immobile sulla soglia, muovendo solo gli occhi scuri per osservare più accuratamente la figura di Rory. Una specie di istinto lo fece avanzare con i piedi scalzi verso il letto, mentre il cuore cominciava a pompare più sangue e l'adrenalina veniva rilasciata dal midollo spinale.

Si arrestò una volta arrivato a toccare con la coscia il materasso e cercò di pensare alle conseguenze a cui avrebbe potuto andare incontro. Col tempo aveva cercato di imparare come controllare la sua impulsività, così strinse i pugni e si girò di scatto.

Emise vari sospiri mentre il fiato si faceva sempre più irregolare. Chiuse le palpebre per tranquillizzarsi, ma non funzionò più di tanto.

Mosse una gamba per avanzare e decise di uscire dall'appartamento il più in fretta possibile. Si sciacquò il viso nel bagno, si diede una sistemata ai vestiti e si infilò le scarpe. Guardò per un'ultima volta la casa e mise la mano sulla maniglia. Qualcosa però, gli impedì di premere su di essa per uscire. Se fosse andato via così, senza neppure lasciarle un biglietto, senza un saluto, le conseguenze non sarebbero state sicuramente piacevoli.

Scappare era sempre stato il suo forte, ma in certe situazioni occorre rimanere.

Tolse piano la mano dalla maniglia fredda e si guardò i piedi.

Si passò una mano sulla fronte e tornò a sedersi sul divano giallo.

E ora?” si domandò. Rimase ad aspettare che si svegliasse, nel silenzio assoluto.

Tutto ad un tratto gli suonò il cellulare e comparve sul display il nome di Matt.

-Pronto?- rispose sussurrando.

-Perché sussurri?- gli chiese Matt, imitandolo.

Jess si alzò e si diresse verso il piccolo balcone, cercando di non fare rumore.

-Sono a casa di Rory- disse con tono normale.

-Cavolo! Non pensavo che mi avresti preso alla lettera!

Sul viso di Jess apparve una smorfia.

-Beh? Perché sei lì?

-Perché ti ho preso alla lettera. Ieri sera mi sono...

-Fermo fermo fermo! Ieri sera? Vuol dire che... Oh-mio-Dio!

-Matt! Non è successo niente!- lo zittì – Abbiamo SOLO dormito.

-Ah, okay...

-Lei sta ancora dormendo e io non so che fare. Insomma, me ne vorrei andare ma se lo facessi... sarebbe peggio.

-Mm. Sì, sarebbero guai.- confermò, pensoso.

-Come mai mi hai chiamato?

-Beh, perché volevo sapere dove fossi...- disse vago.

-Matt, dimmi la verità. Chi sei diventato, mia madre?

-Molto divertente. No grazie! Ok, ho dimenticato le chiavi e non posso aprire la libreria...- confessò infastidito.

-Ah, ecco! Non è la prima volta che dimentichi le chiavi da Meredith e poi mi chiami per avere la mia copia...

-Ehi, io non ho detto di averle dimenticate da Meredith! Potrebbe avermele prese un ladro in metropolitana!

-Sì, certo. Come se non lo sapessi... ecco a voi “Il ladro della metrò” in “Furti di chiavi”!- scherzò Jess, facendo un po' di teatro.

Matt abbozzò una falsa risata e restò in silenzio.

-Per quanto ne avrai, piuttosto? Sono già le nove e siamo in ritardo.

-Scusa non potresti chiedere a Joanna? O a Gabe?

-Ci ho pensato, ma Joanna ha il cellulare spento e Gabe... beh, lui non l'ho chiamato.

-Ecco. Bene, allora chiama Gabe, prova anche sul cellulare di Alf e nel caso nessuno ti rispondesse, sfonda il campanello di Joanna. Intesi?

-Ricevuto! Fammi poi sapere com'è andata con Rory...

-Se insisti... impiccione.

-Anche io ti voglio bene! Ciao! E fai il bravo!

Jess staccò, ridendo.

Si cacciò il cellulare in tasca e rimase ancora un po' sul balcone ad osservare il panorama urbano di New York, la sua città nativa. Il piccolo e colorato appartamento era al quinto piano di una alta palazzina, così forniva una buonissima vista dall'alto

della metropoli pullulante di insegne fluorescenti, taxi gialli, il cibo dei fast-food, la metropolitana, i numerosi grattacieli di nome e di fatto. Inspirò l'aria a pieni polmoni e la lasciò andare gradualmente come per assorbire ogni singola particella.

Dopo essersi liberato la mente, ricominciò a pensare riguardo quella mattina.

E se Rory si svegliasse?” si chiese. Contrasse i muscoli della mascella come per calmare il nervosismo crescente ma finì per irrigidire anche la schiena e i quadricipiti femorali.

***

Svegliata da una luce insistente filtrata dalla finestra accanto al letto, sbatté le palpebre varie volte prima di riuscire ad aprire completamente gli occhi chiari. Affossò il viso nel cuscino per riuscire a riaddormentarsi, ma non riuscì nel suo intento.

Gemette, con la voce soffocata dal lenzuolo e decise infine di alzarsi e cominciare la giornata. La testa le girava tutto in tondo e ogni minimo rumore le sembrò un caos allucinante. Con passi incerti cercò le sue ciabatte sotto il letto; ogni mattina succedeva così, sembrava quasi che lo facessero apposta per darle una svegliata. Se le infilò e si diresse verso la cucina illuminata e automaticamente aprì l'anta del frigo per bere un bicchiere d'acqua e togliersi la sensazione di gola secca. Quando si fermò a tracannare una bottiglia intera, si guardò intorno perché qualcosa le sembrò diverso.

Scrutò la zona giorno e alla fine si accorse che la porta finestra del balcone era socchiusa. Corrugò la fronte e, con passo felpato andò a vedere chi fosse stato a voler soggiornare sul suo piccolo balcone del quinto piano.

Con cautela scostò prima la tenda sottile e si ricordò della sera prima. Cominciò dunque a fare avanti e indietro davanti alla porta finestra prima di decidersi a scostare di poco l'anta lignea e salutare il suo ospite.

Jess si voltò non appena sentì la porta aprirsi alle sue spalle.

-Buongiorno...

-Ciao...

L'imbarazzo aveva raggiunto il suo massimo livello in quei pochi secondi di conversazione e si era impossessato del roseo colorito delle guance di Rory, infuocandole. La gola di Jess si seccò e per ricompensare l'umidità mancata cominciò a deglutire e tossire.

-Come mai sulla terrazza?- gli chiese, socchiudendo gli occhi per la forte luce.

-Non volevo fare rumore.- si limitò a rispondere.

Rory asserì col capo e incrociò le braccia sopra il livello dell'ombelico, giusto per fare qualcosa.

-Ti va se entriamo?

Jess annuì e la seguì fino alla piccola zona giorno.

-Allora... dormito bene?- esordì, una volta che si erano entrambi seduti sul divano.

-Sì, sempre meglio della scrivania o del materassino di Luke.

Rory si fece sfuggire un sorriso.

-Grazie... sì, insomma, grazie per ieri sera...- gli disse, un po' titubante sul da farsi.

Jess si strinse nelle spalle e prese a guardare fuori dalla finestra, come se fosse alla ricerca di una qualche via di fuga.

Rory si alzò e prima di scomparire del tutto dietro la porta del bagno restò a fissare Jess alle sue spalle, indecisa su cosa fare.

-Beh, direi che è meglio che vada...

-Va bene.- rispose secca, quasi senza accorgersene.

Jess asserì con la testa e si mosse in direzione della porta.

-Ascolta, - aggiunse prima di uscire – se ti va passa dalla libreria oggi pomeriggio... ti vorrei esporre un'idea.

Non la lasciò nemmeno rispondere che scomparì richiudendo la porta dietro di sé.

-Certo, come non detto.- esclamò Rory, battendo con la mano sullo stipite della porta del bagno.

 

How do I live without you?
How could you walk away from this,

just walk away from this again?
How do I live without you?
How could you walk away from this,

just walk away from this?
(Theory Of A Deadman, Hello Lonely)

 

*** Ore 17

-Ehi Rory, ti va se domani andassimo a cena fuori? Una serata solo donne!- incominciò Lizzie, una volta fuori dalla sala riunioni.

-Non lo so, Lizzie... avevo promesso a mia madre che sarei andata a trovarla a Stars Hollow...- rispose scuotendo la testa.

-Va bene, allora sarà per la prossima volta!

-Ehi Lizzie, - le chiese senza alcuna esitazione – ti va di venire con me in Connecticut?

-Dunque, domani è venerdì, così per lunedì saremo a casa...- fece due calcoli sul momento- affare fatto!

Rory le sorrise e posò tutto il materiale sulla scrivania, prese la giacca ed uscì dalla redazione. Quella sera non aveva per niente voglia di camminare, così decise di prendere un taxi. Si ricordò però dell'appuntamento che le aveva chiesto Jess quella mattina e cambiò così destinazione : - Mi porti sulla West 4th Street, per favore.

Dopo cinque minuti e qualcosa di più, scese dal taxi e rimase un po' spaesata a studiare la vetrina della “Truncheon Books”. Decise poi di entrare e si ritrovò dentro ad una libreria notevolmente cresciuta rispetto a quella primordiale di Philadelphia, con ancora più libri, separati come si deve per sezioni, poltroncine per la lettura sul posto, sale per club di letterati e addirittura un reparto “Introduzione alla lettura”.

-Cerchi qualcosa o qualcuno?- le domandò una giovane donna, dai capelli scuri e dall'acconciatura particolare.

-Ehm, io stavo cercando Jess.

-Certo! Vieni, ti accompagno!- disse cordialmente.

Il piccolo regno cartaceo era sorprendente: il sogno di ogni lettore.

-Jess, hai una visitatrice che ti cerca- gli disse sorridendogli.

-Grazie, Jo.

-Sei venuta, alla fine.- si rivolse a Rory, non prestandole nemmeno uno sguardo.

-Sì, eccomi qua.- confermò, ancora sorpresa dalla libreria.

-Siediti pure.

Rory seguì le indicazioni e prese posto su una poltrona rossa davanti alla scrivania.

-Vedi, -cominciò come se fosse un colloquio di lavoro – come hai potuto notare la nostra casa editrice si è trasformata oramai in una libreria a tutti gli effetti. Il problema è che, nonostante siamo abbastanza conosciuti, manca personale. Per arrivare al punto della mia richiesta, ti vorrei proporre, vista la tua attuale condizione lavorativa non molto soddisfacente per le tue capacità, se vorresti far parte della “Truncheon Books”.

-Beh... ti ringrazio per aver pensato proprio a me...

-Ci stai o no?- le chiese, composto.

Rory si domandò per un attimo perché dovesse avere l'improvviso sbalzo di umore.

-Accetto la tua proposta e ti ringrazio, Jess.- rispose con lo stesso suo tono.

Jess asserì col capo e si rilassò sulla poltrona girevole.

-Bene, Gilmore, ora ti spiego in cosa consisterà il tutto.

Rory lo guardò con aria di sfida, mordendosi il labbro inferiore.

-Avevo pensato che potresti lavorare con me per valutare gli aspiranti scrittori e, se vuoi, ti posso affidare anche il corso di scrittura creativa con Joanna o l'introduzione alla lettura, un piccolo club dedicato ai ragazzi sotto i sedici anni per appassionarli alla letteratura. A te la scelta.

-Mi alletta la proposta della valutazione di nuovi scrittori, ma i due corsi che mi hai esposto non mi sembrano affatto male.

-Beh, te li affiderei entrambi, ma non vorrei costringerti a lasciare il tuo lavoro al giornale.

Rory prese fiato prima della risposta definitiva.

-Opto per l'introduzione alla lettura e per l'analisi dei testi di nuovi possibili scrittori.

-Bene, se anche tu sei d'accordo, inizierai lunedì.

-Per me va benissimo.

-Okay.

Rory rimase in silenzio per poi rilasciare, assieme all'aria espirata, un flebile “grazie”.

-Non c'è di che.- le rispose, sorridendole.

-Ora è meglio che vada...- disse Rory, alzandosi in piedi.

-Bene, allora ci vediamo lunedì.- la salutò, accompagnandola all'uscita.

Rory annuì, aprì la porta e lo salutò con un sorriso grato.

Ricambiò e tornò nel suo ufficio.

Al ritorno decise di andare a piedi verso casa e così ebbe l'opportunità di conversare con Lorelai al cellulare.

-Domani ti verrò a trovare!

-Finalmente! Preparati a tutta Stars Hollow in festa!

-Non sarò da sola, mamma. Verrà anche Lizzie, la mia collega...

-Oh... beh, sempre meglio tre donne che due! Tranquilla tesoro, avremo l'occasione di stare insieme a mangiare schifezze un'altra volta!- disse Lorelai, come se le stesse facendo l'occhiolino.

-Ti avviso che Lizzie, nonostante il suo aspetto da donna perfettina, è peggio di noi in ambito di cibo spazzatura! Per quelle poche volte che fa uno sgarro alla regola della buona alimentazione, mangia come una fogna!

-Che stregoneria è mai questa?- chiese a bocca aperta.

-Non lo so! Dobbiamo armarci di nuove ricette, soldato.- disse, teatrale.

-Hai ragione, soldato 3445006! Vi aspetto, tutta la città attende il tuo ritorno, signore!

-Ricevuto! Ah, ho proprio bisogno di sentire l'aria di casa!

-Su quello non avrai problemi, segui l'aroma di caffè!

Rory rise e, arrivata all'appartamento, si stese sul letto.

-Buona serata e salutami Luke!

-D'accordo! Domani avrai una sorpresa...

-Sul serio? Quale? - cercò di corromperla.

-È un mistero misterioso! Lo saprai domani al tuo arrivo... un bacio e notte! Passo e chiudo!

-Mamma!

-Passo e chiudo!- sussurrò la madre.

-Va bene, mi arrendo! A domani!- concluse sorridente.

Restò sul letto disfatto ad osservare il soffitto e a rimettere insieme i pezzi della giornata. Avrebbe lavorato con Jess, “Mica male!” pensò.

Subito dopo le venne in mente la stranezza del suo carattere: aveva mille sbalzi di umore, si comportava ogni volta in maniera diversa e lei, sinceramente, non sapeva più cosa pensare e come agire ad ogni mutamento. Sospirò e scrollò le spalle dopo essersi alzata dal letto.

-Sopravviverai...- si disse, prima di afferrare una valigia e prepararsi il bagaglio.

 

All I want is to keep you safe from the cold...
to give you all that your heart needs the most.

(Trading Yesterday- May I)

 

 

 

 

 



 

 

 

 

 

NOTA DELL'AUTRICE: Allora, eccoci qui con il settimo capitolo di 'Wait for me'. Che ve ne pare fino ad ora?

Tra pochissimo arriverà la parte molto attesa, promesso!

Anticipazioni sul capitolo seguente: il capitolo 8 sarà pieno di sorprese e molto romantico...

Sarà perciò un po' più lungo rispetto agli altri, ma cercherò di non renderlo affatto noioso ma divertente! Bene, non mi rimane che lasciarvi alla lettura e augurarmi che continuiate a seguire l'evoluzione della storia! 

Grazie a chiunque passi di qui! 

A presto, Litlover

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Capitolo 8
*** Can it be the way it was? ***


Can it be the way it was?

 

 

The question of my heart

cames to my mind...

(The Killers – The way it was)

 

Il cielo era scuro, ornato da tante nuvole cinerine rigonfie, ma forse prometteva un cielo limpido. Si erano messe in viaggio da un paio d'ore e la cittadina di Stars Hollow si faceva sempre più vicina. Lizzie aveva la testa appoggiata al vetro del finestrino e probabilmente non percepiva il freddo contatto con il vetro sottile. Osservava il paesaggio scorrere alla sua destra, come se fosse stata ancora una bambina al suo primo viaggio in macchina. Cercava di accucciarsi il più possibile sullo stretto sedile, ma non riuscì a rimpicciolirsi più di tanto.

Rory aveva presa sicura sul volante e con abilità guidava la macchina, riuscendo anche ad osservare il paesaggio sovrastato da quel cielo pieno di cobalto, proprio come in quel dipinto che aveva visto al museo di Van Gogh quando era andata in Europa, pieno di emozioni struggenti, il colore intenso del blu che contrastava con l'arancione e il giallo del campo, l'orizzonte che segnalava la fine prossima, indicato da qualche corvo gracchiante in volo.

- Quanto manca? - chiese Lizzie, tra uno sbadiglio e l'altro dovuto alla stanchezza.

- Siamo arrivate - le rispose, svoltando a sinistra per addentrarsi tra le strade della città che le aveva dato i natali.

Lizzie si raddrizzò sul sedile, curiosa di conoscere quella strana cittadina della quale Rory le aveva tanto parlato. Un'atmosfera fiabesca circondò il veicolo in movimento e l'aria calorosa delle persone sembrò spazzare via le nuvole scure, lasciando spazio ad un cielo colorato di azzurro con qualche macchia di bianco.

Un cartello dello stesso colore del cielo segnalò l'inizio di Stars Hollow, farcita da risate e gioia. Dei bambini scorrazzavano spensierati nei giardini verdi, si nascondevano dietro l'albero più grande per poi balzare all'improvviso con un guizzo felino e buttarsi per terra, mentre ridevano di gusto, felici come non mai. Lizzie fu contagiata dalle risate dei bambini e, tutto ad un tratto, si immedesimò in quei piccoli corpi e scoppiò in una sonora risata.

Rory la guardò divertita e le prestò compagnia nel suo divertimento.

Arrestò l'auto di fronte al locale di Luke che era rimasto sempre uguale a come lo aveva visto l'ultima volta: l'insegna gialla con scritte rosse a forma di tazza regnava sospesa sopra al locale, ornato dalle stesse tende che coprivano metà della vetrata e con lo stesso colore sulle pareti. Rory fece strada a Lizzie e insieme entrarono nel locale, facendo suonare il campanello posto sopra la porta bianca.

Subito un aroma di caffè le invase, accompagnato dal profumo dei muffin appena sfornati.

Un sorriso comparve sul viso di Rory, felice come una bambina che torna dopo tanto tempo a casa. Luke non le aveva subito notate, poiché era intento a servire tra i tavoli caffè caldo e altre cibarie. Rory si avvicinò al bancone e si sedette su uno sgabello, com'era solita fare, mentre attendeva di essere servita.

- Cosa vi posso dare? - chiese Luke, senza guardarle in viso, armandosi prontamente di carta e penna.

- Ciao, Luke! - esclamò Rory, scoprendo i denti in un sorriso.

- Rory! - il suo viso si illuminò - Che ci fai qui?

- Una piccola visita...

- Bene, molto bene! Sono contento di rivederti!

- Anche io! - esclamò mentre si alzava per andarlo ad abbracciare.

Luke ricambiò il gesto d'affetto goffamente, come al suo solito. Rimase rigido, piegandosi un po' per cingere le spalle a Rory. Dopo questo imbarazzante momento di scambi d'affettuosità, Rory gli presentò Lizzie, che fu salutata con un sorriso incerto dall'uomo che non si sa da quanti anni portava lo stesso cappello da baseball che gli era stato regalato dalla moglie. Senza che nessuno glielo suggerisse, versò in due tazze capienti del caffè scuro, affiancando due pattini pieni di muffin e ciambelle.

- Mamma? - domandò Rory mentre sorseggiava la bevanda fumante.

- Dovrebbe essere qui a momenti – rispose, mentre riprendeva a vagare tra i tavoli.

Lorelai fu la terza quel giorno a far risuonare il campanello della porta nivea.

Il suo viso si illuminò quando intravide tra tutte quelle facce all'improvviso anonime il profilo della figlia. Si avvicinò da dietro, senza smettere di sorridere.

- Finalmente sei qui! - esclamò, sprizzando gioia da tutti i pori.

Rory si girò subito, appena percepì la voce della madre. Erano felici, come ogni volta che si rincontravano. Sembrava quasi che quegli occhi azzurri possedessero un potere tutto loro, ma che si attivava solamente quando combinavano la loro energia, perché quando si trovavano lontani, sembrava che quella luce magica si affievolisse, risplendendo al primo incontro.

Si abbracciarono per chi sa quanti minuti, nel tentativo di recuperare la polvere magica per la ricetta della felicità, mescolando con cura i sentimenti contenuti nelle scorze delle loro anime, unite da un filo che non può essere rotto.

Ci mancò poco alle lacrime entusiaste di quel contatto. Lizzie ne restò incuriosita.

- Mamma, lei è Lizzie. Lizzie, lei è mia madre Lorelai – le presentò, accompagnando le parole con le mani.

La donna dagli occhi di ghiaccio, in quel momento brillanti come due zaffiri alla luce solare, le sorrise, facendo qualche battuta come era solita fare.

Le tre rimasero un po' nella locanda a raccontarsi una parte della lunga storia vissuta a distanza, bevendo del caffè e mordicchiando qua e là negli spazi vuoti delle ciambelle.

Era tutto come una volta, le sembrò di essere tornata bambina; realizzò di essere tornata a casa.

*** Stars Hollow, ore 21

- Ehi, ma Paul Anka? Dove si è cacciato?

- Paul Anka? - chiamò Lorelai, affacciandosi alla rampa delle scale – Vieni qui, cagnolino! Avanti!

- Sarà di sopra a mangiarti le ciabatte! - scherzò la figlia, buttandosi sul divano.

Lorelai fece una smorfia ed emulò Rory, rovistando nel pacco ancora pieno delle patatine adagiato sul tavolino.

Lizzie sbadigliò, sbattendo le palpebre assonnate. Proprio come le risate, gli sbadigli sono contagiosi.

- Che sonno... - dichiarò Rory, dopo aver ingurgitato l'ultima patatina.

- Beh, suppongo vi siate svegliate presto, stamattina...

Lizzie confermò il pensiero di Lorelai con un altro sbadiglio, questa volta più ampio.

- Come ci organizziamo per la notte? - chiese Rory, aggiustandosi la coperta sulle spalle.

- Direi che potreste dormire in camera tua, se ci state – propose Lorelai, mentre scioglieva tra la lingua e il palato il residuo salato di una patatina.

- Ci proviamo – disse Rory, dando uno sguardo alla collega. - E se non ci stessimo?

- A quel punto a qualcuno toccherà dormire sul divano...

- Lo farò io, è da buona padrona di casa far riposare più comodi i propri ospiti. - confermò Rory, dopo una piccola pausa.

Ora che era tutto concluso le tre si misero il pigiama e, dopo essersi date la buonanotte, spensero le luci e si intrufolarono nelle coperte dei letti.

Rory cercò di tenere gli occhi chiusi ma qualcosa glielo impedì. Era come se si fossero risvegliati tutti i rumori della casa: il legno che scricchiola, la lavatrice che va, lo stereo accesso con una canzone a basso volume. Aprì gli occhi, nel tentativo di prendere sonno.

Sentì la porta aprirsi e riconobbe i passi di Luke, appena tornato dalla locanda.

Lizzie era sprofondata tra le braccia di Morfeo da un po' di minuti, ormai.

Il cuscino sotto la sua testa le sembrò ad un certo punto incredibilmente scomodo, come se fosse diventato duro come il marmo. Se lo sistemò varie volte, finché si arrese e si sfilò piano le coperte di dosso. Scalza si avviò verso la cucina, una volta controllato di essere completamente sola. Era buio, ma quelle camere le conosceva come le sue tasche e non fu un problema addentrarsi in quell'area scura. Aprì l'anta del frigo e bevve da una bottiglia d'acqua fresca.

Si sedette al tavolo, in attesa che qualcosa arrivasse. Percepì dei passi scalzi avanzare; sperò fosse tutto un sogno ad occhi aperti e che il sonno la fosse andata a prendere, ma non fu così: davanti a lei c'era sua madre e i suoi occhi brillavano come quelli dei gatti al buio.

- Come mai qui? - le chiese, prendendo posto accanto a lei.

- Non riesco a dormire – rispose, cercando di fare il minimo rumore. - E tu?

- Stessa cosa.

Rory restò in silenzio, ammirando il cristallo del bicchiere sul tavolo.

- Sai, - cominciò, dopo una pausa utilizzata per formulare bene le parole – c'è una cosa che devo dirti. Hai presente la sorpresa di cui ti avevo parlato?

La figlia annuì, spostando l'attenzione sulle parole della madre.

- Vedi, io ho scoperto di aspettare un bambino.

- Penso sia una cosa fantastica, mamma! - esclamò Rory, entusiasta.

Lorelai sorrise, ma sembrò che quel sorriso celasse una preoccupazione.

- Tu non pensi che sia bello? - domandò la figlia, scrutandole il viso al buio.

- No no, al contrario. Penso sia una cosa bellissima, ma...

- Che cosa?

- Ho paura. - dichiarò Lorelai, incupendosi.

- Perché dovresti avercene? Hai avuto me...

- Si parla tanto di aborti ultimamente... ho paura. Ho il timore che il mio bambino mi muoia dentro, senza mai scoprire il mondo.

- Mamma, tu non ti sei mai fatta preoccupare da queste cose... nascerà, e sarà bellissimo. - la rincuorò Rory, mettendole la mano nella sua.

Lorelai la strinse, mentre delle lacrime silenziose prendevano a rigarle il viso.

- Non ti devi fare troppi pensieri... andrà tutto bene.

- È che non è la prima volta, tesoro. - disse tra le lacrime.

- Non capisco... non è la prima volta che rimani incinta? - le domandò perplessa.

Lorelai fece cenno di no.

- È la seconda volta, se così si può dire. La prima volta avevo fatto il test ed era risultato positivo ma poi... l'ho perso. - dichiarò ancora una volta, raggomitolandosi su se stessa, come per proteggersi da un attacco esterno.

- Mamma... non lo sapevo... perché non me ne hai parlato? - disse, stringendola più forte.

- Avevo paura – disse Lorelai.

Rory le accarezzò la testa, come se i ruoli quella notte si fossero invertiti. Le mise il viso sulla sua spalla e la rincuorò.

Dopo una quindicina di minuti il pianto della madre cessò e Rory l'accompagnò in camera sua, consigliandole di dormire tranquilla. Ritornò in cucina e guardò l'ora: le ventidue e mezza. Decise di prendere il cuscino e una coperta e di sistemarsi sul divano, così la sua insonnia non avrebbe disturbato nessuno. Non seppe perché, ma nel chiudere gli occhi comparve la figura di Jess. Gli aprì di scatto, sorpresa da quel pensiero.

Una copertina di un libro si materializzò nella sua mente: Howl.

Senza rendersene conto si diresse verso la sua camera e cercò quel libro. Dopo averlo trovato tornò sul divano e lo tenne in mano, indecisa sul da farsi.

Uscì, cercando di non fare rumore e, coprendosi con qualche coperta prese a sfogliarlo, seduta sui primi scalini della casa. Le pagine un po' ingiallite erano piene di note ai margini, dalla calligrafia un po' incerta ma riconoscibile: era del ragazzo che scambiò un furto per un prestito. Era di Jess. Sorrise, ricordandosi di quella sera, quando entrambi erano ignari di cosa sarebbe accaduto in seguito. “Sarebbe stato meglio se ci fossimo fermati lì” pensò. Forse aveva ragione, chi lo sa. Era così strano rileggere quelle note e quelle pagine, suscitarono in lei varie emozioni, ma non riuscì a decifrarle tutte. “Quant'è tanto?” le venne in mente. Già, cosa voleva dire

tanto? Non ci aveva mai pensato, non si era mai azzardata a scavare nel significato delle parole. Un alito di vento le solleticò la faccia, come se avesse voluto accarezzarla.

Jess. Il mistero più irrisolto della sua vita. O forse no? E se avesse provato a cercare più in profondità il significato dei suoi gesti e delle sue parole? Probabilmente avrebbe cominciato a capirlo. Sbatté gli occhi, colta da un macigno sul cuore. Aveva cercato di comprenderlo in passato, e non era servito a nulla. Alla fine loro due erano uguali, erano le facce della stessa medaglia, ma nel contempo rappresentavano gli opposti, o meglio, le direzioni opposte.

Ma queste ultime non erano mai state parallele, ma incidenti: infatti dopo del tempo finivano per incrociarsi di nuovo. Chiuse piano il libro e sollevò il viso scrutando il cielo.

Sarebbe mai potuto tornare tutto come prima? Chi lo sa. Forse se lo avessero voluto.

*** Stars Hollow, ore 16

- E questa è la scuola di danza di Miss Patty... che te ne pare? - chiese Rory, dopo aver concluso il giro turistico.

- Niente male... è tranquillo, qui! - disse Lizzie, mentre inspirava a pieni polmoni l'aria pulita.

Rory le sorrise e contemplò il paesaggio di Stars Hollow come se fosse tutto nuovo.

- Pronta per tornare a New York? - le chiese, mentre passeggiavano verso la locanda.

- Sì, sono pronta. - confermò, dopo una breve pausa.

Entrarono nel locale di Luke dove le stava attendendo Lorelai per l'ultimo saluto.

Salutarono la donna e si sedettero accanto a lei su due sgabelli.

Luke versò loro del caffè in due tazze e poi tirò fuori da sotto il bancone un grande thermos.

- Questo è per il viaggio, se mai vi venisse voglia di un buon caffè... - disse, sorridendo.

Rory si illuminò e un sorriso comparve sul suo viso.

- Grazie, Luke! Il tuo caffè è il migliore di tutto il mondo! - esclamò.

- Ah, non esagerare... - ribatté lui, cercando di evitare di essere messo in imbarazzo.

Il telefono squillò e Luke si girò per rispondere all'apparecchio.

- Pronto? Ciao! Come stai? - esordì, ridendo felice.

Rory cercò di capire chi potesse mai essere al telefono ma non riuscì, era troppo difficile.

Soffiò sulla bevanda fumante e piano piano iniziò a sorseggiarla.

- Chi era? - chiese Lorelai appena il marito posò la cornetta.

- Jess. Finalmente mi ha richiamato! - disse Luke, contento di aver risentito il nipote.

Ci mancò poco che a Rory andasse di traverso il caffè, che rimandò giù a fatica con qualche colpo di tosse.

- Tutto bene? - le domandò Lizzie, posando la sua tazza per controllare che la collega stesse bene.

Rory annuì, mentre riprendeva a bere la bevanda calda.

- E cosa ti ha detto? - chiese Lorelai, curiosa.

- Mi ha parlato della libreria e che sta andando tutto alla grande...

- Situazione sentimentale? - domandò Lorelai, con aria impertinente.

- Mamma! - la rimproverò Rory, senza rendersene conto.

- Che c'è? È una domanda opportuna! Sono sua zia ora e ho il diritto di sapere se sta con qualcuna...

- Sono affari suoi, non ti immischiare. - rincarò Rory, con un tono severo.

Lorelai rimase stupita dalla reazione della figlia e la guardò confusa.

- Scusa, non pensavo ti desse fastidio sapere della vita privata di Jess... credevo lo avessi superato... - si difese Lorelai, riprendendo a bere il suo caffè.

- A me non importa di Jess! - chiarì Rory, ma la sua voce non era del tutto sicura di quella affermazione.

Lorelai le diede un'occhiata che la sa lunga, ma lasciò cadere lì la questione per evitare litigi.

*** Ore 16 e 30

Le due colleghe salutarono Lorelai e Luke e si avviarono verso la macchina per tornare a casa.

- Ma Jess è quello che ha vinto il premio? - chiese Lizzie, incuriosita.

- Perché ti interessa? - disse Rory, svoltando a destra.

- Così... - disse, scrollando le spalle. - È lui o no?

- Sì, è lui... - confermò Rory, cercando di essere più vaga possibile.

- Ora sì che si spiega tutto! - esclamò Lizzie, dopo aver avuto un'illuminazione.

Rory corrugò la fronte, non capendo le allusioni della collega. Decise di lasciar perdere e continuò a guidare.

*** New York, ore 9 del giorno seguente

Aveva detto a Lizzie che sarebbe stata al giornale nel primo pomeriggio, dopo aver lavorato nella mattinata alla “Truncheon Books”. Arrivò a destinazione in perfetto orario e non esitò a suonare il campanello. Quando la porta si aprì si sentì in un altro mondo, il suo mondo.

Era tutto così curato nei minimi dettagli: profumava di carta e inchiostro, il locale interno era luminoso al punto giusto, le poltroncine apparivano soffici e invitavano il lettore affamato di libri a sedersi, la musica era al volume opportuno, il legno degli scaffali era lucido e scuro, i vari manoscritti e i libri erano sistemati in modo perfetto.

Sorrise, contenta di aver messo piede in quel mondo fatto per lei.

- Ciao! - esordì la donna che l'aveva accolta il venerdì prima – Tu devi essere Rory, vero?

- Sì, sono io... - confermò, lievemente in imbarazzo.

- Piacere, sono Joanna! - disse, porgendole la mano tatuata e ornata da mille anelli e bracciali.

Rory gliela strinse e poi riprese ad ammirare la libreria.

- Vieni, ti accompagno in ufficio per mostrarti il programma. - disse Joanna, avviandosi verso il corridoio.

Rory la seguì, senza smettere di osservare gli ambienti attorno a sé.

Joanna aprì la porta e scoprì un ufficio caotico, una babele di manoscritti e fogli, il che poteva essere solo di una persona: Jess.

Venerdì non lo aveva visto perché si erano parlati nella sala lettura, molto più ordinata del suo reale ufficio.

- Eccoci. Questo è il regno di Jess, ma da adesso sarà anche il tuo. - disse con un sorriso. - Siediti, ti spiego cosa dovrai fare.

Rory obbedì, spogliandosi della giacca e della sciarpa.

- Dunque, aiuterai Jess nella valutazione di bozze di esordienti scrittori e se vorrai, potrai rilasciare direttamente qui una recensione per il giornale. Gli orari non sono fissi, però su questo mettiti d'accordo con Jess. Nel pomeriggio, dalle sei alle sette tutti i giorni tranne il sabato e la domenica, ti sarà affidato il club dell'introduzione alla lettura, con i ragazzi dai sedici anni in giù. Se ci sono problemi non esitare a denunciarli, va bene?

- D'accordo, grazie, Joanna! - rispose Rory, scoprendo i denti in un sorriso. - Jess è già arrivato?

- Arriverà verso le nove e mezza, ha detto. Probabilmente ieri è andato a letto tardi...

Rory pensò al peggio. Cercò di essere razionale ma le immagini che si erano materializzate nella sua mente glielo impedirono. Forse era stato ad ubriacarsi e poi a fare chissà quali cose con delle donne... scacciò via quei pensieri e ritornò alla realtà, cercando di restare impassibile.

Ma non era un'automa: era umana, e i sentimenti sono il nutrimento per la sopravvivenza dell'anima.

- Bene... ti presento al resto della squadra, che ne dici?

Rory annuì e seguì Joanna nel corridoio centrale.

Giunsero nella stanza dove aveva parlato con Jess e si ritrovò davanti a un piccolo gruppo di persone intente a fare colazione e a scherzare sugli argomenti più vari.

- Gente, attenzione! - ordinò Joanna, come un vero e proprio comandante – Lei è Rory e da oggi fa parte della nostra squadra.

- Benvenuta, Rory! - la salutò Gabe, mentre si alzava in piedi per prendere un caffè.

- Grazie – disse, sorridendo imbarazzata.

- Ci penso io a presentarti gli altri! - esclamò Joanna, con una smorfia sul viso. - Lui è Alfred, ma tutti qui lo chiamiamo Alf. Si occupa della tipografia e... sì, stiamo insieme. Lui è Matt, probabilmente lo avrai già visto alla consegna del premio. Se non lo sapessi, si occupa di poesia. Già, è un vero poeta, quando vuole! Colpa di Meredith che fa uscire il suo lato romantico.

Lui è Gabe, diminutivo di Gabriel. È un artista ed è lui il padre di tutte le straordinarie copertine che sono qua dentro. Io sono Joanna e mi occupo di controllare la grammatica nei testi. Domattina dovrebbe arrivare una certa Amanda, che mi aiuterà a fare la segretaria.

Rory seguì con attenzione la presentazione fatta da Joanna e sorrise alle sue battute. Le sembrò la donna che comanda in ogni casa, severa ma che in realtà vuole solo il bene della famiglia.

Amanda. Una nuova arrivata. Pensò potesse conquistare Jess ma subito si diede della stupida per la sua insensata gelosia.

- Buongiorno a tutti! - esclamò lo scrittore che tutti stavano aspettando.

- Ciao, Jess! Vieni qui! - disse Joanna, mentre prendeva posto accanto ad Alf.

Il ragazzo obbedì, dopo aver posato la giacca su una poltrona.

- Ciao – le disse, contento che fosse già arrivata.

Rory ricambiò il saluto con un ampio sorriso.

- Ho mostrato il programma a Rory, le ho fatto vedere l'ufficio e le ho presentato la squadra. Da adesso è nelle tue mani!

Jess restò imbambolato di fronte alla figura della ragazza, immerso in quell'oceano dei suoi occhi. Non sapeva come ma in quel momento era dotato di branchie e poteva finalmente tuffarsi e rimanere su quel fondale che aveva tanto desiderato, dopo anni che aspettava la sua vera patria: l'acqua.

- Jess? Ci fai il piacere di tornare tra noi? - scherzò Joanna.

Il ragazzo scostò lo sguardo, cercando di pensare ad altro, dopo essersi reso conto che tutti i colleghi si erano scambiati un'occhiata significativa.

- Iniziamo, ti va? - le domandò, ritornando alla realtà.

Rory annuì e lasciò la stanza dopo aver salutato la sua nuova squadra.

Una volta entrati nel loro ufficio, Jess chiuse la porta e si accomodò sulla poltrona dietro la scrivania. Le fece cenno di prendere posto accanto a lui e lei seguì le indicazioni, afferrando il block-notes dalla borsa con alcune penne.

- Stamattina iniziamo da qui: A gentleman in love, scritto da Aaron Freemen. - esordì, mentre mostrava alla nuova collega dei fogli scritti a macchina che nel loro insieme erano destinati a rappresentare una storia d'amore.

- Il titolo non sembra male – disse Rory, dando uno sguardo alle bozze.

- Già. Leggiamo insieme? - domandò, come fa un bambino la prima volta che invita un'amica a studiare a casa sua.

- Sì! - esclamò mentre sfoderava il suo più bel sorriso.

Quella mattina lessero metà dei fogli, poiché si persero in chiacchiere e a ridere come non facevano da tanto, troppo tempo.

Risentire la risata dell'altro fu piacevole e indispensabile; gli era mancato il suo sorriso e lei aveva sentito la mancanza della sua ironia.

*** Ore 13

Giunse l'ora di andare in pausa pranzo e Rory doveva recarsi da Lizzie.

Non voleva lasciare quel posto, ma il senso del dovere la richiamò e allora non ebbe altre scelte.

- Devo andare... - disse dopo aver concluso una risata.

- Di già? - le domandò, con uno sguardo languido da bambino.

Rory lo fissò negli occhi, allentando man mano il sorriso sul viso, perdendosi nelle scintille che scoppiarono dentro di sé ,tutte insieme.

Jess la emulò, avvicinandosi.

Osservò le sue labbra, ancora schiuse in un residuo di una risata.

Non pensò più a niente, si concentrò sul viso di Rory, che era divenuto ancora più bello crescendo.

Poteva percepire il suo respiro sulla sua pelle infuocata.

La sua bocca sfiorò la sua e una scossa elettrica colpì il suo corpo caldo.

Rory chiuse gli occhi e abbassò la testa. Non poteva ancora farlo, era troppo presto.

Aveva paura. Era combattuta: lei lo desiderava, ma si bloccò. La paura prese il sopravvento e spezzò il magico momento appena costruito; crollò come un castello di sabbia colto da un'onda del mare.

Jess inspirò, nel tentativo di regolarizzare il respiro. Si maledì per la sua impulsività e si scusò, senza esitazione. Si staccò dal suo viso e chiuse gli occhi, mentre cercava di distogliere lo sguardo dalla poltrona e dalla scrivania.

Rory chiese scusa a sua volta e avvampò ancora di più.

Si alzò dalla sedia e raccolse le sue cose, imbarazzata da quello pseudo- bacio.

- È meglio che vada... - disse, avvicinandosi a Jess.

- Okay – rispose con un'unica emissione di fiato.

- Ti volevo dare questo prima di andare – aggiunse, mentre tirò fuori dalla borsa un libro che Jess riconobbe subito.

- Howl. Come mai? - chiese, con un sorriso impacciato.

- Sono stata a Stars Hollow e non so come mai ma mi è venuta voglia di leggerlo.

Jess la guardò incuriosito.

- Ho aggiunto delle note a margine per te. - disse, ammirando i lineamenti del suo viso adulto.

Le diede uno sguardo perplesso.

- Ho cercato di interpretare il significato delle parole. Me lo hai insegnato tu... - concluse, sorridendo con un solo angolo della bocca.

Jess rimase in silenzio, nel tentativo di analizzare quello che gli aveva appena detto.

Rory accennò ad andarsene quando Jess la bloccò per un braccio e dolcemente la spinse a guardarlo negli occhi.

- Grazie. - disse, carezzandole il viso con il palmo della mano.

Rory gli diede uno sguardo intenerito e lo baciò sulla guancia.

Jess la osservò uscire, con il libro tra le mani e impaziente che il giorno successivo arrivasse, per poterle di nuovo parlare e per rivedere quell'oceano così cristallino.

Aveva cercato di capirlo in passato e dopo quella visita a Stars Hollow capì di essere disposta a provarci nuovamente. Anche se era trascorso tutto quel tempo c'era ancora la fiamma che bruciava sotto la cenere e la legna carbonizzata. Ma non è detto che si spenga, basta solo alimentarla.

Poteva tornare tutto come prima?

And for a second there, we'd won.

Yeah, we were innocent and young.

[..]I never was a quitter.

(The Killers – Miss Atomic Bomb)



 

NOTA DELL'AUTRICE: Sì, ho cambiato nome, ma sono sempre io! ;) 
Bando alle ciance, che ve ne pare?
Come avevo anticipato, il capitolo è parecchio lungo... 
Arrivando al succo: sono riuscita a renderlo interessante?
A voi la parola! :)
Cosa succederà dopo? Vi dico che la storia sarà in ascesa, ma con gli opportuni
alti e bassi... 
Traduzione frasi citate: 
1) La domanda dal cuore mi è giunta alla testa...;
2) E per un secondo avevamo vinto. Sì, eravamo innocenti e giovani. [..] Non sono mai stato uno che si arrende.
Bene, aspetto le vostre impressioni! :)
Grazie a chiunque sia passato/a per dare un'occhiata! ;) 
A presto,
Alix Green

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Capitolo 9
*** 'Cause it's a deadly game ***


'Cause it's a deadly game

 

Roll the dice, play your cards,

break the rules, that's who you are.

Whoever said play it safe never played the game.

Too many players but too many pawns, so many judges say what's wrong,

let them jump into the fire if they want to play.

(Theory Of A Deadman- Deadly Game)

 

 

Fissava quella matita chissà da quanto tempo, nell'attesa che la cifra digitale del numero nove cedesse qualche trattino e si trasformasse in uno zero spigoloso. Essere stata declassata fu un duro colpo per lei, sicché si era annoiata per tutta la mattina e si era ridotta a studiare una semplice ed insignificante matita. Suonò la sveglia delle quattro e Rory si destò da quella visione monotona, raccolse la borsa, la giacca e la sciarpa, spense il portatile ed uscì, senza pensare di salutare Lizzie.

- Ehi! Te ne vai così? - una voce dal corridoio la fece arrestare prima che potesse scendere il primo scalino della rampa.

- Lizzie, scusa... non ti ho nemmeno salutato – si scusò subito, avvicinandosi alla collega.

- Non fa nulla, non è quello il punto... - le spiegò, con fare materno – ti ho vista strana oggi, eri... spenta. Che cosa è successo?

Rory sollevò lo sguardo per poi abbassarlo e dirigerlo verso le punte dei piedi.

Lizzie scrutò il suo viso, per incalzarla a rispondere.

- Non so che cosa abbia oggi. - si limitò a ribattere, mentre si stringeva nelle spalle.

La collega la guardò preoccupata e inspirò nervosa, gonfiando il petto più volte.

- Ora devo andare – cercò di divagare, fremente di scappare da quel posto che tutto ad un tratto le sembrò solo una trappola mortale.

Lizzie non replicò e la osservò allontanarsi.

*** Truncheon Books, ore 17

Era da poco entrata e si sentiva stranamente scombussolata.

- Ciao, ti posso aiutare? - esordì una ragazza che non aveva mai visto prima.

Rory la guardò perplessa e poi si ricordò che poteva essere Amanda, la nuova segretaria, arrivata in mattinata.

- Amanda, vero? - le chiese, corrugando la fronte.

La giovane dai capelli ricci e rossi annuì, porgendole educatamente la mano. Rory la strinse con vigore, ma si sentì crollare le gambe.

- Tu sei?

- Rory, Rory Gilmore... - le rispose, pallida come un lenzuolo.

Amanda le sorrise e scomparì dietro allo scaffale dei fantasy.

Osservò i movimenti che riuscì a scorgere dalla sua posizione finché la voce di Joanna la destò.

- Rory! Vieni qui!

Obbedì e la raggiunse nella sala “Introduzione alla lettura”.

Quando aprì la porta blu si trovò davanti a un gruppo di ragazzini seduti e con le espressioni più varie e buffe stampate in faccia. Joanna era in piedi al centro del cerchio composto dalle sedie, intenta a presentare il corso a cui erano iscritti.

- Eccoti! - esclamò con un sorriso – Bene, lei è Rory Gilmore e sarà la vostra guida che vi aiuterà a conoscere i grandi classici della letteratura, qualche accenno al giornalismo e alla scrittura.

La massa di studenti non reagì a quella specie di preambolo, fissando incerti la figura di Rory.

- Bene... - disse Joanna per colmare il silenzio insostenibile – Buon proseguimento!

Rory accennò un sorriso impacciato e seguì il rumore dei passi della collega fino al corridoio.

Chiuse la porta e prese posto su una seggiola riempendo un buco della circonferenza.

L'imbarazzo era elevato, e tutti fissavano tutti. Stavano lì a guardarsi negli occhi, senza sapere che dire o che fare. Dopo qualche minuto passato così, Rory si decise a parlare.

- Ciao, io sono... ah, questo lo sapete già. - cominciò, stizzita. Parlare in pubblico non era mai stato il suo forte, si riteneva troppo timida per usare la sua flebile voce come un megafono per farsi sentire da un pubblico. - Perché non facciamo innanzitutto un giro di nomi?

I ragazzini annuirono, sistemandosi sulle sedie.

- Io mi chiamo Pamela, ma potete chiamarmi Pam... - iniziò con un sorriso imbarazzato una ragazzina dai capelli mossi e scuri come l'ebano.

Rory le sorrise e le diede il benvenuto. Il giro andò avanti.

- Sono Brooke e vorrei chiarire che mi hanno obbligata i miei. - disse una ragazza bionda e con gli occhi verdi.

- Sono sicura che non ti dispiacerà questo corso, Brooke. Sarà interessante, vedrai. - la rassicurò Rory, cercando di prenderci la mano.

L'altra la guardò dubbiosa, mentre si arricciava una ciocca dorata con un dito.

- Io mi chiamo William, ma è troppo lungo da dire, quindi chiamatemi Will, va bene?

Il gruppo annuì in sincronia.

Concluso il giro di presentazioni, Rory cominciò a distribuire una copia di Piccole Donne a ciascuno e a farne leggere a turno una pagina.

Dopo una mezzora decise di fare qualche minuto di pausa nel vedere la stanchezza di quei piccoli lettori in erba, frementi di scambiare quattro chiacchiere.

Sorrise a quella visione, si sentì un po' la madre di tutti i ragazzini là dentro.

Girò la testa e dalla piccola finestra sulla parete poté intravedere Jess e Amanda alle prese con un consistente dialogo.

Il sorriso si alleviò pian piano dal suo viso e un senso primitivo di gelosia invase il suo corpo.

Continuavano a ridere mentre parlavano di chissà quali argomenti, e si sentì infastidita da ciò, cominciando a deglutire per calmare il tasso troppo elevato di stress.

This is the end,

hold your breath and count to ten,

feel the earth move and then

hear my heart burst again

(Adele-Skyfall)

Il suo petto si era gonfiato come quello di Lizzie in mattinata,

nascondendo lacrime e rabbia trattenute da un po' di tempo. Doveva accadere, era già successo in passato con Shane, ma sembrò che fosse di nuovo la prima volta, anche se in quel momento Dean era assente. Si diede della stupida inconsciamente, senza stare neppure a cercare il motivo di quella autoaffermazione. Contò fino a dieci, ma già al cinque il suo cervello era andato in fumo, accecato da quello che aveva dinanzi, separato da una lastra di vetro.

- Oh oh, qualcuno è geloso! - esclamò Brooke, ritrovando la sua posizione di regina dello scoop amoroso.

Rory si voltò, sentendosi scoperta. Tentò di camuffare la rabbia crescente ma gli occhi verdi di quella ragazzina quattordicenne sapevano trovare anche la più piccola traccia di gelosia.

- Ho indovinato, non è così? - le chiese, retorica.

Rory tacque, confermando con il suo silenzio le supposizioni di Brooke.

Il gruppo di ragazze andò a comporre un semicerchio attorno a Rory, come un vero e proprio consiglio di alleanza femminile.

- Allora, raccontaci tutto.

- Non c'è nulla da raccontare! - chiarì infastidita.

Brooke la guardò scettica, sollevando un sopracciglio.

Rory cercò una via di fuga da quegli smeraldi così curiosi.

- Ci avanza mezzora, hai tutto il tempo – le disse dopo aver dato un'occhiata all'orologio da polso.

- D'accordo... ma che rimanga tra noi, intesi? - chiese, scrupolosa. Anche i ragazzi furono incuriositi da quella piccola riunione e presero posto agli angoli del semicerchio.

Brooke diede la sua parola, così come tutto il resto del gruppo e Rory cominciò a parlare.

- Noi... noi stavamo insieme, ai tempi del liceo. Non è finita bene, ma è conclusa, abbiamo già toccato l'epilogo. - si limitò a spiegare, imbarazzata da tutti quegli sguardi addosso.

Brooke scosse la testa. - No, no. Così non va bene! Lascia perdere l'epilogo o quello che è, a noi interessa la trama! Il succo, la polpa, lo scheletro della vostra storia! Che poi, tra l'altro, non mi sembra affatto conclusa...

Rory sbuffò, stizzita dalle richieste insistenti di Brooke. - Va bene, va bene! Sedetevi...

I ragazzi obbedirono.

- È arrivato a Stars Hollow, la mia città natale, da New York quando avevamo sedici anni e il nostro incontro è stato strano, devo ammettere. Sapete, mi è sembrato il tipico ragazzo sbandato, un tipo che sta a capo di qualche gang, di quelli che si credono fichi ma che in realtà sono solo dei montati, ma nello stesso tempo una persona fragile e bisognosa di attenzioni. Tuttavia, quella serata non fu un granché, lui sgattaiolò via dalla nostra casa durante la festa di accoglienza in suo onore, rubandomi un libro. Quando lo rividi il giorno dopo cercò di attirare la mia attenzione con uno strano gioco di magia, - rise al ricordo – e mi consegnò il mio libro dicendomi che l'aveva preso in prestito e non rubato perché voleva aggiungermi qualche nota a margine... rimasi perplessa, dato che mi aveva detto di non essere un gran lettore, ma mi aveva mentito, chiedendomi cosa volesse dire leggere tanto. Lo lasciai con una citazione che doveva indovinare e lui non mi deludette, rispondendo in poco tempo. Io ero fidanzata e dopo qualche tempo che ci frequentavamo, al mio ragazzo, a mia madre e all'intera città cominciarono a sorgere parecchi dubbi riguardo la nostra amicizia. E non avevano torto... ricordo ogni istante di quei giorni, di tutti i battibecchi, di tutte quelle volte che volevamo farci ingelosire a vicenda... ogni particolare della sua corte non più di tanto camuffata. Arrivò poi la serata decisiva, durante la maratona di ballo, quando Dean, il mio ragazzo, mi lasciò in pista, stufo di vedere quel teatrino di sguardi e mosse che nascondevano un sentimento non di poco conto.

Non posso che dargli ragione, io mi sono comportata scorrettamente nei suoi confronti perché mentre eravamo fidanzati dopo una visita a Jess in seguito a un piccolo incidente, l'avevo baciato durante il matrimonio di un'amica di mia madre, successivamente al suo ritorno in città, probabilmente solo per starmi accanto. Insomma, in poche parole, eravamo consapevoli dopo quella giornata a New York di esserci innamorati. Ci fidanzammo e quei mesi furono i più belli di tutta la mia vita. Purtroppo non durò molto per colpa di entrambi, tra litigi e incomprensioni tutto si concluse con una lite tra Dean e Jess, la bocciatura del mio ragazzo, l'impossibilità di partecipare al ballo di fine anno, la sua partenza per la California.

Tutto andò perduto e mi sentii malissimo, mi crollò tutto addosso, i miei sentimenti felici evaporarono e mi consumarono. Potevamo impegnarci di più, ma non ci abbiamo mai provato realmente. Forse per orgoglio, forse per la nostra testardaggine... tuttavia, mi chiamò il giorno del mio diploma, il mio giorno speciale, e sì, me lo rovinò con quella stupida chiamata muta.

Fece parlare me, era troppo vigliacco per scusarsi, lasciò a me il compito di chiudere a chiave la porta che ci divideva. - le lacrime si erano bloccate agli angoli degli occhi blu, fermate dalla rabbia nelle sue parole. - Tornò dopo un anno a comunicarmi i suoi sentimenti e mi disse che mi amava, ma non mi diede il tempo di rispondergli e scappò, come era nel suo stile, e lo è tuttora. Dopo ciò io sbagliai. Ricominciai a rivedere Dean e tutto confluì nella ripresa della nostra relazione, nonostante lui fosse sposato... non so perché lo feci; forse per colmare il vuoto che Jess mi aveva lasciato, ma sbagliai, perché non lasciai il tempo alla ferita del mio cuore di rimarginarsi, facendola rimanere aperta e vulnerabile. Frequentai il college e lì mi fidanzai con Logan, molto diverso da me, ma che, alla fine, mi fece diventare come lui.

Non so come mai ma dopo Jess cercai il suo opposto, e nello stesso tempo il mio opposto.

Tentai di adeguarmi, ma lui ritornò e scombussolò il mio equilibrio. Mi presentò il suo libro e mi ringraziò di essere stata la sua fonte di ispirazione. Rimasi lusingata da quella versione più matura del mio ex ragazzo e la ferita riprese a sanguinare. Ci fu un confronto fra Logan e Jess disastroso, al termine del quale Jess mi fece il punto della mia situazione, mi sgridò. Ma lui dov'era stato per impedire tutto ciò? Era fuggito. Ed è per questo che mi arrabbiai ancora di più. Ma riuscì a farmi passare un periodo di crisi con Logan, lo andai a trovare alla sua libreria a Philadelphia e ci baciammo. Ma io troncai quel momento a causa della mia rabbia.

Tutto qui, ragazzi. È tutto finito. - concluse, riprendendo a guardare Amanda e Jess, che le sembravano avere una paresi facciale causata dai troppi sorrisi.

- Oh. Cavoli, si fa turbolenta la questione... - ammise Brooke.

-Già! Ma perché non provate a parlarvi di nuovo? Magari potreste trovare un accordo, una fine come si deve, chiara e concisa una volta per tutte... - consigliò Pam, stringendosi nelle spalle.

Rory non rispose, persa in quella visione così fastidiosa, soprattutto dopo quello che era successo il pomeriggio prima.

- Non lo so... forse hai ragione, Pam. Ma sono stanca di provare, credo che sia tutto qui.

- Io non ne sarei così convinta... secondo me potreste riscoprire qualcosa che credevate aver dimenticato.

Rory si girò verso Pam e la fissò negli occhi scuri, simili a quelli di Jess.

- Comunque sia, è già ora di andare... ci vediamo domani pomeriggio! - disse, alzandosi e aprendo la porta.

- Mi piaci, Rory. Sai, sei una in gamba! Credo che questo corso non sarà poi così tanto noioso come credevo... - le confessò Brooke, dopo essersi messa la sciarpa al collo.

Rory le sorrise grata di quelle parole e salutò il piccolo gruppo.

Finalmente Amanda si staccò dal posto accanto a Jess e le passò accanto, felice come una che si è appena... presa una cotta. Pensò al peggio e la gelosia salì alle stelle.

- Ehi, Rory! Com'è andato il primo pomeriggio? - le chiese una voce maschile alle sue spalle.

- Bene. - rispose a Jess, fredda. - E così quella è Amanda...

- Già... sembra simpatica!

Rory emise un sospiro preoccupato. - Già.

- Tutto a posto? Sei pallida.... - le disse, alzando una mano per toccarle la fronte.

Rory schivò il gesto, infastidita dal suo contatto.

- Sto bene. - disse, guardandolo ferita.

- Se lo dici tu... - si lasciò scappare in un unico soffio.

- Sì, lo dico io! - rincarò, acida.

- Ma che ti prende? - le chiese, stupito dalla sua reazione. La prese per un polso e la condusse nel loro ufficio, per avere più privacy.

- Allora? Che ti è preso?

Rory gli mise il broncio, proprio come fanno i bambini quando si offendono.

- Vieni qui... - le disse, cercando di abbracciarla.

- No! Non voglio il tuo abbraccio! - urlò, tremante.

Jess sbarrò gli occhi, sorpreso dal suo comportamento.

- Dio, come mi odio in questo momento! - urlò, mettendosi le mani tra i capelli. - Io ti detesto, Jess! Perché ogni volta fai così? Perché diavolo sei tornato a rovinare tutto, dopo che te ne eri andato? Perché? Perché non puoi lasciarmi in pace una volta per tutte? Perché mi vuoi così male? E io, sai che ti dico? Che sono ancora più stupida! Mi lascio abbindolare da te, dai miei sentimenti, dal tuo sorriso, venendo a lavorare qui, affianco a te, senza pensare che potrei vederti flirtare con una donna che non sia io, diventando gelosa! Io non lo so perché continuiamo a fare questo gioco mortale, Jess. Finiremo con l'ucciderci a vicenda! - sbottò, esasperata.

- E io cosa dovrei dire di te, Rory? Eh? Secondo te come mi sono sentito quando ti ho vista con Logan? Lo so, ho sbagliato a lasciarti in quel modo, ma è stato un brutto colpo anche per me!

- No, non lo è stato! - gli urlò contro, con le lacrime agli occhi. - Tu te lo meriti, Jess! Sei tu quello che non sa rimanere, sei tu quello che scappa appena la situazione si fa ardua, sei tu quello che continua ad illudermi!

Jess la guardò, ferito. Lo aveva colpito nel suo punto debole.

Rory rimase a respirare affannosamente, dopo quello sfogo così violento.

- Hai ragione, finiremo per ucciderci a vicenda. - le disse, cupo.

- Io non voglio avere ragione, Jess! Io voglio che tu cambi! Perché non c'eri quando ne avevo più bisogno? Potevamo avere molto di più, lo sai. Siamo solo al prologo, Jess. Ma credo che il nostro romanzo non verrà mai pubblicato se continuiamo in questo modo! Perché te ne sei andato quando mi hai detto che mi amavi?

Jess rimase in silenzio, non sapendo come risponderle.

- Come sospettavo, non lo sai. È questo il punto: tu non te ne rendi conto. Non ti importa di me veramente, Jess. Non faresti così, altrimenti.

- Maledizione, Rory! Sono scappato perché sapevo già la risposta, avevo paura! Sei contenta, ora? - le urlò contro, esasperato.

- No. - gli rispose, con la voce soffocata dalle lacrime. - Non sono contenta perché io ti avrei dato un'altra opportunità. Se la pensi così vuol dire che non mi conosci veramente, Jess. Io sarei restata con te per sempre... ti avrei seguito in capo al mondo, ti avrei supportato in ogni decisione, avrei scalato l'Everest senza paure purché tu fossi al mio fianco. Sei solo un'idiota se pensi questo, perché ti avrei risposto con “anche io”.

Jess la guardò con l'impotenza di chi sa di non poter cambiare un errore passato.

Rory si asciugò le lacrime con il dorso della mano e uscì dall'ufficio, incapace di restare lì ancora per un secondo.

Qualcosa dentro quegli occhi scuri andò in frantumi, come quella sera che era andato a trovarla al campus. Si sarebbe messo a piangere, ma decise di continuare a soffrire in silenzio, nascondendo l'afflizione all'interno della sua scorza.

Si sentì uno stupido, ancora una volta.

Si era lasciato scivolare tutto dalle mani, quando invece avrebbe potuto vivere i giorni più belli della sua vita. Stavano giocando a un gioco mortale dove qualcuno non ne sarebbe uscito illeso se avessero continuato. Cercò una soluzione, ma la sua mente era troppo offuscata per ragionare come si deve. Lo sapeva fin dall'inizio che sarebbe successo, lo aveva immaginato continuamente, la questione dell'abbandono era stata sempre occultata per evitare il litigio che avrebbe distrutto tutto; la bomba ad orologeria era appena scoppiata, distruggendoli.

Era troppo tardi per disattivarla, il passo successivo era di rimediare ai danni dell'esplosione, rimanendo davanti al problema una volta per tutte.

 

Skyfall is where we start

A thousand miles and poles apart

When the worlds collide, and the days are dark

You may have my number, you can take my name

But you'll never have my heart

Let the skyfall, when it crumbles

we will stand tall,

face it all together.

(Adele-Skyfall)

NOTA DELL'AUTRICE: Buongiorno a tutti! 
Innanzitutto scusate per l'attesa enorme, ma ho avuto dei problemi di salute e non ho potuto pubblicare nulla! :(
Questo capitolo è un po' triste, ma insomma, prima o poi sarebbe accaduto. 
Ciò è il primo problema, il primo basso degli alti da affrontare prima della salita...
Caspita, siamo già al capitolo nove! Per quanto andrà avanti? Non lo so. 
Ancora per qualche capitolo, suvvia. Secondo me questa storia non è poi così male come credevo, anche se tiene molto sulle spine, devo ammetterlo!
Tra poco arriverà la vera salita, prometto! 
Beh, buona lettura e grazie mille per le bellissime recensioni che mi avete lasciato!
Ringrazio tutti quelli che passeranno di qui! A presto! :)
Un saluto di cuore, 
Alix Green

 

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Capitolo 10
*** Just... kiss me slowly. ***


Just... kiss me slowly.

 

Lost, sweetest things get lost In the static far away
Painted pictures of you ; I fold Don't want to be holy then Don't want to be sold again
The way I was with you I'm short of breath, I'm sure Gone
let it wash away the best I had Gone and when I disappear
Don't expect me back, don't expect me back
(Matt Nathanson – Gone)


Se ne era andata via piangendo. Non sapeva più che fare dopo quello che era successo. Certo, doveva rimettere assieme i cocci, ma era a conoscenza che il vaso ricostruito non sarebbe mai riuscito ad eguagliare l'opera originale. Forse l'aveva persa per sempre. O forse no, era solo una percezione sbagliata. Jess non dormì quella notte; se ne stette immobile nel letto a fissare il soffitto e si trattenne per non piangere.

Sì, anche se sembra strano lui conosceva il pianto. Era forte, ma il suo cuore stava sanguinando; si sentiva terribilmente in colpa, ma nello stesso ferito dal comportamento di Rory. Aveva incubi da quando l'aveva conosciuta, dove lei scivolava via dalla sua presa e precipitava sempre più giù, verso un abisso, un buco nero che risucchia tutto ciò che gli sta intorno. Erano stati troppo orgogliosi, avevano sbagliato il primo passo; stavano inciampando insieme sui loro stessi piedi. Si era innamorato perso, ed era proprio per questo che soffriva ancora di più. Gli aveva sconvolto la vita, era così diversa dal suo tipo ideale di ragazza, ma aveva provato da subito una certa attrazione verso di lei che era indescrivibile. Gli opposti si attraggono, questo è vero; ma, tuttavia, loro erano dei finti opposti. Rory e Jess erano uguali, si completavano a vicenda, forse senza saperlo neppure; ma era così. La amava, questo era più che ovvio. Il suo cuore non aveva mai provato un'emozione simile, poiché si era soffermato all'apparenza, alla fredda e insignificante superficialità di una ragazza. Ma con Rory non era possibile. No, lei meritava di più. Lei doveva essere amata in profondità, fino all'ultimo atomo del suo corpo, fino all'ultima particella della sua anima. Non si sentiva alla sua altezza, si sentiva incapace di ottenerla.

Era inutile negare ciò che nutriva per quella donna che era stata un'impacciata ragazzina che sognava Harvard. Non gli piaceva definire Rory Gilmore come “l'amore della sua vita”, perché risuonava troppo sdolcinato, ma il significato di quegli occhi blu era proprio quello.

No, non avrebbe permesso che fuggisse di nuovo, anche a costo di fare la figura dello scemo o del pazzo: lui era pronto, ora. Era stufo della scia di rimpianti che avevano lasciato alle loro spalle, non si accontentava più dell'amaro in bocca rimastogli da tempo. Si alzò di scatto dal letto e si ripeté: “Tu devi farcela”.

 

 

Forse aveva per l'ultima volta mollato la spugna. Probabilmente tutto era andato perso.

Era stanca di provare. Dopo quello sfogo così violento pensò che potesse esserci solo la fine.

Lo amava ancora tantissimo, ma si sentiva impotente di cambiare ancora una volta le carte in tavola. Era rimasta senza idee. Non poteva finire così; era ancora tutto incompleto. Ma non sempre è possibile trovare una conclusione degna di come sia iniziata la storia.

La penna non scriveva più; forse doveva comprarne un'altra o semplicemente buttare tutto nel cestino e abbandonare a metà l'opera. Si mise a letto, nell'attesa che qualcosa si trasformasse in sua assenza.

 

Where there is the desire there is gonna be flame?

Where there is the flame someone's bund to get burned?

But just because it burns doesn't mean you gonna die

You gotta get up and try.

(P!nk-Try)

- Rory? Ci sei?

- Mm? Sì, sì.

Lizzie la guardò, un po' scettica.

- Che c'è?! - le chiese, infastidita.

- Oh niente... diciamo che un'ameba sarebbe più socievole di te, ma niente di particolare, per carità! - disse, ironica.

Rory sbuffò come una bambina capricciosa.

- Mi vuoi dire che cos'hai o devo rimanere nel mistero per il resto dei miei giorni?

- La seconda! - esclamò scherzosa.

- Seriamente, dai. Che è successo?

- Nulla... - disse, svogliata. - Non ne voglio parlare.

- Come vuoi... ma sappi che se vuoi picchiare qualcuno puoi contare su di me.

- Cosa? Proprio tu?! - la prese in giro, scoppiando in una fragorosa risata.

Lizzie tirò fuori la lingua e strizzò gli occhi, come per farle una specie di verso.

- Torniamo a lavoro, che è meglio! - concluse, riprendendo in mano i fogli con gli appunti.

La collega permise ancora per un po' al suo sorriso di rimanere sulla sua faccia.

 

- Ciao, Jess!

Si girò, non riconoscendo la voce che lo aveva appena salutato.

Davanti a lui c'era Amanda e gli sembrò che ci stesse provando.

Strabuzzò gli occhi, tra lo stufo e l'imbarazzato.

- Ciao, Amanda!

- Aspetta, ti volevo dire una cosa! - lo fermò prima che si rintanasse nel suo ufficio.

Jess si arrestò sulla soglia, giusto per sentirsi più al sicuro.

- Ti va di uscire con me stasera? - chiese, tutto d'un fiato – Non è un appuntamento, è solo un invito innocente... mi stai molto simpatico e, insomma, mi piacerebbe stare con te! Non in quel senso, insomma, cerco di farti capire che...

- Amanda, - la zittì, sorridendole – ho capito.

Sorrise, imbambolata davanti al suo attraente capo di cui si era appena innamorata.

Jess le sorrise per tranquillizzarla e dopodiché chiuse la porta, sbarrando gli occhi.

- Mamma mia... non ce la farò mai. - pensò a voce alta.

Intanto Amanda stava urlando di gioia aldilà della porta lignea.

 

- Ehi, Joanna!

- Mi dica, signorina! - esclamò, avvicinandosi.

- Credo di essermi già dimenticata la mia tabella oraria... potresti rinfrescarmi la memoria?

Joanna la guardò con finta aria di rimprovero. - Dunque, dunque... - esordì, simulando di sfogliare un indice – sono le quattro e quindi devi recarti per un'ora da Jess!

A quel nome il sorriso sul volto di Rory si piegò in un'espressione seria.

- Okay, vado – le disse, con aria di sottomissione.

Joanna la guardò perplessa e poi riprese a trafficare tra gli scaffali.

La porta si aprì e fece il suo ingresso una donna alta, dai capelli nocciola lisci raccolti in crocchia, occhi grandi e grigi, snella, tacchi rumorosi e di marca, rossetto rosso fiammante, denti bianchi e dritti da far invidia anche ad una pubblicità di dentifrici.

Era appena entrata Mary Jane Nash, giornalista al “New York Times” e acida peggio di una soluzione di limone e aceto.

- Joanna Hookman, quale piacere rincontrarti! - disse, più falsa di un gioiello tarocco.

Riconobbe quella voce e si girò subito.

Mary Jane la guardava compiaciuta.

- Mary Jane Nash, qual buon vento ti porta qui?!

- Non saprei... - disse, scrollando le spalle – volevo passare a trovarti e ad umiliarti un po'.

- Vedo che sei sempre stronza uguale, carissima! - esclamò, fingendo come aveva fatto prima lei.

- E tu sei sempre la stessa volgare! - ribatté, fingendosi offesa.

Joanna la fissò con odio allo stato puro.

- Che cosa ci fai qui?

- Oh, niente! Ho saputo che avete assunto una certa... come si chiamava già? Dory, Mory o qualcosa che finisce per -ory....

- Rory, caso mai. - la corresse Joanna, abbastanza infastidita.

- Sì, esatto. Che nome è Rory? Ma neanche per un cane sarebbe adatto! - disse con disprezzo la Nash, mentre si alzava e seguiva Joanna.

- Prova a dire qualcosa su di lei e puoi dire addio a quella dentatura perfetta, intesi? - la minacciò.

- Okay, okay! Stai calma, gangster!

- Hai qualcosa da dire, figlia di papà? - esclamò, stizzita e prendendo a guardarla torva.

Nash fece una smorfia.

- Cosa vuoi da Rory?

- Tenere un colloquio con lei.

Joanna lasciò precipitare la scatola che teneva in braccio. - Tu cosa?!

- Perché, non posso?

- Dio, ma i cazzi tuoi non te li fai mai?! - urlò, esasperata.

- Modera i termini, gangster! Sei peggio di uno scaricatore di porto! - esclamò, schifata.

Joanna si trattenne da non prenderla per i capelli.

- Tornando a noi, in teoria dovevo colloquiare con lei un mese fa circa, ma è arrivata in ritardo e ho lasciato stare... ma ora mi hanno interessato le recensioni con il titolare di questo scempio di libreria, un certo...

- Jess, Mary, Jess! E che cavolo, impara questi nomi! - esclamò, stufa.

- Comunque sia, mi ha colpita. Vorrei conoscerla, tutto qui.

- Ma anche no! Perché dovresti? Per rovinarci, non è così?

- Forse. - disse, maliziosa.

- Quanto sei str...

- E basta, gangster! Abbiamo capito che sei del Bronx, ma adesso basta! - la zittì, schernendola con cattiveria.

Joanna la guardò indignata. Sembrava un toro pronto a caricare talmente era furiosa.

 

 

- Ciao – esordì, entrando nel loro ufficio.

Jess sollevò lo sguardo e gli sembrò strano averla accanto dopo il putiferio che era successo qualche giorno prima.

Rory si sedette vicino a lui, ma allontanò di qualche centimetro la sedia dalla sua.

Prese un pacco di fogli e ne passò un po' anche alla sua collaboratrice.

- Grazie – gli disse, cominciando a leggere qualche riga.

Si immersero nella lettura, ma non insieme. Il silenzio era fastidioso ma lo lasciarono sovrano.

- Rory, - incominciò Jess, rompendo l'incomunicabilità – mi dispiace per l'altro ieri. Non era mia intenzione litigare.

Rory tacque, facendo finta di leggere ancora.

- Mi potresti ascoltare, per favore? - le chiese, calmo.

Posò i fogli sulla scrivania e, con fatica, girò la testa.

- Mi dispiace, sul serio.

Rory aprì la bocca per ribattere, ma qualcuno bussò alla porta e interruppe il loro flebile dialogo.

- Avanti – disse Jess, rauco.

- Buongiorno! Mi chiamo Mary Jane Nash e sono del “New York Times”. Cercavo la signorina Rory Gilmore.

- Salve, signorina Nash. - disse Rory, dirigendosi verso la donna appena entrata.

- Volevo tenere un colloquio con lei, siccome mi ha stupito la sua capacità di scrittura. Va bene se lo facessimo adesso?

- Qui? - le chiese, un po' dubbiosa.

Mary Jane annuì e sfoderò il suo ipnotico sorriso.

- Okay... Jess, potresti uscire, per favore? - gli chiese, non riuscendo a guardarlo in faccia.

Lui annuì, rassegnato. Uscì dall'ufficio, mentre faceva gli scongiuri che Rory non si trasferisse.

 

Passarono quindici minuti e finalmente la porta si aprì, permettendo l'uscita di una sorridente Rory e una soddisfatta Mary Jane.

- Bene, allora la aspettiamo domani alle otto! È stato un vero piacere! - esclamò, stringendole la mano.

- A domani!

Jess la guardò, sorpreso e leggermente deluso. Rory lo ignorò; si sentiva già in colpa.

- Hai accettato?

- Sì – gli confermò, dandogli le spalle.

Istintivamente la bloccò per un braccio e la costrinse a girarsi.

Rory incrociò finalmente il suo sguardo triste.

Sbatté le palpebre e allentò la presa. Forse era tutto andato perso.

 

- Tu cosa?!

- Non lo so, Lizzie! Ma mi hanno accettata!

- Oh. Quindi lavorerai lì d'ora in avanti?

- Sì! Sono al settimo cielo! - esclamò, felicissima.

Lizzie si incupì.

- Che hai?

Fece spallucce, come una bambina infelice. - Non frequenterai più il giornale, tutto qui.

- Lizzie, ma noi resteremo insieme! Non ti devi preoccupare!

- Sì, certo, come no. La tipica frase fatta! Scommettiamo che tra un mese non te ne fregherà più un tubo di me? - esclamò, un po' arrabbiata.

- Lizzie...

- Io non sono invidiosa, anzi, sono felice per te! Ma le nostre strade si separano, sappilo.

- Se tu non lo vuoi no!

- Avanti, Rory! Non fare l'ingenua! Sarai famosa, avrai il lavoro dei tuoi sogni e tutto il resto sparirà! È un dato di fatto! - le spiegò, con gli occhi lucidi.

- No, non è quello che cerco! Lizzie, io ti voglio bene, un lavoro non ci può separare!

- Io credo proprio di sì. Quelli del Times sono strafottenti e montati, ecco cosa sono! Benvenuta nel loro mondo, bambina! - le disse, sarcastica.

- Lizzie, non credo che tu...

- Io lo so come sono là dentro, Rory! Ci ho lavorato anche io un po' di anni fa! Ero diventata tutto lavoro e niente vita privata, tra colleghi facevamo a gara, eravamo tutti falsi tra noi, i licenziamenti cadevano dal cielo ed era tutto così... perfetto apparentemente ma è tutto finto, Rory! Prego, vai pure! Ma sappi che non ne uscirai più fuori! - esclamò, esasperata.

- Io non sarò così!

Lizzie scosse la testa. - Credimi, è così. E ora devo andare, c'è Adam che mi sta aspettando.

Rory rimase lì, ferma davanti al portone della palazzina colorata di rosso.

 

 

Love, I'm aching to believe
Give me something real enough
Give me somewhere to fall from 'cause in the dark I can't find my feet
Built my world on promises Colorless and cold
I'm short of breath, I'm sure Gone
(Matt Nathanson - Gone)

 

Si trascinò a fatica fino al suo appartamento, quasi sul punto di piangere. Ogni suo passo sembrava sbagliato agli occhi degli altri e tutto le appariva così pesante da sostenere, come se venisse pressa ogni giorno di più. Chiuse la porta con un movimento lento del polso, permise il tentennare delle chiavi nella toppa e, con passi corti e tardi arrivò dinanzi al divano, lasciandosi cadere a peso morto. Tutti le si erano messi contro: Lizzie, Jess e Joanna.

Afferrò la coperta sulla spalliera e se la mise a mo' di scialle. I suoi occhi erano spenti e tristi; i muscoli facciali si contrassero in un'espressione di dolore e una piccola e leggera lacrima prese a rigarle la gota sinistra in totale silenzio. Avrebbe voluto affossarsi dentro a quel divano giallo, dove tempo prima aveva dormito Jess; forse sarebbe riuscita a percepire il suo odore sul materasso e a trattenerlo ancora con sé.

Squillò il cellulare e lesse sul display il nome di sua madre.

- Pronto.

- Va tutto bene? Hai la voce di una che è appena stata ad un funerale...

- No, no... - la rassicurò, mentre tirava su col naso – è tutto a posto.

- Sei sicura? Insomma, me lo diresti, vero?

- Ovvio...

- Allora ti prego, illuminami a riguardo. Sono tua madre e, anche se hai ventiquattro anni ho il diritto di sapere il motivo del tuo umore sotto i piedi.

- Il “Times” mi ha accettata ma... - si fermò, indecisa se metterla al corrente della sua collaborazione alla “Truncheon Books”.

- Ma? - le chiese, dopo una pausa.

Il respiro si fece più breve e come un fiume in piena le lacrime salate le lavarono il viso di porcellana. - Ma niente... - cercò di nascondere, a fatica.

- Rory, per favore! Non è piacevole sentirti così.

- Mi sono tutti contro – le disse, mentre un pianto represso da tempo cominciava a sfogarsi pian piano.

- Io no; io sarò sempre dalla tua parte! - la rincuorò, tentata da non fiondarsi immediatamente a New York purché Rory riacquistasse il suo sorriso.

- Grazie...

- Se stai così male c'è di mezzo qualcuno di molto importante, non è così?

- Lizzie e poi... un'altra persona.

- Chi è questa persona?

Rory trattenne il fiato, nel tentativo di sopprimere l'urlo proveniente da dentro che gridava il nome dell'unica persona che potesse cambiare tutto nella sua vita: Jess.

Lorelai non pensò a lui, ma dopo quel silenzio rimaneva solo una possibilità. Chiuse gli occhi, incerta se farle la solita ramanzina o lasciare cadere lì la questione. In quel momento scelse il silenzio.

Rory si era bloccata.

- È lui, non è così? - le domandò, per avere una conferma.

La figlia lasciò che un «» uscisse assieme all'aria che prima era rimasta intrappolata all'altezza del diaframma.

Lorelai trascurò la solfa che era solita farle: era inutile. Prima o poi sapeva che si sarebbero rivisti, come succedeva ogni volta. Era inevitabile.

Tasted, tasted Love so sweet,
All that of it is lost on me.
Bought and sold like property Sugar on my tongue.
Kept falling over, Kept looking backward.
Went broke believing, That the simple should be hard.
(Matt Nathanson – All we are)

 

Si stava preparando per uscire con Amanda e gli parve tutto alquanto strano: camicia bianca, cravatta nera, giacca e pantaloni coordinati. Si diede uno sguardo allo specchio e risultava troppo elegante. Ma dove credeva di andare? Neppure per Rory si era mai vestito così al primo appuntamento. Amanda non gli piaceva particolarmente; era una bella ragazza, ma non era nulla di speciale, solo una donna come tante. Si guardò, tra lo schifato e l'ansioso. “Bah, vada come deve andare” pensò.

Amanda lo stava già aspettando al tavolo del suo ristorante preferito.

- Ciao! Come sei elegante! - lo lodò subito, con una punta di malizia.

Jess si limitò a ribattere con un sorriso poco convinto.

 

Le aveva offerto un lavoro, diamine! E ora stava buttando tutto all'aria. Si sentì un'emerita stupida. Dormire era servito a qualcosa, alla fine: si era decisa, dopo essersi scervellata inutilmente. Poteva andare tutto meglio se solo fossero riusciti a parlarsi. Doveva andare da lui e dirgli tutto. Sì, che era innamorata, che non voleva neanche lei litigare, che lui era importante, era sempre stato il suo punto di riferimento, che avrebbe potuto continuare a lavorare alla libreria, che insieme ce l'avrebbero fatta. Sorrise quasi commossa, colpita da tutte quelle emozioni amalgamate insieme. Doveva subito correre da lui.

 

- Quindi hai sempre amato leggere!

- Sì, è sempre stata una delle mie più grandi passioni...

Amanda non faceva altro che sorridere, coinvolgendo alla fine anche Jess, il quale era rimasto ancora un po' freddo nel parlarle.

- Io non mi reputo una lettrice patita, ma i libri mi piacciono!

- Dipende dai gusti – le disse con scioltezza, asciugandosi con il tovagliolo l'angolo della bocca.

 

Aveva preso a diluviare e lei era già per strada, senza ombrello. Non aveva fatto caso al tempo, concentrata dalle mille parole che avrebbe voluto e dovuto dirgli. Non sapeva dove si potesse trovare e così provò tutti i luoghi possibili. Il primo di questi fu la libreria. Ma era chiusa e nessuno rispondeva. Dunque si diresse verso l'appartamento vicino a Washington Square Park. Niente; probabilmente era uscito. Ma dove? Camminò per un po', infreddolita e fradicia, cercandolo in tutti gli angoli possibili, nei taxi, nelle caffetterie.

 

- Pago io – disse, tirando fuori il portafoglio rosso.

Le mise una mano sul braccio come per bloccarla e consegnò dei contanti alla cassa.

- Pago io, lasciami questo onore! - le spiegò dolcemente, come se fossero stati sposati.

Amanda gli sorrise un po' inebetita, perdendosi negli occhi scuri e impenetrabili.

Una volta fuori le venne d'istinto prenderlo sotto braccio per ripararsi dal freddo raggelante. Jess osservò quel gesto impulsivo stupito, e reagì mettendole un braccio attorno alle spalle. Aprì l'ombrello nero e cercò di riparare entrambi. Amanda tremava un po' per il gelo e un po' per la forte emozione che percorreva con una scossa la sua spina dorsale.

 

Cominciò a battere i denti e a strofinarsi le mani bagnate sulle maniche come per riscaldarsi, ma non servì a molto. Lo aveva cercato dappertutto, invano. E se fosse stato un segno del fato che volesse farle capire che era sbagliato? Tutto poteva essere, a questo punto. Affondò in una pozzanghera ben nascosta e si lavò completamente.

- Perfetto! - esclamò, stizzita.

Aveva una fame tremenda, ma la accatastò per continuare la sua ricerca.

Sentiva qualcosa che la spingeva a tornare a Washington Square Park e seguì il suo istinto.

 

- Dove andiamo, adesso? - gli chiese, aggrappata al suo braccio.

Jess scrollò le spalle. - Dove vuoi.

- Che ne dici se andassimo a bere qualcosa?

- Mi sembra una buona idea! - esclamò, attento a non centrare una pozza d'acqua. - Conosco un buon posto.

Amanda si affidò completamente a lui, felice come una bambina alla prima gita fuori porta.

 

Arrivò alla piazza e si fermò accanto ad una panchina segnata da tante firme di coppie che avevano deciso di inciderci i propri nomi. Scorse due figure giungere dal lato opposto, strette strette sotto l'ombrello; parevano una coppia sposata. Mise a fuoco meglio e riconobbe l'uomo: Jess. Il cuore prese a pompare più sangue, la pressione si alzò. Amanda era la donna. Si sentì crollare dalle ginocchia. Rimase immobile, intenta a seguire i successivi atti che avrebbero compiuto.

 

Amanda lo pregò di fermarsi sotto un lampione a cui era appeso una specie di vischio. Lo fece girare in modo che la guardasse negli occhi, in punta dei piedi si avvicinò al suo viso, chiuse gli occhi e piano toccò le sue labbra.

 

Le mancò il fiato. Il suo corpo prese ad oscillare per ogni minimo alito di vento; la sua fragile forza si era rotta. Si sentì morire. Chiuse gli occhi e li riaprì a fatica. Le lacrime scendevano sul viso bagnato, confondendosi con le gocce di pioggia, tanto da risultare impercepibili. Forse cominciò a singhiozzare disperata, con il viso pallido, zuppa e infreddolita.

 

Jess staccò dopo poco le labbra da quel legame così affrettato e imprevisto. Era troppo presto, era troppo insensato.

- Perché? - riuscì solo a dire.

Amanda lo guardò stupita, come per fargli capire che la risposta era più che scontata.

Prese le distanze subito, anche per cancellare le tracce del rossetto rosso rimastogli un po' appiccicato. Avrebbe voluto dirle che lui non ricambiava, ma gli sembrò crudo e diretto tanto da farle male. Amanda sgranò gli occhi quando capì cosa intendeva con quel distacco.

 

Era andata a cercarlo e ora lo aveva trovato. Sì, ma in compagnia. Non riuscì a rimanere un secondo di più e tornò indietro, piangendo e singhiozzando.

 

- Scusami, Amanda... devo... d-devo andarmene – borbottò, lasciandole l'ombrello per ripararsi.

Lei non ebbe il tempo di ribattere e rimase piantata lì, sotto la pioggia.

 

Un secondo ed era già tutto inzuppato d'acqua. Le gocce scivolavano sul viso e sul collo, lavandolo dall'odore del pungente profumo di Amanda. Accelerò il passo e si trovò davanti a Rory, con un'aria sconvolta.

 

- Rory? - le chiese, fermandola.

Si girò, con gli occhi rossi e gonfi.

- Che è successo? Perché sei qui?

- Questo dovrei domandartelo io! - gli disse, piangendo più violentemente – Ero venuta a cercarti per dirti che ho commesso un errore ad accettare la richiesta del “New York Times”, perché non voglio andarmene dalla libreria dato che significherebbe stare lontana da te... ma ho visto che mi hai già rimpiazzata! Quindi scusa tanto, fai come se non fosse successo niente! - concluse, riprendendo la camminata.

- Aspetta! - le urlò con tutta la voce che aveva, facendo attenzione a non bere troppa pioggia. Rory si fermò, tirandosi i capelli all'indietro per vedere meglio.

- Io... io non sto con Amanda. Non potrei mai, lo sai! Perché io... - si fermò, pesando con cura le parole – io ti amo.

Glielo aveva detto di nuovo. Era sincero; lui non lo avrebbe mai detto, eppure lo aveva fatto per ben due volte. Cosa poteva fare ora? Quelle tre semplici parole racchiudevano il significato più importante del mondo, ciò che ci spinge a vivere : l'amore.

Cerchiamo tutti almeno una volta quel sentimento per sentirci completi, proprio come gli atomi. Noi siamo materia, e come tale cerchiamo la stabilità.

Rory e Jess erano dei funamboli, in perenne equilibrio nel vuoto, ma ora lui le aveva teso un braccio per aggrapparsi e la prossima mossa toccava a lei.

Il suo viso si rilassò e il peso che prima l'aveva schiacciata si alleviò pian piano.

Ci mise un po' a rispondere, ma Jess rimase lì, dinanzi a lei, pronto per conoscere la sua risposta una volta per tutte.

- Ti amo anch'io, Mariano...

Jess le sorrise e la tensione fu spazzata via in parte da quel sorriso e in parte dalla pioggia ancora più fitta. Si fecero più vicini, proteggendosi a vicenda dal gelo di quell'acqua.

Continuavano a sorridere, felici di trovarsi lì, assieme. Le cinse i fianchi, lei il collo.

Si guardarono ancora un attimo negli occhi e poi eliminarono la distanza presente facendosi ancora più vicini, sfiorando l'uno il naso dell'altra e infine le bocche, frementi di riassaporare le labbra dall'odore unico e inconfondibile. Si baciarono, mescolandosi all'acqua che scivolava sui loro visi, che si metteva in mezzo ai loro profili, mentre discioglieva quel bacio tanto aspettato.

Le mani scorrevano sulla schiena e sulle spalle per stringere i due corpi ancora di più, come a formarne uno solo, fondendo le loro anime.

Si staccarono e, fronte contro fronte, mano nella mano, si guardarono negli occhi, sorridendo come al loro primo bacio. Era dolce il sapore quella volta, un dolce particolare.

E rimasero così per un po', in quel luogo che li aveva uniti fin dalla prima volta.

A dirla tutta nessuno dei due poteva dirsi sicuro di cosa sarebbe successo in seguito; ma quando sarebbe mai venuto il momento di separarsi, forse non sarebbero scappati, ma si sarebbero baciati lentamente, per assaporare appieno quel momento solo loro, speciale e inconfondibile.

Well, I'm not sure what this is gonna be,
But with my eyes closed all I see
Is the skyline, through the window,
The moon above you and the streets below.
Hold my breath as you're moving in,
Taste your lips and feel your skin.
When the time comes, baby don't run, just kiss me slowly.

(Parachute – Kiss me slowly)

 

Sorrideva felice; lo aveva trovato. Si erano aspettati a vicenda, e ora eccoli lì, sotto la pioggia a baciarsi. Erano riusciti a saltare l'ultimo ostacolo di quel primo percorso così tortuoso e infinito; ma ce l'avevano fatta. L'attesa li aveva motivati davvero molto, poiché li aveva spinti a non arrendersi, ma ad attendere con pazienza che l'altro arrivasse.

And you wait for me
Ever so patiently
Yeah, you're everything I've ever dreamed of having and
It's everything I need from you
just knowing that you wait for me
(Theory Of A Deadman – Wait for me)

 

La prese per mano e la condusse chissà dove, sotto il cielo newyorchese che lacrimava dalla gioia. Probabile che quella notte abbiano deciso di consumare il loro amore, ma nessuno lo sa. La cosa certa è che ora era l'inizio di un nuovo capitolo del romanzo che stavano scrivendo da tempo. L'epilogo era ancora lontano e non dava preoccupazioni. Decisero di vivere per intero anche i piccoli momenti di quella serata, nonostante il cielo fosse brutto e promettesse male, perché insieme erano forti e ce l'avrebbero fatta in ogni caso. 




NOTA DELL'AUTRICE:  :3 Taa-daan! Sono tornata, dopo un'attesa davvero INSOSTENIBILE. 
Fremevo dalla voglia di pubblicare questo 10° capitolo da più di una settimana! Sembra finito, ma non lo è ancora del tutto... :)
Spero vivamente che vi piaccia e che sia riuscita a trasmettervi le medesime emozioni che ho provato scrivendolo...
Che dite, rilascerete  qualche recensioncina per farmi sapere? Grazie, ne sarei felice. E' sempre un piacere venire a conoscenza dei vostri pensieri!
Ringrazio chiunque sia passato/a di qui, chi ha messo "Wait for me" nei preferiti, nelle seguite e chi ha lasciato tante belle recensioni! 
Mi avete aperto il cuore! :') 
A presto, 
Alix Green :)

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Capitolo 11
*** If I ain't got you ***


If I ain't got you

Some people want it all
But I don't want nothing at all
If I ain't you baby
If I ain't got you baby
Some people want diamond rings
Some just want everything
But everything means nothing
If I ain't got you, Yeah

(Alicia Keys – If I ain't got you)
 

Un braccio le circondava la vita e un respiro pesante, che le sembrò una specie di vento caldo in quel momento, soffiava sulla sua schiena. Percepiva un corpo attaccato al suo, ma più muscoloso e quindi meno morbido. Un qualcosa le provocava solletico a livello dello spazio tra le scapole e la spina dorsale, ma non riuscì a capire di cosa si trattasse.

Le lenzuola la coprivano da un freddo immaginario, poiché dentro si sentiva la febbre talmente era bollente. Decise di rimanere ancora per un po' ad occhi chiusi, per evitare che la luce solare potesse darle fastidio. Il profumo della stanza le sembrò differente e nuovo: pareva che il solito odore si fosse mescolato ad un altro di umido e bagnaticcio.

Realizzò di essere stata fuori la sera precedente, proprio mentre stava venendo giù il diluvio universale, e lei lo aveva affrontato con una stupida giacca che si era impregnata d'acqua dopo neanche un minuto. Ma l'ombrello dov'era finito? Corrugò le sopracciglia nel tentativo di ricordarsi, ma niente: il para-pioggia non si trovava nei suoi ricordi. Stare con sua madre le aveva fatto male, l'aveva condizionata con il suo disordine in un modo incredibile, e il bello era che poi non si ricordava nemmeno dopo un mese dove avesse potuto mettere l'oggetto in questione. Scosse la testa. Aprì gli occhi e una forte luce provocò la dilatazione della sua pupilla, circondata dall'iride chiara e limpida.

La stanza era come sempre, tranne per alcuni vestiti sparsi sul pavimento. Inspirò a pieni polmoni, anche per avvantaggiare la circolazione sanguigna. Sorrise, ma francamente non ne sapeva il vero motivo. Si sentiva incredibilmente di buon umore quella mattina.

Ammirò il modo con cui il braccio era avvinghiato al suo corpo e ne riconobbe subito le mani: avevano il cosiddetto “callo dello scrittore” sul dito medio, ma erano tuttavia eleganti nella loro grandezza. Ora tutto aveva un senso... sorrise di nuovo, un po' stordita.

Staccò l'arto dal suo punto vita e fece per alzarsi dal letto, cercando di fare il minimo rumore. Procedette scalza fino alla cucina, aprì il frigo e ne tirò fuori una bottiglia d'acqua, da cui bevve assetata a canna, senza porsi il problema di prendere un bicchiere.

Ingoiò piano l'acqua fresca, per sentire il liquido attraversarle l'esofago, per poi addentrarsi nello stomaco che brontolava, vuoto. Tornò in camera e lui dormiva ancora, beato come un bambino che sogna. Si fermò sulla soglia per studiarlo ancora, nel momento in cui non poteva ribellarsi, quando il suo corpo era del tutto rilassato e lei poteva passare inosservata. Quei vestiti rovinavano la visuale, per essere puntigliosi. Rory dunque li sollevò e li piegò per riporli poi sulla sedia accanto all'armadio. Ecco, ora andava meglio. Trattenne una risata nel vedere Jess nel momento più indifeso di tutti: il dormire. I capelli scuri erano arruffati attorno al viso riposato, la bocca era semiaperta e le braccia abbracciavano il cuscino che, fino a qualche minuto prima, aveva ospitato la capigliatura di Rory.

Some people live for the fortune
Some people live just for the fame
Some people live for the power, yeah
Some people live just to play the game
Some people think that the physical things
Define what's within
And I've been there before
But that life's a bore
So full of the superficial

(Alicia Keys – If I ain't got you)

 

Alcune persone vivono per la fortuna, altre per la fama, ma Rory no. Lei era andata oltre la superficialità, da Jess non voleva essere mantenuta con dei soldi o gioielli costosi, quel tipo di vita lo aveva già provato in passato con Logan, ma aveva capito che non era per lei. Già, perché essere ricchi illude di avere tutto, quando invece non si ha niente. Rory viveva per amare, e la persona da lei amata era l'uomo che le aveva fatto capire che stava combinando un pasticcio, ma che nello stesso tempo era incapace di restare, quello stesso uomo che ora stava dormendo nel suo letto, e con il quale, chissà, avrebbe potuto condividere il resto del tempo.

If I ain't got you with me baby
So nothing in this whole wide world don't mean a thing
If I ain't got you with me baby

(A.Keys- If I ain't got you)

 

Senza di lui sarebbe stata persa. Sperò in quel momento con tutto il cuore che rimanesse così per sempre, in modo da non giocare più brutti scherzi, perché altrimenti sarebbe andato tutto in fumo, per sempre. Avevano lavorato a lungo per costruire un qualcosa di concreto, avevano tirato giù milioni di bozze prima di passare alla copia in bella; erano pronti. Sì, ora erano pronti. Potevano scalare la montagna della vita insieme, perché entrambi sapevano che si sarebbero tenuti per mano fino a quando non sarebbero giunti in cima. Sorrise ancora una volta. Sembrava incapace di smettere. Ah, l'amore! Che meccanismi complessi riserva alle nostre menti!

Jess aprì gli occhi, sbadigliando.

- Buongiorno... come mai sei lì in piedi? - le chiese, mentre si metteva a sedere sul letto.

Rory avanzò verso di lui, mentre scrollava le spalle per rimanere vaga il più che poteva.

Le carezzò i capelli mossi e morbidi e le diede un bacio, prima sulla nuca e poi sulle labbra.

- Jess, posso farti una domanda?

Annuì mentre la stringeva più a sé.

- Forse ti sembrerò un po' stupida, ma... cosa succederà d'ora in poi? Insomma, io e te... cosa diventeremo? Io avrei un'idea, ma non so se anche per te è lo stesso.

- Rory, - le rispose, cercando i suoi occhi – accadrà ciò che ci spetta.

Lo guardò un po' perplessa; le aveva creato ancora più confusione con quello specie di nesso. - Jess, sono le sette di mattina... ti ricordo che il mio cervello è ancora mezzo addormentato.

Lui rise piano. - Sto solo dicendo che staremo insieme, Rory. Realizzeremo quello che avevamo iniziato quando avevamo diciassette anni, tutto qui.

Lei ribatté con un sorriso: avevano le stesse idee da sempre. - Va bene.

- Sì, va bene. - le fece eco, scrutando il viso appena svegliato.

 

Quella mattina doveva sbrigare molte commissioni. Jess si era preparato per andare in libreria e gli aveva detto che lo avrebbe raggiunto più tardi. Innanzitutto si sentiva in dovere di aggiustare le cose con Lizzie. Ma, prima di quello, prese un taxi fino alla sede del Times e decise di parlare con Mary Jane Nash.

- Vedo che mi ha colto alla lettera, Gilmore! - esclamò la Nash – Perfetto orario, complimenti!

Rory le sorrise di rimando, mentre si sentiva un po' in colpa per quanto le avrebbe comunicato da lì a momenti.

- Direi che potremmo cominciare!

- Volevo, prima che iniziassimo, dirle qualcosa. - esordì, torturandosi già le mani.

- Proceda, allora!

Rory prese bene fiato prima di incominciare. - Vede... io non posso più lavorare qua al Times.

- Come mai questa scelta? Insomma, mi è parsa felice quando ci siamo parlate... non riesco a capire, Gilmore.

- Credo sia un'importante responsabilità lavorare in un giornale come questo, davvero. Ma... il punto è che penso che non sia più il mio sogno più grande scrivere per il Times. Deve capire che è da quando ero bambina che bramo questa occasione, ma ora, non so come spiegarle, non è più così.

La Nash si limitò ad annuire.

Di' qualcosa!” pensò.

- Beh... che dire? È un vero peccato, sul serio.

- Già. - confermò, rauca. - Quindi ora me ne devo andare?

- Si è praticamente licenziata, Gilmore. Dunque... faccia lei.

Rory annuì, si alzò e si diresse verso la porta. - Grazie comunque per l'opportunità.

Nash se ne stette muta, piuttosto nervosa.

Prima di prendere un secondo taxi si fermò davanti alle porte girevoli della sede del Times. Ma che cosa le era saltato in mente? Lasciò andare l'aria che aveva tenuto prigioniera nel petto e guardò dispiaciuta l'edificio enorme, ove era scritto a caratteri cubitali “New York Times”.

Chissà, forse non era destino. Ma, a pensarci bene, il fato non ha il predominio assoluto sulle nostre vite, ma è tutto un gioco di combinazioni contorte alle quali noi collaboriamo per far sì che si avverino e che usiamo per non addossarci le nostre responsabilità. Dopo i pensieri più strambi che passarono tra i meandri del suo cervello, si decise a prendere un taxi. Lo aveva fatto perché aveva messo in primo piano come sempre gli altri. Ma a dirla tutta, se ne sarebbe fatta una ragione. Per ora le stava bene così.

Oh sugar, don't you cry
Oh child, wipe the tears from your eyes
You know I need you to be strong
And the day is as dark as the night is long
Feel like trash, you make me feel clean
I'm in the black, can't see or be seen
Baby, baby, baby...light my way
Alright now...
Baby, baby, baby...light my way
(U2 - Ultraviolet)

Al “New Yorker” si respirava decisamente tutta un'altra aria.

Il ronzio del condizionatore, il rumore dei tasti dei computer, i telefoni che non smettevano di squillare, la fragranza di caffè dell'unica macchinetta... Le era mancato tutto.

Sapeva che strada percorrere per dirigersi da Lizzie. Bussò, e la collega rispose di entrare, con il suo solito tono indaffarato.

- Ehi, Lizzie...

- Che ci fai qui? - le domandò all'istante. Niente da fare: Lizzie non era capace di restare arrabbiata con lei per più di un pomeriggio. Questo Rory lo sapeva bene, e lo adorava.

Fece spallucce, nel chiudere la porta. - Voglio comunicarti una notizia, Elizabeth Gwen Hill.

- Però, non mi hai mai chiamata per intero. Procedi, Lorelai Leigh Gilmore.

Rory sorrise. - Non lavorerò più al Times... mi sono licenziata. Ed è tutta colpa tua, perché non voglio perderti.

Lizzie si sciolse e smise di fare la dura. Si alzò e andò ad abbracciarla.

Rory la strinse e si convinse che aveva fatto la scelta giusta.

- Non dovevi, era il tuo sogno! Non dovevi ascoltare una come me... ora avrò i sensi di colpa per il resto della mia vita! - le disse, appena si staccò.

- Lizzie, mi sta bene così. Questo dovrebbe farti capire che sei importante per me...

L'amica sorrise commossa. - Anche io avrei qualcosa da comunicarti, a dire il vero.

- Spara! - esclamò Rory, accomodandosi sulla sedia dinanzi alla collega.

- Margaret ha lasciato il paese. Strano, vero? Quando l'ho saputo sono rimasta senza parole! Qui in ufficio gira voce che se ne sia andata con l'amante e abbia lasciato tutti, il marito, i figli, i genitori, con un messaggio in segreteria.

- Caspita, chi lo avrebbe mai immaginato? Ehi, un momento... se la Alcott se n'è andata vuol dire che... o mio Dio! Lizzie, sono felice per te!

- Ah, amo la tua perspicacia! - esclamò, gasata. Si schiarì la voce e si alzò in piedi. - Hai davanti a te la nuova capo redattrice del giornale, Gilmore.

- Solo una parola: perfetta. - disse Rory, accompagnandosi con le mani.

Risero assieme e restarono a parlare ancora per qualche minuto, che alla fine divennero ore.

 

Bene, una cosa era fatta. Ora rimaneva da spuntare l'ultima commissione della lista: la questione “Truncheon Books”.

Aprì la porta e si ritrovò in un posto simile ad un deserto. Amanda stranamente non c'era.

Non scorgeva Joanna da nessuna parte. Possibile che fossero scomparsi tutti?

La porta dell'ufficio di Jess era aperta, ma lui dentro non c'era. Il salotto era vuoto.

Incominciò a preoccuparsi, quando spuntò alle sue spalle Gabe, fornito di cappuccino e brioche.

- Ma dove sono gli altri?

- In sala conferenze, perché ci sono dei giornalisti. Joanna oggi non è venuta, forse non aveva voglia, conoscendola. Alf e Matt sono dentro con Jess; Amanda non si è fatta viva.

- Noi abbiamo una sala conferenze?! - chiese, sbalordita. - Me lo sono perso...

- Capita anche ai migliori – le disse, a bocca piena.

- Io ora raggiungo gli altri. Ti va di venire?

Rory esitò a rispondere. - Uhm, no, no, grazie. Ne approfitto per andare a fare un giro.

Gabe asserì con la testa e scomparve.

Sapeva dove si trovasse l'appartamento di Joanna e decise di andarle a fare visita. Abitava nelle vicinanze della 36th Avenue nel Queens, all'ottavo piano dove non esisteva purtroppo l'ascensore. Per fortuna non ebbe bisogno di suonare il campanello perché trovò il portone aperto. Fece tutta la rampa di scala, finché, stanchissima, arrivò dinanzi all'interno 8b. Suonò e udì dei passi.

- Chi è? - chiese la voce inconfondibile di Joanna.

- Sono... R-Rory. Potresti farmi entrare? - le disse, ansimando.

Joanna tolse il gancio e le aprì. Rory si trovò davanti la collega ancora in pigiama, con i capelli annodati, in mano la spazzola assassina di ciocche nere e ricce, il trucco colato sul viso stranamente pallido e con un'espressione sconvolta.

- Ti prendo un bicchiere d'acqua – prese parola, con uno strano tono monocorde.

Rory bevve con una velocità da record per poi tornare al succo della sua visita mattutina.

Joanna si mise a sedere sul divano dalle mille coperte; spense il TV e fissò una macchia di salsa barbecue sul pavimento, sopravvissuta all'aspirapolvere.

- Ma che ti è successo? Sei strana...

- Niente.

- Certo, come vuoi. Ora mi dici che hai?

Joanna mugugnò qualcosa, poi si accasciò sul cuscino alla sua destra e pianse.

Rory rimase segnata da ciò: Joanna che piangeva? Una cosa da fantascienza. Invece no, stava lacrimando sul serio.

Rory le si avvicinò e cercò in qualche modo di consolare la sua disperazione sconosciuta.

Tentava di tenerle i capelli aggrovigliati e di toglierle dalle dita una sigaretta appena accesa. Ma non aveva smesso? In teoria avrebbe dovuto, in pratica non l'aveva fatto.

Esitò un attimo per chiederle il motivo della loro rottura, giusto il tempo per permettere alle lacrime scese per prime di seccarsi.

- Alf è venuto da me e mi ha proposto di sposarlo... e io ho detto di no. Ma non perché sia lui, Rory, ma perché non mi piace l'idea del matrimonio! Solo il suono della parola coniugi, nozze o quant'altro mi fa rabbrividire. Ma Alf non mi ha dato neppure il tempo di spiegargli la situazione che mi ha lasciata in asso.

E pensare che invece tra lei e Jess era nato qualcosa. Chissà, forse è come la leggenda metropolitana sulle nascite: quando qualcuno muore vuol dire che qualcun altro sta venendo al mondo.

Joanna intanto non arrestava più il dolore.

- Sono sicura che... - si fermò. Frasi fatte, ecco cosa sappiamo solo dire. - Andrà tutto bene, vedrai. Dovete solo parlarvi e andrà tutto liscio, ok?

La donna dai capelli neri finse di convincersi e tirò su col naso.

- Che ne dici se ora tornassimo a lavoro?

- Ma tu non ti eri trasferita?

- Ho rinunciato... adesso va' a prepararti!

Joanna sembrò riacquistare l'abilità di increspare la curva delle labbra in un sorriso.

 

 

Amanda con buone probabilità si era licenziata. Solo quando riaprì la porta della libreria realizzò che la ragazza dai capelli rossi era assente.

Intanto la conferenza aveva trovato il termine, concedendo l'opportunità a Jess e agli altri di rilassarsi almeno un po'.

Quando lo vide sentì le sue membra sciogliersi, il cuore palpitare più forte, le gambe camminavano da sole per raggiungerlo. Aveva stampato in faccia un sorriso ebete, e ogni volta che accennava a parlare, la lingua si incespicava.

Nel momento che notò il suo finto menefreghismo, si sentì ferita. Non si capacitava di tutta quella codardia in un uomo come Alf. Pensava di conoscerlo abbastanza da prevedere le sue mosse, ma si sbagliava. Joanna esternava la sua sofferenza tramite la rabbia e così, appena entrata in libreria, si precipitò su di lui come un proiettile mortale, e quasi gli vomitò addosso tutto ciò che provava.

Per quanto forte potesse essere, Joanna Hookman finì il suo discorso violento con le lacrime agli occhi. Alf le sembrò rimanere impassibile, anche se, al contrario di lei, preferiva tenersi tutto dentro. Discussero per una buona mezzora, senza che qualcuno li fermasse, poiché ritenevano che un litigio fosse necessario.

Not really sure how to feel about it
Something in the way you move
Makes me feel like I can't live without you
It takes me all the way
I want you to stay, stay
I want you to stay, oh

(Rihanna – Stay)

 

Joanna e Alf ora se ne stavano zitti a guardarsi negli occhi, lanciandosi sguardi taglienti come coltelli, ma nello stesso tempo estremamente feriti, disillusi.

Rory e Jess ammiravano con amarezza il gioco di occhiate dei loro colleghi, stando a braccetto stretti stretti.

Matt e Gabe pregavano affinché tutto si risolvesse alla svelta, rispettivamente con un giornale e con un panino in mano. Stavolta tifavano per Jo, dato che ritenevano che Alf avrebbe dovuto rimanere ad ascoltare le motivazioni della compagna. Conoscevano quella donna e, francamente, da lei si sarebbero aspettati entrambi una risposta negativa per un matrimonio. Ma per Alf era diverso, lui era il suo fidanzato, non solo un amico o un collega.

- Non sono pronta, Alfred. E sì, ti chiamo per intero, perché quando fai il cretino voglio farti arrabbiare!

- Jo, io voglio solo stare con te... sposarsi mi sembrava il mezzo più adatto, dato che non abbiamo vent'anni, ma mi va bene qualsiasi cosa, davvero. Io vorrei solo amarti di più.

Il viso di Hookman si spianò dalle rughe di rabbia. - Alf, tu puoi farlo anche senza un matrimonio! Anche senza un anello! L'importante è che noi due stiamo insieme.

- Sì, ma se abbiamo progetti diversi come possiamo rimanere assieme?

Joanna alzò le spalle e gli prese le mani. - Chissà, io posso sempre cambiare idea.

Alf la guardò con tenerezza. - Vieni qui, brutta canaglia...

Si abbracciarono e tutto tornò alla normalità. Joanna ci teneva molto a lui, altrimenti non avrebbe pianto per un uomo.

 

One Month later - L'epilogo

Rory Gilmore e Jess Mariano stavano ancora insieme e, pian piano, accrescevano il loro legame indissolubile. Oramai tutti erano a conoscenza del loro fidanzamento, e dopo un mese lo avevano accettato anche le più restie, come Lorelai e Lane.

Che dire di Luke? Lui voleva solo il loro bene; sapeva che quei ragazzi si amavano dai tempi del liceo, apparentemente così lontani, e che avrebbero raggiunto la propria stabilità solo l'uno al fianco dell'altra. Matt, Gabe e gli altri appoggiavano il loro rapporto, anche se lo andavano tanto a vedere. Joanna si convinse che, dopotutto, il matrimonio non era poi così male, e Alf riuscì a giurarle fedeltà coniugale sotto un gazebo ornato da girasoli in un giorno di maggio.

Lorelai diede alla luce un figlio maschio, di nome Richard. A Luke non dispiacque affatto interpretare il ruolo di padre; all'inizio fu un po' impacciato, ma con la pratica, si sa, si diventa bravi più che mai.

Lavorare per il “New York Times” fu un sogno irrealizzato per Rory, ma Lizzie l'aveva nominata vice direttrice del giornale e, inoltre, continuò a tenere con entusiasmo il corso di “Introduzione alla lettura”. In più le recensioni messe giù con Jess venivano stampate direttamente sul “New Yorker”, ottenendo molto successo.

La libreria crebbe sempre più, attirando molti letterati con diverse attrazioni, fiere del libro e quant'altro. Ormai Rory e Jess partecipavano ad ogni serata organizzata da The ancient story teller e si divertivano molto quasi sempre.

Stars Hollow rimase uguale in ogni minimo dettaglio: Taylor guardone, Kirk rincorso dalla sfortuna, la signora Kim con il suo negozio di antiquariato, Andrew con i libri, Miss Patty ballava, Babette continuava a dire “zucchero”, Luke con la locanda e Lorelai direttrice del Dragonfly Inn.

 

Era seduta sopra il ponte dove anni prima si era tenuto il loro picnic, assorta nei suoi pensieri. L'acqua scura possedeva il suo meraviglioso silenzio, il vento la smuoveva il giusto, il sole illuminava i capelli ramati. Aveva da sempre amato quel posto per la sua tranquillità. Chiuse gli occhi e scivolò in un mondo a parte.

- Come mai così pensierosa? - una voce alle sue spalle la destò.

Dopo alcuni secondi utilizzati per uscire dall'apice della pace da poco incontrata, riuscì a riconoscere la voce di Jess.

- Ehi! Che ci fai qui? Pensavo fossi a fare le commissioni che ti avevo affidato... - gli disse, facendo trasparire un tono di rimprovero.

La baciò sulle labbra, si sedette accanto e le adagiò la testa sulla sua spalla, carezzandola.

- Non potevo resistere senza il tuo viso...

Rory fece una smorfia. - Non fare lo stupido! Dai, a parte gli scherzi, hai completato i tuoi doveri?

Jess rimase zitto, il che era sinonimo di una risposta negativa.

- Lo sapevi che era importante... domani dobbiamo partire!

- Mi sentivo solo! - si giustificò, mimando un cucciolo bastonato.

- Non abbocco, Mariano! - esclamò, alzandosi – Avanti, vengo con te! Ma non ti montare la testa! Lo faccio solo perché mi fai pena!

Sorrise soddisfatto, con quella sua faccia da schiaffi tanto adorabile.

- Come farei senza di te? - le disse, stringendosi a lei.

- Non ce la potresti fare! Sei fortunato, lo sai?

La baciò e continuarono a camminare avvinghiati.

 

- Thermos con il caffè di Luke?

- Preso.

- Vediamo... ah, sì! Le caramelle gommose?

- Anche loro sono al sicuro!

- Vestiti, scarpe, accessori vari?

- Ci sono!

- Direi che siete ben forniti di tutto!

Nonna Emily era stata tanto gentile da fornire alla coppia una limousine nera per accompagnarli all'aeroporto di Hartford. All'inizio pareva ad entrambi un eccesso, ma infine risultava parecchio utile.

Luglio era alle porte, e la loro destinazione era l'Europa. Lei gli avrebbe fatto da guida, lui l'avrebbe ascoltata e seguita dappertutto.

L'occorrente per il loro viaggio era nelle valigie; mancava solo il saluto alla famiglia e potevano partire. Era parecchio presto, le prime luci del giorno comparivano con sfumature rosa e arancioni, nascondendo in parte il sole pronto a sorgere.

Richard era ancora a letto, ma la sera prima aveva salutato la sorella e il suo fidanzato stando con loro a guardare i cartoni, finché non si era addormentato tra le loro braccia.

- Mi raccomando, chiamaci quando sarete arrivati!

- Non ti preoccupare, mamma! - le disse.

Lasciare andare Rory non era mai stato facile per lei; lo viveva come uno sforzo disumano, si faceva ogni volta ansiosa che potesse succedere qualcosa in sua assenza.

Le scappò una lacrima dagli occhi celesti cristallini, la quale venne catturata dall'indice della figlia, mentre si tratteneva a sua volta dal non piangere.

- E tu, - disse, rivolgendosi a Jess – stai attento. Fai in modo che Rory sia sempre felice...

L'altro annuì, promettendole che ci avrebbe pensato lui.

Luke salutò prima il nipote, con il suo solito abbraccio goffo e con l'immancabile pacca amichevole sulla spalla. Invece, quando toccò a Rory, tentò di essere meno rozzo.

 

- Un letto! Finalmente! - esclamò, mollando tutto ad un tratto le valigie e buttandosi sul letto matrimoniale dell'hotel.

- Perché al posto di spaparanzarti non vieni a darmi una mano?

- È troppo comodo... - gli spiegò, con la faccia affossata nel cuscino.

- E questi bagagli chi li mette a posto?

- Tu! - disse, mentre gli scaraventava addosso un cuscino e si preparava al contrattacco.

- Come osi provocarmi? - strillò. Afferrò a sua volta il guanciale dalla federa bianca, al fine di sfidare la fidanzata al duello che lei stessa aveva fomentato.

Ridevano come pazzi, si rincorrevano per le stanze per poi finire sul tappeto l'uno sopra l'altra e ricominciare. All'ultima manche riuscì a bloccarla sul letto spazioso, la disarmò e presero a baciarsi.

Quando si staccarono la osservò negli occhi, incantato dalla loro luce. Rory alzò una mano per carezzargli i capelli scuri, morbidi e un po' impolverati.

- Sei bellissima, lo sai?

- Ti amo.

A quelle due parole così intense posò le labbra sulle sue e, con le mani, seguì le curve del suo corpo. Dublino fu la prima città del viaggio; Dublino fu la prima città d'Europa in cui fecero l'amore.

 

- Perché mi fissi? - gli chiese, con le guance gonfie come uno scoiattolo.

- Mi piace analizzare ogni tuo movimento, soprattutto quando mangi.

Lo guardò stupita, mentre si chiedeva come potesse trovare un atto così automatico tanto interessante.

Appallottolò il contenitore del fish and chips e lo gettò nel primo bidone sulla loro strada.

Si fermarono ad ammirare il panorama della capitale irlandese, proprio sul ponte più rilevante: Ha' penny bridge.

- Sai, - cominciò – è la prima volta che visito questa città e già ne sono conquistata.

- Concordo in pieno.

Rory sorrise e cercò la mano di Jess per intrecciarla alla sua.

- Prima che continuiamo il nostro giro turistico, ti vorrei dire una cosa.

- D'accordo, sono tutta orecchi.

- Rory Gilmore, ti conosco da quasi dieci anni e posso quasi affermare di sapere tutto su di te. Sei una persona davvero fantastica, in tutti i sensi: sei bella, intelligente, accorta, altruista, disponibile, divertente e molto altro. Come tu ben saprai mi sono innamorato di te, anche se non te lo ricordo ogni minuto. Ciò che stiamo costruendo diventa sempre più imponente e importante per me. Quello che voglio esporti è una proposta che non ho mai fatto a nessuno. - A quel punto si inchinò e tirò fuori dalla tasca un anello coronato da un piccolo smeraldo. – Rory Gilmore, vuoi sposarmi?

Anni prima aveva rifiutato la proposta matrimoniale di Logan, ma ora si sentiva pronta: il lavoro era stabile, i sentimenti definiti e la risposta non poteva che essere solo una.

- Sì, lo voglio.

Le infilò l'anello al dito anulare e le sorrise, contento di quel momento.

Non passò un minuto che gli mise le braccia al collo e lo baciò con passione.

Si sarebbero sposati, alla fine. Lo aveva da sempre immaginato, giacché ad ogni evento futuro, fin dal primo fidanzamento, vedeva Jess al suo fianco.

Felici più che mai, ritornarono alla loro gita, camminando mano nella mano, preparati a divenire marito e moglie.
Il sole era alto in cielo, le nuvole bianche quel giorno avevano lasciato il posto ad un infinito azzurro, l'acqua del fiume Liffey scorreva, donando alla città un aspetto ancor più pittoresco.

Be the one and only, wait for me
Will you be the only one
Will you be, be the one and only
Wait for me, will you be the only one

( The Fray – Be the one)
 

 

The End
 

NOTA DELL'AUTRICE: Undicesimo capitolo, fine della storia. Questo sarà l'ultimo angolo autrice che scrivo, sigh! :(
Spero di aver pubblicato una storia decente e che vi abbia soddisfatti\e! 
Ringraziamenti a TUTTE le lettrici (credo siate tutte femmine) che hanno inserito 'Wait for me' tra le seguite e tra i preferiti; a chi è passato/a per dare un'occhiata; a chi ha avuto tempo e pazienza di recensire e, infine, alla serie televisiva Gilmore Girls che mi ha donato l'ispirazione! :)
Scrivere questa storiella devo ammettere che è stato faticoso, ma in contemporanea molto divertente! 
Come al solito, aspetto vostri commenti (anche negativi) per sapere che ne pensate!
Ho scelto Dublino come città perché è la mia preferita, e anche perché dalle foto pare molto pittoresca, soprattutto il panorama dall' Ha' penny bridge. :D
Vi auguro una buona Pasqua e buone vacanze, per chi le fa. 
Un abbraccio forte! 
Alix Green

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